Percorsi di educazione femminile a
Milano: l’intervento del Comune
(1860-1915)
Commissione civica per gli studi
(1860)
- applicazione legge Casati per
competenze spettanti ai comuni e per
riordino istituti educativo-scolastici
dopo liberazione dall’Austria
- maggio 1861 proposta al consiglio
comunale per riforma scuola a MI
[relatore C. Tenca]
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Critiche a legge Casati per carenze in
ordine all’istruzione secondaria
femminile, che rappresentava:
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“una grave lacuna che [importava] riempire […]
quasiché alla donna non si debba che
un’istruzione superficiale e elementarissima
e non sia anzi di gran momento l’educare
l’intelletto di quelle che debbono essere le
prime educatrici dell’uomo [...]. E’ debito
adunque del comune di dare anche alla
donna quel tanto di istruzione mezzana, di
cui nessuna che non si travagli in umili
lavori di mano, può andare sfornita”
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1861 creazione della Scuola superiore
femminile di durata triennale (intitolata
nel 1886 a Manzoni), modello per altre
istituzioni in tutto il Regno.
Aperta alle giovani fra i 12 e i 16 anni,
forniva un’istruzione dalla quale
potevano trarre sia «soltanto un
ornamento dello spirito e del costume»,
sia «l’attitudine ad ufficj rimunerati»
materie insegnate: morale, lingua e
letteratura italiana, geografia, storia
generale e storia d’Italia, lingua
francese, nozioni di fisica e di storia
naturale, igiene e economia domestica,
aritmetica e contabilità, calligrafia,
disegno, lavori femminili
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Frequentata anche da ragazze che poi si
iscrivevano alla Scuola normale.
Alla fine del secolo, il titolo rilasciato
dalla “Manzoni” (ormai di durata
quinquennale) consentiva alle
studentesse di presentarsi agli esami
per la licenza normale e all’Accademia
scientifico-letteraria di Milano, in virtù
dell’attivazione del latino
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Più lenta la messa a punto di un
percorso formativo per le ragazze
lavoratrici
1861: creazione Scuole serali superiori
triennali per giovani lavoratori, che
avevano proseguito gli studi dopo le
primarie.
Modellate su programmi scuole tecniche
Volte a assicurare non solo un’istruzione
e una preparazione professionale, ma
anche una formazione morale
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Successo iniziativa: 2 sedi e 200 alunni
nel 1861, divenuti circa 600 nel 1891; 4
sedi e 1359 alunni nel 1902-03; 8 sedi
e 3566 alunni nel 1912-13
Agli inizi del ‘900: durata quadriennale
articolazione in due sezioni:
commerciale e operaia
Creata per gli operai, fin dagli inizi fu
scelta da giovani intenzionati a trovare
un lavoro o avanzare professionalmente
nel settore commerciale o in quello
impiegatizio
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Nel 1865, comune istituiva una classe di
compimento delle elementari festive
femminili, create nel 1862, per le
ragazze licenziate e meritevoli
Però identità incerta e stato di
precarietà dell’iniziativa; solo dal 1875
statuto più chiaro:
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nasce Scuola Festiva Superiore:durata
triennale, esame di ammissione su materie
delle elementari, articolazione in due
indirizzi: francese, da un lato, e italiano,
contabilità e disegno, dall’altro
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Presenza di due indirizzi e attivazione di
materie quali disegno, calligrafia,
francese e contabilità documentano che
SFS non era più luogo di mero
approfondimento dell’istruzione
primaria
Essa raccoglieva domanda di istruzione
e di formazione professionale formulata
da ragazze che già lavoravano e che
ambivano a un impiego migliore nel
vestiario o nel settore commerciale o
impiegatizio
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profilo utenza scuola anni ’70-80:
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Età fra i 13-18 anni, ma anche giovani tra i 20 e
30 anni
Lavoro svolto: cucito, servizi domestici (ovvero
professioni extra-domestiche tipicamente femminili
di quel periodo)
Festive Superiori si modellano su Serali
Superiori, però con alcune significative
differenze:
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Meno ore di insegnamento
Programma di studi meno corposo
(mancavano materie quali storia, geografia,
scienze naturali)
Docenti reclutate fra maestre
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Difficoltà SFS a connotarsi come scuola
secondaria, riflesso della più generale
resistenza culturale all’accettazione di
un’istruzione postelementare femminile
e all’idea che per le giovani dei ceti
popolari fosse necessaria una proposta
culturale di livello secondario tanto più
se professionalizzante
Successo SFS: 1875-76, 108 iscritte (1
sede); 1882-83, 312; 1897-98, 810
iscritte (3 sedi) [più numerose delle
iscritte alla scuole tecniche]
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Riforme SFS inizi ‘900: durata
quadriennale di entrambi indirizzi,
introduzione dattilografia e stenografia
nel corso di contabilità
Regolamento del 1912 ribadisce finalità
professionale SFS: preparare le
licenziate delle elementari «con un
pratico insegnamento a meglio
disimpegnare il loro compito nelle
aziende industriali, alle quali
appartengono in qualità di operaje, o a
disimpegnare l’ufficio di commesse o di
impiegate nelle aziende commerciali»
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Continua successo SFS (da circa 1000
iscritte del 1901-02 alle 4983 del 191415; da 3 a 10 sedi) che riflette:
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sia il più generale aumento della
scolarizzazione femminile
sia la capacità delle SFS e
dell’amministrazione di rispondere ai bisogni
formativi della città, assecondando la
tendenza delle giovani milanesi a accedere
a lavoro di ufficio o di commessa, per il
quale in questi anni vi era una buona
richiesta e che era meglio remunerato, più
allettante e meno gravoso del lavoro in
fabbrica o a domicilio
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Se agli inizi del ‘900 era specificata finalità
professionale SFS, va rilevato che nelle diverse
fasi emerge volontà di coniugare istruzione a
educazione morale della donna, ovvero a
formazione ai suoi doveri di moglie, di madre
nella famiglia e nella società
Tale preoccupazione era ribadita con insistenza
proprio nel ‘900 allorché il lavoro femminile si
allargava a altri ambiti, quali le industrie, gli
uffici, i negozi, le piccole imprese commerciali
(vedi relazioni di Anna Vertua Gentile tra il
1913 e il 1915 e “caso” su tema proposto a
una classe IV nel 1913)
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Riforma del 1915 voluta dalla Giunta
socialista di Caldara rivedeva assetto
SFS anche al fine di conseguire in modo
più efficace gli obiettivi tradizionali: la
formazione professionale delle giovani
lavoratrici e la loro preparazione ai
doveri familiari.
Intenzione di raccogliere nella scuola
non solo ragazze che volevano lavorare
nel terzo settore, come in prevalenza
avveniva, ma anche le operaie, le
donne di casa, incrementando lo studio
del disegno.
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La riforma prevedeva la conservazione
del corso di francese e di quello di
italiano, contabilità e calligrafia, già
esistenti, e la creazione di un corso
quadriennale, noto poi come Scuola
della Massaia, articolato in due bienni
Si trattava di un curricolo pensato per
formare sia ragazze orientate a lavorare
nelle fabbriche e nei laboratori del
tessile sia abili donne di casa
Vi si insegnavano italiano, disegno,
economia domestica, lavori donneschi,
igiene, cura dei bambini ecc
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Fallimento del corso e successo dei due
vecchi indirizzi: le ragazze seguivano “il
miraggio dell’impiego (…) negli studi
commerciali” in cui individuavano
un’occasione di riscatto e di
emancipazione, rifiutando un percorso
formativo nel quale sull’addestramento
professionale sembrava prevalere
l’aspetto educativo, volto, peraltro, a
confermarle nel loro ruolo di donne di
casa; ruolo che esse non rifiutavano,
ma per il quale ritenevano di essere già
sufficientemente formate dalla famiglia
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Milano e l`educazione delle giovani lavoratrici (1860