Ritratti d’impresa | Fresenius Hemocare Italia
Da Cavezzo la produzione si trasferirà tra un anno
nella nuova struttura di Mirandola
Obiettivo
SALUTE
L’azienda dal 1994 fa parte della Fresenius Kabi, multinazionale specializzata in farmaci e tecnologie
per infusione, trasfusione e nutrizione clinica. Il suo core business è la produzione di filtri per il trattamento del sangue.
E i danni subiti due anni fa a causa del terremoto sono diventati l’occasione per nuove sfide e nuovi traguardi
di Arianna De Micheli - foto di Serena Campanini
a prima pietra è stata posata lo scorso 18 aprile a Mirandola. Qui, nella medesima area di 30.000 metri quadrati che
un tempo ospitava il Maglificio Fontana ora in disarmo, Fresenius Hemocare Italia, impresa del settore biomedicale il cui core
business è la produzione di filtri per il trattamento del sangue,
vivrà la sua seconda giovinezza. «Nel giro di un anno la nuova
sede sarà operativa», promette l’amministratore delegato nonché
direttore generale Alberto Bortoli. «Trasferiremo un “clone” dell’attuale azienda in una struttura di oltre 10.000 metri quadrati,
che sarà antisismica e all’avanguardia, dunque in grado di garantire una continuità produttiva in qualunque situazione». Il nuovo
stabilimento avrà soluzioni tecnologiche di ultima generazione
anche in termini di protezione dal fuoco, sarà ecosostenibile e con
caratteristiche che permetteranno il massimo risparmio energetico. E, non ultimo, verrà costruita in tempi record. Grazie anche al
supporto e alla disponibilità sino a ora mostrata dalle amministrazioni locali.
Dopo oltre vent’anni, la biomedicale tedesca col cuore italiano
L
Sotto, da sinistra, Alberto Bortoli, ad e direttore generale
di Fresenius Hemocare, con Giorgio Mari, responsabile
dei progetti speciali e membro del cda. In alto, la posa
della prima pietra del nuovo stabilimento di Mirandola
IL MONDO FRESENIUS
Nel 1990 Giorgio Mari fonda a Cavezzo Biofil.
Nel 1994 l’azienda viene venduta
al colosso tedesco dell’healthcare Fresenius.
Prende il nome di Fresenius Hemocare Italia
e fa capo a Fresenius Kabi.
Ha 210 dipendenti e un fatturato
di 22 milioni di euro (2013) realizzato
grazie alla vendita intercompany.
È leader mondiale nella produzione di filtri
per il trattamento del sangue
Fresenius Kabi è la società del gruppo
che si occupa di medicina trasfusionale
con una grande varietà di applicazioni
e settori funzionali Ha 32.000 dipendenti
e nel 2013 ha realizzato vendite
per 4,9 miliardi di euro
(+10% rispetto all’anno precedente).
Conta 4 società in Italia: Fresenius Hemocare Italia,
Fresenius Kabi Italia (Verona),
Società Chimica Mugello (Firenze)
e Fresenius Kabi Anti-Infectives (ex Ribbon)
con sede a Cernusco sul Naviglio (Milano)
Il gruppo Fresenius è attualmente presente
in 115 Paesi e ha un fatturato
di oltre 20 miliardi di euro.
Comprende 60 organizzazioni commerciali
e più di 70 tra impianti di produzione
e centri compounding
LUGLIO/AGOSTO 2014 - OUTLOOK 73
Ritratti d’impresa | Fresenius Hemocare Italia
lascia quindi lo stabilimento di Cavezzo, 7.500 metri quadrati circa in affitto, e trasloca a Mirandola, patria di quello stesso distretto dei disposable in plastica tornato sotto la luce dei riflettori dopo
lunghi momenti bui. Una scelta dettata dal terremoto che nel maggio 2012 costringe Fresenius a interrompere la produzione per tre
mesi, a causa dell’eccezionalità dell’evento. «Siamo numero uno al
mondo nella produzione di filtri per il trattamento del sangue. Il
know-how offerto dal nostro territorio è unico. Motivo per cui la casa madre tedesca, il cui primo comandamento è garantire uno standard di qualità sempre più elevato, ha deciso di investire qui e non
altrove»: la precisazione di Bortoli ha già in sé la scelta del gruppo.
«La struttura sarà ampliata, e vi sarà anche una maggiore automazione degli impianti. Questa è la ragione per cui è prematuro supporre che, una volta a regime, sarà aumentato l’organico. Anche se
i vertici non escludono questa prospettiva. Intanto il risultato raggiunto è di grande rilevanza, per noi e per il territorio».
È nella volontà di conquistare mercati ancora vergini che la costruzione ex-novo di uno stabilimento più efficiente trova la propria ragione d’essere. Indicativa da questo punto di vista la recente acquisizione di Fenwal (compagnia americana targata Baxter attiva nell’ambito della medicina trasfusionale) da parte di Fresenius Kabi. E significativo anche l’aumento della capacità produttiva che il nuovo sito di Mirandola potrà consentire. «Con i nostri
prodotti riforniamo tutte le aziende del gruppo», spiega Giorgio Mari, responsabile dei progetti speciali e membro del consiglio di amministrazione aziendale. «Inoltre siamo i soli a livello internazionale in grado di realizzare filtri per la rimozione cellulare selettiva, dunque pensati ad hoc per ogni componente ematica del san-
I numeri | Il fiore all’occhiello della multinazionale
Fresenius Hemocare Italia, integrata dal
2003 in Fresenius Kabi, produce filtri per la
depurazione del sangue dai leucociti e
sistemi per la divisione Transfusion
Technology. Lo stabilimento di Cavezzo, che
sarà abbandonato nel corso del 2015 quando l’azienda traslocherà nella nuova sede
costruita in tempi record a Mira ndola, è
luogo deputato alle attività di ricerca volte
allo sviluppo di dispositivi per la filtrazione
del sangue di ultima generazione. Oggi
Fresenius Hemocare Italia conta 210 dipendenti e un fatturato realizzato grazie alla
vendita intercompany che nel 2013 è stato
di 22 milioni di euro.
L’azienda è numero uno internazionale
nella produzione di filtri per il trattamento
del sangue. Produzione per cui è previsto
un forte incremento anche grazie Fenwal,
compagnia statunitense attiva nell’ambito
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della medicina trasfusionale la cui acquisizione da parte di Fresenius Kabi risale al
2012.
Nata nel 1999 dalla fusione di Fresenius
Group’s Pharma e Pharmacia & Upjohn
(Kabi), Fresenius Kabi è specializzata in
farmaci e tecnologie per infusione, trasfusione e nutrizione clinica ed è controllata al
100 per cent o dal gruppo Fresenius.
Colosso nell’ambito dell’healthcare con
sede a Bad Homburg, Germania,
Fresenius è oggi presente in 115 Paesi e ha
un fatturato nell’ordine dei 20 miliardi di
euro. Forte di una rete globale di oltre 60
organizzazioni commerciali e di una settantina di impianti di produzione e centri compounding,
Fresenius Kabi annovera tra le proprie fila
32.000 dipendenti. Nel 2013 ha realizza to
vendite per 4,9 miliardi di euro con un
incremento del 10 per cento rispetto all’anno precedente. Quattro le società in Italia
che ruotano nell’orbita Fresenius Kabi:
Fresenius Hemocare Italia, Fresenius Kabi
Italia (Verona), Società Chimica Mugello
(Firenze) e Fresenius Kabi Anti-Infectives
(ex Ribbon) con sede a Cernusco sul
Naviglio (Milano). Transfusion Technology è
la divisione del gruppo che si o ccupa di
progettare, sviluppare, produrre e commercializzare una specifica gamma di prodotti
per aferesi, crioconservazione, sistemi per
la lavorazione del sangue intero e autotrasfusione. La disciplina della medicina trasfusionale, in cui Fresenius Kabi è leader,
comprende una grande varietà di applicazioni e settori funzionali tra cui la validazione degli emocomponenti, l’immunoematologia, la manipolazione cellulare e la
gestione dei donatori.
gue. L’acquisto della prima macchina per produrre materiale filtrante risale al 1996. Oggi la nostra priorità, oltre a sviluppare in
modo ulteriore la depurazione del sangue in linea grazie ai filtri
integrati, è quella di creare soluzioni innovative che soddisfino le
esigenze dei Paesi dove ancora non siamo presenti, Stati Uniti in
primis. Il che significa sviluppare prodotti dedicati a un mercato
soggetto a procedure molto particolari. Negli Usa, infatti, tali dispositivi biomedicali sono trattati alla stregua di farmaci. Ciò presuppone un lavoro di ricerca complesso per cui è indispensabile un
centro in cui fare ricerca che sia all’avanguardia. È un work in progress che richiede tempo, risorse e notevole perseveranza».
Perseveranza che al nostro interlocutore non fa difetto. Pioniere del settore, tra i primi a credere nel «valore del sangue», Giorgio
Mari nel 1990 fonda a Cavezzo Biofil, impresa venduta quattro anni più tardi al colosso tedesco dell’healthcare Fresenius. Un pezzo
da novanta dai numeri impressionanti che oggi, attivo in 115 Paesi e quotato in borsa a New York e Francoforte, vanta oltre 3.100
centri di dialisi, 173.000 dipendenti e un fatturato che raggiunge i
20 miliardi di euro. Nonché un’incrollabile fiducia nel know-how
proveniente dalla bassa modenese. «Dopo la seconda terribile scos-
La prima pietra del nuovo stabilimento di Mirandola
è stata posata lo scorso 18 aprile. «Nel giro di un anno
sarà operativo», spiega Alberto Bortoli, amministratore
delegato e direttore generale di Fresenius Hemocare.
«Ci trasferiremo in una struttura di diecimila metri
quadrati, antisismica e all’avanguardia»
Ritratti d’impresa | Fresenius Hemocare Italia
«Il know-how offerto
dal nostro territorio
è unico», commenta
Alberto Bortoli.
«È per questo
che la casa madre
tedesca,
il cui obiettivo
è garantire
uno standard
di qualità sempre
più elevato,
ha deciso
di investire qui
e non altrove»
sa, che il 29 maggio 2012, alle nove del mattino, ha sferrato il colpo
di grazia a un territorio già duramente colpito nove giorni prima,
ho pensato fosse calato il sipario», ammette Mari, uomo di punta
di Fresenius Hemocare Italia da cui lo stesso Bortoli, sei mesi fa,
ha ricevuto il testimone di amministratore delegato. «Ingenti danni materiali e la produzione ferma al palo. Tre mesi di stop forzato
che hanno avuto un effetto a cascata sull’intero gruppo. La nostra
immediata risposta a una situazione drammatica ha però sorpreso in modo positivo i vertici tedeschi, quasi increduli di fronte a
tanta repentina tenacia. Lo stesso dicasi della reazione del territorio che, al pari delle istituzioni locali, della Regione e di tutte le
persone che non si sono mai perse d’animo, ha dimostrato una
vitalità eccezionale. Tanto da trasformare una calamità in un’occasione di rinascita».
A due anni dal terremoto che, oltre ad avere preteso un alto
contributo in termini di vite umane ha messo a dura prova il tessuto industriale di un’area tra le più laboriose d’Europa, il distret-
La storia | Alle origini dell’healthcare
F
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resenius nasce come società farmaceutica a Francoforte nel 1912 per volontà
di Eduard Fresenius. Oggi la multinazionale
biomedicale è presente ovunque nel
mondo (115 Paesi), vanta un organico pari
a 173.000 unità e un giro d’affari che supera i 20 miliardi di euro. La sua storia ha le
sue origini addirittura nel lontano 1462,
quando a Francoforte apre i battenti la
Farmacia Hirsch, che viene rilevata nel
XVIII secolo dalla famiglia Fresenius.
1912. Eduard Fresenius direttore e proprietario della Farmacia Hirsch, fonda la società farmaceutica Dr. E. Fresenius che,
accanto all’unguento nasale Bormelin, propone soluzioni iniettabili e reagenti sierologici.
1933. La produzione lascia la farmacia di
Francoforte per Bad Homburg. Un anno più
tardi l’organico aziendale conta oltre 400
dipendenti.
1966: Fresenius inizia a produrre e a vendere apparecchiature per dialisi anche ad
aziende non tedesche, incrementando considerevolmente la propria quota di mercato. Tra il 1971 e il 1974 l’azienda introduce
sul mercato una nuova, rivoluzionaria soluzione di aminoacidi per la nutrizione
parenterale. Sviluppa inoltre un nuovo colloide (Idrossietilamido HES) utilizzato nel
campo della terapia volemica.
1974. A St. Wendel, Saarland, Fresenius
inizia la produzione di soluzioni infusionali
e dispositivi medici monouso. Cinque anni
più tardi è la volta della prima dieta entera-
le Fresubin. È invece datato 1993 l’esordio
di Supportan, dieta enterale pensata ad hoc
per i pazienti oncologici.
1984. Prende piede l’home care. I pazienti
che necessitano di una nutrizione enterale
(ovvero devono essere alimentati attraverso
il tratto gastro-intestinale) possono essere
curati a casa. Nel frattempo Fresenius sviluppa Aminomix la sacca a due comparti
per la nutrizione parenterale che debutta
sul mercato nel 1988.
1995. Viene posata la prima pietra dell’impianto di produzione di soluzioni iniettabili
di Friedberg (Hesse-Germania) che, indicato come stabilimento più avanzato
d’Europa, sarà inaugurato nel 1997. Nello
stesso anno fa il proprio esordio a livello
mondiale la prima soluzione di dipeptide
per uso parenterale.
1999. Frutto della fusione di Fresenius
Group’s Pharma e Pharmacia & Upjohn
(Kabi) nasce Fresenius Kabi. La nuova
società, leader nel campo della nutrizione e
della terapia infusionale, fornisce una vasta
gamma di prodotti e un ampio portafoglio
di servizi per l’ospedale e la cura del
paziente a domicilio.
2000. Fresenius conferma la propria vocazione internazionale conquistando i mercati
asiatici, africani e latinoamericani.
2003. Fresenius Hemocare viene integrata
all’interno del gruppo Fresenius. In ragione
delle similitudini tecnologiche, le divisioni
Infusion Technology e Transfusion
Technology sono raggruppate sotto la
medesima direzione di Fresenius Kabi.
2004. Fresenius Kabi compra varie aziende
in Sudafrica e nella Repubblica Ceca. Crea
inoltre una joint venture in Australia.
2005. Il portafoglio di farmaci endovenosi
subisce un notevole incremento grazie
all’acquisizione della società farmaceutica
portoghese Labesfal. L’anno seguente tocca
alla compagnia farmaceutica argentina
Filaxis. Nel frattempo Fresenius Kabi rafforza la propria rete di distribuzione dei
dispositivi medici attraverso l’acquisizione
di Laboratoires Clinico.
2007. Entrano nell’universo Fresenius
Kyorin, compagnia giapponese specializzata in soluzioni indicate per la terapia di
sostituzione volemica, l’italiana Ribbon (ora
Fresenius Kabi Anti-Infectives) e la cilena
Sanderson nonché le divisioni francesi e
spagnole di Nestlé dedite alla nutrizione
enterale.
2008. Fresenius Kabi espande la propria
attività nel settore dei medicinali iniettabili.
Con l’acquisizione di Dabur Pharma entra
nel campo dei generici oncologici.
L’acquisto di APP Pharmaceuticals consente inoltre a Fresenius Kabi di muovere i
primi passi nel mercato statunitense.
2012. Fresenius Kabi compra l’americana
Fenwal, compagnia specializzata in tecnologie trasfusionali. Ora il suo nuovo portafoglio prodotti comprende l’intero sistema
di raccolta e processo del sangue così
come la medicina trasfusionale e la terapia
cellulare.
LUGLIO/AGOSTO 2014 - OUTLOOK 77
Ritratti d’impresa | Fresenius Hemocare Italia
«La capacità di reazione
del territorio al sisma,
la sintonia di Fresenius Hemocare
con il tessuto del distretto
biomedicale mirandolese
hanno sicuramente contribuito
a far sì che Fresenius
continuasse a credere
nelle nostre capacità»
ricorda Giorgio Mari, responsabile
dei progetti speciali
e membro del consiglio
di amministrazione aziendale,
oltre che fondatore dell’impresa
nel 1990 con il nome Biofil
to biomedicale di Mirandola può fare i conti con il proprio rinascimento. La tanto temuta fuga delle multinazionali è stata scongiurata, l’incubo archiviato. Ora più che in qualsiasi altro momento
storico le big company dell’healthcare sembrano persuase a incrementare gli investimenti in loco, a partecipare con rinnovato spirito al fervore di opere e di intenti cui è soggetta la terra dei Pico. Finanziato dalla Regione con una fetta delle risorse destinate al Tecnopolo (4,2 milioni di euro), l’Istituto tecnico superiore, con il biennio di specializzazione biomedicale il cui esordio è previsto per il
prossimo ottobre, coinvolgerà non soltanto 25 studenti diplomati
ma anche le scuole e le aziende del settore attive nella zona.
«Plaudo all’iniziativa», commenta Mari, che da sempre ribadisce la necessità di una più puntuale formazione tecnica, «e mi
auguro che l’Its diventi fucina di periti competenti, figure professionali di cui abbiamo urgente bisogno. Tanto l’Istituto tecnico superiore quanto il Tecnopolo rappresentano delle sfide. Sono convinto che con la collaborazione delle imprese del distretto sarà possibile ottenere buoni risultati. Dal canto nostro vogliamo ricordare
un ottimo rapporto con l’università di Modena e Reggio Emilia, in
particolare con il Centro strumenti. Inoltre il primo corso del Master biomedicale cui abbiamo aderito ha ottenuto un riscontro assai positivo». Dieci infatti gli studenti che lo scorso aprile hanno usufruito dell’opportunità di seguire nella sede di Cavezzo un corso
sulle materie plastiche firmato Fresenius.
Il Parco scientifico e tecnologico, undicesimo Tecnopolo della Re-
La peculiarità del distretto biomedicale dell’Area Nord
è nella sinergia tra pmi e grandi gruppi multinazionali.
Una sinergia che è il vero asso nella manica
di un territorio che ha visto 50 anni di continuo sviluppo.
«Sempre che al distretto venga data l’opportunità
di abbandonare la propria condizione di cittadella
nel deserto», ribadisce Giorgio Mari che chiede
una volta di più: «Dateci la Cispadana»
te alta tecnologia dell’Emilia-Romagna che sorgerà nei prossimi
mesi a Mirandola (se ne parla in un articolo, sempre in questo
numero), sarà il luogo in cui celebrare l’auspicato matrimonio tra
plastica e biologia? Per ora non c’è la risposta, e nell’attesa emerge un’ulteriore interrogativo: il distretto biomedicale, fiore all’occhiello della provincia di Modena, vanta spalle abbastanza larghe
per trascinare lontano dal baratro (o perlomeno a sufficiente distanza di sicurezza) un Paese in ostaggio di una logorante incertezza economica e politica? Bortoli e Mari si scambiano uno sguardo d’intesa. «È la stessa domanda che abbiamo rivolto a Enzo Madrigali, direttore di Democenter Sipe, centro per l’innovazione e il
trasferimento tecnologico di Unimore. Ricevendo la risposta che ci
aspettavamo». Ovvero? Bisogna creare e mantenere un tessuto connettivo capace di valorizzare le ottime competenze presenti sul territorio. Se ne parla ormai da anni e l’impressione è che in proposi-
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Ritratti d’impresa
to qualche passo avanti sia stato fatto. Lo
stesso non si può dire in termini di infrastrutture. Mario Veronesi, padre del biomedicale nostrano, a chi quarant’anni fa
gli chiedeva: “Di che cosa avete bisogno?”,
esprimeva tutta la sua urgenza con una
semplice richiesta: “Dateci le strade”. Oggi
le aziende del distretto, e Fresenius Hemocare Italia non fa eccezione, continuano
a lamentare una carenza endemica di collegamenti, una situazione incredibilmente penalizzante».
Mirandolese doc, laureato in Farmacia,
Mario Veronesi è un’istituzione. Fu lo stesso Veronesi il primo a vendere alle grandi
multinazionali le aziende biomedicali da
lui fondate nella sua città negli anni Sessanta. Un sistema bancario sordo in materia di private equity e venture capital e i
crediti accumulati nei confronti della sanità italiana, già allora incapace di saldare i
conti in tempi accettabili, rendevano infatti
impossibile competere con i colossi del comparto in fatto di ricerca, settore in cui i soldi non bastano mai.
Questa prassi si è poi nel tempo consolidata, e la cessione ai colossi stranieri è assurta a cifra stilistica di un distretto industriale dove il piccolo spesso e volentieri riesce ad avere l’idea vincente e a realizzare un
prodotto altamente concorrenziale, e continua, non senza difficoltà, a convivere con
il grande. Una convivenza resa possibile dai
differenti campi d’azione e che, in potenza,
è il vero asso nella manica di un territorio
che ha visto 50 anni di continuo sviluppo.
«Sempre che al distretto venga data l’opportunità di abbandonare la propria condizione di cittadella nel deserto», ribadisce
Mari, pronto per sua stessa ammissione
«ad andare in pensione» non prima però di
avere visto la «sua» creatura ricollocata
sulle mappe locali: «Dateci la Cispadana».
Invocata a più voci, la costruzione della
Cispadana, 67 chilometri di autostrada
regionale con quattro uscite di cui due nell’Area Nord modenese, garantirebbero una
migliore circolazione di materiali e risorse
umane. Ma, senza contare quelli già alle spalle, gli anni continano a passare e i tempi non
sembrano mai abbastanza maturi.
•
Notizie Due
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