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Liceo ginnasio statale Orazio – Roma
Mario Carini
Come funziona il latino
(prime indicazioni e consigli a uno studente di scuola media)
Testo pubblicato in:
“Quaderni del Liceo Orazio”, n. 3,
Liceo Classico Orazio, Roma 2013, pp. 46-63
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Come funziona il latino
(prime indicazioni e consigli a uno studente di scuola media)1
Sommario: § 1 Che cos’è il latino. § 2 Che cosa è necessario sapere prima di
studiare il latino. § 3 Che cos’è l’analisi logica. § 4. Che cos’è la funzione
logica. § 5 Che cosa sono i casi in latino. § 6 Che cosa sono le desinenze e le
terminazioni. § 7 La declinazione. § 8 La coniugazione. § 9 Le parti del
discorso in latino. § 10 Come cercare le parole sul dizionario latino. § 11
Analogie e differenze tra il latino e il greco. § 12 Perché studiare latino.
§ 1 Che cos’è il latino.
Il latino prende il nome da Latium, regione corrispondente all’odierno
Lazio. Esso era la lingua parlata dagli abitanti dell’antico Lazio, il Latium vetus,
in età antichissima (a partire almeno dal VII secolo a.C.). Poi questa lingua
divenne la lingua di Roma (ricorda che Roma, secondo la tradizione, fu fondata
da Romolo, proveniente assieme al fratello Remo dalla città latina di Alba) e, a
mano a mano che Roma, nel corso della sua storia, espanse il suo dominio
sull’Italia e sull’Europa mediterranea, la lingua parlata nell’orbis Romanus,
ossia il mondo romano, quel vastissimo territorio che andava dalla Spagna
all’Africa settentrionale fino al Mar Nero e al Golfo Persico e che fu sotto il
dominio dei Romani fino al V secolo d.C.
I glottologi (coloro che studiano le lingue antiche e moderne) inquadrano il
latino nel gruppo delle lingue italiche, parlate dagli antichi abitanti dell’Italia,
più precisamente nel gruppo latino-falisco (lingue dell’Italia Centrale), e lo
fanno discendere dall’antichissima lingua indoeuropea, la lingua parlata dalla
comunità di popoli che abitò l’Europa e l’India nel V millennio a.C.
Gli studiosi hanno ricostruito la lingua indoeuropea (che non è attestata in
nessun documento o iscrizione antica) dalla comparazione di parole appartenenti
alle lingue antiche parlate in Europa, Iran e India, come il latino, il greco,
l’antico inglese, l’antico tedesco, l’antico slavo, il sanscrito (la lingua parlata
nell’antica India), l’iranico, etc. Essi hanno chiarito che queste lingue
rappresentano la continuazione di una precedente e antichissima lingua comune,
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Il presente lavoro è concepito come una serie di nozioni dirette a uno studente di scuola
media che voglia iscriversi al liceo classico. Si tiene conto del fatto che l’insegnamento del
latino è condotto generalmente con metodi tradizionali, più o meno proficui, e che gli studenti
escono dalla scuola media con scarse nozioni di grammatica italiana, ignorando l’analisi
logica e spesso senza neppure essere dotati di un sufficiente bagaglio lessicale. Ma avvertiamo
– e ci sembra di dire cosa ovvia – che lo studio del latino non può assolutamente essere
condotto immergendo lo studente in una odiosa e astrusa farragine di regole, particolarità ed
eccezioni. Spetta ai docenti trovare le vie di approccio più adeguate (e ve ne sono di ottime)
per interessare, preparare e, magari, appassionare i propri studenti allo studio della lingua
latina.
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appunto l’indoeuropeo. La dimostrazione scientifica dell’esistenza
dell’indoeuropeo come lingua comune si deve al tedesco Franz Bopp (17911867) e al danese Rasmus Rask (1787-1832). Per dare un’idea di come
lavorarono Bopp e Rask, prendiamo la parola “madre”. Mettendo a confronto le
parole con cui si indicava la madre nelle varie lingue indoeuropee, riuscirono a
stabilire che tutte queste erano derivate da una forma comune indoeuropea,
*mater (le parole dell’indoeuropeo si indicano con un asterisco in alto a
sinistra).
Forma indoeuropea ricostruita: *mater
sanscrito
greco
Latino
antico
inglese
mātā
μήτηρ
(leggi:
meter)
Mater
mōdhir
antico
tedes
co
muoter
antico
slavo
Mati
Quindi il latino appartiene alle lingue italiche e discende dalla lingua
indoeuropea. Nel corso della sua storia, che procede in parallelo con la storia di
Roma (che va dal 753 a.C. al 476, anno della caduta dell’impero romano
d’Occidente), il latino si è lentamente trasformato, evolvendosi, dal latino
classico (la lingua di Cesare e di Cicerone) nel latino tardo e, durante il
medioevo, nel volgare italiano (la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio) e
quindi nell’italiano moderno (la lingua del Manzoni). Dal latino derivano le
lingue neolatine o romanze, ossia le attuali lingue parlate in Europa, ad
eccezione del tedesco, dell’inglese e delle lingue slave. Le principali lingue
neolatine o romanze sono: l’italiano, lo spagnolo, il francese, il portoghese, il
romeno. È facile verificare la parentela linguistica delle lingue neolatine,
confrontando le parole di esse. Ad esempio, dal latino classico amicus derivano
l’italiano amico, lo spagnolo amigo, il francese ami, il romeno amic. Invece
l’inglese friend e il tedesco Freund mostrano che queste parole, e dunque queste
due lingue, non derivano dal latino.
§ 2 Che cosa è necessario sapere prima di studiare il latino.
Prima di intraprendere il latino devi tener presente che esso non è una
lingua oggi parlata. Ma non è esatto affermare, come si sente dire, che il latino è
una “lingua morta”. Anzitutto lo si studia nelle scuole per imparare la
grammatica e quindi tradurre i classici latini: gli studenti devono, infatti,
abituarsi all’esercizio di traduzione in vista dell’esame di maturità (che, per i
licei classici, comprende, come seconda prova scritta, la versione in italiano di
un brano in latino o greco, mediamente di 18-20 righe). Il latino (che fino al
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Settecento era comunemente usato dai dotti e dagli studiosi nelle accademie e
nelle università europee) è, poi, ancora usato nella Chiesa, dato che le
encicliche, ossia i documenti ufficiali del Papa, sono in latino (tutte le
encicliche, anche quando sono tradotte nelle lingue nazionali, conservano il
titolo in latino: ricorda, ad esempio, la Pacem in terris, la Populorum progressio,
la Redemptor hominis, la Deus caritas est (l’enciclica di Papa Benedetto XVI).
Vi sono, poi, circoli e associazioni culturali come Latinitas, che si propongono
di praticare e diffondere l’uso del latino come lingua viva: alcuni studiosi per
adattare il latino all’uso moderno hanno creato neologismi (ossia “parole
nuove”) in latino, come manuballistula, “pistola”, e altri un po’ bizzarri.
Dunque lo studio del latino riesce certamente più impegnativo e difficile
dell’inglese o di un’altra lingua europea, perché lo si studia, normalmente, non
per fare conversazione ma per tradurre i testi latini (e anche per tradurre in latino
dall’italiano, cosa che i professori oggi usano assegnare agli studenti meno
spesso di un tempo). La pratica del latino, quindi, è soltanto scritta e non orale.
Va però precisato che, in alternativa al metodo tradizionale di insegnamento
(scandito dai seguenti momenti: studio della regola grammaticale –
riconoscimento della regola nell’ambito testuale – lettura del testo –
comprensione – traduzione), si sta diffondendo nelle scuole il “metodo natura”,
inventato dal linguista danese Hans H. Ørberg, che si basa sull’immediato
approccio alla lingua latina, attraverso la lettura di brani e dialoghi in latino via
via più complessi. È, in sostanza, un’applicazione al latino della didattica delle
lingue moderne, per cui dalla pratica orale e dalla comprensione del testo si
risale alla regola: i docenti che hanno fatto uso del metodo di Ørberg se ne sono
detti entusiasti, affermando di aver raggiunto nell’apprendimento del latino
notevoli risultati da parte dei loro alunni.2
Per studiare proficuamente il latino occorrono perciò un continuo impegno,
buona volontà, forti motivazioni (occorre rispondere anzitutto alla domanda se
studiare latino sarà utile per quello che voglio fare o essere domani). Lo studio
del latino richiede ordine mentale, concentrazione e memoria e, soprattutto,
un impegno personale. Ricorda, quindi, queste due regole: 1) quando studi
cerca di ottenere la massima concentrazione, e non distrarti, perché la
distrazione in latino è sicura fonte di errori; 2) segui con attenzione le lezioni del
professore, porta sempre i libri di testo (che sono uno strumento indispensabile:
non si può lavorare bene con i libri del compagno) e abituati a lavorare da subito
con il dizionario. Se non metterai buona volontà e impegno, lo studio del latino
ti riuscirà subito difficile se non ostico. Prenderai brutti voti, ti tormenterai e
darai dispiaceri a te stesso e ai tuoi genitori, che dovranno mandarti a ripetizione
(le lezioni private costano).
Ricorda, infine, che per affrontare lo studio del latino è indispensabile avere
una buona base di cognizioni nella lingua italiana e in particolare nell’analisi
logica.
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Rimandiamo in proposito al contributo del Collega prof. Vacchiano, Per un approccio
diverso al latino (vd. infra).
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§ 3 Che cos’è l’analisi logica.
Conoscere l’analisi logica è un requisito indispensabile per affrontare lo
studio del latino. L’analisi logica è lo studio delle funzioni che hanno le parole
all’interno della frase semplice o proposizione (quella composta da soggetto,
predicato e uno o più complementi). Le funzioni che hanno le parole all’interno
della frase semplice, si chiamano funzioni logiche.
§ 4 Che cos’è la funzione logica.
Le parole di una frase hanno una specifica funzione logica. Che significa
ciò? Facciamo un semplice esempio che ti renderà più chiaro il concetto.
Immaginiamo di avere davanti la pianta di un appartamento. Su questa pianta
sono riportati i vari ambienti che formano la casa stessa: l’ingresso, il corridoio,
il soggiorno, la camera da letto, la cucina, il bagno, i balconi, etc. La pianta,
naturalmente, è necessaria perché indica (è) la disposizione dei vari ambienti
nella casa. Allo stesso modo la funzione logica indica (è) la funzione che hanno
le parole nell’impianto o struttura della frase italiana semplice o
proposizione. Nell’impianto o struttura della frase, le funzioni logiche sono, per
così dire, le “stanze” corrispondenti alle camere nella pianta della casa.
La modalità di riconoscere le funzioni logiche delle parole nella frase è
l’analisi logica. Si analizzano le parole nella frase per attribuire a ciascuna una
specifica funzione logica. Si può anche dire che la funzione logica è il rapporto
che lega ciascuna parola alle altre della medesima frase: la funzione logica serve
dunque a capire i rapporti interni tra le parole della medesima frase. Una parola,
ad esempio, fungerà da soggetto, ossia indicherà chi è che compie l’azione (se il
verbo è attivo, ossia implica un soggetto che agisce) o chi la subisce (se il verbo
è passivo, ossia implica un soggetto che subisce l’azione compiuta da un altro).
Un’altra parola fungerà da predicato (ossia indica l’azione che il soggetto
compie o subisce: il verbo in analisi logica si chiama predicato), un’altra ancora
fungerà da complemento oggetto, ossia indicherà su chi transita, ovvero viene a
effettuarsi, l’azione compiuta dal soggetto.
Esempio di analisi logica:
Marco mangia la mela. Marco = soggetto, mangia = predicato verbale, la
mela = complemento oggetto.
Marco è sincero. Marco = soggetto, è sincero = predicato nominale (formato
dalla copula è più il nome del predicato sincero).
Come si riconoscono, nella frase italiana, le funzioni logiche delle singole
parole? Generalmente la funzione logica di una parola è data dalla posizione che
ha la parola nell’ambito della frase a cui appartiene. V’è da premettere che le
forme verbali sono predicati verbali e indicano l’azione compiuta o subita da un
soggetto. Così la parola mangia indica il tipo di azione compiuto da Marco. Il
predicato nominale invece indica una qualità o una condizione del soggetto, e si
forma aggiungendo alla copula è un attributo o un’apposizione, che si chiamano
parte nominale o nome del predicato (Marco è sincero, Cicerone è console). Ciò
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detto, in una frase come Marco mangia la mela, la parola Marco, nome proprio
di persona, indica il soggetto, ossia chi è che mangia la mela, perché è in prima
posizione, prima del verbo mangia. La mela indica il complemento oggetto,
ossia ciò che viene mangiato, perché la parola è posta dopo il predicato verbale e
risponde alla domanda: chi? Che cosa? In una frase come Marco è sincero, è
sincero, predicato nominale, indica la qualità del soggetto Marco. Dunque
possiamo vedere che la funzione logica delle parole nella frase italiana è data
dalla posizione che le parole occupano nel contesto della frase. Non è così nella
frase latina. Se in italiano dico: il lupo divora l’agnello, dico una cosa molto
chiara, ossia enuncio una frase in cui il soggetto lupo compie una certa azione
verso l’agnello. Naturalmente non posso dire l’agnello divora il lupo, perché
dico una cosa completamente diversa, anzi una cosa opposta (e che nella realtà,
ovviamente, non si verifica). Dunque le funzioni logiche delle parole implicano
un preciso, rigido ordine di queste nella frase. Perché si capisca che il lupo è
soggetto, la parola lupo deve necessariamente precedere il verbo divora; perché
si capisca che è l’agnello ad essere divorato, la parola agnello deve
necessariamente seguire il verbo divora. Non si può prescindere da questo
ordine, se si vuol significare che è il lupo che divora ed è l’agnello ad essere
divorato.
Passiamo al latino. La traduzione latina della frase il lupo divora l’agnello è
letteralmente: lupus vorat agnum, ove lupus = lupo e agnum = agnello. Ma
questa frase latina può anche scriversi così:
lupus agnum vorat, agnum lupus vorat, agnum vorat lupus, vorat lupus agnum,
vorat agnum lupus. Queste frasi latine hanno tutte lo stesso significato: il lupo
divora l’agnello.
Italiano
Il lupo divora l’agnello
corrisponde a:
latino
lupus vorat agnum
lupus agnum vorat
agnum lupus vorat
agnum vorat lupus
vorat lupus agnum
vorat agnum lupus
Come si vede dalla schema, mentre in italiano abbiamo una sola possibilità
di espressione del significato che il lupo divora l’agnello, in latino ne abbiamo
ben sei. Quindi in latino la funzione logica delle parole non dipende dalla
posizione che hanno le parole all’interno della frase. Essa dipende da qualcosa
d’altro. La funzione logica delle parole nella frase latina dipende dai casi. Alle
funzioni logiche dell’italiano corrispondono i casi in latino.
§ 5 Che cosa sono i casi in latino.
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I casi sono il modo di indicare la funzione logica della parola nella lingua
latina. Nella frase lupus vorat agnum, che può scriversi in sei modi diversi,
come abbiamo visto sopra, la parola lupus ha sempre la stessa funzione logica,
quella di soggetto, perché è nel caso nominativo. Il caso nominativo in latino
indica la funzione logica di soggetto. Tutte le parole che, nelle frasi latine,
svolgono la funzione logica di soggetto, sono e devono essere nel caso
nominativo. Se una parola non è in caso nominativo, quella parola non indica il
soggetto della frase. Nella stessa frase lupus vorat agnum la parola agnum ha la
funzione di complemento oggetto, perché è nel caso accusativo. In tutte le sei
frasi latine, la parola agnum è nel caso accusativo e funge da complemento
oggetto. Il caso accusativo indica in latino il complemento oggetto e tutte le
parole che in latino hanno la funzione di complemento oggetto devono essere
necessariamente nel caso accusativo. Più correttamente, perciò, quando si
analizza la frase latina lupus vorat agnum si dice che lupus è nel caso
nominativo e funge da soggetto, mentre agnum è nel caso accusativo e funge da
complemento oggetto.
I casi nella lingua latina sono sei e indicano le funzioni logiche
fondamentali. Sono elencati così: il caso nominativo indica il soggetto, il caso
genitivo indica il complemento di specificazione, il caso dativo indica il
complemento di termine, il caso accusativo indica il complemento oggetto, il
caso vocativo indica il complemento di vocazione, il caso ablativo indica vari
complementi (mezzo o strumento, compagnia, origine o provenienza, agente,
causa, etc.).
Casi
Nominativo
Genitivo
Dativo
Accusativo
Vocativo
Ablativo
Funzioni logiche principali
Soggetto
Complemento di specificazione
Complemento di termine
Complemento oggetto
Funzioni logiche
Soggetto
Complemento di specificazione
Complemento di termine
Complemento oggetto
Complemento di vocazione
Complemento di mezzo o strumento,
compagnia, origine o provenienza,
agente, causa, etc.
A cosa servono
Indica chi compie o subisce qualcosa
Indica di chi è qualche cosa
Indica a chi si dà o si fa qualche cosa
Indica su chi o su che cosa cade
direttamente l’azione
espressa dal verbo
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Complemento di vocazione
Complemento di mezzo o strumento
Complemento di compagnia
Complemento di origine o
provenienza
Complemento di agente
Complemento di causa efficiente
Complemento di tempo determinato
Complemento di tempo continuato
Complemento di stato in luogo
Complemento di moto a luogo
Complemento di moto da luogo
Complemento di moto per luogo
Complemento di causa
Complemento di fine
Complemento di materia
Complemento di argomento
Indica a chi il soggetto si rivolge
Indica il mezzo, lo strumento con cui
il soggetto esegue l’azione
Indica la persona insieme con la
quale il soggetto compie l’azione
Indica da dove proviene, ha origine
il soggetto
Indica da chi è compiuta l’azione
espressa dal verbo
Indica da che cosa è compiuta
l’azione espressa dal verbo
Indica il momento in cui si svolge
l’azione
Indica per quanto tempo si svolge
l’azione
Indica dove si trova una determinata
persona, animale o cosa
Indica dove si dirige una
determinata persona, animale o cosa
Indica da dove viene una
determinata persona, animale o cosa
Indica per dove transita una
determinata persona, animale o cosa
Indica per quale causa una
determinata azione si svolge
Indica per quale scopo una
determinata azione si svolge
Indica la materie di cui è fatto un
oggetto
Indica l’argomento su cui verte un
libro, una discussione, un discorso
Il caso nominativo, l’accusativo e il vocativo sono casi diretti, perché
corrispondono a funzioni logiche dirette, ossia a parole che si legano
direttamente al verbo, senza l’ausilio delle preposizioni; il caso genitivo, il
dativo e l’ablativo sono casi indiretti o obliqui, perché corrispondono a
funzioni logiche indirette, ossia a parole che si legano al verbo indirettamente,
con l’aiuto delle preposizioni. Tutti i complementi italiani, perciò, sono espressi
in latino dai casi.
Come si distinguono i casi tra di loro? Prendiamo le due frasi seguenti:
lupus vorat agnum
“il lupo divora l’agnello”
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lupus
vorat
agnum
il lupo
divora
l’agnello
(lupus nominativo = soggetto)
venator necat lupum
venator
necat
il cacciatore uccide
“il cacciatore uccide il lupo”
lupum
il lupo
(lupum accusativo = complemento oggetto)
Nella prima frase lupus è nel caso nominativo e funge da soggetto. Nella
seconda frase lupum è nel caso accusativo e funge da complemento oggetto. In
cosa si distinguono le due parole? Come vedi, si distinguono dalla terminazione:
lupus termina in –us, lupum termina in –um. Dunque, lupus e lupum presentano
una parte fissa, invariabile (lup–), e una parte finale variabile (−us e –um). La
parte fissa si chiama radice (o tema), la parte variabile terminazione o uscita.
radice
luplup-
terminazione
-us
-um
caso
nominativo
accusativo
Il termine “caso” deriva dalla radice del verbo caděre (leggi: càdere),
“cadere”, e significa propriamente “caduta”. I grammatici latini, creando il
termine casus corrispondente al greco πτωωσις (leggi: ptosis), usarono casus,
ossia “caso”, per significare che le parole si concludono, cioè “cadono” ora in un
modo ora in un altro. Quindi possiamo dire che il caso si identifica con la
terminazione della parola.
§ 6 Che cosa sono le terminazioni e le desinenze.
Le terminazioni costituiscono la parte variabile delle parole latine,
precisamente dei nomi, aggettivi, pronomi, participi, e servono a indicare i casi.
La funzione delle terminazioni è quella di indicare i casi e quindi la funzione
logica della parola. Una parola nel caso nominativo, e dunque con la funzione di
soggetto, deve avere la terminazione del caso nominativo: nel caso di lupus,
deve avere la terminazione –us, quella, appunto, del nominativo. Diciamo quindi
che la parola lupus è in caso nominativo, perché ha la terminazione –us del
nominativo. Lo stesso vale per tutti gli altri casi: il caso genitivo ha una sua
propria terminazione, il caso dativo un’altra, il caso accusativo un’altra ancora, e
così via.
Le terminazioni sono propriamente costituite da elementi più piccoli,
chiamati desinenze: per esempio, in lupus la lettera finale –s è la desinenza
originaria del caso nominativo. Ma i grammatici latini non distinguevano più tra
desinenze e terminazioni, e la conoscenza delle desinenze ha valore solo per un
discorso di grammatica storica, ossia per lo studio della evoluzione storica del
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latino. Studierai, perciò, le desinenze con il tuo insegnante, se vorrà fare un
discorso più approfondito. Quello che è importante ricordare sono le
terminazioni. Sono queste che indicano i casi.
Quante sono le terminazioni? Le terminazioni sono sessanta (trenta per il
singolare e trenta per il plurale) e vanno imparate tutte e bene. Se non si
imparano bene le terminazioni, si rischia di confondere i casi e di non capire,
perciò, la funzione logica della parola nella frase: prendere lupum per
nominativo, e dargli il valore di soggetto (quando invece è accusativo, dunque
complemento oggetto), porta a fraintendere completamente il senso della frase
in cui esso compare. Se traduci, ad esempio, una frase che significa letteralmente
“il cacciatore uccide il lupo” (venator necat lupum) come se fosse “il lupo
uccide il cacciatore”, intendi il contrario di quello che la frase realmente
significa. È così che, purtroppo, si sbagliano le traduzioni e si prendono brutti
voti a scuola. Gli errori peggiori nei compiti di latino sono quelli causati da
fraintendimento.
§ 7 La declinazione.
Abbiamo detto che le terminazioni delle parole (sostantivi) sono sessanta.
Le terminazioni sono raggruppate in insiemi chiamate declinazioni.
La declinazione è la flessione della parola (sostantivo), ossia il mutamento
della sua parte finale per il cambiamento della terminazione. Torniamo agli
esempi precedenti:
Lupus vorat agnum
il lupo divora l’agnello
La terminazione –us di lupus ci dice che si tratta di un nominativo e dunque
lupus è il soggetto.
Venator necat lupum il cacciatore uccide il lupo
La terminazione –um di lupum ci dice che si tratta di un accusativo e dunque
lupum è complemento oggetto.
L’insieme o serie delle terminazioni che ha un nome quando è nei sei casi
sopra esposti (ossia nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo)
si chiama declinazione. Declinare un nome significa enunciare le sei forme che
questo nome può assumere quando è in ciascuno dei casi sopra elencati.
Le declinazioni in latino sono cinque e ciascuna comprende sei terminazioni
diverse (una per ogni caso), al singolare e al plurale.
Le cinque declinazioni latine si distinguono per la terminazione (o uscita)
del genitivo singolare, che è sempre diversa. La prima declinazione ha la terminazione del genitivo in –ae, la seconda declinazione il genitivo uscente in –i, la
terza declinazione il genitivo uscente in –is, la quarta declinazione il genitivo
uscente in –us, la quinta declinazione il genitivo uscente in –ei. Togliendo la
terminazione, la parte della parola che rimane si chiama tema.
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Declinazione
Terminazione del
genitivo singolare
Esempi
Tema del
I declinazione
-ae
II declinazione
-i
III declinazione
-is
IV declinazione
-us
V declinazione
-ei
Rosae
della rosa
lupi
del lupo
Consulis
del console
Fructus
del frutto
Diei
del giorno
sost
anti
vo3
roslupconsulfructdi-
Di seguito diamo lo specchietto delle cinque declinazioni indicando, per
ogni declinazione, un esempio di flessione del sostantivo e le sue terminazioni al
singolare e al plurale. Precisiamo che i generi dei nomi latini sono tre: il genere
maschile, il genere femminile e il genere neutro (che si usa generalmente per
designare esseri inanimati e concetti astratti). Lo studio delle declinazioni e delle
loro particolarità va completato sulla grammatica latina.
PRIMA DECLINAZIONE
(declinazione di rosa, femminile, “la rosa”)
Caso
Nominativo
Genitivo
Dativo
Accusativo
Vocativo
Ablativo
singolare
rosa
rosae
rosae
rosam
rosa
rosa
terminazioni
-a
-ae
-ae
-am
-a
-a
plurale
rosae
rosàrum
rosis
rosas
rosae
rosis
Terminazioni
-ae
-arum
-is
-as
-ae
-is
SECONDA DECLINAZIONE
(declinazione di amicus, maschile, “l’amico”)
Caso
Nominativo
Genitivo
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singolare
amicus
amici
terminazioni plurale
Terminazioni
-us
amici
-i
-i
amicòrum -orum
Sarebbe però più corretto parlare di radice della parola.
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Dativo
Accusativo
Vocativo
Ablativo
amico
amicum
amice
amico
-o
-um
-e
-o
amicis
amicos
amici
amicis
-is
-os
-i
-is
TERZA DECLINAZIONE
(declinazione di consul, maschile, “il console”)
Caso
Nominativo
Genitivo
Dativo
Accusativo
Vocativo
Ablativo
singolare
consul
cònsulis
cònsuli
cònsulem
consul
cònsule
terminazioni
Varia
-is
-i
-em
come nom.
-e
plurale
cònsules
cònsulum
consùlibus
cònsules
cònsules
consùlibus
Terminazioni
-es
-um
-ibus
-es
-es
-ibus
QUARTA DECLINAZIONE
(declinazione di fructus, maschile, “il frutto”)
Caso
Nominativo
Genitivo
Dativo
Accusativo
Vocativo
Ablativo
singolare
fructus
fructus
fructui
fructum
fructus
fructu
terminazioni
-us
-us
-i
-um
-us
-u
plurale
fructus
frùctuum
frùctibus
fructus
fructus
frùctibus
Terminazioni
-us
-uum
-ibus
-us
-us
-ibus
QUINTA DECLINAZIONE
(declinazione di dies, maschile, “il giorno”)
Caso
Nominativo
Genitivo
Dativo
Accusativo
Vocativo
Ablativo
singolare
dies
diei
diei
diem
dies
die
terminazioni
-es
-ei
-ei
-em
-es
-e
plurale
dies
dièrum
dièbus
dies
dies
dièbus
§ 8 La coniugazione.
Terminazioni
-es
-erum
-ebus
-es
-es
-ebus
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Come abbiamo detto, la flessione del nome si chiama declinazione. La
flessione del verbo, invece, si chiama coniugazione. In latino vi sono quattro
coniugazioni. Le coniugazioni si distinguono secondo la terminazione
dell’infinito presente nella forma attiva: la prima coniugazione comprende verbi
che hanno l’infinito presente uscente in –are, del tipo laudare (leggi: laudàre),
“lodare”; la seconda coniugazione comprende verbi che hanno l’infinito presente
uscente in –ēre, del tipo monēre (leggi: monère), “ammonire”, la terza
coniugazione comprende verbi che hanno l’infinito presente uscente in –ĕre, del
tipo legĕre (leggi: lègere), “leggere”; la quarta coniugazione comprende verbi
che hanno l’infinito presente uscente in –ire, del tipo audire (leggi: audìre),
“udire”. Alcune grammatiche individuano anche una coniugazione “mista”,
composta da verbi con l’infinito presente in –ĕre e con forme della quarta
coniugazione (del tipo capio, capĕre), “prendere”. I verbi latini hanno la
coniugazione attiva e passiva. I verbi deponenti sono quei verbi che hanno la
forma passiva ma il significato attivo. I verbi latini hanno i seguenti modi:
indicativo, congiuntivo, imperativo, infinito, participio, gerundio (che non
corrisponde al gerundio italiano, ma rappresenta la declinazione dell’infinito),
gerundivo (che è un aggettivo verbale), supino (antico accusativo in –um
indeclinabile, esprime la finalità dell’azione). Manca, come si vede, il modo
condizionale italiano: in latino il condizionale è tradotto dal congiuntivo
imperfetto e dal congiuntivo piuccheperfetto. I tempi dei modi sono i seguenti.
L’indicativo ha il tempo presente, imperfetto, futuro semplice, perfetto
(corrispondente al passato prossimo, passato remoto, trapassato remoto italiani),
piuccheperfetto (corrispondente al trapassato prossimo), futuro anteriore. Il
modo congiuntivo ha il tempo presente, imperfetto (corrispondente anche al
condizionale presente italiano), perfetto (corrispondente al congiunto passato),
piuccheperfetto (corrispondente al congiuntivo trapassato e anche al
condizionale passato italiano). L’imperativo ha il tempo presente e futuro.
L’infinito ha il tempo presente, perfetto e futuro. Il participio ha il tempo
presente, perfetto (proprio della coniugazione passiva) e futuro. Il gerundio è
proprio della coniugazione attiva, il gerundivo della coniugazione passiva, il
supino ha le forme attiva e passiva.
La tabella seguente mostra la coniugazione del presente indicativo attivo
delle quattro coniugazioni. Anche nelle voci verbali si distinguono una parte
fissa, il tema, e una parte variabile, la terminazione o uscita.
PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 1ª CONIUGAZIONE
PERSONA
Sing. 1ª
2ª
3ª
Plur. 1ª
I coniugazione laudare
Laudo
Laudas
Laudat
Laudamus
“lodare”
terminazioni
-o
-as
-at
-amus
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2ª
3ª
Laudatis
Laudant
-atis
-ant
PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 2ª CONIUGAZIONE
PERSONA
II
coniugazione
monēre
“esortare”
Sing. 1ª
2ª
3ª
Plur. 1ª
2ª
3ª
terminazioni
Moneo
Mones
Monet
Monemus
Monetis
Monent
-eo
-es
-et
-emus
-etis
-ent
PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 3ª CONIUGAZIONE
PERSONA
III
coniugazione
legĕre
“leggere”
Sing. 1ª
2ª
3ª
Plur. 1ª
2ª
3ª
terminazioni
Lego
Legis
Legit
Lègimus
Lègitis
Legunt
-o
-is
-it
-imus
-itis
-unt
PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 4ª CONIUGAZIONE
PERSONA
Sing. 1ª
2ª
3ª
Plur. 1ª
2ª
3ª
IV coniugazione audire “ascoltare”
Audio
Audis
Audit
Audimus
Auditis
Audiunt
terminazioni
-io
-is
-it
-imus
-itis
-iunt
15
§ 9 Le parti del discorso in latino.
Le parti del discorso nella lingua latina sono: il nome (sostantivo),
l’aggettivo, il verbo, il pronome, l’avverbio, la preposizione, la congiunzione,
l’interiezione. Manca l’articolo. Il nome, l’aggettivo, il pronome si declinano. Il
verbo si coniuga. L’avverbio, la preposizione, la congiunzione, l’interiezione
sono forme fisse, invariabili.
§ 10 Come cercare le parole nel dizionario latino.
È bene abituarsi da subito ad usare il dizionario di latino per tradurre le frasi
e i brani dal latino. Molto tempo per i compiti in classe si perde nel cercare le
parole sul dizionario, a causa della scarsa dimestichezza che molti studenti
continuano ad avere con questo fondamentale strumento per lo studio della
lingua latina.
Il dizionario di latino (il più usato nella scuola è il Castiglioni-Mariotti, ed.
Loescher) si compone di due parti, una parte latino-italiano e un’altra parte
italiano-latino. Per cercare e trovare rapidamente i vocaboli (chiamati lemmi)
sul dizionario nella parte latino-italiano, occorre sapere che:
 i nomi sono dati nella forma del nominativo singolare. Quindi, se si
trova in una frase la parola lupum (accusativo), occorre risalire al
nominativo singolare lupus;
 gli aggettivi sono dati nelle tre uscite del maschile, del femminile e del
neutro;
 i pronomi sono registrati nella forma del nominativo singolare;
 i verbi sono dati alla prima persona singolare, seguita dalla prima
persona del perfetto, dal supino e dall’infinito (questa elencazione di
forme si chiama paradigma ed è il modello della coniugazione di un
dato verbo: ad esempio, il paradigma di laudare è laudo, laudas,
laudavi, laudatum, laudare;
 le preposizioni, le congiunzioni, gli avverbi, le interiezioni sono
registrati come forme fisse.
§ 11 Analogie e differenze tra il greco e il latino.
La struttura linguistica del greco, lingua il cui studio è ancora più
impegnativo del latino (il greco antico è davvero una lingua morta, che è
attestata solo dalle iscrizioni e dall’imponente patrimonio letterario giuntoci
dall’antichità classica), è analoga a quella del latino. A differenza del latino, il
greco ha l’articolo, ha tre declinazioni e possiede un sistema verbale assai
complesso. Inoltre lo studio del greco necessita anche di cognizioni di fonetica
(lo studio delle varie “leggi” fonetiche).
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La prima difficoltà del greco è l’alfabeto greco. Elenchiamo di seguito
l’alfabeto greco (sono date prima le lettere maiuscole, poi le minuscole, il nome
della lettera e il suono corrispondente):
Lettere
Α α
Β β
Γ γ
Δ δ
Ε ε
Ζ ζ
Η η
Θ θ
Ι
ι
Κ κ
Λ λ
Μ μ
Ν ν
Ξ ξ
Ο ο
Π π
Ρ ρ
Σ σ ς
Τ τ
Υ υ
Φ φ
Χ χ
Kh
Ψ ψ
Ω ω
Trascrizione
A
B
G
D
Ĕ
Z
Ē
Th
I
K
L
M
N
Xi
Ŏ
P
R
S
T
Y
Ph
Chi
Ps
Ō
Nome italiano
Alfa
Beta
gamma
Delta
épsilon
Zeta
Eta
Teta
Iota
Kappa
lambda
Mi
Ni
X
òmicron
Pi
Ro
Sigma
Tau
ìpsilon
Fi
ch aspirata come
in ted. Reich
Psi
omèga
Pronuncia convenzionale
A
B
g dura come in ghiro
D
e breve, chiusa
z sonora come in zero
e lunga, aperta
th sordo come in ingl. thanks
I
c sordo come in cosa
L
M
N
X
o breve, chiusa
P
R
S
T
ü francese
F
Ps
o lunga, aperta
Esempi di parole greche:
γλυκύς (leggi: glüĸǘs, “dolce”, agg.)
̉
έλαφος
(leggi: élafos,
“cervo”, sost.)
πλοιωον (leggi: plòion, “nave”, sost.)
άναξ
̉
(leggi: ànax, “signore”, sost.)
§ 12 Perché studiare il latino.
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Il latino si studia anzitutto per imparare la lingua degli antichi Romani, in
modo da poter leggere i testi della letteratura latina, ossia le opere di Cesare,
Cicerone, Virgilio, Orazio, Seneca, etc. e apprezzare la cultura e i valori
spirituali (i valori dell’umanesimo) che esse ci hanno trasmesso, valori che sono
alle radici della storia della civiltà europea e del pensiero occidentale. I latini e i
greci sono i padri della nostra cultura occidentale: conoscerli significa avere
consapevolezza della nostra storia, del nostro passato. Oggi essere consapevoli
del nostro passato, della nostra storia è necessario soprattutto perché il mondo ci
mette a contatto, di fronte a persone provenienti da paesi diversi e portatori di
altre tradizioni culturali e religiose, che talvolta si pongono in posizione di sfida
con le nostre. La cultura classica greco-romana, la tradizione ebraica e il
cristianesimo (le radici giudaico-cristiane, come ha detto il Papa Benedetto XVI)
sono quindi le radici dell’Europa.
Inoltre il latino permette di migliorare il lessico (attraverso lo studio delle
etimologie, ossia dei processi di derivazione delle parole italiane da quelle
latine) e le capacità linguistiche nell’italiano.
Quindi lo studio del latino serve a:
 conoscere le proprie radici linguistiche e culturali;
 acquisire la capacità di esprimersi con ordine, proprietà e chiarezza;
 migliorare le competenze nella lingua italiana;
 conoscere il patrimonio letterario della civiltà classica, quale
espressione di valori universali, ossia validi per tutti e sempre attuali;
 compiere la propria maturazione spirituale e intellettuale per diventare
cittadini consapevoli dei diritti e dei doveri verso la propria comunità;
 acquisire un patrimonio culturale e una capacità di esprimersi superiore
a chi non ha studiato il latino.
Occorre applicarsi con costanza e attenzione: in principio lo studio sarà
difficile, ma poi ricompenserà le fatiche con frutti che non andranno perduti,
perché la cultura è un patrimonio esclusivamente personale che si può solo
acquistare, mai togliere.
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Mario Carini, Come funziona il latino (testo per Grammateion)