Informative antimafia, rescissione contrattuale ed escussione della cauzione definitiva
Discende, da quanto precede, che il provvedimento impugnato poggia su una ricostruzione dei fatti e
dei precedenti penali non completa - quanto alla ricostruzione del quadro di riferimento – ai fini della
sua adozione; né la mera iscrizione dell’amministratore della ricorrente nel registro degli indagati, una
volta che gli altri elementi pure ad essa collegati hanno in parte perduto, per le ragioni ora dette, di
giuridico spessore, può valere, da sola, se non debitamente integrata, a supportare l’adozione del
provvedimento in esame.
non potevano, peraltro, i primi giudici, valutando specificamente quanto rilevato dal magistrato penale
in sede di archiviazione, pervenire ad un giudizio probabilistico volto alla conferma della misura
interdittiva pur in presenza di tale provvedimento favorevole all’inquisito, in tal modo avendo, di fatto,
il TAR sostituito le proprie valutazioni a quelle che competono, invece, nella sua autonomia, all’autorità
amministrativa preposta all’esercizio del potere di cui si tratta e avendo, in particolare, assegnato alle
parole usate dal GIP significati specifici (conformi, peraltro, alle considerazioni svolte
dall’Amministrazione, ma, come detto, solo in sede difensiva) e ciò pur in presenza di espressioni (da
valutare, se del caso, in sede di riesame da parte della stessa P.A.) il cui significato potrebbe anche non
apparire univoco.
È vero, infatti, che le misure interdittive vengono emesse sulla base di accertamenti sommari e
probabilistici, che non raggiungono, né possono raggiungere, le certezze che scaturiscono dai giudizi
penali; non di meno, esse debbono poggiare su quadri indiziari sufficienti, in cui l’Autorità preposta
deve precisare tutti gli elementi a sua conoscenza in grado di incidere sugli apprezzamenti in corso di
definizione; e, in tale contesto, essa deve dimostrare di avere tenuto conto di tutti gli elementi in suo
possesso, non solo di quelli utili a suffragare l’emanazione del provvedimento interdittivo, ma anche di
quelli che, per la loro portata, possono indurre all’assunzione di statuizioni di segno opposto; e, in
presenza di elementi non concordanti, la stessa P.A. deve, comunque, indicare, sia pure
sommariamente, le ragioni che la inducono a privilegiare l’una anziché l’altra scelta.
Nell’emanare un provvedimento produttivo di rilevanti conseguenze nella sfera giuridica dei soggetti
interessati (quali la società che ne viene gravata e l’amministratore della stessa, la cui condotta è
all’origine della misura interdittiva in esame) è, quindi, necessario che all’Autorità preposta
all’emanazione della misura stessa venga sottoposta una situazione giuridico-fattuale quanto più
possibile precisa non solo per ciò che attiene agli aspetti in negativo, ma anche per quelli, in positivo,
che possano valere, in ipotesi, a rendere i primi meno significativi.
Ha premesso, il TAR, che la società ricorrente era subappaltatrice della Costruzioni Generali
nell’ambito della realizzazione di lavori di completamento dell’impianto dinamico polifunzionale di
Napoli; a seguito di richiesta di informativa antimafia da parte dell’appaltatore, la Prefettura di Caserta
rilasciava, nei confronti della società stessa, si comunicava la sussistenza di tentativi di infiltrazione
mafiosa nel confronti della società; di conseguenza, la Italferr s.r.l. emetteva l’ordine di servizio n. 1407
del 29 ottobre 2007 con cui disponeva che l’appaltatore interrompesse ogni rapporto in corso
Avverso tali note e contro l’informativa antimafia proponeva ricorso al TAR l’odierna appellante,
chiedendone l’annullamento.
- Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per
l’annullamento
all’occorrenza, della nota della Costruzioni Generali s.p.a. del 5 novembre 2007 con cui si è comunicata
la risoluzione del contratto di subappalto in essere per i lavori di realizzazione dell’impianto dinamico
polifunzionale di Napoli
Nel rigettare il ricorso il TAR ha preliminarmente rilevato che la legittimità dell’informativa antimafia
impugnata doveva essere valutata con riferimento agli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento
della sua adozione, senza che alcuna incidenza potesse essere riconosciuta ad atti, provvedimenti e
circostanze intervenute successivamente, la cui rilevanza avrebbe potuto essere fatta valere
eventualmente in termini di richiesta di aggiornamento
Qual è il parere dell’adito giudice di appello del Consiglio di Stato?
Dato il suo carattere formale, va esaminata, in primo luogo, la censura da ultimo detta (relativa alla
mancata acquisizione del parere del GIA); la stessa va disattesa.
Contrariamente all’assunto dell’appellante, il fatto che le norme disciplinanti le informative antimafia
non prevedano l’acquisizione obbligatoria del parere in questione induce a ritenere che si tratti di parere
facoltativo che il Prefetto può, quindi, validamente acquisire ove ritenga, con gli elementi integrativi che
detto organo potrebbe essere in grado di offrire, di rafforzare i dati da porre a supporto
dell’informativa; ma non è vincolato da alcuna norma in tal senso, con la conseguenza che, ove ritenga
di essere in possesso di elementi giustificativi sufficienti, il Prefetto stesso ben può emettere
l’informativa senza ricorrere all’ausilio di detto consesso; il fatto, poi, che un organo siffatto sia stato
costituito sta a significare che l’Autorità competente, ove lo ritenga, può fare ricorso all’ausilio dello
stesso, ma ciò non implica che si tratti di parere obbligatorio, lo stesso configurandosi, in assenza di
differenti disposizioni da parte del legislatore, come meramente facoltativo.
Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che, nell’esporre gli elementi che ostavano al rilascio di
un’informativa liberatoria da parte del Prefetto della Provincia di Caserta, avrebbe dovuto essere
ricostruito un quadro più completo e preciso delle vicende che interessavano l’amministratore unico
della società RICORRENTE s.r.l. e di coloro che, con lo stesso, si erano in talune occasioni incontrati
Così ricostruito il quadro d’insieme della vicenda in esame, ne emerge che il provvedimento impugnato,
poggiante sui rilievi formulati dal Commissariato di P.S. di Formia e dalla Questura di Caserta, teneva
conto di elementi (riguardanti asseriti gravi precedenti penali di V.F, C.M. e G.M., la cui frequentazione
da parte dell’amministratore unico della RICORRENTE s.r.l. ha costituito uno dei presupposti
essenziali per l’emanazione, nei confronti di essa, dell’impugnata misura interdittiva) incompleti, non
correlati a specifici e sufficientemente definiti elementi cognitivi di oggettiva rilevanza penale, non
tenendo conto, in particolare, dei decreti del Tribunale di Napoli ora detti; vero che nella nota 19
giugno 2007 della Questura di Caserta si fa riferimento al fatto che il C.M. era stato proposto per
l’applicazione delle misure di prevenzione dianzi ricordate, ma la stessa Questura, nella nota di
conferma del 29 settembre 2007, nulla aveva precisato in merito all’esito di tale richiesta che, come
detto, quanto meno per ciò che attiene all’istanza di sequestro, era stata rigettata, mentre, quanto alla
sorveglianza speciale, nulla veniva precisato (né è stato precisato nel corso del presente giudizio).
A quanto precede si accompagna anche il fatto che, nella stessa nota questorile del 19 giugno 2007, si
parla, con riguardo al ripetuto amministratore della RICORRENTE s.r.l., di soggetto indagato perché
“responsabile di estorsione e di rapina in concorso”, laddove lo stesso non risulta essere mai stato
inquisito a questo secondo titolo; ciò che denota anche una qualche incertezza informativa circa i
contenuti espositivi dell’atto impugnato.
La debolezza informativa di base del provvedimento impugnato ha trovato, comunque, sia pure ex
post, conferma nell’archiviazione del procedimento nei confronti dello stesso amministratore della
RICORRENTE s.r.l., richiesta dal P.M. in quanto “dalle indagini condotte non è emerso alcun
elemento utile ai fini della verifica dibattimentale dell’ipotesi delittuosa ascritta all’indagato”; si tratta di
un elemento che rafforza il convincimento in ordine alla insufficienza dei dati cognitivi posti
dall’Amministrazione a supporto dei propri apprezzamenti; se il quadro indiziario nei confronti
dell’inquisito è stato ritenuto così inconsistente, da parte del P.M. e del GIP, da portare al suo
proscioglimento ancora in sede di indagini preliminari, è segno che la consistenza dei fatti che hanno
portato, in misura determinante, all’emissione della misura interdittiva era davvero tenue e non
giustificativa del provvedimento stesso.
Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza
impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullata la misura interdittiva in quella
sede gravata, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione
A cura di Sonia Lazzini
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7646 del 4 dicembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato
N. 07646/2009 REG.DEC.
N. 07570/2008 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso in appello numero di registro generale 7570 del 2008, proposto dalla
società Società RICORRENTE S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabrizio Lemme, Lorenzo Lentini e Claudio
Preziosi e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, corso Francia 197,
contro
il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., costituitisi in giudizio,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui
domiciliano
in
Roma,
via
dei
Portoghesi,
e
l’Ufficio Territoriale di Governo di Caserta, in persona del. Prefetto p.t., le società
Italferr S.p.A., Societa' ALFA - BETA - DELTA Costr. GAMMA Spa, in persona
dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sezione I, 25 luglio 2008, n.
09408, resa tra le parti, concernente RISOLUZ. CONTRATTO SUBAPPALTO
LAVORI - INFORMATIVA ANTIMAFIA.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato Ministero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza della Sezione 17 ottobre 2008, n. 5502;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2009 il Cons. Paolo
Buonvino e uditi per le parti gli avvocati Lemme, Lentini e l'avv.to dello Stato
Ventrella.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1) - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna
appellante per l’annullamento, quanto al ricorso introduttivo:
a) - del provvedimento con cui la Prefettura di Caserta ha emesso una informativa
interdittiva ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/94 in danno della società
RICORRENTE s.r.l.;
b) - dell’ordine di servizio n. 1407/07 con cui l’Italferr s.p.a. ha disposto
l’interruzione di qualunque rapporto di fornitura tra la ALFA-BETA-DELTA
Costruzioni Generali s.p.a. e la RICORRENTE s.r.l.;
c) – all’occorrenza, della nota della ALFA-BETA-DELTA Costruzioni Generali
s.p.a. del 5 novembre 2007 con cui si è comunicata la risoluzione del contratto di
subappalto in essere per i lavori di realizzazione dell’impianto dinamico
polifunzionale di Napoli (contratto n. 5/2002 del 22 gennaio 2002);
- quanto ai primi motivi aggiunti:
d) della relazione a firma del Vice Prefetto di Caserta del 23 gennaio 2003;
e) della nota della Questura di Caserta prot. n. 896327 del 19 giugno 2007;
f) della nota della Questura di Latina – Commissariato P.S. di Formia del 27
giugno 2007;
g) della nota della Questura di Caserta del 29 settembre 2007;
- quanto agli ulteriori motivi aggiunti:
g) della nota prot. n. 1325/12.b.16/ant. del 21 marzo 2008 del Prefetto di Caserta;
h) del rapporto del Commissariato di P.S. di Formia del 3 marzo 2008.
Ha premesso, il TAR, che la società RICORRENTE s.r.l. era subappaltatrice della
ALFA-BETA-DELTA Costruzioni Generali nell’ambito della realizzazione di
lavori di completamento dell’impianto dinamico polifunzionale di Napoli; a seguito
di richiesta di informativa antimafia da parte dell’appaltatore, la Prefettura di
Caserta rilasciava, nei confronti della società stessa, il provvedimento n.
781/12b.16/ANT/AREA 1^ del 15 ottobre 2007 con cui ai, sensi dell’art. 4 del
D.Lgs. n. 490/94, si comunicava la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa
nel confronti della società; di conseguenza, la Italferr s.r.l. emetteva l’ordine di
servizio n. 1407 del 29 ottobre 2007 con cui disponeva che l’appaltatore
interrompesse ogni rapporto in corso con la RICORRENTE s.r.l., provvedimento
comunicato a quest’ultima società con nota del 5 novembre 2007.
Avverso tali note e contro l’informativa antimafia proponeva ricorso al TAR
l’odierna appellante, chiedendone l’annullamento.
A seguito del deposito degli atti del procedimento da parte dell’Amministrazione,
la ricorrente proponeva motivi aggiunti notificati in data 8 e 9 febbraio 2008.
Nel rilevare che gli elementi indiziari riguardavano la pendenza di un
procedimento penale nei confronti dell’Amministratore unico, C.B., per tentativo
di estorsione e rapina, l’appartenenza di questi ad organizzazioni malavitose locali
– circostanza emergente da intercettazioni telefoniche ed ambientali nel medesimo
procedimento - nonché la circostanza di accertati contatti con F.V. e M.C. ritenuti
vicini ad ambienti della criminalità organizzata, la società ricorrente ribadiva che
era intervenuto decreto di archiviazione, con conseguente eliminazione di ogni
rilevanza indiziaria degli elementi addotti, anche in considerazione dell’inutilità di
ulteriori accertamenti come ritenuto dalla stessa A.G.; né rilevanza avrebbe potuto
essere riconosciuta al contenuto di un’intercettazione ambientale con cui
l’Amministratore C.B. esprimeva alcune considerazioni riguardo all’omicidio di un
soggetto in precedenza sospettato di essere stato colui che aveva ucciso suo padre
anni addietro. Con la terza censura dei motivi aggiunti si deduceva l’irrilevanza
delle frequentazioni di C.B. con soggetti ritenuti vicini ad organizzazioni criminali,
in considerazione della episodicità di tali controlli. Infine, si reiterava il vizio
procedimentale connesso alla mancanza del parere del G.I.A.
Con ulteriori motivi aggiunti, notificati in data 27 e 28 febbraio, la società
ricorrente, riguardo alle richiamate frequentazioni, contestava che i soggetti
controllati in compagnia di C.B. fossero stati destinatari di provvedimenti che
potessero in qualche modo indurre a ritenere che fossero in qualche modo vicini
ad ambienti della malavita organizzata.
In data 1° aprile 2008 l’Avvocatura dello Stato depositava ulteriore
documentazione, segnatamente una nota della Prefettura di Caserta n.
1325/12.b.16/ANT/AREA 1^ del 21 marzo 2008 e la nota del Commissariato
P.S. di Formia del 3 marzo 2008 con cui si rilevava che l’archiviazione nei
confronti di C.B. era successiva all’adozione della informativa antimafia e che
comunque dagli atti del procedimento penale emergeva un ruolo di costui ed una
prossimità rispetto ad ambienti della criminalità organizzata che giustificavano la
sussistenza di elementi indiziari di tentativi di infiltrazione mafiosa.
Tali atti venivano impugnati con ulteriori motivi aggiunti notificati in data 16 e 17
aprile 2008, contestandosi in primo luogo l’integrazione postuma della
motivazione dell’originaria informativa e quindi la loro illegittimità; anche in questa
occasione si eccepiva la mancata acquisizione del parere del G.I.A., circostanza cui
si aggiungeva che il Prefetto si sarebbe limitato a chiedere lumi non a tutte le forze
di polizia, ma solo al Commissariato P.S. di Formia. Con gli ulteriori motivi si
negava ancora una volta che i soggetti notati in compagnia di C.B. fossero
legittimamente indiziati di colleganza malavitosa; non V.F., il cui processo
pendente presso il Tribunale di Napoli aveva ad oggetto il delitto di tentata
estorsione e quindi un’ipotesi di reato non ritenuta dal D.P.R. n. 252/1998
rilevante ai fini di tutela antimafia; nemmeno una terza persona ritenuta coinvolta,
G.M., meritava la qualificazione di pluripregiudicato, in considerazione
dell’assoluta mancanza nei suoi confronti di pregiudizi penali; tantomeno rilevava
la circostanza di un’occasione conviviale tra costui e C.B. in quanto non era stato
possibile accertare i contenuti delle conversazioni. Non sarebbe nemmeno
sussistito il ruolo di “cuscinetto” attribuito a C.B. tra V.F. e persone vittime di
richieste estorsive, valutazione contrastante con quanto ritenuto in sede di indagine
penale.
In primo luogo, ha rilevato la ricorrente in primo grado, si trattava di indizi tutti
relativi al signor C.B. Amministratore della società ricorrente che, secondo quanto
riferito dalla Questura di Caserta nella nota 896327/ANT/BN del 19 giugno 2007,
sarebbe stato controllato in data 17 gennaio 2006 in Cancello ed Arnone in
compagnia di V.F. e C.M., entrambi pregiudicati ed indiziati di contiguità mafiosa,
nonché proposti per la misura di prevenzione della sorveglianza speciale; altro
controllo del C.B. con gli stessi soggetti ed altre due persone incensurate si era
avuto in data 13 maggio 2006 in Formia; ancora, in data 1° agosto 2006 sempre
l’Amministratore sarebbe stato controllato in Sessa Aurunca in compagnia di due
persone di cui una M.G. con precedenti per ricettazione.
La Questura di Latina, Commissariato di Formia, con nota n. cat.2.2./07 Inf. Inv
del 27 giugno 2007 riferiva che il C.B. era stato sottoposto a procedimento penale
per tentativo di estorsione connesso ad ambienti camorristici, in concorso con
alcuni soggetti, tra cui V.F., al fine di far sostituire ad una impresa l’originario
fornitore di calcestruzzo, che sarebbe dovuto essere proprio l’impresa di V.F.
La stessa autorità di polizia riferiva di un incontro tenutosi in un noto ristorante di
Formia tra il C.B., V.F. ed altri imprenditori al fine di discutere della spartizione di
appalti nella Provincia di Caserta.
Detti elementi sono stati confermati dalla Questura di Caserta con nota n.
896327/ANT/BN del 29 settembre 2007 in risposta ad un’istanza di
aggiornamento presentata dal C.B. in data 27 luglio 2007.
Rispetto a tale quadro indiziario la ricorrente nel ricorso introduttivo ha dedotto
che l’incontro a Formia con alcuni imprenditori non aveva alcuna specifica
significatività, mentre l’indagine a carico dell’Amministratore si stava chiudendo
nei confronti di questo con una richiesta di archiviazione.
Con i primi motivi aggiunti, invece parte ricorrente ha addotto la circostanza della
sopravvenuta
archiviazione
del
procedimento
penale
nei
confronti
dell’Amministratore C.B., rilevando che le intercettazioni ambientali contenute
nell’indagine relativamente a colloqui intercorsi tra questi e l’imprenditore M.G. –
con il quale era stato già controllato – non avevano alcuna rilevanza indiziaria, in
quanto esclusa dalla stessa autorità giudiziaria penale, anche con riferimento ad un
commento espresso dallo stesso C.B. a proposito dell’uccisione del proprio padre
nel 1991 in relazione ad un recente agguato commesso ai danni di chi era stato
ritenuto esserne stato l’autore, tale F.F.
Con nota di udienza del 19 febbraio 2008 la società ricorrente ha quindi depositato
i provvedimenti con cui l’A.G. ha respinto la richiesta di applicazione di misure di
prevenzione sia nei confronti di M.C che di F.V. allegando il certificato del
casellario giudiziale dell’impreditore M.G. da cui non emergevano condanne a suo
carico; pertanto, con i secondo motivi aggiunti veniva rilevato che nessuna
contiguità mafiosa o criminale era ascrivibile alle persone con cui l’Amministratore
della RICORRENTE s.r.l. era stato più volte controllato dall’autorità di P.S.
3) – Nel rigettare il ricorso il TAR ha preliminarmente rilevato che la legittimità
dell’informativa antimafia impugnata doveva essere valutata con riferimento agli
elementi di fatto e di diritto esistenti al momento della sua adozione, senza che
alcuna incidenza potesse essere riconosciuta ad atti, provvedimenti e circostanze
intervenute successivamente, la cui rilevanza avrebbe potuto essere fatta valere
eventualmente in termini di richiesta di aggiornamento; con la conseguenza che del
tutto ininfluenti ai fini della presente decisione ha ritenuto la nota dell’Ufficio
Territoriale del Governo di Caserta n. 1325/12B.16/ANT/AREA 1^ del 21 marzo
2008 e quella del Commissariato P.S. di Formia cat.2.2./08/INF.INV del 3 marzo
2008, in quanto estranee al procedimento che ha condotto all’adozione
dell’informativa antimafia impugnata; inoltre, trattavasi più propriamente di scritti
difensivi che le due Amministrazioni in questione avevano depositato tramite
l’Avvocatura di Stato al fine di legittimare il proprio precedente operato, per cui
poteva essere loro riconosciuta unicamente valenza processuale e non già di
integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato che, tra
l’altro - per quanto concerne la nota della P.S. – sarebbe stata, comunque, di
esclusiva competenza prefettizia; donde l’inammissibilità per carenza di interesse
dei terzi motivi aggiunti notificati in data 16 e 17 aprile 2008
Quanto alla mancata acquisizione del parere del G.I.A., il TAR ha respinto le
relative doglianze avendo ritenuto che titolare esclusivo del potere di informazione
antimafia fosse il Prefetto, secondo quanto stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. 8 agosto
1994, n. 490, in tema di informative tipiche - come quella oggetto del presente
giudizio; e che la mancanza del parere del G.I.A., in tanto avrebbe potuto
assumere rilevanza come profilo di illegittimità dell’informativa antimafia ove fosse
stata rinvenibile una norma che ne avesse imposto il rilascio, ciò in coerenza con il
principio costituzionale di riserva relativa di legge di cui all’art. 97 che informa sia
la competenza amministrativa come espressione di organizzazione, sia la dinamica
dell’azione procedimentalizzata dei soggetti pubblici; ma che una tale norma non
era rinvenibile nell’ordinamento, nemmeno come espressione di una funzione
consultiva; e che, quindi, l’intervento del G.I.A. nel procedimento di rilascio delle
informazioni antimafia, risolvendosi in una modalità ampiamente discrezionale di
acquisizione di elementi istruttori e di valutazione, era da qualificarsi come mera
prassi amministrativa, come tale non vincolante per l’autorità decidente e
soprattutto irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento finale, sia sotto il
profilo della competenza che della corretta sequenza procedimentale.
Il TAR ha, poi, respinto il primo motivo del ricorso introduttivo con cui era stato
dedotto che l’informativa impugnata sarebbe stata emanata in assenza di alcuno dei
provvedimenti di cui all’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, rilevante ai fini
della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa; al riguardo, ha rilevato che il
provvedimento era stato adottato sulla base di elementi non ancorati
necessariamente a provvedimenti giurisdizionali penali o in materia di prevenzione,
ma raccolti dal Prefetto ai sensi della lettera c) dell’art. 10 del D.P.R. 3 giugno
1998, n. 252.
Con il terzo e quarto motivo del ricorso introduttivo e con i primi – ad eccezione
dell’ultimo - e secondi motivi aggiunti era stata contestata l’informativa impugnata
sotto il profilo della inidoneità e della fondatezza degli elementi addotti dal
Prefetto al fine di supportare un giudizio di contiguità mafiosa della
RICORRENTE s.r.l.; al riguardo, i primi giudici, dopo aver proceduto alla
ricognizione degli elementi indiziari sottesi alla informativa oggetto di giudizio,
hanno respinto i motivi stessi avendo ritenuto che l’informativa antimafia
impugnata fosse conforme a canoni di ragionevolezza, oltre che sorretta da idonei
e sufficienti elementi indiziari tali da giustificare un giudizio di contiguità mafiosa.
Anche a voler operare una verifica postuma e quindi riferibile all’evoluzione di
siffatto quadro indiziario, la pregnanza degli elementi addotti per i primi giudici
non risultava affatto affievolita, in quanto, con riguardo all’episodio di tentativo di
estorsione nei riguardi di coloro che erano stati ritenuti concorrenti di C.B., ossia
I.C e l’imprenditore F.V., era stata emessa ordinanza di custodia cautelare in
carcere a conferma dell’esistenza di gravi indizi di colpevolezza per un fatto
rispetto al quale la posizione dell’Amministratore della RICORRENTE s.r.l. non
era affatto di estraneità assoluta, restando indiscussa una sua partecipazione alla
vicenda (tanto che non era stata esclusa una sua posizione di intermediario
assolutamente significativa ai fini di una valutazione in termini antimafia); ma
anche la stessa sopravvenienza di provvedimenti di rigetto in materia di
prevenzione non valeva ad offuscare il quadro indiziario nei confronti della
RICORRENTE s.r.l. e del suo Amministratore, in quanto la figura di V.F. persona in stretto contatto con C.B. - come soggetto comunque orbitante in
ambienti criminali, risultava attualmente confermata dalla recente ordinanza
cautelare emessa nei suoi confronti per il delitto di tentativo di estorsione
aggravato dal Tribunale di Napoli; e ad avvalorare la gravità degli elementi ed a
corroborare, quindi, la correttezza della valutazione prefettizia, vi erano, poi le
intercettazioni ambientali di conversazioni tra l’Amministratore della ricorrente e
G.M., imprenditore, pure sospettato di prossimità con ambienti della criminalità
organizzata, in cui i due discutevano di vicende legate a clan camorristici – e non
solo dell’omicidio del padre di C.B. – dimostrando una conoscenza di rapporti ed
eventi che andava ben oltre una mera conoscenza di tipo comune; e trattandosi di
un giudizio di contiguità mafiosa riguardante non già soggetti autori di delitti
comuni legati all’attività mafiosa, ma imprenditori che, quindi, operavano a valle
dell’attività delinquenziale intesa in senso tradizionale, la ricerca dell’elemento
indiziario ben poteva limitarsi alla rilevazione di contatti più o meno assidui o
stabili, al fine di evincere la sussistenza di legami anche commerciali o comunque
affaristici tra impresa e crimine organizzato; donde, in definitiva, il rigetto del
ricorso e dei motivi aggiunti.
4) – Per la società appellante la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere
riformata, anzitutto, in quanto il provvedimento antimafia controverso poggiava
sull’iscrizione dell’amministratore unico della società appellante nel registro degli
indagati perché responsabile di estorsione; sennonché, il relativo procedimento
penale si è, poi, concluso con il suo proscioglimento (provvedimento di
archiviazione) per non aver commesso il fatto, donde il difetto assoluto di
presupposto del provvedimento impugnato.
Il TAR avrebbe anche errato nel ritenere irrilevanti i successivi sviluppi della
vicenda secondo il principio tempus regit actum; al contrario, tali sviluppi, favorevoli
al predetto amministratore, non avrebbero potuto affatto essere trascurati dal
giudicante.
Con ulteriore censura deduce, l’appellante, l’erroneità della sentenza non avendo
percepito, il TAR, che il Prefetto di Caserta avrebbe fondato la misura interditttiva
sulla mera iscrizione dell’amministratore unico della società nel registro delle
notizie di reato che non integrerebbe alcuno dei tipici provvedimenti giudiziari,
richiamati dall’art. 10/7, lett. a), del d.p.r. n. 252/1998 ai fini dell’emanazione della
misura stessa.
La decisione appellata sarebbe anche viziata da ultrapetizione in quanto, per
convalidare gli indizi dell’informativa del 15 ottobre 2007 il TAR avrebbe
inammissibilmente utilizzato ulteriori elementi, a suo dire, negativi, desunti dal
successivo decreto di archiviazione di cui si è detto; così integrando motu proprio la
motivazione dell’informativa, oltre i limiti del sindacato di legittimità.
Sul punto, la sentenza sarebbe, comunque, anche contraddittoria, in quanto, dopo
avere affermato il principio dell’irrilevanza dei fatti successivi favorevoli, tratti dal
procedimento penale, ha poi ritenuto di integrare l’originario quadro indiziario
avvalendosi proprio del decreto di archiviazione stesso ed evidenziando un
elemento di quest’ultimo (il preteso ruolo di “intermediario” svolto dal predetto
amministratore) che non sarebbe stato affatto contemplato nell’impugnata
informativa.
I primi giudici, inoltre, avrebbero omesso di motivare sulle censure articolate con i
terzi motivi aggiunti contro l’illegittima appendice provvedimentale contenuta nella
nota difensiva del Prefetto; avrebbero anche omesso di motivare sul travisamento
in cui sarebbe incorsa l’Autorità di P.S. nell’invocare il termine “cuscinetto”, invece
utilizzato dal GIP, nel provvedimento di archiviazione, solo per escludere
contiguità e comportamenti di rilievo penale dell’interessato; termine che, invece,
contraddittoriamente, nell’ottica del Prefetto e del TAR varrebbe ad avvalorare il
ruolo di “intermediario ” tra imprese e soggetti indagati per estorsione, con
conseguenti effetti penali rilevanti che lo stesso GIP avrebbe, invece,
manifestamente escluso.
La sentenza sarebbe erronea anche laddove avrebbe ritenuto pregnanti i controlli
operati nel gennaio/agosto 2006 a carico del predetto amministratore; tali
controlli, infatti, in precedenza non avevano impedito il rilascio di informative
favorevoli, mentre avrebbero assunto rilievo solo a seguito dell’iscrizione
dell’amministratore unico nel registro degli indagati, peraltro poi risoltasi
favorevolmente per l’indagato con la disposta archiviazione; caduta la rilevanza
penale dei fatti addebitati all’inquisito, avrebbero perduto rilevanza anche i
precedenti “controlli”, già ritenuti insignificanti in passato, e contrastati, nel loro
valore indiziario, dal ripetuto decreto di archiviazione.
Il TAR, inoltre, avrebbe dato illegittimamente rilievo a fatti occasionali, non
significativi, decontestualizzati dal loro iter argomentativo, smentiti dalle
conclusioni del procedimento penale, pervenendo illogicamente alla conferma della
misura interdittiva, attraverso la scissione della valutazione unitaria e sistematica
dei singoli elementi utilizzati dal Prefetto di Caserta, in aperta elusione delle regole
relative ai procedimenti presuntivi, che debbono basare le conseguenti
determinazioni preclusive su elementi gravi, precisi e concordanti.
In ogni caso, anche i soggetti “controllati” in compagnia del predetto
amministratore societario sarebbero stati privi, all’epoca degli incontri, di ogni
pregiudizio penale e il TAR non avrebbe potuto utilizzare, in danno del medesimo,
elementi emersi solo l’anno successivo agli incontri stessi.
Lo stesso Tribunale avrebbe anche travisato il significato della telefonata intercorsa
tra l’amministratore stesso ed il sig. Mozzillo; telefonata ritenuta priva di ogni
rilevanza da parte del medesimo giudice penale; che parimenti priva di rilevanza ha
ritenuto anche la cena cui il predetto amministratore avrebbe partecipato in
Formia, ritenuta, invece, illogicamente dal TAR giustificativa del provvedimento
impugnato.
L’appellante insiste, infine, sull’illegittimità del provvedimento impugnato per
omessa acquisizione del parere del G.I.A., da ritenersi, contrariamente a quanto
ritenuto dal TAR, quanto meno necessario.
Si è costituito in giudizio il Ministero appellando insistendo per il rigetto del
gravame.
DIRITTO
1) - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna
appellante per l’annullamento del provvedimento con cui la Prefettura di Caserta
ha emesso una informativa interdittiva ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/94 in
danno della società RICORRENTE s.r.l.; con il ricorso – e successivi motivi
aggiunti – erano stati impugnati anche gli atti presupposti e consequenziali (anche
adottati dalle imprese alle quali l’informativa era stata indirizzata), ivi comprese la
nota prot. n. 1325/12.b.16/ant. del 21 marzo 2008 del Prefetto di Caserta ed il
rapporto del Commissariato di P.S. di Formia del 3 marzo 2008.
2) - Dato il suo carattere formale, va esaminata, in primo luogo, la censura da
ultimo detta (relativa alla mancata acquisizione del parere del GIA); la stessa va
disattesa.
Contrariamente all’assunto dell’appellante, il fatto che le norme disciplinanti le
informative antimafia non prevedano l’acquisizione obbligatoria del parere in
questione induce a ritenere che si tratti di parere facoltativo che il Prefetto può,
quindi, validamente acquisire ove ritenga, con gli elementi integrativi che detto
organo potrebbe essere in grado di offrire, di rafforzare i dati da porre a supporto
dell’informativa; ma non è vincolato da alcuna norma in tal senso, con la
conseguenza che, ove ritenga di essere in possesso di elementi giustificativi
sufficienti, il Prefetto stesso ben può emettere l’informativa senza ricorrere
all’ausilio di detto consesso; il fatto, poi, che un organo siffatto sia stato costituito
sta a significare che l’Autorità competente, ove lo ritenga, può fare ricorso
all’ausilio dello stesso, ma ciò non implica che si tratti di parere obbligatorio, lo
stesso configurandosi, in assenza di differenti disposizioni da parte del legislatore,
come meramente facoltativo.
3) - Passando al merito della vicenda, l’appellante osserva, anzitutto, che il
provvedimento antimafia controverso poggiava sull’iscrizione dell’amministratore
unico della società appellante nel registro degli indagati perché presunto
responsabile di estorsione; e che il relativo procedimento, in sede di indagini
preliminari, si è, poi concluso con il suo proscioglimento (provvedimento di
archiviazione) per non aver commesso il fatto; donde il difetto assoluto di
presupposto del provvedimento impugnato.
Difetto di presupposto avvalorato dal fatto che i suoi incontri con personaggi
asseritamente legati alla criminalità organizzata, noti alle forze dell’ordine,
sarebbero avvenuti nel 2006 senza aver dato luogo, all’epoca, all’adozione, nei suoi
confronti, di alcuna iniziativa inibitoria, tanto che in suo favore sono state rilasciate
informative liberatorie ancora il 23 novembre 2006, allorché i suoi incontri con
V.F., C.M. e G.M. erano da tempo noti agli inquirenti.
Tutto ciò non senza considerare, poi – deduce ancora l’appellante – che nelle note
della Questura di Caserta del 19 giugno 2007 e del 29 settembre 2007 e nella nota
del 27 giugno 2007 del Commissariato di P.S. di Formia, sulla cui base è stato
assunto il definitivo provvedimento pregiudizievole del 15 ottobre 2007, nessun
riferimento era stato fatto ad elementi certamente rilevanti ai fini dell’espressione
del giudizio negativo.
Precisamente, nella citata nota del Questore di Caserta del 19 giugno 2007 veniva
fatto riferimento alla circostanza che l’interessato – “ritenuto responsabile di
estorsione e rapina in concorso” - era stato controllato il 17 gennaio 2006 mentre
si accompagnava con il predetto V.F. (“con pregiudizi per rapina, estorsione,
associazione a delinquere di stampo camorristico, nonché proposto, in data
12.3.2004, dalla Procura della Repubblica di Napoli, per l’applicazione della misura
di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.) e C.M. (con pregiudizi per
associazione per delinquere, rapina, ricettazione associazione per delinquere di
stampo camorristico, nonché proposto in data 5 giugno 2006, dalla Questura di
Napoli, per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
P.S.); sempre con V.F. era stato controllato in data 13 maggio 2006; il 1° agosto
2006 era stato controllato in compagnia di G.M., con pregiudizi per ricettazione.
Nella predetta nota del Commissariato di P.S. di Formia veniva fatto più puntuale
riferimento alla vicenda che aveva portato all’iscrizione dell’amministratore unico
della società RICORRENTE nel registro degli indagati per estorsione unitamente
al predetto V.F. e C.I.; nella stessa nota si segnalava che l’amministratore
medesimo risultava un profondo conoscitore delle dinamiche di talune
organizzazioni malavitose presenti sul territorio di residenza, di cui all’evidenza ne
dimostrava l’appartenenza o, quanto meno, la stretta contiguità; che G.M., con il
quale era stato controllato, era un pluripregiudicato affiliato e/o referente di un
clan operante nel Sessano; che il V.F. era un imprenditore “di riferimento”, legato
ad un clan operante in Volla; che il 2 marzo 2007 erano state eseguite operazioni di
perquisizione sia presso il domicilio che presso la sede della società di cui era
amministratore unico il predetto indagato.
La nota del Questore di Caserta del 29 settembre si limitava, poi, a ribadire quanto
precisato nella due note appena descritte.
4) - Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che, nell’esporre gli elementi che
ostavano al rilascio di un’informativa liberatoria da parte del Prefetto della
Provincia di Caserta, avrebbe dovuto essere ricostruito un quadro più completo e
preciso delle vicende che interessavano l’amministratore unico della società
RICORRENTE s.r.l. e di coloro che, con lo stesso, si erano in talune occasioni
incontrati.
È vero, infatti, che le misure interdittive vengono emesse sulla base di accertamenti
sommari e probabilistici, che non raggiungono, né possono raggiungere, le
certezze che scaturiscono dai giudizi penali; non di meno, esse debbono poggiare
su quadri indiziari sufficienti, in cui l’Autorità preposta deve precisare tutti gli
elementi a sua conoscenza in grado di incidere sugli apprezzamenti in corso di
definizione; e, in tale contesto, essa deve dimostrare di avere tenuto conto di tutti
gli elementi in suo possesso, non solo di quelli utili a suffragare l’emanazione del
provvedimento interdittivo, ma anche di quelli che, per la loro portata, possono
indurre all’assunzione di statuizioni di segno opposto; e, in presenza di elementi
non concordanti, la stessa P.A. deve, comunque, indicare, sia pure
sommariamente, le ragioni che la inducono a privilegiare l’una anziché l’altra scelta.
Nell’emanare un provvedimento produttivo di rilevanti conseguenze nella sfera
giuridica dei soggetti interessati (quali la società che ne viene gravata e
l’amministratore della stessa, la cui condotta è all’origine della misura interdittiva in
esame) è, quindi, necessario che all’Autorità preposta all’emanazione della misura
stessa venga sottoposta una situazione giuridico-fattuale quanto più possibile
precisa non solo per ciò che attiene agli aspetti in negativo, ma anche per quelli, in
positivo, che possano valere, in ipotesi, a rendere i primi meno significativi.
E, nel fornire tale più integro quadro di riferimento, non avrebbe potuto
trascurarsi, da parte dei competenti organi di P.S., di segnalare all’autorità
prefettizia ogni elemento utile ai fini ora detti, anche tenuto conto della mancata
acquisizione del parere del GIA che, sebbene, come detto, facoltativo, avrebbe
potuto, comunque, valere a rendere più concreto e completo il quadro informativo
stesso.
In
quest’ottica,
non
appare
privo
di
significato
quanto
precisato
dall’amministratore societario in merito al fatto che:
- a carico del medesimo non esistevano precedenti pregiudizi penali, anche a livello
di prevenzione;
- a tutto il 22 gennaio 2007, a carico di V.F., sussistevano precedenti legati solo al
trasporto abusivo di rifiuti (tre condanne, di cui due, rispettivamente, a 100.000 e
150.000 lire di multa e una a venti giorni d’arresto e 800.000 lire d’ammenda);
- sempre con riguardo a V.F., il Tribunale di Napoli (decreto 2 marzo 2007 n. 84,
reso nel procedimento n. 397/04 Reg. G. M.P.), letta la proposta avanzata in seno
al procedimento n. 397/04 dal Procuratore della repubblica di Nola, con la quale
era stata chiesta l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di P.S., nonché della confisca, previo sequestro, dei beni, ai sensi della
legge n. 575/1965, non rinveniva “elementi idonei a sostenere, allo stato, che il
medesimo appartenga alla criminalità organizzata e, in particolare, come
prospettato dall’organo proponente, al clan…..”; inoltre, rilevava che il medesimo
era stato assolto (con sentenza del Tribunale di Nola del 6 febbraio 2006) da tutti i
reati ascrittigli nel procedimento penale 13929/01 (circostanze accusatorie
semplicemente ribadite nella richiesta all’esame), essendo apparse, le accuse,
smentite sin dalle prime fasi delle indagini preliminari, al contrario essendo emerso
che il predetto V.F. fosse non un soggetto stabilmente inserito in associazioni di
stampo camorristico (secondo quanto sostenuto nell’ipotesi accusatoria), quanto,
invece, vittima di estorsione;
- che anche le ipotesi di reato contestate al V.F. nel procedimento n. 12396/96
avevano prodotto un provvedimento di archiviazione e che, quindi, non
sussistevano, in definitiva i presupposti per procedere al sequestro dei beni;
- che, quanto alla citata richiesta di sorveglianza speciale di P.S., lo stesso Tribunale
di Napoli, nello sciogliere la riserva con decreto n. 226/2007, perveniva, con ampia
e articolata motivazione, al rigetto della proposta della misura stessa, in quanto
“allo stato il complessivo quadro a carico di F.V. si presenta insufficiente per un
giudizio di pericolosità”;
- che con decreto n. 207 del 20 giugno 2007 (procedimento n. 11/07) sempre il
Tribunale di Napoli prendeva in esame la proposta avanzata il 5 giugno 2007 dal
Questore di Napoli volta all’applicazione, nei confronti di C.M., della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. e della misura patrimoniale della
confisca, previo sequestro, di beni; anche in questo caso rigettava la richiesta di
sequestro dei beni tenuto conto dei precedenti penali al medesimo favorevoli e del
fatto che, in definitiva, non emergeva che lo stesso appartenesse alla criminalità
organizzata;
- che anche con riguardo a G.M. il C.G.C.G. risultava negativo.
Così ricostruito il quadro d’insieme della vicenda in esame, ne emerge che il
provvedimento impugnato, poggiante sui rilievi formulati dal Commissariato di
P.S. di Formia e dalla Questura di Caserta, teneva conto di elementi (riguardanti
asseriti gravi precedenti penali di V.F, C.M. e G.M., la cui frequentazione da parte
dell’amministratore unico della RICORRENTE s.r.l. ha costituito uno dei
presupposti essenziali per l’emanazione, nei confronti di essa, dell’impugnata
misura interdittiva) incompleti, non correlati a specifici e sufficientemente definiti
elementi cognitivi di oggettiva rilevanza penale, non tenendo conto, in particolare,
dei decreti del Tribunale di Napoli ora detti; vero che nella nota 19 giugno 2007
della Questura di Caserta si fa riferimento al fatto che il C.M. era stato proposto
per l’applicazione delle misure di prevenzione dianzi ricordate, ma la stessa
Questura, nella nota di conferma del 29 settembre 2007, nulla aveva precisato in
merito all’esito di tale richiesta che, come detto, quanto meno per ciò che attiene
all’istanza di sequestro, era stata rigettata, mentre, quanto alla sorveglianza speciale,
nulla veniva precisato (né è stato precisato nel corso del presente giudizio).
A quanto precede si accompagna anche il fatto che, nella stessa nota questorile del
19 giugno 2007, si parla, con riguardo al ripetuto amministratore della
RICORRENTE s.r.l., di soggetto indagato perché “responsabile di estorsione e di
rapina in concorso”, laddove lo stesso non risulta essere mai stato inquisito a
questo secondo titolo; ciò che denota anche una qualche incertezza informativa
circa i contenuti espositivi dell’atto impugnato.
Né appare priva di rilevanza la circostanza che non sono stati addotti, dopo quelli
del 2006, altri incontri tra il predetto amministratore e V.F. e C.M., per i quali solo
nel 2007 sono state adottate misure repressive (C.C. in C. correlata allo stesso
procedimento in cui era coinvolto C.B.); laddove, come detto, a quegli stessi
incontri non era seguita con immediatezza alcuna misura inibitoria; e, al riguardo,
sotto il profilo dei possibili condizionamenti o ingerenze sull’attività di impresa che
il V.F. avrebbe potuto, in ipotesi, esercitare sulla RICORRENTE s.r.l. per mezzo
del suo amministratore, rileva anche la circostanza che il predetto V.F. era stato
astretto in carcere dal febbraio 2007 (per concorso in quello stesso reato per il
quale detto amministratore ha visto, poi, rapidamente archiviate le indagini
preliminari avviate nei suoi confronti); ciò che inibiva possibili nuovi incontri.
Discende, da quanto precede, che il provvedimento impugnato poggia su una
ricostruzione dei fatti e dei precedenti penali non completa - quanto alla
ricostruzione del quadro di riferimento – ai fini della sua adozione; né la mera
iscrizione dell’amministratore della RICORRENTE s.r.l. nel registro degli indagati,
una volta che gli altri elementi pure ad essa collegati hanno in parte perduto, per le
ragioni ora dette, di giuridico spessore, può valere, da sola, se non debitamente
integrata, a supportare l’adozione del provvedimento in esame.
La debolezza informativa di base del provvedimento impugnato ha trovato,
comunque, sia pure ex post, conferma nell’archiviazione del procedimento nei
confronti dello stesso amministratore della RICORRENTE s.r.l., richiesta dal P.M.
in quanto “dalle indagini condotte non è emerso alcun elemento utile ai fini della
verifica dibattimentale dell’ipotesi delittuosa ascritta all’indagato”; si tratta di un
elemento che rafforza il convincimento in ordine alla insufficienza dei dati
cognitivi posti dall’Amministrazione a supporto dei propri apprezzamenti; se il
quadro indiziario nei confronti dell’inquisito è stato ritenuto così inconsistente, da
parte del P.M. e del GIP, da portare al suo proscioglimento ancora in sede di
indagini preliminari, è segno che la consistenza dei fatti che hanno portato, in
misura determinante, all’emissione della misura interdittiva era davvero tenue e
non giustificativa del provvedimento stesso.
Al riguardo non possono, ad ogni buon conto, assumere rilievo le argomentazioni
svolte, in sede difensiva innanzi al TAR, dall’Amministrazione, secondo cui il
provvedimento di archiviazione non avrebbe potuto, comunque, incidere sulla
misura interdittiva a suo tempo emanata, in quanto gli specifici contenuti del
provvedimento di archiviazione stesso avrebbero portato pur sempre alla
conferma della misura contestata; una valutazione nei sensi ora detti avrebbe
potuto essere svolta solo in sede di riesame (se richiesto dalla parte interessata),
ovvero all’esito di una decisione giurisdizionale di annullamento dell’impugnata
informativa interdittiva, il rilevante fatto sopravvenuto potendosi inserire soltanto
in una nuovo contesto procedimentale, basato sui presupposti giuridico-fattuali nel
frattempo maturati e sugli aggiornati, conseguenti apprezzamenti; e solo in
relazione alle nuove determinazioni, se - in ipotesi - ancora negative, la società
interessata e/o il suo amministratore avrebbero potuto esperire le proprie puntuali
difese (con la conseguenza, sotto altro profilo, che l’impugnativa di tali note è, di
per sé, inammissibile trattandosi, in effetti, solo di considerazioni svolte
dall’Amministrazione a fini defensionali, non rivestendo, le note stesse, carattere
provvedi mentale; sicché correttamente il TAR ha dichiarato inammissibili gli
ultimi motivi aggiunti che si appuntavano avverso dette note).
Per la stessa ragione, non potevano, peraltro, i primi giudici, valutando
specificamente quanto rilevato dal magistrato penale in sede di archiviazione,
pervenire ad un giudizio probabilistico volto alla conferma della misura interdittiva
pur in presenza di tale provvedimento favorevole all’inquisito, in tal modo avendo,
di fatto, il TAR sostituito le proprie valutazioni a quelle che competono, invece,
nella sua autonomia, all’autorità amministrativa preposta all’esercizio del potere di
cui si tratta e avendo, in particolare, assegnato alle parole usate dal GIP significati
specifici (conformi, peraltro, alle considerazioni svolte dall’Amministrazione, ma,
come detto, solo in sede difensiva) e ciò pur in presenza di espressioni (da valutare,
se del caso, in sede di riesame da parte della stessa P.A.) il cui significato potrebbe
anche non apparire univoco.
5) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto,
in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado,
va annullata la misura interdittiva in quella sede gravata, salvi restando gli ulteriori
provvedimenti dell’Amministrazione.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del
doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, accoglie l’appello in
epigrafe e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla la
misura interdittiva in quella sede gravata, salvi restando gli ulteriori provvedimenti
dell’Amministrazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Claudio Varrone, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere, Estensore
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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Informative antimafia, rescissione contrattuale ed escussione della