La paternità di Dio: modello e fondamento della multidimensione vocazionale1
Sac. Nicola Ilardo2
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1. Premessa.
Sono onorato e vi ringrazio per la possibilità che mi date di riflettere con voi
sulla paternità e sulla paternità di Dio. Veniamo dallo slogan degli anni passati
“assenza del padre” o “uccisione del Padre3”, ma sta emergendo, sempre più, è questo
consegno ne è un segno, quella che mi piace definire la “nostalgia del padre”.
Nel titolo che tratterò si parla della paternità di Dio come modello della
paternità umana. Ma riconoscendo una “paternità” a Dio ci chiediamo: Che tipo di
paternità è quella di Dio? E’ chiaro – e lo dico subito – che qui il Padre non è il
risultato della sublimazione del desiderio umano di pienezza di paternità. Il padre che
incontriamo – più delle volte in contesti di preghiera – non è il padre totalitario, che
schiaccia l’altro, ma che favorisce l’emergere dell’altro da se. Il Dio Padre consente
la vita dei suoi figli, da la vita, li genera alla vita. Per questo un attributo
riconosciutogli dalla Scrittura l’attributo della maternità (cfr. Is 49,14-15).
Mi pare, allora, opportuno partire da una frase biblica, quanto mai illuminante
al proposito:
«Piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla
terra prende nome» (Ef 3,14). L’ espressione è dell’Apostolo Paolo contenuta nella
Lettera ai Filippesi. Per Paolo Dio è il modello di ogni paternità umana, una paternità
che è responsabile, che è servizio, che genera e che accompagna. Quindi ogni
paternità ha un riferimento a Dio come conditio sine qua non.
Relazione tenuta al Convegno “Figli di papà”, organizzato dal Movimento per la Vita il 10 novembre
2007.
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Parroco, Rettore del Seminario e Direttore del CDV della Diocesi di Nicosia.
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Il padre era sinonimo di autorità.
1
1
In tutte le religioni Dio è chiamato “padre” nel senso per lo più di genitore
fisico4, significato inaccettabile per la Bibbia (ebraismo e cristianesimo). La paternità
di Dio per la Bibbia è una paternità altra, una paternità “modello”. Applicando a Dio
l’immagine di padre a partire dall’uomo si è assistiti negli anni passati ad un rifiuto
della paternità di Dio e dell’uomo: non si vogliono padri, non si vuole essere padri.
Questo creerebbe immaturità e sensi di colpa. Su questo problema il Catechismo
degli Adulti della CEI afferma: «La figura paterna è vista con sospetto nella cultura
moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario
e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza
esclude la vicinanza e la tenerezza»?5 Il mondo secolarizzato, scrollandosi di dosso la
personificazione sociale e religiosa dell’autorità, ha generato nel credente, e non solo,
una triste conseguenza, quella di dover fare i conti con tre mali: un cristianesimo
senza Padre, una società senza certezze, una cultura senza verità, generando, così, il
relativismo ecc. Una domanda sorge: «come parlare di Dio in una società senza
padri»?6
La risposta va vista, non prendendo in considerazione un modo errato di
presentare l’immagine paterna di Dio, fatta dalle scienza umane, dalla psicanalisi o
dall’ala radicale della teologia femminista, ma correggendo la figura di Dio con
quella rivelataci da Gesù Cristo, quella che rintracciamo in particolare nei vangeli.
Egli, pur richiamandosi alla tradizione antico-testamentaria, presenta in modo
innovativo la figura della paternità di Dio. La paternità di Dio è una paternità
“spirituale”7. Così possiamo definirla.
Dedicherò, infatti,
un paragrafo della
relazione alla figura del padre spirituale con un riferimento alla paternità
dell’apostolo Paolo come “padre” che genera in Cristo.
4
Cfr. J. Galot, Dio Padre, chi sei?, San Paolo 1998, 7.
CEI, la verità vi farà liberi. Il catechismo degli adulti, 1995, p. 164, n.325.
6
Cfr. C.M. MARTINI, Ritorno al Padre di tutti. “Mi alzerò e andrò da mio padre” (Lc 15,18). Lettera
Pastorale, 1998.
7
Origene chiamava Dio “Abisso di paternità”. Cfr. G. Bondavalli, Origene: Dio, abisso di paternità. In
Parola, Spirito e Vita, quaderni di lettura biblica, 39, 217-235. Cfr. anche nello stesso numero: E. Bianchi, Il
padre spirituale, 247-259.
5
2
2. Dio Padre nella rivelazione ebraica.
Se risaliamo alle origini della rivelazione ebraica scopriamo che il Dio
venerato da Abramo aveva il nome di Dio Padre8. Nell’Antico Testamento Dio era
considerato come Padre soprattutto in rapporto al popolo.
La fierezza del popolo si fondava proprio su questa dignità: essere figlio di Dio
(cfr. Sap 18, 13). La paternità divina non era astratta: Dio era sempre presente nel
destino del popolo. Dio è padre in quanto ha concepito e generato il popolo (cfr. Nm
11,12), facendolo uscire dalla schiavitù dell’Egitto ha contribuito alla sua esistenza e
alla sua dipendenza:
«Non è lui tuo padre, che ti ha creato? Lui che ti ha fatto e sostenuto» ? (Dt
32,6). Dio ha donato la vita e continua a donarla. E’ a questa opera creatrice che il
popolo fa appello quando è in pericolo: «Signore, tu sei il nostro padre, noi siamo
l’argilla, tu colui che ci hai plasmato» (Is 64,7).
In qualità di padre, Dio si assume il compito di educare suo figlio, di far
crescere il suo popolo (cfr. Os 11). Quella di Dio non è una paternità fredda né
remota. Essa si esprime in un intenso amore pieno di sollecitudine e delicatezza.
Ma il popolo deluderà presto Dio, lo offenderà col peccato, facendo a meno di
lui (cfr. Is 1,2; Ml 1,6; Os 11,2). Anzi il peccatore si ribella alla paternità divina;
vorrebbe in qualche modo negarla e sopprimerla (Cfr. Is 45,10). La reazione di Dio
alle offese del popolo non sono solo di collera ma testimoniano un cuore che si
commuove (cfr. Ger 31, 20). Il figlio ribelle rimane per sempre un figlio diletto. Il
figlio che non deluderà il Padre è Cristo!
8
Cfr. H. Cazelles, Autur de l’Exode, Gabalda, Paris 1987, 63.
3
3. Novità della rivelazione evangelica del Padre
La novità del Vangelo è la rivelazione della persona del Padre: in Dio vi è una
persona che Gesù chiama Padre. Questa persona divina ha come proprietà
caratteristica la paternità.
Dato che nell’Antico Testamento Dio si era già rivelato come padre, molti
hanno pensato che la rivelazione del Padre offertaci da Gesù di Nazareth non fosse
altro che una conferma della rilevazione ebraica. Indubbiamente vi è una continuità
fra le due rivelazioni, ma è importante sottolineare la novità fondamentale che
contraddistingue la rivelazione evangelica del Padre. Nell’Antico Testamento Dio era
visto innanzitutto come padre del popolo; da questa paternità generale derivava la
relazione paterna con gli individui. Nel Vangelo Gesù guarda al Padre prima di tutto
come il proprio padre; si pone dinanzi a Lui come un figlio e gli attribuisce la
responsabilità della sua missione. Nella rivelazione evangelica, quindi, il padre si
definisce non solo come Padre del popolo, ma anche e soprattutto come Padre di
Gesù.
La grande novità è che esiste una persona divina che è Padre e che porta
esclusivamente questo nome. Non si tratta di attribuire a Dio, considerato in tutta la
sua realtà divina, la qualità di Padre, ma di riconoscere una persona divina che si
definisce attraverso la paternità9. Un Padre riconosciuto come “Papà”.
Infatti l’appellativo “Abbà” usato da Gesù per richiamare colui al quale si
rivolgeva la sua preghiera non significa solo “Padre”: si deve tradurre piuttosto con
“papà”. “Era il nome di cui si servivano i bambini ebrei per rivolgersi familiarmente
al proprio padre. Mai prima di allora questo nome era stato utilizzato dagli Ebrei nella
loro preghiera; la familiarità che implicava non sembrava adatta a un Dio sovrano e
onnipotente. Questo semplice appellativo quindi racchiude in sé una grande novità.
Nei testi evangelici il termine “Abbà” appare una sola volta nella preghiera al
Getsemani riportata da Marco.
9
Cfr. J. Galot, o.c., 24-25.
4
Egli chiamava “papà” colui che era considerato il “tre volte santo”. Il termine
esprimeva tutta la verità della paternità divina. La perfezione della paternità
comportava la generazione del Figlio e la sua completa somiglianza al Padre.
Rivelando la persona del Padre, Gesù ha mostrato ai suoi discepoli che il Lui vi
è il modello di ogni paternità. La sua natura consiste infatti nell’essere Padre in modo
tale che tutto il Lui è paterno. Si tratta di un fatto eccezionale, che si verifica solo in
Dio. Un uomo diviene padre, ma non lo è per sua natura. Prima di essere padre è
anzitutto persona umana; la paternità va ad arricchire una personalità già provvista di
altre qualità. Il Padre celeste invece esiste dall’eternità come Padre.
Unione di paternità e di maternità
Quando si applica a Dio un termine utilizzato per designare o qualificare gli
uomini, lo si deve intendere tenendo conto delle differenze che esistono fra Dio è
l’umanità. Una differenza fondamentale è che la paternità divina racchiude in sé tutto
ciò che intendiamo con paternità e maternità. Noi distinguiamo queste due categorie,
perché nell’umanità esiste una diversità sessuale fra uomo e donna che ha un ruolo
essenziale nella procreazione. La paternità appartiene ad uno, la maternità da un’altra.
Paternità e maternità sono complementari sia nella procreazione come nella
educazione della mascolinità e della femminilità. Dio è invece “Padre e Madre”
insieme. Quando, allora, chiamiamo Dio con l’appellativo di Padre non intendiamo
sottolineare la mascolinità a discapito della femminilità o della maternità, lo facciamo
indipendentemente da qualsiasi considerazione di natura sessuale. Conviene ricordare
sempre che la sua paternità deve essere intesa in senso più ampio, cioè come paternità
e maternità unite insieme.
E così che il Padre diviene per Paolo – come sopra abbiamo accennato – fonte
e modello della paternità e della maternità fisica e spirituale. In Dio, cioè, troviamo
tutto ciò che è proprio della maternità e della paternità.
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La formazione della famiglia avviene, dunque, sotto l’influenza del Padre; la
paternità e la maternità ricevono da Lui il potere di comunicare la vita e la
responsabilità nella educazione della vita in un persona.
Inoltre la paternità del Padre, che si manifesta nell’opera della grazia, chiarisce
il bisogno di formazione spirituale dei figli nella famiglia. Il padre e la madre non
hanno solo il compito di favorire lo sviluppo fisico di quanti sono stati affidati loro,
ma sono anche e soprattutto responsabili della loro crescita spirituale. Se è modello la
paternità di Dio, questa è la naturale e necessaria conseguenza.
4. Paolo “Padre” che genera in Cristo10
Se linguisticamente e stilisticamente il concetto e il significato di “metafora”
consistono nel trasferire a un vocabolo il significato di un concetto astratto per
rendere concreta un’immagine, nelle lettere di San Paolo l’impiego del sostantivo
“padre” riferito a se stesso non ha la funzione di rendere concreta una immagine
astratta, come non è un concetto astratto il Dio di Gesù Cristo. Anzi è proprio alla
realtà della fede nel Padre che l’Apostolo si sente come legittimato alla sua funzione
e impiegato alla sua missione, definendo se stesso come “padre” nei confronti di
coloro ai quali ha potuto annunciare la realtà del Padre. Quando Paolo utilizza il
concetto di padre in rapporto alla evangelizzazione vuole esprimere la donazione
della vita. Se per il cristiano non è una metafora essere “figlio di Dio”, nemmeno per
Paolo che annunzia il Cristo datore di vita, è una metafora essere “padre”.
Il che significa che Paolo si dichiara “padre”, nei confronti di questa o di quella
comunità e che sente “figlia”, affermando la sua azione generatrice alla fede.
Prendo in esame – brevemente – la 1 Ts al cap. 2 dove Paolo afferma: «Fummo
amorevoli in mezzo a voi; come una nutrice amorevolmente cura i figli a lei affidati,
così noi pieni di affetto verso di voi desideriamo consegnarvi non solo il Vangelo di
Dio, ma anche la nostra vita, poiché ci siete cari.
10
Cfr. P. Guitirrez, La paternità spirituale secondo San Paolo, San Paolo 1980.
6
Ricordate infatti, o fratelli, il nostro lavoro e la nostra fatica; notte e giorno
lavorando…vi annunziammo il Vangelo di Dio… sapete infatti che, come un padre
verso i propri figli, vi abbiamo esortato uno per uno…» (2-8; 10-12)11.
Di fronte alla missione Paolo assume una responsabilità e una condotta pari a
quella di un padre nei confronti dei propri figli. Tale concetto di paternità significa e
trasmette a chi legge la convinzione e la coscienza della responsabilità di Paolo e al
tempo stesso la gratuità del suo insegnamento. A meglio determinare il significato di
“padre” l’apostolo ricorre al termine “nutrice” che anticipa al femminile il concetto di
paternità (amore viscerale).
Paolo, allora, non solo si dichiara “padre” ma si comporta tra i figli come
modello di paternità. Lo attestano le altre Lettere dell’apostolo e i Padri della Chiesa.
5. Il Padre spirituale (per le “cose” che riguardano lo Spirito)
La paternità spirituale è al cuore dell’opera di trasmissione della fede (come la
paternità fisica lo è per la vita). La sociologia afferma che oggi ci troviamo in una
fase post-tradizionale, in cui si è interrotta la “trasmissione” si è inceppato il
meccanismo della “tradizione”. Questo significa che tutto deve essere rimotivato
nell’oggi e che il puro e semplice richiamo a una puri ricca e nobile tradizione del
passato resta di per sé inefficace, non eloquente per il giovane di oggi. Questo per la
Chiesa è particolarmente grave, visto che essa si nutre di tradizione, così penso lo sia
pure per la vita in genere. E’ come se, di fronte all’eredità che pure c’è, non ci fosse
nessuno capace di indicarla all’erede. Nel tempo odierno in cui la fede è diventata un
fatto completamente individualizzato12, lasciato alla scelta dei singoli, la paternità
spirituale cerca di introdurre alla maturità umana e di fede tramite una relazione
interpersonale.
11
Cfr. anche 1 Cor 4,15).
Oggi manca l’iniziazione sia alla vita umana sia a quella spirituale, un accompagnamento cioè. La vita
spirituale non corrisponde a uno spontaneismo, a un sentire, ad una emozionalità. Troppo spesso oggi si
tende a confondere lo psicologico con lo spirituale, l’emozionalità con l’intensità dell’esperienza di fede.
12
7
Credo che sia oggi necessaria questa paternità. E’ la paternità che abbiamo
appreso da Dio, modello e fondamento di ogni paternità umana vista come vocazione
e missione. Essa, la paternità spirituale, è un servizio al processo di crescita della
persona vista nel suo insieme.
La paternità di Dio – dunque – è modello e fonte della paternità umana perché
è una paternità che genera “la persona” la nutre, soffre per essa, che esprime
tenerezza, non la ingloba in se ma la lascia altra da se. Consente alla persona di
assumere responsabilità e di esprimere al meglio tutte le potenzialità insite nel suo
essere persona pensante, liberà e ragionevole.
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