L’intervallo numero unico liceo A.F.Formiggini 2014/2015 Gli studenti in marcia per dire no alla mafia Tanti ragazzi del liceo Formiggini al corteo organizzato da Libera a Bologna il 21 marzo Un momento del corteo Ho visto decine di autobus allinearsi nella zona riservata e da questi ho visto scendere centinaia di persone di qualsiasi età, sesso e colore politico. Ho visto ragazze con i capelli colorati e con i fiori infilati tra le ciocche. Ho visto ragazzi con pantaloni enormi camminare cantando e formare, muovendo a ritmo le braccia, una sorta di onda, mentre ai lati i passanti li fissavano impassibili. Il 21 marzo la primavera è esplosa e un’invasione di colori si è riversata nelle strade: arancione, giallo, azzurro, rosso. Anche lo squallore degli appartamenti e dei bar della periferia sembrano riprendere vigore al passaggio del corteo, annualmente organizzato da Libera per ricordare le vittime della mafia e per ribadire il bisogno di legalità nel Paese. Ci sono i no global che cantano i Rage Against the Machine, con una cassa montata su un Fiorino; alcuni studenti invece l’hanno posta all’interno di un carrello da spesa e cantano “Non siete Stato voi” di Caparezza e, come contrappeso, a fianco ci sono studenti infilati nelle loro maglie arancioni che cantano “Falcone ce l’ha insegnato, la mafia si combatte con lo Stato”. Eppure quando si entra nel corteo ci si sente quasi risucchiati da un’entità superiore: tutte quelle persone, quei gruppi, quei ragazzi, così diversi tra loro, sembrano far parte di una stessa macchina, uno dipendente dall’altro. La marcia dura quasi due ore. Ci sono le anziane, con i loro vestiti sbiaditi a fiori che arrivano fin sotto al ginocchio e un paio di pantofole nere, affacciate alla finestra, che salutano stringendo ancora in mano il bastone della scopa. Ci sono i giovani hipster che vengono fuori dalle facoltà, indossando occhiali da sole enormi, camicie a quadri e clarks, sfoggiando le loro barbe folte, fissando i passanti che cantano “Bella ciao” o “I 100 passi”, pentendosi di non essere rimasti a casa ad ascoltare i Flaming Lips. Ci sono i negozianti vestiti ordinati, con la camicia infilata dentro ai pantaloni, che scrutano il corteo con occhi di fuoco quasi a voler dire “smettila di disturbarmi la clientela”. Ci sono le famiglie che spingono il passeggino con un sorriso praticamente scolpito sul volto, nascosto anche questo da occhiali da sole enormi. Alla fine della camminata, gli occhi si illuminano a vedere piazza VIII agosto che ribol- le di persone e colori. Da entrambe le parti ci sono stand gastronomici di organizzazioni più o meno politicizzate. Banchetti con le bandiere trionfanti di Syriza. Quelli che vendono gadget di Libera. Quelli che ti vogliono vendere un bicchiere di lambrusco, del gnocco e qualche minuto di chiacchiere leggere e spensierate. La lettura dei nomi è anch’essa una marcia. È lo scandire ritmico, serrato, di varie voci che si alternano sul palco, da Paolo Ferrero, ad Antonio Grasso alla giovanissima Elly Schlein. Quando queste voci finiscono, quando il battito si esaurisce, subentra la voce di don Ciotti che tutti i presenti ascoltano in un silenzio che sa di religioso. Il suo discorso naviga dalla legge sulla corruzione in attesa di approvazione, alla responsabilità civile dei magistrati, passando per la crisi e le misure contro la povertà che non sono solo rimedi economici, ma, come lui stesso li definisce, sono rimedi alla malavita. Perché un giovane che vive in mezzo al degrado e alla precarietà non può che trovare conforto nelle dolci braccia della violenza e dell’intimidazione: in una parola della mafia. La piazza sembra prendere ancora più vigore quando don Ciotti dice “c’è chi si preoccupa di cacciare gli immigrati quando dovremmo cacciare i mafiosi e i criminali”. Terminati i discorsi, migliaia di palloncini bianchi oscurano il cielo. Ognuno di essi ha un nome. Ognuno di quei palloncini è una persona in cerca di giustizia. Silenzio. Mattia Marasti Alcuni studenti insieme a don Ciotti viaggio nella memoria L’intervallo Emozioni Da “Bolonia” alla Polonia Gelo, fuori e dentro, accompagnato da un silenzio quasi assordante. Questo è stato il primo impatto con Treblinka: un’immensa distesa di pietre, ognuna diversa dalle altre, come era diversa ogni persona che è passata da quel cammino. Nel museo connesso al campo mi ha colpito la testimonianza di uno dei pochi sopravvissuti: era stato scelto per smistare i vestiti degli ebrei appena arrivati e, un giorno, nel mucchio, aveva trovato il cappotto della sua sorellina, con l’aggiunta di tessuto fatta dalla mamma perché lei era cresciuta. Pochi istanti dopo aveva tra le mani la gonna dell’altra sorella: capì così di averle perse entrambe. Nonostante tutti gli incontri fatti in preparazione o i libri letti, non si parte mai pronti del tutto a un viaggio del genere, a passare sotto la celebre iscrizione del cancello d’ingresso di Auschwitz, ad entrare in una camera a gas, a camminare sulle rotaie che hanno trasportato così tante persone alla morte. Ho vissuto momenti che resteranno impressi per sempre dentro di me. “Probabilmente la zona attorno ad Auschwitz è il più grande cimitero al mondo, senza tombe né nomi” ha spiegato la guida. Secondo la cultura ebraica, ogni vita è un microcosmo e la Shoah rappresenta l’eliminazione dalla faccia della terra, in nome dell’ideologia antisemita, di 6 milioni di unicità, che non torneranno mai più. I numeri delle vittime che ci siamo trovati davanti in ogni campo sono così grandi che viene spontaneo associarli a qualcosa di concreto come i fili d’erba in un prato immenso o i granelli di sabbia di una spiaggia. Nemmeno le stelle del cielo sembrano abbastanza per rappresentare 6 milioni di uomini. Ciascuno di essi non aveva il diritto di coltivare le proprie passioni, di sognare, di sperare, di sbagliare...di VIVERE? Tornata da questo viaggio sento quasi il dovere di vivere anche per chi non ha avuto la possibilità di farlo, per chi ha perso tutto, dalla libertà di scegliere alla propria identità e di trattare la vita come la rosa più bella e delicata, così fragile che bastano un cenno e pochi istanti per farla scomparire. Giulia Zilibotti p.2 Il viaggio degli studenti tra i campi di sterminio degli ebrei I ragazzi in visita al campo di Auschwitz L’11 marzo è iniziato il viaggio di 20 ragazzi di quarta e quinta del liceo, accompagnati dai professori Gianpaolo Anderlini e Adriano Nicolussi, per visitare i campi di sterminio polacchi e per approfondire vari aspetti della cultura ebraica. L’itinerario è molto impegnativo: partendo dal nord della Polonia, gli studenti sono scesi fino al confine meridionale con la Slovacchia e la Repubblica Ceca, giungendo infine a Cracovia. Il viaggio ha preso il via dalla fredda capitale Varsavia e dalla visita del suo ghetto ebraico, istituito a partire dal 1940; la visita al museo dei 1000 anni di storia degli ebrei polacchi è stata fondamentale per comprendere le antiche origini di questo popolo e la sua complessità. Il gruppo ha proseguito il viaggio verso Treblinka, il primo campo di sterminio, che si presenta come una infinita distesa di pietre: alcune riportavano nomi, altre no, ognuna rappresentava una comunità ebraica sterminata nel campo. Dopo aver visitato Lublino, città nella quale a partire dal 1939 venne istituito un ghetto ebraico, la comitiva si è diretta verso altri due campi di sterminio: Sobibór e Belzec. Il primo è costituito da un memoriale rotondo ricoperto da piccole pietre, ognuna rappresentante una vittima del campo. Il sentiero per raggiungerlo passa attraverso un bosco ed è uno stretto corridoio alberato, situato nello stesso punto in cui si presume si trovasse il percorso che conduceva gli ebrei alle camere a gas, ironicamente chiamato Himmelstraße, ovvero strada per il cielo. Belzec è, invece, costruito su una collina, ricoperta da massi neri, in mezzo alla quale si apre una strada sempre più stretta e con le pareti laterali sempre più alte, che da a chi la percorre una forte sensazione di oppressione. I ragazzi hanno poi fatto tappa a Lejansk, dove si trovano la tomba del rabbi Elimelek e una viva comunità di ebrei chassidici, che celebrava la festa dello shabbat. Il viaggio è continuato alla volta di Tarnów, famosa per la strage di ebrei avvenuta nella sua piazza principale, in leggera pendenza, nella quale si racconta che il sangue delle vittime sia sceso verso il basso come un fiume. Dopo la visita dell’antico e grandissimo cimitero ebraico della città, gli studenti hanno raggiunto Cracovia, città viva e dinamica, che ospita la piazza del mercato più grande d’Europa, per visitare, tra l’altro, una piccola sinagoga con il suo cimitero. Giunti quasi alla fine del loro viaggio, sono arrivati al lager più conosciuto, Auschwitz, campo di lavoro e di sterminio. All’interno del campo sono presenti le baracche originali e anche la prima camera a gas, che rappresenta anche l’unica rimasta intatta. Ben presto questo campo si dimostrò insufficiente a contenere i prigionieri, quindi venne costruito un secondo campo a 3 km di distanza, Auschwitz - Birkenau, traduzione tedesca di “luogo delle betulle” perché il terreno sul quale è stato costruito era un vasto bosco. Auschwitz II è immenso, 2 km per 800 metri, e ospitava tantissime baracche, all’interno delle quali i ragazzi sono potuti entrare. Il viaggio è giunto al termine e gli studenti hanno preso la via del ritorno, arricchiti nel profondo da questa esperienza. Giulia Zilibotti Sara Fregni giovani e dipendenze Vuoi una sigaretta? Uno su quattro dice sì L’intervallo Dal nostro sondaggio, al liceo Formiggini su 698 studenti contattati fuma il 28.4% Al liceo uno studente su quattro fuma sigarette. Dal sondaggio realizzato dal nostro giornale, su un campione di 698 studenti del Formiggini che hanno accettato di compilare un piccolo questionario, il 28.4% si dichiara fumatore. Le ragazze fumano di più: su un totale di 404, hanno risposto “sì, fumo” in 142, cioè il 35.1%. Dei 294 ragazzi del campione il 19% fuma (56 in valore assoluto). Tra i maschi, l’indirizzo in cui sembra ci siano più amanti del fumo è lo scientifico, seguito poi da economico sociale, linguistico e scienze umane con una media simile di casi; la palma dell’indirizzo più salutista spetta al classico, in cui i numeri sono ancora più bassi. Per quanto riguarda le femmine invece troviamo la maggior concentrazione di fumatrici al linguistico; tra le studentesse dell’economico sociale, dello scientifico e di scienze umane i numeri si dimezzano. Il classico anche in questo caso si posiziona all’ultimo posto con una decina di fumatrici in tutto. È anche positivo che 23 ragazzi abbiano dichiarato di aver iniziato e poi smesso di fumare. La maggior parte degli studenti e delle studentesse fuma dalle 0 alle 5 sigarette al giorno, anche se c’è qualcuno che se ne concede di più. Tuttavia, pochi studenti liceali ne fumano addirittura più di 15. Per quanto riguarda l’età, la maggior parte dei maschi comincia a 16 anni, mentre le femmine cominciano già tra i 14 e i 15. Il numero dei fumatori di entrambi Dipendenze tra i giovani L’incontro della redazione con il comandante Stefano Faso L’uso inconsapevole di sostanze dannose porta molti giovani a sviluppare delle dipendenze. Il comandante della polizia municipale Stefano Faso, che ringraziamo, ha accettato di incontrare la redazione e di raccontare la propria esperienza. “Gli adolescenti - ha detto - hanno bisogno di sperimentare, ma sarebbe necessario confidarsi con qualcuno più grande, per capire quali siano i rischi che corrono anche per il proprio futuro”. Alle nostre domande ha rispo- i sessi è abbastanza alto nella fascia tra i 18 e i 19 anni, evidenziando come la dipendenza cresca all’aumentare dell’età. Veronica Festi I dati sono stati raccolti ed elaborati da Hamza Bentaleb e Veronica Festi. Si ringraziano tutti coloro che hanno dato una mano, in particolare Marco Turetta e gli studenti e i professori che hanno gentilmente collaborato. sto dicendo che l’età media in cui ci si avvicina alle sostanze che creano dipendenza si sta abbassando; ciò è dovuto alla tendenza a chiudersi in se stessi e fare scelte irresponsabili. Faso ha sottolineato l’importanza dei genitori, che dovrebbero cercare di aprire un dialogo con i propri figli, evitando di limitare l’intervento alla sola punizione. I ragazzi d’altro canto, dovrebbero tenere presente che denunciare l’abuso di certe sostanze da parte di un coetaneo è il modo migliore per aiutarlo, per evitare che il danno diventi ancora più grande. La tentazione di provare certe sostanze può essere maggiore in persone che hanno problemi, ma non risparmia anche chi è mosso da semplice curiosità. Nonostante la difficile situazione economica questo è un settore che non conosce crisi: sono in aumento il consumo di droghe e un altro particolare tipo di dipendenza: il gioco d’azzardo. “L’unico modo per far diminuire il consumo delle sostanze che portano ad avere dipendenze dannose per la salute conclude il comandante - è ridurre la domanda, per far entrare in crisi il sistema, ma questo è difficile poiché il consumo di droghe è un uso ormai comune nella nostra società. Ciò che possono fare le forze dell’ordine, oltre ad intervenire pesantemente contro le infrazioni e lo spaccio, è fornire un quotidiano esempio di educazione civica e di legalità”. Elena Iacuzio p.3 scuola e mondo L’intervallo Progetto Comenius, a scuola nel mondo Gli studenti di scuole di Paesi diversi condividono momenti di lavoro e di divertimento Il progetto Comenius dal 1995 cerca di rafforzare l’unione tra i vari stati Europei. Da allora più di 35mila scuole sono state coinvolte e tra queste anche il liceo Formiggini con le sue classi quarte, del linguistico e del classico. Quest’anno gli scambi sono avvenuti con ragazzi tedeschi e olandesi. Per una settimana gli studenti stranieri sono stati ospitati dagli italiani e viceversa. Cosa avviene in questi giorni? L’obiettivo principale è quello di migliorare la conoscenza della lingua inglese, ma anche acquisire consapevolezza dell’importanza e delle opportunità derivanti dall’incontro con culture differenti. In questa settimana vengono organizzati “The games without frontiers” in cui i ragazzi si sfidano con lo scopo di favorire uno spirito di collaborazione tra studenti di diverse nazionalità. La creatività dei ragazzi si esalta poi nell’organizzazione delle feste: si sceglie un tema e si organizza tutto in base a quello. Quest’anno l’argomento scelto è stato gli anni ’20 in stile “il Grande Gatsby”; la succursale è stata allestita per l’occasione. Due dj mettevano musica, alcuni studenti hanno organizzato il rinfresco e tutti indossavano abiti da charleston. La seconda festa invece “Erasmus + party” si è svolta nella palestra della sede ed è stata aperta a tutti. Anche in questa occasione si è tenuto un rinfresco e i muri sono stati decorati da cartelloni in tema Expo: palloncini colorati che attaccati insieme creavano dei frutti mentre un video proiettore p.4 continuamente mostrava le foto della settimana appena trascorsa insieme. Durante la serata le varie classi (italiane, tedesche e olandesi) si sono esibite in balli divertenti per intrattenere il pubblico. Oltre ai giochi e le feste gli studenti hanno preso parte a uscite didattiche: i professori hanno organizzato visite ad un caseificio, ad un salumificio, a un’acetaia e alcuni studenti hanno partecipato ad una lezione su come si preparano i tortelloni. Gli stranieri sono riusciti così a cono- Un gruppo di ragazzi del progetto scere molti prodotti tipici dell’EmiliaRomagna, ma anche gli italiani hanno scoperto alcuni segreti gastronomici del nostro territorio. Il mercoledì gita di gruppo a Venezia, dove gli studenti hanno organizzato l’intera giornata e, divisi in micro-gruppi, hanno guidato i coetanei per la città. Il venerdì mattina invece è stato il turno della visita al palazzo ducale di Sassuolo. Poi i saluti a fine settimana con l’arrivederci al mese successivo. Serena Pennella L’Expo nei workshop dei ragazzi I giovani lanciano la campagna slow food, per il cibo di domani Il tema dell’Expo di Milano di quest’anno è il “Cibo” e anche i workshop del progetto Erasmus + (Comenius) si impegnano a promuovere tale argomento. Gli studenti che partecipano devono sviluppare con le proprie mani dei cartelloni e dei video (che potranno apparire durante la manifestazione), creati per descrivere in breve il pensiero personale sull’argomento scelto. I ragazzi sono divisi in gruppi e ogni team deve scegliere un micro-argomento, informarsi su di esso e preparare il tutto. In questo caso, la scelta era veramente ampia e l’argomento ricco di spunti interessanti; basti solo pensare a quante riflessioni e opinioni possano esserci e quante sfumature abbia il tema del cibo. Il workshop è nato con la motivazione di mostrare agli studenti nuovi modi di vedere il mondo e di ragionarci su; oggi, i metodi per procurarsi pasti sani sono numerosi e dipendono dalla coscienza di ciascuno, niente va dato per scontato. Alcuni gruppi di studenti hanno affrontato il tema dal punto di vista degli squilibri che un’alimentazione scorretta può provocare e hanno provato a trovare soluzioni efficaci perché questi problemi non si ripresentino nel futuro, immaginando il cibo che verrà. A questo si collega la campagna “Slow food” il cui compito è quello di evidenziare e valorizzare il contrasto con il meno salutare “Fast food”. Serena Pennella Francesco Rossi L’intervallo scuola e mondo Ci sono un italiano, un tedesco e un olandese... Biciclette, voti e coprifuoco; i diversi stili di vita e le curiosità emerse durante il Comenius Un gruppo di ragazzi del progetto Essere arrestati perché la polizia vi ha trovato fuori da soli dopo mezzanotte, con l’unica colpa di essere minorenni? Assurdo, almeno quanto dover prendere nove per ottenere la sufficienza o il fatto che un olandese sia convinto che in Italia tutti girino in bicicletta poiché, a differenza loro, a noi la bicicletta piace. Eppure ci basterebbe volgere giusto un po’ il naso all’insù nella carta geografica dell’Europa verso quegli stati che associamo ai tulipani o all’oro liquido servito nei boccali, per capire che alcuni aspetti della burocrazia italiana non sono le uniche assurdità del nostro continente. Eh sì, in Germania, a scuola, occorre prendere 7 - 8 o addirittura 9 per ottenere la sufficienza; certo bisogna dire che il loro sistema di valutazione è in quindicesimi, il che spiega il tutto. Niente conigli nel cappello però quando si dice che, sempre nel paese della birra, un minorenne non accompagnato che viene trovato dalla polizia dopo mezzanotte, viene prelevato e portato in centrale. Di pari passo, si pensi che in Olanda non c’è la possibilità di scegliere la tipologia di scuola superiore che si vuole frequentare. Agli studenti olandesi viene infatti attribuito un livello per fare sì che i più “bravi” frequentino corsi diversi rispetto ai “meno bravi”. Tuttavia solo con un diploma del livello più alto si può accedere alle università, il che significa che a 12 anni (a quell’età infatti, non essendoci le medie, si cominciano le superiori) un ragazzo sa già quale sarà il suo futu- ro, poiché, per via della grande differenza tra i livelli, è di fatto impossibile passare da un livello inferiore ad uno superiore. Assurdo? Non secondo chi vive là. Certo non è l’unico aspetto che potrebbe apparirci tale. Infatti ai cittadini olandesi, secondo i quali Erasmo non è che un ponte di Rotterdam, pare non piacere poi così tanto girare in bicicletta: tutti lo fanno perché lo fanno tutti; anzi, nel loro immaginario, sarebbe proprio l’Italiano l’amante del ciclismo. Escluse, ovviamente, le eccezioni. Diverso anche il loro modo di dialogare: sono assolutamente più diretti di noi e, se qualcosa li diverte, si limitano a sorridere perché ridere è ritenuto qualcosa di troppo sfacciato, inoltre capita spesso che parlino inglese anche tra di loro, ritenendo la propria lingua “superata”. Non si vuole certo mettere l’Italia in una posizione di superiorità, solo sottolineare, attraverso delle curiosità, che sono proprio queste differenze tra noi cittadini d’Europa a dare senso e a rendere divertenti esperienze come quella del Comenius. Altrimenti sarebbe come andare a dormire e passare qualche giorno dal nostro vicino di casa. Francesco Rossi generazione social Facebook, profili per 17 milioni di adolescenti Il rapporto giovani-social è uno dei temi centrali degli ultimi anni, che viene affrontato sempre di più, anche a Sassuolo, in diversi contesti formativi anche formali e specifici. Attenzioni eccessive? Assolutamente no. Se tra i dati raccolti nel sito pmiservizi.it si tengono in considerazione solo quelli relativi ai giovani, i numeri dicono che, in Italia, 3 ragazzi su 4 possiedono un account Facebook e 17 milioni di adolescenti accedono quotidianamente a questo social network. Ciò che preoccupa gli esperti e i più grandi è l’uso che se ne fa, che può diventare e prolungato e perfino improprio. I telefoni ed i computer sono la rivoluzione del nostro tempo, strumenti di La home page del celebre social network grande comodità e duttilità, concepiti per rendere informazioni e messaggi sempre più veloci in un mondo telematico e virtuale. I social, oggi, sono a portata di mano: basta tirare fuori dalla tasca un cellulare e si viene catapultati in un universo “parallelo”, con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti, i suoi comfort e i suoi scandali. Non si vogliono qui elogiare le comodità dei social o denunciare i pericoli, solo fornire uno spunto di riflessione e invitare a farsi delle domande sull’utilizzo delle nuove opportunità informatiche. Alberto Giovanardi p.5 spettacoli L’intervallo Il teatro classico alla ribalta Al liceo Formiggini il progetto “Theatron” vede i ragazzi impegnati nella commedia “Acarnesi” di Aristofane Anche quest’anno scolastico ha visto impegnato il nostro istituto nel progetto “Theatron”, un laboratorio teatrale a cui il liceo partecipa da sette anni. Coordinato dal docente di religione Adriano Nicolussi, il progetto prevede una lezione a settimana di due ore, in cui gli studenti interessati devono dare il meglio di sé per un obiettivo preciso: mettere in scena un’opera classica, commedia o tragedia. Il liceo offre la possibilità di mettere in scena il lavoro svolto alla rassegna di teatro internazionale di Palazzola Acreide (SR), quest’anno alla sua 76a edizione. Scuole e studenti scelti da tutto il mondo propongono la propria rappresentazione e possono assistere agli spettacoli preparati da altri gruppi. A carico dei ragazzi il biglietto aereo andata-ritorno e le notti in Hotel (a prezzo ridotto grazie a convenzio- ni e l’aiuto della scuola). Non si tratta quindi di un passatempo come un altro: questo progetto richiede l’impegno dei ragazzi che, con l’aiuto di Il regista Filippo Bedeschi un insegnante scelto dal liceo stesso, affrontano paure e timidezze, per lavorare insieme e stringere amicizie. Insomma, un’occasione unica per superare davvero sé stessi ed inserirsi al meglio nell’ambiente scolastico, “per non parlare delle prospettive che può aprire”, come ha detto in una piccola intervista Matteo Piacenti, uno studente del quinto anno di liceo classico, interessato ad una futura carriera Alcuni ragazzi al lavoro durante il laboratorio teatrale. Il regista è l’ex liceale Filippo Bedeschi, diplomato all’accademia 21 al 24 maggio. Seguirà un’ulteriore Filodrammatici di Milano, che ha pro- rappresentazione al teatro Astoria di posto al gruppo di attori la commedia Fiorano qualche giorno dopo. Ora non “Acarnesi” di Aristofane. resta che lavorare; il sogno di far riviÈ una sfida, ma è contento del lavoro vere le magie del teatro classico è di svolto e assicura un grandioso risul- nuovo alle porte. tato. La rassegna in Sicilia si terrà dal Margherita Aruta Ubuntu, l’altra faccia del talento Due momenti dello spettacolo E’ possibile coltivare la propria passione per il teatro fuori dal liceo? “Ubuntu” è un progetto artistico della compagnia sassolese H.O.T. Minds, liberamente ispirato al “Lion King” di Broadway e per la prima volta in scena proprio a Sassuolo l’8 giugno 2014. La storia la conosciamo tutti: abbiamo sofferto per la morte di Mufasa, abbiamo sentito il dolore e la paura del piccolo Simba e abbiamo riso con Pumba e Timon. Gli H.O.T. Minds, pur mantenendo gli spartiti originali di Broadway, hanno saputo raccontare in una nuova prospettiva la vicenda, creando uno spettacolo che coinvolge attori solisti, coristi, ballerini e musicisti. La compagnia è composta da giovani molto diversi tra loro, ma con un desiderio comune: la voglia di p.6 mettersi in gioco e creare qualcosa di bello, attraverso l’amore per la musica e la recitazione. “Il nome ‘Ubuntu’ ovviamente non nasce dall’omonimo sistema operativo, ma da una filosofia africana che si focalizza sul rispetto e la compassione per l’altro – spiega Elena Ferrari che nello spettacolo veste i panni del piccolo Simba - letteralmente significa I am because we are, ovvero ‘io sono perché noi siamo’; il nome stesso ci ricorda che tutti nello spettacolo sono importanti allo stesso modo, nessuno primeggia sull’altro e ognuno mette a disposizione il suo personale talento”. “Ubuntu” ha la capacità di accendere colori nuovi nella fantasia dei bambini, ma anche degli adulti, grazie a una rappresentazione scenica che vuole comunicare un nuovo modo di percepire la realtà circostante insieme al coraggio di essere se stessi. Questa magnifica storia insegna ancora qualcosa di più: se si può essere se stessi è grazie alla relazione con l’altro. “In una delle prime scene - continua Elena - Mufasa mentre mostra al piccolo Simba il regno, afferma che lui è re perché esiste un popolo pronto a sostenerlo ed è padre perché esiste un figlio che lo considera tale. Quello che amo della compagnia è che ognuno si esprime nel modo che gli riesce meglio, da tutti si può imparare qualcosa e il condividere certe emozioni mi ha fatto crescere interiormente oltre che artisticamente”. Non esistono solo gli attori e i coristi che si esibiscono sul palco, l’anima di “Ubuntu” si concentra anche dietro le quinte dove si lavora con una passione instancabile. Come dice Antoine de Saint-Exupéry nel suo “Il Piccolo Principe”, “è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. Sembra sia proprio questa la formula magica utilizzata per realizzare “Ubuntu”, la dimostrazione che qualsiasi sogno, con impegno e una buona dose di fiducia, può essere realizzato. Giulia Orzo sport Floccari all’assemblea d’istituto del liceo L’intervallo L’intervista all’attaccante del Sassuolo testimonial del progetto “Non fare autogoal” L’uomo più atteso dell’assemblea d’istituto del 26 marzo è sicuramente stato Sergio Floccari, l’attaccante del Sassuolo, ex Lazio e Atalanta, testimonial del progetto “Non fare autogol” promosso dall’Aiom, associazione contro i tumori e rivolto alla prevenzione nei giovani. Per il calciatore calabrese tantissime richieste di una semplice foto, diverse domande e curiosità venute da molti studenti. Siamo riusciti a intervistarlo poco prima del suo ingresso nella palestra, ecco il breve colloquio con il giocatore, che ringraziamo qui per la sua disponibilità. Ciao Sergio, tu sei testimonial di questo progetto, cosa pensi possa fare un giovane calciatore per evitare di fare ”autogol” mettendo così a repentaglio il suo futuro sportivo? “Da un punto di vista solo calcistico i problemi maggiori possono essere quelli legati al proprio carattere e al modo di approcciarsi alla vita e allo sport. È importantissimo essere consapevoli delle proprie qualità e dei propri limiti per fare la differenza”. Cosa hai fatto tu personalmente per giungere a questi alti livelli dal punto di vista sportivo? “La mia storia è lunghissima e parte da molto lontano, da Vibo Valentia. I ragazzi del giornalisno incontrano Sergio Floccari per l’intervista Sono partito dalla Calabria per inseguire questo sogno con lo scopo di mettermi in luce con le grandi società sportive, con la passione per il calcio che mi ha guidato e aiutato lungo tutto il corso della mia vita”. Quindi sacrificio, passione ed impegno sono le componenti per il successo? “Queste sono fondamentali, ma non dimentichiamoci che servono anche le qualità, le capacità di adattarsi e leggere le varie situazioni che solo il tempo e l’ esperienza possono insegnarti. Bisogna essere pronti caratterialmente per superare la concorrenza che, soprattutto nel calcio, è molto numerosa”. Cosa consigli agli adolescenti per evitare i rischi del fumo? “Bisogna usare la testa, ragazzi lo siamo stati tutti, ma dobbiamo essere consapevoli dei rischi che si corrono”. Hamza Bentaleb Alberto Giovanardi Un liceo “neroverde”, giovani talenti tra i banchi Stefano Bufo Michele Perina Il liceo Formiggini ospita alcuni talenti neroverdi, ragazzi dei settori giovanili del Sassuolo calcio. Sono diversi coloro che si distinguono a scuola e sul campo di gioco, alcuni addirittura arrivati da lontano, chiamati a Sassuolo da altre parti d’ Italia. Il centrocampista degli allievi nazionali Michele Perina, classe ’99, arrivato a Sassuolo nel settembre scorso da Verona e il difensore centrale della Primavera Stefano Bufo, classe ‘97, prelevato dal Pescara nell’estate del 2013: entrambi siedono nei banchi della nostra scuola. Parlando con loro personalmente emerge il racconto della bellezza di questa esperienza calcistica che, come sottolineato più volte da entrambi, è utile anche per formare il carattere di una persona. Il primo, nato a Villafranca, sta diventando sassolese d’adozione, e colpisce come riesca a portare avanti due impegni così importanti quali la scuola e il calcio. Il secondo, oltre ad avere un buon profitto scolastico, è un giocatore di grande fisicità e soprattutto di carattere, grazie al quale riesce a comandare la propria retroguardia difensiva. Sembra siano la costanza e la determinazione i punti forti non solo loro, ma di tutti coloro che contribuiscono a rendere questa nostra scuola un “liceo neroverde”. Hamza Bentaleb Alberto Giovanardi p.7 di tutto un po’ L’intervallo Quando i professori erano piccoli piccoli Il prof di diritto Carmelo Frattura Le caricature Il prof di ed. fisica Roberto Carbone La prof di lettere Annamaria Nicolini di Federica Mauro Il prof di religione Adriano Nicolussi ...e quelle La prof di religione Fanny Davoli Il prof di lettere Roberto Pifano La bidella Pasqua di Veronica Festi Il giornalista Alfonso Scibona Lo stupidario prof: domani ti interrogo studente: e se sono morto? prof: se sei vivo sei vivo, se sei morto il tuo problema più grande non è la fisica! La prof di matematica Laura Debbia Il prof di religione Adriano Nicolussi IN REDAZIONE: Margherita Aruta, Hamza Bentaleb, Veronica Festi, Sara Fregni, Alberto Giovanardi, Elena Iacuzio, Mattia Marasti, Federica Mauro, Giulia Orzo, Serena Pennella, Francesco Rossi, Giulia Zilibotti. “L’intervallo” è stato realizzato all’interno del progetto “LABORATORIO DI GIORNALISMO MULTIMEDIALE” di Breezy Production con Alfonso Scibona e Chiara Dini e con la collaborazione della scuola, in particolare del professor Roberto Pifano. Sponsored by: p.8 prof di matematica: “Grandi sconti quando faccio i conti” prof di storia e filosofia: “Spiegami la terza crostata” (crociata!) studente: Dante, Petrarca e Boccaccio…entrEmbi… prof di lettere: Perché entrEmbi? studente: se sono due entrambi, se sono tre…