Krystian Zimerman pianoforte Agevolazioni al Piccolo Teatro riservati ai Soci Il Piccolo Teatro offre ai Soci della Società del Quartetto agevolazioni per l’acquisto degli abbonamenti alla Stagione 2004/2005. Per ulteriori informazioni si prega di rivolgersi direttamente al Piccolo Teatro tel. 02.72.333.225 dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle 13. S TA G I O N E 2 0 0 4 • 2 0 0 5 Società del Quartetto di Milano, via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it – e-mail: [email protected] Biglietti ridotti per i Soci Ai Soci vengono riservati alcuni biglietti acquistabili a prezzo ridotto con un contingente limitato e variabile secondo la disponibilità residua dopo la vendita degli abbonamenti. Per i concerti più richiesti, i biglietti ridotti saranno destinati in prelazione ai Soci Protettori. I relativi dettagli verranno pubblicati di mese in mese sul sito www.quartettomilano.it. I biglietti potranno essere acquistati direttamente in sede (da lunedì a venerdi, ore 13.30 - 17.30) e durante l’intervallo del concerto precedente. Visite guidate alla Fondazione Mazzotta Siamo lieti di informare i Soci della Società del Quartetto che prosegue la nostra collaborazione con la Fondazione Mazzotta. Mercoledì 3 novembre alle ore 18 è fissato il primo appuntamento per una visita guidata gratuita alla mostra “Visione del Fantastico e del Meraviglioso prima dei Surrealisti - Collezione Antonio Mazzotta” presso la sede della Fondazione. Fino a esaurimento dei posti disponibili (25 persone), i Soci potranno prenotarsi per telefono (02.795393) e via e-mail ([email protected]) presso la segreteria della Società. Sala Verdi del Conservatorio Martedì 19 ottobre 2004, ore 20.30 2 Krystian Zimerman Consiglieri di turno Avv. Antonio Magnocavallo Signor Giovanni Svetlich Signora Letizia Torrani Gonzales pianoforte Sponsor istituzionali Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 1756 – Vienna, 1791) Sonata in do maggiore K 330 Maurice Ravel (Ciboure, Pirenei, 1875 – Parigi, 1937) Valses nobles et sentimentales Con il patrocinio e il sostegno di Con il sostegno di Fryderyk Chopin (Zelazowa Wola, 1810 – Parigi, 1849) Ballata n. 4 in fa minore op. 52 intervallo FONDAZIONE CARIPLO Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite. Fryderyk Chopin Quattro mazurke op. 24 Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 35 Wolfgang Amadeus Mozart Sonata in do maggiore K 330 Allegro moderato Andante cantabile Allegretto Se non avesse seguito (nella vita) la passione per le donne e per il gioco, e (nell’arte) quella per il teatro musicale, se avesse continuato a fare solo il concertista di pianoforte, Mozart sarebbe certamente diventato ricco e forse avrebbe vissuto molto più a lungo. I biografi moderni sono concordi nell’individuare nelle ironie anti-aristocratiche delle Nozze di Figaro (1786) e negli anticonformismi del Don Giovanni (1787) le cause vere del disamoramento della corte imperiale e dei circoli nobiliari viennesi per il giovane mago della musica e della tastiera. Così crollarono le sottoscrizioni degli abbonamenti alle stagioni concertistiche che vedevano Mozart impegnato come pianista, direttore e compositore, oltre che come impresario di se stesso. Si esaurì il fiume di denaro che per anni gli aveva consentito un tenore di vita elevatissimo, spuntò il fiume di debiti e di disagi esistenziali che gli rovinò gli ultimi anni della sua breve vita. Mozart fu infatti il famoso pianista del suo tempo. Ancora più bravo del celebrato italo-inglese Muzio Clementi, che superò in un pubblico confronto alla corte di Vienna. La ventina di concerti per pianoforte e orchestra, che compose ed eseguì fra 1783 e 1785, ottennero un clamoroso successo di pubblico, con tutto esaurito in sala e spropositate (per quel tempo) entrate di cassa. Quei magici anni viennesi erano peraltro il coronamento di un apprendistato lungo e faticoso, iniziato da bambino, proseguito ben oltre l’adolescenza, sottoposto alla severissima guida del padre Leopold. Prima ancora che come compositore, il fanciullo prodigio Mozart si era fatto conoscere in tutta Europa per la sua capacità di dominare il pianoforte con gli occhi bendati, con un panno sulla tastiera, con con effetti da circo equestre. Non era solo abilità meccanica delle dita, era anche invenzione pura, perché Mozart incantava per la sua capacità di improvvisare musiche bellissime e nuove, all’infinito. Giunto alla maturità, sottratto all’ossessivo controllo del padre, con accanto un’orchestra da guidare, circondato da tanti ammiratori e amici, libero di inventare e di suonare, nel genere del concerto trovò la felicità così a lungo cercata. Finì col trascurare gli altri generi, perfino quello delle sonate per pianoforte solo sul quale aveva pur tanto puntato negli anni precedenti, con la prima deliziosa sestina salisburghese K 279-284 del 1774-75, la terna già bella e famosa K 309, 310, 311 databile 1777-1778 e soprattutto il quartetto dei capolavori K 330-333, che si colloca immediatamente prima della grande serie di concerti e che in pratica chiude il ciclo delle sonate. Dopo (1786-1789) ci saranno infatti solo pezzi unici, spesso d’occasione, frutto di collage, anche se sempre di altissimo livello: K 475, 533-494, 545, 570, 576. Nell’ultimo ciclo di quattro serie persiste un problema di datazione. Fino a pochi decenni fa si pensava che queste sonate K 330-333 appartenessero al periodo parigino, e così continuano a ripetere numerose pubblicazioni anche recenti. Lavorando di fino e su fatti concreti (le filigrane della carta dei manoscritti, il tipo di inchiostro, solide convergenze stilistiche) il musicologo Alan Tyson ha fissato la data di composizione per tutte le quattro sonate ai primi mesi del trasferimento a Vienna, cioè alla primavera del 1783. Ciò spiega il notevole salto stilistico rispetto alle sonate “parigine”, il forte senso di libertà, la fantasia inventiva, il gusto per la scrittura brillante che traspare anche dove Mozart deve centellinare i passaggi di virtuosismo per non spaventare i potenziali acquirenti, non solo i dilettanti ma anche i professionisti. La genialità di Mozart sta proprio in questa sua bravura di far apparire difficile anche quello che in verità non è. Come nel caso paradigmatico della celeberrima Sonata “Alla turca” K 331. E naturalmente nel caso della sonata che apre il programma di stasera e che della serie tutta appare come una delle più brillanti pur essendo una delle più facile. Lo si vede bene nei tempi laterali, quelli veloci. Le fioriture e gli arpeggi della mano sinistra sono affidati a un’agile mano destra e nascono direttamente dalle melodie mentre la sinistra si limita a qualche interiezione che buca il convenzionale snodarsi del basso. Come nelle consuetudini del tempo, il primo tempo è in forma sonata con brevissimo sviluppo centrale e il terzo è un regolare rondò. Tanto piacevolmente rilassati e leggeri sono i tempi laterali, tanto è profondo quello centrale, costruito su una sola melodia che acquista intensità e spessore a ogni battuta, con pochissime note, senza mai alzare la voce. Maurice Ravel Valses nobles et sentimentales Modéré, très franc Assez lent, aver une expression intime Modéré Assez animé Presame cent, dans un sentiment intime Vif Moins vif Epilogue, cent A differenza di Mozart e di Chopin, Ravel non era un virtuoso del pianoforte. Per lo strumento aveva però una straordinaria affinità, che andava ben al di là della modesta tecnica digitale. In fondo si devono a lui le prime innovazioni di scrittura che portarono alla nascita dell’impressionismo pianistico e che diedero il via alle grandi invenzioni di Debussy (che invece era eccellente pianista). Inoltre, in Ravel, uno spiccato interesse per il presente e il futuro coesisteva con una invincibile nostalgia per il passato, qualunque tipo di passato, meglio quello classico. Andava bene anche quello romantico, purché trasparente e leggero, all’apparenza privo di problemi, salvo scoprire all’improvviso la vertigine del tempo e svelare l’angoscia che nasce dalla coscienza di valori irrimediabilmente perduti. Si pensa a quel capolavoro amarissimo che è il poema coreografico La valse, scritto negli anni Venti in memoria della scomparsa Vienna asburgica e dei grandi valzer di Johann Strauss. Si pensa anche ai pianistici Valses nobles et sentimentales scritti dieci anni prima (1911) a ricordo di una Vienna ancora più lontana e di quel Franz Schubert che negli ultimi anni della sua breve vita inventò centinaia di piccoli valzer, ordinati in minime e grandi serie di miniature, poche pubblicate e molte rimaste manoscritte. Una sua raccolta stampata alla fine del 1827, oltre a un valore artistico inestimabile, porta un titolo che ha segnato il genere tutto: Valses nobles et sentimentales op. 77. Sono otto aforismi cui il ritmo di tre quarti e il genio di Schubert hanno dato l’immortalità. Nel suo Esquisse biographique, Ravel non lascia dubbi: “Il titolo indica bene la mia intenzione di comporre una serie di valzer alla maniera di Schubert. Al virtuosismo che costituiva la base di Gaspard de la nuit segue una scrittura nettamente più chiarificata che addolcisce l’armonia e ci porta la consolazione della musica’’. Sullo spartito scrive anche un motto che è tutto un programma: “Plaisir délicieux et toujours nouveau d’une occupation inutile”. Ma assieme al gusto sottile per il gioco e per il rifacimento di un capolavoro del passato si sente lo sforzo creativo reale di Ravel. Della danza da salotto resta la scansione del tempo. Altri ritmi si intersecano e sovrappongono. Si arricchiscono i timbri, grazie alla scrittura che impegna l’intera tastiera di un grande pianoforte moderno. Soprattutto cambia l’armonia, aggressiva e secca, spesso politonale, con le due mani che si muovono indipendenti su tonalità diverse. Emergono i segni di un momento storico (siamo nel 1911) in cui si sente viva la presenza di Stravinskij e di Schönberg. E in cui diventa esplicita e irreversibile in Ravel la voglia di tornare a un passato classico e fiabesco, confessata tre anni prima con Ma mere l’Oye e consumata tre anni dopo con Le Tombeau de Couperin. Fryderyk Chopin Ballata n. 4 in fa minore op. 52 Quanto sia falso il luogo comune che fa di Chopin il poeta delle miniature musicali si sente bene nella Quarta ballata. Non serve un’analisi minuziosa per scoprire che ogni nota di questa vasta (una decina di minuti) composizione è messa su carta con estrema ponderazione e seguendo un disegno architettonico di amplissimo respiro: le poche battute di introduzione, i due nuclei tematici affiancati, le loro prime elaborazione sequenziali, i reciproci dialoghi e contrasti, le polifonie che li legano e li sovrappongono, i passaggi armonici che raccordano e aprono nuovi orizzonti, i ritmi di danza che si intrecciano, i cambi di registro, l’apoteosi finale che tutto unisce in un turbinoso gioco d’invenzione e di bravura… Ancora oggi, la Quarta ballata è argomento fertilissimo di analisi formali, alla ricerca della sua “natura vera”, con eterna diatriba fra studiosi che ne vogliono certificare la totale natura innovativa e quelli che in qualche modo cercano di ricondurla entro i contenitori classici della forma sonata, delle variazioni, della fantasia settecentesca. Con risultati alterni e sempre interessanti, mentre sembra definitivamente abbandonata la ricerca delle implicazioni meta-musicali, quelle che presuppongono l’esistenza di una storia concreta, di quel rapporto diretto con poesia e letteratura che tanto piaceva ai chiosatori ottocenteschi. Oggi siamo convinti che la Quarta ballata, come le tre precedenti, sia “soltanto” musica assoluta e che il titolo serva solo come rimando astratto a un genere poetico assieme romantico e medievale, che evoca il mondo dei sogni e delle fiabe. Perché è l’autore stesso che ha voluto così, non dando mai alcun appiglio per acrobazie interpretative legate alla sua vita pubblica o privata. Sappiamo solo che la composizione durò molto a lungo, come succedeva a Chopin negli ultimi anni. Forse cominciò a schizzarla nel corso del 1842, mentre completava la Terza; forse l’aveva terminata il 15 dicembre 1842, quando la offrì all’editore Breitkopf per la ragguardevole somma di 600 franchi; continuò a ritoccarla nei primi mesi del 1843 che precedettero la stampa definitiva. Fryderyk Chopin Quattro mazurke op. 24 n. 1 in sol minore n. 2 in do maggiore n. 3 in la bemolle maggiore n. 4 in si bemolle maggiore Anche nelle miniature (e tali sono davvero, almeno all’apparenza, le Mazurke) Chopin teneva sempre in massima considerazione un disegno architettonico di ampio respiro, curando al massimo i dettagli, le simmetrie, le disposizioni. In tutte le collezioni di Mazurke pubblicate in vita notiamo un preciso gioco combinatorio, in cui i singoli brani sono accostati fra loro da sottili relazioni di armonie, di espressione, di costruzione. Naturalmente è così anche nella raccolta di quattro pezzi pubblicata nel 1836 come op. 24. In apertura una Mazurka di natura intima, con semplice articolazione binaria, ossia con due motivi distinti presentati in sequenza, appena modificati, subito ripresi; melodie pure, senza ornamenti e scarti ritmici. La seconda, in solido do maggiore, ci porta una vera danza sull’aia, con traduzione sul pianoforte delle forti scansioni ritmiche di un complesso popolare del contado polacco, con basso di bordone, piffero di pastore, violino piccolo, tamburelli. Nella terza mazurka torna l’intimismo, ora più raffinato e aristocratico, addolcito da cadenze di valzer. Infine la quarta serve da sintesi, in quanto pare raccogliere gli elementi tecnici ed espressivi delle precedenti inserendoli in un disegno assai più vasto (dura oltre cinque minuti) che porta forti scarti dinamici, inattese elaborazioni tematiche, perfino contrappunti alla maniera di Bach. Fryderyk Chopin Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 35 Grave, Agitato Scherzo Marcia funebre Finale, Presto Naturalmente è nelle sonate che Chopin cerca di ritrovare e di innovare la grande architettura musicale del passato, con tanta voglia e con tanta nostalgia. Raramente però la voglia di passato è così evidente come nella Sonata in si bemolle minore op. 35 (seconda di tre, con la prima che non conta molto). È una voglia che si sente in modo prepotente nel primo movimento. Chopin cerca la grande forma classica, ma non la trova, non la può trovare. Non gli basta imbastire una forma sonata dialettica alla maniera di Beethoven con tanto di drammatica introduzione lenta e sezione principale forte di due incisivi gruppi tematici pronti per essere sviluppati nel corso di un epico momento centrale appositamente predisposto. Ottiene naturalmente il risultato emotivo che si propone. Appare ancora più grandioso a noi, un secolo e mezzo dopo, per la straordinaria economia di mezzi con cui è realizzato. Quattro battute introduttive gravi e accordali, poi scatta il turbinoso primo inciso tematico, subentra l’appassionato ma cantabile secondo tema. Il primo tema domina la drammatica sezione di sviluppo; il secondo riassume in sé l’intera esposizione. In men che non si dica (7-8 minuti, molto meno se non si ripete l’introduzione e l’esposizione, come sarebbe prescritto) il movimento finisce e la sua concisione rafforza l’impatto emotivo sull’ascoltatore. Lo Scherzo ha un che di pirotecnico, con tutte quelle ribattiture su più registri e a piene mani, appena bilanciate dalla cantabile serenità centrale. Manca il tradizionale movimento lento, sostituito da una “Marcia funebre” tanto famosa quanto difficile da interpretare alla tastiera e sulla carta. Comunque non mancano precedenti casi analoghi, primo fra tutti quello della Sonata op. 26 di Beethoven e, per estensione, della Terza sinfonia. Il che, congiunto all’architettura dei due movimenti precedenti, farebbe pensare a un voluto omaggio di Chopin al grande di Bonn. Il tutto sarebbe, secondo tradizione, coronato dall’enigmatico finale che eseguito in un certo modo giustificherebbe chi vi legge il suono di un lugubre vento che soffia fra le lapidi. E che invece suonato in altro modo, con tocco più leggero e scarso uso del pedale (come lascia intendere l’autore) diventa una vaporosa filigrana che rende omaggio all’amato Bach e passa molte idee timbriche a chi sarà capace di coglierle. Appunto Ravel, settant’anni dopo. La Seconda sonata fu infatti terminata nell’estate del 1839, poco dopo il ritorno dalla disastrosa vacanza alle Baleari con George Sand. La Marcia funebre era stata composta due anni prima come pezzo indipendente. Enzo Beacco KRYSTIAN ZIMERMAN pianoforte Krystian Zimerman è nato a Zabrzc, in Polonia, nel 1956. Dopo le prime lezioni del padre, e il debutto a sei anni alle televisione polacca con musiche di sua composizione, ha frequentato l’Accademia di Musica di Katowice nella classe di Andrzeij Jasinski, suo unico insegnante fino all’incontro con Arthur Rubinstein che ha segnato profondamente la vita musicale e personale di Zimerman. Nel 1975 si è aggiudicato il primo premio al concorso Chopin. Vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali, Zimerman è ora un fermo oppositore al “sistema” del concorso come metodo di selezione musicale e rifiuta di far parte di qualsiasi giuria. Con un repertorio molto ampio che rifugge da ogni specializzazione, ha collaborato assiduamente sia in concerto che in sala di registrazione con importanti direttori quali Abbado, Barenboim, Bernstein, Giulini, Haitink, von Karajan, Muti, Mehta, Ozawa e Previn. Nel 1989 ha eseguito in prima mondiale il concerto che Lutoslawski gli ha dedicato. Nel 1999 ha fondato la Polish Festival Orchestra con la quale ha portato in tournée e ha inciso i due Concerti per pianoforte e orchestra di Chopin. La scelta dei programmi si basa su un metodo di studio particolare che consiste nello studiare numerosi brani contemporaneamente, ognuno dei quali sarà pronto per il concerto in tempi diversi; solo aver “vissuto” con un brano musicale per un lungo periodo (a volte anche dieci anni) secondo Zimerman consente di raggiungere i risultati desiderati per un’esecuzione. In campo discografico molte sue incisioni hanno ottenuto riconoscimenti quali Gramophone Award, Grand Prix du Disque, Premio Edison, Diapason d’or e Grammy Award. I suoi interessi si estendono ben oltre il pianoforte: suona l’organo, si occupa di elettronica e psicologia. È stato ospite della nostra Società nel 1977, 1985, 1990, 1996, 1999 e nel 2001. Prossimo concerto: martedì 26 ottobre 2004, ore 20.30 Hilary Hahn violino Natalie Zhu pianoforte Aveva esordito presso la nostra Società qualche anno fa, nel 1999. Sembrava una bambina. Dal suo violino sapeva cavare un volume, una qualità, una dinamica di suono che ci si sarebbe aspettato solo da un virtuoso maturo. Non ancora trentenne, torna per il terzo appuntamento di stagione con un’esperienza cresciuta in modo esponenziale nelle sale di tutto il mondo, assieme alle maggiori orchestre e ai massimi direttori. A conferma della sua eccellenza nel grande repertorio classico-romantico, ci propone due deliziose sonate della prima maturità mozartiana, quel monumento del violinismo assoluto che è la terza sonata di Bach, il riservato capolavoro del secondo Ottocento francese firmato da Fauré. Programma (Discografia minima) W. A. Mozart Sonata in fa maggiore K 376 (Barenboim, Perlman, DG 463 749-2) J. S. Bach Sonata n. 3 in do maggiore BWV 1005 per violino solo (Grumieux, Ph 438 736-2) W. A. Mozart Sonata in mi minore K 304 (Barenboim, Perlman, DG 463 749-2) G. Fauré Sonata n. 1 in la maggiore op. 13 (Grumieux, Crossley, Ph 426 384-2)