1 Liceo ginnasio statale Orazio – Roma Mario Carini Come funziona il latino (prime indicazioni e consigli a uno studente di scuola media) Testo pubblicato in: “Quaderni del Liceo Orazio”, n. 3, Liceo Classico Orazio, Roma 2013, pp. 46-63 Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata 2 Come funziona il latino (prime indicazioni e consigli a uno studente di scuola media)1 Sommario: § 1 Che cos’è il latino. § 2 Che cosa è necessario sapere prima di studiare il latino. § 3 Che cos’è l’analisi logica. § 4. Che cos’è la funzione logica. § 5 Che cosa sono i casi in latino. § 6 Che cosa sono le desinenze e le terminazioni. § 7 La declinazione. § 8 La coniugazione. § 9 Le parti del discorso in latino. § 10 Come cercare le parole sul dizionario latino. § 11 Analogie e differenze tra il latino e il greco. § 12 Perché studiare latino. § 1 Che cos’è il latino. Il latino prende il nome da Latium, regione corrispondente all’odierno Lazio. Esso era la lingua parlata dagli abitanti dell’antico Lazio, il Latium vetus, in età antichissima (a partire almeno dal VII secolo a.C.). Poi questa lingua divenne la lingua di Roma (ricorda che Roma, secondo la tradizione, fu fondata da Romolo, proveniente assieme al fratello Remo dalla città latina di Alba) e, a mano a mano che Roma, nel corso della sua storia, espanse il suo dominio sull’Italia e sull’Europa mediterranea, la lingua parlata nell’orbis Romanus, ossia il mondo romano, quel vastissimo territorio che andava dalla Spagna all’Africa settentrionale fino al Mar Nero e al Golfo Persico e che fu sotto il dominio dei Romani fino al V secolo d.C. I glottologi (coloro che studiano le lingue antiche e moderne) inquadrano il latino nel gruppo delle lingue italiche, parlate dagli antichi abitanti dell’Italia, più precisamente nel gruppo latino-falisco (lingue dell’Italia Centrale), e lo fanno discendere dall’antichissima lingua indoeuropea, la lingua parlata dalla comunità di popoli che abitò l’Europa e l’India nel V millennio a.C. Gli studiosi hanno ricostruito la lingua indoeuropea (che non è attestata in nessun documento o iscrizione antica) dalla comparazione di parole appartenenti alle lingue antiche parlate in Europa, Iran e India, come il latino, il greco, l’antico inglese, l’antico tedesco, l’antico slavo, il sanscrito (la lingua parlata nell’antica India), l’iranico, etc. Essi hanno chiarito che queste lingue rappresentano la continuazione di una precedente e antichissima lingua comune, 1 Il presente lavoro è concepito come una serie di nozioni dirette a uno studente di scuola media che voglia iscriversi al liceo classico. Si tiene conto del fatto che l’insegnamento del latino è condotto generalmente con metodi tradizionali, più o meno proficui, e che gli studenti escono dalla scuola media con scarse nozioni di grammatica italiana, ignorando l’analisi logica e spesso senza neppure essere dotati di un sufficiente bagaglio lessicale. Ma avvertiamo – e ci sembra di dire cosa ovvia – che lo studio del latino non può assolutamente essere condotto immergendo lo studente in una odiosa e astrusa farragine di regole, particolarità ed eccezioni. Spetta ai docenti trovare le vie di approccio più adeguate (e ve ne sono di ottime) per interessare, preparare e, magari, appassionare i propri studenti allo studio della lingua latina. 3 appunto l’indoeuropeo. La dimostrazione scientifica dell’esistenza dell’indoeuropeo come lingua comune si deve al tedesco Franz Bopp (17911867) e al danese Rasmus Rask (1787-1832). Per dare un’idea di come lavorarono Bopp e Rask, prendiamo la parola “madre”. Mettendo a confronto le parole con cui si indicava la madre nelle varie lingue indoeuropee, riuscirono a stabilire che tutte queste erano derivate da una forma comune indoeuropea, *mater (le parole dell’indoeuropeo si indicano con un asterisco in alto a sinistra). Forma indoeuropea ricostruita: *mater sanscrito greco Latino antico inglese mātā μήτηρ (leggi: meter) Mater mōdhir antico tedes co muoter antico slavo Mati Quindi il latino appartiene alle lingue italiche e discende dalla lingua indoeuropea. Nel corso della sua storia, che procede in parallelo con la storia di Roma (che va dal 753 a.C. al 476, anno della caduta dell’impero romano d’Occidente), il latino si è lentamente trasformato, evolvendosi, dal latino classico (la lingua di Cesare e di Cicerone) nel latino tardo e, durante il medioevo, nel volgare italiano (la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio) e quindi nell’italiano moderno (la lingua del Manzoni). Dal latino derivano le lingue neolatine o romanze, ossia le attuali lingue parlate in Europa, ad eccezione del tedesco, dell’inglese e delle lingue slave. Le principali lingue neolatine o romanze sono: l’italiano, lo spagnolo, il francese, il portoghese, il romeno. È facile verificare la parentela linguistica delle lingue neolatine, confrontando le parole di esse. Ad esempio, dal latino classico amicus derivano l’italiano amico, lo spagnolo amigo, il francese ami, il romeno amic. Invece l’inglese friend e il tedesco Freund mostrano che queste parole, e dunque queste due lingue, non derivano dal latino. § 2 Che cosa è necessario sapere prima di studiare il latino. Prima di intraprendere il latino devi tener presente che esso non è una lingua oggi parlata. Ma non è esatto affermare, come si sente dire, che il latino è una “lingua morta”. Anzitutto lo si studia nelle scuole per imparare la grammatica e quindi tradurre i classici latini: gli studenti devono, infatti, abituarsi all’esercizio di traduzione in vista dell’esame di maturità (che, per i licei classici, comprende, come seconda prova scritta, la versione in italiano di un brano in latino o greco, mediamente di 18-20 righe). Il latino (che fino al 4 Settecento era comunemente usato dai dotti e dagli studiosi nelle accademie e nelle università europee) è, poi, ancora usato nella Chiesa, dato che le encicliche, ossia i documenti ufficiali del Papa, sono in latino (tutte le encicliche, anche quando sono tradotte nelle lingue nazionali, conservano il titolo in latino: ricorda, ad esempio, la Pacem in terris, la Populorum progressio, la Redemptor hominis, la Deus caritas est (l’enciclica di Papa Benedetto XVI). Vi sono, poi, circoli e associazioni culturali come Latinitas, che si propongono di praticare e diffondere l’uso del latino come lingua viva: alcuni studiosi per adattare il latino all’uso moderno hanno creato neologismi (ossia “parole nuove”) in latino, come manuballistula, “pistola”, e altri un po’ bizzarri. Dunque lo studio del latino riesce certamente più impegnativo e difficile dell’inglese o di un’altra lingua europea, perché lo si studia, normalmente, non per fare conversazione ma per tradurre i testi latini (e anche per tradurre in latino dall’italiano, cosa che i professori oggi usano assegnare agli studenti meno spesso di un tempo). La pratica del latino, quindi, è soltanto scritta e non orale. Va però precisato che, in alternativa al metodo tradizionale di insegnamento (scandito dai seguenti momenti: studio della regola grammaticale – riconoscimento della regola nell’ambito testuale – lettura del testo – comprensione – traduzione), si sta diffondendo nelle scuole il “metodo natura”, inventato dal linguista danese Hans H. Ørberg, che si basa sull’immediato approccio alla lingua latina, attraverso la lettura di brani e dialoghi in latino via via più complessi. È, in sostanza, un’applicazione al latino della didattica delle lingue moderne, per cui dalla pratica orale e dalla comprensione del testo si risale alla regola: i docenti che hanno fatto uso del metodo di Ørberg se ne sono detti entusiasti, affermando di aver raggiunto nell’apprendimento del latino notevoli risultati da parte dei loro alunni.2 Per studiare proficuamente il latino occorrono perciò un continuo impegno, buona volontà, forti motivazioni (occorre rispondere anzitutto alla domanda se studiare latino sarà utile per quello che voglio fare o essere domani). Lo studio del latino richiede ordine mentale, concentrazione e memoria e, soprattutto, un impegno personale. Ricorda, quindi, queste due regole: 1) quando studi cerca di ottenere la massima concentrazione, e non distrarti, perché la distrazione in latino è sicura fonte di errori; 2) segui con attenzione le lezioni del professore, porta sempre i libri di testo (che sono uno strumento indispensabile: non si può lavorare bene con i libri del compagno) e abituati a lavorare da subito con il dizionario. Se non metterai buona volontà e impegno, lo studio del latino ti riuscirà subito difficile se non ostico. Prenderai brutti voti, ti tormenterai e darai dispiaceri a te stesso e ai tuoi genitori, che dovranno mandarti a ripetizione (le lezioni private costano). Ricorda, infine, che per affrontare lo studio del latino è indispensabile avere una buona base di cognizioni nella lingua italiana e in particolare nell’analisi logica. 2 Rimandiamo in proposito al contributo del Collega prof. Vacchiano, Per un approccio diverso al latino (vd. infra). 5 § 3 Che cos’è l’analisi logica. Conoscere l’analisi logica è un requisito indispensabile per affrontare lo studio del latino. L’analisi logica è lo studio delle funzioni che hanno le parole all’interno della frase semplice o proposizione (quella composta da soggetto, predicato e uno o più complementi). Le funzioni che hanno le parole all’interno della frase semplice, si chiamano funzioni logiche. § 4 Che cos’è la funzione logica. Le parole di una frase hanno una specifica funzione logica. Che significa ciò? Facciamo un semplice esempio che ti renderà più chiaro il concetto. Immaginiamo di avere davanti la pianta di un appartamento. Su questa pianta sono riportati i vari ambienti che formano la casa stessa: l’ingresso, il corridoio, il soggiorno, la camera da letto, la cucina, il bagno, i balconi, etc. La pianta, naturalmente, è necessaria perché indica (è) la disposizione dei vari ambienti nella casa. Allo stesso modo la funzione logica indica (è) la funzione che hanno le parole nell’impianto o struttura della frase italiana semplice o proposizione. Nell’impianto o struttura della frase, le funzioni logiche sono, per così dire, le “stanze” corrispondenti alle camere nella pianta della casa. La modalità di riconoscere le funzioni logiche delle parole nella frase è l’analisi logica. Si analizzano le parole nella frase per attribuire a ciascuna una specifica funzione logica. Si può anche dire che la funzione logica è il rapporto che lega ciascuna parola alle altre della medesima frase: la funzione logica serve dunque a capire i rapporti interni tra le parole della medesima frase. Una parola, ad esempio, fungerà da soggetto, ossia indicherà chi è che compie l’azione (se il verbo è attivo, ossia implica un soggetto che agisce) o chi la subisce (se il verbo è passivo, ossia implica un soggetto che subisce l’azione compiuta da un altro). Un’altra parola fungerà da predicato (ossia indica l’azione che il soggetto compie o subisce: il verbo in analisi logica si chiama predicato), un’altra ancora fungerà da complemento oggetto, ossia indicherà su chi transita, ovvero viene a effettuarsi, l’azione compiuta dal soggetto. Esempio di analisi logica: Marco mangia la mela. Marco = soggetto, mangia = predicato verbale, la mela = complemento oggetto. Marco è sincero. Marco = soggetto, è sincero = predicato nominale (formato dalla copula è più il nome del predicato sincero). Come si riconoscono, nella frase italiana, le funzioni logiche delle singole parole? Generalmente la funzione logica di una parola è data dalla posizione che ha la parola nell’ambito della frase a cui appartiene. V’è da premettere che le forme verbali sono predicati verbali e indicano l’azione compiuta o subita da un soggetto. Così la parola mangia indica il tipo di azione compiuto da Marco. Il predicato nominale invece indica una qualità o una condizione del soggetto, e si forma aggiungendo alla copula è un attributo o un’apposizione, che si chiamano parte nominale o nome del predicato (Marco è sincero, Cicerone è console). Ciò 6 detto, in una frase come Marco mangia la mela, la parola Marco, nome proprio di persona, indica il soggetto, ossia chi è che mangia la mela, perché è in prima posizione, prima del verbo mangia. La mela indica il complemento oggetto, ossia ciò che viene mangiato, perché la parola è posta dopo il predicato verbale e risponde alla domanda: chi? Che cosa? In una frase come Marco è sincero, è sincero, predicato nominale, indica la qualità del soggetto Marco. Dunque possiamo vedere che la funzione logica delle parole nella frase italiana è data dalla posizione che le parole occupano nel contesto della frase. Non è così nella frase latina. Se in italiano dico: il lupo divora l’agnello, dico una cosa molto chiara, ossia enuncio una frase in cui il soggetto lupo compie una certa azione verso l’agnello. Naturalmente non posso dire l’agnello divora il lupo, perché dico una cosa completamente diversa, anzi una cosa opposta (e che nella realtà, ovviamente, non si verifica). Dunque le funzioni logiche delle parole implicano un preciso, rigido ordine di queste nella frase. Perché si capisca che il lupo è soggetto, la parola lupo deve necessariamente precedere il verbo divora; perché si capisca che è l’agnello ad essere divorato, la parola agnello deve necessariamente seguire il verbo divora. Non si può prescindere da questo ordine, se si vuol significare che è il lupo che divora ed è l’agnello ad essere divorato. Passiamo al latino. La traduzione latina della frase il lupo divora l’agnello è letteralmente: lupus vorat agnum, ove lupus = lupo e agnum = agnello. Ma questa frase latina può anche scriversi così: lupus agnum vorat, agnum lupus vorat, agnum vorat lupus, vorat lupus agnum, vorat agnum lupus. Queste frasi latine hanno tutte lo stesso significato: il lupo divora l’agnello. Italiano Il lupo divora l’agnello corrisponde a: latino lupus vorat agnum lupus agnum vorat agnum lupus vorat agnum vorat lupus vorat lupus agnum vorat agnum lupus Come si vede dalla schema, mentre in italiano abbiamo una sola possibilità di espressione del significato che il lupo divora l’agnello, in latino ne abbiamo ben sei. Quindi in latino la funzione logica delle parole non dipende dalla posizione che hanno le parole all’interno della frase. Essa dipende da qualcosa d’altro. La funzione logica delle parole nella frase latina dipende dai casi. Alle funzioni logiche dell’italiano corrispondono i casi in latino. § 5 Che cosa sono i casi in latino. 7 I casi sono il modo di indicare la funzione logica della parola nella lingua latina. Nella frase lupus vorat agnum, che può scriversi in sei modi diversi, come abbiamo visto sopra, la parola lupus ha sempre la stessa funzione logica, quella di soggetto, perché è nel caso nominativo. Il caso nominativo in latino indica la funzione logica di soggetto. Tutte le parole che, nelle frasi latine, svolgono la funzione logica di soggetto, sono e devono essere nel caso nominativo. Se una parola non è in caso nominativo, quella parola non indica il soggetto della frase. Nella stessa frase lupus vorat agnum la parola agnum ha la funzione di complemento oggetto, perché è nel caso accusativo. In tutte le sei frasi latine, la parola agnum è nel caso accusativo e funge da complemento oggetto. Il caso accusativo indica in latino il complemento oggetto e tutte le parole che in latino hanno la funzione di complemento oggetto devono essere necessariamente nel caso accusativo. Più correttamente, perciò, quando si analizza la frase latina lupus vorat agnum si dice che lupus è nel caso nominativo e funge da soggetto, mentre agnum è nel caso accusativo e funge da complemento oggetto. I casi nella lingua latina sono sei e indicano le funzioni logiche fondamentali. Sono elencati così: il caso nominativo indica il soggetto, il caso genitivo indica il complemento di specificazione, il caso dativo indica il complemento di termine, il caso accusativo indica il complemento oggetto, il caso vocativo indica il complemento di vocazione, il caso ablativo indica vari complementi (mezzo o strumento, compagnia, origine o provenienza, agente, causa, etc.). Casi Nominativo Genitivo Dativo Accusativo Vocativo Ablativo Funzioni logiche principali Soggetto Complemento di specificazione Complemento di termine Complemento oggetto Funzioni logiche Soggetto Complemento di specificazione Complemento di termine Complemento oggetto Complemento di vocazione Complemento di mezzo o strumento, compagnia, origine o provenienza, agente, causa, etc. A cosa servono Indica chi compie o subisce qualcosa Indica di chi è qualche cosa Indica a chi si dà o si fa qualche cosa Indica su chi o su che cosa cade direttamente l’azione espressa dal verbo 8 Complemento di vocazione Complemento di mezzo o strumento Complemento di compagnia Complemento di origine o provenienza Complemento di agente Complemento di causa efficiente Complemento di tempo determinato Complemento di tempo continuato Complemento di stato in luogo Complemento di moto a luogo Complemento di moto da luogo Complemento di moto per luogo Complemento di causa Complemento di fine Complemento di materia Complemento di argomento Indica a chi il soggetto si rivolge Indica il mezzo, lo strumento con cui il soggetto esegue l’azione Indica la persona insieme con la quale il soggetto compie l’azione Indica da dove proviene, ha origine il soggetto Indica da chi è compiuta l’azione espressa dal verbo Indica da che cosa è compiuta l’azione espressa dal verbo Indica il momento in cui si svolge l’azione Indica per quanto tempo si svolge l’azione Indica dove si trova una determinata persona, animale o cosa Indica dove si dirige una determinata persona, animale o cosa Indica da dove viene una determinata persona, animale o cosa Indica per dove transita una determinata persona, animale o cosa Indica per quale causa una determinata azione si svolge Indica per quale scopo una determinata azione si svolge Indica la materie di cui è fatto un oggetto Indica l’argomento su cui verte un libro, una discussione, un discorso Il caso nominativo, l’accusativo e il vocativo sono casi diretti, perché corrispondono a funzioni logiche dirette, ossia a parole che si legano direttamente al verbo, senza l’ausilio delle preposizioni; il caso genitivo, il dativo e l’ablativo sono casi indiretti o obliqui, perché corrispondono a funzioni logiche indirette, ossia a parole che si legano al verbo indirettamente, con l’aiuto delle preposizioni. Tutti i complementi italiani, perciò, sono espressi in latino dai casi. Come si distinguono i casi tra di loro? Prendiamo le due frasi seguenti: lupus vorat agnum “il lupo divora l’agnello” 9 lupus vorat agnum il lupo divora l’agnello (lupus nominativo = soggetto) venator necat lupum venator necat il cacciatore uccide “il cacciatore uccide il lupo” lupum il lupo (lupum accusativo = complemento oggetto) Nella prima frase lupus è nel caso nominativo e funge da soggetto. Nella seconda frase lupum è nel caso accusativo e funge da complemento oggetto. In cosa si distinguono le due parole? Come vedi, si distinguono dalla terminazione: lupus termina in –us, lupum termina in –um. Dunque, lupus e lupum presentano una parte fissa, invariabile (lup–), e una parte finale variabile (−us e –um). La parte fissa si chiama radice (o tema), la parte variabile terminazione o uscita. radice luplup- terminazione -us -um caso nominativo accusativo Il termine “caso” deriva dalla radice del verbo caděre (leggi: càdere), “cadere”, e significa propriamente “caduta”. I grammatici latini, creando il termine casus corrispondente al greco πτωωσις (leggi: ptosis), usarono casus, ossia “caso”, per significare che le parole si concludono, cioè “cadono” ora in un modo ora in un altro. Quindi possiamo dire che il caso si identifica con la terminazione della parola. § 6 Che cosa sono le terminazioni e le desinenze. Le terminazioni costituiscono la parte variabile delle parole latine, precisamente dei nomi, aggettivi, pronomi, participi, e servono a indicare i casi. La funzione delle terminazioni è quella di indicare i casi e quindi la funzione logica della parola. Una parola nel caso nominativo, e dunque con la funzione di soggetto, deve avere la terminazione del caso nominativo: nel caso di lupus, deve avere la terminazione –us, quella, appunto, del nominativo. Diciamo quindi che la parola lupus è in caso nominativo, perché ha la terminazione –us del nominativo. Lo stesso vale per tutti gli altri casi: il caso genitivo ha una sua propria terminazione, il caso dativo un’altra, il caso accusativo un’altra ancora, e così via. Le terminazioni sono propriamente costituite da elementi più piccoli, chiamati desinenze: per esempio, in lupus la lettera finale –s è la desinenza originaria del caso nominativo. Ma i grammatici latini non distinguevano più tra desinenze e terminazioni, e la conoscenza delle desinenze ha valore solo per un discorso di grammatica storica, ossia per lo studio della evoluzione storica del 10 latino. Studierai, perciò, le desinenze con il tuo insegnante, se vorrà fare un discorso più approfondito. Quello che è importante ricordare sono le terminazioni. Sono queste che indicano i casi. Quante sono le terminazioni? Le terminazioni sono sessanta (trenta per il singolare e trenta per il plurale) e vanno imparate tutte e bene. Se non si imparano bene le terminazioni, si rischia di confondere i casi e di non capire, perciò, la funzione logica della parola nella frase: prendere lupum per nominativo, e dargli il valore di soggetto (quando invece è accusativo, dunque complemento oggetto), porta a fraintendere completamente il senso della frase in cui esso compare. Se traduci, ad esempio, una frase che significa letteralmente “il cacciatore uccide il lupo” (venator necat lupum) come se fosse “il lupo uccide il cacciatore”, intendi il contrario di quello che la frase realmente significa. È così che, purtroppo, si sbagliano le traduzioni e si prendono brutti voti a scuola. Gli errori peggiori nei compiti di latino sono quelli causati da fraintendimento. § 7 La declinazione. Abbiamo detto che le terminazioni delle parole (sostantivi) sono sessanta. Le terminazioni sono raggruppate in insiemi chiamate declinazioni. La declinazione è la flessione della parola (sostantivo), ossia il mutamento della sua parte finale per il cambiamento della terminazione. Torniamo agli esempi precedenti: Lupus vorat agnum il lupo divora l’agnello La terminazione –us di lupus ci dice che si tratta di un nominativo e dunque lupus è il soggetto. Venator necat lupum il cacciatore uccide il lupo La terminazione –um di lupum ci dice che si tratta di un accusativo e dunque lupum è complemento oggetto. L’insieme o serie delle terminazioni che ha un nome quando è nei sei casi sopra esposti (ossia nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo) si chiama declinazione. Declinare un nome significa enunciare le sei forme che questo nome può assumere quando è in ciascuno dei casi sopra elencati. Le declinazioni in latino sono cinque e ciascuna comprende sei terminazioni diverse (una per ogni caso), al singolare e al plurale. Le cinque declinazioni latine si distinguono per la terminazione (o uscita) del genitivo singolare, che è sempre diversa. La prima declinazione ha la terminazione del genitivo in –ae, la seconda declinazione il genitivo uscente in –i, la terza declinazione il genitivo uscente in –is, la quarta declinazione il genitivo uscente in –us, la quinta declinazione il genitivo uscente in –ei. Togliendo la terminazione, la parte della parola che rimane si chiama tema. 11 Declinazione Terminazione del genitivo singolare Esempi Tema del I declinazione -ae II declinazione -i III declinazione -is IV declinazione -us V declinazione -ei Rosae della rosa lupi del lupo Consulis del console Fructus del frutto Diei del giorno sost anti vo3 roslupconsulfructdi- Di seguito diamo lo specchietto delle cinque declinazioni indicando, per ogni declinazione, un esempio di flessione del sostantivo e le sue terminazioni al singolare e al plurale. Precisiamo che i generi dei nomi latini sono tre: il genere maschile, il genere femminile e il genere neutro (che si usa generalmente per designare esseri inanimati e concetti astratti). Lo studio delle declinazioni e delle loro particolarità va completato sulla grammatica latina. PRIMA DECLINAZIONE (declinazione di rosa, femminile, “la rosa”) Caso Nominativo Genitivo Dativo Accusativo Vocativo Ablativo singolare rosa rosae rosae rosam rosa rosa terminazioni -a -ae -ae -am -a -a plurale rosae rosàrum rosis rosas rosae rosis Terminazioni -ae -arum -is -as -ae -is SECONDA DECLINAZIONE (declinazione di amicus, maschile, “l’amico”) Caso Nominativo Genitivo 3 singolare amicus amici terminazioni plurale Terminazioni -us amici -i -i amicòrum -orum Sarebbe però più corretto parlare di radice della parola. 12 Dativo Accusativo Vocativo Ablativo amico amicum amice amico -o -um -e -o amicis amicos amici amicis -is -os -i -is TERZA DECLINAZIONE (declinazione di consul, maschile, “il console”) Caso Nominativo Genitivo Dativo Accusativo Vocativo Ablativo singolare consul cònsulis cònsuli cònsulem consul cònsule terminazioni Varia -is -i -em come nom. -e plurale cònsules cònsulum consùlibus cònsules cònsules consùlibus Terminazioni -es -um -ibus -es -es -ibus QUARTA DECLINAZIONE (declinazione di fructus, maschile, “il frutto”) Caso Nominativo Genitivo Dativo Accusativo Vocativo Ablativo singolare fructus fructus fructui fructum fructus fructu terminazioni -us -us -i -um -us -u plurale fructus frùctuum frùctibus fructus fructus frùctibus Terminazioni -us -uum -ibus -us -us -ibus QUINTA DECLINAZIONE (declinazione di dies, maschile, “il giorno”) Caso Nominativo Genitivo Dativo Accusativo Vocativo Ablativo singolare dies diei diei diem dies die terminazioni -es -ei -ei -em -es -e plurale dies dièrum dièbus dies dies dièbus § 8 La coniugazione. Terminazioni -es -erum -ebus -es -es -ebus 13 Come abbiamo detto, la flessione del nome si chiama declinazione. La flessione del verbo, invece, si chiama coniugazione. In latino vi sono quattro coniugazioni. Le coniugazioni si distinguono secondo la terminazione dell’infinito presente nella forma attiva: la prima coniugazione comprende verbi che hanno l’infinito presente uscente in –are, del tipo laudare (leggi: laudàre), “lodare”; la seconda coniugazione comprende verbi che hanno l’infinito presente uscente in –ēre, del tipo monēre (leggi: monère), “ammonire”, la terza coniugazione comprende verbi che hanno l’infinito presente uscente in –ĕre, del tipo legĕre (leggi: lègere), “leggere”; la quarta coniugazione comprende verbi che hanno l’infinito presente uscente in –ire, del tipo audire (leggi: audìre), “udire”. Alcune grammatiche individuano anche una coniugazione “mista”, composta da verbi con l’infinito presente in –ĕre e con forme della quarta coniugazione (del tipo capio, capĕre), “prendere”. I verbi latini hanno la coniugazione attiva e passiva. I verbi deponenti sono quei verbi che hanno la forma passiva ma il significato attivo. I verbi latini hanno i seguenti modi: indicativo, congiuntivo, imperativo, infinito, participio, gerundio (che non corrisponde al gerundio italiano, ma rappresenta la declinazione dell’infinito), gerundivo (che è un aggettivo verbale), supino (antico accusativo in –um indeclinabile, esprime la finalità dell’azione). Manca, come si vede, il modo condizionale italiano: in latino il condizionale è tradotto dal congiuntivo imperfetto e dal congiuntivo piuccheperfetto. I tempi dei modi sono i seguenti. L’indicativo ha il tempo presente, imperfetto, futuro semplice, perfetto (corrispondente al passato prossimo, passato remoto, trapassato remoto italiani), piuccheperfetto (corrispondente al trapassato prossimo), futuro anteriore. Il modo congiuntivo ha il tempo presente, imperfetto (corrispondente anche al condizionale presente italiano), perfetto (corrispondente al congiunto passato), piuccheperfetto (corrispondente al congiuntivo trapassato e anche al condizionale passato italiano). L’imperativo ha il tempo presente e futuro. L’infinito ha il tempo presente, perfetto e futuro. Il participio ha il tempo presente, perfetto (proprio della coniugazione passiva) e futuro. Il gerundio è proprio della coniugazione attiva, il gerundivo della coniugazione passiva, il supino ha le forme attiva e passiva. La tabella seguente mostra la coniugazione del presente indicativo attivo delle quattro coniugazioni. Anche nelle voci verbali si distinguono una parte fissa, il tema, e una parte variabile, la terminazione o uscita. PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 1ª CONIUGAZIONE PERSONA Sing. 1ª 2ª 3ª Plur. 1ª I coniugazione laudare Laudo Laudas Laudat Laudamus “lodare” terminazioni -o -as -at -amus 14 2ª 3ª Laudatis Laudant -atis -ant PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 2ª CONIUGAZIONE PERSONA II coniugazione monēre “esortare” Sing. 1ª 2ª 3ª Plur. 1ª 2ª 3ª terminazioni Moneo Mones Monet Monemus Monetis Monent -eo -es -et -emus -etis -ent PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 3ª CONIUGAZIONE PERSONA III coniugazione legĕre “leggere” Sing. 1ª 2ª 3ª Plur. 1ª 2ª 3ª terminazioni Lego Legis Legit Lègimus Lègitis Legunt -o -is -it -imus -itis -unt PRESENTE INDICATIVO ATTIVO DELLA 4ª CONIUGAZIONE PERSONA Sing. 1ª 2ª 3ª Plur. 1ª 2ª 3ª IV coniugazione audire “ascoltare” Audio Audis Audit Audimus Auditis Audiunt terminazioni -io -is -it -imus -itis -iunt 15 § 9 Le parti del discorso in latino. Le parti del discorso nella lingua latina sono: il nome (sostantivo), l’aggettivo, il verbo, il pronome, l’avverbio, la preposizione, la congiunzione, l’interiezione. Manca l’articolo. Il nome, l’aggettivo, il pronome si declinano. Il verbo si coniuga. L’avverbio, la preposizione, la congiunzione, l’interiezione sono forme fisse, invariabili. § 10 Come cercare le parole nel dizionario latino. È bene abituarsi da subito ad usare il dizionario di latino per tradurre le frasi e i brani dal latino. Molto tempo per i compiti in classe si perde nel cercare le parole sul dizionario, a causa della scarsa dimestichezza che molti studenti continuano ad avere con questo fondamentale strumento per lo studio della lingua latina. Il dizionario di latino (il più usato nella scuola è il Castiglioni-Mariotti, ed. Loescher) si compone di due parti, una parte latino-italiano e un’altra parte italiano-latino. Per cercare e trovare rapidamente i vocaboli (chiamati lemmi) sul dizionario nella parte latino-italiano, occorre sapere che: i nomi sono dati nella forma del nominativo singolare. Quindi, se si trova in una frase la parola lupum (accusativo), occorre risalire al nominativo singolare lupus; gli aggettivi sono dati nelle tre uscite del maschile, del femminile e del neutro; i pronomi sono registrati nella forma del nominativo singolare; i verbi sono dati alla prima persona singolare, seguita dalla prima persona del perfetto, dal supino e dall’infinito (questa elencazione di forme si chiama paradigma ed è il modello della coniugazione di un dato verbo: ad esempio, il paradigma di laudare è laudo, laudas, laudavi, laudatum, laudare; le preposizioni, le congiunzioni, gli avverbi, le interiezioni sono registrati come forme fisse. § 11 Analogie e differenze tra il greco e il latino. La struttura linguistica del greco, lingua il cui studio è ancora più impegnativo del latino (il greco antico è davvero una lingua morta, che è attestata solo dalle iscrizioni e dall’imponente patrimonio letterario giuntoci dall’antichità classica), è analoga a quella del latino. A differenza del latino, il greco ha l’articolo, ha tre declinazioni e possiede un sistema verbale assai complesso. Inoltre lo studio del greco necessita anche di cognizioni di fonetica (lo studio delle varie “leggi” fonetiche). 16 La prima difficoltà del greco è l’alfabeto greco. Elenchiamo di seguito l’alfabeto greco (sono date prima le lettere maiuscole, poi le minuscole, il nome della lettera e il suono corrispondente): Lettere Α α Β β Γ γ Δ δ Ε ε Ζ ζ Η η Θ θ Ι ι Κ κ Λ λ Μ μ Ν ν Ξ ξ Ο ο Π π Ρ ρ Σ σ ς Τ τ Υ υ Φ φ Χ χ Kh Ψ ψ Ω ω Trascrizione A B G D Ĕ Z Ē Th I K L M N Xi Ŏ P R S T Y Ph Chi Ps Ō Nome italiano Alfa Beta gamma Delta épsilon Zeta Eta Teta Iota Kappa lambda Mi Ni X òmicron Pi Ro Sigma Tau ìpsilon Fi ch aspirata come in ted. Reich Psi omèga Pronuncia convenzionale A B g dura come in ghiro D e breve, chiusa z sonora come in zero e lunga, aperta th sordo come in ingl. thanks I c sordo come in cosa L M N X o breve, chiusa P R S T ü francese F Ps o lunga, aperta Esempi di parole greche: γλυκύς (leggi: glüĸǘs, “dolce”, agg.) ̉ έλαφος (leggi: élafos, “cervo”, sost.) πλοιωον (leggi: plòion, “nave”, sost.) άναξ ̉ (leggi: ànax, “signore”, sost.) § 12 Perché studiare il latino. 17 Il latino si studia anzitutto per imparare la lingua degli antichi Romani, in modo da poter leggere i testi della letteratura latina, ossia le opere di Cesare, Cicerone, Virgilio, Orazio, Seneca, etc. e apprezzare la cultura e i valori spirituali (i valori dell’umanesimo) che esse ci hanno trasmesso, valori che sono alle radici della storia della civiltà europea e del pensiero occidentale. I latini e i greci sono i padri della nostra cultura occidentale: conoscerli significa avere consapevolezza della nostra storia, del nostro passato. Oggi essere consapevoli del nostro passato, della nostra storia è necessario soprattutto perché il mondo ci mette a contatto, di fronte a persone provenienti da paesi diversi e portatori di altre tradizioni culturali e religiose, che talvolta si pongono in posizione di sfida con le nostre. La cultura classica greco-romana, la tradizione ebraica e il cristianesimo (le radici giudaico-cristiane, come ha detto il Papa Benedetto XVI) sono quindi le radici dell’Europa. Inoltre il latino permette di migliorare il lessico (attraverso lo studio delle etimologie, ossia dei processi di derivazione delle parole italiane da quelle latine) e le capacità linguistiche nell’italiano. Quindi lo studio del latino serve a: conoscere le proprie radici linguistiche e culturali; acquisire la capacità di esprimersi con ordine, proprietà e chiarezza; migliorare le competenze nella lingua italiana; conoscere il patrimonio letterario della civiltà classica, quale espressione di valori universali, ossia validi per tutti e sempre attuali; compiere la propria maturazione spirituale e intellettuale per diventare cittadini consapevoli dei diritti e dei doveri verso la propria comunità; acquisire un patrimonio culturale e una capacità di esprimersi superiore a chi non ha studiato il latino. Occorre applicarsi con costanza e attenzione: in principio lo studio sarà difficile, ma poi ricompenserà le fatiche con frutti che non andranno perduti, perché la cultura è un patrimonio esclusivamente personale che si può solo acquistare, mai togliere.