CORSO DI STORIA DELL'ARTE A.S. 2013-2014 classi II B, IIC, II E, IIIB, IIIC, IIIE INDICE DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE - ANTOLOGIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI D'ARTE Ut pictura poesis. La teoria delle arti sorelle. L'ekphrasis. La teoria rinascimentale delle arti sorelle era fondata sul paradigma oraziano ut pictura poesis –la poesia è come un dipinto- contenuto nel verso 361 della celeberrima Ars poetica (Epistola II, 3 - “Ad Pisones”). Pittura e poesia hanno molto in comune: basate entrambe sul principio di imitazione creano forme sempre nuove per insegnare dilettando. L'affermarsi della teoria delle arti sorelle favorì il progressivo riscatto della pittura da arte meccanica (per la quale era necessario essenzialmente un talento manuale) ad arte liberale (grammatica, retorica, poesia, musica, giurisprudenza, astrologia e filosofia). L'identificazione della pittura con la scrittura fu peraltro favorita dalla diffusione, nella prima metà del XV secolo, dell'ekphrasis vale a dire il resoconto dettagliato di un opera d'arte all'interno di un testo poetico o di un discorso per finalità retoriche. Notevole fortuna ebbe il testo di Luciano di Samosata ”Non bisogna prestar fede facilmente alla (a) calunnia- Calumniae non temere credendum” tradotto in latino agli inizi del 400 da Guarino da Verona . Nel testo Luciano aveva inserito una digressione: descriveva, infatti, il dipinto perduto del pittore Apelle intitolato La calunnia. L’Alberti, che ben conosceva il testo di Luciano, nel trattato De Pictura invitò gli artisti a prender spunto dalle istoriae narrate dagli scrittori e poeti antichi e tra gli esempi incluse proprio la Calunnia di Apelle. Il recupero dell’antico, materia riservata principalmente ai letterati, diveniva così occasione di riflessione e modello per i pittori i quali poterono agire in due direzioni: la conversione in soggetti d’arte dei testi antichi (la pittura “visualizzava” la poesia) e l’imitazione dell’arte classica attraverso la ricostruzione di opere perdute o distrutte ( si veda a questo proposito la scheda sulla Calunnia di Botticelli). Va infine detto che l'interesse per la forza espressiva delle immagini e per la relazione tra parola immagine è attestato fin dal VI secolo a. C. : l'aforisma di Simonide (b) , ben noto al tempo di Plutarco, secondo il quale "la pittura è poesia muta e la poesia è pittura parlante", ne è una prova. (a) Si veda a questo proposito la scheda su "La calunnia di Apelle" di Botticelli a pagina 2. (b) Simonide (Isola di Ceo 556 ca – Sicilia 468 a. C.). Poeta lirico greco. Quinto Orazio Flacco (Venosa 65 – Roma 8 a. C.) Ars poetica (Epist.II 3 Ad Pisones) Luciano (Samosata 121 – 181 d. C. ca) Non bisogna prestare fede facilmente alla calunnia Leon Battista Alberti (Genova 18.2.1404 –Roma 24.4.1472) De Pictura.1435-1436 Da Luciano " Non bisogna prestar fede facilmente alla Da Quinto Orazio Flacco, Ars Poetica, Epist. II, 3. 333 Il poeta ambisce a giovare o a piacere, oppure anche a dir cose che possono, a un tempo, essere utili e belle. calunnia". 343 Guadagna il favore di tutti chi unisce al piacevole il buono, sa rallegrare il lettore e insieme sa pure educarlo: è il suo un libro che ai Sosii (1) porta denaro, la cui fama valica il mare e prolunga all'autore, famoso, la vita nel tempo. 361 La poesia è come un dipinto: questo, guardato più da vicino, ti prende di più; quest'altro se ti metti a distanza; per questo ci vuole la penombra, per questo la luce piena che non teme il perspicace giudizio del critico; e così questo piace soltanto una volta, quest'altro anche se visto e rivisto . “[…] Mi riferisco sopra ogni altra cosa, soprattutto alle accuse false rivolte contro parenti e amici, per le quali sono andati in rovina casati, sono state distrutte città, padri si sono scagliati con furore contro i figli, fratelli contro i fratelli, innamorati contro le persone amate. Si sono rotte anche Traduzione di Ugo Dotti. (1) Noti librai a Roma. molte amicizie e sono stati sciolti giuramenti, perché si è prestato fede alle calunnie. Per evitare dunque di cadere nelle loro trappole, voglio mostrarvi Prof. Mario Scotognella Pagina 1 di 6 CORSO DI STORIA DELL'ARTE A.S. 2013-2014 classi II B, IIC, II E, IIIB, IIIC, IIIE INDICE DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE - ANTOLOGIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI D'ARTE Sandro Botticelli "La calunnia di Apelle", 1490-1495. Tempera su tavola, 62X91 cm. Firenze,Galleria degli Uffizi. a parole, come in un dipinto, cosa sia la calunnia, da dove abbia origine e come operi. (1) A dire il vero, era stato Apelle di Efeso in passato ad aver scelto questo tema per una pittura; e aveva certo buoni motivi per farlo, perché proprio in prima persona era stato accusato presso Tolomeo di aver collaborato con Teodoto alla cospirazione di Tiro – anche se Apelle non aveva mai visto Tiro né sapeva chi fosse Teodoto, a parte ciò che aveva sentito dire su di lui: che era un governatore di Tolomeo a cui era stato affidato il governo della Fenicia. Tuttavia, un pittore suo rivale di nome Antifilo, invidioso dell'onore che egli godeva presso il re e geloso della sua arte, lo denunciò riferendo a Tolomeo che egli era stato coinvolto in ogni fase dell'impresa, e che era stato visto cenare con Teodoto in Fenicia e consultarsi con lui bisbigliando all'orecchio per tutta la durata del banchetto. Il delatore infine dichiarò che la rivolta di Tiro e la cattura di Pelusio erano avvenute per consiglio di Apelle. Tolomeo, che in generale non poteva dirsi un uomo molto saggio e che per di più era cresciuto in mezzo alle adulazioni della corte, si accese e si sconvolse così tanto per questa accusa inaspettata, che non si mise a vagliare ogni ipotesi verosimile né a considerare che il delatore era un rivale di Apelle e che un pittore è una persona troppo umile per un tradimento così importante – un pittore, per giunta, che aveva ricevuto da lui benefici e Legenda A Nuda Veritas B Pentimento C Insidia (perfidia) D Calunniato E Calunnia F Invidia (livore) G Mida H Frode I Ignoranza J Sospetto Da Erwin Panofsky " Studi di iconologia", 19 39. New York. […] Nel Quattrocento italiano però il concetto di "Verità nuda" cominciò a trasferirsi sul piano secolare. Ne fu principalmente responsabile Leon Battista Alberti, che nel suo trattato Della pittura, richiamò l'attenzione dei pittori di mentalità moderna sulla "Calunnia di Apelle", quale è descritta da Luciano: la condanna e punizione di una vittima innocente tardivamente vendicata dal Pentimento e dalla verità. Nella sua descrizione di questa allegoria l'Alberti seguiva la fedele traduzione dal testo greco, condotta da Guarino Veronese. Ma mentre Luciano, che tace sull'aspetto esteriore della Verità, ha descritto il Pentimento come "piangente e pieno di vergogna", l'Alberti rovescia la situazione dicendo: dopo il Pentimento, appariva "una fanciulla vergognosa et pudica, chiamata: la Verità". Questo trasferimento dell'epiteto pudica o pudibunda dal Pentimento alla Verità- mutamento tanto piccolo che sino ad oggi è sfuggito all'attenzione- pure è significativo. Poiché mentre il pentimento implica un senso di colpa simile alla vergogna, la Verità non è concepibile sia "vergognosa e pudica", salvo che per la sua nudità: è evidente che l'Alberti già immaginava la Verità come figura nuda del tipo della "Venus Pudica", quale appare nel pannello botticelliano agli Uffizi e in numerose altre parafrasi e rappresentazioni del tema della Calunnia. […] onori più di ogni altro artista. Al contrario, senza affatto indagare se Apelle si fosse recato a Tiro, all'istante era andato fuori di sé e andava riempiendo la reggia delle sue grida, chiamandolo "ingrato", "traditore" e "cospiratore". E se uno dei compagni di prigionia, provando indignazione per la sfrontatezza di Antifilo e avendo compassione per il povero Apelle, non avesse detto che l'uomo non aveva preso parte in alcun modo alla faccenda, egli avrebbe avuto la testa tagliata e avrebbe pagato le conseguenze del fattaccio di Tiro senza esserne in alcun modo responsabile. Si dice che Tolomeo si pentì e si vergognò a tal punto dell'accaduto che donò ad Apelle cento talenti e gli diede Antifilo come schiavo. Apelle, invece, memore del pericolo corso, si vendicò della calunnia con questo quadro. Sulla destra siede un uomo che ha orecchie grandissime molto simili a quelle di Mida; egli protende la mano verso la Calunnia che ancora sta Prof. Mario Scotognella Pagina 2 di 6 CORSO DI STORIA DELL'ARTE A.S. 2013-2014 classi II B, IIC, II E, IIIB, IIIC, IIIE INDICE DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE - ANTOLOGIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI D'ARTE avanzando verso di lui. In piedi gli stanno vicino due donne: l'Ignoranza – credo- e il Sospetto. Dall'altra parte del quadro sta arrivando la Calunnia, una donna straordinariamente bella, ma infuocata e agitata, come se fosse in preda all'ira e al furore. Porta una fiaccola accesa con la sinistra e con l'altra mano trascina per i capelli un giovane che tende le mani al cielo e chiama a testimoni gli dei. Le fa da guida un uomo pallido e deforme, con occhi acuti e scheletrito come chi ha avuto una lunga malattia. Si può supporre che si tratti dell'Invidia. Inoltre ad accompagnare la Calunnia ci sono altre due donne, che la incitano, la coprono e l'adornano. Come mi spiegò la guida che illustrò il quadro, una era l'Insidia e l'altra la Frode. Dietro la seguiva una donna completamente vestita a lutto, con vesti nere e lacere –penso che il suo nome fosse Pentimento. In ogni caso essa si voltava indietro piangendo, e guardava piena di vergogna la Verità che stava piangendo.[…] Traduzione dal greco a cura di Sonia Maffei in Descrizioni di opere d'arte, 1994. Torino. (1) Apelle (Colofone 370 a.C.) Pittore greco. Educato a Efeso, era considerato uno dei più grandi artisti del suo tempo. Fu il ritrattista preferito di Alessandro Magno, ma non ci è pervenuta nessuna delle sue opere. Da Leon Battista Alberti De Pictura, III, 53-54. […] Ma piacemmi sia il pittore, per bene potere tutte queste cose, uomo buono e dotto in buone lettere […]. E farassi per loro dilettarsi de' poeti e degli oratori. Questi hanno molti ornamenti comuni con il pittore; e copiosi di notizia di molte cose, molto gioveranno a bello componere l'istoria, di cui ogni laude consiste in la invenzione, quale suole avere questa forza, quando vediamo che sola senza pittura per sé la bella invenzione sta grata. Lodassi leggendo quella descrizione della Calunnia, quale Luciano racconta dipinta da Apelle […]. Quale istoria se mentre che si recita piace, pensa quanto essa avesse grazia e amenità a vederla dipinta di mano di Apelle […]. Pertanto consiglio ciascuno pittore molto si faccia famigliare ad i poeti, retorici e agli simili dotti di lettere, già che costoro doneranno nuove invenzioni, o certo aiuteranno a bello componete sua storia, per certo acquisteranno in sua pittura molte lode e nome. Fidias, più che agli altri pittori famoso, confessava avere imparato da Omero poeta dipingere Iove con molta divina maestà. Così noi, Prof. Mario Scotognella Pagina 3 di 6 CORSO DI STORIA DELL'ARTE A.S. 2013-2014 classi II B, IIC, II E, IIIB, IIIC, IIIE INDICE DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE - ANTOLOGIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI D'ARTE studiosi di imparare più che di guadagno, dai nostri poeti impareremo più e più cose utili alla pittura. Dall'Iliade, libro XVIII, versi 468-616 Ipotesi grafiche sull'aspetto dello scudo di Achille La lasciò, così detto, e tornò verso i mantici: al fuoco li rivoltò, li invitò a lavorare: 470 e i mantici, tutti e venti, soffiarono sulle fornaci, mandando fuori soffi gagliardi e variati a volte buoni a servirlo con fretta, a volte il contrario, come Efesto voleva e procedeva il lavoro; e bronzo inconsumabile gettò nel fuoco, e stagno, 475 oro prezioso e argento; e poi pose sul piedistallo la grande incudine, afferrò in mano un forte maglio, con l’altra afferrò le tenaglie. E fece per primo uno scudo grande e pesante, ornandolo dappertutto; un orlo vi fece, lucido, 480 triplo, scintillante, e una tracolla d’argento. Erano cinque le zone dello scudo, e in esso fece molti ornamenti coi suoi sapienti pensieri. Vi fece la terra, il cielo e il mare, l’infaticabile sole e la luna piena, 485 e tutti quanti i segni che incoronano il cielo, le Pleiadi, l'Iadi e la forza d’Orìone e l’Orsa, che chiamano col nome di Carro: ella gira sopra se stessa e guarda Orìone, e sola non ha parte dei lavacri d’Oceano. 1 490 Vi fece poi due città di mortali, belle. In una erano nozze e banchetti; spose dai talami, sotto torce fiammanti guidavano per la città, s’alzava molto «Imeneo!»,2 giovani danzatori giravano, e fra di loro 495 flauti e cetre davano suono; le donne dritte ammiravano, sulla sua porta ciascuna. E v’era del popolo nella piazza raccolto: e qui una lite sorgeva: due uomini litigavano per il compenso d’un morto; 3 uno gridava d’aver tutto dato, 500 dichiarandolo in pubblico, l’altro negava d’aver niente avuto: entrambi ricorrevano al giudice, per aver la sentenza, il popolo acclamava ad entrambi, di qua e di là difendendoli; gli araldi trattenevano il popolo; i vecchi sedevano su pietre lisce in sacro cerchio, 505 avevano tra mano i bastoni degli araldi voce sonore, con questi si alzavano e sentenziavano ognuno a sua volta; nel mezzo erano posti due talenti d’oro, da dare a chi di loro dicesse più dritta giustizia. 4 L’altra città circondavano intorno due campi d’armati, 510 brillando nell’armi; doppio parere piaceva fra loro, 5 o tutto quanto distruggere o dividere in due la ricchezza che l’amabile città racchiudeva; quelli però non piegavano; s’armavano per un agguato. Il muro, le spose care e i piccoli figli 515 difendevano impavidi, e gli uomini che vecchiaia spossava; gli altri andavano, Ares li conduceva e Pallade Atena, entrambi d’oro, vesti d’oro vestivano, belli e grandi con l’armi, come dèi Prof. Mario Scotognella Pagina 4 di 6 CORSO DI STORIA DELL'ARTE A.S. 2013-2014 classi II B, IIC, II E, IIIB, IIIC, IIIE INDICE DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE - ANTOLOGIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI D'ARTE visibili d’ogni parte; gli uomini eran più piccoli. 520 E quando arrivarono dov’era deciso l’agguato, nel fiume, dov’era l’abbeverata di tutte le mandrie, qui appunto si accovacciarono, chiusi nel bronzo lucente; e v’erano un po’ lontano due spie dell’esercito, spianti quando le greggi vedessero e i bovi lunati. 6 525 Ed ecco vennero avanti, due pastori seguivano, e si dilettavan del flauto, non sospettavanoagguato. Essi, vedendoli, corsero e presto tagliarono fuori le mandrie dei bovi, le greggi belle di candide pecore, e uccisero i pastori. 530 Ma gli altri, 7 come udirono molto urlìo in mezzo ai bovi mentre sedevano nell’adunanza, subito sopra i cavalli scalpitanti balzarono, li inseguirono e li raggiunsero; e si fermarono e combatterono lungo le rive del fiume; gli uni colpivano gli altri con l’aste di bronzo, 535 Lotta e Tumulto8 era fra loro e la Chera di morte, 9 che afferrava ora un vivo ferito, ora un illeso o un morto tirava pei piedi in mezzo alla mischia. Veste vestiva sopra le spalle, rossa di sangue umano. E come fossero uomini vivi si mescolavano e lottavano 540 e trascinavano i morti nella strage reciproca. Vi pose anche un novale10 molle, e un campo grasso, largo, da tre arature; e qui molti aratori voltando i bovi aggiogati di qua e di là, li spingevano: e quando giungevano alla fine del campo, a girare, 545 allora una coppa di vino dolcissimo in mano poneva loro un uomo, appressandosi; e solcoper solco giravano, bramosi di arrivare alla fine del maggese profondo. Dietro nereggiava la terra, pareva arata, pur essendo d’oro; ed era gran meraviglia. 550 Vi pose ancora un terreno regale;11 qui mietitori mietevano, falci taglienti avevano tra mano; i mannelli, alcuni sul solco cadevano, fitti, per terra, altri i legatori stringevano con legami di paglia; v’erano tre legatori, in piedi; ma dietro 555 fanciulli, spigolando, portando le spighe a bracciate, le davano continuamente. Il re fra costoro, in silenzio, tenendo lo scettro, stava sul solco, godendo in cuore. Gli araldi in disparte sotto una quercia preparavano il pasto, e ucciso un gran bue, lo imbandivano; le donne 560 versavano, pranzo dei mietitori, molta bianca farina. Vi pose anche una vigna, stracarica di grappoli, bella, d’oro; i grappoli neri pendevano: era impalata da cima a fondo di pali d’argento; e intorno condusse un fossato di smalto e una siepe 565 di stagno; un solo sentiero vi conduceva, per cui passavano i coglitori a vendemmiare la vigna; fanciulle e giovani, sereni pensieri nel cuore, in canestri intrecciati portavano il dolce frutto e in mezzo a loro un ragazzo con una cetra sonora 570 graziosamente sonava e cantava un bel canto con la voce sottile; quelli battendo a tempo, danzando, gridando e saltellando seguivano. E vi fece una mandria di vacche corna diritte; le vacche erano d’oro e di stagno, 575 muggendo dalla stalla movevano al pascolo lungo il fiume sonante e i canneti flessibili; pastori d’oro andavano con le vacche, Prof. Mario Scotognella Pagina 5 di 6 CORSO DI STORIA DELL'ARTE A.S. 2013-2014 classi II B, IIC, II E, IIIB, IIIC, IIIE INDICE DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE - ANTOLOGIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI D'ARTE quattro, e nove cani piedi rapidi li seguivano. Ma fra le prime vacche due spaventosi leoni 580 tenevano un toro muggente; e quello alto mugghiando veniva tirato; lo ricercavano i giovani e i cani, ma i leoni, stracciata già del gran toro la pelle, tracannavan le viscere e il sangue nero; i pastori li inseguivano invano, aizzando i cani veloci: 585 questi si ritraevano dal mordere i leoni, ma stando molto vicino, abbaiavano e li evitavano. E un pascolo vi fece lo Storpio glorioso, 12 in bella valle, grande, di pecore candide, e stalle e chiusi e capanne col tetto. 590 E una danza vi ageminò13 lo Storpio glorioso; simile a quella che in Cnosso vasta un tempo Dedalo fece ad Ariadne riccioli belli. Qui giovani e giovanette che valgono molti buoi,14 danzavano, tenendosi le mani pel polso: 595 queste avevano veli sottili, e quelli tuniche ben tessute vestivano, brillanti d’olio soave; ed esse avevano belle corone, questi avevano spade d’oro, appese a cinture d’argento; e talvolta correvano con i piedi sapienti, 600 agevolmente, come la ruota ben fatta tra mano prova il vasaio, sedendo, per vedere se corre; altre volte correvano in file, gli uni verso gli altri. E v’era molta folla intorno alla danza graziosa, rapita; due acrobati intanto 605 dando inizio alla festa roteavano in mezzo. Infine vi fece la gran possanza del fiume Oceano 15 lungo l’ultimo giro del solido scudo. Ma quando ebbe fatto lo scudo forte e pesante, una corazza gli fece, splendente più che la vampa del fuoco, 610 gli fece un elmo fortissimo, adattato alle tempie, bello, ornato, e sopra un aureo cimiero vi pose; e gli fece schinieri di duttile stagno. E quando tutte l’armi ebbe fatto lo Storpio glorioso, le sollevò e le pose davanti alla madre d’Achille; 615 ella come sparviero balzò giù dall’Olimpo nevoso, portando l’armi scintillanti d’Efesto. Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti 1 Non si immerge mai nell'Oceano, cioè non scende mai sotto l'orizzonte. Canto che si intonava durante le cerimonie nuziali. Anche dio delle nozze. 3 Risarcimento per la morte causata a un congiunto. 4 I due talenti d'oro erano il compenso per chi, tra gli anziani, avesse proposto la sentenza più giusta. 5 Il doppio parere è da intendersi come ultimatum lanciato dagli assedianti agli assediati: la distruzione completa o la spartizione delle ricchezze contenute nella città. 6 Dalle corna ricurve come le falci di luna. 7 Gli altri sono gli assedianti. 8 Si tratta di personificazioni. 9 Equivale a Moira cioè dea del destino. Il nome significa "la devastatrice" o "colei che spezza". 10 Campo lasciato a riposo senza alcuna coltivazione. 11 Terreno appartenente a un principe locale. 12 Il dio Efesto era zoppo. 13 Decorò con l'agemina: si tratta di una tecnica artistica con la quale si intarsiano metalli differenti (in genere oro e argento) in modo da creare delle decorazioni. 14 Riferimento alla dote nuziale delle fanciulle. 15 La terra era immaginata dagli antichi come un disco circondato da un fiume, l'Oceano appunto. 2 Prof. Mario Scotognella Pagina 6 di 6