L’intervallo
numero unico liceo A.F.Formiggini 2014/2015
Gli studenti in marcia per dire no alla mafia
Tanti ragazzi del liceo Formiggini al corteo organizzato da Libera a Bologna il 21 marzo
Un momento del corteo
Ho visto decine di autobus allinearsi
nella zona riservata e da questi ho visto
scendere centinaia di persone di qualsiasi età, sesso e colore politico. Ho visto
ragazze con i capelli colorati e con i fiori infilati tra le ciocche. Ho visto ragazzi
con pantaloni enormi camminare cantando e formare, muovendo a ritmo le
braccia, una sorta di onda, mentre ai
lati i passanti li fissavano impassibili.
Il 21 marzo la primavera è esplosa e
un’invasione di colori si è riversata nelle strade: arancione, giallo, azzurro,
rosso.
Anche lo squallore degli appartamenti e dei bar della periferia sembrano
riprendere vigore al passaggio del
corteo, annualmente organizzato da
Libera per ricordare le vittime della
mafia e per ribadire il bisogno di legalità nel Paese. Ci sono i no global che
cantano i Rage Against the Machine,
con una cassa montata su un Fiorino;
alcuni studenti invece l’hanno posta
all’interno di un carrello da spesa e
cantano “Non siete Stato voi” di Caparezza e, come contrappeso, a fianco ci
sono studenti infilati nelle loro maglie
arancioni che cantano “Falcone ce l’ha
insegnato, la mafia si combatte con lo
Stato”.
Eppure quando si entra nel corteo ci
si sente quasi risucchiati da un’entità
superiore: tutte quelle persone, quei
gruppi, quei ragazzi, così diversi tra
loro, sembrano far parte di una stessa
macchina, uno dipendente dall’altro.
La marcia dura quasi due ore. Ci sono
le anziane, con i loro vestiti sbiaditi a
fiori che arrivano fin sotto al ginocchio
e un paio di pantofole nere, affacciate
alla finestra, che salutano stringendo
ancora in mano il bastone della scopa.
Ci sono i giovani hipster che vengono
fuori dalle facoltà, indossando occhiali da sole enormi, camicie a quadri e
clarks, sfoggiando le loro barbe folte,
fissando i passanti che cantano “Bella
ciao” o “I 100 passi”, pentendosi di non
essere rimasti a casa ad ascoltare i Flaming Lips. Ci sono i negozianti vestiti
ordinati, con la camicia infilata dentro
ai pantaloni, che scrutano il corteo con
occhi di fuoco quasi a voler dire “smettila di disturbarmi la clientela”. Ci sono
le famiglie che spingono il passeggino
con un sorriso praticamente scolpito
sul volto, nascosto anche questo da
occhiali da sole enormi. Alla fine della camminata, gli occhi si illuminano
a vedere piazza VIII agosto che ribol-
le di persone e colori. Da entrambe le
parti ci sono stand gastronomici di organizzazioni più o meno politicizzate.
Banchetti con le bandiere trionfanti di
Syriza. Quelli che vendono gadget di
Libera. Quelli che ti vogliono vendere
un bicchiere di lambrusco, del gnocco e
qualche minuto di chiacchiere leggere
e spensierate.
La lettura dei nomi è anch’essa una
marcia. È lo scandire ritmico, serrato,
di varie voci che si alternano sul palco,
da Paolo Ferrero, ad Antonio Grasso
alla giovanissima Elly Schlein. Quando queste voci finiscono, quando il
battito si esaurisce, subentra la voce
di don Ciotti che tutti i presenti ascoltano in un silenzio che sa di religioso.
Il suo discorso naviga dalla legge sulla
corruzione in attesa di approvazione,
alla responsabilità civile dei magistrati, passando per la crisi e le misure
contro la povertà che non sono solo
rimedi economici, ma, come lui stesso
li definisce, sono rimedi alla malavita.
Perché un giovane che vive in mezzo al
degrado e alla precarietà non può che
trovare conforto nelle dolci braccia
della violenza e dell’intimidazione: in
una parola della mafia.
La piazza sembra prendere ancora più
vigore quando don Ciotti dice “c’è chi
si preoccupa di cacciare gli immigrati
quando dovremmo cacciare i mafiosi e
i criminali”. Terminati i discorsi, migliaia di palloncini bianchi oscurano il cielo. Ognuno di essi ha un nome. Ognuno di quei palloncini è una persona in
cerca di giustizia. Silenzio.
Mattia Marasti
Alcuni studenti insieme a don Ciotti
viaggio nella memoria L’intervallo
Emozioni
Da “Bolonia” alla Polonia
Gelo, fuori e dentro, accompagnato
da un silenzio quasi assordante. Questo è stato il primo impatto con Treblinka: un’immensa distesa di pietre,
ognuna diversa dalle altre, come era
diversa ogni persona che è passata da
quel cammino.
Nel museo connesso al campo mi ha
colpito la testimonianza di uno dei
pochi sopravvissuti: era stato scelto
per smistare i vestiti degli ebrei appena arrivati e, un giorno, nel mucchio,
aveva trovato il cappotto della sua
sorellina, con l’aggiunta di tessuto
fatta dalla mamma perché lei era cresciuta. Pochi istanti dopo aveva tra le
mani la gonna dell’altra sorella: capì
così di averle perse entrambe.
Nonostante tutti gli incontri fatti in
preparazione o i libri letti, non si parte mai pronti del tutto a un viaggio
del genere, a passare sotto la celebre
iscrizione del cancello d’ingresso di
Auschwitz, ad entrare in una camera
a gas, a camminare sulle rotaie che
hanno trasportato così tante persone
alla morte. Ho vissuto momenti che
resteranno impressi per sempre dentro di me.
“Probabilmente la zona attorno ad
Auschwitz è il più grande cimitero al
mondo, senza tombe né nomi” ha
spiegato la guida. Secondo la cultura
ebraica, ogni vita è un microcosmo e
la Shoah rappresenta l’eliminazione
dalla faccia della terra, in nome dell’ideologia antisemita, di 6 milioni di
unicità, che non torneranno mai più. I
numeri delle vittime che ci siamo trovati davanti in ogni campo sono così
grandi che viene spontaneo associarli
a qualcosa di concreto come i fili d’erba in un prato immenso o i granelli di
sabbia di una spiaggia.
Nemmeno le stelle del cielo sembrano
abbastanza per rappresentare 6 milioni di uomini. Ciascuno di essi non
aveva il diritto di coltivare le proprie
passioni, di sognare, di sperare, di
sbagliare...di VIVERE?
Tornata da questo viaggio sento quasi il dovere di vivere anche per chi non
ha avuto la possibilità di farlo, per chi
ha perso tutto, dalla libertà di scegliere alla propria identità e di trattare la
vita come la rosa più bella e delicata,
così fragile che bastano un cenno e
pochi istanti per farla scomparire.
Giulia Zilibotti
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Il viaggio degli studenti tra i campi di sterminio degli ebrei
I ragazzi in visita al campo di Auschwitz
L’11 marzo è iniziato il viaggio di 20
ragazzi di quarta e quinta del liceo,
accompagnati dai professori Gianpaolo Anderlini e Adriano Nicolussi, per
visitare i campi di sterminio polacchi
e per approfondire vari aspetti della
cultura ebraica. L’itinerario è molto
impegnativo: partendo dal nord della
Polonia, gli studenti sono scesi fino al
confine meridionale con la Slovacchia
e la Repubblica Ceca, giungendo infine a Cracovia. Il viaggio ha preso il via
dalla fredda capitale Varsavia e dalla
visita del suo ghetto ebraico, istituito
a partire dal 1940; la visita al museo
dei 1000 anni di storia degli ebrei polacchi è stata fondamentale per comprendere le antiche origini di questo
popolo e la sua complessità. Il gruppo
ha proseguito il viaggio verso Treblinka, il primo campo di sterminio, che si
presenta come una infinita distesa di
pietre: alcune riportavano nomi, altre
no, ognuna rappresentava una comunità ebraica sterminata nel campo.
Dopo aver visitato Lublino, città nella
quale a partire dal 1939 venne istituito un ghetto ebraico, la comitiva si è
diretta verso altri due campi di sterminio: Sobibór e Belzec.
Il primo è costituito da un memoriale
rotondo ricoperto da piccole pietre,
ognuna rappresentante una vittima
del campo. Il sentiero per raggiungerlo passa attraverso un bosco ed è uno
stretto corridoio alberato, situato
nello stesso punto in cui si presume si
trovasse il percorso che conduceva gli
ebrei alle camere a gas, ironicamente chiamato Himmelstraße, ovvero
strada per il cielo. Belzec è, invece,
costruito su una collina, ricoperta da
massi neri, in mezzo alla quale si apre
una strada sempre più stretta e con le
pareti laterali sempre più alte, che da
a chi la percorre una forte sensazione di oppressione. I ragazzi hanno poi
fatto tappa a Lejansk, dove si trovano
la tomba del rabbi Elimelek e una viva
comunità di ebrei chassidici, che celebrava la festa dello shabbat. Il viaggio
è continuato alla volta di Tarnów, famosa per la strage di ebrei avvenuta
nella sua piazza principale, in leggera
pendenza, nella quale si racconta che
il sangue delle vittime sia sceso verso
il basso come un fiume.
Dopo la visita dell’antico e grandissimo cimitero ebraico della città, gli
studenti hanno raggiunto Cracovia,
città viva e dinamica, che ospita la
piazza del mercato più grande d’Europa, per visitare, tra l’altro, una
piccola sinagoga con il suo cimitero.
Giunti quasi alla fine del loro viaggio,
sono arrivati al lager più conosciuto,
Auschwitz, campo di lavoro e di sterminio. All’interno del campo sono
presenti le baracche originali e anche
la prima camera a gas, che rappresenta anche l’unica rimasta intatta. Ben
presto questo campo si dimostrò insufficiente a contenere i prigionieri,
quindi venne costruito un secondo
campo a 3 km di distanza, Auschwitz
- Birkenau, traduzione tedesca di
“luogo delle betulle” perché il terreno sul quale è stato costruito era un
vasto bosco. Auschwitz II è immenso,
2 km per 800 metri, e ospitava tantissime baracche, all’interno delle quali i
ragazzi sono potuti entrare.
Il viaggio è giunto al termine e gli
studenti hanno preso la via del ritorno, arricchiti nel profondo da questa
esperienza.
Giulia Zilibotti
Sara Fregni
giovani e dipendenze
Vuoi una sigaretta? Uno su quattro dice sì
L’intervallo
Dal nostro sondaggio, al liceo Formiggini su 698 studenti contattati fuma il 28.4%
Al liceo uno studente su quattro
fuma sigarette. Dal sondaggio realizzato dal nostro giornale, su un
campione di 698 studenti del Formiggini che hanno accettato di
compilare un piccolo questionario,
il 28.4% si dichiara fumatore. Le ragazze fumano di più: su un totale di
404, hanno risposto “sì, fumo” in
142, cioè il 35.1%. Dei 294 ragazzi del
campione il 19% fuma (56 in valore
assoluto).
Tra i maschi, l’indirizzo in cui sembra ci siano più amanti del fumo è
lo scientifico, seguito poi da economico sociale, linguistico e scienze umane con una media simile
di casi; la palma dell’indirizzo più
salutista spetta al classico, in cui i
numeri sono ancora più bassi. Per
quanto riguarda le femmine invece
troviamo la maggior concentrazione di fumatrici al linguistico; tra le
studentesse dell’economico sociale,
dello scientifico e di scienze umane
i numeri si dimezzano.
Il classico anche in questo caso si
posiziona all’ultimo posto con una
decina di fumatrici in tutto.
È anche positivo che 23 ragazzi abbiano dichiarato di aver iniziato e
poi smesso di fumare. La maggior
parte degli studenti e delle studentesse fuma dalle 0 alle 5 sigarette
al giorno, anche se c’è qualcuno che
se ne concede di più. Tuttavia, pochi
studenti liceali ne fumano addirittura più di 15.
Per quanto riguarda l’età, la maggior parte dei maschi comincia a 16
anni, mentre le femmine cominciano già tra i 14 e i 15.
Il numero dei fumatori di entrambi
Dipendenze tra i giovani
L’incontro della redazione con il comandante Stefano Faso
L’uso inconsapevole di sostanze dannose porta molti giovani a sviluppare delle dipendenze. Il comandante della
polizia municipale Stefano Faso, che ringraziamo, ha accettato di incontrare la redazione e di raccontare la propria
esperienza. “Gli adolescenti - ha detto - hanno bisogno di
sperimentare, ma sarebbe necessario confidarsi con qualcuno più grande, per capire quali siano i rischi che corrono
anche per il proprio futuro”. Alle nostre domande ha rispo-
i sessi è abbastanza alto nella fascia tra i 18 e i 19 anni, evidenziando
come la dipendenza cresca all’aumentare dell’età.
Veronica Festi
I dati sono stati raccolti ed elaborati da
Hamza Bentaleb e Veronica Festi. Si
ringraziano tutti coloro che hanno dato
una mano, in particolare Marco Turetta
e gli studenti e i professori che hanno
gentilmente collaborato.
sto dicendo che l’età media in cui ci si avvicina alle sostanze
che creano dipendenza si sta abbassando; ciò è dovuto alla
tendenza a chiudersi in se stessi e fare scelte irresponsabili.
Faso ha sottolineato l’importanza dei genitori, che dovrebbero cercare di aprire un dialogo con i propri figli, evitando
di limitare l’intervento alla sola punizione. I ragazzi d’altro
canto, dovrebbero tenere presente che denunciare l’abuso
di certe sostanze da parte di un coetaneo è il modo migliore per aiutarlo, per evitare che il danno diventi ancora più
grande. La tentazione di provare certe sostanze può essere
maggiore in persone che hanno problemi, ma non risparmia anche chi è mosso da semplice curiosità. Nonostante
la difficile situazione economica questo è un settore che
non conosce crisi: sono in aumento il consumo di droghe e
un altro particolare tipo di dipendenza: il gioco d’azzardo.
“L’unico modo per far diminuire il consumo delle sostanze
che portano ad avere dipendenze dannose per la salute conclude il comandante - è ridurre la domanda, per far entrare in crisi il sistema, ma questo è difficile poiché il consumo di droghe è un uso ormai comune nella nostra società.
Ciò che possono fare le forze dell’ordine, oltre ad intervenire pesantemente contro le infrazioni e lo spaccio, è fornire
un quotidiano esempio di educazione civica e di legalità”.
Elena Iacuzio
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scuola e mondo
L’intervallo
Progetto Comenius, a scuola nel mondo
Gli studenti di scuole di Paesi diversi condividono momenti di lavoro e di divertimento
Il progetto Comenius dal 1995 cerca di
rafforzare l’unione tra i vari stati Europei. Da allora più di 35mila scuole
sono state coinvolte e tra queste anche il liceo Formiggini con le sue classi
quarte, del linguistico e del classico.
Quest’anno gli scambi sono avvenuti
con ragazzi tedeschi e olandesi. Per
una settimana gli studenti stranieri
sono stati ospitati dagli italiani e viceversa. Cosa avviene in questi giorni? L’obiettivo principale è quello di
migliorare la conoscenza della lingua
inglese, ma anche acquisire consapevolezza dell’importanza e delle opportunità derivanti dall’incontro con
culture differenti. In questa settimana
vengono organizzati “The games without frontiers” in cui i ragazzi si sfidano con lo scopo di favorire uno spirito
di collaborazione tra studenti di diverse nazionalità. La creatività dei ragazzi
si esalta poi nell’organizzazione delle
feste: si sceglie un tema e si organizza tutto in base a quello. Quest’anno
l’argomento scelto è stato gli anni ’20
in stile “il Grande Gatsby”; la succursale è stata allestita per l’occasione.
Due dj mettevano musica, alcuni studenti hanno organizzato il rinfresco e
tutti indossavano abiti da charleston.
La seconda festa invece “Erasmus +
party” si è svolta nella palestra della
sede ed è stata aperta a tutti. Anche
in questa occasione si è tenuto un rinfresco e i muri sono stati decorati da
cartelloni in tema Expo: palloncini colorati che attaccati insieme creavano
dei frutti mentre un video proiettore
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continuamente mostrava le foto della
settimana appena trascorsa insieme.
Durante la serata le varie classi (italiane, tedesche e olandesi) si sono esibite in balli divertenti per intrattenere il
pubblico. Oltre ai giochi e le feste gli
studenti hanno preso parte a uscite
didattiche: i professori hanno organizzato visite ad un caseificio, ad un
salumificio, a un’acetaia e alcuni studenti hanno partecipato ad una lezione su come si preparano i tortelloni.
Gli stranieri sono riusciti così a cono-
Un gruppo di ragazzi del progetto
scere molti prodotti tipici dell’EmiliaRomagna, ma anche gli italiani hanno
scoperto alcuni segreti gastronomici
del nostro territorio. Il mercoledì gita
di gruppo a Venezia, dove gli studenti
hanno organizzato l’intera giornata e,
divisi in micro-gruppi, hanno guidato i
coetanei per la città. Il venerdì mattina invece è stato il turno della visita al
palazzo ducale di Sassuolo.
Poi i saluti a fine settimana con l’arrivederci al mese successivo.
Serena Pennella
L’Expo nei workshop dei ragazzi
I giovani lanciano la campagna slow food, per il cibo di domani
Il tema dell’Expo di Milano di quest’anno è il “Cibo” e anche i workshop del progetto Erasmus + (Comenius) si impegnano a promuovere tale argomento. Gli
studenti che partecipano devono sviluppare con le proprie mani dei cartelloni e
dei video (che potranno apparire durante la manifestazione), creati per descrivere in breve il pensiero personale sull’argomento scelto. I ragazzi sono divisi in
gruppi e ogni team deve scegliere un micro-argomento, informarsi su di esso e
preparare il tutto. In questo caso, la scelta era veramente ampia e l’argomento
ricco di spunti interessanti; basti solo pensare a quante riflessioni e opinioni
possano esserci e quante sfumature abbia il tema del cibo.
Il workshop è nato con la motivazione di mostrare agli studenti nuovi modi di
vedere il mondo e di ragionarci su; oggi, i metodi per procurarsi pasti sani sono
numerosi e dipendono dalla coscienza di ciascuno, niente va dato per scontato.
Alcuni gruppi di studenti hanno affrontato il tema dal punto di vista degli squilibri che un’alimentazione scorretta può provocare e hanno provato a trovare
soluzioni efficaci perché questi problemi non si ripresentino nel futuro, immaginando il cibo che verrà. A questo si collega la campagna “Slow food” il cui
compito è quello di evidenziare e valorizzare il contrasto con il meno salutare
“Fast food”.
Serena Pennella
Francesco Rossi
L’intervallo
scuola e mondo
Ci sono un italiano, un tedesco e un olandese...
Biciclette, voti e coprifuoco; i diversi stili di vita e le curiosità emerse durante il Comenius
Un gruppo di ragazzi del progetto
Essere arrestati perché la polizia vi ha
trovato fuori da soli dopo mezzanotte,
con l’unica colpa di essere minorenni?
Assurdo, almeno quanto dover prendere nove per ottenere la sufficienza
o il fatto che un olandese sia convinto che in Italia tutti girino in bicicletta
poiché, a differenza loro, a noi la bicicletta piace.
Eppure ci basterebbe volgere giusto un
po’ il naso all’insù nella carta geografica dell’Europa verso quegli stati che
associamo ai tulipani o all’oro liquido
servito nei boccali, per capire che alcuni aspetti della burocrazia italiana
non sono le uniche assurdità del nostro continente. Eh sì, in Germania, a
scuola, occorre prendere 7 - 8 o addirittura 9 per ottenere la sufficienza;
certo bisogna dire che il loro sistema
di valutazione è in quindicesimi, il che
spiega il tutto. Niente conigli nel cappello però quando si dice che, sempre
nel paese della birra, un minorenne
non accompagnato che viene trovato
dalla polizia dopo mezzanotte, viene
prelevato e portato in centrale.
Di pari passo, si pensi che in Olanda
non c’è la possibilità di scegliere la tipologia di scuola superiore che si vuole frequentare. Agli studenti olandesi
viene infatti attribuito un livello per
fare sì che i più “bravi” frequentino
corsi diversi rispetto ai “meno bravi”.
Tuttavia solo con un diploma del livello più alto si può accedere alle università, il che significa che a 12 anni
(a quell’età infatti, non essendoci le
medie, si cominciano le superiori) un
ragazzo sa già quale sarà il suo futu-
ro, poiché, per via della grande differenza tra i livelli, è di fatto impossibile
passare da un livello inferiore ad uno
superiore. Assurdo? Non secondo chi
vive là. Certo non è l’unico aspetto
che potrebbe apparirci tale. Infatti ai
cittadini olandesi, secondo i quali Erasmo non è che un ponte di Rotterdam,
pare non piacere poi così tanto girare
in bicicletta: tutti lo fanno perché lo
fanno tutti; anzi, nel loro immaginario, sarebbe proprio l’Italiano l’amante
del ciclismo. Escluse, ovviamente, le
eccezioni. Diverso anche il loro modo
di dialogare: sono assolutamente più
diretti di noi e, se qualcosa li diverte,
si limitano a sorridere perché ridere è
ritenuto qualcosa di troppo sfacciato, inoltre capita spesso che parlino
inglese anche tra di loro, ritenendo la
propria lingua “superata”. Non si vuole
certo mettere l’Italia in una posizione di superiorità, solo sottolineare,
attraverso delle curiosità, che sono
proprio queste differenze tra noi cittadini d’Europa a dare senso e a rendere
divertenti esperienze come quella del
Comenius. Altrimenti sarebbe come
andare a dormire e passare qualche
giorno dal nostro vicino di casa.
Francesco Rossi
generazione social
Facebook, profili per 17 milioni di adolescenti
Il rapporto giovani-social è uno dei
temi centrali degli ultimi anni, che viene affrontato sempre di più, anche a
Sassuolo, in diversi contesti formativi
anche formali e specifici. Attenzioni
eccessive? Assolutamente no.
Se tra i dati raccolti nel sito pmiservizi.it si tengono in considerazione
solo quelli relativi ai giovani, i numeri dicono che, in Italia, 3 ragazzi su 4
possiedono un account Facebook e 17
milioni di adolescenti accedono quotidianamente a questo social network.
Ciò che preoccupa gli esperti e i più
grandi è l’uso che se ne fa, che può
diventare e prolungato e perfino improprio.
I telefoni ed i computer sono la rivoluzione del nostro tempo, strumenti di
La home page del celebre social network
grande comodità e duttilità, concepiti
per rendere informazioni e messaggi
sempre più veloci in un mondo telematico e virtuale.
I social, oggi, sono a portata di mano:
basta tirare fuori dalla tasca un cellulare e si viene catapultati in un universo “parallelo”, con tutti i suoi pregi
ed i suoi difetti, i suoi comfort e i suoi
scandali. Non si vogliono qui elogiare
le comodità dei social o denunciare i
pericoli, solo fornire uno spunto di
riflessione e invitare a farsi delle domande sull’utilizzo delle nuove opportunità informatiche.
Alberto Giovanardi
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spettacoli
L’intervallo
Il teatro classico alla ribalta
Al liceo Formiggini il progetto “Theatron” vede i ragazzi
impegnati nella commedia “Acarnesi” di Aristofane
Anche quest’anno scolastico ha visto
impegnato il nostro istituto nel progetto “Theatron”, un laboratorio teatrale a cui il liceo partecipa da sette
anni. Coordinato dal docente di religione Adriano Nicolussi, il progetto
prevede una lezione a settimana di
due ore, in cui gli studenti interessati devono dare il meglio di sé per un
obiettivo preciso: mettere in scena
un’opera classica, commedia o tragedia.
Il liceo offre la possibilità di mettere
in scena il lavoro svolto alla rassegna
di teatro internazionale di Palazzola
Acreide (SR), quest’anno alla sua 76a
edizione. Scuole e studenti scelti da
tutto il mondo propongono la propria
rappresentazione e possono assistere
agli spettacoli preparati da altri gruppi. A carico dei ragazzi il biglietto aereo andata-ritorno e le notti in Hotel
(a prezzo ridotto grazie a convenzio-
ni e l’aiuto della scuola). Non si tratta quindi di un passatempo come un
altro: questo progetto richiede l’impegno dei ragazzi che, con l’aiuto di
Il regista Filippo Bedeschi
un insegnante scelto dal liceo stesso,
affrontano paure e timidezze, per lavorare insieme e stringere amicizie.
Insomma, un’occasione unica per superare davvero sé stessi ed inserirsi al
meglio nell’ambiente scolastico, “per
non parlare delle prospettive che può
aprire”, come ha detto in una piccola
intervista Matteo Piacenti, uno studente del quinto anno di liceo classico, interessato ad una futura carriera Alcuni ragazzi al lavoro durante il laboratorio
teatrale. Il regista è l’ex liceale Filippo
Bedeschi, diplomato all’accademia 21 al 24 maggio. Seguirà un’ulteriore
Filodrammatici di Milano, che ha pro- rappresentazione al teatro Astoria di
posto al gruppo di attori la commedia Fiorano qualche giorno dopo. Ora non
“Acarnesi” di Aristofane.
resta che lavorare; il sogno di far riviÈ una sfida, ma è contento del lavoro vere le magie del teatro classico è di
svolto e assicura un grandioso risul- nuovo alle porte.
tato. La rassegna in Sicilia si terrà dal
Margherita Aruta
Ubuntu, l’altra faccia del talento
Due momenti dello spettacolo
E’ possibile coltivare la propria passione per il teatro fuori dal liceo?
“Ubuntu” è un progetto artistico della
compagnia sassolese H.O.T. Minds,
liberamente ispirato al “Lion King” di
Broadway e per la prima volta in scena proprio a Sassuolo l’8 giugno 2014.
La storia la conosciamo tutti: abbiamo sofferto per la morte di Mufasa,
abbiamo sentito il dolore e la paura
del piccolo Simba e abbiamo riso con
Pumba e Timon. Gli H.O.T. Minds, pur
mantenendo gli spartiti originali di
Broadway, hanno saputo raccontare
in una nuova prospettiva la vicenda,
creando uno spettacolo che coinvolge attori solisti, coristi, ballerini e
musicisti. La compagnia è composta
da giovani molto diversi tra loro, ma
con un desiderio comune: la voglia di
p.6
mettersi in gioco e creare qualcosa di
bello, attraverso l’amore per la musica e la recitazione. “Il nome ‘Ubuntu’
ovviamente non nasce dall’omonimo
sistema operativo, ma da una filosofia
africana che si focalizza sul rispetto
e la compassione per l’altro – spiega
Elena Ferrari che nello spettacolo veste i panni del piccolo Simba - letteralmente significa I am because we are,
ovvero ‘io sono perché noi siamo’; il
nome stesso ci ricorda che tutti nello
spettacolo sono importanti allo stesso modo, nessuno primeggia sull’altro e ognuno mette a disposizione il
suo personale talento”. “Ubuntu” ha
la capacità di accendere colori nuovi
nella fantasia dei bambini, ma anche
degli adulti, grazie a una rappresentazione scenica che vuole comunicare
un nuovo modo di percepire la realtà
circostante insieme al coraggio di essere se stessi. Questa magnifica storia
insegna ancora qualcosa di più: se si
può essere se stessi è grazie alla relazione con l’altro. “In una delle prime
scene - continua Elena - Mufasa mentre mostra al piccolo Simba il regno,
afferma che lui è re perché esiste un
popolo pronto a sostenerlo ed è padre
perché esiste un figlio che lo considera
tale. Quello che amo della compagnia
è che ognuno si esprime nel modo che
gli riesce meglio, da tutti si può imparare qualcosa e il condividere certe
emozioni mi ha fatto crescere interiormente oltre che artisticamente”.
Non esistono solo gli attori e i coristi
che si esibiscono sul palco, l’anima di
“Ubuntu” si concentra anche dietro le
quinte dove si lavora con una passione instancabile. Come dice Antoine de
Saint-Exupéry nel suo “Il Piccolo Principe”, “è il tempo che hai perduto per
la tua rosa che ha fatto la tua rosa così
importante”. Sembra sia proprio questa la formula magica utilizzata per
realizzare “Ubuntu”, la dimostrazione
che qualsiasi sogno, con impegno e
una buona dose di fiducia, può essere
realizzato.
Giulia Orzo
sport
Floccari all’assemblea d’istituto del liceo
L’intervallo
L’intervista all’attaccante del Sassuolo testimonial del progetto “Non fare autogoal”
L’uomo più atteso dell’assemblea
d’istituto del 26 marzo è sicuramente stato Sergio Floccari, l’attaccante del Sassuolo, ex Lazio e Atalanta,
testimonial del progetto “Non fare
autogol” promosso dall’Aiom, associazione contro i tumori e rivolto alla
prevenzione nei giovani. Per il calciatore calabrese tantissime richieste di
una semplice foto, diverse domande
e curiosità venute da molti studenti. Siamo riusciti a intervistarlo poco
prima del suo ingresso nella palestra,
ecco il breve colloquio con il giocatore, che ringraziamo qui per la sua disponibilità.
Ciao Sergio, tu sei testimonial di
questo progetto, cosa pensi possa
fare un giovane calciatore per evitare di fare ”autogol” mettendo così
a repentaglio il suo futuro sportivo?
“Da un punto di vista solo calcistico
i problemi maggiori possono essere
quelli legati al proprio carattere e al
modo di approcciarsi alla vita e allo
sport. È importantissimo essere consapevoli delle proprie qualità e dei
propri limiti per fare la differenza”.
Cosa hai fatto tu personalmente per
giungere a questi alti livelli dal punto di vista sportivo?
“La mia storia è lunghissima e parte
da molto lontano, da Vibo Valentia.
I ragazzi del giornalisno incontrano Sergio Floccari per l’intervista
Sono partito dalla Calabria per inseguire questo sogno con lo scopo di
mettermi in luce con le grandi società
sportive, con la passione per il calcio
che mi ha guidato e aiutato lungo tutto il corso della mia vita”.
Quindi sacrificio, passione ed impegno sono le componenti per il successo?
“Queste sono fondamentali, ma non
dimentichiamoci che servono anche le
qualità, le capacità di adattarsi e leggere le varie situazioni che solo il tempo e
l’ esperienza possono insegnarti. Bisogna essere pronti caratterialmente per
superare la concorrenza che, soprattutto nel calcio, è molto numerosa”.
Cosa consigli agli adolescenti per
evitare i rischi del fumo?
“Bisogna usare la testa, ragazzi lo siamo stati tutti, ma dobbiamo essere
consapevoli dei rischi che si corrono”.
Hamza Bentaleb
Alberto Giovanardi
Un liceo “neroverde”, giovani talenti tra i banchi
Stefano Bufo
Michele Perina
Il liceo Formiggini ospita alcuni talenti neroverdi, ragazzi
dei settori giovanili del Sassuolo calcio. Sono diversi coloro che si distinguono a scuola e sul campo di gioco, alcuni
addirittura arrivati da lontano, chiamati a Sassuolo da altre parti d’ Italia.
Il centrocampista degli allievi nazionali Michele Perina,
classe ’99, arrivato a Sassuolo nel settembre scorso da Verona e il difensore centrale della Primavera Stefano Bufo,
classe ‘97, prelevato dal Pescara nell’estate del 2013: entrambi siedono nei banchi della nostra scuola.
Parlando con loro personalmente emerge il racconto della
bellezza di questa esperienza calcistica che, come sottolineato più volte da entrambi, è utile anche per formare il
carattere di una persona.
Il primo, nato a Villafranca, sta diventando sassolese d’adozione, e colpisce come riesca a portare avanti due impegni così importanti quali la scuola e il calcio. Il secondo,
oltre ad avere un buon profitto scolastico, è un giocatore
di grande fisicità e soprattutto di carattere, grazie al quale
riesce a comandare la propria retroguardia difensiva. Sembra siano la costanza e la determinazione i punti forti non
solo loro, ma di tutti coloro che contribuiscono a rendere
questa nostra scuola un “liceo neroverde”.
Hamza Bentaleb
Alberto Giovanardi
p.7
di tutto un po’
L’intervallo
Quando i professori erano piccoli piccoli
Il prof di diritto Carmelo Frattura
Le caricature
Il prof di ed. fisica
Roberto Carbone
La prof di lettere Annamaria Nicolini
di Federica Mauro
Il prof di religione
Adriano Nicolussi
...e quelle
La prof di religione Fanny Davoli
Il prof di lettere
Roberto Pifano
La bidella
Pasqua
di Veronica Festi
Il giornalista
Alfonso Scibona
Lo stupidario
prof: domani ti interrogo
studente: e se sono morto?
prof: se sei vivo sei vivo, se sei
morto il tuo problema più grande non è la fisica!
La prof di matematica
Laura Debbia
Il prof di religione
Adriano Nicolussi
IN REDAZIONE:
Margherita Aruta, Hamza Bentaleb, Veronica Festi, Sara Fregni, Alberto Giovanardi, Elena Iacuzio, Mattia Marasti, Federica Mauro, Giulia Orzo, Serena Pennella, Francesco Rossi, Giulia Zilibotti.
“L’intervallo” è stato realizzato all’interno del progetto “LABORATORIO DI GIORNALISMO MULTIMEDIALE” di Breezy Production con Alfonso Scibona e Chiara Dini e
con la collaborazione della scuola, in particolare del professor Roberto Pifano.
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p.8
prof di matematica:
“Grandi sconti quando faccio i
conti”
prof di storia e filosofia:
“Spiegami la terza crostata”
(crociata!)
studente: Dante, Petrarca e
Boccaccio…entrEmbi…
prof di lettere: Perché entrEmbi?
studente: se sono due entrambi, se sono tre…
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L`intervallo - numero unico a.s. 2014/2015 - "AF Formiggini"