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Reportage|
Sabato, 18 ottobre 2008
Sabato, 18 ottobre 2008
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COME LA DESCRIVONO, SUL FINIRE DEL XVII SECOLO, IL VALVASOR E NELL’OTTOCENTO LO STORICO FIUMANO GIOVANNI KOBLER
Laurana, terra di allori e di castagne
di Giacomo Scotti
Nel libro secondo dell’opera Die
Ehre des Herzogtums Crain del barone
Johannes Weikhard (1641-1963) edita
a Lubiana nel 1689, si legge dell’Istria
e della Liburnia. “L’Istria e le località
che le appartengono e che nella parlata comune di quel paese che si chiama
regione Istriana o di Pisino” – scrive
l’autore riferendosi evidentemente alla
parte della penisola istriana che apparteneva all’Austria, e cioè alla Contea
di Pisino – “comprendono le città che
andiamo ora a indicare: Bersezio, Gallignana, Castua, Lovrana, Pisino, Pedena, Antignana.” Più avanti vengono aggiunti castelli e località minori:
Vermo, Bogliuno, Chersano, Corridico,
Lindaro, Moschienizze, Passo, Sumberg, Villa Treviso, Veprinaz (Apriano), Volosca e Gimino. Seguono ancora località sedi di parrocchie e/o conventi, fra cui Bersezio, Chersano e di
nuovo Lovrana.
In più punti Valvasor si sofferma a
parlare del monte che sovrasta la costiera che va da Volosca a Lovrana
(Laurana). In un punto scrive: “Il monte
Uchka viene detto in italiano
Monte Maggiore e dagli
storici Mons Caldiera. È
una montagna alta
e immensa, e tutta rocciosa. E tuttavia
vi sono anche diversi boschi”. Uno dei
quali, detto Bosco di Monte Maggiore,
“si trova sul medesimo monte e confina con le alture veneziane di Fianona”.
A proposito di flora, l’autore ricordava
che “in molti punti (il Monte Maggiore) è ricoperto di faggi e in altri di castagne”. Inoltre, “su questo monte si
trovano erbe medicinali di ogni genere che hanno un potere (curativo) e
una forza molto superiore a quella delle stesse erbe che crescono altrove. Ai
piedi di questa montagna crescono viti
ed alberi di olivo, e cresce ogni specie
di altri alberi da frutto”. Dallo stesso
monte – si legge in altre parti del libro
- scende un fiumicello la cui sorgente
fiotta nei pressi della vetta e “muove
uno dopo l’altro dieci mulini”.
Se nella terra di Canaan, stando all’Antico Testamento, scorrono latte e
miele, ricordava Valvasor, “per l’Istria
e la Liburnia si potrebbe affermare che
ci scorrono olio e vino”.
Pane, vino, formaggio
e burro per i battesimi
Per quanto riguarda in
particolare la Liburnia all’ombra del Monte Maggiore,
i vigneti erano numerosi,
scriveva, soprattutto a Bersezio, intorno a Moschienizze ed a Veprinaz, località
che l’autore passerà a descrivere una per una in un capitolo
a sé stante, dopo aver informato i lettori degli usi, costumi e
tradizioni popolari degli istriani
liturgici. Così c’informa che a
Moschienizze e dintorni, otto
giorni dopo il battesimo di
un neonato, il padrino o la
madrina portava a casa
del bambino pane, vino,
formaggio, burro o
grasso, peschi ed
altro, sicché tutti faceva-
no gran festa, mangiando i cibi donati e bevendo il buon vino rosso della
zona. “E non si accomiatavano prima
che tutti avessero mangiato a sazietà e
bevuto in abbondanza”. Vengono poi
descritte le tradizioni che accompagnavano l’intera vita dell’uomo, fino alla
morte: dalle danze alla cura delle malattie, fino ai canti lugubri per i morti
ed i funerali, che obbligatoriamente si
concludevano con altre bevute e scorpacciate con le quali i parenti in lutto
insieme a parenti, amici e conoscenti si
consolavano del dolore subito.
Lo speciale capitolo dedicato alla
riviera liburnica, e precisamente alle
città, terre, castelli e conventi, comprende Volosca, San Giacomo (l’odierna Abbazia), Veprinaz, Laurana, Moschienizze e Bersezio. La descrizione
di Laurana così comincia:
Protetta da Santa Maria
Maddalena
“La città di Lovran, il lingua carniolina detta pure Lovrana, una volta
chiamata Laura, giace in Liburnia, ma
ora si calcola in Istria. Dalla capitale
Lubiana dista tredici miglia, dalla città
di Castua due miglia di strada.
“Deriva il suo nome dai lauri o allori che un tempo frequentemente spuntavano dal terreno in questa regione”.
“Questa città giace sul mare Adriatico, ovvero nel cosiddetto Golfo Flanatico, ai piedi del grande, alto e famoso Monte Maggiore ossia Monte
Caldiera”.
Sul finire del XVII secolo, all’epoca di Valvasor, Lovrana o Laurana non
era “particolarmente grande”, tuttavia,
godeva del “beneficio di Santa Maria
Maddalena” e in città risiedevano “anche alcuni canonici” che di quel beneficio si avvantagiavano. Inoltre nella cittadina aveva la sua “bella casa”
il principe Auersperg, signore di una
lunga serie di castelli nella Contea di
Pisino. Il suo palazzo sorgeva in una
posizione “dalla quale godeva una
vista meravigliosa sul mare” e
l’occhio poteva spaziare sulla regione circostante, abbracciando “Fiume, Portoré, Buccarizza e diverse altre località adagiate sulla costa
del mare. Si vedono
pure belle isole quali
sono l’isola di Veglia o
Krk, Cherso ed altre”.
Nella descrizione di
Valvasor, Lovrana “vanta anche un piccolo porto nel quale
possono attraccare piccole navi”. Si
tratta del mandracchio. All’epoca i
lauranesi facevano “un gran commercio di tele” che trasportavano
“via mare in paesi lontani”. Oltre che
mercanti, “essi sono anche bravi
marinai, per cui sono simili
ai loro antichi predecessori
liburnici, a proposito del
quali gli antichi storici romani annotarono che l’imperatore Augusto
privò i Liburni della costa delle loro
navi, perché infestavano il mare e
molestavano i naviganti impedendo a
tutti di navigare da queste parti. Della cosa, in
quest’opera, si dirà di
più in un altro
capitolo”.
Riprendendo la descrizione di Lovrana,
Valvasor scrisse:
“Fuori
le mura,
intorno
alla città, non ci
costa orientale, Edrisi mise pure Laurana, definendola importante centro marittimo e commerciale.
Dal 1275 in poi Lovrana risulta appartenere alla contea di Pisino. “Capo
del comune era il zupano – citiamo ancora il Kobler – come in altri comuni
slavi dell’Istria e del Carso”, ma la popolazione, etnia a parte, parlava la medesima lingua in uso in tutta la Liburnia, in Istria e in Dalmazia dalle parti
marittime, un volgare detto dalmatico, derivante dal latino, rispettivamente l’istroromanzo e l’istroveneto con
piccole differenze da un paese all’altro. Sulla riviera liburnica, da Fiume
fino ai confini del comune di Lovrana/
Laurana che comunicavano con il territorio dell’Istria veneta dal XIII secolo
in poi, i lauranesi parlavano il medesimo dialetto dei fiumani, con molte infiltrazioni di vocaboli slavi.
Il primo documento della lingua
croata scritta, in caratteri glagolitici, risale a Laurana al 1595. Si tratta, come
ci dice il Kobler, di una lapide sepolcrale, “innestata nel muro della casa
Persich” sulla quale si legge: “1595
Gaspar Bekarić Plovan Lovranski tu
leži, e cioè: qui giace G.B. parroco di
Lovrana.
Fra alcuni atti notarili “assunti in
Lovrana” dalò cancelliere municipale
di Fiume dal 1436 al 1460, Kobler cita
una sentenza del 25 agosto 1438 pronunciata dal capitano Nicolò Rainthaler, dai zupani Cekovich, Krizmanich,
Lovriza e dai giudici Mato, Serbich,
Corosaz, Muzevich, Beliano e Kalcich,
tutti seduti presso la porta laterale, sotto
l’albero; poi una “istituzione procuraLa protettrice delle fonti toria” del 26 giugno 1442 assunta “davanti la porta marina della città” (ante
Nel primo volume delle Memorie portam castri a mari) in presenza del
per la storia della liburnica città di Fiu- parroco Giovanni, del zupano Krizmame (1896) di Giovanni Kobler, leggia- nich (quello di prima) e del sacerdote
mo che la più antica notizia che abbia- Kuntich; infine un documento simile al
mo della città di Lovrana è quella for- precedente del 19 novembre 1456 letto
nita nella sua Cosmografia dall’Ano- in presenza del zupano Benko Bacich.
nimo Ravennate che la scrisse nel VII
secolo servendosi delle indicazioni del La decima delle castagne
goto Marcomiro del secolo precedente. Il Ravennate indica la località col
Nell’urbario della contea di Pisino
nome di Laurana inserendola fra le cit- riveduto nell’anno 1498 – è sempre il
tà marittime della Liburnia, fra Albona
e Tarsatica (Fiume). Dice il Kobler:
“Tracce di antichità romane in Lovrana non se ne trovano” (né se ne sono
trovate in seguito); “ma sul sovrastante
luogo Opriz vi sono dei ruderi e un pavimento a mosaico, che possono essere
di quel tempo, ed il vicino porto di Ika,
ove zampillano sul mare sorgenti d’acqua dolce, può essere stato dedicato
alla dea giapidica Ika, che si legge aver
avuto culto a Fianona e in Emona”. Ika
era protettrice delle fonti.
Ai Romani ci porta invece una leggenda sull’origine stessa di Laurana.
Dice che un patrizio e statista romano
venne da queste parti nel I secolo dopo
Cristo e, nel posto in cui oggi sorge la
cittadina, fece costruire per sé un tusculum, la residenza estiva.
Un carme latino scritto nell’anno
800, in morte del duca Erico, accenna
al Mons Laurentum che, dice Kobler,
“sembra essere il monte sovrastante a
Laurana”. Per inciso, Erico di Strassburgo fu trucidato dagli abitanti di
Tarsatica nell’anno 779, per cui Carlo
Magno fece incendiare e distruggere
quella città l’anno successivo.
Il geografo e cartografo arabo Abu
Abdulah Muhamed El Edrisi, vissuto
fra il 1099 e il 1166 circa, nato a Ceuta
in Spagna, passato poi al servizio del
re di Sicilia Ruggero II e vissuto per
lunghi anni a Palermo, portò a termine
nel 1154 una geografia del mondo allora conosciuto per la quale pese quasi
trent’anni della sua vita. In quell’opera,
conosciuta come “Libri del re Ruggero”, con il titolo arabo di “Divertimento per coloro che desiderano viaggiare per il mondo”, non poteva mancare
l’Adriatico e, in esso, l’Istria. Qui, sulla
sono pianure, ma solo colline di solida
roccia. Questa carenza viene colmata
dai tanti vigneti e dalla moltitudine di
olivi e di altri alberi da frutto che qui
crescono insolitamente fecondi. Qui
si distinguono particolarmente gli alti
e grossi castagni (i cui frutti sono) detti maroni che vengono spediti in diversi paesi.
Per quanto riguarda i cereali, quali sono il grano, l’orzo e simili, non ce
ne sono proprio in questa regione, ma
il loro trasporto via mare colma questa
lacuna, perché il suolo completamente
pietroso non permette al seme di germinare”.
Segue un’annotazione storica: nel
1305 la città di Lovrana apparteneva al
conte Alberto di Gorizia, mentre sul finire del Settecento era sotto la giurisdizione della Contea di Pisino, dipendeva
pertanto dall’”eccellente signor Conte
Francesco Ferdinando di Auersperg”.
Quanti abitanti avesse Lovrana,
quali fossero i loro usi e costumi ed
altro, Valvasor non ce lo dice. Da altre fonti sappiamo che la città murata
si estendeva su un piccolo promontorio, con case addossate le une alle altre
nelle strette calli, mentre fuori le mura
erano sparse sui fianchi della collina
Gorizza che, cominciando subito dopo
il nucleo storico, raggiunge il punto più
alto a 712 metri ed è già parte del Monte Maggiore. Fuori delle mura, sulla
terraferma, non c’erano strade, al di
fuori dei sentieri di capre, che permettessero di raggiungere facilmente le
altre località della costa liburnica. Si
prendeva perciò la via del mare…
Kobler a dircelo – si accenna alla casa
dominale di Lovrana abbandonata da
molto tempo e priva del tetto per cui ne
era previsto l’imminente restauro; dal
medesimo documento si ricava che la
città doveva prestare al dominio dodici
staja di avena all’anno, e che ciascuno
– ad eccezione del parroco e dei consiglieri comunali – aveva il dovere di
contribuire con due staja di castagne.
Nel 1578 l’urbario della contea
fu riformato ed il nuovo atto dava a
Lovrana 160 sudditi; “dal che segue
– scrive Kobler – calcolando cinque
persone per famiglia, che in tutto il
comune vi erano 800 abitanti”. Si legge pure che il Comune possedeva un
bosco sul Monte Maggiore, traendone
sufficiente legname da fuoco e da fabbrica gratuitamente sia per uso Comune stesso che per il commercio (pagando una tassa); era inoltre proprietario
di un boschetto detto Labina di mezzo
miglio di circonferenza, tutto di castagni. Passerà in possesso della potente
famiglia Terzy di Fiume verso la fine
del XVII secolo.
Altre informazioni su Lovrana vengono così fornite dal Kobler:
“Una cronaca di Bogliuno riporta
che Lovrana fu saccheggiata dai Veneti
nel 1599 e incendiata nel 1614.
Erano zupani: nel 1545 Andrea
Franulich, nel 1649 Berna Franul; Par-
rochi (sic!): nel 1649 Matteo Chamsa e
nel 1763 Antonio Mihalich.
Fra i capitoli ecclesiastici dell’Istria, che da tempo antico sino al
cadere del secolo XVIII dipendevano
dall’arcidiacono di Fiume, vi fu anche
quello di Lovrana. Quando incominciasse questa dipendenza, non consta;
ma la prima menzione si trova in un
documento del 1438, inserito nel prefato libro del cancelliere di Fiume.
Nell’anno 1701 Giuseppe Bottari, vescovo di Pola, era a Lovrana in
visita canonica. Il relativo documento
porta che vi era parroco Matteo Chamsa, e canonici: Marino Franul, Francesco Franul, Andrea Persich e l’abate
Chamsa con altri quattro sacerdoti, e
che la parrocchia aveva 2900 anime.
Nell’anno 1774 vi erano: Nicolò
Persich arciprete e parroco, Antonio
Cercich, Giovanni Orbanich ed Antonio Ružich canonici, un posto di canonico vacante, inoltre Giorgio Benulich
cappellano, Michele Franul e Giuseppe Persich sacerdoti. Il capitolo fu abolito nel 1843”.
Verso la metà dell’Ottocento Lovrana rientrava nel capitanato distrettuale di Volosca, ed era un Comune
con una superficie di 4859 jugeri e una
popolazione di 2749 anime così distribuite: 657 nella città di Laurana, 627
nella frazione di San Francesco, 836 a
Opriz e 629 a Tuliseviza. Ma già nel
1875, stando all’almanacco istriano di
quell’anno, il Comune era stato unito
con quelli di Moschenizze e Bersez,
con a capo un podestà e sette consiglieri. Nel 1895 Moschenizze e Bersez
furono nuovamente separate.
Secondo il prospetto della diocesi
di Trieste per l’anno 1881, la parrocchia di Lovrana, definita di “origine
antichissima”, contava 3.396 anime,
la chiesa principale era quella di oggi,
San Giorgio Martire, e le sue filiali erano sei: San Giovanni Battista, SS. Trinità, S. Michele, S. Francesco, S. Antonio e S. Nicolò vescovo. La chiesa
di San Giorgio viene menzionata anche dal Valvasor, che però indica ben
dodici chiese filiali: oltre a quelle già
indicate, esse erano S. Maria Assunta,
S. Maria Maddalena, S. Sebastiano, S.
Martino, Santa Marina e Santa Croce.
All’epoca del Valvasor nella chiesa
parrocchiale si venerava un’icona della
Madonna antica di quattro secoli. Annualmente vi venivano battezzati circa 37 neonati, mentre i riti per i morti erano mediamente venti. Il parroco
dell’epoca era Tomaso Chamsa, i canonici erano Giacomo Chamsa, Martino Franul, Martino Zveban e Antonio
Persich. Le altre famiglie Persich, Franul e Chamsa vantavano una lunga tradizione in fatto di preti.
La fiera di Poklon
Il Comune di Lovrana ai tempi di
Valvasor, stando però al Kobler, corrispondeva all’estensione del dominio territoriale e confinava ad oriente
col mare, a settentrione con il comune
di Veprinaz, a mezzodì con quello di
Moschenizze, ad occidente col comune di Vrana presso la cappella di San
Pietro in Poklon. Quella cappella stava al triangolo di confine per cui ogni
anno in quella località “concorrevano a
fiera i tre comuni di Lovrana, Veprinaz
e Vragna, quasi in riconoscimento del
Confine”. Gli ultimi due rientravano
nel dominio territoriale di Castua.
“Entro questi confini di Lovrana,
scrive Kobler, “non vi era nessun castello, tranne quello di Knezgrad, le cui
rovine tuttora si vedono sull’altura verso la metà del Monte Maggiore, sulle
tracce di un’antica strada che forse da
Castua conduceva per Veprinaz e Pogliane all’altura di Moschenizze, e di
qui a Fianona; indi si può congetturare,
che quel castello era il centro del dominio territoriale nel medio evo. Knez significa conte, signore, e grad castello”.
Verso la fine del XIX secolo
Lovrana/Laurana cominciò a svilupparsi quale centro di turismo invernale grazie alla sua felicissima posizione, con Monte Maggiore alle spalle la
cui giogaia ripara la cittadina dai fred-
di venti invernali, ed al mare davanti.
Le ville, gli alberghi e le case di riposo
sorsero in mezzo a una rigogliosa vegetazione mediterranea.
Le date salienti dello sviluppo della cittadina, strettamente connesso a
quello di Abbazia, sono: la costruzione della camionabile che dal 1843
collega Laurana a Fiume; l’inaugurazione di una linea regolare di piroscafi
Fiume – Volosca – Abbazia – Laurana
avvenuta il 2 novembre 1884; la costruzione del Lungomare da Volosca
a Laurana, cominciata nel 1884. Una
curiosità per concludere queste note:
sopra la sella di Poklon (termine derivante da inchino in croato “poklon”
i pellegrini che salivano fino all’antica
cappella qui s’inchinavano al Signore
della montagna) nel 1887 fu costruito il primo rifugio alpino sul Monte
Maggiore.
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