www.ilchioscodifrancescoimpala.wordpress.com N.101 - 5 agosto 2014 FeedJournal - 8/5/2014 feedjournal.com La decimazione degli statali (Tito Boeri). by La Repubblica 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 12:28:26 AM NEGLI ultimi 5 anni il pubblico impiego ha perso circa 260.000 dipendenti, un calo del 7%, quasi il doppio di quello registrato in questo periodo per il totale degli occupati in Italia. Negli enti previdenziali pubblici e nelle amministrazioni centrali dello Stato la riduzione è stata, rispettivamente, del 15 e del 10 per cento. Sono principalmente gli effetti del blocco del turnover nella pubblica amministrazione rinnovato a più riprese in questi anni. CI SI aspetterebbe che, a fronte di una così forte riduzione del numero di dipendenti pubblici, si siano registrate consistenti riduzioni della spesa pubblica, soprattutto della spesa corrente, destinata in gran parte proprio a pagare gli stipendi nella pubblica amministrazione. Eppure non è così: la spesa corrente in questi anni ha soltanto rallentato il suo cammino trionfale. I tagli veri, addirittura in termini nominali, hanno interessato solo la spesa in conto capitale, quella cui non dovremmo mai rinunciare se non vogliamo rinunciare al nostro futuro. La spesa corrente non è diminuita perché gli stipendi pubblici in meno si sono trasformati in pensioni in più da pagare, sempre a carico del contribuente. Inoltre, se il numero di stipendi è diminuito, in molte amministrazioni ne è aumentato l’importo medio in virtù di promozioni e scatti d’anzianità (è il caso di magistrati e docenti). I politici che si sono cimentati con il compito di ottenere risparmi nel pubblico impiego in questi anni hanno tutti ragionato a compartimenti stagni, come se spingere qualcuno verso la pensione e avere uno stipendio in meno a carico volesse dire risparmiare. Ma se chi esce dal pubblico impiego riceve, oltre al Tfr, una pensione per 30 anni, calcolata ancora in gran parte con il generoso sistema retributivo, il risparmio per le casse pubbliche è solo virtuale. Quello stipendio si trasformerà in trasferimento più o meno della stessa entità. E siccome è immaginabile che l’ex lavoratore, prima di andare in pensione, avesse una produttività superiore allo zero, (anche i celebri fanigottoni non sono mai completamenti inattivi), avremo, da una parte, una persona che è sempre a carico della collettività e che per lo più viene pagata proprio per non fare nulla, e, dall’altra, l’amministrazione pubblica presso cui il dipendente operava che magari assume un lavoratore, con un contratto temporaneo, per coprire le mansioni svolte in passato da chi è andato in pensione. Se mettiamo insieme il magro stipendio del lavoratore temporaneo e la pensione dell’ex dipendente pubblico (che spesso arriva fino all’80% dell’ultimo salario), la spesa a carico dello Stato può risultare addirittura più alta di prima. Un altro vizio di fondo nella gestione del nostro pubblico impiego è quello di non preoccuparsi minimamente dell’esempio che si offre al settore privato. Da sempre e a dispetto di qualsiasi affermazione di principio sulla necessità di assimilare al privato i contratti nel pubblico impiego, si concedono al datore di lavoro Stato condizioni di favore rispetto al privato. I famigerati co.co.co., contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ad esempio, continuano a esistere solo nel pubblico impiego, quando nel privato sono stati soppiantati dai contratti a progetto. Per quanto la differenza tra co.co.co. e co.co.pro spesso sia più di forma che di sostanza, non si vede in base a quale principio il datore di lavoro pubblico debba poter far ciò che non viene concesso a chi crea lavoro (e entrate fiscali) nel privato, anziché essere a carico del contribuente. In altre parole, il pubblico si comporta come un datore di lavoro privato quando non dovrebbe affatto comportarsi come tale e si rifiuta di agire come un imprenditore privato quando sarebbe giusto farlo. A differenza di un’impresa privata, dovrebbe preoccuparsi se manda lavoratori in pensione perché le quiescenze graveranno pur sempre sul suo bilancio. E dovrebbe sempre evitare di concedersi deroghe a norme che invece impone, per buoni motivi, ai datori di lavoro privati. Purtroppo la legge delega sulla riforma della Pubblica amministrazione su cui il governo ha ottenuto la fiducia della Camera la scorsa settimana e che approderà in Senato a fine agosto, sembra seguire la stessa logica. È stata definita rivoluzione copernicana forse perché punta tutto su una rotazione, quella dei lavoratori al tramonto, ormai prossimi alla pensione. I relatori della maggioranza sostengono che questo ricambio generazionale è fonte di risparmi, ma vengono smentiti dalla relazione tecnica alla riforma. La legge votata dalla Camera reintroduce per alcune categorie di dipendenti pubblici, che non hanno nulla a che vedere con gli esodati del privato, quota 96 e la possibilità di andare in pensione prima di 62 anni senza alcuna riduzione dell’assegno pensionistico rispetto a chi va in pensione dai 65 anni in su. Permette a insegnanti che erano andati in pensione optando per il metodo contributivo di vedersi riconosciuta la ben più ricca pensione retributiva. Sono tutte opzioni e trattamenti negati ai lavoratori e ai datori di lavoro del settore privato che in questi anni hanno dovuto gestire esuberi di più di un milione di lavoratori non potendo, come in passato, ricorrere ai prepensionamenti. Per fortuna il governo ieri è tornato sui suoi passi presentando emendamenti soppressivi dopo il parere negativo della Ragioneria. Ma non è solo una questione di coperture. Con che faccia potrebbe oggi il datore di lavoro pubblico presentarsi al cospetto di esodati e imprenditori privati, trattandoli tutto sommato come categorie di serie B? Il bello è che queste operazioni, che ci riportano indietro a prima della riforma Fornero (con la benedizione convinta di Cesare Damiano, autore di un’altra celebre controriforma delle pensioni), vengono presentate come un modo di fare spazio ai giovani. Ma aumentando la spesa pubblica, dunque le tasse, si finisce solo per ridurre le opportunità di lavoro per i giovani. Certo la riforma punta a parole (come le leggi già in vigore) anche sulla mobilità dei dipendenti pubblici tra un’amministrazione e l’altra. Ma non si pone un interrogativo molto semplice: perché nel settore pubblico la mobilità volontaria procede in direzione opposta che nel settore privato? Perché la migrazione del privato è dalle aree ad alta disoccupazione del nostro Mezzogiorno verso le regioni del centro-Nord, mentre sono tantissimi i dipendenti pubblici che chiedono di essere trasferiti nelle regioni meridionali? Forse questo avviene perché lo stesso salario vale molto di più al Sud. Un insegnante di scuola elementare a Ragusa, ad esempio, ha uno stipendio che gli assicura un potere d’acquisto di almeno un terzo superiore rispetto a quello di un insegnante di Milano. Questo avviene, seppur in forma più contenuta, anche nel settore privato, dove però c’è un’alta probabilità di perdere lavoro. Il fatto che la competizione per trovare un altro impiego sia più alta al Sud che al Nord, perché ci sono più disoccupati e meno posti vacanti, è un problema per un dipendente privato, non per un impiegato pubblico che confida, a ragione, di non venire mai licenziato. Finché il datore di lavoro pubblico non si darà strumenti per differenziare maggiormente le retribuzioni in base al costo della vita e per premiare le amministrazioni (più che i singoli) più efficienti al Sud tanto quanto al Nord, non ci saranno risparmi nel pubblico impiego e, soprattutto, non ci saranno miglioramenti nella qualità dei servizi offerti ai cittadini. Ma di salari e retribuzioni in questa interminabile legge delega (che darà luogo a ben 8 decreti delegati) proprio non c’è traccia. I nostri ministri, forse perché sono essi stessi soggetti ad un alto tasso di turnover, continuano a credere nelle virtù taumaturgiche del turnover nella Pa. Non si preoccupano di motivare la gran massa di dipendenti, a partire dai nuovi entrati, coloro che sono destinati a lavorare a lungo, forse a vita, nella pubblica amministrazione. Perché i nuovi dovrebbero comportarsi diversamente da coloro che si vuole “rottamare” se gli incentivi sono gli stessi di prima? Il ricambio generazionale può servire solo se accompagnato a nuove regole retributive che cancellino definitivamente ogni automatismo negli avanzamenti retributivi e rimuovano l’egualitarismo di facciata, quello che permette divari stridenti nel potere d’acquisto fra diverse parti del paese per chi ha le stesse qualifiche e svolge le stesse mansioni. Per cambiare queste regole, il datore di lavoro pubblico dovrà, come giusto, contrattare con il sindacato. Può fare leva su un argomento molto forte: è un paradosso che il principio dello “stesso lavoro=stesso stipendio” venga disatteso in modo così palese proprio dove il sindacato è più forte. Da La Repubblica del 05/08/2014. 2 FeedJournal B. E RENZI COPRONO IL PATTO E C’È ANCHE LA GIUSTIZIA (Fabrizio d’Esposito). by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 12:49:14 AM IL PREMIER IN UN’INTERVISTA A “REPUBBLICA” NEGA L’ESISTENZA DI UN TESTO SCRITTO. BERLUSCONI SUL “GIORNALE”: “È BASTATA UNA STRETTA DI MANO”. Una sincronia perfetta, da due vecchi amici. Il primo, Matteo Renzi, con un’intervista sul suo house organ ufficiale, Repubblica (a parte l’eccezione del Fondatore). Il secondo, Silvio Berlusconi, con una frase a lui attribuita sul Giornale di Famiglia. Tutto torna. Argomento: l’oscuro patto del Nazareno. Il premier Spregiudicato smentisce con una buona dose di ambiguità: “Patto scritto? Certo”. Finta suspense. E poi: “C’è dentro quello che legge negli atti parlamentari sulle riforme”. Renzi si difende così da voci, indiscrezioni, sospetti, rivelazioni autorevoli: “Ma vi pare che io firmi una cosa con Berlusconi e la metta in un cassetto? Questa è la tipica cultura del sospetto di una parte della sinistra. Io ho declassificato il segreto di Stato per le stragi di questo Paese, e vado a nascondere un patto di questo di questo tipo?”. Viene in mente la battuta di Stefano Rodotà del giugno scorso: “Renzi tolga il segreto di Stato dal patto del Nazareno”. Ma la propaganda renziana, la cui suprema specialità è la dissimulazione (do you remember “Enrico stai sereno”?), deve rassicurare tutti, non solo l’ex Cavaliere. E così per sedare i mal di pancia interni del Pd promette: “Niente scambi nel patto, mai più leggi ad personam, non toccheremo la Severino per salvare B.”. Dissimulazione e opacità due smentite uguali Dalla dissimulazione all’opacità, tratto decisivo e atavico del berlusconismo. Nello stesso giorno in cui Renzi “copre” il patto, l’ex premier Condannato affida al suo Giornale questa frase ufficiosa: “Ma ti pare che uno va dal notaio e mette nero su bianco che il tal accordo prevede la tale contropartita. Che ne so, che si farà la riforma istituzionale e della legge elettorale ma pure quella della giustizia e che magari si voterà insieme il prossimo presidente della Repubblica, uno scenario così lontano che neanche un pollo. Basta una stretta di mano”. Due smentite praticamente uguali e che vanno nella stessa direzione: non esistono testi scritti. L’incubo del renzusconismo è questo: che prima o poi vengano fuori condizioni e clausole sull’accordo sottoscritto nel gennaio scorso al Nazareno, nella sede nazionale del Pd a Roma, in pieno centro. Un colloquio in cui, a un certo punto, i due allontanarono i “secondi” (Lorenzo Guerini per Renzi, Gianni Letta per B.), e rimasero da soli per sette minuti. Dissimulazione e opacità, appunto. Un inciucio da brividi. L’euforia del Condannato e la sua resurrezione La prova regina di questo gioco delle parti tra lo Spregiudicato giovane e il Pregiudicato anziano è nella reazione euforica di quest’ultimo alla lettura di Repubblica. Nemmeno quel titolone ingannevole, “Mai una legge salvaBerlusconi”, è riuscito a scuoterlo e a insinuare velenosi dubbi. Nulla di tutto ciò. Di buon mattino, ieri ad Arcore, Berlusconi ha centellinato ogni passaggio renziano abbassando sovente il capo in segno di assenso raggiante. Di qui la direttiva impartita tramite Giovanni Toti: “Nessuno attacchi Renzi, quelle frasi sulla Severino servono a tenere buoni i suoi e l’opinione pubblica di sinistra”. Più chiaro di così. Del resto il Condannato è in una posizione ideale: ha blindato il patto segreto e coperto (“Renzi non cambierà nulla senza interpellarmi”) e allo stesso tempo si gode il cupo spettacolo del premier sempre più in difficoltà sull’economia. È risuscitato completamente, come ha osservato Lucia Annunziata, direttore della versione online italiana dell’Huffington Post:“Ci assicura, il premier, mai più una legge ad personam per Berlusconi, ma è difficile immaginare una legge più ad personam dell’aver reso il Cavaliere un padre rifondatore della patria, mentre le opposizioni vengono additate al pubblico ludibrio”. A proposito di opposizione: stamattina il Movimento 5 Stelle depositerà alla Camera dei deputati una lunga interrogazione al presidente del Consiglio sul testo scritto e segreto del patto del Nazareno. A firmarla due nomi grillini di peso: Luigi Di Maio, che è anche vicepresidente di Montecitorio, e Alessandro Di Battista. Il nuovo vertice tra oggi e domani Il documento è articolato ed entra nel merito di un altro punto dell’intesa Bierre (copyright Rino Formica): la giustizia. Con perfetto tempismo, sempre ieri, il guardasigilli Orlando ha rinnovato l’impegno a farla con una “stretta sulle intercettazioni” e la fatidica responsabilità civile dei magistrati, due questioni che stanno molto a cuore all’ex Cavaliere. Non solo. La chiave della sua possibile salvezza non risiede in apposite leggi ma nel futuro capo dello Stato, altra lacuna dell’intervista di ieri al premier. Di tutto questo Renzi e B. parleranno da vicino, nel loro terzo incontro. Potrebbe essere già stasera oppure domani. Cambieranno nome alla legge elettorale, dall’Italicum al Toscanum con nuove soglie e un po’ di preferenze. Il patto del Nazareno è più forte che mai. Finanche “brutale”, per ammissione di uno testimoni, il renziano Guerini. Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/ 2014. Quando eravamo giovani (Giuseppe Civati) by www.ciwati.it (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 5:28:22 AM Ci battevamo per i collegi uninominali e per la libera scelta degli elettori. E per governi che fossero gli elettori a scegliere. Ci dichiaravamo campioni della trasparenza. Della necessità di una legge sul conflitto d’interessi. Inorridivamo per le leggi ad personam(e ad personas, perché poi le hanno fatte plurime). Chiedevamo la democrazia dal basso, la rappresentanza, la leggibilità delle decisioni politiche. Quando eravamo giovani, volevamo scelte nette, pulite, chiare. Prendevamo le distanze da tutti gli inciucisti, veri o presunti (perché a volte era quasi un vezzo, quello dell’inciucio). Rileggevamo Foucault e quella cosa del dire-il-vero e del parresiasta e ci vantavamo dello stile da non perdere, di non dire le bugie, di non fare facile propaganda. Non ci piaceva la strumentalità, l’azzardo, la furbizia, ci piaceva essere così, a costo di passare per pirla. Chiedevamo un rinnovamento profondo, non solo a parole, delle strutture stesse della politica e della società. Non ci bastavano i giri di parole (tipo: unioni civili alla tedesca invece di matrimoni egualitari), ci piaceva sondare campi quasi inesplorati (tipo: legalizzazione delle droghe leggere), chiedevamo alla politica di battersi ferocemente contro l’illegalità, la mafia, le clientele, i mamozi, i mammasantissima, i paradisifiscali, i falsiinbilancio, le volgarità del potere. Diffidavamo dei centristi che in realtà erano destri, chiedevamo scelte di progresso, pensavamo che tutto dovesse essere sostenuto dal consenso informato dei cittadini. Ora, non lo so, ma forse qualcuno è invecchiato precocemente, anzi, in modo rivoluzionario. O, forse, più probabilmente, è invecchiato, in modo (contro)rivoluzionario, tutto quello che leggete qui sopra. Che per me è l’unica cosa che conta, invece. FeedJournal 3 E tutto il mondo fuori [parte terza - 05/08/2014] (spinoza.it) by www.spinoza.it (il Chiosco) Israele si ritira. Eppure a rimpicciolirsi è la Palestina. Il governo israeliano dichiara il “ritiro unilaterale”. Spiritosi. Bambina palestinese uccisa 6 minuti dopo l’inizio della tregua.“Ok ragazzi, sincronizziamo gli orologi”. Israele uccide una bimba subito dopo aver dichiarato il cessate il fuoco.“Giuro che è l’ultima”. La tregua voluta dagli israeliani dura solo 6 minuti. La versione completa è a pagamento. L’Onu:“400 mila bambini hanno bisogno di sostegno psicologico per i traumi della guerra”. E pensate che sono quelli fortunati. John Kerry spiato dal Mossad. Questa invasione nella privacy dei dipendenti è veramente fastidiosa. Ucciso il capo dell’intelligence della Jihad islamica a Gaza. Era là in vacanza. *** Berlusconi non vuole Prodi al Quirinale. Per questo chiede aiuto al Pd. Renzi e Berlusconi si sono accordati per tenere Prodi fuori dal Quirinale, ma il patto doveva rimanere segreto. Come l’altra volta. “Non c’è nessun accordo segreto con Berlusconi” ha dichiarato Renzi mostrando l’accordo con Berlusconi. Riforma del Senato, respinti tremila emendamenti della Lega. Avevano mandato in tilt il correttore automatico. Anna Finocchiaro spinge per il mantenimento dell’immunità. Abolendola che esempio darebbero al paese? Berlusconi esclude l’appoggio esterno a Renzi. Però ha chiesto di vedere la Boschi. Riaperto il fascicolo sulla morte di Pantani. Potrebbero revocargliela. L’inchiesta sulla morte di Pantani era stata archiviata come “Suicidio involontario”. Quindi gli inquirenti avevano le idee già chiare all’epoca. Il Papa:“Davanti ai poveri non ci si gira dall’altra parte”. Devono capire chi comanda. Ritrovati ottanta scheletri in borse dell’Ikea. Non sono riusciti a montare l’armadio. Coppia rifiuta gemellino con gravi problemi e prende quello sano. Con Carlo Giovanardi non fu possibile. Schettino potrebbe partecipare all’Isola dei famosi. Se riaprono l’Asinara. Beppe Grillo:“Bossi è stato il più grande statista degli ultimi cinquant’anni”. Considerando l’handicap. Sconcerto per il prete trovato morto a Livorno. Un altro voto perso dal Pd. Nuovo fallimento per l’Argentina. Succede ogni volta che Messi fa un bancomat. Per l’Argentina è il secondo default in 13 anni. E noi che ancora non riusciamo a completare il primo. Frasi razziste del futuro presidente della Federcalcio. Si prevede un’annata intensa per Balotelli. La difesa di Tavecchio:“In pochi hanno fatto quello che ho fatto io per il terzo mondo”. Si riferisce alla Lega Dilettanti. Molte città del nord Italia sommerse dall’acqua. E poi dicono che il Mose non serve. Un luglio così instabile non si vedeva dagli anni Ottanta. Ma pare che allora si drogasse. La Costa Concordia salpa dall’isola del Giglio e arriva a Genova dopo cinque giorni. Ora fa anche concorrenza alla Tirrenia. Ora l’isola del Giglio teme un calo del turismo. A meno che la Franzoni non accetti di trasferirsi. Omofobia, l’Italia è il paese che discrimina di più. Di giorno. L’Italia è lo stato europeo che discrimina di più. O forse abbiamo solo più ricchioni degli altri. Rocco Siffredi:“La sinistra mi ha sempre criticato”. È che non sopportano la gente che gode. “Vedrei bene Travaglio in un film porno”. Nel ruolo della trama. Alghero, l’ambulanza diventa una discoteca. Se ci sale Briatore. Scuola guida, ragazza bocciata 110 volte all’esame di teoria. Sta ancora cercando di mettere in moto la scrivania. Renzi afferra al volo una poltrona che cade. È un tic. Ronn Moss abbandona il ruolo di Ridge. Non voleva identificarsi troppo in quel personaggio. Ragazza cinese scrive poesie usando i piedi. Procurandosi degli irti calli. Il vicesindaco di Viareggio cambia sesso. Al confronto Scilipoti è un dilettante. Morto a 93 anni l’ufficiale che sganciò la bomba atomica. Gli effetti del fumo passivo. Una ricerca rivela che il nostro giudizio sulle persone è influenzato dalla forma del loro volto. Specie se hanno facce da cazzo. È morto il fondatore del Gambero Rosso. Forse sarebbe il caso che Cracco la smettesse di fare esperimenti con le patatine. Nasce il blog delle ragazze che hanno detto no alla ceretta. Ah, pensavo fosse l’ennesimo sito sui gatti. Lo slogan del movimento contro la depilazione:“L’utero e mio e vi sfido a trovarlo!” Caccia militare si schianta in Molise. Non era segnato sulle mappe. Sallusti lascia il Giornale. Non sapeva più cosa inventarsi. 4 FeedJournal E tutto il mondo fuori [parte prima - 01/08/2014] (spinoza.it) by www.spinoza.it (il Chiosco) Tregua di 72 ore a Gaza. Che corrispondono a due delle nostre ore. Israele dichiara di aver centrato tutti gli obiettivi previsti. D’ora in poi bombarderanno per puro divertimento. L’86% degli israeliani non vuole la tregua. In Italia sarebbe stato un ottimo motivo per farla. (Gli israeliani sono contrari al cessate il fuoco. Anche lì d’estate la tv è una noia) Anche Hamas rifiuta la tregua.“Proprio adesso che stiamo vincendo?” Si rompe la tregua, gli israeliani tornano a colpire i tunnel. E ci trovano Grignani. Migliaia di palestinesi costretti a rifugiarsi nei cunicoli sotterranei. La tattica è aspettare l’editto di Costantino. Gli sfollati di Gaza potrebbero riempire tre grandi stadi. E a quel punto arriverebbe Pinochet. Bombardata una scuola per rifugiati islamici. O forse era solo l’ora di religione. L’esercito israeliano:“Hamas nasconde armi dentro le scuole”. Ritrovata una palla medica da tre chili. Raso al suolo un centro per l’infanzia costruito con fondi italiani. Ma forse era da progetto. Gaza, otto bambini uccisi in un parco giochi. Per militari israeliani. I bimbi palestinesi colpiti da un missile mentre giocavano. Se ne sono andati col sorriso. Ferma condanna degli Usa:“Criminale farsi massacrare così”. John Kerry incontra Abu Mazen, Peres e Netanyahu. Poi chiede“Qual era quello palestinese?” Obama:“Israele ha il diritto di difendersi”. Ma sentiamo cosa ne pensano i pellerossa. Uno degli One Direction scrive “#FreePalestine” e viene minacciato di morte. Poi invece scrive una canzone e non succede niente. Ban Ki-moon:“Sia Israele che Hamas violano i diritti umani”. Quindi questo è uno spareggio. Colpito un ospedale di Gaza, quattro le vittime. Le scuse di Israele:“Pensavamo fosse un asilo”. Ucciso anche un bebè. Da grande sarebbe stato un bambino. Netanyahu:“I leader di Hamas sfruttano i cadaveri più telegenici”. Questa accortezza Fabio Fazio non ce l’ha. L’Onu:“Più di 200 bambini palestinesi uccisi dall’inizio del conflitto”. Come tengono il conto loro nessuno. Netanyahu alla Mogherini:“Se attaccassero l’Italia, reagireste”. Mi sa che non ha seguito i Mondiali. In molti si chiedono:“Cosa faremmo noi italiani se la guerra di Palestina invece di essere lì fosse qui?” Be’, vivremmo lì. (La posizione del governo italiano su Gaza e Ucraina è talmente chiara che tutte e quattro le parti in causa ci considerano alleati) Donna palestinese dà alla luce quattro bambini. Lo vedi che provocano? A Gaza sono nati quattro gemellini. Benvenuti (31°25’00N 34°19’59E), (31°25’01N 34°19’59E), (31°25’00N 34°19’58E) e (31°25’01N 34°19’58E)! Bombe sulla centrale elettrica, Gaza al buio. Ora per Israele il livello bonus. Tre missili colpiscono la sede di un giornale. Era la smentita. Hamas:“Abbiamo un ostaggio”. La Palestina. La Pausini si mostra senza mutande. Il video che fa commuovere il web. Milioni di condivisioni per il filmato della Pausini che canta senza slip. Non è Youporn ma toglierò comunque l’audio. Laura Pausini sul palco senza mutande. Si conferma l’artista che rappresenta meglio l’Italia. Una sentenza afferma:“Non è reato dare del fascista e del razzista a Borghezio”. Quindi fa ingrassare. La Banca d’Italia lancia l’allarme sugli euro falsi. Pare valgano meno di quelli veri. Studioso napoletano scopre che assumere aglio per via anale avrebbe proprietà benefiche. Ma, esattamente, cos’è che studiava? “Contro l’impotenza, due spicchi d’aglio per via anale”. Sale quanto basta. Nicole Minetti va in vacanza all’estero ma non paga il conto. Non è che uno può conoscere tutte le usanze. Usa, condannato muore dopo due ore di agonia. Facendo slittare la pubblicità. Pesa 114 chili la ballerina di lap dance più grassa del mondo. Arrotonda lavorando come kebab. (C’è una ballerina di lap dance che pesa 114 chili. Provateci voi a dirle che non fa per lei) Gli negano l’elemosina, si masturba davanti alla chiesa.“Ma padre, cosa fa?” La nazionale di scherma regala una sciabola a Renzi. Ora sembra Bilbo Baggins. Va a fuoco l’auto di Vittorio Sgarbi.“Apra! Apra! Apra!” L’AMACA del 05/08/2014 (Michele Serra). by La Repubblica 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 12:11:55 AM COME nell’ormai infinita teoria di casi precedenti, anche nel violento urto d’acqua tra le vigne del Prosecco l’impressione è che le povere vittime dell’incuria del territorio ne siano, almeno in parte, anche artefici. Tutto ciò che non ha riscontro economico immediato (per esempio la custodia di crinali e fossi, o il mantenimento dei boschi che dividono e assorbono le piene) stenta a ritagliarsi un posto nei progetti indigeni. I fautori del primato del “local” dovrebbero riflettere sul fatto che le grandi bonifiche, le tutele ambientali importanti (per esempio i parchi nazionali e regionali), gli interventi lungimiranti vengono quasi sempre imposti da un’autorità statale, da uno sguardo esterno in grado di mettere a fuoco da lontano un territorio. Si chiama “politica”: permette di organizzare e stimolare azioni che non sono spontanee, di mettere in relazione i bisogni locali e conoscenze spesso “straniere” rispetto alle usanze, di ampliare (e di molto) la percezione del tempo e dunque dei costi e dei ricavi, di mettere a disposizione risorse economiche indisponibili sul posto. Se mai si farà, la sempre citata e mai realizzata “messa in sicurezza del territorio” sarà dovuta a un’imposizione politica, al salto di qualità deciso da una classe dirigente finalmente coraggiosa. Che dovrà spiegare agli stessi che piangono i morti che un territorio non può essere solo spremuto, come i grappoli d’uva. Va anche protetto, sanato, assecondato nella sua morfologia millenaria. Da La Repubblica del 05/08/2014. FeedJournal 5 E tutto il mondo fuori [parte seconda 03/08/2014] (spinoza.it) by www.spinoza.it (il Chiosco) Chiude L’Unità. Al suo posto un centro commerciale. L’Unità in edicola con 16 pagine bianche. È lo speciale sulle riforme di Renzi. (L’Unità esce con 16 pagine bianche. Così potrai raccontare che ci hai scritto pure tu) Per anni L’Unità è stato un punto di riferimento per la sinistra. Ora sono in cielo nuovamente insieme. In testa alla prima pagina una citazione di Gramsci.“C’hai du’ spicci?” Gaza, quasi un milione di bambini senz’acqua. Devono averla fatta grossa. La tregua salta a causa della cattura di un soldato israeliano. Secondo me si è fatto prendere apposta. Obama:“Evitare morti civili”. Israele:“Ok, staremo attenti a non calpestarli”. Senato, governo battuto su un emendamento a voto segreto. Ci si riscopre di sinistra solo nell’anonimato. Tornano i 101 che avevano affossato Prodi. Quindi non era niente di personale. Renzi minimizza:“Non c’è rischio che tornino i 101 traditori”. Dunque erano dei suoi. Il premier: “Nel Pd è mancato il coordinamento”. Vabbe’, per una volta. Bocciato l’emendamento per abolire i senatori a vita. Che la natura faccia il suo corso. Durante il dibattito la Boschi riceve un biglietto da Casini.“Sali da me, ti mostro la mia collezione di partiti”. Boschi:“La democrazia non è in pericolo”. L’hanno nascosta in un posto sicuro. Un senatore mostra un cartello con un errore di ortografia. E adesso indovinate di che partito era. Due senatrici di centrodestra in ospedale, malore per un leghista. Cominciano a piacermi queste riforme. Missile russo abbatte in territorio ucraino un aereo malese partito dall’Olanda. Ma alla fine vincono i tedeschi. Il volo era partito da Amsterdam. C’è la speranza che i passeggeri non si siano accorti di niente. Trovati corpi a 15 km dall’aereo. E neanche una navetta. La notizia dell’abbattimento dell’aereo malese è giunta mentre Putin era al telefono con Obama. In Russia è sufficiente come alibi. Putin:“Non so assolutamente nulla di quel missile terra-aria Buk SA-11 9K37 a medio raggio condotto da un radar semiattivo con motore a combustibile solido dotato di lanciatore veicolare quadruplo montato su scafo cingolato”. L’aereo abbattuto dai russi era pieno di esperti di Aids. È il loro modo di combatterlo. Il governo ucraino esorta i familiari delle vittime a bloccare le carte di credito. Come messaggio di condoglianze mi sembra un po’ brusco. Prima del decollo un passeggero aveva pubblicato una foto dell’aereo:“Se dovesse sparire, ecco com’è fatto“. Ora l’immagine è sulla scatola del puzzle. La scatola nera è stata spedita a Mosca. Come souvenir. Un uomo ha rinunciato all’ultimo momento a salire su entrambi i voli Malaysian finiti in tragedia. Alla prossima occasione verrà imbarcato a forza. Berlusconi è innocente. E Israele si sta solo difendendo. I giudici di Milano assolvono Berlusconi per il caso Ruby. Ora possono tornare a concentrarsi sulla mafia. La sentenza:“Berlusconi non sapeva che Ruby fosse minorenne”. Si limitava a sperarlo. La telefonata di Berlusconi alla Questura non costituisce reato. Ottimo, stanotte so cosa fare. Secondo i giudici non c’è stata prostituzione né concussione. Questa sentenza rivoluziona il concetto di “Siamo stati costretti a rilasciare una zoccola”. (Ma guardiamo il lato positivo: Minzolini non può dare questa notizia) Ruby gioisce dopo la sentenza. Dev’essere una bella sensazione venire a sapere di non essere una puttana. La testimonianza di Emilio Fede:“Alcune ragazze indossavano una maschera di D’Alema”. Per non destare sospetti all’entrata. “Berlusconi non ha mai baciato nessuna ragazza sulla bocca”. Del resto, capita raramente anche nei porno. Composta la gioia di Berlusconi dopo la sentenza:“Vaffanculo, vecchi di merda!” (Belpietro e’ talmente euforico per l’assoluzione di Berlusconi che si sta organizzando un nuovo attentato) La Pascale:“Ho pianto come una bambina”. Sa che lo eccita da morire. Tutti i fedelissimi di Berlusconi applaudono i giudici. Ricordatevi questo momento. 6 FeedJournal È GUERRA TRA RENZI E IL TESORO ASPETTANDO L’AUTUNNO CALDO (Marco Palombi). by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 1:37:01 AM SCONTRO SULLE COPERTURE AL DECRETO MADIA, ALLA FINE IL GOVERNO CEDE. Quel che è successo sugli emendamenti al decreto Pubblica amministrazione non è tanto rilevante in sé, quanto per quel che significa: la frattura tra Tesoro e Palazzo Chigi è ormai conclamata con quest’ultimo, almeno per ora, nella parte dello sconfitto. Matteo Renzi, che aveva difeso la norma sui “quota 96” e il prepensionamento dei professori universitari contro le perplessità di alcuni ministri (ad esempio Stefania Giannini, titolare dell’Istruzione) e l’uscita pubblica di Carlo Cottarelli, è ora stato costretto alla marcia indietro. Quattro emendamenti soppressivi che dicono che la macchina dell’austerità è ancora in funzione e anzi non trova argini. Nessun cambiamento di verso, insomma, e un pessimo segnale per la battaglia sui conti pubblici che l’Italia dovrà affrontare in autunno. VA NOTATO, intanto, che le uscite pubbliche anti-governative del commissario alla spending review e della Ragioneria generale dello Stato (ieri ne ha fatto le spese anche un emendamento al dl Competitività del M5S condiviso dalla maggioranza) arrivano all’indomani della formalizzazione della squadra economica di palazzo Chigi che doveva sottrarre poteri proprio al Tesoro. Questa la scansione degli eventi. Lunedì 28 luglio Matteo Renzi ha comunicato i nomi degli economisti che faranno parte della famosa “cabina di regia” di palazzo Chigi: l’ex rettore della Bocconi Guido Tabellini, Marco Simoni, Veronica De Romanis, Tommaso Nannicini, più i piddini Yoram Gutgeld e Filippo Taddei. Il giorno dopo c’è stato un incontro tra Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan a palazzo Chigi al termine del quale viene diffusa l’apposita velina “tutto bene, madama la marchesa”: “Il titolare dell’Economia ha condiviso con Renzi l’idea di irrobustire la squadra economica di palazzo Chigi, in modo da avere una sponda e una interlocuzione ancora più strutturata”. Lo stesso giorno, però, al Tesoro s’erano tolti i guanti: alla Camera arrivano i pareri della Ragioneria generale che vogliono difendere l’impianto generale (e le accluse ingiustizie) della riforma delle pensioni Fornero. Non è finita. Mercoledì sera è arrivata la mazzata di Carlo Cottarelli che attacca il Parlamento per attaccare il governo, colpevole di aver avallato la manovra sui “quota 96” (i particolari tecnici li trovate nella pagina accanto). Venerdì ancora, con geometrica potenza di fuoco, la Ragioneria è tornata sul luogo del delitto facendo “sparare” di nuovo dalle agenzie i suoi rilievi sulle mancate coperture. Ieri infine – con gli emendamenti che si rimangiano i provvedimenti sui pensionati della scuola, le penalizzazione e la pensione a 68 anni per i baroni universitari – Renzi ha chinato il capo. Questa vicenda non è importante per le cifre in ballo – mezzo miliardo in sette anni sono una goccia nel bilancio dello Stato – ma per i rapporti di potere che delinea. LA TECNOSTRUTTURA del Tesoro è ormai pubblicamente all’opposizione: il capo di gabinetto di Padoan, Roberto Garofoli (già con Letta a palazzo Chigi) e il ragioniere generale Daniele Franco (ex Bankitalia voluto da Saccomanni) gestiscono la più potente macchina anti-renziana in Italia, ma lo fanno con solidi agganci esteri. Non è infrequente – spiega al Fatto Quotidiano una fonte dell’ esecutivo Ue – che dalla Ragioneria partano telefonate alla volta di Bruxelles o Francoforte (la Bce di Mario Draghi) per chiedere interventi pubblici o “denunciare” informalmente il lassismo in materia di rigore del governo. È evidente a questo punto – spiega un membro del governo- “che al Tesoro c’è una guerra interna: le strutture confermate da Padoan contro il parere di Renzi, da Franco in giù, si percepiscono come contropotere rispetto al premier e sanno che fare le sentinelle dell’austerità in salsa germanica è l’unico modo che hanno di pesare politicamente contro un governo che ha un grande consenso elettorale. Ecco il consenso degli italiani non è un loro assillo”. SCENARIO abbastanza preoccupante se si pensa a quanto deve accadere di qui alla fine dell’anno: per rispettare quel che c’è scritto nel Def in termini di deficit e saldo primario, a Renzi servono una ventina di miliardi di minori spese (o maggiori tasse) entro l’anno prossimo. Roba che potrebbe uccidere un’economia già provata da anni di recessione come la nostra. Solo che fare una battaglia sulla flessibilità, magari sull’esempio di quel che fanno Francia e Spagna, mentre il Tesoro rema contro, potrebbe far affondare il Paese insieme al governo. Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/ 2014. “Tirate fuori quell’inciucio” (Luca De Carolis). by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 1:21:44 AM L’opposizione Alessandro Di Battista. Un’interrogazione parlamentare, su “un atto parlamentare”. Al Renzi che così definisce il patto del Nazareno, come a sminarne il peso, oggi i Cinque Stelle Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio risponderanno con un’interrogazione alla Camera, in cui chiedono alla presidenza del Consiglio di diffondere i contenuti dell’accordo. Nel testo i due deputati riportano le dichiarazioni dei forzisti sul patto: dal Donato Bruno che lo descrive come “un punto di riferimento che non dobbiamo scalfire”, al Renato Brunetta che parla di un’intesa “su Italicum e giustizia”. Fino al Giovanni Toti che riferisce di “un accordo scritto”. Di Battista e Di Maio invocano da Renzi “un atteggiamento di totale trasparenza nei confronti del Parlamento e dell’opinione pubblica”. Quindi, gli chiedono di riferire i dettagli del patto, e di “renderne pubblico il testo in formato cartaceo”. Quando è nata l’idea dell’interrogazione? Il presidente Renzi ha definito il patto del Nazareno come un atto parlamentare. Sono andato a cercare tra tutti gli atti depositati alle Camere, ma non l’ho trovato. In più ho letto che Il Mattinale del 23 luglio, il bollettino di Forza Italia a firma di Brunetta, riportava questa dichiarazione di Berlusconi: “Non m’importa nulla del Senato, l’accordo con Renzi è su Italicum e giustizia”. Ne ho parlato con Luigi Di Maio e assieme abbiamo scritto questa interrogazione, che verrà sottoscritta da altri deputati del Movimento. Vogliamo sapere dal presidente del Consiglio se vuole davvero riformare la giustizia con “un uomo che ha una naturale propensione a delinquere”, per citare un’espressione dei giudici. Sono uscite le linee guide del ministero della Giustizia, molto più dure sull’azione di rivalsa nei confronti dei magistrati. Vede collegamenti col patto? Assolutamente sì. Sono convinto che le linee facciano parte dell’accordo, come moneta di scambio politica che Renzi ha dovuto pagare a Berlusconi. Il premier a Repubblica ha assicurato: “Nel patto c’è scritto quello che è negli atti parlamentari sulle riforme”. Delle riforme a Berlusconi non importa nulla. Gli interessa solo non finire in galera e salvare le proprie aziende. Magari a discapito della Rai. Al Fatto risulta che nell’accordo ci sia anche il no a Prodi per il Quirinale. Io non sono certo un prodiano. All’ex premier rimprovero diverse cose, tra cui l’entrata dell’Italia nell’euro. Ma Prodi è un avversario politico importante per Berlusconi. Non è un caso che sia stato affondato dai 101 del Pd nella corsa al Quirinale. E tra quelli che gli votarono contro c’erano anche renziani. Avete notizie al riguardo? Io dico questo: Renzi è diventato sindaco di Firenze grazie a Verdini e Berlusconi, che non gli opposero la minima resistenza. Per il “TIRATE page 7 FeedJournal 7 Berlusconi avverte Renzi “Alle prossime elezioni io voglio candidarmi l’Ue mi darà il via libera” (CARMELO LOPAPA). by La Repubblica 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 1:16:57 AM L’ex Cavaliere si sente comunque rassicurato dal premier “Ha blindato il nostro accordo e con le riforme sarò riabilitato”. SILVIO Berlusconi dicono abbia alla fine apprezzato i toni e le aperture del premier nell’intervista di ieri a Repubblica. È il «sigillo» alle riforme e al suo ruolo di «padre riformatore» l’unica cosa che gli può interessare in questa fase. Le spigolature, il “no” a qualsiasi ipotesi di scambio a margine del patto del Nazareno le considera scontate. Il suo ragionamento, maturato ad Arcore durante la giornata trascorsa tra avvocati e figli, fa leva su una speranza. «Io tornerò in gioco, sarò ancora una volta candidabile, anche se nessuno modificherà la legge Severino: sarà la Corte di Strasburgo a darmi giustizia». Che poi è il refrain con il quale da tempo lo staff di legali, soprattutto Nicolò Ghedini, lo sta incoraggiando. «L’importante – ripete – è che Renzi mi aiuti a riabilitarmi attraverso le riforme». Ma ci vorrà tempo, mesi, tanti. Ecco perché Silvio Berlusconi non ha alcuna fretta, non spera neanche che Renzi vada alla deriva per tornare magari al voto nei primi mesi del 2015. Tutt’altro. Il leader di Forza Italia rientrerà a Roma oggi in tarda mattinata, il terzo faccia a faccia con il presidente del Consiglio è confermato tra oggi e giovedì mattina. «Dipende solo dall’agenda di Palazzo Chigi», spiegano dallo staff dell’ex Cavaliere. Può anche avvenire in giornata (meno probabile) se Renzi ritaglierà il tempo necessario, Denis Verdini ha dato massima disponibilità, è lui che tiene i contatti e che ieri si è intrattenuto col sottosegretario alla Presidenza Luca Lotti per mettere a punto gli ultimi ritocchi all’Italicum. Oggi a pranzo intanto Berlusconi vedrà lui e Gianni Letta, i due che con molta probabilità lo seguiranno anche questa volta a Palazzo Chigi. Con loro, con Giovanni Toti, con i capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta metterà a punto la strategia, ancora non del tutto definita. Perché per esempio proprio il “trattativista” Verdini vorrebbe imporre una sorta di linea dura: concedere al Nuovo centrodestra e agli altri piccoli in trincea per la riduzione dello sbarramento solo questa modifica (dal 4,5 al 4) e solo in alternativa le preferenze (con capolista bloccato, però). Non entrambi i ritocchi, dal suo punto di vista sarebbe troppo. Ma Berlusconi non ama i tecnicismi, gli interessa trattare e concedere se l’operazione consentirà di riportare in un’alleanza di centrodestra le altre forze, dai Fratelli d’Italia alla Lega passando proprio per l’Ncd. A Renzi tuttavia l’ex premier garantirà soprattutto pieno sostegno per i prossimi passaggi parlamentari della riforma del Senato. Oltre che sulle modifiche all’Italicum che saranno concordate, norma che da lunedì 1 settembre, stando all’agenda del segretario Pd, dovrebbe cominciare il suo iter in commissione a Palazzo Madama. «Il Paese ha bisogno di una legge fortemente bipolare e maggioritaria, non si possono modificare le soglie al di fuori di questo principio» avverte il capogruppo di Forza Italia al Senato, è il nostro datore di lavoro, non possiamo dirti di più”. È l’effetto Porcellum: chi è nominato dall’alto non va contro il capo. Tecnicamente il premier come può rispondere alla vostra interrogazione? Può replicare in via scritta, o delegare al suo posto un sottosegretario. Oppure può venire alla Camera e metterci la faccia, dandoci così la possibilità di rispondere in Parlamento e di aprire una discussione. Ad esempio, potremmo chiedergli se sui contenuti del patto mente lui oppure ha mentito Brunetta. Pensa che Renzi verrà a rispondervi di persona? Mi pare difficile: è abituato a scappare e a rifugiarsi nel suo habitat naturale, le televisioni, dove non gli fanno mai domande vere. È molto diverso da Enrico Letta, che invece si presentava sempre a riferire in Parlamento. L’abbiamo incalzato senza sosta, ma lui la faccia ce la metteva sempre. Sel e alcuni Democratici hanno invocato la diffusione dei contenuti. Sperate in un sostegno alla vostra interrogazione? La condivisione da parte di altri partiti aiuterebbe. Ma non so quanti avranno il coraggio di sottoscriverla. Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/ 2014. Paolo Romani, con un messaggio destinato per intero ai big del Nuovo centrodestra. Nell’incontro delle prossime ore (o dei prossimi giorni) Berlusconi non si attende che Renzi apra il dossier economico. Perché su quel fronte il premier non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi del «soccorso azzurro». Anche lì, il leader di Forza Italia spiega ai suoi che resterà in riva al fiume. «Spetta a Renzi il primo passo, non saremo noi a offrirci — è la strategia che in questi giorni ha dettato da Arcore — Se la situazione si fa assai complicata, se c’è bisogno di noi, non saremo un’opposizione irresponsabile. Voglio vedere che succede, se in autunno c’è il rischio di un intervento della Trojka». Forza Italia insomma non si tira indietro. E in effetti quel che fanno ripetendo gli esponenti di punta del partito conferma la linea dell’opposizione «responsabile ». Ieri sera Maria Stella Gelmini, intervenendo a proposito del pasticcio della cosiddetta “quota 96” si sbilanciava in favore dell’esecutivo: «Spiace per gli insegnanti, ma il governo ha agito correttamente. Il bilancio dello Stato non cambia col cambio delle maggioranze, le risorse sono scarse e i conti vanno salvaguardati». Due giorni fa l’ex ministro si era spinto fino a parlare della disponibilità forzista a dare una mano per «misure shock per l’economia». Ieri è stata la volta del capogruppo Romani a Tgcom 24: «La nostra posizione è quella che se ci sarà bisogno di noi per l’interesse del Paese, noi ci saremo». Da La Repubblica del 05/08/2014. “TIRATE continued from page 6 ballottaggio il capo di Forza Italia non andò a sostenere il suo candidato, Giovanni Galli. Il patto del Nazareno è nato in quei giorni, nel 2009. Da lì si passa alla visita di Renzi ad Arcore e poi all’affossamento di Prodi. La sua elezione al Quirinale avrebbe distrutto l’inciucio con Berlusconi. In Parlamento vi capiterà di parlare con i deputati di Forza Italia. Loro cosa vi raccontano del patto? Va premesso che ormai i deputati di Fi alla Camera non vengono quasi più, perché il partito è spaccato, abbandonato a se stesso da Berlusconi. Ho chiesto a molti di loro dell’accordo con Renzi, e soprattutto se tocca il tema giustizia. Mi hanno risposto con risatine e alzate di spalle: “Berlusconi SI TENGONO L’IMMUNITÀ (Wanda Marra). by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014 (il Chiosco) A P A LTENGONO A Z Z O M page A D A8M A L A Submitted at 8/5/2014 1:09:20 AM RELATRICE FINOCCHIARO 8 FeedJournal Guapparia (Marco Travaglio). by Il Fatto Quotidiano 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 12:06:17 AM Pur con i metodi spicci che abbiamo descritto, Renzi ha stravinto in pochi giorni la prima battaglia contro l’opposizione sulla cosiddetta riforma del Senato. Ora, per vincere la guerra, deve sperare che la sua legge costituzionale passi senza modifiche alla Camera e poi, dopo tre mesi di pausa, di nuovo al Senato e alla Camera. Dopodiché, se non avrà raggiunto i due terzi, i cittadini voteranno nel referendum confermativo (che non è, come credono lui e la Boschi, una gentile concessione del governo, ma un diritto previsto da quel che resta della Costituzione). La “riforma” – stando ai sondaggi – interessa non al 40,8%, ma al 3% degli italiani e in venti giorni ha raccolto il No di 210mila amici del Fatto. Ma, come si dice, contento lui… In politica però non basta vincere. Bisogna saper vincere, impresa ancor più ardua del saper perdere. E Renzi, con l’intervista di ieri a Repubblica, dimostra di non saper vincere. Anziché riconoscere cavallerescamente l’onore delle armi ai suoi avversari, fra i quali militano alcuni fra i migliori intellettuali e costituzionalisti, ha seguitato a insultarli con un linguaggio guappesco a metà strada fra il bar sport e la curva sud (“gufi professori, gufi brontoloni, gufi indovini”). E pure minaccioso: “Parte dell’establishment che non sopporta il mio stile. Ma verrà il giorno in cui si potrà finalmente parlare delle responsabilità delle élite culturali nella crisi italiana: professori, editorialisti, opinionisti”. Stile? Quale stile? E cosa gli impedisce oggi di denunciare le responsabilità delle élite culturali, visto che le insolentisce da mesi a ogni pallida critica. Il bello è che il bullo si dipinge come un premier assediato, solo contro tutti, mentre è il più omaggiato e leccato dai poteri forti e dalla stampa al seguito che si sia mai visto: nemmeno il suo socio B. aveva goduto di consensi così oceanici nell’Italia che conta, oltreché in Parlamento. Il sopravvivere di alcuni pensatori critici è un’anomalia solo per il fatto che essi siano così pochi. Le responsabilità dell’intellighenzia nella crisi italiana esistono, e sono gravi, ma esattamente opposte a quelle indicate da lui: il guaio in Italia non è l’eccesso, ma il deficit di controcultura rispetto al potere. Il fatto che non lo capisca o finga di non capirlo è allarmante, perché la democrazia è anzitutto rispetto e tutela delle minoranze. Che significa “verrà il giorno”? Cosa intende fare quel giorno ai dissenzienti? Fustigarli sulla pubblica piazza? Metterli alla gogna? Ripristinare l’Indice dei libri proibiti? La Guapparia alla fiorentina dilaga per li rami dal Capo ai suoi sottopancia, con episodi di bullismo ancor più tragicomici dei suoi. L’altro giorno Benedetta Tobagi ha osato aderire all’appello del Fatto contro la svolta autoritaria. E subito tal Lorenza Bonaccorsi, membro della Vigilanza per il Pd, le ha inviato un pizzino degno di Gasparri: “La consigliera trova il tempo di attaccare la maggioranza di governo, anziché voleva” l’immunità. Ma in realtà le modifiche introdotte dalla Commissione al ddl governativo erano state concordate tutte con Palazzo Chigi e con lo stesso premier. Una questione non centrale, derubricavano dall’esecutivo, soggetta a cambiamenti in caso di accordi tra tutti, suggerivano. La modifica dell’immunità era stata anche messa sul piatto di una trattativa con le opposizioni, che in realtà non è mai stata davvero tale. Né su questo punto, né su altri. Difficile che si vada incontro alle loro richieste sulla platea che deve eleggere l’inquilino del Colle. Mentre sull’Italicum qualsiasi cosa deve essere prima mediata con Berlusconi (che fa resistenza sull’abbassamento delle soglie, voluto da Sel). Esemplare, dunque, la discussione in Aula di ieri. Di “una soluzione equilibrata e ragionevole”, ha parlato la senatrice Finocchiaro a proposito dello scudo, sottolineando che “il pari trattamento di deputati e senatori” è un principio al quale “i relatori tengono moltissimo”. E poi, un’apertura quanto meno futuribile: “Nulla vieta che in fase di modifica regolamentare il Parlamento possa tornare sulla questione”. Il dibattito era stato complesso e articolato. Felice Casson, tra i firmatari di un emendamento per togliere lo scudo non solo ai senatori, ma pure ai deputati: “Sono sorpreso perché in questi ultimi giorni abbiamo letto, un po’ su tutti i giornali, che c’era una sorta di apertura, da parte del Governo, per ragionare insieme al Senato su come modificare queste norme costituzionali”. proprio “perché cozzano pesantemente contro il principio di uguaglianza di tutti cittadini davanti alla leggeNoi proponiamo di abolire questi due commi, indifferentemente per la Camera e per il Senato”. Sulla stessa linea Vannino Chiti. E Casson aveva presentato anche un emendamento per permettere al nuovo Senato di intervenire sui conflitti di interesse. Bocciato anche quello. Ancora Casson: “Questo mi dà quasi il senso e il timore che effettivamente, sul ruolo del parlamentare, non si accetti alcun controllo e nessuna verifica di carattere costituzionale e si voglia trasformare l’immunità in impunità”. Al di là di qualche intervento occuparsi di quanto accade in Rai. Altro che aderire a campagne politiche di parte che nulla hanno a che vedere col ruolo affidatole dal Parlamento”. Capito il messaggio? Cara Tobagi, siccome il Pd ti ha messa nel Cda, smetti di pensare con la tua testa e pensa invece a turibolare il partito e il governo come tutti gli altri. Miglior conferma della svolta autoritaria non poteva arrivare. Intanto Sabina Guzzanti anticipava il suo film La Trattativa, in programma al Festival del Cinema di Venezia. Nuovo pizzino pidino, firmato dalla stessa Bonaccorsi e dai suoi sodali Gelli (ma sì), Magorno, Oliverio e Anzaldi (quello che protestò perché Virginia Raffaele osava imitare Monna Boschi). “Il film della Guzzanti appare decisamente irrispettoso del simbolo della Repubblica, con al centro un uomo con coppola e lupara: un modo per accomunare l’intero Paese alla cupola mafiosa che offende e appare decisamente fuori luogo”. Se Renzi non richiama subito i rottweiler, qualcuno si chiederà: a quando il ripristino del Minculpop? Ma poi si morderà la lingua, perché al confronto di questi bulletti il Minculpop era roba seria. Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/ 2014. TENGONO continued from page 7 DIFENDE LO SCUDO IL MINISTRO BOSCHI (CHE AVEVA DETTO DI VOLERLO TOGLIERLO) NON FIATA. I nuovi senatori saranno coperti dall’immunità. Dopo tanti balletti, tante polemiche, tante aperture ambigue da parte del governo, ieri Palazzo Madama ha votato. E ha respinto tutti gli emendamenti che chiedevano di cancellare o di riformulare lo scudo. Assenti i Cinque Stelle, che non stanno più partecipando ai lavori. Favorevole anche Forza Italia. Fine dei giochi. E c’è da scommettere che alla Camera non saranno riaperti. Il governo (come i relatori) si è rimesso all’Aula sugli emendamenti: nessuna posizione ufficiale, che però viene lasciata esprimere alla relatrice Anna Finocchiaro (e a Zanda) che difendono con forza il testo uscito dalla Commissione. Quello nel quale, appunto, lo scudo veniva reintrodotto. Una dinamica che rispecchia il modo in cui è stata affrontata tutta la questione: quando all’inizio era venuta fuori, il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, aveva dichiarato che “il governo non accorato, in realtà, il dibattito a Palazzo Madama va avanti liscio. Disinnescato l’ostruzionismo, tra canguri e accortezze regolamentari (come la negazione di voti segreti), ieri l’Aula ha approvato rapidamente e senza difficoltà, anche grazie ai pochi interventi, gli articoli da 3 a 9 del ddl Boschi, ossia l’abolizione dei senatori a vita, il divieto di vincolo di mandato, la durata della Camera, i regolamenti. E soprattutto, l’abolizione delle indennità per il nuovo senato. Renzi non nasconde la soddisfazione e rilancia un tweet del responsabile comunicazione del Pd, Francesco Nicodemo. “Non ci saranno più senatori a vita. Abolite le indennità. Le cose stanno davvero cambiando, è #lavoltabuona”, si legge. Ma sull’immunità, niente di ufficiale. Da Il Fatto Quotidiano del 05/08/ 2014. FeedJournal 9 Torna lo spettro recessione crescita zero nelle stime Istat Sul deficit si riapre il fronte Ue (VALENTINA CONTE). by La Repubblica 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 12:58:03 AM Domani i numeri sul Pil 2014: si prevede tra – 0,1 e +0,1% Sempre più lontano il pareggio strutturale chiesto da Bruxelles. ROMA – L’Italia di nuovo in recessione? Possibile. Lo sapremo domani alle 11. Quando l’Istat comunicherà la variazione del Pil nel secondo trimestre dell’anno. Se dopo il – 0,1% dei primi tre mesi arriverà un altro – 0,1%, sarà recessione tecnica. Due segni negativi in due periodi consecutivi. Non si scappa. Il governo lo teme. Al punto da aver ristretto la forchetta anticipata dall’Istituto di statistica a fine giugno. L’Istat prevedeva allora un Prodotto interno lordo oscillante tra – 0,1% e +0,3%: quasi inferno e promessa di paradiso. Intervallo ora compresso, nelle valutazioni dello staff economico di Palazzo Chigi, tra -0,1 e +0,1%. Parlare di decimali, di zero virgola, certo non fa una grande differenza per il Paese reale fermo. Per chi cerca e non trova lavoro. Per le famiglie che stentano a quadrare i conti, bonus o non bonus. Ma per il governo Renzi sì. E non solo per una questione di comunicazione: i titoli sulla recessione da spiegare, gli italiani da tranquillizzare. Ma per una strategia di politica economica tutta da reimpostare, con variazioni importanti da apportare entro settembre al Def, il Documento di economia e finanza, laddove il Pil per quest’anno è dato a +0,8%. E forse con una manovra correttiva da mettere in pista, non più esclusa nemmeno dallo stesso Renzi che, nell’intervista di ieri a Repubblica , assicurava che «in ogni caso non toccheremo le tasse». D’altro canto un secondo segno meno per il Pil non è certo un bel lasciapassare con l’Europa. Il premier è certo che «resteremo sotto il 3%» nel rapporto tra deficit e Pil (quest’anno il Def lo fotografa al 2,6%). Ma per Bruxelles potrebbe non bastare. In prospettiva, camminare sul filo significa far saltare nei prossimi due anni il rispetto del pareggio di bilancio strutturale corretto per il ciclo economico (0,6% è il livello inserito nel programma di convergenza spedito alla Ue). E soprattutto del fiscal compact, le rigide regole di riduzione del debito pubblico, inserite in Costituzione. Con un semestre di Pil sotto zero e con pochissime possibilità di ribaltare la situazione nella seconda metà dell’anno, le richieste di deroghe e flessibilità extra che il governo si preparava a fare all’Europa della Merkel, durante il semestre di presidenza italiano, in virtù dei compiti fatti a casa, rischia di trasformarsi in una domanda di sconti perché il Paese non ce la fa. E torna ad essere la Cenerentola dell’Europa, visto che la Spagna ha innescato il turbo della crescita (sopra l’1%) e persino dalla Grecia trapelano segnali positivi. È vero, non siamo al tracollo del Pil come negli anni bui della crisi post 2007. E neanche al livello del 2012 (-2,4%) e 2013 (-1,9%). Ma i decimali ora contano più che mai. Per trattare in Europa, ma anche sul fronte interno. Se la crescita viene ridotta dallo 0,8% allo 0,3%, modificando il Def, il deficit sale da 2,6 a 2,8%. Un filo sotto il tetto e addio sconti sul cofinanziamento dei fondi europei. Addio risorse in più per bonus e investimenti facendo lievitare il deficit. Tanto questo si alzerà da solo, perché il Pil scende. Ma anche il quadro politico ne risentirà. Inevitabile. Conti non più in sicurezza, l’Italia di nuovo vulnerabile. E qualcuno, anche nella maggioranza, potrebbe cogliere l’occasione per trarne vantaggi. Attaccando la politica degli annunci del governo. I pasticci dei decreti scritti e riscritti. E il fronte europeo che torna caldo. Che sia recessione o stagnazione il tema è già priorità, se non urgenza, sul tavolo del governo. A prescindere da cosa dirà domani l’Istat. Da La Repubblica del 05/08/2014. DUE continued from page 9 britannico, il premier Cameron ha detto che la Gran Bretagna rivedrà tutte le licenze di esportazione di armi a Israele. E dure parole sono arrivate perfino da un alleato stretto di Israele, il ministro degli Esteri francese Fabius: «Il diritto alla sicurezza non giustifica il massacro di civili e di bambini». Da La Repubblica del 05/08/2014. Due attentati in poche ore a Gerusalemme torna l’incubo del terrorismo (VANNA VANNUCCINI). by La Repubblica 5/8/2014 (il Chiosco) Submitted at 8/5/2014 1:29:47 AM Una ruspa travolge un passante nel quartiere degli ortodossi Raid sui civili in fuga nella Striscia. Ma si torna a parlare di tregua. GERUSALEMME – È SUCCESSO a pochi metri da una strada di grande traffico che delimita il (non più esistente) confine tra Gerusalemme ovest da Gerusalemme est, all’incrocio con Schmuel Hanavi, un quartiere povero abitato per lo più da ebrei ortodossi. Un poliziotto, poi aiutato da un altro che passava per caso di lì, ha sparato al conducente della scavatrice e lo ha ucciso. Quattro persone, tra cui l’autista del bus, sono rimaste leggermente ferite. «Grazie alla prontezza dell’agente è stata evitata una tragedia», ha detto il capo della polizia. Sul posto sono accorsi immediatamente migliaia di haredim. Tre metri più in là giaceva il corpo del 31enne Mohammed Neyaf Jaavis, già noto alla polizia per precedenti penali. Una mano scura fuoriusciva dal telo che ricopriva il corpo. Tra gli haredim, una ragazzina spaventata: «Quell’uomo cercava di ammazzare tanti ebrei, ma nel bus c’era solo l’autista ed era arabo». Un’ora dopo l’altro episodio. Vicino all’Università ebraica a Monte Scopus un uomo con una maglietta nera si è avvicinato a un soldato che presidiava il luogo dove gli studenti fanno l’autostop e gli ha sparato al petto per poi dileguarsi a bordo di una moto. Un poliziotto di guarda gli ha sparato, ma senza raggiungerlo. Immediatamente è cominciata una caccia all’uomo con grande dispiego di macchine sfreccianti, sirene, blocchi stradali e poliziotti in tenuta d’assalto, che si è concentrata in due quartieri di Gerusalemme Est, Jabel Mukaber e Wadi Joz: nel primo viveva Jaavis, nel secondo è stata vista eclissarsi la moto fuggita da Monte Scopus. Erano passati sei anni dagli ultimi episodi di terrorismo a Gerusalemme: nel 2008 un bulldozer guidato da un palestinese si era schiantato contro un bus su Jaffa Street facendo tre morti e un altro pochi giorni dopo aveva investito cinque macchine ferendo una ventina di persone. La città da allora era rimasta calma, anche se a Gerusalemme Est la tensione era ricominciata dopo che il sedicenne Mohammed Abu Khdeir era stato bruciato vivo da tre estremisti ed è diventata sempre più percettibile da quando ogni sera la gente vede (sulle tv arabe, non su quella israeliana che le censura) le immagini della distruzione di Gaza. «Inonderemo Gerusalemme di polizia», ha promesso il capo della polizia Yossi Parienti. «Stiamo aumentano le nostre forze e restituiremo la sicurezza alla città». Ma la guerra a Gaza continua, benché in serata, secondo Haaretz , Israele abbia accettato la proposta egiziana per un cessate- il-fuoco di 72 ore. Un portavoce militare israeliano ieri ha ribadito che l’operazione di distruzione dei tunnel è quasi completata, ma che la campagna contro Hamas prosegue. Una bambina di 8 anni è stata uccisa e 15 persone ferite a Gaza City. Human Rights Watch ha accusato l’esercito israeliano di aver ucciso civili in fuga da Khouza verso Khan Younis, in totale violazione del diritto internazionale. In un altro bombardamento mirato è stato ucciso un comandante della Jihad islamica, Daniel Mansour. Dopo l’uccisione a Gaza di un operatore umanitario DUE page 9