SABATO 12 OTTOBRE 2002 TORINO E PROVINCIA LE TANTE STRADE DELLO SPIRITO Sopra e a sinistra mentre abbraccia uno dei suoi «fedeli», Amma, 49 anni, nata in un villaggio della costa occidentale del Kerala, in India Da tutta Italia per essere abbracciati Migliaia di persone a Collegno vogliono incontrare Amma Patrizio Romano Amma, ovvero la potenza dell'abbraccio. A migliaia sono arrivati a Collegno, per abbracciare, per stringersi al petto di Amma. E per tre giorni, da mercoledì a ieri, il Palazzetto dello Sport si è colorato dei colori dell'India nell'unico appuntamento italiano di questa donna di 49 anni, nata in un villaggio della costa occidentale del Kerala in India e che gira il mondo da quasi 30 anni. La sua fondazione ha costruito ospedali, case di riposo, scuole, case per i poveri, orfanotrofi. «Noi non chiediamo niente, qui si può venire prendere il darshan, l'abbraccio, e andar via senza pagare nulla spiega lo swami Rama Krishna -. Certo, ci sono santoni che approfittano delle debolezze e dei problemi della gente, non Amma». E quelle bancarelle come su un lungomare? «Tutti i guadagni servono per opere di carità» dice lo swami, la pelle olivastra, la barba lunga e un tondino arancio sulla fronte. E Amma? «Lei dorme poco più di un'ora al giorno, mangia come un uccellino e passa il suo tempo ad alleviare le sofferenze altrui». Amma (guai a chiamarla «santona»!), seduta su una poltrona rivestita da un drappo, accoglie tutti. Arrivano da ogni parte del Nord Italia, in auto e in treno. E percorrono gli ultimi metri, verso di lei, in ginocchio. Poi, l'abbraccio. «Cosa cerco? - domanda Luigi Pescini, 45 anni di Brescia -. La sua felicità. Mia moglie, dopo 26 anni, mi ha lasciato... Forse Amma può ridarmi quell'energia che non ho più, e riaprirmi il cuore». Un solo, semplice abbraccio. Giovedì sera, alle 19.30, il Palazzetto è pieno, sono più di un migliaio ad aspettare Amma. E quando lei entra si alzano in piedi e formano due ali al suo passaggio. La toccano, quasi sfiorandola, come una divinità vivente. In silenzio la salutano con le mani giunte. Lei sorride nella sua tunica bianca, circondata dagli swami, i suoi monaci dalle vesti arancioni. Sale sul palco e si siede nella posizione del «loto». Giù, nella platea e sulle gradinate, giovani e anziani, famiglie e gruppi di amici la guardano e sorridono come a un'amica ritrovata. «L'ho conosciuta nel '94 ad Assisi - racconta Roberta, 44 anni, di Milano -. Ero diffidente. La credevo una pescivendola, per via di tutto questo folklore. Quello lo noto ancora adesso, però è passato in secondo piano. Perché quello che colpisce è l'autenticità di questa donna e del suo amore». Silenzio. Inizia l'incontro. E' un giovane discepolo a raccontare la sua esperienza. «Mi inchino ai piedi e alla volontà di Amma - La donna, nata in India, gira il mondo da 30 anni La sua Fondazione ha costruito ospedali, orfanotrofi, case per i poveri, scuole grazie alle generose offerte dei «fedeli» dice -. Il primo abbraccio mi ha dato uno stato di grazia. Per lei ho smesso di bere e oggi sono qui». Silenzio. Intorno le bancarelle con i ritratti di Amma, libri, magliette, oggettistica indiana sono coperti da teli rossi. Questo è il momento della riflessione. Lei inizia a parlare. Solo i bambini hanno diritto di correre e giocare. «Noi siamo come quell'uomo che sul treno non vuol posare il suo bagaglio, e dice "ho pagato solo per me" - spiega Amma -. Ma Dio, che è il treno, porta entrambi, quindi lasciamo a lui i nostri pesi, i nostri affanni. Impariamo ad abbandonarci in Lui». Fuori, in- tanto, continua ad arrivare gente. Sotto un tendone si lasciano le scarpe prima di entrare. «Siamo venuti in sei amici da Bergamo ammette Corrado Salvi, rappresentante di 30 anni -. Sì, in molti cercano qui una soluzione a un problema, delle volte serio. Se la trovano? Quando deve essere succede. Io no, per me è solo una bella esperienza. Ogni volta diversa». Nella sala si alzano le note dei bhajan, i canti devozionali. I più fedeli cantano leggendo le parole in indiano sui libretti. Gli altri ascoltano e battono le mani seguendo il ritmo che Amma dà con due bacchette di legno. «Posa il taccuino e goditela. Solo così la potrai capire» dice una ragazza e torna a cantare. Chissà. «E’ difficile spiegare cosa si prova - sostiene Maria Montaro, 28 anni, grafica di Torino -. Una forte emozione, ma ognuno la vive a modo suo. No, non aspetto nulla». Per qualcuno Amma è il termine di una ricerca umana e professionale. «Sono psicoterapeuta - dichiara Silvana Dallera, 49 anni di Milano -. E sia il mio lavoro sia la mia vita sono una continua andare verso la comprensione e la realizzazione del sé. Amma? E’ stato il primo abbraccio del mondo: né mia madre né i miei amori mi hanno dato tanto. Dopo ho pianto: mi sono arresa». Nella sala si fa buio. Inizia il «puja», un rito purificatore e di meditazione. Solo le candele illuminano i volti dei «fedeli». Torna la luce, si scoprono le bancarelle e inizia il «darshan». Tutti in fila per l'abbraccio. Sono centinaia. Pochi secondi tra le braccia di Amma. Poi una caramella e un petalo di rosa. «E' la prima volta confessa Marilena Lamberti, 43 anni, infermiera di Fossano -. Cerco un aiuto, lei mi sembra abbia tanta forza e tanto amore». «Me ne ha parlato mia mamma dice Claudia Calascione, 22 anni, di Collegno -. Cosa cerco? Una parola d'amore». E si mette in fila: numero 500. Ma «mamma» Amma va avanti fino a notte fonda. Potenza di un abbraccio.