Kasey Michaels
Scandali e complotti
The Toplofty Lord Thorpe © 1986
Prima edizione giugno 2004
Seconda edizione per Intimità giugno 2006
Allegato al n°24 di Intimità del 22/06/2006
Prologo
Mia cara Jennie, e anche Kit naturalmente, sembra un secolo
dall'ultima volta che ci siamo visti, benché siano passati solo due mesi da
quando ho fatto da madrina al piccolo Christopher. Sono di nuovo a
Londra adesso, anche se papà non è con me (come al solito) e zia Rachel
è stata ancora una volta incaricata di sorvegliarmi (al solito, anche
questo). Sai, mia carissima Jennie, questa sarà la mia quarta Stagione da
quando ho fatto la prima riverenza a St. James. Papà dice che qualunque
ragazza con un briciolo di buonsenso si sarebbe data per vinta da tempo,
ma ha acconsentito a finanziarmi ancora per quest'anno, sperando contro
ogni logica che io riesca ad accalappiare qualche ricco cittadino; ma
come gli ho detto, con il decesso della madre di lady Cynthia a Stagione
appena iniziata, l'anno scorso, e con lord Thorpe che si era ritirato nei
suoi possedimenti non appena gli era stato lecito dopo il funerale, la mia
ultima stagione di caccia è stata troppo breve. Lady C. ha smesso il lutto,
dopo che il suo matrimonio è stato rinviato dalla dipartita di non meno di
tre familiari; ora lei e lord Thorpe sono di nuovo in città e hanno fissato
una nuova data per le nozze.
Credo sia il destino, non i parenti di lady Cynthia venuti a mancare, ad
aver posticipato il matrimonio fino al momento in cui io potrò convincere
lord Thorpe che sta commettendo un terribile errore. Sono io la donna
ideale per lui, so di esserlo, dunque potete trarre conforto dal sapere che
le mie intenzioni, se non le mie azioni, sono del tutto limpide. Lady C. può
anche gocciolare il più puro sangue blu quando si punge, ma è comunque
scortese oltre ogni immaginazione, e in più una noia mortale. Lord
Thorpe dev'essere salvato da lei a ogni costo. Certo, il fatto che io sia
pazza di lui c'entra appena in tutto ciò. Ora che la coppia in questione è
tornata in città, col povero lord Thorpe che si trascina quella triste,
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scialba creatura per ogni dove, mi si ripresenteranno delle opportunità.
Oh, lord Thorpe dev'essersi già stabilito in città da una quindicina di
giorni, ma ha passato il tempo nei suoi vari club, senza quasi comparire
in società. Strano, vero, come agli uomini sembrano piacere posti simili,
specie da quando uno dei miei amici (nessuno di tua conoscenza, Kit,
perché non ha fatto la guerra) mi ha detto che l'atmosfera in tutti quei
club sa di muffa... come stare a casa di un duca, col duca che giace morto
nel suo letto al piano superiore! Vi prego di perdonarmi se divago (zia
Rachel dice che è il mio forte, l'unico), ma capite, non è vero, che questa è
la mia ultima occasione per farmi notare da Julian? Non posso continuare
a contare sul fatto che i parenti di lady C. siano così carini da tirare le
cuoia prima di ogni data fissata per il matrimonio, no? Baciatemi il
piccolo Christopher e tenete le dita incrociate per me, giusto per
scaramanzia, perché sono certa che stavolta non mancherò di farlo
innamorare.
La vostra affezionatissima Lucy.
Capitolo Primo
Era proprio una splendida giornata di primavera, così assolata e calda da
sembrare estiva, specialmente considerando il deprimente protrarsi
dell'umido e della pioggerella che fino a quel momento aveva abbreviato le
uscite nel parco a tutti tranne che ai più arditi e accaniti amanti delle
passeggiate. Ovviamente quel giorno splendente vide tutti e ciascuno
convergere al parco, e la conseguente folla di cocchi, carrozze, focosi
cavalli da sella e speranzosi pedoni traboccò presto dai viali di ghiaia per
tracciare piste nei soffici tappeti erbosi e calpestare incurante le macchie di
arbusti.
Julian Rutherford, conte di Thorpe, e la sua fidanzata da lunga data, lady
Cynthia Buxley, erano arrivati da quasi un'ora, con l'idea che una vivace
galoppata fino in fondo al parco e ritorno sarebbe stato un cambiamento
gradito dopo l'inattività a cui il cattivo tempo li aveva costretti. Con loro
comune fastidio, però, l'unico esercizio fino a quel momento era stato un
continuo tiro alla fune coi loro cavalli, che mostravano la propria
impazienza sbuffando e impennandosi.
«È sgradevole, Julian» si lamentò lady Cynthia forse per la centesima
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volta. «Quanto odio le domeniche al parco, con libero accesso a tutti i
parvenu cittadini e ai campagnoli rampanti, come se avessero il diritto di
stare qui. Ti dico che, se non stiamo attenti, patiremo lo stesso fatale
destino degli aristocratici francesi. Ferma, Alba Egizia!» ordinò con
durezza, interrompendo la lagna per riportare sotto controllo la
cavalcatura.
«Piano con il morso, Cynthia» l'ammonì lord Thorpe mentre la donna
strattonava le redini. «Saremo presto a un cancello, per cui suggerisco di
staccarci da questa ridicola processione e di tornare verso casa. Se non
fosse per il numero di conoscenti che richiedono la nostra attenzione,
saremmo stati fuori molto prima. È solo la nostra popolarità che devi
incolpare, mia cara, per la nostra virtuale prigionia dentro questa calca
umana. I tuoi amici sono rimasti senza di te troppo a lungo e sentono il
bisogno di qualche istante per rinnovare la loro amicizia.»
«E per ribadire il loro cordoglio per la mia dolorosa perdita» aggiunse
lady Cynthia, lisciandosi la gonna dell'abito da amazzone grigio tortora.
«Spero solo che nessuno trovi che io abbia smesso il nero troppo presto,
dopo la dipartita della mamma.»
«Un anno è più che sufficiente, Cynthia» le assicurò pratico il fidanzato.
Proseguirono con decisione per il sentiero, degnandosi appena di
salutare col capo o con la mano i molti che li avrebbero voluti fermare per
una chiacchierata, ed erano al cancello quando Alba Egizia si impennò,
non disarcionandola per un soffio.
Thorpe reagì rapido, abbrancando la cavezza della giumenta, e mentre le
spettatrici più vicine strillavano riportò Alba Egizia sotto controllo con
mano esperta.
«Che cosa può averla irritata così?» gli chiese lady Cynthia, guardandosi
attorno e notando che Alba Egizia non era l'unico cavallo inquieto.
Tutt'attorno a loro accorrevano stallieri per calmare gli animali spaventati
dei padroni, e i pedoni prudentemente scattavano da parte per evitare gli
zoccoli.
Poi Thorpe colse un movimento sulla sinistra e si girò sulla sella per
meglio osservare il lampo rosso lanciato giù per una balza, che puntava
dritto su di loro. I suoi occhi grigi si socchiusero mentre cercava di
identificare ciò che sembrava una figura femminile in precario equilibrio
tra una coppia di ruote a piccolo raggio che avanzavano rapide.
«Che diavolo...?»
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Colpita dal fatto, assai raro, che il suo compagno si lasciasse sfuggire
un'esclamazione, lady Cynthia gli lanciò un'occhiata in tralice, poi seguì il
suo sguardo.
«Oh, no» sbottò, assai poco signorile, «è di nuovo quella Gladwin. Cosa
può avere in mente stavolta?»
Nel contempo tutti nelle vicinanze avevano individuato la causa
dell'inquietudine dei loro animali e si udiva un certo borbottio, con
gentiluomini scossi dal loro consueto sangue freddo e qualche membro
delle classi inferiori, nel parco per il giorno di riposo, che gridava e
fischiava incitando il conducente.
La giovane, così acclamata dal pubblico, sollevò una mano inguantata
dal manubrio di legno per salutare, una manovra che la portò vicina al
disastro quando la ruota davanti urtò una piccola roccia e per un istante il
veicolo sbandò pericolosamente. Ma che non fosse una novellina su quel
mezzo di trasporto fu presto evidente, perché subito si appoggiò con
l'avambraccio sul lato esterno del manubrio e riportò il veicolo su terreno
più piano. Trascinando il piedino in stivaletti di tela tra l'erba soffice a lato
del sentiero, Lucy si rese conto tuttavia che la pubblicità, che definiva il
veicolo predisposto per permettere ai drappeggi di fluire con libertà ed
eleganza fino a terra, era gravemente inesatta, poiché sentì la brezza
primaverile gonfiarle la gonna e rinfrescarle le caviglie esposte.
«È proprio Lucy Gladwin, Julian» lo informò lady Cynthia senza
necessità: chiunque in possesso di un paio d'occhi avrebbe riconosciuto la
giovane fiammeggiante signora che aveva messo a soqquadro la buona
società per le ultime tre Stagioni.
Nel caso in cui il suo viso e la sua figura non fossero abbastanza
familiari, il giovane ussaro lì vicino aveva confermato il fatto un momento
prima gridando: «È Lucy, la figlia del vecchio Hale. Che cannonata! Tutta
coraggio fino al midollo!».
«Sir Hale Gladwin ha molto di cui rispondere, per la sua indecente
figliola» commentò il conte, sprezzante. «Doveva maritarla a un piccolo
nobile di qualche posto sperduto, che la trattenesse dal rendersi ridicola in
città.»
«Davvero» concordò la fidanzata, lisciandosi i capelli compiaciuta, salda
nella sua certezza che lei, figlia di un conte e consapevole sia delle
responsabilità sia dei privilegi del suo rango, non si sarebbe mai permessa
di dare spettacolo di sé in quel modo. «Sir Hale, lui stesso sgangherato
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oltre ogni possibilità di recupero dovrebbe venire costretto a contenere gli
scatti folli della figlia o ad allontanarla all'istante dalla buona società. Una
creatura così volgare e spudorata.»
La creatura volgare e spudorata aveva infine arrestato il proprio mezzo
proprio dove aveva progettato: esattamente davanti al conte di Thorpe.
«Buongiorno, milord» cinguettò, gratificandolo del suo sorriso
abbagliante, incurante del proprio aspetto scapigliato.
Thorpe la guardò dall'alto in basso attraverso il monocolo, con
l'intenzione di cancellarle quella smorfia idiota dal viso. Minuta e bruna,
Lucy era al meglio di sé vestita di rosso e i suoi occhi scintillanti, le labbra
vermiglie e le guance arrossate le conferivano un'aria di bellezza fresca e
non artefatta che fece rabbrividire il conte. Non era decente né appropriato
che una persona di sesso femminile apparisse così... spontanea. Era
abbastanza per far ribollire il sangue di un uomo in modo assai spiacevole,
come riconobbe in silenzio, spostandosi leggermente sulla sella. «Miss
Gladwin» disse infine, concedendole la grazia di un lieve, lievissimo
inchino. «Riterrei una cortesia se volesse spostare la sua... macchina dalle
immediate vicinanze. La sua presenza ha immensamente agitato la
cavalcatura di lady Cynthia.»
«Cosa? Il mio velocipede?» domandò Lucy scuotendo il capo. «Che
animale stupido, farsi spaventare da una cosa simile. A mio parere...»
«Non rammento di aver chiesto il suo parere, miss Gladwin» la
interruppe tagliente lord Thorpe, riuscendo finalmente a toglierle il sorriso.
«In realtà non riesco a ricordare di averle chiesto altro se non la sua
assenza. Mi sono spiegato, signorina?»
Come congedo era decisamente di prim'ordine e Lucy, abbattuta da
quelle aspre parole, fu abbastanza sciocca da levare il viso verso lady
Cynthia. Se aveva sperato in una qualche comprensione da quella parte,
però, si era sbagliata di grosso, perché lady Cynthia rincarò: «Davvero,
miss Gladwin. Non solo si è già resa ridicola, ma è divenuta piuttosto
seccante, almeno per noi. Per tre Stagioni ormai ha seguito ogni nostro
passo, al punto che confesso di aver perso la pazienza. Sarebbe una
cortesia, verso di noi come verso lei stessa, se semplicemente se ne
andasse».
Per un breve istante il mento di Lucy tradì una deplorevole tendenza a
tremare, suscitando un involontario impeto di simpatia da parte del conte e
una smorfia d'immensa soddisfazione sul viso di lady Cynthia. Se Lucy
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poteva aver brevemente cullato il pensiero di giocare con la tenera
sensibilità di lord Thorpe - sensibilità del tutto inesistente, come legioni di
persone sarebbero state disposte a giurare - la vista dell'odiosa espressione
della sua rivale la trattenne dallo spremere qualche lacrima per sferrare
invece una stoccata a quella femmina insopportabile. «Perché, milady?» le
chiese in tono innocente, assumendo un'aria di assoluta ansietà. «Prova
spesso questa sensazione di essere seguita? Il mio prozio Herbert pativa
questa medesima afflizione.» Si girò per guardare lord Thorpe, che stava
rapidamente cambiando la sua opinione che miss Gladwin fosse una
civetta senza cervello. «Continuava a raccontare come la gente lo fissasse,
complottasse contro di lui...» Scosse la testa. «Dovettero rinchiuderlo a
Ringmoor, pover'uomo. Una faccenda terribile, con le catene e tutto il
resto.»
«Orribile creatura!» esclamò con voce acuta lady Cynthia,
abbandonando il suo ruolo di figlia di un conte. «Julian! Mi ha insultato.
Fa' qualcosa!»
«Che cosa suggerisci, mia cara?» rispose lord Thorpe nel suo solito tono
impassibile. «Un duello alla pistola domani all'alba?»
Lady Cynthia fu salvata da ulteriori scatti e lord Thorpe dal doverle
ricordare il rischio di fare una figuraccia davanti a metà della buona
società, dall'arrivo della zia di Lucy, scesa da una carrozza scoperta che si
era appena fermata accanto a loro. «Avevi promesso di restare a fianco alla
carrozza, cara» disse infastidita. «Ci è toccato fare un gran giro dopo che
hai imboccato la discesa. Ora vieni, Lucy, è l'ora del tè.»
«È lei la guar... cioè, è a lei che è affidata questa giovane signora?»
chiese lord Thorpe.
«Sono Rachel Gladwin, la zia di miss Gladwin.»
«Ha tutta la mia simpatia, signora» replicò il conte.
«Signorina, milord» lo corresse zia Rachel. «Sono la sorella minore di
sir Hale.»
«Allora raddoppio le condoglianze e spero mi perdonerà per averla
costretta a ricordare i suoi legami di sangue in pubblico. Dal momento che
sento l'urgenza di discutere tra noi quello che credo sia un problema
comune, verrò a farle visita domani mattina. Buona giornata, miss
Gladwin» terminò, in tono di congedo.
«Buona giornata, milord» gridò Lucy dietro i due, come se non sapesse
che l'avevano ignorata apposta.
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«Di' a Walter di caricare quell'orribile marchingegno nella carrozza,
Lucy, e sali con me» stabilì la zia, voltandosi per accomodarsi sui sedili
imbottiti. «Dobbiamo tornare a casa in tutta fretta, così che io possa
abbandonarmi a una crisi isterica.»
«Non faresti mai la donnicciola così.»
«Sapere che il tuo insopportabile lord Thorpe verrà a Portman Square
domattina per darmi una lavata di capo a causa di quella delinquente di
mia nipote, può essere la spinta che mi occorreva per cominciare a cercare
sollievo negli spasmi nervosi. O pensavi» proseguì imperturbabile mentre
la nipote stava per protestare che lord Thorpe non avrebbe fatto niente di
simile, «che venisse a dirmi di essersi pazzamente innamorato di te e di
aver piantato lady Cynthia, perché possiate vivere per sempre felici e
contenti?»
Lucy si mise comoda sui cuscini imbottiti. «Il pensiero mi è venuto, cara
zia. Mi è proprio venuto.»
Lucy si destò il mattino dopo di ottimo umore e senz'ombra d'ansietà.
Lord Thorpe sarebbe arrivato di lì a poche ore. Lord Thorpe, l'alto
gentiluomo biondo che rispondeva alla perfezione al suo ideale di uomo,
sul quale aveva posato gli occhi tre anni prima e che all'istante le aveva
rubato il cuore. Il fatto che il gentiluomo in questione non fosse stato
parimenti calamitato dalla semplice vista di una ragazzina bruna in
mussola bianca non aveva minimamente smorzato l'entusiasmo di Lucy. E
neppure apprendere che l'uomo dei suoi sogni era già promesso a un'altra.
Malgrado i pressanti inviti della zia a lasciar da parte quelle fantasie
adolescenziali e a concentrarsi su un pesce più facile da prendere all'amo,
Lucy si mise d'impegno per sedurre il conte con mille astuzie femminili.
Ahimè, Julian sembrava immune ai discreti sorrisi al di sopra del ventaglio
come ai languidi battiti di ciglia. Lucy decise che erano necessarie misure
più drastiche per attirare la sua attenzione, e dato che tali misure in
massima parte consistevano in impetuose partenze a cavallo, innocue
bravate, e un paio di imprese rischiose, non passò troppo tempo prima che
Thorpe, come il resto del bel mondo londinese, si accorgesse di Lucy
Gladwin.
La buona società, sempre in cerca di stimoli, l'accolse a braccia aperte e
Lucy si trovò presto circondata dal gruppo dei suoi membri più vivaci.
Troppo tardi lei scoprì che il suo beneamato era più che un tantino
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altezzoso e che guardava dall'alto in basso le persone che, a suo modo di
vedere, disonoravano il proprio lignaggio con una condotta volgare.
Chiunque avrebbe potuto credere che Lucy si sarebbe messa alla ricerca di
un gentiluomo più adatto che apprezzasse una donna come lei. In realtà,
Lucy era di pasta più dura. Certa di non aver sbagliato nel giudicare lord
Thorpe, nel corso degli anni si era persuasa che egli fosse soltanto vittima
della propria nascita e della propria educazione. C'era un uomo buono,
dolce e compassionevole sotto quella scorza arcigna e superba, e lei non
avrebbe avuto pace finché il mondo intero non fosse stato costretto a
riconoscerlo.
Per più di tre anni Thorpe, armato della propria indifferenza, aveva
evitato di dar segno di essersi accorto del corteggiamento non proprio
discreto di Lucy. Con la fidanzata al braccio, aveva preferito fingere che
miss Gladwin non esistesse affatto. La strategia aveva funzionato. Gli
spettatori che sulle prime ridevano alle corbellerie di Lucy furono presto
zittiti dalle occhiate raggelanti di lord Thorpe e Lucy non fu considerata
altro che una simpatica eccentrica. Le stramberie del giorno prima lo
avvertivano che per un'altra Stagione avrebbe dovuto guardarsi dalle sue
ridicole richieste di attenzione, costringendolo a passare all'azione.
Neppure per un istante Lucy aveva creduto che il conte sarebbe passato a
Portman Square per una ragione diversa dal diffidarla, in quel tono gelido
che usava con tanta efficacia. E nessuno avrebbe potuto biasimarla di
essere spaventata dalla prospettiva. Molti uomini, all'idea che lord Thorpe
arrivasse al loro domicilio per fustigarli verbalmente, avrebbero trovato
all'improvviso affari urgenti da sbrigare nella remota Cumbria. Ma Lucy
non temeva affatto il confronto. Anzi, lo attendeva con impazienza.
Mentre guidava la sua coppia di bigi nel traffico mattutino di Mayfair,
lord Thorpe ripassava il suo discorso. Aggiungendo mentalmente una
parola qua o cancellando una frase troppo severa là, si augurò di nuovo che
sir Hale Gladwin fosse nella sua residenza in Portman Square. Dopotutto,
quella conversazione si sarebbe gestita meglio tra gentiluomini... Non che
si potesse far conto su quello sciocco ubriacone, che aveva abbracciato una
linea di condotta che era la completa antitesi di ogni qualità che un
gentiluomo avrebbe dovuto esprimere. A volte avrebbe preferito che
ricchezza e lignaggio non fossero gli unici requisiti per l'ammissione nella
buona società. Avrebbe dovuto esserci un qualche tipo di esame, di prova,
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per i giovani nobili, che ammettesse tra i loro ranghi solo i più intelligenti
e beneducati. A un simile esame, lui avrebbe totalizzato il massimo
punteggio o quasi. Era intelligente, erudito, possedeva solo gli istinti più
elevati, era degno della più alta considerazione e, in generale, era un
fulgido esempio di tutte le qualità desiderabili in un pari d'Inghilterra. Chi
non ci credeva, poteva rivolgersi a sua madre, che aveva dedicato la
propria vita a rendere il figlio consapevole della propria perfezione. Di
essere in aggiunta, ahimè, arrogante, autocratico, superbo, miope nelle sue
opinioni e insopportabilmente puritano, non gli era mai passato per la
testa. Cresciuto già pieno di sé, era giunto all'età di trentatré anni sempre
confortato dalla consapevolezza che i suoi simili dovevano ancora minare
la sua alta opinione di sé... o la sua bassa opinione di loro.
Allora perché lui, un uomo che si manteneva al di sopra delle
scempiaggini della plebe, aveva lasciato che quella sciocca ragazzina di
una Gladwin gli si insinuasse sotto pelle, e ancor peggio, vi restasse in
modo disturbante per tre lunghi, disagevoli anni? Sarebbe stato in grado di
continuare nella finzione d'ignorare lei e il suo terribile comportamento?
Ma era quello il punto: la sua indifferenza era una finta.
Non che fosse affascinato dalla sua vibrante, vivace personalità, o
attratto dalla sua bellezza minuta. Al contrario ne provava ripulsa, insieme
a rabbia verso se stesso. Il desiderio fisico era per le classi inferiori e per i
giovani nobili che correvano la cavallina. Non per i rampolli di antiche
casate. Ogni volta che si trovava costretto ad ammettere l'esistenza di Lucy
Gladwin era come se lo schiaffeggiassero: fastidioso monito che,
dopotutto, lui era solo un essere umano, e pertanto suscettibile di meri
desideri carnali. Ebbene, certe basse voglie erano riservate a relazioni con
ballerine e altre donne d'infimo rango. Immaginarsi Cynthia che
abbandonava la propria fredda compostezza mentre si rotolavano in un
letto... assurdo! Avrebbe perso ogni rispetto verso di lei, la donna che
aveva scelto per generare la prossima generazione di Rutherford.
Lady Cynthia. Lei era un'altra ragione per quella visita mattutina: era
suo dovere proteggerla da ulteriore turbamento. Aveva riflettuto
ampiamente prima di degnarsi di chiedere la mano a quella donna
esemplare: lignaggio eccelso, ceto sociale elevato, alto tenore di vita,
maniere impeccabili... Cynthia era ben consapevole dell'onore e degli oneri
che la sua proposta di matrimonio comportava.
Che tutto il suo sangue blu e l'educazione raffinata non le avessero
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impedito di dargli addosso come una pescivendola una volta usciti dal
parco, Thorpe volle attribuirlo a un giustificabile scatto di nervi causato
dalla penosa esibizione di Lucy Gladwin.
Quando raggiunsero la casa di lady Cynthia in Grosvenor Square, era
riuscito a convincere la fidanzata che tutto si sarebbe sistemato entro il
giorno seguente. «Dubito seriamente che sarò costretto anche solo a posare
gli occhi su miss Gladwin, mia cara» le aveva detto. «Sono tentato di
credere che la zia sia ragionevolmente intelligente. Senz'altro poche parole
mirate sono tutto quel che servirà per metter fine a questa infantile sciarada
una volta per tutte.»
Avrebbe dovuto farlo anni prima e si sarebbe risparmiato un sacco di
tribolazioni. Lanciò le redini allo stalliere e balzò sul marciapiede, deciso a
terminare il discorso con l'anziana miss Gladwin in tempo per non
mancare all'appuntamento con il suo sarto.
Stava giusto allargando le code della giacca per sedersi in una grande
poltrona dallo schienale diritto che l'avrebbe posto più nel ruolo di padrone
che di ospite, guadagnandogli così un altro sottile vantaggio sulla
senz'altro apprensiva miss Rachel, quando un rapido fluttuare presso le
doppie porte aperte lo riportò in posizione eretta. La donna entrata nella
stanza gli dava le spalle, impegnata a congedare dalla soglia il riluttante
maggiordomo. Una volta che l'anziano servitore, ancora borbottando
sottovoce, fu trasferito nell'ingresso, le porte gli furono chiuse in faccia
con decisione.
«Orbene, milord» esordì Lucy Gladwin, congiungendo le mani per
l'emozione, «a che cosa dobbiamo il piacere della sua compagnia?»
Thorpe non rispose subito, preso com'era tra un silenzioso esame della
persona di Lucy, che indossava un abito elegante di seta rosa scuro che le
donava molto, ma non era appropriato, in quanto mancava ancora un'ora a
mezzogiorno, e la nascente consapevolezza che loro due, altra cosa assai
inappropriata, erano soli in una stanza a porte chiuse. Il luccichio che
scorse negli occhi luminosi di Lucy era sufficiente, anche se fosse stato
abbastanza ottuso da passar sopra all'abito scollato e alle porte sprangate,
ad avvertirlo che avrebbe dovuto far di meglio che scegliersi la poltrona
adatta se voleva convincere Lucy, o se stesso, di essere lui a guidare quella
conversazione. Si erse dunque in tutta la sua statura già imponente e chiese
freddo: «Miss Gladwin, quando dice noi usa il plurale maiestatis, oppure
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sua zia ha appreso l'arte dell'invisibilità?».
Lucy rise e agitò la piccola mano come per dire che la battuta era
divertente ma non meritava una vera risposta. Muovendosi con grazia sul
tappeto si arrestò davanti al divano e invitò l'ospite ad accomodarsi.
«Non ho intenzione di rimanere» la informò il conte, già diretto con
incedere regale alla porta. «Non è appropriato che riceva visite maschili
senza la presenza del suo chaperon.»
«Oh, puah!» esclamò Lucy con leggerezza, sprofondandosi nel divano.
«Dopotutto, chi lo saprà se noi non lo diciamo in giro?»
Thorpe girò sui tacchi per guardarla in viso e ribatté duro: «Io lo saprò,
miss Gladwin».
Un gran sorriso trasformò il faccino ansioso di Lucy a immagine
dell'incantevole principessa delle fate che compariva nel libro di fiabe
preferito dal conte nella sua infanzia, e che credeva dimenticata da tempo.
«E lei lo racconterà in giro, milord?» celiò Lucy. «Non credevo che i conti
spettegolassero.»
«Basta così, miss Gladwin!» decretò Thorpe, la mano che gli prudeva
dalla voglia di assestare qualche salutare sculaccione sul posteriore della
ragazza. «Le auguro una buona giornata.»
Lucy sorrise serena, sistemandosi le gonne mentre si appoggiava ai
cuscini di raso. «Le porte sono chiuse e ho le chiavi proprio qui.»
Il conte, che stava per afferrare una maniglia, voltò il capo in tempo per
vedere Lucy picchiettare sulla scollatura dell'abito. Appoggiando la
schiena al battente, incrociò le braccia e accavallò le gambe. «È solo una
bambina capricciosa. Che cosa ha fatto di sua zia, l'ha rinchiusa nella
credenza della biancheria?»
Lucy ebbe la decenza di arrossire. «Zia Rachel è stata chiamata al
capezzale di un'amica in Halt Moon Street per un'opera di misericordia.
Pare che la povera signora Halstead abbia fatto una brutta caduta e si sia
spezzata una gamba.»
«Perché allora ne dubito? O ha aggredito lei la povera signora solo per
evitare di dire una menzogna, dopo tutti gli altri suoi misfatti?» chiese lui
soave.
Oh, accidenti. Niente stava andando come previsto. «No, è tutta una
frottola che ho inventato per sbarazzarmi di zia Rachel nel momento
cruciale. Le ho mandato io il biglietto.» Il visino di colpo solenne, Lucy si
rizzò a sedere con le mani strette in grembo. «Ho fatto una brutta cosa, lo
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so, ma dovevo vederla!»
Sua Signoria capì di trovarsi in una situazione spinosa. Era costretto a
restare dov'era, a meno di abbassarsi a gridare aiuto, eppure si sentiva nelle
ossa che qualunque cosa Lucy Gladwin stesse per dire non gli avrebbe
portato alcun bene. «Benissimo, signorinella» proclamò con tutto il sangue
freddo che riuscì a raccogliere, «ora ha raggiunto il suo obiettivo. Eccomi
qua. Adesso, se è tutto ciò che voleva...»
«Oh, che insopportabile pedante sa essere!» esclamò Lucy, balzando in
piedi con grazia. «Non so proprio perché mi dia pena di parlarle. Zia
Rachel dice che devo avere dei mulini a vento in testa...»
«Ah, allora non sbagliavo nel giudicare quella stimabile signora. Peccato
che lei non si sforzi di imitarla: le gioverebbe un'infusione di buonsenso.»
Gli occhi di Lucy si strinsero in due scintillanti fessure blu, mentre
continuava imperterrita: «Non mi ha lasciato finire, milord. Quello che
diceva zia Rachel è che chiunque riesca a vedere altro in lei, oltre ad
arrogante presunzione e totale disprezzo dei suoi simili, dovrebbe affidarsi
ai medici per una visita accurata. Inizio a comprendere la saggezza delle
sue parole!».
Thorpe estrasse la tabacchiera e con garbo ne tirò una presa. Poi,
pulendosi la punta delle dita nel fazzoletto, commentò languido: «Posso
presumere che questo suo grazioso sfogo concluda la nostra...
discussione? Si può solo sperare che parimenti preannunci la fine della sua
ridicola infatuazione e delle sue stancanti dimostrazioni pubbliche di
affetto. E, a buon intenditore, bambina: i gentiluomini preferiscono
condurre la caccia, non viceversa».
«Oh, perché mi do pena?» mormorò Lucy. «Lei è talmente accecato da
rango e posizione che rifiuta di ascoltare ciò che il cuore le comanda. Non
è così freddo come cerca di far credere, io lo so. Ma se non la finisce di
curarsi del fuori e non comincia ad ascoltare ciò che ha dentro, non sarà
mai davvero felice.»
«Sto ascoltando ciò che ho dentro proprio ora, impertinente creatura» la
interruppe lui spietato, fissandola deliberatamente negli occhi umidi di
lacrime, «e mi sta dicendo che vuole il suo pranzo. Ora, ha intenzione di
aprire quella porta o sarò costretto a sopportare altri di questi istrionismi
infantili? Per Dio, lei è la ragazza più sfacciata e maleducata che abbia mai
incontrato. Non riesco a credere di aver avuto una simile conversazione.»
«Se ne pentirà, milord.» Lucy tirò su col naso, sfilandosi dal corpetto
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una piccola chiave di ottone. «Se si sposa per dovere, senza riguardo a ciò
che la farà felice, presto diventerà davvero l'uomo che crede mia zia. La
prego, tenga conto di quel che le sto dicendo. So di aver corso troppo e di
essermi probabilmente compromessa ai suoi occhi per sempre, ma vedo
della bontà in lei. Da sempre. Se riesco a far sì che l'ascolti, non tutto è
perduto.»
«Ecco che ora si propone nel duplice ruolo di martire e di salvatrice
della mia anima sul punto di dannarsi. Per favore, dopo tutto ciò che ho
dovuto tollerare da parte sua nel corso degli anni, almeno mi risparmi il
tentativo di condurmi alla salvezza!» scattò Thorpe, più in collera di
quanto ricordasse di esser stato da... Esitò, rendendosi conto alla fine di
non ricordare di essere mai stato in collera.
Vacillando lievemente sulle scarpette mentre staccava lo sguardo dal bel
viso del conte, Lucy capì di aver fatto un disastro della loro unica vera
conversazione in tre anni da che lo conosceva. E dopo tante speranze!
Avanzò verso di lui, senza sapere quanto fosse attraente così ammantata
del proprio dolore e della propria innocenza, e depose la chiave nella sua
mano in attesa. «Le chiedo perdono, milord. Mi sono resa colpevole di
molte piccole indiscrezioni, in passato, ma ora ho davvero passato il segno.
Ero così disperata, sa, anche se certo non è una scusante. Pensavo di
volerla aiutare, ma ora vedo che le mie motivazioni erano puramente
egoistiche. Mi sono illusa, inseguendo un sogno che non aveva alcuna base
nella realtà. Lei non è l'uomo che pensavo, poiché anche se non avesse
trovato nel suo cuore una... inclinazione verso di me, l'uomo che la
credevo non avrebbe mai potuto essere così deliberatamente crudele.
Buongiorno, milord. Non sarà costretto a sopportare le mie attenzioni in
futuro.» Alla sua espressione indecifrabile, Lucy oppose coraggiosamente
un sorriso. «Visto, milord? Dopotutto, lo scopo della sua visita è stato
raggiunto... e prima che il pendolo nell'ingresso battesse la mezz'ora.
Complimenti.»
Aperta la porta Thorpe le tese la chiave, ma quando Lucy scosse la testa,
impegnata con tutto il proprio essere a non scoppiare in lacrime, perdendo
così l'ultima traccia di rispetto per se stessa, lui la depose su un tavolo
vicino. Non si sentiva particolarmente soddisfatto di sé per il lavoretto di
quella giornata: tartassare verbalmente la debolezza di una ragazzina non
poteva considerarsi cosa da gentiluomo. Ma se ne aveva finalmente
distrutto la ridicola adorazione nei suoi confronti, convincendola a
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smetterla di incrociare i suoi passi turbando la sua tranquillità, non poteva
che considerare le proprie azioni come una necessità, quantomeno per
legittima difesa. «Addio. Sia certa che questa conversazione resterà tra noi.
Non c'è bisogno di ulteriori ostilità, in privato o in pubblico. Un reciproco
cenno del capo quando ci incontreremo sarà sufficiente a tenere le
malelingue sotto controllo, credo, e non dovrebbe causare altre indebite
difficoltà a nessuno dei due.»
Poi, quando Lucy non diede cenno di rispondergli, lui fece qualcosa che
più tardi si convinse non esser stato niente di più che un impulso privo di
reale significato: le sollevò la mano, vi depose un lieve bacio, e prese
congedo senza guardarsi indietro, lasciandola a cullarsi la mano contro il
petto mentre lo guardava uscire dalla propria vita.
Capitolo Secondo
«Ne parla tutta la città!»
«Ho sentito che sono state inviate lettere a tutti i giornali...»
«Che scandalo! Chi avrebbe mai pensato questo di lui? E la sua povera
fidanzata? Qualcuno l'ha vista?»
«Non credo oserebbe farsi vedere! Non dopo quello che ha fatto!
Orribile, assolutamente orribile!»
C'era qualcosa in ballo, un qualche pettegolezzo deliziosamente cattivo,
cioè, che scivolava per la sala addobbata di fiori relegando in secondo
piano il debutto di miss Araminta Selbridge.
Dopo aver lasciato zia Rachel accanto al drago in turbante che iniziò
all'istante a bisbigliare viscidamente all'orecchio della povera donna, Lucy
gironzolò senza meta. Era trascorsa più di una settimana dal disastroso
incontro con lord Thorpe, e benché la zia si fosse rifiutata di lasciare la
città all'istante insieme a lei, il cuore di Lucy era lontano dai ricevimenti
interminabili a cui si era doverosamente lasciata trascinare sera dopo sera.
Aveva visto Thorpe due volte e lui si era premurato di salutarla benché
Lucy avesse risposto a malapena, le guance in fiamme per la vergogna
ricordando una per una le sue parole taglienti. Tuttavia l'imbarazzo non era
il principale motore delle sue azioni. Come aveva confidato alla zia,
stavolta l'aveva fatta grossa, ma a soffrire era il suo cuore ferito, non il suo
orgoglio. Si era creduta innamorata di Julian Rutherford, e neppure ora le
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sue illusioni su quell'uomo erano davvero pronte a morire, per quanto
calpestate dalla sua crudeltà e dalla sua indifferenza.
Lucy si chiese distrattamente perché nessuno ballasse. Qualunque fosse
il nuovo succoso pettegolezzo che aveva calamitato l'attenzione di tutti, era
difficile credere che riuscisse a tener lontani dalle danze gli invitati più
giovani.
Con la coda dell'occhio scorse la zia, che le accennava con insistenza di
raggiungerla.
«Santo cielo, zia, hai mai visto niente di simile? Si potrebbe pensare che
il Principe di Galles abbia appena annunciato di rinunciare al titolo per
sposare una sguattera di cucina. Che cosa hai saputo?»
Ora che la nipote era di nuovo accanto a lei, Rachel Gladwin fu dibattuta
sul da farsi. Una parte di lei voleva trascinare via Lucy prima che si
rendesse ridicola davanti a tutti, un'altra parte, più realista, sapeva che il
momento e il luogo avrebbero fatto poca differenza. Sarebbe servito solo a
procrastinare l'inevitabile.
«Si tratta di lord Thorpe, mia cara» rispose infine, a disagio, evitando gli
occhi spalancati della nipote.
«È fuggito con una sguattera?» celiò Lucy, di colpo poco desiderosa di
apprendere la verità.
«Fosse così semplice» sospirò sua zia. «Non conosco ancora i dettagli,
dunque non metterti a strillare o cose del genere quando te lo dirò, hai
capito?»
«N... non... non è... morto?» implorò Lucy.
«Peggio, tesoro mio. Dicono che lui... Oh, cielo, come posso dirlo a una
creatura innocente come te? Nelle sue terre ha messo una ragazza in... in
una condizione delicata, e l'ha abbandonata al proprio destino.»
«Che cosa?!» esplose Lucy, attirandosi occhiate curiose dalle vedove
sedute lì accanto. «Che colossale idiozia!» sibilò, sopportando stoica la
stretta ammonitrice della mano della zia. «Solo uno sciocco potrebbe
credere a una cosa tanto ridicola.»
«Sia come sia, Lucy, i fatti parlano da sé. Ho sentito di un messaggio in
cui è raccontato tutto.»
«Il messaggio di un suicida?» chiese Lucy, che ancora cercava di
conciliare l'immagine che aveva di lui con il pensiero di lord Thorpe che si
rotolava nel fieno con una ragazzotta di paese. «E la notizia di un simile
biglietto come avrebbe percorso la strada dal Derbyshire fino a Londra?»
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Sembrava che in un villaggio vicino alla proprietà dei Thorpe vivesse
una giovane donna di nobili origini, la cui famiglia era decaduta. Poi era
arrivato lord Thorpe, promettendo di sposarla e di salvarla dalla miseria.
Morale della storia, che era andata molto avanti, a giudicare da come la
donna l'aveva descritta in tutti i sordidi dettagli per inviarne copia a tutti i
quotidiani londinesi, lord Thorpe aveva sedotto la povera innocente, tale
Susan Anscom, per poi abbandonarla senza pietà in attesa di un figlio.
Dopo aver gridato il suo dolore ai quattro venti, la fanciulla sconvolta si
era annegata nello stagno del villaggio.
«Ridicolo! Chi potrebbe credere a simili fantasie? Lord Thorpe non si
abbasserebbe mai a tanto: innanzitutto, è troppo gentiluomo. E poi»
aggiunse Lucy pratica, «non si degnerebbe di accompagnarsi a una donna
di rango inferiore a quello di lady Cynthia.» Sollevando gli occhi per
scrutare la sala, si chiese a voce alta: «Dov'è lady Cynthia? Credevo di
aver visto suo padre entrare in una delle sale dove si gioca a carte, poco fa.
Può essere che stia girando per il salone difendendo il fidanzato da queste
maligne bugie?».
«Eccola, Lucy.» Rachel l'avvertì con un cenno discreto nella sua
direzione. «A fianco di lord Seabrook. Santo cielo, sembra stia ridendo.
Come può restare così impassibile a tutto ciò?»
Lucy smise un istante di crucciarsi per lord Thorpe, per rimproverarsi di
essere stata così cattiva verso lady Cynthia, in passato. Evidentemente la
donna si stava comportando come se niente fosse, con grande coraggio.
«Ma dov'è lord Thorpe?» proseguì la zia. «Non l'ha accompagnata? Non
vanno mai da nessuna parte, se non insieme.» Arrossì un poco. «Mi
dispiace, tesoro, ma negli ultimi tre anni mi hai fatto diventare un'esperta
su Sua Signoria e sui suoi spostamenti».
Un improvviso trambusto sulla soglia evitò a Lucy di dover dare una
risposta, e tutte le teste si voltarono, in tempo per vedere lord Thorpe
entrare nel salone. Come di consueto, era magnifico. Un perfetto
gentiluomo, dai riccioli biondi accuratamente pettinati alla punta delle
lucide scarpe da sera. Il cuore di Lucy ebbe un piccolo sussulto mentre
ammirava la sua bellezza e lo sguardo fieramente arrogante che assunse
arrestandosi per esaminare la sala attraverso il monocolo. Individuata la
fidanzata, Thorpe si avviò con comodo, e fu solo a tre quarti della sala che
si rese conto che il cicaleccio era cessato e che aveva tutti gli occhi puntati
addosso. Perfino i musicisti avevano interrotto il loro frenetico sviolinare,
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finalizzato a invogliare qualcuno alle danze prima che il padre di Araminta
si rifiutasse di pagarli per il lavoro di quella sera.
Lord Thorpe girò lentamente sui tacchi e guardando dietro di sé vide che
tutti coloro che aveva già sorpassato ora gli voltavano le spalle. La schiena
gli si irrigidì, poi si voltò di nuovo e senza guardare né a destra né a
sinistra riprese il cammino verso la fidanzata. A uno a uno, gli ospiti a cui
passava davanti sollevavano il naso e gli giravano le spalle con
ostentazione, finché quando raggiunse il gruppo a cui mirava e si preparò a
inchinarsi, lady Cynthia fece scivolare la mano inguantata al braccio di
lord Seabrook e guidò gli amici in una breve processione poco lontano.
«Lo stanno evitando!» proruppe Lucy indignata. «Quei dannati stupidi
lo ignorano! E quella creatura meschina... Come osa!»
«Lucy» implorò la zia sottovoce, «ti prego, tieni la voce bassa. Lord
Thorpe si ritirerà tra breve e poi possiamo anche lasciare questa accolta di
sciocchi, ma ora ti scongiuro di non fare niente che potresti rimpiangere.
Sua Signoria non ti ringrazierebbe, lo sai.»
Lucy non riusciva a staccare gli occhi, scintillanti di lacrime di pietà
mista a frustrazione, dall'uomo che ora si guardava attorno confuso, le
ampie spalle piegate dalla sconfitta. Lui, un uomo che si pregiava della sua
immacolata reputazione aveva appena appreso, e in modo crudele, la vera
natura dei suoi contemporanei.
I musicisti, non sapendo che altro fare, attaccarono un valzer per
riempire il vuoto del silenzio con una musica rasserenante. Nessuno si
mosse.
Come statue scolpite nel marmo, gentiluomini e gentildonne dell'alta
società attendevano che l'intoccabile che una volta era stato la loro guida li
liberasse dalla sua oltraggiosa presenza. Gli amici di un tempo stavano
attenti a girargli alla larga perché la sua sozzura non intaccasse la loro
reputazione senza macchia.
Lucy resse finché poté: circa dieci secondi, otto dei quali passati a
staccarsi di dosso le mani della zia, prima di attraversare la sala a passo di
carica. «Lord Thorpe!» esclamò ad alta voce. «Ero dispiaciuta che se ne
fosse scordato, ma ora vedo che è un uomo di parola. Eccola qua, proprio
mentre il ballo che mi aveva chiesto di riservarle sta per iniziare. Mi
dispiace che non mi abbia trovata prima: tenevo compagnia a mia zia
mentre l'aspettavo.» Facendogli scivolare al braccio la mano inguantata,
gli sorrise, celando il fatto che le sue dita delicate gli stringevano il braccio
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in silenzioso avvertimento. «Andiamo, milord?» chiese, con l'acciaio nella
voce e l'uomo smarrito infine rispose conducendola al centro del salone.
Erano ovviamente gli unici ballerini e tutti gli occhi erano puntati sulla
coppia che roteava per la sala, che di colpo sembrava vasta e pericolosa
come un campo di battaglia. «Non guardi adesso, milord» gli suggerì
Lucy, sempre con un luminoso sorriso, «ma la sua falsa amica solo dei
giorni felici sta facendo gran mostra di ridere a qualcosa che quel vile lord
Seabrook le ha sussurrato all'orecchio.» Poiché l'unica risposta del
compagno fu stringerle la mano più forte, proseguì: «Mi conduca alla
porta, e ci allontaneremo a passo di danza da questa riunione di traditori.
Soltanto resista, la prego, e la tirerò fuori senza un graffio».
Julian guardò il suo viso implorante con occhi stranamente spenti. I suoi
piedi continuarono a muoversi secondo i noti passi del valzer e il suo
cuore, osservò, continuò a battere nel corpo inerte; allora com'era possibile
che si sentisse come se avesse appena perso il controllo del proprio
destino? Un momento prima era Julian Rutherford, conte di Thorpe, e
padrone di tutto ciò su cui posava lo sguardo; un momento dopo era stato
scalzato dalla sua posizione di maestà, e doveva il fatto di esser rimasto in
piedi alla ragazza minuta a cui ora si aggrappava con le ultime energie
rimastegli.
Con la coda dell'occhio Lucy poteva vedere sua zia Rachel ritta sulla
soglia e un valletto che accorreva al suo fianco, recandole il mantello da
sera. La buona vecchia Rachel, si rallegrò tra sé, sapevo di poter contare
sul fatto che tenesse la testa a posto. Ad alta voce disse consolante: «È
quasi finita, milord. Mi faccia solo girare un paio di volte, come una figura
di saluto, tanto per far sapere a questi molluschi che non ci importa un fico
secco di quel che pensano».
La terra gli era crollata sotto i piedi fin dal primo momento in cui aveva
realizzato che nessuno, neppure la sua fidanzata, sarebbe stato dalla sua
parte nella disgrazia, e che la sua unica alleata doveva essere una
ragazzina. La stessa che aveva cacciato dalla sua vita così spietatamente
neppure due settimane prima. «Perché lo sta facendo?» chiese con voce
soffocata.
Il sorriso abbacinante di Lucy lampeggiò prima che lei gli rispondesse,
in tono confidenziale: «Perché sono una maledetta stupida, milord. Che
altro?».
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Lucy e Rachel erano già alzate alle prime luci dell'alba seguente,
rivoluzionando la tabella di marcia del personale di cucina con le loro
richieste di far colazione presto; e l'ultimo dei valletti non era proprio
entusiasta di essere spedito in strada per procurare copie di ogni quotidiano
della città. Due giornali avevano rifiutato di pubblicare la storia inviata da
quella tale Susan Anscom, ma una terza testata meno scrupolosa, o forse
meno indebitata finanziariamente con lord Thorpe, aveva stampato l'intera
lettera. Era un epitaffio maledettamente definitivo, espresso con una
precisione che non ci si sarebbe aspettati da una donna isterica. La missiva
descriveva la sua seduzione per opera di lord T., l'inevitabile gravidanza e
la crudele indifferenza dell'uomo verso la sua situazione. Raccontava come
la donna progettasse, presumibilmente dopo aver spedito l'atto di
condanna, di gettarsi nel laghetto dietro casa propria ad Alsop-en-le-Dale,
a quattro miglia scarse dalla dimora di campagna di lord T., proposito che
aveva poi realmente messo in atto, secondo il giornale. L'articolo
terminava con l'intuizione che il suicidio di miss Anscom aveva posto fine
alla sua giovane vita e dato inizio al più grosso scandalo mai scoppiato
da molti anni.
Come se l'articolo in sé non fosse abbastanza, il valletto consegnò varie
caricature prodotte da stampatori locali, che rappresentavano lord T. che
col calcagno schiacciava la testa a una fanciulla indifesa, oppure che si
allontanava a cavallo mentre una damigella con un evidente pancione
fissava stralunata uno specchio d'acqua. Una stampa a colori
particolarmente repellente mostrava lord T. che di propria mano infilava
miss A. in un sacco per gettarla in acqua.
«Come osano metterlo così alla berlina?» protestò Lucy, facendo a
pezzettini uno dei manifesti.
«Se neppure il Principe è al sicuro da questi attacchi, mia cara, dubito
che lord Thorpe sia ritenuto intoccabile» rispose Rachel. «Posso solo
chiedermi come la stia prendendo. La storia doveva essere più che risaputa
ieri sera, perché la buona società gli avesse già preparato un affronto di
quelle proporzioni. Ma ora che ogni uomo della strada ne è stato reso
edotto, non si può dire quello che accadrà» concluse, sorbendo un sorso di
cioccolata. «Povero uomo orgoglioso.»
Lucy si appoggiò allo schienale, gli occhi azzurri rannuvolati al ricordo
di lord Thorpe come l'aveva visto l'ultima volta fuori della residenza dei
Selbridge. Rigido come un tronco, le labbra strette in una linea sottile,
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aveva ringraziato la sua salvatrice con formale cortesia prima di montare
nella sua carrozza in attesa e allontanarsi senza guardarsi indietro. «Credo
che desideri solo sedersi in una stanza buia a piangere tutte le sue lacrime»
disse Lucy. «È stato completamente devastato da questa cosa. È terribile
assistere alla caduta dei grandi. Lord Thorpe non ha alcuna esperienza di
fallimenti. Ha vissuto la sua vita dentro un cerchio magico. Ma ora ha
capito quanto fosse falsa la sua esistenza e non sa capacitarsene.»
«Oh, Lucy, credo che tu stia ingigantendo questa faccenda» la
contraddisse la zia. «Certo non tutta la buona società gli ha voltato le
spalle. Scommetto che ora di stamattina avrà scoperto che molti amici gli
si sono stretti attorno. È senz'altro un fuoco di paglia, sarà tutto
dimenticato entro settimana prossima.»
«Davvero, zia? E poi dicono che io sono un'ottimista!» Lucy si alzò,
preparandosi a lasciare la stanza inondata di sole. «Bene, una cosa è certa.
Io non lo lascerò ad affrontare le notizie di stamattina da solo. Vieni con
me o ti disturba esser vista entrare in casa di Sua Signoria?»
Posando la forchetta con un lungo sguardo di rammarico alle uova al
curry che la cuoca aveva preparato apposta per lei, Rachel seguì la nipote.
«Avrei dovuto dire sì a lord Manton» borbottò. «Il matrimonio con
quell'impiastro sarebbe stato una noia, ma almeno avrei avuto un po' di
pace.»
Se Lucy pensava che Julian stesse passando la mattinata a singhiozzare
sul suo piatto di crema d'avena, era del tutto fuori strada. Oh, sì, era
rimasto non poco turbato a casa Selbridge, trovandosi oggetto di quel
rifiuto di massa, ma non per questo aveva intenzione di tagliarsi le vene.
Doveva esserci stato un errore, ecco tutto. Qualche testa calda, qualche
pettegolo troppo accanito, era riuscito a creare una tempesta in un bicchier
d'acqua. Si sarebbe esaurita presto, una volta che i suoi amici si fossero
resi conto che lui era non solo troppo gentiluomo perfino per mentire a una
donna, ma anche troppo schizzinoso per concedere i propri favori a
casaccio, a femmine incapaci di prevenire ciò che altrimenti sarebbe stato
l'inevitabile risultato delle loro attività. Da un momento all'altro il suo
maggiordomo poteva entrare ad annunciargli la visita di amici, venuti a
sostenerlo nell'ora del bisogno. Non si era forse vestito e reso presentabile
ai visitatori sulla base di questa presunzione?
Aha! Ecco proprio ora il batacchio della porta! Sistemandosi la cravatta
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già perfetta, si alzò per ricevere il suo primo visitatore ed alleato.
«Miss Rachel Gladwin e miss Lucilie Gladwin, milord» intonò solenne
il maggiordomo prima di introdurre le due signore nello studio e ritirarsi
per finire la lettera che stava scrivendo al cugino, maggiordomo di un
duca, chiedendogli aiuto perché gli procurasse un impiego in una casa più
onorata.
«Come possiamo esserle d'aiuto?» domandò Lucy diretta, senza sprecare
tempo prezioso in formalità.
«Non credo possiate» rispose lord Thorpe inespressivo, deluso dal
pensiero che le uniche truppe che si erano unite alla sua causa indossavano
crinoline.
«Oh, andiamo, milord» lo ammonì Lucy, occupando una sedia vicina.
«Non è tutto così nero come può pensare. Non ha una punta di coraggio?»
«Se intende chiedermi se ho già ordinato un tratto di corda sufficiente
per impiccarmi al lampadario dell'ingresso, no, non sono ancora caduto
così in basso» replicò lui, imbronciando appena le labbra.
Lucy si volse verso la donna che si stava accomodando in una sedia
lontana dal centro della stanza, nella speranza di confondersi con la
tappezzeria. «Vedi, zia Rachel, è proprio come ti ho detto. Quest'uomo
vive del suo orgoglio. Proprio come mister Darcy in Orgoglio e
Pregiudizio di miss Austen. Certo, non ha gli stessi colori, vero?» aggiunse
con un'occhiata all'ospite riluttante. «Ma non importa. Alla fin fine è la
stessa cosa. Il signor Darcy ha imparato che l'orgoglio ha il suo prezzo e ha
superato i propri fallimenti.»
Quando Lucy parve sul punto di elargirgli un riassunto della trama del
romanzo, da poco pubblicato nella capitale, lui intervenne: «Nel profondo
del mio cuore sono certo che ci sia una ragione per questa visita, o almeno
lo spero. Sono rammaricato di essermi congedato così bruscamente ieri
sera, ma dovete capire, signore, che ero preoccupato per una faccenda
personale. Se non l'ho ringraziata a sufficienza per il suo sostegno in
quell'occasione, miss Gladwin, cercherò di rimediare ora alla mia
mancanza».
«Oh, tagli corto, milord» lo interruppe Lucy, arricciando il nasino al suo
formalismo. «Tutti sappiamo leggere, sa, e dubito che chiamare il suicidio
di Susan Anscom una faccenda personale cancellerà la sua storia dalla
bocca di ogni impiccione della città. No, quello che noi dobbiamo fare è
togliere il dente alle vipere.»
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«Noi?» ripeté lui. «Non sapevo di aver chiesto a lei o ad altri di
sacrificarsi per la mia causa. E poi, che cosa le fa credere che vorrei il suo
aiuto?»
«Già» affermò zia Rachel dal suo angolo. «Visto che questa casa è già
affollata di gente desiderosa di correre in sua difesa.» Detto ciò, tacque e si
rimise comoda per vedere se avesse punto l'arrogante contegno di Sua
Signoria. Il silenzio che seguì era cupo come l'espressione calata sulle
fattezze del conte. Lucy sentì un lieve brivido nervoso percorrerle la spina
dorsale, e non era neppure lei il bersaglio di quello sguardo penetrante! Ma
siccome Rachel tenne gli occhi rivolti altrove, sfilandosi tranquillamente i
guanti, Julian realizzò che per quanto faceta potesse essere l'osservazione,
aveva tuttavia un fondo di verità.
Premette il pulsante del campanello per chiamare una cameriera,
chiedendo dei rinfreschi che furono portati all'istante, poi sedette di fronte
a Lucy. «D'accordo, signore» concesse, con raro buonumore, «avete detto
la vostra. Ma ancora mi sfugge perché siete qui. Specie, miss Gladwin»
aggiunse piano, «considerato il trattamento rude che in passato ha ricevuto
da me.»
Sorridendo radiosa all'ammissione del conte di aver condotto in modo
estremamente scortese il loro recente confronto, Lucy decise una volta per
tutte di non essersi sbagliata nel giudicare il carattere dell'amato. «Ecco,
siamo qui per dirle che non crediamo a una sola parola di questa assurdità»
gli rispose fiera. «E per offrirle i nostri servigi, naturalmente.»
«I vostri servigi per cosa?» fu spinto a chiedere Thorpe, cercando ancora
di scuotersi di dosso la sensazione di essersi perso dentro un incubo da cui
disperava di potersi risvegliare nel futuro immediato.
Lucy si sporse con aria da cospiratrice. «Ci ho meditato sopra a lungo,
ieri sera. Sento che l'intera faccenda è un complotto per privarla del suo
buon nome e spingerla anzitempo nella tomba, disperato.»
«Oh, ne dubito assai» rispose Julian, soffocando una risata all'intensa
espressione di Lucy.
«No, sul serio» gli assicurò lei, scivolando avanti fino a sedere sull'orlo
della sedia. «Pensi solo alla cura che vi ha messo questa miss Anscom a
scrivere a tutti i giornali.»
«Mmh» fece lui di rimando, «e poi ad annegarsi solo per dare credito
alla sua storia. Sono d'accordo, la donna certo vi ha posto ogni cura!»
Lucy sferrò il colpo di grazia. «Milord, quanto è profondo lo stagno del
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villaggio?»
«Non ne ho la più pallida idea. Certo non è una gran massa d'acqua.»
«Esatto! Lo stagno vicino a casa nostra non è profondo più di tre o
quattro piedi. Immagino che quello di miss Anscom abbia circa la stessa
profondità. Se è davvero annegata, come il giornale dice che è stato
appurato, trovo difficile capire come abbia potuto avere una tale
perseveranza: tenere la testa sott'acqua per il tempo necessario.»
Lord Thorpe balzò in piedi, due macchie di colore sulle guance. «È così
che intende aiutarmi? Diffondendo l'insinuazione che io abbia assassinato
questa miss Anscom? Ancora un piccolo aiuto da parte sua, signora, e non
dovrò neanche disturbarmi a comprarmi la corda!»
Fece ben poco per risollevare lo spirito di lord Thorpe il fatto che Lucy
Gladwin fosse l'unico visitatore introdotto nel suo salotto nei due
interminabili giorni seguiti al ballo dei Selbridge. Era così solo nella sua
miseria, in realtà, che aveva quasi cominciato a rimpiangere di essere
giunto a un pelo dal buttare fuori di casa Lucy Gladwin. «Sono sull'orlo
della disperazione» ammise affranto, lasciandosi cadere senza eleganza in
una poltrona del suo sacrario privato, uno studio tappezzato di libri sul
retro della casa. «Chiunque senta minimamente la mancanza di quella
piccola sfrontata deve essere disperato. Oppure» borbottò, fissando con
sguardo da allocco nel bicchiere quasi vuoto che teneva in mano, «ubriaco
fatto e finito, come credo di essere.»
Povero, povero lord Thorpe. Era davvero un uomo solo, con l'unica
compagnia della mezza dozzina di caraffe di buon brandy invecchiato che
stava consumando indefessamente da quando si era chiuso nel suo studio il
mattino precedente. I begli abiti, indossati il giorno prima per darsi un
contegno davanti ai sostenitori che si sarebbero raccolti al suo fianco,
erano ormai stropicciati e macchiati di brandy... e magari di qualche
lacrima? L'essersi poi comportato in modo così altero con l'unica
sostenitrice che avesse avuto l'ardire di sfidare la buona società per
confortarlo, lo attribuì al fatto che quella dannata ragazza, mentre pareva
offrirgli consolazione, era andata maledettamente vicino ad accusarlo di
omicidio!
«Forse è meglio se sono solo» confidò a un busto di Nelson collocato in
una nicchia di fronte a lui. «Qualcun altro come lei, e mi ritroverò in
tribunale a lottare per la vita!»
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I servitori del conte gli giravano alla larga, ma gli avevano consegnato il
pacchetto arrivato poco prima tramite corriere: conteneva l'avito anello di
fidanzamento dei Rutherford, nient'altro. Dopo il contegno di lady Cynthia
l'ultima volta che l'aveva vista, non era rimasto granché sorpreso, anche se
quell'atto non aveva migliorato la sua opinione sulle donne.
Gettando via quel che restava nel bicchiere, pensò distrattamente alla
madre, la gran dama che per prima gli aveva inculcato l'onore e il dovere
relativi all'essere un Rutherford. Che al momento si trovasse
doverosamente nelle remote plaghe della Scozia per le esequie di un
lontano parente, fiutando in cerca del minimo bocconcino di eredità che
potesse toccarle, non poteva che essere considerato un dono del cielo,
perché l'anziana signora l'avrebbe ucciso per aver così trascinato nel fango
il suo buon nome.
«Alla tua, mamma» scattò il conte, brandendo in alto il bicchiere vuoto
per poi scagliarlo a terra. «Mi hai insegnato tutto ciò che mi occorreva
sapere sull'essere un gentiluomo titolato. Un gran peccato che non mi
abbia insegnato quanto volatile può essere tutto questo.» Si alzò e andò
fino al caminetto per osservare il disastro che aveva combinato, e lo trovò
desolatamente insufficiente: voltatosi verso la scrivania ne spazzò via la
pila di fatture dei fornitori con un'unica rabbiosa manata. «Il colpo più
meschino» commentò con passione, osservando i foglietti svolazzare per la
stanza prima di adagiarsi sul pavimento. Che l'uomo della strada avesse
sentito il bisogno di sollecitare i pagamenti, dimostrava quanto in basso
fosse caduto il suo nome. Ma se credeva di esser giunto al punto oltre il
quale un uomo non può più scendere, il biglietto che il suo maggiordomo
gli recò poco dopo provò che il conte non aveva idea di come la sua caduta
fosse completa. Artigliandolo nel pugno, chiamò un servo perché facesse
subito preparare la sua carrozza chiusa. E quando diede al cocchiere
l'indirizzo di Lucy Gladwin, fece il primo passo per diventare l'uomo che
Lucy aveva sempre creduto che fosse.
«Dispero perfino di farglielo capire» disse cupa Lucy, seduta nella
saletta della colazione col suo lavoro di ricamo abbandonato in grembo.
«Se penso a com'era... sconvolto lord Thorpe quando ho accennato allo
stagno, dispero anche che sia disposto ad ascoltar ragione, finché c'è
ancora tempo per aiutarlo.»
La sua unica ascoltatrice, la pazientissima zia Rachel, che si era sentita
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questo triste ritornello per le ultime ventiquattr'ore, ora rispose pacata:
«Ancora qualche dispero, tesoro, e comincerò a pensare che sia tu ad
andare incontro a un triste declino, e non lord Thorpe. Davvero, cara,
credo che tu ti stia lambiccando troppo su questa teoria dell'omicidio. È
solo un altro scandalo da passeggio e si smonterà entro la prossima
settimana».
«Credo di no, zia» ribatté Lucy. «Uno scandalo di queste proporzioni
non si sgonfia come una voluta di fumo. Oh, no! Segnati le mie parole:
sento puzza di intrigo qui, ne sono sicura.»
«Senti odore di renderti cara a lord Thorpe mentre è vulnerabile a un
attacco di buoni sentimenti, vorrai dire» la contraddisse la zia, ma senza
acidità. «Puoi ingannare altri con quei tuoi occhioni innocenti,
signorinella, ma è fatica sprecata se cerchi di convincere quel particolare
spettatore del tuo agire disinteressatamente.»
«Oh!» commentò Lucy con leggerezza. «Non ho mai detto di non
sperare di trarre vantaggio da questa opportunità di mostrare a Julian le
mie migliori qualità. Ma dico sul serio, penso che sia in un pericolo reale.
Qualcuno si è spinto a tanto per montare questo scandalo, e non riesco a
credere che sia per pura cattiveria.»
«Il conte di Thorpe, signora» intonò dalla soglia il maggiordomo con
tono di voce adeguatamente cupo, poi si fece da parte mentre Sua Signoria
entrava.
Lucy non riuscì a trattenere un'esclamazione di incredulità alla vista
dello scapigliato conte. Sembrava essere appena uscito perdente da
un'accanita battaglia, e lei riuscì solo a fissare il viso non rasato e gli occhi
arrossati.
«Milord» lo accolse calma Rachel, indicando una sedia lì accanto in cui
Julian si lasciò cadere con gratitudine. «Biggs?» chiamò poi in disparte il
maggiordomo rimasto a bocca aperta. «Gradiremmo una caraffa di caffè.
Una caraffa abbondante, direi.»
«Oh, lo sapevo! Sapevo che saremmo giunti a questo!» esclamò Lucy,
precipitandosi a chiudere la porta alle spalle di Biggs. «Le stanno addosso,
vero?»
«Chi mi sta addosso?» domandò il conte, guardandola a occhi sbarrati
mentre la ragazza appoggiava la schiena ai battenti chiusi come per
impedire un'imminente invasione.
«Il conestabile! Le guardie di Bow Street! La legge!»
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«Mi addolora deluderla, marmocchia» le rispose il conte, recuperando
una briciola di dignità e con essa il suo spirito pungente. «Non sono,
ahimè, in pericolo imminente di essere messo ai ferri e spedito in galera.»
Rachel tossì con grazia nel fazzoletto mentre Lucy, con espressione
adeguatamente contrita, tornava lentamente a sedersi, infine pronta ad
ascoltare quanto Sua Signoria aveva da dire. «Mi perdoni, milord» si
scusò, col labbro inferiore che tremava in modo molto seducente. «Mi
sono lasciata sopraffare dalle mie paure per un momento. Ma sembra
così... Voglio dire, non si sta riguardando... Non che lei non sia
presentabilissimo, capisce, ma...»
«Mi scuso per il mio aspetto bizzarro, poiché non serve girarci attorno:
sembro un comune ribaldo e me ne rendo conto. Non so con esattezza
perché sono qui, a dire la verità, solo che non riuscivo a pensare a
nessun'altra porta in tutta Londra che mi sarebbe stata aperta.» Inghiottito
così il pane dell'umiltà, lord Thorpe si appoggiò pesantemente allo
schienale e fissò il pezzo di carta appallottolato che teneva ancora stretto in
pugno. «Mi hanno chiesto di dimettermi dal mio club» borbottò. «Sei
generazioni di Rutherford ne sono stati membri. Ora la mia disgrazia è
totale.»
Certe donne non avrebbero capito la gravità di quell'ultimo affronto
sferrato a lord Thorpe dai suoi contemporanei, ma Lucy Gladwin, che era
stata allevata da un padre avvezzo alla mondanità, si rese conto all'istante
che era accaduto il peggio, il peggio assoluto. «Oh, poverino!» esclamò,
piombando in ginocchio ai suoi piedi.
Biggs interruppe l'azione in quel momento, portando il vassoio del caffè:
e forse fu un bene poiché lord Thorpe, alla dimostrazione di simpatia da
parte di Lucy, fu pericolosamente vicino a crollare davanti a delle donne,
una debolezza imperdonabile in un gentiluomo. Si alzò e andò alla
finestra, fingendo di osservare il giardino sul retro fino a che non riuscì a
riprendere il controllo delle proprie emozioni; attese che la porta si
chiudesse dietro il maggiordomo per voltarsi. «Mi dispiace, signore. Pare
una cosa tanto futile, vero, se paragonata al resto? Ma in qualche modo...»
«Il signor Dexter Rutherford» proclamò Biggs con evidente eccitazione,
mentre un giovane azzimato vestito all'ultimo grido lo superava per
arrestarsi al centro della stanza, monocolo incollato all'occhio.
«Dico, Julian, il tuo servo aveva ragione» commentò l'elegantone dopo
essersi inchinato alle signore. «Strana tana in cui rifugiarsi, ho pensato
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allora, proprio qui in pieno centro di Mayfair, ma poi mi sono detto: dove
altro potrebbe andare il cugino Julian? Certo non a Piccadilly!»
Il conte squadrò il cugino con espressione più addolorata che rabbiosa.
«Confido che vorrai spiegarmi questa battuta, Dexter.»
Accavallando le gambe con delicatezza dopo aver fatto un bel po' di
scena allargando le code della giacca per sedersi nella poltrona più
comoda, Rutherford esplicò graziosamente: «Ti cercavo stamattina, è
ovvio. Ho dovuto sorbirmi un sacco di ciarle dal tuo maggiordomo... a
proposito, ha presentato la lettera di licenziamento, perché non può
permettere che il suo nome sia messo in relazione al tuo ora che sei caduto
così in basso. Mi ha detto che ti eri precipitato qui come un pazzo, senza
neppure attardarti a cambiarti la camicia. Vedo che diceva il vero».
Squadrò il cugino da capo a piedi, scuotendo la testa costernato. «Per Dio,
uomo, può andare così male da uscire in questo modo a farti vedere da
tutti?»
«Gli hanno chiesto di dimettersi dal club» bisbigliò Rachel.
«Oh, imperdonabile da parte loro!» Dexter lo commiserò di cuore.
«Immagino che farebbero lo stesso con me, solo che nei club che
frequento io una tale notorietà probabilmente mi frutterebbe un giro di
bevute gratis!»
Lucy, rimasta immersa nei suoi pensieri da quando il nome di Dexter era
stato annunciato, infine parlò. «Stanno dietro anche a lei, vero, Dex? Ed è
questo, non la preoccupazione per suo cugino, che l'ha indotta a
precipitarsi qui.»
Dexter lanciò al cugino un sorriso spassionato. «Acuta, eh, la ragazza?
Mi è sempre piaciuta, sai. Ma ha ragione. Vedi, la prima volta che ho
sentito del tuo caso ho pensato: non poteva accadere a un tipo migliore,
che se lo meritava di più. Tutta la faccenda in realtà sarebbe stata
divertente, se non fosse che adesso tutti prendono di mira me, dato che
vivo di belle speranze. Più che ragionevole: se tu cadi, il tuo erede cade
con te. Avrei creduto che tu mi tenessi un pochino in considerazione,
prima di trastullarti con la ragazza. Assai poco riguardoso da parte tua,
Julian, davvero.»
Un suono molto simile a un basso ruggito animalesco uscì dalla gola del
conte mentre faceva per agguantare quella bionda ed esile versione più
giovane di se stesso, ma quel vero gentiluomo si portò rapido dietro la
sedia di Lucy, cercando protezione per non ritrovarsi il naso sanguinante.
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«Non ho mai pensato che la carne della mia carne, sangue del mio
sangue, credesse a quelle calunnie diffuse contro di me» replicò il conte.
«Oh, non ci crede veramente» spiegò Lucy. «È solo che è turbato.»
«Chi? Io?» azzardò confusamente il giovane Rutherford. «Cioè, certo
che non ci credo. Come potrei pensare una cosa simile di Julian?
Dopotutto è un arrogante bas... voglio dire, una persona austera, ma con
tutto ciò è un buon ragazzo. Mi ha ripescato più di una volta dal fiume dei
debiti, non lo nego. Sono solo stato sopraffatto un istante dagli eventi,
vero, Lucy?»
«Esattamente» annuì la ragazza con enfasi, sbirciando con la coda
dell'occhio e vedendo che Sua Signoria, solo leggermente ammorbidito,
era di nuovo piombato a sedere.
«Se fossi una donna intraprendente» osservò Rachel, senza rivolgersi a
nessuno in particolare, «sarei fuori sulla piazza a vendere biglietti per
questa specie di circo. Lucy» sollecitò, decidendo di rimestare ancora un
po' la zuppa, «perché non esponi al signor Rutherford la tua teoria della
cospirazione per spedire lord Thorpe in carcere?»
Lucy strinse le palpebre, inquadrando il giovanotto. Stava cercando un
sospettato credibile dietro il complotto, e Dexter Rutherford, il prossimo
nella linea di successione al titolo, sembrava un buon soggetto da cui
cominciare. «Non credo che sia saggio discutere la strategia con il nostro
principale sospettato, zia Rachel» intonò grave.
Dexter si guardò attorno, realizzando di essere di colpo diventato il
centro dell'attenzione generale... e ostile. «Cospirazione? Che
cospirazione? Sospettato chi? Io? Io non ho fatto niente. Non ne ho il
cervello, tanto per cominciare.» Si voltò e tese implorante le braccia verso
il cugino. «Diglielo, Julian. Dille che mente tarda sono. Sai che non potrei
essere colpevole. Diglielo!»
Julian si passò una mano sugli occhi brucianti. «Ha ragione, miss
Gladwin» gemette, scuotendo la testa. «Almeno è abbastanza sveglio per
capire di essere stupido, se questo può essere di qualche conforto a sua
madre, non certo a me. Rilassati, Dex, non ho intenzione di sfidarti a
duello.»
«Né di tagliare il mio appannaggio?» l'incalzò il giovane, un po'
sollevato.
«Né di tagliare il tuo appannaggio» assicurò il conte, interrogandosi sul
futuro dei Rutherford se mai Dexter fosse diventato il prossimo conte di
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Thorpe. «Ma credo di non poter più escludere la teoria di miss Gladwin.
Qualcuno si è dato un gran daffare per screditarmi. Il successivo passo
logico sarebbe provare la mia colpevolezza dal punto di vista criminale
come da quello morale.»
«Dico, Julian, la cosa diventa un po' forte, non credi? Voglio dire, tutto
quello che hai fatto è deludere una ragazza di campagna. Come potevi
sapere che sarebbe stata così grulla da saltare nel laghetto? Non è che tu
non avresti provveduto al bambino. Avevi intenzione di farlo, non è così?»
«Idiota!» esplose il conte, così che il cugino ancora una volta cercò
rifugio dietro Lucy. «Cerca di ficcartelo in quella zucca dura: non ho
messo incinta miss Anscom! Non la conoscevo nemmeno!» Prese un
profondo respiro per calmarsi, poi continuò: «Tutto lo scandalo è stato
montato ad arte per screditarmi. Se puoi, Dexter, cerca di vedermi
innocente. Ti assicuro che lo sono».
«D'accordo, cugino» annunciò Rutherford dopo aver riflettuto
intensamente per alcuni istanti. «Ma resta il fatto che miss Anscom, sia che
tu dica di averla conosciuta oppure no... a proposito, intendevi in senso
biblico?» Mentre il sopracciglio sinistro di lord Thorpe prendeva una
brutta piega, il giovane chiuse quel filone di pensiero e incalzò: «Questa
miss Anscom, per bugiarda che fosse, è morta, Julian. Se non si è annegata
perché tu... per chi l'avrebbe fatto, o per quale motivo... oh, sai che cosa
intendo».
«Ma si è annegata realmente?» aggiunse Lucy, incrociando le braccia e
assumendo l'espressione inquisitoria di un giudice. «Forse la signora ha
ricevuto aiuto?»
«Un assassinio?» fischiò Dexter. «Vuole dire che è stata uccisa?»
«Esatto!» rispose Lucy con aria autorevole.
Dexter si mordicchiò le nocche per un minuto buono mentre gli altri
attendevano la sua opinione. Infine sollevò la testa, e lentamente un sorriso
si allargò sul suo bel volto inespressivo. «Se ti impiccano, cugino, potrò
ancora essere conte?»
«Ho meditato molto, milord, e ho risolto che l'unica cosa che possiamo
fare è trasferirci nella sua tenuta e investigare sulla faccenda là dove ha
avuto inizio. Ora che Dexter si è offerto volontario...» Lucy lanciò una
occhiata d'intesa al giovane dandy. «Ti sei offerto volontario, no? Credo
che non dovremmo sprecare altro tempo prima di partire.»
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«Non c'è alcun bisogno...» cominciò Thorpe, ma Lucy lo interruppe con
un assai poco signorile sbuffo d'incredulità.
«C'è ogni bisogno, milord» sillabò e sollevò le mani cominciando a
contare le proprie ragioni sulle dita. «Uno: lei non può semplicemente
andarsene in giro costringendo i paesani a parlarle di questa miss Anscom.
Due: le serve una ragione per lasciare la città, a meno che non voglia che si
gridi ai quattro venti che è caduto in disgrazia, reietto e costretto ad
andarsene con la coda tra le gambe. Così noi ufficialmente saremo suoi
ospiti a un ricevimento programmato per questo periodo o più avanti. Tre:
dal momento che lei è ritenuto l'offensore, devono vedere che ha il
sostegno di due dame della nobiltà londinese come pure del suo erede.
Quattro: sebbene sia un uomo profondamente intelligente, lei non possiede
la malizia necessaria per ottenere informazioni da testimoni riluttanti né
l'aspetto amichevole necessario affinché la gente si confidi. Cinque...»
«Basta!» cedette il conte, sollevando una mano.
«Ammetto di aver necessità di un piccolo appoggio. Accetterò con
gratitudine l'offerta di Dexter. Ma mi oppongo risolutamente all'idea di
coinvolgere voi due signore. Quale gentiluomo esporrebbe donne
innocenti alle congetture e alla censura, per essersi fatte vedere insieme a
un uomo così caduto in disgrazia?»
«Un gentiluomo disperato?» propose Dexter, dando voce all'evidenza.
La discussione si protrasse per un certo tempo e con un certo calore,
mentre Rachel continuava a lavorare alzando gli occhi solo
sporadicamente per assicurarsi che nessuno stesse per ricorrere alla
violenza fisica.
Il conte, forse solo per guadagnarsi un attimo di pace, alla fine
acconsentì a quel piano. Sarebbero partiti per Thorpe di lì a due giorni,
portandosi dietro anche Parker Rutherford, suo lontano cugino e segretario
personale.
«Non vedo perché dovremmo aver bisogno di quella cornacchia» scattò
irritato Dexter, non abbastanza intelligente da lasciar perdere quando era in
ballo. «Parla a vanvera, da pedante.»
«Anche Parker è un Rutherford ed è anche il suo nome quello che viene
trascinato nel fango» puntualizzò Thorpe. Si rivolse a Lucy, per chiarire
una volta per tutte: «Ricordi, la prego, che ho acconsentito a una cosa del
genere solo per lavare l'onore della mia famiglia. Non per me stesso».
«Ma certo che no» gli fece eco il cugino, ironico. «Hai sempre
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desiderato un collo più lungo. Va meglio per annodare una cravatta come
si deve, no?»
«Metterà un annuncio sui giornali... per il ricevimento a casa sua,
intendo» si affrettò a suggerire Lucy, mentre un'ondata di iroso rossore
risaliva il collo di Sua Signoria. «Ho visto l'annuncio che il padre di lady
Cynthia ha fatto pubblicare stamattina, sulla fine del vostro
fidanzamento.»
La menzione di quel tradimento smorzò la rabbia di Thorpe e lo
ripiombò nell'umore melanconico. Non aveva il cuore spezzato, non
poteva né voleva mentire a se stesso su questo punto, ma il suo orgoglio
aveva ricevuto un brutto colpo. L'annuncio di un ricevimento nella sua
tenuta, con miss Lucy Gladwin come ospite femminile, l'avrebbe aiutato a
renderle pan per focaccia, considerata l'avversione della sua ex fidanzata al
solo menzionare il nome di Lucy. «Vedrò che Parker lo invii
immediatamente» le disse, con un lieve sorriso che passò inosservato a
tutti tranne che a Rachel, a cui non sfuggiva niente.
Dopo che lord Thorpe ebbe preso congedo e Lucy e Dexter furono usciti
per studiare una strategia, come due generali prima di entrare in campo (o
come due marmocchi che si consultano sui loro soldatini di stagno),
Rachel si ritirò in camera sua per scrivere al fratello. Sir Hale poteva anche
averle affidato la sua estrosa figlia, ma lei non intendeva portare quel peso
da sola. Oh, no, Hale doveva ricevere istruzioni per inviare rinforzi. Se non
si poteva fare affidamento su di lui per tenere Lucy fuori dai guai, almeno
Rachel non voleva prendersene tutta la colpa. Dopotutto, il generale più
saggio sa che coprirsi i fianchi paga!
Capitolo Terzo
Il mattino sorse limpido e soleggiato, una giornata perfetta per viaggiare.
Per le nove in punto quattro carrozze uscivano da Londra in direzione
nord, cariche di bagagli assicurati con cinghie. I postiglioni tenevano il
proprio tiro a passo vivace, e cavalli di scorta erano legati dietro la
carrozza di testa. Un dandy in mantellina, che controllava con difficoltà il
suo appariscente corsiero, cavalcava in testa agli altri, non volendo passare
la giornata nei veicoli affollati.
«Mi piace la sua carrozza, milord» disse Lucy, affascinante nel mantello
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blu orlato di ermellino, all'ospite che sedeva imbronciato nell'angolo del
sedile di fronte. «È assai più comoda della vettura pubblica.»
«Parla per esperienza?» chiese il conte, ma conosceva già la risposta:
c'era qualcosa che la piccola Gladwin non avesse fatto, per sfida o per
burla?
Lucy sorrise al ricordo. «In verità, sì. Fuggivo dalla mia governante, sa?
Papà mi aveva abbandonata per andare a Newmarket ed ero ben decisa a
seguirlo.»
«E ha appreso qualcosa dall'esperienza, spero?»
Lucy rispose pronta: «Oh, sì, milord. Ho imparato a non sedere mai, mai
accanto a una persona grassa!».
«Non è divertente» rispose in tono di rimprovero il giovane vestito
sobriamente a fianco di lord Thorpe. «Avrebbero potuto derubarla, o
rapirla... o peggio.»
«Peggio, signor Rutherford?» chiese Lucy beffarda. «Intende dire che
avrebbero potuto violentarmi, per esempio?» Osservò divertita un intenso
rossore comparire sulle guance smorte di Parker Rutherford. «Credo
proprio che lei abbia una mente contorta.»
«Lasci stare» borbottò Thorpe. «Per quanto mi spiaccia dirlo, mio
cugino non è al suo livello. Ora la smetta di cercare di scandalizzarci con
le sue imprese e la sua lingua ribelle, o la rispedisco con sua zia.»
Lucy si agitò a disagio sul sedile. «Avevo solo dodici anni» ribatté
imbronciata, a mo' di scusa.
«E agisce ancora allo stesso modo un decennio dopo» osservò rigido il
conte.
Gli occupanti della carrozza scivolarono allora nel silenzio e Lucy fu
libera di sottoporre Parker Rutherford a un esame approfondito. Non più
grande di Dexter che di un anno o due, possedeva tutta la rigidezza di un
decano di Cambridge e solo la metà della personalità. Dex le aveva
confessato in precedenza di considerare il lontano cugino un essere
insignificante e prosaico, e Lucy non aveva motivo di dubitare di quel
giudizio. Guardalo lì seduto, pensò, come se fosse incaricato di farmi da
chaperon. Non è come se viaggiassi da sola, anche se zia Rachel sta nella
nostra carrozza con Deirdre.
Deirdre. Lucy ridacchiò tra sé al ricordo di ciò che aveva detto la
cameriera, quando aveva visto per la prima volta Dexter sul suo focoso
stallone, quella mattina. «Farà una brutta fine» aveva commentato.
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«Dexter?» Lucy l'aveva guardato, riconoscendo una replica più piccola,
più scialba, ma pur sempre attraente, del suo amato Julian. «Lo trovo
molto bello.»
«Uff!» aveva sbuffato la cameriera. «Bello è chi il bello fa e questo
sembra maturo per trovare guai.»
Lucy, che aveva grande fede nelle sensazioni di Deirdre, ora si chiese se
la ragazza potesse aver ragione. Benché come suo erede più prossimo
Dexter fosse il principale sospettato in un complotto per screditare e far
incarcerare il conte, trovava difficile crederlo capace di tanto. Tuttavia
avrebbe dovuto tenerlo d'occhio, e sarebbe stata attenta e non confidargli
troppo.
Restava Parker, che Dexter aveva in antipatia per nessuna ragione più
ragionevole del fatto che era una noia mortale. Lucy già sapeva da lord
Thorpe che questi lo considerava un impiegato modello: leale, onesto,
infinitamente servizievole. Abituata a una totale devozione e fedeltà da
parte di tutti i domestici, che erano anche suoi amici, Lucy non vedeva
motivo di lode in questo.
Due sospetti. Due poiché, a meno di pensare che lord Thorpe si fosse
incriminato da sé, c'erano solo due persone in corsa per il dubbio onore di
essere l'avversario di Julian Rutherford. Bene, pensò rassegnata. Inutile
sprecare tempo a cercare un orco mascherato da erede scervellato o da
sbiadito segretario.
Solo, era troppo importante che lei riuscisse ad aiutare lord Thorpe, e
Dio sapeva se al poveretto serviva aiuto. Ma guardalo, considerò tra sé, là
seduto come un bambino a cui sia stata portata via la caramella. Potere e
posizione erano tutto per lui, e non sa come comportarsi ora che è sceso
al livello dei comuni mortali. Come osa insinuare che mi comporto come
una bambina? Non sarei sorpresa di vederlo infilarsi il pollice in bocca.
«Lord Thorpe» disse rompendo il silenzio, «non assuma quell'aria
abbattuta. Presto scopriremo tutto e lei ritroverà il suo buon nome.»
Sua Signoria curvò il labbro inferiore in una piega sdegnosa. «Perché,
miss Gladwin? Davvero crede che io non abbia alcuna fiducia nella sua
abilità di individuare la persona o le persone che hanno diffuso questo
pettegolezzo maligno? Oh, come può immaginare una cosa del genere?»
«Non c'è ragione di essere maligno» replicò Lucy.
«Certo che no!» convenne Thorpe. «Il mio buon nome è stato trascinato
nel fango; io, secondo la sua teoria, sto per essere messo ai ceppi e
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processato per omicidio; mia madre, come avrà sentore di tutto ciò,
probabilmente mi disconoscerà e i miei unici sostenitori comprendono una
civetta fantasiosa e quell'allocco di mio cugino. Perché mai dovrei essere
maligno?»
«Io sono pronto a sostenerti con ogni fibra del mio essere» si affrettò a
proclamare Parker.
Julian guardò il cugino per un lungo istante prima di rispondere: «Hai un
modo affascinante di esprimerti, Parker. Quasi mi accora udire di una
simile lealtà. Il fatto che saresti disoccupato se io salissi al patibolo non ha
niente a che fare con la tua decisione, vero?».
«Lord Thorpe!» lo ammonì Lucy.
«Cosa? Ho detto qualcosa di non vero?» ribatté lui, con simulata
ingenuità. «Dopotutto, non riesco a immaginare il nostro amico Dexter con
un segretario, e lei? Penso piuttosto che Parker abbia poca scelta.»
Parker intervenne prima che Lucy potesse aggiungere altro in sua difesa.
«La prego, non si dia pena per me, miss Gladwin. Lord Thorpe ha ragione.
Dipendo da lui per il pane quotidiano. Ma questo non è l'unico motivo per
cui credo nella sua innocenza. Se rammenti» proseguì, rivolgendosi al suo
datore di lavoro, «ero con te a Hillcrest, quest'inverno. So che non ti sei
legato a nessuna donna mentre ci trovavamo là.»
«Ah, così va meglio, Parker» commentò Sua Signoria con una calma
irritante. «Cieca lealtà sarebbe stata meritoria, ma trovo più facile credere a
una deduzione logica. Non ero apertamente coinvolto con questa Anscom
mentre ero a Hillcrest, ergo, sono innocente della sua morte. Dimmi, mio
fedele segretario: hai davvero pensato che se fossi stato così bramoso di
amoreggiare da spingermi fino a sedurre una povera gentildonna decaduta,
avrei divulgato la cosa? Levati l'illusione che tu conosca ogni mio
movimento.»
«E diceva che io gli stavo scavando la fossa» borbottò Lucy. Poi trillò:
«Oh, guardate! Potremmo fermarci a ristorarci? Giuro che muoio di
fame!».
Proprio allora, come se Lucy l'avesse evocato per aiutarla nella ricerca di
un altro argomento di conversazione, Dexter spinse il cavallo accanto al
finestrino della carrozza e gridò: «Che ne dici, ci fermiamo per un boccone
e una bottiglia?».
Lucy si appartò con la zia e la cameriera per tutto il tempo che si
trattennero per il pranzo nella piccola locanda di campagna, poi decise di
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trascorrere il resto di quella tappa del viaggio insieme alle donne.
«Dexter ha deciso di viaggiare in carrozza questo pomeriggio» disse a
Rachel accomodandosi sul sedile imbottito, «e se quell'idiota cominciasse
a prendere in giro il signor Rutherford, non mi piacerebbe essere a portata
d'udito della lingua tagliente di lord Thorpe. Dex sembra avere un talento
per tirar fuori il peggio da suo cugino.»
Giusto un'ora dopo quell'affermazione, il corteo fece una sosta per
permettere al conte di lasciare la comodità della sua carrozza ben
ammortizzata per cercare un po' d'aria fresca, e un attimo di pace, in sella
alla cavalcatura che si era portato dietro. Prima che i cocchieri facessero
ripartire i cavalli, Thorpe si accostò al finestrino aperto e si complimentò
con Lucy per aver avuto il buonsenso di eclissarsi dalla compagnia dei
suoi cugini. «Se uno di loro finisse a galleggiare nello stagno del villaggio,
miss Gladwin, la prego di non darsi la pena di difendermi. Confesso in
anticipo!»
Dopo aver sostato per la notte presso una locanda che lord Thorpe aveva
frequentato in passato, e dove il locandiere lo trattò con estrema freddezza,
il mattino seguente ripresero il viaggio con la speranza di raggiungere
Hillcrest in tempo per la cena. Lucy era uscita dalla locanda in abito da
amazzone, perché aveva pregato e adulato Dexter finché il giovane le
aveva concesso il brivido di montare il suo nuovo stallone.
Quando Deirdre, che aveva messo nei bagagli tutto tranne l'orologio del
salotto, doverosamente aveva tirato fuori la sua sella da donna, Lucy aveva
sussurrato conciliante al cavallo di Dexter per vari minuti prima di
montare con facilità e portarsi in testa alle carrozze. Lord Thorpe strinse i
denti per sopportare l'emicrania lancinante, frutto di un altro tentativo di
annegare i dispiaceri nell'alcol, e la seguì.
«Non è una mattinata radiosa?» cinguettò Lucy.
«Preferirei piovesse» borbottò Thorpe, rimpiangendo di non trovarsi
dentro la sua confortevole carrozza.
«Oh, non sia così acido» lo rimbeccò lei, non volendo soccombere al suo
umor nero. Dopotutto era giovane, innamorata, ed era finalmente riuscita
ad avere il conte tutto per sé.
«Non sono acido» la contraddisse Thorpe. «Non mi abbasserei a tanto.
Sono soltanto al di sopra di certi trasporti, come sciogliersi in poemi solo
perché il nostro debole sole d'Inghilterra si è degnato di splendere. E poi è
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probabile che si rannuvoli quanto prima.»
«Senz'ombra di dubbio, milord» convenne Lucy, scherzosa. «Potrebbe
perfino nevicare.»
«Non sia impertinente» l'ammonì lui. «Sa che il locandiere ieri sera ha
chiesto di essere pagato ancor prima di mostrarci le camere? Ho onorato il
suo esercizio per gli ultimi vent'anni e lui ha la sfrontatezza di presentarmi
il conto in anticipo! Avrei dovuto proseguire per un'altra locanda. Come ha
osato... come ha osato trattare un Rutherford in quel modo?!»
Lucy lo guardò, leggendo con facilità il dolore e il turbamento che
facevano a gara con la sua collera. «Avrebbe dovuto dare un pugno sul
muso a quell'idiota. Io e zia Rachel avremmo capito.»
«Oh, dovrei andare in giro a rompere musi ogni volta che mi si manca di
riguardo a causa di quel dannato pettegolezzo? Considerato che pare che
tutti, dal Reggente all'acchiapparatti, abbiano saputo della mia cosiddetta
disgrazia, credo che difendere il mio onore potrebbe diventare
un'occupazione a tempo pieno.»
«No, ciò che dobbiamo fare è quello che abbiamo stabilito: scoprire chi
ha ordito questo vile complotto e lavare il suo onore.»
«Se i desideri fossero cavalli, i mendicanti andrebbero in sella» rispose il
conte acido. «Più ci avviciniamo a Hillcrest, anzi, più sono costretto alla
vicinanza col mio esangue segretario e col mio erede dal cervello di
gallina, più dispero di poter mai mostrare di nuovo la mia faccia in città. E
quando guardo l'ultima mia alleata, una sciocchina che va in brodo di
giuggiole per un'occhiata di sole quando il mondo mi sta crollando sulla
testa, comincio a comprendere il reale significato della parola
disperazione. Oh, a proposito, la mia testa» concluse autocommiserandosi.
Lord Thorpe non elencò la defezione della fidanzata tra le dure prove
che stava affrontando, ma Lucy sapeva che il suo povero cuore doveva
essere prossimo a spezzarsi. Ebbene, pensò spingendo il cavallo al piccolo
galoppo, a questo proposito lei poteva fare qualcosa! Proprio come aveva
sempre sentito che lord Thorpe cercava di resistere alla sua attrazione per
lei, parimenti era convinta che lui non fosse mai stato devoto a lady
Cynthia come il mondo credeva che fosse. Una volta riuscita a insinuarsi
nel cuore del conte, bandendone per sempre l'insipida e volubile lady
Cynthia, avrebbe avuto una lunga strada da percorrere per riportare Julian
alla primitiva forza d'animo. Non le piaceva vederlo così giù. Sì, aveva
visto scoppi di giusta ira illuminare le sue fattezze e smuoverlo a una
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1986 - Scandali e complotti
qualche parvenza di azione, ma quei momenti erano ancora troppo pochi e
sporadici. Avrebbe dovuto essere spinto in qualche modo a prendere parte
più attiva nella propria difesa.
«Ecco qui» disse, accostando la cavalcatura a quella di Thorpe e
tendendogli il fazzoletto di merletto. «Dal momento che intende sciogliersi
come una fontana sulla mia spalla, tanto vale che abbia qualcosa con cui
asciugarsi le lacrime. Sul serio, Julian» osò, «chiunque penserebbe che la
sua spina dorsale sia diventata di gelatina.»
La testa bionda si raddrizzò di scatto e fredde schegge di ghiaccio grigio
scintillarono negli occhi socchiusi del conte. «Sta andando troppo oltre,
marmocchia» sibilò minaccioso. «Ma del resto, che altro posso aspettarmi
da qualcuno con una così lunga storia di impertinenze?»
«Che altro, milord?» ripeté Lucy senza affettazione. «Ma almeno
nessuno potrà accusarmi di essere una smidollata, osando sfidare il
pericoloso lord Thorpe.»
Julian la guardò a lungo, incapace di vedere oltre la sua espressione
sfrontata e in fondo al suo cuore palpitante, e infine scosse la testa.
«Questa è una faccenda seria, marmocchia» cercò di ammonirla con
severità, anche se le labbra contratte lo tradivano non poco.
«Lo è senz'altro, Julian» concordò Lucy. «Ma trovo di una noia mortale
restare seria, lei no?»
Il conte inclinò la testa da un lato come per esaminare la questione.
Mentre rifletteva, notando i fiori di campo che crescevano ai lati della
strada e udendo gli uccellini che cantavano sopra la sua testa, il suo lieve
sorriso si allargò e si diffuse fino a far comparire piccole rughe a lato degli
occhi. Tese la mano, sollevò le dita inguantate di Lucy e posò un lieve
bacio sul polso nudo. «Lungi da me annoiare una signora, miss Gladwin.»
Lasciandole la mano indicò il panorama. «Non è una mattinata radiosa,
Lucy?»
Battendo rapidamente le palpebre per tenere a freno le lacrime, Lucy
rispose senza fiato: «Oh, sì, davvero, Julian. Una mattinata stupenda!».
Il sole era alto nel cielo quando i due cavalieri, ora molto in armonia,
salirono una collina per guardare giù in una piccola valle, dove un circo
viaggiante con armi e bagagli aveva rizzato le tende a vivaci colori.
«Oh, guardi, Julian!» gridò Lucy, visibilmente deliziata. «La prego, dica
che possiamo fermarci per un poco. Potremmo fare un picnic sotto gli
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alberi.»
Julian notò la sua fanciullesca eccitazione e pensò che sarebbe stato il
più meschino tra gli uomini se le avesse negato quel piccolo trastullo.
«Immagino che sarebbe più semplice che dover sopportare la doccia
fredda di un altro locandiere zotico» temporeggiò, voltando il cavallo per
informare il suo cocchiere del cambiamento di piani. «Non allontanatevi
senza di me, però, non si sa mai chi o cosa frequenti posti del genere.»
«Diffidente!» esclamò scherzosamente Lucy, spronando la cavalcatura.
«L'aspetterò sotto quegli alberi alti accanto al primo carro.»
Nel tempo in cui Thorpe aiutò Rachel a scendere a terra, e gli altri si
furono un po' stiracchiati le membra irrigidite da ore e ore in carrozza, il
conte aveva perso di vista la minuscola figura di Lucy in mezzo alla folla
di gente raccolta attorno a una gabbia dall'aria malmessa contenente un
vecchio leone che pareva rosicchiato dalle tarme. «Le avevo detto di non
allontanarsi senza di me» si lamentò con Rachel, sollevandosi in punta di
piedi cercando d'individuare la fuggitiva.
«Un piccolo consiglio, milord» disse Rachel imperturbabile. «Mai dire a
mia nipote non puoi. Oltre a incoraggiarla alla disobbedienza, ho scoperto
che è anche un disdicevole spreco di fiato. Non si preoccupi per me ora,
Deirdre mi farà compagnia. Vada piuttosto a cercare Lucy, prima che
decida di provare a cavalcare a pelo o qualche simile ridicolaggine. Ho
scorto un venditore di pasticci e mi accontenterò di placare la gola mentre
voi giovani vi divertite.»
«Sì, va' avanti, cugino» lo assecondò Dexter, con uno sguardo di
apprezzamento alle forme snelle di Deirdre. «Io farò il bravo, qui.»
«Bene!» sbottò Deirdre, arrossendo fino alla radice dei capelli color
fiamma. «Alla larga adesso, signore. Sono una brava ragazza, sa?»
«Ed esattamente quanto buona saresti, eh?» le chiese Dex con voce
suadente, prendendo il braccio della ragazza e conducendola verso il
tavolo del venditore di pasticci. «Non troppo buona, spero? No...» Sorrise,
ricambiando il sorriso sfacciato di Deirdre. «Non lo pensavo, infatti.»
Ciò lasciò Parker Rutherford, ancora impegnato a spazzolarsi lo scialbo
abito marrone, a fare compagnia a Rachel, che attendeva placida che lui la
notasse. La sua breve conoscenza dell'uomo non le aveva lasciato alcuna
impressione durevole, se non quella di un commento estemporaneo rivolto
a Lucy: che dai modi sembrava un Metodista, ma che era disposta a
passare un'ora in sua compagnia se per Lucy significava continuare
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indisturbata l'idillio con lord Thorpe.
«Signor Rutherford!» incalzò ora Rachel, tendendo il braccio verso il
segretario. «Non ha l'acquolina in bocca per uno di quei bei tortini là?»
Parker squadrò il venditore e il nugolo di mosche che parevano
avvolgere la testa dell'uomo. «Non credo di potermi concedere una simile
golosità, signora» rispose, rabbrividendo in modo teatrale. «Ma se
insiste...»
Rachel sorrise soave e gli fece scivolare una mano sotto il gomito.
«Insisto, signor Rutherford.»
«Allora è tutto sistemato» disse rapido il conte, inchinandosi
leggermente prima di girare sui tacchi e dirigersi a testa bassa dove aveva
infine visto Lucy. «Lord Thorpe che saltella in giro per un circo» borbottò.
«La mia mente vacilla!»
«Ha sentito che un leone di un circo era fuggito, non molto tempo fa?»
chiese lord Thorpe, bisbigliando all'orecchio di Lucy mentre le giungeva
alle spalle.
Lucy, che in qualche maniera si era fatta strada tra la folla intenta a fare
boccacce al desolato re della savana, si voltò di scatto. «Sul serio?»
Thorpe annuì. «Ho sentito che la creatura si è mangiata una delle
guardie sulla diligenza di Exeter. Potrebbe essere tutta una frottola,
comunque.»
«Immagino» concordò Lucy, scrutando un'altra volta l'animale in
gabbia. «Venga con me, adesso» lo pregò con un sorriso malizioso, «quel
ragazzo laggiù mi ha detto che questo circo esibisce anche un rinoceronte e
una coppia di alligatori. Avevo una mezza speranza per gli unicorni, ma li
hanno perduti il mese scorso... per una colica, mi pare abbia detto il
ragazzo.»
«Per questo o per la mancanza di vergini disponibili a far loro posare il
capo in grembo» suggerì lui, sentendo la mano di Lucy scivolare nella sua
e decidendo di lasciarvela. «Il resto del nostro gruppo sta assaggiando dei
pasticci di carne. Non aveva appetito?»
Lucy arricciò il piccolo naso impudente. «Sciocchezze! Possiamo
sempre mangiare più tardi. Prima voglio vedere tutto quel che c'è qui.
Pensa che abbiano un funambolo? Mi piacciono moltissimo.»
Fortunatamente, o sfortunatamente per lo stomaco di lord Thorpe, c'era
un funambolo. C'erano anche una gigantesca donna cannone, un orso che
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ballava, un trio di cani ammaestrati, svariate scatole magiche con
immagini da guardare attraverso una lente, giochi di fortuna e perfino uno
spettacolo ogni ora di un ardito che camminava su un cavo sospeso. Lucy
voleva vederli tutti, e li vide, con il conte attaccato ai fianchi che la
riforniva di monetine quando ne aveva bisogno e le portava le vincite sotto
un braccio. Fu solo quando giunsero infine alla stinta tenda a strisce rosse
e verdi sul retro del circo, che lui la ostacolò.
«Mi rifiuto di spendere denaro per un'indovina» dichiarò, quando Lucy
tese la mano per aver una moneta. «Solo gli stupidi credono in tali
assurdità.»
«Certo che sono assurdità, Julian» concordò Lucy prontamente. «Ma
non significa che non sia il massimo del divertimento. Per favore, Julian!
Forse la vecchia zingara mi dirà che un principe sta arrivando per portarmi
via, al suo castello. Oh, la prego, non faccia la mummia.»
Julian se ne ebbe a male. Mummia? Come poteva chiamarlo così? Lui,
che se ne stava lì in mezzo a un umido campo a reggere un giullare pieno
di campanelli in cima a un bastone e un animale impagliato che avrebbe
dovuto essere un cane ma sembrava, e puzzava, più come un porcospino.
Non credeva certo di meritare il rimprovero... anche se poteva pensare
personalmente che gli eventi degli ultimi giorni gli avessero scardinato un
tantino la mente: altrimenti, perché si sarebbe trovato lì?
«D'accordo, sciocca bambina» si ammorbidì, allungandole il contante.
«Vada dentro e faccia un segno a croce con l'oro sul palmo della vecchia.
Ma non dica che non l'avevo avvertita.»
Quando Lucy fu scomparsa sotto la tenda lord Thorpe rimase solo, sotto
il sole, cercando di non sentirsi ridicolo mentre il pupazzo del giullare
dondolava nella brezza dalla fettuccia legata all'estremità del bastone. Si
sentiva osservato come una sgualdrina in una stanza piena di suore, ed era
deciso a dare un taglio alla faccenda nell'istante in cui Lucy fosse tornata.
Lasciarsi andare un tantino gli aveva fatto bene, ma non si sentiva ancora
abbastanza a proprio agio in quel nuovo ruolo per indugiarvi a lungo.
L'odore del posto, da principio solo vagamente spiacevole, già cominciava
a opprimerlo, perché erano la calca di corpi accaldati e la generale aria di
abbandono a prevalere. Ma almeno lì nessuno lo trattava con sussiego né
metteva in dubbio la sua possibilità di pagare. E pensare che avrebbe
potuto allentarsi la cravatta, sbottonarsi la giacca, o perfino ciondolare a
spalle curve, senza che tutti gli occhi lo osservassero e tutte le lingue
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galoppassero! Come mai, si chiese facendo girare distrattamente il bastone
nella mano, è solo adesso che mi sono rilassato un poco che faccio caso
alle costrizioni e alle limitazioni del mio consueto modo di vivere?
Non ebbe tempo di ponderare a lungo la questione, perché Lucy schizzò
fuori dalla tenda, le guance pallide come pergamena. «Sono pronta ad
andare, milord» gli disse, afferrandogli il braccio all'altezza del gomito e
praticamente trascinandolo via dalla tenda. «Credo abbia detto qualcosa a
proposito di certi pasticci...»
Julian affondò i tacchi e rifiutò di muoversi. «Resista un minuto, miss
Gladwin. Qui c'è qualcosa che non va.»
«Molto perspicace da parte sua, milord» ribatté lei tagliente, «ma poiché
devo biasimare solo me stessa, suggerisco di levare le tende e raggiungere
gli altri. È proprio come diceva lei, un'assurdità.»
Lucy poteva anche essersi data un contegno, ma Julian avrebbe detto che
stesse trattenendo le lacrime con un enorme sforzo. Qualcosa che
l'indovina aveva detto l'aveva ferita, e di colpo il conte di Thorpe si scoprì
furioso: anzi, molto furioso!
«C'è Dexter che sta bighellonando laggiù tutto solo» disse indicando il
giovane elegantone, che stava guardando distrattamente un nano che si
teneva in equilibrio su una grossa palla. «Dexter! Vieni, riaccompagna
miss Gladwin da sua zia» gli ordinò, mentre il giovane si avviava verso di
loro. «Ti raggiungerò presto.»
«Ma io...» cominciò Lucy, irata con se stessa per aver permesso al suo
turbamento di rendersi così evidente.
«Non mi contraddica» ordinò il conte impettito e Dexter, che aveva già
udito quel tono di voce in passato, spinse via Lucy lasciando il cugino a
piegarsi quasi in due per entrare nella tenda dell'indovina.
Ci volle un momento o due perché i suoi occhi si abituassero alla
penombra e vedesse il mucchio di stracci colorati che lentamente si definì
in una vecchietta sdentata. «Che cosa hai detto a quella giovane donna che
era qui poco fa?» chiese senza preamboli.
La zingara lo scrutò dalla testa ai piedi e poi si affrettò a tracciare il
segno contro il malocchio. «Sei tu!» lo accusò con la sua voce ciottolosa.
«Il biondo dio del sonno eterno.»
Un'espressione cupa attraversò il bel viso del conte. «Sono io, d'accordo,
vecchia. Dunque raccontami che cosa hai detto alla giovane signora o
preparati a patirne le conseguenze.» Julian avrebbe potuto essere più
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diplomatico, ma aveva sempre trovato che l'approccio diretto alla lunga era
il più efficace.
La vecchia strega ebbe un tardivo attacco di scrupoli. «È la sorte della
giovane signora. Sia il suo segreto.» Ma poi, soppesando la propria etica a
paragone della ghinea d'oro che il biondo dio aveva tirato fuori, cambiò
tono. «Ti ho visto nella mia sfera di cristallo. Poi ho visto la giovane
signorina nel sonno... in un sonno mortale.»
«E da ciò hai dedotto...» incalzò il conte.
La zingara rabbrividì dentro i suoi stracci. «Tu sarai la morte di quella
giovane, questo le ho detto.»
«Stupida vecchia!» esplose Thorpe, voltandosi per seguire Lucy e
inculcare un po' di raziocinio nell'impressionabile fanciulla.
«Potrei leggerti la mano, milord» gli gridò dietro la zingara. «Tutti
vogliono conoscere il proprio futuro.»
«Non io, vecchia scopa intrigante. Ho guai più che a sufficienza col mio
presente» la schernì, aprendosi la strada verso il sole caldo, che però servì
ben poco ad alleviare il gelo che lo aveva avvolto dentro l'umida tenda.
Lucy si sentiva nettamente infelice. Come aveva potuto essere così
sciocca da permettere alla ridicola profezia della zingara di turbarla così? E
ancor peggio, come aveva potuto essere così trasparente da permettere a
lord Thorpe di vedere la sua agitazione?
Ovviamente non credeva a ciò che la zingara aveva detto... soltanto una
sempliciotta totale avrebbe bevuto quelle ciarle. Solo che le aveva
descritto lord Thorpe così accuratamente, perfino la sua arroganza. Perché
non aveva capito subito che la donna doveva averlo visto mentre si
accostavano alla tenda?
Eppure, suggerì una vocetta pignola, perché la vecchia aveva scelto di
predirle un così terribile destino? Ci si aspetta che le zingare annuncino
che l'amore sta per giungere nella vita di una persona, non che profetizzino
tragedie. Lucy non riusciva a decidere che cosa fosse peggio: sentirsi dire
che sarebbe morta, o che il suo amato sarebbe stato lo strumento della sua
morte.
«Torniamo alla carrozza, Lucy?» le chiese Dexter, irrompendo nei suoi
pensieri e facendole capire che era rimasta in piedi, persa nel proprio
meditare, ignorando il compagno. «Mi piacerebbe schiacciare un pisolino
prima che arriviamo a Hillcrest. Ho dormito malissimo stanotte in quella
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dannata locanda, le lenzuola erano umide.»
«Deirdre mette sempre la nostra biancheria nei bagagli quando
viaggiamo» snocciolò Lucy, in mancanza di qualcosa di più brillante da
dire. «È molto scrupolosa, la nostra Deirdre. Non riesco a immaginare che
cosa faremmo senza di lei.»
«Io so che cosa mi piacerebbe fare con lei» mormorò Dexter, guardando
Rachel Gladwin e la cameriera che si erano messe comode su una coperta
stesa sotto la gradita ombra di un albero. Persa nei propri pensieri, Lucy
non lo udì, e forse fu un bene per Dexter, che era universalmente noto per i
suoi indiscriminati approcci amorosi.
Lord Thorpe, troppo lontano per udire le sue parole ma senz'altro
abbastanza vicino per notare la malizia sul volto di Dexter, balzò all'istante
alla conclusione che il giovane stesse prendendo di mira Lucy per la sua
prossima avventura. E a cappello di quell'idea ci fu la sbalorditiva
realizzazione che tale eventualità non gli garbava nemmeno un po'. Non
era abbastanza che la ragazza si fosse invischiata nelle sue faccende,
esponendosi allo scandalo di essere messa in relazione con un paria della
società come lui, e che poi fosse stata spaventata a morte da una ciarlatana
con l'avvertimento che l'uomo di cui si era fatta paladina stava per
ucciderla? Aggiungere al piatto un cugino vagheggino incline alla
seduzione era davvero troppo.
Non c'era molto che lui potesse fare né in merito all'indovina né a
Dexter, decise mentre raggiungeva i due e li sollecitava a cominciare a
pensare a rientrare in carrozza per l'ultima e più lunga tappa del viaggio.
Lucy, tuttavia, sapendo di aver bisogno ancora di un momento con se
stessa prima di affrontare la zia, così fastidiosamente astuta e abile a cavar
fuori qualsiasi cosa lei non desiderasse raccontarle, si disse curiosa di
vedere che cosa avesse fatto radunare tutta quella folla davanti a un
carrozzone poco lontano.
Partita prima che qualcuno potesse contraddirla, la giovane si diresse al
carrozzone e i due gentiluomini rimasero indietro, con un'espressione acida
sui volti. Mentre Dexter si lamentava di doversi trattenere in quel posto
noioso e Julian soffocava l'istinto di rifilare un ceffone sulla mascella al
giovane Romeo, per ammonirlo di star lontano dalla sua ultima preda,
occorse loro un po' di tempo prima di accorgersi che Lucy era impegnata
in una fitta conversazione con un grinzoso suonatore di organetto, la cui
scimmietta aveva deciso di nascondersi tra le pieghe del suo abito da
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amazzone. Lucy pareva ascoltare attenta ciò che l'uomo aveva da dire,
annuendo eccitata una volta o due, e assumendo poi un'espressione
comprensiva quando il poveretto sembrò sul punto di scoppiare in lacrime.
«Venite!» Lucy chiamò i due gentiluomini quando il vecchio zingaro
ebbe concluso il suo triste racconto. «È una cosa emozionante al massimo
grado» dichiarò, sorridendo a Julian come se non avesse ricevuto un brutto
colpo neanche dieci minuti prima. «Oh, non che non sia una cosa triste, lo
è sotto ogni aspetto per il povero signor Romano qui, ma per me è
ugualmente eccitante.»
«Forse, se potesse cominciare dal principio, Lucilie» suggerì lord
Thorpe, facendo un grande sforzo per non concentrarsi sulla deliziosa
immagine creata da Lucy quando si entusiasmava per qualcosa.
«Oh, certo!» Lei sorrise con fare di scusa. «Questo è il signor Romano»
spiegò indicando il vecchio, che si sfilò il cappello e si dondolò su e giù
svariate volte. «E questo» continuò, tirando il guinzaglio legato al collare
di cuoio della scimmietta, perché gli spettatori potessero meglio
ammirarla, «è Bartholomew!»
«I miei complimenti» intonò solenne Thorpe, con un esagerato inchino a
ciascuno dei due.
Dexter sbuffò, visto che simili creature non piacevano un granché. La
sua opinione sui vecchi zingari che puzzavano stranamente di aglio non
era molto più alta.
Ma Lucy non si lasciò sviare né dal sarcasmo di Sua Signoria né
dall'espressione di disgusto di suo cugino. «Il signor Romano mi ha
appena raccontato una storia delle più terribili. Sembra che sia troppo
malato per continuare a lavorare e deve trovare una nuova casa per
Bartholomew.»
«Essendoci una guerra in corso, non possono ritirarsi insieme nel sud
della Francia» bisbigliò Dex al cugino, rientrando leggermente nelle sue
grazie.
«Quanto vuole, stavolta?» chiese Thorpe, non troppo severo. Dopotutto,
sarebbe stato un piccolo prezzo da pagare se fosse servito a distogliere la
mente di Lucy dalle parole dell'indovina.
«Oh, no, Julian, non si tratta affatto di questo» lo corresse lei, chinandosi
per grattare la scimmietta sotto il mento peloso. «Ho detto che il signor
Romano non può più tenere Bartholomew. Avevo pensato di offrirgli un
po' di denaro, ma non risolverebbe molto. Il signor Romano dice di non
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aver mai visto Bartholomew prendere in simpatia una persona come ha
fatto con me. Vorrebbe farmene dono. Non è assolutamente
meraviglioso?» terminò, sorridendo a Thorpe, i grandi occhi blu
scintillanti di eccitazione.
«Assolutamente no!» decretò Dexter con enfasi prima che il cugino
avesse la possibilità di aprire bocca. «Quella dannata cosa probabilmente
ha le pulci.»
A quelle parole il viso vissuto e rugoso del signor Romano si contorse
come un pezzo di legno nodoso e un enorme lacrimone stillò dall'angolo di
un occhio.
«Oh, guardi che cosa ha combinato, milord!» esclamò Lucy, indicando il
vecchio. «È troppo cattivo da parte sua» osservò, rivolgendosi a lord
Thorpe. «Non può essere così duro di cuore, vero? Pensi solo al
miserevole fato di questa povera creatura se non acconsentissimo ad
aiutarli.»
Chiedendosi tra sé quale delle povere creature intendesse, Julian suggerì
soave: «Stufato di scimmia?».
«Oh, vergogna tutti e due!» protestò Lucy, cingendo con un braccio le
spalle spioventi del signor Romano. «Non solo si sta rifiutando di prestare
aiuto a una delle creature di Dio, ma il signor Romano qui presente dice
che Bartholomew è molto dotato. Signor Romano, chiedete a
Bartholomew di mostrarci uno dei suoi giochetti.»
Il vecchio zingaro poteva anche essere troppo stordito per guidare il suo
animaletto ammaestrato, ma Bartholomew non era del tutto privo di
iniziativa propria. La piccola scimmia marrone, che fino a quel momento
aveva osservato da sotto in su la gente che le stava attorno, prese una
decisione indipendente. Balzellò fino a Dexter che se ne stava ritto con
aria bellicosa e lo morse deciso sullo stinco.
«Aah! Toglietemi di dosso questa bestia rognosa! Lucy, è tutta colpa
tua. Con ogni probabilità impazzirò e morirò... questo animale ha la
rabbia!»
Ma Lucy stava già cullando l'animaletto con fare protettivo, perché una
volta lasciata la gamba di Dex l'astuto Bartholomew si era
immediatamente arrampicato su per le sue gonne aggrappandosi a lei come
se la sua vita fosse in pericolo; e forse lo era, a giudicare dall'espressione
di Dexter.
Fu allora, dopo aver osservato il viso corrucciato di Lucy e parimenti
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l'evidente disincanto di Dexter verso di lei, che lord Thorpe decise che
adottare Bartholomew sarebbe potuta essere la mossa giusta per
aggiungere un tocco di distinzione al suo piccolo ricevimento casalingo.
«Oh, grazie, Julian!» gridò Lucy quando lui ebbe espresso la propria
opinione. «Non darà alcun fastidio; nessunissimo fastidio. Lo terrò con me
in ogni momento e potrà intrattenerci con i suoi giochetti, vero, signor
Romano?»
Il signor Romano, che già stava addentando per sicurezza uno dei pezzi
d'oro che Julian aveva estratto dal borsellino, annuì vigorosamente senza
curarsi di precisare che, oltre a cavarsi educatamente il berretto a un
segnale stabilito, Bartholomew aveva appreso il suo principale talento dal
precedente proprietario, un ladruncolo attualmente ospite del carcere di
Newgate.
Dexter non fu l'unico a esprimere dispiacere per l'aggiunta di
Bartholomew al piccolo gruppo. Rachel si limitò a un tranquillo tsk, tsk,
che Deirdre tradusse come un velato rimprovero, considerando che non
sarebbe stata la matura signorina a ricevere l'incarico di pulire quelli che
sarebbero stati gli usi forzatamente primitivi di Bartholomew in fatto di
toeletta.
«Oh» fece Dexter con affettazione, sempre lieto di ficcare un ago
dov'era probabile trovare un punto dolente, «avrei pensato che certi doveri
spettassero al segretario di Sua Signoria. Parker, mio buon amico, sii così
gentile da pulire quelle cose. Senz'altro offrirai la tua esperienza!»
Gli occhi pallidi del segretario si strinsero per un momento, poi
riassunsero la loro espressione vacua. «Io servo il conte come lui richiede,
Dexter. Ma la scimmia non è sua, anche se ho spazzato per anni i rifiuti di
uno dei più accaniti parassiti di Sua Signoria» concluse, prendendosi non
poca soddisfazione alla vista del colorito del cugino più giovane,
insolitamente screziato.
«Basta così» intervenne minaccioso lord Thorpe mentre Dexter apriva
bocca per ribattere al palese insulto di Parker. «Miss Gladwin, vuole darmi
il braccio?» invitò, rivolto a Rachel, cercando d'istinto l'unica persona che
sperava capisse che lui voleva tutti lontani da lì all'istante.
Mentre osservava Julian e Rachel farsi strada tra i carrozzoni, ridendo e
discorrendo più che amichevolmente, Lucy provò una fitta di gelosia.
Rachel era di almeno quindici anni più vecchia di Julian, lui senz'altro non
la vedeva come una possibile fidanzata. O sì? Mostrando la lingua a
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Dexter, permise a Parker di scortarla alla carrozza di sua zia, lasciando
Deirdre a controbattere come meglio poteva le ridicole adulazioni di
Dexter.
Il cocchiere di lord Thorpe, osservando la scena con l'interesse di un
domestico di lunga data della famiglia, poté solo chiedersi cos'altro potesse
accadere. Un accidenti di scimmia a Hillcrest? Aspetta che la vecchia
signora senta questa... e farà il diavolo a quattro!
Capitolo Quarto
Carissimi Jennie e Kit,
come potete vedere, lord Thorpe ha impostato questa lettera
per me a Hillcrest, a non più di venti miglia da Bourne Manor!
Prima che Kit tiri fuori le sue pistole da duello e parta per venire
a salvare la mia reputazione, vi dirò che zia Rachel è qui con me,
come pure i cugini di Julian, Dexter e Parker. Come vi dicevo
nella mia prima frettolosa lettera, Julian (sì, miei cari, lo chiamo
Julian adesso: vedete come abbiamo fatto progressi?) è nello
scandalo fino al collo, ma non sprecherò carta sulle esatte
circostanze, poiché a meno che voi due siate ancora così
rincitrulliti l'uno per l'altro da restare sordi per amore, non
potete fare a meno di sapere già quanto in basso è caduto.
Naturalmente è tutta una calunnia, Julian non farebbe male a
una mosca, ma sotto lo scandalo, ne sono certa, c'è un vile
complotto per privarlo del titolo, facendolo impiccare per
omicidio. L'aria a Hillcrest è alquanto opprimente. I domestici
passano in punta di piedi, guardandosi sempre dietro le spalle
come se qualcuno stesse per piantare loro un coltello tra le
scapole, e gli abitanti del villaggio, secondo Dex che ci è stato in
cerca di indizi, sono decisamente terrorizzati! Lo sarei anch'io,
se pensassi che la raffinata gestione di Julian potrebbe essere
rimpiazzata dal modo di vivere egoista di Dexter. I locali non
augurano il male a Julian... ma è deprimente vedere che non
nutrono un reale attaccamento per lui. Domani abbiamo
intenzione di uscire tutti a cavallo in ricognizione. Qualcuno
deve sapere qualcosa e io non troverò requie finché non avrò
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lavato l'onore di Julian. Povero caro, finora ha avuto un paio di
cedimenti, ma c'era da aspettarselo in un uomo così orgoglioso, e
io so che dev'essere dibattuto tra il bisogno del nostro aiuto e il
desiderio di averci tutti all'altro capo della terra, così da poter
sfogare la sua frustrazione senza timore che qualcuno di noi lo
veda. Cercherò di venire a trovarvi, perché desidero vedere
Christopher quanto prima, ma non lascerò Hillcrest finché il
mistero non sarà risolto! Julian mi sarà infinitamente grato...
non credete? La vostra devotissima cugina.
P. S.: Julian mi ha permesso di tenere una scimmietta, un
animaletto assolutamente adorabile in cui ci siamo imbattuti
visitando un circo viaggiante sulla strada per Hillcrest. Non è
tanto caro?
Quando Jennie terminò di leggere la lettera, il marito sorrideva
perplesso. «Chi è tanto caro secondo te, amore: Thorpe o la scimmia?»
«È una faccenda seria, Kit. Hai letto quelle storie sui giornali. La
reputazione di Lucy sarà completamente annientata, se non lo è già.
Dobbiamo condurla via da lui... oggi stesso se possibile!»
«Non credo che il duca di Wellington possa fare a meno di un
reggimento ed è quel che ci vorrebbe per staccarla da lì. Rilassati, tesoro.
Rachel è lì con lei.»
«Ma Lucy dice qualcosa a proposito di un omicidio» protestò Jennie.
«Pensi che possa aver ragione?»
Il conte di Bourne si attirò la moglie sulle ginocchia e scacciò a forza di
baci le rughe di preoccupazione che le increspavano la fronte pallida.
«Lucy non ha mai preso niente per il verso giusto in vita sua» affermò. «E
poi, come dice lei, lord Thorpe è così caro. Non può trovarsi in pericolo.
Ora dammi un bacio, questa tua agitazione mi ha distratto da qualsiasi
altro argomento.»
«Che cosa? Qui nella saletta della colazione dove chiunque potrebbe
scoprirci?» lo canzonò Jennie.
Kit la inclinò all'indietro per poter scrutare maliziosamente il suo visetto
ridente. «Pensavi che lord Thorpe fosse l'unico in grado di sollevare un po'
di scandalo? Ah, donna, quanto poco mi conosci.»
Kasey Michaels
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1986 - Scandali e complotti
Lucy restò affascinata da Hillcrest. Aspettandosi un'antica mole
torreggiante che risaliva al tredicesimo secolo e caricata di aggiunte
forzate nel corso degli anni fino a estendersi senza eleganza in tutte le
direzioni, fu sorpresa di scoprire che la residenza non aveva più di
vent'anni e che era ampia e comoda senza risultare opprimente.
Raleigh, il maggiordomo di Julian, le aveva detto che la vecchia
residenza, situata a un miglio scarso sull'altro lato del parco, era stata
devastata da un incendio e solo alcune rovine di pietra immerse nel
paesaggio restavano a segnare dove sorgeva. La nuova Hillcrest, costruita
dal padre di Julian, era stata progettata per sorgere più vicina all'ampio
stagno che si stendeva sulla sinistra della casa, perché il vecchio conte
aveva ritenuto prudente avere a disposizione una vasta riserva d'acqua nel
caso in cui il fuoco avesse di nuovo osato colpire. Il fuoco aveva distrutto
più della dimora avita dei Rutherford: si era preso generazioni di ritratti
mal dipinti dei defunti conti e delle loro famiglie, come pure quasi ogni
pezzo di mobilio che vi si era raccolto nel corso degli anni.
Questo, rifletté Lucy contenta mentre si trovava nell'ariosa, luminosa
sala della colazione, non poteva che considerarsi una benedizione, poiché
lei non amava molto i pesanti arredi Tudor, gli arazzi polverosi e le
armature chiazzate di ruggine che una casa antica si suppone contenga.
L'arredamento in stile tardo georgiano ben si armonizzava con le pareti
decorate a stucchi color avorio, e i sommessi verdi, azzurri e rosa delle
imbottiture e dei tappeti Aubusson in tutte le stanze pubbliche erano
esattamente il genere che avrebbe scelto lei se avesse avuto voce in
capitolo.
Eppure c'era qualcosa, un indefinibile qualcosa, che non andava.
Mordicchiandosi la punta di un dito ispezionò la stanza una volta ancora,
infine comprese. Quella stanza, come le altre, era perfetta. Troppo perfetta.
I fiori, ritti nei vasi come se sapessero che sarebbero stati banditi all'istante
se avessero osato reclinare il capo minimamente, erano sistemati in modo
un tantino troppo perfetto. I bei mobili apparivano come se un matematico
avesse collocato ogni singolo pezzo con precisione, creando riquadri
visivi, angoli retti, e perfetti triangoli tracciati sul pavimento. Lucy provò il
desiderio di spostare la sedia dallo schienale a forma di cuore in satin rosa,
così che si presentasse più artisticamente a lato del sofà assortito, e le
prudevano le dita dalla voglia di raccogliere i cuscini ricamati
accuratamente messi in fila su quel medesimo sofà per disporli in modo
Kasey Michaels
49
1986 - Scandali e complotti
più invitante. E i fiori...
«Buongiorno, Lucy» giunse una voce dalla soglia.
«Oh!» esclamò la ragazza, girando su se stessa, e vide il conte entrare
nella stanza, il corpo ben fatto abbigliato alla perfezione in brache di pelle
di daino e giacca per cavalcare, molto da gentiluomo a suo agio in
campagna. «Julian, mi ha fatto trasalire.»
Lui s'inchinò lievemente e un sorriso gli sfiorò le labbra, notando la sua
aria agitata. «Mi spiace. La prossima volta dirò a Raleigh di annunciare il
mio arrivo con uno squillo di trombe.» Lucy per un istante fu presa in
contropiede, poi scoppiò in una risata deliziata. «Oh, Julian, è
meraviglioso! Ha scherzato!»
Negli occhi di lui comparve uno sguardo sgomento. «È così
sorprendente?»
«Non sono affatto sorpresa» improvvisò Lucy. «È sempre stato celebre
per il suo spirito.» Al fatto che il rinomato spirito Rutherford fosse ritenuto
sarcastico piuttosto che allegro, in quel momento rifiutò di pensare. «Vedo
che è vestito per uscire a cavallo. Spero non le dispiaccia, ma ho chiesto a
Raleigh di procurare una cavalcatura anche per me.»
«In quanto a ciò, Lucy» disse Julian, annunciando con noncuranza una
conclusione che aveva raggiunto solo dopo aver trascorso una notte
insonne a esaminare minutamente le proprie motivazioni, «ho deciso che
lei non debba prendere alcuna parte attiva in questa... ehm, indagine. Se è
tutta una calunnia, si esporrà senza necessità al pettegolezzo, mentre se è
davvero, come crede, un complotto contro il mio nome e la mia vita, non
posso convincermi a esporla al pericolo. Pertanto ho concluso che la sua
deve essere una parte minore. Scortare lei e sua zia a Hillcrest per un
ricevimento a casa mia mi ha dato meno la sensazione di svignarmela da
Londra con la coda tra le gambe, come un colpevole vigliacco.»
«Ma non può dire sul serio!» implorò Lucy. «Voglio dire, suppongo che
dica sul serio, ma non può aver pensato... Oh, accidenti a tutto quanto,
Julian, non mi gabbi così. La prego, voglio dare il mio aiuto.»
Guardando in basso, alla mano che Lucy gli aveva impulsivamente
posato sull'avambraccio, con non poco sforzo Julian si scostò per liberarsi
con delicatezza dalla sua stretta implorante. «Ho detto sul serio ogni
singola parola, Lucy» rispose in tono volutamente gelido, sentendosi come
se avesse appena strappato le ali a una splendida farfalla. «Inoltre, non
riesco a vedere come potrei aver bisogno di femminile protezione... o
Kasey Michaels
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1986 - Scandali e complotti
interferenza. Dexter, quel dannato pesce lesso, mi ha offerto i suoi servigi.
Se non si spara a un piede da sé con l'arma con cui l'ho visto giocare ieri
sera, credo che riusciremo a cavarcela in modo tollerabile.»
Gli occhi azzurri di Lucy scintillavano di lacrime non versate mentre
esaminava il viso di lui in cerca di una traccia di dolcezza, senza tuttavia
trovarne. Si era di nuovo ritirato nel suo guscio, comprese con un tuffo al
cuore, e pareva impossibile raggiungerlo. Ebbene, se credeva che lei se ne
sarebbe stata seduta in casa a fare la calza, o qualsiasi altra cosa facessero
le donne in campagna, avrebbe avuto un altro grattacapo! «Ne farà un
brutto pasticcio, Julian» lo avvertì.
«Le sue opinioni non m'interessano, miss Gladwin» rispose Julian in
tono conclusivo.
Miss Gladwin!, ripeté Lucy tra sé con una smorfia. Quanto sono caduta
in basso! A voce alta, gli rinfacciò: «Ha dato considerevole credito alle
mie opinioni quando i suoi cosiddetti amici le hanno voltato le spalle a
Londra. Allora mi ha ascoltato».
«Ero sconvolto» le rammentò lui, astenendosi dall'aggiungere che era
anche per tre quarti ubriaco. «In ogni caso, non è cosa che si possa
discutere. Ho inteso che sua cugina, lady Bourne, risiede qui vicino... Può
restare o andarsene, come crede, ma non posso ammettere il suo diretto
coinvolgimento nella mia situazione oltre il punto in cui già lo è.
Semplicemente non sarebbe appropriato.»
«Appropriato! Osa parlare a me di cosa è appropriato!» sbottò Lucy
rivolta ai fiori, che erano il suo unico uditorio. «Lui, che ha fatto irruzione
in casa mia neppure tre giorni fa, sporco, con la barba lunga, e malconcio
per l'alcol, chiedendo... sì, elemosinando almeno una parola buona. Oh»
intonò sottolineando le parole, scrutando sdegnosa il conte tra le palpebre
socchiuse, «come dimentica presto! Bene, vediamo come se la cava con i
paesani, usando le altezzose maniere dei Thorpe. Avanti, Julian, monti sul
suo stallone e corra a far conversazione con i miseri contadini. Vedrà se
parlano con lei, con la sua aria così amichevole, così cordiale. Ma
l'avverto, caro conte: si guardi le spalle!» concluse prima di volteggiare
fuori dalla sala, fermandosi solo il tempo necessario per spostare ad angolo
la sedia dallo schienale a forma di cuore.
Julian la guardò andar via, ammirandone il fegato anche se avrebbe
bramato rovesciarsela sulle ginocchia e darle una buona dose di
sculaccioni. Perché Lucy non riusciva a vedere le cose al suo stesso modo?
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Sapeva di essere rinsavito troppo tardi per cancellare il danno causato alla
reputazione di Lucy dall'essersi fatta pubblicamente sua paladina a casa dei
Selbridge, ma nessuno avrebbe saputo che era con lui lì a Hillcrest se
l'avesse scollata da quel posto prima che la notizia divenisse di pubblico
dominio.
Quasi desiderò di aver seguito il suo consiglio, facendo pubblicare sui
giornali che avrebbe dato un piccolo ricevimento nella sua residenza
principale, includendo un elenco degli ospiti, ma per quanto fosse stordito
al momento, almeno il cervello non gli era finito in pappa tanto da
accogliere quel suggerimento.
Perché Rachel Gladwin non aveva usato maggiore buonsenso?, si
chiese, pronto a biasimare la povera signora per il proprio errore. Gli era
parsa una donna di una certa intelligenza. Si diresse alla sedia dallo
schienale imbottito di raso rosa a forma di cuore e la riportò nella
posizione precedente. «Perché sei così sollecito a riversare il biasimo
ovunque, tranne dove dovrebbe pesare: in pieno sulle tue spalle?» si chiese
ad alta voce, piombando a sedere pesantemente. «La volevi qui, e lo sai.»
Un lieve sorriso gli increspò gli angoli della bocca mentre ripensava alle
ore che lui e Lucy avevano trascorso in allegria, cavalcando insieme lungo
la strada per Hillcrest. Lei era un po' impulsiva, considerò, ricordando
Lucy che cullava sul petto Bartholomew e tranquillamente presentava la
scimmia al resto dei viaggiatori come fosse una cosa che faceva tutti i
giorni; ma lui non l'aveva sempre saputo? Non erano stati proprio i suoi
modi anticonvenzionali ad averlo sempre attratto e insieme allontanato in
passato?
Scosse la testa per scacciare quei pensieri sgraditi. Era un uomo già
impegnato, si disse, lo era da prima che Lucy comparisse per la prima
volta all'orizzonte tre anni prima e gli facesse subito ribollire il sangue. Era
stata una donna impossibile, sempre tra i piedi quando lui faceva tanti
sforzi per evitarla, sempre lì a ostentare la sua figura minuta ma eccitante,
scoccandogli il suo sorriso che diceva vieni qui, mangiandoselo con gli
occhi, stuzzicandolo con la sua... Balzò in piedi, colto da un pensiero
improvviso. Non era affatto un uomo impegnato! Non lo era da quando
Cynthia, benedetto il suo cuore gretto, lo aveva scaricato così regalmente a
quello stesso ballo dei Selbridge!
Galoppò via dalla sala e per la fretta urtò col fianco la sedia dallo
schienale a cuore, spostandola lievemente in diagonale. «Lucy!» urlò su
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per lo scalone che conduceva alle camere da letto. «Che ne direbbe di
uscire a cavallo con un maledetto idiota?»
Dexter non parve entusiasta di venir relegato nella retroguardia del
piccolo corteo a cavallo, con la sola compagnia di uno staffiere dal volto
severo, mentre Lucy e Julian cavalcavano a fianco a fianco e la ragazza
lanciava esclamazioni deliziate a ogni scorcio del paesaggio. «Pensavo
fossimo in cerca di indizi, cugino» gridò al conte, «non fuori per un
accidenti di giro turistico della flora e della fauna. Dove siamo diretti?»
Julian attese che il sentiero si allargasse, dopodiché accennò a Dexter di
unirsi a loro. «Avevo pensato di andare alla fattoria degli Anscom a fare
due chiacchiere con il padre di miss Anscom. Ho saputo che è vedovo e
che questa Susan era la sua unica figlia.»
«Oh, che cosa terribile» interloquì Lucy, notando la piega rigida della
bocca di Julian. «Dobbiamo trovare la persona che ha distrutto quella
fanciulla innocente e il suo povero padre, e assicurarla alla giustizia.»
«Sì» concordò Julian, confortato dalla certezza che Lucy comprendeva i
suoi sentimenti in quella faccenda. «Quando Raleigh mi ha informato
dell'enormità della perdita del signor Anscom, ho compreso che i miei
problemi impallidiscono al confronto. Qualcuno deve odiarmi davvero
molto, per giungere a tanto, solo per punirmi. Oltre a essere pressoché
l'unica donna della zona di rango abbastanza elevato per servire ai suoi
propositi, miss Anscom era anche priva della guida di una madre, che la
distogliesse dal donare il cuore a un uomo che non aveva chiesto la sua
mano.»
«Sembra certo che un uomo fosse coinvolto» disse Lucy, nella speranza
che lui illustrasse la sua teoria.
«Per puro ragionamento, Lucy» intervenne Dexter, leggero. «Un po'
difficile fare bambini senza.»
«Dexter» suggerì freddamente il conte, «credo che la strada si restringa
appena qui avanti. Per favore, torna al tuo posto dietro.»
«Ho fatto un passo falso, vero?» chiese Dexter, notando il rossore di
Lucy.
«Perché oggi dovrebbe essere diverso dagli altri giorni?» confermò
Julian con calma, rammaricandosi che il suo parente più prossimo non
fosse sulla luna di un pianeta adeguatamente distante.
«Non intendeva ferire nessuno» lo rimproverò lei, quando Dexter ebbe
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voltato il cavallo e fu rimasto indietro ad attendere lo staffiere.
Julian la fissò in modo penetrante. «Sta dunque suggerendo che è
innocuo? Poiché se è così, concordo totalmente. Mi troverei in grave
difficoltà a credere Dex capace dell'azione orribile che supponiamo
qualcuno abbia commesso.»
«Esattamente che cosa supponiamo?» chiese lei, di colpo non troppo
certa della propria interpretazione del pettegolezzo che aveva dato il via
all'intera faccenda.
Julian si sistemò sulla sella e spiegò: «A quanto vedo, abbiamo varie
teorie. Una: tutta la storia è una frottola, costruita dal nulla per amor dello
scandalo da qualche idiota intenzionato a mettermi in difficoltà o, lungi da
me il pensiero, a spingere Cynthia a rompere il nostro fidanzamento per
avere via libera».
Lucy scosse la testa. «No, non può trattarsi di questo... almeno la prima
parte della teoria. Perché miss Anscom è morta.» La seconda parte, quella
relativa a lady Cynthia, non volle approfondirla perché era sicura che
l'argomento avrebbe causato dolore a Julian.
«Senz'altro» confermò il conte. «Ma qualcuno potrebbe aver usato la sua
scomparsa per i propri scopi, dopo il fatto. Non abbiamo prove che
qualcuno abbia deliberatamente causato la sua morte. Dopotutto, chiunque
potrebbe aver scritto quelle lettere.»
Lucy esaminò un istante la teoria, riconoscendovi qualche merito.
«Quali sono le altre idee?»
«Ne ho immaginate dozzine, mia cara, ma poche appaiono plausibili.
D'accordo, teoria numero due: miss Anscom, per ragioni sue, ha deciso di
togliersi la vita e non volendo che suo padre sapesse il reale motivo, ha
fatto il mio nome come padre di suo figlio.»
«Intende dire che stava proteggendo qualcuno?»
«Precisamente.»
Lucy guardò il conte, divertita dal suo discorso formale mentre lottava
per discutere con lei di un argomento così disgustoso. «Allora è possibile
che lei sia il capro espiatorio per qualche contadino dal sangue caldo? Oh,
Julian, come vacilla chi sta in alto!»
Thorpe fece una smorfia. «Non pretendo che le piaccia, ragazzina, ma
dal momento che è soltanto una teoria, immagino che imparerò a
conviverci.»
«Ma ne ha un'altra?» insistette Lucy, costretta a strappargli di bocca ogni
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parola.
«Sì, ce l'ho, ed è quella che con rammarico sono costretto a credere sia
giusta. Qualcuno si è dato un gran daffare per impersonare me, sedurre
miss Anscom, e poi abbandonarla... a missione compiuta» spiegò lui.
«Com'è possibile?»
Julian si strinse nelle spalle. «Piuttosto facile, immagino. Non risiedo
abitualmente a Hillcrest e dubito che la mia sia una faccia nota.»
«Anche se così fosse, come poteva essere certo l'autore del complotto
che miss Anscom si sarebbe suicidata o che avrebbe scritto a tutti i giornali
prima di gettarsi nello stagno? No, Julian, non credo a questa teoria. A
meno che...»
«A meno che... cosa?» l'incalzò lui, quando Lucy esitò.
A Lucy non piaceva quello che stava pensando. Era così orribilmente
spietato, così... malvagio. «A meno che» continuò, la voce poco più che un
sussurro, «miss Anscom non avesse parte nel piano, solo per essere tradita
alla fine dal suo complice.»
«Cioè avrebbe annunciato il proprio suicidio senza alcuna intenzione di
uccidersi, solo per suscitare lo scandalo?»
Lucy annuì. «Ha scritto quelle lettere e poi il suo amante l'ha annegata.
Oh, che cosa tremenda!»
«Oh! Che enorme sciocchezza!» commentò Dexter, che si era accostato
da dietro ai due, così compresi l'uno dell'altro da non accorgersi del suo
arrivo. «Dove potreste sperare di trovare due persone simili, una così
deplorevolmente malvagia e un'altra così deplorevolmente stupida? Non
riuscirete a farmi credere a una storia così scombinata e non ci crederà
nessun altro. Oh, e dicono che sei tanto intelligente, vecchio mio. Ebbene,
non sarò certo io a testimoniarlo.»
«Bene, allora, signor Intelligentone, che cosa ne pensi tu?» lo sfidò
Lucy.
«Io non ho una teoria. Non sono tenuto ad averla, a quanto vedo. Sono
un sospetto, ricordate? Tutto quello che devo fare è restarvi appiccicato,
cosicché nessuno possa dire che non ho fatto il mio dovere verso mio
cugino, e godermi lo spettacolo. Dimmi, vecchio mio» chiese,
evidentemente soddisfatto di sé, «non ti scalda il cuore sapere che il
sangue del tuo sangue è qui, a vegliare su di te, per così dire, nel tempo
dell'angoscia, pronto tanto a togliere il disturbo se sarai riconosciuto
innocente quanto a prendere il tuo posto se sarai trovato colpevole?»
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«Sei spregevole!» sbottò Lucy.
«Al contrario, mia cara» la corresse Julian, lanciando al cugino
un'occhiata significativa, «mi sento alquanto sollevato. Ora so che Dexter
senz'altro non è colpevole, se la sua teoria è quella giusta.»
«Come lo sa?» chiese lei, confusa al vedere un sorriso sfiorargli le
labbra.
Julian scosse la testa e rispose con irritante arroganza: «Perché nessuno,
neppure una ragazza di campagna, potrebbe mai essere spinta a credere
che questo ridicolo bamboccio possa essere il conte di Thorpe. Se io sono
sconosciuto, le assicuro che la mia reputazione non lo è. Dexter avrebbe
miglior fortuna impersonando il mio servo là dietro. Il loro intelletto è
pressoché pari, anche se devo dire che lo staffiere è un cavallerizzo
migliore».
«Credo di essere stato insultato, mi venga un colpo se non è così» disse
Dexter ridacchiando. «Questo significa che non sono più uno dei sospetti,
cugino?»
«Non lo sei mai stato» lo informò il conte, con disappunto di Lucy. «Né
tu né Parker lo siete mai stati. Come ho detto prima, siete dei Rutherford, e
al di sopra di simili bassezze.»
«Credo di stare per vomitare» borbottò Lucy, accorgendosi di aver molta
strada da fare prima di convincere Julian che Rutherford non era un
sinonimo di perfetto. Spronando la cavalcatura superò i due cugini e gridò
loro: «Non so chi di voi mi faccia più pena, è così difficile scegliere tra
l'arroganza e l'idiozia. Avanti! Andiamo ad affrontare il fattore Anscom e
vediamo se riconosce uno di voi due».
Seguendo le istruzioni che Dexter aveva ricevuto dal locandiere ad
Alsop-en-le-Dale, condussero i cavalli sulla cresta della terza collina a
nord della cittadina e guardarono giù nella piccola valle in cui sorgeva la
fattoria degli Anscom. Julian notò i campi trascurati col disgusto di un
buon amministratore, mentre Lucy schioccava la lingua allo stato di
abbandono della piccola abitazione e degli edifici adiacenti.
«Credevo che questo Anscom fosse un gentiluomo di campagna» disse
Dexter. «Non c'è da stupirsi che la ragazza ti abbia afferrato al volo,
cugino. Doveva desiderare disperatamente qualcosa di meglio.»
Lucy cominciava ad averne abbastanza delle frequenti allusioni di
Dexter alla possibilità che Julian fosse colpevole. «Non ha afferrato niente
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che Sua Signoria abbia offerto, testa di legno, perché lui non ha offerto
proprio niente.»
«Certo che no» si affrettò ad assicurarle Dexter. «Solo che ti confonde le
idee cercare di distinguere Julian dal vero criminale. Nella mia mente so
che è innocente, è solo la mia bocca che se ne dimentica.»
«Allora, mio caro cugino, ti suggerisco di tenerla chiusa» interloquì il
conte. «L'ultima cosa di cui ho bisogno ora, è di un altro becchino che mi
scavi la fossa: ho già una persona che sta dilapidando la mia reputazione a
piene mani.»
Di nuovo Dexter si ritenne insultato. «Lungi da me diffondere calunnie,
mio caro» replicò stizzoso, «ma non hai mai pensato che se ti fossi preso la
briga di essere un tantino più umano nelle tue relazioni, potresti non avere
questa deplorevole tendenza ad attirare gente che vuole il tuo male?»
Lucy trasalì, realizzando che c'era un briciolo di verità nascosto da
qualche parte nella pasticciata autodifesa di Dexter. Era facile detestare
Julian, con quel rigido codice di comportamento e l'abitudine in certo
modo crudele d'ignorare coloro che riteneva inferiori a lui socialmente o
intellettualmente. Era possibile, perfino probabile, che avesse offeso non
poche persone, tuttavia Lucy non riuscì a ricordare di aver mai udito una
sola persona parlar male di lui in pubblico. Scoccò una breve occhiata al
conte, che sedeva rigido sulla sella fissando il cugino. Occorreva un uomo
forte per opporsi a Julian esponendosi così alle stoccate della sua lingua e
all'immancabile censura della sua potente cerchia di amicizie. Una
vendetta sotterranea poteva essere l'unica via praticabile per qualcuno che
cercasse soddisfazione a qualche offesa.
«Malgrado il suo modo di esprimersi piuttosto crudo, Dexter potrebbe
non avere tutti i torti» commentò Lucy, pregando che Julian non se ne
avesse a male per le sue parole. «Non abbiamo mai compilato una lista di
suoi nemici tra cui scegliere i possibili sospetti.»
Thorpe le rivolse il suo sguardo di ghiaccio. «Un gentiluomo non ha
nemici. Ha dei conoscenti e, se è fortunato, pochi buoni amici. È
impossibile che qualcuno mi voglia male. Mi pregio di essere un uomo
probo ed equo. L'intero concetto è ridicolo.»
«E poi dice che io gli sto scavando la fossa» borbottò Dexter, «quando si
condanna con le sue stesse labbra. A meno che non voglia insinuare che
questo intrigo sia stato ordito proprio dai suoi amici.» A voce più alta
aggiunse: «E quel tizio che hai bandito dalla tua presenza solo perché
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aveva un nonno commerciante? O la divorziata che hai così regalmente
finto di ignorare da Almack's? Poi c'è il vecchio Crosley, che ha lasciato la
città in disgrazia dopo che ti sei rifiutato di cenare alla sua tavola dicendo
che puzzava di stalla. Oh, sì, e ricordi...?».
L'espressione di Thorpe si rannuvolò. Suonava tutto così meschino e
presuntuoso. «Basta!» ordinò, di colpo maldisposto a udire altro. Era
davvero l'individuo inflessibile e arrogante che sembrava, visto che Lucy,
per quanto si fosse affrettata a nasconderlo, era d'accordo con Dex? La sua
recente esperienza del doloroso trattamento inflitto dai membri della buona
società a coloro che consideravano inferiori lo rese consapevole della
sofferenza che lui stesso aveva distribuito, dalla torre d'avorio della propria
fiducia in se stesso. «Comincio a chiedermi» disse infine, «perché voi due
mi sopportiate.»
Dexter fu lesto a rispondere, affermando con gentilezza: «Oh, non sei
poi un cattivo soggetto, vecchio mio. Soltanto, ti dai un po' di arie, ecco
tutto. Personalmente ne attribuisco la colpa a tua madre, che ti ha riempito
la testa con la sua idea che i Rutherford sono solo un gradino al di sotto di
Dio».
«Credete che potremmo proseguire questo esame di coscienza un'altra
volta?» chiese Lucy mentre la sua cavalcatura scartava di lato, impaziente.
«Una volta ritornati a Hillcrest potrete meditare e compilare un elenco
delle vostre cattive abitudini. Personalmente concordo con Dexter, Julian.
Non è un cattivo soggetto.» Al suo inarcare le sopracciglia aggiunse, con
un sorriso che la riempì di fossette adorabili: «Perché altrimenti mi sarei
resa ridicola a causa sua per questi ultimi tre anni?».
Julian la osservò spingere il cavallo giù per il colle, e un piccolo sorriso
sghembo gli illuminò i lineamenti fino ad allora cupi. «È pazza di te» gli
disse Dexter, sferrandogli una cordiale manata sulla spalla. «E pensare che
avresti potuto farti incastrare da quella palla al piede di Cynthia. Quando
scoverai il tuo nemico, cuginetto, ti suggerisco di dargli un bacio sulla
guancia, e con lo schiocco!»
Mentre Dexter seguiva Lucy giù per la collina, il conte spronò il suo
cavallo e il sorrisetto si aprì in un largo ghigno. Si era reso colpevole dei
peccati di orgoglio e pregiudizio sociale in passato, ma forse, solo forse,
non era troppo tardi per cambiare. Lui senz'altro si era piaciuto di più,
negli ultimi giorni. Con l'aiuto di Lucy, pensò speranzoso, poteva ben
diventare il Julian Rutherford che lei lo credeva capace di essere.
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Solo quando iniziò la discesa verso la fattoria degli Anscom gli
sovvenne che, a meno che non fosse riuscito a scoprire chi si nascondeva
dietro il complotto per rovinarlo, avrebbe potuto apprendere la sua prima
lezione di umiltà nel peggiore dei modi: da dietro le sbarre di una prigione.
«Che giornata sprecata» si lamentò Dexter con amarezza lasciandosi
andare su una sedia del salotto. «Che io sia dannato se quel mio ronzino
non ha avuto un maiale per padre. Lasciami fuori da altre spedizioni in
giro per la campagna, cugino, a meno che non ci andiamo col tuo tiro. Se
l'uomo fosse nato per cavalcare, avrebbe un didietro di cuoio, dico.»
Julian ignorò il cugino, versandosi un bicchiere abbondante prima che le
signore li raggiungessero. Non sapeva che cosa gli avesse lasciato in bocca
il sapore peggiore: la verità sul suo carattere ammannitagli così
chiaramente da Dex e Lucy, oppure il confronto con George Anscom.
Perfino con la sua recente generosità di spirito, gli riusciva impossibile
trovare un solo aspetto lodevole nella persona del padre di Susan Anscom.
«Vino, Dex?»
«Prenderei un po' di sherry, se non le dispiace» disse Lucy entrando
nella stanza. Poi prese posto nella sedia che Dexter si affrettò a offrirle.
Sapeva che il vestito che aveva scelto, rosa cupo, avrebbe risaltato al
meglio tra i colori intonati del salotto. «Spero che la cena venga servita a
breve, la nostra lunga cavalcata di oggi mi ha fatto venire un enorme
appetito.»
Thorpe si voltò a sorriderle, in mano un delicato bicchierino colmo di
sherry, e restò impietrito. L'aveva fatto di nuovo, quell'astuta civetta... gli
aveva fatto perdere l'equilibrio con l'impatto che la vibrante bellezza di cui
disponeva tendeva ad avere sul suo corpo traditore.
I capelli scurissimi, con la tendenza ad arricciarsi deliziosamente sul
collo, erano scomposti quel poco che bastava per invitare le sue dita ad
affondare nel loro soffice calore. La pelle candida e vellutata, specialmente
le curve visibili dall'ampia scollatura, attiravano lo sguardo di Julian come
un faro, mentre la sua bocca bramava di dissetarsi alle tumide labbra rosate
che lei proprio in quell'istante sfiorava nervosamente con la punta della
lingua. E il resto del suo corpo... ah, il resto del suo corpo traditore era già
miglia e miglia avanti ai suoi pensieri, evocando le delizie che anch'esso
avrebbe potuto scoprire.
Accidenti a lei, pensò Julian, come si era abituato a fare ogni volta che la
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semplice apparizione di Lucy aveva quell'effetto su di lui. Nessun
gentiluomo avrebbe dovuto provare cose simili nei confronti di una
signora dabbene. Era indecente, ecco cos'era. Ma s'interruppe, ricordando
che la sua opinione di ciò che un gentiluomo avrebbe dovuto o meno fare
si era già dimostrata fallace. Non credeva sul serio che quell'attrazione
fisica per Lucy fosse sbagliata, vero?
Era senz'altro sbagliata quando lui era fidanzato. Ma adesso era libero di
corteggiare Lucy con la coscienza pulita. Certo lei non era maldisposta, si
disse, soffocando la vaga sensazione che nessuna giovane beneducata
sarebbe stata così franca riguardo ai propri sentimenti. Del resto, dove
sarebbe stato lui ora, se Lucy fosse stata un'altra signorina smancerosa?
Ancora impalato in mezzo al salone da ballo dei Selbridge, come un gufo
impagliato, si disse contrito, ecco dove!
Lucy osservò rapita i lineamenti di colpo tesi di Julian distendersi e un
insolito calore insinuarsi nei suoi occhi, mentre Dexter, ritenendosi uomo
di mondo ed esperto di ogni maneggio, si scoprì di colpo protettivo nei
confronti della virtù della piccola miss Gladwin. Notando lo sguardo
deciso del cugino, Dexter capì di avere un posto in prima fila per assistere
al corteggiamento di Lucy.
Mentre Lucy e Julian si fissavano a vicenda, illuminandosi di ridicoli
sorrisi, Parker, che fin dal loro arrivo era stato occupato a controllare i libri
contabili della tenuta, entrò nella stanza e chiese se il conte avesse ottenuto
qualche successo quel pomeriggio.
«Dipende da cosa intendi per successo, Parker, vecchio mio» gli rispose
Dexter accigliato, «e se desideri lavorare per Julian o per me. Finora,
sembra che tutto ciò che abbiamo ottenuto sia trovare altre prove di
colpevolezza. Adesso pare che la nostra unica speranza sia di essere i soli a
pensare che ci sia un complotto per incolpare Julian di essersi sbarazzato
di miss Anscom. Un semplice scandalo si sgonfìerà col tempo, ma non
un'accusa di omicidio.»
Parker guardò il cugino, l'antipatia evidente nei suoi occhi. «Non sai mai
dire nulla senza cercare di fare qualche battuta, vero, Dexter? Julian ha
viva necessità della nostra assistenza adesso, pertanto suggerisco che tu
desista da questa ridicola illazione che tu stia per diventare il nuovo conte.
Lo trovo disgustoso.»
«Oh, davvero?» ribatté Dexter. «Ti aggrada il pensiero che io ti faccia
sanguinare il labbro... sempre che riesca a trovarne uno sulla tua faccia da
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pesce lesso?»
Per un momento parve che i due cugini stessero per venire alle mani lì
dove si trovavano, ma Thorpe si interpose tra i due, ammonendoli: «Vi
siete scordati che c'è una signora presente, tutti e due?».
«Due, veramente» lo corresse soave Rachel entrando. «Buonasera a tutti.
Posso sperare in un resoconto delle scoperte di oggi? Lucy è stata così
occupata a lisciarsi le piume, da quando è tornata, che non ho osato
disturbarla.»
«Zia!» sibilò Lucy, arrossendo vivacemente.
«Possiamo solo ringraziare Lucy per averci permesso di godere degli
ottimi risultati» replicò Julian, cambiando il rossore d'imbarazzo di Lucy
in un rossore di gioia. «Quanto alle nostre nuove, temo non siano buone.
George Anscom non è stato molto disponibile.»
Raleigh scelse quel momento per annunciare la cena e non volendo
discutere di un argomento così delicato davanti alla servitù, fu solo quando
gli uomini raggiunsero le signore in salotto che la questione fu posta di
nuovo sul tavolo.
«Quell'uomo era dunque così orribile?» chiese Rachel, tendendo la mano
verso la teiera d'argento che Raleigh aveva appena portato e deposto
davanti a lei.
«Era sciatto, rozzo, del tutto insensibile riguardo alla morte della figlia
se non per rimproverare alla ragazza di essersene andata lasciandolo senza
una persona di servizio a disposizione, e abbastanza spudorato da chiedere
se Julian fosse lì per offrirgli un qualche genere di accordo finanziario
come riparazione per aver sedotto il suo angelo» la ragguagliò Dexter in
tono disgustato. «A parte questo, è stato molto utile.»
Rachel rifletté su quell'ultima affermazione. «E in che modo? Ha saputo
identificare il vero amante di miss Anscom... sempre che ne esista uno?»
«Ci ha consegnato il diario di Susan» la informò Lucy, arrossendo al
ricordo del passo che aveva letto prima che Julian le togliesse il quaderno
di mano. «Pare che abbia annotato ogni incontro con Julian, come
credeva... e in modo piuttosto dettagliato.»
«Oh, povera me» esalò Rachel.
«Sì, proprio» concordò il conte. «Oh, povero me!»
«Peccato che quel viscido individuo non abbia spedito il diario ai
giornali, cugino» interloquì Dexter. «Ti avrebbero eretto una statua e
avresti dovuto allontanare le donne col bastone!»
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«È disgustoso!» reagì Parker.
«Tutto dipende da come lo guardi, mio caro» ribatté Dexter, sollevando
le sopracciglia in modo allusivo.
«E tutti conosciamo il tuo modo perverso di guardare le cose» ribatté il
segretario, piccato. «Sei una disgrazia per il tuo nome, lo sai?»
Dexter si piegò in un inchino. «Grazie, Parker. Se sono riuscito a
offenderti, sento che la mia vita non è sprecata.»
«Oh, finitela, tutti e due!» li interruppe Lucy, lanciando uno sguardo
tranquillizzante a lord Thorpe... che incredibilmente era seduto sulla sua
sedia piegato in due dal ridere. «Il diario esiste, non importa quanto sia
osceno il suo contenuto. E registra ogni cosa puntualmente, perfino la data
e l'ora... che coincidono con il periodo che Julian trascorse qui, qualche
mese fa.»
«Come sapete che è autentico?» chiese Rachel, acutamente. «Chiunque
avrebbe potuto scrivere quella roba e poi collocarla in camera di miss
Anscom dopo il fatto.»
Julian si alzò e andò ad appoggiarsi al caminetto. «Ho avuto il
medesimo pensiero, specialmente quando ho letto il diario con maggiore
attenzione. O quella ragazza aveva una fervida immaginazione, oppure ha
avuto un aiuto. Perfino l'editrice Minerva Press arrossirebbe a leggere la
sua prosa erotica.»
«Hai letto il passo sul vostro appuntamento al chiaro di luna presso il
boschetto?» chiese Dexter, ammiccando al cugino.
«Basta, Dexter!» scattò Lucy. «Julian non ha mai incontrato la ragazza.
Non l'ha fatto, vero?» si voltò a chiedere al conte, ricordando di colpo il
passaggio osceno che stava leggendo prima che lui le strappasse il diario
dalle mani.
Ogni traccia di umorismo scomparve dal bel volto di Julian. «Tu
quoque, Brute, fili mi?» domandò a Lucy, facendola sentire come se
avesse appena picchiato un cucciolo orfano.
«No!» esplose lei, scuotendo la testa. «È solo... è solo che stavo
pensando a quello che ho letto, e, ecco, ero... Dexter Rutherford, finiscila
di sghignazzare come uno scimpanzé! Non è divertente!»
Parker fissò Lucy, che cercava disperatamente di ricomporsi, e poi
Julian, che lo sorprese mostrandosi più che compiaciuto alla quasi
ammissione di gelosia da parte della ragazza. «Io non capisco» disse con
evidente confusione.
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«Tu non sei tenuto a capire» gli rammentò Dexter. «Perché non te ne vai
a fare l'inventario dell'argenteria o qualcosa del genere? Io per primo non
sentirò la tua mancanza.»
«Ma... ma io pensavo di poter essere di qualche utilità» protestò Parker,
guardando il datore di lavoro. «Miss Gladwin ha suggerito che il diario
potrebbe essere un falso. Ebbene, si dà il caso che io sia in possesso di una
delle lettere che miss Anscom ha inviato ai giornali.»
Di colpo tutti furono interessati a ciò che Parker aveva da dire.
Guardando le persone che lo stavano fissando con incredulità o con
sospetto, l'uomo proseguì. «Ho fatto una visita alla redazione di un
giornale prima che lasciassimo Londra, immaginando che la lettera potesse
contenere qualche indizio. Devo andare in camera mia a prenderla?»
Al cenno di assenso di Julian, Parker si inchinò e si ritirò, lasciando
Dexter a commentare: «Una perla rara, vero? Chi avrebbe immaginato che
il vecchio Parker fosse così pieno di risorse? Non che mi sia simpatico, per
carità» si affrettò ad aggiungere, nel caso qualcuno potesse sospettare che
si stava ammorbidendo nei confronti del severo cugino.
Capitolo Quinto
C'era silenzio nel salotto, tranne che per il ticchettio del pendolo, e le
candele erano quasi consumate quando Lucy entrò in punta di piedi e vide
Julian abbandonato nella sua poltrona a fissare il caminetto spento.
Due ore erano trascorse da quando Parker aveva portato la lettera e tutti
insieme vi si erano raccolti attorno per paragonare le grafie dei due scritti.
Non potevano esserci dubbi: entrambi i documenti erano stati vergati dalla
medesima mano, chiaramente femminile.
Poteva significare tutto e niente, a seconda di chi avesse in mano la
prova. Per Lucy e il resto della compagnia dimostrava che Susan Anscom
si era prestata volontariamente a quel falso, almeno fino al momento in cui
il suo complice non le aveva spinto il naso sott'acqua, come Dexter aveva
succintamente riassunto. Per una qualsiasi corte di giustizia, e lì cascava
l'asino, sarebbe stato solo un altro chiodo per chiudere la bara di lord
Thorpe, perché chi avrebbe creduto che miss Anscom potesse essere tanto
ingenua?
Rachel si era ritirata pochi minuti dopo la loro ultima scoperta, sapendo
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fin troppo bene che gli uomini dovevano essere lasciati soli a discutere la
faccenda senza le restrizioni imposte dall'avere delle donne a portata
d'orecchio, e si era trascinata dietro una riluttante Lucy. Parker, torcendosi
le mani e rimpiangendo di aver stupidamente aggravato le prove a carico
del conte, si era ritirato anche lui, lasciando Dexter a sostenere il morale
del cugino. E questi lo fece nell'unico modo che conosceva: versò a Julian
un generoso bicchiere di brandy e gli disse di bere, poi gliene versò un
altro. E un altro e un altro ancora finché fu costretto a ritirarsi in camera
sua prima di fare una figuraccia rendendo i conti sul tappeto di suo cugino.
L'orologio batté le ore, arrestando Lucy dov'era. «Impossibile» sentì dire
a Julian che guardava il suo orologio da panciotto, voltandole la schiena.
«Non può essersi fermato. Il mio valletto lo carica scrupolosamente prima
di mettermelo addosso, la mattina.»
Lucy soffocò un risolino. Per arrivare a sciogliersi, Julian aveva fatto
molta strada, ma era evidente che doveva farne ancora altrettanta.
Poverino, lo commiserò, mentre il suo tenero cuore si stringeva. Deve
sentirsi come se il mondo intero stesse crollando.
Senza smettere di pensare al da farsi, Lucy scattò al fianco di Julian e si
lasciò cadere in ginocchio ai suoi piedi. «Julian, non disperi» lo implorò.
«Andrà tutto bene. Ne sono sicura.»
Thorpe guardò verso di lei con gli occhi annebbiati dal brandy e credette
di aver evocato un angelo. Avvolta in una vestaglia bianca da cui spuntava
lo scollo di una morbida camicia da notte della seta più fine e bordata di
merletto, la visione che gli stava davanti si sfocò un istante, poi si schiarì a
sufficienza per fargli capire di non essersela immaginata. «Lucy» disse in
un soffio, afferrando la piccola mano che lei gli tendeva. «Non dovrebbe
essere qui. È sconveniente.»
«Certo che lo è! Sarebbe divertente, se no?»
Era sbagliato, totalmente, completamente sbagliato. Avrebbe dovuto
rimproverarla e rispedirla a letto all'istante. Avrebbe proprio dovuto. Il
Julian Rutherford di neppure una settimana prima l'avrebbe fatto senza
batter ciglio... seppur non senza una fitta segreta. Adesso, le sue fortune
parevano essere calate al minimo, la sua resistenza era debole e il suo
bisogno di conforto era potente, disperato. Non che avrebbe approfittato
della situazione, pur trovandosi solo al buio con quella che perfino la sua
mente annebbiata dalle libagioni gli diceva essere una donna disponibile e
che lui desiderava ardentemente; e del resto che male poteva fare
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permetterle di restare per un poco a discorrere con lui? Nessuno, disse il
brandy, e lui decise di non porre altre domande.
Accarezzandole il palmo della mano, Julian si chinò lievemente verso di
lei per vederla meglio nella semioscurità. «Grazie per la fiducia che nutre
in me, marmocchia. Non so dirle quanto disperatamente abbia bisogno di
sentire che mi ritiene innocente. Quando leggo quel diario, perfino io
comincio a dubitare di me stesso. Sembra così preciso e credibile.»
«Troppo preciso, milord, e troppo credibile» affermò Lucy,
stringendogli la mano. «Sono rimasta seduta, di sopra, a ripensare a tutta
questa faccenda. Credo sia stato un caso fortunato che Parker sia stato
tanto sveglio da comprendere l'importanza di quella lettera. È un'altra
tessera del mosaico. Credo che ormai possiamo star certi che Susan
Anscom non ha agito da sola. Il nostro unico compito ora è identificare il
suo complice. Ha avuto modo di riflettere, a proposito di un possibile
nemico?»
Julian sbuffò sdegnoso. «Sarebbe più semplice darle una lista dei miei
amici. Dexter aveva ragione... Non sono stato il più amabile degli uomini,
sa. Ma non riesco a pensare a nessuno nel mio passato che possa essersi
sentito così insultato dalle mie azioni da macchinare un piano così
elaborato. Voglio dire, quest'uomo ha già ucciso una persona... solo per
incolpare me? Credo che abbiamo a che fare con un folle.»
Lucy annuì e la luce del candeliere dietro di lei accese scintille dorate
nei suoi riccioli scuri, doverosamente notate dal conte. «Lo penso anch'io.
Ora dobbiamo capire se il responsabile è abbastanza ricco da aver
comprato la collaborazione di miss Anscom oppure abbastanza
affascinante da averla persuasa a prender parte alla sciarada.»
Lottando contro il desiderio crescente quando Lucy lasciò cadere il
mento sul suo ginocchio con un gesto del tutto innocente, Julian azzardò:
«Direi il secondo caso, Lucy. Dopotutto, lei aspettava un bambino».
Imprecò. «Come può un uomo essere così perverso?»
«Non come, Julian, ma perché. Credo che abbiamo già dibattuto il fatto
che gli uomini non sempre sono ciò che sembrano, mai buoni o retti come
ci piacerebbe. È il movente dietro il delitto che ci condurrà all'assassino.»
Aveva ragione, riconobbe Thorpe. Era macabro starsene lì in un
lussuoso salotto a discettare dell'orrendo crimine che era stato commesso,
ma dovevano affrontare i fatti di petto. Guardò la testa china di Lucy e
capì che rabbrividiva, forse per il freddo o forse a seguito dell'argomento
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di quella conversazione. «Su, mia cara, basta ora» disse, sollevandola
mentre si alzava in piedi. «Si prenderà un'infreddatura. È tempo che torni
in camera. Prometto di non essere più corrucciato e domattina
riesamineremo tutti insieme il nostro problema a mente fresca.» Le posò
una mano sul dorso, all'altezza della vita, per condurla alla porta.
«Ma, Julian» protestò lei, «non credo di essere in grado di dormire. Non
ho affatto sonno.»
Thorpe la guardò, acutamente consapevole della sua guancia a pochi
pollici dal proprio petto. «Devo... devo chiamare un domestico perché le
porti del latte caldo in camera?» chiese rigido, maledicendo il proprio
cuore: pulsava così forte che senz'altro lei lo sentiva e sapeva ormai che lui
stava combattendo contro le sue più naturali inclinazioni.
«Pensa che il latte caldo servirà?» domandò Lucy in un soffio,
inumidendosi nervosamente le labbra con la lingua. Lui era così vicino, le
colmava i sensi con la sua vista, il suo profumo, il calore della sua mano
sulla schiena...
Lui la fece voltare così da posarle le mani sulle spalle. «Sono sicuro di
sì» sussurrò, senza lasciare con gli occhi le sue labbra dolcemente
dischiuse. Senza accorgersi di quel che faceva, chinò la testa, e il tempo si
arrestò mentre lentamente, lentissimamente, le loro bocche si univano in
un lieve, timido bacio.
I fuochi d'artificio a Vauxhall non erano mai apparsi così brillanti contro
il notturno cielo di Londra quanto le scintille che esplodevano ora dietro le
palpebre serrate del conte. Il corpo caldo così aderente al suo pareva più
soffice del suo comodo materasso, ma decisamente non lo invogliava al
riposo. Il sapore della giovane bocca di Lucy scoccò una folgore di tale
violenza attraverso i suoi nervi, che Julian si stupì di reggersi ancora in
piedi. Non era uno di quei freddi, asettici bacetti che Cynthia gli
concedeva di tanto in tanto; non era neppure l'esperta esibizione di una
donna che si guadagnava da vivere per mezzo di una ben orchestrata
passione. Quella che teneva tra le braccia era una donna totalmente onesta,
totalmente generosa, totalmente reale, e l'esperienza lo scosse dalla testa ai
piedi. Le sue braccia si strinsero attorno a lei mentre il giovane gemeva la
propria resa nella sua bocca. Lucy era sempre stata nel giusto; lui si era
concentrato sull'esteriorità dell'esistenza e non aveva prestato sufficiente
attenzione a cosa accadeva dentro la propria testa, dentro il proprio cuore.
Il fuggevole pensiero che avrebbe potuto perderla gli inviò una nuova
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ondata di panico per le vene, e il suo abbraccio si rafforzò mentre attirava
contro di sé l'esile figura, come se non volesse più lasciarla andare. Si
sentiva completo, si sentiva vivo, e reale... forse per la prima volta in vita
sua.
Lucy era smarrita. Perduta in un mondo interamente nuovo di sensazioni
che aveva soltanto sognato. Aveva sempre saputo che Julian era l'uomo per
lei, era sempre stata certa del proprio amore. Ma nessuno l'aveva preparata
alla beatitudine che provò nel cerchio delle sue braccia. Era sua,
completamente sua. Pronta perché lui la prendesse; non del tutto
consapevole di quanto gli stava offrendo, ma disposta a imparare.
«Davvero, caro mio, questo non me lo sarei mai aspettato da te» disse
una voce divertita, e i due amanti si staccarono di scatto e fissarono
inorriditi Dexter, appoggiato allo stipite della porta con un malizioso
ghigno stampato sulla faccia. «Me lo aspetterei da me... Tutti se lo
aspettano da me... ma devo confessarvi che io stesso stento a credere
quello che gli occhi mi dicono. Ce la stiamo solo spassando un po' nella
noiosa campagna, o dobbiamo fare le pubblicazioni?»
«Dexter!» esclamarono entrambi a una sola voce, l'uno per la sorpresa,
l'altro con rabbia ed esasperazione non scevre da gratitudine per essere
stato fermato prima di perdere del tutto il controllo e portarsi Lucy in
camera da letto senza la benedizione del sacerdote.
«Sono io, proprio io, il cugino Dexter. Ma chi abbiamo qui: Romeo e
Giulietta? No. Può essere la dolce, innocente Lucy Gladwin con
l'integerrimo lord Thorpe?» Scosse la testa. «No, non può essere il conte.
Non si abbasserebbe mai a sedurre innocenti giovinette di buona famiglia.
Allora perché, sono costretto a chiedermi, la cosa mi suona familiare?»
Le mani di Julian si strinsero a pugno mentre faceva un passo verso il
cugino. «Come osi paragonare Lucy a quella Anscom?» ruggì, senza
curarsi che il cugino avesse una volta ancora messo in questione la sua
innocenza. «Nomina i tuoi secondi, bastardo!»
A Lucy erano occorsi alcuni secondi per ritrovare l'equilibrio dopo che
Julian l'aveva lasciata così bruscamente, ma come una leonessa che balzi a
difesa della sua nidiata si riprese in tempo per frapporre la figura minuta
tra i due cugini prima che accadesse l'irreparabile. «Finitela con questa
idiozia, mi avete sentito?» ordinò, tenendo una mano contro il petto
dell'uno e dell'altro. «Non lo tollererò!»
Dexter, che aveva già iniziato a maledirsi, realizzando che il suo
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contorto senso dell'umorismo lo aveva condotto a mordere la mano che lo
nutriva, era più che disposto a fare pace. «La ragazza ha ragione, cugino»
interloquì in tutta fretta, arretrando. «Stavo solo facendo una battuta. Non
intendevo offendere, giuro.»
«Tu non hai mai l'intenzione di offendere» sibilò il conte. «Non è una
scusante. Esigo che tu chieda perdono a miss Gladwin e poi voglio la tua
promessa di dimenticare tutto quello che hai visto. Hai capito?»
Presentate le sue scuse, Dexter non poté fare a meno di commentare
quanto Lucy fosse attraente, richimando l'attenzione sul suo scarso
abbigliamento, e lei arrossì violentemente prima di fuggire dalla stanza
con una mano sulla bocca. Questo fece rovesciare un altro tonante sermone
sulla testa del giovane, ma non riuscì a cancellargli il sorriso dal volto.
«È imperativo che tu comprenda la ragione per cui niente di quanto hai
visto stasera deve diventare di pubblico dominio» gli raccomandò Julian
una volta che furono entrambi più calmi. «Abbiamo già accertato che c'è
un uomo, probabilmente un folle, che sta facendo del proprio meglio per
distruggermi. Se dovesse scoprire che io e Lucy siamo fidanzati, potrebbe
decidere di colpirmi attraverso lei.»
«Vi siete fidanzati?» chiese Dexter, concentrandosi sull'unico fatto che
riteneva importante. «Quando ti lasci andare, cugino, certo non hai a
mezze misure, eh? Congratulazioni. Vi auguro una mezza dozzina di
pargoli, metà dei quali maschi.»
«Vuoi essere serio?» lo pregò Julian, facendo il possibile per restare in
collera col cugino e, come al solito, non riuscendovi. «Dimmi solo che
capisci che Lucy deve essere tenuta lontana da me, al sicuro, finché non
avremo smascherato il colpevole. Non posso perderla adesso.»
Dexter acconsentì. «E cosa stavate facendo quando vi ho così
rozzamente interrotto, vecchio mio? Suggellando il fidanzamento?»
Julian sorrise e parve ringiovanire di anni. «Lucy stava dicendomi sì,
Dexter, ma non sono mai arrivato a informarla della natura della
domanda.» Si appoggiò allo schienale della sedia. «Pensa, Dexter, mio
caro cugino, che ho trentatré anni e sono appena nato. Sorprendente,
vero?»
Lucy si chiuse alle spalle la porta della sua stanza e vi si appoggiò
contro, lottando per respirare. L'aveva baciata! L'aveva davvero baciata! E
poi, quando quel dannato Dexter aveva mostrato così scarso tempismo da
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interromperli, Julian si era offerto di battersi a duello per lei! Un'altra
goccia di felicità, pensò, e sarebbe senz'altro scoppiata.
Avrebbe voluto svegliare sua zia e abbracciarla per la felicità! Guardò
verso il soffitto ed esalò: «Grazie, Signore Iddio. Oh, grazie!».
Proprio allora un suono proveniente dal suo letto la distrasse; Lucy
riabbassò lo sguardo e scorse Bartholomew seduto proprio al centro delle
coltri rovesciate indietro. Avrebbe abbracciato la scimmia! Doveva
abbracciare qualcuno o sarebbe morta lì dov'era.
«Vieni qui, adorabile creatura.» Ma ciò che vide sparso attorno alla
scimmietta la bloccò. C'era la collana di granati di sua zia Rachel. E
accanto il temperino di Parker, la tabacchiera di Dexter, il monocolo di
Julian e altri piccoli oggetti i cui proprietari si chiedevano senz'altro dove
fossero finiti. Una forchetta d'argento, una piccola saliera di cristallo, una
manciata di monetine, perfino un piccolo grumo tondeggiante di metallo
che Lucy ritenne fosse un frammento di pallottola per fucile da caccia.
«Oh, cos'hai fatto, brutto cattivo?» chiese, recuperando la collana.
Bartholomew, che fino a quel momento era rimasto seduto a fissare
raggiante d'orgoglio la nuova padrona, inclinò la testa di lato al tono di
condanna della sua voce, perplesso. Perché non gli faceva i complimenti,
non gli carezzava la testolina dicendogli che bravo ragazzo era? E il suo
dolcetto: dov'era il dolcetto che si meritava sempre portando a casa belle
cosine luccicanti? Si rotolò sul fianco e la guardò implorante, sperando che
almeno si degnasse di grattargli il pancino.
«Ah, credi di aver fatto qualcosa di bello?» continuò Lucy, intravedendo
la verità. «Il signor Romano mi ha detto che facevi dei giochetti.
Quell'orribile vecchio! Ti ha ammaestrato per rubare! Oh, povero
piccino!» Si sedette sul letto e strinse tra le braccia la scimmietta.
«Perdonami se ti ho sgridato, piccolino, non è colpa tua.» Bartholomew
chiacchierava deliziato in lingua scimmiesca, mordicchiandole l'orecchio e
facendola ridere per il solletico. «Ma dobbiamo fare in modo che il conte
non venga a sapere del tuo piccolo talento, sai, perché credo non lo
troverebbe affatto divertente.»
Non impiegò molto a raccogliere il bottino mal guadagnato di
Bartholomew in un cassetto e ad accoccolarsi nel letto per trascorrere
qualche istante a sognare la gioia che aveva scoperto tra le braccia del
conte. Poi cadde in un sonno profondo e sereno, e un lieve sorriso le
rimase sul volto per il resto della breve nottata.
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«Vuole stare seduta e ferma?» scattò Deirdre, cercando senza successo
di allacciare il filo di perle al collo della padrona.
Lucy sedette sulla sedia posta davanti al tavolo da toeletta. «Sì, Deirdre»
rispose arrendevole, nascondendo a malapena il divertimento all'immagine
riflessa nello specchio, che ritraeva la giovane cameriera mentre faceva
sforzi sovrumani per mettere a fuoco il minuscolo fermaglio d'oro. «Lungi
da me volerti far diventare strabica. Dexter potrebbe finirla di darti la
caccia e sarebbe tutta colpa mia, non è vero?»
Deirdre sbuffò. «Lui! Quell'uomo pestifero. È come diceva mio padre:
soltanto un cane che farà un pezzo di strada con tutti. Non creda che
riuscirà a prendermi, perché sono accorta su quelli come lui. Una bocca
piena di lusinghe e una faccia di bronzo da fare invidia a un
accampamento di stagnini.»
«Dunque non sei lusingata dalle sue attenzioni?» chiese Lucy,
guardando con attenzione il riflesso della ragazza.
«Parole dolci e baci rubati portano solo guai con gente simile. Non
lascerò che mi faccia girare la testa. Non come qualcuno di cui non faccio
il nome» terminò, riuscendo infine a chiudere la collana e rizzandosi per
ammirare il risultato. «Là, fatto.»
Lucy si esaminò nello specchio e ciò che vide le piacque. I suoi capelli
parevano arricciarsi con maggior grazia, gli occhi scintillare più lucenti, e
la sua carnagione sembrava aver acquistato una nuova luminosità. «Ti
sbagli, sai» disse alzandosi e posando un bacio sulla guancia rubiconda
della cameriera. «Julian non assomiglia affatto a suo cugino. Noi siamo
innamorati» sospirò, a corto di fiato.
«Mi faccia vedere l'annuncio sui giornali, poi mi parli d'amore» ribatté
Deirdre salace. «Sua zia me lo leggerà se glielo chiedo. Allora potrei
crederci, non prima.»
«Non so come faccio a sopportarti, Deirdre» borbottò Lucy con enfasi,
spostandosi davanti allo specchio lungo per controllare l'orlo della gonna.
«Io sopporto lei, no?» ribatté la cameriera, calando sulle spalle della
padroncina uno scialle lieve come garza. Le sue mani indugiarono in un
rapido abbraccio. «Terrò il suo segreto, miss Lucy, ma non dovrà guardare
in faccia miss Rachel se vuole tenerglielo nascosto. Se quella furbona ha
solo sentore di quello che ha combinato stanotte, la impacchetta e la
spedisce dalla cugina Jennie prima che abbia il tempo di tirare il fiato.
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Adesso via, fili, per lei il gong è suonato da un pezzo e la mia cena si sta
raffreddando nella sala della servitù.»
«Deirdre» la richiamò Lucy, arrestandosi sulla porta che dava sul
corridoio. «Ti ho mai detto che ti considero la mia migliore amica?»
La sua cadenza irlandese si impappinò attorno alla lingua d'improvviso
timida e Deirdre si arrese. «Vada da lui, adesso, e che la santa benedizione
di Dio sia su di voi.» Era emozionata per la padroncina, felice di vederla
così felice, ma non riusciva a vincere la sensazione che la lunga lotta di
Lucy per conquistare il cuore di Sua Signoria non dovesse ritenersi
conclusa sulla base di un unico bacio rubato al chiaro di luna. E c'era
ancora quella faccenduola... lui accusato di quella cosa terribile con quella
ragazza del posto. No, non si sentiva del tutto la coscienza a posto celando
gli ultimi sviluppi a miss Rachel. Tutto quello che poteva fare era sperare
che la donna vedesse ciò che le stava chiaro e limpido davanti agli occhi. E
poi a Deirdre piaceva il conte. Sembrava un brav'uomo, anche se era una
tale massa di grandeur. Miss Lucy lo amava, dunque non poteva essere
cattivo. Allora perché, pensò lisciandosi i riccioli color carota davanti allo
specchio, perché si sentiva come se avesse appena spedito un'oca a cena
nella tana della volpe?
Tenendo a mente l'avvertimento di Deirdre, Lucy fece del suo meglio
per non indugiare troppo con gli occhi su lord Thorpe durante la cena,
cosicché restò alquanto sorpresa quando, dopo aver lasciato gli uomini al
loro bicchierino di Porto, Rachel venne al punto nell'istante stesso in cui
rimasero sole in salotto.
«È tutto il giorno che mi eviti» esordì come si furono sedute. «So che
Julian e Dexter sono usciti a cavallo senza di te, per interrogare la gente
del villaggio e cercare indizi, ma non era una ragione sufficiente perché
passassi l'intera giornata a fantasticare in giardino. Non che ti sia alzata
molto prima di mezzogiorno» aggiunse, prendendo il cesto da ricamo.
«Stavo riflettendo sui problemi di Julian» improvvisò Lucy, sapendo di
essere sincera almeno a metà. Aveva pensato a Julian... alla vita che
avrebbero avuto, ai loro bambini, all'amore che avrebbero condiviso.
Rachel decise di essere troppo stanca per le schermaglie verbali con la
nipote. Sapeva da tutto il giorno che Lucy la stava evitando per un qualche
motivo, e dopo aver visto gli occhi di Julian accesi come fari di
segnalazione quando sua nipote era entrata nella sala prima di cena, aveva
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avuto la risposta. «Che cosa hai fatto esattamente, Lucy: ti sei nascosta in
camera sua stanotte per coglierlo di sorpresa?»
«Non ho fatto niente di simile!» gridò Lucy scaldandosi. «Tu e Deirdre
dovreste formare un circolo di gente votata a pensare di me ogni male che
sia umanamente immaginabile. Davvero, se papà potesse sentire che cosa
pensi di me, ti correrebbe dietro con un bastone!»
Rachel la guardò pungente. «Aha, tuo padre» disse in tono disgustato.
«Altro rospo da ingoiare. Avevo chiesto il suo aiuto in questa faccenda, ma
si è degnato di rispondere alla mia lettera? No, non l'ha fatto. Come possa
abbandonare la sua unica figlia in questo modo, è al di là della mia
comprensione. Lucy» concluse sospirando, «credo sia tempo di tornare a
Londra. Lord Thorpe ha ritrovato il suo equilibrio, non ha più bisogno di
noi.»
Lucy sbiancò e le sue mani presero a tremare. Sua zia Rachel non si
immischiava spesso, ma quando lo faceva era pressoché irremovibile.
«Non possiamo!» ribatté, spaventata. «Non adesso, non proprio quando
Julian comincia a interessarsi a me!»
«Davvero l'ha fatto?» motteggiò Rachel e Lucy balzò in piedi indignata,
sapendo che sua zia l'aveva di nuovo battuta.
«Sei sprecata a fare la guardia a me» disse a Rachel, puntandole contro
l'indice. «Potresti fare la spia per Wellington e imprigionare Napoleone
con tanti nodi come quelli che stai facendo in quel merletto.»
Rachel si limitò a sorridere. «Siedi, tesoro» replicò placida. «Sai che non
farei niente per ferirti di proposito, ma non chiudermi fuori, ti prego,
perché sono troppo vecchia per gli indovinelli. Ora raccontami tutto,
perché ho visto Julian ronzarti attorno bellamente da quando sei scesa, e
sto morendo dalla voglia di sapere come infine ci sei riuscita.»
Lucy ebbe misericordia della donna, riconoscendo che dal momento che
era stata una valida alleata durante i tre anni della caccia, meritava di udire
ogni cosa sul trionfo della cattura. «Non che si sia dichiarato o cose del
genere» concluse, appoggiandosi ai cuscini e sospirando felice, «ma se ha
sfidato Dexter a duello, non posso credere che stia semplicemente
giocando con i miei sentimenti, non credi?»
Rachel chiuse gli occhi, cercando di immaginarsi Julian Rutherford
mentre prendeva la mira per fare un bel buco a suo cugino, e scosse la
testa. «Dev'essersi sentito spinto oltre il limite. Hai ragione: non possiamo
partire ora. Ma cerca di tenere una certa distanza da Sua Signoria fino a
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1986 - Scandali e complotti
che non sia stato trovato questo folle. Julian avrà bisogno di tutta la sua
concentrazione fino ad allora, e dagli sguardi sognanti che ti rivolgeva
poco fa, è chiaro che non varrà un soldo bucato se tu insisti a
monopolizzare la sua attenzione.»
Un rumore sulla soglia annunciò l'arrivo dei tre gentiluomini. Alzando
gli occhi sul conte che precedeva gli altri nella stanza, Lucy bisbigliò:
«Non è adorabile, zia Rachel?», e a quelle parole la donna più anziana
dovette mordersi il labbro per trattenere il riso.
«Signore» disse Julian inchinandosi, «spero di avere qualche buona
notizia per voi stasera. Parker, è anche per te.»
Parker si affrettò verso una sedia e rivolse l'attenzione al cugino e datore
di lavoro. «Hai trovato un indizio?» chiese sollecito.
Dexter gli lanciò un'occhiata schifata. «Oh, piantala di fare lo svenevole,
Parker. Questa nauseante esibizione di lealtà si sta facendo un tantino
logora. Rilassati, nessuno ti crede colpevole.»
«Perché no?» chiese Parker, offeso. «Sono innocente, è ovvio, ma non
riesco a capire perché dovrei essere scartato da quelli come te. E chi ti ha
messo in cattedra, poi?»
«I marmocchi sono di nuovo ai ferri corti» sussurrò Lucy alla zia. «E
guarda Julian: potrei pensare che si diverta a tutto questo battibecco!»
«Se posso continuare...» li interruppe il conte, portandosi nella sua
posizione preferita presso il caminetto. «Come senza dubbio sapete,
Dexter e io oggi siamo usciti...»
«Sarei venuto anch'io, se soltanto me l'avessi chiesto» intervenne piccato
Parker.
«Ma certo che sarebbe andato, signor Rutherford» lo blandì Rachel,
conciliante. «D'altro canto sappiamo tutti quanto sia prezioso qui per noi,
non è vero?»
«Credo mi stia venendo da vomitare» lo sbeffeggiò Dexter, portandosi
alle labbra un bicchiere di Porto.
«Dexter!» lo riprese Julian, gelido.
«Sì, cugino?»
«Smettila.»
Dexter finse di toccarsi un immaginario cappello. «Il suo desiderio è un
ordine, mio signore.»
«Se potessi crederci, sarei un uomo più felice» osservò il conte in tono
svagato, prima di tornare al punto. «Come stavo dicendo prima di questa
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piccola baruffa, Dexter e io oggi siamo andati...»
«Abbiamo preso la sua carrozza» intervenne il cugino in tono leggero.
«Sapevo che non sarei arrivato alla fine della giornata, in sella. Dovreste
vedere il nuovo tiro a due di Julian. Scattano come il lampo, fatemelo dire.
Sono due bigi e...»
«Dexter!»
Il giovane dandy s'interruppe all'istante e guardò Rachel. «Sì, signora?»
chiese mite, riconoscendo un ordine quando lo udiva.
«Ora si metta a sedere e parli solo quando le si rivolgerà la parola. È
chiaro?» ordinò Rachel imperiosa, poi attese finché Dexter non ebbe
doverosamente eseguito prima di sorridere a Thorpe dicendogli con
ingannevole condiscendenza: «Può continuare, Julian».
Lucy, che si mordeva le nocche per non ridere, guardò il conte e notò
che anche lui si tratteneva con gran difficoltà. Era meraviglioso
condividere con lui quel momento allegro, e quando lui chiuse una
palpebra dalle lunghe ciglia, ammiccando, per poco Lucy non venne meno
dalla felicità, controllando a malapena l'istinto di balzare in piedi e correre
tra le sue braccia dopo aver scorto lo sguardo attonito sul viso smorto di
Parker. Era talmente pudibondo, quel Parker, ma lei non voleva ferire la
sua delicata sensibilità e si accontentò di fare a sua volta l'occhiolino a
Julian.
«Hai qualcosa nell'occhio, cugino Julian?» gli chiese Parker sollecito,
una domanda tanto suscettibile di commento che Dexter, che portava
grande rispetto a ogni donna che avrebbe potuto essere sua madre, fu
costretto a balzare in piedi e dileguarsi dalla stanza prima di cedere alla
tentazione di commentare.
Infine, con Lucy ancora impegnata col fazzoletto ad asciugarsi le
lacrime di risa all'angolo degli occhi, Julian poté proseguire senza
interruzioni. Raccontò loro della sua spedizione al villaggio e di come
avessero parlato con molti residenti, i quali giuravano di aver visto Susan
Anscom fuori casa a tarda notte, apparentemente di ritorno da qualche
misteriosa commissione.
«Abbiamo visitato il casolare abbandonato dove si ritiene abbiano avuto
luogo questi incontri clandestini, ma senza trovare alcunché. Tuttavia non
credo che siamo semplicemente giunti a un altro punto morto. Se miss
Anscom è stata vista, è possibile sia stato visto anche l'assassino. Ho fatto
sapere che ricompenserò generosamente chiunque possa darmi una
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1986 - Scandali e complotti
descrizione del suo compagno.»
«Oh, che notizie fantastiche!» esclamò Lucy, battendo le mani. «Ma
dovreste provare a recarvi al villaggio la sera, quando gli uomini sono
soliti andare all'osteria. Se qualcuno avesse visto miss Anscom e il suo
complice insieme, sarebbe uno di quegli uomini.»
La visita a una volgare mescita non era in cima alla lista dei passatempi
preferiti del conte, e questo risultò evidente dal suo leggero brivido di
disgusto. «Sono certo che la ricompensa porterà qualcuno da noi» fu la sua
speranzosa alternativa allo strusciarsi spalla a spalla con una congrega di
ruvidi campagnoli che facevano bisboccia.
Lucy cercò di nascondere il proprio disappunto. Julian stava facendo
grandi passi avanti, ma lei avrebbe dovuto ricordare che nulla di durevole
accade in fretta. Avrebbe parlato a Dexter, senz'altro lui non sarebbe stato
così contrario a passare una notte in città... o al villaggio.
Dopo aver discusso per qualche minuto le notizie di Julian, la
conversazione si spostò su argomenti generici, e Rachel stava proprio per
proporre una partita di whist quando Raleigh entrò nel salottino, si schiarì
la voce, e annunciò: «Lord Tristan Rule, milord».
«Cugino Tristan!» squittì Lucy balzando in piedi. Corse verso la porta a
braccia aperte e si lanciò nel caloroso abbraccio dell'uomo che entrava a
passo deciso. «Oh, Tristan, che bello vederti!»
«No, non posso crederci» borbottò Rachel attonita. «Hale non mi
farebbe mai questo.»
Julian osservava la scena a occhi socchiusi. Tristan Rule, meditò,
sforzandosi di ricordare dove avesse udito quel nome. Guardò nuovamente
l'uomo, che ancora faceva roteare la sua Lucy come un Vichingo sul punto
di portarsi via una prigioniera. Il barone Tristan Rule, ovviamente! Come
lo chiamavano? Rule lo Spietato, ecco. Era cugino di Lucy? Quel demonio
alto in modo innaturale, dai capelli e dagli occhi neri, era parente della sua
dolce, tenera Lucy? I denti gli si serrarono. Parenti quanto stretti? Meglio
fossero molto stretti, si disse, o Tristan Rule sarebbe stato presto il defunto
cugino di Lucy!
Infine Lucy si sciolse dall'abbraccio di Tristan e fece un passo indietro
per guardarlo meglio. Era passato più di un anno, un lasso di tempo che
lord Rule aveva trascorso facendo quel che faceva, di qualunque cosa si
trattasse, per qualche ramificazione del governo.
Lucy aveva sempre pensato, in segreto, che fosse una spia, con quella
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sua propensione per gli abiti neri e le risposte evasive alle molte domande
tendenziose sulla sua vita. «Oh, Tris, è fantastico averti qui. Hai saputo del
matrimonio di Jennie? Vive a non più di venti miglia da qui. Sei stato a
farle visita? È così che hai saputo dove trovarmi? Oh, vieni a sederti. Zia
Rachel è con me... le farà piacere salutarti.»
«Diavoletto» la pregò l'uomo di nome Tristan con la sua voce bassa e
roca, «se vuoi soltanto darmi un attimo di respiro, mi presenterò al padrone
di casa.» Dirigendosi verso Julian gli tese una mano solida e abbronzata.
«Lord Thorpe» disse formalmente e con una nota ferrea nella voce. «Mi
permetta di presentarmi. Sono Tristan Rule, il cugino di Lucy. Sir Hale
Gladwin mi ha chiesto di rappresentarlo qui e di assicurargli che Lucy non
corra alcun pericolo. Ho effettuato certe indagini a Londra, signore, e ho
ignorato ogni cosa, sapendo che Lucy non concede la propria fiducia alla
leggera. La prego di considerarmi interamente al suo servizio.»
«Ma... io non la conosco» esitò Julian, incapace di credere che quello
straniero si fidasse di lui quando i suoi conoscenti non l'avevano fatto.
«Rifiuta il mio aiuto?» gli chiese Rule, inarcando un sopracciglio nero e
finemente delineato.
Julian scosse il capo e sorrise all'uomo più giovane. «Signore, posso
essere molte cose, ma non ho mai pensato di essere uno stupido. Accetto il
suo aiuto con gratitudine.»
Lucy emise il respiro che non si era accorta di trattenere. Si fece avanti a
unire i due uomini, posando una mano sul braccio dell'uno e dell'altro, e
sorrise alla zia. «Ora so che andrà tutto bene. Non è stato bravo papà a
pensare a Tristan, zia Rachel? Come sono contenta che ti sia presa il
disturbo di scrivergli!»
Rachel Gladwin sorrise appena e desiderò fosse umanamente possibile
che qualcuno le sferrasse un sonoro calcio nel sedere.
Dexter era al colmo dell'eccitazione. Tristan Rule! Rule lo Spietato! A
Hillcrest! Pochi istanti dopo aver appreso la notizia Dexter aveva fatto
irruzione nel salottino, impaziente di vedere il suo idolo di persona. Tutti
sapevano del barone e conoscevano le sue imprese, ma vederlo in carne e
ossa era roba da far girare la testa. Si diceva che quell'uomo non avesse un
cuore; che pungendolo non avrebbe sanguinato. Era un assassino
prezzolato, reclutato dall'ufficio della guerra, aveva sentito dire Dexter, e
la sua fanatica determinazione era leggendaria.
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Apprendere che era arrivato per discolpare Julian aveva innalzato il
cugino di un livello o due agli occhi di Dexter. Julian doveva essere
innocente, se Rule lo Spietato aveva preso le sue parti. E lui, Dexter
Rutherford, avrebbe avuto un posto in prima fila per osservare l'uomo in
azione. Oh, quanto sperava ci fosse del combattimento all'arma bianca,
perché sapeva che Rule era tremendo con la spada.
Parker non era altrettanto impressionato. A lui Rule sembrava un po'
troppo perfetto per risultare credibile. Le sue brune fattezze erano troppo
cesellate, i suoi abiti neri dal taglio impeccabile coprivano un corpo troppo
scolpito. Parker lo studiò per più di mezz'ora e decise che le voci sulle
imprese di quell'uomo erano state enormemente esagerate. Inoltre, nessuno
avrebbe mai potuto risolvere il rebus di chi stava intrappolando suo
cugino. Il piano era troppo ben congegnato perché un'accolta per quanto
numerosa di dilettanti potesse farlo vacillare. Tutto quello che succedeva
ora era che una massa di estranei se ne stava comoda in casa di Sua
Signoria, mangiando il suo cibo, bevendo il suo vino, e in genere
rendendosi importuni. E quella dannata scimmia... Proprio quel giorno era
stato costretto a chiamare qualcuno che portasse via la bestiola dalla sua
stanza, per poi scoprire che gli aveva rubato il fermacravatta con il
minuscolo diamante incastonato al centro. Eppure erano successe cose
ancor più strane. E se uno di quegli idioti si fosse imbattuto in un vero
indizio? Julian pareva pensare che fossero su una buona strada e lui non
metteva il conte nella stessa categoria degli altri. E poi c'era Lucy
Gladwin. Lei e Julian si erano comportati molto stranamente... come se
fossero innamorati o qualcosa del genere. A Parker non piacque quel
pensiero, non più di quanto gli fosse piaciuto alcunché di quanto era
capitato dal momento in cui era scoppiato lo scandalo.
Alzandosi in piedi silenziosamente, lasciò la stanza senza che nessuno lo
notasse. Se prove dovevano essere trovate, era tempo che lui mettesse
mano alla cosa. Non andava bene apparire del tutto inutile, non in un
momento del genere.
Lucy si era alzata scoprendo che era sorto un altro luminoso giorno di
sole, e fece in fretta a vestirsi per scendere a colazione, con la speranza di
avere un momento di conversazione in privato con lord Thorpe. Lui era
stato cortese, seppure un po' distante, la sera prima, ma strizzandole
l'occhio le aveva fatto ritenere che non rimpiangesse il loro bacio di due
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1986 - Scandali e complotti
notti prima.
La saletta della colazione era deserta quando Lucy vi entrò, così mangiò
da sola, ma seguendo la direzione che Raleigh le aveva indicato con un
lieve cenno del capo, quando lei aveva chiesto a un valletto se avesse visto
Sua Signoria, aveva scoccato un bacio al maggiordomo ed era partita con
le ali ai piedi verso il giardino. Rintracciò Thorpe nel roseto, seduto su una
panchina di pietra a fissare qualcosa poco lontano.
«Lucy!» esclamò felice quando la vide avvicinarsi. «Come sapevi che
ero seduto qui a desiderare che comparissi?» Tese le mani ad afferrare le
sue e l'attirò accanto a sé sulla panca. «Lucy, io...»
«Julian, io...» disse lei nello stesso istante e si bloccarono entrambi,
sorridendo goffamente.
«Voglio scusarmi per avere approfittato di te l'altra notte» lui
ricominciò, solo per interrompersi quando il visetto di Lucy si contorse in
un cipiglio. «Che c'è, mia cara?» le chiese mentre lei cercava di ritrarre le
mani dalla sua stretta.
«Julian, sei o uno stupido o un bugiardo» replicò lei con passione, «e al
momento non sono sicura di cosa sia peggio.»
Julian la fissò per un lungo istante, cercando di interpretare la sua
espressione. Non sapeva che era appropriato che lui chiedesse scusa per
quel che aveva fatto? Signore, aveva fatto tutto tranne violentarla, e
sarebbe potuto succedere anche quello, non fosse stato per il tempestivo
intervento di Dexter. «Non avevo alcun diritto...» riprese, cercando di
spiegare.
«Puah, stupidaggini» rispose Lucy scrollando i riccioli scuri. «O ti è
piaciuto o non ti è piaciuto, Julian. I diritti non c'entrano quando una
ragazza vestita solo di una sottile camicia da notte si getta ai tuoi piedi.»
Gli occhi grigi di Thorpe sbatterono una volta, due volte, poi
cominciarono a scintillare.
«Sei una piccola monella spudorata, non è vero?» la prese in giro,
seguendo con le dita il contorno della sua guancia.
«Non lo sono sempre stata, quando c'eri di mezzo tu?» replicò lei,
indomita.
Come poteva un uomo essere così fortunato?, si chiese Julian tra sé,
gettando via l'ultimo dubbio su quanto fosse giusto ciò che provava per
quella splendida giovane. Lei era sfacciata, schietta, estroversa e
decisamente fuori dell'ordinario. E, si disse mentre il nodo dentro il suo
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1986 - Scandali e complotti
petto lentamente si scioglieva, lo stava facendo sentire giovane e libero e
sorprendentemente vivo. Era vero amore.
«Sposami» esalò ansioso, di colpo incapace di dar forma ad alcunché di
simile alla formale proposta che aveva recitato meccanicamente a Cynthia.
«Sposami o ti getterò sulla mia spalla e ti porterò via comunque.»
Lucy aveva sognato quel momento, aveva spasimato, pregato per quel
momento. Ora che era giunto, si stupì di scoprirsi in grado di scherzarci su.
«Cosa?» esclamò, lanciandosi tra le sue braccia. «Julian, pensa allo
scandalo!»
«Marmocchia!» gemette lui, prima di stritolarla nel suo forte abbraccio.
«Testarda, impertinente, adorabile marmocchia. Quanto ti amo.»
«Le tolga le mani di dosso!»
Julian e Lucy si separarono di scatto mentre Tristan Rule si piantava
saldamente davanti a loro, le mani puntate sui fianchi. Guardandolo negli
occhi scuri come la notte, Julian ricordò altre cose che aveva udito sul
conto di quell'uomo. Era una testa calda, pronto a partire per la tangente
con fanatica applicazione.
«Sono qui in vece di mio zio, signore» disse Rule con enfasi. «Se ha una
qualche dichiarazione da fare... Altrimenti, le suggerisco di nominare i
suoi secondi.»
«Oh, taglia corto, testa matta» dichiarò la voce esasperata di Rachel
Gladwin. «Devi sempre combattere contro i mulini a vento, Tristan? Lord
Thorpe ha già chiesto il mio permesso di sposare Lucy.»
Lucy si guardò attorno stordita. Sembrava che Rateigli avesse indicato a
cani e porci dove si trovava Julian. Presto sarebbero stati così in tanti che
si sarebbe presentato un domestico a servire il tè. Ma aspetta... Aveva
davvero udito ciò che pensava di aver udito? Davvero Julian si era rivolto
a zia Rachel? «Julian?» lo interrogò Lucy, sperando che sua zia non
l'avesse detto solo per placare Tristan.
«È vero, amor mio» le rispose Thorpe, cercando le sue mani. «Ma
dobbiamo essere tutti d'accordo sul tenerlo segreto finché l'assassino non
sia stato catturato. Non mi piace l'idea di esporti come bersaglio.»
Inclinando la testa da un lato, Lucy lo guardò e sorrise. «Ma, Julian, in
realtà non mi hai ancora chiesto niente. Né hai udito la mia risposta.»
«Davvero?» ribatté lui, la voce dolcemente strascicata. «Chiedo scusa.
Pensavo avessi già dato la tua risposta l'altra notte.» Al risolino deliziato di
Lucy, tese la mano ad accettare le fervide congratulazioni di Tristan.
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«Perdoni il mio approccio impetuoso, lord Rule, la prego. È solo che
quando si tratta di Lucy, a malapena so più se sto ritto sui piedi o sulla
testa.»
Tristan guardò la cugina raggiante, palesemente innamorata, e
acconsentì, annuendo.
Rachel sapeva che Tristan sarebbe rimasto lì a parlare, facendo lo
chaperon da parte dello zio, finché Lucy e Julian avrebbero cominciato a
pensare che una fuga a Gretna Green fosse l'unico modo per avere un
momento tutto per loro. Facendo scivolare il braccio sotto quello del
barone, Rachel suggerì dunque che lui l'accompagnasse a fare un giro nei
giardini, suggerimento così alieno alle inclinazioni del giovane gentiluomo
che la conseguente espressione attonita che gli attraversò i bei lineamenti
suscitò l'ilarità di Julian, controllata con una certa difficoltà.
Ma proprio mentre Tristan stava per aprire bocca per protestare e
guadagnarsi un accorato sospiro di rassegnazione da parte di sua zia, in
mezzo a loro comparve Raleigh con in mano un sasso avvolto nella carta.
«Questo... ecco, è arrivato attraverso la finestra del salottino, milord.»
Julian fissò il ciottolo in preda a un oscuro presentimento mentre
Tristan, come Rachel non poté fare a meno di notare, aveva la pelle d'oca
per l'eccitazione. E lì stava la differenza tra i due uomini: Tristan era
ancora un ragazzo in cerca di avventura, mentre Julian era un uomo,
desideroso di una vita più tranquilla, possibilmente da condividere con
qualcuno.
Ma essendo un uomo e pertanto consapevole delle proprie
responsabilità, Julian non esitò a sollevare Raleigh dal suo fardello. Svolse
il pezzo di carta attorno al sasso, che lanciò poi tra i cespugli, e aprì l'unica
pagina piegata in due. Dopo aver rapidamente scorso il contenuto, porse la
lettera a Tristan. «Qualcuno ha rapito Parker. Chiedono un riscatto per
liberarlo.»
Capitolo Sesto
Due ore erano trascorse da quando Raleigh aveva portato a Julian la
richiesta di riscatto, e nel frattempo avevano tutti appreso molte cose.
Dexter, inviato a ispezionare la camera di Parker, aveva notato che il
cugino non aveva dormito nel suo letto e interrogando un domestico aveva
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scoperto che la sera precedente il segretario aveva lasciato Hillcrest da
solo, mentre loro erano ancora in salotto.
Julian aveva assunto il comando della situazione e non si sarebbe
lasciato distogliere dalla decisione di pagare il riscatto il più presto
possibile, affinché a Parker non ne venisse alcun danno.
Lucy aveva scoperto, con suo gran dispiacere, che il suo amato era privo
di spirito d'avventura, e le bruciava ancora che le avesse detto in tono
nient'affatto romantico di mettersi a sedere e di tener chiusa la bocca se
non voleva essere spedita in camera sua.
Julian era stato costretto a riconoscere che, per quanto amasse la sua
spudorata piccola Lucy, la ragazza aveva la tendenza a uscirsene con le
macchinazioni più strampalate che si potessero immaginare.
E Rachel, seduta in un angolo della biblioteca dove si erano rinchiusi per
considerare le alternative, aveva imparato un'altra volta una lezione che la
vita le aveva impartito molto tempo prima: è possibile a chiunque creare
una confusione totale.
Dexter, con la sua pacifica asserzione che Parker era un somaro
malaccorto, che gli aveva fruttato una sferzante ramanzina da suo cugino;
Tristan che, come al solito, era subito uscito dalla grazia di Dio e incitava
Lucy coi suoi discorsi sul perseguire e punire; Lucy, con la sua impulsiva
risposta Se mai ho sentito una proposta codarda...! al suggerimento di
Julian di chiamare i tutori della legge, e l'esasperato Dio mi dia pazienza!
di Julian, tutti insieme avevano contribuito a far sì che l'incontro inteso a
mettere insieme le idee decadesse rapidamente in una mezza rissa.
Era tempo che prendesse lei in mano la situazione, comprese, perché in
quel preciso momento Julian stava rivolgendo a Lucy uno sguardo molto
poco amorevole, che sua nipote restituiva raddoppiato. «Se posso
interrompere questa commediola con un briciolo di realtà» intervenne,
proprio mentre Dexter concordava con Lucy che avrebbero dovuto battere
la campagna in cerca di indizi. «Dexter, desidero vivamente che si astenga
dall'istigarla. Julian, che cosa la rende così fiducioso che pagare il riscatto
assicurerà il ritorno di Parker?»
Dexter sbuffò. «Chi vorrebbe tenerselo?» sghignazzò. «Ancora non
riesco a capire innanzitutto perché qualcuno lo volesse. È una noia
mortale, il nostro Parker, e non è come se valesse almeno un soldo.»
Julian zittì il giovane cugino. «Per rispondere anzitutto all'osservazione
di Dexter, direi che Parker è stato rapito quando è andato al villaggio per
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interrogare gli uomini nelle locande. Stavamo parlando di fare una cosa del
genere, prima che il barone arrivasse.»
Dexter scosse la testa. «Impossibile. Non è da lui.»
«Esattamente!» concordò Lucy. «Parker è troppo timido per uscire da
solo in quel modo. Dev'essere stato catturato mentre prendeva il fresco
della notte prima di ritirarsi. Sono certa che è tenuto prigioniero per
attirarti allo scoperto, Julian. Perché altrimenti il rapitore avrebbe richiesto
che sia tu a portare il riscatto? È una trappola per spararti in un'imboscata.
Dallo scandalo non si è ancora fatta strada l'idea che tu possa essere
accusato di omicidio, così l'uomo è ormai abbastanza disperato da farti
fuori lui stesso. Oh, ti prego, Julian, ascolta Tristan e smettila di essere
così ostinato!»
«Hai finito?» chiese Julian freddamente. «Ho il dovere verso Parker di
seguire le istruzioni alla lettera. Fare qualcosa di meno lo metterebbe a
rischio.»
Lucy incurvò le labbra e sibilò: «Che nobiltà d'animo, milord. E che ne
dici di me... devo diventare vedova prima ancora di essere una moglie?».
«Potresti essere sculacciata prima di andare a letto senza cena, se non la
smetti con le scenate infantili» la informò il conte, decidendo che era ora
che Lucy capisse chi comandava. «Non sono così stupido da espormi come
un martire o come bersaglio a un folle perché si eserciti nel tirassegno. So
essere cauto.»
Camminando rasente il muro, Dexter si accostò furtivo a Rachel che
sedeva sorridendo lieta, decidendo che la sua Lucy sarebbe stata in buone
mani sposata a Julian Rutherford. «Oserei dire, signora» considerò il
giovane, osservando Lucy e Julian che si squadravano, «che ci sia un po' di
maretta in Paradiso.»
Del trambusto alla porta li fece voltare e un malmesso Parker entrò
barcollando per lasciarsi cadere in ginocchio ai piedi di Thorpe. «Sono...
fuggito!» gracchiò, prima di stramazzare a terra ansimante.
Per vari minuti ci fu un pandemonio, mentre Parker veniva portato quasi
di peso a una poltrona e gli veniva versato in gola qualcosa di forte per
farlo riprendere. Aveva il naso rosso ed era evidente che avrebbe presto
sfoggiato un occhio nero. Perfino Dexter sentiva l'incredibile necessità di
scoprire chi mai l'avesse trattato in modo così terribile, per farne polpette.
La storia di Parker, raccontata come fu da una bocca gonfia e con
qualche dente perso, fu pressoché come Julian se l'era immaginata.
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Ritenendo di essere stato fino ad allora di scarso aiuto per lavare l'onore
del conte, Parker aveva deciso di andare al villaggio e porre qualche
domanda in giro. Senza aver scoperto niente di nuovo alla locanda del
posto, con riluttanza si era diretto verso casa, solo per essere aggredito alle
spalle e trascinato in un cascinale fuori mano.
«Il posto dove miss Anscom andava a incontrare il suo amante!» lo
interruppe Lucy. «Allora l'assassino è ancora in zona. Dovremmo essere
già là, a dar la caccia al furfante prima che riesca a squagliarsela.»
«No» le rispose con decisione Sua Signoria.
Lucy era fuori di sé. Come poteva rifiutare il suo aiuto in quel modo?
Non capiva come le fosse impossibile starsene seduta a far niente in un
momento come quello? «Oh» sbottò, con più emozione che buonsenso, «se
avessi un briciolo d'iniziativa lo faresti!»
«Lucilie» sibilò Julian a denti stretti, «ho incassato tutto quanto potevo
sopportare da te e dalle tue idee bislacche. Ti prego di lasciarci.»
Lucy spostò lo sguardo da Julian a Tristan a sua zia e poi di nuovo al suo
insopportabile beneamato. Pestò un piede, poi sollevò le gonne con aria di
sfida e si fiondò fuori dalla stanza.
«Ben fatto, cugino» approvò Dexter applaudendo.
«Abituala alla cavezza adesso, o ti farà correre poi!»
«Se potessi continuare...» piagnucolò Parker, alzando lo sguardo dal suo
improvvisato letto di dolore.
«Spiacente, Parker» si scusò Dexter, scuotendo la testa un'altra volta
all'aspetto sofferente del cugino. «Devo dirtelo. Sei fuggito? Ecco, avrei
pensato senz'altro che avresti fallito malamente, se mai avessi creduto
innanzitutto che ci avresti provato. Per favore, vai avanti, voglio proprio
sentire la tua avventura.»
Il segretario riferì come fosse stato trasportato privo di sensi al cascinale,
ma si fosse svegliato prima che sorgesse l'alba. Aveva già un piede fuori
della finestra della casupola quando il rapitore si era accorto di quel che
stava facendo. «Ma alla fine mi sono lanciato fuori e sono caduto tra gli
alberi dietro il cascinale. Devo aver corso per miglia prima che lo
sfinimento avesse la meglio e mi sdraiassi per riposare. Altrimenti sarei
stato di ritorno prima. Spero di non avervi creato troppe seccature.»
«No, certo che no» lo rassicurò Dexter in tono lieve. «Il cugino Julian
potrebbe aver perso un'altra fidanzata, ma questo è tutto.»
«Fidanzata?» domandò Parker, tastandosi con amarezza il labbro gonfio.
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«Miss Gladwin?»
«Be', certo non sono io, stupido» ribatté Dexter, tornato
all'atteggiamento abituale. «Scusami» si affrettò ad aggiungere quando
Julian gli scoccò uno sguardo di ammonimento, «è solo che ci sono
abituato. Parker è sempre stato un così facile bersaglio. Immagino dovrò
ripensare alla faccenda. Adesso che è un eroe.»
Rachel rientrò nella stanza proprio allora, trascinandosi dietro Deirdre.
«Raleigh ha mandato a chiamare il medico, ma ho pensato che Deirdre
potrebbe dargli un'occhiata, per il momento.»
Parker ripiombò contro i cuscini. «Aspetterò il dottore» dichiarò,
squadrando allarmato la giovane.
«Ah, è così?» La cameriera, offesa, tirò su col naso. «E non sa che una
donna saggia è meglio di un dottore stupido, il che è tutto quello che
riuscirà a procurarsi qua in mezzo al nulla? Si dia per vinto, signore, e lasci
che le dia un'occhiata.»
Non essendoci altro da fare e vedendo che Deirdre non sarebbe stata
disponibile per un po' per importunarla, Dexter si trasferì nella sala del
biliardo a fare un po' di pratica mentre Julian e Tristan, che erano rimasti
alquanto silenziosi durante quell'intermezzo, si aggiornarono in giardino
per un consiglio di guerra.
Con tutti quanti affaccendati altrove fu un gioco da ragazzi per Lucy, ora
vestita del suo abito azzurro da cavallerizza, filarsela verso le scuderie.
Era così spiazzante. Lucy sapeva che Julian l'amava e lei lo ricambiava
di tutto cuore: le sembrava di averlo amato da sempre. Allora perché lui le
aveva urlato contro e l'aveva guardata come se non volesse altro che
mettersela sulle ginocchia e sculacciarla? E perché lei aveva voglia di
afferrarlo per le spalle e scuoterlo finché fosse fuori di sé? Questo era
amore? Come si poteva amare qualcuno eppure essere così arrabbiati da
dargli addosso?
Mentre il suo cavallo divorava miglia tra Hillcrest e il casolare, Lucy
lottava con la confusione della sua mente. Non era come se Julian si fosse
imbarcato nella loro relazione credendo che lei fosse una signorinetta
smancerosa: aveva avuto tre lunghi anni per conoscerla. Quanto a lei,
pensò facendo spallucce, sapeva che Julian aveva la tendenza a essere un
tantino pesante. Era parte del suo fascino.
Lucy era convinta che il loro amore fosse abbastanza forte da superare
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quei piccoli ostacoli. E poi, Julian aveva un'aria così adorabile quando
perdeva le staffe. Per quanto mirasse a compiacerlo, avrebbe dovuto
ricordarsi di arruffargli le penne una volta tanto, giusto per mantenere le
cose interessanti. Sorrise e diede un buffetto sulla testa del cavallo,
chiedendosi se davvero l'avrebbe sculacciata.
Il casolare era proprio là davanti e Lucy smontò così da avvicinarsi il più
silenziosamente possibile. Era certa che il luogo fosse deserto; nessun
omicida, per quanto folle, sarebbe stato così stupido da indugiare quando
Parker doveva aver già raccontato a tutti dove era stato tenuto prigioniero.
Guardandosi attorno con attenzione, si accostò in punta di piedi a una
finestra e occhieggiò all'interno.
Il casolare era deserto. Vi girò attorno in cerca della porta principale, che
pendeva sbilenca da due soli cardini, entrò e cominciò la sua ispezione. I
pochi pezzi di mobilio erano vecchi e malconci e solo un mucchio di
stracci nell'angolo, che appariva come se qualcuno ci avesse dormito,
mostrava un segno di occupazione recente. Tutto sommato, pareva che
avesse fatto un viaggio a vuoto.
Questo per voler risolvere il rompicapo e salvare la giornata, si disse con
una smorfia, sapendo bene che lavata di capo si sarebbe presa al ritorno a
Hillcrest. Tra il sermoncino che era certa di ricevere da zia Rachel e la
sferzante rampogna che Julian si sarebbe premurato di servirle, non sentiva
alcun bisogno di affrettare il suo ritorno, e decise di cavalcare fino allo
stagno dove Susan Anscom aveva trovato la morte.
Il giovane villico che acconsentì a tenerle il cavallo per un penny le fornì
anche le indicazioni che la guidarono al punto esatto dove il corpo di miss
Anscom era stato scoperto. Era uno scenario ingannevolmente sereno, con
i salici dai rami spioventi nell'acqua ed erba folta e verdeggiante che
cresceva fin sull'orlo dello stagno.
Spezzando un sottile ramo di salice, Lucy sedette presso la riva che
digradava dolcemente e rimase a fissare l'acqua, cercando di immaginare
come fosse stata la notte dell'annegamento. Il ragazzino aveva detto che il
corpo non era stato ritrovato fino al mattino. Strano, osservò Lucy,
guardandosi attorno e realizzando quanto fossero vicini allo stagno i
casolari circostanti. Come aveva potuto l'assassino commettere il suo atto
sciagurato senza che nessuno vedesse né udisse alcunché? Certo la ragazza
non era entrata in acqua volontariamente cosicché l'omicida non dovesse
fare troppa fatica quando era giunto il momento di tenerle la testa sotto.
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Forse era stata assassinata altrove e il suo corpo gettato nello stagno.
Lucy sarebbe dovuta tornare indietro per leggere più attentamente la lettera
che annunciava il suicidio per vedere se lo stagno fosse menzionato. No,
pensò scuotendo il capo; il contenuto della lettera in realtà non significava
niente. Era scritta secondo le direttive dell'assassino, non secondo la
fantasia della ragazza.
Lasciò cadere la testa, sentendosi sconfitta. Aveva contato così tanto sul
fatto di aiutare Julian, di essere lei a salvarlo. Usando il ramo di salice
spezzato, frugava nel fango mentre si spremeva le meningi in cerca di una
scusa plausibile alla sua assenza per l'intero pomeriggio. Poteva dire di
essere uscita in preda alla stizza e di aver girovagato senza meta... Solo il
cielo sapeva se zia Rachel ci avrebbe creduto.
Se soltanto avesse potuto uscirsene con qualcosa, un fievole barlume di
speranza che avrebbe... Cos'era quello? Il bastoncino che aveva affondato
nel terriccio soffice aveva urtato qualcosa di solido. Probabilmente una
pietra, pensò, cercando di tenere a bada l'eccitazione crescente mentre si
gettava in ginocchio e cominciava a scavare freneticamente.
Con dita tremanti raccolse il grosso e piatto bottone d'osso, del genere
che si trova sulle giacche maschili, e lo sollevò davanti agli occhi. Era un
bottone molto singolare, con un sottile motivo dorato, e avrebbe potuto
provenire soltanto da una giacca confezionata a Londra. Lucy aveva
trovato il suo primo indizio concreto, se lo sentiva nelle ossa.
Trascinandosi in piedi, tornò di corsa dove il ragazzino attendeva con il
suo cavallo e si diresse verso Hillcrest. Julian sarebbe stato sorpreso di
sentire quel che aveva trovato! Tutto quello che dovevano fare a quel
punto era trovare la giacca a cui il bottone apparteneva, e avrebbero avuto
il loro uomo.
Fu solo quando ebbe percorso più di metà strada per Hillcrest che si rese
conto di come non ci fosse modo di andarsene in giro per Londra in cerca
di quella specifica giacca. Era ridicolo: non avevano un punto di partenza,
nessun indizio verso un possibile sospettato. Lacrime di frustrazione le
offuscarono la vista mentre cavalcava, e questo forse giustificò il fatto che
non vide il cane che arrivava a balzi verso la strada e non previde la
reazione della cavalcatura spaventata.
Un secondo scarso più tardi giaceva priva di sensi nella polvere, il
bottone ancora serrato nella mano.
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«Bevine un sorso, Lucy, fallo per me» la cullò una voce maschile,
sostenendole la schiena con la mano mentre le accostava un bicchiere alle
labbra.
Lucy lottò per aprire gli occhi, ma riuscì a vedere poco nella stanza
semibuia. «Julian?» azzardò, battendo più volte le palpebre per scacciare la
nebbia che le fluttuava davanti agli occhi. «Dove sono?»
«Sei nel tuo letto a Hillcrest. Sei caduta da cavallo. Bevi questo.»
Era tutto a posto, anche se la testa le doleva in modo abominevole.
Julian era con lei. Lucy stava bene. Ma non aveva sete. «No, non voglio
niente» borbottò, cercando di voltare la testa.
«Dormirai meglio» insistette lui, premendole l'orlo del bicchiere sulle
labbra. «Aiuterà la tua testa. Fa male, non è vero?»
Un lieve sorriso le sfiorò le labbra. Caro Julian. Stava cercando di
aiutarla. «Dormire» disse. «Voglio solo dormire.»
«Benissimo, Lucy» la incoraggiò lui, guardandola mentre cercava di
bere. «Attenta, te lo stai versando sulla camicia da notte.»
«È cattivo» protestò Lucy, cercando di liberarsi dalla presa. «Non ne
voglio più. Devo dirti che cosa ho trovato. Dormo più tardi.»
«Fa' come dico» le ordinò il conte, e alla sua voce aspra una nuova fitta
le trapassò la testa dolorante.
Tossendo e ansimando, cercò di non deglutire il disgustoso liquido che
Julian continuava a cacciarle a forza in bocca. «Basta» sputacchiò. «Ti
odio, ti odio per questo. Non voglio dormire.»
Soddisfatto di averle fatto ingoiare a sufficienza della pozione, lui la
lasciò ricadere sui cuscini. «Adesso dormirai» sussurrò quasi con
gentilezza, lasciando la stanza. «Dormirai per sempre.»
Un campanello d'allarme squillò nel cervello torturato di Lucy. Sonno
eterno, le aveva detto la vecchia zingara. Lei non voleva dormire per
sempre. Lei... Oh, Dio!
Lucy lottò per mettersi a sedere e la camera girò attorno a lei. Doveva
chiamare aiuto; Julian stava cercando di ucciderla! Aprì la bocca per
chiamare Deirdre, ma non ne uscì alcun suono. Era così stanca; ogni
minimo movimento diventava uno sforzo erculeo.
Avvelenata, comprese, e sentì il cuore pulsarle dolorosamente nel petto.
Julian mi ha avvelenato! Trascinandosi di lato fino a lasciar pendere la
testa dall'orlo del letto, si infilò un dito in gola e cercò di vuotare lo
stomaco. Pareva che la cima della testa le si stesse staccando; non aveva
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mai provato un dolore simile. Come il vomito cessò, così vennero meno le
sue ultime forze e Lucy ricadde sul lenzuolo, il nome di Julian come una
domanda sulle sue labbra.
Julian misurava su e giù la biblioteca come un leone in gabbia.
Dall'istante in cui la cavalcatura di Lucy era entrata nel cortile delle
scuderie da sola, lui combatteva un panico crescente che non aveva niente
a che vedere con la facciata di calma che era solito presentare al mondo.
Lui e Tristan erano usciti a cavallo immediatamente, trovando Lucy
priva di sensi a meno di un miglio dalla tenuta, e saggiamente Rule si era
astenuto dall'avvicinarsi mentre Thorpe la sollevava con precauzione tra le
braccia e la riportava piano a Hillcrest.
Il medico era venuto e se n'era andato, dichiarandola abbastanza in
forma tranne per la testa contusa, e aveva consigliato loro di lasciarla
dormire finché non si fosse svegliata spontaneamente.
Rachel e Deirdre avevano annunciato che si sarebbero alternate al
capezzale della paziente, estromettendo Julian malgrado le sue proteste
perché gli fosse concesso di vegliarla. Ma mentre il giorno lentamente si
consumava, Lucy non aveva dato segno di destarsi, e la pazienza di Julian
si stava rapidamente esaurendo.
Lucy gli era apparsa così pallida, così indifesa, mentre giaceva là sulla
strada come una bambola distrattamente abbandonata da una bambina.
Non che Julian non credesse al medico, o a Rachel che solo poco prima a
cena gli aveva detto che per il mattino seguente Lucy sarebbe stata benone.
Doveva vederla di persona. Voleva vederla di persona! Presa la sua
decisione, lasciò la biblioteca e imboccò le scale, raggiungendo Rachel che
stava giusto per tornare in camera di Lucy.
«Deirdre è scesa a cena poco fa» disse al conte. «Tristan mi ha trattenuto
con la sua più recente teoria, sanguinaria come tutte le altre, altrimenti a
quest'ora sarei già da Lucy.» Inclinando la testa da un lato colse il viso
tirato di Sua Signoria. «Immagino non lederebbe nessuno lasciargliela
vedere un momento.»
«Non sono per natura un uomo violento, Rachel» la ricambiò Julian
amichevolmente, «ma posso suggerire che sarebbe decisamente lesivo per
lei, se pensasse di potermi tenere lontano da Lucy ancora a lungo.»
«L'ama davvero?»
«Sì, l'amo veramente» ammise Julian solenne. «Così tanto, che manderò
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entrambe via di qui, non appena Lucy sarà in grado di viaggiare. Non sono
sicuro che la caduta di sua nipote sia stata un incidente.»
Avevano raggiunto la camera da letto di Lucy, e la prima cosa che
notarono quando Rachel aprì la porta fu l'odore aspro a cui se ne
sovrapponeva un altro, dolce e nauseabondo. «Laudano?» azzardò Thorpe,
annusando. «E qualcos'altro.»
Rachel andò ad accendere alcune candele. «No, non può essere laudano»
disse. «Il dottore mi ha espressamente prescritto di non dargliene.» Guardò
verso il letto e notò che le coperte erano state trascinate tutte da una parte.
«Dev'essere quasi sveglia: le lenzuola sono tutte scomposte. Se vuole solo
darmi un istante per metterla un poco in ordine, potrà... Oh, mio Dio,
Lucy!»
Julian fu al capezzale come un fulmine, cogliendo il tappeto macchiato e
l'innaturale rigidità del corpo di Lucy. «Non è...»
Rachel posò le dita sul collo della nipote. «Sta bene» lo rassicurò,
chinandosi per scostarle dalla fronte i riccioli madidi di sudore. «Deve aver
rigettato dopo che Deirdre è uscita.»
Ma Julian non riusciva a credere che fosse così semplice. Guardandosi
attorno, individuò il bicchiere sul tavolino accanto al letto. Lo raccolse e
l'annusò. «Laudano» annunciò, e i bei lineamenti si indurirono in una
rigida maschera. «Qualcuno le ha dato del laudano. Grazie a Dio non l'ha
trattenuto nello stomaco!»
«Ma chi?» chiese Rachel, portandosi la mano alla bocca. «Il dottore ha
detto...»
«Chi c'era quando gliel'ha detto?» la interruppe Julian, sfilandosi la
giacca.
«Ecco, pressoché tutti, immagino» rispose Rachel, sforzandosi di
ricordare. «Tranne lei. Lei era qui di sopra a bisticciare con Deirdre perché
non voleva lasciarla entrare a vedere Lucy. Pensa sinceramente che
qualcuno di noi...?» Lasciò la domanda in sospeso, deglutendo a fatica.
«Certo che lo pensa.» Trattenne il respiro quando Julian rovesciò indietro
le coltri e cominciò a sbottonare la camicia di Lucy. «Che cosa sta
facendo?»
«Mi dia una camicia da notte pulita» le chiese, mentre già spogliava
Lucy. «Andiamo, donna, non è il momento di fare la pudibonda con me.
Sarà una lunga nottata, in questo modo.»
«Ma ha detto che Lucy si è liberata del laudano.»
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«Non so se l'abbia rigettato tutto o soltanto un po'. Dobbiamo svegliarla
e tenerla sveglia finché l'effetto non sia passato.» Julian era in grosse
difficoltà a infilare le braccia inerti di Lucy nella camicia di lanetta bianca
che Rachel gli aveva teso.
«Che cosa diavolo vuole fare?»
Thorpe fece orecchie da mercante allo strillo di protesta di Deirdre,
mentre faceva scivolare la camicia sui fianchi di Lucy.
Rachel informò la cameriera di quello che era successo, prima che la
giovane indignata potesse lanciare un attacco fisico al conte, cosa che
sembrava perfettamente capace di fare. «Eh, sì, ha ragione» ammise infine
Deirdre, in tono pratico. «Dobbiamo svegliarla. Vorrebbe farla camminare
qua attorno un pochino, milord?» chiese a Thorpe, precipitandosi ad
aiutarlo a sollevare Lucy dal letto.
«La farò camminare fino all'inferno e ritorno, se devo» giurò fieramente
Julian. «E quando sarò sicuro che sta bene, radunerò ogni anima viva che
c'è in questa casa e ucciderò qualcuno!»
Un braccio di Lucy appoggiato a una spalla di ciascuno dei due, Julian e
Deirdre per metà trascinavano, per metà trasportavano Lucy su e giù per
tutta la lunghezza della stanza, parlandole ad alta voce e di tanto in tanto
dandole qualche schiaffetto sulle guance.
Sembrò fosse passata una vita intera prima che Lucy cominciasse a
mostrare segni di ripresa, e anche allora fu come se fosse riluttante a
tornare nella terra dei vivi. «No, Julian, no» cercava flebilmente di
protestare. «Non voglio, non voglio.»
«Andiamo, tesoro...» Julian continuava a incitarla. «Fallo per me. Ti
prego, fallo per me.»
«La zingara l'ha visto» borbottò Lucy con pena infinita, mentre una
lacrima le rotolava sulla guancia. «Oh, sì, la zingara sapeva.»
Julian si fermò di botto, colpito da un'illuminazione. Rachel e Deirdre
pensavano che Lucy stesse delirando, ma lui ne sapeva di più. Il sangue gli
si gelò nelle vene quando comprese che lei sapeva che qualcuno aveva
cercato di ucciderla. Non aveva semplicemente avuto un conato di vomito:
aveva usato le sue ultime forze per cercare di salvarsi. «La zingara aveva
torto, Lucy, mi senti?» proclamò ad alta voce. «Ascoltami, carissima. La
zingara si sbagliava!»
La testa di Lucy si sollevò lentamente e lei lo guardò senza metterlo a
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fuoco. «No» bisbigliò, scuotendo la testa. «Ti ha visto. Io ti ho visto.
Perché, Julian? Perché l'hai fatto?»
«Di che cosa sta parlando?» chiese Rachel, dando il cambio a Deirdre e
mettendosi al passo con Thorpe. «Che cos'è questa storia della zingara?»
Schematicamente Julian le riferì dell'indovina a cui Lucy aveva fatto
visita quando si erano fermati al circo viaggiante durante il viaggio a
Hillcrest. «Allora ero furioso, ma poi me ne sono dimenticato. Lucy però
deve credere che sia stato io ad avvelenarla.»
«Oh, no, Julian, si sbaglia senz'altro. Lucy non potrebbe mai pensare una
cosa simile. Lei l'ama.»
«Ti odio, Julian. Ti odio, ti odio, ti odio.»
«Ma certo, mia cara» cercò di placarla Julian, benché Rachel potesse
avvertire lo strazio nella sua voce. «Solo, cammina per me, Lucy.
Andiamo, su, sei una brava bambina, puoi farcela.»
«Non sa quel che dice, Julian» gli assicurò Rachel, cogliendo la piega
dura della sua mascella.
«Voglio che nessuno sappia che cosa sta accadendo in questa stanza»
ordinò lui improvvisamente. «Per tutti gli altri che sono qui, Lucy è ancora
priva di sensi per via della caduta. Da qualche parte in questa casa c'è il
responsabile di tutto questo e non vorrei privarlo della gioia di credere di
essere riuscito nella sua impresa. Mi sono spiegato, signore?»
«Non Dexter.» Deirdre tirò su col naso. «È un uomo da poco, ma è
inoffensivo. Imbranato, quantomeno.» Sebbene la cameriera irlandese
fosse troppo sveglia per soccombere del tutto alle blandizie di Dexter,
aveva evidentemente sviluppato una certa inclinazione per il giovane
elegantone.
«Chiunque ora è sospettato, finché io non dico diversamente» le rispose
aspro Thorpe, cullando il capo di Lucy che ciondolava inerte contro la sua
spalla.
«Questo non lo direi a Tristan» intervenne Rachel con un accenno di
sorriso. «Credo che potrebbe aversene a male.»
«Così resta solo Parker» meditò Julian, poi scosse la testa con fare
conclusivo. «Non può essere lui. Dio, si è quasi fatto ammazzare cercando
di aiutarmi. Deve essere qualcun altro.»
«Sì, ma chi?» chiese Rachel, strofinandosi il braccio non più gravato dal
peso di Lucy; Julian l'aveva sollevata tra le braccia e se l'era presa in
grembo stando seduto sul letto.
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«Ti amo, Julian» bisbigliò Lucy, sollevando una mano ad accarezzargli
la guancia. «Sempre amato. Perché l'hai fatto? Non è bello.»
Chiudendo gli occhi per il dolore indicibile che provava, Julian rispose
alla domanda di Rachel: «Non so proprio chi. Ma lo scoprirò. Accidenti se
lo scoprirò! Ora lasciateci, vi prego. Credo che il peggio sia passato».
Deirdre guardò Rachel per avere conferma e la signora annuì. Nessun
altro male sarebbe stato fatto a Lucy quella notte, non con Julian insieme a
lei a proteggerla. Accennando alla cameriera di seguirla, la gentildonna
scivolò fuori dalla camera.
Lucy cominciava a tornare in sé, e i suoi lievi gemiti e movimenti
avevano l'effetto di migliorare decisamente le condizioni del conte. «Stai
ferma, amore» l'ammonì con dolcezza. «È stata una lunga nottata, ma non
sono così stanco da non accorgermi di quanto sia sottile la tua camicia da
notte. O da dimenticare i tesori che ho visto nascosti lì sotto» aggiunse
sottovoce.
«Amo Julian» mormorò dolcemente Lucy nel dormiveglia. «Lucy ama
Julian... così tanto!»
«Sì, tesoro» rispose lui, sciogliendosi dalle sue braccia che chissà come
gli si erano allacciate attorno al collo. «Solo, lascia che ti infili a letto,
adesso che Deirdre ti ha messo delle lenzuola pulite. Lucy, tesoro» ripeté
mentre lei mostrava scarsa inclinazione a lasciare la presa, «devi lasciarmi
andare, adesso.»
Lei mise il broncio, spingendo fuori petulante il labbro inferiore. «Non
voglio. Lucy ama Julian.» Lasciò ricadere la testa all'indietro, quasi
sbilanciando entrambi. «Julian ama Lucy?»
«Julian ama Lucy» gemette Thorpe, cogliendo la nudità del suo lungo
collo flessuoso mentre lei gli si abbandonava inerte tra le braccia.
«Allora dai un bacio a Lucy» lei lo stuzzicò, cercando con tutte le
proprie forze di attirare il viso di lui giù verso le sue labbra protese.
Julian si guardò attorno indifeso, per metà pregando che arrivassero i
rinforzi, per metà temendo che qualcuno si facesse vedere e portasse quella
femmina vogliosa in qualche posto sicuro, lontano dalla sua dirittura
morale che andava rapidamente disintegrandosi. «Lucy, abbi pietà» la
implorò, subito prima che lei spostasse il peso ancora una volta facendo
cadere entrambi all'indietro sul materasso.
Gli occhi di Lucy erano ancora serrati strettamente, forse per il dolore
persistente nella testa, e la lingua fece capolino per inumidire le labbra
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aride. «Julian non ama Lucy» intonò tristemente, girando il viso da un lato
ed emettendo un profondo sospiro.
Gli ultimi resti del muro che Julian aveva eretto attorno alle proprie
emozioni crollarono in polvere mentre faceva scivolare le braccia attorno
al corpo disteso di Lucy e le posava la testa sul proprio petto. «Julian ama
Lucy più della vita stessa» gemette rauco, acutamente consapevole di
quanto fosse stato vicino a perderla. «Ti amerò sempre.»
Le braccia di Lucy si sollevarono avvolgendosi attorno alla sua schiena,
cullandolo contro di lei, e Julian voltò leggermente la testa per aspirare il
profumo della sua gola. Era pura follia. Lei era caduta da cavallo solo quel
pomeriggio. Era stata drogata, quasi fino a morirne. Ed ecco qua lui, come
un capro in calore, a bramare il suo corpo.
Ma era più di questo. Come ogni essere umano in tutta la storia
dell'umanità, Julian stava reagendo al timore della perdita desiderando
niente più che celebrare la continuazione della vita. Questo era il motivo
per cui l'uomo era spinto a procreare, questo era il perché la donna
desiderava sopra ogni altra cosa sentire una nuova vita crescere dentro di
sé.
Non sapendo niente di tutto ciò e ragionando molto poco sul perché si
stesse comportando a quel modo, Julian cedette al proprio cuore. Inserì
una mano sotto la testa di Lucy, sollevò il suo viso verso il proprio e
permise alla natura di fare il suo corso.
Lei fu tutta risposta, tutta fuoco e dolcezza, donando ogni cosa mentre
prendeva tutto, e lui fu del tutto perduto. La bocca di Lucy bruciava sotto
la sua, il corpo di lei si modellava contro il suo come fosse fatto
esattamente a quello scopo, le mani di Lucy gli marchiavano il viso, il
collo, il dorso.
«Lucy, mia carissima, adorata Lucy» disse in un respiro, le mani
tremanti e impacciate sui bottoncini che chiudevano la sua camicia.
«Sempre e per sempre, mia amata Lucy.»
Lucy stava galleggiando. La testa che le pulsava così ferocemente fino a
pochi minuti prima era ora insensibile a tutto, tranne che alle sensazioni
inviate dal suo corpo meravigliosamente vivo. Julian era lì; Julian la
stringeva, la toccava, la baciava. Julian era il suo amore. Julian era...
«Julian» gli sussurrò all'orecchio che gli stava mordicchiando. «Perché
mi hai fatto del male?»
Le mani di Julian si immobilizzarono sul terzo bottone dall'alto della sua
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camicia da notte. Lucy ancora credeva che fosse stato lui a cercare di
ucciderla. Il sangue gli si gelò, riuscendo immediatamente a raffreddare i
suoi ardori, anche se non l'amore ardente per quella ragazza che riusciva
ancora ad amarlo pur credendolo colpevole di aver cercato di assassinarla.
«Lucy» implorò, accarezzandole la testa come se sperasse che le sue
parole penetrassero il nebuloso mondo di sensazioni in cui Lucy ancora
dimorava, «non sono stato io. Non ti farei mai del male. Ti giuro, con Dio
come mio giudice, che non torcerei mai un solo capello alla tua adorabile
testolina.» Il fatto di essere giunto pericolosamente vicino a prendere la
sua amata mentre lei si trovava in uno stato di semi incoscienza gli
contrasse il viso come per un terribile dolore, ma Julian sapeva che
avrebbe dovuto riservarsi di fare i conti con i sensi di colpa più tardi.
Adesso era indispensabile far capire a Lucy che lui l'amava, che non le
avrebbe mai fatto del male. «Lucy, devi credermi!» disse, scuotendola
leggermente. «Mio Dio, ti prego!»
Ma Lucy stava infine scivolando in un profondo sonno ristoratore.
L'ultima cosa che fece prima che le sue palpebre serrate si rilassassero in
un'espressione più normale, fu portare la mano alla guancia di Julian e
sospirare: «Va tutto bene, Julian. Tutto bene. Ti amo ancora».
Lui afferrò la mano che cominciava a scivolare via e premette le labbra
sul palmo. Poi, comprendendo che ulteriori tentativi di svegliarla prima di
mezzogiorno sarebbero stati infruttuosi, fece scivolare il suo corpo al
centro del letto e le rimboccò le coperte.
Restò al suo capezzale per lungo tempo, vegliando su di lei mentre
dormiva. Era quasi l'alba quando parlò di nuovo, a voce così bassa che
Rachel, che aveva fatto capolino per controllare la nipote, udì a stento le
sue parole. «Ucciderò quel maledetto bastardo!» disse rauco, le mani
serrate a pugno lungo i fianchi. «Giuro su Dio che lo ucciderò!»
Il sole era già alto quando Julian si alzò dalla poltrona davanti al
caminetto spento della stanza padronale. Chiamato il suo servitore, si
godette un bagno ristoratore e si lasciò vestire con l'eleganza campagnola
che ci vollero tutti gli sforzi del valletto per creare, poi lo congedò.
Aveva già superato l'orario della colazione e mancavano ancora due ore
per il pranzo, anche se non sarebbe riuscito a far passare una sola
forchettata di cibo oltre le sue labbra serrate. Tutta la sua mente, il suo
intero essere, erano concentrati a scoprire un sistema per stanare
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l'assassino e poi lentamente, con cura, fare con soddisfazione a piccoli
pezzi quel bastardo.
Ma come poteva lui avere successo ora, quando al momento buono tutti
quanti insieme avevano fallito miseramente? Non c'erano nuovi indizi,
solo un nuovo crimine; un delitto che faceva passare in secondo piano il
complotto per screditare il suo nome. Se due settimane prima gli fosse
stato detto che esisteva sulla terra una sola cosa che contasse più della sua
reputazione, del suo orgoglio di sangue, Julian avrebbe riso a
quell'assurdità.
Ma ora aveva compreso, attraverso un'amara esperienza, la follia dei
suoi valori di un tempo. Se avesse potuto barattare il suo buon nome e tutti
i suoi avi di sangue blu per la salvezza di Lucy, l'avrebbe fatto senza batter
ciglio. Tutto ciò che importava per lui, tutto ciò che gli dava una ragione
per respirare, era raccolto nell'esile fanciulla che giaceva ferita e
vulnerabile nella stanza in fondo al corridoio.
Aveva soppesato le opzioni mentre l'alba si levava sulla campagna, e
aveva risolto non senza rammarico che l'unica persona, oltre a Rachel e a
Deirdre, su cui potesse contare come alleato era Tristan Rule; non perché
lui fosse disposto ad accoglierlo con fede cieca, ma perché quell'uomo era
fuori dal paese all'epoca in cui lo scandalo era scoppiato.
Tristan godeva fama di intelligenza, di lealtà verso gli amici e verso il
suo paese, di tenace determinazione. Che queste qualità, secondo ciò che
aveva appreso da Rachel, potessero anche condurre Rule alla
testardaggine, alla fanatica ricerca di quella che era la sua particolare
interpretazione della giustizia, e il suo meritatissimo soprannome di Rule
lo Spietato, erano dettagli su cui Julian al momento non poteva permettersi
il lusso di sottilizzare.
Thorpe stava per suonare il campanello per chiamare un domestico e
inviarlo da lord Rule con la richiesta che lo raggiungesse nei suoi
appartamenti, quando un grattare leggero all'uscio della stanza catturò la
sua attenzione. Dirigendosi alla porta il più silenziosamente possibile, la
spalancò per sorprendere chiunque fosse che origliava lì fuori.
Non c'era nessuno. Sporse la testa dalla soglia per controllare il
corridoio, che era deserto di domestici come di ospiti, poi la sua attenzione
fu attratta da qualcosa vicino al pavimento. Accovacciata ai piedi del conte
c'era una piccola creatura marrone e pelosa, con un vivace berrettino rosso
calato fin sulle orecchie.
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«Barfholomew!» ridacchiò Julian. «Che marachella hai combinato
stavolta?» Chinatosi a raccogliere tra le braccia la scimmietta che
sorrideva e faceva vocalizzi, Thorpe rientrò in camera e chiuse la porta.
Avrebbe sorpreso chiunque avesse assistito alla calorosa accoglienza
dell'animale da parte di Thorpe sapere che Bartholomew era spesso ospite
delle stanze private di Sua Signoria. Bartholomew era fedele alla nuova
padrona, ma forse per il fatto di essere abituato a un padrone maschio,
l'animaletto aveva deciso di scegliere Thorpe. Julian, che stava lottando
con tutte le sue forze per diventare uno spirito più aperto e generoso, aveva
avviato quel legame con Bartholomew come gesto di buona volontà, e poi
aveva approfondito la conoscenza quando la scimmietta, che era un
mostriciattolo molto affettuoso, si era lentamente fatta strada nel suo
cuore.
Ne era conseguito con la massima naturalezza che Julian, invece di
Lucy, diventasse il destinatario degli oggetti saccheggiati nelle più recenti
spedizioni di Bartholomew. Lucy, che non aveva detto a Julian del vizietto
dell'animale per timore che sarebbe stato punito o perfino scacciato da
Hillcrest, si era soltanto rallegrata tra sé quando la scimmia aveva smesso
di portarle ditali, orecchini di diamanti e ghinee d'oro.
Da parte sua, Julian non vedeva ragione di informare Lucy delle
tendenze al ladrocinio del suo nuovo animale da compagnia. Tutto
sommato, almeno per Bartholomew, era stata una soluzione soddisfacente.
Per il resto degli abitanti della casa, uno o l'altro importava poco, perché
Julian aveva instaurato la prassi di lasciare ogni cosa di valore in bella
vista dove i legittimi proprietari potessero trovarla, pensando che l'oggetto
fosse stato soltanto fuori posto, e aveva ancora potuto riempire una
cappelliera con l'altra miscellanea, cosicché Bartholomew potesse giocare
con i suoi tesori durante le visite quotidiane.
«Che cosa hai sgraffignato oggi?» chiese alla scimmia, posando la
creaturina sul letto. Aveva bisogno per un momento di estraniarsi dai suoi
guai, ed esaminare l'ultimo bottino di Bartholomew sarebbe stata una
piccola distrazione.
«Aha! E questo cos'è?» domandò, sollevando un tagliacarte d'argento
mentre la scimmia si rotolava deliziata sul letto attendendo la ricompensa,
una soddisfacente grattata al sottopancia. «Soddisfatto di te, eh, razza di
diavoletto dispettoso?»
Bartholomew scoprì i denti in un ampio sorriso scimmiesco e frugò nel
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sacchetto di pelle che portava appeso al collo per estrarne un altro tesoro,
per il diletto e l'ammirazione del suo padrone.
Il sorriso di Julian svanì mentre prendeva l'oggetto dalle dita di
Bartholomew e lo sollevava alla luce.
«Interessante» meditò, strofinando tra le punte delle dita l'oggetto
lucente. Guardando la scimmia chiese con calma: «Dove hai preso questo,
Bartholomew?». La scimmia si batté sulla testa e fissò il padrone con fare
interrogativo. Non gli piaceva quella cosina?
Comprendendo il proprio errore, Thorpe passò a profondersi in
congratulazioni a Bartholomew per avergli portato un dono così
meraviglioso. «Puoi portarmene un altro come questo?» chiese alla
scimmia, facendo il gesto di afferrare contro il proprio petto, come per dire
Ancora, ancora. Si chiese se la scimmia avesse capito, il cuore che
cominciava a battere forte mentre Julian sentiva di essere sul punto di
scoprire qualcosa di realmente importante.
Bartholomew balzellò giù dall'alto letto e si diresse alla porta,
bertucciando allegramente mentre aspettava che il conte lo lasciasse uscire
nel corridoio.
Guardandosi rapidamente attorno per assicurarsi che il vano fosse
ancora deserto, Julian uscì al seguito di Bartholomew, sperando contro
ogni speranza che la scimmia lo stesse conducendo dritto all'uomo che era
quasi riuscito nel suo intento di assassinare Lucy.
Julian stava cominciando a desiderare di non aver rivelato la propria
opinione. Non solo gli era quasi venuto il torcicollo a forza di osservare
lord Rule che camminava avanti e indietro sul tappeto della biblioteca, ma
ascoltarlo mentre descriveva con minuziosi dettagli quello che avrebbe
fatto dell'assassino una volta che l'avesse avuto tra le mani stava
diventando giusto un tantino seccante.
«Lasci disporre di quell'uomo a me» disse Julian a Tristan, proprio
mentre l'uomo più giovane era immerso nella descrizione dei colori di cui
sarebbe diventata la faccia dell'assassino quando lui, in qualità di
vendicatore, gli avrebbe tirato il collo.
«Mi dica solo chi è!» chiese Rule per la centesima volta. «Direi che lo
sappia. Se si fida a sufficienza di me da chiedermi di guardarle le spalle,
può dirmi contro chi guardargliele, accidenti a tutto l'inferno! Perché non
mi fa il suo nome?»
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Thorpe fissò Rule, sorpreso di vedere che quella giovane testa calda non
sputava fuoco dalla bocca mentre parlava. Scuotendo la testa, ringraziò la
sua buona stella che la vista di Rule infuriato fosse servita a riportare lui
alla ragione. Avrebbe catturato l'omicida e si sarebbe assicurato che fosse
punito. Ma la vendetta, poco prima il suo unico desiderio, non era la strada
da intraprendere per un uomo sano di mente. Alla fin fine la vendetta,
soltanto per la soddisfazione che avrebbe provato ad avere quell'uomo
morto stecchito ai suoi piedi, avrebbe offeso anche lui.
«Non ho intenzione di dirglielo» dichiarò con fermezza, «perché
desidero salvarla dal capestro. Nell'istante in cui udisse il nome del
sospettato partirebbe al galoppo con una furia omicida negli occhi; questo
mi è chiaro come il naso sulla sua faccia... un naso, tanto per dire, che
sembra esalare fumo al momento.»
«Non le importa che Lucy sia stata quasi uccisa?» chiese Tristan con
indignazione, fissando Thorpe con occhi scuri, socchiusi.
Il conte balzò in piedi. «Ne ho abbastanza!» esclamò con freddezza. «Ho
detto di avere un sospetto, un sospetto molto probabile. Non posso
lasciarla andare in giro a massacrare i sospettati come farebbe con dei
draghi, finché non avremo ripulito la foresta di chiunque appaia
minimamente sospetto. E» concluse con alterigia, «se mai dovesse di
nuovo mettere in dubbio il mio amore e la mia preoccupazione per sua
cugina, signore, può anche prepararsi per la bastonatura della sua vita.
Orbene, è con me oppure no?»
Rule si passò una mano tra i capelli già in disordine. «Le mie scuse,
Thorpe» offrì con sincerità, se non con umiltà.
«Accettate» acconsentì Julian e i due sedettero a ideare una strategia,
solo per essere interrotti da Raleigh che annunciò l'arrivo di lord e lady
Bourne.
«Jennie, qui?» esclamò Tristan, balzando in piedi così di scatto che per
poco non rovesciò la sedia.
Julian osservò divertito l'altro uomo guardare di traverso Tristan Rule
mentre questi faceva roteare attorno una giovane donna, che gli stava
appesa al collo estasiata. Andando incontro a Kit Wilde, Julian gli tese la
mano. «Lord Bourne?» propose soave. «Forse dovremmo unire le nostre
forze e fare appello all'ufficio della guerra perché lo mandi al fronte.
Sembra avere dei modi estremamente inquietanti con le signore, non
trova?»
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Kit strinse la mano che Julian gli offriva e ricambiò il saluto, non del
tutto certo che quello fosse lo stesso lord Thorpe che aveva genuinamente
disprezzato per tutto il tempo in cui era rimasto a Londra. «L'aria della
campagna sembra giovarle, Thorpe» osservò, incapace di dire qualcosa di
più sensato.
Julian sorrise tristemente. «Mi giova essere innamorato della donna più
bella del mondo, lord Bourne. Se la sua contessa assomiglia alla mia Lucy,
senz'altro siamo entrambi uomini diversi.»
Jennie, che era rimasta a osservare suo marito e il conte con la coda
dell'occhio, trascinò Tristan davanti a Kit, proclamando soddisfatta:
«Sapevo che Lucy ce l'avrebbe fatta, tesoro. Adesso abbiamo solo Tristan
da sistemare, e poi sarò la più felice delle donne».
Kit si pose la mano di Jennie nell'incavo del braccio, poi lui e Tristan si
strinsero la mano. «Considerati avvertito, amico mio» disse Kit scherzoso.
«La mia Jennie è felice solo quando riesce a sistemare le vite altrui. Oh, le
storie che potrei raccontarti! Ma me ne asterrò, per timore di spaventarti a
morte e metterti in fuga. Jennie non mi perdonerebbe mai.»
«Dov'è Lucy?» li interruppe lady Bourne, per niente offesa dalle parole
del marito. «Siamo stati molto in pena per lei, milord, ed è per questo che
abbiamo fatto irruzione qui da lei in modo così sgarbato.»
Sorprendentemente, fu lord Rule che si fece avanti e spiegò che Lucy
aveva fatto un piccolo capitombolo da cavallo il giorno prima, e Jennie
osservò Thorpe con attenzione, enormemente gratificata di scorgere la
preoccupazione scritta così chiara sul suo viso. Jennie aveva ricevuto una
lettera da un'amica di Londra, proprio il giorno prima, che era diventata il
conclusivo e convincente argomento affinché Kit acconsentisse a quella
visita a Hillcrest. Il padre di lady Cynthia aveva annunciato il
fidanzamento della figlia con lord Seabrook. Era stata intenzione di Jennie
avvertire Lucy di quel nuovo sviluppo prima che Thorpe lo venisse a
sapere da un annuncio sui giornali, che per fortuna impiegavano così tanto
tempo a raggiungere la campagna. Eppure, pensò Jennie sorridendo beata
mentre Thorpe discorreva di Lucy con suo marito, ora sembrava che quella
sua missione di misericordia si fosse mutata in una visita di
congratulazioni.
L'ingresso di Rachel Gladwin nella stanza confermò quel sospetto, e
subito Jennie la prese da parte per porle una domanda che aveva già avuto
risposta: «Come procede la spedizione?». Non più turbata, era ora pronta a
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sentire tutti i succosi dettagli!
Dopo un piacevole pranzo, un po' ritardato dallo scatto di nervi del
cuoco nell'apprendere che ci sarebbero state due persone in più a tavola
oltre alle speciali pappe da ammalati che doveva preparare per Lucy e quel
Parker dalla bocca sensibile, gli uomini tornarono in biblioteca per
aggiornare Kit sugli eventi mentre le signore salivano al piano superiore
per sincerarsi del miglioramento di Lucy.
Con Parker che si leccava le ferite in camera, Dexter, che scalpitava un
tantino all'essere tenuto fuori, decise di scovare Deirdre e di scoprire se
fosse disposta o meno a trascorrere un'edificante mezz'ora nella deserta ala
riservata ai bambini, praticando un giochino che aveva ideato nelle ore
d'ozio.
Tutto sommato il pomeriggio trascorse in fretta e l'accresciuto numero
degli ospiti, a un osservatore esterno, sarebbe parso del tutto normale. Fu
solo quando si avvicinò l'ora di cena, quando Lucy insistette per vestirsi e
sedere a tavola, che la faccenda venne al dunque.
Capitolo Settimo
Lucy si era svegliata molto rinvigorita attorno alle tre del pomeriggio,
rammentando all'istante gli eventi della notte precedente, anche se quei
ricordi le venivano a pezzi e bocconi, non necessariamente in ordine
cronologico, e riuscivano a confonderla non poco.
Julian era venuto nella sua stanza e l'aveva costretta a bere qualcosa di
disgustoso per avvelenarla. Ma no, Julian era venuto in camera sua per
salvarla! Riusciva a ricordare lui che la faceva camminare su e giù per la
stanza, incitandola a svegliarsi e a parlargli. E lei si era svegliata,
trovandosi accoccolata dolcemente tra le sue braccia e... Santo cielo! Si
premette le mani sulle guance in fiamme. Lei aveva tentato di sedurlo!
E non senza un certo successo, ricordò, sorridendo suo malgrado prima
che il cervello le rammentasse la conclusione di quella specifica scena. Lei
aveva accusato Julian di aver cercato di assassinarla! Che pensiero
ridicolo! Non poteva essere stato Julian. Julian l'amava. Era buio nella
stanza, rifletté, senza rendersi conto che avrebbe anche potuto essere pieno
giorno, poiché aveva tenuto gli occhi chiusi tutto il tempo, e non poteva
dire chi l'avesse costretta a bere il veleno.
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1986 - Scandali e complotti
Grazie al cielo aveva ricordato l'avvertimento della zingara, anche se la
vecchia non aveva proprio colto nel segno. Un uomo aveva sì cercato di
ucciderla, ma quell'uomo non era Julian Rutherford. Sì, era un uomo, ma
chi? In quanto al perché l'avesse fatto, ci avrebbe pensato più tardi. Al
momento, dare un nome a quell'individuo era prioritario nella sua mente.
Chiudendo gli occhi cercò di richiamare la sensazione del corpo
dell'uomo mentre la sosteneva, ma la memoria le venne meno. Perfino la
zingara, con la sua descrizione di un biondo dio del sonno eterno, era di
scarsa utilità. Tutti e tre i cugini Rutherford erano biondi. Se soltanto la
sua mente non avesse continuato a divagare dalla questione, per
concentrarsi sul ricordo del viso di Julian contro il suo, sulla sensazione
delle mani di lui che percorrevano il suo corpo, sul profumo del suo caldo
respiro quando...
«Lucy! Mia povera cara!»
«Jennie! Che sorpresa meravigliosa!» Lucy si sforzò di mettersi a sedere
in mezzo al groviglio delle coltri e si trovò stretta nell'abbraccio della
cugina.
Ciò che seguì fu uno dei loro tipici incontri, pieno di scherzose
canzonature, segreti condivisi e più di qualche risolino svagato, ma alla
fine si fecero serie e Lucy aggiornò Jennie su quanto era accaduto dalla
sua ultima lettera.
«E così, grazie all'acuta lettura della situazione da parte di Julian, per
non dire della mia prontezza di pensiero, aiutata dal ricordo di un
complotto per assassinare qualcuno in un romanzo che ho letto tempo fa,
eccomi qui oggi, pronta ad aiutare Julian a smascherare il nostro assassino.
Poi ci sposeremo. Non sembra proprio una trama romanzesca?»
Jennie cercò di mostrarsi compiaciuta, ma un lieve cipiglio rimase
mentre diceva quel che aveva da dire.
«Ho ricevuto una lettera da Londra che mi informava del fidanzamento
di lady Cynthia con lord Seabrook.»
Lucy sorprese la cugina battendo le mani deliziata. «Oh, non sarebbe
potuta andare meglio!» esclamò. «Finisce proprio per dimostrare che ha
ragione Deirdre, con i suoi proverbi irlandesi: Non esiste mai una vecchia
ciabatta senza che ci sia anche una vecchia calzetta che le vada bene.
Sono una coppia perfetta: un matrimonio fatto nei portafogli dei loro
paparini.»
«Paragoni lady Cynthia a una scarpa? Che cattiveria!»
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«Ebbene, ha dato una bella scarpata nel didietro a Julian, no?» chiese
scherzosa. «Dovremo mandar loro un dono di nozze, Julian e io.
Dopotutto, è soltanto grazie alla loro sciocca superbia che ci siamo infine
trovati. Vediamo un po', che cosa potremmo mandare: forse una ben fatta
miniatura di Hillcrest in tutto il suo splendore? Questo servirebbe a metter
loro qualche sassolino... nella scarpa, non trovi?»
«Lucy» l'interruppe Jennie. «Non l'abbiamo detto a lord Thorpe, anche
se deve esserne informato quanto prima, ma abbiamo ricevuto altre notizie
da Londra. Pare che lo scandalo non bastasse... ora le malelingue stanno
galoppando sul possibile coinvolgimento di Sua Signoria nel modo in cui
miss Anscom è morta. Secondo Amanda Delaney che, parola mia, è come
una furia, c'è gente che si comporta come se già Julian fosse stato
riconosciuto colpevole del delitto. Per quanto lo imbarazzi dirlo, Kit ritiene
che la tua idea sulle lettere ai giornali fosse giusta fin da principio.
Qualcuno è all'opera per vedere Thorpe impiccato.»
«Lo sapevo!» esplose Lucy, affondando i pugni lungo i fianchi nel
materasso. «La cosa può aver impiegato più tempo di quanto credessi...
anche se ricordo che Julian mi diceva quanto sia stupido sopravvalutare
l'intelligenza della nobiltà... ma sembra che il nemico di Julian non sia
stato troppo lungimirante nei suoi piani. Grazie al cielo presto lo
smaschereremo!»
«Davvero?» incalzò Jennie, sentendosi già meglio. «Ho pensato ci fosse
qualcosa nell'aria quando lord Thorpe ha chiesto a Kit e Tristan di andare
con lui in biblioteca.» Il bel visetto le si accigliò. «Dexter non è stato
invitato, però. Non penserai che...»
Lucy emise un sospiro di frustrazione. «Non lo so. Sono rimasta qui a
letto cercando di dare un volto all'uomo che ha cercato di assassinarmi, ma
non ci riesco. Io... al momento ho pensato che fosse Julian.»
«Dexter assomiglia molto a Julian, anche se è più basso» osservò Jennie.
«Ma ho incontrato Dexter l'anno scorso quando Kit e io eravamo in città,
ed era un così simpatico e innocuo galletto... Non posso crederlo capace di
un atto tanto perverso.»
Lucy spinse via le coperte e si alzò, dirigendosi alla finestra. «Né vorrei
mai crederci io. Ma Dexter non è l'unico sospetto. Anche il segretario di
Julian, suo cugino Parker, è biondo con gli occhi chiari come Julian;
benché la carnagione smorta non faccia risaltare i capelli, e il suo gusto in
fatto di abiti tenda al monotono e allo scialbo. Poi c'è la sua espressione:
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zia Rachel dice che sembra aver inghiottito un bosco di spine.»
«Ebbene, allora?» incalzò Jennie. «Parker è il nostro uomo. Mi fido del
tuo istinto e se non ti piace deve essere lui per forza.»
«Ho detto che non mi piace il taglio dei suoi abiti, Jennie. Non ne
consegue necessariamente che quell'uomo sia un assassino! Inoltre è stato
rapito neppure due sere fa, per tornare qui malconcio per le percosse. Per
quanto mi piacerebbe pensare che Dexter sia innocente, non riesco a
immaginare Parker a percuotersi da solo. No... dev'essere qualcuno che
abbiamo trascurato. Da qualche parte dev'esserci qualcuno con un
personale obiettivo o con una fortuna da accumulare.»
Jennie si spremette le meningi, cercando di uscirsene con un sospettato
plausibile. «Lord Seabrook! Ha ottenuto lady Cynthia, dopotutto.»
Lucy sbuffò, arricciando il nasino. «Sai che conquista! E poi, lord
Seabrook avrebbe sposato una donna vecchia e grassa e piena di verruche,
se il suo patrimonio fosse stato abbastanza consistente, e sa il cielo se ne
abbiamo più che a sufficienza di quel tipo, tanto da pavimentare tutti i
marciapiedi di Londra.»
«Lucy, sei incorreggibile!» la rimproverò Jennie.
La cugina sorrise maliziosa, per nulla pentita. «Oh, ma ho ragione? E
certo che sì.» La sua espressione si smorzò un poco mentre diceva
accorata: «Questo ci riporta al punto di partenza, vero? Peccato... Anch'io
avrei preferito si trattasse di lord Seabrook».
Jennie, che era rimasta seduta col mento appoggiato nel palmo di una
mano, meditò quasi tra sé: «Sai, se non ti conoscessi più che bene, direi
che eri tu quella che aveva più da guadagnare da tutto questo».
«Che cosa?» squittì Lucy incredula, sporgendosi a bocca aperta verso la
cugina. «Io?»
Annuendo distrattamente, Jennie elencò i motivi contando sulla punta
delle dita. «Uno: volevi Julian per te. Dopo anni a corrergli dietro, il tuo
amore si è mutato in odio e hai cercato vendetta. Due: hai montato tu tutto
lo scandalo, anche se credere che tu abbia avuto parte attiva nella
seduzione e nell'omicidio di miss Anscom porta a pensare che tu abbia
dovuto servirti di un complice. Hai fatto in modo di essere tu a soccorrere
Thorpe la sera del ballo dei Selbridge e poi l'hai convinto a portarti a
Hillcrest. Tre: una volta qui, ti sei fatta strada nel suo cuore, così che ti
chiedesse di sposarlo. Poi, quando Julian fosse stato arrestato e giustiziato,
tu avresti ereditato la fortuna che lui senz'altro avrebbe lasciato a te, oltre
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all'usufrutto vedovile della casa e a tutti i gioielli che non fossero eredità
inalienabile del casato. Santo cielo... avresti ereditato perfino Dexter, per
così dire.»
«Dexter!» Lucy la interruppe, ascoltando suo malgrado. «Che cosa
potrei farmene di Dexter?»
Questo lasciò lady Bourne perplessa per qualche istante, ma non la
smontò. «Dexter dev'essere il tuo complice. Entrambi avevate molto da
guadagnare.»
«Sai» osservò Lucy abbracciando la cugina, «è una buona cosa che tu
abbia compromesso Kit così da doverlo sposare. Hai bisogno di un
custode.»
«Ebbene, la cosa avrebbe senso.» Jennie arrossì, vergognandosi di
essersi lasciata trasportare, com'era spesso incline a fare. «Mi dispiace,
tesoro.»
«Avrebbe senso senz'altro» concesse Lucy. «Fino al punto in cui io mi
sarei avvelenata da me. O è stato l'intraprendente Dexter a fare il doppio
gioco con la sua complice?»
Jennie arrossì e si spostò sulla sedia. «Ho già detto che mi dispiace,
Lucy. Non volermene. E poi» aggiunse, picchiettandosi pensierosa un lato
della testa bionda, «non è che tu e Dexter non possiate aver avuto un
dissidio...»
«Oh, smettila, ti prego» la implorò Lucy, sciogliendosi in risolini al
pensiero che Dexter potesse mai prendere il posto di Julian nel suo cuore.
«Continua solo ad amare il tuo Kit e a crescere altri bambini splendidi
come Christopher. Non credo che tu sia tagliata per diventare un
investigatore di successo. E poi, pensavo avessimo già scartato Dexter
come possibile sospetto.»
«Tu l'hai fatto?» giunse dalla soglia la voce di Rachel. «Non so come tu
sia giunta a questa conclusione, anche se devo dire che sono d'accordo.
Proprio non ce lo vedo come omicida. Una sola cosa mi turba... rifiuta di
dirmi dove ha trascorso l'inverno. Potrebbe essersi ritirato in questa zona,
ed ecco come avrebbe fatto conoscenza con la defunta miss Anscom.»
Le due donne più giovani si voltarono, dando a Rachel la loro piena
attenzione. La loro zia era una donna intelligente e intuitiva... come
entrambe avevano imparato a proprio danno il giorno in cui si erano
nascoste nello studio del padre di Lucy per leggere uno dei libri che lui
teneva sullo scaffale più alto. Se Rachel aveva una teoria, erano ansiose di
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udirla.
«Ho fatto notare a Dexter che il suo atteggiamento evasivo non
rafforzava certo i suoi proclami d'innocenza, ma lui si è limitato a
ricambiare col fatto (su cui pare abbiamo sorvolato) che Parker è stato con
Julian per tutto il periodo in cui ha risieduto a Hillcrest l'inverno scorso.
Avendo già nella mia mente escluso lady Cynthia, lord Seabrook, e perfino
Lucy come colpevole, dovrei dire che il nostro uomo o è Dexter o è
Parker. Ho appena lasciato Julian, mia cara» concluse guardando Lucy, «e
sembrerebbe che lui e gli altri siano giunti alla medesima conclusione.»
«Tu hai pensato che io potessi essere colpevole?» esclamò Lucy attonita,
mentre Jennie la guardava con aria di sufficienza, come a dire Te l'avevo
detto.
Rachel batté dolcemente sulla mano della nipote. «Stavo solo applicando
un ragionamento deduttivo, carissima. Ovviamente non ti ho davvero
preso in considerazione. Anche se devo dirti che, se imbeccata, una corte
potrebbe montare un grosso caso contro di te. Jennie, pensavo avessi
lasciato quelle tue smorfie da scimmietta nella stanza delle bambole. Tra
un po' tirerai perfino fuori la lingua. Che vergogna.»
«Sì, zia Rachel» concordò umilmente Jennie, anche se i suoi occhi verdi
scintillavano di malizia mentre parava la gomitata di Lucy.
«Ebbene, lo sapremo abbastanza presto» annunciò loro Lucy con fare
confidenziale, dirigendosi al tavolino accanto al letto. Raccolse il bottone
che aveva visto lì poco prima e lo tenne in mostra. «Grazie al cielo ho
avuto la prontezza di tenerlo stretto quando il mio cavallo si è impennato
disarcionandomi.»
«Tenerlo stretto?» sbuffò Rachel. «Ci è voluto il diavolo per togliertelo.
Dove l'hai trovato?»
«Sul luogo del delitto» rispose Lucy, abbassando la voce di un'ottava
buona. «Troviamo il proprietario di questo bottone, signore mie, e avremo
scoperto il nostro assassino. Questo» aggiunse, «è quello che cercherò di
fare stasera quando ci riuniremo per la cena.»
Ne conseguì un'accalorata discussione, con Rachel e Jennie a protestare
che Lucy era ancora troppo debole per scendere di sotto e Lucy a liquidare
la loro apprensione con gemiti disgustati, sostenendo che il suo posto era
al fianco di Julian... ed evitando di palesare come lei sentisse il bisogno di
vederlo il più presto possibile per potersi scusare di aver dubitato di lui.
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Julian era in piedi volgendo le spalle alla porta quando Lucy, che con
minacce e blandizie aveva indotto Deirdre ad aiutarla a indossare l'abito
migliore prima che potesse sbucar fuori zia Rachel a proibirglielo, fece il
suo ingresso in salotto una buona mezz'ora in anticipo per la cena.
Poiché il suo cuore mostrava una certa tendenza a mancare colpi, Lucy
non perse tempo per attraversare la stanza e posare la testa sulla sua
manica. «Julian, ti prego, potrai mai perdonarmi?» gli chiese di getto.
«Lucy! Che cosa ci fai alzata dal letto?» esclamò Thorpe, voltandosi ad
afferrarla per le braccia nude. «Ho già detto a tutti che eri ancora priva di
sensi. Perché Rachel ti ha permesso di vestirti per la cena?»
«E buonasera anche a te, carissimo.» Lucy rise, sapendo che era
preoccupazione, non collera, a colorire le sue domande. «Sono qui per
molte ragioni, in verità, e la più importante è che riesco a ricordare il mio
orribile comportamento di stanotte e non desidero altro che gettarmi ai tuoi
piedi e chiedere perdono per la mia stupidità. Devi sapere che non avrei
mai pensato di accusarti se fossi stata nel pieno possesso delle mie facoltà.
Non so come ho potuto essere così stupida.»
«La zingara» le rammentò Thorpe, facendole scivolare le mani lungo le
braccia per catturarle le dita in una forte stretta. «Sai, mia diletta, credo
proprio che quella vecchia ciarlatana abbia contribuito a salvarti la vita.
Altrimenti avrei potuto non essere così sospettoso, quando ti ho visto. Oh,
Lucy» sospirò attirandola contro il proprio petto. «Eri uno spettacolo
terribile, tutta livida e riversa. Non sono mai stato così terrorizzato in vita
mia. Promettimi che non farai mai più niente del genere.»
Lucy chiuse gli occhi strusciando il viso contro la sua giacca. «Prometto
di non lasciare più che qualcuno mi avveleni» gli disse solenne, poi levò il
viso a sorridergli. «Oltre ad averti sconvolto senza necessità, quella roba
aveva un saporaccio, sai. Tuttavia, se la memoria non m'inganna, credo
che questa notte abbia riservato anche alcuni piacevoli istanti, no?»
Julian chinò la testa fino a sfiorare con la fronte quella di lei. «Ti
ricordi?» chiese rauco. «È stato imperdonabile da parte mia approfittare di
te mentre non eri in condizione di respingermi.»
«Sì. Il tuo comportamento è stato alquanto censurabile. Julian» aggiunse
Lucy, riempiendosi di fossette, «mi prometti di essere censurabile di
nuovo, non appena potrai? Forse più tardi stasera, quando sarò più sveglia?
I miei ricordi sono alquanto piacevoli, ma vaghi in modo deprecabile.»
«Razza di sfacciata!» replicò Julian, sempre più deliziato dalla sua
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incorreggibile schiettezza. «Come potrei vivere senza di te?»
«Non so immaginarlo» rispose lei leggera, attirando la bocca di Julian
fino a un dito dalla propria. «Ma credo proprio di poterti ormai predire la
sorte, se ti piacesse essere illuminato. Ah, mio biondo dio della felicità, i
tuoi giorni saranno ricolmi d'amore e di allegria da ora e per sempre, e le
tue notti, oh, sì, quelle deliziose notti, le trascorrerai così.»
Le loro labbra si unirono in un lungo bacio che richiamò prontamente le
potenti sensazioni sbocciate tra loro nelle ore buie del primo mattino.
Mentre si stringevano l'uno all'altro, immemori di ciò che li circondava,
fuggì dalle loro menti ogni pensiero di assassini e di vili complotti, e per
quei troppo brevi istanti i due furono come sono sempre stati gli amanti,
totalmente perduti l'uno nell'altro.
Il rumore di passi che si avvicinavano riportò in sé Thorpe, che imprecò
sottovoce. «Resta qui accanto a me» disse serio a Lucy, voltandosi verso la
porta.
Lucy acconsentì di buon grado, sorridendo vacua quando Rachel entrò
nella stanza pronta a rimproverare la sua disobbediente pupilla. Ma bastò
un solo sguardo all'espressione sognante di Lucy, e la donna poté soltanto
sospirare con rassegnazione e scuotere la testa. Era evidente che i suoi
giorni in veste di chaperon stavano giungendo alla fine. Grazie al cielo.
Julian aveva avuto giusto il tempo di versare dei bicchierini di sherry
alle signore prima che arrivasse il resto della compagnia.
Gli attori erano tutti sulla scena, osservò Julian portandosi il bicchiere
alle labbra mentre i suoi freddi occhi grigi passavano in rassegna la stanza
e i suoi occupanti. Era ora che lo spettacolo avesse inizio.
«Hai l'aria di essere in forma» disse Dexter a Lucy, sedendosi dopo aver
aiutato Parker a raggiungere una sedia. «Secondo Julian eri alle soglie del
trapasso, ma vedo che ha esagerato. Cugino, sei come una vecchia chioccia
con il suo unico pulcino. Quando ho riferito al povero Parker che cosa
avevi detto sulle condizioni di Lucy, il poveretto mi è quasi morto per il
colpo.»
Scambiando uno sguardo d'intesa con Tristan, che si era irrigidito nella
sua posa alle parole di Dexter, Thorpe si portò di fronte a Parker. «Così eri
preoccupato per Lucy, vero, cugino?»
Parker si portò una mano tremante all'occhio bluastro. «Sì... sì, certo»
confermò scosso. «Sono consapevole della tua alta considerazione per
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miss Gladwin.»
«Sì.» Il conte sorrise. «Devo ricordare quanto tu mi sia fedele, Parker.
Lucy sarebbe saggia a cercare conforto presso di te, se io devo presto
essere rinchiuso in carcere per l'assassinio di miss Anscom. Come mia
contessa, cosa che avverrà prima della fine della settimana, dovrà poter
fare affidamento sulla tua conoscenza dei miei affari.»
«Allora intendi sposarla?»
«Ah, cugino, senz'altro hai già previsto tutto. Non è per questo che sei
andato in camera sua stanotte e l'hai costretta a bere del laudano, così da
non esserti liberato di me solo per restare con un'ingombrante contessa a
condividere i miei beni?»
«Cosa?» Unico membro del gruppo a non essere stato messo a parte
degli eventi, Dexter balzò in piedi, gli occhi puntati su Lucy. «Sei stata
drogata? Da Parker? Perché diavolo nessuno me l'ha detto?»
Lucy diede una noncurante scrollata di spalle. «Perché eri l'altro nostro
sospetto, Dex, mi dispiace dirlo. Ma aspetta un momento prima di montare
su tutte le furie, perché voglio sentire il resto di quello che Julian ha da
dire. C'è dell'altro, non è vero?»
Parker si raggomitolò sulla sedia, mentre il conte completava la sua
argomentazione. «C'è dell'altro, ma dovremo richiedere l'aiuto di Parker
per colmare le ultime lacune. Per cominciare da principio, suggerisco di
andare indietro allo scorso inverno e al mio soggiorno qui. Fu in quel
periodo che conoscesti Susan Anscom, non è vero, Parker?»
«Non so di cosa stai parlando!» negò appassionatamente il segretario.
«Non ho mai neppure incontrato Sue Anscom!»
«Sue?» sottolineò Rachel. «Mi sembra che protesti con troppo calore,
voi non trovate?»
«Zia Rachel, ssh» sussurrò Jennie, ammaliata dallo spettacolo.
«Hai conosciuto Susan Anscom, l'hai sedotta, poi l'hai persuasa ad
appoggiare le tue meschine trame» insistette Thorpe, la voce ancora
mortalmente calma. «Dimmi, assassinare miss Anscom è sempre stato
parte del piano, o all'inizio intendevi soltanto distruggere il mio buon
nome?»
Parker si guardò attorno, sapendo di essere al centro dell'attenzione
generale, e la sua espressione timorosa svanì, sostituita da un sorriso di
decisa soddisfazione. Dopo aver trascorso anni a doversi confondere con la
tappezzeria, trascurato, congedato, privo di credito alcuno, ora era di colpo
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la persona più importante in una stanza affollata di alcuni tra i nobili più
rispettati d'Inghilterra. «È stata la mia idea dall'inizio alla fine» ammise
beffardo, mettendosi a sedere ritto. «Sue pensava che la stessi aiutando a
comprometterla fino a doverla sposare, ma gliel'avevo detto per tenerla a
bada. Ho scritto io le lettere, copiando la sua calligrafia dal diario.
Stupida... come se potessi darmi tutta questa pena solo perché lei potesse
finire contessa!»
«E poi l'ha uccisa» intervenne Lucy. «Mi dica, Parker, era suo il
bambino che portava in grembo?»
Parker rovesciò all'indietro la testa e rise. «Bambino?» motteggiò. «Non
c'era nessun bambino. Fu una mia ispirazione dell'ultimo momento... la
classica ciliegina sulla torta. La sola seduzione non era sufficiente, proprio
come non era più sufficiente far cadere Julian in disgrazia. Ho sempre
pensato che sarei stato un conte migliore di lui... La buona società avrebbe
potuto chiudere un occhio sul suicidio di Sue, ma non l'avrebbe fatta
passare liscia a un uomo che avesse ucciso il proprio figlio non ancora
nato.» Il ghigno svanì e Parker si guardò le mani che teneva strette in
grembo. «Tuttavia ci è voluto troppo tempo a quegli idioti per agire: non
riuscivano a capire che Sue era stata uccisa?» Fissò Julian. «A quest'ora
avresti già dovuto essere arrestato. E poi quella ha cominciato a
immischiarsi» si lamentò, accennando con la testa in direzione di Lucy.
«Dovevo liberarmene.»
«Bambina dispettosa!» osservò Kit. «Ho sempre detto che eri un po'
troppo una libera pensatrice. Jennie si sarebbe accontentata di lasciar
condurre a me l'indagine. Posso capire perché l'amico Parker qui presente
ce l'avesse tanto con te.»
Lucy arruffò il pelo, ma poi ricordò il bottone che aveva trovato e sorrise
con aria contrita. «Comincio a capire il punto di vista di Parker, per quanto
la cosa mi addolori. Se potessimo ispezionare le sue giacche, credo
potremmo trovare quella a cui appartiene questo bottone.» Sollevò il
bottone d'osso così che tutti potessero vederlo. «L'ho trovato per caso
vicino allo stagno. Miss Anscom probabilmente non concordava in tutto e
per tutto coi piani di Parker e ha opposto una qualche resistenza. Sapete»
disse pensosa, «sono quasi rimasta male che Julian mi abbia preceduta, ma
ancora non comprendo del tutto come ci sia arrivato. Julian?»
«Non ancora» obiettò Dexter, furioso. «Voglio sentire perché lui mi
riteneva sospettabile, accidenti a tutto quanto. Sono profondamente offeso,
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cugino, e non me ne importa un fico secco di dirtelo.»
Julian si inchinò verso il cugino, mentre Tristan scivolava silenzioso alle
spalle di Parker. «Le mie scuse, Dex. Ma come mio erede, eri per forza
sospettato.»
«E questo è un altro punto» rifletté Dexter grattandosi la testa. «Io sono
l'erede. Anche se Parker fosse riuscito a farti impiccare, non avrebbe
ereditato lui il titolo. C'ero io tra i piedi.»
La voce profonda di lord Rule fece sobbalzare leggermente Parker sulla
sedia. «Chissà perché, non credo che questo insignificante dettaglio
avrebbe ostacolato il nostro Parker molto a lungo.»
«Cosa...?» Dexter imprecò, lanciandosi verso il segretario, solo per
bloccarsi dove stava quando Parker balzò in piedi impugnando una pistola
d'argento.
«State lontani da me, tutti quanti!» gridò, agitando nervosamente l'arma.
«Mettila giù, Parker» gli consigliò Julian mellifluo, tendendo la mano
aperta a mostrargli le pallottole che Bartholomew aveva scoperto nella sua
camera. «E nel caso remoto che tu ne avessi altre nascoste da qualche
parte, mi sono pure preso la briga di togliere il percussore. Hai spesso
sottolineato quanto odiassi le armi da fuoco di qualsiasi genere, e ho
pensato che avresti tenuto una pistola solo se ti fossi sentito nella necessità
di difenderti. Soltanto un uomo colpevole può sentirsi così, non è vero?»
Parker sembrò afflosciarsi su se stesso. «Tutto per niente» borbottò.
«Tutto per niente.»
«Già» concordò Julian, sfilando la pistola dalla presa inerte di Parker.
«Vorrei solo non avessi dovuto darti la pena di assoldare qualche villico
per sistemarti la faccia, così da provare la tua lealtà. Lord Rule ha
rintracciato quell'uomo oggi pomeriggio, al villaggio, per cui non c'è scopo
a negare. Già, è un peccato. Mi avrebbe dato il piacere più grande poterti
cambiare i connotati personalmente.»
«Lo scorterò dal conestabile» si offrì Tristan, afferrando Parker non
troppo gentilmente per il gomito e spingendolo via. «Kit» chiese, «le
piacerebbe cavalcare con noi? Se siamo fortunati, questo verme cercherà
di scappare.»
«Insignificante dettaglio?» ripeteva monotono Dexter, rivolgendosi a
Rachel per avere conforto. «Sono davvero un insignificante dettaglio?»
«Ma certo che no» lo blandì lei, facendo scivolare un braccio attorno
alle spalle magre del giovane dandy. «Jennie, trasferiamoci nella saletta
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della colazione, dove potremo chiedere a Raleigh di portare a Dexter una
buona tazza di tè per rinfrancarsi, dal momento che certamente
pranzeremo tardi. Povero caro» chiocciò, mentre conducevano il giovane
disilluso fuori dalla stanza.
«È finita» sospirò Julian, quando lui e Lucy furono soli. «Finalmente, è
finita.»
Lucy scosse la testa, senza incontrare il suo sguardo. «Non del tutto,
Julian. Non sarebbe onesto da parte mia se non ti facessi notare che ora sei
libero di sposare lady Cynthia. Al momento è fidanzata con lord Seabrook,
ma non posso credere che non ti vorrebbe di nuovo con sé, una volta
appreso che il tuo nome è stato mondato dallo scandalo.»
Julian assunse un'espressione meditabonda. «Capisco» disse, come
prendendo in considerazione la cosa. «Ma per quanto ti riguarda, Lucy? Ti
ho compromessa una mezza dozzina di volte almeno. Non avresti alcuna
obiezione?»
Lucy alzò lo sguardo su di lui quasi con la medesima espressione
animata che gli aveva mostrato quando era riuscita a guidare il suo
velocipede nel parco. «Obiettare, Julian? Santo cielo, no. Non io. Dovrei
solo ricominciare a rincorrerti con rinnovato fervore finché ti avessi
riconquistato. Che cosa ne diresti, se mi introducessi di nascosto in camera
tua e mettessi in posa il mio corpo scarsamente vestito sul fondo del tuo
letto?»
Sollevandola da terra tra le sue braccia, Julian rovesciò all'indietro la
testa mentre Lucy gli copriva il viso di baci. «Suona alquanto promettente,
tesoro. Descrivi meglio.»
FINE
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