“Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) art.1 comma 2, DCB Milano”
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ANNO LXXXV - 2014
APRILE - SETTEMBRE
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ARTE CRISTIANA
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ANNO CII
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DIBATTITO SULL’ARCHITETTURA POSTCONCILIARE
CRISI DELL’IDENTITA’ NELL’ARCHITETTURA, OGGI
SETTEMBRE
OTTOBRE
2014
UN INEDITO PER LA SCOMPARSA PALA D’ALTARE DI ALBERTI
I SETTE ANGELI DELL’APOCALISSE
Scuola Beato Angelico
Viale S. Gimignano, 19
20146 Milano
LA MATEMATICA IN SANTA SOFIA
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dell’
L’AMICO
ARTE
CRISTIANA
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RIVISTA TRIMESTRALE DELLA “SCUOLA BEATO ANGELICO”
PER LA CULTURA E LA FORMAZIONE ESTETICA DELL’ANIMA
“Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003
(conv.in L. 27/02/2004) art.1 comma 2 DCB Milano”. Direzione Ammin. Scuola Beato
Angelico Viale S.Gimignano, 19 - 20146 Milano tel. 02/48302854 - fax 02/48301954
email [email protected] - www.scuolabeatoangelico.it - Autorizzazione del Tribunale
di Milano n.484 del 14/09/1948. Con approvazione ecclesiastica.
Direttore Dr. Arch. Valerio Vigorelli. c/c postale N. 15690209. “ISDN. 0003-1747”.
cronaca
A DON VINCENZO IL PREMIO ROSA CAMUNA DELLA REGIONE LOMBARDIA
ARTISTI IN FESTA - 18 FEBBRAIO 2014
47
NEL 30° ANNIVERSARIO DELLA MEMORIA LITURGICA DEL BEATO ANGELICO
Omelia del Card. C. M. Martini
52
DON PETER S. INGLOTT E LA BEATO ANGELICO
nella prima biografia
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carisma
DAI NOSTRI LABORATORI - INSERTO
ALLA RICERCA DELLA PROPRIA VOCAZIONE
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ex-alunni
PANE DAL CIELO - un film di Giovanni Bedeschi
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arsa
LE “ARTI LITURGICHE” PER IL POPOLO DI DIO
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PAOLO VI VERSO GLI ALTARI
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Per allargare la cerchia degli amici senza aumentare le spese L’Amico dell’arte cristiana, torna al formato più economico e nello stesso tempo si rinnova nella sua veste grafica grazie alla collaborazione congli Amici dell’associazione ALBA. Siamo sempre grati a quanti sostengono con le loro offerte
questo periodico inviato gratuitamente a quanti conosciamo o ce lo richiedono.
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notizie
PAOLO VI
VERSO GLI ALTARI
19 OTTOBRE 2014
PAOLO SESTO BENEDICENTE.
MITRIA CON I QUATTRO SANTI EVANGELISTI,
REALIZZATA DALLA SCUOLA BEATO ANGELICO,
MILANO NELLO STILE SOBRIO ED ESSENZIALE
Grati al Signore per il dono del nuovo prossimo
beato, anche da noi conosciuto e amato, proponiamo lo stralcio di un suo messaggio indirizzato alla nostra Famiglia e Scuola, Beato An-gelico, ma ancora tutto da attuare e validissimo per
gli artisti di ogni arte e soprattutto per quanti
amano il decoro della Casa di Dio e operano nel
campo dell’arte per la Liturgia.
“Vogliamo dire: inserite la vostra arte, l’opera
vostra, l’oblazione del vostro genio e del vostro
lavoro nel grande ciclo della preghiera della
Chiesa, nella sacra Liturgia; entrate nello spirito e nelle finalità della solenne Costituzione
conciliare che la riguarda; troverete un posto
che vi impegna a fondo e che esalta, accanto a
quello del sacerdote e a vantaggio di tutto il
Popolo di Dio, il vostro regale servizio”.
Dal DISCORSO DI PAOLO VI
Alla Scuola d’Arte Cristiana "BEATO ANGELICO" Milano, Sabato, 20 febbraio 1965
CHE LUI PREFERIVA
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Dai nostri laboratori
Illustrazioni dei libri liturgici
ambrosiani e altre
Recenti pubblicazioni di nuovi libri
liturgici, resi necessari dalla riforma
del Concilio Vaticano II, hanno rinnovato l’interesse e la creatività a riguardo della “miniatura” che da sempre
accompagna i sacri testi delle “rubriche” e della letteratura che guida le
celebrazioni del popolo di Dio, pur
riservate ai suoi sacri ministri ed ai
suoi ministranti.
Si sa come in passato tali edizioni,
specie prima della invenzione della
stampa, abbiano interessato in particolare le costose e rare “Bibbie dei ricchi”, ispirando non di rado le corrispondenti “Bibbie dei poveri” dipinte
sulle pareti affrescate delle chiese sia
per lettori che per analfabeti di qualunque ceto.
Nell’evolversi dei tempi il rapporto si
venne rovesciando, facendo dipendere le opere stampate all’evolversi delle
scuole e delle personalità eminenti del
mondo artistico culturale di ogni epoca
e specialmente ai nostri giorni.
In questi ultimi sono comparsi due
nuovi aspetti: da una parte l’abbandono della coerenza e unità artistico-stilistica delle antiche edizioni, dall’altra
la dipendenza da un gusto elitario,
avanguardistico, e di forzata “contemporaneità”, grazie anche alla quasi
effimera durata degli stessi testi,
soprattutto scritturali. Sono infatti comparse le titolazioni: “nuovo messale”,
“nuovo lezionario” e così via, dimenticando che il termine nuovo è il più effimero di tutte le invenzioni umane: ciò
che oggi è nuovo non lo sarà inesora-
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bilmente domani, quando la data di
nascita sarà il solo riferimento adeguato.
E’ questo il motivo per cui riteniamo
utile aggiornare la memoria sui contributi che direttamente o indirettamente
la nostra scuola ha concorso ad esprimere nelle sue creazioni, le caratteristiche proprie di un linguaggio intento
ad esprimere e nel contempo servire
quella spiritualità popolare, cui ben si
riferisce, ed ampiamente, la Evangelii
Gaudium di Papa Francesco.
Popolare e cioè: 1º di continuità poi-
Diamo in queste pagine un breve
assortimento di quanto nei vari campi
il nostro laboratorio di disegno creativo ha prodotto dal 1936 con l’illustrazione del Messale Ambrosiano ad
opera di A. Martinotti (a) e dei
Vesperali e Antifonali a firma di G.
Garavaglia (b) pubblicati dal Beato
Cardinal Schuster fino ai disegni elaborati dal “Gruppo di ricerca liturgico
artistica della Scuola Beato Angelico”
(c) peri il Pontificale Romano (d) ed
infine per particolari eventi religiosi (e).
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ché il popolo di Dio è fondamentalmente, quale corpo mistico di Cristo,
lo stesso ieri, oggi e domani; 2º l’anonimato, nel senso di un linguaggio non
particolarmente contrassegnato da
una personalità autonoma, anche se
esplicitamente firmato, ma tale perché
legato alla caratteristica: 3º della facile
comprensibilità del contenuto e riconoscibilità dei caratteri espressivi,
nonché 4º del ricorso ai simboli uni-
versalmente propri dell’iconografia cristiana, quali il monogramma di Cristo,
il pesce, il pane eucaristico ecc.
Si tratta di un corpus relativo ad un
periodo abbastanza ristretto di nostri
artisti grafici, sia individuali che di
gruppo, dei quali appunto vogliamo
sottolineare quelli elaborati nello svolgimento delle esercitazioni accademiche della “scuola” del Beato Angelico
nello scorso secolo XX.
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cronaca
notizie
A Don Vincenzo
Il premio
Rosa Camuna
2014
Per l’impegno, l’operosità, la creatività e
l’ingegno di coloro che si siano particolarmente distinti nel contribuire allo sviluppo sociale culturale e sportivo della
Lombardia al sacerdote Don Vincenzo
Gatti direttore emerito della Scuola
Beato Angelico, fondatore degli “Amici
di San Pietro al Monte” di Civate, annoverato dunque tra le “eccellenze lombarde” dell’anno.
DAL GOVERNO DELLA
REGIONE LOMBARDIA
IL MASSIMO
RICONOSCIMENTO
Siamo orgogliosi di questo alto riconoscimento che premia il lavoro appassionato e prezioso speso dal nostro
confratello in continuità con quello che,
dagli anni ’20 alla sua morte, aveva
impegnato anche durante la guerra il
nostro fondatore mons. Giuseppe
Polvara, della messa in sicurezza, con
recupero di materiale disperso e la parziale ricostruzione, in particolare del
singolare portico semianulare dell’antica basilica lombarda.
Nella giornata festosa che ha celebrato sul luogo l’evento, grazie al servizio
di un elicottero, abbiamo avuto la gradita possibilità di rivisitare questo complesso, che tanta parte ha avuto anche
nella nostra formazione artistica e spirituale e di contemplare lo stato meraviglioso in cui esso è tenuto dagli “amici”, ai quali va la nostra entusiastica
gratitudine: certamente il premio è
riconoscimento anche alla loro associazione.
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cronaca
ARTISTI IN FESTA
18 FEBBRAIO 2014
MONS. ERMINIO DE SCALZI
e la direttrice del coro Prof. Silvia
Fumagalli
Con il ringraziamento finale Don
Valerio ha invitato i presenti ad una
piccola agape fraterna nel salone sottostante la chiesa dove gli Amici dell’
Associazione ALBA ci hanno illustrano
il cammino percorso insieme alla
Famiglia, le iniziative vissute e le prospettive che ci attendono. Con l’occasione, sono state raccolte nuove adesioni all’Associazione. Ringraziando il
Signore per questo tratto di strada, ci
auguriamo che tutto prosegua per un
ulteriore consolidamento di un’amicizia feconda e costruttiva per la Sua
Gloria per la Bellezza della Chiesa e il
bene spirituale degli artisti. Affidiamo
all’intercessione del Beato Angelico
anche il nostro cammino e quello di
quanti con noi si fanno compagni di
viaggio, per individuare vie nuove di
esprimere la fede in Cristo e nel Suo
Anche quest’anno, presso la nostra
sede, artisti di ogni arte, amanti del bello, amici, ex-allievi, collaboratori, sono
stati convocati dal Signore a festeggiare
il loro Patrono partecipando alla solenne
celebrazione liturgica che di lui fa pubblica memoria.
La celebrazione è stata presieduta da
Sua Eccellenza Mons. Erminio De
Scalzi – Vicario Episcopale della
Diocesi. Insieme a lui, oltre Mons.Valerio
Vigorelli, nostro confratello, hanno concelebrato: Mons. Ambrogio Piantanida,
Padre Diego Arfani Oblato (Vicario) di
S.Celso, Don Renzo Vanoi (Istituto Don
Orione), P. Mariano Ceresoli TOR; P.
Juan Gerard MSPS, P. Dino Franchetto
OFC, don Cesare Pavesi, Mons.
Domenico Sguaitamatti, Padre Ercole e
don Andrea Perego. Sull’invito di quest’ultimo, hanno contribuito all’animazione liturgica, Prof. Marcello Rosa, all’organo, Prof. Donatella Colombo, al violino
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UN MOMENTO DELLA CELEBRAZIONE
parole tratte dal discorso della montagna: “Risplenda la vostra luce davanti
agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro
Padre che è nei cieli”.
Le opere buone di fra Giovanni da
Fiesole sono certamente le virtù della
sua vita, ma opere buone sono anche le
pitture, le miniature, le tempere su tavola, gli affreschi che in gran numero ci ha
lasciato.
L’arte è dono di Dio e Dio elargisce, a
volte doni di intelligenza e di talento artistico anche a persone lontane dalla
fede, sollecitandole però a corrispondere alla sua Grazia, portandole alle soglie
del Mistero.
Ma ci sono artisti – e il Beato Angelico
è tra questi – le cui opere si ispirano ad
un loro stato di grazia e in un abbandono di fede al Signore, dove insieme ai
doni naturali, la loro arte si confonde con
la santità della vita.
E questo inconfondibilmente traspare: nel Beato Angelico. l’arte racconta la
vangelo, con la preghiera vissuta e
rappresentata.
Vi offriamo in seguito il messaggio di
luce e di speranza che Mons. Erminio ha
rivolto alla Famiglia e all’intera l’assemblea.
Omelia di Mons. E.De Scalzi
Celebriamo questa sera la memoria
del Beato Giovanni da Fiesole, uomo
santo e insigne maestro d’arte, soprannominato “Beato Angelico”, nel giorno
della sua nascita al cielo avvenuta il 18
Febbraio 1455.
La Famiglia Beato Angelico che da
Lui prende il nome, lo venera come
patrono, ricordandolo nella sua duplice
veste di Santo e di artista.
Le sue virtù di sacerdote e religioso
domenicano si confondono con La sua
arte concentrata nella meditazione dei
misteri di Cristo, dei santi, ed in particolare della Vergine Maria.
La Liturgia in suo onore riporta queste
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L’INCENSAZIONE DELL’ALTARE
“l’ indicibile”, senza ridurne il Mistero.
Un prefazio della liturgia ci fa chiedere al Signore che mediante lo sguardo
delle cose visibili siamo rapiti alla bellezza delle cose invisibili.
Occorre che la bellezza ritorni nella
creazione, sui nostri volti, nelle nostre
case, nelle nostre città, nelle nostre chiese: qui soprattutto deve ritornare la bellezza dell’arte, la bellezza della liturgia,
la bellezza della musica.
Penso sia necessaria una certa autocritica da parte della comunità cristiane
per carenza di sensibilità artistica e per
la ricerca e valorizzazione di una vera e
propria arte sacra.
La Chiesa è stata per molti secoli il
principale committente di arte e di architettura, lasciandoci un patrimonio unico
al mondo e nella storia.
Mondo ecclesiale e mondo artistico
devono ritornare a dialogare. In una cultura dell’immagine e in un momento di
profonda secolarizzazione il linguaggio
della bellezza, messo a servizio della
fede, è ancora capace di raggiungere al
sua fede e la sua fede spiega l’arte.
Oggi la gente fatica a capire il linguaggio dottrinale, meno ancora quello morale.
Si sorprende ancora però del linguaggio estetico.
Va detto che non è la bellezza ad
averci abbandonato, siamo noi che
spesso non siamo più in grado di
vederla.
Un esempio classico di quanto sto
dicendo è stato S. Agostino: egli chiama
Gesù “bellezza antica e sempre nuova”.
Questa bellezza l’ha attirato a se, suscitando in lui un gusto e un diletto così forte per la sua persona da renderlo capace di vincere tutte le resistenze contrarie
che l’avevano sempre affascinato.
Nel tempo del disincanto e della
ragione debole, sospettosa nei confronti
di tutti gli orizzonti globali di senso, la
bellezza può offrirsi come via di incontro
con ciò per cui valga la pena di vivere e
di dare speranza alla vita.
La bellezza diviene così una singolare via verso il Vangelo di Gesù, per dire
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cronaca
ARTISTI IN FESTA
ancora dare di più alla nostra chiesa
ambrosiana e oltre. E mi sembra doveroso - questa sera - ricordare tutte le persone che hanno dato qualcosa di sé e
molto della loro vita per questa
Istituzione. Facciamo gli auguri per la
sua salute a don Vincenzo e ricordiamo
i defunti don Marco Melzi, fratel Eugenio
e suor Francesca.
Partendo dalle grandi potenzialità
ancora in essere nella Famiglia del
Beato Angelico dobbiamo insieme ricercare le nuove strade nella valorizzazione
del carisma proprio di questa istituzione
e per il suo futuro.
Questo sarà certamente possibile
confidando nel Signore e donando ciascuno il proprio contributo di pensiero,
di azione, di simpatia e di sincera
comunione per vivere bene questo
momento: il Signore ci aiuti in questo
nostro proposito.
cuore l’uomo contemporaneo, quello
pensoso, in cerca di un senso ultimo da
dare alla vita.
La bellezza è un tipo di conoscenza
che impegna i sensi, i sentimenti, ma
non si ferma qui: conoscere la bellezza
ha a che vedere con lo splendore della
verità, per questo la bellezza, ovunque si
trovi, è sempre un annuncio e una manifestazione dello splendore di Dio.
Si colloca dentro queste considerazioni generali, l’impegno concreto della
Famiglia “Beato Angelico” al servizio dell’arte sacra con particolare riferimento
alla Liturgia.
In ogni famiglia, ci sono momenti di
serenità e momenti di difficoltà: la
Famiglia del “Beato Angelico” sta vivendo un momento che richiede un sussulto di responsabilità da parte di tutte le
sue componenti, per un rilancio di una
Istituzione che ha dato molto e che può
UN MOMENTO DELLA CELEBRAZIONE
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cronaca
NEL 30° ANNIVERSARIO
DELLA MEMORIA
LITURGICA DEL BEATO
ANGELICO
P. ANNIGONI
RITRATTO DEL BEATO ANGELICO
L’OMELIA DEL CARDINAL C. M.
MARTINI IN S. MARIA DELLE GRAZIE - 1984
Il 18 febbraio 1984, trent’anni or
sono, Giovanni Paolo II, ormai santo,
si recava nella basilica di S. Maria
sopra Minerva, a Roma, per proclamare Patrono degli artisti Beato Angelico
(Giovanni da Fiesole, 1395 - 1455)
che in quella basilica riposa e del quale, con un breve del 3 ottobre 1982,
aveva concesso il culto liturgico. In
quella stessa occasione ebbe luogo
anche una solenne celebrazione del
Giubileo degli artisti i quali, potevano
trovare nel loro Patrono un valido intercessore e un modello ideale che ha
saputo esprimere con l’arte e con la
vita il mistero di Dio.
Insieme ai padri domenicani, anche
la nostra Famiglia riceve il privilegio di
celebrare pubblicamente la Festa liturgica di oggi.
E’ la prima occasione che mi viene
data come Arcivescovo di Milano di
incontrare tanti artisti insieme.
Ringrazio ciascuno di voi che ha
accolto l’invito a riunirci nella prestigiosa basilica di Santa Maria delle Grazie
e ringrazio tutti coloro che si sono fatti
promotori di questa iniziativa nel giorno in cui, per la prima volta a Milano, si
celebra una Messa in onore del Beato
Giovanni da Fiesole, frate dell’Ordine
Domenicano, già noto col nome di
Beato Angelico.
Non posso rivolgermi a voi senza
fare un doveroso e proficuo richiamo
all’incontro memorabile che il Papa
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UN MOMENTO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN S. MARIA DELLE GRAZIE IN ONORE DEL BEATO ANGELICO, 1984
memorabile discorso pronunciato nella Cappella Sistina e infine che solo
due giorni fa il Santo Padre Giovanni
Paolo II celebrava la prima Messa in
onore del Beato Angelico, esaltando
così in maniera solenne la spiritualità
dell’artista innamorato di Dio e della
bellezza che a lui riconduce.
Perché questa attenzione dei
Sommi Pontefici e del Concilio?
Ognuno dei documenti ricordati è ricco
di risposte.
Mi limiterò a fare soltanto due riferimenti.
Cosi si esprime il Papa nella Lettera
Apostolica
che
concede
ai
Domenicani il culto liturgico del Beato
Angelico: “E’ evidente che Fra
Giovanni, ponendo a servizio dell’arte
i doni privilegiati della sua natura, ha
Giovanni Paolo II – venuto lo scorso
anno a Milano per il 20° Congresso
Eucaristico Nazionale – ebbe la sera
del 21 maggio con la categoria degli
artisti nel teatro della Scala, grande
tempio mondiale della musica che la
nostra città ospita e che una ininterrotta e gloriosa tradizione nobilita.
Con il gesto del pontefice e con la
mia presenza tra voi, vorrei che ciascuno percepisse l’attenzione, la stima, ma soprattutto l’amore che la
Chiesa intera – e non solo quella di
Milano – che io rappresento – ha verso la categoria degli artisti.
Voglio ricordarvi che, nei documenti
del Concilio Vaticano II, c’è un “messaggio agli artisti”, e che soprattutto il
Papa Paolo VI – che fu Arcivescovo di
Milano – stese a voi la mano in un
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cronaca
indirizzare religiosamente la mente
degli uomini a Dio” (S.C. n. 122).
Nel messaggio agli artisti il Santo
Padre dice “Oggi come ieri la Chiesa
ha bisogno di voi”, e da quanto risuonò alla Scala: “Siete voi che col vostro
lavoro date vita alla vita del pensiero”.
Il primo testo riconosce quanta parte gli artisti hanno avuto in passato e
possono ancora avere, per cimentarsi
col sacro cristiano, rivestirlo di forme e
linguaggio che lo comunicano agli
uomini, arricchendo in tal modo le
chiese, il culto e le devozioni; il secondo testo sottolinea quanta parte voi
artisti potete svolgere a favore della
bellezza, e quindi della verità, e quindi
anche della dignità della persona
umana, elevandone il tono con la suggestione delle forme figurative, già spirituali in se stesse quando siano frutto
di sincera e rispettosa ricerca, l’eco di
intense e umane emozioni, la trasfigurazione plastica del reale.
Voi artisti siete un tramite attraverso
il quale il divino parla; la vostra opera
– quando è ascolto di profonde sollecitazioni dello spirito e di attenta lettura
dell’armonia del creato – può aiutare
voi stessi innanzitutto, e poi anche gli
altri uomini, a percepire il mistero e
addirittura la religiosità che si serve di
templi, di immagini, di rappresentazioni per esprimere i suoi richiami e persino i suoi contenuti.
Dico che voi artisti, operatori di bellezza, siete necessari; al mondo, ma
anche alla funzione della Chiesa di portare gli uomini sull’orlo di Dio, di farne
sentire il fascino, di farne gustare le
parole, i gesti da lui stesso offertici e
procurato e tuttora procura un’immensa utilità spirituale e pastorale al popolo di Dio, facilitandolo nel cammino
verso Dio”.
A questa fine è ordinata l’arte sacra
stando al Concilio Vaticano II, nella cui
costituzione sulla Sacra Liturgia leggiamo: “Fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono, con pieno diritto,
annoverate le arti liberali, soprattutto
l’arte religiosa e il suo vertice, l’arte
sacra. Esse, per loro natura, hanno
relazione con l’infinita bellezza divina
che deve essere in qualche modo
espressa dalle opere dell’uomo, e sono
tanto più orientate a Dio e all’aumento
della sua lode e della sua gloria, in
quanto nessun altro fine è stato loro
assegnato se non di contribuire nel
modo più efficace, con le loro opere, a
CARD. C. M. MARTINI SALUTA RELIGIOSI DOMENICANI
E SACERDOTI DELLA FAMIGLIA BEATO ANGELICO
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cronaca
30° ANNIVERSARIO
con i quali vuole raggiungerci, farci scoprire il suo volto, la sua identità.
La vostra continua tensione alla bellezza, l’infaticabile e non mai sazia imitazione che ne fate, l’ansia di capirne
qualche segreto e di fissarne qualche
intuizione vi rende particolarmente
vicini a coloro che, come me, del
sacro, dell’ineffabile, dell’invisibile, dell’assoluto devono essere annunciatori,
predicatori, testimoni: per dire che l’ineffabile ha preso nome e volto nella
storia, ha detto parole, ha compito
gesti, ha sentimenti e desideri verso
gli uomini suoi interlocutori; si è manifestato in Gesù Cristo e nel suo
comandamento di amore, nella sua
Pasqua piena di misericordia e di vita.
Questo io vado ricordando ogni
giorno agli abitanti di questa città e
diocesi di Milano.
E queste ineffabili certezze le
annuncio anche a voi, perché conoscendole meglio ne abbiate accresciuto il gusto, il desiderio, l’orgoglio di rappresentarle, rivestendo la Verità del
linguaggio della Bellezza, che è poi la
mediazione più consona al sacro cristiano per renderlo intellegibile a
chiunque lo guardi.
Siate pertanto creatori, – vivaci,
intuitivi, fervidi, audaci perfino – e non
staccate la vostra sensibilità e la
vostra arte dal ricco e fecondo tema
cristiano.
Anzi ritornate al soggetto sacro cristiano, ai suoi antichi e sempre nuovi
contenuti; lasciatevi cogliere dalla sua
profondità, dall’ammirato stupore che
può affacciarsi al cuore di ogni uomo
quando pensa a quello che Dio ha fat-
to per tutti.
Andate alla Sacra Scrittura che,
come ha ricordato il Papa nella omelia
della Festa di Fra Giovanni da Fiesole,
“è stata la fonte principale d’ispirazione” e continuava: “La soprannaturale
creatività della Grazia di Dio trova a
sua volta il proprio riflesso nell’agire
dell’uomo. E se quell’uomo è un’artista, anche nel suo operare artistico.
Nella sua creatività.
Questa verità trova espressione
anche nell’odierno Vangelo, secondo
Matteo. Cristo dice “Così risplenda la
vostra luce davanti agli uomini, perché
vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei
cieli” (Mt 5, 16).
Cristo parla della luce delle opere
buone. Andando oltre – nella sfera della vocazione artistica – si potrebbe
parlare con buona ragione della ‘luce
delle opere umane’.
Questa luce è la bellezza; la bellezza infatti, come lo ‘splendore della forma’, è una luce particolare del bene
contenuto nelle opere dell’uomo artista”.
Solo un’assorta attenzione al mistero saprà dare forti emozioni che,
mediate dal linguaggio della bellezza,
dalle tecniche che le forme, i colori, la
composizione possono suggerire e di
cui voi siete conoscitori e artefici, fissano nel tempo l’eterno dialogo di Dio
con l’uomo. Ritornate al tema sacro
cristiano con tutte le vostre qualità
umane e artistiche, ma rispettare
anche le sue esigenze, le sue intrinseche connessioni, le sue discrete,
eppure imprescindibili qualità.
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cronaca
Perciò vi esorto a conoscere di più
per meglio capire, per meglio contemplare, mediare e rappresentare.
Diventerete più capaci di comunicare quanto più si uniscono in voi – l’intuizione artistica, la sensibilità dell’uomo d’oggi, le eterne esigenze del
sacro, le perenni connotazioni del fatto
cristiano.
L’arte – lo insegnate voi a me – è
una ricerca, un anelito, una laboriosa
trasformazione, che mette in causa
l’uomo e le sue capacità per leggere
ed esprimere la bellezza.
La bellezza è una realtà, una presenza, una proiezione insita e necessaria della creazione.
E’ anche una necessità della vita e
dell’uomo quando l’una e l’altro – sottratti ai bisogni primari e urgenti della
sopravvivenza – cominciano quello
stadio disteso e contemplativo che ci
porta a cogliere le connessioni, le
armonie, le emozioni che ci sono nelle
cose e ad esprimerle, imitandole o
addirittura creandone di nuove.
Si, la bellezza può essere oggetto di
una esperienza particolare, e a farla
sono per lo più gli artisti; come il bene
è oggetto di un impegno sempre più
generoso e a perseguirlo in maniera
sempre più perfetta ed eroica sono i
santi.
Il massimo di bene, di bello, di buono è l’assoluto Dio.
A voi artisti delle arti figurative – che
avete nel Beato Angelico un maestro e
d’ora in poi anche un protettore – sono
dati la capacità e il compito di esprimere “il visibile dall’invisibile, di con-
sentire al mistero di farsi immagine”.
“Esiste ancora, anche in questo
nostro arido mondo secolarizzato una
capacità prodigiosa di esprimere, oltre
l’umano autentico, il religioso, il divino,
il cristiano” affermava con sicurezza
Paolo VI. La rappresentazione del
sacro cristiano è una forma di auto
comprensione della fede.
Il rifiuto dell’immagine non è sempre
un rispetto del sacro, più spesso è
oggi un impoverimento dell’attesa di
quella apertura che continuamente
espone l’uomo all’iniziativa di Dio; il
quadro, la scrittura, e ogni altra modalità di rappresentazione del sacro,
registrano l’eterno che tocca il tempo,
sono modi di ricerca e di dialogo con
l’assoluto e con l’infinito.
Alle parole di Paolo VI mi piace
aggiungere queste altre di Pavel
Nikolaevic Evdokimov, un moderno e
profondo indagatore della bellezza:
“Nella Bibbia la parola e l’immagine
dialogano, si chiamano l’una l’altra,
esprimono gli aspetti complementari
della medesima e unica Rivelazione”;
ed anche queste di Dostojevski: “La
bellezza salverà il mondo”.
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cronaca
DON PETER
S. INGLOTT E LA
BEATO ANGELICO
NELLA PRIMA BIOGRAFIA
A cura di Charles G. Vella1
A cura di Charles G. Vella1
Qualcuno si potrebbe chiedere :
- Che ci fa un’arlecchino dietro le
spalle di questa persona?
Ci risponde l’autore del presente
articolo:
- Don Peter era sempre appassionato a fare il Clown e oltre a parlare di
questo suo desiderio, alle volte lo si
sentiva dire: “davanti alcune realtà della vita meglio fare il Clown”.
- Il titolo originale di questa poderosa biografia, da dove lei ci offre quanto
si riferisce al rapporto di don Peter con
la Famiglia Beato Angelico, si apre con
una sorte di soprannome: PSI
Kingmaker Il suo significato deve racchiudere qualche altra caratteristica
della personalità di don Peter. Quale?
- Peter era come il Re che creò tante persone in varie posizioni della vita.
Come sempre, c’era chi fosse contento e chi, invece, restava deluso.
Il titolo è difficile da tradurre. Ma ho
LA COPERTINA DEL LIBRO BIOGRAFICO
SU DON PETER, DI DANIEL MASSA
cercato di spiegare cosa significa alla
fine del mio modesto articolo.
Ascoltiamolo:
Sarebbe un compito arduo recensire
interamente il libro del maltese prof.
Daniel Massa. Prima di tutto perché
conoscevo molto bene da vicino, a
Malta e a Milano, il prof. Don Peter
Serracino Inglott, un caro amico, e perché abbiamo lavorato insieme per realizzare un ospedale “San Raffaele” a
Malta e in seno al Cana Movement, da
me fondato per le famiglie.
Poi anche perché il volume di Massa
copre tutti gli aspetti della personalità
di don Peter: come sacerdote, profes57
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cronaca
sore di filosofia e rettore dell’Università
di Malta, consulente del Primo Ministro
Avv. Eddie Fenech Adami ed infine, per
un certo tempo, membro della Famiglia
dell’ Istituto “Beato Angelico”, di essa
tentò anche di fondare una filiale a
Tarxien, dove Mons. V. Vigorelli costruì
la bella chiesa nel campo santo in cui
Don Peter è sepolto, morto all’età di 77
anni, il 16 Marzo 2012.
E’ quasi impossibile recensire questo volume di pagine 908, che spazia
dall’adolescenza, cioè ai tempi del
seminario, a quelli di studente ad
Oxford e alla Sorbonne, e quindi a
Malta nel campo filosofico, politico,
sociale e culturale.
Molto ancora più difficile valutare l’opera di don Peter oltre Malta, nelle
Nazioni Unite per la “Pacem in
Maribus”, nell’UNESCO dove era unico
sacerdote, per la preparazione della
“Carta Europea”.
Mi limito quindi a riferire di don Peter
e dei suoi legami con l’istituto “Beato
Angelico”, in quanto uomo eclettico ed
eccellente in ogni campo. Forse in un
altro paese, al di fuori Malta, avrebbe
lasciato un “imprint” internazionale.
Nella presente biografia Daniele
Massa racconta tutta la vita di don
Peter, con un vasto e dettagliato tracciato della sua esistenza, pur lasciando un po’ confusi perché a volte sembra alternare biografia e autobiografia.
In un volume di così larga ampiezza
alcuni errori sarebbero stati evitati con
più interviste, confronti e “cross checking” come nel caso dell’operazione
cardiologica che, grazie ai cardiologi
dell’ospedale San Raffaele di Milano,
ha prolungato la vita di don Peter per
più di un decennio.
Conoscendo da esterno l’istituto
“Beato Angelico”, ho letto con una certa delusione quanto riferito a livello personale e psicologico sul tentativo della
fondazione maltese, nell’apposito capitolo che merita una traduzione in italiano, che non è qui mio compito.
Don Peter, dopo anni di studio a
Malta, Oxford, Sorbonne e a Milano
nella facoltà teologica, venne ordinato
sacerdote a Milano dal Card. Giovanni
Battista Montini nel 1962, presentato
dall’istituto “Beato Angelico”.Da qui
nasce il suo legame spirituale e artistico con Mons. Valerio Vigorelli, con Don
Marco Melzi e le Suore, tra cui la
Madre Piera Salina. Massa racconta
che don Peter fu accolto nella comunità “with open arms” (a braccia aperte).
Divenne membro dell’”istituto” e cominciò il suo apostolato nel campo dell’arte e della cultura.
Il bagaglio di Serracino Inglott era ricco di contatti internazionali e di studi filosofici (particolarmente su Wittgenstein)
come nel campo dell’arte, avendo visitato e studiato tantissimi capolavori
durante la sua permanenza alla
Sorbonne, ad Oxford e in tante altre città europee. Era innamorato della
Trasfigurazione di Raffaello così da
affermare: Ho sempre sentito che il
momento del mio incontro con Cristo
fu la trasfigurazione.
Nel 1960, scrive Massa, don Peter
credette che la comunità “Beato
Angelico” fosse esattamente quello
che cercava. Quanto l’ha frenato fu
prima di tutto, a richiesta dell’arcive(segue a pag. 63)
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cronaca
DON PETER INGLOTT
scovo Gonzi di ritornare a Malta, e
perché nella “Beato Angelico” si insisteva che tutto dovesse essere orientato verso l’arte liturgica, come egli
stesso scrive: “la ragione per cui mi
sono tirato indietro nel seguire il mio
istinto di entrare nella comunità era “il
senso di chiusura”.
Non essendo, scrive Massa, ne
musicista, pittore o scultore egli sentiva
che il suo ruolo al “Beato Angelico”
sarebbe stato limitato magari a insegnare la storia dell’arte”. Era inoltre
affascinato dall’uso dei mezzi di comunicazione
nella
liturgia…mentre
l’Istituto “Beato Angelico” non era
orientato a dare il “training” necessario.
Le idee di don Peter, come utilizzare
la proiezione di filmati durante la liturgia, erano viste con una certa riserva.
Per la realizzazione di queste idee aveva bisogno dell’appoggio di don Valerio
Vigorelli, che come architetto avrebbe
dovuto incoraggiare i parroci ad adeguarsi per avere queste proiezioni
durante la celebrazione (così l’autore).
Don Peter nel 1997 scrisse di essersi reso conto che allora non era possibile elaborare una rivoluzione elettronica dentro la comunità “Beato
Angelico”. Doveva cercare altrove e
così non rimase membro dopo la prima esperienza nel 1960”.
La seconda esperienza di don Peter
al “Beato Angelico” risale ad un
momento politico assai turbolento e
violento a Malta, sotto il governo del
premier Dom Mintoff. Nonostante i sentimenti verso il sociale (come Mintoff fu
“Rhodes Scholar” ad Oxford) Peter fu
“certo di non poterlo mai appoggiare in
politica”.
Forse sull’esempio del sottoscritto
che lasciò Malta per Milano nel 1974,
don Peter presentò le sue dimissioni
da professore di filosofia all’Università
di Malta, e cercò rifugio presso il
“Beato Angelico”. Annotò infatti:
“Quando venni nel 1978, durante la
Settimana Santa, divenni novizio della
Comunità. Ho preso i voti di povertà,
castità e ubbidienza per un anno”.
Come Comunità Diocesana e secondo
il Diritto Canonico, tali voti non com-
ANNI ’60 - SULLO SFONDO UNA TAVOLA
DEL MAESTRO BERGAGNA
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DON PETER NEL GIORNO DELL’ORDINAZIONE SACERDOTALE NEL 1962.
DA SINISTRA DON VALERIO, UN PADRE BENEDETTINO, DON PETER, MADRE PIERA SALINA, SR. MARIA
a Malta non era facile data la mentalità
culturale religiosa per cui una
Comunità mista era allora prematura.
Come idealista don Peter credette di
poter superare tutti i problemi. Ne
abbiamo spesso discusso insieme per
la mia esperienza nella fondazione di
“Cana Movement” nel lontano 1950 per
la preparazione al matrimonio.
Grazie al “Beato Angelico” don
Peter fece una prima esperienza
anche in Burundi; con don Vincenzo
Gatti vi si recò presso l’Istituto
Tecnico Secondario d’Arte fondato
dai volontari “Beato Angelico” nel
1964. Massa narra anche di questa
esperienza.
All’Istituto “Beato Angelico” don
Vigorelli sperava di offrire a don Peter
un ‘nascondiglio’ piuttosto comodo per
scrivere il suo ‘magnum opus’ sull’amore e l’esistenza di Dio. In quel periodo
don Peter sembrava che fosse felice al
“Beato Angelico”, ma come scrisse
don Vigorelli, ne soffriva la esclusività
di orientamento, tanto che descrisse
portavano la perpetuità.
Sembra che i dubbi di una volta fossero eclissati, dato che don Peter si
inserì subito nell’Istituto “Beato
Angelico” insegnando Iconografia
Cristiana e divenendo uno dei principali redattori della rivista “Arte Cristiana”.
Ivi scrisse regolarmente molti articoli
sull’arte e sulla relativa formazione del
clero2.
Nel tempo libero visitò mostre e luoghi d’arte e frequentò concerti alla
Scala.
Il Massa narra dettagliatamente l’attività di don Peter mentre meditava “il
sogno” di fondare una specie di filiale
dell’Istituto “Beato Angelico” a Tarxien
ed afferma che, secondo don Vigorelli,
don Peter era Persona molto geniale.
Geniale, intellettuale, molto intellettuale…assolutamente ‘top class’, brillante,
con cui abbiamo lavorato tanto insieme. Alle volte nel suo abbigliamento
era ‘casual’, ma mai tale nelle materie
spirituali.
Certamente realizzare il suo “sogno”
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cronaca
don Peter come un transatlantico chiuso nel Canale di Suez.
Questo, penso che avesse le sue
radici nella nostalgia per Malta, ove
appunto contava di fondare come si è
detto una filiale con tre signorine, tra le
quali la dinamica Gemma Cachia, una
volta “leader” della JOC maltese. La
Cachia divenne la responsabile e con il
tempo assunse il ruolo centrale di un
alter ego di don Peter, che credette che
senza del di lei appoggio il progetto
non poteva decollare a Tarxien.
A mio avviso l’idea di un “Beato
Angelico” a Tarxien non si materializzò,
perché di ritorno a Malta don Peter fu
subito assorbito da mille attività. Con il
tempo assunse un potere tale nel campo accademico, che fu eletto Rettore
dell’Università di Malta, consulente politico del primo ministro Feneck Adami e
del partito, presidente del “Commonwealth Universities”, del “International
Ocean Institute”, Chairman del “Commonwealth Science Council”, consulente dell’UNESCO e del Consiglio per la
formulazione della “Carta Europea”.
Era molto disponibile per le sue
idee, benché poco pragmatico, come
ho visto con il governo di Malta, quan-
do divenne membro di una commissione per la fondazione del citato ospedale San Raffaele. Massa lo descrive
infatti come “the most intelligent person” nel mediterraneo.
Tutti questi impegni chiedevano
spesso viaggi in Europa e oltre oceano, tanto che Gemma Cachia e i le due
compagne, lamentavano che don
Peter non dedicasse abbastanza tempo al progetto del “Beato Angelico” a
Malta. Ci credo, perché era “A man for
all Seasons” (uomo per tutte le stagioni) ed infine l’impegno politico divenne
primario nella sua agenda. Scrisse
persino il manifesto politico per l’elezione del partito nazionalista di Feneck
Adami, col quale vinse le elezioni.
In conclusione un commento sul
titolo del volume di Massa “PSI KINGMAKER”; da alcuni, i beneficiari, visto
positivamente, da altri assai meno,
perché forse non accontentati nelle
loro aspirazioni.
L’autore ha comunque reso un meritato omaggio al prof. Don Peter
Serracino Inglott, di cui illustra la trasparente umanità, la saggezza e l’amore verso tutti, emanante da un cuore sacerdotale.
DANIEL MASSA PSI Kingmaker. Life, thought
and adventures of Peter Serracino Inglott, pp.
908, cm. 15x24, Progress Press, Malta, 2013.
tra l’altro, per le Edizioni Paoline la guida: L’etica, a
servizio della persona malata; esperienze e riflessioni maturate al San Raffaele di Milano, con prefazione di Enzo Bianchi.
(1) Monsignor Charles Vella, fondatore del
Cana Movement, prima proposta di quelli che furono I consultori familiari, di cui fu pioniere per diversi paesi del mondo. Collaborò con Don Luigi Verzè
nella pastorale dell’ospedale milanese e pubblicò,
(2) La bibliografia degli scritti di don Peter su
“Arte Cristiana” come su “L’Amico dell’Arte
Cristiana” fu pubblicata in questo stesso periodico
nel 2012 a p. 23 e seguenti
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carisma
ALLA RICERCA
DELLA PROPRIA
VOCAZIONE
A cura di Don Valerio
Ciò comporta le tre dimensioni specifiche del vero amore: gratuità, servizio, sacrificio. Tre dimensioni interdipendenti che non possono fare a meno
l’una dell’altra e che ci proponiamo di
esaminare attentamente.
Hai imparato ad amare?
La domanda rivolta un po’ a chiunque, ma in modo speciale ai giovani in
cerca di un traguardo, o meglio di una
partenza per una vita significativa e
felice, suscita una certa perplessità e
un certo stupore, tanto essa sembra…
magari peregrina.
Eppure, davanti ai tanti fallimenti
matrimoniali ed alla paura di una scelta “per sempre” che sembra caratterizzare le nuove generazioni contemporanee, una simile domanda si impone,
tanto che l’educazione all’amore, come
condizione di piena maturità della persona, appare condizione e programma
indispensabile, tanto che si può affermare: non è mai troppo presto per
educare all’amore.
Ma l’amore cos’è?
BEATO ANGELICO,
L’ANNUNCIAZIONE, PARTICOLARE
Nella piena coscienza di se e dunque dei propri limiti e di conseguenza
nella rinuncia alla pretesa di contestare Dio, è nell’umiltà che si radica l’amore come capacità di fare di se un
dono, nei riguardi di Dio e delle sue
creature conformemente alla loro natura: donarsi perché le creature cui si
rivolge la nostra volontà possano a loro
volta raggiungere la loro perfezione
conformemente al volere di Dio.
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Ovvero il vero amore a quale condizione deve corrispondere?
Gesù ci dice non c’è amore più
grande di quello di chi dà la vita per i
propri amici. Con queste parole profetiche Egli preparava i suoi discepoli a
capire il significato della sua prossima
immolazione sulla croce, verso la quale era ansiosamente incamminato,
come rivela Luca nel suo Vangelo
(9,51).
Su tale affermazione si può connotare il vero amore nelle tre citate caratteristiche utili per un esame personale,
teso a dare risposta alla domanda iniziale: hai imparato ad amare?
E cioè caratteristiche indispensabili
ed esauriente dell’amore sono appunto gratuità, servizio, sacrificio.
FORD MADOX BROWN, GESÙ LAVA I PIEDI A PIETRO
Anche i “pagani” possono fare del
bene per interesse, in vista di un vantaggio personale: nei casi migliori,
almeno per sentirsi in qualche modo
virtuosi: la filantropia, l’amore di patria
ecc. possono anche arrivare al dono
della vita, … tale è il gesto del kamikaze che si uccide per uccidere, sicuro di
essere ripagato in qualche modo
secondo una fede religiosa.
La gratuità
La prima condizione dell’amore
insegnato da Gesù è la gratuità, che
nel Vangelo è espressa in forma lievemente polemica: se saluti chi ti saluta,
se fai del bene a chi te lo può ricambiare che merito ne hai? Anche i
“pagani” (o gli egoisti) fanno questo!
Se fai del bene a chi te lo ricambierà hai già ricevuto una tua ricompensa.
In verità la carità più gratuita, immaginabile, non può per noi mai esistere
senza la ricompensa divina, essendo
infinita la giustizia di Dio; ma altro è la
ricompensa del beneficato di questo
mondo, altro è quella di Dio nell’altra
vita.
In verità la vera e piena gratuità è
possibile solo a Dio: Lui solo non può
ricevere vantaggio per il suo amore
verso di noi, e ben lo sappiamo. Che
anzi! Qualcuno ha detto che nei confronti delle sue creature Dio si è in
qualche modo autolimitato.
Nel romanzo di Eugenio Corti, Il
cavallo rosso, è riportato un dialogo tra
il protagonista e il sacerdote assistente
ai giovani, in cui considerando la decadenza morale del dopoguerra, si ricorda come un tempo i giovani arrivavano,
o cercavano di arrivare, al matrimonio
nel fiore della verginità o della castità.
Ormai la mentalità mondana sembra
aver perso del tutto il senso della gratuità dell’amore, di un fidanzamento,
durante il quale non è regola quel reciproco rispetto che si esplica nella reciproca castità.
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Nel concetto mondano l’amore va di
pari passo col piacere, così il matrimonio non riserva più una “felicità” già
sperimentata e impoverita.
Oggetto dunque dell’amore vero
sono le persone non in grado di contraccambiare e cioè quelle indicate nelle classiche opere di misericordia corporale e spirituale.
ricerca del piacere, della soddisfazione, dell’orgoglio, dell’auto affermazione, quasi imposizione della propria
superiorità nei confronti della persona
amata, nella certezza anzi che senza
Gesù nulla possiamo fare. A conferma
di quanto sopra, ricordiamo gli insegnamenti del Vangelo:
Siate misericordiosi come il Padre
vostro (cfr Lc 6, 27).
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (cfr Mt 10,8)
E se l’hai ricevuto perché te ne glori
come se non l’avessi ricevuto? (cfr 1
Cor 3, 7)
Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente! (cfr Lc 1, 49)
Amate i vostri nemici. (cfr Mt 5, 44)
Perdona loro perché non sanno
quello che fanno. (cfr Lc 23, 34)
Dare da mangiare agli affamati
Dare da bere agli assetati
Vestire gli ignudi
Ospitare i pellegrini
Curare gli infermi
Visitare i carcerati
Seppellire i morti
Consigliare i dubbiosi
Insegnare agli ignoranti
Ammonire i peccatori
Consolare gli afflitti
Perdonare le offese
Sopportare pazientemente le persone moleste
Pregare Dio per i vivi e per i morti
L’atteggiamento di Maria Santissima,
l’Annunziata, paga delle spiegazioni
dell’Arcangelo, non chiede nulla al
Signore, ma a Lui si affida senza riserve: Si faccia di me secondo la tua parola (cfr Lc 1, 38).
Diversamente i discepoli Abbiamo
lasciato tutto, cosa dunque sarà di
noi.(cfr Mt 19, 23)
Nei rapporti umani questa assoluta
disponibilità non deve ne può essere
un’abdicazione della propria dignità e
del proprio io, anche negli affetti umani. La prima e irrinunciabile disponibilità è sempre a Dio che viene a chiedere amore nelle persone da amare
disinteressatamente, il che connota
dunque anche i limiti della gratuità: ciò
che in noi è di Dio, non può essere
oggetto di donazione incondizionata. In
altre parole l’amore non può esigere di
farsi schiavi, ridursi a condizione
Come si vede le opere di misericordia, dal punto di vista temporale, sono
tutte in perdita secca per chi le compie:
è veramente spendere la vita.
La gratuità dell’amore, non esonera,
quando siamo noi a riceverlo, dal dovere di riconoscenza, ma per se riconoscenza comporta una perdita per chi fa
il bene, né è cristiano il sentimento di
eventuale giudizio di autosufficienza,
quasi ritenendosi come Dio nell’esercizio del pieno disinteresse.
Nel nostro esame di coscienza è
importante distinguere le motivazioni
che ci portano ad amare, escludendo il
più possibile la diretta ed esclusiva
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infraumana o antiumana, come nel
caso del kamikaze.
Esistono invece, come si vedrà più
avanti, esigenze di virtù coerenti con la
gratuità come la già ricordata umiltà, la
mitezza, la pazienza, che comunque
fanno parte di quello che indicheremo
come il costo dell’amore, e ciò a suo
luogo.
Il gesto di Gesù, in quel momento,
ha valore profetico in quanto egli si preparava a dare la vita per i suoi amici,
prestando loro un dono immenso come
il perdono, lasciandosi vendere, rinnegare, irridere, offendere, crocifiggere.
Tutto questo esprime il fatto che l’amore pone a servizio della persona
amata. Un atto d’amore giova al bene
della persona amata che l’amante, lungi dal subordinare o sfruttare per il proprio appagamento, pone invece al di
sopra di sé, subordinando il proprio
interesse a quello dell’amato.
Il servizio
E’ il secondo requisito dell’amore.
Così Maria risponde all’Arcangelo:
Sono la serva del Signore. (cfr. Lc 1,
38). Nel gergo comune si intende parlare di servi come di gente meno
importante (salvo nel caso dei “ministri”), quasi di rango inferiore e così
infatti si intende in ogni contesto del
“personale di servizio” ma si tratta di un
atteggiamento ignoto al Vangelo ;
almeno da quando Gesù stesso ha
dichiarato di non essere venuto per
essere servito ma per servire. Difatti
questo verbo “servire” ha due significati quasi antitetici: nell’uno significa
essere utile, addirittura quasi indispensabile, e come tale si applica a chi è
chiamato a governare, dirigere, insegnare. La comunità infatti ha bisogno di
un capo che, quanto più è grande il suo
servizio, tanto più deve essere onorato
ed a lui è doveroso obbedire. In questo
senso il Papa si definisce “servo dei
servi di Dio”.
Nell’altro significato servire significa subordinarsi a chi viene servito,
mettersi al di sotto di lui. Gesù ha
rivoluzionato questi concetti col gesto
di lavare i piedi ai suoi discepoli al
punto di scandalizzare Pietro che in
primo tempo se ne è rifiutato (cfr Gv
13, 1- 15).
Il passaggio dall’autonomia e indipendenza (libertà) a quello di condivisione, che si verifica all’inizio di un rapporto d’amore, diventa rivelatore della
sua autenticità.
Educarsi al servizio, al fare posto
agli altri, ad anteporre il loro bisogno al
proprio interesse ed alla propria autonomia, è un vero termometro di una
capacità di amore.
Ciò vale tanto nel matrimonio che
nella vita consacrata e nel ministero
ordinato.
Un importante esempio evangelico
dopo quello già ricordato da Gesù, è
quello del samaritano della parabola in
cui la misura del servizio si sposa con
quello della gratuità verso il diverso,
l’impossibilità di quello a ricambiare.
Effettivamente anche la gratuità non
basta se l’amore non porta vantaggio
all’amato, per cui la sentenza evangelica recita: non fare agli altri quello che
non vuoi sia fatto a te e viceversa quello che vorresti fosse fatto a te fallo agli
altri e anteponi al tuo il bene degli altri.
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ex-alunni
PANE DAL CIELO
UN FILM
DI GIOVANNI BEDESCHI
UNA SCHERMATA
trama assai accattivante, di questo
suo lavoro, ma noi non vorremmo che
il lettore si contentasse di quella.
Abbiamo sempre ospitato in questa
nostra rubrica notizie sull’attività dei
nostri ex alunni, sia per l’affetto che
non cessa con la loro partenza e il
desiderio di fare conoscere al pubblico
dei nostri amici e lettori, sia per favorire una eventuale reciproca collaborazione tra loro (come a volte è capitato)
quando la loro professionalità può farli
reincontrare, magari per la prima volta,
perché di differenti età della scuola.
Siamo pertanto particolarmente lieti di
presentare con soddisfazione, oggi,
un alunno la cui singolare professione
non ci risulta esercitata da altri, augurandoci di poter offrire in opportuna
occasione quest’opera cinematografica di Giovanni Bedeschi (maturità
19…) che apprezziamo assai. In verità
oltre alle motivazioni del film: Pane dal
cielo, Giovanni ci ha offerto anche la
Le motivazioni
“Pane dal cielo” vuole essere un film
che accende i riflettori sulla vita dei
cosidetti “Senza Dimora” che sopravvivono a Milano.
Ogni giorno che passa è per questa
gente un vero calvario, una vera e propria sofferenza.
L’ispirazione è nata frequentando
l’Opera San Francesco, è otto anni che
faccio il volontario nella mensa dove
nasce la storia del film.
Ho conosciuto tante persone con
storie disgraziate alle spalle che le
hanno portate a perdere la direzione e
l’autosufficienza.
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Ho imparato a regalare loro un sorriso, un semplice “buonasera”, una pacca sulle spalle per fargli capire che non
sono soli.
Ho capito anche che noi siamo loro,
basta veramente poco per trovarsi per
strada.
Papà separati, pensionati con il
minimo della pensione, gente che viene a Milano a cercare fortuna ma poi si
ritrova per strada, imprenditori falliti,
operai senza lavoro perché le fabbriche hanno chiuso, profughi di vari paesi ed etnie.
Potrei scrivere mille casi diversi.
In questi anni ho assimilato tante
emozioni e disperazioni finché parlando con il mio amico autore Sergio
Rodriguez è nata la voglia di dare luce
a questo mondo di sofferenza con una
storia di speranza.
L’idea del bimbo che si vede e non si
vede vuole simbolizzare la realtà dei
disperati che non vogliamo vedere.
Una storia vera senza filtri però con
un percorso di speranza e dignità per-
ché è di questo che i senza dimora
hanno bisogno.
Nel mio cuore voglio anche che il
film produca i suoi utili e che questi
vadano alle associazioni milanesi che
aiutano ogni giorno chi ha bisogno.
come Jovanotti , Baccini e Raf .
All’estero ha diretto diversi spot per paesi
come il Messico, il Medio Oriente, Russia e Stati
Uniti. Nell’aprile 2002, Giovanni ha aperto la sua
casa di produzione Bedeschifilm.
Giovanni Bedeschi è il fondatore e proprietario di Bedeschifilm. Casa di produzione pubblicitaria e cinematografica che opera a Milano.
Nato nel 1961, Giovanni si è diplomato presso l’Istituto d’ Arte Beato Angelico scuola d’arte
sacra a Milano. Nel 1980 ha iniziato la sua carriera nella pubblicità lavorando per diverse
agenzie di Milano come Ata, Bates e Mc Cann.
In 1991 diventano Associate Creative Director in
Saatchi & Saatchi e nello stesso anno ha diretto il suo primo spot per Neutro Roberts, scelto
da Paul Arden per l’ Cannes New Talent
Showcase quell’anno. Nel 1992 ha iniziato la
sua carriera come regista nel NPA poi a New
Partner e infine nel BBE Politecne. Nel 1996 ha
iniziato a free lance a lavorare per clienti come:
CEI, Bayer, Barilla, Binda. Breil, Lovable, Peroni,
Sector, Tissot, Valtur e Wyeth. Allo stesso tempo, ha diretto videoclip per importanti artisti
In Italia, Giovanni ha vinto molti premi, tra
cui: Mezzo Minuto d’Oro, Art Directors Club’,
Key Award e negli Stati Uniti ha vinto il prestigioso Addy Award per Corona Beer.
Giovanni è docente di regia a Milano
all’Accademia di Brera, dove tiene lezioni regolari per gli studenti specializzandi in
Scenografia.
Non in ultimo, vogliamo ricordare che
Giovanni è anche il presidente dell’Associazione
degli Amici della Scuola Beato Angelico, ALBA.
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arsa
LE “ARTI”
LITURGICHE”
PER IL POPOLO
DI DIO
A cura di Don Valerio
L’esortazione apostolica “Evangelii
Gaudium” 1 di Papa Francesco, mi ha
offerto alcuni spunti di riflessione per
quanto riguarda la nostra scelta di
“Arte Sacerdozio”.
Difatti se tale nostra scelta ci pone a
servizio del Popolo di Dio, corpo mistico di Cristo morto e risorto, non possiamo trascurare l’invito del Papa a
prestare attenzione anche a quel “luogo teologico”… che lo spirito Santo
dispiega nella pietà popolare e che i
vescovi latino americani, nel documento di “Aparecida” 2 chiamano anche
“spiritualità popolare” o “mistica popolare”.
Mi domando infatti se, e in che
modo, si manifesta, potrebbe o dovrebbe manifestarsi anche nei linguaggi
visivi che, come sappiamo, hanno nella “liturgia sensibile” 3 una funzione per-
manente se non preponderante.
A proposito della funzione evangelizzatrice il Papa cita come esempio,
sempre da quel documento “Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con se anche i
figli o invitando altre persone, è in se
stesso un atto di evangelizzazione” (n.
124).
Perché non pensare a come, per
tanti secoli specie nei primi tempi il
Popolo di Dio ha costruito, arredato e
decorato i luoghi delle sue riunioni di
culto per la Santa Liturgia?
Nelle chiese d’Oriente, sia l’ortodossa che la cattolica, soprattutto il culto
delle immagini, l’iconografia così ricca,
costituisce l’elemento comune e indicativo sia delle solenni celebrazioni del
clero o dei monaci che della pietà dei
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cipare quell’”ecumenismo alternativo”
di cui scrissi tempo fa, a proposito del
diffondersi anche nelle nostre chiese
delle icone bizantine, benché forse,
meno ancorate alle relative liturgia,
teologia e iconologia.
E’ questo un segno di rinascita,
magari in forma diversa, di quella spiritualità [liturgica?] popolare, fin qui
ridotta agli stereotipi di alcune immagini devote e al culto di quelle figure
segnate da particolari eventi religiosi, e
di cui non si interessa né la storia dell’arte dei manuali, né le indagini degli
studiosi, né l’interesse dei turisti?
La “canonicità”, per così dire, dell’iconografia orientale (alla quale addestrano tante scuole di iconografia
bizantina sorte recentemente tra noi) e
che la nostra modernità sembra rifiuta-
fedeli, non solo nei luoghi di culto, ma
anche nell’ambito familiare e domestico.
Quella scollatura che in Occidente,
da alcuni secoli permane, tra spiritualità liturgica e pietà devozionale, non
sembra sussistere in quelle chiese che
non conoscono, oltre il monachesimo,
la varietà e molteplicità delle spiritualità moderne, nate specialmente dopo la
decadenza della lingua liturgica universale e del suo uso popolare: il latino.
Il confronto con la persistente e
codificata tradizione delle chiese orientali fa sorgere la domanda se in questo
campo non sia utile imparare [qualcosa di più] nel dialogo con i fratelli ortodossi (n. EG 246).
Proprio quel “luogo teologico” della
spiritualità popolare sembra oggi anti-
PAPA FRANCESCO CON LA STATUA DELLA MADONNA DI APARECIDA
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AMICO 2014_INT
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re, non è magari un coefficiente della
loro accoglienza da parte anche del
nostro popolo?
In sostanza, se dobbiamo riconoscere che diversa è la bellezza di una
immagine da pregare per ciò che rap-
presenta, da quella di una immagine
da ammirare (magari indipendentemente dal suo significato religioso)
perché carica di valore “artistico”, quali sono i veri requisiti di un linguaggio
liturgico popolare per le chiese che
anche oggi dobbiamo edificare, arredare e decorare?
Ecco la sfida e la ricerca che vogliamo proporre da queste pagine ai nostri
lettori e particolarmente agli amici
dell’ARSA.
Anche oggi, dopo cinquant’anni dal
“Sacrosanctum Concilium”, entrando in
tante nostre chiese siamo richiamati
dal palpito dei ceri votivi, accesi in
omaggio devoto dinnanzi a immagini
più o meno “miracolose”, normalmente
anonime, che a volte ricordano l’origine di quel luogo di culto. Segno evidente di una tradizione ininterrotta, non
influenzata né da correnti artistiche né
da curiosità profane.
NOSTRA SIGNORA DI APARECIDA. BRASILE
VISBA
Gitega il suo servizio di pace
e di collaborazione, sostitutivo del servizio militare negli
anni 70). Avvenuta l’11 giugno del corrente anno 2014
ad Algeri.
Uniti ai suffragi dei familiari,
invitiamo quanti lo conobbero a pregare insieme per lui e
per quanti ne piangono la
scomparsa.
Nell’anno del cinquantesimo
d’inizio della missione in
Burundi dei volontari della
Scuola Beato Angelico per la
fondazione di un centro di
Formazione Tecnica Secondaria d’Arte, dobbiamo trasmettere a tutti gli amici della
VISBA il doloroso annuncio
della morte di uno di loro:
Angelo Leoni (che prestò a
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ANNO LXXXV - 2014 APRILE - SETTEMBRE