Informative antimafia, rescissione contrattuale ed escussione della cauzione definitiva Discende, da quanto precede, che il provvedimento impugnato poggia su una ricostruzione dei fatti e dei precedenti penali non completa - quanto alla ricostruzione del quadro di riferimento – ai fini della sua adozione; né la mera iscrizione dell’amministratore della ricorrente nel registro degli indagati, una volta che gli altri elementi pure ad essa collegati hanno in parte perduto, per le ragioni ora dette, di giuridico spessore, può valere, da sola, se non debitamente integrata, a supportare l’adozione del provvedimento in esame. non potevano, peraltro, i primi giudici, valutando specificamente quanto rilevato dal magistrato penale in sede di archiviazione, pervenire ad un giudizio probabilistico volto alla conferma della misura interdittiva pur in presenza di tale provvedimento favorevole all’inquisito, in tal modo avendo, di fatto, il TAR sostituito le proprie valutazioni a quelle che competono, invece, nella sua autonomia, all’autorità amministrativa preposta all’esercizio del potere di cui si tratta e avendo, in particolare, assegnato alle parole usate dal GIP significati specifici (conformi, peraltro, alle considerazioni svolte dall’Amministrazione, ma, come detto, solo in sede difensiva) e ciò pur in presenza di espressioni (da valutare, se del caso, in sede di riesame da parte della stessa P.A.) il cui significato potrebbe anche non apparire univoco. È vero, infatti, che le misure interdittive vengono emesse sulla base di accertamenti sommari e probabilistici, che non raggiungono, né possono raggiungere, le certezze che scaturiscono dai giudizi penali; non di meno, esse debbono poggiare su quadri indiziari sufficienti, in cui l’Autorità preposta deve precisare tutti gli elementi a sua conoscenza in grado di incidere sugli apprezzamenti in corso di definizione; e, in tale contesto, essa deve dimostrare di avere tenuto conto di tutti gli elementi in suo possesso, non solo di quelli utili a suffragare l’emanazione del provvedimento interdittivo, ma anche di quelli che, per la loro portata, possono indurre all’assunzione di statuizioni di segno opposto; e, in presenza di elementi non concordanti, la stessa P.A. deve, comunque, indicare, sia pure sommariamente, le ragioni che la inducono a privilegiare l’una anziché l’altra scelta. Nell’emanare un provvedimento produttivo di rilevanti conseguenze nella sfera giuridica dei soggetti interessati (quali la società che ne viene gravata e l’amministratore della stessa, la cui condotta è all’origine della misura interdittiva in esame) è, quindi, necessario che all’Autorità preposta all’emanazione della misura stessa venga sottoposta una situazione giuridico-fattuale quanto più possibile precisa non solo per ciò che attiene agli aspetti in negativo, ma anche per quelli, in positivo, che possano valere, in ipotesi, a rendere i primi meno significativi. Ha premesso, il TAR, che la società ricorrente era subappaltatrice della Costruzioni Generali nell’ambito della realizzazione di lavori di completamento dell’impianto dinamico polifunzionale di Napoli; a seguito di richiesta di informativa antimafia da parte dell’appaltatore, la Prefettura di Caserta rilasciava, nei confronti della società stessa, si comunicava la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nel confronti della società; di conseguenza, la Italferr s.r.l. emetteva l’ordine di servizio n. 1407 del 29 ottobre 2007 con cui disponeva che l’appaltatore interrompesse ogni rapporto in corso Avverso tali note e contro l’informativa antimafia proponeva ricorso al TAR l’odierna appellante, chiedendone l’annullamento. - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento all’occorrenza, della nota della Costruzioni Generali s.p.a. del 5 novembre 2007 con cui si è comunicata la risoluzione del contratto di subappalto in essere per i lavori di realizzazione dell’impianto dinamico polifunzionale di Napoli Nel rigettare il ricorso il TAR ha preliminarmente rilevato che la legittimità dell’informativa antimafia impugnata doveva essere valutata con riferimento agli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento della sua adozione, senza che alcuna incidenza potesse essere riconosciuta ad atti, provvedimenti e circostanze intervenute successivamente, la cui rilevanza avrebbe potuto essere fatta valere eventualmente in termini di richiesta di aggiornamento Qual è il parere dell’adito giudice di appello del Consiglio di Stato? Dato il suo carattere formale, va esaminata, in primo luogo, la censura da ultimo detta (relativa alla mancata acquisizione del parere del GIA); la stessa va disattesa. Contrariamente all’assunto dell’appellante, il fatto che le norme disciplinanti le informative antimafia non prevedano l’acquisizione obbligatoria del parere in questione induce a ritenere che si tratti di parere facoltativo che il Prefetto può, quindi, validamente acquisire ove ritenga, con gli elementi integrativi che detto organo potrebbe essere in grado di offrire, di rafforzare i dati da porre a supporto dell’informativa; ma non è vincolato da alcuna norma in tal senso, con la conseguenza che, ove ritenga di essere in possesso di elementi giustificativi sufficienti, il Prefetto stesso ben può emettere l’informativa senza ricorrere all’ausilio di detto consesso; il fatto, poi, che un organo siffatto sia stato costituito sta a significare che l’Autorità competente, ove lo ritenga, può fare ricorso all’ausilio dello stesso, ma ciò non implica che si tratti di parere obbligatorio, lo stesso configurandosi, in assenza di differenti disposizioni da parte del legislatore, come meramente facoltativo. Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che, nell’esporre gli elementi che ostavano al rilascio di un’informativa liberatoria da parte del Prefetto della Provincia di Caserta, avrebbe dovuto essere ricostruito un quadro più completo e preciso delle vicende che interessavano l’amministratore unico della società RICORRENTE s.r.l. e di coloro che, con lo stesso, si erano in talune occasioni incontrati Così ricostruito il quadro d’insieme della vicenda in esame, ne emerge che il provvedimento impugnato, poggiante sui rilievi formulati dal Commissariato di P.S. di Formia e dalla Questura di Caserta, teneva conto di elementi (riguardanti asseriti gravi precedenti penali di V.F, C.M. e G.M., la cui frequentazione da parte dell’amministratore unico della RICORRENTE s.r.l. ha costituito uno dei presupposti essenziali per l’emanazione, nei confronti di essa, dell’impugnata misura interdittiva) incompleti, non correlati a specifici e sufficientemente definiti elementi cognitivi di oggettiva rilevanza penale, non tenendo conto, in particolare, dei decreti del Tribunale di Napoli ora detti; vero che nella nota 19 giugno 2007 della Questura di Caserta si fa riferimento al fatto che il C.M. era stato proposto per l’applicazione delle misure di prevenzione dianzi ricordate, ma la stessa Questura, nella nota di conferma del 29 settembre 2007, nulla aveva precisato in merito all’esito di tale richiesta che, come detto, quanto meno per ciò che attiene all’istanza di sequestro, era stata rigettata, mentre, quanto alla sorveglianza speciale, nulla veniva precisato (né è stato precisato nel corso del presente giudizio). A quanto precede si accompagna anche il fatto che, nella stessa nota questorile del 19 giugno 2007, si parla, con riguardo al ripetuto amministratore della RICORRENTE s.r.l., di soggetto indagato perché “responsabile di estorsione e di rapina in concorso”, laddove lo stesso non risulta essere mai stato inquisito a questo secondo titolo; ciò che denota anche una qualche incertezza informativa circa i contenuti espositivi dell’atto impugnato. La debolezza informativa di base del provvedimento impugnato ha trovato, comunque, sia pure ex post, conferma nell’archiviazione del procedimento nei confronti dello stesso amministratore della RICORRENTE s.r.l., richiesta dal P.M. in quanto “dalle indagini condotte non è emerso alcun elemento utile ai fini della verifica dibattimentale dell’ipotesi delittuosa ascritta all’indagato”; si tratta di un elemento che rafforza il convincimento in ordine alla insufficienza dei dati cognitivi posti dall’Amministrazione a supporto dei propri apprezzamenti; se il quadro indiziario nei confronti dell’inquisito è stato ritenuto così inconsistente, da parte del P.M. e del GIP, da portare al suo proscioglimento ancora in sede di indagini preliminari, è segno che la consistenza dei fatti che hanno portato, in misura determinante, all’emissione della misura interdittiva era davvero tenue e non giustificativa del provvedimento stesso. Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullata la misura interdittiva in quella sede gravata, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione A cura di Sonia Lazzini Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7646 del 4 dicembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato N. 07646/2009 REG.DEC. N. 07570/2008 REG.RIC. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente DECISIONE Sul ricorso in appello numero di registro generale 7570 del 2008, proposto dalla società Società RICORRENTE S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabrizio Lemme, Lorenzo Lentini e Claudio Preziosi e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, corso Francia 197, contro il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., costituitisi in giudizio, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, e l’Ufficio Territoriale di Governo di Caserta, in persona del. Prefetto p.t., le società Italferr S.p.A., Societa' ALFA - BETA - DELTA Costr. GAMMA Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi in giudizio; per la riforma della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sezione I, 25 luglio 2008, n. 09408, resa tra le parti, concernente RISOLUZ. CONTRATTO SUBAPPALTO LAVORI - INFORMATIVA ANTIMAFIA. Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato Ministero; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Vista l’ordinanza della Sezione 17 ottobre 2008, n. 5502; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2009 il Cons. Paolo Buonvino e uditi per le parti gli avvocati Lemme, Lentini e l'avv.to dello Stato Ventrella. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO 1) - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento, quanto al ricorso introduttivo: a) - del provvedimento con cui la Prefettura di Caserta ha emesso una informativa interdittiva ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/94 in danno della società RICORRENTE s.r.l.; b) - dell’ordine di servizio n. 1407/07 con cui l’Italferr s.p.a. ha disposto l’interruzione di qualunque rapporto di fornitura tra la ALFA-BETA-DELTA Costruzioni Generali s.p.a. e la RICORRENTE s.r.l.; c) – all’occorrenza, della nota della ALFA-BETA-DELTA Costruzioni Generali s.p.a. del 5 novembre 2007 con cui si è comunicata la risoluzione del contratto di subappalto in essere per i lavori di realizzazione dell’impianto dinamico polifunzionale di Napoli (contratto n. 5/2002 del 22 gennaio 2002); - quanto ai primi motivi aggiunti: d) della relazione a firma del Vice Prefetto di Caserta del 23 gennaio 2003; e) della nota della Questura di Caserta prot. n. 896327 del 19 giugno 2007; f) della nota della Questura di Latina – Commissariato P.S. di Formia del 27 giugno 2007; g) della nota della Questura di Caserta del 29 settembre 2007; - quanto agli ulteriori motivi aggiunti: g) della nota prot. n. 1325/12.b.16/ant. del 21 marzo 2008 del Prefetto di Caserta; h) del rapporto del Commissariato di P.S. di Formia del 3 marzo 2008. Ha premesso, il TAR, che la società RICORRENTE s.r.l. era subappaltatrice della ALFA-BETA-DELTA Costruzioni Generali nell’ambito della realizzazione di lavori di completamento dell’impianto dinamico polifunzionale di Napoli; a seguito di richiesta di informativa antimafia da parte dell’appaltatore, la Prefettura di Caserta rilasciava, nei confronti della società stessa, il provvedimento n. 781/12b.16/ANT/AREA 1^ del 15 ottobre 2007 con cui ai, sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/94, si comunicava la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nel confronti della società; di conseguenza, la Italferr s.r.l. emetteva l’ordine di servizio n. 1407 del 29 ottobre 2007 con cui disponeva che l’appaltatore interrompesse ogni rapporto in corso con la RICORRENTE s.r.l., provvedimento comunicato a quest’ultima società con nota del 5 novembre 2007. Avverso tali note e contro l’informativa antimafia proponeva ricorso al TAR l’odierna appellante, chiedendone l’annullamento. A seguito del deposito degli atti del procedimento da parte dell’Amministrazione, la ricorrente proponeva motivi aggiunti notificati in data 8 e 9 febbraio 2008. Nel rilevare che gli elementi indiziari riguardavano la pendenza di un procedimento penale nei confronti dell’Amministratore unico, C.B., per tentativo di estorsione e rapina, l’appartenenza di questi ad organizzazioni malavitose locali – circostanza emergente da intercettazioni telefoniche ed ambientali nel medesimo procedimento - nonché la circostanza di accertati contatti con F.V. e M.C. ritenuti vicini ad ambienti della criminalità organizzata, la società ricorrente ribadiva che era intervenuto decreto di archiviazione, con conseguente eliminazione di ogni rilevanza indiziaria degli elementi addotti, anche in considerazione dell’inutilità di ulteriori accertamenti come ritenuto dalla stessa A.G.; né rilevanza avrebbe potuto essere riconosciuta al contenuto di un’intercettazione ambientale con cui l’Amministratore C.B. esprimeva alcune considerazioni riguardo all’omicidio di un soggetto in precedenza sospettato di essere stato colui che aveva ucciso suo padre anni addietro. Con la terza censura dei motivi aggiunti si deduceva l’irrilevanza delle frequentazioni di C.B. con soggetti ritenuti vicini ad organizzazioni criminali, in considerazione della episodicità di tali controlli. Infine, si reiterava il vizio procedimentale connesso alla mancanza del parere del G.I.A. Con ulteriori motivi aggiunti, notificati in data 27 e 28 febbraio, la società ricorrente, riguardo alle richiamate frequentazioni, contestava che i soggetti controllati in compagnia di C.B. fossero stati destinatari di provvedimenti che potessero in qualche modo indurre a ritenere che fossero in qualche modo vicini ad ambienti della malavita organizzata. In data 1° aprile 2008 l’Avvocatura dello Stato depositava ulteriore documentazione, segnatamente una nota della Prefettura di Caserta n. 1325/12.b.16/ANT/AREA 1^ del 21 marzo 2008 e la nota del Commissariato P.S. di Formia del 3 marzo 2008 con cui si rilevava che l’archiviazione nei confronti di C.B. era successiva all’adozione della informativa antimafia e che comunque dagli atti del procedimento penale emergeva un ruolo di costui ed una prossimità rispetto ad ambienti della criminalità organizzata che giustificavano la sussistenza di elementi indiziari di tentativi di infiltrazione mafiosa. Tali atti venivano impugnati con ulteriori motivi aggiunti notificati in data 16 e 17 aprile 2008, contestandosi in primo luogo l’integrazione postuma della motivazione dell’originaria informativa e quindi la loro illegittimità; anche in questa occasione si eccepiva la mancata acquisizione del parere del G.I.A., circostanza cui si aggiungeva che il Prefetto si sarebbe limitato a chiedere lumi non a tutte le forze di polizia, ma solo al Commissariato P.S. di Formia. Con gli ulteriori motivi si negava ancora una volta che i soggetti notati in compagnia di C.B. fossero legittimamente indiziati di colleganza malavitosa; non V.F., il cui processo pendente presso il Tribunale di Napoli aveva ad oggetto il delitto di tentata estorsione e quindi un’ipotesi di reato non ritenuta dal D.P.R. n. 252/1998 rilevante ai fini di tutela antimafia; nemmeno una terza persona ritenuta coinvolta, G.M., meritava la qualificazione di pluripregiudicato, in considerazione dell’assoluta mancanza nei suoi confronti di pregiudizi penali; tantomeno rilevava la circostanza di un’occasione conviviale tra costui e C.B. in quanto non era stato possibile accertare i contenuti delle conversazioni. Non sarebbe nemmeno sussistito il ruolo di “cuscinetto” attribuito a C.B. tra V.F. e persone vittime di richieste estorsive, valutazione contrastante con quanto ritenuto in sede di indagine penale. In primo luogo, ha rilevato la ricorrente in primo grado, si trattava di indizi tutti relativi al signor C.B. Amministratore della società ricorrente che, secondo quanto riferito dalla Questura di Caserta nella nota 896327/ANT/BN del 19 giugno 2007, sarebbe stato controllato in data 17 gennaio 2006 in Cancello ed Arnone in compagnia di V.F. e C.M., entrambi pregiudicati ed indiziati di contiguità mafiosa, nonché proposti per la misura di prevenzione della sorveglianza speciale; altro controllo del C.B. con gli stessi soggetti ed altre due persone incensurate si era avuto in data 13 maggio 2006 in Formia; ancora, in data 1° agosto 2006 sempre l’Amministratore sarebbe stato controllato in Sessa Aurunca in compagnia di due persone di cui una M.G. con precedenti per ricettazione. La Questura di Latina, Commissariato di Formia, con nota n. cat.2.2./07 Inf. Inv del 27 giugno 2007 riferiva che il C.B. era stato sottoposto a procedimento penale per tentativo di estorsione connesso ad ambienti camorristici, in concorso con alcuni soggetti, tra cui V.F., al fine di far sostituire ad una impresa l’originario fornitore di calcestruzzo, che sarebbe dovuto essere proprio l’impresa di V.F. La stessa autorità di polizia riferiva di un incontro tenutosi in un noto ristorante di Formia tra il C.B., V.F. ed altri imprenditori al fine di discutere della spartizione di appalti nella Provincia di Caserta. Detti elementi sono stati confermati dalla Questura di Caserta con nota n. 896327/ANT/BN del 29 settembre 2007 in risposta ad un’istanza di aggiornamento presentata dal C.B. in data 27 luglio 2007. Rispetto a tale quadro indiziario la ricorrente nel ricorso introduttivo ha dedotto che l’incontro a Formia con alcuni imprenditori non aveva alcuna specifica significatività, mentre l’indagine a carico dell’Amministratore si stava chiudendo nei confronti di questo con una richiesta di archiviazione. Con i primi motivi aggiunti, invece parte ricorrente ha addotto la circostanza della sopravvenuta archiviazione del procedimento penale nei confronti dell’Amministratore C.B., rilevando che le intercettazioni ambientali contenute nell’indagine relativamente a colloqui intercorsi tra questi e l’imprenditore M.G. – con il quale era stato già controllato – non avevano alcuna rilevanza indiziaria, in quanto esclusa dalla stessa autorità giudiziaria penale, anche con riferimento ad un commento espresso dallo stesso C.B. a proposito dell’uccisione del proprio padre nel 1991 in relazione ad un recente agguato commesso ai danni di chi era stato ritenuto esserne stato l’autore, tale F.F. Con nota di udienza del 19 febbraio 2008 la società ricorrente ha quindi depositato i provvedimenti con cui l’A.G. ha respinto la richiesta di applicazione di misure di prevenzione sia nei confronti di M.C che di F.V. allegando il certificato del casellario giudiziale dell’impreditore M.G. da cui non emergevano condanne a suo carico; pertanto, con i secondo motivi aggiunti veniva rilevato che nessuna contiguità mafiosa o criminale era ascrivibile alle persone con cui l’Amministratore della RICORRENTE s.r.l. era stato più volte controllato dall’autorità di P.S. 3) – Nel rigettare il ricorso il TAR ha preliminarmente rilevato che la legittimità dell’informativa antimafia impugnata doveva essere valutata con riferimento agli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento della sua adozione, senza che alcuna incidenza potesse essere riconosciuta ad atti, provvedimenti e circostanze intervenute successivamente, la cui rilevanza avrebbe potuto essere fatta valere eventualmente in termini di richiesta di aggiornamento; con la conseguenza che del tutto ininfluenti ai fini della presente decisione ha ritenuto la nota dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta n. 1325/12B.16/ANT/AREA 1^ del 21 marzo 2008 e quella del Commissariato P.S. di Formia cat.2.2./08/INF.INV del 3 marzo 2008, in quanto estranee al procedimento che ha condotto all’adozione dell’informativa antimafia impugnata; inoltre, trattavasi più propriamente di scritti difensivi che le due Amministrazioni in questione avevano depositato tramite l’Avvocatura di Stato al fine di legittimare il proprio precedente operato, per cui poteva essere loro riconosciuta unicamente valenza processuale e non già di integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato che, tra l’altro - per quanto concerne la nota della P.S. – sarebbe stata, comunque, di esclusiva competenza prefettizia; donde l’inammissibilità per carenza di interesse dei terzi motivi aggiunti notificati in data 16 e 17 aprile 2008 Quanto alla mancata acquisizione del parere del G.I.A., il TAR ha respinto le relative doglianze avendo ritenuto che titolare esclusivo del potere di informazione antimafia fosse il Prefetto, secondo quanto stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. 8 agosto 1994, n. 490, in tema di informative tipiche - come quella oggetto del presente giudizio; e che la mancanza del parere del G.I.A., in tanto avrebbe potuto assumere rilevanza come profilo di illegittimità dell’informativa antimafia ove fosse stata rinvenibile una norma che ne avesse imposto il rilascio, ciò in coerenza con il principio costituzionale di riserva relativa di legge di cui all’art. 97 che informa sia la competenza amministrativa come espressione di organizzazione, sia la dinamica dell’azione procedimentalizzata dei soggetti pubblici; ma che una tale norma non era rinvenibile nell’ordinamento, nemmeno come espressione di una funzione consultiva; e che, quindi, l’intervento del G.I.A. nel procedimento di rilascio delle informazioni antimafia, risolvendosi in una modalità ampiamente discrezionale di acquisizione di elementi istruttori e di valutazione, era da qualificarsi come mera prassi amministrativa, come tale non vincolante per l’autorità decidente e soprattutto irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento finale, sia sotto il profilo della competenza che della corretta sequenza procedimentale. Il TAR ha, poi, respinto il primo motivo del ricorso introduttivo con cui era stato dedotto che l’informativa impugnata sarebbe stata emanata in assenza di alcuno dei provvedimenti di cui all’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, rilevante ai fini della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa; al riguardo, ha rilevato che il provvedimento era stato adottato sulla base di elementi non ancorati necessariamente a provvedimenti giurisdizionali penali o in materia di prevenzione, ma raccolti dal Prefetto ai sensi della lettera c) dell’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252. Con il terzo e quarto motivo del ricorso introduttivo e con i primi – ad eccezione dell’ultimo - e secondi motivi aggiunti era stata contestata l’informativa impugnata sotto il profilo della inidoneità e della fondatezza degli elementi addotti dal Prefetto al fine di supportare un giudizio di contiguità mafiosa della RICORRENTE s.r.l.; al riguardo, i primi giudici, dopo aver proceduto alla ricognizione degli elementi indiziari sottesi alla informativa oggetto di giudizio, hanno respinto i motivi stessi avendo ritenuto che l’informativa antimafia impugnata fosse conforme a canoni di ragionevolezza, oltre che sorretta da idonei e sufficienti elementi indiziari tali da giustificare un giudizio di contiguità mafiosa. Anche a voler operare una verifica postuma e quindi riferibile all’evoluzione di siffatto quadro indiziario, la pregnanza degli elementi addotti per i primi giudici non risultava affatto affievolita, in quanto, con riguardo all’episodio di tentativo di estorsione nei riguardi di coloro che erano stati ritenuti concorrenti di C.B., ossia I.C e l’imprenditore F.V., era stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere a conferma dell’esistenza di gravi indizi di colpevolezza per un fatto rispetto al quale la posizione dell’Amministratore della RICORRENTE s.r.l. non era affatto di estraneità assoluta, restando indiscussa una sua partecipazione alla vicenda (tanto che non era stata esclusa una sua posizione di intermediario assolutamente significativa ai fini di una valutazione in termini antimafia); ma anche la stessa sopravvenienza di provvedimenti di rigetto in materia di prevenzione non valeva ad offuscare il quadro indiziario nei confronti della RICORRENTE s.r.l. e del suo Amministratore, in quanto la figura di V.F. persona in stretto contatto con C.B. - come soggetto comunque orbitante in ambienti criminali, risultava attualmente confermata dalla recente ordinanza cautelare emessa nei suoi confronti per il delitto di tentativo di estorsione aggravato dal Tribunale di Napoli; e ad avvalorare la gravità degli elementi ed a corroborare, quindi, la correttezza della valutazione prefettizia, vi erano, poi le intercettazioni ambientali di conversazioni tra l’Amministratore della ricorrente e G.M., imprenditore, pure sospettato di prossimità con ambienti della criminalità organizzata, in cui i due discutevano di vicende legate a clan camorristici – e non solo dell’omicidio del padre di C.B. – dimostrando una conoscenza di rapporti ed eventi che andava ben oltre una mera conoscenza di tipo comune; e trattandosi di un giudizio di contiguità mafiosa riguardante non già soggetti autori di delitti comuni legati all’attività mafiosa, ma imprenditori che, quindi, operavano a valle dell’attività delinquenziale intesa in senso tradizionale, la ricerca dell’elemento indiziario ben poteva limitarsi alla rilevazione di contatti più o meno assidui o stabili, al fine di evincere la sussistenza di legami anche commerciali o comunque affaristici tra impresa e crimine organizzato; donde, in definitiva, il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti. 4) – Per la società appellante la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata, anzitutto, in quanto il provvedimento antimafia controverso poggiava sull’iscrizione dell’amministratore unico della società appellante nel registro degli indagati perché responsabile di estorsione; sennonché, il relativo procedimento penale si è, poi, concluso con il suo proscioglimento (provvedimento di archiviazione) per non aver commesso il fatto, donde il difetto assoluto di presupposto del provvedimento impugnato. Il TAR avrebbe anche errato nel ritenere irrilevanti i successivi sviluppi della vicenda secondo il principio tempus regit actum; al contrario, tali sviluppi, favorevoli al predetto amministratore, non avrebbero potuto affatto essere trascurati dal giudicante. Con ulteriore censura deduce, l’appellante, l’erroneità della sentenza non avendo percepito, il TAR, che il Prefetto di Caserta avrebbe fondato la misura interditttiva sulla mera iscrizione dell’amministratore unico della società nel registro delle notizie di reato che non integrerebbe alcuno dei tipici provvedimenti giudiziari, richiamati dall’art. 10/7, lett. a), del d.p.r. n. 252/1998 ai fini dell’emanazione della misura stessa. La decisione appellata sarebbe anche viziata da ultrapetizione in quanto, per convalidare gli indizi dell’informativa del 15 ottobre 2007 il TAR avrebbe inammissibilmente utilizzato ulteriori elementi, a suo dire, negativi, desunti dal successivo decreto di archiviazione di cui si è detto; così integrando motu proprio la motivazione dell’informativa, oltre i limiti del sindacato di legittimità. Sul punto, la sentenza sarebbe, comunque, anche contraddittoria, in quanto, dopo avere affermato il principio dell’irrilevanza dei fatti successivi favorevoli, tratti dal procedimento penale, ha poi ritenuto di integrare l’originario quadro indiziario avvalendosi proprio del decreto di archiviazione stesso ed evidenziando un elemento di quest’ultimo (il preteso ruolo di “intermediario” svolto dal predetto amministratore) che non sarebbe stato affatto contemplato nell’impugnata informativa. I primi giudici, inoltre, avrebbero omesso di motivare sulle censure articolate con i terzi motivi aggiunti contro l’illegittima appendice provvedimentale contenuta nella nota difensiva del Prefetto; avrebbero anche omesso di motivare sul travisamento in cui sarebbe incorsa l’Autorità di P.S. nell’invocare il termine “cuscinetto”, invece utilizzato dal GIP, nel provvedimento di archiviazione, solo per escludere contiguità e comportamenti di rilievo penale dell’interessato; termine che, invece, contraddittoriamente, nell’ottica del Prefetto e del TAR varrebbe ad avvalorare il ruolo di “intermediario ” tra imprese e soggetti indagati per estorsione, con conseguenti effetti penali rilevanti che lo stesso GIP avrebbe, invece, manifestamente escluso. La sentenza sarebbe erronea anche laddove avrebbe ritenuto pregnanti i controlli operati nel gennaio/agosto 2006 a carico del predetto amministratore; tali controlli, infatti, in precedenza non avevano impedito il rilascio di informative favorevoli, mentre avrebbero assunto rilievo solo a seguito dell’iscrizione dell’amministratore unico nel registro degli indagati, peraltro poi risoltasi favorevolmente per l’indagato con la disposta archiviazione; caduta la rilevanza penale dei fatti addebitati all’inquisito, avrebbero perduto rilevanza anche i precedenti “controlli”, già ritenuti insignificanti in passato, e contrastati, nel loro valore indiziario, dal ripetuto decreto di archiviazione. Il TAR, inoltre, avrebbe dato illegittimamente rilievo a fatti occasionali, non significativi, decontestualizzati dal loro iter argomentativo, smentiti dalle conclusioni del procedimento penale, pervenendo illogicamente alla conferma della misura interdittiva, attraverso la scissione della valutazione unitaria e sistematica dei singoli elementi utilizzati dal Prefetto di Caserta, in aperta elusione delle regole relative ai procedimenti presuntivi, che debbono basare le conseguenti determinazioni preclusive su elementi gravi, precisi e concordanti. In ogni caso, anche i soggetti “controllati” in compagnia del predetto amministratore societario sarebbero stati privi, all’epoca degli incontri, di ogni pregiudizio penale e il TAR non avrebbe potuto utilizzare, in danno del medesimo, elementi emersi solo l’anno successivo agli incontri stessi. Lo stesso Tribunale avrebbe anche travisato il significato della telefonata intercorsa tra l’amministratore stesso ed il sig. Mozzillo; telefonata ritenuta priva di ogni rilevanza da parte del medesimo giudice penale; che parimenti priva di rilevanza ha ritenuto anche la cena cui il predetto amministratore avrebbe partecipato in Formia, ritenuta, invece, illogicamente dal TAR giustificativa del provvedimento impugnato. L’appellante insiste, infine, sull’illegittimità del provvedimento impugnato per omessa acquisizione del parere del G.I.A., da ritenersi, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, quanto meno necessario. Si è costituito in giudizio il Ministero appellando insistendo per il rigetto del gravame. DIRITTO 1) - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento del provvedimento con cui la Prefettura di Caserta ha emesso una informativa interdittiva ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/94 in danno della società RICORRENTE s.r.l.; con il ricorso – e successivi motivi aggiunti – erano stati impugnati anche gli atti presupposti e consequenziali (anche adottati dalle imprese alle quali l’informativa era stata indirizzata), ivi comprese la nota prot. n. 1325/12.b.16/ant. del 21 marzo 2008 del Prefetto di Caserta ed il rapporto del Commissariato di P.S. di Formia del 3 marzo 2008. 2) - Dato il suo carattere formale, va esaminata, in primo luogo, la censura da ultimo detta (relativa alla mancata acquisizione del parere del GIA); la stessa va disattesa. Contrariamente all’assunto dell’appellante, il fatto che le norme disciplinanti le informative antimafia non prevedano l’acquisizione obbligatoria del parere in questione induce a ritenere che si tratti di parere facoltativo che il Prefetto può, quindi, validamente acquisire ove ritenga, con gli elementi integrativi che detto organo potrebbe essere in grado di offrire, di rafforzare i dati da porre a supporto dell’informativa; ma non è vincolato da alcuna norma in tal senso, con la conseguenza che, ove ritenga di essere in possesso di elementi giustificativi sufficienti, il Prefetto stesso ben può emettere l’informativa senza ricorrere all’ausilio di detto consesso; il fatto, poi, che un organo siffatto sia stato costituito sta a significare che l’Autorità competente, ove lo ritenga, può fare ricorso all’ausilio dello stesso, ma ciò non implica che si tratti di parere obbligatorio, lo stesso configurandosi, in assenza di differenti disposizioni da parte del legislatore, come meramente facoltativo. 3) - Passando al merito della vicenda, l’appellante osserva, anzitutto, che il provvedimento antimafia controverso poggiava sull’iscrizione dell’amministratore unico della società appellante nel registro degli indagati perché presunto responsabile di estorsione; e che il relativo procedimento, in sede di indagini preliminari, si è, poi concluso con il suo proscioglimento (provvedimento di archiviazione) per non aver commesso il fatto; donde il difetto assoluto di presupposto del provvedimento impugnato. Difetto di presupposto avvalorato dal fatto che i suoi incontri con personaggi asseritamente legati alla criminalità organizzata, noti alle forze dell’ordine, sarebbero avvenuti nel 2006 senza aver dato luogo, all’epoca, all’adozione, nei suoi confronti, di alcuna iniziativa inibitoria, tanto che in suo favore sono state rilasciate informative liberatorie ancora il 23 novembre 2006, allorché i suoi incontri con V.F., C.M. e G.M. erano da tempo noti agli inquirenti. Tutto ciò non senza considerare, poi – deduce ancora l’appellante – che nelle note della Questura di Caserta del 19 giugno 2007 e del 29 settembre 2007 e nella nota del 27 giugno 2007 del Commissariato di P.S. di Formia, sulla cui base è stato assunto il definitivo provvedimento pregiudizievole del 15 ottobre 2007, nessun riferimento era stato fatto ad elementi certamente rilevanti ai fini dell’espressione del giudizio negativo. Precisamente, nella citata nota del Questore di Caserta del 19 giugno 2007 veniva fatto riferimento alla circostanza che l’interessato – “ritenuto responsabile di estorsione e rapina in concorso” - era stato controllato il 17 gennaio 2006 mentre si accompagnava con il predetto V.F. (“con pregiudizi per rapina, estorsione, associazione a delinquere di stampo camorristico, nonché proposto, in data 12.3.2004, dalla Procura della Repubblica di Napoli, per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.) e C.M. (con pregiudizi per associazione per delinquere, rapina, ricettazione associazione per delinquere di stampo camorristico, nonché proposto in data 5 giugno 2006, dalla Questura di Napoli, per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.); sempre con V.F. era stato controllato in data 13 maggio 2006; il 1° agosto 2006 era stato controllato in compagnia di G.M., con pregiudizi per ricettazione. Nella predetta nota del Commissariato di P.S. di Formia veniva fatto più puntuale riferimento alla vicenda che aveva portato all’iscrizione dell’amministratore unico della società RICORRENTE nel registro degli indagati per estorsione unitamente al predetto V.F. e C.I.; nella stessa nota si segnalava che l’amministratore medesimo risultava un profondo conoscitore delle dinamiche di talune organizzazioni malavitose presenti sul territorio di residenza, di cui all’evidenza ne dimostrava l’appartenenza o, quanto meno, la stretta contiguità; che G.M., con il quale era stato controllato, era un pluripregiudicato affiliato e/o referente di un clan operante nel Sessano; che il V.F. era un imprenditore “di riferimento”, legato ad un clan operante in Volla; che il 2 marzo 2007 erano state eseguite operazioni di perquisizione sia presso il domicilio che presso la sede della società di cui era amministratore unico il predetto indagato. La nota del Questore di Caserta del 29 settembre si limitava, poi, a ribadire quanto precisato nella due note appena descritte. 4) - Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che, nell’esporre gli elementi che ostavano al rilascio di un’informativa liberatoria da parte del Prefetto della Provincia di Caserta, avrebbe dovuto essere ricostruito un quadro più completo e preciso delle vicende che interessavano l’amministratore unico della società RICORRENTE s.r.l. e di coloro che, con lo stesso, si erano in talune occasioni incontrati. È vero, infatti, che le misure interdittive vengono emesse sulla base di accertamenti sommari e probabilistici, che non raggiungono, né possono raggiungere, le certezze che scaturiscono dai giudizi penali; non di meno, esse debbono poggiare su quadri indiziari sufficienti, in cui l’Autorità preposta deve precisare tutti gli elementi a sua conoscenza in grado di incidere sugli apprezzamenti in corso di definizione; e, in tale contesto, essa deve dimostrare di avere tenuto conto di tutti gli elementi in suo possesso, non solo di quelli utili a suffragare l’emanazione del provvedimento interdittivo, ma anche di quelli che, per la loro portata, possono indurre all’assunzione di statuizioni di segno opposto; e, in presenza di elementi non concordanti, la stessa P.A. deve, comunque, indicare, sia pure sommariamente, le ragioni che la inducono a privilegiare l’una anziché l’altra scelta. Nell’emanare un provvedimento produttivo di rilevanti conseguenze nella sfera giuridica dei soggetti interessati (quali la società che ne viene gravata e l’amministratore della stessa, la cui condotta è all’origine della misura interdittiva in esame) è, quindi, necessario che all’Autorità preposta all’emanazione della misura stessa venga sottoposta una situazione giuridico-fattuale quanto più possibile precisa non solo per ciò che attiene agli aspetti in negativo, ma anche per quelli, in positivo, che possano valere, in ipotesi, a rendere i primi meno significativi. E, nel fornire tale più integro quadro di riferimento, non avrebbe potuto trascurarsi, da parte dei competenti organi di P.S., di segnalare all’autorità prefettizia ogni elemento utile ai fini ora detti, anche tenuto conto della mancata acquisizione del parere del GIA che, sebbene, come detto, facoltativo, avrebbe potuto, comunque, valere a rendere più concreto e completo il quadro informativo stesso. In quest’ottica, non appare privo di significato quanto precisato dall’amministratore societario in merito al fatto che: - a carico del medesimo non esistevano precedenti pregiudizi penali, anche a livello di prevenzione; - a tutto il 22 gennaio 2007, a carico di V.F., sussistevano precedenti legati solo al trasporto abusivo di rifiuti (tre condanne, di cui due, rispettivamente, a 100.000 e 150.000 lire di multa e una a venti giorni d’arresto e 800.000 lire d’ammenda); - sempre con riguardo a V.F., il Tribunale di Napoli (decreto 2 marzo 2007 n. 84, reso nel procedimento n. 397/04 Reg. G. M.P.), letta la proposta avanzata in seno al procedimento n. 397/04 dal Procuratore della repubblica di Nola, con la quale era stata chiesta l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., nonché della confisca, previo sequestro, dei beni, ai sensi della legge n. 575/1965, non rinveniva “elementi idonei a sostenere, allo stato, che il medesimo appartenga alla criminalità organizzata e, in particolare, come prospettato dall’organo proponente, al clan…..”; inoltre, rilevava che il medesimo era stato assolto (con sentenza del Tribunale di Nola del 6 febbraio 2006) da tutti i reati ascrittigli nel procedimento penale 13929/01 (circostanze accusatorie semplicemente ribadite nella richiesta all’esame), essendo apparse, le accuse, smentite sin dalle prime fasi delle indagini preliminari, al contrario essendo emerso che il predetto V.F. fosse non un soggetto stabilmente inserito in associazioni di stampo camorristico (secondo quanto sostenuto nell’ipotesi accusatoria), quanto, invece, vittima di estorsione; - che anche le ipotesi di reato contestate al V.F. nel procedimento n. 12396/96 avevano prodotto un provvedimento di archiviazione e che, quindi, non sussistevano, in definitiva i presupposti per procedere al sequestro dei beni; - che, quanto alla citata richiesta di sorveglianza speciale di P.S., lo stesso Tribunale di Napoli, nello sciogliere la riserva con decreto n. 226/2007, perveniva, con ampia e articolata motivazione, al rigetto della proposta della misura stessa, in quanto “allo stato il complessivo quadro a carico di F.V. si presenta insufficiente per un giudizio di pericolosità”; - che con decreto n. 207 del 20 giugno 2007 (procedimento n. 11/07) sempre il Tribunale di Napoli prendeva in esame la proposta avanzata il 5 giugno 2007 dal Questore di Napoli volta all’applicazione, nei confronti di C.M., della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. e della misura patrimoniale della confisca, previo sequestro, di beni; anche in questo caso rigettava la richiesta di sequestro dei beni tenuto conto dei precedenti penali al medesimo favorevoli e del fatto che, in definitiva, non emergeva che lo stesso appartenesse alla criminalità organizzata; - che anche con riguardo a G.M. il C.G.C.G. risultava negativo. Così ricostruito il quadro d’insieme della vicenda in esame, ne emerge che il provvedimento impugnato, poggiante sui rilievi formulati dal Commissariato di P.S. di Formia e dalla Questura di Caserta, teneva conto di elementi (riguardanti asseriti gravi precedenti penali di V.F, C.M. e G.M., la cui frequentazione da parte dell’amministratore unico della RICORRENTE s.r.l. ha costituito uno dei presupposti essenziali per l’emanazione, nei confronti di essa, dell’impugnata misura interdittiva) incompleti, non correlati a specifici e sufficientemente definiti elementi cognitivi di oggettiva rilevanza penale, non tenendo conto, in particolare, dei decreti del Tribunale di Napoli ora detti; vero che nella nota 19 giugno 2007 della Questura di Caserta si fa riferimento al fatto che il C.M. era stato proposto per l’applicazione delle misure di prevenzione dianzi ricordate, ma la stessa Questura, nella nota di conferma del 29 settembre 2007, nulla aveva precisato in merito all’esito di tale richiesta che, come detto, quanto meno per ciò che attiene all’istanza di sequestro, era stata rigettata, mentre, quanto alla sorveglianza speciale, nulla veniva precisato (né è stato precisato nel corso del presente giudizio). A quanto precede si accompagna anche il fatto che, nella stessa nota questorile del 19 giugno 2007, si parla, con riguardo al ripetuto amministratore della RICORRENTE s.r.l., di soggetto indagato perché “responsabile di estorsione e di rapina in concorso”, laddove lo stesso non risulta essere mai stato inquisito a questo secondo titolo; ciò che denota anche una qualche incertezza informativa circa i contenuti espositivi dell’atto impugnato. Né appare priva di rilevanza la circostanza che non sono stati addotti, dopo quelli del 2006, altri incontri tra il predetto amministratore e V.F. e C.M., per i quali solo nel 2007 sono state adottate misure repressive (C.C. in C. correlata allo stesso procedimento in cui era coinvolto C.B.); laddove, come detto, a quegli stessi incontri non era seguita con immediatezza alcuna misura inibitoria; e, al riguardo, sotto il profilo dei possibili condizionamenti o ingerenze sull’attività di impresa che il V.F. avrebbe potuto, in ipotesi, esercitare sulla RICORRENTE s.r.l. per mezzo del suo amministratore, rileva anche la circostanza che il predetto V.F. era stato astretto in carcere dal febbraio 2007 (per concorso in quello stesso reato per il quale detto amministratore ha visto, poi, rapidamente archiviate le indagini preliminari avviate nei suoi confronti); ciò che inibiva possibili nuovi incontri. Discende, da quanto precede, che il provvedimento impugnato poggia su una ricostruzione dei fatti e dei precedenti penali non completa - quanto alla ricostruzione del quadro di riferimento – ai fini della sua adozione; né la mera iscrizione dell’amministratore della RICORRENTE s.r.l. nel registro degli indagati, una volta che gli altri elementi pure ad essa collegati hanno in parte perduto, per le ragioni ora dette, di giuridico spessore, può valere, da sola, se non debitamente integrata, a supportare l’adozione del provvedimento in esame. La debolezza informativa di base del provvedimento impugnato ha trovato, comunque, sia pure ex post, conferma nell’archiviazione del procedimento nei confronti dello stesso amministratore della RICORRENTE s.r.l., richiesta dal P.M. in quanto “dalle indagini condotte non è emerso alcun elemento utile ai fini della verifica dibattimentale dell’ipotesi delittuosa ascritta all’indagato”; si tratta di un elemento che rafforza il convincimento in ordine alla insufficienza dei dati cognitivi posti dall’Amministrazione a supporto dei propri apprezzamenti; se il quadro indiziario nei confronti dell’inquisito è stato ritenuto così inconsistente, da parte del P.M. e del GIP, da portare al suo proscioglimento ancora in sede di indagini preliminari, è segno che la consistenza dei fatti che hanno portato, in misura determinante, all’emissione della misura interdittiva era davvero tenue e non giustificativa del provvedimento stesso. Al riguardo non possono, ad ogni buon conto, assumere rilievo le argomentazioni svolte, in sede difensiva innanzi al TAR, dall’Amministrazione, secondo cui il provvedimento di archiviazione non avrebbe potuto, comunque, incidere sulla misura interdittiva a suo tempo emanata, in quanto gli specifici contenuti del provvedimento di archiviazione stesso avrebbero portato pur sempre alla conferma della misura contestata; una valutazione nei sensi ora detti avrebbe potuto essere svolta solo in sede di riesame (se richiesto dalla parte interessata), ovvero all’esito di una decisione giurisdizionale di annullamento dell’impugnata informativa interdittiva, il rilevante fatto sopravvenuto potendosi inserire soltanto in una nuovo contesto procedimentale, basato sui presupposti giuridico-fattuali nel frattempo maturati e sugli aggiornati, conseguenti apprezzamenti; e solo in relazione alle nuove determinazioni, se - in ipotesi - ancora negative, la società interessata e/o il suo amministratore avrebbero potuto esperire le proprie puntuali difese (con la conseguenza, sotto altro profilo, che l’impugnativa di tali note è, di per sé, inammissibile trattandosi, in effetti, solo di considerazioni svolte dall’Amministrazione a fini defensionali, non rivestendo, le note stesse, carattere provvedi mentale; sicché correttamente il TAR ha dichiarato inammissibili gli ultimi motivi aggiunti che si appuntavano avverso dette note). Per la stessa ragione, non potevano, peraltro, i primi giudici, valutando specificamente quanto rilevato dal magistrato penale in sede di archiviazione, pervenire ad un giudizio probabilistico volto alla conferma della misura interdittiva pur in presenza di tale provvedimento favorevole all’inquisito, in tal modo avendo, di fatto, il TAR sostituito le proprie valutazioni a quelle che competono, invece, nella sua autonomia, all’autorità amministrativa preposta all’esercizio del potere di cui si tratta e avendo, in particolare, assegnato alle parole usate dal GIP significati specifici (conformi, peraltro, alle considerazioni svolte dall’Amministrazione, ma, come detto, solo in sede difensiva) e ciò pur in presenza di espressioni (da valutare, se del caso, in sede di riesame da parte della stessa P.A.) il cui significato potrebbe anche non apparire univoco. 5) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullata la misura interdittiva in quella sede gravata, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla la misura interdittiva in quella sede gravata, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2009 con l'intervento dei Magistrati: Claudio Varrone, Presidente Paolo Buonvino, Consigliere, Estensore Rosanna De Nictolis, Consigliere Maurizio Meschino, Consigliere Roberto Garofoli, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Il Segretario DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 04/12/2009 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) Il Dirigente della Sezione