Liceo Statale “Leonardo”
Giarre
(www.liceoleonardogiarre.it)
AIF – sez. Giarre-Riposto
(www.aifgiarreriposto.it)
I fondamenti della Fisica Quantistica - 1
Giarre, 6 maggio – 20 maggio 2011
Pietro Romano
Fisica classica
1. Fenomeni corpuscolari o particellari
2. Fenomeni ondulatori
Particelle
1. Legge di inerzia: un corpo non soggetto a forze si muove di moto rettilineo uniforme
2. Un corpo soggetto ad una forza F subisce una accelerazione ad essa proporzionale
3. Legge di azione e reazione


F  ma


F12   F21
Leggi cinematiche del moto
 
 s  s0
v
t  t0
 
 v  v0
a
t  t0
Traiettoria
Il luogo dei punti dello spazio
occupati dalla particella al
trascorrere del tempo
Fenomeni ondulatori
ONDE MECCANICHE
La perturbazione viaggia in un mezzo materiale solido, liquido o gassoso. È importante
notare come il mezzo stesso non si muova, nel suo insieme, seguendo il movimento
dell’onda; le varie parti del mezzo si limitano a oscillare entro limiti ristretti. La
trasmissione di energia avviene da uno strato all’altro del mezzo.
Esempi: onde elastiche, suono.
ONDE ELETTROMAGNETICHE
Non è invece necessario tale mezzo per la trasmissione di onde elettromagnetiche. Esse
vengono generate dalle variazioni dei campi elettrici e magnetici nello spazio.
Esempi: luce, onde radio, raggi X, raggi g
Onde trasversali e longitudinali
Dall’esame del movimento delle particelle materiali rispetto alla direzione di
propagazione delle onde stesse si possono distinguere diversi generi di onde
meccaniche:
ONDE TRASVERSALI
Se i movimenti trasmessi dall’onda alle particelle materiali sono perpendicolari alla
direzione di propagazione dell’onda stessa.
Esempio: quando a una corda tesa orizzontalmente viene dato un impulso verticale, le
particelle della corda vibrano perpendicolarmente alla direzione di propagazione della
perturbazione.
ONDE LONGITUDINALI
Se i movimenti trasmessi dall’onda alle particelle materiali avvengono lungo la
direzione di propagazione.
Esempio: quando una molla tesa verticalmente viene posta in oscillazione verso l’alto e
verso il basso a un estremo, le spire vibrano lungo la direzione di propagazione.
Onde longitudinali
Onda superficiale nell’acqua
Diffrazione delle onde
La diffrazione è un fenomeno caratteristico delle onde. Si verifica quando un’onda
incontra un ostacolo oppure una fenditura. Il fronte d’onda è in grado di “aggirare”
l’ostacolo o, nel caso di una fenditura, di invadere tutto lo spazio dietro il foro.
Diffrazione
Nella sequenza di immagini si può osservare cosa accade quando le onde sull’acqua
incontrano
una
barriera
con
una
apertura
sempre
più
stretta.
La diffrazione è quasi inesistente se la larghezza della fenditura d è molto più grande
della lunghezza d’onda l (immagini 1 e 2), mentre la diffrazione è molto marcata se
la fenditura ha dimensioni simili o minori della lunghezza d’onda.
Interferenza

Le zone scure corrispondono alle gole; le zone chiare corrispondono alle creste
Interferenza
PS1  PS2  n
Le frange di interferenza costruttiva sono il luogo dei punti tali che la differenza, in valore
assoluto, delle distanze dalle sorgenti è costantemente uguale ad un multiplo intero della
lunghezza d’onda .
La luce
•
Newton riteneva fosse costituita da particelle. A sostegno di ciò, egli portava come
argomentazione il fatto che gli effetti di diffrazione tipici delle onde non erano mai
stati osservati (Gli oggetti illuminati proiettano ombre dai contorni netti).
•
Huygens invece riteneva si trattasse di un’onda (longitudinale, per potersi
trasmettere in un fluido continuo, l’etere).
•
Young (1802) osserva effetti interferenziali e interpreta ciò come una dimostrazione
del fatto che la luce fosse un’onda longitudinale.
•
Fresnel e Arago (1819) dimostrano che la luce è un’onda trasversale.
v
•
Me

Me = modulo di elasticità
La prima misura della velocità della luce è dell’astronomo olandese Roemer (1675),
basata sulla osservazione dei satelliti di Giove (c ~ 2·108 m/s).
Maxwell e le onde elettromagnetiche
Maxwell, convinto dell’esistenza dell’etere, nel tentativo di spiegarne le proprietà,
introduce l’idea di un campo di forza che pervadeva tutto lo spazio e non era
suscettibile di una interpretazione meccanica.
Alla propagazione delle forze attraverso un mezzo veniva così sostituita l’azione a
distanza dei campi.
Studiando le perturbazioni di questi campi di forza e la loro propagazione nello spazio,
Maxwell (1865) descrive le proprietà generali di quelle che egli chiama onde
elettromagnetiche.
c
1
 0 0
La teoria di Maxwell viene ignorata fino al 1887, anno in cui Hertz verifica
sperimentalmente l’esistenza delle onde elettromagnetiche.
Lo spettro delle onde elettromagnetiche
Polarizzazione della luce
Erasmo Bartolino (1670), facendo incidere su un cristallo di calcite
(spato di Islanda – CaCO3) luce bianca, nota la formazione di due
fasci distinti. L’effetto dipendeva dalla orientazione del cristallo. In
particolare, se il fascio incidente è contenuto lungo un particolare
piano cristallografico, uno dei due fasci (raggio ordinario) risulta
non deviato, mentre l’altro (raggio straordinario), se si ruota il
cristallo lungo il suddetto piano, ruota anch’esso attorno al raggio
ordinario.
http://it.wikipedia.org/wiki/Birifrangenza
Se la luce fosse un’onda longitudinale, non sarebbe possibile alcun
effetto legato alla rotazione di un particolare piano attorno alla
direzione di propagazione.
Polarizzazione della luce – filtri
Passando attraverso un cristallo birifrangente, la luce si polarizza
linearmente e il campo elettrico del raggio ordinario risulta
perpendicolare a quello del raggio straordinario.
Un filtro polarizzatore è composto da lamelle spaziate tra loro
dell'ordine della lunghezza d'onda della luce incidente le quali
impediscono o smorzano l'oscillazione del campo elettrico della
luce non parallela al loro asse di polarizzazione.
Altri sistemi sfruttano la birifrangenza e la riflessione e la
rifrazione all'angolo di Brewster, come i prismi di Nicol, GlanThompson, Glan-Taylor.
http://it.wikipedia.org/wiki/Polarizzatore
Polarizzazione della luce
Ogni stato di polarizzazione può essere pensato come somma di
due stati di polarizzazione lineare ortogonali
Effetto fotoelettrico
L’effetto fotoelettrico consiste nella emissione di elettroni da
parte di una superficie metallica colpita dalla luce. La prima
osservazione dell’effetto fotoelettrico fu fatta da Hertz nel
1887, nell’ambito degli esperimenti che lo portarono a stabilire
l’esistenza delle onde elettromagnetiche. Egli osservò che la
scarica elettrica si realizzava più facilmente inviando luce
ultravioletta su uno dei due elettrodi.
Lenard (1900) successivamente comprese che il meccanismo
che facilitava la scarica era l’emissione di elettroni da parte
dell’elettrodo colpito dalla luce.
La luce penetra in un tubo a vuoto attraverso una finestra di
quarzo e incide su una placca metallica A, liberando elettroni. Il
campo elettrico consente poi di raccogliere gli elettroni
all’elettrodo B e si può misurare la corrente di fotoelettroni con
il galvanometro G
Effetto fotoelettrico
Aumentando l’intensità del fascio incidente, aumenta il campo elettrico e quindi la forza
agente sull’elettrone, che dovrebbe acquistare in media maggiore energia cinetica. Invece, il
potenziale di arresto , che misura l’entità dell’energia cinetica, non è influenzato dal valore
di I.
Il valore di I influenza invece la corrente di elettroni (ne aumenta cioè il numero), che
risulta ad esso proporzionale.
Secondo la teoria classica della radiazione, l’effetto fotoelettrico si dovrebbe verificare per
qualunque valore di frequenza, in quanto l’energia che la radiazione cede agli elettroni
dipende dall’intensità del fascio e non dalla frequenza. Esiste invece una frequenza di soglia
f0 .
Questo Dt è necessario affinché l’elettrone accumuli l’energia sufficiente per poter uscire
dal metallo. Non si registra invece alcun Dt.
La quantizzazione della luce secondo Einstein
Nel 1905 Einstein spiegò l'effetto fotoelettrico con la seguente
ipotesi:
- la radiazione elettromagnetica è composta da quanti, o pacchetti
di energia, poi chiamati fotoni;
- ogni fotone ha massa nulla e trasporta un'energia E
proporzionale alla sua frequenza f :
dove
è la costante di Planck.
La spiegazione dell'effetto fotoelettrico
L'estrazione di un elettrone si spiega con l'interazione individuale
di un singolo fotone con un singolo elettrone:
l'elettrone può liberarsi solo se il
fotone ha energia hf ≥ We, da cui
la frequenza minima:
l'energia cinetica posseduta dagli elettroni liberi dipende solo da
(f – fmin ):
La quantizzazione della luce secondo Einstein
L'energia elettromagnetica è quantizzata: può assumere solo valori
multipli della quantità fondamentale hf.
Il modello dei fotoni di Einstein non contraddice la teoria di
Maxwell:
infatti il grande numero di quanti di un fascio di luce si comporta
come un'onda, così come il gran numero di molecole di un
corpo costituisce un mezzo continuo.
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