La spiritualità e i bambini Elisabeth Löh Manna L a nostra pedagogista ci aiuta a riflettere sulla spiritualità dei bambini e ci offre dei suggerimenti concreti per educarci ad accogliere l’innata capacità dei bambini di sentire il divino. La sensibilità naturale dei bambini a percepire il sacro 26 Per molto tempo, la spiritualità dei piccoli è stato un tema trascurato nel lavoro con i bambini in chiesa. Ci si è concentrati soprattutto sui contenuti da trasmettere e sui metodi di trasmissione. Solo ultimamente si è cominciato a riconoscere che i bambini hanno una loro spiritualità, in parte simile a quella degli adulti, in parte diversa. La loro spiritualità influisce sul nostro stare con loro e sul lavoro che si fa insieme. Prima di esplorare che cosa può significare “spiritualità dei bambini”, vi chiedo di fermarvi un momento e di pensare a voi stessi: che cosa significa spiritualità per voi? Quale definizione dareste? Già, non è facile definire con parole che cosa significhi “spiritualità” e l’impresa diventa ancora più difficile se si tratta della spiritualità dei bambini. Forse perché, sia nel caso della spiritualità sia nel caso dei bambini, il linguaggio verbale non è il linguaggio più adatto. Infatti, sia la spiritualità che i bambini prediligono il linguaggio non verbale, il sapere intuitivo e il vissuto. Vivere la spiritualità non dipende prima di tutto da quello che comprendiamo o da quello che sappiamo, consiste piuttosto in un modo di essere. Una definizione minima per spiritualità potrebbe essere proprio questa: è il modo di Dio di essere con noi e il nostro modo di essere con Dio. Questa definizione accenna già a un secondo aspetto della spiritualità: la relazione. La Spiritualità include una profonda sensibilità verso l’essere in relazione, la consapevolezza che esiste qualcuno oltre noi stessi che ci chiama a relazione. Negli studi fatti negli ultimi anni, si è sempre ribadito che i bambini hanno una spiritualità naturale. Si intende, con questa affermazione, una sensibilità naturale del bambino di percepire il sacro, di sentirsi vicino a Dio, di sperimentare momenti d’illuminazione, di porre delle domande sulle questioni spirituali e di cercare di dare un senso a ciò che lui vive. Qualche volta il bambino parla delle sue esperienze ed esprime i suoi interrogativi, ma non tutti i bambini ne sono capaci. Però, non per questo, sono meno spirituali. La loro spiritualità può essere meglio notata nel gioco libero, nell’espressione artistica, nelle reazioni fisiche come l’essere molto silenziosi e concentrati in alcuni momenti o esuberanti in altri. Non dobbiamo fare l’errore di cercare di valutare la spiritualità dei bambini secondo i criteri che valgono per gli adulti, proprio perché i bambini non hanno le stesse capacità verbali per esprimersi e parlare della loro spiritualità, e non sempre ricordano ciò che hanno sperimentato. Il bambino vive la sua spiritualità soprattutto nella vita quotidiana, non in chiesa o in momenti speciali. Se la spiritualità nei bambini è prima di tutto un modo di essere, la si incontra nei luoghi e nei momenti nei quali il bambino vive il suo essere, e questo vale soprattutto nella vita di ogni giorno. Forse, partendo da questa constatazione, possiamo capire anche perché si sostiene che i bambini abbiano un vantaggio nei confronti degli adulti, nel vivere ed esprimere la loro spiritualità. Molte caratteristiche dei bambini hanno la potenzialità di favorire la spiritualità: · I bambini hanno una visione più olistica e meno analitica delle cose, la loro percezione è perciò più mistica; · I bambini sono più aperti e curiosi, hanno una capacità naturale di stupirsi; · I bambini scoprono delle cose ogni giorno: per loro è quasi normale essere sorpresi da qualcosa di nuovo e giungere a nuovi modi di comprensione; · La vita emozionale dei bambini è forte almeno quanto quella intellettuale. Sanno che cosa significa abbandonarsi a forze che non possono controllare; · I bambini non sanno molte cose, per loro è normale essere circondati da misteri e cercare senso nella loro vita quotidiana; · I bambini accettano facilmente l’inadeguatezza delle loro parole nel descrivere i loro pensieri e sentimenti. Sanno che ciò che conta veramente supera quello che si può esprimere con le parole. La spiritualità dei bambini e la chiesa La spiritualità è naturale per i bambini, non è qualcosa che la chiesa debba suscitare o insegnare loro. La chiesa deve solo aiutare i piccoli a viverla e a esprimerla. Una spiritualità naturale nel bambino può appassire lentamente se non è nutrita e se non riceve abbastanza spazio per crescere e svilupparsi, e non è sempre recuperabile in futuro. Non neghiamo al bambino la possibilità di esplorare quello che ha già in sé. Alcuni genitori decidono di lasciar scegliere al bambino in futuro come vivere la sua fede, non coinvolgendolo già da piccolo in un percorso religioso. Il bambino rimane, in quel caso, da solo con le sue domande, nella sua esperienza di un Altro, nei momenti in cui sperimenta un forte stupore, e non ha la possibilità di condividere i suoi sentimenti. Fino ad ora abbiamo parlato della spiritualità in generale, non in chiave cristiana o protestante. Non è un caso, perché la spiritualità precede la conoscenza biblica o l’insegnamento di una chiesa. La spiritualità dei bambini non inizia con la conoscenza di Gesù. Possiamo dire che nessun bambino arriva per la prima volta in chiesa senza il suo “dio”sotto il braccio. Può succedere che il linguaggio religioso della chiesa venga vissuto dal bambino, che si è già fatto le sue idee, come un disturbo o una intrusione nel suo senso di sacralità; o che il bambino pensi che il suo linguaggio e le sue esperienze forti non siano valide. Come chiesa, e anche co- La spiritualità nei bambini come modo di essere Riconoscere l’autenticità delle esperienze del bambino 27 me genitori, possiamo offrire al bambino il linguaggio biblico e il linguaggio della nostra comunità come strumento per esprimere le sue esperienze. Dobbiamo, però, essere accorti per non cadere nella trappola di voler correggere noi il linguaggio del bambino o le sue esperienze, affinché assomiglino a ciò che crediamo e pensiamo essere giusto. In quel caso negheremmo l’autenticità delle esperienze del bambino. Dobbiamo lasciargli lo spazio per scoprire i legami tra le sue esperienze del sacro, il racconto biblico e la prassi della chiesa. È un lavoro che non possiamo fare al suo posto. Possiamo solo incoraggiarlo dandogli ascolto e apprezzamento. Come avrete intuito la spiritualità non è un’attività aggiuntiva alle altre attività che si propongono già per i bambini in chiesa. Non si tratta di creare un momento specifico con i bambini, tipo “riunione di preghiera per bambini”. Vi invitiamo piuttosto a esaminare le attività che svolgete già, tutti i momenti ai quali partecipano dei bambini e chiedervi in che modo favoriscano la spiritualità delle persone che vi partecipano o in che modo la frenino o perfino la soffochino. Non esiste un manuale che vi indicherà delle attività precise da fare o che vi suggerirà le parole da usare per nutrire la spiritualità del bambino. Prima abbiamo detto che la spiritualità ha più a che fare con l’essere che con delle attività specifiche da svolgere.Vi possiamo solo dare dei criteri per esaminare il vostro ministero con i bambini. Sono dei criteri semplici che richiedono però un esame onesto. Prendendo sul serio i vari criteri, noterete che non vi aiutano solo a vivere la spiritualità con i bambini, ma vi offrono anche suggerimenti più in generale per l’insegnamento nelle scuole domenicali. Per ricordarli più facilmente, possiamo usare un acrostico: SPIRIT. Ogni lettera è l’iniziale di uno dei nostri criteri. Passiamo al primo. Curare lo Spazio S.P.I.R.I.T. Noi protestanti spesso giudichiamo lo spazio poco importante per la nostra vita di chiesa. La chiesa sono le persone, che si devono incontrare in qualche luogo, ma più importante del luogo pensiamo siano le relazioni e il contenuto dei nostri incontri. E poi, i nostri spazi sono quelli che sono, non è che possiamo fare grandi cambiamenti. Lo spazio fisico Penso che l’influenza dello spazio sul nostro lavoro e sul nostro essere chiesa sia spesso sottovalutata. Potete fare un piccolo esperimento: quando entrate in chiesa, sedetevi e chiedetevi quale sensazione vi trasmette il luogo nel quale vi trovate. Vi piace? È invitante? È curato? Vi permette di sentire Dio vicino? Quale Dio sentite vicino: Dio come amico o Dio nella sua maestà? Ripetete questo piccolo esercizio per ogni sala della vostra chiesa e fermatevi con più attenzione nella sala della scuola domenicale. Quale messaggio vi trasmette? Quale messaggio potrebbe trasmettere ai bambini? Un luogo caldo e ordinato segnala automaticamente ai bambini che sono i benvenuti. Una sala tipo conferenza, con tavoli e sedie, classifica la scuola domenicale come scuola, o luogo di conferen- 28 ze. Una sala colma di vecchio materiale ammucchiato sugli scaffali, sedie di ricupero sistemate senza cura, e materiale per le pulizie in un angolo, non può far altro che trasmettere ai bambini che per loro e per le loro novità non c’è spazio in chiesa. Una sala troppo grande invita al movimento, una sala piena di giocattoli al gioco, una sala dominata da materiale per il bricolage al lavoro manuale, ma forse invita di meno al raccoglimento e all’ascolto reciproco. I bambini sono molto sensibili agli spazi e ai loro messaggi, più degli adulti. Se utilizziamo tempo e risorse necessari per curare lo spazio della scuola domenicale possiamo trasmettere ai bambini che la scuola domenicale è importante e che vale la pena investirci. Il bambino coglierà anche il messaggio sottinteso: Dio è importante e vale la pena interagire con lui. Potete coinvolgere i bambini nella riflessione sullo spazio. Invitateli a pensare a un posto nel quale sentono la presenza di Dio (anche attraverso il disegno, le foto o la plastilina) ed esplorate insieme quali siano le caratteristiche di un tale luogo. Si potrebbe anche chiedere il contrario, cioè di pensare ai luoghi nei quali risulta difficile immaginarsi la presenza di Dio. Non sarà possibile cambiare del tutto la vostra sala della scuola domenicale per crearne una ideale, dovete lavorare con quello che avete a disposizione nelle chiese. Però, potete fare dei cambiamenti che permettano ai bambini di sentire la vicinanza di Dio più facilmente. Forse potete creare un piccolo spazio o un angolo che aiuti i bambini a sentire Dio vicino. Chi dispone di una sala grande potrebbe stendere un tappeto che serva solo alla scuola domenicale per il momento dell’ascolto e della preghiera. Chi si incontra in una sala usata da più gruppi, può creare degli spazi riservati solo alla scuola domenicale, chiedendo anche agli altri di organizzare i loro e di tenerli in ordine. Si possono coprire le zone usate come deposito con lenzuola e cercare di eliminare tutto ciò che non è più necessario nella stanza. Nelle sale di passaggio si potrebbe delimitare lo spazio per la scuola domenicale con una parete mobile o una lavagna. Sarebbe importante segnare lo spazio d’incontro in un salone grande e dispersivo, per esempio, con una fila di sedie, un nastro per terra o altri accorgimenti. Il bambino deve percepire qual è lo spazio della scuola domenicale per potersi raccogliere anche interiormente. Aiuta a concentrarsi meglio anche la focalizzazione di un punto centrale, come un piccolo tavolino coperto con una tovaglia e una Bibbia aperta appoggiata sopra, intorno al quale i bambini si raccolgono. Chi ha uno spazio molto limitato può focalizzare il punto centrale in mezzo al tavolo, aggiungendo qualche oggetto inerente all’argomento del giorno. Lo spazio emotivo Oltre alla cura dello spazio fisico, dobbiamo anche fare attenzione agli spazi emotivi e di ascolto. Qualche giorno fa ho trattato con i bambini il tema dell’amicizia, parlando dapprima del loro vissuto e della loro idea di amicizia. Dopo averne parlato mi sembrava giusto fare il collegamento con Gesù come nostro amico: abbiamo letto il testo di Giovanni 15, accompagnando la lettura con un gesto, l’accensione di una candela posta al centro del cerchio fatto dai bambini. Secondo il mio programma dovevo chiedere loro che cosa significasse che Gesù ci chiama suoi amici. I Trasformiamo lo spazio Necessario rispetto dei tempi personali di ciascuno 29 bambini del mio gruppo, però, nonostante le mie sollecitazioni, non rispondevano alla domanda. Ho riformulato la domanda ma senza successo. Non mi seguivano. Presa dal mio programma, non mi ero accorta dell’impatto che l’accensione della candela aveva avuto. I bambini erano entrati in uno stato di contemplazione, ma io non lasciavo loro lo spazio per viverlo. Non lasciavo spazio alla possibilità che potesse succedere qualcosa di speciale, che potesse svilupparsi un momento di spiritualità intensa. I bambini hanno bisogno di tempo per poter seguire anche emotivamente quello che succede durante l’incontro. Dobbiamo essere sensibili e capire quando è il momento di fermarci e quando è importante continuare con le nostre attività. L’ansia di dover completare il programma non è in questo caso una buona consigliera. Pausa di 7 secondi dopo ogni risposta Lo spazio di ascolto Fondamentale è anche lo spazio di ascolto. Il bambino deve sentire di aver tempo per esprimersi e di essere veramente ascoltato. Sarebbe buona abitudine lasciare un momento di silenzio dopo l’intervento di ogni bambino. Forse egli vuole aggiungere ancora qualcosa e anche noi abbiamo bisogno di spazio per poter veramente ascoltare, senza dover pensare già a che cosa chiedere o fare dopo. Provate a lasciar passare 7 secondi dopo ogni intervento fatto da un bambino prima che intervenga un’altra persona. In questo modo si può formare un gruppo capace di ascoltare veramente. Riassumendo: lo spazio – nelle sue diverse specificità – è fondamentale per lo svolgimento della scuola domenicale, ma soprattutto per la spiritualità dei bambini. Curiamolo con attenzione! Concentrarsi sul Processo, e non sul prodotto finale S.P.I.R.I.T. Ansia e fretta non rispettano i ritmi personali dei bambini 30 Nel nostro lavoro con i bambini siamo spesso preoccupati di finire il programma che ci viene proposto, e qualche volta perdiamo di vista il processo che coinvolge noi e i bambini durante le attività. La spiritualità, però, ha più a che fare con il processo, e meno con il “prodotto” finale. La spiritualità è un processo lungo una vita, non sarà mai completo o concluso con un prodotto finale da raggiungere o da far vedere (così come la preghiera o il culto non sono delle attività con finalità in sé, bensì sono momenti nel processo della vita spirituale di una persona). Anche la scuola domenicale dovrebbe essere un’avventura di esplorazione e comprensione perpetua, senza la pretesa di raggiungere necessariamente un punto di arrivo fissato in anticipo. Lasciamo spazio e tempo ai bambini di esplorare, di stupirsi, di mettere in discussione ogni nuova idea, di essere assorbiti completamente dal tema o dall’attività, secondo i loro ritmi. Cosa vuol dire questo in concreto? Nel momento della riflessione il monitore cerca spesso di stimolare i bambini attraverso domande aperte, cioè attraverso domande che non hanno una risposta sola, ma che chiedono a ogni bambino di trovare la propria risposta. Dovremmo esaminare bene le nostre domande e le nostre aspettative: sono veramente delle domande aperte? Accettiamo veramente tutte le risposte che i bambini potrebbero darci, o abbiamo in mente una direzione precisa nella quale dovrebbe svilupparsi la discussione? Esistono delle risposte inaccettabili? Siamo interessati al processo di ragionamento nel quale si impegnano i bambini, o siamo soprattutto interessati a raggiungere con i bambini un certo livello di comprensione? Mentre i bambini sono presi da un tema, potrebbero anche crearsi momenti di silenzio. I bambini hanno bisogno di tempo per entrare nelle domande, per riflettere, per formulare le loro risposte. Dovremmo evitare la tentazione di non aspettare e di colmare subito il silenzio con nuove domande o di passare ad altre attività. Rispettiamo i tempi dei bambini. Nelle attività di approfondimento, come la scheda o i lavori manuali, vale lo stesso principio. Queste attività rappresentano un modo diverso di trattare e interagire con il tema dell’incontro, il prodotto finale che si raggiunge è secondario. Anche nella condivisione del lavoro dei bambini con l’intera comunità dobbiamo decidere se presentare un prodotto finale, che può essere un cartellone o una preghiera, elaborati appositamente per quell’occasione e per quello scopo, o se vogliamo condividere con la comunità un pezzo di cammino, al quale i bambini contribuiscano con delle proposte loro. Non sembra ci sia una grande differenza, ma se guardiamo bene possiamo notare che nel primo caso i bambini presentano i loro contributi come in uno spettacolino teatrale, mentre nel secondo caso si forma una comunità nella quale uno impara dall’altro, e si vive un momento di spiritualità comune. Qualche volta viviamo l’ansia di dover offrire ai bambini tante attività diverse per tenerli impegnati e per attirare continuamente la loro attenzione. Così, ci sentiamo perfino stressati dalle tante idee che vorremmo realizzare. Lo stesso succede anche ai bambini: troppe proposte stressano anche loro e la loro risposta è la disattenzione. I bambini hanno bisogno di tempo per poter veramente interagire con le nostre proposte, siano dei testi biblici, delle domande per la discussione o altre attività e, per sorprenderci forse, anche con delle loro nuove idee. Qualche volta fare un po’ meno finisce per trasformarsi in fare di più. La forza dell’Immaginazione Per fare il monitore pensiamo spesso che sia necessario essere particolarmente creativi e avere una buona immaginazione per inventare delle animazioni accattivanti o per presentare il racconto biblico in modo da attirare l’attenzione dei bambini. Sicuramente, la creatività e l’immaginazione del monitore possono essere di aiuto, ma ancora più importante per i bambini e la loro spiritualità è il permesso o l’invito a esprimere la loro immaginazione. Nella teologia, come nella fede, non può essere tutto espresso attraverso un linguaggio analitico. Abbiamo bisogno S.P.I.R.I.T. 31 L’immaginazione è fonte di nuove scoperte 32 della poesia, di immagini e racconti. Gesù risponde a domande fondamentali della fede o in situazioni di conflitto raccontando una parabola. I bambini sono ricchi di immaginazione: un tavolo può diventare un castello, un mattone di legno una moto. Attraverso l’immaginazione possono vivere delle situazioni nuove, possono assimilare delle nuove informazioni e integrarle nella loro vita, oppure possono gestire dei momenti di conflitto. L’immaginazione è indispensabile per la loro vita, ma anche per la nostra vita di adulti. È l’immaginazione che ci apre la Bibbia come un libro per la nostra vita, è l’immaginazione che nutre la nostra spiritualità. Nell’incontro con i bambini dobbiamo favorire la loro immaginazione prendendola sul serio. Qualche volta sarà più importante tralasciare le proposte preparate per l’incontro, per seguire l’immaginazione dei bambini, avventurarsi in nuovi territori e fare nuove scoperte. Vi chiederete:“Ma dobbiamo prendere sul serio qualsiasi contributo dei ragazzi, anche il più “stupido”, forse fatto perfino con un atteggiamento di sfida?” Prima di tutto dobbiamo esaminare perché il contributo del bambino ci sembra “stupido”. Forse perché non è la risposta che ci aspettavamo? Forse perché disturba il percorso che volevamo fare con i ragazzi? Forse perché contiene concetti “sbagliati” come avevamo già spiegato tante volte? Forse perché non ci fa finire il programma? Forse perché sembra solo un modo per disturbare? Dobbiamo ricordarci che il contributo del ragazzo è sempre una reazione a quello che succede in quel momento nella scuola domenicale, è una sua risposta personale e come tale deve essere preso sul serio. E forse ci rendiamo conto, dopo un tempo di riflessione, che la sua risposta “stupida” era solo un’associazione insolita, che ci dona una nuova conoscenza di Dio o della nostra vita. Se i bambini sanno che le loro risposte saranno prese sul serio, sentiranno meno l’esigenza di disturbare o di cercare dei modi per farsi notare. Possiamo stimolare l’immaginazione dei bambini in modi diversi, con giochi di immaginazione, fantasie guidate o domande molto aperte. E se lasciassimo i bambini rispondere al tema o al testo biblico con delle attività che ciascuno sceglie liberamente, senza suggerimenti del monitore? Certo, all’inizio sarebbe una proposta quasi impensabile, ma man mano che i bambini si abituano sarà più facile da proporre e da organizzare e sicuramente aiuterà l’espressione della loro immaginazione. Mettiamo a disposizione dei bambini materiali vari, come colori di tipi diversi, plastilina, cartoncini di vari colori, figurine e animali, libri sulla Bibbia e libri per bambini, occorrente per i travestimenti ecc. La prima volta dobbiamo presentare ai bambini il materiale, senza però suggerire che cosa potrebbero farne in risposta al tema dell’incontro. Le volte successive i bambini conosceranno già il materiale e potranno scegliere più facilmente. Se un bambino sceglie di non fare niente, dobbiamo rispettare anche quello, senza permettere, però, che disturbi gli altri. Le creazioni dei bambini appartengono prima di tutto a loro stessi e decidono loro che cosa farne. Se uno non vuole condividere il suo progetto, o un altro non vuole finire quello che ha iniziato, accettiamolo. Il bambino sceglie anche se lasciare il suo progetto nella sala o se portarlo a casa. Le Relazioni nel nostro gruppo Se chiedete agli adulti dei loro ricordi d’infanzia in chiesa o nella scuola domenicale, spesso non ricordano più i contenuti dell’insegnamento. Più importanti erano le amicizie o i rapporti col monitore, o con un’altra persona significativa. Contavano più le relazioni che si erano instaurate piuttosto che gli insegnamenti trasmessi. La relazione è fondamentale per la fede cristiana. Crediamo in un Dio che per primo ci ha cercati per entrare in relazione con noi. La relazione più importante consiste sicuramente nel nostro rapporto con Dio. Ma anche le relazioni che si creano in chiesa e nella scuola domenicale tra monitore e bambini e tra bambini sono fondamentali. Dobbiamo esaminarle e chiederci: quale tipo di relazione stabiliamo noi? Con quali parole descriveremmo la nostra relazione con i bambini e quali parole useremmo per quella tra i bambini? E i bambini, come caratterizzerebbero le loro relazioni in chiesa? Quando un incontro, preparato con tante belle proposte, si svolge con difficoltà, forse non dovremmo solo analizzare quale parte del programma non ha funzionato, ma anche quali relazioni si sono formate durante l’incontro. Forse non sarà necessario cercare delle attività alternative, bensì lavorare sui rapporti all’interno del gruppo e della chiesa. Le nostre relazioni dovrebbe essere segnate da un rispetto reciproco, che valorizzi ogni bambino e ogni contributo, evitando con i nostri commenti (“bravo, è la risposta giusta”) o gesti (piccoli premi) che alcuni contributi siano più graditi di altri. I bambini vivono in un mondo di competizione e di retribuzione secondo i meriti. È facile che questo modello si insinui anche nelle nostre scuole domenicali e che un bambino si senta più stimato perché dà le risposte giuste e “fa il bravo”. L’amore di Dio, però, è incondizionato e possiamo trasmetterlo ai bambini attraverso il tipo di relazione che riusciamo a stabilire attraverso il rispetto reciproco e con un atteggiamento più di ascolto che di ammaestramento. Un rapporto basato sul rispetto riconosce la reciprocità della relazione. Non sono solo i bambini che imparano da noi, ma siamo anche noi che impariamo da loro. Siamo una comunità in cammino insieme. S.P.I.R.I.T. L’importanza e la valorizzazione del rispetto reciproco Intimità: sentirsi al sicuro Spiritualità crea vicinanza: ci fa sentire più vicini a Dio, agli altri, ma anche a un tema della fede o un testo biblico. Per questo motivo spiritualità crea intimità, che non vuol dire un posto chiuso o un gruppo “coccolone”, bensì un luogo dove sentirsi al sicuro, un luogo dove il bambino sente che è accolto e dove si può esprimere senza essere giudicato. Non è così facile creare questo spazio sicuro. Alcuni bambini non frequentano regolarmente la scuola domenicale. Sia loro sia i “regolari”hanno difficoltà a stabilire rapporti di intimità in gruppi che cambiano in continuazione. I bambini sono molto sensibili. S.P.I.R.I.T. 33 Il rispetto reciproco prevede accettazione e incontro tra pari Appena hanno l’impressione di non essere accettati così come sono, si chiudono e non permettono più che si crei quello spazio di intimità necessaria per crescere spiritualmente. Forse mettono alla prova il monitore, per verificare se sono veramente accettati o se l’accoglienza è solo una bella parola, ma nulla di più. Vogliono essere sicuri di poter arrischiare una risposta o un gesto personale e di affetto. Vogliono essere sicuri di essere presi sul serio, prima di condividere ciò che li tocca profondamente, ciò che li turba nel loro intimo, e ciò che hanno scoperto di Dio.Vogliono essere sicuri che i loro contributi rimangano riservati e non vengano condivisi con altri fuori dal gruppo senza il loro permesso. Il momento nel quale noi, da adulti, sentiamo maggiormente l’intimità con Dio è forse la preghiera. Qualche volta le preghiere dei bambini sono valutate diversamente da quelle degli adulti: non si pensa che le preghiere dei bambini richiedano lo stesso rispetto di quelle degli adulti. Vengono a volte citate in una riunione, per raccontare quanto sono carini i pensieri dei bambini o in un sermone come esemplificazione. Quando si chiede ai bambini di condividere una preghiera durante un culto, essa viene facilmente scambiata per una piccola esibizione e non viene riconosciuta come contributo alla spiritualità dell’intera comunità. Il nostro presupposto è spesso che la preghiera ha a che fare con parole, è un parlare con Dio attraverso parole. I bambini non hanno la stessa facilità degli adulti nell’uso delle parole. Forse il loro comunicare con Dio si esprime attraverso un gesto, un disegno, o semplicemente attraverso l’essere, cioè lo stare davanti a Dio e con Dio. Offrire uno spazio sicuro significa permettere ai bambini di stare in modi diversi con Dio e rispettare la loro individualità. Tanta fiducia S.P.I.R.I.T. 34 Fede è fiducia. Non è basata su prove scientifiche o ragionamenti filosofici, bensì su un modo diverso di conoscere. Come la fede, anche la spiritualità cerca fiducia. Una fiducia che ci aiuti a superare momenti difficili della vita, quando abbiamo fiducia che esista qualcosa che vada oltre quella difficoltà; una fiducia che ci aiuti a vivere con più serenità, per darci una visione della nostra vita che non si esaurisca in piccoli o grandi successi o insuccessi. Come trasmettere ai bambini questa fiducia? Sappiamo che non basta dire “Abbi fiducia, Dio ti ama” oppure discutere sulla fiducia o spiegarla. La fiducia deve crescere lentamente e deve essere nutrita continuamente. I bambini imparano prima di tutto dagli esempi che vedono e che sperimentano. Qui siamo chiamati in causa noi adulti: abbiamo noi fiducia? In Dio? Nei bambini? Nel racconto biblico? Trasmettiamo questa fiducia attraverso il nostro atteggiamento e il nostro agire? O forse cerchiamo di controllare le situazioni nelle quali ci troviamo con un atteggiamento autoritario? Ciò rivelerebbe più la nostra mancanza di fiducia negli altri e nella vita che la serenità che nasce dalla fiducia. Forse c’è chi è tentato di rafforzare l’insegnamento ai bambini con frasi di questo tipo “... il punto più importante è...” o “... dovete credere questo...”. Certo, sono i concetti più cari a noi e vorremmo tanto che anche i bambini li assimilassero. Queste parole però, rivelano il nostro dubbio che il racconto biblico, e in fondo anche Dio, non siano forti a sufficienza per parlare da soli. Può anche succedere che non comprendiamo la reazione di un bambino, per esempio, la sua tristezza di fronte alla morte di Gesù, e finiamo per consolarlo dicendo che non deve essere triste perché Gesù è risorto. Dal punto di vista teologico la nostra reazione è giusta, però nega al bambino la libertà di sentire e di parlare per se stesso, come se noi non avessimo fiducia in lui. I monitori, come anche i genitori, hanno spesso paura di non essere all’altezza di rispondere ai bambini quando essi pongono delle domande complesse di fede o quando attraversano momenti di difficoltà. Per i genitori questo è spesso il motivo più grande per evitare un discorso religioso con i propri figli. Anche in questi casi la fiducia gioca la sua parte. Il monitore può contare su un gruppetto di bambini per cercare una risposta insieme. Può avere fiducia che i bambini partecipino con un loro contributo alla riflessione e alla elaborazione di una risposta. I genitori non possono contare su un gruppo di sostegno come il monitore, ma possono anche loro cercare un dialogo attraverso il quale si costruisca una risposta insieme, discutendo, confrontandosi, avendo tanta fiducia sia nel bambino sia nel Signore che accompagna la nostra ricerca. Fiducia in Dio, nei bambini e nel racconto biblico PER APPROFONDIRE R. NYE, Children’s Spirituality. What It Is And Why It Matters, London, Church House Publishing, 2009 35