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LASERTERAPIA 1.0 Fisica del laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 2.0 Sorgenti di luce laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3.0 I vari tipi di luce laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 4.0 Caratteristiche della radiazione laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 5.0 Biortimolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 7.0 Gli effetti terapeutici del laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 8.0 Assorbimento della luce laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 9.0 Apparecchiature laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 10.0 Metodologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 11.0 Modalità di applicazione del laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 12.0 Il regolare controllo dei diodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 13.0 Frequenza e numero delle applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 14.0 Campi d’applicazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 15.0 Controindicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 E L E T T R O N I C A P A G A N I INDICE 6.0 Azione biologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1 Laserterapia antalgica e anti-infiammatoria INTRODUZIONE 2 In ogni civiltà che si è via via susseguita, la luce è stata un elemento di importante discussione ed è sufficiente consultare dei libri di storia per rendersi conto di quante polemiche scientifiche essa ha suscitato. Uomini illustri come Leonardo Da Vinci, Descartes, Newton, e più recentemente, Einstein si sono dedicati ai vari aspetti di questo fenomeno: dall’origine, alla propagazione, alla riflessione e alla diffrazione. I più grandi filosofi hanno tentato di passare “dalla penombra alla luce”, facendo un compendio di verità, conoscenza, intuizioni e deduzioni, rivelazioni divine. Nei nostri giorni, le applicazioni di questa particolare fonte di luce chiamata LASER, decollate grazie alle svariate ricerche, sono numerose e spaziano in diversi campi di applicazione. 1.0 FISICA DEL LASER Il principio fisico del laser fu messo a punto da Einstein nel 1917, ma è solo nel 1950 il passaggio dalla teoria alla pratica, grazie alla teoria del “pompaggio ottico” messa a punto dal fisico francese Kastler. La parola LASER è una sigla che deriva dal- LUCE BIANCA le parole inglesi “light amplification by stimulated emission of radiation” che nella traduzione letterale, significa “amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione”. L’apparecchio LASER è in sostanza una sorgente di luce, come il sole o una comune lampadina, che si propaga con onde elettromagnetiche. La differenza tra luce solare e luce laser è molto semplice: la prima è costituita da tante radiazioni elettromagnetiche di varie lunghezze d’onda che danno nell’insieme una luce bianca, la seconda da una sola radiazione con una specifica lunghezza d’onda. Questa luce ha inoltre delle caratteristiche del tutto particolari, che la differenziano da qualsiasi altra sorgente di radiazioni: monocromaticità: la larghezza di banda è estremamente limitata ad una ben precisa lunghezza d’onda; coerenza: i fotoni sono emessi tutti con la stessa fase (coerenza temporale) e la stessa lunghezza d’onda (coerenza spaziale); monodirezionalità: la divergenza del raggio emesso è univoca, si propaga cioè in unica direzione; Schermo Rosso Arancio Giallo Verde Blu Violetto Tutti i colori dello spettro visibile E L E T T R O N I C A P A G A N I X b) Onde con la differente fase X 1 1 t (tempo) X 2 t (tempo) X 3 DISPOSIZIONE DISPOSIZIONE X 2 t (tempo) X 3 3 t (tempo) t (tempo) X +X +X 1 2 3 X +X +X 1 2 3 t (tempo) t (tempo) 0 2 R+r R-r 0 tg ( ) = 2 L LASER 0 2 L Lampadina brillanza: la densità di energia indirizzata ai tessuti è più elevata rispetto a quella emessa dalle più comuni fonti di luce. Oggi i laser hanno raggiunto livelli di efficienza molto elevati nel campo della terapia laser, ma si intravedono ancora enormi spazi di miglioramento. Inoltre, allo stato attuale della tecnica dei laser e delle conoscenze acquisite, è opportuno avere cognizione dell’utilizzo di ciascun tipo di laser; occorre sapere quali sono i vantaggi ed i limiti di ciascuna sorgente laser, al fine di poter applicare in modo adeguato, senza deludere le aspettative dei propri pazienti e senza inficiare la credibilità di cui godono oggi gli strumenti laser. E L E T T R O N I C A P A G A N I LASERTERAPIA a) Onde con la stessa fase 2.0 SORGENTI DI LUCE LASER Esattamente come per la materia, esiste una dualità per la luce: possiede un carattere corpuscolare e un carattere ondulatorio. Nel carattere ondulatorio, si considera la luce come una perturbazione di un campo elettrico e di un campo magnetico che si propaga nello spazio. Quest’onda è caratterizzata da periodo T (frequenza f= 1/T) e da una lunghezza d’onda e si trasmette nel vuoto con una velocità C = 3.108 m/sec. Esiste un rapporto tra la lunghezza d’onda, f e C: C=fxL La variabile visibile dello spettro, è posta tra LASERTERAPIA 4 1015 e 1016 Hertz. Espresso in lunghezza d’onda, ciò vuol dire tra 400 nm e 760 nm. Il carattere ondulatorio della luce spiega i fenomeni quali l’interferenza e la diffrazione. Nel carattere corpuscolare, il raggio luminoso viene descritto come un flusso di fotoni, ciascuno dei quali trasporta un’energia che risulta uguale a: E=HxF La propagazione dell’energia luminosa nello spazio si realizza sotto forma di piccole particelle di energia, definiti fotoni. I costituenti principali di un apparecchio laser sono: ● una sostanza attiva (capace cioè di emettere fotoni di una determinata lunghezza d’onda); ● una sorgente esterna di energia necessaria per eccitare gli atomi della sostanza attiva che diseccitandosi danno luogo ad emissione stimolata di luce; ● una camera ottica di riflessione che indirizzi i raggi in un’unica direzione. La sostanza attiva può essere solida, liquida o gassosa. Pertanto, a seconda della natura del mezzo eccitato, si avranno emissione di luce laser con caratteristiche fisiche diverse: ● laser a cristalli solidi: Rubino (690 nm), Nd:YAG (1060 nm); ● laser a gas: Argon (510 - 480 nm), Azoto (337 nm), Krypton (640 nm), HeNe (632,8 nm), CO2 (10650 nm); ● laser a liquidi; ● laser chimici; ● laser a semiconduttori: diodici GaAs (904 nm), IR - A, GaAlAs (790 - 860 nm). ’altra èquipe che scopri il primo laser a gas. Nel 1972 fu grazie all’introduzione del laser continuo ad Argon e successivamente del CO2 che le applicazioni in medicina subirono un decisivo progresso inarrestabile. Nel 1975 infatti un grande passo fu fatto con l’introduzione del laser a neodymio-YAG. Durante questi ultimi 30 anni, tutte le altre sorgenti apparsero via via nella medicina. Ad oggi , la sorgente laser che si è mostrata più sensibile delle altre a miglioramenti si è dimostrata quella a semiconduttori (diodi laser allo stato solido). Sono aumentate le potenze, sono state introdotte diverse lunghezza d’onda a seconda degli obiettivi terapeutici perseguiti; alle emissioni pulsate dei soft-laser sono state aggiunte le emissioni continue e superpulsate dei laser di potenza. Prima di affrontare la descrizione dei vari tipi di sorgenti laser, vale la pena spendere poche parole per comprendere cosa sia un laser. Un laser è uno strumento che si distingue da altre sorgenti luminose per via della sua capacità di proiettare un fascio luminoso focalizzato, senza dissipazione di energia a distanza. Questo strumento per poter funzionare, necessita di tre elementi principali che schematicamente possiamo individuare in: ● un mezzo attivo; ● un sistema di pompaggio; ● una cavità di risonanza. Il laser è dunque una luce che può veicolare energia. La sua azione è legata ad un trasferimento di energia tra l’irraggiamento ed il tessuto ricevente. È in funzione della densità di energia, della durata di applicazione del raggio, della sua frequenza. In seguito all’irradiazione laser, si producono quattro tipi di reazioni tessutali: la riflessione, 3.0 I VARI TIPI DI LUCE LASER Nel 1917 Einstein enunciò il postulato secondo il quale l’emissione di una luce attraverso un atomo può essere stimolata tramite lo stesso raggio incidente. Ma bisognò attendere gli anni ’60 perché Maimam facesse funzionare il primo fascio laser a rubini, seguito dopo poco tempo da un Retro specchio Sistema di pompaggio Fronte specchio f Raggio laser R~ – 100% R~ – 90% E L E T T R O N I C A P A G A N I Terapia Fisica, non essendo ancora perfettamente noti gli effetti collaterali, si consigliava una sorgente laser che non fosse troppo elevata in termini di potenza. Era inconcepibile che potessero prodursi delle bruciature con questo tipo di laser. Si capì subito però che la debole capacità del laser HeNe era limitatissima per quanto riguarda la penetrazione attraverso i tessuti. Il passaggio ad una sorgente alternativa, più potente * * e più profonda che consentisse un assorbimento terapeuticamente più significativo, era RIFLESSIONE TRASMISSIONE sicuramente auspicabile. Sebbene il suo primo funzionamento con successo si sia * * avuto ad una lunghezza d’onda dell’infrarosso di 1.15 micrometri, il laser ad elio-neon DIFFUSIONE ASSORBIMENTO maggiormente utilizzato funziona nella transizione del rossa, desidera o meno dall’operatore. so a 632-650 nm. Assorbimento: è l’effetto principale ricercaAlcuni He-Ne laser oggi comunque possoto nell’assorbimento tessutale, soprattutto no emettere operativamente ad altre lunsotto l’aspetto termico. L’energia del fascio ghezze d’onda (594 nm, 612 nm, 543 nm). viene assorbita in parte dai tessuti e trasforI primitivi laser ad elio-neon venivano eccimata in calore; la sua penetrazione è in funtati spesso con scariche di radio frequenza zione della quantità di energia assorbita. (RF), ma virtualmente tutti i laser ad elio-neL’assorbimento sarà variabile in relazione on odierni sono guidati da una scarica eletalla colorazione della pelle, alla sua consitrica (De) tra elettrodi in un tubo laser. stenza, della durata dell’irraggiamento. Il laser ad elio-neon è noto per la sua stabiIl corpo umano è costituito per la maggior lità ad alta frequenza e funzionamento in parte da liquidi ed in particolare acqua, TEMOO (single mode) ed è uno dei laser perciò vi sono lunghezze d’onda che venpiù frequentemente utilizzati tra quelli oggi gono immediatamente assorbite dall’acqua esistenti. e non hanno profondità di azione elevata. È Il suo raggio è utilizzato come guida, per alquesto ad esempio il caso della sorgente a lineare condutture, come raggio pilota nelle CO2 che, nonostante l’elevata potenza gesegherie, per posizionare correttamente i neralmente erogata, viene assorbita dai lipazienti nelle unità mediche di raggi X; nei quidi e rimane pressoché nei primissimi laser destinati alla Terapia Fisica e Ortopestrati cellulari del corpo umano. dia, la sorgente HeNe viene precipuamente utilizzata come raggio guida di sorgenti non 3.1 LASER AD ELIO-NEON (HENE) visibili ma ben più potenti e terapeuticaQuesto è stato il più comune tipo di laser fimente efficaci. no alla diffusione dei laser a diodi avvenuta in questo ultimo decennio, soprattutto da 3.2 LASER A BIOSSIDO DI CARBONIO (CO2) quando questi ultimi sono dotati di potenze Fino a qualche anno fa era considerata la particolarmente elevate e terapeuticamente sorgente laser terapeuticamente più efficaefficaci. ce e potente. Durante il periodo introduttivo dei laser in La potenza in continuo può raggiungere fi- E L E T T R O N I C A P A G A N I LASERTERAPIA la dispersione, la trasmissione e l’assorbimento. Riflessione: il laser può essere riflesso tutto od in parte. Trasmissione: il raggio può essere trasmesso attraverso la materia come la luce attraverso un vetro. Ciò permette di trattare i tessuti profondi. Diffusione: si tratta di una riflessione diffu- 5 LASERTERAPIA 6 no ai 30 W nel lontano infrarosso alla lunghezza d’onda di 10.6 micrometri. Una scarica elettrica viene applicata in un tubo contenente gas biossido di carbonio. Le molecole di CO2 sono eccitate dalla collisione elettronica ad alti livelli vibrazionali, da questo loro decadimento ha luogo un livello vibrazionale metastabile Sebbene possa essere ottenuta una radiazione laser in un tubo contenente solo CO2, vari tipi di gas sono aggiunti usualmente, inclusi Nz, Xe, CO2 ed acqua (questi additivi sono utilizzati per aumentare l’efficienza operativa del laser CO2). Il laser a CO2 è capace di produrre una notevole potenza di uscita, ma ha una contenuta capacità di penetrazione nei tessuti del corpo umano. Infatti, da un lato la CO2 viene assorbita copiosamente dai liquidi di cui è ricco il corpo umano e dall’atro lato l’elevata potenza emessa determina un innalzamento della temperatura cutanea generalmente abbastanza intenso e tale da impedire lunghe esposizioni protratte nel tempo. La contenuta profondità di azione e l’impossibilità di irraggiamento per tempi sufficientemente lunghi e la correlata possibilità di provocare bruciature e ustioni, ha spinto la Medicina Fisica all’impiego delle sorgenti a diodi, che nel frattempo avevano raggiunto potenze, seppur non ai livelli delle sorgenti a CO2, abbastanza ragguardevoli ed efficaci e sicuramente meno pericolose. In ogni caso, l’impiego dei laser a CO2 conserva ancora un razionale terapeutico, soprattutto in quelle patologie in cui l’iperemia locale, l’effetto antalgico l’aspetto anti-edemigeno delle terapia laser rivestono l’obiettivo terapeutico preminente. A tale proposito, poter disporre di uno strumento con sorgente a CO2 in grado di determinare i sopra citati effetti insieme ad una sorgente in grado di coinvolgere gli strati più profondi delle strutture cellulari, dando vita ai fenomeni di biostimolazione in grado di agire sulle fibre di collagene consentirebbe di poter disporre di uno strumento completo e performante. . 3.3 LASER A DIODI SEMICONDUTTORI I laser a diodi sono tutti costruiti con materiali semi conduttori e tutti dimostrano proprietà elettriche caratteristiche dei diodi elettrici. Una caratteristica utile è che molti sono regolabili variando la corrente applicata, cambiando la temperatura, oppure applicando un campo magnetico esterno. I semi conduttori possono essere utilizzati come piccola, altamente efficiente sorgente di fotoni, che possono essere pompati da una varietà di tecniche. Queste includono il pompaggio con altre sorgenti ottiche (fotopumping), pompaggio con un fascio di elettroni, oppure il pompaggio con una giunzione p-n. L’aumentata conduttività direzionale è il meccanismo comune per tutti i diodi ed i transistor in elettronica. Le piccole dimensioni dei diodi laser richiedono uno speciale involucro che consenta a tutti un uso confortevole. Per ottenere alta potenza da un diodo laser sono stati sviluppati speciali tipi di dio- E L E T T R O N I C A P A G A N I ● lunga durata; costo di manutenzione (in realtà non richiedono alcuna manutenzione, ma una semplice verifica dello stato di funzionamento e del rendimento in termini di potenza). 3.4 SISTEMI di laser. Questi speciali diodi emettono radiazioni sincronizzate assieme e la potenza di uscita è dell’ordine di qualche watt. Grazie ai diodi di nuova tecnologia è possibile disporre di laser terapeutici in grado di compendiare agli effetti di biostimolazione anche gli effetti termici che fino a qualche anno fa erano invece specifici di altri laser, quali per esempio quelli dotati di sorgente a CO2. Oggi i diodi raggiungono potenze anche dell’ordine dei 7-10 Watt e molto spesso vengono pilotati in fibra per contenere gli ingombri dell’applicatore da un lato e per evitare di dover predisporre complessi, costosi ed ingombranti sistemi di raffreddamento dall’altro. I laser a diodi hanno numerosi vantaggi: ● alta efficienza; ● facilità di impiego da parte di aziende dotate di succifiente know-how nel campo delle applicazioni laser; ● alta affidabilità e sicurezza; E L E T T R O N I C A P A G A N I LASER NDYAG Una delle sorgenti laser maggiormente usate per la moderata o alta potenza è il cristallo di neodimioYtrio alluminio granato(YAG), comunemente designato come NdYAG. In aggiunta al Nd possono essere usate altre sostanze, come il calcio tungstato e cristalli. Il NdYAG viene pompato otticamente da una lampada a pompaggio di tungsteno o Kripton e può fornire una potenza di uscita in CW di circa 1000 W ad 1.06 micrometri di lunghezza d’onda, che non è esattamente la lunghezza dotata della migliore profondità d’azione. Oggi in realtà la medesima lunghezza d’onda viene ottenuta attraverso l’utilizzo di sorgenti di tipo diodiche, molto più sicure, affidabili, meno soggette amnautenzione, di più facile interposizione rispetto al NDYAG. La medesima lunghezza d’onda consette di fato di raggiungere profondità, assorbimento dal corpo umano e perciç efficacia esattamete identiche, con vantaggi non eguagliabili dalla primordiale sorgente di NdYAG. La sorgente a 1060nm può essere preferita a quelle da 800-900 nm, che pur sono più profonde, per la sua capacitià di diffondersi meglio nei tessuti più vascolarizzati come i muscoli. Il laser a NdYAG appartiene alla classe dei laser a stato solido. Il termine di “stato solido” usualmente viene usato per descrivere i laser il cui mezzo attivo è un cristallo drogato con uno ione impuro. I laser a stato solido sono irregolari, di semplice manutenzione, e capaci di generare elevate potenze. Sebbene questa classe di laser offra alcuni vantaggi unici rispetto ai laser a gas, i cri- LASERTERAPIA ● basso 7 LASERTERAPIA 8 stalli non sono cavità ideali o perfetti mezzi laser. I veri cristalli possiedono una variazione dell’indice di rifrazione che distorce la gamma delle lunghezze d’onda e la modalità di conformazione del laser. Il funzionamento a potenze elevate causa espansioni termiche del cristallo che alterano l’effettiva dimensione della cavità e quindi cambiano la procedura. I cristalli laser devono essere pertanto necessariamente raffreddati con aria forzata o con liquidi. Il più singolare aspetto dei laser a stato solido è che l’uscita è usualmente non continua, ma consiste in un largo numero di esplosioni di potenza frequentemente distinti. Usualmente i parametri specifici di funzionamento sono dettati dall’applicazione che si vuole effettuare. Se la velocità di ripetizione aumenta, l’uscita di energia ammissibile per ogni impulso necessariamente decresce. Mentre le tradizionali sorgenti a Nd:YAG hanno un valore assoluto abbastanza elevato e richiedono una manutenzione sicuramente importante, le nuove sorgenti a diodi della medesima lunghezza d’onda garatiscono costi più contenuti sia nella realizzazioen dei prodotti che nella gestione/manutenzione. 3.5 LASER AD ECCIMERI Disporre di strumenti laser ad ultravioletti (UV) ad alta potenza ha rappresentato per più di 25 anni un desiderio dell’intera comunità di utilizzatori dei laser. Teoricamente un siffatto tipo di laser può produrre un raggio focalizzato di dimensioni inferiori al micron e, perciò, essere usato nella microchirurgia laser ed in micro-litografia industriale. Inoltre i processi fitochimici che sono dipendenti da lunghezze d’onda degli UV corte renderebbero possibile una più grande velocità a causa dell’enorme flusso di fotoni UV presentati dal raggio laser. Fu solo nel 1975 che il primo della famiglia dei nuovi apparecchi laser ad UV venne costruito da Searles ed Hart (anche se l’invenzione avvenne in Russia nel 1971). Questo tipo di laser venne denominato laser ad eccimeri, in abbreviazione del termine “excited dimer”, che significa che la molecola è composta da due atomi ed esiste solo in stato eccitato. In effetti, in stato di riposo dell’atomo questa molecola non esiste e gli atomi che la formano sono separati. Tale stato eccitato dura solo pochissimo tempo (meno di 10 nanosecondi). I laser ad eccimeri funzionano mediante gas reattivi come la clorina e la fluorina mischiati con gas inerti come l’Argon, il Kripton e lo Xenon. Le varie combinazioni di gas, quando elettricamente eccitati, producono una pseudo-molecola detta “dimer” con un livello di configurazione energetica che causa la formazione di una specifica lunghezza d’onda di emissione laser che cade nello spettro dell’UV. Per via dell’alto guadagno fornito dal mezzo attivo questo tipo di laser può operare senza specchi riflettenti. La radiazione è emessa solo mediante impulsi corti della lunghezza compresa tra picosecondi e microsecondi (10-12, 10-6sec.). L’affidabilità dei laser ad eccimeri ha compiuto un significativo passo negli ultimi anni: ora, sistemi funzionanti a potenza media di 50-100 watts sono commercialmente disponibili. Un tipico laser ad eccimeri funziona in modo pulsato ripetitivo di 30-40 ns ad impulsi di velocità fino a 50 Hz con energie dell’impulso di 1/2 Joule per impulso. Alcuni sistemi utilizzano raggi X per pre-ionizzare la mistura di gas laser ad eccimeri aumentando l’efficienza ed incrementando la potenza di uscita. Fino a pochissimo tempo fa, i laser ad eccimeri si trovavano più comunemente nei laboratori di ricerca dove erano usati come sorgente specifica di UV o, in alcuni casi, servivano come pompa o sorgente di eccitazione per generare emissione laser visibile. I laser ad eccimeri trovano applicazione oggi in fotolitografia, e soprattutto come bisturi chirurgici per i tessuti senza alcun danno circostante, per la correzione di alcuni disordini visivi (cheratotomia radiale, miopie, cheratocono ecc.); per contrassegnare un E L E T T R O N I C A P A G A N I 3.6 LASER AD ARGON (AR+) Si deve a William Bridges l’introduzione nel 1964 di questo di tipo di laser. Il laser a ioni di argon è formato da un tubo riempito con gas argon che viene trasformato in “plasma” in stato eccitato (il plasma è uno stato della materia in cui gli elettroni sono separati in atomi e molecole, che vuoI dire che esso contiene elettroni liberi e ioni). Sono possibili due transizioni laser ad una lunghezza d’onda visibile: ● blu 0.488 mm ● verde 0.5145 mm, Ma il laser a ioni di argon emette inoltre nello spettro dell’Uva 0.3511 mm ed a 0.3638 mm. Il guadagno del mezzo attivo nel laser a ioni di argon è veramente alto, pertanto una elevata potenza può essere realizzata da questo tipo di laser (watts), benché con bassa efficienza. La potenza di uscita aumenta in funzione non lineare della densità di corrente nel tubo. Pertanto è comune l’utilizzo di un tubo ristretto a corrente elevata (100-300 A/cm2). Il laser a ioni di argon richiede tre fasi elettriche separate di linee di potenza. L’accensione degli ioni del gas argon viene ottenuta con un impulso di alto voltaggio (circa 10 Kilovolts) che ionizza il gas stesso. Dopo la ionizzazione alcune centinaia di volts sono mantenute attraverso il tubo laser. Una simile intensità di corrente crea un notevole ammontare di calore che deve essere eliminato dal laser per evitare che questo si incendi. Pertanto il laser ad argon richiede un costante raffreddamento ad acqua. La radiazione del laser a ioni di argon è rischiosa per la vista ed il lavoro con esso richiede speciali occhiali protettivi per chiunque si trovi nella stanza durante il suo utilizzo. Il suo raggio viene assorbito principalmente E L E T T R O N I C A P A G A N I dall’emoglobina delle cellule ematiche. Quando l’emoglobina assorbe energia laser, quest’ultima viene convertita in calore. Il calore prodotto danneggia e brucia i vasi sanguigni, causando la loro disintegrazione ed il loro riassorbimento. A causa di questo assorbimento selettivo della luce laser da parte della emoglobina, il laser ad argon è molto utilizzato per il trattamento dei disordini dei vasi sanguigni e del loro sviluppo, specialmente di quelli che sono rilevati e di colore bluastro-rosso. Il laser ad argon può eliminare questi tipi di vasi con il minimo rischio di cicatrice. Specificatamente esso è in grado di trattare macchie rosso-vino, voglie rosse, emangiomi, vasi venosi sfiancati ed evidenti e la “sindrome del naso rosso” (complicanza dell’acne rosacea) o in chirurgia nasale. Esso viene correntemente utilizzato come sorgente di pompaggio ottico per i laser a coloranti; come mezzo di intrattenimento nelle discoteche, display laser, spettacoli di luce; in chirurgia generale per applicazioni che utilizzano l’assorbimento ad una specifica lunghezza d’onda; in oculistica per il distacco di retina; in medicina forense per misurazioni in fluorescenza; in olografia grazie alla sua alta potenza nello spettro visibile 3.7 LASER A RUBINO Il rubino, che è il mezzo attivo di funzionamento del laser, è un cristallo sintetico di ossido di alluminio (AbO3). La struttura chimica del rubino è di AbO3 (chiamata zaffiro) con impurità di circa lo 0,05% (del peso) di ioni di Cromo (Cr.+3). Lo ione attivo è il cromo che sostituisce l’atomo di Al nel cristallo. Questo ione determina anche il colore rosso del cristallo stesso. Lo ione impuro Cr+3 è responsabile dei livelli di energia che partecipano nel processo laser. L’eccitazione degli ioni di cromo viene fornita da impulsi di luce mediante una lampada flash (usualmente Xenon); lo ione di cromo assorbe la luce ad una lunghezza d’onda di circa 545 nm. Come risultato, gli ioni sono trasferiti ad un livello di energia eccitato E3. Da questo livello gli ioni scendono ad un più basso livel- LASERTERAPIA prodotto: poiché le piccola lunghezza d’onda della radiazione è assorbita da tutti i materiali è possibile marchiare ogni genere di materiale come la plastica, il vetro, il metallo ecc. L’unico svantaggio è il costo elevato dell’ apparecchiatura che ne rende in effetti uno strumento molto poco diffuso. 9 LASERTERAPIA 10 lo matastabile di energia E2 in una transizione non-radioattiva. L’energia rilasciata in questa transizione non radioattiva viene trasferita in vibrazioni del cristallo e trasformata in calore che deve essere rimosso dal laser mediante sistema di raffreddamento, e questo è un limite del laser a rubino. La lunghezza d’onda emessa dal laser a rubino si colloca all’estremità dello spettro visibile e poiché l’occhio è trasparente a questa lunghezza d’onda, il laser a rubino è assai dannoso per l’occhio. La luce rossa emessa da questo tipo di laser viene assorbita principalmente dalla melanina e dai pigmenti blu-scuri e verdi e ciò, con l’avvento dei nuovi laser a rubino Q-switch, ha ristabilito un ruolo importante di questo laser nel trattamento delle lesioni pigmentate. 4.0 CARATTERISTICHE DELLA RADIAZIONE LASER La sorgente laser può emettere in modo continuo o ad impulsi: esistono pertanto laser ad emissione continua che emettono costantemente la stessa potenza (come ad esempio il laser HeNe) e laser pulsanti che generano impulsi molto brevi (dell’ordine delle centinaia di nanosecondi), ma piuttosto potenti (laser a semiconduttori). Questi ultimi oltre ad avere delle potenze di picco abbastanza elevate, possono essere pilotati in modo da ottenere treni di impulsi a diverse frequenze. Anche se la modulazione di frequenza secondo la “Scuola” di Richand risulta assurgere una discreta importanza ai fini della discriminazione dell’obiettivo terapeutico, la pratica clinica in realtà non ha mai confutato l’attendibilità di questa opinione, privilegiando invece i parametri di potenza per la somministrazione dell’idonea densità di energia e di lunghezza per il raggiungimento delle opportune profondità di azione. 4.1 PARAMETRI ● DEL RAGGIO LASER Frequenza: essa determina frequenza di ripetizione degli impulsi. ● Durata dell’impulso: a. emissione continua: le radiazioni prodot- te dal laser vengono emesse senza pausa tra gli impulsi. b. emissione pulsata: le emissioni del laser sono di tipo pulsato e tra un’emissione e l’altro vi è una pausa ● Potenza media (Pm): essa è una variabile che varia in funzione della grandezza dell’impulso e della potenza di picco In considerazione delle sempre più elevate potenze dei diodi e delle sorgenti laser in genere, l’evoluzione verso laser ad impulsi può essere guardata con favore dal punto di vista terapeutico, in quanto permette di erogare una potenza particolarmente intensa limitando l’assuefazione del tessuto al passaggio continuo del fascio laser. A parità di condizioni, è vero che in emissione pulsata i tempi di trattamento si allungano, ma è altrettanto vero che l’impiego dei più potenti ed efficienti strumenti laser su determinate patologie, su determinate aree del corpo può avvenire solo ed esclusivamente in emissione pulsata, perché in emissione continua si rischierebbe di bruciare e cauterizzare i tessuti, non permettendo di fatto l’esecuzione del trattamento. ● Potenza di picco: rappresenta la potenza massima raggiungibile da un singolo impulso laser. Oltre un certo valore compreso tra 10 e 20 W, l’aumento della potenza di picco, oltrepassando questa soglia critica di energia, satura lo strato superficiale dell’epidermide del tessuto dando luogo a bruciature cutanee (effetto termico) e rappresenta un potenziale danno per il tessuto stesso. La potenza del raggio laser (sia esso terapeutico o chirurgico) è più alta al centro del raggio stesso e decade verso la periferia descrivendo una curva a campana (gaussiana) con un indebolimento della potenza verso la periferia del raggio che, per esempio nei laser chirurgici, dà effetti anche nel tessuto adiacente l’area colpita (che spiegherebbe il minor dolore ed infiammazione legato agli interventi chirurgici effettuati con il laser rispetto alla chirurgia convenzionale). Questo fenomeno viene indicato come “fenomeno alfa”. Quindi il segmento di raggio “a bassa potenza” (laserterapia “fredda”) risulta essere E L E T T R O N I C A P A G A N I GAUSSIANA importante per la laser-terapia frequentemente per cm2 (J/cm2). Entrambi i tipi di calcolo della dose sono necessari a seconda se il laser viene applicato su punti specifici (trigger, punti agopunturali, punti locali, ecc.) o quando viene applicato su larghe aree di tessuto (piaghe, aree ulcerate, ecc.). Un Joule di energia è uguale ad 1 watt x secondo, cioè rappresenta l’energia generata quando 1 Watt (W) di potenza irradia per 1 secondo (s): J =W x sec. La dose di irradiazione rappresenta l’ammontare di energia che viene condotta dentro il tessuto. È di grande importanza sapere se questa energia viene ad essere condotta attraverso un piccolo punto (diciamo 1 mm2) o attraverso aree di diversi cm2 di tessuto. Quindi, nel trattamento di superfici come piaghe, ulcere, ecc. è meglio esprimere tale dose sotto forma di densità di energia in J/cm2. Poiché 1 J= 1 Wsec., la dose di irradiazione D può essere calcolata nel modo seguente: P(W) x t (s) D(J/cm2)=A(cm2) Dove D = dose laser (J/cm2) P = potenza laser condotta al tessuto (W, oppure potenza media mW/1000), t = tempo di irradiazione (s) A =area di superficie trattata (cm2) Da ciò si può anche calcolare il tempo di trattamento necessario: E L E T T R O N I C A P A G A N I D(J/cm2) x A (cm2) t (sec.)=P(W) Per calcolare il tempo di esposizione necessario per trattare una determinata area tessutale (A) la potenza media del laser deve essere convertita in Watts. Per un risultato terapeutico ottimale in laserterapia sono inoltre essenziali i seguenti concetti: 1. Per un effetto biostimolante ottimale (trattamento di piaghe, ustioni, contusioni, ecc.) la dose di irradiazione ha un limite minimo ed uno massimo, con un optimum in mezzo ad essi. Se la dose è troppo bassa, si può avere un effetto non misurabile; se la dose è troppo alta, si rischia di indurre effetti negativi. 2. L’effetto biostimolante è cumulativo: dosi ripetute ad opportuni e relativamente piccoli intervalli danno luogo ad una risposta sommatoria. Piccole dosi ripetute ad intervalli di 1-7 giorni inducono effetti vigorosi quanto la stessa dose totale è irradiata in un solo trattamento. 3. Per un effetto ottimale sui punti di agopuntura le dosi raccomandate dalla letteratura Sovietica sono di circa 0,1 J/punto di agopuntura. 4.2 MODALITÀ E DURATA DELL’EMISSIONE LASER Modi di funzionamento differenti del laser possono essere distinti in base alla velocità con cui l’energia viene emessa. a. a impulso continuo (CW): i laser operano con una stabile potenza media del raggio. b. a singolo impulso: i laser hanno generalmente una durata dell’impulso che va da alcune centinaia di microsecondi ad alcuni millisecondi. Questa modalità di funzionamento è talora definita a impulso lungo o modo normale (normal mode). c. a singolo impulso Q-switched: metodo messo a punto da R.W. Hellworth: è il risultato di un ritardo intracavitario (cella Qswitch) che permette al mezzo laser di immagazzinare un massimo di energia potenziale. Quindi con ottimali condizioni di guadagno, l’emissione avviene con un impulso singolo. d. a impulso ripetuto o laser a scansione: generalmente implica il funzionamento del LASERTERAPIA il responsabile della diminuzione del dolore e dell’infiammazione nelle ferite. ● Dose di irradiazione (densità di energia): la dose di irradiazione è il parametro più 11 LASERTERAPIA 12 laser pulsato con una performance operante ad una velocità dell’impulso fissa che può essere nel range di alcuni impulsi per secondo fino a 10.000 impulsi per secondo. La direzione del laser CW può essere scansita rapidamente usando un sistema di scansione ottico che produce l’equivalente di un impulso ripetuto prodotto in una data localizzazione. e. modo-bloccato (locked mode): il funzionamento laser è il risultato di una procedura risonante della cavità ottica che può realizzare le caratteristiche di un raggio prodotto. Quando le fasi della diversa modalità di frequenza sono sincronizzate, la differente modalità interferisce con un’altra generando un effetto di battimento. Il risultato è un raggio laser in uscita che viene emesso con impulsi regolarmente distanziati. Il laser in “locked-mode” può sviluppare potenze di picco estremamente alte rispetto allo stesso laser operante in modo Q-switch. Questi impulsi hanno un’enorme potenza di picco spesso a livelli di 10 watt di picco. 5.0 BIOSTIMOLAZIONE La luce laser di adeguata intensità agisce sulla cellula attivando e catalizzando tutti i processi metabolici. Questo processo, detto di “biostimolazione”, è simile a quello provocato dalla luce solare sulle piante, le quali sfruttano l’energia assorbita per innescare il meccanismo della fotosintesi. Tuttavia, mentre le piante possono assorbire quantità indiscriminate di energia solare, la cute, per ottenere l’effetto biostimolante ideale, deve ricevere una quantità’ di energia laser che non sia né eccessivamente elevata da provocare danni, né così bassa da non provocare alcun significativo effetto terapeutico. Esiste un rapporto matematico tra la densità di energia, misurata in J/cm2, e le altre grandezze in gioco che è visualizzato dalla seguente formula: P ·t ·f·t E= max imp treat A dove: E = densità di energia [J/cm2] Pmax = potenza di picco del diodo laser timp = durata dell’impulso f = frequenza ttreat = durata dell’applicazione sull’area A = area del corpo trattata [Watt] [s] [Hz] [s] [cm2] La potenza di picco del diodo è costante e dipende dal diodo stesso, come pure, nel caso di diodi di media potenza, la durata dell’impulso. I nuovi diodi laser possono essere pilotati sia in emissione continua che pulsata od addirittura super pulsata (con durate d’impulso brevi, in grado di privilegiare la prodondità d’azione all’effetto eminentemente termico). L’area irradiata dipende dalla sorgente laser e dalla distanza della stessa dalla superficie da trattare; perciò risulta esserci una proporzionalità inversa fra tempo di trattamento e frequenza. Comunque bisogna tenere conto che il tempo varia in relazione all’assorbimento del tessuto che a sua volta varia in funzione della idratazione, della pigmentazione ed in base alle proprietà organolettiche. 6.0 AZIONE BIOLOGICA I primi studi sull’argomento vennero effettuati nel 1961. In quel periodo lo statunitense Tomberg, sperimentando l’irradiazione sul midollo osseo di topi bianchi, notò che si verificavano rilevanti cambiamenti a livello del sangue periferico degli stessi animali. Le variazioni consistevano in un aumento di concentrazione di eritrociti, di emoglobina e di piastrine, oltre a una discreta leucocitosi e un aumento di megacariociti. Più tardi, nel 1966, Klein riscontrava al microscopio elettronico un cambiamento dello stato vitale dei mitocondri. Due anni dopo, Mester, analizzando tessuti provenienti da ulcere da decubito, da radionecrosi, nonché da ulcere varicose, notava mitocondri rigonfi, aumento della produzione di ATP e dilatazione delle cisterne ergastoplasmatiche. Lo stesso autore osservava che le variazioni tessutali e biochimiche si verificavano con una specifica sequenza: E L E T T R O N I C A P A G A N I dopo la prima applicazione si aveva un aumento della produzione di fibre collagene, una riduzione del corredo cellulare e quindi la formazione di vescicole intracitoplasmatiche con corpuscoli elettrodensi; ● dopo la seconda applicazione aumento di corpuscoli lisosomiali intercellulari, rigonfiamento mitocondriale, ulteriore ingrossamento delle vescicole ed aumento della produzione di collagene. A conferma di tutto cio’ era aumentata l’attività di incorporazione della 2 C13 glicina e della H3 prolina. In un altro esperimento vennero prese in considerazione alcuni enzimi come la succinico deidrogenasi, la lattico deidrogenasi e l’esterasi aspecifica. Si vide allora che vicino al margine della ferita e nello strato epiteliale basale risultava aumentata solo la succinico deidrogenasi, mentre nei fibrociti si aveva un aumento della SD, della lattico deidrogenasi e delle esterasi aspecifiche. Negli stessi studi Mester registrò anche la formazione di nuovi vasi, un aumento della resistenza dei tessuti alla trazione ed un aumento della PGE2 e PGF2 alfa. Senmov confermava le osservazioni di Mester inerenti ai vasi, notando considerevoli cambiamenti funzionali ad irradiazione laser, come ad esempio la variazione del tono vasale, la diminuzione della pressione arteriosa ed il riassorbimento di edemi interstiziali. Un’altra valida documentazione è data dagli studi di Kolitney il quale ha dimostrato ampie variazione istologiche e morfologiche in seguito ad irradiazioni sugli autotrapianti di pelle. L’autore riscontrava infatti un aumento della proliferazione fibroplastica e della concentrazione di glicogeno con notevole accelerazione del processo di decongestione. Altri autori si occuparono dell’attività antalgica del laser che si manifesta con due modalità specifiche: - direttamente, con un’elevazione della soglia di eccitabilità` nervosa sembra tramite un’azione sulla “pompa sodio-potassio”; - indirettamente, attraverso una aumentata produzione locale di endorfine e beta-encefaline. E L E T T R O N I C A P A G A N I 7.0 GLI EFFETTI TERAPEUTICI DEL LASER 7.1 EFFETTO ANTI-INFIAMMATORIO L’esperienza nella pratica clinica ha permesso di concludere che le irradiazioni laser R e IR possono risultare positive nel campo delle affezioni acute associate a reazioni infiammatorie. Il laser agirebbe stimolando o inibendo le differenti componenti biochimiche che intervengono nella sua evoluzione con azione a diversi livelli. LASERTERAPIA ● 13 7.1.1 Agenti eziologici del processo infiammatorio I parametri clinici, biologici e istologici dell’infiammazione dei pazienti reumatoidi sono fortemente influenzati da questo trattamento. Inoltre, è interessante notare che anche le infiammazioni superficiali dei tendini reagiscono favorevolmente alle irradiazioni laser. Al momento di un’aggressione (allergia, trauma, chirurgia, ecc.), in effetti avviene una rottura o certamente una lesione di una gran quantità di cellule che perdono il loro contenuto citoplasmatico nello spazio interstiziale. Questa secrezione contiene materie algogene come la chinina, l’istamina e la prostaglandina. La reazione infiammatoria che ne segue in effetti è molto complessa e si manifesta con rubor, calor, dolor e tumor, cioè rossore, calore, dolore e gonfiore. Sotto l’effetto dell’istamina, i leucociti migrano attraverso la parete vascolare per fagocitare i batteri e le cellule morte dei tessuti. I leucociti polimorfonucleati e poi i fagociti mononucleati (chiamati anche macrofagi, poiché si trovano nei tessuti) formano quindi la prima linea di difesa contro l’invasione dei corpi estranei. L’attività delle cellule sarà determinante per il trattamento di questi residui nel focolaio infiammatorio. Se questi prodotti irritanti scomparissero, i sintomi (rossore, calore, dolore e gonfiore) diminuirebbero. Il processo infiammatorio è un processo dinamico e certamente non uno stato stabile. Il prof. H. Klima, dell’università di Vienna, ha potuto dimostrare in un suo studio che sono effettivamente queste cellule (i leucociti poli- LASERTERAPIA 14 morfonucleati e i macrofagi mononucleati) che emettono una luce quando sono in azione - la fagocitosi - con una lunghezza d’onda dalla luce rossa fino all’infrarossa. Questa teoria è stata confermata dall’équipe del Prof. P. De Baetselier afferma che si tratta di componenti ossigenate reattive, prodotte dal metabolismo di ossidazione dei fagociti, che si azionano dopo stimolo della membrana dei fagociti. Queste componenti ossigenate reattive sono estremamente distruttrici per i numerosi micro-organismi. Un aspetto importante di queste componenti è la loro relativa instabilità che si trova all’origine della produzione di emissione della luce; questo TABELLA 1 Cause esogene Cause endogene fenomeno viene chiamato «chemioluminescenza». I fotoni liberati vengono misurati con il «fotomoltiplicatore», e il segnale luminoso è direttamente proporzionale alla reattività dei fagociti. Dagli studi effettuati, si può senz’altro affermare che l’emissione di fotoni delle cellule ematiche gioca un importante ruolo durante il processo di regolazione immunologica e che la luce laser adatta, posta nella parte rossa e infrarossa dello spettro, influenzerà il meccanismo di difesa naturale stimolando la fagocitosi. Questo comporterà un miglioramento più rapido di numerosi stati infiammatori. Biologiche 1.Batteri 2.Virus 3.Funghi Chimiche 1.Sostanze corrosive acide o alcaline forti 2. Sostanze infiammatorie (trementina, calomelano, ecc.) 3. Sostanze che originano dal metabolismo di microorganismi (tossine, veleci, ecc.) Fisiche Temperatura Cause di tipo meccanico (traumi, contusioni, ferite, ecc.) Radiazioni Immunologiche Stati di ipersensibilità Malattie autoimmunitarie Chimiche 1. Sostanze di degradazione del metabolismo (acido urico, ecc.) E L E T T R O N I C A P A G A N I ANTI-EDEMIGENO Un edema, qualunque sia la sua eziologia, in effetti è composto di due componenti. inizialmente vi è una componente «sierosa» che consiste in acqua nella quale sono sciolte molecole di debole peso molecolare; questa parte può venire riassorbita e trasportata attraverso il sistema venoso. Vi è anche una componente in questo tessuto edematoso di molecole con un peso molecolare elevato, cioè proteine originarie dei vasi ematici lesi. Queste «grosse» molecole possono essere riassorbite solo dai capillari linfatici, dato il carattere specifico della loro parete. I legamenti intercellulari della parete endoteliale dei capillari linfatici sono molto fragili e per questo motivo possono facilmente lacerarsi; questo, unito al fatto che tali cellule sono legate alle fibre di collagene per mezzo di filamenti non elastici, farà conseguire un’apertura dei legamenti intercellulari nel caso in cui questi filamenti venissero messi sotto tensione (caso dell’edema). Il ruolo della circolazione linfatica in questo problema sicuramente riveste sicuramente un’azione importante nella valutazione dell’edema e del suo processo di guarigione. È stato riscontrato che le irradiazioni del laser non inducono alcun cambiamento nella contrazione dei vasi dove non si riscontra edema. Al contrario, in caso di edema, l’irradiazione laser finisce per influire in modo notevole e selettivo sulla vasomotricità dei vasi linfatici: in seguito all’esposizione di irradiazioni laser, il loro diametro si amplia, favorendo l’evacuazione delle proteine. L’evacuazio- E L E T T R O N I C A P A G A N I ne delle proteine, negli edemi, è molto importante, dato che la loro presenza nei tessuti indurrà la formazione del tessuto fibroso. 7.3 MIGLIORAMENTO DELLA CIRCOLAZIONE I raggi laser sono anche applicati con risultato soddisfacente nelle affezioni in cui la microcircolazione è primordiale (trombo-angioite obliterante, endoarterite obliterante, arteriosclerosi dell’anziano, aterosclerosi diabetica, ecc.). Queste affezioni appartengono alla stessa famiglia ed evolvono verso lo stesso stadio finale: l’occlusione totale dei vasi ematici. L’attivazione della microcircolazione va senza dubbio perseguita in questa problematica. Vi sono studi che comprovano senza ombra di dubbio che una irradiazione laser influisce favorevolmente sulla microcircolazione. 7.4 CICATRIZZAZIONE DELLE FERITE Dopo un trattamento laser di lunghezza d’onda e di potenza ottimale, si riscontra che le cicatrici, le ulcere e altre ferite aperte si rimarginano più in fretta. Il lavoro originario del Or. E. Mester (Hongrie) ha dimostrato che le ulcere della gamba dovute ad una cattiva circolazione (ipodermite) e che si manifestavano già da anni, guarivano benissimo e rapidamente dopo alcune sedute di raggi laser. Èprovato che il sistema linfatico gioca un ruolo essenziale nel processo di guarigione delle ferite. Nella rigenerazione di questo sistema risiede la chiave di volta di questo processo. 7.5 EFFETTO ANTALGICO L’effetto antalgico va di pari passo con l’effetto anti-infiammatorio e quello antiedema. Infiammazione e gonfiore sono due sintomi che si producono nello stesso tempo e scatenano la risposta nocicettiva da parte del paziente, che avverte una dolorabilità più o meno intensa a seconda della gravità della patologia, della localizzazione, della sopportabilità soggettiva al dolore. Il circolo vizioso negativo, agendo su uno o più sintomi, viene interrotto e il processo di guarigione può iniziare. In certi casi, l’azione LASERTERAPIA 7.2 EFFETTO 15 LASERTERAPIA 16 sedativa della luce laser può rivelarsi “miracolosa”, soprattutto nei casi di affezioni acute immediatamente dopo i primi trattamenti. Al contrario, nelle affezioni croniche, si può osservare spesso una recrudescenza del dolore dopo i primi trattamenti. Quand’anche il trattamento viene continuato si constata allora una evidente diminuzione. Benché il dolore sia formato da diverse componenti, è strettamente legato alla soglia di percezione delle terminazioni nervose. La conduzione di un impulso doloroso è in rapporto con le differenti fasi di polarizzazione e di depolarizzazione della membrana. A riposo, esiste tra l’interno e l’esterno della membrana una differenza di potenziale di circa - 90 mV. La ragione consiste nel fatto che ioni di differenti concentrazioni sono presenti da una parte e dall’altra della membrana e che la membrana è più permeabile per il Kalium che per il Natrium. Al momento in cui una cellula nervosa viene eccitata, la membrana aumenterà la corrente di Kalium verso il mezzo extracellulare; la trasmissione dell’impulso nervoso fa circolare gli ioni di Natrium dall’esterno all’interno attraverso la membrana fino alla zona stimolata. I carichi di ioni Na + ritornano verso l’esterno dove depolarizzano un’altra zona. Questo si ripete in modo permanente. Lo stimolo nervoso viene quindi diretto. Per quanto riguarda il dolore in particolare, l’esistenza di un filtro (l’involucro gelatinoso del midollo spinale) è di capitale importanza. Il filtro, sia che si apra, sia che si chiuda, sarà capace di bloccare o di lasciar passare gli impulsi dolorosi verso i centri cerebrali posti più in alto. Il tutto è in rapporto con le grandi e le piccole fibre. Con l’aiuto dell’elettromiografia, si è studiato i cambiamenti prodotti dal laser nei potenziali evocati dal nervo mediano del polso. Sulla base di questi risultati, è provato che un aumento della soglia di percezione del dolore sarà determinata da una diminuzione della permeabilità della membrana per il Kalium. 7.5.1 Il laser ed il dolore Sappiamo che il sintomo dolore, spesso strettamente legato alla infiammazione, se- gue anatomicamente la via nocicettiva composta inizialmente dalla depolarizzazione delle terminazioni nervose periferiche. Come sappiamo, nelle cellule del corpo umano esiste a riposo una differenza di potenziale tra esterno ed interno di 70 mV. L’interno e’ di segno negativo e questo grazie alla pompa Na/K. Sono sufficienti stimoli elettrici, chimici, termici o luminosi per provocare un potenziale d’azione con passaggio di ioni Na+ verso l’interno e uscita di ioni K- verso l’esterno con variazione di potenziale d’azione a 30 mV ed oltre. Questa depolarizzazione permette il passaggio dello stimolo nervoso e si ripete lungo tutta la fibra, esso termina allorché si ritornerà alla condizione iniziale di riposo (-70 mV). Diversi tipi di fibre trasmettono lo stimolo nervoso: ● le fibre mieliniche A DELTA con diametro da 2 a 5 mm, ad alta velocità’ di conduzione, responsabili di sensazioni localizzate di breve durata e poco intense; ● le fibre amieliniche C con diametro inferiore a 1,2 µm, a bassa velocità di conduzione, la cui stimolazione provoca un dolore indefinito come sede, ma intollerabile; ● le fibre A ALFA e A BETA. Lo stimolo doloroso recluta progressivamente tutte queste fibre a seconda della sua intensità: prima le fibre di diametro maggiore e poi quelle di diametro più piccolo. Il tutto viene regolato a livello della sostanza gelatinosa di Rolando sita nel midollo spinale che, agendo da filtro, attraverso l’azione di un interneurone capace di produrre l’inibizione presinaptica delle fibre nervose algogene, permette o meno il passaggio degli impulsi dolorifici ai centri superiori encefalici. In termini pratici con la stimolazione moderata delle fibre DELTA il filtro è aperto a sensazioni tattili capaci di inibire le fibre del dolore. Intervenendo con stimoli violenti, saranno le fibre A ALFA e A BETA e le fibre C ad essere rapidamente reclutate con apertura del filtro e successiva trasmissione del dolore ai centri superiori. Sulla base di queste conoscenze, sono stati portati a termine numerosi esperimenti che hanno dimostrato come la luce laser inibisca l’eccitazione del- E L E T T R O N I C A P A G A N I 8.0 ASSORBIMENTO DELLA LUCE LASER Assorbimento e diffusione sono i due fenomeni fisici che caratterizzano la propaga- E L E T T R O N I C A P A G A N I zione della luce laser nel tessuto biologico. Quando la luce colpisce la superficie della pelle, una parte di essa viene riflesso a causa del cambiamento improvviso dell’indice di rifrazione tra aria e strato corneo. La restante parte può essere trasmessa, diffusa o assorbita. L’assorbimento dell’energia luminosa, con conseguente trasformazione della luce in calore, abbiamo visto è indispensabile perché si verifichi una reazione tessutale. Il punto in cui avviene l’assorbimento dipende dalla presenza dei cromofori e dalla lunghezza d’onda. Grazie alla coerenza spaziale e temporale della luce laser, che impedisce la dispersione e la deviazione del fascio luminoso, è possibile focalizzare un’energia molto alta in volumi molto piccoli di tessuto. Si sfrutta l’effetto dovuto al modo con cui i tessuti assorbono la radiazione laser e ciò dipende dalla lunghezza d’onda della luce stessa. Ogni tipo di laser emette luce ad una bene determinata lunghezza d’onda che interagisce col tessuto irradiato ed in particolare con i cromofori presenti nel tessuto in modo diverso. Cromoforo è una qualunque sostanza, colorata o meno, capace di assorbire la radiazione. I cromofori sono gruppi di atomi che conferiscono un certo colore ad una sostanza e che assorbono una specifica lunghezza d’onda. Esistono cromofori intrinsechi cioè già presenti nel tessuti e cromofori estrinsechi o comunque fatti giungere al tessuto. Tra i cromofori endogeni ci sono l’acqua e l’emoglobina, gli acidi nucleici e le proteine; tra i cromofori esogeni ci sono invece le porfirine e le ematoporfirine, che noi iniettiamo negli organismi e che vengono definite fotosensibilizzatori, in quanto vanno a fissarsi sui tessuti rendendoli fotosensibili a determinate lunghezze d’onda. Il grado di penetrazione nei tessuti da parte della luce laser dipende dalle caratteristiche ottiche, dalla concentrazione e dalla profondità dei cromofori che a seconda della lunghezza d’onda la assorbono in percentuale diversa. La profondità d’azione espressa dalla lunghezza d’onda, dipende sostanzialmente dall’assorbimento del tessuto irradiato ed in particolare dei cromofori presenti nel tessu- LASERTERAPIA le fibre di piccolo calibro e porti ad un innalzamento della soglia di percezione del dolore per diminuita permeabilità al potassio della membrana cellulare. L’energia laser quindi attraverso la sua trasformazione in ATP (energia chimica) è convertita in energia elettrica che porta ad una refrattarietà per iperpolarizzazione di membrana clinicamente valutabile come analgesia. Per quanto riguarda le fibre amieliniche e quelle del sistema autonomo queste sono direttamente interessate dall’azione locale dei laser. Esse trasmetterebbero l’impulso all’ipotalamo e da qui all’ipofisi con produzione di BETA LIPOPROTEINE e conseguente aumento di ACTH, ADRENALINA, CORTISOLO (azione antinfiammatoria) e di beta endorfine circolanti e di sinapsi interneuronali (azione analgesica). L’esperienza ha dimostrato come nello studio sugli effetti del laser nella nevralgia trigeminale si abbia un innalzamento delle concentrazioni delle beta endorfine (fino al 22%) nel liquor di pazienti irradiati rispetto ai valori normali e che la somministrazione di NALOXONE in quei soggetti guariti dopo laser terapia provochi la ricomparsa della sintomatologia dolorosa. Attraverso la teletermografia è stata esclusa un’azione antalgica legata all’aumento della temperatura, anzi nella zona trattata con laser IR a 904 nm vi è da segnalare una normalizzazione del quadro teletermografico cioè un raffreddamento della zona interessata con scomparsa della sintomatologia dolorosa. Accanto a queste suggestive esperienze non dobbiamo dimenticare come proprio nella pratica quotidiana l’azione antidolorifica sia stata studiata e convalidata dalle esperienze di vari autori nelle stomatopatie di varia natura come le ulcere da decubito, le afte, le lesioni erpetiche, il lichen ruber planus nonché negli interventi di chirurgia orale come nel caso di disodontiasi dei molari. 17 LASERTERAPIA to in modo diverso. Si nota, infatti, che i laser a CO2, nonostante la loro elevata potenza godono di una profondità d’azione assai limitata; viceversa, i laser dotati di diodi semiconduttori godono di una profondità d’azione importante e sono oggi in grado di sprigionare e trasmettere potenze sufficientemente elevate e tali da garantire la somministrazione di energie terapeuticamente efficaci ai tessuti più profondi, scatenando i processi biologici di “autoriparazione”. 18 mente alta anche attorno 1040 nm. Emoglobina È il più importante costituente dei globuli rossi, dei quali rappresenta il pigmento respiratorio. Si tratta di una proteina coniugata, di intenso colore rosso (cromoproteina), costituita da una parte proteica (la globulina) e da un gruppo protesico. L’emoglobina trasporta il 97% dell’ossigeno nel sangue, mentre il rimanente 3% è disciolto nel plasma. La saturazione dell’ossigeno è quindi del 97% nel sangue arterioso, mentre, causa la presenza di CO, è del 67% nel sangue venoso. La penetrazione massima si ha alle lunghezze d’onda di 450, 1050, ma soprattutto 690 nm. 9.0 APPARECCHIATURE LASER 8.1 ASSORBIMENTO E DIFFUSIONE IN ACQUA, LIPIDI ED EMOGLOBINA I principali costituenti dei tessuti biologici che contribuiscono a fenomeni ottici sono l’acqua, il grasso e l’emoglobina. Mentre, per brevi tempi di esposizione la concentrazione dei primi due elementi si può considerare costante, quella di emoglobina, sia ossigenata che non, varia a seconda della funzione del tessuto considerato e del suo metabolismo. Questo fatto porta a cambiamenti veloci dei valori sia di assorbimento che di riflessione. Acqua Lo spettro di assorbimento dell’acqua in un range di lunghezze d’onda compreso tra 600 nm e 1050 nm evidenzia una massima trasmissione possibile ad una lunghezza d’onda intorno ai 935 nm. Lipidi Come per l’acqua si ha una penetrazione massima a circa 930 nm ed una relativa- Oggi Elettronica Pagani mette a disposizione degli operatori sanitari che operano nell’ambio della Terapia Fisica e della Medicina Riabilitativa una varietà assai ampia di apparecchiature laser, che qui in questo paragrafo ci interessa distinguere a seconda delle modalità applicative in: ● laser monodiodici di media potenza; ● laser pluriadiodici di media potenza; ● laser monodiodici di alta potenza; ● laser a scansione; ● laser in fibra defocalizzati. 9.1 LASER MONODIODICO DI MEDIA POTENZA Il laser monodiodico di media potenza è generalmente costituito da un applicatore (manipolo) all’interno del quale è posizionato il diodo IR. Il manipolo viene impiegato manualmente per mezzo di un operatore esperto che andrà a posizionare il manipolo stesso il più vicino possibile alla parte da trattare. Si tenga conto che in genere lo spot (diametro) di emissione di questo tipo di diodi è dell’ordine di 0,8 – 1 mm2. La potenza del laser è condizionata, tra le altre cose, dalla distanza della sorgente al punto di trattamento e del potere di assorbimento del mezzo all’interno del quale viene irradiata. A parità di condizioni, la potenza diminuirà con l’aumentare della distanza del diodo E L E T T R O N I C A P A G A N I X B C B1 (manipolo) dall’area irradiata e viceversa. Si tenga conto che la pelle, attraverso la quale si trasmette il laser sull’area bersaglio, assorbe più della metà della potenza irradiata. Dal punto di vista costruttivo, è fondamentale che il diodo venga posto il più possibile vicino al punto di emissione e di contatto con la pelle; in questo senso, si comprende l’inutilità di porre una lente all’estremità della sonda, perché è invece opportuno stare il più possibile a contatto con la cute. A seconda della scuola di pensiero a cui l’operatore decide di riferirsi, il manipolo laser può essere orientato a colpire direttamente sui punti dolenti riferiti dal paziente, sui punti soggettivamente dolenti e sensibili alla palpazione, sui punti riflessi o “trigger points”. Questi ultimi corrispondono generalmente ad aree circoscritte e ben definite topograficamente, localizzate sui muscoli (generalmente sul ventre muscolare), su cui la pressione digitale evoca violento dolore. Da quanto sopra esposto, in ragione delle potenze contenute erogate, della perdita dovuta alla distanza ed all’assorbimento e soprattutto per via del piccolissimo spot di emissione che aumenta in modo abnorme il rischio di errore, si comprendono le motivazioni per cui questo genere di laser sia sempre meno richiesto a vantaggio di strumenti dotati di potenze più elevate e soprattutto di spot di emissione più ampi. 9.2 LASER PLURIODIDCI DI MEDIA POTENZA Questi tipi di laser sono stati in un primo tempo realizzati al fine di superare i limiti dovuti ai contenuti spot di emissione dei laser monodiodici di media potenza. Di fatto, questi appllicatori si sono rivelati lungi dal riscuotere i successi sperati. I vantaggi au- E L E T T R O N I C A P A G A N I 9.3 LASER MONODIODICI DI ALTA POTENZA Un vero passo avanti per i laser IR manuali a manipolo si è finalmente avuto grazie all’introduzione dei diodi di alta potenza. Tali diodi vengono pilotati sia in emissione continua che pulsata (od anche super pulsata, con durate d’impulso molto brevi), hanno una potenza anche 50 / 100 volte superiori a quelle dei diodi utilizzati nei laser di media potenza. Tali potenze consentono di fatto un irraggiamento puntiforme e/o, nella maggior parte dei casi, un irraggiamento con una scansione manuale, con un ridotto spazzolamento. Questi diodi, data l’elevata potenza di cui sono capaci, generano anche un effetto termico che con l’aumentare dei tempi di irraggiamento e/o delle potenze emesse possono arrivare a provocare arrossamenti, bruciature, ustioni, cauterizzazioni, ma, se usati correttamente, sono decisamente molto più efficaci dei diodi di media potenza. 9.4 LASER A SCANSIONE I laser a scansione è stata inizialmente effettuato per rispondere a due motivi: ● praticità applicativa. I laser diodici dotati di applicatore manuale devono essere utilizzati da un operatore, che deve perciò essere presente per tutta la durata del trattamento; mentre il laser a scansione consente di fatto di impostare il trattamento e fare in modo che il trattamento venga eseguito in modo automatico senza la presenza dell’operatore; ● efficacia. La difficoltà di individuare esatta- LASERTERAPIA A spicati dall’ampliamento dello spot di emissione si sono rivelati inefficaci per via del fatto che dal punto vista pratico l’alloggiamento dei vari diodi all’interno di un singolo applicatore non consente affatto di poter definire uno spot di emissione omogeneo; nella maggior parte dei casi, ognuno dei diodi posizionati all’interno di questi applicatori emette per conto suo e gode di uno spot di emissione che difficilmente si combina con quello degli altri. Ne consegue un’emissione aleatoria e confusa, difficilmente circoscrivibile con un’area ben delimitata. 19 LASERTERAPIA 20 mente il punto od i punti sui quali somministrare l’energia laser con un applicatore dotato di uno spot di emissione molto contenuto, fa di fatto dei laser a scansione dei sistemi soggetti a minori errori di impostazione. Infatti, una volta definita l’area di trattamento, l’energia laser si distribuisce in egual modo su tutta l’area, senza possibilità di errore. L’errore può essere dovuto solo ed esclusivamente al fatto che il paziente durante il trattamento si muova, si sposti in modo tale da non essere più colpito dall’irraggiamento laser nella zona del trattamento. Vi sono poi alcuni laser, come quello a CO2 quando è impiegato in terapia, che necessariamente viene generato ed irradiato da un sistema a scansione. Infatti, le potenze così elevate ed i sistemi che attualmente generano i laser CO2 consigliano i fabbricanti a prevederne l’utilizzo esclusivamente a scansione. 9.6 LASER IN FIBRA I Laser in fibra ottica dapprima generalmente utilizzati più in chirurgia che in terapia, sono sempre più diffusi anche in terapia fisica. I laser in fibra sono generalmente laser dotati di sorgenti a semiconduttori di alta ed altissima potenza (dell’ordine di 3 – 4 fino a 10 e più W). In terapia i laser in fibra possono essere utilizzati solo grazie a sistemi di defocalizzazione, che di fatto ne riducono le proprietà cauterizzanti. Si sfrutta infatti l’elevata potenza di queste nuove sorgenti a seminconduttori e la si trasmette ai tessuti grazie alle fibre ottiche, che sono in grado di trasportare l’energia laser senza perdita alcuna ed in modo molto preciso. In realtà, come abbiamo già accennato, questa precisione in terapia fisica non è necessaria ed è anzi controindicata per via delle proprietà di bruciatura, cauterizzazione e taglio delle sorgenti laser puntiformi di elevata potenza. Così, in terapia, si usano appropriati sistemi di defocalizzazione che consentono di fatto l’aumento della superficie di emissione; ciò consente di somministrare la stessa energia ma su di una superficie più ampia. I primi laser in fibra ad essere introdotti e diffusi in terapia fisica sono stati quelli dotati di sorgente NdYAG; oggi, anche le sorgenti a diodi dotate di lunghezze d’onda identiche ed anche più profonde (800 - 900 nm), dispongono di sistemi di trasmissione in fibra. 10.0 METODOLOGIA 10.1 AREE E PUNTI DA TRATTARE La prima cosa necessaria per eseguire un trattamento laser in modo corretto è la determinazione delle zone e punti che possono essere interessanti da irradiare; la riuscita o l’insuccesso della terapia dipende in maggior parte da questa scelta. Come accennato in precedenza, è possibile sottoporre a irraggiamento laser sulle zone e punti qui di seguito riportate: Punti e zone oggettivi (PO) Questi punti o zone sono quelli che, esaminati dal terapista, dimostrano un carattere anomalo che si rivela per esempio con l’edema, con un rossore, con un dolore, con un disturbo trofico, con una ferita, con un’inibizione funzionale, ecc. E L E T T R O N I C A P A G A N I Punti e zone soggettivi (PS) Si tratta di punti che il paziente stesso sente come dolorosi o la cui sensibilità è anomala; spesso, per il terapista, rappresentano i punti che indicano zone sulle quali non deve applicare irradiazioni laser. Questi disturbi sensitivi sono spesso sentiti dal paziente in punti che, per quanto riguarda la localizzazione, non hanno niente a che vedere con la causa (per esempio: compressione nervosa). Tuttavia, quando questi punti dolorosi corrispondono a quelli sensibili alla pressione, possiamo tenerne conto per il trattamento. Punti sensibili alla pressione (Tender Points - PP). Si tratta di punti che sono più sensibili alla palpazione di quelli del lato opposto e il più delle volte di natura infiammatoria. Sono soprattutto questi i punti che vengono presi in considerazione per un’irradiazione laser. Punti riflessi (Trigger Points - PR). Si tratta di punti reflessogeni universalmente riconosciuti e, per questo, accettati. I punti dell’agopuntura sono punti ben precisi sul corpo, mentre i punti riflessi sono zone riflesse che possono avere localizzazioni abbastanza diverse che dipendono dal paziente e dalla patologia. 10.2 DOSIMETRIA Quando desideriamo determinare la dose di trattamento per un paziente e una patologia esistente, dobbiamo conoscere il significato dei vari parametri e anche le loro proprietà terapeutica e/o di pericolosità. Come abbiamo visto in precedenza, esistono diversi tipi di sorgenti laser. In relazione ad ognuna di esse, si hanno parametri diversi da regolare per impostare ed adattare E L E T T R O N I C A P A G A N I LASERTERAPIA la potenza alla patologia, all’area ed al paziente trattato. In particolare, vi sono alcuni laser dotati di diodi o sorgenti in grado di funzionare solo in emissione pulsata od addirittura super pulsata che, benché dotati un’elevatissima intensità di picco (anche 15.000 - 30.000 mW), in realtà riescono ad erogare intensità medie comprese tra i 2 ed i 6 W. Per ciò, su questo tipo di laser anche la frequenza ha un ruolo importante nella regolazione della potenza finale ed efficace sul paziente. Più alta è la frequenza di ripetizione degli impulsi, più è alta la potenza media emessa. Fermo restando questo parametro, gli altri parametri che ci possono aiutare a cambiare la dose di irraggiamento dell’energia laser trasmessa sono la distanza dalla parte da trattare (che deve essere sempre la minore possibile) e il tempo di esposizione. Invece utilizzando un laser dotato di un diodo di elevata potenza in grado di funzionare sia in modo continuo che pulsato, quando usiamo il laser in modo continuo la potenza emessa è uguale alla potenza di picco del diodo; mentre, quando usiamo il laser in modo pulsato (regolandone il dutycycle), la potenza media è data dalla percentuale del duty-cycle rispetto alla potenza di picco. Per esempio, se la potenza di picco del diodo è di 6 Watts e impostiamo un’emissione pulsata del 50%, la potenza erogata sarà di 0,8 Watts e così via in modo del tutto proporzionale alla percentuale impostata. Questa regola vale anche nell’impostazione delle potenze dei laser a scansione dotati di sorgenti a diodi di alta potenza. Le nuove sorgenti diodiche da 800 ai 1060 nm, oltre all’emissione di tipo pulsata, possono essere pilotate anche in emissione super pulsata, con durate d’impulso molto brevi; in questi casi, fata fissa la durata dell’impulso, la potenza media, varia oltre che in funzione della potenza di picco anche in relazione alla frequenza. Si tenga conto che le potenze delle sorgenti a CO2 sono generalmente molte più alte di quelle a diodi, perciò è quasi una regola impostare emissioni di tipo pulsato regolando il duty-cycle. Le dosi terapeuticamente 21 10.3 LA FREQUENZA Anche in questo caso, per comprendere quanto e come possa influire la frequenza di ripetizione degli impulsi nel trattamento laser, è bene distinguere tra le varie sorgenti e le varie modalità di laser. Infatti, la frequenza, insieme alla distanza ed al tempo di applicazione, è un parametro fondamentale nei laser monodiodici e pluriodidici di media potenza per definire la potenza media effettivamente erogata: a parità di condizioni, più alta è la frequenza e più elevata è la potenza trasmessa. Un valore ed un’importanza minore ed opinabile sulla discriminazione dell’obiettivo terapeutico riveste la frequenza nei laser con sorgente a diodi di alta potenza (siano essi a manipolo o a scansione). Infatti, in questi casi la frequenza non influenza direttamente la potenza emessa dal laser, ma, secondo l’opinione di taluna bibliografia, può essere una discriminante dell’obiettivo terapeutico che si desidera perseguire. Si tenga inoltre presente che negli strumenti di laserterapia che utilizzano sorgenti a semiconduttori di altissima potenza, alla potenza erogata (continua o pulsata che sia) si associa una frequenza di emissione molto bassa e compresa tra 1 ed i 5 MHz. Ciò significa che durante il periodo di un secondo si hanno ripetizioni comprese tra 0,1 e 5 ripetizioni. In generale, possiamo dire che la determinazione delle basse frequenze si effettuerà nei casi delle lesioni superficiali e su zone permeabilissime alla luce (punti riflessi e punti di agopuntura) e che le frequenze più alte serviranno a raggiungere le lesioni profonde. Tenendo conto di questi dati, è quindi chiaro che la frequenza regolabile sarà utile per quel che riguarda la localizzazione di una patologia. Tutta- via, regolare la frequenza in funzione della natura della patologia è del tutto opinabile e privo di fondamento certo, clinicamente dimostrato. 10.4 LA LUNGHEZZA D’ONDA La lunghezza d’onda determina, in ragione della profondità di azione, l’obiettivo terapeutico. Come abbiamo visto precedentemente le varie lunghezze d’onda sulla base delle quali funzionano le varie sorgenti possiedono tra loro diversi profondità di azione e sono assorbite in modo differenti dalle varie strutture cellulari di cui è costituito il corpo umano. In generale si può affermare che le sorgenti laser dotate di maggiore profondità di azione sono quelle che funzionano nello spettro compreso tra i 750 ed i 950 nm. Così notiamo che il laser a CO2 è dotato di una profondità di azione molto contenuta essendo assorbito copiosamente dai liquidi (in particolare dall’acqua di cui è ricco il corpo umano). Ma ciò non deve trarre in inganno sulle potenziali che comunque posFINESTRA TERAPEUTICA COEFFICIENTE ASSORBIMENTO LASERTERAPIA 22 utili nel caso dei laser a CO2, sono comprese tra l’1 e i 5 Watts. Abbiamo già detto infatti che un laser terapeutico non deve avere una potenza di picco troppo bassa (altrimenti non si ha penetrazione attraverso la pelle) né troppo alta (altrimenti si ha un danno reale dovuto a bruciatura). 650 810 H2O 50% 980 Nd:Yag H2O Melanina 300 1000 LUNGHEZZA D’ONDA (nm) siede, grazie alla sua elevata potenza il laser a CO2. Esso invece, dando vita ad un intenso effetto termico è in grado di provocare un’iperemia locale tale da evocare fenomeni di neocapillarogenesi, antiinfiammatori, antalgici, di cicatrizzazione. È perciò particolarmente utile in tutte le patologie dei E L E T T R O N I C A P A G A N I 10.5 EMISSIONE CONTINUA E PULSATA La luce laser può essere emessa in modo continuo od in modo pulsato. In emissione continua la potenza efficace sul paziente è sempre quella massima e corrisponde alla potenza del diodo. Invece, in emissione pulsata la potenza efficace è influenzata dal duty-cycle, vale a dire dal rapporto esistente tra la durata dell’impulso e la frequenza di emissione dell’impulso. In taluni casi, in ragione della ridotta dimensione dell’area da trattare, è più opportuno utilizzare un’emissione pulsata, al fine di evitare di trasmettere una densità di energia molto alta in un tempo assai breve, provocando la precoce saturazione dell’area sottoposta al trattamento. 11.0 MODALITÀ DI APPLICAZIONE DEL LASER Quando desideriamo eseguire un corretto trattamento laser, dobbiamo attenerci ad alcune direttive. Il successo o l’insuccesso del trattamento applicato dipenderà in gran parte dal rispetto di queste elementari modalità. 11.1 PULIZIA DELLA PELLE Dato che abbiamo a che fare con un raggio luminoso, dovremo tener conto delle leggi ottiche esistenti. In effetti, i raggi luminosi possono essere riflessi, almeno in parte, quando colpiscono una superficie; la riflessione sarà in relazione con le caratteristiche di riflessione della superficie trattata. Nel caso di un’irradiazione terapeutica, abbiamo a che fare con la superficie della pelle che fisiologicamente risulta coperta da un leggero strato di grasso e, date le caratteri- E L E T T R O N I C A P A G A N I stiche di riflessione di questo strato di grasso, la luce verrà riflessa circa per il 70%. Va da sé che quest’alto grado di riflessione non è auspicabile nella laser-terapia, dato che già perdiamo, senza questa secondaria riflessione, una gran parte di energia dopo penetrazione nella pelle. Per l’applicazione della laser-terapia sarà dunque indispensabile che la pelle sia pulita in modo efficace e che sia sgombra di questo strato di grasso; questo vale anche per il trucco o per l’olio per il corpo. Non dimentichiamo che anche dopo sgrassamento e pulizia, perderemo ancora il 20% dell’energia laser per la riflessione. La pulizia della pelle avviene per mezzo di sapone, etere o alcool. Da quanto detto, è chiaro che non si può usare in nessun caso un prodotto intermediario (gel). 11.2 IL RISPETTO DI UN’ANGOLAZIONE CORRETTA a. Con il laser a diodo o pluriodico. Nel trattamento con questi laser, si agirà in modo tale da lavorare sempre perpendicolarmente alla zona o al punto da trattare. Il risultato dell’inclinazione del laser è che l’angolo di incidenza del raggio laser diventa troppo grande, in modo che dopo un valore critico di circa 10 gradi ha luogo una riflessione totale. Anche qui le leggi dell’ottica giocano un importante ruolo. b. Il laser a scansione Dato che abbiamo a che fare con un raggio ottico mobile, il corretto angolo di scansione in questo caso viene assicurato da una serie di dispositivi ottici e meccanici (specchi, motorino di poisizionamenti degli specchi, ecc.) opportunamente posizionati affinché il raggio di emissione sia sempre il più possibile perpendicolare rispetto alla sorgente Tuttavia consigliamo di non scegliere una superficie da coprire troppo grande. Attenendosi a queste raccomandazioni, la superficie massima da trattare verrà rappresentata in un quadrato di circa 15 cm su 15 cm. 11.3 LA DURATA DEL TRATTAMENTO La scelta della durata del trattamento, in laser-terapia deve sempre essere ben ponderata. Grazie agli studi del Prof. U. Warnke LASERTERAPIA tessuti superfciali (es.: patologie vascolari, dermatologiche) e nei traumi recenti come terapia antalgica ed antiedemigena/anti-infiammatoria. Mentre godono di una profondità di azione ben più intensa le sorgenti a diodo, che affinché possano rivelarsi terapeuticamente utili devono però essere dotati di potenze sufficientemente alte (dell’ordine dei 1000/1500 mW per i laser a manipolo e dell’ordine dei 5/6000 mW per i laser a scansione). 23 LASERTERAPIA 24 (Saarbriicken), sappiamo che lo stimolo del fenomeno di biostimolazione deve rispondere a certe condizioni. Ha dimostrato specialmente che l’aumento dell’ATP (= stimolo della cellula) avviene durante l’irradiazione laser, ma quando si effettua una irradiazione troppo lunga questo aumento regredisce e torna al suo iniziale livello e anche di meno. Questo spiega perché alcuni utilizzatori del laser terapeutico ottengano un risultato contrario dovuto ad una dose notevole e ad irradiazioni prolungate. I tempi sono strettamenti correlati alle dosi irradiate e quindi è in genere più opportuno di parlare di energia irradiata per cm2. In tale contesto si sappia che le energie che si sono rivelate terapeuticamente efficaci non sono mai inferiori ai 4 J/cm2; mentre l’uso di energie sopra i 10 J/cm2 deve essere effettuato con molta cautela e non è detto che possa determinare effetti terapeutici superiori a quelli determinati da energie più contenute a causa della possibile assuefazione degli starti cellulari che assorbono la luce laser ed il possibile generarsi di effetti collaterali quali il surriscaldamento, le bruciatura, le ustioni, le cauterizzazioni. 11.4 LA COLORAZIONE DELLA PELLE Se ci troviamo di fronte a punti o zone che presentano una profonda patologia (più di 2 cm), è vantaggioso colorare la zona colpita per mezzo di un pigmento rosso (per esempio l’Eosina) che farà della pelle un filtro parzialmente rosso, in modo tale che i raggi laser rosso e infrarosso penetreranno meglio. Esperienze nel nostro laboratorio hanno dimostrato che in questo modo si può doppiare la penetrazione nella pelle e anche trattare patologie localizzate a circa 3 cm di profondità. 11.5 LA DISTANZA LASER-PELLE a. I laser mono e multi diodo Abbiamo già visto che il diodo laser deve essere incorporato nella sonda laser in modo che la distanza tra l’estremità della sonda e il diodo sia la più contenuta possibile. La ragione consiste nel fatto che altrimenti si avrebbe una perdita di energia laser trop- intensità distanza po grande e anche una totale perdita. La distanza sonda laser-pelle deve essere scelta in modo da indurre una minima perdita di energia. Soprattutto si deve consigliare di tenere la sonda a contatto diretto con la pelle. Questo, tuttavia, non ha più valore per le ferite aperte o per le cicatrici, poiché, con un contatto diretto si potrebbe avere un danno da infezione; in questi casi si consiglia una distanza di circa 1 cm o, meglio, di utilizzare dei sistemi a scansione nelle regioni corporee in cui il suo impiego sia possibile. b. Il laser a scansione Abbiamo già parlato della conditio sine qua non, per il laser a scansione, di avere diodi provvisti di lenti per mettere in parallelo o focalizzare i raggi IR. Questo fatto ci permette di lavorare con il laser a scansione ad una distanza laser-pelle maggiore di quella con il laser a mano. Anche qui, dobbiamo tenere conto che più si aumenta la distanza dalla sorgente e meno potenza si riuscirà a somministrare al paziente. Utilizzando i laser a scansione di elevata potenza si dovrà tenere conto che all’estremità dell’area di scansione si ottengono in genere le più elevate e concentrazioni di energia. Ciò è dovuto al fatto che in un medesimo punto si ha una fase di arrivo ed una fase di partenza del raggio laser ed inevitabilmente una maggior presenza in termini di tempo proprio sui punti estremi dell’area di scansione del raggio laser. Tale maggior concentrazione di energia in punti dalle dimensioni molto contenute potrebbe venire percepita con fastidio dal paziente E L E T T R O N I C A P A G A N I 12.0 IL REGOLARE CONTROLLO DELLE SORGENTI LASER Dato che si ha a che fare con una luce invisibile è consigliabile far controllare il proprio apparecchio con regolarità da Elettronica Pagani costruttore o da un suo punto di assistenza autorizzato. Non si deve dimenticare che questi elementi sono soggetti all’usura e sono fragilissimi. 13.0 FREQUENZA E NUMERO DELLE APPLICAZIONI Questi fattori vanno presi in considerazione, come vedremo in seguito, a seconda del tipo di patologia. In certi casi, particolarmente recenti, può essere sufficiente anche una sola applicazione. È sempre meglio, comunque, ripetere il trattamento altre due volte anche di fronte ad una simile evenienza, al fine di evitare le recidive. L’irraggiamento giornaliero di colture di fibroplasti umani per brevi periodi (uno, due giorni) non porta ad alcuna differenza statisticamente significativa del parametro crescita rispetto al controllo. Se il trattamento viene condotto con una metodologia corretta, 5-10 sedute sono in genere sufficienti per ottenere gli scopi che ci prefiggiamo. In ogni caso, se dopo un ciclo di 7-10 sedute non otteniamo risultati soddisfacenti, sarà opportuno sospendere il trattamento per 2-3 settimane, per poi riprenderlo con un ciclo di richiamo più’ breve (3-5 sedute). Non e’ infrequente infatti che il paziente consegua dei progressi proprio nel periodo in cui non viene trattato (risposta tardiva). Se il ciclo di richiamo ottiene buoni risultati, lo si potrà ripetere fino alla risoluzione del caso, distanziando ciascun ciclo di 2 settimane. Se invece dopo il primo ciclo di richiamo, il paziente non mi- E L E T T R O N I C A P A G A N I gliora, ci sembra inutile proseguire questa terapia. 14.0 CAMPI D’APPLICAZIONE Odontoiatria Stomatiti, gengiviti, alveoliti, granulomi apicali anche incistati, paradontosi, cicatrizzazione post chirurgica e post estrattiva, pulpiti, patologia dell’ATM. Dermatologia Acne, ulcere da decubito, ulcere varicose e dermatite concomitante, ustioni di primo e secondo grado, radionecrosi, ulcere diabetiche (con diabete bialanciato), lipodistrofia diabetica, ragadi, Herpes zooster, smagliature rubre, cellulite, cheloidi e cicatrici, alopecia. Ortopedia Cervicalgie e cervicobrachialgie, dorsalgie e nevriti intercostali, lombalgie e lombosciatalgie, cruralgie e ischialgie. Gonartrosi, artrite delle piccole articolazioni delle mani, sindrome del tunnel carpale, periartriti scapolo-omerali. Traumatologia e medicina sportiva Tendiniti, distorsioni, capsuliti, borsiti, epicondiliti, miositi, osteiti e periostiti e traumi in genere. Spesso l’azione terapeutica viene esplicata con l’accoppiamento delle due sorgenti laser: HeNe ed IR-A. 15.0 CONTROINDICAZIONI Pur essendo una radiazione elettromagnetica, la luce laser non è affatto pericolosa come lo sono ad esempio i raggi X o gamma che attraversano l’intero organismo, provocando uno specifico effetto ionizzante. I softlaser non sono invece radiazioni ionizzanti. Sono tuttavia necessarie alcune precauzioni: a) tumori superficiali l’irradiazione diretta di tumori superficiali (es. melanomi) è da evitare nel modo più assoluto: l’effetto biostimolante del laser che risulta essere utile sulle cellule sane, diventa drammatico su quelle neoplastiche con grave peggioramento del quadro clinico; b) tiroide irradiazioni prolungate sulla tiroide possono LASERTERAPIA Nell’esecuzione del trattamento, se la potenza utilizzata è molto elevata si consiglia di far leggermente debordare il raggio rispetto all’area di trattamento e delimitare l’area di scansione con un panno di cotone (o altro materiale purché assolutamente non acrilico). 25 LASERTERAPIA 26 provocare effetti collaterali come un’iperattività della ghiandola. Trelles, dell’Università di Barcellona, ha documentato una maggiore captazione di I marcato da parte della tiroide in seguito ad irradiazioni di luce laser; c) retina l’effettiva lesività del soft-laser si verifica nella irradiazione della retina. Le radiazioni dannose sono quelle comprese nel cosiddetto “spettro retinico” che spazia fra 400 nm e 1400 nm. d) gravidanza non sono mai stati riscontrati effetti indesiderabili per irradiazioni anche prolungate durante la gravidanza o il periodo mestruale. Tuttavia, si sconsiglia il trattamento durante tale periodo. E L E T T R O N I C A P A G A N I