DIPARTIMENTO D IRITTO DEL LAVORO
APRILE 2015
JOBS ACT: LE NOVITÀ PER IL LAVORO INTERMITTENTE ED ACCESSORIO
Lo schema di decreto sul riordino delle “tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni”,
approvato dal Consiglio dei Ministri ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (e, pertanto, non
ancora in vigore), ripropone una nuova disciplina
a) sia per il “lavoro occasionale di tipo accessorio” (quello dei voucher); che
b) per il “lavoro intermittente” (denominato anche “lavoro a chiamata”).
Diversamente da quanto è accaduto con riferimento alle forme contrattuali particolari del “lavoro
ripartito”, della “associazione in partecipazione” e delle “collaborazioni a progetto”, tutte cancellate dalla
riforma nell’intento di ricondurre le forme particolari di lavoro al nuovo contratto tipo “a tempo
indeterminato a tutele crescenti”, l’abolizione non ha interessato tali due forme di lavoro atipico. Si
ripercorreranno, qui di seguito, le modifiche principali introdotte dalla disciplina.
a) Il lavoro intermittente o “a chiamata”
La disciplina relativa al “lavoro intermittente”, già prevista dal D.Lgs. 276/2003 (la cosiddetta
“riforma Biagi”) è stata integralmente riproposta negli artt. da 11 a 16 dello schema di decreto, introducendo
solamente alcune poche modifiche minime.
Si ricorda che il lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si rende
disponibile a svolgere unna determinata prestazione lavorativa su chiamata del datore di lavoro. Nella
disciplina precedente al decreto attuativo del Jobs Act, l’utilizzo del lavoro intermittente era permesso:
- a condizione che il datore di lavoro avesse effettuato la valutazione dei rischi;
- nel limite massimo di 400 giorni di lavoro nel triennio;
- per prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti
collettivi stipulati con le OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o
territoriale (fermo restando il ricorso al lavoro discontinuo, come definito dalla normativa sull’orario
di lavoro).
Il rinvio alla contrattazione collettiva – alla quale era demandata l’individuazione delle ipotesi in cui
è ammesso il ricorso al lavoro intermittente – è scomparsa con la nuova disciplina. Ciò anche per superare
definitivamente l’inerzia delle OO.SS., che non hanno provveduto ad individuare il campo di applicazione, il
nuovo testo normativo stabilisce che, in mancanza di un contratto collettivo, all’individuazione dei casi di
utilizzo provvederà il Ministero del Lavoro con un decreto non regolamentare.
Immodificata è rimasta la disciplina che prevedeva che – a fronte della pattuizione di un obbligo di
risposta alla singola chiamata – il datore di lavoro fosse obbligato a riconoscere al lavoratore una “indennità
economica di disponibilità”, di misura quantificata ad opera dei contratti collettivi e comunque non inferiore
alla misura prevista dal DM, sentite le OO.SS. (attualmente circa 20% della retribuzione mensile prevista dal
CCNL).
Ogniqualvolta il lavoratore percepisce “indennità economica di disponibilità”, egli non può rifiutare
la chiamata. Se non dovesse rispondere tempestivamente alla chiamata del datore di lavoro, egli perde il
diritto all’indennità per un periodo pari a 15 giorni (salvo diversa previsione nel contratto individuale di
lavoro).
In caso di rifiuto ingiustificato della chiamata, il datore di lavoro era autorizzato a (i) recedere dal
contratto, (ii) chiedere la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo
all’ingiustificato rifiuto e (iii) richiedere un “congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai
contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto individuale di lavoro”.
Il riferimento al risarcimento del danno non è stato riproposto nella nuova disciplina e le sanzioni
applicabili in caso di rifiuto ingiustificato, essendo stato espunto la sanzione di cui al punto (iii) (quella
relativa al “congruo risarcimento del danno”).
b) Il lavoro occasionale di tipo accessorio
Anche l’altra tipologia di lavoro atipico - il contratto di lavoro occasionale di tipo accessorio –
introdotta per sottrarre le relative prestazioni dal lavoro nero, ha passato pressoché indenne la recente
riforma. Le riforme introdotte sembrerebbero, anzi, rendere tale disciplina ancora più appetibile per il datore
di lavoro. La disciplina attualmente prevista agli artt. da 70 a 73 del D.Lgs 276/2003, a partire dalla data
dell’entrata in vigore del decreto, sarà integralmente sostituita dalla nuova disciplina (artt. 51 – 54), fermo
restando la possibilità di un “utilizzo, secondo la previgente disciplina, e fino al 31 dicembre 2015, dei buoni
per prestazioni di lavoro accessorio già richiesti alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Si ricorda che il lavoro occasionale di tipo accessorio regolamenta le prestazioni lavorative
caratterizzate da una marginalità sia reddituale che di durata. Il lavoro accessorio è ammissibile per una
durata non superiore a trenta giorni nell’anno solare ovvero a 240 ore (circa un paio di mesi) nel solo ambito
dei servizi di cura e assistenza alle persone, purché il committente sia unico e il compenso percepito nel
corso di un anno (inteso come periodo mobile di 365 giorni) non superi un determinato limite economico.
Il limite economico – che nella disciplina previgente in caso di una pluralità di committenti era
fissato EUR 5.000,00 netti – è stato innalzato ad EUR 7.000,00 netti nei confronti della totalità dei
committenti. Il limite previsto per prestazioni rese in favore di un singolo committente con qualifica di
imprenditore commerciale o professionista è, invece, stato mantenuto in EUR 2.000,00 netti. Quale terza
soglia economica, è stata stabilizzata la prestazione di lavoro accessorio da parte di percettori di prestazioni
integrative del salario o di sostegno al reddito nel limite EUR 3.000,00.
La peculiarità del lavoro accessorio è che esso viene compensato mediante “buoni orari” o
“voucher”, dal valore nominale variabile fissato con decreto del Ministero del lavoro. Tali buoni possono
essere acquistati presso rivendite autorizzate e – una volta riscosso il buono dal “committente” – il lavoratore
può percepire il compenso presso il concessionario. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e
non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. Il valore del voucher comprende, tuttavia, gli oneri
previdenziali che il concessionario è tenuto a versare a INPS e INAIL.
Si segnala, infine, che la riforma “positivizza” l’attuale prassi amministrava, che già vietava
l’utilizzo di prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito di appalti (circolare Min. Lav. n. 4/2013), elevando
il principio a rango di legge.
Secondo i dati diffusi dal Sole24ore il 16 febbraio 2015, ad oggi, il fenomeno del lavoro occasionale
accessorio interessa complessivamente 614.991 lavoratori. Tra i primi commentatori c’è chi teme che
l’abolizione delle collaborazioni a progetto poterà ad un incremento significativo di tale disciplina di lavoro,
che potrebbe pertanto conoscere un ulteriore incremento nei prossimi anni.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale. Per ulteriori informazioni contattare [email protected].
Scarica

7. Lavoro intermittente ed accessorio