Accepted Manuscript
Vol. 29 (2010)
Nuovi dati dall’agro vulcente: il Progetto Marsiliana d’Albegna (2002-2009)
New data from the territory of Vulci: the Marsiliana d’Albegna Project (2002-2009)
Andrea Zifferero
Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti
Università degli Studi di Siena
Via Roma 56
53100 Siena
E-mail: [email protected]
Riassunto
I nuovi dati emersi dal Progetto Marsiliana d’Albegna (2002-2009) hanno arricchito il quadro
articolato del popolamento etrusco nella bassa valle dell’Albegna (Grosseto). La ricerca di
superficie ha identificato un ampio insediamento, sorto nell’età del Bronzo Finale, distribuito sul
Poggio del Castello, sull’Uliveto di Banditella e in parte sul Poggio di Macchiabuia, attivo in un
arco cronologico compreso tra il periodo Orientalizzante e l’età tardo-arcaica. Ad esso vanno
raccordate le ampie necropoli sparse tra i Piani di Banditella, i Piani di Perazzeta e il Poggio di
Macchiabuia, scavate dal principe Tommaso Corsini tra la fine dell’Ottocento e i primi due decenni
del Novecento.
Abstract
The new data emerging from the Marsiliana d’Albegna Project (2002-2009) have defined the
picture of the settlement system in the lower Albegna Valley (Grosseto). The survey in the Poggio
del Castello area has identified a site, dating to the Final Bronze Age, occupying the top and the
south-western slopes of the hill. After the gap referring to the Iron Age, the site was then occupied
by a settlement linked to the necropolises of Piani di Banditella, Piani di Perazzeta and Poggio di
Macchiabuia, excavated by prince Tommaso Corsini between the end of the 19th century and the
first decades of the 20th. Between the Orientalising period and the late Archaism, the inhabited area
progressively extended to the hills (Uliveto di Banditella and Poggio di Macchiabuia) next to
Poggio del Castello.
keywords: Etruschi, Scavi, Necropoli, Grosseto
1. Il Progetto Marsiliana d’Albegna: un modello sperimentale per la ricerca sul campo
Il Progetto «Caratteri insediativi e architettura funeraria a Marsiliana d’Albegna» è stato avviato nel
2002 dall’Insegnamento e Laboratorio di Etruscologia e Antichità Italiche (ILEAI) dell’Università
degli Studi di Siena, sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana
1
(da qui in poi SBAT) e d’intesa con i Principi Corsini e il Comune di Manciano (GR), per definire
in dettaglio, anche in considerazione della scarsa entità dei dati disponibili, l’assetto poleografico e
l’evoluzione del paesaggio nel sito etrusco di Marsiliana.
La località è nota per gli scavi condotti da Tommaso Corsini tra la fine dell’Ottocento e i primi del
Novecento: le ricerche all’interno della Tenuta Marsiliana, dal 1761 proprietà dei Corsini, hanno
permesso di individuare e mettere in luce molti nuclei funerari, tra i quali spiccano per ricchezza ed
estensione quelli dei Piani di Banditella, poi pubblicati in modo esteso da Antonio Minto (oltre a
Minto 1921, tra i principali contributi sui materiali degli scavi Corsini si segnalano Cristofani 1977,
Bruni, Cianferoni 1987; Cianferoni 1987) (figg. 1-2).
Le indagini sono riprese soltanto negli anni Cinquanta, con i lavori di bonifica e parcellizzazione
della piana dell’Albegna avviati dall’Ente Maremma; tra la fine degli anni Settanta e la metà degli
anni Ottanta si datano, invece, vari interventi di tutela condotti da Maurizio Michelucci all’interno
dei nuclei sepolcrali di Uliveto di Banditella, di Fontin Piccolo e delle Ficaie, oltre alla messa in
luce di edifici all’Uliveto di Banditella e ai Pietriccioli (Michelucci 1983; 1987-1988; 1991; 1995;
2009).
Di particolare interesse sono le strutture tardo-orientalizzanti dell’Uliveto di Banditella perché
ricondotte, sia pure in via ipotetica, al centro di Caletra, ricordato dalle fonti (Liv., XXXI, 55; Plin.,
N.H., III, 52) (Michelucci 1984 e 1991; il riconoscimento di Saturnia come Kamarte, emerso dai
dati epigrafici, rispetto a Marsiliana identificabile come Caletra in base alle fonti letterarie, è in
Maggiani 1999). Il quadro è oggi definito con maggiore dettaglio dalle ricognizioni del «Progetto
Ager Cosanus-Valle dell’Albegna», che hanno lambito negli anni Ottanta l’area di Marsiliana e
parte della Valle dell’Elsa, pubblicate da Phil Perkins e Lucy Walker; le ricerche in corso, i cui
risultati sono presentati in queste pagine, sono concentrate su un’area campione di 58 km2, con
baricentro localizzato su Marsiliana e sulla Tenuta Corsini (Perkins 1999; Perkins, Walker 2002.
Sui primi risultati cfr. Camilli et al. 2006a; 2006b; Camilli et al. 2008a; Camilli et al. 2008b) (fig.
3). Dopo un primo supporto al Progetto, fornito dall’Università degli Studi di Siena e dalla SBAT,
in grado di sostenere l’attività on site di un gruppo di circa 40 tra studenti, laureati e specializzandi
in Archeologia dell’ateneo senese e di altre università italiane ed europee, a partire dal 2005 è stato
sempre più forte il contributo in servizi e derrate alimentari di aziende private (perlopiù fondazioni
bancarie, aziende di grande distribuzione alimentare e qualche azienda agricola dell’area), fino a
diventare, nel 2009, l’unico sostegno alle campagne di ricerca che hanno una durata media di due
mesi all’anno. Lo staff scientifico e direttivo del Progetto, guidato sul campo dallo scrivente, ha
attivato grazie al coordinamento della «Strada del Vino e dei Sapori Colli di Maremma», un
discreto e progressivo rapporto con numerose aziende agricole, agrituristiche e di servizi della zona,
anche di medie e piccole dimensioni, che hanno consentito di azzerare i costi del vitto, i costi di
affitto dei mezzi per il movimento terra e soprattutto di contenere al minimo le spese per l’alloggio
dei partecipanti. Il quadro delineato si giova di un rapporto sempre più stretto e costruttivo con la
proprietà e la direzione della Tenuta Marsiliana, che negli anni è divenuta il principale partner della
missione, essendo una parte consistente del sito di Caletra dislocata all’interno della Tenuta; questo
fattore si è rivelato decisivo per garantire un livello elevato di conservazione dei siti, assicurato
dalla posizione di collina e soprattutto dalla fitta ed estesa copertura boschiva. Nel luglio 2009
l’Università degli Studi di Siena ha trasferito la gestione dei servizi logistici del Progetto Marsiliana
d’Albegna all’Associazione di promozione sociale Etruria Nova, fondata da giovani laureati e
specializzandi in Archeologia, mantenendo comunque la direzione scientifica del lavoro. Etruria
Nova opera sul campo con un accordo di collaborazione tecnica stipulato con la SBAT: è nato così,
in via del tutto sperimentale, il Primo Campo Archeologico Internazionale, aperto a studenti e
2
laureati in Archeologia delle Università italiane, europee ed extraeuropee che intendano fare pratica
archeologica sul campo, ma anche a volontari interessati a esperienze nel settore, con l’unica
condizione di contribuire alle spese dell’alloggio e del trasporto e di accettare e condividere le
finalità e lo statuto dell’associazione in materia di difesa e tutela del patrimonio culturale. Al
Campo Archeologico Internazionale 2009, che ha avuto il patrocinio della Provincia di Grosseto,
hanno partecipato circa 100 persone, tra archeologi e volontari provenienti da 18 paesi europei ed
extraeuropei: si è così messa in piedi un’esperienza formativa di alto livello, in grado di accrescere
la sensibilità per la tutela dei beni archeologici nella Maremma grossetana e di creare solide
condizioni per lo sviluppo di un turismo culturale consapevole e impegnato nella ricerca
archeologica. In sintonia con lo spirito del Campo Archeologico Internazionale, uno dei principali
obiettivi di Etruria Nova è di alimentare la partecipazione dei residenti alle operazioni di ricerca
archeologica, al fine di favorire il contatto dei giovani con persone provenienti da nazioni e culture
diverse e naturalmente di approfondire e migliorare le conoscenze su un patrimonio straordinario,
che ha plasmato nei secoli il paesaggio e le comunità della Valle dell’Albegna.
2. Il paesaggio etrusco a Marsiliana d’Albegna: i nuovi dati sul centro
La ceramica protovillanoviana raccolta in superficie sui versanti meridionale e sudoccidentale del
Poggio del Castello (Unità Territoriali 105 e 128, da qui in poi UT 105 e UT 128) indizia un abitato
di capanne alla fine dell’età del bronzo, con tutta probabilità discretamente esteso; questa altura,
infatti, ampia 6 ha circa, presenta aree adatte all’insediamento in prevalenza lungo il versante
meridionale, in corrispondenza della strozzatura posta in vocabolo Dispensa (Del Re 2005-2006)
(fig. 4). La sommità del Poggio è dominata dalla mole del castello, di probabile fondazione
altomedievale e dal circostante borgo Corsini, che condizionano in modo sensibile la visibilità,
mentre i versanti settentrionale e orientale sono molto scoscesi. È interessante osservare come le
due UT con ceramica protostorica, forse inquadrabile in base ai partiti decorativi a una fase
avanzata del Bronzo Finale, abbiano restituito una quantità consistente di ceramica etrusca
orientalizzante, arcaica e tardo-arcaica, insieme a rado materiale romano di età medio-repubblicana,
alto-medievale e medievale (Camilli et al. 2006a, pp. 352-354; Camilli et al. 2008a) (fig. 5). La UT
128 in particolare ha reso evidenti attraverso una sezione occasionale il piano pavimentale di
almeno una capanna protostorica, con abbondanti resti di intonaco e argilla cotta dal fuoco,
ceramica domestica e paleofauna (costituita da caprovini, suini e bovini con tracce di macellazione),
in un complesso deposito stratigrafico che prospetta, quasi a contatto con la capanna, tronconi di
mura a secco disposti nella direzione del pendio, associati a ceramica e materiale edilizio etrusco
(fig. 6). La natura di molte delle UT dislocate lungo le pendici meridionali e sud-occidentali fa
pensare in realtà a forme di extrasito, dovute verosimilmente al colluvio dei depositi archeologici
dalla sommità del Poggio del Castello. Un dato certo è, al momento, l’evidente assenza di ceramica
riferibile al Primo Ferro 1, corrispondente al IX secolo a.C., in sintonia con il quadro offerto dagli
altri siti dell’area vulcente, abbandonati nella fase avanzata del Bronzo Finale, in coincidenza con
l’avvio del fenomeno protourbano sull’ampio pianoro di Vulci (Guidi 1999; Pacciarelli 2000, pp.
128-179). Nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. i versanti meridionale e sudoccidentale del
Poggio del Castello sono nuovamente occupati, sotto la spinta delle aristocrazie vulcenti che si
espandono lungo le valli del Fiora e dell’Albegna per affermare il proprio controllo sull’agro: la
ceramica in impasto bruno e impasto rosso dalla UT 128 è di notevole qualità ed esprime un
repertorio variegato di forme da banchetto e da simposio, indice di un ceto residente di rango
elevato; questa ripresa coincide con l’avvio dei nuclei sepolcrali dei Piani di Banditella, di Uliveto
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di Banditella e del Poggio di Macchiabuia. L’eccezionale livello delle sepolture delle fasi antica e
media dell’Orientalizzante nelle tombe a fossa e a circolo della necropoli dei Piani di Banditella
consente, inoltre, di accertare una concentrazione dei beni suntuari nelle mani di pochi gruppi
verosimilmente collegati da vincoli familiari, dovuta con tutta probabilità a forme di controllo e di
prelievo esercitate sul transito nella valle dell’Albegna, in una credibile condizione di autonomia
rispetto al centro egemone di Vulci (Perkins 1999, pp. 80-90). Nell’Orientalizzante antico l’abitato
si estenderà oltre la strozzatura del Poggio del Castello corrispondente all’area della Dispensa, ai
poggi limitrofi di Uliveto di Banditella e di Macchiabuia (fig. 5). Questo è il quadro suggerito dal
record archeologico, consistente al momento nei corredi molto frammentari recuperati nel 18961897 da T. Corsini nei circoli scavati lungo la dorsale meridionale del Poggio di Macchiabuia,
inquadrabili tra le fasi antica e media dell’Orientalizzante e dai nuovi dati emersi nella campagna di
ricerca 2007, che ha permesso di definire l’effettiva entità e l’articolazione topografica delle
necropoli meridionali di Marsiliana, collocate sulla sommità delle due dorsali del Poggio di
Macchiabuia, digradanti verso il torrente Camerone (Minto 1921, pp. 22-27) (fig. 7). Il crinale più
meridionale, sul quale sono stati riposizionati tre dei cinque tumuli scavati dal Corsini, ha rivelato
nel 2007 un ulteriore addensamento di almeno sette circoli di piccole dimensioni, dai 4 ai 6 m di
diametro (UT 306), delimitati da lastre in travertino e argilloscisto contenenti tombe a fossa con
pareti rivestite da bozze di travertino (figg. 5, 8-9). I pochi materiali recuperati dagli scavi
clandestini hanno condotto nel 2009 al recupero integrale di due circoli (rispettivamente il circolo 2
e il circolo 4), con la messa in luce della tecnica costruttiva. Si è così potuto definire un tipo
architettonico formato da una profonda cavità di forma circolare in alto, con il perimetro del taglio
superiore delimitato da lastre in travertino e argilloscisto infisse di taglio, che presenta in basso uno
spazio quadrangolare ospitante una tomba a cassa rettangolare, con base, pareti e coperchio
realizzati in travi lignee, rivestite sui lati e in alto da bozze in travertino gettate in maniera casuale
negli spazi liberi tra le pareti della fossa quadrangolare e le pareti e il coperchio della cassa lignea
(fig. 10). L’accesso alla camera di deposizione era garantito da una sorta di caditoia, i cui resti,
molto disturbati dall’azione degli scavatori clandestini, sono stati individuati lungo il lato
meridionale del circolo 2. La presenza della caditoia, forse chiusa in alto da una grande lastra
circolare in travertino, si rendeva necessaria per ripetere le deposizioni: nel circolo 2 sono stati,
infatti, recuperati due cinerari in lamina di bronzo, contenenti i resti del rogo funebre, più altre ossa
prive di tracce di combustione, attualmente in studio. Questo tipo ha indubbie affinità con
l’architettura delle tombe a camera populoniesi del Primo Ferro 2, chiarita di recente con la ripresa
degli scavi al Piano e al Poggio delle Granate e in particolare con la Tomba del Rasoio Lunato di
Bronzo, limitatamente al margine del taglio superiore della cavità, rivestito da lastre infisse (Ten
Kortenaar et al. 2004-2005). Seppure il restauro dei corredi sia in corso, i materiali ceramici e
metallici dei circoli 2 e 4 del Poggio di Macchiabuia sembrerebbero indiziare sepolture plurime a
cremazione e forse a inumazione: nel circolo 2 è presente una sepoltura femminile di rango elevato,
con complessa attrezzatura per la filatura e tessitura della lana; il circolo 4 ha invece rivelato una
sepoltura maschile con olla in impasto rosso come cinerario e punta di lancia in ferro. Entrambi i
circoli scavati sono inquadrabili, al momento, nell’Orientalizzante antico: nel caso del circolo 4 i
resti del corredo sembrano riferibili ancora all’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. (per i dati
preliminari della UT 306 si rimanda a Sanchirico 2007-2008; Camilli et al. 2008b, pp. 354-359). Le
UT documentate tra il versante occidentale dell’Uliveto di Banditella e quelle addensate alla
sommità del Poggio di Macchiabuia sono invece costituite da aree cosparse di materiale edilizio in
tegole e coppi, associato a ceramica domestica, i cui caratteri formali fanno pensare a un arco
cronologico grossomodo compreso tra un momento avanzato dell’Orientalizzante recente,
4
probabilmente coincidente con lo scorcio del VII secolo a.C. e l’età tardo-arcaica. Un sito
esemplare è costituito dalla UT 156, denominata «Casa dei Dolia»: vi sono stati identificati i resti di
un edificio articolato, sul quale è stato condotto uno shovel test che ha messo in luce parte di un
ambiente con probabile funzione di stoccaggio delle derrate alimentari, grazie alla presenza di
grandi contenitori, sottoposti ad analisi chimiche e gascromatografiche da Alessandra Pecci, che
hanno rivelato la presenza di vino o frutta fermentata e pesce conservato (Camilli et al. 2006a, pp.
354-355; Camilli et al. 2008a, pp. 202-204) (figg. 5 e 11). Elementi significativi sono emersi dalla
ceramica domestica proveniente da uno dei saggi di controllo seguiti nel 1995 da Alessandro
Zanini, preventivi ai lavori di rifacimento della linea elettrica MT eseguiti dall’ENEL, nelle località
di Uliveto di Banditella e Poggettelli: la ceramica dal saggio 8 ENEL sull’Uliveto di Banditella ha
restituito le classi del bucchero, della ceramica depurata, dell’impasto bruno, dell’impasto rosso e
dell’impasto grezzo, oltre a materiale edilizio etrusco, per un arco cronologico che sembrerebbe
avere almeno nell’Orientalizzante medio il termine superiore, con un piatto carenato a tesa larga in
impasto rosso (dati di scavo e ceramica resi disponibili dalla cortesia di A. Zanini; su questi saggi
cfr. ora Sanchirico 2007-2008) (fig. 5). La collocazione delle aree sepolcrali meridionali parrebbe
perciò delimitare un’area insediativa compresa tra l’Uliveto di Banditella e il Poggio di
Macchiabuia di 41 ha circa, per un’estensione complessiva, includente il Poggio del Castello, di 47
ha circa. Questo computo restringe di più del 50% il primo calcolo dell’area insediativa, già stimata
intorno ai 122 ha (Camilli et al. 2006a, p. 359-361): una definizione che tiene conto dell’estensione
dei nuclei funerari del Poggio di Macchiabuia, messa a punto nel 2007, insieme al riconoscimento
della superficie effettivamente abitabile del Poggio del Castello e anche del rinvenimento di opere
murarie di sostruzione della sommità dei poggi, presenti soprattutto lungo il versante occidentale, in
prossimità dell’Uliveto di Banditella. Il calcolo è naturalmente suscettibile di cambiamenti, in base
al principio che le opere di terrazzamento lungo i versanti scoscesi avrebbero potuto accogliere,
come già verificato da M. Michelucci nello scavo del 1982, forme di insediamento sparso o
concentrato (Michelucci 1991). Volendo stilare un primo bilancio della ricerca e in attesa di
conferme da futuri scavi, sembra possibile, tuttavia, interpretare l’evidenza archeologica come
quella di un centro unitario, articolato su poggi limitrofi, la cui geomorfologia viene adattata alle
esigenze della comunità con opere di sostruzione dei versanti più scoscesi. Tale sembra il senso dei
muri a secco localizzati sul Poggio del Castello, di quelli rinvenuti da M. Michelucci all’Uliveto di
Banditella, con l’identificazione di una via lastricata integrata ai terrazzi e soprattutto di quelli posti
lungo il crinale occidentale del Poggio di Macchiabuia. Questo settore presenta infatti un muro di
contenimento ben visibile (UT 169), che è possibile seguire, a tratti, per diverse decine di metri
lungo la curva di livello dei 160 m s.l.m.; l’opera potrebbe in teoria sottolineare anche un limite
sancito dell’area abitata, oltre che rafforzare il margine del crinale del Poggio di Macchiabuia: esso
infatti coincide nell’estremità meridionale dell’altura con la linea di separazione tra zona insediativa
e zona funeraria, quasi a marcare, sotto il profilo interpretativo, un confine riconosciuto da tutta la
comunità residente nel centro (figg. 5 e 12).
3. Il paesaggio etrusco a Marsiliana d’Albegna: il suburbio
La fertile piana alluvionale compresa tra l’Albegna e i torrenti Radicata e Camerone è occupata
nell’Orientalizzante antico e medio da tumuli isolati o aggregati in piccoli nuclei: il monumento più
conosciuto è il Circolo di Perazzeta, scavato nel 1913, posto circa 600 m a SO del fabbricato per le
macchine agricole di Banditella (Minto 1921, pp. 158-174; Bruni, Cianferoni 1987, pp. 118-148).
Lo scavo di un grande monumento funerario, condotto tra il 2003 e il 2007 nel Podere 145 di
5
proprietà del sig. Domenico Brizzi ai Piani di Perazzeta, a circa 2 km a SO del Poggio del Castello,
ha consentito di fare ulteriore luce sulle forme di occupazione dell’ampia fascia suburbana intorno a
Marsiliana (Camilli et al. 2006b; Camilli et al. 2008b, pp. 359-364) (figg. 3, 13-14). L’indagine ha
portato in luce un primo tumulo di 12,60 m di diametro, con crepidine in lastre di argilloscisto,
includente una tomba a fossa intatta, con una deposizione maschile riferibile al secondo quarto del
VII secolo a.C.: la struttura ha rivelato alcuni caratteri di grande interesse, quali una rampa di
accesso al tumulo orientata in senso E/O, costruita in grandi lastre di argilloscisto poste di taglio e
un’area cultuale a pianta quadrangolare (4,20 x 3,10 m circa) circoscritta da lastrine di argilloscisto
e piccole schegge di travertino, nel quadrante sudorientale della crepidine. Il tumulo Brizzi 1 è stato
inglobato probabilmente all’inizio del VI secolo a.C. da un grande tumulo di 28 m circa di diametro
(denominato Brizzi 2), con tamburo delimitato da lastre di travertino infisse verticalmente e
congiunte con molta cura in una fossa di fondazione, coronate da una cornice di lastre di travertino
orizzontali, sopravvissute in piccola parte nel quadrante settentrionale della crepidine (figg. 15-16).
La superficie del nuovo tumulo accoglieva presumibilmente una tomba a camera e varie sepolture a
fossa, purtroppo distrutte dai lavori agricoli: è stato possibile documentare i resti di una camera
costruita in blocchi squadrati di travertino, mentre la ceramica proveniente dagli strati agricoli
indica una frequentazione compresa tra l’Orientalizzante recente e la piena età arcaica. I tumuli
Brizzi 1 e 2 dei Piani di Perazzeta non sono isolati: collocati sulla sommità di un pendio appena
accentuato, esprimevano con probabilità una forma di possesso fondiario da parte di un segmento
della comunità aristocratica residente in Marsiliana; oltre al menzionato Circolo di Perazzeta, di cui
si è persa l’ubicazione, nella piana digradante verso l’Albegna sono stati identificati nel 2006 i resti
di una tomba a circolo distrutta dai lavori agricoli (UT 209, in vocabolo Quarto d’Albegna), con
lacerti del corredo in impasto bruno, impasto rosso e bronzo, inquadrabili ancora
nell’Orientalizzante antico (figg. 17-18). Nel corso dell’età arcaica (e soprattutto nella fase tardoarcaica), intorno al sistema acclarato per Marsiliana si accendono vari insediamenti periferici,
distribuiti in un’ampia fascia suburbana (località Fontin Grande, Poggio Seccaroneta, Pietriccioli e
Poggio Alto, ma anche il nucleo indagato di recente dalla SBAT in località Il Santo, ai Piani di
Banditella), con funzioni residenziali e produttive e dai tratti marcatamente gentilizi, correlati ad
aree sepolcrali che si sviluppano di solito intorno a tumuli isolati o a nuclei funerari più antichi (fig.
3). Il sito meglio conosciuto è quello dei Pietriccioli, località posta presso il confine orientale della
Tenuta Marsiliana, scavato da M. Michelucci dal 1989 al 1993: si tratta di un edificio dalla
planimetria estesa (o altrimenti di più edifici contigui), con ambienti articolati intorno a una corte
trapezoidale, scoperta; la ceramica indica un arco di frequentazione compreso tra la seconda metà
del VI e la fine del IV secolo a.C. Al sito dei Pietriccioli lo scavatore ha collegato una tomba a
tumulo posta a 200 m a S, con deposizioni distribuite tra la prima metà del VI e l’inizio del V
secolo a.C., escludendo invece la connessione con una tomba a fossa medio-orientalizzante,
probabilmente non isolata, localizzata a 300 m a NE dell’edificio (Michelucci 1995). È interessante
osservare come la presenza di tombe singole o piccole necropoli localizzate in prossimità di edifici
o gruppi di edifici di costruzione più recente sia abbastanza costante nell’area suburbana: a diretto
contatto con la necropoli dei Piani di Banditella, il cui termine cronologico superiore dovrebbe
rientrare nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., gli scavi preventivi diretti dalla SBAT in località
Il Santo, per la realizzazione della rotatoria sulla SR 74 Maremmana hanno posto in evidenza un
edificio/gruppo di edifici molto articolati dal punto di vista planimetrico, secondo gli scavatori
costruiti entro la fine del VII secolo a.C. e frequentati in modo intenso fino alla fase tardo-arcaica
(Camilli et al. 2005) (fig. 5). Lo stretto collegamento con l’estesa necropoli di Banditella suggerisce
che il complesso sia stato impiantato su terreni in possesso di un clan gentilizio numeroso, con tutta
6
probabilità discendente dai nuclei aristocratici che vi hanno iniziato a seppellire alla fine dell’età del
ferro. La contiguità del sito con l’area funeraria potrebbe spiegarsi con il consistente incremento
demografico che investe la bassa valle dell’Albegna a partire dall’Orientalizzante recente, alla
radice della sensibile espansione della popolazione a ridosso del centro di Marsiliana e dell’avvio
del popolamento rurale nell’agro, ben percepibile nella contigua valle dell’Elsa. La situazione
riscontrata in località Il Santo è la stessa dell’ampia necropoli di Fontin Grande (così denominata
per distinguerla dalla necropoli di Fontin Piccolo, nella valle del Radicata lungo le pendici
occidentali del Poggio Pietricci, i cui dati preliminari sono stati appena pubblicati in Michelucci
2009), un sito funerario (UT 99) posto a circa 2,1 km a S del Poggio del Castello, in corrispondenza
di una balza di travertino che ha favorito l’escavazione di tombe a camera, localizzate in numero
approssimativo di più di 200 unità, in base al posizionamento degli scavi clandestini (figg. 3, 19). Si
tratta di tombe monocamerali e di piccole dimensioni che propongono tipi architettonici analoghi a
quelli di Fontin Piccolo, con un arco cronologico espresso dai frammenti ceramici raccolti al di
fuori delle camere, compreso tra la seconda metà del VII e tutto il VI secolo a.C. (Camilli et al.
2006a, pp. 358-359; Camilli et al. 2008a, pp. 204-205; Camilli et al. 2008b, pp. 354-359) (figg. 2021). Alla necropoli di Fontin Grande sono connessi vari nuclei insediativi di carattere rurale,
impiantati in età arcaica a ridosso delle contigue pendici collinari digradanti verso i Piani di
Perazzeta. Le UT 82 e 86 confermano l’esistenza di edifici probabilmente poco articolati, i cui
abitanti dovrebbero aver utilizzato, a partire dagli inizi del VI secolo a.C., la vicina necropoli
(Tofani 2005-2006; Pieragnoli 2006-2007). Oltre alla discrepanza cronologica già osservata negli
altri casi, con la presenza di un sepolcreto precedente che genera forme di insediamento a breve
distanza, è molto ben visibile a Fontin Grande la crescita e l’affermazione di un ceto medio dalle
accentuate manifestazioni di isonomia nell’architettura e nel costume funerario, che tradisce il
livello elevato della società gentilizia residente a Marsiliana nella piena età arcaica. Gli aspetti
archeologici correlati a questo processo sono emersi con grande chiarezza dall’indagine in corso a
Poggio Alto, posto a circa 3 km a SSE del Poggio del Castello (fig. 3). Il sito UT 161, localizzato
nel 2005 (e denominato «Casa delle Anfore») sulle pendici sudorientali dell’altura, all’interno della
proprietà Corsini, è in corso di scavo a partire dal 2006 (Camilli et al. 2006a, p. 356; Camilli et al.
2008a, p. 202; Camilli et al. 2008b, pp. 368-374). Le indagini hanno rivelato un edificio di
proporzioni rilevanti, a pianta quadrangolare, con lati perimetrali lunghi 20 m circa: la struttura è
estesa su una superficie di 400 metri quadri circa e conserva integri i muri perimetrali, in spezzoni
di travertino rinforzati lungo il muro settentrionale e agli angoli con blocchi sbozzati nello stesso
materiale (figg. 22-23). Lo scavo, condotto per tre campagne consecutive fino al 2009, ha reso
evidente la pianta complessa dell’edificio, ricoperta da un esiguo strato di terreno: i muri interni
indicano con chiarezza l’esistenza di almeno sei ambienti, disposti intorno a una corte centrale
scoperta, a cui si accedeva da E attraverso un accesso nel muro perimetrale, definito da due corti
setti murari. Dei vani si leggono con chiarezza i muri, formati da spezzoni di travertino, con gli
accessi aperti sulla corte. È probabile che gli alzati di tutti i muri fossero realizzati con la tecnica dei
mattoni crudi: nei tre vani (ambienti A, B ed E) completamente scavati e portati in luce sono emersi
vari strati di crollo del tetto, costituiti quasi integralmente da tegole di prima fase in impasto rossobruno, inglobate da terra a matrice molto argillosa, proveniente dal disfacimento degli alzati. Lo
scavo dell’ambiente A ha restituito circa 698 kg di tegole, a fronte di appena 4,6 kg di coppi, mentre
le tegole dell’adiacente e meno conservato ambiente B, il cui margine è tangente la carrareccia di
Poggio Alto, 230 kg di tegole e 1,8 kg di coppi. Il lungo lavoro di ricomposizione e restauro delle
tegole dei due ambienti ha confermato la presenza esclusiva del tipo Wikander II, con bordi
progressivamente rastremati e incassi nell’estremità inferiore per l’incastro con la tegola successiva;
7
la ricostruzione quasi integrale di 6 tegole ha fissato le dimensioni medie in 66 x 45 cm, con un
peso di ciascun esemplare intorno ai 13 kg; una prima valutazione sulla sostanziale assenza di coppi
nella copertura dei due vani ha fatto pensare al recupero di tale materiale dopo l’abbandono
dell’edificio (Bimbi 2007-2008; Camilli et al. 2008b, pp. 371-372) (fig. 24). Negli ambienti A e B,
il crollo del tetto ha schiacciato un consistente numero di contenitori in impasto, rendendo credibile
un loro uso come magazzini di stoccaggio di derrate alimentari: tra le forme restituite dall’ambiente
A, vi sono almeno sette anfore da trasporto, classificabili all’interno del tipo Py 3C (cortesemente
identificate da Michel Py) ma molto vicine nella morfologia al tipo Py 5, presente in zona alla
Puntata di Fonteblanda e soprattutto nel corredo della tomba 4 di Pian di Palma a Saturnia (Nardi,
Pandolfini 1985, pp. 47-49 n. 13; Ciampoltrini, Rendini 2007; sul tipo Py 3C, cfr. Py et al. 2001, pp.
20-23), oltre a numerose olle ovoidi e ciotole-coperchio in impasto grezzo e a vari mortai con bordo
ingrossato a fascia, imitanti la produzione in impasto chiaro-sabbioso (fig. 25). Diversi contenitori
in bucchero, ceramica depurata, vernice nera etrusca e impasto grezzo sono stati recuperati anche
all’interno dell’ambiente B, i cui muri sono in cattive condizioni perché danneggiati dalla
vegetazione ad alto fusto limitrofa alla strada vicinale. Lungo il lato orientale del muro perimetrale,
in corrispondenza dei due vani scavati, sono stati localizzati molti frammenti di dolia, la cui
posizione esterna all’edificio farebbe pensare all’esistenza di porticati in legno per proteggere dalle
intemperie i grandi contenitori; la presenza dei dolia è accertata anche lungo il lato esterno
dell’ambiente C, il cui scavo è stato avviato nel 2009, con il riscontro della stessa dinamica di crollo
degli altri ambienti indagati (fig. 26). Le analisi archeometriche eseguite da A. Pecci sulle superfici
interne di molti dei contenitori ritrovati e sui pavimenti dei due ambienti scavati, hanno messo in
evidenza tracce e residui organici compatibili con i markers del pesce e dell’olio di oliva (Camilli et
al. 2008a, pp. 202-204; Camilli et al. 2008b, pp. 372-374). Il sito è stato rioccupato, tra Settecento e
Ottocento, da una capanna a pianta ellittica di cui restano le basi dei muri presso la corte scoperta, il
cui interro ha restituito varie parti metalliche di una pistola ad avancarica, oltre a una medaglietta
devozionale. Una prima analisi dei dati offerti dallo scavo fa emergere la natura rurale del
complesso, con caratteri costruttivi che ricordano le case urbane e suburbane dell’Etruria centromeridionale e del Latium Vetus: si tratta di un tipo di edilizia privata di età tardo-arcaica e classica
messo in luce da ricerche recenti, di solito a pianta rettangolare o comunque quadrangolare, con gli
ambienti distribuiti intorno a una corte centrale scoperta e il compluvium spesso delimitato da un
porticato (sul tipo cfr. da ultima Paribeni 2009). È interessante osservare come simili edifici,
collocati in area suburbana o nell’agro delle città, prevedano al proprio interno locali dediti alla
trasformazione di prodotti agricoli e allo stoccaggio e conservazione di derrate alimentari, come nel
caso della fattoria scavata a Valli di Capanne (Scarlino, GR) nell’agro vetuloniese o della villa
dell’Auditorium nell’agro romano (Paribeni 2009; Carandini et al. 2007). L’arco cronologico della
«Casa delle Anfore», fissato dai materiali ceramici, sembra compreso tra l’ultimo quarto del VI e la
prima metà del V secolo, con una frequentazione probabilmente estesa alla fine del V secolo a.C.
L’edificio non è isolato: sulla sommità di Poggio Alto (presso la quota 186), i cui crinali sono
verosimilmente rinforzati con muri di terrazzamento (UT 188 e 189), sono stati individuati nel 2006
i resti di vari edifici etruschi con strutture murarie in blocchi appena sbozzati di travertino, ben
visibili in superficie all’interno del bosco (UT 180 e 191), che hanno restituito ceramica domestica
in impasto grezzo, in impasto imitante l’impasto chiaro-sabbioso, associato ad anfore da trasporto e
ad abbondante materiale edilizio, la cui cronologia sembrerebbe confrontabile con quella della
«Casa delle Anfore». A breve distanza dagli edifici sono localizzate due aree sepolcrali (UT 178 e
190), di cui la prima costituita da un tumulo con tomba a camera costruita, oggetto di scavi
clandestini. Egualmente interessanti i resti di edifici analoghi sul versante occidentale di Poggio
8
Alto, con materiale edilizio di prima fase in superficie (UT 195) e tombe a tumulo con camera
costruita sparse intorno al sito abitato e infine sulle pendici nord-occidentali dell’altura, con la
presenza di abbondante materiale edilizio di prima fase, ceramica domestica in impasto grezzo e
resti di dolia (UT 194). Questi nuovi poli accesi a partire dall’età tardo-arcaica (a cui va aggiunto
anche il sito identificato su Poggio Seccaroneta, sulla sommità di un rilievo dai fianchi orientali
rinforzati con muri di terrazzamento: Camilli et al. 2006a, pp. 355-356) sembrano rispondere a un
consistente incremento demografico dell’area, con conseguente aumento della produzione e dei
consumi, incentrati sulla viticoltura, sull’olivicoltura e con tutta probabilità sul pescato proveniente
dalla laguna di Orbetello: l’ipotesi di una veicolazione del surplus agricolo e di prodotti a base di
pesce conservato lungo le vie commerciali del Mar Tirreno e del Mar Ligure è stata da tempo
prospettata, già nell’ambito del «Progetto Ager Cosanus-Valle dell’Albegna», con l’analisi del
popolamento rurale nella media e alta valle dell’Albegna; un quadro che appare oggi coerente con
quello delineato a partire dal 2002 nel settore più periferico della valle dell’Elsa, costruito sui
numerosi siti aperti di età arcaica qui localizzati (Perkins 1999, con bibliografia precedente; Camilli
et al. 2006a, pp. 354-357).
4. Una fornace di anfore da trasporto a Marsiliana?
L’accentuata vocazione agricola del distretto gravitante su Marsiliana d’Albegna è inoltre
accreditata dall’identificazione, avvenuta con la ricerca di superficie nella campagna di ricerca
2006, di una sensibile concentrazione di anfore da trasporto (UT 201), in località Sant’Antonio a
circa 1,2 km a O del Poggio del Castello, occupata quasi integralmente da frammenti di anfore tipo
Py 3B in impasto ceramico arancio e da una quantità molto minore di scorie di lavorazione
siderurgica, posta presso l’argine dell’odierna riva sinistra dell’Albegna (Camilli et al. 2008b, pp.
364-368; Zifferero et al. 2009) (fig. 5). La particolare conformazione della UT 201 e della contigua
UT 265 hanno suggerito di mettere a punto una raccolta misurata dei reperti affioranti in superficie,
adattando la strategia di prelievo al carattere dei siti. Il luogo presentava infatti forti dubbi
interpretativi, dal momento che molta parte del settore a contatto con l’argine del fiume è stata
oggetto di estrazione di sabbie e ghiaia tra gli anni Sessanta e Settanta, con il successivo
risarcimento dei cavi prodotti dall’estrazione con materiale edilizio e rifiuti, che hanno condotto al
livellamento della zona. La particolare ampiezza degli affioramenti, associata all’elevata densità dei
materiali in superficie hanno consigliato di effettuare una raccolta sistematica con griglia a maglie
regolari di 0,50 m di lato. Per l’UT 201 (40 x 20 m), la distribuzione dei reperti in superficie ha
confermato la mancata sovrapposizione dei frammenti ceramici etruschi con il materiale edilizio
contemporaneo, alimentando in un primo momento l’ipotesi che alla superficie corrispondesse un
deposito archeologico sottostante (Zifferero et al. 2009) (fig. 27). Un saggio di scavo effettuato a
macchina nel 2009 ha definitivamente accertato per le due UT la natura di depositi artificiali, da
interpretare come terre di riporto scaricate in prossimità dell’argine del fiume Albegna. Il carattere
compatto dei depositi, registrato attraverso la distribuzione dei reperti con la quadrettatura,
dovrebbe confermarne la natura di discariche da cantiere edilizio. Informazioni raccolte in loco
renderebbero plausibile una loro provenienza dalle opere di lottizzazione effettuate nel corso
dell’ultimo decennio nel borgo di Marsiliana, in particolare nella fascia a contatto con la strada
Marsiliana-Capalbio in località Piani di Banditella o, in alternativa nella grande lottizzazione
antistante la Palestra Comunale, ai margini occidentali dell’Uliveto di Banditella. Come si desumerà
dalle note seguenti, l’origine del materiale ceramico dall’attività di una fornace (almeno per la UT
201) dovrebbe essere acclarata: soltanto l’analisi archeometrica potrà a questo punto fornire
indicazioni di supporto in merito ai tratti minerogenici delle argille. Il peso complessivo dei
9
frammenti riferibili ad anfore da trasporto recuperati sull’intera area quadrettata (UT 201 e UT 265)
assomma a circa 106 kg ed è così ripartito: 37,565 kg di frammenti classificabili come ben cotti e
68,961 kg di frammenti ipercotti o deformati nella forma e/o con screpolature in superficie; il
materiale edilizio invece ammonta a ca. 25 kg. Di particolare interesse è inoltre la disposizione delle
scorie di lavorazione metallurgica, chiaramente distinta dalle aree di massima concentrazione delle
anfore: si tratta di scorie siderurgiche, dall’aspetto bolloso e a forma di goccia associate a quelli che
sembrano i resti, deformati dal calore, pertinenti alla struttura della forgia; la presenza, inoltre, di
numerosi grumi di argilla cotta dal fuoco, sarebbe da attribuire verosimilmente alle pareti della
camera di cottura della fornace per ceramica o all’impianto del ciclo di raffinazione del ferro. La
UT 201 offre una presenza quasi esclusiva di anfore con l’impasto ceramico dalla consistenza dura,
farinosa al tatto, di prevalente colore arancio o grigio (rispettivamente 5YR 6/8 e 7.5YR 6/6 delle
Munsell Soil Color Charts), con inclusi di quarzo, miche e feldspati molto abbondanti; le superfici
sono spesso ricoperte da un ingobbio color crema, abbastanza consistente (fig. 28). I bordi a sezione
arrotondata e leggermente estroflessi sono riferibili al tipo Py 3, seppure con sensibile variabilità
morfologica; i fondi invece, stretti e affusolati, trovano confronti stringenti con il sottotipo Py 3B
(Py 1993 e Py et al. 2001; sul tipo Py 3B sono ancora indispensabili la scheda e le tavole
tipologiche contenute in Py 1985, pp. 74-78 e fig. 5. Per la determinazione ipotetica delle aree di
produzione in Etruria meridionale, si rimanda, tra i contributi più recenti, a Marchand 2006;
Hérubel, Gailledrat 2006; Aquiluè et al. 2006) (figg. 29-31). Secondo gli studiosi francesi le anfore
Py 3 con impasto arancio sono da riferire in via ipotetica all’agro settentrionale di Vulci e in
particolare alla produzione di Doganella (Marchand 1982; Hérubel, Gailledrat 2006). Questo centro,
collocato nella bassa valle dell’Albegna a 5 km circa da Marsiliana, ha restituito tracce evidenti di
fabbriche di anfore da trasporto e di altri contenitori, con presenza di scarti ceramici simili a quelli
del deposito anforico di Marsiliana: secondo P. Perkins tale produzione avrebbe veicolato il surplus
agricolo dell’area sul commercio marittimo a lunga distanza (Perkins, Walker 1990, pp. 41-46;
Perkins 1999, pp. 129-130; pp. 138-146. L’autore ha gentilmente confermato la sostanziale identità
delle argille arancio delle anfore Doganella tipo 2, corrispondenti al tipo Py 3B, con quelle del
deposito di Marsiliana). Il quadro offerto da Doganella è oggi sensibilmente arricchito dal materiale
anforico (pertinente in maggioranza ai tipi Py 3A e 3B) e dagli abbondanti resti di attività di
raffinazione di spugne ferrose, portati in luce da Giulio Ciampoltrini nel vicino sito emporico della
Puntata di Fonteblanda, sulla sponda sud-orientale della laguna di Talamone (Ciampoltrini 2003, p.
283 e fig. 10: le anfore di Fonteblanda e le anfore Py 3B provenienti da sequestri e conservate nei
magazzini della SBAT a Orbetello condividono lo stesso impasto ceramico arancio delle anfore di
Marsiliana, come lo stesso autore ha cortesemente comunicato allo scrivente. Un fotocolor della
nota anfora Py 3B da Orbetello, che rende possibile un riscontro cromatico dell’argilla, in
Ciampoltrini, Rendini 2007, pp. 178-179 e fig. 3). Pur con le cautele imposte dalla natura accertata
del deposito, la UT 265 presenta una relativa omogeneità nel quadro cronologico offerto dalla
ceramica e dal materiale edilizio raccolto in superficie, oltre a essere significativamente sincronico
con il deposito anforico della UT 201: le classi ceramiche documentate sono il bucchero nero, il
bucchero grigio, la ceramica etrusco-corinzia, l’impasto bruno, l’impasto rosso, l’impasto grezzo,
una produzione locale imitante le forme dell’impasto chiaro-sabbioso, il materiale edilizio,
rappresentato da tegole e coppi. Rispetto al materiale anforico rappresentato dalla UT 201, infatti, è
interessante osservare la sostanziale diversità del deposito contiguo: ceramica in prevalenza
domestica, accompagnata da materiale edilizio di prima fase (per le schede dei reperti si rimanda a
Zifferero et al. 2009, pp. 106-110). La ceramica è chiaramente connotata in senso meridionale e
trova ampie assonanze con i contesti noti della bassa e media valle dell’Albegna e soprattutto con la
10
valle del Fiora, in particolare con Poggio Buco: significativa la presenza del bucchero e della
ceramica etrusco-corinzia, in forme tipiche delle produzioni dell’Orientalizzante recente e della
prima età arcaica; i caratteri espressi dall’impasto grezzo, con le classiche olle ovoidi a orlo
ingrossato e sagomato, accompagnate da ciotole-coperchio, scodelle e bacini, confermano il quadro
prospettato dalle classi fini. La ceramica offre comunque un quadro cronologico coerente,
circoscritto tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo a.C. Qualche dubbio, invece, è sollevato
da alcune forme dell’impasto bruno, che trovano confronti a Saturnia, Poggio Buco e Vulci in
contesti dell’Orientalizzante antico e dell’Orientalizzante medio iniziale: la natura dissonante di
questi materiali fa pensare a una cronologia precedente a quella prospettata dalla mole più
consistente della ceramica, ma è del tutto compatibile con il quadro tracciato dal centro di
Marsiliana. Circa la natura del deposito anforico, l’evidenza punta sulla possibilità di configurare
un’area artigianale in cui sembra praticata, almeno in modo intensivo nella prima metà del VI
secolo a.C., la fabbricazione di anfore da trasporto tipo Py 3B, identificabili dall’impasto ceramico
con la produzione ritenuta vulcente in letteratura, insieme a una produzione di tegole di minore
volume. All’attività manifatturiera sembra associabile anche una produzione metallotecnica
indiziata dalle scorie metallurgiche, legata verosimilmente al lavoro di una forgia che raffinava
blume ferrose. Questa fornace potrebbe essersi trovata nelle immediate vicinanze della discarica:
tale fattore autorizza l’ipotesi di un sito artigianale posto alle pendici occidentali del centro di
Marsiliana, dalla accentuata connotazione emporica (per molti versi simile all’abitato arcaico della
Puntata di Fonteblanda), collocato lungo l’importante via di comunicazione rappresentata dal fiume
Albegna, che evidentemente era percorso da imbarcazioni a pescaggio ridotto, adatte al trasporto di
merci e derrate. I nuovi dati rinforzano il profilo di un centro aperto alla rete dei commerci
transmarini diretti verso il Mar Ligure e il Golfo del Leone, facendone anzi uno dei principali centri
di raccolta e composizione dei carichi anforici che trasportavano a lunga distanza i prodotti agricoli
e ittici della zona: è sintomatico che il deposito di Sant’Antonio esprima una produzione anforica
riconducibile al tipo Py 3B, protagonista dell’avvio in grande stile del commercio etrusco,
coincidente con l’inizio del VI secolo a.C.
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Studi di Siena, Anno Accademico 2006-2007.
Zifferero et al. 2009 A. Zifferero, G. Pieragnoli, C. Sanchirico, G. Tofani, Un sito artigianale con
anfore da trasporto tipo Py 3B a Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), in «Officina Etruscologia»
1, pp. 101-127.
Ricevuto febbraio 2010; accettato marzo 2011
NOTE
(1) Questo contributo è una rielaborazione aggiornata, integrata e corretta del testo: «Marsiliana d’Albegna (Manciano,
GR): cento anni di ricerche archeologiche», pubblicato nei Materiali per Populonia 8 (a cura di F. Ghizzani Marcìa e
C. Megale), Pisa, Edizioni ETS, 2009, pp. 223-246. La ricerca archeologica a Marsiliana d’Albegna (campagne 20022009) è stata finanziata fino al 2004 dai fondi ordinari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (responsabile della
ricerca: Andrea Camilli) e fino al 2006 dal Piano di Ateneo di Ricerca dell’Università degli Studi di Siena (Progetto
«Caratteri insediativi e architettura funeraria a Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR)», responsabile della ricerca:
Andrea Zifferero). Sono stati preziosi i contributi erogati dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena e i contributi
logistici e organizzativi forniti con continuità dalla SMA Etruria di Monteriggioni, dalla Leica Geosystems e da
numerose aziende della zona, tra le quali l’Antica Fattoria La Parrina, il Caseificio Sociale di Manciano, la DESPAR di
Marsiliana e la Cooperativa Agricola AgriMaremma di Manciano. I partecipanti sono stati coordinati sul campo da
Andrea Zifferero e da Silvia Pallecchi, con la collaborazione di Federico Bistolfi, Andrea Masi ed Elena Rossi sullo
scavo ai Piani di Perazzeta, Elena Santoro sullo scavo a Poggio Alto, Carmine Sanchirico e Giulia Tofani per la ricerca
di superficie. Simona Bimbi, Alice Del Re, Giulia Pieragnoli ed Elena Rossi hanno messo a punto il restauro dei
materiali dei cantieri di scavo e della ricognizione sotto la direzione di Fernanda Cavari e di Alessandra Pepi del
Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena. Un ringraziamento particolare a don Filippo
Corsini e al direttore della Tenuta Marsiliana, sig. Cesare Moncini, per avere favorito l’accesso degli archeologi
all’interno della proprietà Corsini e per il continuo supporto logistico accordato dal personale di custodia dell’azienda ai
lavori sul campo. Pari gratitudine alla dott.ssa Franca Spinola, dell’Antica Fattoria La Parrina, per aver sostenuto con
convinzione e continuità la logistica della ricerca; il Progetto Marsiliana d’Albegna ha ricevuto il patrocinio della
Provincia di Grosseto nel 2008, insieme a un contributo per la pubblicazione definitiva dei dati, conferito
dall’Assessorato alla Cultura, Turismo e Politiche del Lavoro della Provincia, grazie alla sensibilità dell’assessore,
signora Cinzia Tacconi.
(2) Il profilo archeometrico del materiale anforico della UT 201 è in corso di analisi da parte di Claudio Capelli, sotto la
direzione del prof. Roberto Cabella, presso il Laboratorio Archeometrico del Dipartimento per lo Studio del Territorio e
delle sue Risorse (DipTeRis), nella Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di
Genova, in collaborazione con Enrico Giannichedda. Un’ampia campionatura del materiale anforico recuperato sull’UT
201 e durante lo scavo della UT 161 («Casa delle Anfore»), è stata osservata da Michel Py durante un sopralluogo a
Lattes nell’inverno 2009, autorizzato dalla SBAT. Le anfore delle UT 201 e 265 sono state identificate dallo studioso
come riferibili con certezza al tipo Py 3B, prodotto nell’agro vulcente. Le scorie metallurgiche dalla UT 201 sono state
esaminate dallo scrivente e osservate di nuovo, in via preliminare, da Vasco La Salvia, dell’Università degli Studi di
Chieti, che ringrazio per l’amichevole collaborazione prestata.
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DIDASCALIE
Figura 1. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): la costruzione del ricovero per le macchine
agricole della Tenuta Marsiliana portò nel 1908 alla scoperta casuale della necropoli dei Piani di
Banditella (foto cortesia Archivio Storico Corsini, Firenze).
Figura 2. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): il principe Tommaso Corsini durante lo scavo di
una delle tombe a circolo nella necropoli dei Piani di Banditella (foto cortesia Archivio Storico
Corsini, Firenze).
Figura 3. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): esemplificazione cartografica della valle
dell’Albegna in prossimità di Marsiliana, con la determinazione dell’area campione individuata per
la ricerca di superficie (2002-2007); in grigio l’attuale estensione della Tenuta Marsiliana, di
proprietà della famiglia Corsini. Il riquadro A richiama in scala la posizione del quadro sinottico del
centro protostorico, orientalizzante e arcaico di Marsiliana, con i siti individuati nell’area compresa
tra il Poggio del Castello, l’Uliveto di Banditella e il Poggio di Macchiabuia, presentati in dettaglio
nella figura 5. In evidenza le località del suburbio menzionate nel testo: 1 = Piani di Perazzeta,
Podere 145; 2 = Fontin Grande e UT collegate; 3 = Fontin Piccolo (= Poggio Pietricci); 4 = Poggio
Seccaroneta; 5 = Poggio Alto e UT collegate; 6 = Pietriccioli.
Figura 4. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): panoramica delle pendici meridionali del Poggio
del Castello, con il borgo Corsini ripreso dall’Uliveto di Banditella (2004).
Figura 5. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): articolazione verosimile del centro etrusco di
Marsiliana, con le necropoli di età orientalizzante e arcaica. La prima fase di occupazione,
riconosciuta sul Poggio del Castello, risale al Bronzo Finale (UT 105 e 128); il sito è rioccupato
nella seconda metà-fine dell’VIII secolo a.C. In questa fase sono attivati i nuclei funerari localizzati
ai Piani di Banditella e sui poggi limitrofi (settori I-VI). All’Orientalizzante antico/medio risale
l’ampliamento dell’abitato nelle aree comprese tra il Poggio del Castello, l’Uliveto di Banditella e il
Poggio di Macchiabuia. Il retino a scacchi identifica l’area con materiali di abitato; il retino con le
croci le aree funerarie, con tombe isolate o gruppi di tombe: I = nucleo presso l’abitato odierno di
Marsiliana (segnalazione SBAT in seguito a scavi clandestini); II = necropoli dei Piani di
Banditella, con gli scavi di T. Corsini (a N scavi SBAT in località Il Santo; a E recupero di A.
Renzi); III = nucleo funerario presso l’Uliveto di Banditella (scavi di M. Michelucci e segnalazione
di T. Corsini); IV = necropoli 1 del Poggio di Macchiabuia; V = necropoli 2 del Poggio di
Macchiabuia, con segnalazione degli scavi Corsini 1896-1902; VI = necropoli compresa tra il
Poggio di Macchiabuia e il Poggio Seccaroneta. In altro a sinistra la posizione dei reperti dalle
discariche edilizie, individuati nelle UT 201 e UT 265. Legenda: ■ sito; ● frequentazione; ▲
tomba; i resti dei muri di terrazzamento sono indicati con linee più spesse.
Figura 6. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): la sezione occasionale della UT 128 lungo le
pendici meridionali del Poggio del Castello, con gli strati di vita e di abbandono di una capanna
protostorica e i resti murari di età etrusca (2004).
Figura 7. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: panoramica della
UT 315. In primo piano, tomba a tumulo con camera costruita (2007).
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Figura 8. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: panoramica della
UT 306. In primo piano il circolo 2 (2007).
Figura 9. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: pianta delle
tombe a circolo affioranti nella UT 306 (2007).
Figura 10. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: la tomba a
circolo 2 nella fase avanzata di scavo della camera sepolcrale (2009).
Figura 11. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: fotografia
zenitale del deposito archeologico della UT 156, con resti di dolia e materiale edilizio etrusco,
portato in luce con shovel test (2005).
Figura 12. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): resti del muro di terrazzamento (UT 169), sulla
curva di livello dei 160 m s.l.m., lungo il crinale occidentale del Poggio di Macchiabuia (2007).
Figura 13. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): fotografia zenitale dell’area di scavo (20032007) nel Podere 145 (proprietà D. Brizzi) ai Piani di Perazzeta, all’inizio della campagna di scavo
2006, con le principali evidenze architettoniche segnate da didascalie (foto Studio Fotografico
Mario Letizia, Roma).
Figura 14. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Piani di Perazzeta, Podere 145. Pianta
semplificata di fine scavo (2007), con le principali evidenze architettoniche dei tumuli Brizzi 1 e
Brizzi 2 portate in luce.
Figura 15. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Piani di Perazzeta, Podere 145:
panoramica del tumulo Brizzi 2 a fine scavo (2007).
Figura 16. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Piani di Perazzeta, Podere 145:
panoramica del tumulo Brizzi 2 in corso di scavo. In primo piano il quadrante settentrionale della
crepidine in blocchi di travertino; a sinistra, la sezione con la stratigrafia del taglio per
l’alloggiamento dei blocchi e il taglio successivo della fossa di spoliazione di età romana (2007).
Figura 17. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Quarto d’Albegna: frammenti di pithos a
rete sovradipinto in white-on-red, dalla UT 209 (foto di Fabio Mirulla).
Figura 18. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Quarto d’Albegna: frammento di patera
baccellata in lamina bronzea, dalla UT 209 (foto di Fabio Mirulla).
Figura 19. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Fontin Grande: planimetria della
necropoli di tombe a camera nella UT 99. In grigio, le tombe a camera di cui si è accertato
l’orientamento; i triangoli indicano la posizione generica della tomba a camera, desunta dallo scavo
clandestino (2007).
Figura 20. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Fontin Grande: l’ingresso ad arco della
tomba monocamerale 4 (2003).
Figura 21. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Fontin Grande: la camera della tomba
1034, con il letto di deposizione intagliato nel travertino (2003).
Figura 22. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Panoramica della
«Casa delle Anfore», in corso di scavo (2009).
Figura 23. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Pianta
semplificata di fine scavo, con la planimetria della «Casa delle Anfore»: in evidenza, i due ambienti
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portati in luce integralmente; al centro, la capanna moderna a pianta ellittica di cui restano le basi
dei muri presso la corte scoperta (2007).
Figura 24. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Tegola di prima
fase di tipo Wikander II, dallo scavo degli strati di abbandono dell’ambiente A (foto di Fabio
Mirulla).
Figura 25. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Anfora etrusca da
trasporto di tipo Py 3C, dallo scavo degli strati di abbandono dell’ambiente A (foto di Fabio
Mirulla).
Figura 26. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Particolare della
parte superiore di un dolium schiacciato, rinvenuto nella posizione originale lungo il lato esterno
dell’ambiente C, in corso di scavo (2009).
Figura 27. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: restituzione
cartografica della distribuzione spaziale e della densità della ceramica raccolta con quadrettatura a
maglie di 50 cm di lato. La griglia è riprodotta in modo sinottico, per motivi di resa grafica, con
quadrati di 5x5 m.
Figura 28. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: particolare
dell’impasto ceramico di una parete di anfora da trasporto di tipo Py 3B (foto di Fabio Mirulla).
Figura 29. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: selezione di
bordi di anfore, rappresentativi del tipo Py 3 (disegni di Marco Ricci).
Figura 30. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: selezione di anse
con impressioni e di fondi di anfore, rappresentativi del tipo Py 3B (disegni di Marco Ricci).
Figura 31. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio: ricostruzione grafica di
un’anfora da trasporto di tipo Py 3B, dai frammenti raccolti sulla UT 201. L’altezza dell’anfora è
indicativa: in assenza di un profilo completo si sono considerate le altezze medie degli esemplari
descritti in letteratura (disegni di Marco Ricci).
FIGURE
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Figura 1. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): la costruzione del ricovero per le macchine
agricole della Tenuta Marsiliana portò nel 1908 alla scoperta casuale della necropoli dei Piani di
Banditella (foto cortesia Archivio Storico Corsini, Firenze).
Figura 2. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): il principe Tommaso Corsini durante lo scavo di
una delle tombe a circolo nella necropoli dei Piani di Banditella (foto cortesia Archivio Storico
Corsini, Firenze).
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Figura 3. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): esemplificazione cartografica della valle
dell’Albegna in prossimità di Marsiliana, con la determinazione dell’area campione individuata per
la ricerca di superficie (2002-2007); in grigio l’attuale estensione della Tenuta Marsiliana, di
proprietà della famiglia Corsini. Il riquadro A richiama in scala la posizione del quadro sinottico del
centro protostorico, orientalizzante e arcaico di Marsiliana, con i siti individuati nell’area compresa
tra il Poggio del Castello, l’Uliveto di Banditella e il Poggio di Macchiabuia, presentati in dettaglio
nella figura 5. In evidenza le località del suburbio menzionate nel testo: 1 = Piani di Perazzeta,
Podere 145; 2 = Fontin Grande e UT collegate; 3 = Fontin Piccolo (= Poggio Pietricci); 4 = Poggio
Seccaroneta; 5 = Poggio Alto e UT collegate; 6 = Pietriccioli.
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Figura 4. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): panoramica delle pendici meridionali del Poggio
del Castello, con il borgo Corsini ripreso dall’Uliveto di Banditella (2004).
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Figura 5. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): articolazione verosimile del centro etrusco di
Marsiliana, con le necropoli di età orientalizzante e arcaica. La prima fase di occupazione,
riconosciuta sul Poggio del Castello, risale al Bronzo Finale (UT 105 e 128); il sito è rioccupato
nella seconda metà-fine dell’VIII secolo a.C. In questa fase sono attivati i nuclei funerari localizzati
ai Piani di Banditella e sui poggi limitrofi (settori I-VI). All’Orientalizzante antico/medio risale
l’ampliamento dell’abitato nelle aree comprese tra il Poggio del Castello, l’Uliveto di Banditella e il
Poggio di Macchiabuia. Il retino a scacchi identifica l’area con materiali di abitato; il retino con le
croci le aree funerarie, con tombe isolate o gruppi di tombe: I = nucleo presso l’abitato odierno di
Marsiliana (segnalazione SBAT in seguito a scavi clandestini); II = necropoli dei Piani di
Banditella, con gli scavi di T. Corsini (a N scavi SBAT in località Il Santo; a E recupero di A.
Renzi); III = nucleo funerario presso l’Uliveto di Banditella (scavi di M. Michelucci e segnalazione
di T. Corsini); IV = necropoli 1 del Poggio di Macchiabuia; V = necropoli 2 del Poggio di
Macchiabuia, con segnalazione degli scavi Corsini 1896-1902; VI = necropoli compresa tra il
Poggio di Macchiabuia e il Poggio Seccaroneta. In altro a sinistra la posizione dei reperti dalle
discariche edilizie, individuati nelle UT 201 e UT 265. Legenda: ■ sito; ● frequentazione; ▲
tomba; i resti dei muri di terrazzamento sono indicati con linee più spesse.
Figura 6. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): la sezione occasionale della UT 128 lungo le
pendici meridionali del Poggio del Castello, con gli strati di vita e di abbandono di una capanna
protostorica e i resti murari di età etrusca (2004).
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Figura 7. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: panoramica della
UT 315. In primo piano, tomba a tumulo con camera costruita (2007).
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Figura 8. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: panoramica della
UT 306. In primo piano il circolo 2 (2007).
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Figura 9. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: pianta delle
tombe a circolo affioranti nella UT 306 (2007).
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Figura 10. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: la tomba a
circolo 2 nella fase avanzata di scavo della camera sepolcrale (2009).
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Figura 11. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Poggio di Macchiabuia: fotografia
zenitale del deposito archeologico della UT 156, con resti di dolia e materiale edilizio etrusco,
portato in luce con shovel test (2005).
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Figura 12. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): resti del muro di terrazzamento (UT 169), sulla
curva di livello dei 160 m s.l.m., lungo il crinale occidentale del Poggio di Macchiabuia (2007).
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Figura 13. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): fotografia zenitale dell’area di scavo (20032007) nel Podere 145 (proprietà D. Brizzi) ai Piani di Perazzeta, all’inizio della campagna di scavo
2006, con le principali evidenze architettoniche segnate da didascalie (foto Studio Fotografico
Mario Letizia, Roma).
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Figura 14. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Piani di Perazzeta, Podere 145. Pianta
semplificata di fine scavo (2007), con le principali evidenze architettoniche dei tumuli Brizzi 1 e
Brizzi 2 portate in luce.
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Figura 15. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Piani di Perazzeta, Podere 145:
panoramica del tumulo Brizzi 2 a fine scavo (2007).
Figura 16. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Piani di Perazzeta, Podere 145:
panoramica del tumulo Brizzi 2 in corso di scavo. In primo piano il quadrante settentrionale della
crepidine in blocchi di travertino; a sinistra, la sezione con la stratigrafia del taglio per
l’alloggiamento dei blocchi e il taglio successivo della fossa di spoliazione di età romana (2007).
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Figura 17. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Quarto d’Albegna: frammenti di pithos a
rete sovradipinto in white-on-red, dalla UT 209 (foto di Fabio Mirulla).
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Figura 18. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Quarto d’Albegna: frammento di patera
baccellata in lamina bronzea, dalla UT 209 (foto di Fabio Mirulla).
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Figura 19. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Fontin Grande: planimetria della
necropoli di tombe a camera nella UT 99. In grigio, le tombe a camera di cui si è accertato
l’orientamento; i triangoli indicano la posizione generica della tomba a camera, desunta dallo scavo
clandestino (2007).
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Figura 20. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Fontin Grande: l’ingresso ad arco della
tomba monocamerale 4 (2003).
Figura 21. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Fontin Grande: la camera della tomba
1034, con il letto di deposizione intagliato nel travertino (2003).
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Figura 22. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Panoramica della
«Casa delle Anfore», in corso di scavo (2009).
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Figura 23. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Pianta
semplificata di fine scavo, con la planimetria della «Casa delle Anfore»: in evidenza, i due ambienti
portati in luce integralmente; al centro, la capanna moderna a pianta ellittica di cui restano le basi
dei muri presso la corte scoperta (2007).
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Figura 24. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Tegola di prima
fase di tipo Wikander II, dallo scavo degli strati di abbandono dell’ambiente A (foto di Fabio
Mirulla).
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Figura 25. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Anfora etrusca da
trasporto di tipo Py 3C, dallo scavo degli strati di abbandono dell’ambiente A (foto di Fabio
Mirulla).
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Figura 26. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR): località Poggio Alto, UT 161. Particolare della
parte superiore di un dolium schiacciato, rinvenuto nella posizione originale lungo il lato esterno
dell’ambiente C, in corso di scavo (2009).
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Figura 27. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: restituzione
cartografica della distribuzione spaziale e della densità della ceramica raccolta con quadrettatura a
maglie di 50 cm di lato. La griglia è riprodotta in modo sinottico, per motivi di resa grafica, con
quadrati di 5x5 m.
Figura 28. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: particolare
dell’impasto ceramico di una parete di anfora da trasporto di tipo Py 3B (foto di Fabio Mirulla).
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Figura 29. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: selezione di
bordi di anfore, rappresentativi del tipo Py 3 (disegni di Marco Ricci).
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Figura 30. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio, UT 201: selezione di anse
con impressioni e di fondi di anfore, rappresentativi del tipo Py 3B (disegni di Marco Ricci).
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Figura 31. Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR), località Sant’Antonio: ricostruzione grafica di
un’anfora da trasporto di tipo Py 3B, dai frammenti raccolti sulla UT 201. L’altezza dell’anfora è
indicativa: in assenza di un profilo completo si sono considerate le altezze medie degli esemplari
descritti in letteratura (disegni di Marco Ricci).
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AUT 29 - Zifferero draft - Archeologia Uomo Territorio