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N.101 - 5 agosto 2014
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- 8/5/2014
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La decimazione degli statali (Tito Boeri).
by La Repubblica 5/8/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 12:28:26 AM
NEGLI ultimi 5 anni il pubblico
impiego ha perso circa 260.000
dipendenti, un calo del 7%, quasi il
doppio di quello registrato in questo
periodo per il totale degli occupati in
Italia. Negli enti previdenziali
pubblici e nelle amministrazioni
centrali dello Stato la riduzione è
stata, rispettivamente, del 15 e del 10
per cento. Sono principalmente gli
effetti del blocco del turnover nella
pubblica amministrazione rinnovato a
più riprese in questi anni.
CI SI aspetterebbe che, a fronte di
una così forte riduzione del numero di
dipendenti pubblici, si siano registrate
consistenti riduzioni della spesa
pubblica, soprattutto della spesa
corrente, destinata in gran parte
proprio a pagare gli stipendi nella
pubblica amministrazione. Eppure
non è così: la spesa corrente in questi
anni ha soltanto rallentato il suo
cammino trionfale. I tagli veri,
addirittura in termini nominali, hanno
interessato solo la spesa in conto
capitale, quella cui non dovremmo
mai rinunciare se non vogliamo
rinunciare al nostro futuro. La spesa
corrente non è diminuita perché gli
stipendi pubblici in meno si sono
trasformati in pensioni in più da
pagare, sempre a carico del
contribuente.
Inoltre, se il numero di stipendi è
diminuito, in molte amministrazioni
ne è aumentato l’importo medio in
virtù di promozioni e scatti
d’anzianità (è il caso di magistrati e
docenti).
I politici che si sono cimentati con il
compito di ottenere risparmi nel
pubblico impiego in questi anni
hanno tutti ragionato a compartimenti
stagni, come se spingere qualcuno
verso la pensione e avere uno
stipendio in meno a carico volesse
dire risparmiare. Ma se chi esce dal
pubblico impiego riceve, oltre al Tfr,
una pensione per 30 anni, calcolata
ancora in gran parte con il generoso
sistema retributivo, il risparmio per le
casse pubbliche è solo virtuale.
Quello stipendio si trasformerà in
trasferimento più o meno della stessa
entità. E siccome è immaginabile che
l’ex lavoratore, prima di andare in
pensione, avesse una produttività
superiore allo zero, (anche i celebri
fanigottoni non sono mai
completamenti inattivi), avremo, da
una parte, una persona che è sempre a
carico della collettività e che per lo
più viene pagata proprio per non fare
nulla, e, dall’altra, l’amministrazione
pubblica presso cui il dipendente
operava che magari assume un
lavoratore, con un contratto
temporaneo, per coprire le mansioni
svolte in passato da chi è andato in
pensione. Se mettiamo insieme il
magro stipendio del lavoratore
temporaneo e la pensione dell’ex
dipendente pubblico (che spesso
arriva fino all’80% dell’ultimo
salario), la spesa a carico dello Stato
può risultare addirittura più alta
di prima.
Un altro vizio di fondo nella gestione
del nostro pubblico impiego è quello
di non preoccuparsi minimamente
dell’esempio che si offre al settore
privato. Da sempre e a dispetto di
qualsiasi affermazione di principio
sulla necessità di assimilare al privato
i contratti nel pubblico impiego, si
concedono al datore di lavoro Stato
condizioni di favore rispetto al
privato. I famigerati co.co.co.,
contratti di collaborazione coordinata
e continuativa, ad esempio,
continuano a esistere solo nel
pubblico impiego, quando nel privato
sono stati soppiantati dai contratti a
progetto. Per quanto la differenza tra
co.co.co. e co.co.pro spesso sia più di
forma che di sostanza, non si vede in
base a quale principio il datore di
lavoro pubblico debba poter far ciò
che non viene concesso a chi crea
lavoro (e entrate fiscali) nel privato,
anziché essere a carico del
contribuente.
In altre parole, il pubblico si
comporta come un datore di
lavoro privato quando non dovrebbe
affatto comportarsi come tale e si
rifiuta di agire come un imprenditore
privato quando sarebbe giusto farlo.
A differenza di un’impresa privata,
dovrebbe preoccuparsi se manda
lavoratori in pensione perché le
quiescenze graveranno pur sempre sul
suo bilancio. E dovrebbe sempre
evitare di concedersi deroghe a norme
che invece impone, per buoni motivi,
ai datori di lavoro privati.
Purtroppo la legge delega sulla
riforma della Pubblica
amministrazione su cui il governo ha
ottenuto la fiducia della Camera la
scorsa settimana e che approderà in
Senato a fine agosto, sembra seguire
la stessa logica. È stata definita
rivoluzione copernicana forse perché
punta tutto su una rotazione, quella
dei lavoratori al tramonto, ormai
prossimi alla pensione. I relatori della
maggioranza sostengono che questo
ricambio generazionale è fonte di
risparmi, ma vengono smentiti dalla
relazione tecnica alla riforma. La
legge votata dalla Camera reintroduce
per alcune categorie di dipendenti
pubblici, che non hanno nulla a che
vedere con gli esodati del privato,
quota 96 e la possibilità di andare in
pensione prima di 62 anni
senza alcuna riduzione dell’assegno
pensionistico rispetto a chi va in
pensione dai 65 anni in su. Permette a
insegnanti che erano andati in
pensione optando per il metodo
contributivo di vedersi riconosciuta la
ben più ricca pensione retributiva.
Sono tutte opzioni e trattamenti
negati ai lavoratori e ai datori di
lavoro del settore privato che in
questi anni hanno dovuto gestire
esuberi di più di un milione di
lavoratori non potendo, come in
passato,
ricorrere
ai
prepensionamenti. Per fortuna il
governo ieri è tornato sui suoi passi
presentando emendamenti soppressivi
dopo il parere negativo della
Ragioneria. Ma non è solo una
questione di coperture. Con che
faccia potrebbe oggi il datore di
lavoro pubblico presentarsi al
cospetto di esodati e imprenditori
privati, trattandoli tutto sommato
come categorie di serie B? Il bello è
che queste operazioni, che ci
riportano indietro a prima della
riforma Fornero (con la benedizione
convinta di Cesare Damiano, autore
di un’altra celebre controriforma delle
pensioni), vengono presentate come
un modo di fare spazio ai giovani. Ma
aumentando la spesa pubblica,
dunque le tasse, si finisce solo per
ridurre le opportunità di lavoro per i
giovani.
Certo la riforma punta a parole
(come le leggi già in vigore) anche
sulla mobilità dei dipendenti pubblici
tra un’amministrazione e l’altra. Ma
non si pone un interrogativo molto
semplice: perché nel settore pubblico
la mobilità volontaria procede in
direzione opposta che nel settore
privato? Perché la migrazione del
privato è dalle aree ad alta
disoccupazione del nostro
Mezzogiorno verso le regioni del
centro-Nord, mentre sono tantissimi i
dipendenti pubblici che chiedono di
essere trasferiti nelle regioni
meridionali? Forse questo avviene
perché lo stesso salario vale molto di
più al Sud. Un insegnante di scuola
elementare a Ragusa, ad esempio, ha
uno stipendio che gli assicura un
potere d’acquisto di almeno un terzo
superiore rispetto a quello di un
insegnante di Milano. Questo
avviene, seppur in forma più
contenuta, anche nel settore privato,
dove però c’è un’alta probabilità di
perdere lavoro. Il fatto che la
competizione per trovare un altro
impiego sia più alta al Sud che al
Nord, perché ci sono più disoccupati
e meno posti vacanti, è un problema
per un dipendente privato, non per un
impiegato pubblico che confida, a
ragione, di non venire mai licenziato.
Finché il datore di lavoro pubblico
non si darà strumenti per
differenziare maggiormente le
retribuzioni in base al costo della vita
e per premiare le amministrazioni
(più che i singoli) più efficienti al Sud
tanto quanto al Nord, non ci saranno
risparmi nel pubblico impiego e,
soprattutto, non ci saranno
miglioramenti nella qualità dei servizi
offerti ai cittadini. Ma di salari e
retribuzioni in questa interminabile
legge delega (che darà luogo a ben 8
decreti delegati) proprio non c’è
traccia. I nostri ministri, forse perché
sono essi stessi soggetti ad un alto
tasso di turnover, continuano a
credere nelle virtù taumaturgiche del
turnover nella Pa. Non si
preoccupano di motivare la gran
massa di dipendenti, a partire dai
nuovi entrati, coloro che sono
destinati a lavorare a lungo, forse a
vita, nella pubblica amministrazione.
Perché i nuovi dovrebbero
comportarsi diversamente da coloro
che si vuole “rottamare” se gli
incentivi sono gli stessi di prima?
Il ricambio generazionale può servire
solo se accompagnato a nuove regole
retributive che cancellino
definitivamente ogni automatismo
negli avanzamenti retributivi e
rimuovano l’egualitarismo di facciata,
quello che permette divari stridenti
nel potere d’acquisto fra diverse parti
del paese per chi ha le stesse
qualifiche e svolge le stesse mansioni.
Per cambiare queste regole, il datore
di lavoro pubblico dovrà, come
giusto, contrattare con il sindacato.
Può fare leva su un argomento molto
forte: è un paradosso che il principio
dello “stesso lavoro=stesso stipendio”
venga disatteso in modo così palese
proprio dove il sindacato è più forte.
Da La Repubblica del 05/08/2014.
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B. E RENZI COPRONO IL PATTO E C’È
ANCHE LA GIUSTIZIA (Fabrizio d’Esposito).
by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014
(il Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 12:49:14 AM
IL PREMIER IN UN’INTERVISTA
A “REPUBBLICA” NEGA
L’ESISTENZA DI UN TESTO
SCRITTO. BERLUSCONI SUL
“GIORNALE”: “È BASTATA UNA
STRETTA DI MANO”.
Una sincronia perfetta, da due vecchi
amici. Il primo, Matteo Renzi, con
un’intervista sul suo house organ
ufficiale, Repubblica (a parte
l’eccezione del Fondatore). Il
secondo, Silvio Berlusconi, con una
frase a lui attribuita sul Giornale di
Famiglia. Tutto torna. Argomento:
l’oscuro patto del Nazareno. Il
premier Spregiudicato smentisce con
una buona dose di ambiguità: “Patto
scritto? Certo”. Finta suspense. E poi:
“C’è dentro quello che legge negli atti
parlamentari sulle riforme”. Renzi si
difende così da voci, indiscrezioni,
sospetti, rivelazioni autorevoli: “Ma
vi pare che io firmi una cosa con
Berlusconi e la metta in un cassetto?
Questa è la tipica cultura del sospetto
di una parte della sinistra. Io ho
declassificato il segreto di Stato per le
stragi di questo Paese, e vado a
nascondere un patto di questo di
questo tipo?”.
Viene in mente la battuta di Stefano
Rodotà del giugno scorso: “Renzi
tolga il segreto di Stato dal patto del
Nazareno”. Ma la propaganda
renziana, la cui suprema specialità è
la dissimulazione (do you remember
“Enrico stai sereno”?), deve
rassicurare tutti, non solo l’ex
Cavaliere. E così per sedare i mal di
pancia interni del Pd promette:
“Niente scambi nel patto, mai più
leggi ad personam, non toccheremo la
Severino per salvare B.”.
Dissimulazione e opacità due
smentite uguali Dalla dissimulazione
all’opacità, tratto decisivo e atavico
del berlusconismo. Nello stesso
giorno in cui Renzi “copre” il patto,
l’ex premier Condannato affida al suo
Giornale questa frase ufficiosa: “Ma
ti pare che uno va dal notaio e mette
nero su bianco che il tal accordo
prevede la tale contropartita. Che ne
so, che si farà la riforma istituzionale
e della legge elettorale ma pure quella
della giustizia e che magari si voterà
insieme il prossimo presidente della
Repubblica, uno scenario così lontano
che neanche un pollo. Basta una
stretta di mano”. Due smentite
praticamente uguali e che vanno nella
stessa direzione: non esistono testi
scritti. L’incubo del renzusconismo è
questo: che prima o poi vengano fuori
condizioni e clausole sull’accordo
sottoscritto nel gennaio scorso al
Nazareno, nella sede nazionale del Pd
a Roma, in pieno centro. Un
colloquio in cui, a un certo punto, i
due allontanarono i “secondi”
(Lorenzo Guerini per Renzi, Gianni
Letta per B.), e rimasero da soli per
sette minuti. Dissimulazione e
opacità, appunto. Un inciucio da
brividi. L’euforia del Condannato e la
sua resurrezione La prova regina di
questo gioco delle parti tra lo
Spregiudicato giovane e il
Pregiudicato anziano è nella reazione
euforica di quest’ultimo alla lettura di
Repubblica. Nemmeno quel titolone
ingannevole, “Mai una legge salvaBerlusconi”, è riuscito a scuoterlo e a
insinuare velenosi dubbi. Nulla di
tutto ciò. Di buon mattino, ieri ad
Arcore, Berlusconi ha centellinato
ogni passaggio renziano abbassando
sovente il capo in segno di assenso
raggiante. Di qui la direttiva impartita
tramite Giovanni Toti: “Nessuno
attacchi Renzi, quelle frasi sulla
Severino servono a tenere buoni i
suoi e l’opinione pubblica di sinistra”.
Più chiaro di così. Del resto il
Condannato è in una posizione ideale:
ha blindato il patto segreto e coperto
(“Renzi non cambierà nulla senza
interpellarmi”) e allo stesso tempo si
gode il cupo spettacolo del premier
sempre più in difficoltà
sull’economia. È risuscitato
completamente, come ha osservato
Lucia Annunziata, direttore della
versione online italiana
dell’Huffington Post:“Ci assicura, il
premier, mai più una legge ad
personam per Berlusconi, ma è
difficile immaginare una legge più ad
personam dell’aver reso il Cavaliere
un padre rifondatore della patria,
mentre le opposizioni vengono
additate al pubblico ludibrio”. A
proposito di opposizione: stamattina
il Movimento 5 Stelle depositerà alla
Camera dei deputati una lunga
interrogazione al presidente del
Consiglio sul testo scritto e segreto
del patto del Nazareno. A firmarla
due nomi grillini di peso: Luigi Di
Maio, che è anche vicepresidente di
Montecitorio, e Alessandro Di
Battista. Il nuovo vertice tra oggi e
domani Il documento è articolato ed
entra nel merito di un altro punto
dell’intesa Bierre (copyright Rino
Formica): la giustizia. Con perfetto
tempismo, sempre ieri, il guardasigilli
Orlando ha rinnovato l’impegno a
farla con una “stretta sulle
intercettazioni” e la fatidica
responsabilità civile dei magistrati,
due questioni che stanno molto a
cuore all’ex Cavaliere. Non solo. La
chiave della sua possibile salvezza
non risiede in apposite leggi ma nel
futuro capo dello Stato, altra lacuna
dell’intervista di ieri al premier. Di
tutto questo Renzi e B. parleranno da
vicino, nel loro terzo incontro.
Potrebbe essere già stasera oppure
domani. Cambieranno nome alla
legge elettorale, dall’Italicum al
Toscanum con nuove soglie e un po’
di preferenze. Il patto del Nazareno è
più forte che mai. Finanche “brutale”,
per ammissione di uno testimoni, il
renziano Guerini.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/
2014.
Quando eravamo giovani (Giuseppe Civati)
by www.ciwati.it (il Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 5:28:22 AM
Ci battevamo per i collegi
uninominali e per la libera scelta
degli elettori. E per governi che
fossero gli elettori a scegliere. Ci
dichiaravamo campioni della
trasparenza. Della necessità di una
legge sul conflitto d’interessi.
Inorridivamo per le leggi ad
personam(e ad personas, perché poi le
hanno fatte plurime). Chiedevamo la
democrazia dal basso, la
rappresentanza, la leggibilità delle
decisioni politiche.
Quando eravamo giovani, volevamo
scelte nette, pulite, chiare.
Prendevamo le distanze da tutti gli
inciucisti, veri o presunti (perché a
volte era quasi un vezzo, quello
dell’inciucio). Rileggevamo Foucault
e quella cosa del dire-il-vero e del
parresiasta e ci vantavamo dello stile
da non perdere, di non dire le bugie,
di non fare facile propaganda.
Non ci piaceva la strumentalità,
l’azzardo, la furbizia, ci piaceva
essere così, a costo di passare per
pirla. Chiedevamo un rinnovamento
profondo, non solo a parole, delle
strutture stesse della politica e della
società.
Non ci bastavano i giri di parole
(tipo: unioni civili alla tedesca invece
di matrimoni egualitari), ci piaceva
sondare campi quasi inesplorati (tipo:
legalizzazione delle droghe leggere),
chiedevamo alla politica di battersi
ferocemente contro l’illegalità, la
mafia, le clientele, i mamozi, i
mammasantissima, i paradisifiscali, i
falsiinbilancio, le volgarità del potere.
Diffidavamo dei centristi che in
realtà erano destri, chiedevamo scelte
di progresso, pensavamo che tutto
dovesse essere sostenuto dal consenso
informato dei cittadini.
Ora, non lo so, ma forse qualcuno è
invecchiato precocemente, anzi, in
modo rivoluzionario. O, forse, più
probabilmente, è invecchiato, in
modo (contro)rivoluzionario, tutto
quello che leggete qui sopra.
Che per me è l’unica cosa che conta,
invece.
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E tutto il mondo fuori [parte terza - 05/08/2014]
(spinoza.it)
by www.spinoza.it (il Chiosco)
Israele si ritira. Eppure a
rimpicciolirsi è la Palestina.
Il governo israeliano dichiara il
“ritiro unilaterale”. Spiritosi.
Bambina palestinese uccisa 6 minuti
dopo l’inizio della tregua.“Ok
ragazzi, sincronizziamo gli orologi”.
Israele uccide una bimba subito dopo
aver dichiarato il cessate il
fuoco.“Giuro che è l’ultima”.
La tregua voluta dagli israeliani dura
solo 6 minuti. La versione completa è
a pagamento.
L’Onu:“400 mila bambini hanno
bisogno di sostegno psicologico per i
traumi della guerra”. E pensate che
sono quelli fortunati.
John Kerry spiato dal Mossad.
Questa invasione nella privacy dei
dipendenti è veramente fastidiosa.
Ucciso il capo dell’intelligence della
Jihad islamica a Gaza. Era là in
vacanza.
***
Berlusconi non vuole Prodi al
Quirinale. Per questo chiede aiuto al
Pd.
Renzi e Berlusconi si sono accordati
per tenere Prodi fuori dal Quirinale,
ma il patto doveva rimanere segreto.
Come l’altra volta.
“Non c’è nessun accordo segreto con
Berlusconi” ha dichiarato Renzi
mostrando l’accordo con Berlusconi.
Riforma del Senato, respinti tremila
emendamenti della Lega. Avevano
mandato in tilt il correttore
automatico.
Anna Finocchiaro spinge per il
mantenimento dell’immunità.
Abolendola che esempio darebbero al
paese?
Berlusconi esclude l’appoggio
esterno a Renzi. Però ha chiesto di
vedere la Boschi.
Riaperto il fascicolo sulla morte di
Pantani. Potrebbero revocargliela.
L’inchiesta sulla morte di Pantani era
stata archiviata come “Suicidio
involontario”. Quindi gli inquirenti
avevano le idee già chiare all’epoca.
Il Papa:“Davanti ai poveri non ci si
gira dall’altra parte”. Devono capire
chi comanda.
Ritrovati ottanta scheletri in borse
dell’Ikea. Non sono riusciti a montare
l’armadio.
Coppia rifiuta gemellino con gravi
problemi e prende quello sano. Con
Carlo Giovanardi non fu possibile.
Schettino potrebbe partecipare
all’Isola dei famosi. Se riaprono
l’Asinara.
Beppe Grillo:“Bossi è stato il più
grande statista degli ultimi
cinquant’anni”. Considerando
l’handicap.
Sconcerto per il prete trovato morto a
Livorno. Un altro voto perso dal Pd.
Nuovo fallimento per l’Argentina.
Succede ogni volta che Messi fa un
bancomat.
Per l’Argentina è il secondo default
in 13 anni. E noi che ancora non
riusciamo a completare il primo.
Frasi razziste del futuro presidente
della Federcalcio. Si prevede
un’annata intensa per Balotelli.
La difesa di Tavecchio:“In pochi
hanno fatto quello che ho fatto io per
il terzo mondo”. Si riferisce alla Lega
Dilettanti.
Molte città del nord Italia sommerse
dall’acqua. E poi dicono che il Mose
non serve.
Un luglio così instabile non si
vedeva dagli anni Ottanta. Ma pare
che allora si drogasse.
La Costa Concordia salpa dall’isola
del Giglio e arriva a Genova dopo
cinque giorni. Ora fa anche
concorrenza alla Tirrenia.
Ora l’isola del Giglio teme un calo
del turismo. A meno che la Franzoni
non accetti di trasferirsi.
Omofobia, l’Italia è il paese che
discrimina di più. Di giorno.
L’Italia è lo stato europeo che
discrimina di più. O forse abbiamo
solo più ricchioni degli altri.
Rocco Siffredi:“La sinistra mi ha
sempre criticato”. È che non
sopportano la gente che gode.
“Vedrei bene Travaglio in un film
porno”. Nel ruolo della trama.
Alghero, l’ambulanza diventa una
discoteca. Se ci sale Briatore.
Scuola guida, ragazza bocciata 110
volte all’esame di teoria. Sta ancora
cercando di mettere in moto la
scrivania.
Renzi afferra al volo una poltrona
che cade. È un tic.
Ronn Moss abbandona il ruolo di
Ridge. Non voleva identificarsi
troppo in quel personaggio.
Ragazza cinese scrive poesie usando
i piedi. Procurandosi degli irti calli.
Il vicesindaco di Viareggio cambia
sesso. Al confronto Scilipoti è un
dilettante.
Morto a 93 anni l’ufficiale che
sganciò la bomba atomica. Gli effetti
del fumo passivo.
Una ricerca rivela che il nostro
giudizio sulle persone è influenzato
dalla forma del loro volto. Specie se
hanno facce da cazzo.
È morto il fondatore del Gambero
Rosso. Forse sarebbe il caso che
Cracco la smettesse di fare
esperimenti con le patatine.
Nasce il blog delle ragazze che
hanno detto no alla ceretta. Ah,
pensavo fosse l’ennesimo sito sui
gatti.
Lo slogan del movimento contro la
depilazione:“L’utero e mio e vi sfido
a trovarlo!”
Caccia militare si schianta in Molise.
Non era segnato sulle mappe.
Sallusti lascia il Giornale. Non
sapeva più cosa inventarsi.
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E tutto il mondo fuori [parte prima - 01/08/2014]
(spinoza.it)
by www.spinoza.it (il Chiosco)
Tregua di 72 ore a Gaza. Che
corrispondono a due delle nostre ore.
Israele dichiara di aver centrato tutti
gli obiettivi previsti. D’ora in poi
bombarderanno per puro
divertimento.
L’86% degli israeliani non vuole la
tregua. In Italia sarebbe stato un
ottimo motivo per farla.
(Gli israeliani sono contrari al cessate
il fuoco. Anche lì d’estate la tv è una
noia)
Anche Hamas rifiuta la
tregua.“Proprio adesso che stiamo
vincendo?”
Si rompe la tregua, gli israeliani
tornano a colpire i tunnel. E ci
trovano Grignani.
Migliaia di palestinesi costretti a
rifugiarsi nei cunicoli sotterranei. La
tattica è aspettare l’editto di
Costantino.
Gli sfollati di Gaza potrebbero
riempire tre grandi stadi. E a quel
punto arriverebbe Pinochet.
Bombardata una scuola per rifugiati
islamici. O forse era solo l’ora di
religione.
L’esercito israeliano:“Hamas
nasconde armi dentro le scuole”.
Ritrovata una palla medica da tre
chili.
Raso al suolo un centro per l’infanzia
costruito con fondi italiani. Ma forse
era da progetto.
Gaza, otto bambini uccisi in un parco
giochi. Per militari israeliani.
I bimbi palestinesi colpiti da un
missile mentre giocavano. Se ne sono
andati col sorriso.
Ferma condanna degli
Usa:“Criminale farsi massacrare
così”.
John Kerry incontra Abu Mazen,
Peres e Netanyahu. Poi chiede“Qual
era quello palestinese?”
Obama:“Israele ha il diritto di
difendersi”. Ma sentiamo cosa ne
pensano i pellerossa.
Uno degli One Direction scrive
“#FreePalestine” e viene minacciato
di morte. Poi invece scrive una
canzone e non succede niente.
Ban Ki-moon:“Sia Israele che
Hamas violano i diritti umani”.
Quindi questo è uno spareggio.
Colpito un ospedale di Gaza, quattro
le vittime. Le scuse di
Israele:“Pensavamo fosse un asilo”.
Ucciso anche un bebè. Da grande
sarebbe stato un bambino.
Netanyahu:“I leader di Hamas
sfruttano i cadaveri più telegenici”.
Questa accortezza Fabio Fazio non ce
l’ha.
L’Onu:“Più di 200 bambini
palestinesi uccisi dall’inizio del
conflitto”. Come tengono il conto
loro nessuno.
Netanyahu alla Mogherini:“Se
attaccassero l’Italia, reagireste”. Mi
sa che non ha seguito i Mondiali.
In molti si chiedono:“Cosa faremmo
noi italiani se la guerra di Palestina
invece di essere lì fosse qui?” Be’,
vivremmo lì.
(La posizione del governo italiano su
Gaza e Ucraina è talmente chiara che
tutte e quattro le parti in causa ci
considerano alleati)
Donna palestinese dà alla luce
quattro bambini. Lo vedi che
provocano?
A Gaza sono nati quattro gemellini.
Benvenuti (31°25’00N 34°19’59E),
(31°25’01N 34°19’59E), (31°25’00N
34°19’58E) e (31°25’01N
34°19’58E)!
Bombe sulla centrale elettrica, Gaza
al buio. Ora per Israele il livello
bonus.
Tre missili colpiscono la sede di un
giornale. Era la smentita.
Hamas:“Abbiamo un ostaggio”. La
Palestina.
La Pausini si mostra senza mutande.
Il video che fa commuovere il web.
Milioni di condivisioni per il filmato
della Pausini che canta senza slip.
Non è Youporn ma toglierò
comunque l’audio.
Laura Pausini sul palco senza
mutande. Si conferma l’artista che
rappresenta meglio l’Italia.
Una sentenza afferma:“Non è reato
dare del fascista e del razzista a
Borghezio”. Quindi fa ingrassare.
La Banca d’Italia lancia l’allarme
sugli euro falsi. Pare valgano meno di
quelli veri.
Studioso napoletano scopre che
assumere aglio per via anale avrebbe
proprietà benefiche. Ma, esattamente,
cos’è che studiava?
“Contro l’impotenza, due spicchi
d’aglio per via anale”. Sale quanto
basta.
Nicole Minetti va in vacanza
all’estero ma non paga il conto. Non è
che uno può conoscere tutte le
usanze.
Usa, condannato muore dopo due ore
di agonia. Facendo slittare la
pubblicità.
Pesa 114 chili la ballerina di lap
dance più grassa del mondo.
Arrotonda lavorando come kebab.
(C’è una ballerina di lap dance che
pesa 114 chili. Provateci voi a dirle
che non fa per lei)
Gli negano l’elemosina, si masturba
davanti alla chiesa.“Ma padre, cosa
fa?”
La nazionale di scherma regala una
sciabola a Renzi. Ora sembra Bilbo
Baggins.
Va a fuoco l’auto di Vittorio
Sgarbi.“Apra! Apra! Apra!”
L’AMACA del 05/08/2014 (Michele Serra).
by La Repubblica 5/8/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 12:11:55 AM
COME nell’ormai infinita teoria di
casi precedenti, anche nel violento
urto d’acqua tra le vigne del Prosecco
l’impressione è che le povere vittime
dell’incuria del territorio ne siano,
almeno in parte, anche artefici. Tutto
ciò che non ha riscontro economico
immediato (per esempio la custodia
di crinali e fossi, o il mantenimento
dei boschi che dividono e assorbono
le piene) stenta a ritagliarsi un posto
nei progetti indigeni. I fautori del
primato del “local” dovrebbero
riflettere sul fatto che le grandi
bonifiche, le tutele ambientali
importanti (per esempio i parchi
nazionali e regionali), gli interventi
lungimiranti vengono quasi sempre
imposti da un’autorità statale, da uno
sguardo esterno in grado di mettere a
fuoco da lontano un territorio.
Si chiama “politica”: permette di
organizzare e stimolare azioni che
non sono spontanee, di mettere in
relazione i bisogni locali e
conoscenze spesso “straniere”
rispetto alle usanze, di ampliare (e di
molto) la percezione del tempo e
dunque dei costi e dei ricavi, di
mettere a disposizione risorse
economiche indisponibili sul posto.
Se mai si farà, la sempre citata e mai
realizzata “messa in sicurezza del
territorio” sarà dovuta a
un’imposizione politica, al salto di
qualità deciso da una classe dirigente
finalmente coraggiosa. Che dovrà
spiegare agli stessi che piangono i
morti che un territorio non può essere
solo spremuto, come i grappoli d’uva.
Va anche protetto, sanato,
assecondato nella sua morfologia
millenaria.
Da La Repubblica del 05/08/2014.
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5
E tutto il mondo fuori [parte seconda 03/08/2014] (spinoza.it)
by www.spinoza.it (il Chiosco)
Chiude L’Unità. Al suo posto un
centro commerciale.
L’Unità in edicola con 16 pagine
bianche. È lo speciale sulle riforme di
Renzi.
(L’Unità esce con 16 pagine bianche.
Così potrai raccontare che ci hai
scritto pure tu)
Per anni L’Unità è stato un punto di
riferimento per la sinistra. Ora sono
in cielo nuovamente insieme.
In testa alla prima pagina una
citazione di Gramsci.“C’hai du’
spicci?”
Gaza, quasi un milione di bambini
senz’acqua. Devono averla fatta
grossa.
La tregua salta a causa della cattura
di un soldato israeliano. Secondo me
si è fatto prendere apposta.
Obama:“Evitare morti civili”.
Israele:“Ok, staremo attenti a non
calpestarli”.
Senato, governo battuto su un
emendamento a voto segreto. Ci si
riscopre di sinistra solo
nell’anonimato.
Tornano i 101 che avevano affossato
Prodi. Quindi non era niente di
personale.
Renzi minimizza:“Non c’è rischio
che tornino i 101 traditori”. Dunque
erano dei suoi.
Il premier: “Nel Pd è mancato il
coordinamento”. Vabbe’, per una
volta.
Bocciato l’emendamento per abolire
i senatori a vita. Che la natura faccia
il suo corso.
Durante il dibattito la Boschi riceve
un biglietto da Casini.“Sali da me, ti
mostro la mia collezione di partiti”.
Boschi:“La democrazia non è in
pericolo”. L’hanno nascosta in un
posto sicuro.
Un senatore mostra un cartello con
un errore di ortografia. E adesso
indovinate di che partito era.
Due senatrici di centrodestra in
ospedale, malore per un leghista.
Cominciano a piacermi queste
riforme.
Missile russo abbatte in territorio
ucraino un aereo malese partito
dall’Olanda. Ma alla fine vincono i
tedeschi.
Il volo era partito da Amsterdam. C’è
la speranza che i passeggeri non si
siano accorti di niente.
Trovati corpi a 15 km dall’aereo. E
neanche una navetta.
La notizia dell’abbattimento
dell’aereo malese è giunta mentre
Putin era al telefono con Obama. In
Russia è sufficiente come alibi.
Putin:“Non so assolutamente nulla di
quel missile terra-aria Buk SA-11
9K37 a medio raggio condotto da un
radar semiattivo con motore a
combustibile solido dotato di
lanciatore veicolare quadruplo
montato su scafo cingolato”.
L’aereo abbattuto dai russi era pieno
di esperti di Aids. È il loro modo di
combatterlo.
Il governo ucraino esorta i familiari
delle vittime a bloccare le carte di
credito. Come messaggio di
condoglianze mi sembra un po’
brusco.
Prima del decollo un passeggero
aveva pubblicato una foto
dell’aereo:“Se dovesse sparire, ecco
com’è fatto“. Ora l’immagine è sulla
scatola del puzzle.
La scatola nera è stata spedita a
Mosca. Come souvenir.
Un uomo ha rinunciato all’ultimo
momento a salire su entrambi i voli
Malaysian finiti in tragedia. Alla
prossima occasione verrà imbarcato a
forza.
Berlusconi è innocente. E Israele si
sta solo difendendo.
I giudici di Milano assolvono
Berlusconi per il caso Ruby. Ora
possono tornare a concentrarsi sulla
mafia.
La sentenza:“Berlusconi non sapeva
che Ruby fosse minorenne”. Si
limitava a sperarlo.
La telefonata di Berlusconi alla
Questura non costituisce reato.
Ottimo, stanotte so cosa fare.
Secondo i giudici non c’è stata
prostituzione né concussione. Questa
sentenza rivoluziona il concetto di
“Siamo stati costretti a rilasciare una
zoccola”.
(Ma guardiamo il lato positivo:
Minzolini non può dare questa
notizia)
Ruby gioisce dopo la sentenza.
Dev’essere una bella sensazione
venire a sapere di non essere una
puttana.
La testimonianza di Emilio
Fede:“Alcune ragazze indossavano
una maschera di D’Alema”. Per non
destare sospetti all’entrata.
“Berlusconi non ha mai baciato
nessuna ragazza sulla bocca”. Del
resto, capita raramente anche nei
porno.
Composta la gioia di Berlusconi
dopo la sentenza:“Vaffanculo, vecchi
di merda!”
(Belpietro e’ talmente euforico per
l’assoluzione di Berlusconi che si sta
organizzando un nuovo attentato)
La Pascale:“Ho pianto come una
bambina”. Sa che lo eccita da morire.
Tutti i fedelissimi di Berlusconi
applaudono i giudici. Ricordatevi
questo momento.
6
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È GUERRA TRA RENZI E IL TESORO
ASPETTANDO L’AUTUNNO CALDO (Marco
Palombi).
by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014
(il Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 1:37:01 AM
SCONTRO SULLE COPERTURE
AL DECRETO MADIA, ALLA
FINE IL GOVERNO CEDE.
Quel che è successo sugli
emendamenti al decreto Pubblica
amministrazione non è tanto rilevante
in sé, quanto per quel che significa: la
frattura tra Tesoro e Palazzo Chigi è
ormai conclamata con quest’ultimo,
almeno per ora, nella parte dello
sconfitto. Matteo Renzi, che aveva
difeso la norma sui “quota 96” e il
prepensionamento dei professori
universitari contro le perplessità di
alcuni ministri (ad esempio Stefania
Giannini, titolare dell’Istruzione) e
l’uscita pubblica di Carlo Cottarelli, è
ora stato costretto alla marcia
indietro. Quattro emendamenti
soppressivi che dicono che la
macchina dell’austerità è ancora in
funzione e anzi non trova argini.
Nessun cambiamento di verso,
insomma, e un pessimo segnale per la
battaglia sui conti pubblici che l’Italia
dovrà affrontare in autunno.
VA NOTATO, intanto, che le uscite
pubbliche anti-governative del
commissario alla spending review e
della Ragioneria generale dello Stato
(ieri ne ha fatto le spese anche un
emendamento al dl Competitività del
M5S condiviso dalla maggioranza)
arrivano all’indomani della
formalizzazione della squadra
economica di palazzo Chigi che
doveva sottrarre poteri proprio al
Tesoro. Questa la scansione degli
eventi. Lunedì 28 luglio Matteo Renzi
ha comunicato i nomi degli
economisti che faranno parte della
famosa “cabina di regia” di palazzo
Chigi: l’ex rettore della Bocconi
Guido Tabellini, Marco Simoni,
Veronica De Romanis, Tommaso
Nannicini, più i piddini Yoram
Gutgeld e Filippo Taddei. Il giorno
dopo c’è stato un incontro tra Matteo
Renzi e Pier Carlo Padoan a palazzo
Chigi al termine del quale viene
diffusa l’apposita velina “tutto bene,
madama la marchesa”: “Il titolare
dell’Economia ha condiviso con
Renzi l’idea di irrobustire la squadra
economica di palazzo Chigi, in modo
da avere una sponda e una
interlocuzione ancora più strutturata”.
Lo stesso giorno, però, al Tesoro
s’erano tolti i guanti: alla Camera
arrivano i pareri della Ragioneria
generale che vogliono difendere
l’impianto generale (e le accluse
ingiustizie) della riforma delle
pensioni Fornero. Non è finita.
Mercoledì sera è arrivata la mazzata
di Carlo Cottarelli che attacca il
Parlamento per attaccare il governo,
colpevole di aver avallato la manovra
sui “quota 96” (i particolari tecnici li
trovate nella pagina accanto). Venerdì
ancora, con geometrica potenza di
fuoco, la Ragioneria è tornata sul
luogo del delitto facendo “sparare” di
nuovo dalle agenzie i suoi rilievi sulle
mancate coperture. Ieri infine – con
gli emendamenti che si rimangiano i
provvedimenti sui pensionati della
scuola, le penalizzazione e la
pensione a 68 anni per i baroni
universitari – Renzi ha chinato il
capo. Questa vicenda non è
importante per le cifre in ballo –
mezzo miliardo in sette anni sono una
goccia nel bilancio dello Stato – ma
per i rapporti di potere che delinea.
LA TECNOSTRUTTURA del
Tesoro è ormai pubblicamente
all’opposizione: il capo di gabinetto
di Padoan, Roberto Garofoli (già con
Letta a palazzo Chigi) e il ragioniere
generale Daniele Franco (ex
Bankitalia voluto da Saccomanni)
gestiscono la più potente macchina
anti-renziana in Italia, ma lo fanno
con solidi agganci esteri. Non è
infrequente – spiega al Fatto
Quotidiano una fonte dell’ esecutivo
Ue – che dalla Ragioneria partano
telefonate alla volta di Bruxelles o
Francoforte (la Bce di Mario Draghi)
per chiedere interventi pubblici o
“denunciare” informalmente il
lassismo in materia di rigore del
governo. È evidente a questo punto –
spiega un membro del governo- “che
al Tesoro c’è una guerra interna: le
strutture confermate da Padoan contro
il parere di Renzi, da Franco in giù, si
percepiscono come contropotere
rispetto al premier e sanno che fare le
sentinelle dell’austerità in salsa
germanica è l’unico modo che hanno
di pesare politicamente contro un
governo che ha un grande consenso
elettorale. Ecco il consenso degli
italiani non è un loro assillo”.
SCENARIO abbastanza preoccupante
se si pensa a quanto deve accadere di
qui alla fine dell’anno: per rispettare
quel che c’è scritto nel Def in termini
di deficit e saldo primario, a Renzi
servono una ventina di miliardi di
minori spese (o maggiori tasse) entro
l’anno prossimo. Roba che potrebbe
uccidere un’economia già provata da
anni di recessione come la nostra.
Solo che fare una battaglia sulla
flessibilità, magari sull’esempio di
quel che fanno Francia e Spagna,
mentre il Tesoro rema contro,
potrebbe far affondare il Paese
insieme al governo.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/
2014.
“Tirate fuori quell’inciucio” (Luca De Carolis).
by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014
(il Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 1:21:44 AM
L’opposizione Alessandro Di
Battista.
Un’interrogazione parlamentare, su
“un atto parlamentare”. Al Renzi che
così definisce il patto del Nazareno,
come a sminarne il peso, oggi i
Cinque Stelle Alessandro Di Battista
e Luigi Di Maio risponderanno con
un’interrogazione alla Camera, in cui
chiedono alla presidenza del
Consiglio di diffondere i contenuti
dell’accordo. Nel testo i due deputati
riportano le dichiarazioni dei forzisti
sul patto: dal Donato Bruno che lo
descrive come “un punto di
riferimento che non dobbiamo
scalfire”, al Renato Brunetta che parla
di un’intesa “su Italicum e giustizia”.
Fino al Giovanni Toti che riferisce di
“un accordo scritto”. Di Battista e Di
Maio invocano da Renzi “un
atteggiamento di totale trasparenza
nei confronti del Parlamento e
dell’opinione pubblica”. Quindi, gli
chiedono di riferire i dettagli del
patto, e di “renderne pubblico il testo
in formato cartaceo”.
Quando è nata l’idea
dell’interrogazione? Il presidente
Renzi ha definito il patto del
Nazareno come un atto parlamentare.
Sono andato a cercare tra tutti gli atti
depositati alle Camere, ma non l’ho
trovato. In più ho letto che Il
Mattinale del 23 luglio, il bollettino
di Forza Italia a firma di Brunetta,
riportava questa dichiarazione di
Berlusconi: “Non m’importa nulla del
Senato, l’accordo con Renzi è su
Italicum e giustizia”. Ne ho parlato
con Luigi Di Maio e assieme abbiamo
scritto questa interrogazione, che
verrà sottoscritta da altri deputati del
Movimento. Vogliamo sapere dal
presidente del Consiglio se vuole
davvero riformare la giustizia con “un
uomo che ha una naturale
propensione a delinquere”, per citare
un’espressione dei giudici. Sono
uscite le linee guide del ministero
della Giustizia, molto più dure
sull’azione di rivalsa nei confronti dei
magistrati. Vede collegamenti col
patto? Assolutamente sì. Sono
convinto che le linee facciano parte
dell’accordo, come moneta di
scambio politica che Renzi ha dovuto
pagare a Berlusconi. Il premier a
Repubblica ha assicurato: “Nel patto
c’è scritto quello che è negli atti
parlamentari sulle riforme”. Delle
riforme a Berlusconi non importa
nulla. Gli interessa solo non finire in
galera e salvare le proprie aziende.
Magari a discapito della Rai. Al Fatto
risulta che nell’accordo ci sia anche il
no a Prodi per il Quirinale. Io non
sono certo un prodiano. All’ex
premier rimprovero diverse cose, tra
cui l’entrata dell’Italia nell’euro. Ma
Prodi è un avversario politico
importante per Berlusconi. Non è un
caso che sia stato affondato dai 101
del Pd nella corsa al Quirinale. E tra
quelli che gli votarono contro c’erano
anche renziani. Avete notizie al
riguardo? Io dico questo: Renzi è
diventato sindaco di Firenze grazie a
Verdini e Berlusconi, che non gli
opposero la minima resistenza. Per il
“TIRATE page 7
FeedJournal
7
Berlusconi avverte Renzi “Alle prossime
elezioni io voglio candidarmi l’Ue mi darà il via
libera” (CARMELO LOPAPA).
by La Repubblica 5/8/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 1:16:57 AM
L’ex Cavaliere si sente comunque
rassicurato dal premier “Ha blindato
il nostro accordo e con le riforme sarò
riabilitato”.
SILVIO Berlusconi dicono abbia alla
fine apprezzato i toni e le aperture del
premier nell’intervista di ieri a
Repubblica. È il «sigillo» alle riforme
e al suo ruolo di «padre riformatore»
l’unica cosa che gli può interessare in
questa fase. Le spigolature, il “no” a
qualsiasi ipotesi di scambio a margine
del patto del Nazareno le considera
scontate. Il suo ragionamento,
maturato ad Arcore durante la
giornata trascorsa tra avvocati e figli,
fa leva su una speranza. «Io tornerò in
gioco, sarò ancora una volta
candidabile, anche se nessuno
modificherà la legge Severino: sarà la
Corte di Strasburgo a darmi
giustizia». Che poi è il refrain con il
quale da tempo lo staff di legali,
soprattutto Nicolò Ghedini, lo sta
incoraggiando. «L’importante – ripete
– è che Renzi mi aiuti a riabilitarmi
attraverso le riforme».
Ma ci vorrà tempo, mesi, tanti. Ecco
perché Silvio Berlusconi non ha
alcuna fretta, non spera neanche che
Renzi vada alla deriva per tornare
magari al voto nei primi mesi del
2015. Tutt’altro. Il leader di Forza
Italia rientrerà a Roma oggi in tarda
mattinata, il terzo faccia a faccia con
il presidente del Consiglio è
confermato tra oggi e giovedì
mattina. «Dipende solo dall’agenda di
Palazzo Chigi», spiegano dallo staff
dell’ex Cavaliere. Può anche avvenire
in giornata (meno probabile) se Renzi
ritaglierà il tempo necessario, Denis
Verdini ha dato massima
disponibilità, è lui che tiene i contatti
e che ieri si è intrattenuto col
sottosegretario alla Presidenza Luca
Lotti per mettere a punto gli ultimi
ritocchi all’Italicum. Oggi a pranzo
intanto Berlusconi vedrà lui e Gianni
Letta, i due che con molta probabilità
lo seguiranno anche questa volta a
Palazzo Chigi. Con loro, con
Giovanni Toti, con i capigruppo
Paolo Romani e Renato
Brunetta metterà a punto la strategia,
ancora non del tutto definita. Perché
per esempio proprio il “trattativista”
Verdini vorrebbe imporre una sorta di
linea dura: concedere al Nuovo
centrodestra e agli altri piccoli in
trincea per la riduzione dello
sbarramento solo questa modifica (dal
4,5 al 4) e solo in alternativa le
preferenze (con capolista bloccato,
però). Non entrambi i ritocchi, dal
suo punto di vista sarebbe troppo. Ma
Berlusconi non ama i tecnicismi, gli
interessa trattare e concedere se
l’operazione consentirà di riportare in
un’alleanza di centrodestra le altre
forze, dai Fratelli d’Italia alla Lega
passando proprio per l’Ncd. A Renzi
tuttavia l’ex premier garantirà
soprattutto pieno sostegno per i
prossimi passaggi parlamentari della
riforma del Senato. Oltre che sulle
modifiche all’Italicum che saranno
concordate, norma che da lunedì 1
settembre, stando all’agenda del
segretario Pd, dovrebbe cominciare il
suo iter in commissione a Palazzo
Madama. «Il Paese ha bisogno di una
legge fortemente bipolare
e maggioritaria, non si possono
modificare le soglie al di fuori di
questo principio» avverte il
capogruppo di Forza Italia al Senato,
è il nostro datore di lavoro, non
possiamo dirti di più”. È l’effetto
Porcellum: chi è nominato dall’alto
non va contro il capo. Tecnicamente
il premier come può rispondere alla
vostra interrogazione? Può replicare
in via scritta, o delegare al suo posto
un sottosegretario. Oppure può venire
alla Camera e metterci la faccia,
dandoci così la possibilità di
rispondere in Parlamento e di aprire
una discussione. Ad esempio,
potremmo chiedergli se sui contenuti
del patto mente lui oppure ha mentito
Brunetta. Pensa che Renzi verrà a
rispondervi di persona? Mi pare
difficile: è abituato a scappare e a
rifugiarsi nel suo habitat naturale, le
televisioni, dove non gli fanno mai
domande vere. È molto diverso da
Enrico Letta, che invece si presentava
sempre a riferire in Parlamento.
L’abbiamo incalzato senza sosta, ma
lui la faccia ce la metteva sempre. Sel
e alcuni Democratici hanno invocato
la diffusione dei contenuti. Sperate in
un sostegno alla vostra
interrogazione? La condivisione da
parte di altri partiti aiuterebbe. Ma
non so quanti avranno il coraggio di
sottoscriverla.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/
2014.
Paolo Romani, con un messaggio
destinato per intero ai big del Nuovo
centrodestra.
Nell’incontro delle prossime ore (o
dei prossimi giorni) Berlusconi non si
attende che Renzi apra il dossier
economico. Perché su quel fronte il
premier non prende nemmeno in
considerazione l’ipotesi del «soccorso
azzurro». Anche lì, il leader di Forza
Italia spiega ai suoi che resterà in riva
al fiume. «Spetta a Renzi il primo
passo, non saremo noi a offrirci — è
la strategia che in questi giorni ha
dettato da Arcore — Se la situazione
si fa assai complicata, se c’è bisogno
di noi, non saremo un’opposizione
irresponsabile. Voglio vedere che
succede, se in autunno c’è il rischio di
un intervento della Trojka». Forza
Italia insomma non si tira indietro. E
in effetti quel che fanno ripetendo gli
esponenti di punta del partito
conferma la linea dell’opposizione
«responsabile ». Ieri sera Maria Stella
Gelmini, intervenendo a proposito del
pasticcio della cosiddetta “quota 96”
si sbilanciava in favore
dell’esecutivo: «Spiace per gli
insegnanti, ma il governo ha agito
correttamente. Il bilancio dello Stato
non cambia col cambio delle
maggioranze, le risorse sono scarse e
i conti vanno salvaguardati». Due
giorni fa l’ex ministro si era spinto
fino a parlare della disponibilità
forzista a dare una mano per «misure
shock per l’economia». Ieri è stata la
volta del capogruppo Romani a
Tgcom 24: «La nostra posizione è
quella che se ci sarà bisogno di noi
per l’interesse del Paese, noi ci
saremo».
Da La Repubblica del 05/08/2014.
“TIRATE
continued from page 6
ballottaggio il capo di Forza Italia
non andò a sostenere il suo candidato,
Giovanni Galli. Il patto del Nazareno
è nato in quei giorni, nel 2009. Da lì
si passa alla visita di Renzi ad Arcore
e poi all’affossamento di Prodi. La
sua elezione al Quirinale avrebbe
distrutto l’inciucio con Berlusconi. In
Parlamento vi capiterà di parlare con i
deputati di Forza Italia. Loro cosa vi
raccontano del patto? Va premesso
che ormai i deputati di Fi alla Camera
non vengono quasi più, perché il
partito è spaccato, abbandonato a se
stesso da Berlusconi. Ho chiesto a
molti di loro dell’accordo con Renzi,
e soprattutto se tocca il tema
giustizia. Mi hanno risposto con
risatine e alzate di spalle: “Berlusconi
SI TENGONO
L’IMMUNITÀ
(Wanda Marra).
by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014
(il Chiosco)
A P A LTENGONO
A Z Z O M page
A D A8M A L A
Submitted at 8/5/2014 1:09:20 AM
RELATRICE FINOCCHIARO
8
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Guapparia (Marco Travaglio).
by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014
(il Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 12:06:17 AM
Pur con i metodi spicci che abbiamo
descritto, Renzi ha stravinto in pochi
giorni la prima battaglia contro
l’opposizione sulla cosiddetta riforma
del Senato. Ora, per vincere la guerra,
deve sperare che la sua legge
costituzionale passi senza modifiche
alla Camera e poi, dopo tre mesi di
pausa, di nuovo al Senato e alla
Camera. Dopodiché, se non avrà
raggiunto i due terzi, i cittadini
voteranno nel referendum
confermativo (che non è, come
credono lui e la Boschi, una gentile
concessione del governo, ma un
diritto previsto da quel che resta della
Costituzione). La “riforma” – stando
ai sondaggi – interessa non al 40,8%,
ma al 3% degli italiani e in venti
giorni ha raccolto il No di 210mila
amici del Fatto. Ma, come si dice,
contento lui… In politica però non
basta vincere. Bisogna saper vincere,
impresa ancor più ardua del saper
perdere. E Renzi, con l’intervista di
ieri a Repubblica, dimostra di non
saper vincere.
Anziché
riconoscere
cavallerescamente l’onore delle armi
ai suoi avversari, fra i quali militano
alcuni fra i migliori intellettuali e
costituzionalisti, ha seguitato a
insultarli con un linguaggio
guappesco a metà strada fra il bar
sport e la curva sud (“gufi professori,
gufi brontoloni, gufi indovini”). E
pure minaccioso: “Parte
dell’establishment che non sopporta il
mio stile. Ma verrà il giorno in cui si
potrà finalmente parlare delle
responsabilità delle élite culturali
nella crisi italiana: professori,
editorialisti, opinionisti”. Stile? Quale
stile? E cosa gli impedisce oggi di
denunciare le responsabilità delle
élite culturali, visto che le
insolentisce da mesi a ogni pallida
critica. Il bello è che il bullo si
dipinge come un premier assediato,
solo contro tutti, mentre è il più
omaggiato e leccato dai poteri forti e
dalla stampa al seguito che si sia mai
visto: nemmeno il suo socio B. aveva
goduto di consensi così oceanici
nell’Italia che conta, oltreché in
Parlamento. Il sopravvivere di alcuni
pensatori critici è un’anomalia solo
per il fatto che essi siano così pochi.
Le responsabilità dell’intellighenzia
nella crisi italiana esistono, e sono
gravi, ma esattamente opposte a
quelle indicate da lui: il guaio in Italia
non è l’eccesso, ma il deficit di
controcultura rispetto al potere. Il
fatto che non lo capisca o finga di non
capirlo è allarmante, perché la
democrazia è anzitutto rispetto e
tutela delle minoranze. Che significa
“verrà il giorno”? Cosa intende fare
quel giorno ai dissenzienti? Fustigarli
sulla pubblica piazza? Metterli alla
gogna? Ripristinare l’Indice dei libri
proibiti? La Guapparia alla fiorentina
dilaga per li rami dal Capo ai suoi
sottopancia, con episodi di bullismo
ancor più tragicomici dei suoi. L’altro
giorno Benedetta Tobagi ha osato
aderire all’appello del Fatto contro la
svolta autoritaria. E subito tal
Lorenza Bonaccorsi, membro della
Vigilanza per il Pd, le ha inviato un
pizzino degno di Gasparri: “La
consigliera trova il tempo di attaccare
la maggioranza di governo, anziché
voleva” l’immunità. Ma in realtà le
modifiche introdotte dalla
Commissione al ddl governativo
erano state concordate tutte con
Palazzo Chigi e con lo stesso premier.
Una questione non centrale,
derubricavano dall’esecutivo,
soggetta a cambiamenti in caso di
accordi tra tutti, suggerivano. La
modifica dell’immunità era stata
anche messa sul piatto di una
trattativa con le opposizioni, che in
realtà non è mai stata davvero tale.
Né su questo punto, né su altri.
Difficile che si vada incontro alle loro
richieste sulla platea che deve
eleggere l’inquilino del Colle. Mentre
sull’Italicum qualsiasi cosa deve
essere prima mediata con Berlusconi
(che fa resistenza sull’abbassamento
delle soglie, voluto da Sel).
Esemplare, dunque, la discussione in
Aula di ieri. Di “una soluzione
equilibrata e ragionevole”, ha parlato
la senatrice Finocchiaro a proposito
dello scudo, sottolineando che “il pari
trattamento di deputati e senatori” è
un principio al quale “i relatori
tengono moltissimo”. E poi,
un’apertura quanto meno futuribile:
“Nulla vieta che in fase di modifica
regolamentare il Parlamento possa
tornare sulla questione”. Il dibattito
era stato complesso e articolato.
Felice Casson, tra i firmatari di un
emendamento per togliere lo scudo
non solo ai senatori, ma pure ai
deputati: “Sono sorpreso perché in
questi ultimi giorni abbiamo letto, un
po’ su tutti i giornali, che c’era una
sorta di apertura, da parte del
Governo, per ragionare insieme al
Senato su come modificare queste
norme costituzionali”. proprio
“perché cozzano pesantemente contro
il principio di uguaglianza di tutti
cittadini davanti alla leggeNoi
proponiamo di abolire questi due
commi, indifferentemente per la
Camera e per il Senato”. Sulla stessa
linea Vannino Chiti. E Casson aveva
presentato anche un emendamento
per permettere al nuovo Senato di
intervenire sui conflitti di interesse.
Bocciato anche quello. Ancora
Casson: “Questo mi dà quasi il senso
e il timore che effettivamente, sul
ruolo del parlamentare, non si accetti
alcun controllo e nessuna verifica di
carattere costituzionale e si voglia
trasformare l’immunità in impunità”.
Al di là di qualche intervento
occuparsi di quanto accade in Rai.
Altro che aderire a campagne
politiche di parte che nulla hanno a
che vedere col ruolo affidatole dal
Parlamento”. Capito il messaggio?
Cara Tobagi, siccome il Pd ti ha
messa nel Cda, smetti di pensare con
la tua testa e pensa invece a turibolare
il partito e il governo come tutti gli
altri. Miglior conferma della svolta
autoritaria non poteva arrivare.
Intanto Sabina Guzzanti anticipava il
suo film La Trattativa, in programma
al Festival del Cinema di Venezia.
Nuovo pizzino pidino, firmato dalla
stessa Bonaccorsi e dai suoi sodali
Gelli (ma sì), Magorno, Oliverio e
Anzaldi (quello che protestò perché
Virginia Raffaele osava imitare
Monna Boschi). “Il film della
Guzzanti appare decisamente
irrispettoso del simbolo della
Repubblica, con al centro un uomo
con coppola e lupara: un modo per
accomunare l’intero Paese alla cupola
mafiosa che offende e appare
decisamente fuori luogo”. Se Renzi
non richiama subito i rottweiler,
qualcuno si chiederà: a quando il
ripristino del Minculpop? Ma poi si
morderà la lingua, perché al
confronto di questi bulletti il
Minculpop era roba seria.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/
2014.
TENGONO
continued from page 7
DIFENDE LO SCUDO IL
MINISTRO BOSCHI (CHE AVEVA
DETTO
DI
VOLERLO
TOGLIERLO) NON FIATA.
I nuovi senatori saranno coperti
dall’immunità. Dopo tanti balletti,
tante polemiche, tante aperture
ambigue da parte del governo, ieri
Palazzo Madama ha votato. E ha
respinto tutti gli emendamenti che
chiedevano di cancellare o di
riformulare lo scudo. Assenti i
Cinque Stelle, che non stanno più
partecipando ai lavori. Favorevole
anche Forza Italia. Fine dei giochi. E
c’è da scommettere che alla Camera
non saranno riaperti. Il governo
(come i relatori) si è rimesso all’Aula
sugli emendamenti: nessuna
posizione ufficiale, che però viene
lasciata esprimere alla relatrice Anna
Finocchiaro (e a Zanda) che
difendono con forza il testo uscito
dalla Commissione. Quello nel quale,
appunto, lo scudo veniva reintrodotto.
Una dinamica che rispecchia il modo
in cui è stata affrontata tutta la
questione: quando all’inizio era
venuta fuori, il ministro delle
Riforme, Maria Elena Boschi, aveva
dichiarato che “il governo non
accorato, in realtà, il dibattito a
Palazzo Madama va avanti liscio.
Disinnescato l’ostruzionismo, tra
canguri e accortezze regolamentari
(come la negazione di voti segreti),
ieri l’Aula ha approvato rapidamente
e senza difficoltà, anche grazie ai
pochi interventi, gli articoli da 3 a 9
del ddl Boschi, ossia l’abolizione dei
senatori a vita, il divieto di vincolo di
mandato, la durata della Camera, i
regolamenti. E soprattutto,
l’abolizione delle indennità per il
nuovo senato. Renzi non nasconde la
soddisfazione e rilancia un tweet del
responsabile comunicazione del Pd,
Francesco Nicodemo. “Non ci
saranno più senatori a vita. Abolite le
indennità. Le cose stanno davvero
cambiando, è #lavoltabuona”, si
legge. Ma sull’immunità, niente di
ufficiale.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/
2014.
FeedJournal
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Torna lo spettro recessione crescita zero
nelle stime Istat Sul deficit si riapre il
fronte Ue (VALENTINA CONTE).
by La Repubblica 5/8/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 12:58:03 AM
Domani i numeri sul Pil 2014: si
prevede tra – 0,1 e +0,1% Sempre più
lontano il pareggio strutturale chiesto
da Bruxelles.
ROMA – L’Italia di nuovo in
recessione? Possibile. Lo sapremo
domani alle 11. Quando l’Istat
comunicherà la variazione del Pil nel
secondo trimestre dell’anno. Se dopo
il – 0,1% dei primi tre mesi arriverà
un altro – 0,1%, sarà recessione
tecnica. Due segni negativi in due
periodi consecutivi. Non si scappa. Il
governo lo teme. Al punto da aver
ristretto la forchetta anticipata
dall’Istituto di statistica a fine giugno.
L’Istat prevedeva allora un Prodotto
interno lordo oscillante tra – 0,1% e
+0,3%: quasi inferno e promessa di
paradiso. Intervallo ora compresso,
nelle valutazioni dello staff
economico di Palazzo Chigi, tra -0,1
e +0,1%. Parlare di decimali, di zero
virgola, certo non fa una grande
differenza per il Paese reale fermo.
Per chi cerca e non trova lavoro. Per
le famiglie che stentano a quadrare i
conti, bonus o non bonus. Ma per il
governo Renzi sì.
E non solo per una questione di
comunicazione: i titoli sulla
recessione da spiegare, gli italiani da
tranquillizzare. Ma per una strategia
di politica economica tutta da
reimpostare, con variazioni
importanti da apportare entro
settembre al Def, il Documento di
economia e finanza, laddove il Pil per
quest’anno è dato a +0,8%. E forse
con una manovra correttiva da
mettere in pista, non più esclusa
nemmeno dallo stesso Renzi che,
nell’intervista di ieri a Repubblica ,
assicurava che «in ogni caso non
toccheremo le tasse». D’altro canto
un secondo segno meno per il Pil non
è certo un bel lasciapassare con
l’Europa. Il premier è certo che
«resteremo sotto il 3%» nel rapporto
tra deficit e Pil (quest’anno il Def lo
fotografa al 2,6%). Ma per Bruxelles
potrebbe non bastare.
In prospettiva, camminare sul filo
significa far saltare nei prossimi
due anni il rispetto del pareggio di
bilancio strutturale corretto per il
ciclo economico (0,6% è il livello
inserito nel programma di
convergenza spedito alla Ue). E
soprattutto del fiscal compact, le
rigide regole di riduzione del debito
pubblico, inserite in Costituzione.
Con un semestre di Pil sotto zero e
con pochissime possibilità di ribaltare
la situazione nella seconda metà
dell’anno, le richieste di deroghe e
flessibilità extra che il governo si
preparava a fare all’Europa della
Merkel, durante il semestre di
presidenza italiano, in virtù dei
compiti fatti a casa, rischia di
trasformarsi in una domanda di sconti
perché il Paese non ce la fa. E torna
ad essere la Cenerentola dell’Europa,
visto che la Spagna ha innescato il
turbo della crescita (sopra l’1%) e
persino dalla Grecia trapelano segnali
positivi. È vero, non siamo al tracollo
del Pil come negli anni bui della crisi
post 2007. E neanche al livello del
2012 (-2,4%) e 2013 (-1,9%). Ma i
decimali ora contano più che mai.
Per trattare in Europa, ma anche sul
fronte interno. Se la crescita viene
ridotta dallo 0,8% allo 0,3%,
modificando il Def, il deficit sale da
2,6 a 2,8%. Un filo sotto il tetto e
addio sconti sul cofinanziamento dei
fondi europei. Addio risorse in più
per bonus e investimenti facendo
lievitare il deficit. Tanto questo si
alzerà da solo, perché il Pil scende.
Ma anche il quadro politico ne
risentirà. Inevitabile. Conti non più in
sicurezza, l’Italia di nuovo
vulnerabile. E qualcuno, anche nella
maggioranza, potrebbe cogliere
l’occasione per trarne vantaggi.
Attaccando la politica degli annunci
del governo. I pasticci dei decreti
scritti e riscritti. E il fronte europeo
che torna caldo. Che sia recessione o
stagnazione il tema è già priorità, se
non urgenza, sul tavolo del governo.
A prescindere da cosa dirà domani
l’Istat.
Da La Repubblica del 05/08/2014.
DUE
continued from page 9
britannico, il premier Cameron ha
detto che la Gran Bretagna rivedrà
tutte le licenze di esportazione di armi
a Israele. E dure parole sono arrivate
perfino da un alleato stretto di Israele,
il ministro degli Esteri francese
Fabius: «Il diritto alla sicurezza non
giustifica il massacro di civili e di
bambini».
Da La Repubblica del 05/08/2014.
Due attentati in poche ore a Gerusalemme torna
l’incubo del terrorismo (VANNA
VANNUCCINI).
by La Repubblica 5/8/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 8/5/2014 1:29:47 AM
Una ruspa travolge un passante nel
quartiere degli ortodossi Raid sui
civili in fuga nella Striscia. Ma si
torna a parlare di tregua.
GERUSALEMME
– È
SUCCESSO a pochi metri da una
strada di grande traffico che delimita
il (non più esistente) confine tra
Gerusalemme ovest da Gerusalemme
est, all’incrocio con Schmuel Hanavi,
un quartiere povero abitato per lo più
da ebrei ortodossi. Un poliziotto, poi
aiutato da un altro che passava per
caso di lì, ha sparato al conducente
della scavatrice e lo ha ucciso.
Quattro persone, tra cui l’autista del
bus, sono rimaste leggermente ferite.
«Grazie alla prontezza dell’agente è
stata evitata una tragedia», ha detto
il capo della polizia. Sul posto sono
accorsi immediatamente migliaia di
haredim. Tre metri più in là giaceva il
corpo del 31enne Mohammed Neyaf
Jaavis, già noto alla polizia per
precedenti penali.
Una mano scura fuoriusciva dal telo
che ricopriva il corpo. Tra gli
haredim, una ragazzina spaventata:
«Quell’uomo cercava di ammazzare
tanti ebrei, ma nel bus c’era solo
l’autista ed era arabo».
Un’ora dopo l’altro episodio. Vicino
all’Università ebraica a Monte
Scopus un uomo con una maglietta
nera si è avvicinato a un soldato che
presidiava il luogo dove gli studenti
fanno l’autostop e gli ha sparato al
petto per poi dileguarsi a bordo di una
moto. Un poliziotto di guarda gli ha
sparato, ma senza raggiungerlo.
Immediatamente è cominciata una
caccia all’uomo con grande dispiego
di macchine sfreccianti, sirene,
blocchi stradali e poliziotti in tenuta
d’assalto, che si è concentrata in due
quartieri di Gerusalemme Est, Jabel
Mukaber e Wadi Joz: nel primo
viveva Jaavis, nel secondo è stata
vista eclissarsi la moto fuggita da
Monte Scopus.
Erano passati sei anni dagli ultimi
episodi di terrorismo a Gerusalemme:
nel 2008 un bulldozer guidato da un
palestinese si era schiantato contro un
bus su Jaffa Street facendo tre morti e
un altro pochi giorni dopo aveva
investito cinque macchine ferendo
una ventina di persone. La città da
allora era rimasta calma, anche se a
Gerusalemme Est la tensione era
ricominciata dopo che il sedicenne
Mohammed Abu Khdeir era stato
bruciato vivo da tre estremisti ed è
diventata sempre più percettibile da
quando ogni sera la gente vede (sulle
tv arabe, non su quella israeliana che
le censura) le immagini della
distruzione di Gaza. «Inonderemo
Gerusalemme di polizia», ha
promesso il capo della polizia Yossi
Parienti. «Stiamo aumentano le nostre
forze e restituiremo la sicurezza alla
città».
Ma la guerra a Gaza continua,
benché in serata, secondo Haaretz ,
Israele abbia accettato la proposta
egiziana per un cessate- il-fuoco di 72
ore. Un portavoce militare israeliano
ieri ha ribadito che l’operazione di
distruzione dei tunnel è quasi
completata, ma che la campagna
contro Hamas prosegue. Una
bambina di 8 anni è stata uccisa e 15
persone ferite a Gaza City. Human
Rights Watch ha accusato l’esercito
israeliano di aver ucciso civili in fuga
da Khouza verso Khan Younis, in
totale violazione del diritto
internazionale. In un altro
bombardamento mirato è stato ucciso
un comandante della Jihad islamica,
Daniel Mansour. Dopo l’uccisione a
Gaza di un operatore umanitario
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La decimazione degli statali (Tito Boeri).