Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
profili normativi
Gli Accordi di Ristrutturazione
dei debiti ex art. 182 BIS L.F.
- Ivrea, 12 ottobre 2011 -
Gli istituti di composizione concordata della crisi alla luce della riforma fallimentare:
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Art. 182 bis L.F.
I comma – L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di
cui all’art. 161 , l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato
con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad
una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67,
terzo comma, lettera d) sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare
riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori
estranei
II comma – L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno
della sua pubblicazione
III comma – Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa
anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive
sul patrimonio del debitore. Si applica l’art. 168 secondo comma.
IV comma – Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono
proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in
camera di consiglio con decreto motivato.
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V comma – Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte d’appello ai sensi dell’art. 183, in
quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle
imprese
VI comma – Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma
può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della
formalizzazione dell’accoro di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale
competente ai sensi dell’art. 9 la documentazione di cui all’art. 161, primo e secondo
comma, e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore,
avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso
trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e
da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’art. 67, terzo
comma, lettera d), circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare il
regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno
comunque negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza di sospensione di cui al
presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l’effetto del divieto
di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di
acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione.
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VII comma –Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con
decreto l’udienza entro il termine di 30 giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto
comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa
Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un
accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle
condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso
trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone
con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e
di acquisire titoli di prelazione se non concordati assegnando il termine di non oltre 60
giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal
professionista a nonna del primo comma.Il decreto del precedente periodo è
reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.
VIII comma- A seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini
assegnati dal Tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo,
quarto e quinto comma.
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- Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono stati indubbiamente una delle norme più
innovative introdotte dalla riforma, evidenziando un indubbio favor che il Legislatore ha
dimostrato per le soluzioni concordate, sia giudiziali che stragiudiziali della crisi d’impresa.
-Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis consentono all’imprenditore in difficoltà
(rectius in crisi) di formulare un contratto con taluni suoi creditori purchè rappresentanti
almeno il 60% dei crediti totali (indipendentemente se sono privilegiati o chirografari; inoltre
è possibile stipulare l’accordo anche con un solo creditore che sia titolare di tale percentuale)
al fine di modificare a suo vantaggio i termini contrattuali dei debiti originari, ma assicurando
il regolare pagamento di quanto dovuto ai creditori che non sono parte dell’accordo.
- L’espressione «ristrutturazione del debito» va interpretata estensivamente, non
limitandola alla sola ristrutturazione di debiti in senso stretto, ovvero alla modifica degli
elementi strutturali dei debiti, quali la scadenza gli interessi, la determinazione dell’importo
e le garanzie, ma piuttosto ricomprendendo in essa anche quelle operazioni di
ristrutturazione in senso lato menzionate dall’ art. 160 c.I lett. a) L.F. quali ad esempio la
cessione dei beni, l’accollo di debiti, operazione societarie straordinarie (fusioni,scissioni,
trasformazioni, newco), ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questa
partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri
strumenti finanziari partecipativi ( art. 1 comma II T.U.F. e art. 2346 comma VI c.c.) e titoli di
debito.
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L’accordo può inoltre prevedere a titolo esemplificativo:
consolidamento e rinegoziazione del debito con la quale ai debiti insoluti si sommano i debiti ancora a
scadere prevedendo un nuovo piano di scadenze;
postergazione di alcuni creditori ad altri nel pagamento dei debiti;
remissione parziale del debito sia in relazione agli interessi che al capitale (cd. patti remissori o pactum de
non petendo);
l’erogazione di nuovi finanziamenti per consentire la prosecuzione dell’attività ed il regolare pagamento dei
creditori estranei; la conversione dei debiti in capitale, mediante l’attribuzione di azioni o quote ai creditori
attraverso la procedura di aumento di capitale o costituzione di newco (vedi caso Parmalat);
la compensazione tra crediti e debiti; datio in solutum, la rinegoziazione dei tassi d’interesse;
l’emissione di prestiti obbligazionari;
la previsione di elementi accessori quali garanzie, tipiche o atipiche;
condizioni, rinunzie a chiedere il fallimento o a promuovere o a proseguire azioni esecutive individuali (cfr.
automatic stay introdotto dal D.L. 31.05.2010 n. 78);
rinegoziazione dei contratti di fornitura per ridurre i costi per l’approvvigionamento di materie prime e di
servizi
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L’accordo di ristrutturazione può essere proposto:
> dall’imprenditore persona fisica, dalla società o ente che esercitino un’ attività commerciale come
prevista dall’art. 2195 c.c.;
> dai soggetti sopra indicati che superino le soglie dimensionali di fallibilità e, quindi, sono soggetti
fallibili;
> versino in stato di crisi ( stato di insolvenza o difficoltà economica e finanziaria).
Il Legislatore non specifica alcun trattamento differenziale tra crediti privilegiati e quelli chirografi
e, quindi, si ritiene che l’accordo possa riferirsi a qualsiasi tipo di credito.
> L’accordo deve indicare l’esatta percentuale di pagamento spettante ai singoli creditori.
>Non è previsto il rispetto del principio della par condicio creditorum e, quindi, è possibile stipulare
accordi che non rispettino tali condizioni.
La sottoscrizione dell’accordo da parte dei creditori comporta l’accettazione della modifica del
trattamento del proprio credito e, conseguentemente, l’accettazione di eventualmente migliori
trattamenti concessi ad altri
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Vantaggi dell’accordo
> Mancanza del rispetto della par condicio creditorum
> Mancanza della presenza di organi della procedura come il Commissario giudiziale
> Mancanza di una organizzazione del voto in adunanza per il raggiungimento di una
maggioranza qualificante in quanto gli accordi sono presi con la maggioranza e non a
maggioranza
> Mancanza del controllo nella fase esecutiva dell’accordo come nel concordato (art. 185 L.F.)
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L’accordo di ristrutturazione può configurarsi:
1) come serie di accordi bilaterali assunti dall’imprenditore separatamente con ciascuno dei
creditori e fatti confluire materialmente in un unico patto per essere successivamente giudicato
dal Tribunale (in tal caso ogni accordo è autonomo e diverso per natura e per contenuto);
2) come unico negozio, nel quale ciascun creditore, pur dando sistemazione differenziata dagli
altri alla propria posizione, aderisce ad un unico patto (contratto plurilaterale caratterizzato dalla
coincidenza dei vari interessi)
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L’accordo ha natura di contratto ed ha forza di legge tra le parti (art. 1372 c.c.) e, quindi, non può
intaccare le posizioni degli estranei.
L’esplicito riferimento al « regolare pagamento dei creditori estranei» implica infatti che tutti
i creditori che non aderiscono all’accordo devono essere pagati integralmente secondo le
scadenze pattuite (successivamente all’accordo) mentre i debiti scaduti devono essere
onorati immediatamente a semplice richiesta (e per l’intero) ( cfr. Trib. Milano, 23 gennaio
2007).
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Il contenuto dell’accordo è totalmente rimesso all’autonomia delle parti, nell’ambito, in genere,
di un processo di risanamento, il più delle volte compatibile con una prosecuzione dell’attività
imprenditoriale (ipotesi non necessaria perché potrebbe comunque trattarsi di accordo
liquidatorio).
Alle parti è lasciata piena libertà di individuare le modalità ritenute più opportune e/o
convenienti per procedere alla ristrutturazione delle posizioni debitorie. L’unico limite è
rappresentato dalla circostanza che l’accordo deve essere idoneo ad assicurare il regolare
pagamento dei creditori estranei.
Sono possibili trattamenti diversificati anche tra creditori privilegiati e a prescindere dalla
divisione in classi: ciascun creditore accetta individualmente e liberamente la miscela
sacrifici/cautele che reputa migliore per la propria situazione
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Con il giudizio di omologazione il Tribunale non svolge funzioni meramente notarili ma entra nel
merito.
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Deve, in primo luogo, vagliare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni procedurali di accesso
(accordo con il 60 % dei creditori, deposito presso il Registro delle imprese, competenza del Tribunale,
redazione della relazione da parte di soggetto qualificato qualifica di imprenditore commerciale del
debitore, presupposto della crisi).
Il Tribunale deve comunque controllare la regolarità dell’iter procedurale e la circostanza che i creditori
esterni godano della effettiva sicurezza circa il pagamento dei propri crediti (attuabilità dell’accordo a
prescindere che siano o meno state proposte opposizioni da parte dei creditori e di ogni altro
interessato).
Il controllo non esclude la consulenza tecnica.
Il Tribunale non può comunque modificare l’accordo: il suo provvedimento può essere solo di
accoglimento o di rigetto.
È possibile chiedere chiarimenti al professionista che ha redatto la relazione
In caso di rigetto di omologazione, il Tribunale non può
dichiarare contestualmente il fallimento (non coincidono i presupposti dei due istituti : crisi e stato di
insolvenza; non c’è più il fallimento d’ufficio).
Se viene emanato il decreto di omologazione, l’imprenditore debitore deve provvedere alla
pubblicazione del decreto stesso presso il Registro delle imprese.
È possibile presentare reclamo avanti la Corte d’Appello
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Nel caso in cui sia dichiarato il fallimento dell’impresa debitrice in presenza di un accordo
omologato non saranno soggetti a revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in
essere in esecuzione dell’accordo stesso, mentre i creditori estranei potranno subire azioni
revocatorie.
I crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche ed intermediari
finanziari nel corso degli accordi di ristrutturazione (al pari del concordato preventivo) sono
prededucibili ex art. 111, L. Fall. (cfr. 182 quater L.F.)
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