GLI ISTITUTI DI COMPOSIZIONE
CONCORDATA DELLA CRISI ALLA
LUCE DELLA RIFORMA
FALLIMENTARE: PROFILI NORMATIVI
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
IL CONCORDATO PREVENTIVO
art. 160 e ss. L.F.
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Aspetti generali
Il concordato preventivo è una procedura attraverso la quale un imprenditore e/o una società in seria
difficoltà economica (finanziaria) chiede ai propri creditori di poter superare tale periodo di criticità
mediante l’adesione ad un piano che possa soddisfare almeno parzialmente le loro pretese creditorie.
Pertanto, l’istituto è finalizzato alla rimozione dello stato di crisi ed alla protezione dell’unità aziendale.
Oltre alla possibilità di raggiungere con i creditori un accordo di natura essenzialmente liquidatoria,
l’imprenditore può preferire la salvaguardia e la continuità aziendale (going concern).
La disciplina del concordato preventivo ha subito rilevanti modifiche apportate del D. Lgs.35/2005. In
particolare:
>ha introdotto il principio della risoluzione e del superamento dello stato di crisi, tramite accordi di
natura privatistica;
>ha previsto la possibilità, per il debitore, di suddividere i creditori in classi e la loro
soddisfazione in modo differenziato.
Il decreto correttivo D. Lgs. 169/2007 ha provveduto a modificare e rinnovare tale strumento con la
finalità di creare uno strumento capace di salvare le imprese in crisi e, contemporaneamente,
soddisfare i creditori.
Le nuove modifiche si applicano per le procedure di concordato aperte dal 1° gennaio 2008, mentre per
quelle aperte in epoca precedente occorre far riferimento alla normativa introdotta nel 2005
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Soggetti interessati
Possono proporre il concordato preventivo sia l’imprenditore persona fisica che esercita un attività
commerciale sia le società commerciali (di capitali e di persone), ma anche l’impresa irregolare e di fatto, così
come le associazioni che esercitano un’attività commerciale. Sono pertanto esclusi dalla procedura, le imprese
agricole e gli enti pubblici. Fino al 31 dicembre 2007 erano esclusi anche i piccoli imprenditori; inoltre, per
poter beneficiare del nuovo istituto, non è più necessario che l’impresa abbia tenuto una contabilità regolare.
Per poter accedere al concordato preventivo l’imprenditore deve possedere i seguenti requisiti:
1) deve rientrare nelle soglie di fallibilità, di cui all’art. 1, L. Fall, ovvero non sono soggetti
al fallimento ed al concordato preventivo, gli imprenditori che dimostrino il possesso congiunto
dei seguenti requisiti:
a) aver realizzato nei tre esercizi antecedenti alla data di deposito dell’istanza di fallimento o
dall’inizio dell’attività, se di durata inferiore, ricavi lordi di ammontare complessivo annuo non
superiori ad € 200.000
b) aver avuto nei tre esercizi antecedenti alla data del deposito dell’istanza di fallimento o
dall’inizio dell’attività, se di durata inferiore, un attivo patrimoniale non superiore ad € 300.000
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad € 500.000
NB. A decorrere dal 1° gennaio 2008 spetta all’imprenditore dimostrare il possesso congiunto dei tre requisiti al fine di evitare il
fallimento.
2) deve trovarsi in uno stato di crisi, ossia in una situazione patrimoniale ed economica difficile,
ma ancora recuperabile; inoltre, si ricorda che per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Presupposti per l’ammissione (art. 160 L.F.)
Il concordato preventivo consente al debitore, nel caso di insolvenza conclamata, di proporre ai
creditori, un piano di risanamento che può prevedere:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori anche mediante:
- la cessione dei beni;
- accollo o altre operazioni straordinarie
- attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote,
obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate ad un assuntore, che deciderà se
continuare o meno l’esercizio d’impresa. L’assuntore può essere anche un creditore o società da
questi partecipate o una società appositamente costituita (newco);
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica (si fa riferimento alle
tradizionali categorie:prededucibili, privilegiati speciali e generali, postergati e chirografari) ed
interessi economici omogenei (es. la classe dei lavoratori dipendenti, fornitori, banche)(va
rispettato il principio di parità di trattamento dei creditori compresi nella medesima classe);
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
Il piano può essere formato nei modi più liberi possibili e prevedere accordi privati di natura
stragiudiziale; inoltre, non è più richiesta una percentuale minima di soddisfazione dei creditori.
Il decreto correttivo (169/2007) ha stabilito che la proposta di concordato possa prevedere che i
creditori muniti di privilegio, pegno ed ipoteca vengano soddisfatti non integralmente, a condizione che
agli stessi venga assicurato un soddisfacimento non inferiore a quello della liquidazione
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Domanda di concordato (art. 161 L.F.)
Il concordato preventivo deve essere proposto dal debitore (per l’impresa individuale dall’imprenditore, per le
società di capitali e cooperative dall’organo amministrativo salvo diverse disposizioni statuto o atto costitutivo,
decisione verbalizzata dal notaio ed iscritta nel registro imprese ex art. 152 c. III L.F., per le società di persone
da tanti soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale) con ricorso al Tribunale ove è ubicata la
sede principale (non rileva il trasferimento avvenuto nell’anno antecedente ai fini della competenza),
allegando alla domanda i seguenti documenti:
a) relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economico e finanziaria dell’impresa;
b) stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con
l’indicazione dei rispettivi crediti e delle clausole di prelazione;
c) elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni in proprietà o in possesso del
debitore;
d) valore dei beni e crediti particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.
Non è più richiesta la relazione del debitore sulle cause che hanno prodotto la crisi.
L’imprenditore che, al solo fine di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo si sia attribuito
attività inesistenti, ovvero per influire sulla formazione della maggioranza abbia simulato crediti in tutto o in
parte inesistenti, è soggetto a sanzione penale.
Il correttivo in vigore dal 1° gennaio 2008 ha previsto che la domanda di concordato preventivo venga
comunicata al Pubblico Ministero (art. 161 ult. c. L.F.)
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Domanda di concordato e relazione del professionista
Alla domanda di concordato preventivo va allegata una relazione di un professionista avente i
requisiti per assumere la carica di curatore, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità
del piano proposto dal debitore.
Il decreto correttivo ha introdotto una importante modifica relativamente ai requisiti che il
professionista che redige la relazione, deve possedere:
> il professionista deve essere iscritto all’albo dei revisori contabili, all’ albo dei dottori
commercialisti e degli esperti contabili o degli avvocati (art. 67 lett. d) L.F.). Ne consegue
che nella stesura della suddetta relazione fondamentali saranno le scritture contabili
dell’imprenditore, in quanto il professionista sarà chiamato a verificare la verità dei dati
aziendali riportati nel piano, dimostrando che tale attestazione si basa su elementi oggettivi;
> il professionista dovrà anche controllare gli elementi di natura extracontabile,
patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, rilasciando di fatto una vera e propria
certificazione.
Per le società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell’art. 152 L.F. (da
coloro che hanno la rappresentanza della società)
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Inammissibilità della proposta (art. 162 L.F.)
Il Tribunale può concedere al
debitore un termine non
superiore a 15 giorni per
apportare integrazioni al piano
e produrre nuovi documenti
Qualora il Tribunale, all’esito del procedimento,
verifichi che non sussistano i presupposti per
l’ammissione alla procedura, sentito in camera di
consiglio il debitore, con decreto non impugnabile
ne dichiara l’inammissibilità dello stesso
Contro la sentenza che dichiara il fallimento è
possibile proporre reclamo (art. 18 L.F.),
entro il termine di 30 giorni nel quale è
possibile far valere anche i motivi attinenti
alla ammissibilità della proposta di
concordato
Il correttivo prevede
che se sussistono i
presupposti
soggettivi ed
oggettivi ex art. 1 e 5
L.F. il fallimento del
debitore non viene
dichiarato d’ufficio
dal Tribunale, ma lo
fa su istanza del
Pubblico Ministero o
del creditore
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Ammissione alla procedura (Art. 163 L.F.)
Il controllo da parte del Tribunale sul ricorso presentato è sostanzialmente di regolarità formale
(la «convenienza» della proposta è di esclusiva competenza dei creditori: cfr. Trib. Bari
7.11.2005, Trib. Pescara 13.10.2005).
In caso di suddivisione dei creditori in classi da parte del debitore, il Tribunale deve verificare la
“correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi” (vedi infra).
Il Tribunale, valutata la completezza e regolarità della documentazione allegata, con decreto non
soggetto a reclamo:
1) nomina il Giudice delegato;
2) dispone la convocazione dei creditori nei 30 giorni dalla data del provvedimento, affinché
possano approvare o meno la proposta stessa
3) nomina il Commissario giudiziale, che deve possedere i requisiti per la nomina delCuratore
Fallimentare (artt. 28 e 29 L.F.);
4) stabilisce il termine non superiore a 15 giorni entro il quale il debitore deve depositare,
in cancelleria, una determinata, somma per far fronte agli oneri dell’intera procedura. La
somma deve essere pari al 50 % delle spese che si presumono necessarie; il Giudice delegato può
ridurre ulteriormente tale somma nel limite del 20 % di tali spese. Qualora il debitore non rispetti
il termine per il deposito della somma, il Commissario giudiziale riferisce immediatamente al
Tribunale che fatte le indagini del caso, revoca l’ammissione al concordato dandone
comunicazione al Pubblico Ministero
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Commissario giudiziale
Il Commissario giudiziale è un pubblico ufficiale: può farsi coadiuvare da un collaboratore, previa
autorizzazione e nomina da parte del Giudice delegato.
Il Commissario giudiziale deve:
> vigilare sull’amministrazione dei beni del debitore e sull‘esercizio dell’impresa (che
rimane in
capo al debitore);
> verificare la contabilità dell’impresa istante;
> verificare l’elenco dei creditori e dei debitori presentato dall’imprenditore;
> provvedere alla convocazione dei creditori;
> provvedere alla redazione dell’inventario;
> predisporre una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore,
sulle proposte di concordato, sulle garanzie offerte ai creditori;
> qualora riscontri gravi irregolarità informarne il Giudice delegato;
> esprimere parere motivato sull’omologazione;
> sorvegliare sull’adempimento del concordato dopo la sua omologazione.
Il reclamo contro gli atti del Commissario giudiziale è ammesso con ricorso al Tribunale entro 8
giorni dalla data di compimento dell’atto per violazione di legge.
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Dei provvedimenti immediati (artt. 170-171L.F.)
Il Giudice delegato, immediatamente dopo il decreto di ammissione al concordato preventivo,
deve provvedere all’annotazione del decreto stesso, sotto l’ultima scrittura dei libri contabili
presentati dal debitore. Successivamente gli stessi vanno restituiti al debitore, il quale dovrà
tenerli sempre a disposizione del Giudice delegato e del Commissario giudiziale.
Il Commissario giudiziale:
-
controlla la presenza di tutti i creditori che risultino dalle scritture contabili, nonché dovrà accertare
eventuali omissioni del debitore;
provvede a comunicare con raccomandata o con telegramma ai creditori un avviso contenente la
data di convocazione ( il cui termine non deve essere superiore a 30 giorni – termine ordinatorio non
perentorio) e la proposta del debitore.
In presenza di creditori obbligazionisti il termine di 30 giorni deve essere raddoppiato per poter
permettere all’assemblea degli obbligazionisti di deliberare con le maggioranze previste per
l’assemblea straordinaria. La convocazione è inviata al rappresentante comune degli obbligazionisti
il quale, intervenendo all’adunanza dei creditori, esprime il proprio voto a favore o contro il
concordato, in relazione al risultato della suddetta deliberazione
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Attività del Commissario – Operazioni e relazioni (Art. 172-173 L.F.)
Il Commissario giudiziale deve:
a) redigere l’inventario del patrimonio del debitore anche, se necessario, con l’ausilio di uno
stimatore, nominato su sua istanza dal Giudice delegato, ai fini della valutazione dei beni.
b) redigere una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore,
sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori. La stessa, va
depositata in cancelleria almeno 3 giorni (termine ordinatorio) prima dell’adunanza dei creditori.
In caso di mancato rispetto del suindicato termine, si ritiene che i creditori possano eccepire il
difetto di adempimento dell’adunanza e pretendere il rinnovo di questa fase della procedura.
c) accertare che il debitore ha messo in atto fatti gravi (occultato o dissimulato parte
dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più creditori, esposto passività
inesistenti o commesso altri fatti in frode), lo stesso ne deve immediatamente riferire al
Tribunale, il quale apre d’ufficio il provvedimento di revoca dall’ammissione al concordato
(e non il fallimento del debitore).
Di tale procedura, il Tribunale da comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, i quali
possono depositare apposita istanza di fallimento del debitore, ove ne ricorrano i presupposti
soggettivi ed oggettivi. La dichiarazione non è automatica dovendo sempre ricorrere i
presupposti di cui agli artt. 1 e 5 L.F.
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Pubblicità del decreto di ammissione (Art. 166 L.F.)
L’intervento correttivo ha stabilito cha, a decorrere dal 1 ° gennaio 2008, il decreto viene
pubblicato da parte della cancelleria a norma dell’art. 17 e non più mediante affissione all’albo
del Tribunale, con successiva comunicazione in via telematica all’ufficio del Registro delle
imprese per l’iscrizione.
Successivamente alla modifica, la norma prevede che il Tribunale può disporre la pubblicazione
su uno o più giornali e, se ci sono beni mobili o immobili registrati, il Commissario giudiziale
notifica il decreto per l’annotazione nei pubblici registri. Tale adempimento non si estende ai
beni del terzo che abbia prestato garanzie reali o personali, a meno che la proposta di
concordato non preveda anche la cessione dei suoi beni.
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Amministrazione dei beni durante la procedura e Automatic Stay (Art. 167-168 L.F.)
Nella procedura di concordato preventivo, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio
dell’impresa, sotto la vigilanza del Commissario giudiziale: rispetto al passato non vi è più la direzione del
Giudice delegato.
I mutui, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni ( o cancellazioni) di
ipoteche o di pegno ( o le restituzioni), le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le
accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, compiuti senza
l’autorizzazione scritta del Giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Con il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo, o con successivo provvedimento, il
Tribunale stabilisce un limite di valore, al di sotto del quale non è dovuta l’autorizzazione del Giudice delegato
per alcuni atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Di conseguenza, per detti atti, aventi un importo inferiore
a quello fissato dal Tribunale, non è più necessaria l’autorizzazione scritta del Giudice delegato.
Il correttivo ha previsto, inoltre, che non possono essere iniziate azioni esecutive sul patrimonio del debitore
dalla data di presentazione del ricorso e fino a quando il decreto di omologazione del concordato non diventa
definitivo.
Con la presentazione del ricorso rimangono sospesi i termini di prescrizione e di decadenza.
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Adunanza dei creditori – Discussione della proposta (Art. 174-175 L.F.)
L’adunanza dei creditori è presieduta del Giudice delegato. Il debitore deve partecipare personalmente
all’adunanza, ovvero il rappresentante legale del debitore persona giuridica, ovvero tramite mandatario
speciale, in caso di impedimento accertato dallo stesso Giudice delegato. Tale partecipazione si rende
necessaria non solo al fine di garantirne il contraddittorio con i creditori, ma anche al Giudice delegato quale
supporto informativo. Possono partecipare all’adunanza anche i soggetti che non hanno diritto di voto, non
assumendo la veste di creditori. Trattasi di coobbligati, fideiussori del debitore in via di regresso rispetto al
debitore.
 Il Commissario giudiziale illustra, nell’adunanza dei creditori, la sua relazione, depositata in cancelleria
almeno 3 giorni prima dell’adunanza stessa, e le proposte definitive del debitore. L’adunanza dei creditori
costituisce l’ultimo momento utile perché il debitore possa presentare una proposta concordataria
migliorativa.
 Il decreto correttivo dispone che la proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle
operazioni di voto, al fine di evitare che il debitore compia atti finalizzati a prolungare i tempi di definizione
della procedura. Ciascun creditore ha la facoltà di esporre le proprie ragioni per le quali non ritiene ammissibile
la proposta di concordato, nonché sollevare contestazioni su altri crediti concorrenti. Il debitore ha la facoltà di
replicare, e di contestare la sussistenza di un credito o la titolarità di un diritto di voto, e ha il dovere di fornire
al giudice delegato i chiarimenti opportuni relativamente agli aspetti controversi della proposta di concordato,
ed alle osservazioni svolte dal Commissario giudiziale e dai creditori
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Adunanza dei creditori – Maggioranze e approvazioni (Art. 176-177 L.F.)
Il concordato preventivo è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al
voto (cd. maggioranza di somma). Il Tribunale può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più
classi di debitori. Se sono previste diverse classi di creditori (si consiglia sempre di evitare un numero pari di
classi), il concordato è approvato con una doppia maggioranza ovvero se riporta la maggioranza di cui sopra e
se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella
medesima classe (maggioranza per quota) . Il voto è espresso dai creditori nell’adunanza sotto la direzione ed il
controllo del giudice delegato.
Quando la proposta di concordato prevede il pagamento integrale dei debiti, i creditori muniti di privilegio,
pegno o ipoteca possono partecipare al voto solo se rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione
(rinuncia che vale solo ai fini del concordato preventivo).
Se invece la proposta di concordato non prevede l’integrale pagamento dei creditori muniti di diritto di
prelazione, essi sono equiparati ai creditori chirografari per la parte di credito falcidiata nella proposta di
concordato.
Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze, il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini entro al
quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti ma meno di un anno prima della proposta di
concordato.
Il Giudice delegato può decidere di ammettere, con decreto provvisorio, in tutto o in parte, i creditori
contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza che ciò pregiudichi le pronunce definitive
sulla sussistenza dei crediti stessi.
I creditori esclusi possono opporsi all’esclusione solo in sede di omologazione del concordato, nel caso in cui
la loro ammissione avrebbe potuto avere influenza sulla formulazione delle maggioranze.
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Giudizio di omologazione-Concordato approvato (Art. 180 L.F.)
ll correttivo ha confermato il procedimento camerale per la comparizione delle parti e del
Commissario giudiziale dopo l’approvazione del concordato. Il provvedimento di fissazione dell’udienza
deve essere pubblicato a norma dell’art. 17 e notificato a cura del debitore al Commissario giudiziale ed
eventuali creditori dissenzienti.
Il Commissario giudiziale ed i creditori dissenzienti e qualsiasi altro interessato, deve costituirsi in
giudizio entro 10 giorni prima dell’udienza. Entro lo stesso termine il Commissario giudiziale deve
depositare il proprio parere motivato.
Il Tribunale, se non sono state proposte opposizioni e verificata la regolarità della procedura e l’esito
della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Qualora siano
state presentate opposizioni da parte di un creditore appartenente ad una classe dissenziente il quale
contesti la convenienza del piano, il Tribunale assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti, o disposti
d’ufficio, emette un decreto di ammissione o non ammissione conclusivo del giudizio di omologazione.
Se il Tribunale respinge il concordato, previa istanza del creditore o su richiesta del pubblico
ministero, lo stesso, verificati i presupposti soggettivi ed oggettivi dichiara il fallimento del debitore con
separata sentenza emessa contestualmente al decreto.
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Decreto di omologazione (Art. 181 L.F.)
La Procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione da parte il
Tribunale che deve intervenire entro 6 mesi dalla presentazione del ricorso.
La procedura instaurata con il ricorso del debitore può chiudersi anche con il rigetto della
domanda; in tale ipotesi la riforma non preveda che si proceda automaticamente alla
declamatoria di fallimento.
Il termine di 6 mesi può essere prorogato dal tribunale per una sola volta e per un termine
massimo di 60 giorni
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Provvedimenti in caso di cessione di beni (Art. 182 L.F.)
Il correttivo ha voluto disciplinare la liquidazione dei beni ceduti ai creditori con il concordato, al fine di
garantire che le relative operazioni si svolgano correttamente ed efficacemente nell’interesse dei creditori.
Con il decreto di omologazione del concordato con cessione di beni il Tribunale deve provvedere:
- alla nomina di uno o più liquidatori (non necessità in caso di non complessità Trib. Parma
20.03.2008);
- alla nomina di un comitato di 3 o 5 creditori per assistere alle operazioni di liquidazione;
- alla determinazione delle esatte modalità di liquidazione rispetto a quelle già previste dal piano .
I liquidatori sono pubblici ufficiali ed agiscono nella qualità di mandatario dei creditori. Ai liquidatori si applica
la stessa disciplina relativa ai curatori fallimentari, ovvero:
- i requisiti per la loro scelta e accettazione dell’incarico;
- la revoca;
- la responsabilità;
- il compenso;
- il rendiconto.
Per il comitato dei creditori si applicano le norme sulla nomina e sulle funzioni previste per il fallimento. Alla
sostituzione dei membri provvede in ogni caso il Tribunale. Il comitato dei creditori deve sempre autorizzare
alla vendita dei beni del debitore; in particolare, le cessioni di attività, rami d’azienda, beni ed altri beni iscritti
in pubblici registri.
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Distinzione in classi (alcune pronunce di merito)
La formazione delle classi non è obbligatoria (l’art. 160 comma I L.F. indica che il debitore
«può»; ciò significa che la formazione è obbligatoria solo in caso di trattamento differenziato )
La funzione delle classi è quella di consentire al debitore di prevedere trattamenti differenziati
tra i creditori appartenenti a classi diverse, con il solo limite di garantire una parità di
trattamento ai creditori appartenenti alla stessa classe.
Non può parlarsi di classi quando la proposta concordataria distingue i creditori privilegiati da
quelli chirografari, il cui diverso trattamento è già previsto dalla legge.
La suddivisione in classi di creditori che il debitore può operare è il mezzo tramite il quale si
supera il dissenso di alcuni creditori rendendo così più agevole ed immediata la soluzione della
crisi (Trib. Monza, 7 aprile 2009).
Il debitore, tuttavia, non è totalmente autonomo nella predisposizione delle classi dei creditori
poiché trova il limite previsto dall’art. 160 l. fall, lett.c), in base al quale la suddivisione dei
creditori in classi deve avvenire secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei
(Cass., 4 Febbraio 2009, n. 2706)
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Distinzioni in classi (… segue)
Quanto al concetto di posizione giuridica, non si fa riferimento solo alla natura del credito vantato
(prededucibile, privilegiato, chirografario o postergato). Vi possono essere infatti nell’ambito dei crediti
privilegiati ulteriori distinzioni in base ad esigenze economico sociali tanto da dar luogo a diversità nel
trattamento normativo ( Trib. Pavia, 8 ottobre 2008; Trib. Mantova, 30 ottobre 2008).
L’interesse economico del creditore cui è collegata la distinzione in classi, va valutata in concreto; in tale
prospettiva la posizione di ciascun creditore deve essere esaminata nell’ambito del rapporto bilaterale con il
debitore e con riferimento all’esistenza di garanzie esterne. Creditori con forti garanzie esterne possono infatti
essere sostanzialmente indifferenti al contenuto della proposta con la conseguenza di dar luogo a differenti
interessi economici rispetto ad altri creditori ( Trib. Milano, 4 dicembre 2008)
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Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Soddisfazione parziale dei creditori privilegiati
Dopo l’emanazione del decreto correttivo del 2007 che ha modificato gli artt. 160 e 177 L.F. si è
risolta la questione dell’ammissibilità o meno del pagamento parziale dei creditori muniti di prelazione (
Trib. Parma, 20 marzo 2008: App. Milano, 14 maggio 2008; Tribunale Piacenza, 1 luglio 2008),
dovendosi considerare ormai certo che la falcidia concordataria può riguardare anche i creditori assistiti
da una causa di prelazione, speciale o generale che essa sia.
Resta ancora dubbioso l’ambito di applicazione della falcidia relativa ai creditori muniti di prelazione
che la legge consente sempre che agli stessi sia riservata una soddisfazione in misura non inferiore a
quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di vendita.
Si tratta infatti di capire se la norma si riferisca a tutti i creditori privilegiati o solo a quelli muniti di
privilegio speciale.
Secondo Trib. Salerno, 4 dicembre 2007, la possibilità di pagamento non integrale del credito
concernerebbe anche i creditori muniti di privilegio generale nei casi in cui si raggiunga la
dimostrazione dell’incapienza delle attività fallimentari. E ciò all’esito di una valutazione prognostica
che tenga conto sia delle attività acquisibili, sia delle componenti negative della loro gestione sia dei
beni gravati da privilegi speciali. In senso contrario si è espresso invece Trib. Piacenza, 1 luglio 2008
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Soddisfazione parziale dei creditori privilegiati
Va anche segnalato che la falcidia dei creditori muniti di prelazione è subordinata al rispetto
dell’ordine delle cause legittime di prelazione. Sul punto la dottrina oscilla tra un’interpretazione
restrittiva ed una più liberale:
la prima consiste nel divieto di prevedere il pagamento dei creditori ad un livello inferiore della gerarchia
legale delle cause di prelazione se il piano non riconosce la soddisfazione di quelli posti ad un livello superiore;
la seconda considera sufficiente che ai primi non sia applicato un trattamento migliore dei secondi.
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Controllo sulla corretta formazione delle classi
Il tribunale, in sede di valutazione circa l’ammissione alla procedura, deve, ai sensi dell’art. 163,
co. l., L.Fall., verificare tra le altre condizioni, la correttezza dei criteri utilizzati per la formazione
delle classi. In particolare dovrà accertare che la suddivisione in classi sia connessa alla
omogeneità delle posizioni giuridiche dei creditori e dei loro interessi economici ( Trib. Prato, 5
dicembre 2005).
La proposta dell’imprenditore è soggetta al sindacato del Tribunale in relazione ai diversi
trattamenti che fossero applicati ai vari creditori se non risultano assistiti da ragioni economiche (
Trib. Milano 10 marzo 2006)
Il controllo del tribunale attiene alla correttezza dei criteri di base utilizzati per la formazione
delle diverse classi di creditori e non può dar luogo ad interferenze di carattere sostitutivo
dell’imprenditore. L’organo giurisdizionale non può di conseguenza riformulare la suddivisione in
classi dei creditori né può sindacare le concrete modalità e i criteri di distribuzione delle risorse a
favore delle diverse classi, a meno che non sia stato violato il divieto generale di non alterare
l’ordine delle cause legittime di prelazione
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Controllo sulla corretta formazione delle classi (segue …)
Si è poi ritenuto che il piano concordatario privo di classi sia, in realtà, un piano avente un’unica
classe costituita da creditori aventi interessi economici non omogenei. In tale situazione il
Tribunale potrebbe ben sindacare la scelta dell’imprenditore qualora essa fosse espressione dello
intento di questi di convogliare il dissenso di alcuni creditori nell’unica mega classe
omnicomprensiva di creditori chirografi. ( In tal senso il Trib. Monza 7 aprile 2009 ha poi richiesto
al proponente la suddivisione in classi con individuazione anche delle singole classi).
Per valutare l’avvenuto utilizzo di corretti criteri di formazione delle classi il tribunale può
invitare l’imprenditore a depositare una relazione informativa contenente un’illustrazione
puntuale delle garanzie reali o personali rilasciate da terzi e che assistono i crediti. Tali garanzie
possono dar luogo infatti a differenti interessi economici sottostanti le varie pretese dei creditori
(Trib. Milano, 4 dicembre 2008).
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Diritto di voto
In merito al quorum stabilito per il calcolo delle maggioranze previste dall’art. 177 L. Fall., la giurisprudenza
fa riferimento all’ammontare dei crediti dichiarati dal creditore sino alla data dell’adunanza e, in mancanza, a
quelli riscontrati in contabilità (Trib. Ancona, 8 novembre 2007).
Le questioni relative alla sussistenza e all’importo dei crediti ammessi o non ammessi al voto non possono
essere esaminate in sede di giudizio di omologazione del concordato preventivo, ma sono soggette di
definizione in sede di contraddittorio delle parti nell’ordinario giudizio di cognizione ( Trib. Roma, 7 Novembre
2008)
Con un piano concordatario che preveda la falcidia dei creditori muniti di diritto di prelazione, il Trib. Torino,
20 dicembre 2006 ha ritenuto che questi ultimi andrebbero collocati in una classe con diritto di voto per la
parte proposta al chirografo; diversamente non potrebbero votare per la parte indicata a privilegio.
L’orientamento manifestato dall’organo giurisdizionale piemontese evidenzia la scomposizione del credito
munito di prelazione in due crediti di rango diverso: un primo credito mantiene la natura prelatizia e ha per
oggetto la somma di denaro da pagare per intero, mentre il secondo credito viene degradato in base a legge al
rango chirografario ed ha ad oggetto la somma di denaro residua. Quest’ultima va equiparata nel trattamento
agli altri crediti chirografari.
I creditori, dunque, saranno ammessi al voto solamente per la parte di credito di cui non si prevede la
soddisfazione integrale; il voto sarà espresso all’interno di una classe se il titolare è portatore di interessi
economici non riconducibili, sotto il profilo dell’omogeneità, a quelli di tutti gli altri creditori chirografari.
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Esecuzione e Risoluzione del concordato (Artt. 185-186 L.F.)
Dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento secondo le
modalità stabilite nella «sentenza» (rectius: decreto, svista del legislatore) di omologazione, riferendo al
giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori.
Il decreto correttivo (169/07), modificando l’art. 186 L.F., ha eliminato la risoluzione d’ufficio del concordato
e ha introdotto il principio secondo il quale la legittimazione attiva esclusiva per la presentazione del ricorso
diretto alla risoluzione (entro 1 anno dall’ultimo adempimento previsto dal concordato) ad ogni singolo
creditore.
Con un’espressa estensione al concordato dei principi generali dell’ordinamento in materia di obbligazioni
contrattuali (art. 1455 c.c.) viene inoltre previsto che non ogni inadempimento sia causa possibile di
risoluzione, ma soltanto quello qualificato dalla sua non scarsa importanza.
L’art. 186 così modificato diviene quindi una delle norme cardine del nuovo concordato in quanto rimarca
l’origine contrattualistica dell’istituto (si applicano le norme sulla risoluzione del contratto ex art. 1453 e ss.
C.c.)
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
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