• Italiano • Francais • English • Deutsch • Espanol Il sistema giudiziario italiano Il presente volume è l’edizione aggiornata del precedente pubblicato nel 1999 sempre nella prospettiva di offrire una rapida informazione sul modo secondo il quale è organizzata la giustizia in Italia. La prima parte è una concisa esposizione del sistema vigente; la seconda costituisce un primo approccio ai problemi applicativi cui lo stesso dà luogo. Nell’ultima parte sono riportate le principali leggi. Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura. PARTE PRIMA NORMATIVA IN MATERIA DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO E DI ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DEL C.S.M. 1. LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE NELLA COSTITUZIONE. 1.1. La giurisdizione. — Il sistema di distribuzione della funzione giurisdizionale è dalla Costituzione realizzato in modo seguente. 1.2. La giurisdizione costituzionale. — È attribuita alla Corte costituzionale, composta di quindici giudici: nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa (art. 135 Cost.). *** La Corte costituzionale giudica (art. 134 Cost.): a) sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; b) sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra Stato e Regioni e tra Regioni; c) sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione (cfr. art. 90 Cost.). *** Il controllo di legittimità costituzionale delle leggi può essere introdotto in via principale, da soggetti specificamente legittimati (Stato, Regioni, Province autonome) (cfr. artt. 37-42 l. cost. 11 marzo 1953, n. 87), oppure in via incidentale, da parte di un giudice, il quale, nel corso di un processo, ritenga la legge da applicare al singolo caso concreto di dubbia costituzionalità. La questione di costituzionalità deve essere, in tale ultima ipotesi, rilevante per la decisione del processo e non manifestamente infondata (cfr. art. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1; artt. 23-30 l. cost. 11 marzo 1953, n. 87). 1.3. La giurisdizione ordinaria. — La giurisdizione ordinaria è esercitata da magistrati ordinari considerati tali perché istituiti e regolati dalle norme di ordinamento giudiziario (art. 102 Cost.; artt. 1 e 4 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) e la loro differenziazione dagli altri giudici deriva dalla riserva di indipendenza prevista dalla Costituzione (artt. 101-104 Cost.) ed anche dal fatto che sono sottoposti al potere del Consiglio superiore della magistratura (per la cui costituzione e funzionamento, l. 24 marzo 1958, n. 195 e d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916), che ne costituisce l’organo di autogoverno. *** La giurisdizione ordinaria si ripartisce in due settori: quello penale, il cui oggetto è la decisione sulla fondatezza o meno dell’azione penale promossa dal pubblico ministero nei confronti di un determinato soggetto, l’altro civile, diretto alla tutela giuridica dei diritti inerenti a rapporti tra privati o tra questi e la pubblica amministrazione, quando essa nell’esercizio dei propri compiti leda il diritto soggettivo di altra persona. Il giudizio penale è promosso dal magistrato, anch’esso appartenente alla magistratura ordinaria, dell’ufficio del pubblico ministero (art. 107, ultimo comma, Cost.). Il giudizio civile può essere promosso da qualunque soggetto pubblico o privato, definito attore, nei confronti di altro soggetto, che assume la qualità di destinatario della domanda, definito conve nuto. I giudizi civili e penali sono disciplinati da due distinti complessi di norme processuali: il codice di procedura civile ed il codice di procedura penale. Il processo civile è stato parzialmente modificato da una legge del 1990 ( n. 353, del 26 novembre ), a decorrere dal 30 aprile 1995, allo scopo di rendere più rapida ed effettiva la sua trattazione. La struttura attuale scandisce l’attività processuale in udienze dedicate, rispettivamente, alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, alla trattazione della causa ed al tentativo di conciliazione, all’istruzione probatoria, alla discussione finale e decisione. Il codice di procedura penale, invece, è stato completamente riformato nel 1988, passandosi da un sistema ad impronta inquisitoria ad un sistema tendenzialmente accusatorio, ispirato, tra gli altri, ai principi della parità dell’accusa e della difesa e della formazione orale della prova davanti al giudice nel pubblico dibattimento (cfr. l. 16 febbraio 1987, n. 81, conte nente la delega per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale). Dopo numerosi interventi normativi, che nel tempo hanno per più aspetti attenuato il carattere accusatorio del rito in nome di esigenze di difesa sociale dalla criminalità organizzata, la recente modifica dell’art. 111 cost., operata dalla legge costituzionale 23 novembre 2000, n. 2, ha espressamente sancito il principio di ispirazione accusatoria della formazione in contraddittorio della prova ed ha reso indefettibile la tutela del dir itto alla prova dell’imputato. La riforma dell’art. 111 cost. riguarda qualunque processo, sia civile che penale che anche amministrativo o contabile, nella parte in cui eleva a garanzia espressa la regola del giusto processo, secondo cui ogni processo deve svolgersi in contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale e deve avere una ragionevole durata. Il diritto alla ragionevole durata del processo ha ricevuto di recente espresso riconoscimento con la l. 24. 3. 2001, n.89, che attribuisce alle parti il diritto di chiedere, in caso di sua violazione, una equa riparazione pecuniaria nei confronti dello Stato. La giurisdizione ordinaria è amministrata da giudici «professionali» e da giudici «onorari”, che costituiscono l’ordine giudiziario (art. 4 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). In particolare, l’ordine giudiziario era costituito dagli uditori giudiziari, dai giudici di ogni qualifica delle preture, dei tribunali e delle corti di appello e di Cassazione e dai magistrati del pubblico ministero. Appartenevano inoltre all’ordine giudiziario, come magistrati onorar i, i giudici conciliatori e i vice conciliatori (figure ormai soppresse, che funzionano attualmente solo ad esaurimento); la magistratura onoraria, oggi, si compone dei giudici di pace (l. 21 novembre 1991, n. 374; d.P.R. 28 agosto 1992, n. 404), a cui è attribuita competenza, sia nel settore civile che nel settore penale, su materie sottratte alla giurisdizione dei giudici professionali, dei giudici onorari aggregati (l. 22 luglio 1997, n. 276; d.l. 21 settembre 1998, n. 328, conv. in l. 19 novembre 1998, n. 221), che compongono le cd. sezioni stralcio istituite per l’eliminazione degli affari civili pendenti alla data del 30 aprile 1995, dei giudici onorari di tribunale (cd. g.o.t.) di supporto negli uffici giudicanti e dei vice procuratori onorari (cd. v.p.o.) in forza agli uffici inquirenti, degli esperti del tribunale e della sezione di corte d’appello per i minorenni, dei giudici popolari delle corti d’assise (l. 10 aprile 1951, n. 287), degli esperti componenti del tribunale di sorveglianza (cfr. art. 70 l. 26 luglio 1975, n. 354) e delle sezioni specializzate agrarie (cfr. artt. 2-4 l. 2 marzo 1963, n. 320). Attualmente, la giustizia, nelle materie civile e penale, è amministrata: dal giudice di pace, dal tribunale, dalla corte d’appello, dalla corte suprema di cassazione, dal tribunale per i minorenni, dal magistrato di sorveglianza e dal tribunale di sorveglianza (art. 1 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). Con la riforma sul giudice unico di primo grado (d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51),si è attuata la ristrutturazione degli uffici giudiziari di primo grado, mediante la soppressione dell’ufficio del pretore e il trasferimento delle relative competenze al tribunale, che ora ha sia una composizione monocratica, per gli affari di minore complessità, che una composizione collegiale per gli affari di maggiore complessità. Analogamente, è stato soppresso l’ufficio del pubblico ministero presso la pretura circondariale e le relative funzioni sono state trasferite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale. Nella stessa prospettiva, i magistrati onorari in servizio presso l’organo giudicante ormai soppresso (la pretura) hanno mutato la loro denominazio ne da vice pretore onorario a giudice onorario del tribunale. 1.4. Le giurisdizioni speciali. — La Costituzione vieta l’istituzione di nuovi giudici «straordinari o speciali», consentendo, nell’ambito della giurisdizione ordinaria, l’istituzione di sezioni specializzate in determinati settori, caratterizzate dalla compresenza nello stesso organo giudicante di magistrati ordinari e di cittadini idonei estranei all’ordine giudiziario (ad esempio, le sezioni specializzate agrarie) (art. 102 Cost.). *** Sono comunque previsti giudici speciali, quali i giudici amministrativi, la Corte dei conti e il giudice militare, preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione (art. 103 Cost.). *** La Corte dei conti è composta di magistrati contabili e presso di essa è istituita una Procura generale cui sono attribuite funzioni requirenti. Recentemente, la magistratura contabile è stata riformata prevedendosi autonome sezioni giurisdizionali e requirenti su base regionale. Organo di governo autonomo è il Consiglio di Presidenza della Corte stessa. Oltre alla competenza in materia di controllo preventivo di legittimità su numerosi atti del Governo e di altri organi pubblici e di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, alla Corte dei conti sono affidati i giudizi in materia di contabilità pubblica, pensionistica e di responsabilità degli impiegati e funzionari dello Stato o di altri enti pubblici. *** I giudici militari, ai quali è attribuita la competenza a giudicare dei reati militari commessi dagli appartenenti alle forze armate, costituiscono un ordine distinto dalla magistratura ordinaria e amministrato da un organo di governo autonomo, il Consiglio superiore della magistratura militare. *** La giurisdizione amministrativa è attribuita ad un complesso di organi, distinti dalla magistratura ordinaria: tribunali amministrativi regionali, quali giudici di primo grado, e Consiglio di Stato, quale giudice di secondo grado. L’organo di governo autonomo dei giudici amministrativi è il Consiglio di presidenza della magistratura amministrativa, composto, oltre che dal presidente del Consiglio di Stato, da quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato, da sei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali anche da membri laici, ossia da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche o tra gli avvocati con venti anni di esercizio professionale. L’organo si compone anche di membri supplenti, scelti tra i magistrati del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali. L’attuale composizione con la presenza di membri laici è dovuta alla recente modifica dell’art. 7 legge 27 aprile 1982, n. 186, contenente l’ordinamento della giurisdizione amministrativa, apportata dalla legge 21 luglio 2000 n. 205 ed in particolare dall’art. 18. Il giudice amministrativo esercita il sindacato di legittimità (e non di merito, inteso nel senso di opportunità) degli atti amministrativi: il ricorso davanti all’organo di giustizia amministrativa è volto ad ottenere l’annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo che si assume viziato per incompetenza, vio lazione di legge o eccesso di potere. In linea generale, la sfera di competenza della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa è individuata attraverso il riferimento alla posizione soggettiva — diritto soggettivo e interesse legittimo — fatto valere in giudizio: la giurisdizione amministrativa (salve particolari materie riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che da ultimo sono state incrementate dalla legge 21 luglio 2000, n. 205) è il giudice dell’interesse legittimo. Normativa di riferimento: Costituzione, artt. 90, 101-113, 134-137 -l. Cost. 23 novembre 2000, n. 2 - r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 - l. 21 novembre 1991, n. 374 - d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, artt. 1-48 -l. 27 aprile 1982, n. 186, art. 7 -l. 21 luglio 2000, n. 205, art. 18 -l. 24 marzo 2001, n. 89 2. LA POSIZIONE COSTITUZIONALE DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA. 2.1. Indipendenza e autonomia. – Secondo la Costituzione la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (art. 104 Cost.). L’autonomia attiene alla struttura organizzativa. Essa si realizza nei confronti del potere esecutivo, in quanto l’indipendenza della magistratura sarebbe compromessa se i provvedimenti afferenti la progressione in carriera dei magistrati e, più in generale, lo status fossero attribuiti al potere esecutivo. La Costituzione, invece, ha attribuito ad un organo di governo autonomo l’amministrazione del personale della magistratura (trasferimenti, promozioni, assegnazioni di funzioni e provved imenti disciplinari) (art. 105 Cost.): il Consiglio superiore della magistratura è quindi il garante dell’indipendenza della magistratura. L’autonomia si realizza anche nei confronti del potere legislativo, nel senso che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.). L’indipendenza è relativa all’aspetto funzionale dell’attività giurisdizionale. Essa non è riferita all’ordine nel suo complesso – garantito mediante l’autonomia, nei termini suesposti – bensì al giudice nel momento dell’esercizio della giurisdizione. L’indipendenza deriva e si attua in relazione all’altro principio costituzionale della soggezione del giudice soltanto alla legge, che realizza il rapporto di derivazione della giurisdizione dalla sovranità popolare. *** Indipend enza e autonomia sono principi che la Costituzione riconosce anche al pubblico ministero (artt. 107 e 112 Cost.), in particolare laddove viene prevista l’obbligatorietà dell’azione penale. Proprio l’obbligatorietà dell’azione penale, anzi, concorre a garantire, non solo l’indipendenza del pubblico ministero nell’esercizio della propria funzione, ma anche l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. L’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero presentano peraltro caratteri peculiari con riguardo ai rapporti «interni» all’ufficio, dovendosi considerare il carattere unitario di questo e il potere di sovraordinazione che va riconosciuto al capo dell’ufficio nei confronti dei sostituti addetti (cfr. art. 70 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). 2.2. Inamovibilità – I magistrati godono anche della garanzia dell’inamovibilità. L’indipendenza del giudice, infatti, potrebbe essere gravemente compromessa dalla possibilità di dispensa dal servizio o di trasferimento da una sede all’altra. Ad evitare che ciò si verifichi la Costituzione prevede che la sospensione, la dispensa e il trasferimento del magistrato non possano che essere deliberati dal Consiglio superiore della magistratura o con il loro consenso o per i motivi e con le garanzie di difesa predisposti dalla legge di ordinamento giudiziario. Di regola, pertanto, il magistrato può essere trasferito in un’altra sede o a svolgere altre funzioni solo con il suo consenso, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura. Tale provvedimento è adottato all’esito di una procedura concorsuale fra gli aspiranti che si apre con la pubblicazione delle sedi vacanti e la predisposizione di una graduatoria che tiene conto dell’anzianità, dei motivi di famiglia o di salute e delle attitudini (la discip lina di settore è contenuta in apposita circolare adottata dall’organo di autogoverno: circ. 30 novembre 1993, n. 15098, e succ. modif.). *** Tassative sono le ipotesi in cui è eccezionalmente consentito un trasferimento d’ufficio. In proposito, oltre a quella di prima assegnazione delle funzioni agli uditori giudiziari, vanno segnalate le ipotesi in cui il trasferimento d’ufficio è diretto a soddisfare, d’autorità, l’interesse dell’amministrazione alla copertura di determinati posti di organico: si pensi, in particolare, agli artt. 4 ss. l. 25 luglio 1966, n. 570, e succ. modif., relativi alla copertura d’ufficio dei posti di magistrati di corte di appello privi di aspiranti; all’art. 10 l. 20 dicembre 1973, n. 831, in materia di conferimento di ufficio delle funzioni di cassazione; nonché, agli artt. 3 ss. l. 16 ottobre 1991, n. 321, e succ. modif., in tema di trasferimento d’ufficio nelle sedi vacanti non richieste; all’art. 1 l. 4 maggio 1998, n. 133, relativo alla copertura delle sedi disagiate dell’Italia meridionale ed insulare notoriamente poco ambite e sempre vacanti. E’ altresì previsto in capo al C.S.M. il potere di trasferimento officioso dei magistrati, oltre che nel caso di soppressione dell’ufficio di appartenenza del magistrato (art.2, comma III, R.D.Lgs.511/46), “quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con indipendenza ed imparzialità” (art.2, comma II, R.D.Lgs.511/46); in questo caso la deroga al principio di ina movibilità è giustificata dall’esigenza, ritenuta prevalente, di assicurare ad un magistrato nella sede ove egli svolge le sue funzioni l’esercizio indipendente ed imparziale della giurisdizione, che sarebbe, invece, pregiudicato dalla permanenza in quella sede. E’ importante rilevare che per questo trasferimento officioso rileva la sola situazione oggettiva dell’impedimento all’esercizio delle funzioni in una determinata sede, prescindendo da qualsiasi causa per cui sia ravvisabile una colpa del magistrato. Il trasferimento viene adottato all’esito di una procedura amministrativa, che, pur originata da rapporti dei dirigenti degli uffici o da esposti dei cittadini, si sviluppa tutta all’interno del C.S.M. e mette capo ad un provvedimento amministrativo che si perfeziona definitivamente con l’assegnazione di una nuova sede al magistrato; avverso tale provvedimento il magistrato potrà far ricorso alla giustizia amministrativa. La previsione di questo trasferimento per incompatibilità ambientale incolpevole si differenzia sia dal trasferimento d’ufficio, quale sanzione disciplinare, prevista dall’art.13, comma 1, D.Lgs.109/2006, sia dalla misura cautelare e provvisoria, prevista dall’art.13, comma 2, D.Lgs.109/2006 all’interno di un procedimento disciplinare a carico del magistrato, quando sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza. Nel primo caso la sanzione consegue ad un accertamento di responsabilità colpevole (e, quindi, che riconosce una colpa) in sede disciplinare del magistrato a seguito di un procedimento giurisdizionale a suo carico, che mette capo ad una sentenza della sezione disciplinare del C.S.M., ricorribile alle Sezioni unite della Corte di Cassazione. Nel secondo caso il trasferimento d’ufficio si struttura quale vera e propria misura cautelare all’interno del procedimento disciplinare a carico del magistrato, anticipatoria di una futura condanna; essa è promossa dal Procuratore generale della Corte di Cassazione e decisa, all’esito di una procedura interinale, con ordinanza dalla sezione disciplinare del C.S.M., ricorribile in Cassazione. *** 2.3. Imparzialità e precostituzione. – L’ordinamento costituzionale appresta ulteriori garanzie alla funzione giurisdizionale. In particolare, attraverso la previsione del principio della precostituzione per legge del giudice (art. 25 Cost.) da un lato si istituisce una riserva assoluta di legge in materia di competenza del giudice, vietandosi nel contempo che la competenza stessa possa essere determinata da fonti secondarie o da atti non legislativi; dall’altro si prescrive l’individuazione del giudice competente con riferimento alla situazione anteriormente al fatto da giudicare, impedendo che il giudice possa essere individuato ex post. Con il principio del giudice naturale precostituito per legge si assicura, nello stesso tempo, l’imparzialità di chi esercita la funzione giurisdizionale. A corollario dei citati principi costituzionali è posta la disciplina di ordinamento giudiziario relativ a alla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari, diretta a disciplinare la destinazione dei singoli magistrati e l’assegnazione degli affari (cfr. artt. 7 ss. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12; cfr., altresì, la disciplina di settore introdotta dal C.S.M.: da ultimo, con circolare 21 maggio 1997, n. 8873). Non contraddicono i principi di imparzialità e precostituzione gli istituti dell’applicazione (cfr., in particolare, l’art. 110 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nonché la disciplina di dettaglio contenuta nella circolare del C.S.M. n. 7704 del 2 maggio 1991) e della supplenza (cfr., in particolare, gli artt. 97, 105 e 109 r.d. n. 12/41, nonché la disciplina di dettaglio contenuta nella circolare del C.S.M. n. 7704 del 2 maggio 1991), mediante i quali si mira a sopperire ad eventuali carenze degli uffici giudiziari attraverso l’utilizzo di altri magistrati ordinariamente in servizio presso altri uffici o nello stesso ufficio ma adibiti a diverse funzioni. Sotto questo profilo, anzi, va segnalata la recente l. 4 maggio 1998, n. 133 che contiene importanti novità volte a perseguire il miglioramento del servizio giustizia. Tra queste di particolare rilievo è la previsione delle c.d. «tabelle infradistrettuali» degli uffici giudiziari. Dette tabelle non si sostituiscono a quelle ordinariamente previste nei singoli uffici (cfr. art. 7-bis r.d. n. 12/41), ma vi si aggiungono in modo da consentire un più duttile ed esteso utilizzo dei magistrati presso più uffici giudiziari (quelli «accorpati» nell’ambito dello stesso distretto), anche attraverso il ricorso agli istituti, parimenti innovativi, della «coassegnazione» dello stesso magistrato a più uffici giudiziari e della «supplenza infradistrettuale» (cfr. art. 6 l. cit.). Trattasi di istituti fortemente assimilabili a quelli, già menzionati, dell’applicazione e della supplenza, mediante i quali il legislatore mira a costruire un sistema ancora più efficiente per sopperire alle non infrequenti carenze degli organici e/o agli impedimenti dei magistrati titolari, ampliando, quantitativamente e qualitativamente, le possibilità di utilizzo del personale magistratuale presente in organico. Sempre nella prospettiva di porre rimedio ai disagi organizzativi degli uffici giudiziari conseguenti ad assenze temporanee di magistrati, la recente legge 13 febbraio 2001, n. 48, che ha riformato il sistema di accesso alla magistratura ed ha aumentato di mille unità l’organico, ha istituito presso ogni corte di appello la pianta organica dei magistrati distrettuali, da destinare alla sostituzione dei magistrati del distretto nei casi di assenza dall’ufficio. I casi in cui è consentita l’utilizzazione del magistrato distrettuale sono quelli di assenza per aspettativa per malattia o per altra causa, per astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro per gravidanza o maternità oppure per le altre ipotesi disciplinate dalla legge 8 marzo 2000, n. 53 (recante norme per il sostegno della maternità e della paternità), per tramutamento ad altro ufficio non contestuale all’esecuzione del provvedimento di trasferimento di altro magistrato nel posto lasciato scoperto, per sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale o disciplinare, per esonero dalle funzioni giudiziarie in occasione della partecipazione alla commissione esaminatrice del concorso per uditore giudiziario. La consistenza numerica della pianta organica dei magistrati distrettuali è determinata con decreto del Ministro della Giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, in relazione alle medie statistiche delle assenze per distretto nel triennio precedente all’entrata in vigore della legge ed è soggetta a revisione biennale sempre in base alle medie statistiche delle assenze del biennio precedente. 2.4. Obbligatorietà dell’azione penale. – La garanzia di indipendenza del pubblico ministero è assicurata anche attraverso la previsione dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale (art. 112 Cost.). Tale principio va inteso nel senso che, acquisita la notizia di reato, il pubblico ministero è tenuto a svolgere indagini e ha l’obbligo di sottoporre alla valutazione del giudice l’esito delle indagini stesse formulando le relative richieste. Ciò sia nel caso in cui intenda richiedere l’archiviazione, ritenuta l’infondatezza della notizia di reato, sia nel caso in cui ritenga di procedere a carico di un determinato soggetto in ordine ad una specifica ipotesi di reato. Come si è accennato, l’obbligatorietà dell’azione penale concorre a garantire, non solo l’indipendenza del pubblico ministero nell’esercizio della propria funzione, ma anche l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. Normativa di riferimento: – r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511 – l. 13 febbraio 2001, n. 48, art. 1 e 4-8 3. IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA. 3.1. Attribuzioni. – Il C.S.M. è l’organo di governo autonomo della magistratura ordinaria al quale spettano, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati (cfr. art. 105 Cost.) (per la costituzione e il funzionamento del C.S.M., cfr. l. 24 marzo 1958, n. 195 e d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916; nonché il regolamento interno approvato dallo stesso organo di autogoverno). 3.2. Composizione. - La Costituzione (art.104) prevede che il C.S.M. sia composto da tre membri di diritto: il Presidente della Repubblica che presiede anche l’organo, il Presidente della Corte di Cassazione ed il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Riguardo ai componenti elettivi la Costituzione non ne indica il numero, ma individua che per due terzi siano eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie (c.d. membri togati) e per un terzo dal Parlamento in seduta comune, scelti tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio della professione (c.d. membri laici). La stessa Costituzione prevede che la durata in carica dei componenti elettivi sia di quattro anni e che gli stessi non siano immediatamente rieleggibili. Tra i componenti laici il Consiglio deve eleggere un Vice Presidente, che, oltre a presiedere l’Assemblea plenaria (in assenza del Presidente della Repubblica o per delega di questi), presiede il Comitato di Presidenza, cui sono attribuiti compiti di promozione dell’attività consiliare, di attuazione delle delibere del C.S.M. e di gestione dei fondi di bilancio, tenuto conto che il Consiglio gode di autonomia contabile e finanziaria. E’, quindi, la legge ordinaria a determinare sia il numero dei componenti elettivi che le loro modalità di elezione. Attualmente la L.44/2002 (che ha modificato l’art.1 L.195/58) fissa in 24 il numero dei componenti elettivi, di cui 16 membri togati e 8 laici; questi ultimi sono eletti da l Parlamento in seduta comune con votazione a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dei componenti l’assemblea per i primi due scrutini, mentre dal terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. I componenti da ele ggere tra i membri togati sono così ripartiti: due tra i magistrati della Corte di Cassazione (giudicanti e requirenti), che esercitino le funzioni di legittimità, quattro tra i magistrati che esercitino funzioni requirenti nella giurisdizione di merito e gli altri dieci tra quelli che esercitino funzioni giudicanti tra i magistrati di merito. L’elezione dei componenti togati avviene mediante un sistema maggioritario in un collegio unico nazionale per ciascuna delle categorie di magistrati da eleggere, come sopra indicati, ed è fondato su candidature individuali, presentate da un numero di magistrati non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. Ogni elettore riceve tre schede per ciascuno dei tre collegi unici nazionali ed esprime il proprio voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie dei magistrati: legittimità e merito, giudicanti e requirenti. La commissione centrale elettorale, costituita presso la Corte di Cassazione provvede allo spoglio delle schede, determinando il totale dei voti validi e delle preferenze per ciascun candidato. Vengono dichiarati eletti i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti in numero pari a quello dei seggi da assegnare in ciascun collegio (o categoria di magistrati). 3.3. Posizione costituzionale del C.S.M. – In ordine alla posizione del Consiglio, la Corte costituzionale ha affermato che trattasi di organo che, sebbene espleti funzioni oggettivamente amministrative, non è parte della pubblica amministrazione, in quanto rimane estraneo al complesso organizzativo che fa capo direttamente o al Governo dello Stato o a quello delle Regioni. Con riferimento alle funzioni attribuitegli dalla Costituzione il Consiglio è stato definito «organo di sicuro rilievo costituzionale». Tali funzioni, definibili come di «amministrazione della giurisdizione», riguardano in primo luogo la gestione del personale della magistratura e si realizzano attraverso le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari riguardanti i magistrati. Riguardano, peraltro, anche l’organizzazione degli uffici giudiziari, sì da assicurare e garantire che il singolo magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, sia soggetto «soltanto alla legge». Sotto quest’ultimo profilo, va rimarcato che il Consiglio superiore, su proposta dei presidenti delle Corti di appello e sentiti i Consigli giudiziari, approva ogni due anni le tabelle di composizione degli uffici giudiziari di ogni distretto e contestualmente approva criteri obiettivi e predeterminati per l’assegnazione degli affari ai singoli giudici. Il Consiglio ha, dunque, una posizione di vertice della struttura burocratica preposta all’amministrazione della giurisdizione ed alla quale cooperano, a vario titolo, anche i Consigli giudiziari e i capi dei singoli uffici giudicanti e requirenti. 3.4. Attività paranormativa del C.S.M. – Al Consiglio è riconosciuta dalla legge istitutiva la potestà di adottare atti paranormativi che possono ricondursi a tre categorie: a) regolamento interno e regolamento di amministrazione e contabilità, entrambi previsti dalla legge; sono atti di normazione secondaria, riconosciuti a qualsiasi organo politico-amministrativo di rilievo costituzionale, diretti a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento del Consiglio; b) regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari, anche esso espressamente previsto dalla legge istitutiva, e diretto a disciplinare durata e modalità del tirocinio dei magistrati appena entrati in carriera; c) circolari, risoluzioni e direttive: le prime riconducibili alla essenziale funzione di autodisciplinare l’esercizio della discrezionalità amministrativa riconosciuta dalla Costituzione e dalle leggi ordinarie all’organo di autogoverno; le altre a quella di proporre e attuare l’applicazione di norme di ordinamento giudiziario secondo un’interpretazione sistematica delle fonti. Normativa di riferimento: – l. 24 marzo 1958, n. 195 4. L’ACCESSO ALLA MAGISTRATURA ORDINARIA. 4.1. Il concorso. - L’accesso alla magistratura professionale avviene per concorso pubblico secondo la previsione dell’art.106, comma I, Cost.; la disciplina dell’accesso alla magistratura professionale (concorso per Uditore giudiziario) è stata oggetto, soprattutto negli ultimi anni, di diversi interventi legislativi, che da un lato volevano ridurre i tempi delle procedure concorsuali e dall’altro richiedevano una maggiore qualificazione dei candidati al concorso, per la cui partecipazione occorreva inizialmente solo la laurea in giurisprudenza. Il D.Lgs. 398/97 ha allora istituito presso le Università delle Scuole di specializzazione per le professioni legali con lo scopo di completare la formazione di coloro che, avendo conseguito la laurea in giurisprudenza, intendessero specificamente esercitare le professioni di magistrato, avvocato e notaio; dette Scuole, la cui istituzione è effettivamente intervenuta a partire dall’Anno accademico 2001-2002, rilasciano al termine del corso di studi biennale un diploma che costituisce requisito per l’ammissione al concorso in magistratura ed hanno anche il dichiarato scopo di promuovere una formazione comune tra i soggetti destinati ad interagire nella futura esplicazione delle anzidette attività professionali. Nel periodo intercorso tra l’entrata in vigore della legge e l’effettiva istituzione delle Scuole di specializzazione, al fine di razionalizzare ed accelerare le procedure concorsuali, scremando l’indistinta platea di candidati al concorso per l’accesso in magistratura, è stata introdotta una prova preliminare (ulteriore rispetto alle prove scritte ed orali), realizzata con l’uso di strumenti informatici ed avente ad oggetto domande con risposte multiple sulle materie poste a fondamento delle prove scritte. Una volta istituite le Scuole di specializzazione, il cui accesso è a numero chiuso con selezione basata su prove informatiche e sui curricula degli aspiranti, la prova preliminare informatica è stata eliminata dal nuovo accesso alla magistratura delineato dalla L.48/2001, che, per accelerare la procedura di correzione degli elaborati ha istituito la figura dei “correttori esterni”, in realtà mai attuata perché richiedeva un regolamento attuativo della disciplina, che non è stato emanato; in tal caso la legge ha previsto che le prove scritte per il concorso in magistratura siano precedute dalla prova preliminare informatica e ciò è quanto si è sinora verificato. Il concorso per Uditore giudiziario, bandito dal Ministro della Giustizia su deliberazione del C.S.M., che determina il numero dei posti da mettere a concorso, verte su tre prove scritte: diritto civile, penale e amministrativo (in via transitoria la L.48/2001 ha previsto il bando di tre concorsi con la celebrazione di due sole prove scritte tra quelle indicate, la cui individuazione è rimessa ad un sorteggio effettuato il giorno stesso dell’effettuazione delle prove scritte); vi è poi un esame orale sulle materie già oggetto delle prove scritte (nel diritto civile sono inseriti anche elementi fondamentali di diritto romano), cui si aggiungono la procedura civ ile e penale, il diritto amministrativo, costituzionale, tributario, del lavoro, della previdenza sociale, comunitario, internazionale ed elementi di informatica giuridica. La commissione esaminatrice, nominata dal C.S.M. dieci giorni prima dell’inizio delle prove scritte (o della preselezione informatica), è presieduta da un magistrato di cassazione dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, che esercita funzioni di legittimità, ed è composta da un magistrato di qualifica non inferiore a quella di dichiarato idoneo a essere valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, con funzioni di vicepresidente, da ventidue magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di appello nonché da otto docenti universitari in materie giuridiche. La graduatoria formata dalla commissione, sulla base della somma complessiva dei voti attribuiti in ogni singola prova a ciascun candidato, è approvata dal C.S.M. I vincitori del concorso sono nominati Uditori giudiziari ed assegnati ad un ufficio giudiziario di primo grado, che sia sede di Corte d’Appello, per svolgere il tirocinio, regolato dal D.P.R. 17 luglio 1998; esso consiste nell’assistere e collaborare all’attività giudiziaria svolta dai magistrati, cui l’uditore è affidato, nei settori civile e penale sia come giudici monocratici o collegiali che come pubblici ministeri; non manca, però, anche un’attività di formazione di tipo teorico con l’organizzazione di incontri di studio riservati agli uditori giudiziari e svolti sia in sede centrale dal C.S.M. che decentrata da parte dei Consigli giudiziari e dei referenti per la formazione distrettuali (che vengono nominati ogni biennio dal C.S.M.) La durata del tirocinio non può essere, di regola, inferiore a diciotto mesi ed è suddiviso in un tirocin io “ordinario”, di durata non inferiore a tredici mesi, e di un tirocinio “mirato” per il periodo residuo; quest’ultimo consegue alla scelta della sede da parte dell’uditore ed è quindi, rivolto a sviluppare la pratica della specifica attività giudiziaria che l’uditore sarà di lì a poco chiamato a svolgere nella sede di destinazione. Il tirocinio è diretto, coordinato e controllato dal C.S.M., che si avvale a tal fine di organi collegiali distrettuali, i Consigli giudiziari e le commissioni istituite presso questi organismi, per la sua concreta organizzazione. Il tirocinio mira ad assicurare la formazione professionale dell’uditore giudiziario ed a verificarne l’idoneità all’esercizio delle funzioni gi udiziarie. 4.2. La nomina diretta. – La Costituzione prevede, quale eccezione al reclutamento per concorso, la nomina diretta «per meriti insigni» a consigliere di cassazione di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori (art. 106 Cost.). Alla disposizione è stata data di recente attuazione con l. 5 agosto 1998, n. 303, ed in merito è intervenuta la circolare del C.S.M. P.-99-03499 del 18.2.1999. Normativa di riferimento -r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 121-130 -l. 15 maggio 1997 n. 127, art. 17 commi 113 e 114 -d.P.R. 17 luglio 1998 -d.lgs. 17 novembre 1997 n. 398 -l. 13 febbraio 2001 n. 48 5. LA CARRIERA DEI MAGISTRATI ORDINARI. La progressione nelle carriere è unica per i magistrati della giudicante e della requirente. Per trasmutare dall’una all’altra funzione è solo necessaria una valutazione di attitudini. Gli uditori giudiziari, dopo la fase di formazione, possono essere destinati a posti della giurisdizione di primo grado. Il C.S.M. predispone una lista di sedi vacanti, convoca gli uditori che indicano le loro preferenze secondo l’ordine della graduatoria del concorso e secondo gli eventuali titoli preferenziali posseduti. Quanto alla progressione in carriera, va ricordato che l’ordinamento giudiziario del 1941 prevedeva che alle funzioni «superiori» (appello e cassazione) potesse accedersi solo attraverso concorsi e scrutini. L’entrata in vigore della Costituzione e in particolare dell’art. 107, comma 3, secondo il quale «i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni» ha importato una sostanziale revisione della materia. Con una serie di leggi successive (l. 25 luglio 1966, n. 570, sulla nomina a magistrato di corte di appello; l. 20 dicembre 1973, n. 831, sulla nomina a magistrato di cassazione), infatti, è stata abolita la progressione in carriera per concorsi e scrutini e introdotta una progressione automatica, per anzianità, salvo demerito. Il sistema è pertanto così strutturato: l’anzianità necessaria per la nomina alla qualifica di magistrato di tribunale è di due anni a decorrere da quella di uditore con funzioni (cfr. l. 2 aprile 1979, n. 97); dopo undici anni di funzioni, i magistrati di tribunale possono essere nominati alla qualifica di magistrato di corte d’appello (l. 25 luglio 1966, n. 570); l’anzianità richiesta per la dichiarazione di idoneità alla nomina a magistrato di cassazione è di sette anni a decorrere dalla nomina a magistrato di corte d’appello; decorsi ulteriori otto anni i magistrati possono essere dichiarati idonei per la nomina alle funzioni direttive superiori (l. 20 dicembre 1973, n. 831). L’avanzamento, dopo avere conseguito la necessaria anzianità, è deciso dal C.S.M., su parere del consiglio giudiziario competente. Nel caso di dichiarazione non favorevole, il magistrato viene sottoposto a nuova valutazione decorso un determinato lasso di tempo. Il sistema così come attualmente vigente è fondato sulla dissociazione delle qualifiche e delle funzioni, nel senso che l’avanzamento nelle qualifiche è indipendente dall’effettiva attribuzione di un posto corrispondente alla qualifica ottenuta. Per esempio, per essere effettivamente assegnato ad una funzione di appello (quale quella di consigliere della corte d’appello) il magistrato deve avere ottenuto effettivamente la nomina alla qualifica d’appello; per converso, un magistrato di appello o un magistrato che abbia ottenuto la dichiarazione di idoneità per la nomina a magistrato di cassazione può continuare a restare nel posto che occupa — anche se corrispondente ad una qualifica inferiore — senza limitazioni di tempo. Di recente, anzi, è stata introdotta la possibilità della c.d. reversibilità delle funzioni, consentendo ai magistrati che ricoprono un ufficio con funzioni di le gittimità o con funzioni di appello di essere destinati, a domanda, rispettivamente, ad un ufficio con funzioni di merito o a qualunque altro ufficio con funzioni di merito anche se corrispondente alla qualifica di magistrato di tribunale (art. 21-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in l. 7 agosto 1992, n. 356). La sola conseguenza immediata della progressione in carriera è il diverso e corrispondente trattamento economico. Normativa di riferimento: - l. 25 luglio 1966, n. 570 - l. 20 dicembre 1973, n. 831 - l. 2 aprile 1979, n. 97 6. I DIRIGENTI DEGLI UFFICI GIUDIZIARI. Il Presidente della Corte di cassazione, il Procuratore generale pres so la Corte medesima e i magistrati dirigenti degli uffici giudiziari di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, provvedono alla direzione degli uffici, svolgendo compiti di «amministrazione della giurisdizione» nel rispetto delle direttive consiliari, nonché «funzioni amministrative» strumentali rispetto all’esercizio di quelle giudiziarie. Il conferimento degli uffici direttivi è deliberato dal C.S.M., previo concerto con il Ministro della giustizia (cfr. art. 11 l. 24 marzo 1958, n. 195; art. 22 reg. int. C.S.M.). I criteri in base ai quali sono scelti i dirigenti sono le attitudini, il merito e l’anzianità, opportunamente integrati tra loro. La valutazione comparativa degli aspiranti è finalizzata a preporre all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo, con riguardo alle esigenze di funzionalità dell’ufficio ed, eventualmente, a particolari profili ambientali (cfr. circolare C.S.M. n. 13000 del 7 luglio 1999). Per il conferimento degli uffici di vertice della Corte di Cassazione e del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, la procedura di valutazione comparativa è circoscritta ai magistrati che, negli ultimi quindici anni, siano stati titolari di uffici direttivi superiori per almeno due anni, che abbiano esercitato funzioni di legittimità per almeno quattro anni e che, interpellati dal C.S.M., abbiano manifestato la loro disponibilità (cfr. circola re n. 13000 del 7 luglio 1999, come integrata dalla delibera del 7 marzo 2001). 7. LA RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE DEL MAGISTRATO. 7.1 Gli illeciti disciplinari. - Il decreto legislativo n. 109/2006 relativo alla “Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione” modifica in modo significativo il sistema precedente, inserendosi nell’ambito della riforma globale dell’ordinamento giudiziario approvata con la legge n. 150 del 2005. Il primo capo del decreto legislativo si distingue in due sezioni, una dedicata agli illeciti disciplinari dei magistrati e l’altra dedicata alle sanzioni disciplinari. Gli illeciti disciplinari sono distinti in due categorie, da un lato le ipotesi di illeciti commessi nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e dall’altro le ipotesi di illeciti commessi fuori dell’esercizio delle funzioni. La disciplina sostanziale è improntata ad una tendenziale tipizzazione degli illeciti disciplinari dei magistrati, sia per le condotte inerenti l’esercizio delle funzioni giudiziarie che per quelle estranee ad esse, senza la previsione di norme di chiusura. Il primo articolo del citato decreto legislativo è dedicato ai “doveri del magistrato” e prevede una elencazione dettagliata dei doveri fondamentali cui devono attenersi i magistrati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie. Si tratta di principi e valori deontologici essenziali per chi esercita la funzione giudiziaria e ricalca doveri ampiamente riconosciuti nell’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale. Vengono quindi richiamati il dovere di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo, equilibrio nonché di rispetto della dignità della persona come principi fondamentali da osservare nell’esercizio delle funzioni di magistrato. L’art. 2 del decreto legislativo contiene un dettagliato elenco tassativo di ipotesi di illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni, mentre l’art. 3 prevede una serie di condotte tenute fuori dell’esercizio delle funzioni che possono dar vita ad un procedimento disciplinare. Sulla premessa che non possono mai dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove, vengono individuate 25 ipotesi che costituiscono fattispecie tipiche di illecito commesso nell’esercizio delle funzioni; si indicano, a mero titolo di esempio, i comportamenti che, violando i doveri del magistrato, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti; ovvero l’omessa comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità parentale di cui agli artt. 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, nonché la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione; così anche i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato e nell’omessa comunicazione al capo dell’ufficio , da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze, ed inoltre la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile ed il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; e numerose altre di altrettanto rilievo. L’art. 3 del decreto legislativo elenca 8 fattispecie relative a condotte disciplinarmente rilevanti tenute fuori dell’esercizio delle funzioni. Si segnalano, ad esempio, l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri; il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o essere sottoposto a misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone. Nonché l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura; ovvero la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni ed altresì l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’immagine del magistrato. L’art. 4 del decreto individua inoltre gli illeciti disciplinari conseguenti al reato stabilendo una specie di automatismo fra i fatti per i quali è intervenuta una condanna per delitto doloso e l’azione disciplinare, mentre per i delitti colposi puniti con la reclusione, occorre riscontrare il carattere di particolare gravità per le modalità e le cons eguenze del fatto. 7.2 Le sanzioni disciplinari. - La seconda sezione del decreto legislativo fissa l'apparato sanzionatorio della riforma della responsabilità disciplinare. La legge prevede varie tipologie di sanzioni, che vengono adattate alle singole fattispecie disciplinari descritte in precedenza. La legge ha introdotto, infatti, l'applicazione del criterio tale crimen talis poena, come conseguenza doverosa della tipizzazione degli illeciti. Le varie sanzioni previste dalla legge sono: a) l’ammonimento, che è un richiamo all’osservanza dei doveri del magistrato; b) la censura, che è una dichiarazione formale di biasimo; c) la perdita dell'anzianità, che non può essere inferiore a due mesi e non superiore a due anni; d) l’incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo, che non può essere inferiore a sei mesi e non superiore a due anni; e) la sospensione dalle funzioni, che consiste nell’allontanamento dalla funzioni con la sospensione dello stipendio ed il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura; f) la rimozione, che determina la cessazione del rapporto di servizio. Vi è poi la sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio che il giudice disciplinare può adottare quando infligge una sanzione più grave dell’ammonimento, mentre tale sanzione ulteriore è sempre adottata in taluni casi specificamente individuati dalla legge. Il trasferimento d’ufficio può anche essere adottato come misura cautelare e provvisoria, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza. 7.3 Il procedimento disciplinare. - Il procedimento disciplinare ha carattere giurisdizionale ed è regolato dalle norme del codice di procedura penale, in quanto compatibili. Il giudice disciplinare è un organo collegiale che si identifica nella Sezione disciplinare del C.S.M., composta da sei membri: il Vice Presidente del Consiglio superiore, che la presiede, e cinque componenti eletti dallo stesso C.S.M. tra i propri membri, dei quali uno eletto dal Parlamento, un magistrato di cassazione con effettive funzioni di legittimità e tre magistrati di merito. Il procedimento disciplinare è promosso dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione. L'esercizio dell’azione disciplinare è stato trasformato per il Procuratore generale da discrezionale in obbligatorio, mentre per il Ministro permane discrezionale. L'obbligatorietà dell’azione disciplinare si collega alla scelta della tipizzazione degli illeciti, molto vicina a quella operante nel settore della giustizia penale, ed impone una rigorosa osservanza del principio di certezza del diritto, tale da eliminare il più possibile le incertezze applicative. La legge ha anche previsto una clausola generale di irrilevanza disciplinare della condotta qualora il fatto sia di “scarsa rilevanza”, clausola destinata ad operare su un piano diverso – anche se convergente quanto alla finalità – con il potere di archiviazione ad opera dello stesso Procuratore generale. E’ attribuito, infatti, al Procuratore generale un potere di autonoma archiviazione quando il fatto addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante o forma oggetto di una denuncia non circostanziata, ovvero non rientra in alcuna delle previsioni tipic he individuate dalla legge, oppure infine se dalle indagini svolte il fatto risulta inesistente o non commesso. Tale provvedimento di archiviazione viene trasmesso al Ministro della giustizia il quale entro dieci giorni può chiedere copia degli atti e nei successivi sessanta giorni può chiedere al Presidente della sezione disciplinare la fissazione di una udienza di discussione orale formulando l’incolpazione. All’udienza le funzioni di pubblico ministero sono comunque esercitate dal Procuratore generale o da un suo sostituto. Superato il primo stadio, la legge prevede che l’azione deve essere promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell’espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della Giustizia. Secondo il decreto legislativo, poi, entro due anni dall’inizio del procedimento il Procuratore generale deve formulare le richieste conclusive ed entro due anni dalla richiesta, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura si pronuncia. La legge ha inoltre stabilito che non può essere promossa azione disciplinare quando siano decorsi dieci anni dal fatto. Dell’inizio dell’azione disciplinare deve essere data comunicazione all’incolpato entro trenta giorni e l’incolpato può farsi assistere da un altro magistrato o da un avvocato. Successivamente le indagini vengono svolte dal Procuratore generale, il quale formula le sue richieste inviando il fascicolo alla sezione disciplinare del C.S.M., e dandone comunicazione all’incolpato. Il Procuratore generale, se non ritiene di dovere chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formula l’incolpazione e chiede la fissazione dell’udienza di discussione orale. I momenti di intervento del Ministro della giustizia nel procedimento disciplinare si individuano, oltre che nel promuovimento dell’azione disciplinare con la richiesta di indagini, nella richiesta di estensione ad altri fatti dell’azione disciplinare promossa dal Procuratore generale, nel potere di formulare un’integrazione della contestazione disciplinare in caso di azione promossa dal Procuratore Generale e di chiedere la modificazione della contestazione disciplinare in caso di azione promossa da lui medesimo, nel potere di formulare l’imputazione e di chiedere autonomamente la fissazione del giudizio disciplinare in tutti i casi in cui dissente dalla richiesta di proscioglimento avanzata dal Procuratore Generale. La discussione nel giudizio disciplinare avviene in udienza pubblica con la relazione di uno dei componenti della Sezione disciplinare, l’acquisizione d’ufficio di ogni prova utile, la lettura di rapporti, ispezioni, atti e prove acquisite in istruttoria, nonché l’esibizione di documenti. La sezione disciplinare delibera sentite le parti e la decisione può essere impugnata dinanzi alle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, mentre la sentenza divenuta irrevocabile può essere soggetta comunque a revisione. Normativa di riferimento - R.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511 - L. 25 luglio 2005, n. 150 - D.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 8. LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO. La responsabilità disciplinare consegue alla violazione dei doveri funzionali che il magistrato assume nei confronti dello Stato nel momento della nomina. Diversa ed ulteriore è la responsabilità civile che il magistrato assume, invece, nei confronti delle parti processuali o di altri soggetti a causa di eventuali errori o inosservanze compiute nell’esercizio delle sue funzioni. Tale ultima forma di responsabilità, analoga a quella di qualunque altro pubblico dipendente, trova il suo fondamento nell’art. 28 Cost. La materia, dopo gli esiti di una consultazione referendaria che ha importato l’abrogazione della previgente disciplina, fortemente limitativa dei casi di responsabilità civile del giudice, trova la sua attuale regolamentazione nella l. 13 aprile 1988, n. 117. Sotto il profilo sostanziale, la legge afferma il principio della risarcibilità di qualun que danno ingiusto conseguente ad un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell’esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente «a diniego di giustizia» (art. 2). La legge, dopo avere puntualmente fornito le nozioni di «colpa grave» (art. 2, comma 3) e del «diniego di giustizia» (art. 3), chiarisce, comunque, che non possono dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove (art. 2, comma 2): sotto questo profilo, all’evidenza, la tutela delle parti è esclusivamente endoprocessuale, attraverso il ricorso al sistema delle impugnazioni del provvedimento giurisdizionale che si assume viziato. Mentre, ferma restando l’insindacabilità nel merito dell’attività giurisdizionale, può esservi eventualmente spazio per la responsabilità disciplinare del magistrato, laddove, secondo la costante giurisprudenza della Sezione disciplinare del C.S.M., ci si trovi in presenza di un’abnorme o macroscopica violazione di legge ovvero di un uso distorto della funzione giudiziaria. Sotto il profilo processuale, va segnalato che la responsabilità per il risarcimento dei danni grava sullo Stato, nei confronti del quale il danneggiato può agire (art. 4), ma in caso di affermazione della sua responsabilità lo Stato può rivalersi, a determinate condizioni, sul magistrato (art. 7). L’azione di responsabilità e il relativo procedimento soggiacciono a regole particolari: tra esse, le più significative riguardano la subordinazione della procedibilità dell’azione all’esperimento di tutti i mezzi ordinari d’impugnazione e degli altri rimedi per la modifica o la revoca del provvedimento che si assume causativo di danno ingiusto e la previsione di un termine di decadenza per l’esercizio di essa (art. 4); la delibazione dell’ammissibilità dell’azione, ai fini del controllo dei relativi presupposti, del rispetto dei termini e della valutazione della eventuale «manifesta infondatezza» (art. 5); la facoltà d’ intervento del magistrato nel giudizio contro lo Stato (art. 6). Per garantire la trasparenza e l’imparzialità del giudizio, nel sistema è configurato lo spostamento della competenza a conoscere delle cause di che trattasi (artt. 4 e 8), onde evitare che possa essere chiamato a conoscerne un giudice dello stesso ufficio nel quale presta o ha prestato servizio il magistrato dalla cui attività si assume essere derivato un danno ingiusto. I criteri di individuazione del giudice competente sono stati di recente modificati, con l. 2 dicembre 1998, n. 420, proprio per evitare qualsivoglia rischio di pregiudizio nella cognizione delle cause di che trattasi. Normativa di riferimento: -l. 13 aprile 1988, n. 117 9. LA RESPONSABILITÀ PENALE DEL MAGISTRATO. Sotto il profilo penale non è revocabile in dubbio che il magistrato, quale pubblico ufficiale, possa essere chiamato a rispondere dei reati propri che presuppongono tale qualifica soggettiva (esemplificando: abuso d’ufficio, corruzione, corruzione in atti giudizia ri, concussione, omissione di atti d’ufficio, ecc.); così come, parallelamente, può rivestire la qualità di persona offesa, unitamente allo Stato, dei reati commessi dai privati in danno della pubblica amministrazione (l’ipotesi tipica è quella dell’oltraggio e, in particolare, dell’oltraggio in danno di magistrato in udienza). In proposito, va ricordato che con la già citata l. 2 dicembre 1998, n. 420 è stata profondamente riformata la disciplina della competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, al fine di garantire, anche sotto il profilo della trasparenza, la massima autonomia di giudizio ai magistrati chiamati a giudicare di procedimenti che vedono, a vario titolo, interessati altri colleghi. Si è intervenuti, in maniera significativa, sulle regole processuali penali (artt. 11 c.p.p. e 1 disp. att. c.p.p.), con la costruzione di un meccanismo di individuazione del giudice competente tale da evitare il rischio delle competenze «reciproche» (o «incrociate») che, in precedenza, avevano generato forti ragioni di perplessità. E si è colmata, soprattutto introducendo la previsione di un analogo meccanismo di spostamento della competenza per i procedimenti civili, una lacuna foriera di non infondati dubbi di costituzionalità. A cura del Vice Presidente, prof. Giovanni Verde PARTE SECONDA PROBLEMATICHE APPLICATIVE DEL SISTEMA VIGENTE 1. LE BASI DELL’INDIPENDENZA E DELL’AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA. Nel nostro sistema di giustizia i principi dell’indipendenza e della autonomia dei giudici hanno grande importanza. Questa importanza deriva da un’esigenza concettuale e da una esigenza storica. Per quanto attiene la prima, bisogna tener conto del fatto che l’Italia fa parte dei sistemi di civil law. In maniera molto approssimata, si può dire che in questi sistemi la legge – ossia quella che, nel processo, viene in rilievo come regola di giudizio per risolvere il caso – è posta da altri organi dello Stato – per lo più dal Parlamento, talora dal Governo, oggi anche dagli enti territoriali minori – mentre i giudici la applicano. Ciò vuol dire che i giudici partecipano al procedimento di formazione del diritto in maniera soltanto indiretta. Questa impostazione concettuale ha reso possibile configurare i giudici come gestori di una funzione pubblica da svolgere in forma vincolata. Di qui la convinzione che gli stessi possano essere nominati per concorso, assumere la posizione di impiegati dello Stato e non essere assoggettati ad alcun controllo sul merito dei loro atti, essendo tale merito preventivamente fissato dalla legge. Di qui ancora la necessità che ai giudici sia garantita indipendenza e autonomia, perché nell’esercizio della loro funzione essi devono non solo essere, ma anche apparire come terzi imparziali. Anzi, terzietà e imparzialità sono assunte come le caratteristiche che consentono di distinguere i giudici dagli altri organismi che esercitano funzioni statali diverse. In ordine alla seconda ragione, cioè quella storica, bisogna sottolineare che l’attuale assetto del nostro sistema ha preso forma, dopo la seconda guerra mondiale, sulla base della Costituzione repubblicana, la cui ispirazione 34 Il sistema giudiziario italiano democratica è in antitesi al precedente regime fascista, sicuramente autoritario. Per il passato, infatti, c’era stato un abuso, nella gestione della giustizia, ricollegabile a tre fattori: a) limitazioni del diritto di agire in giudizio; b) pressioni ab externo sulla magistratura; c) creazione di giudici speciali. È ovvio che, nel rifondare lo Stato, la nostra Carta costituzionale, che nel 1998 ha celebrato i suoi primi cinquanta anni di vita, ha cercato con particolare attenzione di evitare il ripetersi di tali abusi e deviazioni. 2. IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA TERZIETÀ DEL GIUDICE. Nella Costituzione la neutralità del giudice è garantita in particolare dalle norme che prevedono: a) il divieto di iniziativa processuale di ufficio (art. 24 comma primo); b) la garanzia del giudice naturale (art. 25 comma primo); c) il divieto di costituire giudici straordinari o speciali (art. 102); d) la soggezione dei giudici alla legge (art. 101 comma secondo). I principi contenuti in queste disposizioni sono stati ulteriormente ribaditi e rafforzati dall’art. 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, che l’Italia ha recepito nel proprio ordinamento con l. 4 agosto 1955 n. 848 e che sono stati alla base della modifica dell’art. 111 Cost. effettuata con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2. È’ il caso di esaminarli brevemente. Il divieto di iniziativa ufficiosa si ricava a contrario dall’art. 24, il quale, invece, esprime nel suo tenore letterale il fondamentale principio secondo il quale non è possibile porre ai cittadini limitazioni od ostacoli alla loro difesa nel processo delle posizioni sostanziali che l’ordinamento abbia loro riconosciute. Infatti, se dal punto di vista positivo il rispetto delle situazioni sostanziali riconosciute ai singoli rende impossibili limitazioni di qualsiasi genere alla loro tutelabilità nel processo, dal punto di vista negativo (ecco l’altra faccia dell’art. 24) eguale rispetto impone che soltanto chi si afferma portatore della situazione sostanziale possa decidere se ricorrere o non alla tutela giurisdizionale. Il Costituente, inoltre, ha avuto piena coscienza che non sarebbe sentito come naturale dalla collettività quel giudice che venga scelto dopo la nascita della controversia o dell’affare giudiziario o che, comunque, sia scelto sulla base di criteri elaborati dopo tale nascita. È naturale, sulla base di queste esigenze, il giudice che sia scelto in virtù di criteri oggettivi preesistenti alla nascita del processo, né ciò è sufficiente ad evitare ogni rischio, perché il legislatore ordinario potrebbe eludere il principio con la creazione di giudici ad hoc, ai quali i «criteri oggettivi preesistenti» affiderebbero la competenza su determinate controversie. L’art. 25, comma primo, va, sotto questo profilo, collegato all’art. 102, comma secondo, che pone il divieto di Problematiche applicative del sistema vigente 35 giudici straordinari (la cui istituzione avviene proprio in funzione di determinati processi). Per quanto riguarda la soggezione del giudice soltanto alla legge, va rilevato che il secondo comma dell’art. 101 consente anch’esso una duplice lettura. Nella sua forma positiva, esso è in funzione dell’esigenza di garantire l’autonomia e l’indipendenza del giudice, che è reso immune dalle pressioni degli altri organi costituzionali e la cui unica soggezione è soltanto nei confronti della legge. Guardata in controluce, questa garanzia si trasforma in un limite, perché se è vero che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, è altrettanto vero che non possono oltrepassarla e che nella legge essi devono ricercare e trovare il canone di valutazione precostituito dei singoli casi concreti. A rafforzare ulteriormente questo limite, l’art. 111, comma sesto, stabilisce che i giudici devono espressamente motivare le ragioni delle loro decisioni, così da consentirne il controllo non solo dei destinatari diretti, ma dello stesso popolo nel cui nome la giustizia è amministrata. 3. IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA. Una particolare attenzione il Costituente ha dedicato al problema dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici. A tal fine esso ha costituito la magistratura ordinaria in «un ordine autonomo indipendente da ogni altro potere» (art. 104) e ha creato un organo di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura, al quale è affidata l’intera carriera di tutti i magistrati (art. 105). La creazione di quest’organo è vicenda che si consumò in un dibattito in seno all’Assemblea costituente svoltosi sul finire del 1947. I «padri della Costituzione» ebbero chiara la necessità di recidere il «vincolo di soggezione» della magistratura all’esecutivo e di costituire la stessa «in un ordine che per essere a sua volta autogovernato, cioè indipendente da ogni altro potere», assicurasse l’indipendenza dei suoi componenti (on. Leone). Se ne individuarono i compiti (che l’on. Ruini immaginosamente definì «i quattro chiodi»): nomine, promozioni, disciplina, trasferimenti. Lungamente si discusse della sua composizione. Si fronteggiarono due tesi. L’una, ispirata dai magistrati e da quanti avevano a cuore una rigida interpretazione della divisione dei poteri (ad esempio, on.li Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri ecc.), voleva che il C.S.M. fosse composto soltanto di magistrati, perché solo in questo modo si sarebbe evitato il rischio di contaminazioni (on. Dominedò) e quello di far «penetrare la politica nelle decisioni singole; di far giungere indebite pressioni ed ingerenze professionali agli organi giudiziari» (on. Caccuri). 36 Il sistema giudiziario italiano L’altra tesi partiva, invece, dalla consapevolezza che bisognava evitare di creare un corpo separato e di fare il C.S.M. despota dell’ordinamento della magistratura (on. Grassi). Era da perseguire l’esigenza di realizzare un’armonia istituzionale (on. Varani), di assicurare continuità tra vita sociale e vita istituzionale e di far sentire un soffio di vita esterno all’ordine giudiziario (on. Leone), di impedire la creazione di uno «stato nello stato», di una «casta chiusa e intangibile» (on. Preti), «separata e irresponsabile» (on. Dominedò), un «mandarinato» (on. Persico), un organo del tutto separato dagli apparati amministrativi dello Stato e sottratto al controllo dell’organo di rappresentanza popolare, dei mezzi d’informazione e della stessa pubblica opinione (on. Cappi). La proposta contenuta nell’art. 97 del progetto originario di Costituzione assegnava al C.S.M. una composizione paritetica, con la partecipazione «fuori quota» del Primo Presidente della Corte di Cassazione quale Vice Presidente. Nel contrasto fra le due ricordate posizioni si pervenne ad un compromesso e fu accolto l’emendamento suggerito dall’on. Scalfaro nella seduta pomeridiana del 12 novembre 1947: due terzi dei membri togati e un terzo di membri laici. Vi furono discussioni anche in ordine alla presidenza del C.S.M. Originariamente si propose di conferire la presidenza o almeno la vice presidenza al Ministro della giustizia o al Primo Presidente della Corte di Cassazione. Le proposte furono respinte al fine di garantire al C.S.M. un’indipendenza strutturale assoluta (on.li Calamandrei e Buozzi). Si optò per dare la presidenza al Capo dello Stato quale garante della sua unità (on. Buozzi), con una soluzione che rispondeva anche ad esigenze di «simmetria istituzionale» (on. Leone), alla necessità di impedire che il C.S.M. diventasse «un corpo chiuso e ribelle», una specie di «cometa che possa uscire per conto suo dall’orbita costituzionale» (on. Calamandrei). Consapevoli che il Capo dello Stato avrebbe potuto partecipare alla vita del Consiglio soltanto nelle occasioni solenni, si pensò di affiancargli un organo ausiliario, che avrebbe assunto la presidenza effettiva del Consiglio. Anche qui si pensò inizialmente al Ministro della giustizia o al Primo Presidente della Corte di Cassazione (on.li Leone, Condorelli, Perlingieri); si pervenne, infine, ad un compromesso, facendo sì che il Vice Presidente fosse eletto dal Consiglio tra i membri laici. La creazione dell’organo di autogoverno poneva in una luce completamente diversa la funzione del Ministero della giustizia, al punto tale che qualcuno addirittura ne propose l’abolizione (on. Patricolo). Sta di fatto che al Ministro sono state conservate funzioni «residuali» relative alla organizzazione e gestione degli uffici giudiziari e dei servizi amministrativi, alla prevenzione ed esecuzione delle pene, alla vigilanza sulla legalità dei comportamenti del personale della magistratura. Problematiche applicative del sistema vigente 37 4. GLI ATTI DEL C.S.M. Dopo avere brevemente delineato le ragioni che hanno portato alla costituzione del C.S.M., è necessario illustrarne brevemente la posizione nell’assetto istituzionale del nostro Paese. Secondo l’art. 105 Cost. «spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati». Non è dubbio che il Consiglio sia stato delineato dalla Carta costituzionale come organo di rilevanza costituzionale. Ciò comporta che esso provvede con atti amministrativi, che, in Italia, sono assoggettati al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo (come confermato, da ultimo, da Corte cost. n. 419/1995). Soluzione, questa, che crea qualche difficoltà, soprattutto quando il Consiglio nomina i capi degli uffici giudiziari. In questi casi, infatti, il nostro ordinamento giudiziario prevede che alla nomina si pervenga dopo un’attività di concertazione con il Ministro della giustizia (soluzione ritenuta costituzionalmente legittima da Corte cost. n. 379/1992). Ciò fa pensare che, almeno nelle ipotesi di attività concertata (a chiara rilevanza anche politica), il controllo del giudice amministrativo dovrebbe essere assai ridotto. Nel settore disciplinare il C.S.M. si pone come organo giurisdizionale. La giustizia disciplinare sui magistrati è esercitata da una sezione del Consiglio, composta di nove membri (sei componenti togati e tre laici), che provvede con decisioni sottoposte al controllo di legittimità della Corte di cassazione. Di conseguenza, l’ultima parola sui provvedimenti disciplinari concernenti i magistrati finisce con l’essere affidata all’organo di vertice della stessa magistratura. Al riguardo è opportuno sottolineare che l’ordinamento italiano non prevede figure tipiche di illecito disciplinare, ma contempla una ipotesi generica – condotta che renda il magistrato immeritevole della fiducia di cui deve godere o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario – tale che è, poi, il giudice disciplinare a dover valutare, di volta in volta, se sia venuta meno la fiducia o se sia compromesso il prestigio e individuare la sanzione (ammonimento, censura, perdita dell’anzianità, rimozione, destituzione) adeguata alla importanza dell’illecito accertato. L’esperienza di questi quaranta anni ha, infine, mostrato che il C.S.M. ha progressivamente allargato la sua sfera di competenza, attraverso l’emanazione di circolari, regolamenti e direttive con efficacia esterna e, talora, con atti di indirizzo politico. In relazione alle circolari, ai regolamenti e alle direttive si è parlato di attività paranormativa, che spesso arriva ad interpretare e, tal- 38 Il sistema giudiziario italiano volta, ad integrare la legislazione vigente con effetti che, pur essendo privi di efficacia vincolante, sono tuttavia in grado di condizionare sia la portata degli atti dello stesso Consiglio che «i comportamenti dei potenziali destinatari di questo» (Sorrentino). Questa evoluzione è stata al centro di vivaci discussioni. 5. LE POSSIBILI FORME DI PRESSIONE SUL GIUDICE. Minore o del tutto mancante è stata l’attenzione dei costituenti nei confronti di altre possibili pressioni che possono influire sulla «neutralità» del magistrato. Queste pressioni si possono così sintetizzare: a) quelle provenienti dall’interno dell’ordine giudiziario; b) quelle provenienti da particolari rapporti che il giudice abbia con la controversia o con una delle parti in causa; c) quelle provenienti dalle particolari ideologie e più specificamente da legami politici o associativi; d) o, infine, dalle pressioni di gruppi organizzati. A) Finora è stata valorizzata nel massimo grado la norma contenuta nel terzo comma dell’art. 107, secondo la quale «i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni», al fine di ottenere un sostanziale annullamento della carriera, che oggi è pressoché automatica ed ha luogo a ruoli aperti fino al grado di consigliere di Cassazione idoneo all’esercizio delle funzioni direttive, essendo del tutto svincolata dalle funzioni concretamente esercitate (così può darsi il caso che un giudice di un qualsiasi tribunale periferico percorra la carriera fino al grado di consigliere di Cassazione senza mai muoversi dalla sua sede). Le ragioni di questa evoluzione legislativa sono state indicate nel fatto che il precedente sistema rendeva i magistrati soggetti al potere dei capi degli uffici, li incitava al conformismo nei confronti delle decisioni della Cassazione e li faceva vulnerabili, ove avessero avuto ambizioni di carriera. L’esattezza di queste ragioni è sacrosanta. È, però, dubbio se la via prescelta per conseguire gli scopi collegati sia stata la più giusta. Non a caso la Corte costituzionale (sent. n. 87/1982) ha dichiarato illegittimo l’art. 23, comma secondo, l. 24 marzo 1958, n. 195 nella parte in cui prevedeva che i posti assegnati ai magistrati di Cassazione per la composizione del C.S.M. potessero essere coperti da «magistrati che abbiano conseguito la rispettiva nomina, ancorché non esercitino le rispettive funzioni». La Corte cost. ha, così, ribadito che, per essere eletti al C.S.M., non basta che i magistrati di Cassazione siano idonei ad esercitare le relative funzioni, ma che devono esercitarle effettivamente. B) I particolari rapporti con la controversia o con le parti sono presi in considerazione (non dalla Costituzione, ma) dalla legge processuale ordina- Problematiche applicative del sistema vigente 39 ria. Gli artt. 51 ss. c.p.c. e 37 ss. c.p.p. regolano gli istituti della astensione e della ricusazione dei giudici, fissando i casi (che sono identici) in cui sussiste l’obbligo del giudice di astenersi o il potere della parte di chiederne la ricusazione (e sono rapporti di interesse, di parentela, di particolare amicizia, di inimicizia, di debito o credito ovvero ipotesi in cui il giudice abbia avuto modo di pronunciarsi sulla causa). Il tema della astensione e della ricusazione ha, in questi ultimi anni, acquistato particolare rilievo, perché quanto più è penetrante il controllo giudiziario nelle vicende di vita tanto più deve essere rigorosa la valutazione dell’imparzialità del giudice. È facile intuire, allora, che il problema si è posto soprattutto e in primo luogo nel processo penale, nel cui àmbito la Corte costituzionale ha affermato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2° c.p.p., ravvisando una situazione di incompatibilità tra il giudice che ha applicato una misura cautelare personale e il giudice componente il collegio per il dibattimento (v. sentenze n. 432/1995 e, poi, n. 131/1996 e n. 155/1996). Subito dopo si è cominciato a dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 51, comma 1°, n. 4 c.p.c., nella parte in cui non prevede una specifica causa di incompatibilità alla trattazione e decisione del giudizio di merito costituita dall’aver conosciuto della controversia nella fase del procedimento cautelare introdotto prima dell’inizio della causa di merito. La Corte costituzionale ha rigettato la questione (sent. n. 326/1997, ribadita dall’ordinanza 9 luglio 1998, n. 315), assumendo che, nella sua utilizzazione normale, il procedimento cautelare è fondato su di una cognizione sommaria che non interferisce sulla decisione di merito, la quale va emessa soltanto all’esito di una cognizione piena. Di conseguenza, un problema può porsi in concreto solamente quando il giudice del cautelare, allontanandosi dallo schema normativo, proceda ad una istruttoria che quasi rende superflua quella successiva del giudice del merito. In questa ipotesi, il giudice – secondo la Corte – deve valutare se esistano gravi ragioni di convenienza per richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi. Su questa base sono state rigettate le questioni di costituzionalità dell’art. 669 - octies c.p.c. (ord. 20 maggio 1998, n. 193); dell’art. 354 c.p.c. (norma quest’ultima, che consente al giudice dell’impugnazione di rinviare, in alcuni casi, la causa allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata: sent. n. 341/1998); dell’art. 186-quater c.p.c. (che consente di emanare sentenza allo stesso giudice che ha emanato la c.d. ordinanza postistruttoria: sent. n. 168/2000); dell’art. 703 c.p.c. (per la parte in cui consente al giudice che ha emesso il provvedimento possessorio di trattare il successivo processo di merito: sent. n. 120/2000); dell’art. 24 Statuto lavoratori (per la parte in cui consente al giudice che ha emesso il provvedimento immediato di 40 Il sistema giudiziario italiano conoscere dell’opposizione: sent. n. 387/99) e degli artt. 98 e 146 l. fall. (per la parte in cui consentono che il giudice delegato conosca delle cause di opposizione allo stato passivo e delle azioni di responsabilità da lui autorizzate: sent. nn. 167/2001 e 176/2001). Pare evidente, anche da questa rapida sintesi, che la Corte dopo aver premuto forse eccessivamente sull’acceleratore di un garantismo formale, ha – nel processo civile – frenato, cercando di trovare un punto di equilibrio nella esistenza di una situazione che in concreto comprometta l’imparzialità del giudice. B1) L’acceso dibattito svoltosi in questi anni soprattutto in relazione al processo penale si è tradotto in una modificazione dell’art. 111 Cost. che, al fine di potenziare al massimo il valore dell’imparzialità del giudice, ha sancito, a livello costituzionale, la necessità che il processo si svolga nel contraddittorio delle parti dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale e che, nel processo penale, la prova si formi nel dibattimento. La legislazione ordinaria successiva è stata indirizzata a dare concreta attuazione a questi principi. Tra le leggi più recenti vanno segnalate: 1. legge 7 dicembre 2000, n. 397 in tema di indagini difensive, che attua il principio della parità delle parti in funzione del diritto alla prova; 2. legge 1o marzo 2001, n. 63 che ha adeguato la disciplina processuale penale in materia di formazione e valutazione della prova; 3. legge 6 marzo 2001, n. 60 che ha modificato la disciplina in materia di difesa d’ufficio in vista di una compiuta effettività del contraddittorio nel processo penale; 4. legge 29 marzo 2001, n. 134 che ha modificato le regole per il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti nella prospettiva di rendere effettivo il diritto di difesa. C) Nessuna norma prevede che l’influenza delle ideologie e della appartenenza ad associazioni o partiti politici possa compromettere l’imparzialità del giudice. Soltanto l’art. 98, comma terzo, Cost. prevede che «si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati». Ma è certo che non l’iscrizione ai partiti comporta attentato all’imparzialità, ma l’incapacità del magistrato – e quindi un fatto interno e insindacabile della sua coscienza – di non far prevalere la sua particolare ideologia su di una obiettiva e spersonalizzata valutazione della controversia (così che se, talvolta, si è cercato di far rientrare tra i motivi di ricusazione del magistrato la sua posizione politica o associativa, ciò è sintomo di un disagio o della sensazione che non sempre i giudici sanno rendersi distaccati rispetto al processo). Problematiche applicative del sistema vigente 41 D) Neppure sono previsti strumenti per evitare che il giudice possa essere influenzato da mezzi di pressione (si pensi alle campagne a mezzo della stampa o della televisione), così che possa essere guastata la serenità del suo giudizio. Le sole norme che, in qualche maniera, hanno relazione con il tema qui trattato sono l’art. 114 che regola il divieto di pubblicazione di determinati atti (nel precedente c.p.p. la materia era regolata dall’art. 164) e l’art. 329 del nuovo c.p.p sull’obbligo del segreto. Di fatto, soprattutto negli ultimi anni sono stati sempre più frequenti i reiterati interventi dei “media” e dei politici di critica all’operato dei magistrati. Quando il C.S.M. ha avvertito il rischio che ciò potesse delegittimare il magistrato nell’esercizio delle sue funzioni concrete, ha aperto pratiche “a tutela” del medesimo, con le quali, fatta una puntuale ricostruzione della vicenda, ha confermato la fiducia nel magistrato quante volte non siano emersi a suo carico elementi di responsabilità. L’art. 114 ha tenuto conto delle indicazioni della Corte costituzionale (sent. n. 65/1965), che ha posto in primo piano la necessità di prestare ossequio al fondamentale principio, secondo cui la pubblica informazione deve essere comunque garantita. Il legislatore, però, non ha rispettato in pieno il pensiero della Corte, dato che quest’ultima, con sent. n. 59/1995, ha dichiarato illegittimo l’art. 114, comma 3°, c.p.c. nella parte in cui limitava la pubblicità degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, che per definizione il giudice deve conoscere. Ma la materia che attiene al delicato rapporto fra giustizia e informazione, è, per così dire, in fieri e, come tale, oggetto di sempre nuove proposte di intervento normativo. 6. LE DECISIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE. Un’analisi delle sole norme non è in grado di dare un quadro esauriente e significativo del sistema introdotto con la Costituzione, se questa analisi non viene arricchita dall’esame di come queste norme abbiano influito sulla legislazione ordinaria attraverso l’opera concretizzatrice della Corte costituzionale. In particolare, la Corte è intervenuta a più riprese sul tema del giudice naturale e della garanzia di indipendenza dei giudici speciali, oltre che su quello del diritto di difesa. Abbiamo visto che gli affari giudiziari sono in genere affidati ai magistrati ordinari, che sono raccolti in un ordine autonomo e indipendente retto dal Consiglio superiore della magistratura. La Costituzione, all’art. 103, prevede altri organi giudiziari con specifiche competenze: il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa per la tutela nei confronti della P.A. degli interessi legittimi e, in particolari materie, dei diritti soggettivi; la Corte 42 Il sistema giudiziario italiano dei Conti per le materie di contabilità pubblica e per altre specificate dalla legge; i tribunali militari, in tempo di pace, per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate, e, in tempo di guerra, nell’ambito della giurisdizione stabilita dalla legge (sembra che la Corte cost. ritenga che la competenza del tribunale militare in tempo di pace possa essere derogata dal legislatore in favore della magistratura ordinaria se sussistano giustificate ragioni: sent. n. 90/2000). La Costituzione ha vietato l’introduzione di giudici speciali (art. 102, comma secondo) e, nei riguardi dei giudici speciali preesistenti, ha stabilito con la VI disposizione transitoria che entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si sarebbe proceduto alla revisione degli organi speciali di giurisdizione esistenti a quell’epoca. Poiché i cinque anni ben presto trascorsero senza che il legislatore avesse provveduto alla revisione, alla Corte costituzionale si pose un primo problema interpretativo: l’inutile decorso dei cinque anni aveva reso incostituzionali tutti i giudici speciali preesistenti ovvero consentiva che essi rimanessero in vita? La Corte ha scelto la seconda soluzione, ritenendo che nella Costituzione vi fosse un implicito riconoscimento della loro compatibilità con il sistema. In questo modo, però, si è sobbarcata all’ulteriore fatica intesa a stabilire se le leggi regolatrici delle singole giurisdizioni assicurassero in misura sufficiente l’indipendenza dei giudici (così come recita l’art. 108, secondo comma) e, nello stesso tempo, fossero rispettose dell’esigenza, espressa dal comb. disp. artt. 24, comma primo, e 113, comma secondo, di garantire ai cittadini pienezza di tutela giurisdizionale. La Costituzione ha previsto un organo di governo autonomo soltanto per la magistratura ordinaria. Per le altre giurisdizioni (amministrativa, contabile e militare) vale l’art. 113 secondo cui i rispettivi ordinamenti sono assoggettati a riserva di legge, alla quale spetta di assicurare l’indipendenza dei giudici. Si pone, così, anche per costoro la necessità di sindacare se le garanzie siano sufficienti. Qualche dubbio sollevato in ordine ai tribunali militari è stato ritenuto non fondato dalla Corte cost. (v. sent. nn. 542/2000 e 116/1999). A) Se il divieto di introduzione del giudice speciale è il necessario completamento della garanzia del giudice terzo e indipendente, è anche vero che spesso a base della creazione del giudice speciale vi è una concreta e non trascurabile esigenza: quella secondo cui la natura di alcuni affari giudiziari richiede nel giudice conoscenze tecniche e particolare sensibilità che non si ritrovano normalmente nei magistrati ordinari. Per provvedere a tale esigenza, l’art. 102, comma secondo, ha stabilito che «possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate Problematiche applicative del sistema vigente 43 materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura». In questo modo, la sezione specializzata è un giudice ordinario anche se composta in modo particolare. La particolarità di tale composizione non deve, però, essere tale da aggirare, in maniera surrettizia, il divieto di introduzione di giudici speciali. Si è, perciò, chiesto se una composizione che veda i giudici togati istituzionalmente in posizione di minoranza sia o meno compatibile con il sistema. La risposta è stata affermativa a condizione che altre caratteristiche del funzionamento della sezione consentano di ritenere non eluso tale divieto (e a tal fine hanno particolare rilevanza l’inquadramento del giudice specializzato e il sistema dei controlli sulle sue decisioni). Al contrario, la Corte ha ritenuto incostituzionali le norme che prevedono la designazione dei componenti estranei «di volta in volta» in occasione delle singole controversie (sent. n. 83/1998). Le più importanti sezioni specializzate oggi in funzione sono: il Tribunale per i minorenni, i Tribunali regionali per le acque, le sezioni specializzate agrarie, la sezione speciale istituita presso la Corte di appello di Roma per conoscere dei reclami avverso le decisioni dei commissari liquidatori degli usi civici. Non sono né giudici speciali né sezioni specializzate le sezioni di tribunale funzionanti come giudici di lavoro; esse, infatti, non sono composte in modo diverso dalle altre (e ciò anche se la legge dà specifico rilievo alle «sezioni lavoro» presso i tribunali e presso le Corti di appello: v. artt. 38 e 39 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51). B) Venendo più specificamente alla garanzia del giudice naturale, la Corte ha dovuto stabilire se particolari istituti, previsti nel nostro ordinamento, siano o meno in contrasto con tale principio. Uno dei primi istituti portati all’esame della Corte è stato quello della rimessione del procedimento penale ad altro giudice per motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto (artt. 55 ss. c.p.p.). Benché la Corte (sent. nn. 50 e 109/1973) avesse ritenuto costituzionalmente legittima tale disciplina, alcune criticabili applicazioni della stessa indussero il legislatore a modificarla, fissando alla Corte di cassazione dei vincoli più rigorosi nella scelta del giudice ad quem (un giudice fra quelli compresi nel distretto della stessa Corte di appello a cui appartiene il giudice originariamente competente ovvero nel distretto di una Corte di appello vicina: art. 58, comma terzo, c.p.p. modificato dall’art. 1 l. 15 dicembre 1973, n. 773). Oggi la materia è disciplinata ex novo dagli artt. 45 ss. del nuovo c.p.p. Si è anche dubitato che le modificazioni dei criteri di competenza – ad es., attraverso la soppressione di uffici giudiziari o la modificazione delle sfere territoriali di competenza – possano portare a violazione del principio fissato nel- 44 Il sistema giudiziario italiano l’art. 25 Cost. La Corte (sent. n. 56/1967) ha ritenuto infondata tale questione, osservando come la garanzia del giudice naturale non possa comportare una cristallizzazione definitiva delle competenze esistenti al momento dell’entrata in vigore della Costituzione e che mutamenti delle concrete esigenze ed ovvie ragioni di funzionalità possono ben imporre ristrutturazioni degli uffici giudiziari, purché tali modificazioni non siano effettuate in relazione a singole e specifiche controversie, ma ad intere classi di affari giudiziari. Sempre per contrasto con l’art. 25, comma primo, si è dubitato che sia legittimo il potere dei capi degli uffici giudiziari di sostituire un giudice a un altro, in caso di impedimento permanente di quest’ultimo, ovvero di nominare un supplente, nel caso di impedimento temporaneo. La Corte ha ritenuto infondata la questione, osservando che qualche margine di discrezionalità nei capi degli uffici giudiziari nel provvedere alle esigenze di questi ultimi è ineliminabile e che l’impedimento del magistrato da sostituire o da far supplire è una ragione obiettiva sufficiente per giustificare l’esercizio del potere direttivo (sent. nn. 156/1963 e 173/1970), sempre che tale potere sia esercitato seguendo criteri prefissati e con provvedimenti motivati (sent. nn. 392/2000; 571/2000). Ma la materia è, comunque, assai delicata come dimostra il fatto che il legislatore è intervenuto più volte (v. d.P.R. n. 449/1988; d.lgs. n. 273/1989, l. n. 133/1998) sugli artt. 97 ss. dell’ordinamento giudiziario, che regolano supplenze e applicazioni. Per le stesse ragioni si è giustificato il potere dei capi di strutturare, con la predisposizione ogni anno delle c.d. tabelle, gli uffici giudiziari, ripartendoli in sezioni, assegnando ad esse i magistrati e fissando le competenze interne (sent. n. 146/1969 e, soprattutto, n. 392/2000). In particolare, le tabelle biennali sono proposte dai presidenti delle Corti di appello, sentiti i Consigli giudiziari, sono deliberate dal C.S.M. e sono, poi, recepite in un decreto del Ministro della giustizia (art. 7 bis R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 aggiunto dall’art. 3 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, poi modificato dall’art. 6 d. lgs. 19 febbraio 1998, n. 512 e dall’art. 57 l. 16 dicembre 1999, n. 479). Altro potere dei capi degli uffici giudiziari messo in discussione è stato quello di assegnare i singoli affari alle sezioni e/o ai giudici (c.d. commessa). La Corte ha ritenuto infondata la questione, osservando che la discrezionalità in favore dei capi degli uffici giudiziari nel provvedere alle esigenze di questi ultimi può essere delimitata, ma non può essere soppressa totalmente (v. sent. n. 272/1998). In particolare, riconosciuto che esiste, in linea generale, inconciliabilità fra precostituzione del giudice e discrezionalità in ordine alla sua concreta designazione, si è detto che il potere discrezionale dei capi degli uffici nell’assegnazione degli affari deve essere rivolto unicamente al soddisfacimento di obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio, Problematiche applicative del sistema vigente 45 allo scopo di rendere possibile il funzionamento dell’ufficio e di agevolarne l’efficienza, restando esclusa qualsiasi diversa finalità (sent. n. 272/1998). Sulla base di queste indicazioni, il problema si divide in due questioni: a) quali siano i modi per assicurare che il potere discrezionale dei capi sia esercitato in funzione di esigenze obiettive; b) quali siano le conseguenze di un non corretto esercizio di tale potere. Poiché sulla seconda questione è inevitabile concludere nel senso che l’eventuale scelta non oculata o scorretta del potere discrezionale non ha conseguenze sul processo, tranne che non vi siano ragioni di astensione o di ricusazione del giudice, si tende a trovare una soluzione a priori, azzerando il potere discrezionale nella distribuzione degli affari mediante l’adozione di criteri automatici; e ciò anche se la distribuzione automatica, quale che sia il criterio adottato, può dar luogo ad inconvenienti di non lieve portata. Il C.S.M. è, così, intervenuto con circolari limitative del potere dei capi degli uffici, taluno dei quali, ritenendosi leso nella sfera delle sue attribuzioni, ha sollevato conflitto di attribuzione. Nel dichiarare inammissibile il conflitto, la Corte ha sottolineato che le competenze in ordine alla designazione dei magistrati per la trattazione dei singoli procedimenti non riguardano la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata da norme costituzionali, avendo disciplina e fondamento esclusivamente in norme di legge organizzative e ordinamentali (sent. n. 90/1996). Gli artt. 3 e 4 d.P.R. 22 sett. 1988, n. 449 e successive modifiche hanno poi inserito nella legge sull’ ordinamento giudiziario (il r.d. n. 12/1941) il già ricordato art. 7 bis e l’art. 7 ter, disciplinando la materia delle tabelle degli uffici giudicanti predisposti in sezioni, della destinazione dei singoli magistrati ad esse, della formazione dei collegi giudicanti e dei criteri per l’assegnazione degli affari penali e per la sostituzione dei giudici impediti. E poiché l’art. 33, comma secondo c.p.p., stabilisce che tali disposizioni non si considerano attinenti alla capacità del giudice, si è sollevata questione di costituzionalità dubitandosi che tale disciplina fosse lesiva dell’art. 25 Cost. La Corte, confermando i suoi generali indirizzi in materia, ha rigettato la questione, osservando che il principio costituzionale della precostituzione del giudice non implica che i criteri di assegnazione dei singoli procedimenti nell’ambito dell’ufficio giudiziario competente, siano necessariamente configurati come elementi costitutivi della generale capacità del giudice (sent. n. 419/1998; 392/2000). 7. QUALCHE CENNO CONCLUSIVO. Riteniamo che il lettore di civil law non sia sorpreso dalla esistenza di una normativa così dettagliata e minuziosa nata allo scopo di assicurare l’in- 46 Il sistema giudiziario italiano dipendenza, l’autonomia e l’imparzialità dei giudici e che saprà anche apprezzare la cura meticolosa, forse eccessiva con cui la Corte costituzionale è intervenuta, chiarendo, precisando, integrando le norme di diritto scritto. Ne viene fuori un quadro di «diritto vivente» che, probabilmente, i giuristi di common law potranno comprendere con non poca difficoltà. Ciò dipende dalla profonda differenza fra i due sistemi anche per ciò che riguarda l’amministrazione della giustizia. In Inghilterra, ad es., le nomine (e la carriera) dei magistrati sono di competenza del Lord Cancelliere e, per gli incarichi più elevati, del Primo ministro e del Re sulla base di procedimenti assolutamente discrezionali ed esistono meccanismi di controllo disciplinare sui giudici del tutto informali. Gli stessi inglesi riconoscono che ciò potrebbe essere motivo perché il Governo o i poteri forti esercitino indebite pressioni sul potere giudiziario, ma accettano il rischio sulla base di un ragionamento che il giurista continentale non potrebbe mai condividere. Il sistema – essi dicono – è basato sulla fiducia ed i magistrati hanno finora ben corrisposto alla fiducia riposta in loro, consapevoli che se tenessero condotte criticabili finirebbero col compromettere, essi per primi, la loro indipendenza. D’altra parte – essi aggiungono – nessuna tutela costituzionale può impedire che membri del Governo di un Paese esercitino pressioni o influenze sull’ordine giudiziario se la cultura del popolo lo permette, là dove in Inghilterra l’indipendenza dei giudici non è un mero slogan, ma è un principio profondamente impresso nella coscienza di tutti. Né le cose in America stanno in modo molto diverso. Non molti anni fa, in questo Paese, è stata istituita una Commissione per studiare eventuali innovazioni nelle regole sulla disciplina e sulla destituzione dei giudici federali. L’occasione era stata offerta dal fatto che prima del 1983 nessun giudice federale era mai stato incolpato per delitti e che da tale data ben cinque giudici erano stati incolpati e quattro condannati (evoluzione che gli statunitensi avevano collegato anche al rapido aumento in atto del numero dei giudici federali). Ebbene, questa Commissione, concludendo i suoi lavori nel luglio 1993, ha espresso l’avviso che il sistema esistente non deve essere riformato, manifestando uno standard costituzionale del tutto adeguato al suo scopo. Sulla base di questi brevi riferimenti è inevitabile concludere che la vera differenza fra sistemi di civil law e sistemi di common law sta nel diverso approccio culturale al problema dell’indipendenza e della imparzialità del potere giudiziario. Nei sistemi di civil law l’esigenza di una regolamentazione minuziosa e analitica nasce da un atteggiamento culturale di sfiducia verso il proprio simile e, nello specifico, verso i magistrati, che si tende a colmare attraverso le regole imposte e i procedimenti prestabiliti. Nei sistemi di com- Problematiche applicative del sistema vigente 47 mon law questa esigenza non è avvertita e si cerca, invece, di fare in modo che siano nominati giudici meritevoli della fiducia che in essi si ripone. Potranno mai le due culture omologarsi fra loro? L’evoluzione delle istituzioni di giustizia tende verso l’uniformità perché sempre più si è cittadini, oggi dell’Europa, e, domani, del mondo. Ciò ci autorizza a sperare che l’omologazione avvenga e, comunque, ci impone di lavorare perché in un futuro non lontano si traduca in realtà. A cura del Vice Presidente, prof. Giovanni Verde. NORMATIVA Cost. 90. 90. Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Cost. 101. 101. La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Cost. 102. 102. La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia. 230 Il sistema giudiziario italiano Cost. 103. 103. Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. I Tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. Cost. 104. 104. La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale. Cost. 105. 105. Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Cost. 106. 106. Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. Normativa 231 La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. Cost. 107. 107. I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Cost. 108. 108. Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del Pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia. Cost. 109. 109. L’Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. Cost. 110. 110. Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministero della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. 232 Il sistema giudiziario italiano Cost. 111. 111. La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge (1). Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata (1). Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo (1). Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore (1). La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita (1). Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Cost. 112. 112. Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Cost. 113. 113. Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa [Cost. 24, 103, 125]. Normativa 233 Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. Cost. 134. 134. La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione (2). Cost. 135. 135. La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio. I Giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamen- 234 Il sistema giudiziario italiano to compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari (3). Cost. 136. 136. Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario provvedano nelle forme costituzionali. Cost. 137. 137. Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. Normativa 235 NOTE (1) Comma aggiunto dall’art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicembre 1999, n. 300). (2) Alinea così modificato all’art. 2 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1. (3) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. Cost., 22 novembre 1967, n. 2. L’ultimo comma, inoltre, è stato così modificato dall’art. 2 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1. 236 Il sistema giudiziario italiano R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (1) Ordinamento giudiziario (2) (3) 1. È approvato l’unito testo dell’«ordinamento giudiziario», allegato al presente decreto e visto d’ordine nostro dal Ministro guardasigilli e dal Ministro delle finanze. Il testo anzidetto avrà esecuzione a cominciare dal 21 aprile 1941. 2. Con successivi provvedimenti saranno disciplinate le altre materie alle quali si riferisce la delegazione contenuta nella legge 24 dicembre 1925, n. 2260 (4). TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI CAPO I DELLE AUTORITÀ ALLE QUALI È AFFIDATA L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA 1. Dei giudici. – La giustizia, nelle materie civile e penale, è amministrata: a) b) c) d) e) f) g) h) dal giudice di pace; [dal pretore] (5); dal tribunale ordinario; dalla corte di appello; dalla corte di cassazione; dal tribunale per i minorenni; dal magistrato di sorveglianza; dal tribunale di sorveglianza (6). Sono regolati da leggi speciali l’ordinamento giudiziario dell’impero e degli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato (7), le giurisdizioni amministrative ed ogni altra giurisdizione speciale nonché le giurisdizioni per i reati militari e marittimi. 2. Del pubblico Ministero. – Presso la corte di cassazione, le corti di appello, i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni è costituito l’ufficio del pubblico ministero (8). 3. Cancellerie e segreterie giudiziarie. Ufficiali ed uscieri giudiziari. – Ogni corte, tribunale ed ufficio di conciliazione ha una cancelleria ed ogni ufficio del pubblico ministero ha una segreteria. L’ufficio di cancelleria o di segrete- Normativa 237 ria può essere costituito anche presso le sezioni distaccate di cui alla tabella B annessa al presente ordinamento (9). Alle corti e ai tribunali sono addetti ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali giudiziari e coadiutori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti. Tale personale può essere addetto anche alle sezioni distaccate di cui alla tabella B annessa al presente ordinamento. Negli uffici di conciliazione le funzioni di ufficiale giudiziario sono esercitate nei modi indicati nell’art. 28 (9). Il personale e gli uffici delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari e gli uscieri giudiziari sono regolati da leggi particolari. 4. Ordine giudiziario. – L’ordine giudiziario è costituito dagli uditori, dai giudici di ogni grado dei tribunali e delle corti e dai magistrati del pubblico Ministero (10). Appartengono all’ordine giudiziario come magistrati onorari i giudici conciliatori, i vice conciliatori, i giudici onorari di tribunale, i vice procuratori, gli esperti del tribunale ordinario e della sezione di corte di appello per i minorenni ed, inoltre, gli assessori della corte di assise (11) e gli esperti della magistratura del lavoro nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie (12). Il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie di ogni gruppo e grado fa parte dell’ordine giudiziario. Gli ufficiali giudiziari sono ausiliari dell’ordine giudiziario (13). 5. Organici; sedi giudiziarie. – Il numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari indicati nel primo comma dell’art. 1 ed il ruolo organico della magistratura sono determinati dalle tabelle allegate al presente ordinamento, fatta eccezione per i giudici conciliatori. 6. Provvedimenti riflettenti lo stato dei magistrati. – I magistrati sono nominati, promossi, tramutati e revocati dal Re Imperatore (14), su proposta del Ministro di grazia e giustizia, osservate le forme del presente ordinamento, salvo, per la nomina degli uditori, il disposto dell’ultimo comma dell’art. 127. Qualsiasi altro provvedimento riflettente lo stato dei magistrati è emanato egualmente con decreto reale (15), su proposta del Ministro di grazia e giustizia, con l’osservanza delle norme stabilite nel presente ordinamento, salvo che non sia diversamente stabilito. 7. Provvedimenti riflettenti gli organi giudiziari e il pubblico Ministero. – Qualsiasi provvedimento che attua le disposizioni del presente ordinamento, relative alla costituzione di sezioni ed alla ripartizione dei magistrati tra i diversi uffici della stessa sede, nonché i provvedimenti relativi alle applicazioni, alle sostituzioni ed alle supplenze di magistrati, sono emanati con decreto reale (15), salvo che non sia diversamente stabilito. 238 Il sistema giudiziario italiano 7-bis. Tabelle degli uffici giudicanti. – 1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all’articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l’assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell’articolo 47-bis, secondo comma, l’attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47ter, terzo comma, 47-quater, secondo comma, e 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni biennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il biennio, l’efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto (16). 2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare. 2-bis. Possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell’udienza preliminare solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Le funzioni di giudice dell’udienza preliminare sono equiparate a quelle di giudice del dibattimento (17). 2-ter. Il giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché il giudice dell’udienza preliminare non possono esercitare tali funzioni per più di sei anni consecutivi. Qualora alla scadenza del termine essi abbiano in corso il compimento di un atto del quale sono stati richiesti, l’esercizio delle funzioni è prorogato, limitatamente al relativo procedimento, sino al compimento dell’attività medesima (18). 2-quater. Il tribunale in composizione monocratica è costituito da un magistrato che abbia esercitato la funzione giurisdizionale per non meno di tre anni (18). 2-quinquies. Le disposizioni dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater possono essere derogate per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio. Si applicano, anche in questo caso, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 (18). 3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte (19). Normativa 239 3-bis. Al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giudiziari sono istituite le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti che ricomprendono tutti i magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici (20). 3-ter. Il Consiglio superiore della magistratura individua gli uffici giudiziari che rientrano nella medesima tabella infradistrettuale e ne dà immediata comunicazione al Ministro di grazia e giustizia per la emanazione del relativo decreto (20). 3-quater. L’individuazione delle sedi da ricomprendere nella medesima tabella infradistrettuale è operata sulla base dei seguenti criteri: a) l’organico complessivo degli uffici ricompresi non deve essere inferiore alle quindici unità per gli uffici giudicanti; b) le tabelle infradistrettuali dovranno essere formate privilegiando l’accorpamento tra loro degli uffici con organico fino ad otto unità se giudicanti e fino a quattro unità se requirenti; c) nelle esigenze di funzionalità degli uffici si deve tener conto delle cause di incompatibilità funzionali dei magistrati; d) si deve tener conto delle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi e dei collegamenti viari, in modo da determinare il minor onere per l’erario (20). 3-quinquies. Il magistrato può essere assegnato anche a più uffici aventi la medesima attribuzione o competenza, ma la sede di servizio principale, ad ogni effetto giuridico ed economico, è l’ufficio del cui organico il magistrato fa parte. La supplenza infradistrettuale non opera per le assenze o impedimenti di durata inferiore a sette giorni (20). 3-sexies. Per la formazione ed approvazione delle tabelle di cui al comma 3-bis, si osservano le procedure previste dal comma 2 (20). 7-ter. Criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti (21). – 1. L’assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici è effettuata, rispettivamente, dal dirigente dell’ufficio e dal presidente della sezione o dal magistrato che la dirige, secondo criteri obiettivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura (21). Nel determinare i criteri per l’assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio superiore della magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare (22). Qualora il dirigente dell’ufficio o il presidente della sezione revochino la precedente assegnazione ad una sezione o ad un collegio o ad un giudice, copia del relativo provvedimento motivato viene comunicata al presidente della sezione e al magistrato interessato. 240 Il sistema giudiziario italiano 2. Il Consiglio superiore della magistratura stabilisce altresì i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito (23). 3. Il Consiglio superiore della magistratura determina i criteri generali per l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero e per l’eventuale ripartizione di essi in gruppi di lavoro (24). 8. Requisiti per l’ammissione a funzioni giudiziarie. – Per essere ammesso a funzioni giudiziarie è necessario: 1o essere cittadino italiano, di razza italiana (25), di sesso maschile (26), ed iscritto al P.N.F. (27); o 2 avere l’esercizio dei diritti civili; 3o avere sempre tenuto illibata condotta civile, morale e politica (28); 4o possedere gli altri requisiti previsti dalla legge per le varie funzioni. 9. Giuramento. – I magistrati prestano giuramento col rito prescritto dal regolamento e con la formula seguente: «Giuro di essere fedele al Re Imperatore, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato e di adempiere coscienziosamente i miei doveri di magistrato» (29). Il giuramento viene prestato entrando a far parte dell’ordine giudiziario e non deve essere rinnovato. I magistrati onorari prestano giuramento prima di assumere le loro funzioni. 10. Termine per l’assunzione delle funzioni. – I magistrati debbono assumere le loro funzioni nel termine di giorni trenta dalla data del bollettino ufficiale che pubblica la registrazione alla corte dei conti del decreto di nomina o destinazione. Tale termine non può essere prorogato per nessuna ragione, ma può essere abbreviato dal Ministro di grazia e giustizia per necessità di servizio. Il Ministro può anche ordinare, per ragioni di servizio, che il magistrato tramutato o promosso continui ad esercitare il precedente suo ufficio per un periodo di tempo non superiore a giorni trenta (30). In questo caso, il termine stabilito nel primo comma del presente articolo decorre dal giorno in cui cessa tale esercizio, e può essere abbreviato per disposizione del Ministro. Nei casi di necessità di servizio, il Ministro può disporre che i magistrati promossi o tramutati assumano servizio presso il nuovo ufficio anche prima della registrazione del relativo decreto alla corte dei conti. Nel caso di revoca del decreto per mancata registrazione, il magistrato è considerato come in missione, ed ha il diritto alla corrispondente indennità per il tempo in cui ha prestato servizio in esecuzione del decreto stesso. 11. Decadenza per inosservanza del termine per assumere le funzioni. Riammissione in servizio. – Il magistrato, che non assume le sue funzioni nel Normativa 241 termine stabilito dall’articolo precedente, o in quello che gli è stato assegnato con disposizione del Ministro, decade dall’impiego, ma può essere riammesso nell’ordine giudiziario, con lo stesso grado mediante un nuovo decreto. In tal caso il servizio anteriore si ricongiunge con il successivo, ai fini dell’anzianità. La facoltà di riassunzione cessa col decorso di un anno dalla data di registrazione del decreto di nomina, di promozione o di tramutamento. 12. Obbligo della residenza. Sanzioni. – Il magistrato ha l’obbligo di risiedere stabilmente nel comune ove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale esercita le sue funzioni e non può assentarsene senza autorizzazione dei superiori gerarchici. Il magistrato che trasgredisce alle disposizioni del presente articolo è soggetto a provvedimenti disciplinari, e può comunque essere privato dello stipendio, con decreto ministeriale, per un tempo corrispondente all’assenza abusiva (31). 13. Esenzione da uffici e servizi pubblici. – I magistrati sono esenti da qualunque ufficio o pubblico servizio estraneo alle loro funzioni, eccettuato il servizio militare. 14. Potestà di polizia dei giudici. – Ogni giudice, nell’esercizio delle sue funzioni, può richiedere, quando occorre, l’intervento della forza pubblica e può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede. 15. Potestà dei magistrati del pubblico Ministero di richiedere la forza armata. – I magistrati del pubblico ministero hanno, nell’esercizio delle loro funzioni, il diritto di richiedere direttamente l’intervento della forza armata. CAPO II DELLE INCOMPATIBILITÀ 16. Incompatibilità di funzioni. – I magistrati privati non possono assumere pubblici o privati impieghi od uffici, ad eccezione di quelli di senatore, di consigliere nazionale (32) o di amministratore gratuito di istituzioni pubbliche di beneficenza. Non possono nemmeno esercitare industrie o commerci, né qualsiasi libera professione. Salvo quanto disposto dal primo comma dell’articolo 61 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, non possono, inoltre, accettare incarichi di qualsiasi specie né possono assu- 242 Il sistema giudiziario italiano mere le funzioni di arbitro, senza l’autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura (33). In tal caso, possono assumere le funzioni di arbitro unico o di presidente del collegio arbitrale ed esclusivamente negli arbitrati nei quali è parte l’Amministrazione dello Stato ovvero aziende o enti pubblici, salvo quanto previsto dal capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (33). 17. Incompatibilità speciali per i primi presidenti e i procuratori generali della Repubblica (34). – I primi presidenti (35) ed i procuratori generali della Repubblica (34) non possono assumere alcun incarico fuori della residenza, tranne quelli ad essi attribuiti da leggi e regolamenti o quelli conferiti con decreto reale (36). 18. Incompatibilità di sede per parentela o affinità con professionisti. – I magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali ordinari, non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo grado, sono iscritti negli albi professionali di avvocato o di procuratore, né, comunque, ad uffici giudiziari avanti i quali i loro parenti od affini nei gradi indicati esercitano abitualmente la professione di avvocato o di procuratore (37). 19. Incompatibilità per vincoli di parentela o di affinità fra magistrati della stessa sede. – I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al terzo grado non possono far parte della stessa corte o dello stesso tribunale o dello stesso ufficio giudiziario. Questa disposizione non si applica quando, a giudizio del Ministro di grazia e giustizia (38), per il numero dei componenti il collegio o l’ufficio giudiziario, sia da escludere qualsiasi intralcio al regolare andamento del servizio. Tuttavia non possono far parte come giudici dello stesso collegio giudicante nelle corti e nei tribunali ordinari i parenti e gli affini sino al quarto grado incluso. TITOLO II DEI GIUDICI CAPO I DEL GIUDICE CONCILIATORE (39) 20. Sede degli uffici di conciliazione. – [In ogni comune ha sede un giudice conciliatore. Normativa 243 Nei comuni divisi in borgate o frazioni, ed in quelli divisi in quartieri a norma della legge comunale e provinciale, possono essere istituiti con decreto reale (36) uffici distinti di giudice conciliatore. A ciascun ufficio di conciliazione, è, di regola, addetto un vice-conciliatore; e possono esservi addetti, se necessario, più vice-conciliatori]. 21. Gratuità dell’ufficio. – [L’ufficio di giudice conciliatore e di vice-conciliatore è gratuito ed onorario] (39). 22. Funzioni del giudice conciliatore. – [Il giudice conciliatore ha funzione conciliativa e contenziosa in materia civile. Nell’esercizio della giurisdizione contenziosa decide secondo il diritto e l’equità in conformità del disposto degli artt. 113 e 114 del codice di procedura civile. La competenza e le attribuzioni del giudice conciliatore nonché la forma degli atti e dei giudizi sono determinate dalle leggi di procedura] (39). 23. Requisiti per la nomina. – [Possono essere nominati giudici conciliatori e vice-conciliatori i cittadini italiani, di razza italiana (40), di sesso maschile (41), iscritti al P.N.F. (42), residenti nel comune, che hanno età non inferiore a venticinque anni. La scelta deve cadere su elementi capaci di assolvere degnamente, per requisiti di indipendenza, carattere e prestigio, le funzioni di magistrato onorario] (43). 24. Nomina e durata dell’ufficio. – [La nomina dei giudici conciliatori e vice-conciliatori è fatta, in virtù di regia delegazione, con decreto del Presidente della corte d’appello (44), su designazione del procuratore generale della Repubblica (45) (46). I giudici conciliatori e vice-conciliatori durano in carica tre anni e possono essere confermati; al termine del triennio cessano dalla carica anche quelli che ottennero la nomina nel corso del medesimo] (43). 25. Decadenza, revoca e dispensa dall’ufficio. – [I giudici conciliatori e i vice-conciliatori decadono dall’ufficio per perdita della cittadinanza, per trasferimento in altro comune o per una delle cause di incompatibilità stabilite dal successivo articolo. Possono essere revocati per indegnità o per inettitudine. Possono essere dispensati dall’ufficio per dimissioni volontarie o per incapacità dipendente da motivi di salute. 244 Il sistema giudiziario italiano Tutti i predetti provvedimenti sono emanati dal presidente della corte di appello (44), su conforme parere del procuratore generale della Repubblica (45)] (43). 26. Incompatibilità. – [L’ufficio di giudice conciliatore e di vice-conciliatore è incompatibile con la qualità: a) di magistrato e in genere di funzionario in attività di servizio appartenente o addetto all’ordine giudiziario; b) di funzionario o di agente di pubblica sicurezza in attività di servizio] (43). 27. Divieto di assistenza professionale. – (43). 28. Cancellieri di conciliazione e personale ausiliario. – [Le funzioni di cancelliere sono esercitate dal segretario comunale o da altro impiegato della segreteria, e quelle di ufficiale giudiziario dall’inserviente comunale e da altre persone residenti nel comune che presentino le necessarie garanzie di idoneità (47), previa autorizzazione da concedersi con decreto del procuratore della Repubblica (45), in entrambi i casi (48). L’autorizzazione può essere revocata o sospesa temporaneamente nella stessa forma, se risulti che il cancelliere o l’incaricato delle funzioni di ufficiale giudiziario non adempiono scrupolosamente e con diligenza ai loro doveri] (43). 29. Vigilanza sugli uffici di conciliazione. – (43). CAPO II DEL PRETORE (49) 30. 1 (50-64). 31. 1 (50-64). 32. 1 (50-64). 33. 1 (50-64). 34. 1 (50-64). 35. 1 (50-64). 36-37. 1 (50-64). Normativa 245 38. 1 (50-64). 39. 1 (50-64). 40. 1 (50-64). 41. 1 (50-64). CAPO III DEI TRIBUNALI (65) SEZIONE I DEL TRIBUNALE ORDINARIO (65) 42. Sede del tribunale. – Il tribunale ordinario ha sede in ogni capoluogo determinato nella tabella A annessa al presente ordinamento. 42-bis. Composizione dell’ufficio del tribunale ordinario. – Il tribunale ordinario è diretto dal presidente del tribunale e ad esso sono addetti più giudici. Al tribunale ordinario possono essere addetti uno o più presidenti di sezione. Al tribunale ordinario possono essere addetti giudici onorari (66). 42-ter. Nomina dei giudici onorari di tribunale. – I giudici onorari di tribunale sono nominati con decreto del Ministro di grazia e giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio nella composizione prevista dall’articolo 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374. Per la nomina è richiesto il possesso dei seguenti requisiti: a) cittadinanza italiana; b) esercizio dei diritti civili e politici; c) idoneità fisica e psichica; d) età non inferiore a venticinque anni e non superiore a sessantanove anni; e) residenza in un comune compreso nel distretto in cui ha sede l’ufficio giudiziario per il quale è presentata domanda, fatta eccezione per coloro che esercitano la professione di avvocato o le funzioni notarili; f) laurea in giurisprudenza; 246 Il sistema giudiziario italiano g) non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza. Costituisce titolo di preferenza per la nomina l’esercizio, anche pregresso: a) delle funzioni giudiziarie, comprese quelle onorarie; b) della professione di avvocato, anche nella qualità di iscritto nell’elenco speciale previsto dall’articolo 3, quarto comma, lettera b), del regio decreto 27 novembre 1933, n. 1578, o di notaio; c) dell’insegnamento di materie giuridiche nelle università o negli istituti superiori statali; d) delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie con qualifica di dirigente o con qualifica corrispondente alla soppressa carriera direttiva; e) delle funzioni con qualifica di dirigente o con qualifica corrispondente alla soppressa carriera direttiva nelle amministrazioni pubbliche o in enti pubblici economici. Costituisce altresì titolo di preferenza, in assenza di quelli indicati nel terzo comma, il conseguimento del diploma di specializzazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, adottato su conforme deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, sono disciplinate le modalità del procedimento di nomina (66). 42-quater. Incompatibilità. – Non possono esercitare le funzioni di giudice onorario di tribunale: a) i membri del parlamento nazionale ed europeo, i membri del Governo, i titolari di cariche elettive ed i membri delle giunte degli enti territoriali, i componenti degli organi deputati al controllo sugli atti degli stessi enti ed i titolari della carica di difensore civico; b) gli ecclesiastici e i ministri di confessioni religiose; c) coloro che ricoprono o hanno ricoperto nei tre anni precedenti incarichi, anche esecutivi, nei partiti politici; d) gli appartenenti ad associazioni i cui vincoli siano incompatibili con l’esercizio indipendente della funzione giurisdizionale; e) coloro che svolgono o abbiano svolto nei tre anni precedenti attività professionale non occasionale per conto di imprese di assicurazione o bancarie, ovvero per istituti o società di intermediazione finanziaria. Gli avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non possono esercitare la professione forense dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale svolgono le funzioni di giudice ono- Normativa 247 rario e non possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi successive, in procedimenti svoltisi dinanzi ai medesimi uffici. Il giudice onorario di tribunale non può assumere l’incarico di consulente, perito o interprete nei procedimenti che si svolgono dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale esercita le funzioni giudiziarie (66). 42-quinquies. Durata dell’ufficio. – La nomina a giudice onorario di tribunale ha la durata di tre anni. Il titolare può essere confermato, alla scadenza, per una sola volta. I giudici onorari di tribunali che hanno in corso la procedura di conferma nell’incarico rimangono in servizio fino alla definizione della procedura di cui al secondo comma, anche oltre il termine di scadenza dell’incarico. La conferma della nomina ha, comunque, effetto retroattivo con decorrenza dal primo giorno successivo alla scadenza del triennio già decorso. In caso di mancata conferma i giudici onorari di tribunale in proroga cessano dall’incarico dal momento della comunicazione del relativo provvedimento del CSM che non necessita di decreto del Ministro (67). Alla scadenza del triennio, il consiglio giudiziario, nella composizione prevista dall’articolo 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, esprime un giudizio di idoneità alla continuazione dell’esercizio delle funzioni sulla base di ogni elemento utile, compreso l’esame a campione dei provvedimenti. Il giudizio di idoneità costituisce requisito necessario per la conferma (66). La nomina dei giudici onorari di tribunale pur avendo effetto dalla data del decreto ministeriale di cui all’articolo 42-ter, primo comma, ha durata triennale con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo alla nomina (68). 42-sexies. Cessazione, decadenza e revoca dall’ufficio. – Il giudice onorario di tribunale cessa dall’ufficio: a) er compimento del settantaduesimo anno di età; b) per scadenza del termine di durata della nomina o della conferma; c) per dimissioni, a decorrere dalla data di comunicazione del provvedimento di accettazione. Il giudice onorario di tribunale decade dall’ufficio: a) se non assume le sue funzioni entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di nomina o nel termine più breve eventualmente fissato dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell’articolo 10; b) se non esercita volontariamente le funzioni inerenti all’ufficio; c) se viene meno uno dei requisiti necessari per la nomina o sopravviene una causa di incompatibilità. 248 Il sistema giudiziario italiano Il giudice onorario di tribunale è revocato dall’ufficio in caso di inosservanza dei doveri inerenti al medesimo. La cessazione, la decadenza o la revoca dall’ufficio è dichiarata o disposta con le stesse modalità previste per la nomina (66). 42-septies. Doveri e diritti del giudice onorario di tribunale. – Il giudice onorario di tribunale è tenuto all’osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari, in quanto compatibili. Al giudice onorario competono esclusivamente le indennità e gli altri diritti espressamente attribuiti dalla legge con specifico riferimento al rapporto di servizio onorario (66). 43. Funzioni ed attribuzioni del tribunale ordinario. – Il tribunale ordinario: a) esercita la giurisdizione in primo grado e in appello, contro le sentenze pronunciate dal giudice di pace, in materia civile; b) esercita la giurisdizione in primo grado in materia penale; c) esercita le funzioni di giudice tutelare; d) esercita nei modi stabiliti dalla legge le altre funzioni ad esso deferite (69). 43-bis. Funzioni dei giudici ordinari ed onorari addetti al tribunale ordinario. – I giudici ordinari ed onorari svolgono presso il tribunale ordinario il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione. I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari. Nell’assegnazione prevista dal primo comma, è seguito il criterio di non affidare ai giudici onorari: a) nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio; b) nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale (70) (71). 44. Ufficio d’istruzione penale. – (72). 45. Giudice di sorveglianza. – Nella sede del tribunale ordinario, e nelle sedi designate con decreto del Ministro di grazia e giustizia, un giudice è annualmente incaricato delle funzioni di sorveglianza sull’esecuzione delle Normativa 249 pene detentive e sulla applicazione ed esecuzione delle misure amministrative di sicurezza. Il giudice di sorveglianza provvede, inoltre, in materia di misure amministrative di sicurezza ed esercita le altre funzioni che la legge gli attribuisce. In caso di bisogno possono essere incaricati delle funzioni di sorveglianza anche altri giudici del tribunale ordinario. L’incarico di esercitare funzioni di giudice di sorveglianza è revocabile anche se conferito a giudici inamovibili. 46. Costituzione delle sezioni. – Il tribunale ordinario può essere costituito in più sezioni. Nei tribunali ordinari costituiti in sezioni sono biennalmente designate le sezioni alle quali sono devoluti, promiscuamente o separatamente, gli affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello, nonché, separatamente, le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie. In ogni tribunale ordinario costituito in sezioni è istituita una sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l’udienza preliminare. A ciascuna sezione, nella formazione delle tabelle ai sensi dell’articolo 7bis, sono destinati giudici nel numero richiesto dalle esigenze di servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti, dell’urgenza della definizione delle controversie, nonché del numero delle controversie sulle quali il tribunale giudica in composizione collegiale (73). I giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere comunque in numero inferiore a cinque. Tale limite non opera per la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l’udienza preliminare (74). 47. Attribuzioni del presidente del tribunale. – Il presidente del tribunale dirige l’ufficio e, nei tribunali costituiti in sezioni, distribuisce il lavoro tra le sezioni, salvi i compiti del presidente di sezione. Esercita le altre funzioni che gli sono attribuite dalla legge nei modi da questa stabiliti (75). 47-bis. Direzione delle sezioni. – Nei tribunali costituiti in sezioni e nei quali sono istituiti posti di presidente di sezione, la direzione delle sezioni è attribuita ad un presidente di sezione. Nei tribunali nei quali non sono istituiti posti di presidente di sezione, dell’organizzazione del lavoro della sezione è incaricato il magistrato designato nelle tabelle formate ai sensi dell’articolo 7-bis (76). 250 Il sistema giudiziario italiano 47-ter. Istituzione dei posti di presidente di sezione. – Salvo quanto previsto dal secondo e dal terzo comma, nei tribunali costituiti in sezioni ai quali sono addetti più di dieci giudici ordinari possono essere istituiti posti di presidente di sezione, in numero non superiore a quello determinato dalla proporzione di uno a dieci (77). Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza l’osservanza dei limiti previsti dal primo comma: a) per la direzione della corte di assise e delle singole sezioni della medesima, quando il numero delle udienze da esse tenute lo richiede; b) per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto della loro consistenza numerica e delle specifiche esigenze organizzative: 1) sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie; 2) sezioni incaricate degli affari inerenti alle procedure concorsuali; 3) sezioni dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti del codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l’udienza preliminare, salvo quanto previsto dal terzo comma (77). In ogni tribunale ordinario di cui alla tabella A allegata alla legge 22 dicembre 1973, n. 884, la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l’udienza preliminare è diretta da un presidente di sezione. Si applicano le disposizioni dell’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380 (76). 47-quater. Attribuzioni del presidente di sezione. – Il presidente di sezione, oltre a svolgere il lavoro giudiziario, dirige la sezione cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l’andamento dei servizi di cancelleria ed ausiliari, distribuisce il lavoro tra i giudici e vigila sulla loro attività, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all’interno della sezione. Collabora, altresì, con il presidente del tribunale nell’attività di direzione dell’ufficio. Con le tabelle formate ai sensi dell’articolo 7-bis, al presidente di sezione può essere attribuito l’incarico di dirigere più sezioni che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell’ufficio (76). 47-quinquies. Presidenza dei collegi. – Quando il tribunale giudica in composizione collegiale, la presidenza del collegio è assunta dal presidente del tribunale o da un presidente di sezione o dal magistrato più elevato in qualifica o dal più anziano dei magistrati di pari qualifica componenti il collegio (78). Normativa 251 48. Composizione dell’organo giudicante. – In materia civile e penale il tribunale giudica in composizione monocratica e, nei casi previsti dalla legge, in composizione collegiale. Sull’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali il tribunale giudica sempre in composizione collegiale. Salve le disposizioni relative alla composizione delle sezioni specializzate, il tribunale, quando giudica in composizione collegiale, decide con il numero invariabile di tre componenti (78). SEZIONE I-BIS DELLE SEZIONI DISTACCATE DI TRIBUNALE (79) 48-bis. Sezioni distaccate del tribunale ordinario. – Nei comuni indicati nella tabella B annessa al presente ordinamento sono istituite sezioni distaccate del tribunale ordinario con la circoscrizione stabilita per ciascuna di esse (79) (80). 48-ter. Istituzione, soppressione e modifica della circoscrizione delle sezioni distaccate. – All’istituzione, alla soppressione ed alla modifica della circoscrizione delle sezioni distaccate del tribunale ordinario si provvede con decreto motivato del Ministro di grazia e giustizia di concerto con il Ministro del tesoro, previo parere del Consiglio superiore della magistratura. Il decreto è adottato sulla base di criteri oggettivi ed omogenei, che tengono conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei sistemi di mobilità, dell’indice di contenzioso in materia civile e penale degli ultimi due anni, della complessità e dell’articolazione delle attività economiche e sociali che si svolgono nel territorio. L’avvio del procedimento è comunicato agli enti locali interessati, ai consigli giudiziari e ai consigli degli ordini degli avvocati. Si osservano le disposizioni degli articoli 7, 8 e 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il parere del Consiglio superiore della magistratura è comunicato al Ministro di grazia e giustizia entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Trascorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere (81). 48-quater. Affari trattati nelle sezioni distaccate. – Nelle sezioni distaccate sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime. Le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie sono trattate esclusivamente nella sede principale del tribunale. In 252 Il sistema giudiziario italiano tale sede sono altresì svolte, in via esclusiva, le funzioni del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell’udienza preliminare (79). In deroga a quanto previsto dal secondo comma, con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura assunta sulla proposta del presidente del tribunale sentito il consiglio dell’ordine degli avvocati, può disporsi che nelle sezioni distaccate di tribunale aventi sede in isole, eccettuate la Sicilia e la Sardegna, siano trattate anche le cause concernenti controversie di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie. La deroga può essere prevista anche per un tempo determinato in relazione a particolari circostanze (82). 48-quinquies. Udienze relative a procedimenti da trattare nella sede principale e nelle sezioni distaccate. – In considerazione di particolari esigenze, il presidente del tribunale, sentite le parti, può disporre che una o più udienze relative a procedimenti civili o penali da trattare nella sede principale del tribunale siano tenute in una sezione distaccata, o che una o più udienze relative a procedimenti da trattare in una sezione distaccata siano tenute nella sede principale o in altra sezione distaccata. Sentiti il consiglio giudiziario ed il consiglio dell’ordine degli avvocati, il provvedimento può essere adottato anche in relazione a gruppi omogenei di procedimenti (79). 48-sexies. Magistrati assegnati alle sezioni distaccate. – I magistrati assegnati alle sezioni distaccate del tribunale ordinario possono svolgere funzioni anche presso la sede principale o presso altre sezioni distaccate, secondo criteri determinati con la procedura tabellare prevista dall’articolo 7-bis. Nelle sezioni distaccate non sono istituiti posti di presidente di sezione (79). SEZIONE II DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI 49. Costituzione e giurisdizione del tribunale per i minorenni. – In ogni sede di corte di appello o di sezione distaccata di corte di appello è costituito un tribunale per i minorenni. Il tribunale per i minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della corte di appello o della sezione di corte di appello, nei limiti di competenza determinati dalla legge. 50. Composizione del tribunale per i minorenni. – Il tribunale per i minorenni è composto da un magistrato di corte di appello, che lo presiede, da un magistrato di tribunale e da due esperti, un uomo e una donna, Normativa 253 aventi i requisiti richiesti dalla legge, ai quali è conferito il titolo di giudice onorario del Tribunale per i minorenni. Possono anche essere nominati due o più supplenti. Gli esperti del Tribunale per i minorenni sono nominati con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia (83), per un triennio, e possono essere confermati (84). 50-bis. Giudice per le indagini preliminari. – 1. In ogni tribunale per i minorenni uno o più magistrati sono incaricati, come giudici singoli, dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari. L’organizzazione del lavoro dei predetti giudici è attribuita al più anziano. 2. Nell’udienza preliminare, il tribunale per i minorenni, giudica composto da un magistrato e da due giudici onorari, un uomo e una donna, dello stesso tribunale (85). 51. Giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni. – Le funzioni di giudice di sorveglianza sono esercitate dal giudice addetto al tribunale per i minorenni. Il presidente del tribunale ordinario, sentito il procuratore della Repubblica (86), può, con suo decreto, destinare anche altro giudice, con le stesse funzioni, al tribunale per i minorenni. CAPO IV DELLA CORTE DI APPELLO SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI 52. Sede della corte di appello. – La corte di appello ha sede nel capoluogo dei distretti indicati nella tabella A annessa al presente ordinamento. 53. Funzioni ed attribuzioni della corte di appello. – La corte di appello: a) esercita la giurisdizione nelle cause di appello delle sentenze pronunciate in primo grado dai tribunali in materia civile e penale (87); b) esercita inoltre le funzioni a essa deferite dal codice di procedura penale diverse da quelle del giudizio di appello avverso le sentenze pronunciate nel dibattimento di primo grado; delibera in camera di consiglio nei casi previsti dal codice di procedura civile e conosce degli altri affari ad essi deferiti dalle leggi (88). 254 Il sistema giudiziario italiano 54. Costituzione delle sezioni nelle corti di appello. – Nella formazione delle tabelle ai sensi dell’articolo 7-bis sono designati i presidenti e i consiglieri che fanno parte di ciascuna sezione e i supplenti (89). Si osserva per le corti di appello il disposto dell’art. 46, in quanto applicabile. Sono altresì designate le sezioni in funzione di corte di assise, la sezione incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, la sezione per i minorenni ed eventualmente quella che funziona da tribunale regionale delle acque pubbliche (90). 55. Magistrati della corte di appello. – Il presidente (91) presiede la prima sezione della corte di appello e può presiedere anche le altre sezioni. Le sezioni sono presiedute da presidenti di sezione. I giudici delle corti di appello hanno il titolo di consiglieri. 56. Costituzione del collegio giudicante. – La corte di appello giudica con il numero invariabile di tre votanti (92). 57. Sezione istruttoria. – (93). 58. Sezione per i minorenni. – Una sezione della corte giudica sulle impugnazioni dei provvedimenti del tribunale per i minorenni. Ad essa sono altresì demandate le altre funzioni della corte di appello previste dal codice di procedura penale, nei procedimenti a carico di imputati minorenni (94). La sezione giudica con l’intervento di due esperti, un uomo ed una donna, aventi i requisiti prescritti dalla legge i quali si aggiungono ai tre magistrati della sezione (95). Agli esperti della sezione per i minorenni è conferito il titolo di consigliere onorario della sezione della Corte di appello per i minorenni; ad essi è applicabile il disposto dell’ultimo comma dell’art. 50. Le funzioni di consigliere delegato per la sorveglianza sono, per i minorenni, esercitate da uno dei magistrati della sezione di Corte di appello per i minorenni (84). 59. Sezioni distaccate di corte d’appello. – Le sezioni distaccate delle corti di appello hanno sede nei comuni indicati nella tabella A, annessa al presente ordinamento. Normativa 255 Esse, nella circoscrizione territoriale nella quale esercitano la giurisdizione, costituiscono sezioni delle corti di appello dalle quali dipendono. Alle sezioni distaccate di corte di appello sono preposti presidenti di sezione alla dipendenza del presidente (96), ed alle rispettive procure generali sono preposti avvocati generali alla dipendenza del procuratore generale della Repubblica (97). SEZIONE II DELLA CORTE DI ASSISE (98) 60. Sedi di corte di assise. – In ogni distretto di corte di appello sono costituite una o più corti di assise. Ogni corte di assise esercita la giurisdizione nel circolo ad essa assegnato, in conformità della tabella D annessa al presente ordinamento. Per uno stesso circolo possono essere costituite anche più corti di assise. Le altre norme riflettenti l’ordinamento della corte di assise sono dettate da legge speciale. 61. Costituzione della corte di assise. – La corte di assise è composta: a) da un presidente di sezione di corte di appello che la presiede; b) da un consigliere di corte di appello ovvero da un presidente o presidente di sezione di tribunale; c) da cinque assessori. Magistrati e assessori costituiscono un unico collegio. I presidenti e gli altri magistrati che compongono le corti di assise sono nominati ogni anno e possono essere destinati a presiedere o a comporre più corti di assise comprese nel distretto della corte di appello. 62. Grado onorario degli assessori. – Gli assessori, durante la sessione, sono equiparati ai consiglieri di corte di appello, nell’ordine di precedenza a corte e nelle funzioni e cerimonie pubbliche. SEZIONE III DELLA MAGISTRATURA DEL LAVORO 63. Costituzione della magistratura del lavoro. – Una speciale sezione della corte di appello funziona come magistratura del lavoro, con le attribuzioni e le modalità stabilite dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali. Essa giu- 256 Il sistema giudiziario italiano dica col numero invariabile di tre magistrati, di cui un presidente di sezione e due consiglieri, e di due esperti che vi sono aggregati di volta in volta (99). La magistratura del lavoro, quando giudica sulle controversie individuali in materia corporativa in grado di appello, è integrata da due consiglieri designati annualmente dal primo presidente, in sostituzione degli esperti. SEZIONE IV DEL TRIBUNALE REGIONALE DELLE ACQUE PUBBLICHE 64. Costituzione del tribunale regionale delle acque pubbliche. – Il tribunale regionale delle acque pubbliche ha sede presso le corti di appello indicate nella tabella E annessa al presente ordinamento. Il tribunale regionale delle acque pubbliche costituisce una sezione della corte di appello presso la quale è istituito. Alla sezione sono aggregati tre funzionari del corpo reale del genio civile designati dal presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici e nominati con decreto reale (100), su proposta del Ministro di grazia e giustizia. Essi durano in carica cinque anni e possono essere confermati. La sezione di corte di appello funzionante come tribunale regionale delle acque pubbliche giudica col numero invariabile di tre votanti, in essi compreso il funzionario tecnico che per legge concorre a costituire il collegio. Questo funzionario deve prestare giuramento davanti al presidente della sezione, con la formula indicata nell’art. 9. CAPO V DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 65. Attribuzioni della corte suprema di cassazione. – La corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge. La corte suprema di cassazione ha sede in Roma ed ha giurisdizione su tutto il territorio del regno, dell’impero e su ogni altro territorio soggetto alla sovranità dello Stato (101). 66. Composizione della corte suprema di cassazione. – La corte suprema di cassazione è costituita in sezioni, e composta da un primo presidente (102), da presidenti di sezione e da consiglieri. Normativa 257 Il primo presidente presiede le udienze a sezioni unite e le adunanze solenni e può presiedere le udienze delle singole sezioni. La composizione annuale delle sezioni è stabilita ai sensi dell’articolo 7bis. A ciascuna delle sezioni civili e penali è preposto un presidente di sezione e possono essere assegnati altri presidenti di sezione (103). 67. Costituzione del collegio giudicante. – La corte suprema di cassazione in ciascuna sezione giudica col numero invariabile di cinque votanti. Giudica a sezioni unite col numero invariabile di nove votanti (104). Il collegio a sezioni unite in materia civile è composto da magistrati appartenenti alle sezioni civili; in materia penale è composto da magistrati appartenenti alle sezioni penali. 68. Ufficio del massimario e del ruolo. – Presso la corte suprema di cassazione è costituito un ufficio del massimario e del ruolo, diretto da un magistrato della corte medesima designato dal primo presidente. All’ufficio sono addetti, salvo il disposto del terzo comma dell’art. 135, nove magistrati, di grado non superiore a consigliere di corte d’appello o parificato, cinque dei quali possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura, entro i limiti numerici stabiliti nell’art. 210 del presente ordinamento. Le attribuzioni dell’ufficio del massimario e del ruolo sono stabilite dal primo presidente della corte suprema di cassazione, sentito il procuratore generale della Repubblica. TITOLO III DEL PUBBLICO MINISTERO CAPO I DELLA COSTITUZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO 69. Funzioni del pubblico ministero. – Il pubblico ministero esercita, sotto la vigilanza del Ministro per la grazia e giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce (105). 70. Costituzione del pubblico ministero. – 1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la corte di cassazione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i tribunali ordinari. Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di 258 Il sistema giudiziario italiano procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all’ufficio. Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale antimafia (106). 2. Presso le sezioni distaccate di corte di appello le funzioni del procuratore generale sono esercitate dall’avvocato generale, a norma dell’art. 59. 3. I titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l’ufficio cui sono preposti, ne organizzano l’attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non designino altri magistrati addetti all’ufficio. Possono essere designati più magistrati in considerazione del numero degli imputati o della complessità delle indagini o del dibattimento. 4. Nel corso delle udienze penali, il magistrato designato svolge le funzioni del pubblico ministero con piena autonomia e può essere sostituito solo nei casi previsti dal codice di procedura penale. Il titolare dell’ufficio trasmette al Consiglio superiore della magistratura copia del provvedimento motivato con cui ha disposto la sostituzione del magistrato. 5. Ogni magistrato addetto ad una procura della Repubblica, che, fuori dell’esercizio delle sue funzioni, viene comunque a conoscenza di fatti che possano determinare l’inizio dell’azione penale o di indagini preliminari, può segnalarli per iscritto al titolare dell’ufficio. Questi, quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione e non intende procedere personalmente, provvede a designare per la trattazione uno o più magistrati dell’ufficio. 6. Quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore generale presso la corte di appello dispone l’avocazione delle indagini preliminari nei casi previsti dalla legge, trasmette copia del relativo decreto motivato al Consiglio superiore della magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati (107). 6-bis. Entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di avocazione, il procuratore della Repubblica interessato può proporre reclamo al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Questi, se accoglie il reclamo, revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione degli atti (108). 70-bis. Direzione distrettuale antimafia. – 1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell’ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per la durata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali. Della direzione distrettuale non possono fare parte uditori giudiziari. La Normativa 259 composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura. 2. Il procuratore distrettuale o un suo delegato è preposto all’attività della direzione e cura, in particolare, che i magistrati addetti ottemperino all’obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca informazione sull’andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per il coordinamento delle investigazioni e l’impiego della polizia giudiziaria. 3. Salvi casi eccezionali, il procuratore distrettuale designa per l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero, nei procedimenti riguardanti i reati indicati nell’articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, i magistrati addetti alla direzione. 4. Salvo che nell’ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antimafia la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione, il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia (109). 71. Nomina e funzioni dei magistrati onorari della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. – Alle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere addetti magistrati onorari in qualità di vice procuratori per l’espletamento delle funzioni indicate nell’articolo 72 e delle altre ad essi specificamente attribuite dalla legge. I vice procuratori onorari sono nominati con le modalità previste per la nomina dei giudici onorari di tribunale. Ad essi si applicano le disposizioni di cui agli articoli 42-ter, 42-quater, 42-quinquies e 42-sexies (110). 71-bis. Esercizio delle funzioni di vice procuratore onorario presso la sola sede principale o sezione distaccata. – Il procuratore della Repubblica può stabilire che determinati vice procuratori onorari addetti al suo ufficio esercitino le funzioni del pubblico ministero soltanto presso la sede principale del tribunale o presso una o più sezioni distaccate, ovvero presso la sede principale e una o più sezioni distaccate. In tal caso, per i vice procuratori onorari che esercitano la professione forense l’incompatibilità di cui all’articolo 42-quater, secondo comma, è riferita unicamente all’ufficio o agli uffici presso i quali sono svolte le funzioni (111). 72. Delegati del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario. – Nei procedimenti sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega nominativa del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario: a) nell’udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da coloro 260 Il sistema giudiziario italiano che hanno preso parte alle indagini preliminari o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398; b) nell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo, da uditori giudiziari che abbiano compiuto un periodo di tirocinio di almeno sei mesi, nonché, limitatamente alla convalida dell’arresto nel giudizio direttissimo, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio in servizio da almeno sei mesi; c) per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna ai sensi degli articoli 459, comma 1, e 565 del codice di procedura penale, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio; d) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all’articolo 127 del codice di procedura penale, salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti di esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell’articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio; e) nei procedimenti civili, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio o dai laureati in giurisprudenza di cui alla lettera a). La delega è conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento. Nella materia penale, essa è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero. Nella materia penale, è seguito altresì il criterio di non delegare le funzioni del pubblico ministero in relazione a procedimenti relativi a reati diversi da quelli per cui si procede con citazione diretta a giudizio secondo quanto previsto dall’art. 550 del codice di procedura penale (112). CAPO II DELLE ATTRIBUZIONI DEL PUBBLICO MINISTERO 73. Attribuzioni generali del pubblico ministero. – Il pubblico ministero veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci, richiedendo, nei casi di urgenza, i provvedimenti cautelari che ritiene necessari: promuove la repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicurezza; Normativa 261 fa eseguire i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge. Ha pure azione diretta per fare eseguire ed osservare le leggi d’ordine pubblico e che interessano i diritti dello Stato, e per la tutela dell’ordine corporativo (113), sempre che tale azione non sia dalla legge ad altri organi attribuita. 74. Attribuzioni del pubblico ministero in materia penale. – Il pubblico ministero inizia ed esercita l’azione penale. Un rappresentante del pubblico ministero interviene a tutte le udienze penali delle corti e dei tribunali ordinari. In mancanza del suo intervento, l’udienza non può aver luogo (114). Le attribuzioni del pubblico ministero negli atti preliminari del giudizio e nelle udienze della corte d’assise spettano al procuratore generale della Repubblica (115) presso la corte d’appello, il quale le esercita personalmente o per mezzo di altro magistrato addetto al suo ufficio. Il procuratore generale, nella circoscrizione della corte di appello, provvede alla designazione dei magistrati del pubblico ministero che debbono intervenire alle udienze, delegando, se occorre, il procuratore della Repubblica (115) o un sostituto presso il tribunale ordinario della sede dove è convocata la corte d’assise. La norma del comma precedente si applica anche per le udienze di corte d’assise che si tengono nella circoscrizione di una sede distaccata di corte d’appello (116). 75. Attribuzioni del pubblico ministero in materia civile ed amministrativa. – Il pubblico ministero esercita l’azione civile ed interviene nei processi civili nei casi stabiliti dalla legge; in mancanza del suo intervento, quando è richiesto dalla legge, l’udienza non può aver luogo. Esercita la vigilanza sul servizio dello stato civile e le altre attribuzioni demandategli nella stessa materia, in conformità alle leggi e ai regolamenti. Il pubblico ministero presso le corti di appello interviene sempre nelle cause collettive (117) ed individuali del lavoro e negli altri casi stabiliti dalla legge. 76. Attribuzioni del pubblico ministero presso la corte suprema di cassazione. – Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude in tutte le udienze civili e penali e redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge (118). Esercita inoltre, per decreto del Ministro di grazia e giustizia, le attribuzioni in materia di controversie collettive del lavoro ad esso demandate dalla legge (117). 76-bis. Procuratore nazionale antimafia. – 1. Nell’ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia. 262 Il sistema giudiziario italiano 2. Alla Direzione è preposto un magistrato di cassazione, scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. L’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali (119). 3. Alla nomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall’articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195. L’incarico ha durata di quattro anni e può essere rinnovato una sola volta. 4. Alla Direzione sono addetti, quali sostituti, magistrati con funzione di magistrati di corte di appello, nominati sulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. Alle nomine provvede il Consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia designa uno o più dei sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratore nazionale antimafia aggiunto (120). 5. Per la nomina dei sostituti, l’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali. 6. Al procuratore nazionale antimafia sono attribuite le funzioni previste dall’articolo 371-bis del codice di procedura penale. 6-bis. Prima della nomina disposta dal Consiglio superiore della magistratura, il procuratore generale presso la Corte di cassazione applica, quale procuratore nazionale antimafia, un magistrato che possegga, all’epoca dell’applicazione, i requisiti previsti dal comma 2 (121). 76-ter. Attribuzioni del procuratore generale presso la Corte di cassazione in relazione all’attività di coordinamento investigativo. – 1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione esercita la sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e sulla relativa Direzione nazionale. 2. Nella relazione generale sull’amministrazione della giustizia prevista dall’articolo 86, il procuratore generale comunica l’attività svolta e i risultati conseguiti dal procuratore nazionale antimafia e dalle Direzioni nazionale e distrettuali antimafia (122). 77. Azione di annullamento, revocazione e revisione delle sentenze. – Il pubblico ministero, nei casi e nelle forme stabiliti dalle leggi di procedura, può proporre ricorso per cassazione nell’interesse della legge, ed impugnare per revocazione le sentenze civili, nonché chiedere la revisione delle sentenze penali. 78. Attribuzioni del pubblico ministero nel processo di esecuzione. – Il pubblico ministero promuove la esecuzione delle sentenze e degli altri prov- Normativa 263 vedimenti del giudice penale, secondo le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi a questo complementari. Le sentenze e gli altri provvedimenti del giudice civile sono fatti eseguire di ufficio dal pubblico ministero nei casi preveduti dalla legge. 79. Richieste del pubblico ministero per la disciplina delle udienze. – Il pubblico ministero fa le opportune richieste al giudice per la disciplina delle udienze penali, e di quelle civili nelle quali interviene, salvi i poteri diretti in tale materia che la legge gli attribuisce per il tempo in cui il giudice è in camera di consiglio. 80. Intervento in camera di consiglio del pubblico ministero presso le corti di appello ed i tribunali ordinari. – Presso le corti di appello ed i tribunali ordinari il pubblico ministero non può assistere alla deliberazione della decisione delle cause civili e penali. Il pubblico ministero interviene nei procedimenti di camera di consiglio in materia penale, ma non può assistere alle relative deliberazioni. Non può assistere nemmeno alle deliberazioni in camera di consiglio in materia civile. Deve, peraltro, assistere a quelle deliberazioni che riguardano l’ordine ed il servizio interno delle corti o dei tribunali ordinari. 81. Attribuzioni del pubblico ministero nelle assemblee generali e in materia disciplinare. – Il pubblico ministero interviene alle assemblee generali delle corti nel modo indicato nell’art. 96 del presente ordinamento. Esercita in materia disciplinare le attribuzioni che gli sono conferite dalle leggi. 82. Potestà del pubblico ministero di richiedere la convocazione di assemblee generali. – Quando occorre fare rilievi e richieste circa il servizio e la disciplina il procuratore generale della Repubblica (123) richiede, ed il primo presidente della corte ordina la convocazione dell’assemblea generale per le relative deliberazioni. 83. Subordinazione della polizia giudiziaria al pubblico ministero. – 1. Il procuratore generale presso la corte d’appello esercita la sorveglianza nel distretto della corte di appello sulla osservanza delle norme relative alla diretta disponibilità della polizia giudiziaria da parte della autorità giudiziaria (124). 84. Vigilanza del pubblico ministero sugli istituti di prevenzione e di pena. – (125). 264 Il sistema giudiziario italiano TITOLO IV DELL’ANNO GIUDIZIARIO, DELLE ASSEMBLEE GENERALI, DELLE SUPPLENZE E DELLE APPLICAZIONI CAPO I DELL’ANNO GIUDIZIARIO 85. Inizio dell’anno giudiziario. – (126). 86. Relazione dei procuratori generali della Repubblica al Ministro di grazia e giustizia. – Il procuratore generale della Repubblica (123) presso la corte suprema di cassazione comunica al Ministro, per ogni anno giudiziario, una relazione generale sull’amministrazione della giustizia. I procuratori generali presso le corti di appello comunicano al Ministro analoga relazione per i singoli distretti. 87. Relazione del Ministro di grazia e giustizia alla maestà del Re Imperatore (127). – Il Ministro di grazia e giustizia riferisce alla maestà del Re Imperatore (127), per ogni anno giudiziario, sull’amministrazione della giustizia nel regno, nell’impero e negli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato (128). 88. Relazione dei procuratori generali della Repubblica per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. – Il Ministro di grazia e giustizia (129) può disporre che il procuratore generale della Repubblica (130) presso la corte suprema di cassazione ed i procuratori generali presso le corti di appello riferiscano nell’assemblea generale di tutte o di alcune corti, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, sull’amministrazione della giustizia. 89. Convocazione dell’assemblea generale per l’inizio dell’anno giudiziario. – L’assemblea generale delle corti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario e per la lettura del decreto reale che compone le sezioni si riunisce entro il quinto giorno dalla data d’inizio dell’anno giudiziario. L’assemblea generale si riunisce in forma pubblica e solenne per ascoltare la relazione del procuratore generale della Repubblica (130) nel caso indicato nell’articolo precedente. 90. Ferie dei magistrati durante l’anno giudiziario. – I magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di quarantacinque giorni (131). Per i magistrati della Corte suprema di cassazione, delle Corti di appello e dei Tribunali ordinari nonché per i magistrati addetti ai Commissariati Normativa 265 degli usi civici, ai Tribunali ordinari delle acque pubbliche, il periodo è fissato al principio di ogni anno con decreto ministeriale (132). 91. Affari penali nel periodo feriale dei magistrati. – Durante il periodo feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause penali relative ad imputati detenuti o a reati che possono prescriversi o che, comunque, presentano carattere di urgenza. 92. Affari civili nel periodo feriale dei magistrati. – Durante il periodo feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause civili relative ad alimenti, alla materia corporativa (133), ai procedimenti cautelari, per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di sfratto e di opposizione all’esecuzione, nonché quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti, ed in genere quelle rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti (134). In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal presidente in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile, e per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del collegio, egualmente non impugnabile. CAPO II DELLE ASSEMBLEE GENERALI 93. Oggetto delle assemblee generali. – La corte suprema di cassazione e le corti di appello si riuniscono in assemblea generale: 1° per l’inaugurazione dell’anno giudiziario; 2° per dare al governo pareri richiesti su disegni di legge od altre materie di pubblico interesse; 3° per deliberare su materie d’ordine e di servizio interno e che interessano l’intiero organo giudiziario. Il procuratore generale della Repubblica (130) può chiedere la convocazione della corte in camera di consiglio per eventuali rilievi e richieste di provvedimenti. La corte delibera con l’intervento del procuratore generale. 94. Convocazione delle assemblee generali. – Le assemblee generali sono convocate dal presidente (135) della corte o da chi ne fa le veci, di propria iniziativa, o su richiesta del pubblico ministero. 95. Costituzione delle assemblee generali. – L’assemblea generale è costituita dalla riunione di tutte le sezioni della corte. 266 Il sistema giudiziario italiano Per la legittimità delle sue deliberazioni è necessario l’intervento di almeno due terzi dei magistrati della corte. L’assemblea generale può adunarsi, in caso di urgenza, anche durante il periodo feriale, nel quale caso essa è legittimamente costituita quando vi intervengono tutti i magistrati in servizio. 96. Intervento del pubblico ministero nelle assemblee generali. – Il pubblico ministero interviene nelle assemblee generali per mezzo del procuratore generale della Repubblica (130) o di chi ne fa le veci. Alle adunanze solenni intervengono tutti i magistrati del pubblico ministero che appartengono all’ufficio. Alle deliberazioni delle assemblee generali assiste il rappresentante del pubblico ministero. Nel caso preveduto dall’art. 93, n. 2, il rappresentante del pubblico ministero ha voto individuale deliberativo. CAPO III DELLE SUPPLENZE E DELLE APPLICAZIONI SEZIONE I - DELLE SUPPLENZE 97. Supplenze di magistrati negli organi giudiziari collegiali. – Negli organi giudiziari collegiali costituiti in sezioni i magistrati che compongono ciascuna sezione sono sostituiti, in caso di mancanza o di impedimento, con magistrati di altre sezioni. Il provvedimento è emanato con decreto del presidente della corte suprema di cassazione o della corte di appello o del presidente del tribunale ordinario o del presidente del tribunale per i minorenni per i magistrati addetti ai rispettivi uffici (136). Il presidente della corte di appello provvede, inoltre, per i magistrati che compongono le corti di assise di appello, le corti di assise e i tribunali regionali delle acque pubbliche (136). È vietato l’intervento in ciascuna sezione di più di un supplente estraneo al collegio. I provvedimenti di supplenza ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 3-bis, sono adottati dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la medesima corte a seconda che si tratti di uffici giudicanti o requirenti (137). 98. Destinazione alle sezioni di magistrati aventi particolari funzioni. – I magistrati addetti agli organi giudiziari indicati nel terzo comma dell’articolo Normativa 267 precedente, e quelli incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e alle sezioni delle controversie individuali in materia corporativa (138), nonché i giudici di sorveglianza possono anche far parte di qualunque sezione della corte o del tribunale ordinario (139). 99. Supplenza del giudice conciliatore e del vice-conciliatore. – In caso di mancanza o di impedimento del giudice conciliatore o del vice-conciliatore di un comune avente più uffici di conciliazione, il presidente del tribunale ordinario può incaricare temporaneamente della supplenza il giudice conciliatore o il vice-conciliatore di un altro ufficio dello stesso comune, designato dal procuratore della Repubblica (140). Se la mancanza o l’impedimento si verifica in un comune avente un solo ufficio di conciliazione, negli stessi modi, l’incarico è conferito al giudice conciliatore o al vice-conciliatore di un comune viciniore. In tal caso questi ha diritto, a carico del comune ove si reca, ad una indennità da determinarsi nel regolamento. 100. Supplenza del cancelliere. – In caso di mancanza o di impedimento temporaneo del cancelliere, può essere, in via di urgenza, assunto ad esercitarne le funzioni altro impiegato del comune delegato dal podestà (141). 101. Supplenza del pretore titolare. – (142). 102. Supplenza del pretore in caso di urgenza. – (142). 103. Sostituzione di magistrati nelle sezioni di pretura. – (143). 104. Supplenza in caso di mancanza od impedimento del presidente del tribunale ordinario o della sezione. – Il magistrato destinato a presiedere il tribunale ordinario o la sezione in caso di mancanza o di impedimento del titolare viene designato annualmente. Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare mancante o impedito il più anziano dei giudici che compongono la sezione. Nelle funzioni che gli sono specialmente attribuite, il presidente del tribunale ordinario è supplito dal più anziano dei presidenti di sezione, o, in mancanza di essi, dal più anziano dei giudici. 105. Supplenza nelle sezioni del tribunale ordinario. – [Se in una sezione manca o è impedito il presidente o alcuno dei giudici necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente del tribunale ordinario o chi ne fa le veci, quando non può provvedere a norma dell’articolo 97, delega un pretore o un vice pretore della stessa sede] (144). 106. Supplenza di giudici istruttori e di giudici di sorveglianza. – In caso di mancanza o di impedimento di un giudice istruttore o di un giudice di sor- 268 Il sistema giudiziario italiano veglianza, il presidente, con suo decreto, destina altro giudice del tribunale ordinario a farne le veci. 107. Supplenza del presidente della corte di assise. – In caso di mancanza o di impedimento, il presidente della corte di assise viene sostituito, con provvedimento del primo presidente della corte di appello, sentito il procuratore generale del Re Imperatore, da un altro presidente di sezione o da un consigliere di corte di appello, sempre che il primo presidente non decida di presiederla egli stesso. Nei dibattimenti che si prevedono di lunga durata, il primo presidente della corte di appello ha facoltà di destinare un presidente aggiunto, meno anziano di quello ordinario, il quale assiste al dibattimento, per continuarlo in caso di legittimo impedimento del presidente ordinario (145). 108. Supplenza dei magistrati della corte di appello. – Sono annualmente designati i magistrati destinati a presiedere la corte o la sezione, in caso di mancanza o di impedimento dei rispettivi titolari. Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare mancante o impedito il più anziano dei magistrati del grado immediatamente inferiore, appartenente alla corte o alla sezione. Se in una sezione manca, o è impedito il presidente o alcuno dei consiglieri necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente (146), quando non può provvedere a norma dell’art. 97, delega a supplirli il presidente o il più anziano dei presidenti di sezione del tribunale ordinario. 109. Supplenza di magistrati del pubblico ministero. – In caso di mancanza o di impedimento: del procuratore generale della Repubblica (147), regge l’ufficio l’avvocato generale o il sostituto anziano; del procuratore della Repubblica (147), regge l’ufficio il procuratore aggiunto o il sostituto anziano; di tutti o alcuni dei magistrati degli uffici del pubblico ministero del distretto, il procuratore generale presso la corte di appello può disporre che le relative funzioni siano esercitate temporaneamente da altri magistrati di altri uffici del pubblico ministero del distretto (148). SEZIONE II DELLE APPLICAZIONI (149) 110. Applicazione dei magistrati. – 1. Possono essere applicati ai tribunali ordinari, ai tribunali per i minorenni e di sorveglianza, alle corti di appello, indipendentemente dalla integrale copertura del relativo organico, quan- Normativa 269 do le esigenze di servizio in tali uffici sono imprescindibili e prevalenti, uno o più magistrati in servizio presso gli organi giudicanti del medesimo o di altro distretto; per gli stessi motivi possono essere applicati a tutti gli uffici del pubblico ministero di cui all’art. 70, comma 1, sostituti procuratori in servizio presso uffici di procura del medesimo o di altro distretto. I magistrati di tribunale possono essere applicati per svolgere funzioni, anche direttive, di magistrato di corte d’appello (150). 2. La scelta dei magistrati da applicare è operata secondo criteri obiettivi e predeterminati indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. L’applicazione è disposta con decreto motivato, sentito il consiglio giudiziario, dal presidente della corte di appello per i magistrati in servizio presso organi giudicanti del medesimo distretto e dal procuratore generale presso la corte di appello per i magistrati in servizio presso uffici del pubblico ministero. Copia del decreto è trasmessa al Consiglio superiore della magistratura e al Ministero di grazia e giustizia a norma dell’articolo 42 del D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. 3. Per i magistrati in servizio presso organi giudicanti o uffici del pubblico ministero di altro distretto l’applicazione è disposta dal Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei criteri obiettivi e predeterminati fissati in via generale ai sensi del comma 2, su richiesta motivata del Ministero di grazia e giustizia ovvero del presidente o, rispettivamente, del procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l’organo o l’ufficio al quale si riferisce l’applicazione, sentito il consiglio giudiziario del distretto nel quale presta servizio il magistrato che dovrebbe essere applicato. L’applicazione è disposta con preferenza per il distretto più vicino; deve essere sentito il presidente o il procuratore generale della corte di appello nel cui distretto il magistrato da applicare, scelto dal Consiglio superiore della magistratura, esercita le funzioni. 3-bis. Quando l’applicazione prevista dal comma 3 deve essere disposta per uffici dei distretti di corte di appello di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Salerno, Reggio di Calabria, il Consiglio superiore della magistratura provvede d’urgenza nel termine di quindici giorni dalla richiesta; per ogni altro ufficio provvede entro trenta giorni. 4. Il parere del consiglio giudiziario di cui ai commi 2 e 3 è espresso, sentito previamente l’interessato, nel termine perentorio di quindici giorni dalla richiesta. 5. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato può essere rinnovata per un periodo non superiore ad un anno. In ogni caso una ulteriore applicazione non può essere disposta se non siano decorsi due anni dalla fine del periodo precedente. In casi di eccezionale rilevanza da valutarsi da parte del 270 Il sistema giudiziario italiano Consiglio superiore della magistratura, la applicazione può essere disposta, limitatamente ai soli procedimenti di cui all’ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo massimo di un anno (151). 6. Non può far parte di un collegio giudicante più di un magistrato applicato. 7. Se le esigenze indicate nel comma 1 sono determinate dalla pendenza di uno o più procedimenti penali la cui trattazione si prevede di durata particolarmente lunga, il magistrato applicato presso organi giudicanti non può svolgere attività in tali procedimenti, salvo che si tratti di procedimenti per uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (152). 110-bis. Applicazione di magistrati del pubblico ministero in casi particolari. – 1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell’articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia può, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, applicare temporaneamente alle procure distrettuali i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia nonché, con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali. L’applicazione è disposta anche quando sussistono protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini, ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali. L’applicazione è disposta con decreto motivato. Il decreto è emesso sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati. Quando si tratta di applicazioni alla procura distrettuale avente sede nel capoluogo del medesimo distretto, il decreto è emesso dal procuratore generale presso la corte di appello. In tal caso il provvedimento è comunicato al procuratore nazionale antimafia. 2. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato, può essere rinnovata per un periodo non superiore a un anno. 3. Il decreto di applicazione è immediatamente esecutivo ed è trasmesso senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura per l’approvazione, nonché al Ministro di grazia e giustizia. 4. Il capo dell’ufficio al quale il magistrato è applicato non può designare il medesimo per la trattazione di affari diversi da quelli indicati nel decreto di applicazione (153). 111. Applicazioni di giudici o di pretori. – (154). 112. Applicazioni di consiglieri di corte di appello. – (154). 113. Applicazioni di sostituti procuratori della Repubblica (155). – (154). Normativa 271 114. Applicazioni con funzioni del grado superiore alla corte di appello o alla procura generale della Repubblica (155). – (156). 115. Magistrati di appello e di tribunale destinati alla Corte di cassazione. – 1. Della pianta organica della Corte di cassazione fanno parte trenta magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di appello e ventidue magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale, destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo. Con decreto del primo presidente della Corte di cassazione i magistrati di appello possono essere autorizzati, per esigenze di servizio, ad esercitare le funzioni di consigliere della Corte di cassazione (157). 116. Magistrati di appello destinati alla Procura generale presso la Corte di cassazione. – 1. Della pianta organica della Procura generale presso la Corte di cassazione fanno parte ventidue magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di appello. Con decreto del Procuratore generale i magistrati possono essere autorizzati, per esigenze di servizio, ad esercitare le funzioni di sostituto procuratore generale della Corte di cassazione (157). 117. Destinazione dei magistrati di appello e di tribunale alla Corte di cassazione e alla Procura generale presso la medesima Corte. – 1. I posti di magistrati di appello e di tribunale destinati alla Corte di cassazione e alla Procura generale presso la medesima Corte sono messi a concorso con le procedure ordinarie (157). TITOLO V DELLO STATO GIURIDICO DEI MAGISTRATI CAPO I DEI GRADI E DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI (158) 118. Gradi nella magistratura. – I gradi nella magistratura sono: 1° uditore giudiziario; 2° aggiunto giudiziario; 3° giudice, sostituto procuratore della Repubblica (159) e pretore; 4° consigliere, sostituto procuratore generale di corte di appello e primo pretore; 5° consigliere e sostituto procuratore generale di corte di cassazione; 6° primo presidente di corte di appello e procuratore generale della Repubblica (159) presso la corte d’appello - presidente di sezione della corte 272 Il sistema giudiziario italiano suprema di cassazione - avvocato generale presso la corte suprema di cassazione; 7° procuratore generale della Repubblica (159) presso la corte suprema di cassazione; 8° primo presidente della corte suprema di cassazione. I ruoli organici dei singoli gradi nella magistratura, ed i corrispondenti gradi gerarchici sono determinati nella tabella F annessa al presente ordinamento. 119. Funzioni equiparate ai gradi dei magistrati di appello. – I consiglieri e i sostituti procuratori generali di corte di appello esercitano rispettivamente, anche le funzioni di presidente o presidente di sezione e di procuratore della Repubblica (159) nei tribunali, ovvero quelle di procuratore aggiunto in quei tribunali nei quali l’ufficio di procuratore della Repubblica (159) è rivestito da magistrati di grado superiore, giusta la disposizione dell’articolo seguente. I presidenti di sezione nei tribunali devono essere normalmente meno anziani del presidente del tribunale. Nei tribunali indicati nella tabella L annessa al presente ordinamento, le funzioni di capo dell’ufficio di istruzione sono esercitate da magistrati aventi grado di consigliere di corte di appello. 120. Funzioni equiparate ai gradi dei magistrati di cassazione. – I consiglieri ed i sostituti procuratori generali di corte di cassazione esercitano anche, nei tribunali indicati nella tabella di cui al precedente articolo, le funzioni di presidente o di procuratore della Repubblica (159), e nelle corti di appello le funzioni di presidente di sezione o di avvocato generale. CAPO II DELL’AMMISSIONE IN MAGISTRATURA E DELL’UDITORATO 121. Ammissione a funzioni giudiziarie. – Per essere ammesso a funzioni giudiziarie nella magistratura giudicante o nel pubblico ministero è necessario aver compiuto un tirocinio in qualità di uditore giudiziario (160). 122. Ammissioni straordinarie nella magistratura delle corti . – [Gli avvocati esercenti (161) e i professori ordinari di materie giuridiche nelle università possono, in considerazione di meriti eminenti nel campo del diritto e della pratica giudiziaria, essere ammessi in magistratura col grado di consigliere di corte di appello o parificato, dopo undici anni di esercizio delle rispettive Normativa 273 professioni e, col grado di consigliere di corte di cassazione o parificato, dopo diciotto anni di esercizio delle professioni medesime. Per la nomina occorre il motivato parere conforme del Consiglio superiore della magistratura, a sezioni unite (162). (163)] (164). 123. Concorso per uditore giudiziario. – 1. La nomina ad uditore giudiziario si consegue mediante concorso per esame. 2. L’esame consiste: a) in una prova scritta su ciascuna delle materie indicate nell’articolo 123-ter, comma 1; b) in una prova orale su ciascuna delle materie indicate nell’articolo 123-ter, comma 2 (165). 123-bis. Prova preliminare. – [1. La prova preliminare è diretta ad accertare il possesso dei requisiti culturali, ed è realizzata con l’ausilio di sistemi informatizzati. 2. La prova preliminare ha luogo in sedi decentrate anche per gruppi di candidati divisi per lettera da individuarsi, per ogni concorso, con decreto del Ministro di grazia e giustizia. Essa verte sulle materie oggetto della prova scritta del concorso e consiste in una serie di domande, formulate ed assegnate con le modalità stabilite dal regolamento di cui all’articolo 123-quinquies, alle quali il candidato risponde scegliendo una delle risposte prefissate. Le domande sono predisposte con esclusivo riguardo ai testi normativi, escluso ogni riferimento ad argomenti ed orientamenti giurisprudenziali e dottrinali. Ad ogni candidato è assegnato un ugual numero di domande. 3. La graduatoria è formata avvalendosi di strumenti informatici sulla base del punteggio assegnato alle risposte. 4. Alla prova scritta è ammesso un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso. Sono comunque ammessi alle prove scritte i candidati che hanno riportato lo stesso punteggio dell’ultimo che risulta ammesso ai sensi del comma 3. Della ammissione alla prova scritta è data notizia secondo modalità da stabilirsi con decreto del Ministro di grazia e giustizia. 5. Sono esonerati dalla prova preliminare ed ammessi alla prova scritta, oltre i limiti di cui al comma 4: a) i magistrati militari, amministrativi e contabili; b) i procuratori e gli avvocati dello Stato; c) coloro che hanno conseguito la idoneità in uno degli ultimi tre concorsi espletati in precedenza; 274 Il sistema giudiziario italiano d) coloro che hanno conseguito il diploma di specializzazione per le professioni legali, benché iscritti al corso di laurea in giurisprudenza prima dell’anno accademico 1998/1999. 6. Il mancato superamento della prova preliminare non dà luogo ad inidoneità ai fini di cui all’articolo 126, primo comma] (166). 123-ter. Prove concorsuali. – 1. La prova scritta verte su ciascuna delle seguenti materie: a) diritto civile; b) diritto penale; c) diritto amministrativo. 2. La prova orale verte su ciascuna delle seguenti materie o gruppi di materie: a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; b) procedura civile; c) diritto penale; d) procedura penale; e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario; f) diritto del lavoro e della previdenza sociale; g) diritto comunitario; h) diritto internazionale ed elementi di informatica giuridica; i) lingua straniera, scelta dal candidato tra quelle ufficiali dell’Unione europea. 3. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono la idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi nelle materie della prova orale di cui al comma 2, lettere a), b), c), d), e), f), g) e h), e comunque una votazione complessiva nelle due prove, esclusa la prova orale sulla materia di cui alla lettera i), non inferiore a novantotto punti. Non sono ammesse frazioni di punto. 4. Il candidato deve indicare nella domanda di partecipazione al concorso la lingua straniera sulla quale intende essere esaminato. Con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati componenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indicate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati partecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o entrambe le sottocommissioni, se formate, limitatamente alle prove orali relative alla lingua straniera della quale sono docenti. Il voto sulla conoscenza Normativa 275 della lingua straniera si aggiunge a quello complessivo ottenuto dal candidato ai sensi del comma 3 (167). 123-quater. Commissione permanente per la tenuta dell’archivio dei quesiti della prova preliminare. – [1. Presso il Ministero di grazia e giustizia è istituita la commissione permanente per la creazione e l’aggiornamento dell’archivio informatico delle domande per la prova preliminare. 2. La commissione è nominata dal Ministro di grazia e giustizia ed è composta da cinque magistrati, anche cessati dal servizio, di cui tre, tra i quali il presidente, designati dal Consiglio superiore della magistratura. La commissione si avvale delle strutture del centro elettronico di documentazione presso la Corte di cassazione. 3. La commissione dura in carica tre anni. La nomina dei singoli componenti è rinnovabile per un periodo di eguale durata. 4. Su proposta del presidente, nella fase della creazione dell’archivio, la commissione può essere integrata con membri aggregati fino ad un massimo di cinquanta, scelti tra magistrati e docenti universitari dal Ministro e dal Consiglio superiore della magistratura secondo la proporzione di cui al comma 2. 5. All’atto della nomina i componenti, anche aggregati, seguono un corso di specializzazione in docimologia e tecnica del test della durata di quindici giorni la cui organizzazione è demandata al Consiglio superiore della magistratura, di intesa con il Ministro di grazia e giustizia. Nei successivi sei mesi, con cadenza mensile, sono organizzati corsi di approfondimento della durata di tre giorni] (168). 123-quinquies. Regolamento per lo svolgimento della prova preliminare. – [1. Con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura, sono determinati le caratteristiche ed il contenuto dell’archivio delle domande della prova preliminare, i metodi per l’assegnazione delle domande ai candidati, il conferimento dei punteggi e le modalità di formazione della graduatoria, le caratteristiche dei sistemi informativi e dei relativi elaborati e quant’altro attiene all’esecuzione della prova preliminare ed alla conservazione, gestione ed aggiornamento dell’archivio. 2. Il parere del Consiglio superiore della magistratura è reso entro trenta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine il Ministro di grazia e giustizia adotta, comunque, il regolamento di cui al comma 1. 3. Nell’emanazione del regolamento di cui al comma 1, il Ministro di grazia e giustizia si attiene ai seguenti criteri: a) predisposizione dell’archivio in modo da fornire i quesiti per tutti i concorsi da espletare; 276 Il sistema giudiziario italiano b) inserimento nell’archivio di quesiti classificati in base a diversi livelli di difficoltà, al fine di consentire la effettuazione contemporanea di test diversi ai candidati; nelle materie codificate i quesiti devono concernere argomenti riferentisi a tutti i libri dei codici; c) aggiornamento costante dell’archivio; d) previsione che l’archivio domande sia pubblico; e) previsione che il sistema della prova preliminare, le caratteristiche delle apparecchiature da utilizzare eventualmente per detta prova e le modalità di utilizzazione siano adeguatamente pubblicizzate; f) assegnazione dei quesiti in modo che essi risultino diversi per ogni candidato nell’ambito di ciascuno gruppo per il quale la prova si svolga congiuntamente; g) estrazione automatizzata dei quesiti da sottoporre a ciascun candidato, in modo da assicurare la parità di trattamento tra i candidati, sia per il numero dei quesiti, sia per le materie sulle quali essi vertono sia per il grado di difficoltà per ciascuna materia; h) previsione del numero delle domande da assegnare, della loro ripartizione per materia e del tempo massimo entro il quale le risposte devono essere date; i) previsione che, nell’attribuzione dei punteggi, le risposte siano valutate in modo differente a seconda della difficoltà del quesito; l) determinazione dei meccanismi automatizzati e relativa gestione per l’espletamento della prova di preselezione] (169). 124. Requisiti per l’ammissione al concorso. – Al concorso sono ammessi i laureati in giurisprudenza in possesso, relativamente agli iscritti al relativo corso di laurea a decorrere dall’anno accademico 1998/1999, del diploma di specializzazione rilasciato da una delle scuole di cui all’articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, risultino di età non inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta, soddisfino alle condizioni previste dall’articolo 8 del presente ordinamento ed abbiano gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti (170). Il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, con le disposizioni attuative della programmazione universitaria e del diritto allo studio, assicura l’uniforme distribuzione sul territorio nazionale delle scuole di cui al primo comma e la previsione di adeguati sostegni economici agli iscritti capaci, meritevoli e privi di mezzi (171). Se le domande di partecipazione al concorso presentate dai candidati di cui al secondo comma sono inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il concorso è bandito, sono altresì ammessi anche i candidati in possesso della sola laurea in giurisprudenza (171). Normativa 277 Il limite di età di cui al primo comma per la partecipazione al concorso è elevato di cinque anni in favore di candidati che abbiano conseguito l’abilitazione alla professione di procuratore legale entro il quarantesimo anno di età (172). L’elevamento di cui al secondo comma non si cumula con quelli previsti da altre disposizioni vigenti (172). Si applicano le disposizioni vigenti per l’elevamento del limite massimo di età nei casi stabiliti dalle disposizioni stesse. Il Consiglio superiore della magistratura non ammette al concorso i candidati che, per le informazioni raccolte non risultano di condotta incensurabile ed i cui parenti, in linea retta entro il primo grado ed in linea collaterale entro il secondo, hanno riportato condanne per taluno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale. Qualora non si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta (173). 125. Indizione del concorso e svolgimento della prova scritta (174). – 1. Salvo quanto previsto dal comma 3-bis, il concorso ha luogo in Roma, di regola una volta l’anno, in relazione ai posti vacanti nell’organico della magistratura (175). 2. Nella determinazione dei posti da mettere a concorso ai sensi degli articoli 123 e 126-ter può tenersi conto, oltre che dei posti già disponibili, anche di quelli che si renderanno vacanti entro l’anno in cui è indetto il concorso e nei cinque anni successivi, aumentati del trentacinque per cento (176). 3. Il concorso è bandito con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, che determina il numero dei posti. Con successivi decreti del Ministro della giustizia, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati il luogo ed il calendario di svolgimento della prova scritta (177). 3-bis. In considerazione del numero dei posti messi a concorso, la prova scritta può aver luogo contemporaneamente in Roma ed in altre sedi, assicurando il collegamento a distanza della commissione esaminatrice con le diverse sedi (178). 3-ter. Ove la prova scritta abbia luogo contemporaneamente in più sedi, la commissione esaminatrice espleta presso la sede di svolgimento della prova in Roma le operazioni inerenti alla formulazione, alla scelta dei temi ed al sorteggio della materia oggetto della prova. Presso le altre sedi le funzioni della commissione per il regolare espletamento delle prove scritte sono attribuite ad un comitato di vigilanza nominato con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e composto da cinque magistrati, dei quali uno con qualifica non inferiore a magistrato di 278 Il sistema giudiziario italiano appello con funzioni di presidente, coadiuvato da personale amministrativo dell’area C, così come definita dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal magistrato più anziano. Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, prevista dall’articolo 125-ter, commi 5 e 6, limitatamente alla durata dell’attività del comitato (178). 125-bis. Presentazione della domanda. – 1. La domanda di partecipazione al concorso per uditore giudiziario, indirizzata al Consiglio superiore della magistratura, è presentata o spedita, a mezzo raccomandata, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla pubblicazione del decreto di indizione nella Gazzetta Ufficiale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario il candidato è residente. 2. Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande non rispettano il termine di cui al comma 1. 3. I candidati aventi dimora fuori del territorio dello Stato possono presentare la domanda alla autorità consolare competente o al procuratore della Repubblica di Roma (179). 125-ter. Commissione esaminatrice. – 1. La commissione esaminatrice è nominata nei dieci giorni che precedono quello di inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, ed è composta da un magistrato di cassazione dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, con funzioni di legittimità, che la presiede, da un magistrato di qualifica non inferiore a quella di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione con funzioni di vicepresidente, da ventidue magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di appello, nonché da otto docenti universitari di materie giuridiche. Non può essere nominato componente chi ha fatto parte della commissione in uno dei tre concorsi precedentemente banditi (180). 1-bis. Nella delibera di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura designa, tra i componenti della commissione, due magistrati e tre docenti universitari delle materie oggetto della prova scritta, ed altrettanti supplenti, i quali, unitamente al presidente ed al vicepresidente, si insediano immediatamente. I restanti componenti si insediano dopo l’espletamento della prova scritta e prima che si dia inizio all’esame degli elaborati (181). Normativa 279 1-ter. Nella seduta di insediamento di tutti i suoi componenti, la commissione definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali dei candidati (181). 2. Il presidente della commissione e gli altri componenti appartenenti alla magistratura possono essere nominati anche tra i magistrati a riposo da non più di tre anni, che, all’atto della nomina, non hanno superato i settantatre anni di età e che, all’atto della cessazione dal servizio, rivestivano la qualifica richiesta per la nomina. 3. Il presidente della commissione può essere sostituito dal vice presidente o dal più anziano dei magistrati presenti. 4. Insediatisi tutti i componenti, la commissione, nonché ciascuna delle sottocommissioni, ove costituite, svolgono la loro attività in ogni seduta con la presenza di almeno nove di essi, compreso il presidente, dei quali almeno uno docente universitario. In caso di parità di voti, prevale quello del presidente. Nella formazione del calendario dei lavori il presidente della commissione assicura, per quanto possibile, la periodica variazione della composizione delle sottocommissioni e dei collegi di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni (180). 5. Possono far parte della commissione esaminatrice esclusivamente quei magistrati che hanno prestato il loro consenso all’esonero totale dall’esercizio delle funzioni giudiziarie o giurisdizionali. 6. L’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, deliberato dal Consiglio superiore della magistratura contestualmente alla nomina a componente della commissione, ha effetto dall’insediamento del magistrato sino alla formazione della graduatoria finale dei candidati (182). 7. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il numero di componenti stabilito dal comma 1, il Consiglio superiore della magistratura nomina componenti della commissione magistrati che non hanno prestato il loro consenso all’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali. 8. Le funzioni di segreteria della commissione sono esercitate da personale amministrativo di area C, così come definita nel contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999 e sono coordinate da un magistrato addetto al Ministero di grazia e giustizia (183). 125-quater. Lavori della commissione. – 1. La commissione esaminatrice, durante la valutazione degli elaborati scritti e durante le prove orali, articola i propri lavori in ragione di dieci sedute alla settimana, delle quali cinque antimeridiane e cinque pomeridiane, salvo assoluta impossibilità della commissione stessa. 1-bis. Il presidente o, in sua mancanza, il vicepresidente possono in ogni caso disporre la convocazione di sedute supplementari qualora ciò risulti 280 Il sistema giudiziario italiano necessario per assicurare il rispetto delle cadenze e del termine di cui al comma 3-bis (181). 2. I componenti della commissione esaminatrice fruiscono del congedo ordinario nel periodo compreso tra la pubblicazione dei risultati delle prove scritte e l’inizio delle prove orali. L’eventuale residuo periodo di congedo ordinario può essere goduto durante lo svolgimento della procedura concorsuale, purché sia assicurata la continuità dei lavori, secondo le modalità stabilite dal comma 1. 3. La mancata partecipazione, anche se giustificata, di un componente a due sedute della commissione, qualora ciò abbia causato il rinvio delle sedute stesse, può costituire motivo per la revoca della nomina da parte del Consiglio superiore della magistratura (184). 3-bis. La commissione, o ciascuna delle sottocommissioni formate ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, esamina ogni mese gli elaborati scritti di non meno di trecentoventi candidati ed esegue l’esame orale di non meno di ottanta candidati. Nell’ipotesi in cui trovi applicazione la procedura di cui all’articolo 125-quinquies, il numero di trecentoventi elaborati si intende riferito agli elaborati rimessi direttamente alla valutazione della commissione esaminatrice. La commissione forma la graduatoria entro il tempo occorrente per l’esame di tutti i candidati con le cadenze predette, aumentato di un mese (181). 3-ter. Il termine per la formazione della graduatoria, come determinato ai sensi del comma 3-bis, è prorogabile con decreto del Ministro della giustizia, su motivata richiesta del presidente della commissione (181). 3-quater. Il mancato rispetto delle cadenze e del termine di cui al comma 3-bis può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente o del vicepresidente da parte del Consiglio superiore della magistratura (181). 3-quinquies. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono determinate le indennità spettanti ai docenti universitari componenti della commissione (181). 125-quinquies. Correttori esterni. – 1. Qualora i candidati siano in numero superiore a cinquecento, il Ministro della giustizia invita, con proprio decreto, i Consigli giudiziari ad indicare i nominativi di magistrati, avvocati che siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori e professori universitari in materie giuridiche, di sicura competenza e affidabilità, ai quali affidare il compito di correttori esterni, incaricati della valutazione degli elaborati dei candidati che avranno portato a termine la prova scritta. 2. Il numero dei correttori esterni è definito con il decreto di cui al comma 1 in misura comunque non superiore alle trecento unità. Con il medesimo decreto i correttori sono ripartiti fra i distretti in proporzione della consistenza dell’organico dei magistrati. Normativa 281 3. I Consigli giudiziari interpellano i magistrati, i Consigli dell’ordine degli avvocati e le Facoltà di giurisprudenza del distretto al fine di ottenere la disponibilità dei rispettivi interessati e, per quanto concerne gli avvocati e i professori, l’attestazione che i nominativi rispondono ai requisiti di cui al comma 1. Quindi provvedono alla formulazione dell’elenco dei designati, nel numero definito dal decreto, facendo in modo che le materie oggetto della prova scritta abbiano possibilmente un egual numero di correttori, e che le tre componenti siano rappresentate nel rapporto di un avvocato e un professore ogni tre magistrati. A tale elenco il Consiglio giudiziario aggiunge una lista di supplenti in egual numero e proporzione. 4. I correttori esterni, titolari e supplenti, sono nominati con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura. 5. Ultimate le prove scritte, la commissione esaminatrice forma due copie di ciascun elaborato scritto e invia ciascuna di esse ad un correttore esterno nella materia di competenza del medesimo. Le copie sono rigorosamente anonime, e individuate mediante codici di identificazione difformi fra loro. Per ciascun elaborato i correttori incaricati della correzione sono individuati mediante sorteggio, facendo in modo che il carico complessivo di ciascuno non superi tendenzialmente il numero di cinquanta. Ove occorra, l’elenco dei correttori titolari è integrato ricorrendo ai supplenti che possono altresì essere utilizzati per la sostituzione dei titolari eventualmente indisponibili. A ciascun correttore esterno viene inviata altresì copia della risoluzione con la quale la commissione esaminatrice ha definito i criteri per la valutazione degli elaborati scritti. 6. Il correttore esterno restituisce tutti gli elaborati entro trenta giorni, assegnando a ciascuno un punteggio in ventesimi, e formulando per ciascuno un sintetico giudizio. 7. La commissione esaminatrice convalida il giudizio dei correttori esterni se identico nel punteggio; attribuisce all’elaborato un punteggio facente media delle due valutazioni, anche se costituente frazione di punto, qualora le stesse siano entrambe positive e non divergano per più di tre ventesimi, ovvero qualora siano entrambe negative; effettua direttamente la valutazione nei restanti casi. 8. Il Ministro della giustizia, con regolamento da adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura, disciplina analiticamente le modalità della procedura del presente articolo, i modi della formazione dei correttori esterni al compito specifico e i compensi da attribuire loro; emana altresì ogni disposizione di coordinamento con le altre norme dell’ordinamento giudiziario. 9. Le disposizioni del presente articolo operano altresì quando il conseguimento del diploma, di cui all’articolo 17, comma 113, della legge 15 maggio 1997, n. 127, sia divenuto condizione per l’ammissione al concorso per 282 Il sistema giudiziario italiano l’accesso alla magistratura, e i candidati superino complessivamente il numero di cinquecento (185). 126. Limiti di ammissibilità a successivi concorsi in magistratura. – Coloro che sono stati dichiarati non idonei in tre concorsi per l’ammissione in magistratura non possono essere ammessi ad altri concorsi (186). Agli effetti dell’ammissibilità ad ulteriori concorsi, si considera separatamente ciascun concorso svoltosi secondo i precedenti ordinamenti. Si cumulano le dichiarazioni di non idoneità conseguite nei concorsi indetti ai sensi degli articoli 123 e 126-ter (187). L’espulsione del candidato dopo la dettatura del tema, durante le prove scritte, equivale ad inidoneità. 126-bis. Esclusione dai concorsi. – 1. Il Consiglio superiore della magistratura, sentito l’interessato, può escludere da uno o più successivi concorsi chi, durante lo svolgimento delle prove scritte di un concorso, è stato espulso per comportamenti fraudolenti, diretti ad acquisire o ad utilizzare informazioni non consentite, o per comportamenti violenti che comunque abbiano turbato le operazioni del concorso (188). 126-ter. Concorso per magistrato di tribunale. – 1. Conseguono la nomina a magistrato di tribunale mediante concorso per esame, per un numero di posti non superiore ad un decimo di quello previsto dal ruolo organico del personale della magistratura gli avvocati che abbiano cinque anni di effettivo esercizio della professione o che abbiano esercitato funzioni giudiziarie onorarie per almeno un quinquennio, purché nei loro confronti non siano stati adottati i provvedimenti di revoca previsti dall’articolo 42-sexies del presente ordinamento, dall’articolo 7 della legge 22 luglio 1997, n. 276, e dall’articolo 9 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni. 2. Al concorso previsto dal comma 1 sono ammessi coloro che, in possesso dei requisiti indicati nel medesimo comma 1, hanno un’età inferiore a quarantacinque anni. 3. Il concorso di cui al comma 1 viene bandito, contestualmente a quello per uditore giudiziario, per un numero di posti non superiore ad un decimo di quelli messi a concorso per gli uditori giudiziari. 4. L’esame consiste: a) in una prova scritta su ciascuna delle seguenti materie o gruppi di materie, con carattere teorico-pratico per i gruppi di materie di cui ai numeri 1 e 2: 1) diritto civile e diritto processuale civile; 2) diritto penale e diritto processuale penale; 3) diritto amministrativo; Normativa 283 b) in una prova orale su ciascuna delle materie indicate al comma 2 dell’articolo 123-ter. 5. Al concorso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate per il concorso per uditore giudiziario (189). 127. Nomina ad uditore giudiziario. – I concorrenti dichiarati idonei sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati. In caso di parità di punti si applicano le disposizioni generali vigenti, sui titoli di preferenza per le ammissioni ai pubblici impieghi. I documenti comprovanti il possesso di titoli di preferenza, a parità di punteggio, ai fini della nomina sono presentati, a pena di decadenza, entro il giorno di svolgimento della prova orale (190). Entro cinque giorni dall’ultima seduta delle prove orali del concorso per uditore giudiziario il Ministro di grazia e giustizia richiede al Consiglio superiore della magistratura di assegnare ai concorrenti risultati idonei, secondo l’ordine della graduatoria, ulteriori posti disponibili o che si renderanno tali entro sei mesi dall’approvazione della graduatoria medesima. Il Consiglio superiore della magistratura provvede entro un mese dalla richiesta (191). Sono nominati uditori giudiziari, con decreto ministeriale, i primi classificati entro il limite dei posti messi a concorso e di quelli aumentati ai sensi del comma che precede (190). 128. Destinazione degli uditori - Assimilazione gerarchica - Trattamento economico. – Gli uditori giudiziari sono destinati negli uffici di volta in volta stabiliti dal Ministro di grazia e giustizia per compiervi il periodo di tirocinio. Essi sono assimilati, durante il primo semestre di effettivo servizio, ai funzionari di ruolo di grado 11° di gruppo A, e del periodo successivo, fino alla promozione, a quelli di grado 10° (192). Gli uditori percepiscono una indennità mensile nella misura determinata nella tabella Q annessa al presente ordinamento (193). 129. Tirocinio giudiziario (194). – Gli uditori debbono compiere un periodo di tirocinio della durata di almeno due anni presso i tribunali e le procure della Repubblica, con opportuni avvicendamenti, e possono essere incaricati delle funzioni di vicepretore e destinati alle preture, di cui all’art. 31, con giurisdizione piena, dopo almeno un anno di tirocinio, previo parere favorevole del consiglio giudiziario di cui all’art. 212 del presente ordinamento (195) (196). Le norme per il tirocinio sono determinate dal Ministro di grazia e giustizia (197). 129-bis. Tirocinio. – 1. Gli avvocati che hanno superato le prove di cui all’articolo 126-ter compiono un periodo di tirocinio della durata di un anno, 284 Il sistema giudiziario italiano le cui modalità sono definite dal Consiglio giudiziario, che tiene conto della precedente esperienza professionale maturata da ciascuno. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998, in materia di tirocinio degli uditori giudiziari. 2. Ai soli effetti economici agli avvocati di cui al comma 1 è attribuito lo stato di magistrati di tribunale con due anni di anzianità sin dall’inizio del tirocinio. 3. Gli avvocati di cui al comma 1, al compimento del tirocinio, prendono posto, nell’ordine di graduatoria nel concorso, nel ruolo di anzianità della magistratura, subito dopo l’ultimo dei magistrati di tribunale avente almeno tre anni di anzianità. 4. La circoscrizione territoriale dell’ufficio giudiziario assegnato come prima sede agli avvocati di cui al comma 1 non deve coincidere, in tutto o in parte, con il circondario del tribunale nel quale essi hanno esercitato la professione forense (198). 129-ter. Trattamento previdenziale e assistenziale. – 1. Ai magistrati di tribunale nominati ai sensi dell’articolo 126-ter è attribuito il trattamento previdenziale e assistenziale dei magistrati ordinari. Per il periodo di pregressa attività forense si applicano le disposizioni di cui alla legge 5 marzo 1990, n. 45, senza oneri a carico del bilancio dello Stato (198). 130. Nomina di uditori in soprannumero Concorsi (199). – Il Ministro di grazia e giustizia ha facoltà di nominare uditori giudiziari in soprannumero ai posti fissati per tale grado nella tabella F annessa al presente ordinamento, purché siano mantenuti vacanti altrettanti posti nei gradi superiori del ruolo dei pretori (200) ed in quello della magistratura collegiale, globalmente considerati. Il Ministro di grazia e giustizia ha, altresì facoltà di indire i relativi concorsi sempre che lo ritenga necessario, premesse le autorizzazioni richieste dalle disposizioni vigenti. CAPO III DELLE PROMOZIONI IN GENERALE E DELL’ESAME PRATICO PER LA NOMINA AD AGGIUNTO GIUDIZIARIO 131. Promozioni nella magistratura (201). – Salvo il disposto degli art. 139 e 140, primo comma, le promozioni in magistratura si effettuano: 1° mediante concorso per esame e per titoli; Normativa 285 2° mediante concorso per titoli; 3° per merito distinto o per merito, a seguito di scrutinio. La sola anzianità non costituisce titolo per la promozione. Le promozioni sono, inoltre, regolate, per quanto riguarda lo stato civile dei magistrati, dalle disposizioni speciali vigenti (202). 132. Promozione ad aggiunto giudiziario e successiva opzione. – (203-210). 133. Esame pratico per aggiunto giudiziario. – (203-210). 134. Formazione della graduatoria e nomina ad aggiunto giudiziario. – (203-210). 135. Speciale dichiarazione di merito per gli aggiunti giudiziario. – (203-210). 136. Dispensa dal servizio degli uditori non idonei. – (211). Il periodo di uditorato è valido, come pratica forense, agli effetti dell’ammissibilità all’esame per l’esercizio della professione di procuratore legale (212). 137. Funzioni degli aggiunti giudiziari. – (213). 138. Destinazione degli aggiunti giudiziari. – (213). CAPO IV DEGLI AGGIUNTI GIUDIZIARI, DEI PRETORI E DEI GIUDICI E SOSTITUTI PROCURATORI DELLA REPUBBLICA 139. Promozione al grado di giudice, sostituto procuratore della Repubblica (214-218) e pretore. – (213). 140. Inquadramento gerarchico dei giudici, sostituti procuratori della Repubblica e pretori. – I giudici, sostituti procuratori della Repubblica (214-218) e pretori sono inquadrati nell’ottavo grado gerarchico dei rispettivi ruoli, secondo l’anzianità a ciascuno di essi spettante in conformità delle disposizioni generali vigenti. L’avanzamento ai gradi gerarchici 7° e 6°, avviene in base alla sola anzianità, dopo quattro anni di permanenza nel grado 8° ed otto nel 7° (219). 141. Passaggio di giudici e sostituti procuratori della Repubblica nel ruolo dei pretori. – Il Ministro di grazia e giustizia può disporre in ogni tempo il passaggio nel ruolo dei pretori, nei limiti numerici delle vacanze esistenti, di 286 Il sistema giudiziario italiano giudici e sostituti procuratore della Repubblica (214-218) che ne fanno domanda ed ottengono parere favorevole dal consiglio giudiziario. Il magistrato è collocato nel ruolo dei pretori nel posto spettantegli in base all’intera effettiva anzianità di servizio in magistratura, ma non può far ritorno nel ruolo di provenienza con lo stesso grado di giudice o di sostituto (220). 142. Passaggio di pretori nel ruolo della magistratura collegiale. – I pretori possono, su loro domanda, far passaggio nel ruolo della magistratura collegiale. A tale effetto è riservata ai pretori una quota di posti pari al 50 per cento delle vacanze complessive nel ruolo dei giudici e sostituti procuratori della Repubblica (214-218), da assegnarsi mediante concorso triennale per titoli. I posti riservati ai pretori sono conferiti, anno per anno, ai vincitori del concorso, in ordine di graduatoria, con le norme di cui all’articolo 144 (221). 143. Concorso pel passaggio di pretori nel ruolo della magistratura collegiale. – Il concorso è giudicato da una commissione centrale, nominata dal Ministro di grazia e giustizia e costituita da una magistrato avente grado di presidente di sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, e da quattro consiglieri di corte di cassazione o magistrati di grado equiparato, dei quali due appartenenti al pubblico ministero. Col decreto ministeriale di nomina della commissione sono nominati, altresì i componenti supplenti, di grado corrispondente ed in numero uguale a quello degli effettivi. Ai lavori della commissione partecipano, con voto consultivo, direttori degli uffici del personale della magistratura collegiale e dei pretori nel Ministero di grazia e giustizia. Le funzioni di segretario sono disimpegnate da magistrati addetti al ministero. Le norme per l’ammissione al concorso, la presentazione dei titoli, la valutazione di essi, la formazione della graduatoria ed ogni altra modalità per lo svolgimento del concorso medesimo, sono emanate con decreto reale. Gli effetti di ogni concorso cessano col decorso del triennio a cui esso si riferisce, ed i posti eventualmente in eccedenza possono essere conferiti agli aggiunti giudiziari in conformità del disposto dell’art. 138. I pretori dichiarati non idonei sono esclusi da ulteriori concorsi per trasferimento di ruolo (221). 144. Graduatoria ed inquadramento dei vincitori del concorso per il ruolo della magistratura collegiale. – La graduatoria del concorso determina esclusivamente l’ordine cronologico del trasferimento dei vincitori nel ruolo della magistratura collegiale. Normativa 287 I vincitori del concorso sono trasferiti, anno per anno, fino a concorrenza della quota ad essi riservata, nel ruolo della magistratura collegiale, con le funzioni di giudice o sostituto procuratore della Repubblica, di regola, secondo le designazioni della commissione indicata nell’articolo precedente. Compatibilmente con le esigenze di servizio, si tiene conto delle aspirazioni eventualmente manifestate dagli interessati circa l’assegnazione della residenza. Pel collocamento nel ruolo della magistratura collegiale si osservano i criteri di cui al secondo comma dell’art. 141, salvo il disposto degli ultimi tre commi dell’art. 258 (221). CAPO V DELLE PROMOZIONI IN CORTE DI APPELLO (222) 145. Sistema delle promozioni. – Le promozioni ai gradi di consigliere di corte di appello e parificati si effettuano: a) mediante concorso per esame e per titoli (223); b) mediante concorso per titoli; c) mediante scrutinio a turno di anzianità. (224). 146. Ordine delle promozioni. – (225). 147. Attribuzione dei posti in eccedenza. – La eventuale eccedenza dei posti riservati al concorso per esame e per titoli va a beneficio dei magistrati dichiarati idonei nel concorso per titoli, secondo l’ordine della graduatoria del concorso medesimo. (226). 148. Titoli di preferenza nelle promozioni per concorso e per scrutinio. – Nelle promozioni per concorso, hanno la preferenza, a parità di punti e nell’ordine seguente, i magistrati appartenenti ad una delle categorie sotto indicate: 1° decorati al valor militare; 2° mutilati o invalidi di guerra o mutilati o invalidi per la causa fascista (226); 3° feriti in combattimento; feriti per la causa fascista in possesso del relativo brevetto ed iscritti ininterrottamente al P.N.F. dalla data dell’evento che fu causa della ferita (226); 4° decorati della croce al merito di guerra o di altra attestazione speciale di merito di guerra; squadristi in possesso della relativa qualifica (227); magistrati che hanno militato nelle legioni fiumane (227); magistrati che sono in possesso del brevetto di partecipazione alla marcia su Roma e sono, altre- 288 Il sistema giudiziario italiano sì, iscritti ininterrottamente ai fasci di combattimento da data anteriore al 28 ottobre 1922 (227); 5° magistrati che hanno prestato servizio militare come combattenti o che sono iscritti ininterrottamente al P.N.F. da data anteriore al 28 ottobre 1922 (227). I magistrati dichiarati promovibili per merito distinto a seguito di scrutinio, compresi nelle categorie sopraindicate, sono promossi con precedenza sugli altri magistrati parimenti classificati, fino alla concorrenza di un terzo dei posti annualmente riservati al merito distinto. 149. Concorso per esame e per titoli (228). – Il concorso per esame e per titoli è indetto non oltre il mese di maggio di ciascun anno, per quattro posti da conferire nell’anno successivo, e possono chiedere di parteciparvi i giudici e sostituti procuratori della Repubblica (229) e i pretori, che entro il 31 dicembre dell’anno in cui è bandito il concorso stesso compiono almeno dieci anni di effettivo servizio in magistratura. Sono ammessi al concorso i magistrati che, con deliberazione motivata del consiglio giudiziario, sono dichiarati distinti per eminente grado di cultura, di maturità e di attitudini alle funzioni giudiziarie e che sono di specchiata condotta privata e politica. Si applicano le disposizioni contenute negli artt. 154 e 156 e nell’ultimo comma dell’art. 152. 150. Modalità del concorso (228). – L’esame è scritto ed orale. L’esame scritto consiste nello svolgimento di un tema di diritto civile, di uno di diritto penale e di uno di diritto amministrativo. L’esame orale verte sulla procedura civile, sulla procedura penale, sul diritto ecclesiastico, sul diritto costituzionale, sul diritto internazionale privato e sul diritto corporativo. I titoli consistono nelle sentenze ed altri lavori giudiziari od amministrativi, nelle pubblicazioni eventualmente fatte dal magistrato, nelle informazioni dei superiori gerarchici, negli incarichi speciali assolti e nella conoscenza documentata di lingue straniere. Per la valutazione delle prove di esame e dei titoli la commissione ha a sua disposizione 110 punti, di cui 90 da assegnare per le prove di esame e 20 per i titoli. Consegue la idoneità il magistrato che ottiene nel complesso delle prove di esame la media di almeno otto decimi dei punti all’uopo disponibili, con almeno otto decimi in ciascuna prova scritta, ed almeno sette decimi in ciascuna prova orale, e nella valutazione dei titoli prodotti, che non devono eccedere il numero di dieci, ottiene non meno di otto decimi dei punti per essa disponibili. Normativa 289 Si osservano, in quanto applicabili, le norme che regolano l’esame pratico per aggiunto giudiziario. 151. Composizione della commissione giudicatrice. (228) – Il concorso è giudicato da una commissione nominata dal Ministro di grazia e giustizia e costituita da un magistrato avente grado di presidente di sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, da quattro consiglieri di corte di cassazione o magistrati di grado equiparato, dei quali due devono appartenere al pubblico ministero, e da due professori ordinari di materie giuridiche delle regie università. Per la validità delle deliberazioni della commissione è sufficiente la presenza di cinque componenti. Si applicano le disposizioni dell’ultimo comma degli artt. 157 e 160. 152. Concorso per titoli: requisiti per l’ammissione. – (230). Possono chiedere di partecipare al concorso i giudici, i sostituti procuratori della Repubblica e i pretori, i quali entro il 31 dicembre dell’anno in cui il concorso viene indetto compiono almeno sedici anni di servizio effettivo in magistratura (231), nonché i primi pretori (232). Sono ammessi al concorso i magistrati che, con deliberazione motivata del consiglio giudiziario, sono dichiarati distinti per doti di cultura, diligenza e carattere, e sono di specchiata condotta privata e politica. L’istanza di ammissione deve essere inviata al ministero, per via gerarchica, dagli aspiranti entro il termine perentorio di un mese dalla data di pubblicazione nel bollettino ufficiale del decreto che indìce il concorso, e deve essere corredata dalla deliberazione del consiglio giudiziario, notificata per estratto all’interessato. 153. Criteri di valutazione dei requisiti per l’ammissione. – Ai fini dell’ammissione, il consiglio giudiziario prende in esame i precedenti di carriera del magistrato, le informazioni ed i rapporti che lo concernono, nonché i titoli e i documenti eventualmente esibiti o richiesti di ufficio, con prevalente riguardo, per la formazione del giudizio di ammissibilità, all’attività prestata in relazione alle funzioni esercitate. 154. Gravame avverso la deliberazione di esclusione dal concorso per titoli. – Avverso la deliberazione del consiglio giudiziario che ha ritenuto il magistrato non meritevole dell’ammissione al concorso, l’interessato può ricorrere, entro quindici giorni dalla comunicazione della deliberazione medesima, ad una commissione centrale istituita presso il Ministero di grazia e giustizia. La commissione, nominata dal ministero, è composta da tre magistrati aventi grado di presidente di sezione di corte di cassazione o parificato, residenti 290 Il sistema giudiziario italiano in Roma, di cui uno appartenente al pubblico ministero, e delibera definitivamente sull’ammissione. La commissione è presieduta dal magistrato più anziano, dura in carica due anni e può essere confermata. Essa è assistita, con funzioni di segretario, dal direttore dell’ufficio del personale della magistratura collegiale. Il Ministro di grazia e giustizia può provocare dalla stessa commissione la revisione delle deliberazioni del consiglio giudiziario, entro trenta giorni dalla comunicazione (233). 155. Motivi di esclusione dal concorso. – I magistrati che per due volte non sono stati ritenuti meritevoli di partecipare al concorso possono conseguire la promozione soltanto a seguito di scrutinio. Non sono ammessi, in ogni caso, al concorso i magistrati ai quali, in seguito a giudizio disciplinare, è stato inflitto un provvedimento più grave dell’ammonimento (234). Può tuttavia essere ammesso il magistrato che è stato sottoposto a censura, quando dalla data del relativo provvedimento sono trascorsi almeno dieci anni, ed essa non è stata seguita da alcuna altra punizione disciplinare (234). 156. Ammissioni dei magistrati addetti ad uffici non giudiziari. – Per i magistrati che prestano servizio presso il Ministero di grazia e giustizia, il giudizio di ammissione al concorso è riservato al ministro, sentito il consiglio di amministrazione del ministero. Per i magistrati residenti all’estero, e per quelli residenti nell’impero e negli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato, per ragioni di ufficio, o applicati o trattenuti ad uffici non giudiziari, il giudizio stesso è pronunciato dal consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma. 157. Commissione giudicatrice del concorso per titoli. – Il concorso per titoli per le promozioni ai posti vacanti nel grado di consigliere di corte di appello e gradi parificati è giudicato da una commissione nominata di volta in volta dal ministro, costituita da un magistrato avente grado di presidente di sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, e da quattro magistrati di grado non inferiore a consigliere di corte di cassazione o parificato, di cui due appartenenti al pubblico ministero. Con lo stesso decreto il ministro nomina i componenti supplenti, dello stesso grado ed in numero eguale a quello degli effettivi. In caso di mancanza o di impedimento del presidente, la commissione è presieduta dal commissario effettivo più anziano. La commissione è assistita da magistrati addetti al ministero, con funzioni di segretari. Normativa 291 158. Produzione dei titoli. – I concorrenti debbono trasmettere per via gerarchica al ministero entro due mesi dalla data di pubblicazione nel Bollettino ufficiale del decreto che indìce il concorso, i lavori giudiziari e gli altri titoli e documenti che ciascuno crede di aggiungere (235). I lavori giudiziari, in numero di dieci, debbono riferirsi ad un determinato periodo di tempo non superiore a due mesi, che sarà indicato dal ministro col decreto che indìce il concorso (236). Se risulta che nel periodo indicato il concorrente non ha redatto lavori giudiziari, o ne ha redatto in numero minore di quello richiesto, il ministero stabilisce altro periodo, fermo tuttavia l’obbligo, pel concorrente, di produrre tutti i lavori eventualmente redatti nel periodo fissato col decreto che indìce il concorso (236). I concorrenti possono inviare, entro il termine di un mese dalla data di partecipazione dell’ammissione al concorso, lavori giudiziari di loro libera scelta, in numero non superiore a dieci, ed altri titoli (237). 159. Criteri di valutazione dei titoli. – La commissione procede all’esame dei lavori e di tutti gli altri titoli e documenti prodotti. Essa deve tener particolarmente conto, per la formazione del giudizio, dei precedenti di carriera di ciascun concorrente, delle sue doti di carattere, del suo comportamento nell’esercizio delle funzioni affidategli e nella vita privata, della pubblica stima da cui è circondato, di tutti i servizi prestati e degli incarichi assolti. La commissione può delegare uno dei suoi componenti o richiedere l’invio di un magistrato ispettore, per raccogliere presso gli uffici giudiziari ai quali ha appartenuto il concorrente nell’ultimo triennio gli opportuni ulteriori elementi di valutazione. Nell’esame dei lavori e dei titoli deve tenere prevalentemente conto dei lavori giudiziari. Per coloro che esercitano funzioni istruttorie penali o appartengono al pubblico ministero, deve tenere prevalentemente conto delle informazioni sulle speciali attitudini alle funzioni inquirenti o requirenti, e sul modo col quale le funzioni stesse sono state esercitate. Per i magistrati che non prestano servizio presso uffici giudiziari, tiene prevalentemente conto dei lavori amministrativi di carattere affine alle materie giudiziarie e dell’attività del concorrente in relazione alle funzioni da lui esercitate, oltre che degli altri titoli e documenti presentati dal candidato. La maggiore anzianità è presa in considerazione unicamente all’effetto di determinare la precedenza in graduatoria nel caso di parità di punti, salvo il disposto dell’art. 148. 160. Classificazione dei concorrenti. – Ciascun componente della commissione dispone di dieci punti. Non sono ammesse frazioni di punto. 292 Il sistema giudiziario italiano In esito alla classificazione di tutti i concorrenti, la commissione forma la definitiva graduatoria e dichiara vincitori i primi classificati entro il numero dei posti messi a concorso. La commissione indica, per ciascun concorrente, se è idoneo a funzioni direttive; se è idoneo alle funzioni giudicanti e alle requirenti, ovvero alle une a preferenza delle altre, indicando espressamente se è da escludere la idoneità del magistrato all’una o all’altra funzione. La commissione formula le sue conclusioni in una relazione motivata e la trasmette, insieme con gli altri atti del concorso, al Ministro, che li approva quando non vi riscontra violazione di legge. 161. Ordine delle promozioni per concorso. – (238). Coloro che in due concorsi non hanno riportato una votazione di almeno otto decimi, non sono ammessi ad altri concorsi se non dopo un biennio dall’ultimo al quale parteciparono. 162. Promozioni per scrutinio a turno di anzianità. – Il Ministro di grazia e giustizia richiede il consiglio superiore della magistratura, quando ne ravvisa il bisogno, di procedere allo scrutinio per le promozioni in corte di appello. Il Ministro, se lo ritiene necessario, ha facoltà di stabilire, con la richiesta di scrutinio, che questo abbia luogo limitatamente all’attribuzione della qualifica di merito distinto (239). Allo scrutinio possono prendere parte i giudici ed i sostituti procuratori della Repubblica (229) più anziani, compresi entro un determinato numero della graduatoria, stabilito dal Ministro nella richiesta di scrutinio, che comprende non più di 150 giudici e sostituti. L’anzianità è determinata dall’ordine di iscrizione nella graduatoria (240). Possono, altresì, prendere parte allo scrutinio, limitatamente all’attribuzione della qualifica di merito distinto, giusta il disposto dell’art. 167, i primi pretori nonché i pretori compresi entro il numero di graduatoria da stabilirsi nella richiesta di scrutinio, purché provvisti di una anzianità complessiva di servizio in magistratura non inferiore a quella del meno anziano tra i giudici e sostituti compresi nella richiesta stessa (241). 163. Richiesta di scrutinio - presentazione dei lavori. – La richiesta del Ministro di grazia e giustizia, con le indicazioni del numero dei magistrati da scrutinare, del termine entro il quale gli interessati debbono inviare i lavori e i titoli per lo scrutinio e dei periodi ai quali debbono riferirsi i lavori giudiziari da presentare obbligatoriamente, è pubblicata nel Bollettino ufficiale del Ministero. Il termine per la presentazione dei lavori ed i periodi, non meno di due e non superiori complessivamente ad un anno, ai quali i lavori stessi debbono riferirsi, sono determinati dal presidente del consiglio superiore della magistratura (242). Normativa 293 164. Numero dei lavori. – I lavori giudiziari debbono essere, di regola, in numero di dieci; il candidato può aggiungerne altri, a sua scelta, e relativi anche a periodi diversi, in numero non superiore. Se durante i periodi stabiliti il candidato non ha redatto lavori giudiziari o ne ha redatto in numero minore di quello richiesto, il presidente del consiglio superiore della magistratura fissa un altro periodo (242). 165. Svolgimento delle operazioni di scrutinio. – Allo scrutinio si procede, di regola, secondo l’ordine della iscrizione in graduatoria dei magistrati che vi partecipano. Coloro che, compresi nella richiesta di scrutinio, non inviano i lavori nel termine prefisso, decadono dal diritto di essere scrutinati durante la sessione in corso. 166. Criteri di valutazione dei lavori e dei titoli. – Nello scrutinio debbono essere tenuti particolarmente presenti i precedenti di carriera del magistrato e l’attività giudiziaria da lui esplicata. Nella valutazione dei lavori e dei titoli si deve tenere prevalentemente conto dei lavori giudiziari. Per coloro che appartengono al pubblico ministero, o esercitano funzioni istruttorie penali, si deve tenere prevalentemente conto delle informazioni sulle speciali attitudini alle funzioni requirenti o inquirenti e sul modo col quale le medesime sono state esercitate. Per i magistrati che non prestano servizio presso uffici giudiziari si applica il disposto del penultimo comma dell’art. 159. 167. Classificazione dei promovibili. Revisione dello scrutinio. – I giudici ed i sostituti procuratori della Repubblica ritenuti meritevoli di promozione sono classificati in due categorie: promovibili per merito distinto e promovibili per merito. Per i primi pretori e per i pretori lo scrutinio ha luogo per l’attribuzione della sola qualifica di merito distinto (241). La classificazione di merito distinto deve raccogliere almeno quattro quinti dei voti, quella di merito deve aver luogo ad unanimità. Si applica la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 160. La deliberazione relativa allo scrutinio è comunicata all’interessato. Di essa può essere chiesta la revisione allo stesso consiglio superiore a sezioni unite, così dall’interessato, come dal Ministro. La revisione deve essere chiesta dall’interessato entro trenta giorni dalla comunicazione suindicata. Il Ministro può chiederla in ogni tempo. In sede di revisione, il consiglio superiore a sezioni unite rinnova lo scrutinio, e non è vincolato dalla precedente deliberazione della sezione, che può essere modificata in qualsiasi senso. 294 Il sistema giudiziario italiano Non è ammessa revisione di scrutinio dopo avvenuta la promozione. 168. Elenchi dei promovibili in esito alle classificazioni. – Compiuto lo scrutinio relativo a ciascuna richiesta il consiglio superiore della magistratura dichiara chiusa la sessione, e forma gli elenchi dei promovibili distinti secondo le due classificazioni, ed in ordine di anzianità, salvo il disposto dell’art. 148. 169. Magistrati scrutinati dopo la chiusura della sessione. – I magistrati scrutinati, per qualsiasi ragione, dopo compiuto lo scrutinio relativo a ciascuna richiesta, prendono posto, anche se più anziani, negli elenchi da formarsi successivamente, salvi gli eventuali spostamenti derivanti dalle decisioni delle sezioni unite del consiglio superiore della magistratura in sede di revisione, ferme tuttavia le promozioni disposte anteriormente (243). 170. Efficacia della classifica. Rinnovazione dello scrutinio. – Il magistrato che, per qualsiasi ragione, non è promosso entro tre anni dalla data della chiusura della sessione nella quale fu scrutinato, non può ottenere la promozione se non si sottopone a nuovo scrutinio. Il magistrato che deve sottoporsi a nuovo scrutinio, conserva il posto che aveva nell’elenco in cui fu iscritto se gli è confermata la precedente classificazione; in caso diverso prende posto, secondo la sua anzianità, tra i magistrati scrutinati anteriormente che hanno conseguito la stessa qualifica di promovibilità. 171. Rinnovazione dello scrutinio in caso di dichiarazione di impromovibilità (243). – Il magistrato non ritenuto promovibile deve essere sottoposto a nuovo scrutinio, dopo due anni. Se neppure nel nuovo scrutinio è dichiarato promovibile, egli è dispensato dal servizio, fermo il diritto al trattamento di quiescenza o alle indennità che eventualmente gli spettino. 172. Ordine delle promozioni per scrutinio. – Le promozioni dei magistrati dichiarati promovibili in seguito a scrutinio hanno luogo secondo l’ordine degli elenchi, da seguirsi distintamente per le promozioni nella magistratura giudicante e per quelle nella magistratura requirente. A quest’ordine può essere derogato quando, a giudizio del Ministro, ricorrono speciali esigenze di servizio, ovvero alcuno dei magistrati rinuncia al proprio turno di promozione o non accetta la sede offertagli (244). I primi pretori compresi nell’elenco dei promovibili per merito distinto hanno la precedenza rispetto ai giudici e sostituti parimenti classificati (245). Ciascun magistrato ha diritto alla promozione esclusivamente con le funzioni per le quali il consiglio superiore lo ha dichiarato idoneo. Normativa 295 173. Inversione del turno di promozione. – Se il turno di promozione di un magistrato classificato promovibile per merito giunge prima di quello di un magistrato più anziano classificato promovibile per merito distinto, quest’ultimo ha diritto alla precedenza nella promozione, valendosi, se occorre, di uno dei posti della aliquota spettante ai promovibili per merito. 174. Casi di ritardata promozione. – Quando il Ministro ha fatto uso della facoltà stabilita nel quinto comma dell’art. 167 e la deliberazione favorevole al magistrato è confermata, il magistrato del quale è stata ritardata la promozione deve ottenerla nel più breve tempo possibile, e non oltre un anno, riprendendo, in confronto dei suoi colleghi, il posto che gli spetta. CAPO VI DELLE PROMOZIONI AL GRADO DI PRIMO PRETORE (246). 175. Scrutinio dei pretori. – Le promozioni al grado di primo pretore si effettuano a seguito di scrutinio a turno di anzianità dei pretori, compresi nel numero di graduatoria da determinarsi dal Ministro per ciascuna richiesta di scrutinio che non può comprendere più di 50 pretori. Possono partecipare allo scrutinio i pretori che compiono almeno sedici anni di effettivo servizio in magistratura alla data del 31 dicembre dell’anno in cui viene indetto lo scrutinio (247). Lo scrutinio dà luogo all’attribuzione delle qualifiche di merito distinto e di merito, ed i pretori scrutinati sono collocati nei rispettivi elenchi in ordine di anzianità. Le promozioni hanno luogo per due quinti delle vacanze annuali a favore dei pretori dichiarati promovibili per merito distinto, e per tre quinti a favore dei promovibili per merito. Lo scrutinio deve essere rinnovato se il pretore non ottiene la promozione entro tre anni dalla chiusura della sessione. Si osservano le disposizioni degli artt. 148 e 162 a 174 in quanto applicabili (248). CAPO VII DELLE PROMOZIONI IN CORTE DI CASSAZIONE (249). 176. Sistema delle promozioni. – Le promozioni ai gradi di consigliere di corte di cassazione e parificati si effettuano: a) mediante concorso per titoli; b) mediante scrutinio a turno di anzianità (250). 296 Il sistema giudiziario italiano 177. Ordine delle promozioni. – (251). 178. Attribuzione dei posti in eccedenza. – (251). 179. Concorso per titoli. Requisiti per l’ammissione. – (252). Per i consiglieri di corte di appello e magistrati di grado parificato che già appartennero alla carriera dei pretori col grado di primo pretore, il periodo di servizio effettivo prestato in detto grado è considerato come utile agli effetti di cui al precedente comma (253). 180. Ammissione dei concorrenti. – I concorrenti debbono trasmettere per via gerarchica al Ministero di grazia e giustizia, entro due mesi dalla data della pubblicazione nel bollettino ufficiale del bando di concorso, la domanda corredata dei lavori giudiziari e degli altri titoli e documenti che ciascuno di essi crede di aggiungere. I primi presidenti e i procuratori generali delle corti di appello trasmettono al Ministero motivate informazioni sulla capacità, dottrina, operosità, carattere e condotta di ciascun concorrente, esprimendo parere sulla maggiore idoneità del magistrato per la carriera giudicante o per quella requirente. Per i magistrati residenti all’estero, e per quelli residenti nell’impero e negli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato, per ragioni di ufficio, o applicati o trattenuti ad uffici non giudiziari, le informazioni sono fornite dal capo dell’ufficio o dal direttore generale da cui dipendono. 181. Dichiarazione di ammissibilità per i magistrati non classificati nel grado inferiore. – Gli avvocati ed i professori di diritto ammessi in magistratura col grado di consigliere di corte di appello od equiparato, per prendere parte al concorso debbono ottenere la dichiarazione di ammissibilità da parte del consiglio superiore, il quale delibera tenendo conto dei precedenti di carriera dell’aspirante, delle informazioni e dei rapporti che lo concernono nonché dei titoli e dei documenti che l’aspirante stesso può esibire o che possono essere richiesti di ufficio (254). 182. Commissione giudicatrice del concorso per titoli. – Il concorso per le promozioni in corte di cassazione è giudicato da una commissione, nominata dal Ministro di grazia e giustizia, costituita da sette magistrati aventi grado di primo presidente di corte di appello o equiparato, dei quali due appartenenti al pubblico Ministero, e presieduta dal più anziano di essi. Per la validità delle deliberazioni della commissione è sufficiente la presenza di cinque componenti. La commissione è assistita da magistrati addetti al Ministero, con funzioni di segretari. Normativa 297 183. Svolgimento del concorso. Esperimento orale e classificazione dei concorrenti. – Per i lavori giudiziari da prodursi dai concorrenti, per lo svolgimento del concorso, e per l’ammissibilità a successivi concorsi si applicano le norme degli artt. 158 a 161. La commissione invita quei concorrenti che, a seguito dell’esame dei titoli, hanno riportato non meno degli otto decimi dei punti (255), a una discussione orale sulle questioni trattate nei lavori esibiti (256). Anche per la valutazione della discussione orale ciascun componente della commissione dispone di dieci punti, e sono ammesse le frazioni di punto. Consegue l’idoneità il candidato che ottiene la media di otto decimi dei punti ed almeno sette decimi nella discussione orale. Sommati i punti attribuiti nelle due votazioni, la commissione forma la definitiva graduatoria dei concorrenti, e dichiara vincitori i primi classificati entro il numero dei posti messi a concorso, osservate le precedenze di cui all’art. 148. La commissione deve designare, nella sua relazione, i vincitori che ritiene particolarmente idonei alle funzioni di consigliere o di sostituto procuratore generale della corte suprema di cassazione, ed a funzioni direttive. 184. Scrutinio a turno di anzianità. – Il Ministro di grazia e giustizia richiede il consiglio superiore della magistratura, quando ne ravvisa il bisogno, di procedere allo scrutinio per le promozioni in corte di cassazione. Allo scrutinio possono prendere parte i consiglieri di corte di appello e magistrati di grado parificato più anziani, compresi entro un determinato numero della graduatoria, stabilito dal Ministro nella richiesta di scrutinio, che comprende non più di 75 magistrati. L’anzianità è determinata dall’ordine di iscrizione nella graduatoria (257). Possono prendere parte allo scrutinio anche i primi pretori compresi nel numero di graduatoria fissato dal Ministro nella sua richiesta, e che hanno una anzianità nel grado non inferiore a quella del meno anziano tra i consiglieri di corte di appello e magistrati di grado parificato compresi nella richiesta medesima (258). Si applica il disposto dell’ultimo comma dell’art. 179. 185. Norme applicabili allo scrutinio. – Lo scrutinio per le promozioni in corte di cassazione si effettua con l’osservanza delle norme contenute negli artt. 162 a 174 del presente ordinamento, in quanto applicabili. Il consiglio superiore deve designare i magistrati che ritiene particolarmente idonei alle funzioni di presidente di corte di assise, di presidente di tribunale ordinario e di procuratore della Repubblica (259). 186. Classificazione dei promovibili. Revisione e rinnovazione dello scrutinio. – La classificazione per merito distinto dei consiglieri di corte di appel- 298 Il sistema giudiziario italiano lo e magistrati di grado parificato e dei primi pretori, deve raccogliere almeno quattro quinti dei voti (257). Per la deliberazione relativa allo scrutinio, per la revisione e la rinnovazione dello stesso si applicano le norme contenute negli ultimi quattro commi dell’art. 167 e nel primo comma dell’articolo 170. 187. Formazione dell’elenco dei promovibili. – Compiuto lo scrutinio relativo a ciascuna richiesta il consiglio superiore della magistratura dichiara chiusa la sessione, e forma l’elenco dei promovibili nell’ordine di anzianità di ciascun magistrato, salvo il disposto dell’articolo 148 (257). CAPO VIII DEGLI UFFICI DIRETTIVI DELLE CORTI DI APPELLO E DELLA CORTE 260 SUPREMA DI CASSAZIONE ( ). 188. Nomina ai gradi di primo presidente di corte di appello e parificati. – Le promozioni a primo presidente di Corte di appello e gradi parificati sono conferite, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, a magistrati aventi almeno cinque anni di grado di consigliere di Corte di cassazione od equiparato scelti fra coloro che, per il modo col quale hanno esercitato le loro funzioni, per i precedenti di carriera, e per speciali incarichi assolti, risultano non solo distinti per cultura giuridica, ma anche particolarmente adatti a funzioni direttive. La proposta del Ministro per la grazia e giustizia deve essere preceduta dal parere motivato del Consiglio superiore della magistratura (261). 189. Nomina del primo presidente e del procuratore generale della corte suprema di cassazione. – Il primo presidente e il procuratore generale della corte suprema di cassazione sono scelti tra i magistrati aventi grado non inferiore a primo presidente di corte di appello o parificato, e nominati su proposta del Ministro di grazia e giustizia, previa deliberazione del consiglio dei Ministri (262). CAPO IX DELLE FUNZIONI GIUDICANTI E REQUIRENTI, DELLA ASSEGNAZIONE DELLE SEDI E DEI TRAMUTAMENTI. 190. Passaggio dalle funzioni requirenti alle giudicanti e viceversa. – 1. La magistratura, unificata nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, è distinta relativamente alle funzioni giudicanti e requirenti. Normativa 299 2. Il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti alle requirenti e da queste a quelle può essere disposto, a domanda dell’interessato, solo quando il Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario, abbia accertato la sussistenza di attitudini alla nuova funzione (263-265). 191. Anzianità in caso di cambio di funzioni. – I magistrati che, per la speciale loro idoneità alle funzioni requirenti, ottengono la promozione nel pubblico Ministero con anticipazione sui loro colleghi parimenti classificati promossi nella magistratura giudicante, se successivamente fanno passaggio alle funzioni giudicanti, perdono l’anzianità derivante dalla promozione anticipata ed è ad essi attribuita quella che sarebbe loro spettata se fossero stati promossi nella magistratura giudicante. Se non è giunto il loro turno per tale promozione, essi non possono ottenere che il richiamo alle funzioni e al grado anteriore alla promozione, ferma in ogni caso la classifica per effetto della quale conseguirono l’anticipata promozione. 192. Assegnazione delle sedi per tramutamento. – L’assegnazione delle sedi per tramutamento è disposta secondo le norme seguenti: La vacanza di sedi giudiziarie è annunciata nel Bollettino Ufficiale del Ministero di grazia e giustizia. L’annuncio può, peraltro, essere omesso per necessità di servizio. Le domande di tramutamento ad altra sede sono dirette per via gerarchica al Ministro di grazia e giustizia (266) e possono essere presentate in qualunque momento, indipendentemente dall’attualità della vacanza o dall’annuncio di questa nel Bollettino Ufficiale. Esse conservano validità fino a quando non sono, con successiva dichiarazione o con altra domanda, revocate. All’assegnazione di ciascuna sede si procede in base alle domande. La scelta tra gli aspiranti è fatta dal Ministro (267), con riguardo alle attitudini di ciascuno di essi, al suo stato di famiglia e di salute, al merito ed all’anzianità. Sono titoli di preferenza, a parità delle altre condizioni personali quelli indicati nell’articolo 148. Non sono ammesse domande di tramutamento con passaggio dalle funzioni giudicanti alle requirenti o viceversa, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura (267). Se la vacanza è stata annunciata nel Bollettino Ufficiale, i magistrati che aspirano alla sede vacante debbono fare domanda di tramutamento, ove non l’abbiano presentata precedentemente, entro dieci giorni dalla pubblicazione dell’annuncio. Trascorso tale termine, non si tiene conto della domanda. 193. Assegnazione delle sedi per promozione (268). – Nell’assegnazione delle sedi per promozione si ha riguardo al grado di merito, desunto, sia dalla classificazione ottenuta dal magistrato a seguito di concorso o di scrutinio, sia 300 Il sistema giudiziario italiano dal modo col quale egli ha esercitato le sue funzioni per il tempo posteriore alla classificazione medesima, tenuto conto delle attitudini da lui dimostrate in relazione al posto da assegnarsi. Sono, altresì, valutati lo stato di famiglia ed i titoli indicati nell’art. 148. 194. Tramutamenti successivi. – Il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell’ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia (269). 195. Disposizioni speciali per i presidenti (270) e per i procuratori generali di corte di appello. – Le disposizioni degli artt. 192 e 194 non si applicano ai presidenti (270) e ai procuratori generali di corte di appello, nonché ai magistrati ad essi equiparati. CAPO X DEI MAGISTRATI CON FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEL MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA. 196. Destinazione di magistrati al Ministero di grazia e giustizia. – I magistrati possono essere destinati ad esercitare funzioni amministrative nel Ministero di grazia e giustizia, in conformità delle norme speciali contenute nell’ordinamento del Ministero medesimo, nel numero e nei gradi stabiliti dalla tabella N annessa al presente ordinamento (271). Tale tabella può essere, con decreto reale, modificata su proposta del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro delle finanze. Essi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura durante l’esercizio delle predette funzioni (272). 197. Requisiti per la destinazione dei magistrati al Ministero. – Nel Bollettino Ufficiale viene data notizia dei posti vacanti nel Ministero di grazia e giustizia. Essi sono conferiti, in seguito a concorso, a magistrati scelti tra quelli che ne fanno istanza. La domanda, corredata di un rapporto informativo dei superiori gerarchici sul servizio prestato dall’aspirante, sulla sua condotta e sulle attitudini alle funzioni amministrative, deve pervenire al Ministero nel termine di quindici giorni dall’annunzio della vacanza nel Bollettino Ufficiale. La decisione spetta al Ministro, sentito, qualora lo ritenga opportuno, il consiglio di amministrazione del Ministero. La decisione del Ministro non è soggetta a gravame (272). Normativa 301 198. Ricollocamento in ruolo di magistrati già destinati al Ministero. – I magistrati addetti con funzioni amministrative al Ministero di grazia e giustizia possono, anche di ufficio, essere ricollocati nel ruolo organico della magistratura e destinati agli uffici giudiziari per esercitarvi le funzioni del loro grado. Tali destinazioni possono avvenire, a giudizio del Ministro, tanto con le funzioni giudicanti, quanto con quelle requirenti, indipendentemente dalla qualifica posseduta dal magistrato (272). 199. Servizio dei magistrati addetti al Ministero. – Le norme speciali contenute nell’ordinamento del Ministero determinano il numero e le attribuzioni dei magistrati dei vari gradi che prestano servizio negli uffici del Ministero medesimo. Il detto servizio è, ad ogni effetto, parificato a quello prestato negli uffici giudiziari, salvo il disposto dell’articolo seguente. Nel tempo in cui prestano servizio al Ministero, tranne per quanto riguarda l’ordinamento gerarchico e le promozioni, si applicano ai magistrati le disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato. 200. Partecipazione a concorsi e scrutini di magistrati non addetti ad uffici giudiziari (273). – I magistrati addetti ad uffici diversi da quelli giudiziari non possono partecipare a concorsi o scrutini per promozione, se non hanno prestato effettivo ed ininterrotto servizio negli uffici giudiziari, per almeno un triennio nel grado di giudice, sostituto procuratore della Repubblica (274) o pretore (275), e per almeno un biennio nel grado di consigliere di corte di appello e parificato o di primo pretore (276). CAPO XI DELL’ANZIANITÀ E DELLE ASPETTATIVE. 201. Computo dell’anzianità. – L’anzianità dei magistrati si computa dalla data del decreto di nomina in ciascun grado ( 277). In caso di nomina contemporanea, l’anzianità è determinata dall’ordine nel quale le promozioni sono conferite secondo le disposizioni contenute nel presente titolo. L’anzianità degli uditori è determinata dall’ordine della graduatoria a norma dell’art. 127. Resta salva la diversa decorrenza di anzianità stabilita dalle disposizioni in vigore in relazione allo stato civile dei magistrati (278). 202. Sospensione ed interruzione del servizio. – Il periodo trascorso dai magistrati in aspettativa per servizio militare o per motivi di salute non 302 Il sistema giudiziario italiano importa interruzione di servizio, né pregiudizio all’anzianità, salve le disposizioni vigenti in ordine al tempo utile per la pensione. Il periodo trascorso in disponibilità non è utile ai fini dell’avanzamento ai gradi 8°, 7° e 6° (279). Il servizio militare non importa interruzione del tirocinio degli uditori, necessario per l’ammissione all’esame per la nomina ad aggiunto giudiziario. Nel caso di sospensione dall’ufficio, seguita da un provvedimento disciplinare di rimozione o di destituzione, si deduce dal servizio, agli effetti dell’eventuale trattamento di quiescenza, il periodo di durata della sospensione medesima. 203. Aspettative. – Il magistrato in aspettativa è posto immediatamente fuori del ruolo organico, se la aspettativa fu concessa per motivi di famiglia, e dopo due mesi, se per motivi di salute o per servizio militare. I relativi posti sono dichiarati vacanti. Al termine dell’aspettativa, il magistrato ha diritto di occupare il posto che aveva nella graduatoria di anzianità, salve le disposizioni vigenti in ordine al tempo utile per la pensione. Egli è destinato ad una delle sedi disponibili, a giudizio del Ministro (280), previa interpellazione se trattasi di magistrato inamovibile. Se il magistrato non accetta la sede offertagli, è confermato in aspettativa, ma questa non può eccedere il termine massimo consentito dalla legge. CAPO XII DEGLI STIPENDI E DEGLI ASSEGNI. 204. Stipendi ed assegni fissi. – Gli stipendi spettanti ai magistrati di ciascun grado gerarchico ed i relativi aumenti periodici e supplementi di servizio attivo sono determinati dalle leggi generali (281). 205. Indennità di rappresentanza. – Ai magistrati indicati nella tabella P annessa al presente ordinamento sono assegnate le indennità per spese di rappresentanza nella misura stabilita nella tabella stessa (282). 206. Indennità per i magistrati di corte d’assise. – Ai magistrati destinati a prestare servizio nelle corti di assise, fuori della loro residenza spettano le indennità stabilite dalle disposizioni vigenti per le missioni. L’indennità giornaliera è ridotta a due terzi dopo il primo mese, quando fra una sessione e l’altra non si verifica l’interruzione di almeno quindici giorni (283). Normativa 303 207. Indennità per i magistrati che esercitano funzioni speciali. – Ai presidenti di sezione di corte di appello incaricati delle funzioni di presidente di assise, ai magistrati dell’ufficio di istruzione dei processi penali ed applicati all’ufficio medesimo sono assegnate rispettivamente le indennità stabilite nella tabella Q annessa al presente ordinamento (284). 208. Indennità ai vice-pretori onorari reggenti temporaneamente l’ufficio. (285). 209. Indennità di missione per i magistrati addetti al tribunale ordinario. – Il trattamento economico di missione per i magistrati addetti al tribunale ordinario incaricati di esercitare funzioni fuori della ordinaria sede di servizio è regolato dalle norme vigenti per gli impiegati dello Stato, in quanto non modificate da norme particolari sulle trasferte giudiziarie. L’autorizzazione a risiedere altrove, prevista dal primo comma dell’articolo 12, è richiesta al presidente del tribunale, il quale provvede con decreto motivato, sentito il consiglio giudiziario. Copia del provvedimento è rimessa al Consiglio superiore della magistratura e all’interessato. Contro il diniego dell’autorizzazione l’interessato può proporre reclamo al Consiglio superiore della magistratura (286). 209-bis. Determinazione della sede ordinaria di servizio. – Ai fini del trattamento economico di missione, si considera ordinaria sede di servizio la sede del tribunale o della sezione distaccata presso la quale il magistrato è incaricato di esercitare le funzioni in via esclusiva. Per i magistrati incaricati di esercitare funzioni presso più sezioni distaccate del tribunale, ovvero presso una o più sezioni distaccate e presso la sede principale del tribunale, la sede ordinaria di servizio è stabilita, anche ai fini dell’obbligo di residenza previsto dall’articolo 12, con la procedura tabellare disciplinata dall’articolo 7-bis (287). CAPO XIII DISPOSIZIONI SPECIALI. 210. Collocamento fuori ruolo di magistrati per incarichi speciali. – Salvo quanto è disposto nell’art. 17, sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati ai quali dal Ministro di grazia e giustizia, o col suo consenso (288), sono conferiti incarichi non previsti da leggi o da regolamenti, se per tali incarichi debbano sospendere il servizio giudiziario per un periodo maggiore di due mesi. I magistrati collocati fuori del ruolo organico a norma della presente disposizione non possono, in ogni caso, superare il numero di sei (289). 304 Il sistema giudiziario italiano Essi conservano il trattamento economico del proprio grado e, possono, per esigenze di servizio, essere temporaneamente destinati ad esercitare le funzioni del loro grado od equiparato, in soprannumero, negli uffici giudiziari della sede nella quale risiedono per l’espletamento dell’incarico stesso. Al cessare dell’incarico, il magistrato è richiamato nel ruolo organico ed è destinato ad una delle sedi disponibili. 211. Divieto di riammissione in magistratura. – Il magistrato che ha cessato di far parte dell’ordine giudiziario in seguito a sua domanda, da qualsiasi motivo determinata, anche se ha assunto altri uffici dello Stato, non può essere riammesso in magistratura. La disposizione che precede non si applica a chi, già appartenente all’ordine giudiziario, sia transitato nelle magistrature speciali ed in esse abbia prestato ininterrottamente servizio (290). Questi può essere riammesso, a domanda, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio, acquisito il fascicolo personale del richiedente, nel deliberare la riammissione, colloca il magistrato, anche in soprannumero, nel posto di ruolo risultante dalla ricongiunzione dei servizi prestati e dalle valutazioni e relative nomine da effettuarsi contestualmente, ai sensi delle leggi 25 luglio 1966, n. 570, 20 dicembre 1973, n. 831, e successive modificazioni (290). In nessun caso gli interessati possono essere collocati in ruolo in un posto anteriore a quello che avrebbero normalmente avuto se non fossero transitati nelle magistrature speciali (290). TITOLO VI DEI CONSIGLI GIUDIZIARI PRESSO LE CORTI DI APPELLO E DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA 212-216. (291). TITOLO VII DELLE PREROGATIVE DELLA MAGISTRATURA 217-227. (291). TITOLO VIII DELLA DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA 228-254. (291). Normativa 305 TITOLO IX DISPOSIZIONI TRANSITORIE (292) 255. Disposizioni speciali di inquadramento. – Nella prima attuazione del presente ordinamento, per i magistrati della carriera collegiale nominati posteriormente all’entrata in vigore della legge 17 aprile 1930, n. 421, e fino al 31 dicembre 1938, il periodo di permanenza stabilito per i gradi gerachici nono ed ottavo è diminuito di un anno, escluso qualsiasi effetto economico retroattivo. Gli attuali giudici, sostituti procuratori del Re Imperatore e pretori che hanno prestato servizio in altri ruoli di gruppo A della stessa amministrazione della giustizia, sono inquadrati nel grado gerarchico e con l’anzianità di grado ad essi spettanti, calcolandosi a loro favore l’intero effettivo servizio di ruolo prestato nel gruppo A della detta amministrazione, escluso tuttavia qualsiasi effetto economico retroattivo. 256. Concorso per esame integrativo per i pretori nominati dopo il 1930, aspiranti al passaggio di ruolo. – (293). 257. Ammissione. Effetti del concorso. – (293). 258. Attuali pretori già vincitori di concorso per uditore di tribunale. – I magistrati della carriera dei pretori reclutati posteriormente all’attuazione della legge 17 aprile 1930, n. 421, i quali sono riusciti vincitori anche di concorso per uditore di tribunale, possono chiedere, entro il termine perentorio di trenta giorni dall’entrata in vigore del presente ordinamento, di far passaggio nel ruolo della magistratura collegiale. Il passaggio di ruolo si effettua previo parere favorevole del consiglio giudiziario, in base ai rapporti dei capi gerarchici ed al servizio prestato dal magistrato. I posti occupati in conseguenza del detto passaggio si detraggono dalla quota del 50 per cento da riservare al concorso pel passaggio di ruolo a norma degli artt. 142 e 256. I magistrati trasferiti in esecuzione delle norme del precedente comma, sono collocati nel ruolo collegiale nel posto a ciascuno di essi spettante in base all’intera effettiva anzianità di servizio in magistratura, escluso il servizio eventualmente prestato anteriormente all’entrata in vigore della legge 17 aprile 1930, n. 421. Tuttavia i magistrati nominati uditori di pretura col decreto ministeriale 9 luglio 1931, che si trovano nelle condizioni di cui al primo comma del presente articolo, conseguono l’avanzamento al grado sesto nella stessa data in cui tale avanzamento viene conseguito dai magistrati nominati uditori di tribunale col decreto 26 giugno 1931 e giudici aggiunti con decreti 306 Il sistema giudiziario italiano del 27 luglio e 18 ottobre 1934, salva la valutazione di eventuali benefici di legge. Per i magistrati che non hanno superato il primo esame per la nomina a pretore aggiunto, l’inquadramento di cui al comma precedente è ritardato di un periodo di tempo corrispondente a quello intercorso tra la data del decreto che approva la graduatoria del detto esame e quella relativa alla graduatoria dell’esame successivo al quale hanno preso parte. 259. Inquadramento gerarchico di magistrati del ruolo collegiale provenienti dalla carriera pretorile. – I magistrati che hanno appartenuto alla carriera delle preture in qualità di uditore di pretura o di pretore aggiunto, e che, in seguito a concorso per uditore di tribunale, sono passati a quella collegiale, sono collocati nel ruolo della magistratura collegiale, nel posto a ciascuno di essi spettante in base all’intera effettiva anzianità di servizio in magistratura, escluso tuttavia il servizio eventualmente prestato anteriormente all’entrata in vigore della legge 17 aprile 1930, n. 421. Ai fini della determinazione dei singoli gradi gerarchici e della relativa anzianità, la carriera è ricostruita sulla base della effettiva permanenza nei gradi stessi dei vincitori del concorso per uditore di pretura dal quale detti magistrati provengono, escluso qualsiasi effetto economico retroattivo. Si applica il disposto degli ultimi due commi dell’articolo precedente. 260. Pretori provenienti dall’unico ruolo anteriore alla legge 17 aprile 1930, n. 421. – Le disposizioni dei precedenti artt. da 256 a 259 non si applicano ai pretori che appartenevano all’unico ruolo dei giudici e sostituti procuratori del Re Imperatore anteriormente all’entrata in vigore della legge 17 aprile 1930, n. 421, e del regio decreto 12 maggio 1930, n. 663, i quali possono partecipare solamente ai concorsi e agli scrutini per la promozione al grado di primo pretore o di consigliere di corte di appello e gradi parificati, nelle forme ordinarie. 261. Esame speciale integrativo di idoneità per gli uditori di pretura ed i pretori aggiunti. – (293). 262. Disposizioni particolari per gli attuali uditori di tribunale. – Gli attuali uditori di tribunale, all’atto della promozione al grado di aggiunto giudiziario, nonché i giudici aggiunti reclutati posteriormente al 1° gennaio 1938, possono essere destinati, per necessità di servizio, ai posti vacanti nelle preture. Con la promozione al grado 8° i detti magistrati hanno diritto di esser destinati, a loro domanda, ai posti vacanti nel ruolo collegiale e le loro promozioni gravano sulla quota del 50 per cento riservata al detto ruolo. Normativa 307 263. Promozioni da conferire entro l’anno 1941 per i gradi di consigliere di corte di appello e di cassazione ed equiparati – Le promozioni da conferire entro l’anno 1941 ai gradi di consigliere di corte di appello ed, equiparati, tanto per concorso che per scrutinio, e quelle ai gradi di consigliere di corte di cassazione ed equiparati, si effettuano secondo le norme vigenti anteriormente all’entrata in vigore del presente ordinamento. 264. Promozioni da conferire durante l’anno 1942, per i gradi di consigliere di corte di cassazione ed equiparati – Le promozioni ai gradi di consigliere di corte di cassazione e parificati per tutti i posti che si renderanno vacanti durante l’anno 1942, saranno conferite ai magistrati dichiarati idonei nel concorso indetto cui decreto ministeriale 10 febbraio 1940, secondo l’ordine della relativa graduatoria. Nella prima attuazione del presente ordinamento, la richiesta di scrutinio per le promozioni in corte di cassazione può comprendere un numero di magistrati da determinarsi dal Ministro, senza la limitazione contenuta nell’art. 184. 265. Promozioni da conferire durante l’anno 1942, per i gradi di consigliere di corte di Appello ed equiparati. – Il primo concorso per esame e per titoli e quello per titoli per le promozioni ai gradi di consigliere di corte di appello e parificati, saranno indetti nel secondo trimestre del 1941, ed i posti relativi graveranno sulla quota dell’anno 1942, in conformità degli artt. 149 e 152 del presente ordinamento. Gli attuali elenchi dei magistrati, promovibili al grado di primo pretore, cessano di avere effetto col 31 dicembre 1941. Fino a tale data devono lasciarsi vacanti 150 posti nel grado di primo pretore. 266. Concorso speciale per titoli per la promozione al grado di primo pretore. – Per la copertura dei posti di primo pretore disponibili al 1° gennaio 1942, è indetto nel secondo trimestre dell’anno 1941 uno speciale concorso per titoli riservato ai pretori che raggiungono entro lo stesso anno 1941 l’anzianità di diciassette anni di servizio effettivo in magistratura. Il concorso è giudicato da una commissione nominata dal Ministro di grazia e giustizia, costituita da un magistrato avente grado di presidente di sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, e da quattro magistrati aventi grado di consigliere di corte di cassazione o parificato, di cui due appartenenti al pubblico Ministero. Con lo stesso decreto, il Ministro nomina altresì i componenti supplenti, dello stesso grado ed in numero eguale a quello degli effettivi. In caso di assenza o di impedimento del presidente, la commissione è presieduta dal commissario effettivo più anziano. 308 Il sistema giudiziario italiano Le funzioni di segreteria sono disimpegnate da magistrati addetti al Ministero. Si osservano le norme stabilite negli artt. 152 e 161 del presente ordinamento, in quanto applicabili. 267. Disposizioni particolari per le promozioni al grado di primo pretore. – Fino a tutto l’anno 1949, i posti che rimangono disponibili nel grado di primo pretore a seguito del concorso speciale di cui all’articolo precedente e dello scrutinio ordinario, possono essere conferiti ai giudici iscritti negli elenchi dei promovibili in corte di appello che consentono al passaggio di ruolo e che hanno conseguito nello scrutinio almeno la classifica di merito con idoneità a funzioni direttive. Tali promozioni hanno luogo secondo l’ordine degli elenchi, con precedenza per i giudici dichiarati promovibili per merito distinto rispetto ai promovibili per merito. 268. Consiglieri di corte di appello in funzioni di primo pretore. – I primi pretori provenienti dal ruolo dei consiglieri di corte di appello e parificati, possono far ritorno al ruolo di provenienza, con la anzianità di grado di cui sono provvisti e nella posizione di graduatoria a ciascuno di essi spettante, purché ne facciano istanza entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente ordinamento, sotto comminatoria di decadenza. 269. Anticipato conferimento di funzioni giudiziarie agli uditori. – Fino al 31 dicembre 1946, il Ministro di grazia e giustizia può destinare con funzioni giudiziarie ai posti vacanti nei tribunali, nelle regie procure, in sottordine nelle preture, nonché come reggenti nelle preture prive di titolare, uditori che hanno compiuto almeno un anno di effettivo tirocinio. Il provvedimento è emanato con decreto reale, previo parere favorevole del consiglio giudiziario, che può essere richiesto dopo nove mesi almeno di tirocinio effettivo. Nella composizione del collegio non può intervenire più di un uditore con funzioni di giudice. 270. Applicazioni di pretori a tribunali e procure del Re Imperatore. – Fino alla stessa data del 31 dicembre 1946, il Ministro di grazia e giustizia può, nella stessa forma del decreto reale, disporne l’applicazione di pretori ai posti vacanti di giudice e sostituto procuratore del Re Imperatore, che non sia possibile coprire altrimenti. 271. Magistrati non addetti ad uffici giudiziari. – Le disposizioni contenute nell’art. 200 del presente ordinamento non si applicano ai magistrati attual- Normativa 309 mente addetti ad uffici diversi da quelli giudiziari, che hanno maturato o matureranno il diritto di partecipare a concorsi o scrutini per la promozione, entro il biennio successivo alla entrata in vigore dell’ordinamento medesimo. 272. Formazione degli elenchi di magistrati promovibili per scrutinio in corte di appello. – Gli attuali giudici e sostituti procuratori del Re Imperatore: a) compresi negli elenchi dei promovibili per merito con tre voti per il merito distinto, prendono posto, nello stesso ordine, nell’elenco dei promovibili per merito distinto, dopo tutti i magistrati iscritti nell’elenco medesimo; b) dichiarati promovibili per merito con due voti e con un voto per il merito distinto, prendono posto, secondo l’ordine attuale rispettivo, nell’elenco dei promovibili per merito ad unanimità di voti, con precedenza rispetto ai magistrati compresi nell’elenco medesimo; c) dichiarati promovibili per merito a maggioranza, prendono posto nell’elenco dei promovibili per merito ad unanimità di voti, e sono collocati dopo tutti i magistrati in esso compresi, nell’attuale loro ordine di graduatoria, con precedenza per quelli che hanno riportato la classifica a maggioranza di quattro voti rispetto agli altri che hanno conseguito la stessa classifica a maggioranza di tre voti. Gli elenchi così formati tengono luogo di quelli previsti dall’art. 168, fermi i limiti attuali di validità dei singoli scrutini, secondo le rispettive decorrenze. 273. Collocamento a riposo degli attuali consiglieri di corte di appello e magistrati di grado equiparato. – La disposizione contenuta nel primo comma dell’art. 227 è attuata gradualmente, nel quinquennio successivo all’entrata in vigore del presente ordinamento, riducendosi progressivamente di un anno per ciascun anno solare l’attuale limite di età, a decorrere dal 1° gennaio 1942, fermo restando il requisito di 40 anni di servizio. 274. Ammissione di vice-pretori onorari all’esame pratico per aggiunto giudiziario. – Gli attuali vice-pretori onorari nominati in base al regio decreto-legge 6 febbraio 1927, numero 131, possono essere ammessi per una sola volta al primo esame che avrà luogo per aggiunto giudiziario, su parere favorevole del consiglio giudiziario del distretto di residenza. 275. Procedimenti disciplinari pendenti. – Per i procedimenti disciplinari che, alla data di entrata in vigore del presente ordinamento, non sono stati definiti da parte della suprema corte disciplinare e dei consigli disciplinari presso le corti di appello, continuano ad applicarsi le disposizioni precedentemente vigenti. 310 Il sistema giudiziario italiano La corte disciplinare per la magistratura, costituita in conformità del disposto dell’art. 236, funziona da organo di unico grado, e di secondo grado per i procedimenti in corso presso i consigli disciplinari distrettuali (294). TITOLO X DISPOSIZIONI FINALI 276. Abrogazione di vigenti disposizioni legislative e riferimento a leggi e regolamenti generali. – Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie od incompatibili concernenti la materia regolata dal presente ordinamento. Fino a quando non sarà provveduto alla emanazione di norme regolamentari per l’esecuzione dell’ordinamento medesimo, continuano ad aver vigore i regolamenti esistenti, in quanto applicabili (295). Ai magistrati dell’ordine giudiziario sono applicabili le disposizioni generali relative agli impiegati civili dello Stato, solo in quanto non sono contrarie al presente ordinamento e ai relativi regolamenti (296). 277. Disposizioni di coordinamento, integrative e complementari. – Con successivi decreti reali, su proposta del Ministro di grazia e giustizia di concerto con il Ministro delle finanze, sono emanate le norme di coordinamento e le altre, anche di carattere integrativo e complementare, occorrenti per la completa attuazione del presente ordinamento. TABELLA A (297) Numero delle sedi delle Corti di Appello, dei tribunali e delle Preture del Regno (Omissis) TABELLA B (297) Circoscrizione territoriale delle Preture, distinta per Corti di Appello e per Tribunali (Omissis) TABELLA C (297) Circoscrizione territoriale delle sedi distaccate di Pretura, distinta per Corti di Appello, Tribunali e Preture (Omissis) TABELLA D Circoli di Corte di Assise (Omissis) Normativa 311 TABELLA E Sedi di Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche (Omissis) TABELLA F Personale della Magistratura Giudiziaria (Omissis) TABELLA G Personale giudicante e del Pubblico Ministero addetto alla Corte Suprema di Cassazione (Omissis) TABELLA H Personale giudicante e del Pubblico Ministero addetto alle Corti di Appello (Omissis) TABELLA I Personale giudicante e del Pubblico Ministero addetto ai tribunali (Omissis) TABELLA L Tribunali ai quali sono addetti magistrati di corte di cassazione in funzioni di presidenti e di procuratori della Repubblica e magistrati di corte di appello in funzioni di consiglieri istruttori e di procuratori aggiunti della Repubblica (Omissis) TABELLA M Magistrati addetti alle Preture (Omissis) TABELLA N Personale del Ministero di Grazia e Giustizia (Omissis) TABELLA O Preture costituite in sezioni (Omissis) 312 Il sistema giudiziario italiano TABELLA P Indennità annua per spese di rappresentanza (Omissis) TABELLA Q Indennità annua per i magistrati che esercitano funzioni speciali Indennità mensile per gli uditori giudiziari (Omissis) Normativa 313 NOTE (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 febbraio 1941, n. 28. (2) La denominazione «tribunale» nel presente provvedimento è stata sostituita da quella «tribunale ordinario», ai sensi dell’art. 10, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari: – Ministero di grazia e giustizia: Circ. 30 giugno 1997, n. 6/97; – Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 5 dicembre 1996, n. 8661. (4) Recante la delega al governo del Re della facoltà di emendare il codice penale, il codice di procedura penale, le leggi sull’ordinamento giudiziario. (5) Lettera soppressa dall’art. 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998. (6) Comma così sostituito prima dall’art. 1, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, e poi dall’art. 45, L. 21 novembre 1991, n. 374, con effetto dal 1° maggio 1995, ai sensi dell’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1992, n. 292) e dell’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, come modificato dalla legge di conversione 6 dicembre 1994, n. 673. Fino a tale data i compiti del giudice di pace continuano ad essere svolti dal giudice conciliatore. (7) Il riferimento all’impero ed agli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato deve intendersi venuto meno. (8) Articolo prima modificato dall’art. 2, D.P.R. 22 settembre 1988 e poi così sostituito dall’art. 2, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (9) Comma prima sostituito dall’art. 5, L. 1° febbraio 1989, n. 30, e poi così modificato dall’art. 3, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (10) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (11) Ora, giudici popolari della corte di assise e della corte di assise di appello, ai sensi della L. 10 aprile 1951, n. 287. (12) Comma prima modificato dall’art. 1. D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273, e poi così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (13) Vedi D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229. (14) Ora, Presidente della Repubblica. (15) Ora, decreto del Presidente della Repubblica. (16) Comma così sostituito dall’art. 5, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (17) Comma aggiunto dall’art. 57, L. 16 dicembre 1999, n. 479 e, successivamente, così modificato dall’art. 24, L. 1° marzo 2001, n. 63. (18) Comma aggiunto dall’art. 57, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (19) Aggiunto dall’art. 3, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (20) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 4 maggio 1998, n. 133. (21) L’art. 1, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115), ha così sostituito la rubrica e il primo periodo dal comma 1. (22) Comma così modificato dall’art. 6, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (23) Aggiunto dall’art. 4, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (24) Comma aggiunto dall’art. 6, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (25) Il requisito della razza italiana deve intendersi non più prescritto, ai sensi dell’art. 3 Cost. (26) Il requisito del sesso maschile non è più prescritto, ai sensi dell’art. 1, L. 9 febbraio 1963, n. 66. (27) Il requisito dell’iscrizione al P.N.F. deve intendersi non più prescritto, per effetto della caduta del regime fascista. 314 Il sistema giudiziario italiano (28) L’art. 3 Cost. ha eliminato qualsiasi discriminazione tra i cittadini in relazione alle opinioni politiche. (29) L’art. 4, L. 23 dicembre 1946, n. 478, recante modificazione alle formule di giuramento, così dispone: «Art. 4. La formula di giuramento per i magistrati dell’Ordine giudiziario ed amministrativo, per gli avvocati e procuratori dello Stato e per i notai è stabilita come segue: «Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al mio ufficio». (30) Termine elevato a mesi 6 dall’art. 34, L. 4 gennaio 1963, n. 1. (31) Vedi, ora, art. 63, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (32) Ora, deputato. (33) Gli attuali commi secondo e terzo così sostituiscono l’originario comma secondo per effetto dell’art. 14, L. 2 aprile 1979, n. 97. (34) Denominazione così modificata dal D.Lgs.C.P.S. 2 agosto 1946, n. 72. (35) Ora, primo presidente e presidente aggiunto della Corte di cassazione e presidenti delle Corti di appello. (36) Ora, decreto del Presidente della Repubblica. (37) Articolo così modificato dall’art. 7, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (38) Vedi, ora, art. 65, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (39) Il Capo I del Titolo II è stato abrogato dall’art. 47, L. 21 novembre 1991, n. 374, con effetto dal 1o maggio 1995, ai sensi dell’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1992, n. 292), e dell’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, come modificato dalla legge di conversione 6 dicembre 1994, n. 673, salvo quanto disposto dall’art. 44 della legge 374/1991. (40) Vedi nota 25 all’art. 8. (41) Vedi nota 26 all’art. 8. (42) Vedi nota 27 all’art. 8. (43) Il Capo I del Titolo II è stato abrogato dall’art. 47, L. 21 novembre 1991, n. 374 con effetto dal 1° maggio 1995, ai sensi dell’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1992, n. 292), e dell’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, come modificato dalla legge di conversione 6 dicembre 1994, n. 673, salvo quanto disposto dall’art. 44 della legge 374/1991. (44) Denominazione così modificata dall’art. 13, L. 5 maggio 1952, n. 405. (45) Vedi nota 34 all’art. 17. (46) Vedi, ora, art. 10, n. 2, L. 24 marzo 1958, n. 195, e art. 38, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (47) Le funzioni di ufficiale giudiziario sono svolte ora dai messi di conciliazione, ai sensi del D.Lgs.Lgt. 1° febbraio 1946, n. 122. (48) Ora, con decreto del Presidente del Tribunale. (49) Il capo II del titolo II è stato abrogato dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (50-64) Gli artt. da 30 a 41, facenti parte del capo II, sono stati abrogati dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (65) Intitolazione così sostituita dagli artt. 9 e 10, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (66) Articolo aggiunto dall’art. 8, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (67) Comma aggiunto dall’art. 22, L. 24 novembre 2000, n. 341. (68) Comma aggiunto dall’art. 22, L. 24 novembre 2000, n. 341. (69) Articolo prima modificato dall’art. 11, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 poi così sostituito dall’art. 9, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (70) Lettera così sostituita dall’art. 3-bis, D.L. 7 aprile 2000, n. 82 (Gazz. Uff. 8 aprile 2000, n. 83), nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 5 giugno 2000, n. 144 (Gazz. Uff. 7 giugno 2000, n. 131, entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione). (71) Articolo aggiunto dall’art. 10, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Normativa 315 (72) Abrogato dall’art. 12, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (73) Articolo così sostituito dall’art. 11, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (74) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115). (75) Articolo così sostituito dall’art. 12, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (76) Articolo aggiunto dall’art. 13, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (77) Comma così sostituito dall’art. 3, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115). (78) Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 14, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (79) La sezione I-bis e gli artt. 48-bis, 48-ter, 48-quater, 48-quinquies e 48-sexies sono stati aggiunti dall’art. 15, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (80) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-17 maggio 2001, n. 149 (Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 48-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 113 della Cost. (81) La sezione I-bis e gli artt. 48-bis, 48-ter, 48-quater, 48-quinquies e 48-sexies sono stati aggiunti dall’art. 15, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Per l’efficacia delle disposizioni contenute nel presente articolo 48-ter vedi il comma 2 dell’art. 247 del D.Lgs. n. 51 sopracitato, come modificato dall’art. 3-ter, D.L. 24 maggio 1999, n. 145, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e l’art. 5, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (82) Comma aggiunto dall’art. 5-bis, D.L. 24 maggio 1999, n. 145, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (83) Gli esperti sono ora nominati dal Consiglio superiore della magistratura. (84) Articolo così sostituito dall’art. 5, L. 27 dicembre 1956, n. 1441. (85) Aggiunto dall’art. 14, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (86) Vedi nota 107 all’art. 70. (87) Lettera così modificata dall’art. 18, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (88) Così sostituito dall’art. 15, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (89) Comma così sostituito dall’art. 16, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (90) Comma così modificato dall’art. 19, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (91) Vedi nota 44 all’art. 24. (92) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto 1977, n. 226). Gli artt. 8 e 9 della citata legge hanno, inoltre, così disposto: «Art. 8. Le disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 3 entrano in vigore il 1° gennaio dell’anno successivo a quello della pubblicazione della presente legge. Art. 9. Salva la disposizione dell’articolo precedente, la composizione del collegio resta invariata nei procedimenti penali per i quali, alla data del 1° gennaio dell’anno successivo a quello di pubblicazione della presente legge, è già stato dichiarato aperto il dibattimento, a meno che non sia intervenuto provvedimento di rinvio a tempo indeterminato a norma dell’art. 432 del codice di procedura penale». (93) Abrogato dall’art. 17, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (94) Comma così sostituito dall’art. 18, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (95) Comma così sostituito dall’art. 2, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto 1977, n. 226). (96) Vedi nota 44 all’art. 24. (97) Vedi nota 107 all’art. 70. (98) Le disposizioni di questa sezione debbono ritenersi superate da quelle contenute nella L. 10 aprile 1951, n. 287, e successive modificazioni. (99) La competenza della magistratura del lavoro in materia di controversie collettive è venuta meno per effetto dell’abrogazione dell’ordinamento corporativo. 316 Il sistema giudiziario italiano (100) Ora, decreto del Presidente della Repubblica. (101) Ora, su tutto il territorio dello Stato e su ogni altro territorio soggetto alla sua sovranità. (102) Con la L. 4 gennaio 1963, n. 1, è stato istituito un posto di presidente aggiunto della Corte di cassazione. (103) Comma così sostituito dall’art. 19, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (104) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto 1977, n. 226). Vedi, anche, la nota 92. (105) Articolo così sostituito dall’art. 39, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. (106) Comma sostituito dall’art. 20, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e poi così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115). (107) Così sostituito dall’art. 20, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. Il comma 6 è stato, inoltre, così sostituito dall’art. 10, D.L. 20 novembre 1991, n. 367. (108) Comma aggiunto dall’art. 10, D.L. 20 novembre 1991, n. 367. (109) Aggiunto dall’art. 5, D.L. 20 novembre 1991, n. 367. (110) Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 21, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (111) Articolo aggiunto dall’art. 22, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (112) Il presente articolo già sostituito, da ultimo, dall’art. 23, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, è stato successivamente così modificato dall’art. 58, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (113) Tale attribuzione deve intendersi venuta meno, con l’abrogazione dell’ordinamento corporativo. (114) Comma così modificato dall’art. 24, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (115) Vedi nota 71 all’art. 70. (116) Per i giudizi di assise, vedi, ora, L. 10 aprile 1951, n. 287. (117) Vedi nota 99 all’art. 63. (118) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto 1977, n. 226). (119) Comma così sostituito dall’art. 21-quater, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. (120) Comma aggiunto dall’art. 21-quinquies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. (121) Comma aggiunto dall’art. 21-quater, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. L’articolo 76-bis è stato aggiunto dall’art. 6, D.L. 20 novembre 1991, n. 367. (122) Aggiunto dall’art. 9, D.L. 20 novembre 1991, n. 367. (123) Vedi nota 107 all’art. 70. (124) Così sostituito dall’art. 23, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (125) Abrogato dall’art. 24, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (126) Articolo abrogato dall’art. 1, R.D.L. 16 agosto 1943, n. 732, il quale, all’art. 2, così dispone: «L’anno giudiziario comincia il 1° gennaio». (127) Ora, Presidente della Repubblica. (128) Ora, nello Stato e negli altri territori soggetti alla sua sovranità. (129) Vedi, ora, art. 41, co. 2°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (130) Vedi nota 107 all’art. 70. (131) Comma così sostituito dall’art. 8, L. 2 aprile 1979, n. 97. (132) Articolo così sostituito dall’art. 2, L. 28 luglio 1961, n. 704. Successivamente il comma 2 è stato così modificato dall’art. 25, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (133) Ora, in materia di lavoro. (134) Comma così modificato dall’art. 4, L. 4 aprile 2001, n. 154. (135) Denominazione così modificata dall’art. 13, legge 5 maggio 1952, n. 405. (136) Comma così sostituito dall’art. 25, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (137) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 4 maggio 1998, n. 133. (138) Ora, in materia di lavoro. Normativa 317 (139) Così modificato dall’art. 26, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (140) Vedi nota 107 all’art. 70. Vedi, inoltre, la L. 4 agosto 1977, n. 516. (141) Ora, sindaco. (142) Abrogato dall’art. 7, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273. (143) Articolo abrogato dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. In precedenza il secondo comma era stato abrogato dall’art. 7, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273. (144) Articolo prima sostituito dall’art. 7, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273, e poi abrogato dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (145) Il presente articolo è superato dall’art. 8, L. 10 aprile 1951, n. 287. (146) Denominazione così modificata dall’art. 13, legge 5 maggio 1952, n. 405. (147) Vedi nota 107 all’art. 70. (148) Alinea così sostituito dall’art. 27, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (149) L’art. 2, D.Lgs.Lgt. 3 maggio 1945, n. 232, così dispone: «Art. 2. Qualora sorga la improvvisa ed urgente necessità di sostituire magistrati mancanti, assenti o impediti, per assicurare il funzionamento di un ufficio o la composizione di un collegio, i capi delle Corti, secondo le rispettive attribuzioni, possono, in deroga alle vigenti norme in materia, provvedere alla supplenza anche con magistrati del grado inferiore, appartenenti allo stesso o ad altri uffici del distretto. Il Ministro per la grazia e giustizia può inoltre destinare pretori a posti di giudice o sostituto procuratore del Regno e viceversa». Tale norma che, ai sensi del successivo art. 4, doveva avere efficacia fino a sei mesi dopo la conclusione della pace è stata prorogata fino a nuova disposizione dall’art. 1, L. 5 marzo 1951, n. 190. (150) Comma così modificato dall’art. 26, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (151) Periodo aggiunto dall’art. 23, D.L. 24 novembre 2000, n. 341. (152) Così sostituito prima dall’art. 1, L. 21 febbraio 1989, n. 58 (Gazz. Uff. 25 febbraio 1989, n. 47), poi dall’art. 1, L. 16 ottobre 1991, n. 321, dall’art. 21, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, e così modificato ai commi 3-bis e 7 con l’art. 2, D.Lgs. 23 ottobre 1992, n. 416 (Gazz. Uff. 24 ottobre 1992, n. 251). (153) Aggiunto dall’art. 11, D.L. 20 novembre 1991, n. 367. (154) Abrogato dall’art. 2, L. 21 febbraio 1989, n. 58 (Gazz. Uff. 25 febbraio 1989, n. 47). (155) Vedi nota 107 all’art. 70. (156) Articolo prima modificato dall’art. 3, L. 28 luglio 1961, n. 704 e poi abrogato dall’art. 2, L. 21 febbraio 1989, n. 58 (Gazz. Uff. 25 febbraio 1989, n. 47). (157) Articolo così sostituito dall’art. 2, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (158) Le disposizioni del presente capo sono superate dagli artt. 1-6, L. 24 maggio 1951, n. 392. (159) Vedi nota 107 all’art. 70. (160) Articolo così modificato dall’art. 13, L. febbraio 2001, n. 48. Vedi, anche, l’art. 22 della stessa legge. (161) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (162) Comma così rettificato dall’art. 40, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, ora, artt. 10, n. 4, e 11, L. 24 marzo 1958, n. 195. (163) Comma soppresso dall’art. 40, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. (164) Articolo abrogato dall’art. 13, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (165) Articolo prima modificato dall’art. 1, D.Lgs.C.P.S. 19 aprile 1947, n. 974, e dall’articolo unico, L. 26 aprile 1975, n. 140 (Gazz. Uff. 10 maggio 1975, n. 122), e poi così sostituito dall’art. 1, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398 e dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (166) Articolo aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (167) Articolo aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, poi così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. 318 Il sistema giudiziario italiano (168) Articolo aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, e successivamente abrogato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (169) Articolo aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, e successivamente abrogato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (170) I primi tre commi così sostituiscono l’originario comma 1, come sostituito dall’art. 2, D.L. 15 giugno 1989, n. 232, per effetto dell’art. 6, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Successivamente il presente comma è stato così modificato dall’art. 11, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (171) I primi tre commi così sostituiscono l’originario comma 1, come sostituito dall’art. 2, D.L. 15 giugno 1989, n. 232, per effetto dell’art. 6, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (172) Gli attuali commi 2 e 3 sono stati aggiunti dall’art. 1, L. 9 agosto 1993, n. 295. Il termine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine Avvocato per effetto del disposto dell’art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27, in seguito alla soppressione dell’albo dei procuratori legali stabilita dalla stessa legge. (173) Comma così sostituito dall’art. 6, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. In relazione al precedente comma 5, dell’art. 124, con sentenza 23-31 marzo 1994, n. 108 (Gazz. Uff. 6 aprile 1994, n. 15 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato in applicazione dell’art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità dell’art. 124, terzo comma, nella parte in cui, nel disciplinare i requisiti di ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, prevedeva l’esclusione di coloro che, per le informazioni raccolte, non risultavano, secondo l’apprezzamento insindacabile del Consiglio Superiore della Magistratura, appartenenti a famiglia di estimazione morale indiscussa. La stessa Corte, con sentenza 13-28 luglio 2000, n. 391 (Gazz. Uff. 2 agosto 2000, n. 32 - Serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del settimo comma del presente articolo, nella parte in cui, nel disciplinare i requisiti di ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, prevede che non siano ammessi al concorso i candidati i cui parenti, in linea retta entro il primo grado ed in linea collaterale entro il secondo, hanno riportato condanne per taluno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale. (174) Rubrica così sostituita dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (175) Comma così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (176) Comma così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. Per l’interpretazione autentica del presente comma vedi l’art. 12 della stessa legge. (177) Articolo prima modificato dall’art. 2, L. 17 novembre 1978, n. 746, e poi sostituito dall’art. 7, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Successivamente, il comma 3 del presente articolo è stato così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (178) Comma aggiunto dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (179) Aggiunto dall’art. 8, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (180) Comma così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (181) Comma aggiunto dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (182) Comma così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (183) Articolo aggiunto dall’art. 9, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, e, successivamente, così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (184) Articolo aggiunto dall’art. 10, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (185) Articolo aggiunto dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (186) Comma così sostituito dall’art. un., L. 23 febbraio 1967, n. 44. (187) Periodo aggiunto dall’art. 15, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (188) Articolo aggiunto dall’art. 11, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (189) Articolo aggiunto dall’art. 14, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (190) Gli attuali commi 3, 4 e 5 così sostituiscono l’originario comma 3 per effetto dell’art. 12, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Normativa 319 (191) Gli attuali commi 3, 4 e 5 così sostituiscono l’originario comma 3 per effetto dell’art. 12, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Il presente comma è stato successivamente così modificato dall’art. 10, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (192) Vedi, per la distinzione dei magistrati secondo le funzioni, L. 24 maggio 1951, n. 392. (193) Vedi, ora, tabella allegata al D.P.R. 5 giugno 1965, n. 756. (194) Vedi D.P.R. 27 aprile 1962. (195) La L. 30 maggio 1965, n. 579, recante norme sulla riduzione del periodo di tirocinio degli uditori giudiziari, così dispone: «Articolo unico. - Gli uditori giudiziari possono, dopo sei mesi di tirocinio, e previo parere motivato dei Capi di Corte, essere destinati, con funzioni giurisdizionali, nei tribunali, nelle procure della Repubblica presso i tribunali e nelle preture. L’uditore non può fare le veci del Presidente del tribunale o della sezione, mancante o impedito: né può supplire il procuratore della Repubblica. Nella composizione dei Collegi giudicanti non può intervenire più di un uditore con funzioni di giudice. Le limitazioni di cui al comma precedente cessano con il compimento di un anno di effettivo servizio, in esso compreso il periodo di tirocinio. Il parere dei Capi di Corte può essere chiesto dopo cinque mesi di tirocinio». In deroga a quanto disposto dalla L. n. 579/1965 vedi l’art. 11, comma 5, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (196) Comma così modificato dall’art. 27, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (197) Vedi, ora, art. 48, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916; le norme per il tirocinio sono state emanate con D.P.R. 27 aprile 1962. In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l’art. 11, comma 5, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (198) Articolo aggiunto dall’art. 16, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (199) Vedi, ora, art. 43, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (200) Il ruolo dei pretori è stato abolito, dall’art. 8, L. 24 maggio 1951, n. 392. (201) Vedi, L. 4 gennaio 1963, n. 1. (202) Il presente comma deve ritenersi non più in vigore, per effetto dell’abrogazione delle norme contenenti limitazioni, in dipendenza dello stato di celibe, operata dal R.D.L. 2 agosto 1943, n. 707. (203-210) Gli artt. da 132 a 135, sono stati abrogati dall’art. 7, L. 25 maggio 1970, n. 357. (211) Il comma, che si omette, è stato abrogato dall’art. 7, L. 25 maggio 1970, n. 357. (212) Il termine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine «avvocato» per effetto del disposto dell’art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27, in seguito alla soppressione dell’albo dei procuratori legali stabilita dalla stessa legge. (213) Abrogato dall’art. 18, L. 2 aprile 1979, n. 97. (214-218) Vedi nota 107 all’art. 70. (219) Il presente articolo deve ritenersi abrogato dall’art. 1, L. 24 maggio 1951, n. 392. (220) Il presente articolo deve ritenersi abrogato dall’art. 8, L. 24 maggio 1951, n. 392. (221) Vedi nota 107 all’art. 141. (222) Le disposizioni contenute nel presente capo sono superate da quelle di cui alla L. 25 luglio 1966, n. 570. (223) Già soppresso dall’art. 3, D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1370. (224) I commi secondo, terzo e quarto sono stati abrogati dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. Tale legge, all’art. 1, così dispone: «Art. 1. (Posti disponibili per le promozioni a magistrato di Corte di appello e a magistrato di Corte di cassazione). – L’art. 2 del D.Lgs.Lgt. 3 maggio 1945, n. 233, è abrogato. Le promozioni a magistrato di Corte d’appello e a magistrato di Corte di cassazione sono conferite per il numero di posti, da attribuire rispettivamente alle dette categorie, corrispondente alle vacanze previste nell’anno in cui sono indetti i concorsi e alle vacanze impreviste dell’anno precedente. 320 Il sistema giudiziario italiano Per le promozioni a magistrato di Corte di appello i posti sono ripartiti: a) per quattro decimi ai vincitori del concorso; b) per quattro decimi ai magistrati promovibili per merito distinto in seguito allo scrutinio; c) per due decimi ai magistrati promovibili per merito, parimenti in seguito allo scrutinio. Per le promozioni a magistrato di Corte di cassazione i posti sono attribuiti per due terzi ai vincitori del concorso e per un terzo ai magistrati promovibili in seguito allo scrutinio. Le promozioni per concorso e per scrutinio sono conferite, in ogni caso, con decorrenza agli effetti giuridici ed economici non posteriori al 31 dicembre dell’anno in cui è indetto il concorso. I posti indicati nel terzo e quarto comma, non coperti, si aggiungono ai posti vacanti dell’anno successivo da ripartire secondo le disposizioni dei predetti commi». (225) Abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. Tale legge, agli artt. 2 e 3, così dispone: «Art. 2. (Ordine delle promozioni). – I magistrati promossi per concorso, secondo l’ordine di iscrizione nelle graduatorie, prendono posto nel ruolo di anzianità, prima dei magistrati promossi per merito distinto nello stesso anno; i magistrati promossi per merito distinto, secondo l’ordine degli elenchi, prendono posto prima di quelli promossi per merito. I magistrati dichiarati promovibili per scrutinio, con classifica definitiva, possono essere promossi, con riserva di anzianità, prima che siano esauriti i lavori di revisione. Esauriti tali lavori, e formati gli elenchi di tutti i magistrati dichiarati promovibili con la medesima qualifica, sono sciolte le riserve di anzianità conferendosi a ciascun magistrato la promozione con la decorrenza giuridica corrispondente al posto occupato negli elenchi, ferme, tranne che agli effetti dell’anzianità, le promozioni già disposte. Art. 3. (Concorsi per le promozioni a magistrato di Corte di appello e a magistrato di Corte di cassazione). – I concorsi per le promozioni a magistrato di Corte di appello e a magistrato di Corte di cassazione sono indetti non oltre il 15 gennaio di ogni anno per un numero di posti corrispondente alle quote attribuite nel terzo e nel quarto comma dell’art. 1. Al concorso per la promozione a magistrato di cassazione sono ammessi i magistrati di Corte di appello, promossi a tale categoria in seguito a concorso o per merito distinto, che compiono sei anni effettivi di servizio nella categoria entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso». (226) I commi 2° e 3° sono stati abrogati dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. (227) Il riferimento al regime fascista deve ritenersi soppresso. (228) Vedi nota 223 all’art. 145. (229) Vedi nota 107 all’art. 70. (230) Il comma 1° è stato abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. (231) Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1370. (232) Il ruolo dei primi pretori è stato abolito dall’art. 9, L. 24 maggio 1951, n. 392. La L. 27 ottobre 1951, n. 1337, recante norme relative all’applicazione al personale della magistratura dell’art. 4 del decreto legislativo 19 ottobre 1944, n. 301, e dell’art. 6 del decreto legislativo 12 dicembre 1947, n. 1488, così dispone: «Articolo unico. – Per stabilire l’anzianità dei magistrati, ai fini dei concorsi e degli scrutini per la promozione a consigliere di Corte di appello e gradi equiparati, non si tiene conto dell’anticipo nella promozione al grado ottavo a norma dell’art. 139, primo comma, prima parte, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sull’ordinamento giudiziario, e dell’art. 1 del regio decreto 18 marzo 1943, n. 200». (233) Il D.Lgs.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 315, così dispone: «Art. 1. La Commissione prevista dall’art. 154 dell’Ordinamento giudiziario è soppressa, e le sue attribuzioni sono devolute al Consiglio superiore della magistratura. Normativa 321 Art. 2. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale». (234) Vedi art. 21, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. (235) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (236) Vedi ora art. 52, co. 1°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (237) L’art. 9, R.D. 23 giugno 1927, n. 1235, recante norme per l’attuazione del R.D.L. 30 dicembre 1926, n. 2219, sulle promozioni nella magistratura, così dispone: «Art. 9. Il candidato trasmette in via gerarchica le copie dei lavori giudiziari, per intero e debitamente autenticate, e i titoli e i documenti che creda di aggiungere. Tutte le copie dei lavori giudiziari, accompagnate da un elenco, debbono essere scritte in forma facilmente intelligibile, separate l’una dall’altra e munite di una copertina sulla quale debbono essere riportate le seguenti notizie: a) cognome e nome del magistrato e indicazione del luogo dove la sentenza od ordinanza o requisitoria fu profferita; b) menzione se la sentenza, l’ordinanza o la requisitoria sia civile o penale e se sia riferibile al periodo prescritto o a quello a scelta; c) data della redazione del lavoro; d) cognome e nome delle parti e degli imputati; e) cenno della questione risoluta, qualora sia possibile. Il candidato deve dichiarare se aspira alla promozione nella carriera giudicante, o nella requirente, o in entrambe». (238) Comma già abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. (239) Vedi art. 63, co. 2°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (240) Vedi L. 27 ottobre 1951, n. 1337, riportata nella nota 232 posta all’art. 152. (241) Comma superato dall’abolizione dei ruoli dei pretori e dei primi pretori, disposta dagli artt. 8 e 9, L. 24 maggio 1951, n. 392. (242) Vedi ora art. 52, co. 2°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (243) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (244) Vedi, ora, art. 53, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (245) Vedi nota 241 all’art. 162. (246) Il presente capo è superato dall’abolizione dei ruoli dei pretori e dei primi pretori, disposta dagli artt. 8 e 9, L. 24 maggio 1951, n. 392. (247) Comma così modificato dall’art. 2, D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1370. (248) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (249) Le disposizioni contenute nel presente capo sono superate da quelle di cui alla L. 4 gennaio 1963, n. 1. (250) Comma abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. (251) Abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. (252) I commi primo e secondo sono stati abrogati dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. (253) Vedi nota 241 all’art. 162. (254) Superato dall’art. 106 ult. co. Cost. (255) Così rettificato per virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (256) Il D.Lgs.Lgt. 3 maggio 1945, n. 233, recante disposizioni per le promozioni a consigliere di Corte di appello e di Corte di cassazione, all’art. 1, così dispone: «Art. 1. Temporanea abolizione della prova orale nel concorso per la Cassazione. – Nei concorsi per la promozione a consigliere di Corte di cassazione e gradi parificati, sia in quelli che sono in via di espletamento, sia in quelli che saranno indetti a norma del presente decre- 322 Il sistema giudiziario italiano to, è temporaneamente soppressa la discussione orale prescritta dall’art. 183 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12». (257) Così rettificato per virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (258) Vedi nota 241 all’art. 162. (259) Vedi nota 107 all’art. 70. (260) Vedi, ora, la L. 20 dicembre 1973, n. 831. (261) Articolo così sostituito dall’art. 41, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. (262) Vedi, ora, artt. 10 e 11, L. 24 marzo 1958, n. 195. (263-265) Così sostituito dall’art. 29, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (266) Vedi, ora, l’art. 39, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, in relazione agli artt. 10, nn. 1 e 11, L. 24 marzo 1958, n. 195. (267) Vedi nota 263-265 all’art. 190. (268) Articolo prima rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (269) Così sostituito dall’art. 2, L. 16 ottobre 1991, n. 321, poi modificato dall’art. 2, L. 8 novembre 1991, n. 356 (Gazz. Uff. 9 novembre 1991, n. 263) ed infine così sostituito dall’art. 4, L. 4 maggio 1998, n. 133. (270) Denominazione così modificata dall’art. 13, L. 5 maggio 1952, n. 405. (271) Vedi, ora, tabella C allegata alla L. 4 gennaio 1963, n. 1. (272) Vedi l’art. 15, L. 24 marzo 1958, n. 195. (273) Vedi, ora, artt. 2, ultimo comma, e 3, comma 7, L. 4 gennaio 1963, n. 1. (274) Vedi nota 107 all’art. 70. (275) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (276) Ora, rispettivamente, nella categoria di magistrato di tribunale o di magistrato di corte d’appello od equiparati, ai sensi della L. 24 maggio 1951, n. 392. Il D.Lgs.Lgt. 28 dicembre 1944, n. 438, recante disposizioni relative al personale giudiziario durante lo stato di guerra, all’art. 9, così dispone: «Art. 9. Efficacia ai fini dell’ammissione a concorsi o scrutini, del servizio prestato in determinati uffici durante l’attuale stato di guerra. Il servizio prestato dai magistrati, durante l’attuale stato di guerra e fino a sei mesi dopo la sua cessazione, presso uffici diversi da quelli giudiziari, è parificato, ai fini dell’art. 200 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ad effettivo ed ininterrotto servizio prestato presso uffici giudiziari. La disposizione di cui al precedente comma si applica anche ai funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, ai fini di cui all’art. 8, comma ultimo, del R. decreto 5 novembre 1931, n. 1444». (277) Ora, categoria, ai sensi della L. 24 maggio 1951, n. 392. (278) Comma superato per effetto dell’abrogazione delle norme contenenti limitazioni in dipendenza dello stato di celibe, operato dal R.D.L. 2 agosto 1943, n. 707. (279) Ora, ai fini dell’aumento di anzianità dei magistrati di tribunale, ai sensi della L. 24 maggio 1951, n. 392. (280) Vedi, ora, art. 10, L. 24 marzo 1958, n. 195. (281) Vedi, ora, la L. 24 maggio 1951, n. 392. (282) Vedi, ora, tabella B allegata alla L. 24 maggio 1951, n. 392. (283) Vedi, ora, L. 15 aprile 1961, n. 291. (284) Vedi, ora, tabella C allegata alla L. 24 maggio 1951, n. 392. (285) Articolo prima sostituito dall’art. 1, D.Lgs 30 gennaio 1948, n. 99, e poi abrogato dall’art. 4, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273. (286) Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 28, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. (287) Articolo aggiunto dall’art. 29, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Normativa 323 (288) Vedi, ora, art. 15, ultimo comma, L. 24 marzo 1958, n. 195. (289) Comma così sostituito prima dall’art. 2, L. 17 marzo 1969, n. 84 (Gazz. Uff. 8 aprile 1969, n. 89), e poi dall’art. 2, L. 9 dicembre 1977, n. 908 (Gazz. Uff. 19 dicembre 1977, n. 344). (290) Comma aggiunto dall’art. 7, L. 2 aprile 1979, n. 97. (291) Abrogati dall’art. 43, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. (292) Si ritiene opportuno riportare, per eventuali necessità di consultazione, le disposizioni transitorie contenute nel presente titolo. (293) Abrogato dall’art. 6, D.Lgs.Lgt. 30 aprile 1946, n. 352, che così dispone: «Art. 6. Gli artt. 256, 257 e 261 delle norme transitorie del vigente Ordinamento giudiziario sono abrogati, ed i magistrati in essi indicati possono partecipare ai concorsi previsti dagli artt. 142, 143 e 144 dell’Ordinamento medesimo». (294) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95. (295) Le norme regolamentari non sono state ancora emanate; debbono, pertanto, ritenersi ancora vigenti, in quanto applicabili le norme del R.D. 14 dicembre 1865, n. 2641. (296) La Corte costituzionale, con sentenza 4-22 giugno 1992, n. 289 (Gazz. Uff. 24 giugno 1992, n. 27 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del combinato disposto dell’art. 87, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e dell’art. 276, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, nella parte in cui consente l’applicazione ai magistrati della riabilitazione prevista per gli impiegati civili dello Stato colpiti da sanzione disciplinare. (297) Le tabelle che si omettono sono state sostituite con L. 1° febbraio 1989, n. 30. Vedi, ora, l’art. 16 e le tabelle allegate al D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e l’art. 1, D.L. 25 gennaio 1999, n. 6. 324 Il sistema giudiziario italiano R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511 (1). Guarentigie della magistratura. Artt. TITOLO I – Delle guarentigie della magistratura: CAPO CAPO SEZIONE SEZIONE I – Della inamovibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II – Dei Consigli giudiziari e del Consiglio superiore della magistratura: I – Dei Consigli giudiziari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II – Del Consiglio superiore della magistratura . . . . . 1- 5 6 7 - 12 TITOLO II – Della disciplina della magistratura: SEZIONE I – SEZIONE II – SEZIONE III – SEZIONE IV – Della sorveglianza sui magistrati . . . . . . . . . . . . . Della disciplina dei magistrati . . . . . . . . . . . . . . . Dei Tribunali disciplinari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Del procedimento disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . 13 - 16 17 - 21 22 - 26 27 - 38 TITOLO III – Disposizioni varie e transitorie . . . . . . . . . . . . . . . 39 - 43 TITOLO I DELLE GUARENTIGIE DELLA MAGISTRATURA CAPO I DELLA INAMOVIBILITÀ. 1. Disposizione generale. – I magistrati non possono essere privati delle funzioni e dello stipendio, collocati in aspettativa, in disponibilità o a riposo, oppure essere destinati ad altra sede o ad altre funzioni, se non nei casi e nelle forme previsti dal presente decreto. 2. Inamovibilità della sede. – I magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica o pretore, non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso. Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12, o quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giu- Normativa 325 stizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti. In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede. Qualora venga ridotto l’organico di un ufficio giudiziario, i magistrati meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegnati ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro grado in altra sede. Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto possibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire. 3. Dispensa dal servizio o collocamento in aspettativa di ufficio per debolezza di mente od infermità. – Se per qualsiasi infermità, giudicata permanente, o per sopravvenuta inettitudine, un magistrato non può adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio, è dispensato dal servizio, previo parere conforme del Consiglio superiore della magistratura. Se la infermità ha carattere temporaneo, il magistrato può, su conforme parere del Consiglio superiore, essere collocato di ufficio in aspettativa fino al termine massimo consentito dalla legge. Decorso tale termine, il magistrato che ancora non si trovi in condizioni di essere richiamato dall’aspettativa, è dispensato dal servizio. Le disposizioni precedenti per quanto concerne il parere del Consiglio superiore non si applicano agli uditori, i quali possono essere collocati in aspettativa o dispensati dal servizio con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, previo parere del Consiglio giudiziario nel caso di dispensa. Per gli uditori con funzioni giudiziarie la dispensa dal servizio è disposta con decreto Reale, su conforme parere del Consiglio giudiziario. Avverso il parere del Consiglio giudiziario previsto nei due precedenti commi può essere proposto ricorso al Consiglio superiore della magistratura così dall’interessato come dal Ministro, entro dieci giorni dalla comunicazione. Il ricorso ha effetto sospensivo. 4. Formalità per il parere del Consiglio superiore e dei Consigli giudiziari. – Quando viene richiesto il parere del Consiglio superiore della magistratura o del Consiglio giudiziario ai sensi dei precedenti artt. 2 e 3, della richiesta e dei motivi è data comunicazione all’interessato, il quale ha diritto di prendere visione e copia degli atti trasmessi al Consiglio superiore o al Consiglio giudiziario, e può presentare deduzioni e chiedere di essere sentito personalmente. Il Consiglio superiore e il Consiglio giudiziario non possono provvedere se non decorsi trenta giorni dalla data della comunicazione di cui al precedente comma. 326 Il sistema giudiziario italiano 5. Collocamento a riposo per limiti di età. – Tutti i magistrati sono collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età. Con successivo decreto saranno emanate le norme transitorie e di attuazione relative alla disposizione di cui al precedente comma, che avranno efficacia dalla data di entrata in vigore del presente decreto. CAPO II DEI CONSIGLI GIUDIZIARI E DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA. SEZIONE I DEI CONSIGLI GIUDIZIARI. 6. Costituzione dei Consigli giudiziari. – Presso ogni Corte di appello è costituito un Consiglio giudiziario presieduto dal primo presidente della Corte d’appello e composto dal procuratore generale della Repubblica nonché da otto membri di cui tre con funzioni di supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto con voto personale e segreto nelle seguenti proporzioni: un magistrato effettivo ed uno supplente tra i magistrati di Cassazione; due effettivi ed uno supplente tra i magistrati di Corte d’appello; due effettivi ed uno supplente tra i magistrati di Tribunale. Nei distretti nei quali non è possibile eleggere i magistrati di Cassazione, i posti sono attribuiti a magistrati di Corte di appello. In caso di mancanza o di impedimento, il primo presidente ed il procuratore generale sono sostituiti dal magistrato che ne esercita la funzione. I magistrati che, per il numero di suffragi raccolti, seguono quelli risultati eletti, vengono, nell’ordine ed in numero non superiore a tre per gli effettivi ed a due per i supplenti chiamati a sostituire quelli che cessano dalla carica nel corso del biennio. Alla scadenza del biennio cessano dalla carica anche i membri che hanno sostituito altri durante il biennio medesimo. Il Consiglio giudiziario costituito presso la Corte di appello è competente anche per i magistrati appartenenti alla circoscrizione della sezione distaccata. Le funzioni di segretario presso il Consiglio giudiziario sono esercitate dal magistrato, componente, effettivo, meno anziano per servizio (2). SEZIONE II DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA. 7-12. (3). Normativa 327 TITOLO II DELLA DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA SEZIONE I DELLA SORVEGLIANZA SUI MAGISTRATI. 13. Poteri di sorveglianza spettanti al Ministro. – Il Ministro per la grazia e giustizia esercita l’alta sorveglianza su tutti gli uffici giudiziari, su tutti i giudici e su tutti i magistrati del pubblico Ministero. 14. Poteri di sorveglianza sui magistrati giudicanti. – Il primo presidente della Corte Suprema di cassazione esercita la sorveglianza sugli uffici e sui magistrati della Corte. Il presidente (4) della Corte di appello esercita la sorveglianza sugli uffici del distretto comprese le sezioni distaccate e sui magistrati della Corte medesima, dei tribunali, delle preture e degli uffici di conciliazione del distretto e delle circoscrizioni delle sezioni distaccate. Il presidente della sezione distaccata esercita la sorveglianza sugli uffici e sui magistrati giudicanti compresi nella circoscrizione della sezione. Il presidente del tribunale esercita la sorveglianza, oltre che sugli uffici e sui magistrati del tribunale, anche su quelli del tribunale dei minorenni, delle preture, e degli uffici di conciliazione del circondario. Il pretore esercita la sorveglianza su tutti i magistrati del suo ufficio e sui conciliatori del mandamento. 15. Poteri di sorveglianza del presidente e del pretore in udienza. – Il presidente del Collegio giudicante ed il pretore esercitano la sorveglianza durante l’udienza su tutti i magistrati che vi partecipano. Il presidente del Collegio esercita inoltre la sorveglianza durante le deliberazioni sui magistrati che vi prendono parte. 16. Poteri di sorveglianza sui magistrati requirenti. – Il procuratore generale presso la Corte Suprema di cassazione esercita la sorveglianza sui magistrati e sugli uffici della procura generale presso la Corte medesima. Il procuratore generale presso la corte di appello esercita la sorveglianza sui magistrati e sugli uffici della procura generale, delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari e presso i tribunali per i minorenni e delle procure della Repubblica presso le preture del distretto, nonché sulle dipendenti procure generali presso le sezioni distaccate e delle procure della Repubblica comprese nelle circoscrizioni di tali sezioni (5). L’avvocato generale presso la sezione distaccata della Corte di appello esercita la sorveglianza sui magistrati e sugli uffici del pubblico Ministero della circoscrizione della sezione. 328 Il sistema giudiziario italiano Il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario, il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e il procuratore della Repubblica presso la pretura esercitano la sorveglianza sui magistrati addetti ai rispettivi uffici (5). SEZIONE II DELLA DISCIPLINA DEI MAGISTRATI. 17. Disposizione generale. – I magistrati non possono essere sottoposti a sanzioni disciplinari se non nei casi e nelle forme previsti dal presente decreto. 18. Responsabilità disciplinare dei magistrati.– Il magistrato che manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario, è soggetto a sanzioni disciplinari secondo le disposizioni degli articoli seguenti. 19. Sanzioni disciplinari. – Le sanzioni disciplinari sono: 1) 2) 3) 4) 5) l’ammonimento; la censura; la perdita dell’anzianità; la rimozione; la destituzione. Le sanzioni disciplinari, ad eccezione dell’ammonimento, devono essere precedute dal procedimento disciplinare stabilito, dal presente decreto, salvo quanto è disposto dall’art. 38 relativamente agli uditori. Il magistrato, al quale è attribuito un fatto che può importare una delle sanzioni previste nei nn. 4 e 5 del presente articolo, non ha diritto di sottrarsi al procedimento disciplinare e ai conseguenti provvedimenti per effetto delle sue dimissioni, che il Ministro per la grazia e giustizia (6) ha facoltà di respingere. 20. Ammonimento. – L’ammonimento consiste nel rilievo della mancanza commessa e nel richiamo del magistrato all’osservanza dei suoi doveri. Esso, quando non sia conseguente ad un procedimento disciplinare, è disposto dal Ministro per la grazia e giustizia o dal magistrato che ha il potere di sorveglianza (7). L’ammonimento è rivolto oralmente dal capo gerarchico immediato, il quale ne redige verbale, trasmettendone copia al Ministero. Entro i successivi trenta giorni il magistrato cui fu rivolto l’ammonimento può chiedere di essere sottoposto a procedimento disciplinare. Normativa 329 21. Altre sanzioni disciplinari. – La censura consiste in un biasimo formale per la trasgressione accertata a carico del magistrato. Il provvedimento che infligge la censura è eseguito dal capo gerarchico immediato del magistrato. Il magistrato che esegue il provvedimento redige verbale, con la indicazione della trasgressione commessa. Copia del verbale è trasmessa al Ministero. La perdita dell’anzianità può estendersi da due mesi a due anni, ed ha per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della sanzione inflitta, nella ammissione ad esami, concorsi e scrutini, e nelle promozioni. Lo spostamento nel ruolo, conseguente alla perdita dell’anzianità, non può essere inferiore ad un quarantesimo, né superiore ad un decimo dei posti di organico del relativo grado, ed è determinato dallo stesso Tribunale disciplinare. Il Tribunale disciplinare (8), quando infligge una sanzione più grave dell’ammonimento, può stabilire che il magistrato, anche se inamovibile, sia trasferito di ufficio. La destituzione può comportare la perdita totale o parziale del trattamento di quiescenza, da deliberarsi dallo stesso Tribunale disciplinare (8). Il magistrato rimosso o destituito non può essere riammesso in servizio. In ogni caso, rimane fermo il disposto dell’art. 155, primo e secondo capoverso del vigente ordinamento giudiziario. SEZIONE III DEI TRIBUNALI DISCIPLINARI. 22-26. (9). CAPO IV DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE. 27. Titolarità dell’azione disciplinare. – La azione disciplinare è promossa, su richiesta del Ministro per la grazia e giustizia, dal pubblico Ministero presso il Tribunale disciplinare competente (10). 28. Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale. – Il procedimento disciplinare è promosso indipendentemente dall’azione civile o penale che procede dal medesimo fatto, od anche se il procedimento civile o penale e in corso. Nel caso in cui il magistrato sia sottoposto a procedimento penale, si applicano gli artt. 3 del Codice di procedura penale e 31 del presente decre- 330 Il sistema giudiziario italiano to. Qualora nei confronti del magistrato sia pronunziata sentenza penale, si applica l’art. 29 del presente decreto. 29. Effetti disciplinari dei giudicati penali. – Il magistrato incorso nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale, ovvero condannato alla reclusione per delitto non colposo, diversa da quelli previsti dagli artt. 581, 582 capv. 594 e 612 prima parte del Codice penale, è destituito di diritto, e può, con le forme stabilite per il procedimento disciplinare, essere privato in tutto o in parte del trattamento di quiescenza. Il magistrato che, negli stessi casi, viene prosciolto dal giudice penale con sentenza, pronunziata nell’istruzione o nel giudizio, per insufficienza di prove o per una causa estintiva del reato ovvero per impromovibilità o improseguibilità dell’azione penale, deve sempre essere sottoposto al procedimento disciplinare. In tutti gli altri casi di condanna o di proscioglimento, il Ministro decide se deve farsi luogo a procedimento disciplinare. Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del giudizio penale, risultanti dalla sentenza passata in giudicato. 30. Sospensione del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare. – All’inizio o nel corso del procedimento, il Tribunale disciplinare (11), su richiesta del Ministro o del pubblico Ministero presso il Tribunale stesso, può, sentito l’incolpato, disporne la sospensione provvisoria dalle funzioni e dallo stipendio. Al magistrato sospeso, od alla moglie ed ai figli minorenni, può essere attribuito un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo. In caso di urgenza, i provvedimenti di cui ai precedenti commi possono essere adottati con decreto del Ministro, il quale però deve richiedere contemporaneamente il giudizio disciplinare (12). Il Tribunale disciplinare (11) può, anche di ufficio, revocare la sospensione, o concedere l’assegno alimentare negato o modificare la misura di quello concesso. Contro i provvedimenti emanati dal Consiglio giudiziario ai sensi dei precedenti commi, è ammesso ricorso alla Corte disciplinare, da parte dell’incolpato o del pubblico Ministero presso il Tribunale disciplinare entro cinque giorni dalla comunicazione, e da parte del Ministro entro venti giorni dalla comunicazione stessa. Il ricorso non ha effetto sospensivo ed è presentato a norma dell’art. 37. Normativa 331 31. Sospensione preventiva del magistrato sottoposto a procedimento penale. – Il magistrato sottoposto a procedimento penale è sospeso di diritto dalle funzioni e dallo stipendio, e collocato fuori del ruolo organico della magistratura dal giorno in cui è stato emesso contro di lui mandato o ordine di cattura. Qualora l’arresto sia avvenuto senza ordine o mandato, la sospensione decorre dal giorno dell’arresto se l’autorità giudiziaria ha ritenuto che l’imputato deve rimanere in istato di detenzione a norma dell’art. 246 del Codice di procedura penale. Il magistrato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo può, con provvedimento del Ministro per la grazia e giustizia, essere provvisoriamente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio (13). Il Ministro per la grazia e giustizia può concedere al magistrato sospeso, o alla moglie e ai figli minorenni di lui, un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo (13). In caso di sentenza di proscioglimento il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e assegni non percepiti, detratta la somma corrisposta per assegno alimentare, salvo che, essendo istituito o istituendosi il procedimento disciplinare per il medesimo fatto, sia altrimenti disposto. 32. Istruttoria nel procedimento disciplinare. – Il pubblico Ministero procede in via sommaria alla istruttoria, o richiede l’istruzione formale al presidente del Tribunale disciplinare (14). Quando debba procedersi ad istruzione formale, le funzioni di istruttore sono conferite dal presidente ad uno dei componenti del Tribunale disciplinare. Per l’istruzione si osservano, in quanto compatibili, le norme relative alla istruzione dei procedimenti penali. Il pubblico Ministero o il commissario istruttore per gli atti da compiersi fuori della sua residenza, può richiedere un altro magistrato superiore in grado o più anziano del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare. I periti e i testimoni sono sentiti previa prestazione del giuramento, nel modo indicato dagli artt. 142, 316 e 449 del Codice di procedura penale. Sono applicabili, quanto ai periti e ai testimoni, le disposizioni degli artt. 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del Codice penale. 33. Chiusura dell’istruzione. – Compiuta la istruzione, il pubblico Ministero formula le sue richieste, sulle quali il Tribunale disciplinare (11) provvede in Camera di consiglio. Il Tribunale disciplinare (11) dichiara non farsi luogo a rinvio al dibattimento solo se, su conforme richiesta del pubblico Ministero, ritiene che dalle prove risultino esclusi gli addebiti. 332 Il sistema giudiziario italiano In ogni altro caso, il presidente del Tribunale disciplinare (11) fissa, con suo decreto, il giorno della discussione orale, e decide se i testi ed i periti sentiti nella istruzione, o alcuni di essi, debbono essere nuovamente sentiti. Il decreto è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata, al pubblico Ministero ed al magistrato, il quale ha diritto di comparire personalmente. 34. Discussione nel giudizio disciplinare. – Nella discussione orale un membro del Tribunale disciplinare (11), nominato dal presidente fra quelli che non hanno avuto l’incarico di istruttore, fa la relazione. La discussione ha luogo a porte chiuse. Non è ammessa l’assistenza di difensori o di consulenti tecnici, ma l’incolpato può farsi assistere da altro magistrato, di grado non inferiore a giudice od equiparato ed a consigliere di Corte di appello od equiparato, rispettivamente per i giudizi davanti ai Consigli giudiziari e per quelli davanti alla Corte disciplinare (15) (16) (17). Si osservano, in quanto compatibili con la natura del procedimento e con le disposizioni del presente decreto, le norme dei dibattimenti penali. 35. Sentenza disciplinare. – Il Collegio delibera immediatamente dopo l’assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico Ministero, sentito per ultimo l’incolpato. Il pubblico Ministero non assiste alla deliberazione in Camera di consiglio. Se non è raggiunta prova sufficiente delle colpe del magistrato, ma risulta che egli ha perduto nella opinione pubblica la stima, la fiducia e la considerazione richieste dalla sua funzione, può essere deliberata la dispensa dall’ufficio. 36. Corresponsione degli arretrati al magistrato sospeso. – Quando l’incolpato è, con sentenza definitiva, assolto o condannato a pena diversa dalla rimozione o destituzione, cessa di diritto la sospensione provvisoria eventualmente disposta, e sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e degli altri assegni non percepiti. 37. Impugnazioni delle decisioni dei Tribunali disciplinari. – Avverso le decisioni dei Consigli giudiziari possono ricorrere alla Corte disciplinare l’incolpato, il pubblico Ministero presso il Consiglio ed il Ministro per la grazia e giustizia (18). Il ricorso deve essere depositato nella segreteria del Consiglio giudiziario che ha emessa la decisione impugnata entro dieci giorni dalla pronuncia. Il termine per il Ministro è di giorni venti dalla comunicazione (19). Se l’incolpato non è presente al dibattimento, il termine decorre per lui dalla comunicazione del dispositivo. La dichiarazione di impugnazione dell’incolpato può essere presentata anche al proprio superiore gerarchico, e quella del Ministro può essere depositata anche nella segreteria della Corte disciplinare per la magistratura. Normativa 333 Il ricorso ha effetto sospensivo. In ogni tempo può essere richiesta, dal Ministro o dall’interessato o, se questi sia morto, da un suo erede o prossimo congiunto, che ne abbia interesse anche soltanto morale, la revisione del procedimento disciplinare, se siano sopravvenuti nuovi fatti, o nuovi elementi di prova, ovvero se risulti che la decisione fu determinata da errore di fatto o da falsità. Avverso le sentenze dei Tribunali disciplinari (20) non è ammesso alcun altro gravame. 38. Disposizione speciale per gli uditori (21). – Le disposizioni sul procedimento disciplinare non si applicano agli uditori, ai quali le sanzioni previste dal precedente art. 19 sono inflitte con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, sentito il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello nella cui circoscrizione trovasi l’ufficio al quale l’uditore è addetto, fermo il disposto dell’art. 3 per la dispensa di uditori con funzioni giudiziarie. Si applica il disposto dell’art. 4. TITOLO III DISPOSIZIONI VARIE E TRANSITORIE 39. Funzioni del pubblico Ministero. . .(22). 40. Ammissioni straordinarie nella magistratura delle Corti. . .(23). 41. Promozioni al grado 3°. . .(24). 42. Applicazione di magistrati inamovibili. – Fino al 31 dicembre 1947 è data facoltà al Ministro per la grazia e giustizia di disporre, per esigenza di servizio, l’applicazione, anche senza il loro consenso, di magistrati di grado non superiore a consigliere di Corte di appello od equiparato a posti vacanti od occupati da magistrati che non prestino effettivo servizio, ed ai quali non sia possibile provvedere diversamente. Per tali applicazioni che non possono avere durata superiore a sei mesi, e che possono essere rinnovate per eguale periodo, è necessaria la proposta, anche non nominativa, del capo di Corte alla cui dipendenza il magistrato deve prestare servizio durante l’applicazione. 43. Abrogazione di disposizioni contrarie o incompatibili. – Sono abrogati i titoli sesto, settimo ed ottavo dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12, ed ogni altra disposizione contraria od incompatibile con quelle del presente decreto. 334 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 giugno 1946, n. 136. (2) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 12 ottobre 1966, n. 825. (3) Abrogati ai sensi dell’art. 42, L. 24 marzo 1958, n. 195. (4) Denominazione così modificata dall’art. 13, Legge 5 maggio 1952, n. 405. (5) Comma così sostituito dall’art. 30, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (6) Ora Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell’art. 10, L. 24 marzo 1958, n. 195. (7) Facoltà abolita dall’art. 61, co. 1°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (8) Ora, sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. (9) Abrogati ai sensi dell’art. 42, L. 24 marzo 1958, n. 195, vedi ora artt. 4, 6 e 10, n. 3 di tale legge, nonché artt. 32, 33 e 59, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (10) Vedi ora art. 14 n. 1, L. 24 marzo 1958, n. 195. (11) Ora sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. (12) Vedi ora art. 57, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (13) Vedi ora art. 58, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (14) Vedi ora art. 59, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (15) La distinzione non sussiste più, data la competenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. (16) La Corte costituzionale, con sentenza 26 maggio-8 giugno 1994, n. 220 (Gazz. Uff. 15 giugno 1994, n. 25, Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, secondo comma, nella parte in cui non consente alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura di disporre d’ufficio la nomina di un magistrato difensore. La Corte costituzionale, con sentenza 13-16 novembre 2000, n. 497 (Gazz. Uff. 22 novembre 2000, n. 48 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34, secondo comma, nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare possa farsi assistere da un avvocato. (17) La Corte costituzionale, con sentenza 3 - 13 aprile 1995, n. 119 (Gazz. Uff. 19 aprile 1995, n. 16, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. (18) Vedi, ora, art. 17 ult. co., L. 24 marzo 1958, n. 195. (19) Vedi, ora, art. 60, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916. (20) Ora sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. (21) Vedi, ora, artt. 4 e 10 n. 3, L. 24 marzo 1958, n. 195. (22) Sostituisce l’art. 69, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (23) Sostituisce il 2° comma e sopprime il 3° comma dell’art. 122, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (24) Sostituisce l’art. 188, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. Normativa 335 L. 24 marzo 1958, n. 195 (1). Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura. CAPO I COMPOSIZIONE ED ORGANIZZAZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE. 1. Componenti e sede del Consiglio. – Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto dal primo presidente della Corte suprema di cassazione, dal procuratore generale della Repubblica presso la stessa Corte, da venti componenti eletti dai magistrati ordinari e da dieci componenti eletti dal Parlamento, in seduta comune delle due Camere. Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti eletti dal Parlamento. Il Consiglio ha sede in Roma (2). 2. Comitato di presidenza. – Presso il Consiglio superiore è costituito un Comitato di presidenza composto: dal Vice Presidente, che lo presiede, dal Primo Presidente della Corte suprema di cassazione e dal procuratore generale presso la Corte medesima. Il Comitato promuove l’attività e l’attuazione delle deliberazioni del Consiglio, e provvede alla gestione dei fondi stanziati in bilancio ai sensi dell’art. 9. 3. Commissioni. – Su proposta del Comitato di presidenza, il Presidente del Consiglio superiore nomina all’inizio di ogni anno le Commissioni aventi il compito di riferire al Consiglio nonché la Commissione speciale di cui all’art. 11, terzo comma. 4. Composizione della sezione disciplinare. – La cognizione dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati è attribuita ad una sezione, disciplinare, composta da nove componenti effettivi e di sei supplenti. I componenti effettivi sono: il vicepresidente del Consiglio superiore, che presiede la sezione; due componenti eletti dal Parlamento, di cui uno presiede la sezione in sostituzione del vicepresidente del Consiglio superiore; un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; cinque magistrati con funzioni di merito (3). I componenti supplenti sono: un magistrato di Corte di cassazione, con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; tre magistrati con funzioni di merito; due componenti eletti dal Parlamento (3). Il vicepresidente del Consiglio superiore è componente di diritto; gli altri componenti, effettivi e supplenti, sono eletti dal Consiglio superiore tra 336 Il sistema giudiziario italiano i propri membri. L’elezione ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio. In caso di parità di voti tra gli appartenenti alla stessa categoria, è eletto il più anziano per età. Nell’elezione dei due componenti supplenti tra quelli eletti dal Parlamento è indicato, per ciascuno di essi, quale è il componente effettivo eletto dal Parlamento che è chiamato a sostituire. Nell’ipotesi in cui il Presidente del Consiglio superiore si avvalga della facoltà di presiedere la sezione disciplinare, resta escluso il vicepresidente. Le funzioni di pubblico ministero presso la sezione disciplinare sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione (4). 5. Validità delle deliberazioni del Consiglio superiore. – Per la validità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura è necessaria la presenza di almeno quattordici magistrati e di almeno sette componenti eletti dal Parlamento (5). Le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti e, in caso di parità, prevale quello del Presidente. 6. Deliberazioni della sezione disciplinare. – In caso di assenza, impedimento, astensione e ricusazione il vicepresidente è sostituito, sempre che il Presidente del Consiglio superiore non intenda avvalersi della facoltà di presiedere la sezione dal componente effettivo eletto dal Parlamento, che nell’elezione prevista dall’articolo 4 sia stato designato a tale funzione. Il componente che sostituisce il vicepresidente e gli altri componenti effettivi sono sostituiti dai supplenti della medesima categoria. Ciascuno dei componenti effettivi eletti dal Parlamento è sostituito da uno dei due componenti supplenti della stessa categoria a ciò designato nell’elezione preveduta dall’articolo 4; se la sostituzione non è possibile il componente effettivo è sostituito dall’altro componente supplente. La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso in cui il componente effettivo sostituisce il vicepresidente del Consiglio superiore. I componenti effettivi magistrati sono sostituiti dai supplenti della medesima categoria. Sulla ricusazione di un componente della sezione disciplinare, decide la stessa sezione, previa sostituzione del componente ricusato con il supplente corrispondente (6). Dinanzi alla sezione disciplinare il dibattito si svolge in pubblica udienza; se i fatti oggetto dell’incolpazione non riguardano l’esercizio della funzione giudiziaria ovvero se ricorrono esigenze di tutela del diritto dei terzi o esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria con riferimento ai fatti contestati e all’ufficio che l’incolpato occupa, la sezione disciplinare può disporre, su richiesta di una delle parti, che il dibattito si svolga a porte chiuse (7). Normativa 337 7. Composizione della segreteria. – 1. La segreteria del Consiglio superiore della magistratura è costituita da un magistrato con funzioni di legittimità che la dirige, da un magistrato con funzioni di merito che lo coadiuva e lo sostituisce in caso di impedimento, da quattordici dirigenti di segreteria di livello equiparato a quello di magistrato di tribunale e dai funzionari addetti ed ausiliari di cui al comma 4. 2. I magistrati della segreteria sono nominati con delibera del Consiglio superiore della magistratura. A seguito della nomina, sono posti fuori del ruolo organico della magistratura. Alla cessazione dell’incarico sono ricollocati in ruolo con deliberazione del Consiglio. L’incarico cessa alla metà della consiliatura successiva a quella del suo conferimento; esso si protrae comunque fino al momento dell’effettiva sostituzione, ma non può essere rinnovato. L’assegnazione alla segreteria nonché la successiva ricollocazione nel ruolo sono considerate a tutti gli effetti trasferimenti di ufficio. 3. I dirigenti di segreteria sono nominati a seguito di concorso pubblico, le cui modalità sono determinate con apposito regolamento. Titolo di base per la partecipazione al concorso è la laurea in giurisprudenza. 4. All’ufficio di segreteria sono addetti, inoltre, ventotto funzionari della carriera dirigenziale ed equiparati e della carriera direttiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie, nonché quaranta collaboratori di cancelleria ed equiparati, sessanta operatori amministrativi, trenta addetti ai servizi ausiliari e di anticamera, quattro agenti tecnici e quaranta conducenti di automezzi speciali. 5. Detto personale è inserito in un proprio ruolo organico autonomo del Consiglio superiore della magistratura, istituito con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura. 6. Sino all’istituzione del ruolo organico autonomo del Consiglio, alle necessità di questo ed altro personale provvede il Ministro di grazia e giustizia mediante comando o distacco su richiesta motivata del Consiglio superiore della magistratura. 7. La segreteria dipende funzionalmente dal comitato di presidenza. Le funzioni del segretario generale, del magistrato che lo coadiuva e dei dirigenti di segreteria sono definite dal regolamento interno (8). 7-bis. Ufficio studi e documentazione. – 1. L’ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura è composto di dodici funzionari direttivi, sei funzionari, otto dattilografi e otto commessi. All’ufficio studi si accede mediante concorso pubblico le cui modalità e i cui titoli di ammissione sono determinati con apposito regolamento, da emanarsi con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura. Titolo 338 Il sistema giudiziario italiano per la partecipazione al concorso per funzionari direttivi è in ogni caso la laurea in giurisprudenza o in scienze politiche o in scienze statistiche o economico-statistiche. 2. Il Consiglio nomina un direttore dell’ufficio studi. Le modalità della nomina e le funzioni del direttore e dell’ufficio studi nel suo complesso sono definite dal regolamento interno del Consiglio. L’ufficio studi dipende direttamente dal comitato di presidenza. 3. All’interno dell’ufficio studi, e nell’ambito dell’organico complessivo, può essere costituito un gruppo di lavoro per diretta assistenza ai componenti del Consiglio, sulla base di apposita determinazione del comitato di presidenza (9). 8. Ispettorato. – Il Consiglio superiore, per esigenze relative all’esercizio delle funzioni ad esso attribuite, si avvale dell’Ispettorato generale istituito presso il Ministero di grazia e giustizia. 9. Fondi per il funzionamento del Consiglio superiore. – Il Consiglio superiore della magistratura provvede all’autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato. Il predetto stanziamento viene collocato, con unico capitolo, nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro. Il Consiglio superiore della magistratura, con proprio regolamento interno, stabilisce le norme dirette a disciplinare la gestione delle spese. Il rendiconto della gestione viene presentato alla Corte dei conti alla chiusura dell’anno finanziario. Restano a carico del Ministero di grazia e giustizia gli stipendi sia per i magistrati componenti del Consiglio sia per i magistrati e per il personale addetto alla segreteria del Consiglio medesimo (10). CAPO II ATTRIBUZIONI E FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO SUPERIORE. 10. Attribuzione del Consiglio superiore. – Spetta al Consiglio superiore di deliberare: 1) sulle assunzioni in Magistratura, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti e promozioni e su ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati; 2) sulla nomina e revoca dei vice pretori onorari, dei conciliatori, dei vice conciliatori, nonché dei componenti estranei alla Magistratura delle sezio- Normativa 339 ni specializzate; per i conciliatori, i vice conciliatori e i componenti estranei è ammessa la delega ai presidenti delle Corti di appello; 3) sulle sanzioni disciplinari a carico di magistrati, in esito ai procedimenti disciplinari iniziati su richiesta del Ministro o del procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione; 4) sulla designazione per la nomina a magistrato di Corte di Cassazione, per meriti insigni, di professori e di avvocati; 5) sulla concessione, nei limiti delle somme all’uopo stanziate, in bilancio, dei compensi speciali previsti dall’art. 6 del D.Lgs. 27 giugno 1946, n. 19, e dei sussidi ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie o alle loro famiglie. Può fare proposte al Ministro per la grazia e giustizia sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le materie riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Dà pareri al Ministro, sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie. Delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge. 10-bis. Formazione delle tabelle degli uffici giudiziari. – La ripartizione degli uffici giudiziari in sezioni, la designazione dei magistrati componenti gli uffici, comprese le corti di assise, e la individuazione delle sezioni alle quali sono devoluti gli affari civili, gli affari penali, le controversie in materia di lavoro e i giudizi in grado di appello, sono effettuate ogni biennio con decreto del Presidente della Repubblica, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, assunte sulle proposte formulate dai presidenti delle corti di appello sentiti i consigli giudiziari; decorso il biennio, l’efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. A ciascuna sezione debbono essere destinati i magistrati nel numero richiesto dalle esigenze del servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti e della urgenza della definizione delle controversie. Le deliberazioni di cui ai commi precedenti sono adottate dal Consiglio superiore valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell’articolo 11 e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari. Per la costituzione o la soppressione delle sezioni delle corti di assise e delle corti di assise di appello continuano ad osservarsi le disposizioni di cui all’articolo 2-bis della legge 10 aprile 1951, n. 287, aggiunto dall’articolo 1 della legge 21 febbraio 1984, n. 14 (11). 11. Funzionamento del Consiglio. – Nelle materie indicate al n. 1 dell’articolo 10 il Ministro per la grazia e giustizia può formulare richieste (12). 340 Il sistema giudiziario italiano Nelle materie indicate ai numeri 1), 2) e 4) dello stesso articolo, il Consiglio delibera su relazione della Commissione competente, tenute presenti le eventuali osservazioni del Ministro di grazia e giustizia. Sul conferimento degli uffici direttivi, esclusi quelli di pretore dirigente nelle preture aventi sede nel capoluogo di circondario e di procuratore della Repubblica presso le stesse preture, il Consiglio delibera su proposta, formulata di concerto col Ministro per la grazia e giustizia, di una commissione formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento (13). 12. Assunzione dei magistrati per concorso. – 1. La commissione esaminatrice del concorso per uditore giudiziario, terminati i lavori, forma la graduatoria che è immediatamente trasmessa per la approvazione al Consiglio superiore della magistratura, con le eventuali osservazioni del Ministro di grazia e giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura approva la graduatoria e delibera la nomina dei vincitori entro venti giorni dalla ricezione. I relativi decreti di approvazione della graduatoria e di nomina dei vincitori sono emanati dal Ministro di grazia e giustizia entro dieci giorni dalla ricezione della delibera. La graduatoria è pubblicata senza ritardo nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia e dalla pubblicazione decorre il termine di trenta giorni entro il quale gli interessati possono proporre reclamo. Gli eventuali provvedimenti di rettifica della graduatoria sono adottati entro il successivo termine di trenta giorni, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura (14). 2. La graduatoria formata dalla commissione esaminatrice è pubblicata nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia prima della trasmissione al Consiglio superiore della magistratura per la approvazione (15 ). Dalla pubblicazione decorre il termine di trenta giorni entro il quale gli interessati possono proporre reclamo. Entro lo stesso termine il Ministro di grazia e giustizia può formulare le proprie osservazioni. Nei successivi trenta giorni il Consiglio superiore della magistratura provvede su reclami e sulle osservazioni ed approva la graduatoria, anche modificandola (16). 13. Promozioni dei magistrati per scrutinio. – Il Consiglio superiore nomina, per l’intero periodo della sua durata, la commissione di scrutinio per le promozioni in Corte di cassazione, che deve essere presieduta dal presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione o, in sua sostituzione, da un presidente di sezione titolare della Corte medesima che il Consiglio superiore designa come supplente. La commissione procede allo scrutinio secondo le norme che lo regolano. La deliberazione della commissione di scrutinio è comunicata agli interessati e al Ministro per la grazia e giustizia, i quali hanno facoltà di proporre ricorso al Consiglio superiore nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. Normativa 341 Il Consiglio superiore giudica definitivamente anche nel merito (17). 14. Attribuzioni del Ministro per la grazia e giustizia. – Il Ministro per la grazia e giustizia, fermo quanto stabilito dall’art. 11: 1) ha facoltà di promuovere mediante richiesta l’azione disciplinare. L’azione disciplinare può peraltro essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione nella sua qualità di Pubblico Ministero presso la sezione disciplinare del Consiglio superiore; 2) ha facoltà di chiedere ai capi delle Corti informazioni circa il funzionamento della giustizia e può al riguardo fare le comunicazioni che ritiene opportune; 3) esercita tutte le altre attribuzioni demandategli dalla legge sull’ordinamento giudiziario e in genere riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. 15. Destinazione di magistrati al Ministero. Incarichi speciali ai magistrati. – Per la destinazione dei magistrati al Ministero di grazia e giustizia, il Ministro, previo assenso degli interessati, fa le necessarie richieste nominative, nei limiti dei posti assegnati al Ministero, al Consiglio superiore della Magistratura, il quale, ove non sussistano gravi esigenze di servizio, delibera il collocamento fuori ruolo dei magistrati richiesti. Quando il magistrato cessa dalla destinazione al Ministero, il Ministro ne dà comunicazione al Consiglio superiore per i provvedimenti di sua competenza facendo le proposte, che riterrà opportune, per la destinazione agli uffici giudiziari. Le disposizioni del comma primo si applicano anche per il conferimento a magistrati, giusta le norme vigenti, di incarichi estranei alle loro funzioni. Quando cessa l’incarico o quando il magistrato possa esercitare le funzioni giudiziarie compatibilmente con l’incarico stesso, il Ministro provvede ai sensi del comma precedente. 16. Intervento del Ministro alle adunanze del Consiglio superiore. – Il Ministro può intervenire alle adunanze del Consiglio superiore quando ne è richiesto dal Presidente o quando lo ritiene opportuno per fare comunicazioni o per dare chiarimenti. Egli tuttavia non può essere presente alla deliberazione. 17. Forma dei provvedimenti. – Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e 342 Il sistema giudiziario italiano giustizia. Per quanto concerne i compensi speciali previsti dall’art. 6 del decreto legislativo 27 giugno 1946, n. 19, i provvedimenti sono adottati di concerto con il Ministro per il tesoro. Contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso in primo grado al tribunale amministrativo regionale del Lazio per motivi di legittimità. Contro le decisioni di prima istanza è ammessa l’impugnazione al Consiglio di Stato (18). Contro i provvedimenti in materia disciplinare, è ammesso ricorso alle sezioni unite della Corte suprema di cassazione. Il ricorso ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato. 18. Attribuzioni del Presidente del Consiglio superiore. – Il Presidente del Consiglio superiore: 1) indice le elezioni dei componenti magistrati; 2) richiede ai Presidenti delle due Camere di provvedere alla elezione dei componenti di designazione parlamentare; 3) convoca e presiede il Consiglio superiore; 4) convoca e presiede la sezione disciplinare in tutti i casi in cui lo ritenga opportuno (19); 5) esercita le altre attribuzioni indicate dalla legge. 19. Attribuzioni del Vice Presidente. – Il Vice Presidente del Consiglio superiore sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento, esercita le attribuzioni indicate dalla presente legge e quelle che gli sono delegate dal Presidente. 20. Attribuzioni speciali del Consiglio superiore. – Il Consiglio superiore: 1) verifica i titoli di ammissione dei componenti eletti dai magistrati e decide sui reclami attinenti alle elezioni; 2) verifica i requisiti di eleggibilità dei componenti designati dal Parlamento e, se ne ravvisa la mancanza, né dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere; 3) elegge il Vice Presidente; 4) decide sui ricorsi proposti dagli interessati o dal Ministro; 5) esprime parere nei casi previsti dall’articolo 10, penultimo comma; 6) delibera sulla nomina dei magistrati addetti alla segreteria; 7) può disciplinare con regolamento interno il funzionamento del Consiglio. CAPO III COSTITUZIONE, CESSAZIONE E SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO SUPERIORE. 21. Convocazione dei corpi elettorali. – Le elezioni per il Consiglio superiore hanno luogo entro tre mesi dallo scadere del precedente Consiglio (20). Normativa 343 Esse si svolgono nei giorni stabiliti dal Presidente del Consiglio superiore e dal Presidente delle due Camere del Parlamento. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della convocazione dei rispettivi corpi elettorali avviene almeno 40 giorni prima delle elezioni. 22. Componenti eletti dal Parlamento. – La elezione dei componenti del Consiglio superiore da parte del Parlamento in seduta comune delle due Camere avviene a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Per ogni scrutinio saranno gradualmente proclamati eletti coloro che avranno riportato la maggioranza preveduta nel comma precedente. Per gli scrutini successivi al secondo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. I componenti da eleggere dal Parlamento sono scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale. 23. Componenti eletti dai magistrati. – I componenti da eleggere dai magistrati sono scelti: due tra i magistrati di Cassazione con effettivo esercizio delle funzioni di legittimità e diciotto tra i magistrati che esercitano funzioni di merito (21). Non sono eleggibili i magistrati che nel corso dell’ultimo quadriennio siano stati addetti all’ufficio studi del Consiglio superiore della magistratura (22). All’elezione dei magistrati componenti il Consiglio superiore partecipano tutti i magistrati con voto personale, segreto e diretto (23). Partecipano, altresì, gli uditori giudiziari, cui siano state conferite le funzioni giurisdizionali ed abbiano già preso possesso dell’ufficio di destinazione (24). Non sono eleggibili e sono esclusi dal voto i magistrati sospesi dalle funzioni. Non sono eleggibili al Consiglio superiore i magistrati che al momento della convocazione delle elezioni non esercitino funzioni giudiziarie. Non sono eleggibili i magistrati che prestino o abbiano prestato servizio quali segretari del Consiglio per la cui rinnovazione vengono convocate le elezioni (25). Non sono, comunque, eleggibili i magistrati di tribunale che non abbiano compiuto almeno tre anni di anzianità dalla nomina (26). 23-bis. Divieto di rieleggibilità. – Non sono eleggibili i componenti che abbiano fatto parte del Consiglio superiore della magistratura per la cui rinnovazione vengono convocate le elezioni (27). 24. Ineleggibilità. – Non possono essere eletti componenti del Consiglio i magistrati sospesi dalle funzioni, e i magistrati ai quali, in seguito a giudizio disciplinare, è stata inflitta una sanzione più grave dell’ammonimento. 344 Il sistema giudiziario italiano Sono tuttavia eleggibili i magistrati sottoposti a censura, quando dalla data del relativo provvedimento sono trascorsi almeno dieci anni, ed essa non è stata seguita da alcun’altra sanzione disciplinare. 24-bis. Costituzione dei collegi circoscrizionali mediante estrazione a sorte. – 1. Quattro mesi prima della scadenza del Consiglio superiore della magistratura si provvede alla composizione dei quattro collegi circoscrizionali mediante estrazione a sorte tra tutti i distretti di corte di appello. 2. Il sorteggio è effettuato in modo che i distretti di corte di appello siano divisi in quattro collegi. 3. Il primo e il secondo collegio comprendono distretti di corte di appello nei quali complessivamente esercitano le funzioni al momento dell’estrazione a sorte non meno del venti per cento e non più del ventiquattro per cento dei magistrati effettivamente in servizio sul territorio nazionale. 4. Il terzo e il quarto collegio comprendono distretti nei quali complessivamente esercitano le loro funzioni al momento dell’estrazione a sorte non meno del ventisei per cento dei magistrati effettivamente in servizio sul territorio nazionale. 5. I magistrati fuori ruolo, per gli effetti previsti dai commi 3 e 4, sono considerati in servizio presso il distretto di corte di appello nel cui territorio svolgono la loro attività. 6. A ciascuno dei primi due collegi compete la elezione di quattro componenti del Consiglio superiore della magistratura; a ciascuno degli altri compete invece l’elezione di cinque componenti. 7. Le modalità delle estrazioni a sorte sono determinate con decreto del Ministro di grazia e giustizia, fermo restando che debbono far parte di diversi collegi territoriali i distretti di corte di appello di Milano, Roma, Napoli, Palermo. 8. Nel termine stabilito dal comma 1 si provvede altresì alla costituzione dell’ufficio elettorale centrale che provvede: a) alla costituzione dei collegi circoscrizionali mediante estrazione a sorte; b) all’attribuzione dei magistrati che esercitano funzioni di legittimità ai singoli collegi circoscrizionali secondo le modalità indicate nell’articolo 24-ter; c) agli altri adempimenti di sua competenza (28). 24-ter. Sorteggio per l’assegnazione dei magistrati con funzioni di legittimità ai quattro collegi territoriali. – 1. I magistrati con effettivo esercizio di funzioni di legittimità votano presso la Corte di cassazione. 2. L’assegnazione avviene mediante sorteggio, attribuendo a ciascuno dei quattro collegi territoriali lo stesso numero di elettori. 3. In caso di numero non divisibile per quattro gli eventuali ultimi non ancora sorteggiati vengono assegnati al distretto della corte di appello di Roma. Normativa 345 4. Il sorteggio avviene entro dieci giorni dalla convocazione dei comizi elettorali presso la presidenza della Corte di cassazione (28). 25. Elezione di componenti magistrati. Voti e presentazione delle liste. – 1. Le elezioni dei magistrati di cui all’articolo 23 si effettuano: a) in un collegio nazionale per l’elezione di due magistrati della Corte di cassazione con effettivo esercizio delle funzioni di legittimità: b) in quattro collegi territoriali costituiti a norma degli articoli 24-bis e 24-ter. 2. I magistrati che esercitano funzioni di legittimità possono presentare la propria candidatura esclusivamente nel collegio nazionale. 3. I magistrati che esercitano funzioni di merito possono presentare la propria candidatura solo nel collegio elettorale dove prestano servizio. 4. I magistrati con funzioni di tribunale e di appello addetti all’ufficio del massimario e del ruolo presso la Corte di cassazione, ed i magistrati con funzioni di appello addetti alla procura generale presso la stessa Corte, sono candidabili nel collegio territoriale in cui è inserito il distretto della corte di appello di Roma. I magistrati addetti a funzioni non giudiziarie sono candidabili nel collegio territoriale nell’ambito del quale svolgono la loro attività. 5. Concorrono alle elezioni nel collegio nazionale le liste di candidati presentate da almeno cinquanta elettori. 6. Concorrono alle elezioni in ciascun collegio territoriale le liste di candidati presentate da almeno trenta elettori del medesimo collegio. 7. Ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero dei seggi assegnati al collegio. 8. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista. 9. In ciascuna lista non può essere iscritto più di un candidato, magistrato di merito appartenente allo stesso distretto di corte di appello. 10. Ciascun elettore non può presentare più di una lista territoriale. 11. I presentatori non sono eleggibili. 12. Le firme di presentazione sono autenticate dal presidente del tribunale nel cui circondario il presentatore esercita le sue funzioni. 13. Ciascun magistrato riceve due schede, l’una contenente la lista dei candidati alla elezione nel collegio elettorale ove il magistrato stesso presta servizio o presso il quale è stato assegnato, l’altra per l’elezione dei due magistrati con effettivo esercizio delle funzioni di legittimità. 14. Il voto si esprime: a) per il collegio nazionale presso la Corte di cassazione con il voto ad uno solo dei candidati; b) per i collegi territoriali con il voto di lista ed una sola eventuale preferenza nell’ambito della lista votata (29). 346 Il sistema giudiziario italiano 26. Convocazione delle elezioni, uffici elettorali e spogli delle schede. – La convocazione delle elezioni dei componenti magistrati è fatta dal Consiglio superiore almeno sessanta giorni prima della data stabilita per l’inizio della votazione. Nei cinque giorni successivi a tale provvedimento, il Consiglio superiore nomina l’ufficio elettorale centrale presso la Corte di cassazione costituito da cinque magistrati effettivi e tre supplenti in servizio presso la stessa Corte e presieduto dal più elevato in grado o dal più anziano. Entro venti giorni dal provvedimento di convocazione delle elezioni le liste concorrenti devono essere depositate, unitamente alle firme dei sottoscrittori, presso l’ufficio elettorale centrale ed a ciascuna di esse viene attribuito un numero progressivo secondo l’ordine di presentazione. Scaduto tale termine, nei cinque giorni successivi l’ufficio elettorale centrale verifica che le liste siano sottoscritte dal numero prescritto di presentatori, controllando che nessun presentatore abbia sottoscritto più di una lista; controlla altresì che siano state rispettate le prescrizioni di cui agli articoli 23 e 25; esclude le liste non presentate dal prescritto numero di sottoscrittori e depenna dalle liste i candidati in eccedenza, secondo l’ordine inverso a quello di iscrizione, nonché quelli presentati in più di una lista e quelli ineleggibili. Trasmette quindi immediatamente le liste ammesse alla segreteria del Consiglio superiore. Le liste sono quindi immediatamente pubblicate sul Notiziario del Consiglio superiore, inviate, almeno venti giorni prima della data della votazione, a tutti i magistrati presso i rispettivi uffici e sono affisse, entro lo stesso termine, a cura del presidente della corte di appello di ogni distretto, presso tutte le sedi giudiziarie. I consigli giudiziari provvedono alla costituzione, presso ciascun tribunale del distretto, di un ufficio elettorale composto di tre magistrati che prestano servizio nel distretto e presieduto dal più elevato in grado o dal più anziano di essi. Sono nominati altresì tre supplenti, i quali sostituiscono i componenti effettivi in caso di loro assenza o impedimento. I magistrati che prestano servizio presso i tribunali, le procure della Repubblica e le preture votano presso l’ufficio elettorale del tribunale cui appartengono o da cui dipendono le preture cui appartengono. I magistrati che prestano servizio presso le corti di appello e procure generali della Repubblica votano presso l’ufficio elettorale del tribunale che ha sede nella sede della corte di appello. I magistrati addetti alla Corte di cassazione votano presso l’ufficio elettorale centrale costituito presso la stessa Corte. I magistrati addetti a funzioni non giudiziarie votano presso l’ufficio elettorale istituito presso il tribunale di Roma. Alle operazioni di voto è dedicato un tempo complessivo effettivo non inferiore alle diciotto ore. Gli uffici elettorali presso i tribunali diversi da quelli siti nelle sedi delle corti di appello provvedono soltanto alle operazioni di voto, all’esito delle Normativa 347 quali trasmettono il materiale della votazione ai rispettivi uffici elettorali costituiti presso i tribunali aventi sede nelle sedi di corte di appello. Questi ultimi uffici provvedono, oltre che alle operazioni di voto, allo spoglio di tutte le schede degli uffici elettorali del distretto, previamente conteggiate e inserite in un’unica urna, e decidono provvisoriamente sulle eventuali contestazioni (30). I risultati delle operazioni di ciascun ufficio distrettuale, con tutto il relativo materiale, sono trasmessi all’ufficio elettorale centrale presso la Corte di cassazione, il quale, esaurite le proprie operazioni di scrutinio e risolti definitivamente gli eventuali reclami ad esso presentati contro le decisioni degli uffici distrettuali in merito alle schede contestate, provvede all’assegnazione dei seggi con le modalità di cui all’articolo seguente (31). 27. Assegnazione dei seggi. – 1. L’ufficio elettorale centrale provvede ad assegnare i seggi del collegio nazionale dei magistrati con effettivo esercizio delle funzioni di legittimità. A tal fine determina la cifra elettorale di ogni lista sommando i voti che ciascuna lista ha conseguito. Procede quindi il riparto dei seggi tra le liste in base alla cifra elettorale di ciascuna di esse dividendo detta cifra per due ed ottenendo così il quoziente elettorale. 2. Attribuisce quindi i due seggi alla lista o alle liste che contengono il quoziente elettorale determinato sulla base delle operazioni precedentemente svolte. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha la maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudiziario e, in caso di pari anzianità di servizio, al candidato più anziano per età. 3. L’ufficio elettorale presso ciascun collegio territoriale: a) provvede alla determinazione del quoziente base per l’assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio per il numero dei seggi del collegio stesso; b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non assegnati in tal modo vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio. Partecipano all’assegnazione dei seggi in ciascun collegio territoriale le liste che abbiano complessivamente conseguito almeno il 9 per cento dei suffragi rispetto al totale dei votanti sul piano nazionale; c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell’ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età (32). 348 Il sistema giudiziario italiano 28. Contestazioni. – L’ufficio elettorale provvede a maggioranza circa le contestazioni sorte durante le operazioni di voto. L’ufficio competente allo scrutinio provvede a maggioranza circa le contestazioni sulla validità delle schede. Delle contestazioni e delle decisioni relative è dato atto nel verbale delle operazioni elettorali. 29. Reclami. – I reclami relativi alla eleggibilità e alle operazioni elettorali vanno presentati al Consiglio superiore, e devono pervenire nella segreteria di questo entro il quindicesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati. Essi non hanno effetto sospensivo. Il Consiglio superiore decide sui reclami entro 15 giorni dal termine di cui al primo comma. 30. Cessazione del Consiglio al termine del quadriennio. – Il Consiglio superiore scade al termine del quadriennio. Tuttavia finché non è insediato il nuovo Consiglio continua a funzionare quello precedente. 31. Scioglimento del Consiglio superiore. – Il Consiglio superiore, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e del Comitato di presidenza. Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data dello scioglimento. CAPO IV POSIZIONE GIURIDICA DEI COMPONENTI DEL CONSIGLIO SUPERIORE. 32. Durata della carica. – I componenti elettivi del Consiglio superiore durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. 32-bis. Opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni. – I componenti del Consiglio superiore non sono punibili per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni, e concernenti l’oggetto della discussione (33). 33. Incompatibilità. – I componenti del Consiglio superiore non possono far parte del Parlamento, dei consigli regionali, provinciali e comunali, della Corte costituzionale e del Governo (34). I componenti eletti dal Parlamento, finché sono in carica, non possono essere iscritti negli albi professionali. Non possono neanche essere titolari di imprese commerciali, né far parte di consigli di amministrazione di società Normativa 349 commerciali. Non possono altresì far parte di organi di gestione di unità sanitarie locali, di comunità montane o di consorzi, nonché di consigli di amministrazione o di collegi sindacali di enti pubblici, di società commerciali e di banche (35). Del consiglio superiore non possono far parte parenti o affini entro il quarto grado. Se l’incompatibilità si verifica tra due componenti magistrati, resta in carica colui che appartiene alla categoria più elevata, o, nella stessa categoria, il più anziano; se si verifica tra un magistrato e un componente designato dal Parlamento, resta in carica il componente designato dal Parlamento; se si verifica tra due componenti designati dal Parlamento, resta in carica colui che ha ottenuto maggior numero dei voti e in caso di parità il più anziano di età. Del Consiglio superiore non possono far parte magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia. I componenti del Consiglio superiore non possono svolgere attività proprie degli iscritti ad un partito politico (36). 34. Divieto di partecipazione ai concorsi e agli scrutini. – (37). 35. Divieto di incarico di uffici direttivi. – Ai magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore non possono essere conferiti gli uffici direttivi di cui all’art. 6, n. 3, della legge 24 maggio 1951, n. 392, salvo che, da almeno un anno, non facciano più parte del Consiglio, o che questo sia venuto a cessare. 36. Divieto di assunzioni in magistratura per meriti insigni. – I componenti del Consiglio superiore eletti dal Parlamento non possono essere assunti in magistratura per meriti insigni, fin quando sia in carica il Consiglio al quale appartengono o hanno appartenuto. 37. Sospensione e decadenza. – I componenti del Consiglio superiore possono essere sospesi dalla carica se sottoposti a procedimento penale per delitto non colposo. I componenti del Consiglio superiore sono sospesi di diritto dalla carica quando contro di essi sia emesso ordine o mandato di cattura ovvero quando ne sia convalidato l’arresto per qualsiasi reato. I magistrati componenti il Consiglio superiore sono sospesi di diritto dalla carica se sottoposti a procedimento disciplinare, sono stati sospesi a norma dell’articolo 30 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511. I componenti del Consiglio superiore decadono di diritto dalla carica se sono condannati con sentenza irrevocabile per delitto non colposo. I magistrati componenti il Consiglio superiore incorrono di diritto nella decadenza dalla carica se riportano una sanzione disciplinare più grave dell’ammonimento. 350 Il sistema giudiziario italiano La sospensione e la decadenza sono deliberate dal Consiglio superiore. La sospensione facoltativa è deliberata a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Nei casi di proscioglimento per una causa estintiva del reato, ovvero per impromovibilità o imperseguibilità dell’azione penale, relativi a componenti eletti dal Parlamento, il Presidente del Consiglio superiore ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere, le quali decidono se debba farsi luogo a sostituzione (38). 38. (38). 39. Sostituzione dei componenti eletti dai magistrati. – 1. Il componente eletto dai magistrati che cessa dalla carica per qualsiasi ragione prima della scadenza del Consiglio è sostituito dal magistrato che lo segue per numero di preferenze nell’ambito della stessa lista nello stesso collegio. 2. Qualora, per difetto di candidati non eletti e forniti dei requisiti di eleggibilità, la sostituzione di cui al comma 1 non possa aver luogo nell’ambito della stessa lista, essa avviene mediante il primo dei non eletti nella lista che abbia riportato nel medesimo collegio la maggior cifra elettorale o, in caso di parità, che preceda le altre nell’ordine di presentazione; se in detta lista non vi siano candidati non eletti e forniti dei requisiti di eleggibilità, si passa alle liste successive. 3. Le sostituzioni avvengono secondo il criterio di cui alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 27. 4. Qualora la sostituzione non sia possibile a norma dei commi 1 e 2, si procede ad elezione suppletiva, da indirsi dal Consiglio superiore entro trenta giorni dalla cessazione della carica del componente o dei componenti da sostituire. Le elezioni avvengono con le modalità di cui agli articoli 25, 26 e 27; nei collegi territoriali ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero dei componenti da sostituire e non può essere espresso più di un voto di preferenza. 5. Le operazioni di sostituzione sono di competenza del Consiglio superiore (39). 40. Assegni e indennità ai componenti del Consiglio. – Al Vice Presidente del Consiglio superiore è corrisposto un assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio e indennità di rappresentanza, al Primo Presidente della Corte suprema di cassazione. Agli altri componenti eletti dal Parlamento è corrisposto un assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ed indennità di rappresentanza, ai magistrati indicati nell’art. 6, n. 3, della legge 24 maggio 1951, n. 392. Normativa 351 Qualora i componenti eletti dal Parlamento fruiscano di stipendio o di assegni a carico del bilancio dello Stato, spetta il trattamento più favorevole restando a carico dell’Amministrazione di appartenenza l’onere inerente al trattamento di cui risultino già provvisti, ed a carico del Ministero di grazia e giustizia quello relativo all’eventuale eccedenza del trattamento loro spettante quali componenti del Consiglio superiore. Ai componenti è attribuita una indennità per ogni seduta, e inoltre, a coloro che risiedono fuori Roma, l’indennità di missione per i giorni di viaggio e di permanenza a Roma. La misura dell’indennità per le sedute e il numero massimo giornaliero delle sedute che danno diritto a indennità, sono determinati dal Consiglio, secondo criteri stabiliti nel regolamento di amministrazione e contabilità (40). 41. Posizione giuridica dei segretari. – I magistrati addetti alla segreteria del Consiglio superiore non possono partecipare ai concorsi o agli scrutini, salvo che abbiano cessato di far parte della segreteria almeno un anno prima della scadenza del termine stabilito per presentare la domanda di partecipazione al concorso o allo scrutinio, ovvero che il Consiglio, della cui segreteria facevano parte, sia cessato prima della scadenza anzidetta (41). CAPO V DISPOSIZIONI FINALI. 42. Abrogazioni di norme incompatibili. – Le norme dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e le altre leggi sulla medesima materia continuano ad osservarsi in quanto siano compatibili con le norme della presente legge. Con l’inizio del funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura cessano di funzionare i Tribunali disciplinari, la Corte disciplinare ed il Consiglio superiore attualmente esistenti. 43. Delega al Governo. Entrata in vigore della presente legge. – La presente legge entrerà in vigore entro sei mesi dalla sua pubblicazione. Il Governo è autorizzato ad emanare entro lo stesso termine, le disposizioni aventi carattere transitorio e di attuazione e quelle di coordinamento con le altre leggi in materia di ordinamento giudiziario. 352 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 marzo 1958, n. 75. (2) Così sostituito dall’art. 1, L. 22 dicembre 1975, n. 695. (3) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22 novembre 1985, n. 275). (4) Così sostituito prima dall’art. 1, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, e poi dall’art. 1, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (5) Comma così sostituito dall’art. 2, L. 22 dicembre 1975, n. 695. (6) Così sostituito prima dall’art. 2, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, e poi dall’art. 2, L. 3 gennaio 1981, n. 1. Con sentenza numero 12 del 29 gennaio-2 febbraio 1971 (Gazz. Uff. 10 febbraio 1971, n. 35) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dei commi primo, secondo e quinto dell’art. 2 della L. 18 dicembre 1967, n. 1198, nonché del comma quarto dello stesso articolo limitatamente alla parte «ed è composta, oltre che dal vice presidente, da uno dei componenti eletti dal Parlamento, da tre magistrati di Corte di cassazione, di cui due con ufficio direttivo, due magistrati di corte d’appello e un magistrato di tribunale». (7) Comma aggiunto dall’art. 1, L. 12 aprile 1990, n. 74. (8) Così sostituito prima dall’art. 3, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, poi dall’art. 1, L. 9 dicembre 1977, n. 908 (Gazz. Uff. 19 dicembre 1977, n. 344) ed infine dall’art. 2, L. 12 aprile 1990, n. 74. (9) Aggiunto dall’art. 3, L. 12 aprile 1990, n. 74. (10) Così sostituito dall’art. 4, L. 18 dicembre 1967, n. 1198. (11) Articolo aggiunto dall’art. 4, D.L. 25 settembre 1987, n. 394. (12) Comma così sostituito dall’art. 5, L. 18 dicembre 1967, n. 1198. (13) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 3 gennaio 1981, n. 1. Il comma in questione è stato poi così modificato dall’art. 32, D.P.R. 22 ottobre 1988, n. 449. (14) Per l’interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente comma vedi l’art. 12, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (15) Comma così modificato dall’art. 11, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (16) Così sostituito dall’art. 13, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (17) Così sostituito dall’art. 6, L. 18 dicembre 1967, n. 1198. (18) Comma così sostituito dall’art. 4, L. 12 aprile 1990, n. 74. (19) Numero così sostituito dall’art. 4, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (20) Il suddetto termine è stato poi prorogato di 90 giorni dal D.L. 2 agosto 1985, n. 394 (Gazz. Uff. 2 agosto 1985, n. 181), convertito in legge con L. 1° ottobre 1985, n. 485 (Gazz. Uff. 2 ottobre 1985, n. 232) e di altri 30 giorni dall’art. 4, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22 novembre 1985, n. 275). (21) Comma così sostituito prima dall’art. 1, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22 novembre 1985, n. 275) e poi dall’art. 5, L. 12 aprile 1990, n. 74. (22) Comma così sostituito dall’art. 1, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22 novembre 1985, n. 275). La disposizione, peraltro, ai sensi dell’art. 4 della citata legge, non si applica nella prima elezione del Consiglio superiore della magistratura successiva all’entrata in vigore della legge stessa. (23) Periodo così sostituito dall’art 5, L. 12 aprile 1990, n. 74. (24) Periodo aggiunto dall’art. 6, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (25) Articolo prima modificato dall’art. 7, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, e poi così sostituito dall’art. 3, L. 22 dicembre 1975, n. 695. Normativa 353 (26) Comma aggiunto dall’art. 17, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (27) Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 22 dicembre 1975, n. 695. (28) Aggiunto dall’art. 6, L. 12 aprile 1990, n. 74. (29) Articolo da ultimo, così sostituito dall’art. 7, L. 12 aprile 1990, n. 74. (30) Comma così sostituito dall’art. 9, L. 12 aprile 1990, n. 74. (31) Così sostituito dall’art. 5, L. 22 dicembre 1975, n. 695. (32) Così sostituito, da ultimo, dall’art. 10, L. 12 aprile 1990, n. 74. (33) Articolo aggiunto dall’art. 5, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (34) Comma così sostituito dall’art. 11, L. 12 aprile 1990, n. 74. (35) Periodo aggiunto dall’art. 11, L. 12 aprile 1990, n. 74. (36) Comma aggiunto dall’art. 12, L. 12 aprile 1990, n. 74. (37) Articolo soppresso dall’art. 2, L. 13 luglio 1965, n. 838. Tale legge, all’art. 1, così dispone: «Art. 1. I magistrati componenti il Consiglio superiore possono partecipare ai concorsi o agli scrutini per la promozione a condizione che non facciano più parte del Consiglio da almeno un anno prima della scadenza del termine stabilito per presentare la domanda di partecipazione al concorso o allo scrutinio ovvero nel caso che il Consiglio sia venuto a cessare prima della scadenza anzidetta. I magistrati componenti il Consiglio superiore possono tuttavia partecipare agli scrutini indetti mentre sono in carica; in tal caso le valutazioni di cui all’art. 17 e seguenti della L. 4 gennaio 1963, n. 1, saranno fatte soltanto nell’anno successivo a quello in cui i magistrati hanno cessato di far parte del Consiglio della nuova Commissione di scrutinio. Nell’ipotesi di cui al comma precedente, la promozione del magistrato decorrerà, ai soli effetti giuridici, dalla data in cui la promozione stessa sarebbe stata conseguita se il magistrato non avesse fatto parte del Consiglio superiore o fosse venuto a trovarsi nella condizione di cui al primo comma del presente articolo. Le disposizioni che precedono si applicano anche agli scrutini che non sono stati ancora definiti al momento dell’entrata in vigore della presente legge. I termini di cui agli artt. 14 e 27 della L. 4 gennaio 1963, n. 1, sono riaperti per consentire ai magistrati di cui al primo comma di presentare la domanda di partecipazione agli scrutini». (38) L’attuale art. 37 così sostituisce gli originari artt. 37 e 38 per effetto dell’art. 6, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (39) Così sostituito prima dall’art. 6, L. 22 dicembre 1975, n. 695, e poi dall’art. 13, L. 12 aprile 1990, n. 74. (40) Comma così sostituito dall’art. 7, L. 3 gennaio 1981, n. 1. (41) Vedi, ora, artt. 2, ult. co., e 3, co. 7°, L. 4 gennaio 1963, n. 1. 354 Il sistema giudiziario italiano L. 25 luglio 1966, n. 570 (1). Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte di appello. 1. Attribuzione della qualifica di magistrato di Corte d’appello. – I magistrati di tribunale, compiuti undici anni dalla promozione a tale qualifica, sono sottoposti alla valutazione dei Consigli giudiziari ai fini della nomina a magistrati di Corte d’appello. Il Consiglio superiore della magistratura procede alla nomina, previo esame del motivato parere del Consiglio giudiziario, sulle capacità del magistrato e sull’attività svolta nell’ultimo quinquennio. La nomina produce effetti giuridici ed economici, secondo l’ordine di precedenza risultante dal ruolo di anzianità, con decorrenza dal giorno in cui il magistrato di tribunale ha compiuto undici anni dalla promozione a tale qualifica. Ai fini dell’anzianità di cui innanzi, è valutato anche il servizio eventualmente prestato come magistrato del Consiglio di Stato o della Corte dei conti o della Giustizia militare. Per i magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia con funzioni amministrative, il parere di cui al secondo comma è emesso dal Consiglio di amministrazione, previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i magistrati appartengono. Per esprimere il parere anzidetto il Consiglio di amministrazione sarà composto, oltre che del presidente, dei soli membri che rivestono la qualità di magistrato. Per gli altri magistrati non addetti ad uffici giudiziari e per quelli in servizio all’estero il parere è emesso dal Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Roma, previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i magistrati sono addetti. Per la nomina a magistrato di Corte d’appello è necessario che almeno cinque anni di attività del magistrato siano compiuti negli uffici giudiziari anche se non ininterrottamente. La disposizione di cui al comma precedente non si applica per cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge (2). 2. Nuova valutazione. – I magistrati che non abbiano conseguito valutazione favorevole, sono sottoposti a nuova valutazione dopo un biennio. La nomina ha effetto dal compimento del biennio che precede la valutazione favorevole. 3. Elementi di valutazione. – Il Consiglio giudiziario e il Consiglio di amministrazione, nel formulare il parere di cui agli articoli precedenti, devono tener particolarmente conto della laboriosità del magistrato, delle Normativa 355 capacità, diligenza e preparazione dimostrate nell’espletamento delle sue funzioni. Nei singoli casi il Consiglio superiore ha facoltà di assumere, nelle forme e con le modalità ritenute più idonee, ogni ulteriore elemento di giudizio che reputi necessario per la migliore valutazione del magistrato. Il parere del Consiglio giudiziario è comunicato integralmente all’interessato ed al Ministro per la grazia e giustizia; quello del Consiglio di amministrazione è comunicato all’interessato. Entro trenta giorni dalla comunicazione il magistrato, può presentare deduzioni al Consiglio superiore. Il Ministro può formulare sue osservazioni a sensi dell’art. 11, L. 24 marzo 1958, n. 195. 4. Destinazione dei magistrati di Corte d’appello. – Salvo il disposto dell’art. 5, i magistrati di Corte d’appello sono destinati ad esercitare le funzioni: 1) di consigliere di Corte di appello e di sostituto procuratore generale presso la Corte di appello; 2) di presidente di sezione di tribunale; 3) di consigliere istruttore nelle sedi in cui le funzioni di presidente del tribunale sono esercitate da un magistrato di Corte di cassazione; 4) di procuratore aggiunto nelle sedi in cui le funzioni di procuratore della Repubblica sono esercitate da un magistrato di Corte di cassazione; 5) di pretore nelle sedi in cui, ai sensi delle norme in vigore, sono previsti magistrati di Corte d’appello senza funzioni di pretore dirigente. Il conferimento delle funzioni di magistrato di corte di appello è disposto dal Consiglio superiore della magistratura a domanda dell’interessato (3). Alla copertura dei posti di magistrato di corte d’appello rimasti vacanti per difetto di aspiranti, il Consiglio superiore della magistratura provvede di ufficio conferendo le relative funzioni ai magistrati trattenuti nell’esercizio delle precedenti funzioni giudiziarie ai sensi dell’articolo 6 e che, alla data in cui si è verificata la effettiva vacanza, non abbiano ancora compiuto il periodo minimo previsto dalla legge per la nomina al magistrato di Corte di cassazione, secondo l’ordine di collocamento nel ruolo di anzianità (3). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (3) (4). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (3) (4). 5. Conferimento di uffici direttivi ai magistrati di Corte d’appello. – Possono essere conferiti ai magistrati di corte di appello, gli uffici direttivi di: 1) presidente dei tribunali ordinari e dei tribunali per i minorenni e procuratore della Repubblica presso i tribunali medesimi; 356 Il sistema giudiziario italiano 2) pretore nelle preture aventi sede nel capoluogo di circondario e procuratore della Repubblica presso le stesse preture (5). Magistrati di Corte d’appello con funzioni direttive. Per la destinazione alle predette funzioni, il Consiglio superiore della magistratura può chiedere il parere ai competenti Consigli giudiziari. 6. Prosecuzione delle funzioni precedenti la nomina. – I magistrati di Corte d’appello che, per difetto di vacanza, non abbiano ancora ottenuto l’esercizio delle funzioni d’appello, continuano ad esercitare le funzioni precedenti negli uffici ai quali sono addetti. 7. Rinuncia alla nomina. – La dichiarazione di rinuncia alla nomina a magistrato di Corte di appello, a norma dell’art. 25 della legge 4 gennaio 1963, n. 1, deve essere fatta non oltre il trentesimo giorno dalla data di pubblicazione nel bollettino ufficiale del decreto di nomina. In tale caso la nuova nomina è conferita con decorrenza dal compimento dell’anno successivo e così di seguito per non oltre tre anni. Trascorso il triennio, il magistrato deve essere sottoposto a nuova valutazione. 8. Ruolo organico dei magistrati di Corte di appello e di tribunale. – Le tabelle A e C annesse alla L. 4 gennaio 1963, n. 1, sono sostituite dalle tabelle A e C allegate alla presente legge. 9. Rinvio. – Rimangono in vigore le disposizioni della legge 4 gennaio 1963, n. 1, in quanto compatibili con quelle della presente legge. DISPOSIZIONI TRANSITORIE 10. Concorso per esami. – Il concorso per esame per la nomina a magistrato di appello, previsto dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1, continuerà ad essere indetto fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario, ed in ogni caso per non oltre due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il concorso di cui al comma precedente è indetto, nei primi quindici giorni del mese di gennaio, per dieci posti. Ad esso possono partecipare i magistrati di tribunale che, al 31 dicembre dell’anno precedente abbiano compiuto sei anni di effettivo servizio nella predetta qualifica di magistrato di tribunale ed ottenuto la valutazione favorevole di cui ai precedenti artt. 1 e 3. Normativa 357 All’esame di cui al presente articolo si applicano le norme contenute negli artt. 6, 7, 8, 9, 10 e 11, L. 4 gennaio 1963, n. 1, in quanto compatibili. Le nomine a seguito di concorso per esame di cui al presente articolo sono conferite con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso. In caso di pari anzianità, i vincitori del concorso per esame sono collocati nel ruolo prima dei magistrati che conseguono la nomina a magistrato di Corte d’appello a seguito di valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura. 11. Decorrenza delle nomine. – Dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessa lo espletamento degli scrutini non ancora completati per la nomina a magistrato di Corte d’appello; continua invece l’espletamento delle revisioni in corso. Il giudizio favorevole, riportato dai magistrati in sede di scrutini già definiti o in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, e equiparato alla valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura, prevista dall’art. 1. I magistrati che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non sono stati per qualsiasi motivo scrutinati o hanno riportato giudizio sfavorevole in sede di scrutinio, sono sottoposti alla valutazione di cui all’art. 1. I magistrati di cui al secondo e al terzo comma, in quest’ultimo caso previa valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura, sono nominati magistrati di corte d’appello con decorrenza, agli effetti giuridici ed economici, dalla data di compimento dell’anzianità di cui all’articolo 1, sempre che non abbiano diritto ad una decorrenza economica anteriore per effetto della legge 4 gennaio 1963, n. 1. Tuttavia, per i magistrati che hanno maturato l’anzianità di cui all’articolo 1 entro il 1962; la nomina alla nuova qualifica decorre dal 31 dicembre 1962 (6). Ai magistrati di tribunale che hanno maturato l’anzianità di cui all’articolo 1 entro il 1962 ed hanno conseguito la nomina a magistrato di corte d’appello con anzianità 30 giugno 1963, la decorrenza agli effetti giuridici ed economici della nomina stessa è attribuita dal 31 dicembre 1962 (7). I magistrati di cui ai precedenti commi non possono per alcun motivo essere collocati nel ruolo organico prima di coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono stati nominati magistrati di Corte d’appello con decorrenza 31 dicembre 1962 in base alla precedente disciplina. 12. Ordine di collocamento in ruolo. – Ai fini della applicazione delle norme contenute nel precedente articolo, in caso di pari anzianità, il collocamento in ruolo avviene nel seguente ordine: magistrati vincitori del concorso 358 Il sistema giudiziario italiano per esame: magistrati dichiarati promuovibili per merito distinto, magistrati dichiarati promuovibili per merito semplice; magistrati favorevolmente valutati ai sensi della presente legge. TABELLA A (8). Ruolo organico della magistratura TABELLA C (9). Personale del Ministero di grazia e giustizia Normativa 359 NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 luglio 1966, n. 186. (2) L’articolo unico, L. 7 novembre 1969, n. 927 (Gazz. Uff. 17 dicembre 1969, n. 317) ha così disposto: «Articolo unico. Le scadenze dei termini previsti dall’articolo 33, primo comma, della L. 4 gennaio 1963, n. 1 e dall’art. 1, ultimo comma, della L. 25 luglio 1966, n. 570, sono fissate alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario». (3) Gli attuali commi secondo, terzo, quarto e quinto così sostituiscono l’originario ultimo comma per effetto dell’art. 4, L. 19 febbraio 1981, n. 27. (4) Comma abrogato dall’art. 4, L. 16 ottobre 1991, n. 321. (5) Comma cosí sostituito dall’art. 31, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (6) Comma così modificato dall’art. 1, L. 23 ottobre 1969, n. 752 (Gazz. Uff. 8 novembre 1969, n. 283) che all’art. 3 ha così disposto: «Art. 3. All’onere che la presente legge comporta, valutato in lire 800 milioni, si fa fronte con corrispondente riduzione del capitolo 2192 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l’anno finanziario 1969». (7) Comma così modificato dall’art. 2, L. 23 ottobre 1969, n. 752 (Gazz. Uff. 8 novembre 1969, n. 283). (8) Sostituisce la tabella A annessa alla L. 4 gennaio 1963, n. 1. Detta tabella è stata, a sua volta, sostituita dall’art. 1, L. 17 marzo 1969, n. 84 (Gazz. Uff. 8 aprile 1969, n. 89), dalla tabella A allegata alla L. 11 agosto 1973, n. 533, e da ultimo dalla L. 22 dicembre 1973, n. 884. (9) Sostituisce la tabella C annessa alla L. 4 gennaio 1963, n. 1. 360 Il sistema giudiziario italiano L. 20 dicembre 1973, n. 831 (1). Modifiche dell’ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori. 1. Elementi di valutazione per la nomina a magistrato di Cassazione. – Il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione dei magistrati di corte d’appello, per la nomina a magistrato di Cassazione, in base ai seguenti elementi: 1) preparazione e capacità tecnico-professionale; 2) laboriosità e diligenza dimostrate nell’esercizio delle funzioni; 3) precedenti relativi al servizio prestato. Ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato può essere assunto dal Consiglio superiore nelle forme e con le modalità più idonee ed anche con accertamenti diretti. Nelle ipotesi previste dal precedente comma, il Consiglio superiore provvede ad informare l’interessato che ha facoltà di presentare le proprie osservazioni. La valutazione del Consiglio superiore deve essere motivata. 2. Pareri del consiglio giudiziario e del consiglio di amministrazione. – Il Consiglio superiore procede alla valutazione prevista dall’articolo 1 sulla base dei pareri motivati espressi: 1) per i magistrati addetti agli uffici giudiziari, dai consigli giudiziari; 2) per i magistrati non addetti ad uffici giudiziari e per quelli in servizio all’estero, dal consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma, previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i magistrati sono addetti; 3) per i magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia, con funzioni amministrative, dal consiglio di amministrazione, previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i magistrati appartengono. Il consiglio di amministrazione è composto, in tal caso, del presidente e dai soli membri che rivestono la qualifica di magistrato. 3. Comunicazione dei pareri e facoltà dell’interessato. – Il parere del consiglio giudiziario è comunicato integralmente al Consiglio superiore della magistratura, al Ministero di grazia e giustizia ed all’interessato. Il parere del consiglio di amministrazione è comunicato integralmente al Consiglio superiore della magistratura ed all’interessato. Normativa 361 Il Ministro può formulare osservazioni ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195. Il magistrato interessato può, entro trenta giorni dalla comunicazione, presentare deduzioni al Consiglio superiore. 4. Requisito dell’anzianità per la valutazione e domanda dell’interessato. – Per essere sottoposti a valutazione ai fini della nomina a magistrato di Cassazione, i magistrati di corte di appello devono aver compiuto sette anni dalla nomina a tale qualifica e devono presentare, presso l’ufficio al quale appartengono, domanda al Consiglio superiore della magistratura. 5. Requisito del servizio giudiziario. – Per essere sottoposti a valutazione ai fini della nomina a magistrato di Cassazione, i magistrati di corte d’appello devono aver compiuto, dalla data di ingresso in carriera, almeno dieci anni di attività anche se non ininterrottamente, negli uffici giudiziari. Fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario e comunque non oltre la data del 31 dicembre 1993, l’attività svolta dai magistrati destinati ad esercitare funzioni amministrative nel Ministero di grazia e giustizia è equiparata, ai fini del comma precedente, a quella svolta negli uffici giudiziari (2). 6. Nuova valutazione. – Il magistrato non valutato favorevolmente è sottoposto a nuova valutazione dopo un triennio. 7. Nomina a magistrato di Cassazione. – I magistrati che hanno conseguito la valutazione favorevole sono nominati magistrati di Cassazione secondo l’ordine di precedenza risultante dal ruolo di anzianità. Salvo quanto disposto dal successivo articolo 20, la nomina produce effetti giuridici ed economici con decorrenza dal giorno in cui il magistrato ha maturato l’anzianità prevista dall’articolo 4. Nel caso previsto dall’articolo 6 la nomina ha effetto dalla data di compimento del triennio che precede la valutazione favorevole (3). 8. Rinuncia alla nomina. – La dichiarazione di rinuncia alla nomina a magistrato di Cassazioni deve essere fatta non oltre il trentesimo giorno dalla data di pubblicazione del decreto di nomina nel bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia. In tale caso la nuova nomina è conferita con decorrenza dal compimento dell’anno successivo, trascorso il quale il magistrato deve essere sottoposto a nuova valutazione. 9. Permanenza nell’esercizio delle precedenti funzioni. – I magistrati di Cassazione continuano ad esercitare le funzioni precedenti fino a quando non siano assegnati ad un ufficio corrispondente alle nuove funzioni. 362 Il sistema giudiziario italiano 10. Conferimento delle funzioni di magistrato di Cassazione. – Il conferimento delle funzioni di magistrato di Cassazione è disposto dal Consiglio superiore della magistratura su domanda degli interessati ovvero d’ufficio, secondo l’ordine di collocamento in ruolo, per la copertura dei posti rimasti vacanti (4). 11. Concorsi per esami. – Il concorso per esami per la nomina a magistrato di cassazione, previsto dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1, è indetto, nei primi quindici giorni del mese di gennaio di ogni anno, fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario e in ogni caso per non oltre quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 12. Requisiti e modalità del concorso per esame. – Possono partecipare al concorso per esame i magistrati che al 31 dicembre dell’anno precedente abbiano maturato una anzianità di almeno tre anni nella qualifica di magistrato di appello ed abbiano ottenuto il parere favorevole degli organi previsti nell’articolo 2. Le disposizioni contenute negli articoli 12 e 13 della legge 4 gennaio 1963, n. 1, si applicano all’esame di cui al precedente articolo. 13. Conferimento della nomina a seguito di concorso per esame. – I vincitori del concorso per esame conseguono la nomina con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso e ad essi sono contestualmente conferite le funzioni di magistrato di Cassazione. I vincitori del concorso per esame sono collocati nel ruolo prima dei magistrati che hanno conseguito la nomina a norma dell’articolo 7 con la stessa decorrenza. La idoneità conseguita nei concorsi per esame a posti di magistrato di Cassazione è equiparata alla valutazione favorevole del Consiglio superiore. 14. Decorrenza delle nomine già conseguite. – Sono anticipate ai soli effetti giuridici, di quattro anni e sei mesi, e comunque non oltre il 31 dicembre 1959, le nomine a magistrato di Cassazione conferite ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 4 gennaio 1963, n. 1. Resta comunque ferma, ad ogni effetto, la collocazione nel ruolo di anzianità alla data di entrata in vigore della presente legge. 15. Collocamento nel ruolo di anzianità. – Coloro che conseguono la nomina per effetto delle disposizioni contenute negli articoli precedenti non possono in alcun caso essere collocati nel ruolo di anzianità prima dei magistrati che abbiano conseguito la nomina a magistrato di Cassazione anteriormente all’entrata in vigore della presente legge. Normativa 363 16. Dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori e requisito dell’anzianità. – Ai fini della dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori, il Consiglio superiore della magistratura prende in esame, entro il 31 dicembre di ogni anno, i magistrati di Cassazione che raggiungono nell’anno stesso una anzianità di otto anni dalla nomina a tale categoria e quelli che nel ruolo di anzianità li precedono indipendentemente dalla anzianità predetta (4). 17. Decorrenza della nomina alle funzioni direttive superiori. – I magistrati dichiarati idonei alle funzioni direttive superiori i quali non possono, entro l’anno, accedere a dette funzioni per difetto di vacanze, conseguono, ad ogni effetto giuridico ed economico, la relativa nomina con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo (4) (5). 18. Permanenza nelle precedenti funzioni. – I magistrati che hanno ottenuto la nomina alle funzioni direttive superiori continuano ad esercitare le precedenti funzioni sino a quando sia loro conferito l’ufficio direttivo superiore. 19. Conferimento degli uffici direttivi superiori. – Il conferimento degli uffici direttivi di presidente di sezione della Corte di cassazione e avvocato generale presso la stessa Corte, di presidente delle corti d’appello e di procuratore generale presso le stessi corti, ha luogo a seguito di domanda o di ufficio, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, con deliberazione del Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore provvede per la copertura dei posti rimasti vacanti assegnandovi i magistrati, anche dopo la nomina, secondo l’ordine di collocamento in ruolo (4). 20. Decorrenza delle nomine agli uffici direttivi superiori conseguite anteriormente. – Le nomine agli uffici direttivi superiori conseguite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge sono retrodatate, ai soli effetti giuridici, al 1° gennaio dell’anno successivo al compimento di otto anni dalla nomina a magistrato di cassazione. Resta comunque ferma, ad ogni effetto, la collocazione nel ruolo di anzianità alla data di entrata in vigore della presente legge. 21. Norme transitorie per la nomina a magistrato di Cassazione. – L’espletamento degli scrutini non ancora contemplati per la nomina a magistrato di Cassazione cessa dalla data di entrata in vigore della presente legge, mentre continua l’espletamento delle revisioni in corso. 364 Il sistema giudiziario italiano Il giudizio favorevole riportato dai magistrati in sede di scrutinio già definito o in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, è equiparato alla valutazione del Consiglio superiore prevista dall’articolo 1. I magistrati il cui scrutinio non sia stato completato sono sottoposti alla valutazione di cui all’articolo 1. I magistrati scrutinati favorevolmente e quelli che conseguono il giudizio favorevole previsto dai commi precedenti sono nominati magistrati di Cassazione agli effetti giuridici dal compimento dell’anzianità prevista nell’articolo 4 ed agli effetti economici dal momento dell’entrata in vigore della presente legge, sempre che non abbiano diritto ad una decorrenza economica anteriore per effetto della legge 4 gennaio 1963, n. 1. La disposizione di cui al precedente comma relativa alla decorrenza degli effetti giuridici ed economici si applica anche ai magistrati i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già maturato l’anzianità prevista dall’articolo 4 e non quella richiesta dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1, per la partecipazione allo scrutinio. I magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcuno scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l’anzianità necessaria, e coloro che abbiano riportato in sede di scrutinio giudizio sfavorevole, sono sottoposti, a domanda, alla valutazione con i criteri indicati dall’articolo 1 e, in caso di valutazione favorevole, conseguono la nomina agli effetti giuridici ed economici con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge (6). La domanda, diretta al Consiglio superiore della magistratura, deve essere presentata entro e non oltre sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge all’ufficio al quale l’interessato appartiene. 22. Norme transitorie per le nomine alle funzioni direttive superiori. – I magistrati di cassazione che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già maturato l’anzianità prevista dall’articolo 16 conseguono la nomina alle funzioni direttive superiori, se dichiarati idonei, agli effetti giuridici dal 1° gennaio dell’anno successivo al compimento di otto anni dalla nomina a magistrato di cassazione ed agli effetti economici dalla data di entrata in vigore della presente legge. 23. Onere finanziario. – All’onere derivante dall’applicazione della presente legge, valutato in lire 1 miliardo per l’anno 1973, si provvede con corrispondente riduzione del fondo di cui al capitolo 3523 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno medesimo. Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio. Normativa 365 24. Entrata in vigore. – È abrogata ogni disposizione contraria o incompatibile con la presente legge. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. 366 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 1973, n. 333. (2) Comma così sostituito dall’art. 7-bis, D.L. 26 marzo 1990, n. 64. (3) Con sentenza 7-10 maggio 1982, n. 86 (Gazz. Uff. 20 maggio 1982, n. 137), la Corte costituzionale ha così statuito: «Dichiara l’illegittimità costituzionale: a) dell’art. 7 della legge n. 831 del 1973, nella parte in cui prevede che la conseguita valutazione favorevole comporti la nomina a magistrato di Cassazione, indipendentemente dal conferimento delle relative funzioni, affinché la sola attribuzione del corrispondente trattamento economico e la dichiarazione dell’idoneità ad essere ulteriormente valutato, ai fini della successiva nomina; b) dell’art. 10 della legge predetta, relativamente alle parole «secondo l’ordine di collocamento in ruolo» e nella parte in cui non prevede che la nomina a magistrato di Cassazione, quanto ai magistrati dichiarati idonei ai sensi dell’art. 7, sia contestuale al conferimento delle relative funzioni. 3) Dichiara – in applicazione dell’art. 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – l’illegittimità costituzionale: a) dell’art. 16 della legge n. 831 del 1973, nella parte in cui si riferisce ai magistrati di Cassazione che raggiungano una anzianità di otto anni dalla nomina a tale categoria, anziché ai magistrati che raggiungano una anzianità di otto anni dalla dichiarazione di idoneità, di cui all’art. 7; b) dell’art. 17 della legge predetta, nella parte in cui prevede che la dichiarazione di cui al precedente articolo comporti, in difetto di vacanze, la nomina alle funzioni direttive superiori, indipendentemente, dal conferimento di un corrispondente ufficio, anziché la sola attribuzione del trattamento economico previsto per i magistrati di Cassazione nominati a tali funzioni e l’idoneità ad essere ulteriormente valutato, ai fini della successiva nomina; c) dell’art. 19, secondo comma, della legge predetta, relativamente alle parole «assegnandovi i magistrati, anche dopo la nomina, secondo l’ordine di collocamento in ruolo», e nella parte in cui non prevede che la nomina alle funzioni direttive superiori, quanto ai magistrati dichiarati idonei ai sensi dell’art. 16, sia contestuale al conferimento del relativo ufficio». (4) Vedi la nota 3 all’art. 7. (5) La Corte costituzionale, con sentenza 16-30 dicembre 1987, n. 612 (Gazz. Uff. 8 gennaio 1988, n. 1 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente art. 17, nella parte in cui fa decorrere la dichiarazione dell’idoneità ad essere ulteriormente valutato ai fini della successiva nomina alle funzioni direttive superiori ed il connesso trattamento economico dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello del compimento dell’ottavo anno nella qualifica di magistrato di Cassazione, anziché dalla data di scadenza dell’ottennio di anzianità. (6) Con sentenza 10 gennaio 1985, n. 1 (Gazz. Uff. 23 gennaio 1985, n. 19-bis) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del sesto comma dell’art. 21 nella parte in cui dispone che i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcuno scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l’anzianità necessaria, conseguono agli effetti giuridici i benefici previsti nel precedente articolo – in caso di valutazione favorevole – dal momento dell’entrata in vigore della medesima legge, anziché con l’anteriore decorrenza spettante al più anziano fra i magistrati di cui al quinto comma, mantenendo rispetto ai magistrati stessi il precedente collocamento in ruolo. Normativa 367 L. 2 aprile 1979, n. 97 (1). Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato. TITOLO I 1. Nomina a magistrato di tribunale. – La nomina a magistrato di tribunale ha luogo al compimento di due anni dalla nomina a uditore giudiziario con delibera del Consiglio superiore della magistratura, previo esame del parere motivato del consiglio giudiziario del distretto o dei distretti nei quali l’uditore ha prestato servizio. In ogni caso, per la nomina a magistrato di tribunale è necessario che l’uditore abbia effettivamente esercitato le funzioni giurisdizionali per non meno di un anno; ma la nomina ha comunque decorrenza, ad ogni effetto, dal compimento di due anni dalla nomina ad uditore. 2. Parere del consiglio giudiziario. – Il parere del consiglio giudiziario ha per oggetto l’equilibrio, la preparazione, la capacità, l’operosità e la diligenza dimostrati dall’uditore durante il tirocinio e nell’esercizio dell’attività giudiziaria, con indicazione delle particolari attitudini dallo stesso rivelate per l’esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti. Il consiglio giudiziario, nell’esprimere il suo parere, tiene anche conto dei provvedimenti redatti dall’uditore, delle prove dallo stesso offerte nell’esercizio della sua attività giudiziaria e di ogni altro elemento che ritenga rilevante ai fini di una completa valutazione. Il consiglio giudiziario per esprimere il suo parere richiede la trasmissione degli atti necessari e di una dettagliata relazione sullo svolgimento del tirocinio e della successiva attività giudiziaria esercitata dall’uditore. 3. Comunicazione. – Il parere motivato del consiglio giudiziario è integralmente comunicato all’uditore e al Ministro di grazia e giustizia. Entro trenta giorni dalla comunicazione l’uditore ha facoltà di presentare osservazioni al Consiglio superiore della magistratura. Entro lo stesso termine il Ministro può trasmettere al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, modificato dall’articolo 5 della legge 18 dicembre 1917, n. 1198. 4. Ulteriori informazioni. – Il Consiglio superiore della magistratura ha facoltà di assumere, nelle forme e con le modalità ritenute idonee, rendendone edotto l’uditore, ogni ulteriore elemento di giudizio che reputi necessario per una più completa valutazione. 368 Il sistema giudiziario italiano 5. Nuove valutazioni. – Gli uditori giudiziari, per i quali il Consiglio superiore della magistratura ritenga con provvedimento motivato di non deliberare la promozione a magistrato di tribunale, sono sottoposti a nuova valutazione, con le stesse modalità della precedente, dopo due anni. In caso di esito favorevole di tale seconda valutazione la nomina a magistrato di tribunale decorre, a tutti gli effetti, dal compimento del quarto anno dalla nomina ad uditore. L’uditore giudiziario, che per due volte è stato valutato negativamente, è dispensato dal servizio. 6. Aggiunti giudiziari. – Gli aggiunti giudiziari in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge sono nominati magistrati di tribunale in base all’articolo 1 secondo l’ordine del ruolo di anzianità e con decorrenza, ai soli effetti giuridici, dalla stessa data di nomina ad aggiunto giudiziario. Ai magistrati di tribunale di appello e di Cassazione in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge la nomina alla qualifica da ciascuno di essi rivestita è anticipata, ai soli effetti giuridici, di tre anni. Per i magistrati che al 1° gennaio 1979 sono fuori del ruolo organico della magistratura, o che lo erano in epoca precedente, il periodo di tempo di cui all’articolo 5, primo comma, della legge 20 dicembre 1973, n. 831, è ridotto a sette anni. 7. Riammissione nel posto di ruolo. – (2). 8. Ferie dei magistrati durante l’anno giudiziario. – (3). TITOLO II 9. Trattamento economico. – Gli stipendi del personale di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392, e dei magistrati amministrativi regionali sono determinati, con effetto dal 1° gennaio 1979, nella misura indicata dalle tabelle annesse alla presente legge, comprensiva degli emolumenti di cui alla legge 28 aprile 1976, n. 155, ed alla legge 14 aprile 1977, n. 112, salva l’attribuzione dell’indennità integrativa speciale e delle altre competenze previste dalle vigenti disposizioni. Le nuove misure degli stipendi risultanti dall’applicazione della presente legge hanno effetto sui relativi aumenti periodici, sulla tredicesima mensilità, sull’indennità di buonuscita, sulla determinazione dell’equo indennizzo di cui all’articolo 68 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e sull’assegno alimentare. Normativa 369 Ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali amministrativi regionali e della giustizia militare nonché agli avvocati e procuratori dello Stato in servizio all’entrata in vigore della presente legge è altresì attribuito, con effetto dal 1° gennaio 1979, indipendentemente dall’anzianità maturata nelle singole qualifiche, un aumento periodico aggiuntivo non riassorbibile (4). 10. Conservazione di precedente trattamento economico. – Al personale di cui al precedente articolo, al quale per effetto della presente legge compete, dal 1° gennaio 1979, uno stipendio inferiore a quello che sarebbe spettato se alla data medesima si fosse trovato nella qualifica immediatamente inferiore a quella rivestita, sono attribuiti, a domanda, gli aumenti necessari per assicurare uno stipendio pari o immediatamente superiore a quest’ultimo. 11-12. Gli stipendi del personale di cui alla presente legge sono adeguati di diritto, ogni triennio, nella misura percentuale pari alla media degli incrementi realizzati nel triennio precedente dalle altre categorie dei pubblici dipendenti per le voci retributive calcolate dall’Istituto centrale di statistica ai fini della elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali, con esclusione della indennità integrativa speciale. Agli effetti del comma precedente sono presi in considerazione i benefìci medi pro capite dei seguenti comparti del pubblico impiego: amministrazioni statali, aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e comuni, ospedali, enti di previdenza. La variazione percentuale è calcolata rapportando il complesso del trattamento economico medio per unità corrisposto nell’ultimo anno del triennio di riferimento a quello dell’ultimo anno del triennio precedente ed ha effetto dal 1° gennaio successivo a quello di riferimento. Gli stipendi al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio sono aumentati, a titolo di acconto sull’adeguamento triennale, per ciascun anno e con riferimento sempre allo stipendio in vigore al 1° gennaio del primo anno, per una percentuale pari al 30 per cento della variazione percentuale verificatasi fra le retribuzioni dei dipendenti pubblici nel triennio precedente, salvo conguaglio a decorrere dal 1° gennaio del triennio successivo. La percentuale dell’adeguamento triennale prevista dai precedenti commi è determinata entro il 30 aprile del primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro. A tal fine, entro il mese di marzo, l’ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al primo comma. Qualora i dati indicati nei commi precedenti non siano disponibili entro i termini previsti, gli stipendi vengono adeguati con applicazione della stessa percentuale 370 Il sistema giudiziario italiano dell’anno precedente salvo successivo conguaglio e ferme restando le date di decorrenza dell’adeguamento. Nella prima applicazione delle disposizioni precedenti la variazione percentuale è determinata, per il periodo dal 1° luglio 1980 al 31 dicembre 1981, nella misura del 50 per cento della variazione del trattamento economico dei comparti del pubblico impiego di cui al secondo comma del presente articolo verificatasi nel periodo 1° gennaio 1979-31 dicembre 1981 e l’adeguamento decorre dal 1° gennaio 1982. Dal 1° gennaio 1981 gli stipendi in vigore sono aumentati, a titolo di anticipazione sull’adeguamento di cui alla prima parte del presente comma, di una percentuale fissa del 12 per cento, con successivo conguaglio a decorrere dal 1° gennaio 1982 (5). 13. Indennità di missione. – Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie. L’indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all’articolo 3, L. 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d’ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all’articolo 2, secondo comma, del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno (6). In ogni altro caso di trasferimento ai magistrati compete l’indennità di cui all’articolo 12, primo e secondo comma, della legge 26 luglio 1978, n. 417, nonché il rimborso spese di cui agli artt. 17, 18, 19 e 20 della L. 18 dicembre 1973, n. 836, ed all’art. 11 della L. 26 luglio 1978, n. 417 (7). TITOLO III 14. Incompatibilità di funzioni. – (8). 15. Devoluzione all’erario dei compensi per gli arbitrati. – Le somme dovute al personale di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392, ed ai magistrati amministrativi regionali a titolo di compenso per lo svolgimento delle funzioni di arbitro debbono essere versate da coloro che sono tenuti ad erogarle direttamente in conto entrate del tesoro, nella misura dell’ottanta per cento (9). Degli avvenuti versamenti è data di volta in volta comunicazione all’ufficio di appartenenza del magistrato ovvero dell’avvocato o procuratore dello Stato interessato (9). Per gli arbitrati di cui all’articolo 1 del regio decreto-legge 16 gennaio 1936, n. 113, continua inoltre ad applicarsi la ritenuta ivi prevista. Normativa 371 16. Disposizioni transitorie. – Nei giudizi arbitrali già definiti o in corso di svolgimento alla data dell’entrata in vigore della presente legge non si applicano le disposizioni degli articoli 14 e 15. 17. Onnicomprensività del trattamento economico. – È fatto divieto al personale di cui alla presente legge, anche se fuori ruolo, di percepire indennità, proventi o compensi per prestazioni in favore della pubblica amministrazione, di enti pubblici o di società a partecipazione pubblica. Sono comunque esclusi dal divieto, oltre all’indennità integrativa speciale, alla quota di aggiunta di famiglia, alla tredicesima mensilità, alle indennità di trasferta, di missione e di trasferimento e ai compensi per le attività di cui all’articolo 19 della legge 15 novembre 1973, numero 734, i proventi, i compensi e le indennità spettanti per l’esercizio di funzioni elettive e per la partecipazione ad organi speciali di giurisdizione, per l’espletamento di operazioni elettorali o di concorso, per ogni altro incarico per il quale la partecipazione è prevista dalla legge come obbligatoria e per lo svolgimento di incarichi di insegnamento, di studio e di ricerca. Sono fatte salve le detrazioni previste dalle leggi vigenti. Sono altresì esclusi dal divieto, per quanto riguarda gli avvocati e i procuratori dello Stato, i compensi previsti dall’articolo 21 del testo unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. 18. Abrogazione delle norme incompatibili. – Sono abrogati gli articoli 137, 138 e 139 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 giugno 1941, n. 12, la legge 25 maggio 1970, n. 357, e l’ultimo comma dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1080. Sono altresì abrogate tutte le altre disposizioni incompatibili con quelle contenute nella presente legge. 19. Onere finanziario. – All’onere derivante dell’attuazione della presente legge, valutato per l’anno finanziario 1979 in lire 42.417.821.000, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il medesimo anno finanziario. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Tabelle degli stipendi del personale della magistratura ordinaria, dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare, dei Tribunali Amministrativi Regionali e degli avvocati e procuratori dello Stato (10) (Omissis) 372 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 aprile 1979, n. 97. (2) Aggiunge tre commi all’art. 211, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (3) Sostituisce il primo comma dell’art. 90, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (4) Per l’interpretazione autentica del presente comma, vedi l’art. 1, L. 6 agosto 1984, n. 425. (5) L’attuale articolo così sostituisce gli artt. 11 e 12 per effetto dell’art. 2, L. 19 febbraio 1981, n. 27. (6) Comma così modificato dall’art. 4, L. 4 maggio 1998, n. 133. (7) Così sostituito dall’art. 6, L. 19 febbraio 1981, n. 27. (8) Sostituisce con due commi il comma secondo dell’art. 16, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (9) La Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile 1985, n. 116 (Gazz. Uff. 30 aprile 1985, n. 101-bis), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi primo e secondo dell’art. 15. (10) Vedi, ora, la tabella allegata alla L. 19 febbraio 1981, n. 27. Normativa 373 L. 27 aprile 1982, n. 186 (1). Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali. (Omissis) 7. Composizione del consiglio di presidenza. – 1. In attesa del generale riordino dell’ordinamento della giustizia amministrativa sulla base della unicità di accesso e di carriera, con esclusione di automatismi collegati all’anzianità di servizio, il consiglio di presidenza è costituito con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Esso ha sede in Roma, presso il Consiglio di Stato, ed è composto: a) dal presidente del Consiglio di Stato, che lo presiede; b) da quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato; c) da sei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali; d) da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche o gli avvocati con venti anni di esercizio professionale; e) da due magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato con funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera b); f) da due magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali, con funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera c). 2. All’elezione dei componenti di cui alle lettere b) ed e) del comma 1, nonché di quelli di cui alle lettere c) e f) del medesimo comma, partecipano, rispettivamente, i magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e presso i tribunali amministrativi regionali, senza distinzione di categoria, con voto personale, segreto e diretto. 3. I componenti elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. 4. I membri eletti che nel corso del quadriennio perdono i requisiti di eleggibilità o si dimettono, o cessano per qualsiasi causa dal servizio oppure passano dal Consiglio di Stato ai tribunali amministrativi regionali o viceversa, sono sostituiti, per il restante periodo, dai magistrati appartenenti al corrispondente gruppo elettorale che seguono gli eletti per il numero dei suffragi ottenuti. 5. I componenti di cui al comma 1, lettera d), non possono esercitare alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali. Ad essi si applica il disposto dell’articolo 12 della legge 13 aprile 1988, n. 117. 374 Il sistema giudiziario italiano 6. I membri supplenti partecipano alle sedute del consiglio di presidenza in caso di assenza o impedimento dei componenti effettivi. 7. Il vice presidente, eletto dal consiglio tra i componenti di cui al comma 1, lettera d), sostituisce il presidente ove questi sia assente o impedito. 8. In caso di parità prevale il voto del presidente (2). (Omissis) Normativa NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 aprile 1982, n. 117, S.O. (2) Articolo così sostituito dall’art. 18, L. 21 luglio 2000, n. 205. 375 376 Il sistema giudiziario italiano L. 13 aprile 1988, n. 117 (1). Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (2). 1. Ambito di applicazione. – 1. Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali. 3. Nelle disposizioni che seguono il termine «magistrato» comprende tutti i soggetti indicati nei commi 1 e 2. 2. Responsabilità per dolo o colpa grave. – 1. Chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. 2. Nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove. 3. Costituiscono colpa grave: a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; b) l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; d) l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione. 3. Diniego di giustizia. – 1. Costituisce diniego di giustizia il rifiuto, l’omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. Se il termine non è previsto, debbono in ogni caso decorrere inutilmente trenta giorni dalla data del deposito in cancelleria dell’istanza volta ad ottenere il provvedimento. Normativa 377 2. Il termine di trenta giorni può essere prorogato, prima della sua scadenza, dal dirigente dell’ufficio con decreto motivato non oltre i tre mesi dalla data di deposito dell’istanza. Per la redazione di sentenze di particolare complessità, il dirigente dell’ufficio, con ulteriore decreto motivato adottato prima della scadenza, può aumentare fino ad altri tre mesi il termine di cui sopra. 3. Quando l’omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono la libertà personale dell’imputato, il termine di cui al comma 1 è ridotto a cinque giorni, improrogabili, a decorrere dal deposito dell’istanza o coincide con il giorno in cui si è verificata una situazione o è decorso un termine che rendano incompatibile la permanenza della misura restrittiva della libertà personale. 4. Competenza e termini. – 1. L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Competente è il tribunale del capoluogo del distretto della corte d’appello, da determinarsi a norma dell’articolo 11 del codice di procedura penale e dell’articolo 1 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (3). 2. L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell’ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno. La domanda deve essere proposta a pena di decadenza entro due anni che decorrono dal momento in cui l’azione è esperibile. 3. L’azione può essere esercitata decorsi tre anni dalla data del fatto che ha cagionato il danno se in tal termine non si è concluso il grado del procedimento nell’ambito del quale il fatto stesso si è verificato. 4. Nei casi previsti dall’articolo 3 l’azione deve essere promossa entro due anni dalla scadenza del termine entro il quale il magistrato avrebbe dovuto provvedere sull’istanza. 5. In nessun caso il termine decorre nei confronti della parte che, a causa del segreto istruttorio, non abbia avuto conoscenza del fatto. 5. Ammissibilità della domanda. – 1. Il tribunale, sentite le parti, delibera in camera di consiglio sull’ammissibilità della domanda di cui all’articolo 2. 2. A tale fine il giudice istruttore, alla prima udienza, rimette le parti dinanzi al collegio che è tenuto a provvedere entro quaranta giorni dal provvedimento di rimessione del giudice istruttore. 3. La domanda è inammissibile quando non sono rispettati i termini o i presupposti di cui agli articoli 2, 3 e 4 ovvero quando è manifestamente infondata. 378 Il sistema giudiziario italiano 4. L’inammissibilità è dichiarata con decreto motivato, impugnabile con i modi e le forme di cui all’articolo 739 del codice di procedura civile, innanzi alla corte d’appello che pronuncia anch’essa in camera di consiglio con decreto motivato entro quaranta giorni dalla proposizione del reclamo. Contro il decreto di inammissibilità della corte d’appello può essere proposto ricorso per cassazione, che deve essere notificato all’altra parte entro trenta giorni dalla notificazione del decreto da effettuarsi senza indugio a cura della cancelleria e comunque non oltre dieci giorni. Il ricorso è depositato nella cancelleria della stessa corte d’appello nei successivi dieci giorni e l’altra parte deve costituirsi nei dieci giorni successivi depositando memoria e fascicolo presso la cancelleria. La corte, dopo la costituzione delle parti o dopo la scadenza dei termini per il deposito, trasmette gli atti senza indugio e comunque non oltre dieci giorni alla Corte di cassazione che decide entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti stessi. La Corte di cassazione, ove annulli il provvedimento di inammissibilità della corte d’appello, dichiara ammissibile la domanda. Scaduto il quarantesimo giorno la parte può presentare, rispettivamente al tribunale o alla corte d’appello o, scaduto il sessantesimo giorno, alla Corte di cassazione, secondo le rispettive competenze, l’istanza di cui all’articolo 3. 5. Il tribunale che dichiara ammissibile la domanda dispone la prosecuzione del processo. La corte d’appello o la Corte di cassazione che in sede di impugnazione dichiarano ammissibile la domanda rimettono per la prosecuzione del processo gli atti ad altra sezione del tribunale e, ove questa non sia costituita, al tribunale che decide in composizione intieramente diversa. Nell’eventuale giudizio di appello non possono far parte della corte i magistrati che abbiano fatto parte del collegio che ha pronunziato l’inammissibilità. Se la domanda è dichiarata ammissibile, il tribunale ordina la trasmissione di copia degli atti ai titolari dell’azione disciplinare; per gli estranei che partecipano all’esercizio di funzioni giudiziarie la copia degli atti è trasmessa agli organi ai quali compete l’eventuale sospensione o revoca della loro nomina. 6. Intervento del magistrato nel giudizio. – 1. Il magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non può essere chiamato in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 105 del codice di procedura civile. Al fine di consentire l’eventuale intervento del magistrato, il presidente del tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno quindici giorni prima della data fissata per la prima udienza. 2. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro lo Stato non fa stato nel giudizio di rivalsa se il magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio. Non fa stato nel procedimento disciplinare. 3. Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assunto come teste né nel giudizio di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato. Normativa 379 7. Azione di rivalsa. – 1. Lo Stato, entro un anno dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale stipulato dopo la dichiarazione di ammissibilità di cui all’articolo 5, esercita l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato. 2. In nessun caso la transazione è opponibile al magistrato nel giudizio di rivalsa e nel giudizio disciplinare. 3. I giudici conciliatori e i giudici popolari rispondono soltanto in caso di dolo. I cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo e nei casi di colpa grave di cui all’articolo 2, comma 3, lettere b) e c). 8. Competenza per l’azione di rivalsa e misura della rivalsa. – 1. L’azione di rivalsa deve essere promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri. 2. L’azione di rivalsa deve essere proposta davanti al tribunale del capoluogo del distretto della corte d’appello, da determinarsi a norma dell’articolo 11 del codice di procedura penale e dell’articolo 1 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (4). 3. La misura della rivalsa non può superare una somma pari al terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l’azione di risarcimento è proposta, anche se dal fatto è derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità. Tale limite non si applica al fatto commesso con dolo. L’esecuzione della rivalsa quando viene effettuata mediante trattenuta sullo stipendio, non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore al quinto dello stipendio netto. 4. Le disposizioni del comma 3 si applicano anche agli estranei che partecipano all’esercizio delle funzioni giudiziarie. Per essi la misura della rivalsa è calcolata in rapporto allo stipendio iniziale annuo, al netto delle trattenute fiscali, che compete al magistrato di tribunale; se l’estraneo che partecipa all’esercizio delle funzioni giudiziarie percepisce uno stipendio annuo netto o reddito di lavoro autonomo netto inferiore allo stipendio iniziale del magistrato di tribunale, la misura della rivalsa è calcolata in rapporto a tale stipendio o reddito al tempo in cui l’azione di risarcimento è proposta. 9. Azione disciplinare. – 1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione per i magistrati ordinari o il titolare dell’azione disciplinare negli altri casi devono esercitare l’azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all’azione di risarcimento, salvo che non sia stata già proposta, entro due mesi dalla comunicazione di cui al comma 5 dell’articolo 5. Resta ferma la facoltà del Ministro di grazia e giustizia di cui al secondo comma dell’articolo 107 della Costituzione. 380 Il sistema giudiziario italiano 2. Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d’ufficio, nel giudizio di rivalsa. 3. La disposizione di cui all’articolo 2, che circoscrive la rilevanza della colpa ai casi di colpa grave ivi previsti, non si applica nel giudizio disciplinare. 10. Consiglio di presidenza della Corte dei conti. – 1. Fino all’entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti, la competenza per i giudizi disciplinari e per i provvedimenti attinenti e conseguenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte dei conti è affidata al consiglio di presidenza. 2. Il consiglio di presidenza è composto: a) dal presidente della Corte dei conti, che lo presiede; b) dal procuratore generale della Corte dei conti; c) dal presidente di sezione più anziano; d) da quattro cittadini scelti di intesa tra i Presidenti delle due Camere tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche o gli avvocati con quindici anni di esercizio professionale; e) da dieci magistrati ripartiti tra le qualifiche di presidente di sezione, consigliere o vice procuratore, primo referendario e referendario in proporzione alla rispettiva effettiva consistenza numerica quale risulta dal ruolo alla data del 1° gennaio dell’anno di costituzione dell’organo. 3. Alle adunanze del consiglio di presidenza partecipa il segretario generale senza diritto di voto. 4. Il consiglio di presidenza ha il compito di decidere in ordine alle questioni disciplinari. Alle adunanze che hanno tale oggetto non partecipa il segretario generale ed il procuratore generale è chiamato a svolgervi, anche per mezzo dei suoi sostituti, esclusivamente le funzioni inerenti alla promozione dell’azione disciplinare e le relative richieste. 5. I cittadini di cui alla lettera d) del comma 2 non possono esercitare alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni della Corte dei conti. 6. Alla elezione dei componenti di cui alla lettera e) del comma 2 partecipano, in unica tornata, tutti i magistrati con voto personale e segreto. 7. Ciascun elettore ha facoltà di esprimere soltanto una preferenza. Sono nulli i voti espressi oltre tale numero. 8. Per l’elezione è istituito presso la Corte dei conti l’ufficio elettorale nominato dal presidente della Corte dei conti e composto da un presidente di sezione, che lo presiede, e da due consiglieri più anziani di qualifica in servizio presso la Corte dei conti. 9. Il procedimento disciplinare è promosso dal procuratore generale della Corte dei conti. Nella materia si applicano gli articoli 32, 33, commi secondo e terzo, e 34 della legge 27 aprile 1982, n. 186. Normativa 381 10. Fino all’entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti si applicano in quanto compatibili le norme di cui agli articoli 7, primo, quarto, quinto e settimo comma, 8, 9, quarto e quinto comma, 10, 11, 12, 13, primo comma, numeri 1), 2), 3), e secondo comma, numeri 1), 2), 3), 4), 8), 9), della legge 27 aprile 1982, n. 186. 11. Disposizioni concernenti i referendari e primi referendari della Corte dei conti. – 1. È abolito il rapporto informativo di cui agli articoli 29 del regio decreto 12 ottobre 1933, n. 1364, e 4 della legge 13 ottobre 1969, n. 691. 2. Si applicano ai referendari e primi referendari della Corte dei conti gli articoli 17, 18, 50, settimo comma, e 51, primo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge. 3. Al relativo onere si provvede mediante l’indisponibilità per tre anni di cinque posti di quelli cumulativamente previsti per le qualifiche di consigliere, vice procuratore generale, primo referendario e referendario dalla tabella B annessa alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345, integrata ai sensi dell’articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e dell’articolo 7 della legge 8 ottobre 1984, n. 658. 12. Stato giuridico ed economico dei componenti non magistrati del consiglio di presidenza della Corte dei conti. – 1. Per lo stato giuridico dei componenti non magistrati del consiglio di presidenza della Corte dei conti si osservano in quanto applicabili le disposizioni di cui alla legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni. Il trattamento economico di tali componenti è stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, avuto riguardo alle incompatibilità, ai carichi di lavoro ed all’indennità dei componenti del Consiglio superiore della magistratura eletti dal Parlamento. 13. Responsabilità civile per fatti costituenti reato. – 1. Chi ha subito un danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato. In tal caso l’azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie. 2. All’azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato si procede altresì secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti. 14. Riparazione per errori giudiziari. – 1. Le disposizioni della presente legge non pregiudicano il diritto alla riparazione a favore delle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione. 382 Il sistema giudiziario italiano 15. Patrocinio gratuito per i meno abbienti. – 1. Chi ha un reddito imponibile risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata inferiore a lire dieci milioni, ovvero non è tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi, ha diritto alla gratuità del giudizio e al patrocinio a spese dello Stato per l’esercizio dell’azione civile ai sensi della presente legge (5). 2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dagli articoli 10 e seguenti della legge 11 agosto 1973, n. 533. 3. Il Ministro di grazia e giustizia, con proprio decreto, aggiorna entro il 30 aprile di ciascun anno l’importo di cui al comma 1 sulla base dell’indice di svalutazione monetaria rilevato dall’ISTAT per l’anno precedente. 16. Responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali. – 1. All’articolo 148 del codice di procedura penale dopo il comma terzo è aggiunto il seguente: «Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio» (6). 2. All’articolo 131 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione dell’unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio» (6). 3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai provvedimenti di altri giudici collegiali aventi giurisdizione in materia penale e di prevenzione; le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai provvedimenti dei giudici collegiali aventi giurisdizione in ogni altra materia. Il verbale delle deliberazioni è redatto dal meno anziano dei componenti del collegio o, per i collegi a composizione mista, dal meno anziano dei componenti togati, ed è sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso. 4. Nei casi previsti dall’articolo 3, il magistrato componente l’organo giudiziario collegiale risponde, altresì, in sede di rivalsa, quando il danno ingiusto, che ha dato luogo al risarcimento, è derivato dall’inosservanza di obblighi di sua specifica competenza. Normativa 383 5. Il tribunale innanzi al quale è proposta l’azione di rivalsa ai sensi dell’articolo 8 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizzazione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordina l’acquisizione agli atti del giudizio. 6. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia vengono definiti i modelli dei verbali di cui ai commi 1, 2 e 3 e determinate le modalità di conservazione dei plichi sigillati nonché della loro distruzione quando sono decorsi i termini previsti dall’articolo 4. 17. Modifica dell’articolo 328 del codice penale. – 1. Il secondo comma dell’articolo 328 del codice penale è sostituito dal seguente: «Se il pubblico ufficiale è un magistrato, vi è omissione o ritardo quando siano decorsi i termini previsti dalla legge perché si configuri diniego di giustizia». 18. Misure finanziarie. – 1. Agli oneri conseguenti all’attuazione dell’articolo 15 della presente legge, valutati in lire 2.000 milioni in ragione d’anno a decorrere dall’esercizio 1988, si fa fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1988-1990, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1988, utilizzando parzialmente l’accantonamento «Revisione della normativa in materia di patrocinio gratuito». 2. Gli altri oneri derivanti dall’attuazione della presente legge sono imputati ad apposito capitolo da istituire «per memoria» nello stato di previsione del Ministero del tesoro alla cui dotazione si provvede, in considerazione della natura della spesa, mediante prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine iscritto nel medesimo stato di previsione. 3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 19. Entrata in vigore. – 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 2. La presente legge non si applica ai fatti illeciti posti in essere dal magistrato, nei casi previsti dagli articoli 2 e 3, anteriormente alla sua entrata in vigore (7). 384 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 aprile 1988, n. 88. (2) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare: Ministero delle finanze: Circ. 25 luglio 1997, n. 212/E. (3) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 2 dicembre 1998, n. 420 (Gazz. Uff. 7 dicembre 1998, n. 286). L’art. 8, comma 2, della stessa legge ha, inoltre, disposto che gli articoli 4 e 8 della presente legge si applicano ai giudizi iniziati successivamente alla pubblicazione della citata legge n. 420 nella Gazzetta Ufficiale. (4) Comma così sostituito dall’art. 4, L. 2 dicembre 1998, n. 420 (Gazz. Uff. 7 dicembre 1998, n. 286). L’art. 8, comma 2, della stessa legge ha inoltre disposto che gli articoli 4 e 8 della presente legge si applicano ai giudizi iniziati successivamente alla pubblicazione della citata legge n. 420 nella Gazzetta Ufficiale. (5) L’importo di cui al presente art. 15, comma 1) è stato aggiornato in L. 13.590.000, al 31 dicembre 1993, dal D.M. 14 febbraio 1994 (Gazz. Uff. 24 maggio 1994, n. 119); in L. 14.147.190, al 31 dicembre 1994, dal D.M. 12 maggio 1995 (Gazz. Uff. 17 luglio 1995, n. 165); in L. 14.967.727, al 31 dicembre 1995, dal D.M. 20 febbraio 1996 (Gazz. Uff. 1° marzo 1996, n. 51). (6) La Corte costituzionale, con sentenza 9-18 gennaio 1989, n. 18 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1989, n. 4 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del primo e secondo comma dell’art. 16, nella parte in cui dispongono che «è compilato sommario processo verbale» anziché «può, se uno dei componenti dell’organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo verbale». (7) La Corte costituzionale, con sentenza 9-22 ottobre 1990, n. 468 (Gazz. Uff. 31 ottobre 1990, n. 43 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma secondo, nella parte in cui, quanto ai giudizi di responsabilità civile dei magistrati, relativamente a fatti anteriori al 16 aprile 1988, e proposti successivamente al 7 aprile 1988, non prevede che il Tribunale competente verifichi con rito camerale la non manifesta infondatezza della domanda ai fini della sua ammissibilità. Normativa 385 L. 21 novembre 1991, n. 374 (1). Istituzione del giudice di pace (2). CAPO I DEL GIUDICE DI PACE 1. Istituzione e funzioni del giudice di pace. – 1. È istituito il giudice di pace, il quale esercita la giurisdizione in materia civile e penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le norme della presente legge. 2. L’ufficio del giudice di pace è ricoperto da un magistrato onorario appartenente all’ordine giudiziario. 2. Sede degli uffici del giudice di pace. – 1. Gli uffici del giudice di pace hanno sede in tutti i capoluoghi dei mandamenti esistenti fino alla data di entrata in vigore della legge 1° febbraio 1989, n. 30. 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, possono essere istituite sedi distaccate dell’ufficio del giudice di pace in uno o più comuni del mandamento, ovvero in una o più circoscrizioni in cui siano ripartiti i comuni. 3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, due o più uffici contigui del giudice di pace possono essere costituiti in un unico ufficio con il limite che la popolazione complessiva risultante dall’accorpamento non superi i cinquantamila abitanti. Nel decreto è designato il comune in cui ha sede l’ufficio del giudice di pace. 3. Ruolo organico e pianta organica degli uffici del giudice di pace. – 1. Il ruolo organico dei magistrati onorari addetti agli uffici del giudice di pace è fissato in 4.700 posti; entro tale limite, è determinata, entro tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, la pianta organica degli uffici del giudice di pace. 2. In caso di vacanza dell’ufficio del giudice di pace o di impedimento temporaneo del magistrato che ne esercita le funzioni, il presidente del tribunale può affidare temporaneamente la reggenza dell’ufficio al giudice di pace di un ufficio contiguo. 3. Se la vacanza o l’impedimento si protrae per oltre sei mesi, si provvede a nuova nomina ai sensi dell’articolo 4. 386 Il sistema giudiziario italiano 4. Ammissione al tirocinio. – 1. Il presidente della corte d’appello, almeno sei mesi prima che si verifichino vacanze nella pianta organica degli uffici del giudice di pace ovvero al verificarsi della vacanza, richiede ai sindaci dei comuni interessati di dare notizia delle vacanze medesime mediante affissione nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, con invito alla presentazione, entro sessanta giorni, di una domanda nella quale dovranno essere indicati i requisiti posseduti e dovrà essere dichiarata l’insussistenza delle cause di incompatibilità previste dalla legge. 2. Il presidente della corte d’appello trasmette le domande pervenute al consiglio giudiziario. Il consiglio giudiziario, integrato da cinque rappresentanti designati, d’intesa tra loro, dai consigli dell’ordine degli avvocati del distretto di corte d’appello, formula le motivate proposte di ammissione al tirocinio sulla base delle domande ricevute e degli elementi acquisiti. 3. Le domande degli interessati e le proposte del consiglio giudiziario sono trasmesse dal presidente della corte d’appello al Consiglio superiore della magistratura. 4. Il Consiglio superiore della magistratura delibera l’ammissione al tirocinio di cui all’articolo 4-bis per un numero di interessati non superiore al doppio del numero di magistrati da nominare (3). 4-bis. Tirocinio e nomina. – 1. I magistrati onorari chiamati a ricoprire l’ufficio del giudice di pace sono nominati, all’esito del periodo di tirocinio e del giudizio di idoneità di cui al comma 7, con decreto del Ministro della giustizia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura. 2. Gli ammessi al tirocinio, che siano stati dichiarati idonei al termine del tirocinio medesimo ma non siano stati nominati magistrati onorari presso le sedi messe a concorso, possono essere destinati, a domanda, ad altre sedi vacanti. 3. Il tirocinio per la nomina a giudice di pace ha durata di sei mesi e viene svolto sotto la direzione di un magistrato affidatario, il quale cura che il tirocinante svolga la pratica in materia civile ed in materia penale presso gli uffici del tribunale ovvero presso gli uffici di un giudice di pace particolarmente esperto. Il tirocinio viene svolto nell’ambito del tribunale scelto come sede dal tirocinante. 4. Il consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell’articolo 4, organizza e coordina il tirocinio attuando le direttive del Consiglio superiore della magistratura, nominando i magistrati affidatari tra coloro che svolgono funzioni di giudice di tribunale ed organizzando più corsi teorico-pratici ai sensi dell’articolo 6. I corsi sono volti anche alla acquisizione di conoscenze e di tecniche finalizzate all’obiettivo della conciliazione tra le parti. 5. Il magistrato affidatario cura che l’ammesso al tirocinio assista a tutte le attività giudiziarie, compresa la partecipazione alle camere di consiglio, affidandogli la redazione di minute dei provvedimenti. Normativa 387 6. Al termine del periodo di affidamento, il magistrato affidatario redige una relazione sul tirocinio compiuto. 7. Al termine del periodo di tirocinio, il consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell’articolo 4, formula un giudizio di idoneità e propone una graduatoria degli idonei alla nomina a giudice di pace, sulla base delle relazioni dei magistrati affidatari e dei risultati della partecipazione ai corsi. 8. Ai partecipanti al tirocinio è corrisposta un’indennità pari a lire cinquantamila per ogni giorno di effettiva partecipazione al tirocinio ed è altresì assicurato il rimborso delle spese relativamente alla partecipazione ai corsi teorico-pratici. 9. Il magistrato onorario chiamato a ricoprire le funzioni di giudice di pace assume possesso dell’ufficio entro trenta giorni dalla data di nomina (4). 5. Requisiti per la nomina. – 1. Per la nomina a giudice di pace sono richiesti i seguenti requisiti: a) essere cittadino italiano; b) avere l’esercizio dei diritti civili e politici; c) non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzione e non essere sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza; d) avere conseguito la laurea in giurisprudenza; e) avere idoneità fisica e psichica; f) avere età non inferiore a 30 anni e non superiore a 70 anni; g) avere cessato, o impegnarsi a cessare prima dell’assunzione delle funzioni di giudice di pace, l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa dipendente, pubblica o privata; h) avere superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense. 2. Il requisito di cui alla lettera h) del comma 1 non è richiesto per coloro che hanno esercitato: a) funzioni giudiziarie, anche onorarie, per almeno un biennio; b) funzioni notarili; c) nsegnamento di materie giuridiche nelle università; d) funzioni inerenti alle qualifiche dirigenziali e alla ex carriera direttiva delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie. 3. Accertati i requisiti di cui ai commi 1 e 2, la nomina deve cadere su persone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario. 4. In caso di nomina condizionata alla cessazione della attività, questa deve avvenire, a pena di decadenza, anche in deroga ai termini di preavviso previsti dalle leggi relative ai singoli impieghi, entro trenta giorni dalla data della nomina (5). 388 Il sistema giudiziario italiano 6. Corsi per i giudici di pace. – 1. Il consiglio giudiziario organizza, secondo le esigenze degli uffici esistenti nel distretto, corsi di aggiornamento professionale per giudici di pace, avvalendosi della collaborazione di magistrati e di personale delle qualifiche dirigenziali delle cancellerie e segreterie giudiziarie del distretto medesimo, di avvocati e di docenti universitari. I corsi sono organizzati a livello di circondario di tribunale, hanno cadenza annuale e non possono avere durata superiore a venti giorni anche non consecutivi (6). 2. Il presidente della corte d’appello può organizzare analoghi corsi per il personale di cancelleria e ausiliario. 3. Il personale docente, fissato in tre unità per i corsi di aggiornamento professionale del giudice di pace e in due unità per quelli del personale di cancelleria e ausiliario, è di regola prescelto fra persone che prestano servizio o svolgono la loro attività nel circondario del tribunale. 4. A ciascuna unità del personale docente di cui al comma 3 è corrisposto un gettone di presenza giornaliera nella misura di lire trentamila. 5. Il consiglio giudiziario e il presidente della corte d’appello, nell’ambito delle rispettive competenze, predispongono altresì mezzi per l’informazione e l’aggiornamento dei giudici di pace e del personale di cancelleria e ausiliario. 5-bis. [Intervenuta la delibera di nomina del Consiglio superiore della magistratura, i giudici di pace possono essere ammessi ai corsi anche prima dell’assunzione delle funzioni] (7). 5-ter. Il Ministro di grazia e giustizia e il Consiglio superiore della magistratura organizzano corsi di specializzazione professionale, di durata non inferiore a tre mesi, per i giudici di pace nominati in sede di prima applicazione della legge, nei limiti di disponibilità di bilancio (8). 7. Durata dell’ufficio e conferma del giudice di pace (9). – 1. Il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica quattro anni e, al termine, può essere confermato una sola volta per uguale periodo. [Tuttavia l’esercizio delle funzioni non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno di età] (10). 1-bis. Per la conferma non è richiesto il requisito del limite massimo di età previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera f). Tuttavia l’esercizio delle funzioni non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno di età (11). 2. Una ulteriore nomina non è consentita se non decorsi quattro anni dalla cessazione del precedente incarico (12). 2-bis. In deroga a quanto previsto dagli articoli 4 e 4-bis, alla scadenza del primo quadriennio il consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell’articolo 4, nonché da un rappresentante dei giudici di pace del distretto, esprime un giudizio di idoneità del giudice di pace a svolgere le funzioni per il successivo quadriennio. Tale giudizio costituisce requisito necessario per la Normativa 389 conferma e viene espresso sulla base dell’esame a campione delle sentenze e dei verbali di udienza redatti dal giudice onorario oltre che della quantità statistica del lavoro svolto (13). 2-ter. La conferma viene disposta con decreto del Ministro della giustizia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura (13). 2-quater. Le domande di conferma ai sensi del presente articolo hanno la priorità sulle domande previste dagli articoli 4 e 4-bis e sulla richiesta di trasferimento prevista dall’articolo 10-ter (13) (14). 8. Incompatibilità. – 1. Non possono esercitare le funzioni di giudice di pace: a) i membri del Parlamento, i consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, i componenti dei comitati di controllo sugli atti degli enti locali e delle loro sezioni; b) gli ecclesiastici e i ministri di qualunque confessione religiosa; c) coloro che ricoprono o abbiano ricoperto nei tre anni precedenti alla nomina incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici (15). c-bis) coloro che svolgono attività professionale per imprese di assicurazione o banche oppure hanno il coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado che svolgono abitualmente tale attività (16). 1-bis. Gli avvocati non possono esercitare le funzioni di giudice di pace nel circondario del tribunale nel quale esercitano la professione forense ovvero nel quale esercitano la professione forense i loro associati di studio, il coniuge, i conviventi, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado (17). 1-ter. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice di pace non possono esercitare la funzione forense dinanzi all’ufficio del giudice di pace al quale appartengono e non possono rappresentare, assistere o difendere le parti di procedimenti svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi di giudizio. Il divieto si applica anche agli associati di studio, al coniuge, ai conviventi, ai parenti entro il secondo grado e agli affini entro il primo grado (17). 2. [Gli avvocati e i procuratori legali non possono esercitare le funzioni di giudice di pace nel distretto di corte d’appello nel quale esercitano la professione forense] (18). 8-bis. Limiti all’esercizio della professione forense. – 1. [Gli avvocati e i procuratori legali (19) che svolgono le funzioni di giudice di pace non possono esercitare la professione forense dinanzi all’ufficio del giudice di pace al quale appartengono e non possono rappresentare, assistere o difendere le parti di procedimenti svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi di giudizio] (20). 390 Il sistema giudiziario italiano 9. Decadenza, dispensa, sanzioni disciplinari. – 1. Il giudice di pace decade dall’ufficio quando viene meno taluno dei requisiti necessari per essere ammesso alle funzioni di giudice di pace, per dimissioni volontarie ovvero quando sopravviene una causa di incompatibilità. 2. Il giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d’ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi. 3. Nei confronti del giudice di pace possono essere disposti l’ammonimento, la censura, o, nei casi più gravi, la revoca se non è in grado di svolgere diligentemente e proficuamente il proprio incarico ovvero in caso di comportamento negligente o scorretto. 4. Nei casi indicati dal comma 1, con esclusione delle ipotesi di dimissioni volontarie, e in quelli indicati dai commi 2 e 3, il presidente della corte d’appello propone al consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell’articolo 4, nonché da un rappresentante dei giudici di pace del distretto, la dichiarazione di decadenza, la dispensa, l’ammonimento, la censura o la revoca. Il consiglio giudiziario, sentito l’interessato e verificata la fondatezza della proposta, trasmette gli atti al Consiglio superiore della magistratura affinché provveda sulla dichiarazione di decadenza, sulla dispensa, sull’ammonimento, sulla censura o sulla revoca. 5. I provvedimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 sono adottati con decreto del Ministro della giustizia (21). 10. Doveri del giudice di pace. – 1. Il giudice di pace è tenuto all’osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari. Ha inoltre l’obbligo di astenersi, oltre che nei casi di cui all’articolo 51 del codice di procedura civile, in ogni caso in cui abbia avuto o abbia rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione con una delle parti (22). 10-bis. Divieto di applicazione o supplenza. – 1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, i giudici di pace non possono essere destinati, in applicazione o supplenza, ad altri uffici giudicanti (23). 10-ter. Richiesta di trasferimento e concorso di domande. – 1. I giudici di pace in servizio possono chiedere il trasferimento presso altri uffici del giudice di pace che presentino vacanze in organico. 2. Qualora per il posto vacante concorrano domande di trasferimento e domande di nomina da parte di soggetti già dichiarati idonei al termine del tirocinio, queste ultime hanno priorità. Qualora concorrano domande di trasferimento e domande di ammissione al tirocinio presentate ai sensi dell’articolo 4, il Consiglio superiore della magistratura valuta a quale accordare priorità (24). Normativa 391 10-quater. Sostituzione dei rappresentanti designati dai consigli dell’ordine degli avvocati. – 1. Nelle ipotesi di cui al comma 2-bis dell’articolo 7 e al comma 4 dell’articolo 9, i rappresentanti designati dai consigli dell’ordine degli avvocati del distretto di corte di appello, iscritti all’albo professionale relativo al circondario in cui esercita le proprie funzioni il giudice di pace sottoposto alla valutazione del consiglio giudiziario, sono sostituiti da rappresentanti supplenti iscritti all’albo professionale relativo ad un diverso circondario (25). 11. Indennità spettanti al giudice di pace. – 1. L’ufficio del giudice di pace è onorario. 2. Ai magistrati onorari che esercitano la funzione di giudice di pace è corrisposta un’indennità di L. 70.000 per ciascuna udienza civile o penale, anche se non dibattimentale, e per l’attività di apposizione dei sigilli, nonché di L. 110.000 per ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo (26). 3. È altresì dovuta un’indennità di L. 500.000 per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di rimborso spese per l’attività di formazione, aggiornamento e per l’espletamento dei servizi generali di istituto. Nulla è dovuto per le cause cancellate che vengono riassunte e per le udienze complessivamente tenute oltre le 110 l’anno (27). 3-bis. In materia civile è corrisposta altresì una indennità di lire ventimila per ogni decreto ingiuntivo o ordinanza ingiuntiva emessi, rispettivamente, a norma degli articoli 641 e 186-ter del codice di procedura civile; l’indennità spetta anche se la domanda di ingiunzione è rigettata con provvedimento motivato (28). 4. L’ammontare delle indennità di cui ai commi 2 e 3 e 3-bis del presente articolo e di cui al comma 2-bis dell’articolo 15 è rideterminato ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in relazione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente (29). 4-bis. Le indennità previste dal presente articolo sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati (30). 12. Cancelleria del giudice di pace e personale ausiliario. – 1. Le funzioni di cancelleria presso il giudice di pace sono esercitate dal personale di cancelleria appartenente ai ruoli del Ministero di grazia e giustizia inquadrato nella I qualifica dirigenziale e nella IX, VIII, VII, VI, V, IV e III qualifica funzionale. 2. L’organico relativo al personale di cancelleria viene aumentato complessivamente di n. 6.059 unità di cui: a) 12 della I qualifica dirigenziale; 392 Il sistema giudiziario italiano b) 84 della IX qualifica funzionale; c) 840 dell’VIII qualifica funzionale; d) 1.495 della VI qualifica funzionale; e) 802 della V qualifica funzionale; f) 1.604 della IV qualifica funzionale; g) 1.222 della III qualifica funzionale. 3. L’organico relativo al personale degli uffici notificazioni e protesti viene aumentato complessivamente di n. 1.360 unità di cui: a) 240 della VII qualifica funzionale; b) 480 della VI qualifica funzionale; c) 640 della V qualifica funzionale. 4. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi entro sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, si provvede a stabilire la dotazione organica del personale dei singoli uffici del giudice di pace. 5. Alla copertura dei posti di organico di cui al comma 4 si provvede mediante immissione in ruolo con priorità del personale in servizio presso gli uffici di conciliazione alla data del 31 dicembre 1989, secondo modalità che saranno stabilite con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi entro sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, e che tengano conto dei profili professionali e dei requisiti previsti per l’accesso alle corrispondenti categorie del personale dell’amministrazione giudiziaria già in ruolo. 6. Alla copertura dei posti di organico recati in aumento dal comma 3 si provvede mediante immissione in ruolo con priorità dei messi di conciliazione non dipendenti comunali, purché in possesso del decreto di nomina rilasciato dal presidente del tribunale anteriormente alla data del 31 dicembre 1989, secondo modalità consistenti in prove selettive che saranno stabilite con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi entro sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge. 13. Notificazione degli atti. – 1. Alla notificazione di tutti gli atti relativi ai procedimenti di competenza del giudice di pace, ivi comprese le decisioni in forma esecutiva e i relativi atti di precetto, provvedono gli ufficiali giudiziari, gli aiutanti ufficiali giudiziari e i messi di conciliazione in servizio presso i comuni compresi nella circoscrizione del giudice di pace, fino a esaurimento del loro ruolo di appartenenza. 2. Ai messi di conciliazione, che assumono la nuova denominazione di messi del giudice di pace, si applicano, limitatamente al servizio di notificazione, le norme dell’ordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, e successive modificazioni (31). Normativa 393 14. Locali, attrezzature e servizi degli uffici del giudice di pace. – 1. Gli uffici del giudice di pace sono ubicati nei locali delle preture, se le strutture edilizie esistenti lo consentono, ovvero in adeguati locali apprestati dai comuni nei quali hanno sede gli uffici medesimi. Ai predetti comuni viene corrisposto un contributo annuo a carico dello Stato per le spese da essi sostenute, ai sensi della L. 24 aprile 1941, n. 392. 2. Resta a carico dello Stato la fornitura di attrezzature e servizi necessari per il funzionamento degli uffici. 15. Coordinatore dell’ufficio del giudice di pace. – 1. Nel caso in cui all’ufficio siano assegnati più giudici, il più anziano per le funzioni giudiziarie esercitate o, in mancanza, il più anziano avuto riguardo alla data di assunzione dell’incarico o, a parità di date, il più anziano di età, svolge compiti di coordinamento. 2. Il coordinatore, secondo le direttive del Consiglio superiore della magistratura e in armonia con le indicazioni del consiglio giudiziario, provvede all’assegnazione degli affari e, d’intesa con il presidente del tribunale, stabilisce annualmente i giorni e le ore delle udienze di istruzione e di discussione delle cause di competenza dell’ufficio. 2-bis. Al coordinatore spetta un’indennità di presenza mensile per l’effettivo esercizio delle funzioni di lire 250.000 per gli uffici aventi un organico fino a cinque giudici, di lire 400.000 per gli uffici aventi un organico da sei a dieci giudici, di lire 600.000 per gli uffici aventi un organico da undici a venti giudici e di lire 750.000 per tutti gli altri uffici (32). 2-ter. L’indennità di cui al comma 2-bis spetta al coordinatore anche se all’ufficio cui egli è addetto non risulti effettivamente assegnato altro giudice (33). 16. Sorveglianza. – 1. La sorveglianza sugli uffici del giudice di pace è esercitata dal Consiglio superiore della magistratura con possibilità di delega al presidente del tribunale territorialmente competente. CAPO II COMPETENZE E PROCEDIMENTO CIVILE DEL GIUDICE DI PACE 17. Competenza del giudice di pace. – 1. (34). 18. Competenza del pretore. – 1. (35). 19. Connessione. – 1. (36). 20. Patrocinio. – 1. (37). 394 Il sistema giudiziario italiano 21. Giudizio secondo equità. – 1. (38). 22. Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale. – 1. (39). 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (40). 23. Poteri istruttori del giudice. – 1. (41). 24. Querela di falso. – 1. (42). 25. Forma della domanda. – 1. (43). 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (44). 26. Rappresentanza davanti al giudice di pace. – 1. (45). 27. Contenuto della domanda. – 1. (46). 28. Costituzione delle parti. – 1. (47). 29. Trattazione della causa. – 1. (48). 30. Decisione. – 1. (49). 31. Conciliazione in sede non contenziosa. – 1. (50). 32. Termini per le impugnazioni. – 1. (51). 33. Impugnazione. – 1. (52). 34. Giudice dell’appello. – 1. (53). CAPO III COMPETENZA E PROCEDIMENTO PENALE DEL GIUDICE DI PACE (54) 35. Delega al Governo in materia penale. – [1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro il 30 dicembre 1994, norme concernenti la competenza del giudice di pace in materia penale ed il relativo procedimento unitamente alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, sulla base dei princìpi e criteri direttivi previsti dagli articoli 36, 37 e 38]. 36. Competenza in materia penale del giudice di pace. – [1. Al giudice di pace è devoluta la competenza per le contravvenzioni e per i delitti puniti con Normativa 395 la pena della multa, anche in alternativa alla pena della reclusione, purché tali reati siano previsti da norme che non presentino particolari difficoltà interpretative e non diano luogo, di regola, a particolari problemi di valutazione della prova in sede di accertamento giudiziale]. 37. Procedimento penale innanzi al giudice di pace. – [1. Al procedimento penale innanzi al giudice di pace si applicano i criteri e i princìpi di cui all’articolo 2, comma 1, n. 103), della legge 16 febbraio 1987, n. 81, con le massime semplificazioni rese necessarie dalla particolare competenza dello stesso giudice. 2. Si applica la procedura prevista dall’articolo 8 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, ma i termini per l’espressione del parere sono ridotti alla metà]. 38. Entrata in vigore del decreto legislativo. – [1. Il decreto legislativo emanato ai sensi dell’articolo 35 entra in vigore il 1° gennaio 1996]. CAPO IV NORME DI COORDINAMENTO, TRANSITORIE E FINALI 39. Coordinamento. – 1. In tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le espressioni «conciliatore», «giudice conciliatore» e «vice conciliatore» ovvero «ufficio di conciliazione», queste debbono intendersi sostituite rispettivamente con le espressioni «giudice di pace» e «ufficio del giudice di pace». 40. Norme per le regioni Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta. – 1. Alla nomina, alla decadenza, alla dispensa, all’ammonimento, alla censura e alla revoca dall’ufficio dei magistrati onorari investiti delle funzioni di giudice di pace nelle regioni Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta dei presidenti delle rispettive giunte regionali, osservate le altre norme in materia stabilite dall’ordinamento giudiziario e nel rispetto delle procedure previste dalla presente legge (55). 2. I presidenti delle giunte regionali di cui al comma 1 rilasciano l’autorizzazione all’esercizio delle funzioni del personale amministrativo presso gli uffici del giudice di pace; detto personale sarà inquadrato in ruoli locali secondo le modalità che saranno stabilite con legge della regione; i presidenti delle medesime giunte regionali provvedono anche alla revoca e alla sospensione temporanea dell’autorizzazione nei casi previsti dall’ordinamento giudiziario. 3. Le spese che le regioni incontrano in conseguenza di quanto disposto dal presente articolo vengono rimborsate dallo Stato agli enti stessi. 396 Il sistema giudiziario italiano 4. Per quanto non specificamente previsto dal presente articolo, si provvede con le norme di coordinamento e di attuazione ai sensi dell’articolo 42, sentiti gli enti interessati. 41. Conoscenza delle lingue italiana, tedesca e francese. – 1. Nel territorio della provincia di Bolzano, per la nomina dei giudici di pace e degli ausiliari addetti agli uffici del giudice di pace, è richiesta la piena conoscenza delle lingue italiana e tedesca, da accertare secondo le norme vigenti ed osservate le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n. 571. 2. Nel territorio della regione Valle d’Aosta, per la nomina dei giudici di pace nonché dei cancellieri, degli uscieri e degli altri addetti agli uffici del giudice di pace, è richiesta la conoscenza della lingua francese, ai sensi dell’articolo 38 dello Statuto speciale, adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, e degli articoli 51, 52, 53 e 54 della legge 16 maggio 1978, n. 196. 3. Nei comuni della Valle d’Aosta e nelle relative borgate o frazioni possono essere istituiti uffici distinti del giudice di pace. 42. Norme di coordinamento e di attuazione. – 1. Entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono emanate le norme di coordinamento e di attuazione rese necessarie dalla presente legge. 43. Cause pendenti. – 1. Sono decise dal conciliatore, dal pretore o dal tribunale secondo le norme anteriormente vigenti le cause pendenti dinanzi agli stessi organi anche se attribuite dalla presente legge alla competenza del giudice di pace. Tuttavia, i giudizi dinanzi al pretore sono da quest’ultimo decisi qualora rientrino nella sua competenza ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 8 del codice di procedura civile, ancorché il pretore fosse incompetente a deciderli ai sensi della legge anteriore. 44. Soppressione degli uffici dei giudici conciliatori. – [1. Sono soppressi gli uffici dei giudici conciliatori, fatta salva l’attività necessaria per l’esaurimento delle cause pendenti] (56). 45. Dei giudici. – 1. (57). 46. Regime fiscale. – 1. Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovvero alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di due milioni di lire sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Normativa 397 2. [Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause e alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore superi la somma di due milioni di lire sono assoggettati al pagamento di imposte, tasse, diritti e spese secondo quanto disposto per i giudizi di cognizione innanzi al pretore dalle tabelle allegate alla legge 7 febbraio 1979, n. 59, come modificata dalla legge 6 aprile 1984, n. 57, e dalla legge 21 febbraio 1989, n. 99] (58). 47. Abrogazioni. – 1. Sono abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge ed in particolare l’articolo 8, secondo comma, nn. 2) e 4), del codice di procedura civile, nonché gli articoli 66 e 67 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice. 2. È abrogato il capo I del titolo II dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, salvo quanto disposto dall’articolo 44 della presente legge. 48. Copertura finanziaria. – 1. Gli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge sono valutati in lire 60 miliardi per l’anno 1991 ed in lire 348 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993. A partire dall’anno 1994 l’onere a regime viene valutato in lire 385 miliardi. 2. Alla copertura degli oneri relativi agli anni 1991, 1992 e 1993 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1991, all’uopo utilizzando lo specifico accantonamento: «Istituzione del giudice di pace». 3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 49. Efficacia di singole disposizioni. – 1. Le disposizioni di cui agli articoli 3, commi 2 e 3; 7; 9; 10; 11; 13; da 15 a 34; da 39 a 41 e da 43 a 47 hanno efficacia a partire dal 1° maggio 1995 (59). 50. Entrata in vigore della legge 26 novembre 1990, n. 353. – 1. L’articolo 92 della legge 26 novembre 1990, n. 353, è sostituito dal seguente: «Art. 92 – Entrata in vigore. – 1. Fatta eccezione per la disposizione di cui all’articolo 1, la presente legge entra in vigore il 1° gennaio 1993». 51. Disciplina transitoria per l’attività di notificazione degli atti. – [1. Nei primi tre anni di applicazione della presente legge, fermo il disposto dell’articolo 13, alla notificazione di tutti gli atti relativi ai procedimenti di competenza del giudice di pace, ivi comprese le decisioni in forma esecutiva ed i relativi atti di precetto, provvedono altresì i messi di conciliazione dipendenti comunali in servizio presso i comuni compresi nella circoscrizione del giudice di pace] (60). 398 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 novembre 1991, n. 278, S.O. Per l’entrata in vigore delle singole disposizioni, vedi l’articolo 49. (2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari: - Ministero della giustizia: Circ. 11 gennaio 2000, n. 88/2000/U; Circ. 27 gennaio 2000; - Ministero delle finanze: Circ. 30 marzo 2001, n. 34/E. (3) Articolo prima modificato dall’art. 8, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi così sostituito dall’art. 1, L. 24 novembre 1999, n. 468. (4) Articolo aggiunto dall’art. 2, L. 24 novembre 1999, n. 468. (5) Articolo prima modificato dall’art. 9, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi così sostituito dall’art. 3, L. 24 novembre 1999, n. 468. (6) Comma così modificato prima dall’art. 10, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi dall’art. 4, L. 24 novembre 1999, n. 468. (7) Comma aggiunto dall’art. 10, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi abrogato dall’art. 4, L. 24 novembre 1999, n. 468. (8) Comma aggiunto dall’art. 16, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571. (9) Rubrica così sostituita prima dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16 e poi dall’art. 5, L. 24 novembre 1999, n. 468. (10) Periodo abrogato dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16. (11) Il presente comma, aggiunto dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16, è stato così modificato dall’art. 5, L. 24 novembre 1999, n. 468. (12) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16. (13) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 24 novembre 1999, n. 468. (14) In deroga a quanto disposto dal presente articolo, vedi l’art. 20, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (15) Lettera così modificata dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468. (16) Lettera aggiunta dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468. (17) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468. (18) Comma abrogato dall’art. 11, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571. (19) Il termine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine «avvocato» per effetto del disposto dell’art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27. (20) Articolo aggiunto dall’art. 11, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi abrogato dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468. (21) Articolo così sostituito dall’art. 7, L. 24 novembre 1999, n. 468. (22) Articolo così sostituito dall’art. 8, L. 24 novembre 1999, n. 468. (23) Articolo aggiunto dall’art. 9, L. 24 novembre 1999, n. 468. (24) Articolo aggiunto dall’art. 10, L. 24 novembre 1999, n. 468. (25) Articolo aggiunto dall’art. 11, L. 24 novembre 1999, n. 468. (26) Comma prima modificato dal D.M. 6 novembre 1996 (Gazz. Uff. 27 novembre 1996, n. 278) e poi così sostituito dall’art. 12, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dall’art. 24-bis, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. ( 27) Comma così sostituito dall’art. 12, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell’art. 24bis D.L. 24 novembre 2000, n. 341, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Normativa 399 (28) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (29) Comma così sostituito dall’art. 5, comma 2, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (30) Comma aggiunto dall’art. 15, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571. I commi 2, 3 e 4 dello stesso art. 15 hanno, inoltre, così disposto: «2. Ai giudici di pace che abbiano presentato la domanda di nomina entro il 15 ottobre 1993 non si applica la disposizione di cui all’articolo 11, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. Il beneficio viene meno qualora il giudice di pace decada dall’incarico nel corso del primo quadriennio. 3. Al personale che cessa dal servizio per assumere l’ufficio di giudice di pace non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438. Il beneficio viene meno qualora il giudice di pace decada dall’incarico entro i termini previsti dalle disposizioni innanzi indicate. 4. Al personale che cessa dal servizio ed assume le funzioni di giudice di pace non si applicano i commi 1 e 2 dell’articolo 1 del decreto-legge 28 settembre 1994, n. 553. Il beneficio viene meno qualora il giudice di pace decada dall’incarico nel corso del primo quadriennio». (31) Articolo così sostituito prima dall’art. 11-bis, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi dall’art. 6, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (32) Comma aggiunto dall’art. 5, comma 3, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (33) Comma aggiunto dall’art. 20, D.L. 24 novembre 2000, n. 341. (34) Sostituisce l’art. 7 del codice di procedura civile. (35) Sostituisce l’art. 8, primo comma, del codice di procedura civile. (36) Aggiunge alcuni comma all’articolo 40 del codice di procedura civile. (37) Sostituisce l’articolo 82 del codice di procedura civile. (38) Sostituisce l’articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile. (39) Sostituisce l’intitolazione del titolo secondo del libro secondo del codice di procedura civile. (40) Sostituisce l’articolo 311 del codice di procedura civile. (41) Sostituisce l’articolo 312 del codice di procedura civile. (42) Sostituisce l’articolo 313 del codice di procedura civile. (43) Sostituisce l’intitolazione del capo terzo, del titolo secondo, del libro secondo del codice di procedura civile. (44) Sostituisce l’articolo 316 del codice di procedura civile. (45) Sostituisce l’articolo 317 del codice di procedura civile. (46) Sostituisce l’articolo 318 del codice di procedura civile. (47) Sostituisce l’articolo 319 del codice di procedura civile. (48) Sostituisce l’articolo 320 del codice di procedura civile. (49) Sostituisce l’articolo 321 del codice di procedura civile. (50) Sostituisce l’articolo 322 del codice di procedura civile. (51) Sostituisce l’articolo 325, primo comma, del codice di procedura civile. (52) Sostituisce l’articolo 339, terzo comma, del codice di procedura civile. (53) Aggiunge un comma all’art. 341 del codice di procedura civile. (54) L’intero capo III, comprendente gli articoli da 35 a 38, è stato abrogato dall’art. 20, L. 24 novembre 1999, n. 468. (55) Comma così modificato dall’art. 13, L. 24 novembre 1999, n. 468. (56) Articolo abrogato dall’art. 3, L. 16 dicembre 1999, n. 479. (57) Sostituisce il primo comma dell’art. 1, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (58) Comma abrogato dall’art. 243, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. 400 Il sistema giudiziario italiano (59) Articolo così sostituito prima dall’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1992, n. 292) e poi dall’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571. (60) Articolo abrogato dall’art. 11-bis, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571. Normativa 401 L. 15 maggio 1997, n. 127 (1). Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo. (Omissis) 17. Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell’attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo. (Omissis) Co. 113. Il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, sentite le competenti Commissioni parlamentari, per modificare la disciplina del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: semplificazione delle modalità di svolgimento del concorso e introduzione graduale, come condizione per l’ammissione al concorso, dell’obbligo di conseguire un diploma esclusivamente presso scuole di specializzazione istituite nelle università, sedi delle facoltà di giurisprudenza (2) (3). Co. 114. Anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all’accesso alle professioni di avvocato e notaio, il diploma di specializzazione di cui al comma 113 costituisce, nei termini che saranno definiti con decreto del Ministro di grazia e giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, titolo valutabile ai fini del compimento del relativo periodo di pratica. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti i competenti ordini professionali, sono definiti i criteri per la istituzione ed organizzazione delle scuole di specializzazione di cui al comma 113, anche prevedendo l’affidamento annuale degli insegnamenti a contenuto professionale a magistrati, notai ed avvocati (3). (Omissis) (Omissis) 402 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 maggio 1997, n. 113, S.O. (2) Comma così modificato dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (3) In attuazione della delega contenuta nel presente comma, vedi il D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Normativa 403 D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398 (1). Modifica alla disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione per le professioni legali, a norma dell’articolo 17, commi 113 e 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l’articolo 17, comma 113, della legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, che prevede la delega al Governo per la emanazione di uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, semplificando le modalità di svolgimento del concorso medesimo; Visto il regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12; Visto il regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860; Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 5 agosto 1997; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione del 5 novembre 1997; Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica; EMANA IL SEGUENTE DECRETO LEGISLATIVO: CAPO I SEMPLIFICAZIONE DEL CONCORSO PER UDITORE GIUDIZIARIO 1. Concorso per uditore giudiziario. – 1. (2). 2. Prova preliminare. – 1. (3). 3. Prove concorsuali. – 1. (4). 4. Commissione permanente per la tenuta dell’archivio dei quesiti della prova preliminare. – 1. (5). 5. Regolamento per lo svolgimento della prova preliminare. – 1. (6). 404 Il sistema giudiziario italiano 6. Requisiti per la ammissione al concorso. – 1. (7). 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (8). 7. Indizione del concorso. – 1. (9). 8. Presentazione della domanda. – 1. (10). 9. Commissione esaminatrice. – 1. (11). 10. Lavori della commissione. – 1. (12). 11. Esclusione dai concorsi. – 1. (13). 12. Titoli di preferenza. – 1. (14). 13. Assunzione dei magistrati per concorso. – 1. (15). 14. Sottocommissioni. – 1. Se i candidati che hanno portato a termine la prova scritta sono più di trecento, il presidente forma per ogni seduta due sottocommissioni, a ciascuna delle quali assegna, secondo criteri obbiettivi, la metà dei candidati da esaminare. Le sottocommissioni sono rispettivamente presiedute dal presidente e dal vice presidente, sostituiti dal commissario magistrato più anziano in caso di assenza o impedimento, ed assistite da un segretario. 2. Per la valutazione degli elaborati scritti il presidente articola ciascuna sottocommissione in tre collegi, di almeno tre componenti, presieduti dal presidente, dal vicepresidente o dal commissario magistrato più anziano ed assistiti da un segretario. In caso di parità di voti, prevale quello del presidente. Ciascun collegio esamina gli elaborati di una delle materie oggetto della prova. Ai collegi ed a ciascuna sottocommissione si applicano, rispettivamente, le disposizioni dettate per le sottocommissioni e la commissione dagli articoli 12 e 16 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni. 3. Ciascuna sottocommissione procede all’esame orale dei candidati ed all’attribuzione del punteggio finale, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 15 e 16 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860. 4. La commissione delibera su ogni oggetto eccedente la competenza delle sottocommissioni. 5. Prima di procedere all’esame degli elaborati scritti ed allo svolgimento della prova orale, la commissione ne definisce i criteri di valutazione (16). 15. Informazioni. – 1. Le autorità alle quali sono trasmesse richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 124, comma quinto, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono tenute a fornirle entro trenta giorni. Normativa 405 CAPO II SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER LE PROFESSIONI LEGALI 16. Scuola di specializzazione per le professioni legali (17). – 1. Le scuole di specializzazione per le professioni legali sono disciplinate, salvo quanto previsto dal presente articolo, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (18). 2. Le scuole di specializzazione per le professioni legali, sulla base di modelli didattici omogenei i cui criteri sono indicati nel decreto di cui all’articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e nel contesto dell’attuazione della autonomia didattica di cui all’articolo 17, comma 95, della predetta legge, provvedono alla formazione comune dei laureati in giurisprudenza attraverso l’approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche, finalizzato all’assunzione dell’impiego di magistrato ordinario o all’esercizio delle professioni di avvocato o notaio. L’attività didattica per la formazione comune dei laureati in giurisprudenza è svolta anche da magistrati, avvocati e notai. Le attività pratiche, previo accordo o convenzione, sono anche condotte presso sedi giudiziarie, studi professionali e scuole del notariato, con lo specifico apporto di magistrati, avvocati e notai (19). 2-bis. La durata delle scuole di cui al comma 1 è fissata in due anni per coloro che conseguono la laurea in giurisprudenza secondo l’ordinamento didattico previgente all’entrata in vigore degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea e di laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche, adottati in esecuzione del decreto 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica (20). 2-ter. L’ordinamento didattico delle scuole di cui al comma 1 è articolato sulla durata di un anno per coloro che conseguono la laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici adottati in esecuzione del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della giustizia, sono definiti i criteri generali ai fini dell’adeguamento dell’ordinamento medesimo alla durata annuale (20). 3. Le scuole di cui al comma 1 sono istituite, secondo i criteri indicati nel decreto di cui all’articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, dalle università, sedi di facoltà di giurisprudenza, anche sulla base di accordi e convenzioni interuniversitari, estesi, se del caso, ad altre facoltà con insegnamenti giuridici. 4. Nel consiglio delle scuole di specializzazione di cui al comma 1 sono presenti almeno un magistrato ordinario, un avvocato ed un notaio. 5. Il numero dei laureati da ammettere alla scuola, è determinato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di 406 Il sistema giudiziario italiano concerto con il Ministro di grazia e giustizia, in misura non inferiore al dieci per cento del numero complessivo di tutti i laureati in giurisprudenza nel corso dell’anno accademico precedente, tenendo conto, altresì, del numero dei magistrati cessati dal servizio a qualunque titolo nell’anno precedente aumentato del venti per cento del numero di posti resisi vacanti nell’organico dei notai nel medesimo periodo, del numero di abilitati alla professione forense nel corso del medesimo periodo e degli altri sbocchi professionali da ripartire per ciascuna scuola di cui al comma 1, e delle condizioni di ricettività delle scuole. L’accesso alla scuola avviene mediante concorso per titoli ed esame. La composizione della commissione esaminatrice, come pure il contenuto delle prove d’esame ed i criteri oggettivi di valutazione delle prove, è definita nel decreto di cui all’articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Il predetto decreto assicura la presenza nelle commissioni esaminatrici di magistrati, avvocati e notai. 6. Le prove di esame di cui al comma 5 hanno contenuto identico sul territorio nazionale e si svolgono in tutte le sedi delle scuole di cui al comma 3. La votazione finale è espressa in sessantesimi. Ai fini della formazione della graduatoria, si tiene conto del punteggio di laurea e del curriculum degli studi universitari, valutato per un massimo di dieci punti. 7. Il rilascio del diploma di specializzazione è subordinato alla certificazione della regolare frequenza dei corsi, al superamento delle verifiche intermedie, al superamento delle prove finali di esame. 8. Il decreto di cui all’art. 17, comma 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127, è emanato sentito il Consiglio superiore della magistratura. CAPO III DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI 17. Norme transitorie e finali. – [1. In deroga a quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 123-bis, a decorrere dal settimo anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il numero dei candidati che possono conseguire l’ammissione alla prova scritta del concorso per uditore giudiziario all’esito della prova preliminare è progressivamente ridotto del dieci per cento l’anno fino a raggiungere un numero pari a due volte quello dei posti messi a concorso. 2. Le disposizioni di cui al capo I, fatta eccezione per gli articoli 12, 13 e 15, non si applicano ai concorsi per uditore giudiziario già banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. 3. Nei novanta giorni successivi al suo insediamento la commissione prevista dall’articolo 123-quater del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, provvede alla creazione di un archivio provvisorio delle domande, utilizzando Normativa 407 archivi di domande già predisposti per l’accesso ad altri concorsi, anche se aventi ad oggetto una sola delle materie della prova scritta, eventualmente modificandole per adattarle ai criteri previsti dall’articolo 123-bis, comma 2. 4. Se alla data di adozione del decreto ministeriale con il quale è bandito il concorso per uditore giudiziario, successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, non sia intervenuto il decreto ministeriale di cui all’articolo 19, che attesta la avvenuta formazione della banca dati, con decreto del Ministro di grazia e giustizia, su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura, può essere disposto che la prova preliminare sia effettuata utilizzando l’archivio provvisorio di cui al comma 3. 5. Alla prova preliminare di cui al comma 4 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 123-bis del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, nonché quelle del regolamento per lo svolgimento della prova preliminare. 5-bis. Per i tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, la prova preliminare di cui all’articolo 123-bis dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’art. 2 del presente decreto legislativo, ha luogo a Roma o in sede decentrate (21)] (22). 18. Abrogazioni. – 1. Sono abrogate le norme incompatibili con il presente decreto legislativo ed in particolare: a) l’articolo 1 della legge 17 novembre 1978, n. 746; b) la legge 4 febbraio 1985, n. 11; c) l’articolo 1, comma 3, della legge 3 febbraio 1989, n. 32; d) gli articoli 1 e 2 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860; e) l’articolo 12, comma secondo, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, come sostituito, da ultimo, dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1965, n. 617; f) l’articolo 4, primo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860. 19. Termini per adozione di provvedimenti. – [1. La commissione di cui all’articolo 123-quater dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è nominata entro quindici giorni dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo. 2. Il regolamento di cui all’articolo 123-quinquies dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è emanato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. L’archivio delle domande è approntato entro i duecentoquaranta giorni successivi. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, l’archivio delle domande diviene utilizzabile per il concorso per uditore giudiziario] (22). 408 Il sistema giudiziario italiano 20. Norme applicabili al concorso per uditore giudiziario riservato alla provincia autonoma di Bolzano. – 1. Fermo restando quanto previsto dalle norme vigenti, al concorso per uditore giudiziario riservato per la provincia autonoma di Bolzano, non si applicano i seguenti articoli: 124, commi primo, secondo e terzo, 125, 125-ter e 125-quater del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. Al concorso sono ammessi i laureati in giurisprudenza che, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, risultino di età non inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta, soddisfino alle condizioni previste dall’articolo 8 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ed abbiano gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti (23). Normativa 409 NOTE (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 1997, n. 269. (2) Sostituisce l’art. 123, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (3) Aggiunge l’art. 123-bis, al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (4) Aggiunge l’art. 123-ter, al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (5) Aggiunge l’art. 123-quater al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (6) Aggiunge l’art. 123-quinquies al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (7) Sostituisce con tre commi il comma 1 dell’art. 124, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (8) Sostituisce il quinto comma dell’art. 124, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (9) Sostituisce l’art. 125, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (10) Aggiunge l’art. 125-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (11) Aggiunge l’art. 125-ter al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (12) Aggiunge l’art. 125-quater al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (13) Aggiunge l’art. 126-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (14) Sostituisce con tre commi il terzo comma dell’art. 127, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (15) Sostituisce l’art. 12, L. 24 marzo 1958, n. 195. (16) Articolo così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (17) Rubrica così modificata dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (18) Comma così modificato dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48. Con D.M. 21 dicembre 1999, n. 537, è stato emanato il regolamento contenente le norme per l’istituzione e l’organizzazione delle scuole di specializzazione per le professioni legali. (19) Comma così modificato dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (20) Comma aggiunto dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (21) Comma aggiunto dall’art. 3, D.L. 21 settembre 1998, n. 328. (22) Articolo abrogato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. (23) Articolo così modificato dall’art. 11, L. 13 febbraio 2001, n. 48. 410 Il sistema giudiziario italiano D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (1). Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado (2). IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l’articolo 1 della legge 16 luglio 1997, n. 254, recante delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi diretti ad istituire, in vista di una più razionale distribuzione delle competenze degli uffici giudiziari, il giudice unico di primo grado; Viste le preliminari deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 14 novembre 1997 e del 19 dicembre 1997; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati a norma dell’articolo 1, comma 3, della citata legge 16 luglio 1997, n. 254; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 13 febbraio 1998; Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia; EMANA IL SEGUENTE DECRETO LEGISLATIVO: TITOLO I DISPOSIZIONI SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO CAPO I DISPOSIZIONI RELATIVE AGLI ORGANI CHE AMMINISTRANO LA GIUSTIZIA 1. 1. L’ufficio del pretore è soppresso, fatta salva l’attività necessaria per l’esaurimento degli affari pendenti secondo quanto previsto dal presente decreto. Fuori dei casi in cui è diversamente disposto dal presente decreto, le relative competenze sono trasferite al tribunale ordinario. 2. Nel primo comma dell’articolo 1 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è soppressa la lettera b). 2. 1. L’ufficio del pubblico ministero presso la pretura circondariale è soppresso. Le relative funzioni sono trasferite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale ordinario. 2. (3). Normativa 411 3. 1. L’articolo 3 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è così modificato: a) nel primo comma, le parole “, pretura” sono soppresse; b) nel secondo comma, le parole “Alle corti, ai tribunali ed alle preture” sono sostituite dalle parole “ Alle corti e ai tribunali”. 4. 1. L’articolo 4 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è così modificato: a) nel primo comma, le parole “delle preture,” sono soppresse; b) nel secondo comma, le parole “i vice pretori” sono sostituite dalle parole “i giudici onorari di tribunale”. 5. 1. (4). 6. 1. L’articolo 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è così modificato: a) (5); b) (6). 7. 1. Nell’articolo 18 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 le parole “ed i magistrati delle preture,” sono soppresse. CAPO II DISPOSIZIONI RELATIVE AL TRIBUNALE ORDINARIO 8. 1. (7). 9. 1. (8). 10. 1. (9). 11. 1. (10). 12. 1. (11). 13. 1. (12). 14. 1. (13). 412 Il sistema giudiziario italiano 15. 1. (14). 16. 1. La tabella A allegata al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è modificata, relativamente ai comuni compresi in ciascun circondario, dalla tabella A allegata al presente decreto. 2. La tabella B allegata al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è sostituita dalla tabella B allegata al presente decreto. 17. 1. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i modelli dei registri da tenere nelle cancellerie dei tribunali ordinari e delle sezioni distaccate, nonché le modalità di iscrizione delle cause civili e le attività successive alla definizione dei procedimenti civili e penali. CAPO III DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA CORTE DI APPELLO 18. 1. Nella lettera a) del primo comma dell’articolo 53 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, le parole “e dai pretori in materia penale” sono soppresse. 19. 1. Nel terzo comma dell’articolo 54 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 le parole “la sezione che funziona da magistratura del lavoro” sono sostituite dalle parole “la sezione incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie”. CAPO IV DISPOSIZIONI RELATIVE AL PUBBLICO MINISTERO 20. 1. (15). 21. 1. (16). 22. 1. (17). 23. 1. (18). 24. 1. (19). Normativa 413 CAPO V ALTRE DISPOSIZIONI SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – ABROGAZIONI 25. 1. (20). 26. 1. (21). 27. 1. (22). 28. 1. (23). 29. 1. (24). 30. 1. Il capo II del titolo II del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è abrogato. 2. Sono altresì abrogati gli articoli 103 e 105 del medesimo regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. CAPO VI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CORTE DI ASSISE 31. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 32 del presente decreto, nella legge 10 aprile 1951, n. 287, i riferimenti al pretore e alla pretura sono sostituiti, rispettivamente, dai riferimenti al presidente del tribunale e al tribunale. 32. 1. (25). CAPO VII NORME DI COORDINAMENTO E TRANSITORIE SEZIONE I DISPOSIZIONI RELATIVE AL PERSONALE DI MAGISTRATURA 33. 1. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è determinato il nuovo organico dei magistrati addetti ai tribunali, alle procure della Repubblica presso il tribunale e alle corti di appello con decorrenza dalla data di efficacia del presente decreto. 414 Il sistema giudiziario italiano 2. I ventiquattro posti di magistrato di cassazione previsti dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380, e dall’articolo 1, comma 1, della legge 5 marzo 1991, n. 71, sono portati in aumento delle piante organiche dei presidenti di sezione di corte di appello. 34. 1. I magistrati già assegnati alle preture e alle procure della Repubblica presso la pretura circondariale entrano di diritto a far parte dell’organico, rispettivamente, dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi, anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze. 2. L’assegnazione prevista dal comma 1 non costituisce assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, né costituisce trasferimento ad altri effetti e, in particolare, agli effetti previsti dall’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. Sono tuttavia fatti salvi i diritti attribuiti dalla legge 18 dicembre 1973, n. 836 e dalla legge 26 luglio 1978, n. 417, alle condizioni ivi stabilite, nel caso di fissazione della residenza in una sede di servizio diversa da quella precedente determinata dall’applicazione delle disposizioni del presente decreto. 35. 1. I magistrati onorari, già addetti quali vice pretori e vice procuratori agli uffici soppressi, sono addetti di diritto ai tribunali ed alle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi, in qualità, rispettivamente, di giudici onorari e di vice procuratori onorari. 2. Le disposizioni di cui agli articoli 42-ter, 42-quater, primo e secondo comma, 42-quinquies e 71 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come aggiunti o sostituiti dal presente decreto, si applicano ai predetti magistrati onorari alla scadenza del triennio in corso alla data di efficacia del presente decreto. 36. 1. I magistrati delle preture e dei tribunali addetti, alla data di efficacia del presente decreto, esclusivamente alla trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, nei tribunali divisi in sezioni fanno parte della sezione incaricata della trattazione di tali controversie. 2. I magistrati indicati nel comma 1 possono chiedere il trasferimento a posti di organico della sezione lavoro della corte di appello del distretto in cui Normativa 415 è compreso l’ufficio di appartenenza anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. 37. 1. In deroga al disposto dell’articolo 2, terzo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, i magistrati titolari dei posti di consigliere pretore dirigente, di consigliere pretore, di procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale e di procuratore aggiunto dello stesso ufficio, in attesa di essere destinati ai nuovi incarichi o funzioni a norma delle disposizioni che seguono, esercitano le funzioni di presidente di sezione o di procuratore aggiunto presso gli uffici cui sono state trasferite le funzioni degli uffici soppressi; i magistrati titolari dei posti di presidente di sezione di tribunale eventualmente soppressi continuano ad esercitare transitoriamente tali funzioni. I magistrati titolari dei posti soppressi di consigliere pretore dirigente e di procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale collaborano con il presidente del tribunale e con il procuratore della Repubblica per la risoluzione, in particolare, dei problemi di organizzazione degli uffici ristrutturati. 2. Entro un anno dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto, i magistrati già titolari dei posti indicati nel comma 1 possono chiedere, in deroga al disposto dell’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, l’assegnazione a posti vacanti pubblicati. Nell’assegnazione dei posti vacanti di presidente di tribunale ordinario, presidente di sezione di tribunale ordinario, procuratore della Repubblica e procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale ordinario, sono particolarmente valutate le attitudini allo svolgimento di funzioni direttive dimostrate nell’esercizio delle precedenti funzioni (26). 3. Nel medesimo termine indicato nel comma 2, i magistrati già titolari dei posti indicati nel comma 1 possono chiedere altresì, eventualmente subordinando gli effetti della domanda al mancato conferimento di un posto richiesto a norma del comma 2, di essere destinati all’esercizio di una delle seguenti funzioni, anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze: a) consigliere di corte di cassazione, limitatamente ai magistrati titolari dei posti soppressi indicati nell’articolo 33, comma 2; b) consigliere di corte di appello nel distretto da essi scelto; c) giudice di tribunale o sostituto procuratore della Repubblica in una sede da essi scelta. 4. I magistrati già titolari dei posti indicati nel comma 1 che nel termine perentorio previsto non hanno richiesto l’assegnazione a norma del comma 2 o la destinazione a norma del comma 3, sono destinati di ufficio ad esercitare le funzioni di giudice di tribunale o di sostituto procuratore della Repubblica negli 416 Il sistema giudiziario italiano uffici cui sono state trasferite le funzioni degli uffici soppressi, o, se si tratta di magistrati già titolari di posti di presidente di sezione di tribunale, presso lo stesso ufficio in cui esercitavano le loro funzioni. La stessa disposizione si applica a coloro che non hanno ottenuto l’assegnazione a norma del comma 2 e che non hanno richiesto la destinazione a norma del comma 3. 5. Le eventuali nuove destinazioni sono considerate come trasferimenti a domanda a tutti gli effetti e, in particolare, agli effetti previsti dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, salvo quanto previsto dall’articolo 34, comma 2, secondo periodo, del presente decreto. 6. In deroga all’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, i magistrati indicati nel comma 1 possono chiedere di essere trasferiti ad altre sedi o assegnati ad altre funzioni: a) trascorsi due anni dal giorno dell’inizio effettivo dell’attività nell’ufficio al quale sono stati destinati, se assegnati a funzioni direttive a norma del comma 2; b) senza l’osservanza di alcun termine, se assegnati ad altre sedi o destinati ad altre funzioni a norma dei commi 2, 3 e 4, fuori del caso previsto dalla lettera a) del presente comma (27). SEZIONE II DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SEZIONI LAVORO DELLE CORTI DI APPELLO E DEI TRIBUNALI 38. 1. Con il decreto previsto dall’articolo 33, comma 1, sono attribuiti alle corti di appello i posti di organico necessari per il funzionamento della sezione incaricata della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie in grado di appello, con corrispondente diminuzione dell’organico dei tribunali del distretto. 2. All’attribuzione di ulteriori posti di organico si provvede gradualmente sulla base delle richieste motivate dei presidenti delle corti di appello, sentiti i presidenti dei tribunali interessati dalla corrispondente riduzione di organico. 3. Per la copertura dei posti di organico, sia la richiesta che la pubblicazione devono fare espresso riferimento all’esigenza di assegnare i consiglieri o il presidente alla sezione. 4. Il magistrato trasferito non può essere incaricato della trattazione di controversie o di affari di diversa natura se non dopo che siano trascorsi cinque anni dalla presa di possesso dell’ufficio, salvo ricorrano particolari esigenze da indicare nel provvedimento di deroga. Normativa 417 5. Nella copertura dei posti di organico, è data la preferenza ai magistrati che sono stati già addetti esclusivamente alla trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, anche con funzioni di legittimità. In via subordinata, la preferenza è determinata dalla particolare competenza nella materia, desumibile dalla partecipazione a corsi di formazione organizzati dal Consiglio superiore della magistratura o da altri elementi oggettivi. 39. 1. Le disposizioni dell’articolo 38 si osservano, in quanto compatibili, anche nell’attribuzione dei posti di organico ai singoli tribunali e nella loro copertura, relativamente ai giudici incaricati in via esclusiva della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di assistenza e previdenza obbligatorie. SEZIONE III DISPOSIZIONI RELATIVE AL PERSONALE AMMINISTRATIVO 40. 1. I posti di dirigente delle cancellerie e delle segreterie presso gli uffici soppressi sono ripartiti tra gli uffici giudiziari con decreto del Ministro di grazia e giustizia. 2. Al personale addetto con qualifica dirigenziale ad un ufficio giudiziario soppresso è attribuito un incarico di funzione dirigenziale di pari livello in uffici giudiziari della stessa sede. Ove ciò non risulti possibile, si procede al trasferimento del dirigente secondo le disposizioni che regolano i trasferimenti di ufficio, salvo che il dirigente chieda di essere adibito ad incarichi dirigenziali di livello inferiore disponibili nella sede di servizio o in altra sede da lui indicata. 3. I posti delle qualifiche funzionali compresi negli organici delle preture e delle procure della Repubblica presso le preture sono ripartiti con decreto del Ministro di grazia e giustizia tra i tribunali, le procure della Repubblica presso il tribunale e le corti di appello. 4. Il personale appartenente alle qualifiche funzionali in servizio presso gli uffici giudiziari soppressi è assegnato ai tribunali e alle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi, oppure alle corti di appello. 5. I relativi provvedimenti, se non implicano il trasferimento ad una diversa sede di servizio, sono adottati, per il personale delle preture, dal presidente della corte di appello e, per il personale delle procure della Repubblica presso la pretura circondariale, dal procuratore generale presso la stessa corte. 418 Il sistema giudiziario italiano SEZIONE IV DISPOSIZIONI RELATIVE AL PERSONALE DELLE SEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA 41. 1. Il personale delle sezioni di polizia giudiziaria delle procure della Repubblica presso le preture è di diritto assegnato o applicato alle sezioni di polizia giudiziaria delle procure della Repubblica presso i tribunali cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi. 2. L’assegnazione e l’applicazione previste dal comma 1 non costituiscono nuove assegnazioni o applicazioni ovvero trasferimenti. SEZIONE IV-BIS DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE ATTREZZATURE 41-bis. 1. Le attrezzature delle preture circondariali e delle relative sezioni distaccate possono essere assegnate dal presidente del tribunale, nel cui circondario sono ubicati gli uffici soppressi, alla sede principale del tribunale ovvero ad una o più sezioni distaccate del medesimo. 2. Le attrezzature delle procure della Repubblica presso le preture circondariali possono essere assegnate dal procuratore della Repubblica presso il tribunale, ubicato nel medesimo comune dell’ufficio soppresso, all’ufficio di procura da lui diretto. 3. La destinazione delle attrezzature delle quali non è stata disposta l’assegnazione a norma dei commi 1 e 2 è stabilita dal Ministero di grazia e giustizia. 4. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono adottati anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato e con il consenso degli enti locali interessati, quanto alle attrezzature ad essi appartenenti (28). SEZIONE V DISPOSIZIONI PER LA DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI PENDENTI 42. 1. L’ufficio del pretore è mantenuto per la definizione dei procedimenti pendenti alla data di efficacia del presente decreto che proseguono con l’applicazione delle norme anteriormente vigenti. 43. 1. Il funzionamento dell’ufficio del pretore, per l’espletamento della attività di cui all’articolo 42, è assicurato mediante applicazione, anche a tempo parziale, di magistrati addetti al tribunale e mediante utilizzazione dei locali e delle attrezzature di quest’ultimo. Normativa 419 2. Il presidente del tribunale designa con decreto i magistrati applicati all’ufficio del pretore incaricati della trattazione dei singoli procedimenti, indicando i giorni in cui essi tengono udienza, in modo che sia assicurata, di norma, la definizione dei procedimenti da parte degli stessi magistrati ai quali erano in precedenza assegnati. Il decreto è trasmesso, previo parere del consiglio giudiziario, al Consiglio superiore della magistratura. 3. Per un tempo definito e non in via esclusiva è disposta l’applicazione del personale amministrativo in servizio presso il tribunale necessario al funzionamento dell’ufficio del pretore della sede circondariale. SEZIONE VI DISPOSIZIONI PARTICOLARI IN MATERIA DI SEZIONI DISTACCATE DEL TRIBUNALE 44. 1. Il personale delle cancellerie giudiziarie e degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti in servizio presso una sezione distaccata di pretura è assegnato alla sezione distaccata di tribunale istituita nello stesso comune. 2. Se nello stesso comune non è istituita una sezione distaccata di tribunale, il personale di cui al comma 1 è trasferito nella sede principale o in una sezione distaccata di tribunale del circondario, ovvero, in assenza di posti disponibili presso di esse, in altra sede compresa nel distretto. Per il personale degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti il riferimento alla sede principale del tribunale si intende alla corte di appello nel caso di ufficio unico costituito presso quest’ultima. 3. I provvedimenti, se non implicano il trasferimento ad una diversa sede di servizio, sono adottati dal presidente della corte di appello. 45. 1. In deroga all’articolo 2, primo comma, della legge 24 aprile 1941, n. 392, il Ministro di grazia e giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del tribunale o di una o più sezioni distaccate, per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di efficacia del presente decreto, gli immobili di proprietà dello Stato, ovvero di proprietà comunale interessati da interventi edilizi finanziati ai sensi dell’articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119, adibiti a servizio delle soppresse sezioni distaccate della pretura circondariale e ubicati in comuni del circondario non compresi nella tabella B allegata al presente decreto. 2. Il provvedimento è adottato sentiti il presidente del tribunale, il consiglio giudiziario, il consiglio dell’ordine degli avvocati e le amministrazioni locali interessate. 3. Per il personale che presta servizio presso alcuno degli immobili indicati nel comma 1, si considera sede di servizio il comune nel quale l’immobile stesso è ubicato. 420 Il sistema giudiziario italiano 4. Le spese di gestione e manutenzione degli immobili sono a carico del comune ove i medesimi si trovano in base alle disposizioni della legge 24 aprile 1941, n. 392. 46. 1. Anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato, le attrezzature delle sezioni distaccate delle preture circondariali ubicate nei comuni non compresi nella tabella B allegata al presente decreto possono essere assegnate dal presidente del tribunale, con il consenso degli enti locali interessati quanto alle attrezzature ad essi appartenenti, alla sede principale del tribunale ovvero a una o più sezioni distaccate] (29). 47. 1. I procedimenti pendenti alla data di efficacia del presente decreto presso le sezioni distaccate delle preture circondariali che devono essere definiti dal tribunale, sono trattati nella sezione distaccata di tribunale la cui circoscrizione comprende l’intero territorio della soppressa sezione distaccata di pretura, o, in mancanza, nella sede principale. 2. I procedimenti pendenti davanti ai tribunali alla data di efficacia del presente decreto sono trattati nella sede principale. 48. 1. Nelle sezioni distaccate di tribunale la cui circoscrizione comprende l’intero territorio di una o più soppresse sezioni distaccate di pretura, è mantenuto l’ufficio del pretore per la definizione dei procedimenti pendenti alla data di efficacia del presente decreto ai quali continuano ad applicarsi le norme anteriormente vigenti. 2. Il funzionamento dell’ufficio del pretore presso le sezioni distaccate del tribunale è assicurato mediante applicazione, anche a tempo parziale, dei magistrati addetti alla sezione distaccata del tribunale e con l’utilizzazione dei locali, del personale e delle attrezzature di quest’ultima. 3. Il presidente del tribunale designa con decreto i magistrati applicati all’ufficio del pretore incaricati della trattazione dei singoli procedimenti, indicando i giorni in cui essi tengono udienza, in modo che sia assicurata, di norma, la definizione dei procedimenti da parte degli stessi magistrati ai quali erano in precedenza assegnati. Il decreto è trasmesso, previo parere del consiglio giudiziario, al Consiglio superiore della magistratura. 4. Se la circoscrizione di una soppressa sezione distaccata della pretura circondariale non è interamente compresa nella circoscrizione di una sezione distaccata del tribunale, i procedimenti di cui al comma 1 sono definiti dall’ufficio del pretore della sede circondariale. (Omissis) Normativa 421 NOTE (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O. (2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari: – Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 27 luglio 1999, n. 885; – Ministero delle finanze: Circ. 12 ottobre 1999, n. 201/T; – Ministero dell’interno: Circ. 5 gennaio 1999, n. 2/99; Circ. 24 marzo 1998, n. 24; Circ. 27 maggio 1999, n. 9; – Ministero di grazia e giustizia: Circ. 29 aprile 1998, n. 4/1-S-696; Circ. 15 luglio 1998, n. 10-8-10-b-967; Circ. 21 maggio 1999, n. 142/OG-DG/99; Circ. 25 maggio 1999, n. 963. (3) Sostituisce l’art. 2, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (4) Sostituisce il comma 1, dell’art. 7-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (5) Modifica il comma 1, dell’art. 7-ter, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (6) Aggiunge un comma dopo il secondo all’art. 7-ter, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (7) Aggiunge gli artt. 42-bis, 42-ter, 42-quater, 42-quinques, 42-sexies e 42-septies al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (8) Sostituisce l’art. 43, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (9) Aggiunge l’art. 43-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (10) Sostituisce l’art. 46, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (11) Sostituisce l’art. 47, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (12) Aggiunge gli artt. 47-bis, 47-ter, 47-quater, 47-quinquies, al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (13) Sostituisce l’art. 48, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (14) Aggiunge la Sez. I-bis al Capo III del Titolo II R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (15) Sostituisce il comma 1, dell’art. 70, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (16) Sostituisce l’art. 71, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (17) Aggiunge l’art. 71-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (18) Sostituisce l’art. 72, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (19) Modifica il comma 2, dell’art. 74, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (20) Sopprime il secondo periodo del comma 2, dell’art. 90, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (21) Modifica il comma 1, dell’art. 110, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (22) Modifica il comma 1, dell’art. 129, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (23) Sostituisce l’art. 209, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (24) Aggiunge l’art. 209-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (25) Sostituisce il comma 1, dell’art. 18, L. 10 aprile 1951, n. 287. (26) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 24 maggio 1999, n. 145. (27) Comma così sostituito dall’art. 5, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115). (28) La Sezione IV-bis e l’art. 41-bis sono stati aggiunti dall’art. 6, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. uff. 19 maggio 1999, n. 115). (29) Articolo abrogato dall’art. 7, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. uff. 19 maggio 1999, n. 115). 422 Il sistema giudiziario italiano D.P.R. 17 luglio 1998 (1). Regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari (2). IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Visto l’art. 129 dell’ordinamento giudiziario; Visto l’art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916; Vista la delibera in data 11 giugno 1998, con la quale il Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro di grazia e giustizia, ha determinato le norme per il tirocinio degli uditori giudiziari; EMANA IL SEGUENTE REGOLAMENTO PER IL TIROCINIO DEGLI UDITORI GIUDIZIARI: 1. Funzione, direzione e organizzazione del tirocinio. – 1. Funzioni del tirocinio sono la formazione professionale degli uditori giudiziari e la verifica della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie. 2. Il Consiglio superiore della magistratura dirige, organizza, coordina e controlla il tirocinio degli uditori giudiziari avvalendosi dei consigli giudiziari, delle commissioni distrettuali per gli uditori giudiziari previste dall’art. 9, dei magistrati collaboratori previsti dall’art. 10, dei magistrati affidatari previsti dall’art. 11 e del comitato scientifico previsto dall’art. 29, comma 3, del regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura. 2. Sede del tirocinio. – 1. Gli uditori giudiziari sono destinati dal Consiglio superiore della magistratura, per lo svolgimento del tirocinio, agli uffici giudiziari di primo grado della città sede della corte d’appello nel cui distretto l’uditore ha la residenza al momento della nomina, oppure di altra città sede di corte d’appello, se l’uditore lo richiede ovvero se per il numero esiguo degli uditori residenti in quel distretto o per altri motivi si renda opportuna tale diversa destinazione. Se gli uditori giudiziari che hanno residenza in un circondario diverso da quello in cui ha sede la corte d’appello sono in numero sufficiente o se ricorrono altre esigenze correlate al miglior svolgimento del tirocinio, il Consiglio può stabilire che il tirocinio si svolga negli uffici giudiziari di tale circondario, salva l’applicazione del successivo comma 4. 2. Nel corso del tirocinio, il Consiglio superiore della magistratura può destinare d’ufficio l’uditore ad un’altra città sede di corte d’appello, qualora Normativa 423 ciò sia ritenuto assolutamente necessario al fine di un miglior svolgimento del tirocinio stesso. Il mutamento di destinazione può inoltre essere disposto a domanda dell’interessato, se non pregiudica tale svolgimento. 3. Ai fini di un miglior tirocinio, il consiglio giudiziario, su proposta dei magistrati collaboratori di cui al successivo art. 10, può affidare gli uditori giudiziari a magistrati in servizio presso uffici giudiziari di altre sedi del medesimo distretto, per seguire il compimento di specifiche attività o per periodi di tirocinio limitati. 4. In tutti i casi previsti dai commi precedenti, gli uditori giudiziari partecipano comunque a tutte le iniziative collettive o di gruppo organizzate in sede distrettuale secondo le presenti disposizioni. 3. Durata del tirocinio. – 1. La durata complessiva del tirocinio è determinata per ciascun concorso dal Consiglio superiore della magistratura e non può, di regola, essere inferiore a diciotto mesi ad iniziare dalla data fissata dal Consiglio medesimo, esclusi i periodi di congedo straordinario o aspettativa di durata superiore a trenta giorni nonché i periodi feriali dei magistrati di cui all’art. 90 dell’ordinamento giudiziario, anche se l’uditore abbia goduto di ferie di durata inferiore. 2. La data di inizio del tirocinio non può di regola essere fissata nel periodo dal primo giugno al quindici settembre. Il Consiglio superiore della magistratura, non appena la procedura di concorso perviene ad una fase che consenta di determinare in via presuntiva e di massima il numero di uditori giudiziari che verranno destinati a ciascun distretto per lo svolgimento del tirocinio e la data approssimativa in cui il tirocinio stesso potrà avere inizio, comunica tali dati ai consigli giudiziari, affinché gli stessi possano provvedere tempestivamente alla individuazione dei magistrati collaboratori e affidatari e alla predisposizione delle attività formative ad essi demandate. 3. Il tirocinio è dapprima «ordinario» e successivamente «mirato». 4. Il tirocinio ordinario ha durata non inferiore a tredici mesi. Il tirocinio mirato ha durata non inferiore a cinque mesi. 5. I termini di durata di cui al comma precedente si intendono al netto dei periodi di ferie dei magistrati di cui all’art. 90 dell’ordinamento giudiziario. Gli uditori senza funzioni debbono fruire delle ferie in tali periodi e, per la parte di essi che residua, sono destinati alle attività di tirocinio determinate dal consiglio giudiziario in relazione alle funzioni giudiziarie che vengono svolte durante il periodo feriale e a quelle alle quali l’uditore è stato destinato nel periodo immediatamente precedente o immediatamente successivo a quello feriale. La medesima disposizione si applica per il periodo dal primo giugno al quindici settembre, nel caso in cui l’uditore giudiziario sia stato immesso in servizio nel corso di tale periodo. 424 Il sistema giudiziario italiano 4. Tirocinio ordinario. – 1. Scopi del tirocinio ordinario sono l’approfondimento e il completamento della preparazione culturale e l’introduzione alla pratica lavorativa, quest’ultima da realizzare con particolare attenzione all’apprendimento delle tecniche procedurali e alle questioni di metodo. Durante tutto il tirocinio, il processo di formazione degli uditori è inoltre orientato all’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza ed imparzialità, allo sviluppo dell’attitudine all’adeguamento permanente della propria formazione professionale, nonché alla maturazione di un atteggiamento corretto, proficuo e consapevole nei rapporti con i cittadini, i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale dell’ufficio. 2. La fase del tirocinio ordinario si articola nel modo seguente: a) sei mesi di assegnazione ad uffici giudiziari civili; b) sette mesi di assegnazione ad uffici giudiziari penali, di cui quattro ad uffici giudicanti e tre ad uffici requirenti. 3. Nell’ambito delle articolazioni di cui al comma precedente, il tirocinio si svolge secondo il piano predisposto dai magistrati collaboratori, in modo tale da assicurare, specialmente negli uffici di maggiori dimensioni, che il praticantato, pur consentendo all’uditore di acquisire conoscenza dei vari campi in cui si esplica la funzione giudiziaria, non subisca frazionamenti eccessivi, ma si concentri, approfondendole adeguatamente, su un numero limitato di esperienze significative. Gli elementi di conoscenza necessari per orientare l’uditore nelle sue future scelte professionali anche in ordine a funzioni specializzate vengono trasmessi mediante appositi incontri seminariali, a livello decentrato, nonché, ove l’uditore ne faccia richiesta, attraverso un significativo ed adeguato periodo di assegnazione agli uffici in questione. 4. Il piano di cui al comma precedente comprende anche l’assegnazione dell’uditore a collegi di appello, nei modi e con i tempi che i magistrati collaboratori ritengono opportuni. 5. Tirocinio mirato. – 1. Il tirocinio mirato si svolge presso un ufficio dello stesso tipo di quello al quale l’uditore è stato assegnato ed è rivolto al completamento della formazione di base nonché all’avviamento dell’uditore all’esercizio delle specifiche funzioni che egli è destinato a svolgere. 2. Il dirigente dell’ufficio giudiziario al quale l’uditore è stato destinato comunica con precisione e senza ritardo al consiglio giudiziario che ne cura il tirocinio le specifiche funzioni alle quali egli sarà destinato secondo le tabelle e i criteri di assegnazione degli affari vigenti in tale ufficio. Tali indicazioni sono vincolanti e non possono essere successivamente modificate o derogate se non per gravi motivi di servizio, non altrimenti superabili. La modifica deve essere tempestivamente comunicata alla commissione distrettuale per Normativa 425 gli uditori giudiziari e al Consiglio superiore della magistratura, che, se non la ritiene giustificata, annulla la decisione. 3. La commissione distrettuale per gli uditori giudiziari, tramite il presidente del consiglio giudiziario, sollecita, in caso di ritardo, la comunicazione di cui al comma precedente ovvero ne richiede le opportune precisazioni e specificazioni. 4. Copia della corrispondenza di cui ai commi 2 e 3 è inviata al Consiglio superiore della magistratura. 5. Le violazioni di quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo sono segnalate ai titolari dell’azione disciplinare. 6. Quaderno del tirocinio. – 1. Durante il tirocinio, l’uditore redige un quaderno nel quale, con cadenza almeno settimanale, annota le attività svolte e quelle alle quali ha partecipato o assistito, formulando le proprie eventuali osservazioni ed indicando ogni altro elemento utile a dar conto dell’esperienza formativa in corso. 2. Il quaderno del tirocinio è vistato dal magistrato affidatario che vi riporta le proprie osservazioni e le proprie indicazioni anche sugli ulteriori sviluppi dell’esperienza formativa. 3. Al termine dei diversi segmenti del tirocinio, il quaderno è consegnato ai magistrati collaboratori insieme ad una relazione complessiva dell’uditore sul tirocinio svolto. 7. Fascicolo dell’uditore. – 1. Il consiglio giudiziario forma per ciascun uditore un fascicolo nel quale sono inclusi il piano di tirocinio, le relazioni dei magistrati collaboratori e dei magistrati affidatari, il quaderno del tirocinio (art. 6), copia di tutti i provvedimenti redatti dall’uditore, con le modifiche ad essi eventualmente apportate dai magistrati affidatari, le autorelazioni (art. 6, comma 3) e gli elaborati scritti dell’uditore. 8. Competenze del consiglio giudiziario. – 1. Il consiglio giudiziario organizza e coordina il tirocinio attuando le direttive del Consiglio superiore della magistratura; nomina i magistrati collaboratori (art. 10); approva il piano di tirocinio stabilito per ciascun uditore ed il programma generale per le attività di formazione da svolgersi in sede locale e li invia al Consiglio superiore della magistratura per la ratifica; forma per ciascun uditore il fascicolo di cui all’art. 7; redige le relazioni sull’idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie, formulando i relativi pareri; propone l’eventuale proroga del tirocinio ai sensi dell’art. 14; provvede, attraverso la commissione di cui all’art. 9, all’attuazione di quanto occorra per il più efficace svolgimento del tirocinio ed in particolare all’attuazione dei corsi a livello locale; formula proposte e pareri sulla modificazione della sede del tirocinio ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2. 426 Il sistema giudiziario italiano 2. La nomina dei magistrati collaboratori è soggetta all’approvazione del Consiglio superiore della magistratura. 9. Commissione distrettuale per gli uditori giudiziari. – 1. Presso ciascun consiglio giudiziario è istituita una commissione distrettuale per gli uditori giudiziari. 2. Della commissione fanno parte: a) tre magistrati designati dal consiglio giudiziario fra i propri componenti, anche supplenti; b) i magistrati designati ai sensi della lettera a) dai consigli giudiziari precedenti, fino al termine del tirocinio degli uditori che hanno iniziato il tirocinio stesso mentre essi erano componenti del consiglio giudiziario; c) i magistrati collaboratori nominati ai sensi dell’art. 10 delle presenti disposizioni. 3. La commissione formula al consiglio giudiziario proposte per l’organizzazione ed il coordinamento del tirocinio e vigila sull’attuazione di esso anche promuovendo incontri con i magistrati affidatari e con gli uditori giudiziari; cura la formazione e l’aggiornamento del fascicolo di cui all’art. 7; propone e, su delibera del consiglio giudiziario, organizza e coordina gli incontri di studio di cui all’art. 12. 10. Magistrati collaboratori. – 1. Il consiglio giudiziario, per la organizzazione del tirocinio, si avvale di «magistrati collaboratori», scelti tra magistrati dotati di adeguata esperienza, con riferimento alle doti di particolare preparazione teorica e pratica e di elevato prestigio professionale, nonché al possesso di spiccate attitudini comunicative e didattiche e di capacità organizzative. L’incarico di magistrato collaboratore non può essere conferito ai magistrati che hanno riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni, o ai quali sono state inflitte sanzioni disciplinari, o nei confronti dei quali pendono procedimenti penali per delitti non colposi o per contravvenzioni punite anche con pena detentiva, o procedimenti disciplinari. 2. La partecipazione ai compiti di formazione professionale degli uditori giudiziari costituisce un dovere d’ufficio. I magistrati che non ritengono di poter svolgere la funzione di magistrato collaboratore o di magistrato affidatario debbono darne comunicazione al consiglio giudiziario, specificandone i motivi. Tutti i magistrati che hanno particolare interesse allo svolgimento di tali funzioni possono comunicare la loro disponibilità al consiglio giudiziario. La presentazione di tali comunicazioni non vincola il consiglio giudiziario, il quale può incaricare dello svolgimento delle funzioni di magistrato collaboratore qualunque magistrato con qualifica non inferiore a magistrato di Tri- Normativa 427 bunale, di regola con anzianità di servizio di almeno cinque anni, che sia ritenuto particolarmente qualificato per tale compito e per il quale non sussistano sufficienti motivi di impedimento. 3. Per ciascun gruppo di uditori in tirocinio ordinario, composto, di regola, da non più di cinque uditori, sono designati due magistrati collaboratori, uno per le funzioni civili e l’altro per le funzioni penali. Per il tirocinio mirato ad ufficio esclusivamente civile o penale, le funzioni di collaboratore saranno svolte unicamente da quello, fra i due magistrati, che abbia specifica competenza nel settore. 4. Ai magistrati collaboratori del consiglio giudiziario è affidato il compito di curare il tirocinio del gruppo di uditori ad essi assegnato. A tal fine essi: a) predispongono per ciascun uditore un piano di tirocinio da sottoporre alla commissione distrettuale per gli uditori giudiziari, che può proporre al consiglio giudiziario di apportarvi le opportune modifiche; b) verificano, attraverso il continuo contatto con gli uditori e i magistrati affidatari, l’efficacia e la validità del tirocinio pratico e gli elementi che ne emergono relativamente a ciascun uditore; c) un mese prima del termine del tirocinio ordinario trasmettono alla commissione distrettuale per gli uditori giudiziari una relazione, redatta anche sulla base delle relazioni dei magistrati affidatari, del quaderno di tirocinio, degli elementi risultanti dal fascicolo dell’uditore nonché di ogni altro elemento utile ai fini della valutazione, in cui riferiscono sulla idoneità dell’uditore all’esercizio delle funzioni giudiziarie ed in particolare della eventuale sussistenza di elementi che possano denotare l’insufficiente idoneità del medesimo ovvero la sussistenza di controindicazioni all’assegnazione di determinate funzioni; nella medesima relazione dovranno essere indicati i settori nei quali l’uditore abbia eventualmente dimostrato maggiori attitudini e dovrà in particolare essere specificatamente valutata la sussistenza di attitudini all’esercizio delle funzioni inquirenti; d) un mese prima del termine finale del tirocinio trasmettono alla Commissione distrettuale per gli uditori giudiziari una relazione definitiva sulle attitudini e le capacità dimostrate dai singoli uditori e sulla idoneità dei medesimi all’esercizio delle funzioni giudiziarie, redatta sulla base degli elementi di valutazione di cui al paragrafo precedente, integrati con gli analoghi elementi di valutazione riferiti al tirocinio mirato. 5. Il dirigente dell’ufficio provvede a ridurre l’assegnazione del lavoro giudiziario ai magistrati collaboratori, in misura adeguata all’impegno richiesto per lo svolgimento della funzione formativa ad essi affidata e secondo criteri di cui fornisce specifica comunicazione alla commissione uditori presso il consiglio giudiziario. 428 Il sistema giudiziario italiano 6. Nei prospetti statistici del lavoro giudiziario viene annotata l’indicazione dello svolgimento della funzione di collaborazione, della relativa durata e del numero degli uditori seguiti. 11. Magistrati affidatari. – 1. La commissione di cui all’art. 9 sceglie il magistrato o i magistrati cui affidare, di volta in volta, l’uditore in tirocinio ordinario o mirato. La scelta è effettuata, secondo i criteri di cui all’art. 10, comma 1, preferibilmente tra magistrati che abbiano almeno tre anni di effettivo esercizio delle funzioni giudiziarie, in base alle indicazioni dei magistrati collaboratori, nonché, se non sussistono ragioni in contrario, alle preferenze eventualmente espresse dagli uditori. 2. Il magistrato affidatario cura che l’uditore assista a tutte le attività giudiziarie, compresa la partecipazione alle camere di consiglio. 3. Il magistrato affidatario assegna all’uditore la redazione delle minute di provvedimenti e spiega all’uditore le modifiche eventualmente apportate. Copia delle minute con le relative modifiche è inserita nel fascicolo di cui all’art. 7 insieme ad ogni altro elaborato redatto dall’uditore nel corso del tirocinio. 4. Nel corso del tirocinio mirato, l’uditore è incaricato dello svolgimento di attività processuale in generale ed istruttoria in particolare, alla presenza e sotto la guida ed il controllo del magistrato affidatario, il quale ultimo ne mantiene comunque la titolarità e la responsabilità. 5. Su richiesta del magistrato affidatario, il Procuratore della Repubblica presso la Pretura circondariale può delegare l’uditore ad esercitare le funzioni di pubblico ministero, ai sensi dell’art. 72 dell’ordinamento giudiziario. 6. Al termine del periodo di affidamento, il magistrato affidatario redige una relazione sul tirocinio compiuto dall’uditore sotto la sua guida e la trasmette al magistrato collaboratore e alla commissione di cui all’art. 9. 7. I magistrati affidatari partecipano, per quanto utile e possibile, alle attività di studio e ricerca di cui all’articolo seguente. 12. Incontri di studio. – 1. Nel corso del tirocinio gli uditori partecipano ad incontri di studio e ad altre iniziative formative organizzate in sede nazionale e in sede locale. 2. Il Consiglio superiore della magistratura, sia durante il tirocinio ordinario, sia durante quello mirato, organizza incontri di studio ed altre iniziative formative in sede nazionale avvalendosi del comitato scientifico istituito dall’art. 29 del regolamento interno del consiglio e secondo le procedure ivi previste. Oltre a quelli dedicati a temi di diritto sostanziale e processuale, il consiglio organizza incontri riguardanti l’ordinamento giudiziario, la deontologia professionale nonché l’organizzazione e la gestione degli uffici e del lavoro giudiziario. Normativa 429 3. Il consiglio giudiziario, su proposta della commissione di cui all’art. 9, organizza incontri di studio ed altre iniziative di formazione professionale a livello locale, adottando a tal fine ogni opportuna intesa con le istituzioni universitarie, gli organismi forensi e altre entità della vita sociale. Il consiglio giudiziario cura che in occasione di tali iniziative formative sia specificamente rappresentato il punto di vista del difensore e provvede ad organizzare, insieme ad organismi forensi, attività di formazione professionale comune per uditori giudiziari e giovani avvocati. 4. Il Consiglio superiore della magistratura provvede ad impartire le direttive e a fornire le informazioni necessarie per il coordinamento tra l’attività di formazione svolta in sede centrale, quella svolta in sede locale ed il praticantato presso gli uffici giudiziari. In particolare, il Consiglio superiore della magistratura comunica ai consigli giudiziari subito dopo l’inizio del tirocinio ordinario e con congruo anticipo rispetto all’inizio del tirocinio mirato i programmi di massima degli incontri di studio che verranno organizzati in sede nazionale, al fine di rendere possibile ai consigli giudiziari di organizzare le attività formative in sede locale evitando duplicazioni e meglio assicurandone la capacità integrativa e preparatoria rispetto agli incontri di cui al precedente comma 2. La competente commissione del consiglio può affidare a propri componenti compiti di coordinamento delle suddette attività di formazione decentrate. 5. Su proposta dei consigli giudiziari o di propria iniziativa il Consiglio superiore della magistratura può disporre che le attività di formazione in sede locale siano totalmente o parzialmente attuate in un’unica sede per più distretti. 6. Gli uditori sono tenuti ad apprendere le tecniche informatiche di base al fine di essere in grado di usare normalmente gli elaboratori personali. Corsi di addestramento sono organizzati dal Consiglio superiore della magistratura e dai consigli giudiziari. 13. Incontri di studio sulla formazione professionale degli uditori. – 1. Il Consiglio superiore della magistratura organizza incontri di studio, principalmente diretti ai magistrati collaboratori, ai magistrati affidatari e ai componenti delle commissioni distrettuali di cui all’art. 9 ed aventi ad oggetto l’elaborazione, l’organizzazione e il coordinamento delle attività di tirocinio nonché il perfezionamento delle relative modalità di attuazione. 14. Valutazioni di idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie e individuazione degli uffici di destinazione. – 1. Nell’imminenza della conclusione del tirocinio ordinario il consiglio giudiziario riceve la relazione redatta dai magistrati collaboratori su ciascun uditore e, su proposta della commissione di cui all’art. 9, formula un parere sull’idoneità dell’uditore all’esercizio delle 430 Il sistema giudiziario italiano funzioni giudiziarie, prodromico a quello di cui all’art. 129 dell’ordinamento giudiziario. La relazione e il parere vengono comunicati all’uditore giudiziario il quale ha facoltà di formulare proprie osservazioni che vengono allegate al fascicolo. Gli atti vengono quindi trasmessi, unitamente al fascicolo dell’uditore, al Consiglio superiore della magistratura. 2. La competente commissione del Consiglio superiore della magistratura, anche sulla base delle relazioni, dei pareri e dei documenti acquisiti al fascicolo dell’uditore, accerta quali siano i settori per i quali l’uditore abbia eventualmente dimostrato maggiori attitudini ed esprime in particolare la propria valutazione sulla sussistenza di adeguate specifiche attitudini all’esercizio delle funzioni inquirenti. 3. Se la commissione, sulla base dei medesimi elementi di valutazione, ritiene che debba essere espresso un giudizio di non sufficiente idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, propone al consiglio, sentito l’uditore, di disporre che il tirocinio ordinario prosegua per uno o più periodi, fino ad un massimo di altri diciotto mesi, determinati ai sensi del precedente art. 3, stabilendone le modalità idonee al miglior completamento della formazione professionale e alla migliore verifica dell’idoneità. 4. La proroga del tirocinio ordinario può essere disposta anche nel caso in cui, per particolari ragioni, gli elementi di cui al comma precedente non siano sufficienti ad esprimere un giudizio sulla idoneità dell’uditore. In tal caso, peraltro, può anche disporsi che la valutazione sull’idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie sia rinviata al termine del tirocinio mirato, eventualmente prolungandone la durata al fine di consentire una compiuta e sicura verifica. 5. Se al termine della prosecuzione del tirocinio per la durata massima di cui al comma 3 o per la minor durata ritenuta sufficiente ad una compiuta e sicura verifica viene espresso un giudizio di non idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, il consiglio, su proposta della commissione competente, dispone la cessazione dell’uditore dal servizio. 6. Se, sulla base degli elementi indicati al comma 2, la commissione ritiene che possano ricorrere le condizioni per un giudizio definitivo di inidoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie ai sensi e per gli effetti del comma precedente, ne dà comunicazione all’uditore giudiziario invitandolo a comparire personalmente. Sentito l’uditore con l’eventuale assistenza di altro magistrato, la commissione può svolgere ogni attività che ritenga utile per verificare la validità delle valutazioni espresse sull’uditore e per accertarne l’idoneità professionale. Completata l’istruttoria, la commissione comunica all’uditore il deposito degli atti e gli assegna un termine di durata adeguata per esporre per iscritto o oralmente le proprie ragioni. Di queste ultime, la commissione è tenuta a dar specificamente conto nella motivazione della propria proposta al consiglio. Normativa 431 7. Nel caso che la commissione proponga al consiglio di dichiarare in via definitiva l’inidoneità dell’uditore all’esercizio delle funzioni giudiziarie e di disporne la cessazione dal servizio, la data fissata per la seduta del consiglio viene comunicata all’interessato con anticipo di almeno quindici giorni liberi, mediante atto comunicato in plico chiuso e contenente l’avviso che nel corso della seduta l’interessato e il suo assistente avranno diritto di essere sentiti subito dopo la relazione e prima del dibattito nonché al termine di questo, prima delle dichiarazioni di voto. 8. Se la commissione esprime parere positivo circa l’idoneità all’esercizio delle funzioni giudicanti, segnalando peraltro che l’uditore non ha dimostrato sufficienti attitudini all’esercizio delle funzioni inquirenti, la prosecuzione del tirocinio a norma dei precedenti commi 3 e 4 è disposta soltanto se l’uditore la richiede. 9. Nel caso previsto dal comma precedente, se, al termine della prosecuzione del tirocinio, viene confermata la valutazione di insufficiente idoneità all’esercizio delle funzioni inquirenti e l’uditore si oppone ad essa, si applicano le disposizioni previste dai commi 6 e 7. 10. Se viene espressa una valutazione di insufficiente idoneità all’esercizio delle funzioni inquirenti e se la stessa, in caso di prosecuzione del tirocinio a norma del comma 8, viene confermata, è esclusa la successiva destinazione dell’uditore ad uffici del pubblico ministero. 11. Completato positivamente il tirocinio ordinario, il consiglio, su proposta della commissione competente, delibera a quale ufficio verrà destinato l’uditore per l’esercizio delle funzioni giudiziarie, al termine del tirocinio mirato. 12. L’individuazione e l’assegnazione delle sedi e degli uffici ai quali destinare gli uditori giudiziari per l’esercizio delle funzioni avviene secondo i criteri predeterminati da parte del Consiglio superiore della magistratura, su proposta della commissione competente, tenuto inderogabilmente conto di quanto previsto ai precedenti commi 8 e 9 e, ove possibile, delle indicazioni circa i settori di maggior attitudine accertati ai sensi del precedente comma 2. 13. Nell’imminenza della conclusione del tirocinio mirato l’uditore è sottoposto a nuova valutazione nei modi e con gli effetti previsti dai precedenti commi per l’accertamento definitivo della sua idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie. 14. Se la valutazione è positiva, il consiglio conferisce all’uditore giudiziario le funzioni giudiziarie, ai sensi dell’art. 129 dell’ordinamento giudiziario, e successive modificazioni. 15. Se la commissione, in ragione di nuovi elementi di valutazione ovvero di una rivalutazione degli elementi esistenti e di quelli emersi successivamente, ritiene che debba essere espresso un giudizio di inidoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, propone al consiglio, sentito l’uditore, di disporre 432 Il sistema giudiziario italiano che il tirocinio mirato prosegua per uno o più periodi, fino ad una durata complessiva del tirocinio non superiore a trentasei mesi, determinati ai sensi del precedente art. 3, stabilendo le modalità idonee al miglior completamento della formazione professionale e alla migliore verifica dell’idoneità. 16. La prosecuzione del tirocinio mirato può essere disposta anche nel caso in cui, per particolari ragioni, gli elementi di cui al comma precedente non siano sufficienti ad esprimere un giudizio sulla idoneità dell’uditore ed in ogni altro caso in cui si ritenga necessario un completamento della sua formazione professionale ovvero una migliore verifica della sua idoneità. 17. Se al termine della prosecuzione del tirocinio mirato per la durata massima di cui al comma 15 o per la minor durata ritenuta sufficiente ad una compiuta e sicura verifica, viene confermato il giudizio di non idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, il consiglio, su proposta della commissione competente, dispone la cessazione dell’uditore dal servizio. 18. Nel caso previsto dal comma precedente si applicano le disposizioni di cui ai commi 6 e 7. 19. La prosecuzione del tirocinio mirato all’esercizio di funzioni inquirenti è disposta, su richiesta dell’interessato, anche nel caso in cui la commissione, all’esito di tale fase, pur esprimendo parere positivo circa l’idoneità generale all’esercizio delle funzioni giudiziarie, ritenga che l’uditore non abbia dimostrato sufficienti attitudini specifiche all’esercizio delle funzioni suddette. L’uditore che non richiede la prosecuzione del tirocinio mirato alle funzioni inquirenti viene destinato ad altre funzioni. 20. Nel caso previsto dal comma precedente, se, al termine della prosecuzione del tirocinio mirato, viene confermata la valutazione di insufficiente idoneità specifica, l’uditore giudiziario viene destinato ad altre funzioni. Se l’uditore si oppone, si applicano le disposizioni previste dai commi 6 e 7. 21. In caso di destinazione ad altre funzioni ai sensi dei commi 19 e 20, il consiglio assegna l’uditore giudiziario ad altro ufficio ai sensi del precedente comma 11 e il consiglio giudiziario provvede al tirocinio mirato con riferimento alle specifiche funzioni che l’uditore è destinato a svolgere. 22. Le valutazioni relative all’idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie previste dal presente articolo hanno riguardo alla preparazione giuridica, alla capacità professionale, alla laboriosità e all’impegno nonché alle doti di equilibrio e correttezza. Il giudizio sulle doti di equilibrio e correttezza deve essere ancorato a fatti concreti, obiettivi e verificabili. Se mancano elementi di fatto rilevanti in riferimento al parametro in questione, il giudizio deve essere espresso con la formula «non vi è nulla da rilevare per quanto riguarda equilibrio e correttezza». 15. Uditori giudiziari con funzioni. – 1. Dopo l’effettiva assunzione delle funzioni e fino al momento della nomina a magistrato di tribunale, gli udito- Normativa 433 ri giudiziari partecipano ad almeno tre incontri di studio organizzati dal Consiglio superiore della magistratura e a tutti gli incontri di formazione professionale organizzati in sede dal consiglio giudiziario. 2. Ad ogni uditore giudiziario, anche dopo l’effettiva assunzione delle funzioni, vengono inviati, a cura del Consiglio superiore della magistratura, materiali di studio e documentazione su temi e materie di particolare interesse o rilievo. 3. Il consiglio giudiziario si avvale della commissione distrettuale di cui all’art. 9 e di magistrati collaboratori scelti secondo i criteri di cui al comma 1 dell’art. 10 anche per assistere e verificare il lavoro degli uditori giudiziari con funzioni addetti agli uffici del distretto. 4. Ai fini di cui al comma precedente, ciascun uditore giudiziario con funzioni è seguito da due magistrati collaboratori. A questi ultimi viene affidato il compito di seguire l’attività di non più di tre uditori giudiziari con funzioni. 5. I magistrati collaboratori di cui al comma 3 hanno il compito – nel rispetto dell’autonomia di cui l’uditore giudiziario è pienamente titolare nell’esercizio delle funzioni giudiziarie al medesimo affidate – di assistere l’uditore giudiziario, di collaborare con lui ai fini del superamento delle difficoltà e dei problemi connessi con l’inizio della professione e di orientarlo verso l’approfondimento e il completamento della sua cultura professionale, nonché il compito di accertare, verificare e rappresentare ogni elemento utile per la valutazione della sua idoneità professionale. 6. Al termine di un anno dall’assegnazione delle funzioni all’uditore, i due magistrati collaboratori redigono ciascuno una relazione in cui riferiscono in modo specifico al consiglio giudiziario le attività svolte dall’uditore nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, dando conto analiticamente di ogni elemento concreto rilevante ai fini di una completa valutazione dell’uditore sotto il profilo della preparazione, della capacità professionale, dell’operosità, della diligenza e dell’equilibrio, nonché della capacità di indipendenza e delle specifiche attitudini dal medesimo dimostrate. Della relazione il consiglio giudiziario tiene conto ai fini della redazione del parere previsto dall’art. 1 della legge 2 aprile 1979, n. 97. 16. Entrata in vigore. – 1. Le presenti disposizioni sostituiscono la disciplina per il tirocinio degli uditori giudiziari contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1988, n. 116. 2. La presente disciplina entrerà in vigore per il tirocinio degli uditori del concorso indetto con decreto ministeriale 16 gennaio 1997. 434 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio 1998, n. 171. (2) In deroga a quanto disposto dal presente decreto vedi l’art. 11, comma 5, L. 13 febbraio 2001, n. 48. Normativa 435 L. 21 luglio 2000, n. 205 (1). Disposizioni in materia di giustizia amministrativa (2). (Omissis) 18. Modificazione della composizione del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. – 1. (3). 2. In sede di prima applicazione, i componenti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera d), della legge 27 aprile 1982, n. 186, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, entrano a far parte del consiglio di presidenza in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. Il mandato cessa alla scadenza del consiglio stesso. 3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge si applicano, in quanto compatibili, al consiglio di presidenza della Corte dei conti le disposizioni di cui ai commi 1 e 2. 4. Per le finalità previste dal comma 1, è autorizzata la spesa di lire 470 milioni annue per l’anno 2000 e di lire 940 milioni annue a decorrere dall’anno 2001. (Omissis) 436 Il sistema giudiziario italiano NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 173. (2) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare: – Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 30 ottobre 2000, n. 73. (3) Sostituisce l’art. 7, L. 27 aprile 1982, n. 186. Normativa 437 L. 13 febbraio 2001, n. 48 (1). Aumento del ruolo organico e disciplina dell’accesso in magistratura. CAPO I RUOLO ORGANICO DELLA MAGISTRATURA 1. Aumento del ruolo organico. – 1. Il ruolo organico del personale della magistratura è aumentato complessivamente di mille unità, delle quali trecento da destinare alla trattazione delle controversie di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533, e successive modificazioni. 2. La tabella B annessa alla legge 9 agosto 1993, n. 295, è sostituita dalla tabella allegata alla presente legge. 3. Salvo quanto previsto nell’articolo 2, con separati decreti del Ministro della giustizia, da emanare, sentito il Consiglio superiore della magistratura, prima dello svolgimento della prova scritta di ciascuno dei concorsi banditi ai sensi dell’articolo 18 sono incrementate complessivamente di cinquecentoquarantasei posti le piante organiche degli uffici giudiziari in relazione al numero di posti messi a concorso e in attuazione delle disposizioni di cui al comma 1. (Omissis) CAPO II SOSTITUZIONE DEI MAGISTRATI ASSENTI DAL SERVIZIO 4. Magistrati distrettuali. – 1. Con i decreti di cui al comma 3 dell’articolo 1, il Ministro della giustizia provvede alla formazione presso ogni corte di appello della pianta organica dei magistrati distrettuali, costituita dai magistrati di corte di appello e dai magistrati di tribunale, da destinare alla sostituzione dei magistrati del distretto. I magistrati di appello possono essere chiamati a sostituire magistrati di tribunale e viceversa. In tale ultimo caso le funzioni svolte sono comunque considerate funzioni di magistrati di tribunale. 2. La consistenza numerica di ciascuna pianta organica è determinata con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, in relazione alle medie statistiche di assenze dei magistrati verificatesi negli uffici del distretto nei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 3. Il numero dei magistrati distrettuali è soggetto a revisione biennale da parte del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, in relazione alle medie statistiche di assenze dei magistrati verificatesi negli uffici del distretto nei due anni precedenti. 438 Il sistema giudiziario italiano 4. Ai fini delle determinazioni di cui ai commi 2 e 3, devono distinguersi i magistrati distrettuali destinati alla sostituzione di magistrati cui sono attribuite funzioni giudicanti da quelli destinati alla sostituzione di magistrati cui sono attribuite funzioni requirenti. 5. Il capoluogo del distretto di corte d’appello ove il magistrato distrettuale esercita le sue funzioni è considerato sede di servizio ad ogni effetto di legge. 5. Compiti dei magistrati distrettuali. – 1. I magistrati distrettuali sono chiamati alla sostituzione nei seguenti casi di assenza dall’ufficio: a) aspettativa per malattia o per altra causa; b) astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro per gravidanza o maternità ovvero per le altre ipotesi disciplinate dalla legge 8 marzo 2000, n. 53; c) tramutamento ai sensi dell’articolo 192 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, non contestuale all’esecuzione del provvedimento di trasferimento di altro magistrato nel posto lasciato scoperto; d) sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale o disciplinare; e) esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali deliberato ai sensi dell’articolo 125-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge. 2. Non si fa luogo a sostituzione nelle ipotesi di assenza di magistrati con funzioni direttive o semidirettive. 6. Designazione dei magistrati in sostituzione. – 1. In presenza di alcuna delle situazioni previste nell’articolo 5, il presidente della corte d’appello, sentito il consiglio giudiziario, provvede alla sostituzione del magistrato assente designando uno dei magistrati ricompresi nella pianta organica di cui all’articolo 4 sulla base dei criteri predeterminati al momento della formazione delle tabelle. Il procuratore generale presso la corte d’appello provvede, con le stesse modalità, alla designazione dei magistrati requirenti. 2. I provvedimenti di designazione sono comunicati al Consiglio superiore della magistratura. 3. Il magistrato distrettuale che, allorquando viene meno la sostituzione, abbia in corso la celebrazione di uno o più dibattimenti o udienze preliminari, è prorogato nell’esercizio delle funzioni limitatamente ai procedimenti medesimi. 7. Ulteriori attribuzioni dei magistrati distrettuali. – 1. Quando non sussistono i presupposti per la sostituzione di magistrati assenti dal servizio, i magistrati distrettuali sono applicati negli uffici giudiziari del distretto secon- Normativa 439 do le disposizioni previste dall’articolo 110 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, fatta eccezione per quella di cui al terzo periodo del comma 5 dello stesso articolo 110. L’applicazione può essere revocata con la medesima procedura qualora risulti la necessità di procedere alla sostituzione di un magistrato assente dal servizio. 2. Quando non sussiste necessità di applicazione, i magistrati distrettuali possono essere utilizzati dai Consigli giudiziari per le attività preparatorie ed attuative delle loro deliberazioni. 8. Destinazione alle funzioni di magistrato distrettuale. – 1. I posti destinati ai magistrati distrettuali sono messi a concorso con le procedure ordinarie. 2. Qualora i posti messi a concorso in un distretto siano rimasti scoperti in misura non inferiore al 25 per cento, ai magistrati successivamente destinati a tale sede, con funzioni di magistrato distrettuale, si applicano i benefìci giuridici di cui all’articolo 5 della legge 4 maggio 1998, n. 133, sino a che il numero dei posti scoperto non scende al di sotto del predetto valore, con oneri a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della giustizia. (Omissis) 11. Norme di coordinamento. – 1. Nell’articolo 124, primo comma, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, le parole: «alla data della pubblicazione del bando di concorso» sono sostituite dalle seguenti: «alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda». 2. All’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni: a) sono soppresse le parole: «123, comma 1, lettera a), 123-bis, 123-quater, 123-quinquies,» e le parole: «nonchè l’articolo 17 del presente decreto legislativo»; b) (2). 3. All’articolo 6, settimo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, le parole: «due membri» sono sostituite dalle seguenti: «un membro». 4. Al comma 2 dell’articolo 12 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni, le parole: «Se il numero degli idonei è superiore a quello dei posti messi a concorso, eventualmente aumentati di un decimo,» sono soppresse. 5. In deroga a quanto previsto dall’articolo 129 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, dalla legge 30 maggio 1965, n. 579, e, da ultimo, dal decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 440 Il sistema giudiziario italiano 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998, il Consiglio superiore della magistratura, per esigenze degli uffici giudiziari conseguenti a significative carenze di organico, può ridurre fino a dodici mesi la durata complessiva del tirocinio degli uditori giudiziari, assicurando peraltro che il tirocinio mirato abbia durata non inferiore a cinque mesi; in tal caso, ai magistrati è fatto obbligo di partecipare, per i cinque anni successivi all’assunzione delle funzioni e per due mesi all’anno, agli incontri di studio sulla formazione professionale, organizzati, fino alla istituzione della scuola della magistratura, dal Consiglio superiore della magistratura. 12. Norma di interpretazione autentica. – 1. Le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1, della legge 24 marzo 1958, n. 195, come sostituito dall’articolo 13 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e all’articolo 125, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall’articolo 7 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, si interpretano nel senso che si procede alle nomine nei limiti delle effettive vacanze dei posti del ruolo organico e nell’ordine in cui queste si verificano, seguendo la graduatoria finale di merito dei vincitori (Omissis) 14. Concorso per magistrato di tribunale. – 1. (3). 2. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura, sono determinate le necessarie disposizioni di attuazione degli articoli 126-ter e 129-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge. 3. Fermo restando quanto previsto dalle norme vigenti, le disposizioni di cui agli articoli 126-ter e 129-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge, non si applicano ai concorsi riservati per la provincia di Bolzano. 4. Agli eventuali oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo si provvede nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della giustizia. (Omissis) 17. Modifiche all’articolo 17 della legge n. 127 del 1997 e all’articolo 16 del decreto legislativo n. 398 del 1997. – 1. All’articolo 17, comma 113, della legge 15 maggio 1997, n. 127, è soppressa la seguente parola: «biennale». Normativa 441 2. All’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nella rubrica è soppressa la parola: «biennale» e nei commi 1 e 2 è soppressa la parola: «biennali»; b) (4). 18. Reclutamento di uditori giudiziari. – 1. Il reclutamento di uditori giudiziari per la copertura di tutti i posti vacanti nell’organico della magistratura alla data di entrata in vigore della presente legge, compresi quelli derivanti dall’aumento di cui all’articolo 1, avviene mediante tre concorsi, banditi con unico decreto. 2. Nei concorsi di cui al comma 1 la prova scritta verte su due delle materie indicate dal comma 1 dell’articolo 123-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge, individuate mediante sorteggio effettuato nell’imminenza della prova. Particolare attenzione è dedicata, in sede di prova orale, alla materia che il sorteggio ha escluso. 3. Nei concorsi di cui al comma 1 sono giudicati idonei i candidati che conseguano in ciascuna materia della prova scritta e della prova orale i punteggi indicati nell’articolo 123-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge, e comunque una votazione complessiva nelle due prove, esclusa la prova orale di cui alla lettera i) del comma 2 del citato articolo 123-ter, non inferiore a ottantaquattro punti. Non sono ammesse frazioni di punto. 4. Qualora all’esito delle prove scritte e orali il numero complessivo dei candidati giudicati idonei, ai sensi del comma 3 del citato articolo 123ter, sia inferiore di oltre un decimo a quello che i bandi si propongono di reclutare, è in facoltà del Ministro della giustizia, su conforme parere del Consiglio superiore della magistratura, ammettere altresì i candidati che abbiano conseguito almeno dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta e almeno sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale. (Omissis) 22. Disciplina transitoria. – 1. Le disposizioni di cui al capo IV diventano efficaci in seguito all’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, come modificato dalla presente legge, in materia di scuole di specializzazione per le professioni legali. 2. Salvo quanto previsto al comma 1 le disposizioni della presente legge riguardanti la disciplina dei concorsi per l’accesso in magistratura, ad ecce- 442 Il sistema giudiziario italiano zione di quelle dettate dall’articolo 12, si applicano ai concorsi banditi successivamente alla data della sua entrata in vigore. 3. Qualora non sia possibile completare tempestivamente l’organizzazione necessaria per la correzione degli elaborati scritti secondo la disciplina prevista dall’articolo 125-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge, il Ministro della giustizia può, sentito il Consiglio superiore della magistratura, differire, con proprio decreto motivato, l’applicazione della disciplina medesima ai concorsi successivi a quelli previsti dal comma 1 dell’articolo 18. In tal caso i concorsi di cui al medesimo comma 1 dell’articolo 18 sono preceduti dalla prova preliminare prevista dall’articolo 123-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo previgente alla data di entrata in vigore della presente legge e si svolgono secondo la disciplina di cui al capo III della presente legge; si applicano altresì gli articoli 123-quater e 123-quinquies del citato regio decreto nel testo previgente alla data di entrata in vigore della presente legge. Normativa NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 marzo 2001, n. 59. (2) Aggiunge un periodo al comma 1 dell’art. 20, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. (3) Aggiunge l’art. 126-ter al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. (4) Aggiunge i commi 2-bis e 2-ter all’art. 16, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. 443 444 Il sistema giudiziario italiano L. 24 marzo 2001, n. 89 (1). Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile. 1. Pronuncia in camera di consiglio. – 1. (2). CAPO II EQUA RIPARAZIONE 2. Diritto all’equa riparazione. – 1. Chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione. 2. Nell’accertare la violazione il giudice considera la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o a comunque contribuire alla sua definizione. 3. Il giudice determina la riparazione a norma dell’articolo 2056 del codice civile, osservando le disposizioni seguenti: a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di cui al comma 1; b) il danno non patrimoniale è riparato, oltre che con il pagamento di una somma di denaro, anche attraverso adeguate forme di pubblicità della dichiarazione dell’avvenuta violazione. 3. Procedimento. – 1. La domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui àmbito la violazione si assume verificata. 2. La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria della corte di appello, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente gli elementi di cui all’articolo 125 del codice di procedura civile. 3. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare, del Ministro delle finanze Normativa 445 quando si tratta di procedimenti del giudice tributario. Negli altri casi è proposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. 4. La corte di appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della camera di consiglio, è notificato, a cura del ricorrente, all’amministrazione convenuta, presso l’Avvocatura dello Stato. Tra la data della notificazione e quella della camera di consiglio deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni. 5. Le parti hanno facoltà di richiedere che la corte disponga l’acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all’articolo 2 ed hanno diritto, unitamente ai loro difensori, di essere sentite in camera di consiglio se compaiono. Sono ammessi il deposito di memorie e la produzione di documenti sino a cinque giorni prima della data in cui è fissata la camera di consiglio, ovvero sino al termine che è a tale scopo assegnato dalla corte a seguito di relativa istanza delle parti. 6. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo. 7. L’erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene, nei limiti delle risorse disponibili, a decorrere dal 1º gennaio 2002. 4. Termine e condizioni di proponibilità. – 1. La domanda di riparazione può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui àmbito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva. 5. Comunicazioni. – 1. Il decreto di accoglimento della domanda è comunicato a cura della cancelleria, oltre che alle parti, al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell’eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell’azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento. 6. Norma transitoria. – 1. Nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, coloro i quali abbiano già tempestivamente presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, possono presentare la domanda di cui all’articolo 3 della presente legge qualora non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilità da parte della predetta Corte euro- 446 Il sistema giudiziario italiano pea. In tal caso, il ricorso alla corte d’appello deve contenere l’indicazione della data di presentazione del ricorso alla predetta Corte europea. 2. La cancelleria del giudice adìto informa senza ritardo il Ministero degli affari esteri di tutte le domande presentate ai sensi dell’articolo 3 nel termine di cui al comma 1 del presente articolo. 7. Disposizioni finanziarie. – 1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in lire 12.705 milioni a decorrere dall’anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell’àmbito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Normativa 447 NOTE (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 3 aprile 2001, n. 78. (2) Sostituisce l’art. 375 del codice di procedura civile che qui di seguito si trascrive: 375. Pronuncia in camera di consiglio. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichiarare l’inammissibilità [c.p.c. 331, 387] del ricorso principale [c.p.c. 365, 366, 369] e di quello incidentale [c.p.c. 371] eventualmente proposto; 2) ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332; 3) dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia a norma dell’articolo 390; 4) pronunciare in ordine all’estinzione del processo in ogni altro caso; 5) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia sentenza in camera di consiglio quando il ricorso principale e quello incidentale eventualmente proposto sono manifestamente fondati e vanno, pertanto, accolti entrambi, o quando riconosce di dover pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi, nonché quando un ricorso va accolto per essere manifestamente fondato e l’altro va rigettato per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi. La Corte, se ritiene che non ricorrano le ipotesi di cui al primo e al secondo comma, rinvia la causa alla pubblica udienza. Le conclusioni del pubblico ministero, almeno venti giorni prima dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, sono notificate agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all’articolo 378 e di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti al primo comma, numeri 1), 4) e 5), limitatamente al regolamento di giurisdizione, e al secondo comma (1). (1) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 24 marzo 2001, n. 89. Il testo precedentemente in vigore – in cui i primi due commi avevano sostituito l’originario primo comma in virtù del disposto dell’art. 64, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1° gennaio 1993 per effetto dell’art. 92 della citata legge, come modificato dall’art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477 – era il seguente: “375. Pronuncia in camera di consiglio. Oltre che per il caso di regolamento di competenza la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, riconosce di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360, ordinare l’integrazione del contraddittorio o la notificazione di cui all’articolo 332, oppure dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia. La Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente, rinvia la causa alla pubblica udienza. Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima dell’adunanza della corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all’articolo 378.”. Il testo del primo comma anteriormente alla modifica disposta dalla suddetta legge n. 353 del 1990, era il seguente: “Oltre che per il caso di regolamento di competenza e per quello previsto nell’articolo 373, la corte a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, riconosce di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360, ordinare l’integrazione del contraddittorio, o la notificazione di cui all’articolo 332, oppure dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia.”. Ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993 si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall’art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L’art. 90, primo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall’art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: 448 Il sistema giudiziario italiano “Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, nonché l’articolo 186-quater del codice di procedura civile. Gli articoli 5, 40, commi terzo, quarto e quinto, e gli artt. 42, 181, comma primo, 186-bis, 186-ter, 295, 336, comma secondo, 360, comma primo, 361, comma primo, 367, comma primo, 371-bis, 373, comma secondo, 375, comma primo, 377, 384, comma primo, 391-bis, 398, comma quarto, 495, 525, comma terzo, del codice di procedura civile, e gli articoli 144-bis e 159 disp. trans. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993”. In deroga al citato art. 90, per ciò che riguarda la definizione del contenzioso civile pendente alla data del 30 aprile 1995, vedi l’art. 12, L. 22 luglio 1997, n. 276, istitutiva delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari, con la disciplina transitoria ed i correttivi di cui all’art. 1, L. 2 ottobre 1997, n. 333. Il secondo comma dell’art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge. Le système judiciaire italien Ce volume est l’édition mise à jour du précédent qui a été publié en 1999 afin d'offrir des informations sur l'organisation de la justice en Italie. La première partie est une exposition brève du système en vigueur; la deuxième traite des problèmes que son application entraîne; dans la dernière les lois principales sont indiquées. Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale. PREMIÈRE PARTIE NORMES RELATIVES AU SYSTEME JUDICIAIRE ET A L’ORGANISATION ET AU FONCTIONNEMENT DU C.S.M. 1. LA FONCTION JURIDICTIONNELLE DANS LA CONSTITUTION. La juridiction. – La Constitution prévoit que la fonction juridictionnelle soit ainsi répartie: 1.2. La juridiction constitutionnelle - Elle est attribuée au Conseil constitutionnel, composé de quinze juges dont un tiers est nommé par le Président de la République, un tiers par le Parlement en séance commune et un tiers par les magistratures suprêmes ordinaire et administrative (article 135 de la Constitution). *** Le Conseil constitutionnel connaît (article 134 de la Constitution): a) des litiges relatifs à la légitimité constitutionnelle des lois et des actes, ayant force de loi, de l’Etat et des Régions; b) des conflits d’attribution entre les pouvoirs de l’Etat et des conflits entre l’Etat et les Régions et entre les Régions; c) des accusations formulées contre le Président de la République, conformément à la Constitution (cf. article 90 de la Constitution). *** Le contrôle de la légitimité constitutionnelle des lois peut être introduit en voie principale par des sujets spécifiquement légitimés (Etat, Régions, Provinces autonomes) (cf. articles 37-42 de la loi constitutionnelle n. 87 du 11 mars 1953), ou bien en voie incidente par un juge qui, au cours d’un procès, considère que la constitutionnalité de la loi à appliquer au cas d’espèce est douteuse. Dans cette dernière hypothèse, la question de constitutionnalité doit être importante aux fins du règlement du procès et ne doit pas être manifestement dépourvue de tout fondement (cf. article 1 de la loi constitutionnelle n. 1 du 9 février 1948; articles 23-30 de la loi constitutionnelle n. 87 du 11 mars 1953). 1.3. La juridiction ordinaire. – La juridiction ordinaire est exercée par des magistrats ordinaires considérés comme tels puisqu’ils ont été institués et soumis aux normes du système juridique (article 102 de la Constitution; articles 1 et 4 du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941). Ils diffèrent des autres juges en raison de la réserve d’indépendance prévue par la Constitution (articles 101-104 de la Constitution) et en raison du fait qu’ils sont soumis au pouvoir du Conseil supérieur de la magistrature qui en représente l’organe de gouvernement autonome (dont la constitution et le fonctionnement sont réglementés par la loi n. 195 du 24 mars 1958 et par le D.P.R. n. 916 du 16 septembre 1958). *** La juridiction ordinaire comprend deux secteurs: le secteur pénal, qui décide du bien-fondé de l’action publique exercée par le ministère public à l’encontre d’un sujet déterminé, et le secteur civil, chargé de la sauvegarde juridique des droits relatifs aux rapports entre sujets privés ou entre ces derniers et l’administration publique, lorsque cette dernière, dans l’exercice de ses fonctions, porte préjudice au droit subjectif d’une autre personne. Le procès pénal est intenté par un magistrat du parquet qui appartient, lui aussi, à la magistrature ordinaire (article 107 de la Constitutio n, dernier alinéa). Le procès civil peut être intenté par tout sujet public ou privé, appelé demandeur, à l’égard d’un autre sujet, qui revêt la qualité de destinataire de la demande, appelé défendeur. Les procès civils et pénaux sont réglementés par deux corps distincts de normes juridiques: le code de procédure civile et le code de procédure pénale. Le procès civil a été partiellement modifié par une loi de 1990 (n. 353 du 26 novembre), à compter du 30 avril 1995, afin d’en rendre plus rapide et efficace le déroulement. La structure actuelle articule l’activité judiciaire en audiences consacrées, respectivement, à la vérification de la constitution régulière du rapport judiciaire, au déroulement de la cause et à la tentative de conciliation, à l’instruc tion probatoire, aux débats et à la décision. Le code de procédure pénale, au contraire, a été complètement réformé en 1988 et est passé d’un système de type inquisitoire à un système fonda mentalement accusatoire qui s’inspire, entre autres, des principes de l’égalité entre l’accusation et la défense et de la formation orale de la preuve au cours des débats, devant le juge siégeant en audience publique (cf. loi n. 81 du 16 février 1987, contenant la délégation pour la promulgation du nouveau code de procédure pénale). Après de nombreuses interventions normatives, qui ont dans le temps, à plusieurs égards, atténué le caractère accusatoire de la procédure pénale au nom de l’exigence d’une défense sociale vis-à-vis de la criminalité organisée, la modification récente de l’article 111 de la Constitution, introduite par la loi constitutionnelle n. 2 du 23 novembre 1999, a expressément consacré le principe d’inspiration accusatoire de la formation en contradictoire de la preuve et a rendu indéfectible la sauvegarde du droit à la preuve du prévenu. La réforme de l’art 111 de la Constitution, concerne tout procès, tant civil que pénal, administratif ou comptable, là où l’article élève au rang de garantie expresse la règle d’un procès équitable, règle selon laquelle tout procès doit se dérouler en contradictoire entre les parties, en condition d’é- galité, devant un juge tiers et impartial et doit avoir une durée raisonnable. Le droit à une durée raisonnable du procès a été récemment reconnu par la loi n. 89 du 24 mars 2001, qui attribue aux parties le droit de demander à l’Etat, en cas de violation dudit droit, une réparation pécuniaire adéquate. La juridiction ordinaire est administrée par des juges “professionnels” et par des juges “honoraires” qui constituent l’ordre judiciaire (article 4 du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941). Plus particulièrement, l’ordre judiciaire est constitué des auditeurs de justice, des juges de toute qualification des tribunaux d’instance, des tribunaux de grande instance, des cours d’appel et de la Cour de Cassation ainsi que des magistrats du parquet. Les juges conciliateurs et les juges conciliateurs suppléants appartenaient eux aussi à l’ordre judiciaire, comme magistrats honoraires (fonctions désormais supprimées qui sont à présent exercées seulement jusqu’à la fin du mandat des juges déjà nommés); à l’heure actuel le, la magistrature honoraire se compose de juges de paix (loi n. 374 du 21 novembre 1991; DPR n. 404 du 28 août 1992) – dont la compétence, tant au civil qu’au pénal, concerne des matières soustraites à la juridiction des juges professionnels – de juges honoraires (loi n. 276 du 22 juillet 1997; décret- loi n. 328 du 21 septembre 1998, converti en la loi n. 221 du 19 novembre 1998)qui composent les Sezioni stralcio, c’est-à-dire des Chambres expressément instituées afin d’éliminer les affaires civiles pendantes à la date du 30 avril 1995, de juges honoraires de tribunal (g.o.t. giudici onorari di tribunale), de support auprès les juridictions du siège, et de procureurs honoraires adjoints (v.p.o. vice procuratori onorari) auprès des juridictions du parquet, d’experts du tribunal et de la chambre des mineurs de la cour d’appel, de jurés des cours d’assises (loi n. 287 du 10 avril 1951), d’experts membres du tribunal de l’application des peines (tribunale di sorveglianza) (cf. article 70 de la loi n. 354 du 26 juillet 1975) et des chambres agraires spécialisées (cf. articles 2-4 de la loi n. 320 du 2 mars 1963). Actuellement, la justice, tant dans le secteur civil que dans le secteur pénal, est administrée par: le juge de paix, le tribunal de grande instance, la cour d’appel, la Cour de Cassation, le Tribunal pour enfant, le juge de l’ap-plication des peines et le Tribunal de l’application des peines (article 1 du déc ret royal n. 12 du 30 janvier 1941). Par la réforme sur le juge unique du premier degré (décret législatif n. 51 du 19 février 1998) a eu lieu la restructuration des tribunaux du premier degré: le poste du juge d’instance a été supprimé et ses compétences transférées au tribunal qui a maintenant tant une composition à juge unique, pour les affaires les moins complexes, qu’une composition collégiale pour les affaires les plus complexes. De même, le parquet auprès du tribunal d’ins -tance d’arrondissement (pretura circondariale) a été supprimé et ses fonctions transférées au parquet du tribunal. Dans la même perspective, les juges d’instance honoraires adjoints (vice pretore onorario), c’est-à -dire les magistrats honoraires en fonction auprès de la juridictio n du siège ainsi supprimée (la pretura), ont changé leur dénomination et s’appellent à présent juges hono raires du tribunal. 1.4. Les juridictions spéciales. – La Constitution interdit l’institution de nouveaux juges “extraordinaires ou spéciaux” et permet ainsi, dans le cadre de la juridiction ordinaire, l’institution de chambres spécialisées dans des secteurs déterminés, caractérisées par la présence contemporaine, dans la même juridiction du siège, de magistrats ordinaires et de citoyens étrangers à l’ordre judiciaire qui présentent les conditions nécessaires pour remplir la fonction qui leur est attribuée (par exemple, les chambres agraires spécialisées) (article 102 de la Constitution). Il y a cependant des juges spéciaux, tels que les juges administratifs, la Cour des comptes et le juge militaire, qui existaient déjà avant l’entrée en vigueur de la Constitution (article 103 de la Constitution). *** La Cour des comptes est composée de magistrats comptables. Auprès de la Cour, un Parquet général a été institué et des fonctions d’enquête lui ont été attribuées. La magistrature comptable a été récemment réformée par la création de chambres juridictionnelles et d’enquête autonomes au niveau régional. Le Conseil de Présidence de ladite Cour est un orga ne de gouvernement autonome. Outre sa compétence en matière de contrôle préventif de la légitimité de nombreux actes du Gouvernement et d’autres organismes publics et en matière de contrôle de la gestion du budget et du patrimoine des administrations pub liques, la Cour des comptes statue également en matière de comptabilité publique, de comptabilité relative aux retraites et de responsabilité des employés et des fonctionnaires de l’Etat ou des autres organismes publics. *** Les juges militaires, compétents pour connaître des délits militaires commis par les membres des forces armées, représentent un ordre distinct de la magistrature ordinaire, administré par un organe de gouvernement auto nome, le Conseil supérieur de la magistrature militaire. *** La juridiction administrative est attribuée à un ensemble d’organes, séparés de la magistrature ordinaire: les tribunaux administratifs régionaux, comme juges du premier degré, et le Conseil d’Etat, comme juge du second degré. L’organe de gouvernement autonome des juges administratifs est le Conseil de présidence de la magistrature administrative, composé non seule ment du président du Conseil d’Etat, de quatre magistrats en fonction auprès du Conseil d’Etat, de six magistrats en fonction auprès des tribunaux administratifs régionaux, mais aussi de membres laïques, c’est-à-dire de quatre citoyens élus, deux par la Chambre des députés et deux par le Sénat de la République à la majorité absolue, parmi les professeurs de faculté titulaires de chaires en matiè res juridiques ou parmi les avocats ayant vingt années d’activité professionnelle. Le Conseil de présidence de la magistrature admi nistrative se compose également de membres suppléants, choisis parmi les magistrats du Conseil d’Etat et des Tribunaux administratifs régionaux. Sa composition actuelle, avec la présence des membres laïques, est due à la récente modification de l’article 7 de la loi n. 186 du 27 avril 1982, portant règlement de la juridiction administrative, modification introduite par la loi n. 205 du 21 juillet 2000, et en particulier par l’article 18. Le juge administratif exerce le contrôle de la légitimité (et non pas du fond, entendu comme contrôle de l’opportunité) des actes administratifs: le recours devant la juridiction administrative a pour but d’obtenir l’annulation juridictionnelle de l’acte administratif considéré comme vicié pour incompétence, violation de la loi ou excès de pouvoir. D’une manière générale, la compétence de la juridiction ordinaire et de la juridiction administrative est déterminée eu égard à la position sub jective – droit subjectif et intérêt légitime – qui est faite valoir en justice: la juridiction administrative (à l’exception de matières particulières réservées à la juridiction exclusive du juge administrat if, matières dont le nombre a été récemment augmenté par la loi n. 205 du 21 juillet 2000) est le juge de l’intérêt légitime. Réglementation de référence – Constitution, articles 90, 101-113, 134-137. – Décret royal n. 12 du 30 janvier 1941 – Loi n. 374 du 21 novembre 1991 – Décret législatif n. 51 du 19 février 1998, articles 1-48 – Loi n. 186 du 27 avril 1982, article 7 – Loi n. 205 du 21 juillet 2000, article 18 – Loi n. 89 du 24 mars 2001 2. LA POSITION CONSTITUTIONNELLE DE LA MAGISTRATURE ORDINAIRE. 2.1. Indépendance et autonomie. – Selon la Constitution, la magistrature représente un ordre autonome et indépendant de tout autre pouvoir (article 104 de la Constitution). L’autonomie a trait à sa structure organisationnelle. La magistrature est auto nome vis-à-vis du pouvoir exécutif, car l’indé-pendance de la magistrature serait compromise si les dispositions concernant l’évolution de la carrière des magistrats et, plus en général, leur statut étaient du ressort du pouvoir exécutif. En revanche, la Constitution a attribué à un organe de gouvernement autonome l’administration du personnel de la magistrature (mutations, promotions, attributions de fonctions et mesures disciplinaires) (article 105 de la Constitution): le Conseil supérieur de la magistrature est donc le garant de l’indépendance de la magistrature. La magistrature est également autonome vis-à -vis du pouvoir législatif, c’est-à-dire que les juges ne sont soumis qu’à la loi (article 101 de la Constitution). L’indépendance concerne l’aspect fonctionnel de l’activité juridictionnelle. Elle ne concerne pas l’ordre dans son ensemble – garanti par l’autonomie, comme ci-dessus illustré – mais le juge au moment de l’exercice de la juridiction. L’indépendance dérive d’un autre principe constitutionnel selon lequel le juge est soumis uniquement à la loi. La juridiction dérive donc de la souveraineté populaire. *** L’indépendance et l’autonomie sont des principes que la Constitution reconnaît également au ministère public (articles 107 et 112 de la Constitution), notamment là où elle prévoit le caractère obligatoire de l’action publique. C’est justement le caractère obligatoire de l’action publique qui permet de garantir non seulement l’indépendance du ministère public dans l’exercice de ses fonctio ns mais aussi l’égalité des citoyens vis-à –vis de la loi pénale. L’autonomie et l’indépendance du ministère public présentent d’ailleurs des aspects particuliers eu égard aux rapports “internes” au parquet, compte tenu du caractère unitaire de ce dernier et du pouvoir de direction qui doit être reconnu au chef du parquet vis-à -vis de ses substituts (cf. article 70 du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941). 2.2. Inamovibilité. – Les magistrats jouissent également de la garantie de l’inamovibilité. En effet, l’indépendance du juge pourrait être gravement compromise s’il pouvait être dispensé du service ou muté d’une juridiction à l’autre. Afin d’éviter que cela se vérifie, la Constitution prévoit que seul le Conseil supérieur de la magistrature peut décider de la suspension, de la dispense et de la mutation du magistrat, soit avec son consentement soit pour les motifs et avec les garanties de la défense prévus par la loi régissant le système judiciaire. En règle générale, le magistrat peut donc être muté vers un autre siège ou exercer d’autres fonctions uniquement avec son consentement, après délibération du Conseil supérieur de la magistrature. Cette mesure est adoptée à l’issue d’une procédure de concours entre les aspirants, ouverte au moment de la publication des sièges vacants et de la rédaction d’une liste tenant compte de l’ancienneté, des motifs liés à la famille ou à la santé et des aptitudes (la réglementation régissant cette matière est contenue dans une circulaire spéciale adoptée par l’organe de gouvernement autonome: circulaire n. 15098 du 30 novembre 1993 et ses modifications successives). *** Les cas où une mutation d’office est exceptionnellement autorisée sont établis de façon péremptoire. A cet égard, il y a lieu de signaler non seulement le cas où les auditeurs de justice seraient affectés pour la première fois à leurs fonctions, mais aussi les cas où la mutation aurait pour but de satisfaire, d’office, l’intérêt de l’administration à couvrir certains postes: il échet de considérer, en particulier, les articles 4 et suivants de la loi n. 570 du 25 juillet 1966 et modifications successives, relatifs à la couverture d’office des postes de magistrats de cour d’appel sans aspirants; l’article 10 de la loi n. 831 du 20 décembre 1973, en matière d’affectation d’office aux fonctions de cassation; ainsi que les articles 3 et suivants de la loi n. 321 du 16 octobre 1991 et ses modifications successives, en matière de mutation d’office vers les postes vacants non sollicités; l’article 1 de la loi n. 133 du 4 mai 1998, relatif à la couverture des postes non pourvus de l’Italie du sud et des îles, postes notoirement peu convoités et toujours vacants. Le C.S.M. a également le pouvoir de muter d’office les magistrats en cas de suppression de la juridictio n d’appartenance du magistrat (article 2, alinéa III du décret législatif royal n° 511/46) et en outre “quand il ne leur est pas possible, pour toute cause qui ne dépend pas de leur faute, d’exercer leur fonction avec indépendance et impartialité au poste qu’ils occupent” (article 2, alinéa II du décret législatif royal n° (511/46); dans ce cas la dérogation au principe de l’inamovibilité est dûment justifiée par l’exigence prédominante d’assurer au magistrat l’exercice indépendant et impartiel de la juridiction au siège où il exerce ses fonctions, ce qui serait, par contre, compromis s’il restait in loco. Il est important de souligner que pour ce cas de mutation d’office seule importe la situation objective de l’empêchement d’exercer des fonctions auprès d’un poste particulier, abstraction faite de toute cause pour laquelle une faute de la part du magistrat aurait pu être relevée. Ladite mutation est une mesure prise à l’issue d’une procédure administrative qui, bien qu’elle ait pour origine des rapports des chefs des services judiciaires ou des plaintes des citoyens, se déroule entièrement au sein du C.S.M. et qui donne lieu à une mesure administrative qui se parachève définitivement par l’affectation d’un nouveau poste au magistrat; ledit magistrat pourra présenter un recours à la justice administrative contre cette mesure. Cette mutation prévue pour incompatibilité sans faute avec le milieu professionnel se différencie à la fois de la mutation d’office, au titre de sanction disciplinaire, prévue par l’article 13, 1er alinéa du décret législatif n° 109/2006, et de la mesure conservatoire et provisoire, prévue par l’article 13, alinéa 2, du décret législatif n° 109/2006 prise dans le cadre d’une mesure disciplinaire à l’encontre du magistrat, en présence de graves éléments du bien- fondé de l’action disciplinaire quand il y a des raisons particulièrement urgentes. Dans le premier cas la sanction est la conséquence de l’établissement d’une responsabilité coupable du magistrat - qui, par conséquent reconnaît une faute - de nature disciplinaire suite à une procédure juridictionnelle à sa charge, qui donne lieu à un jugement de la chambre disciplinaire du C.S.M., contre lequel il est possible de former un pourvoi devant les chambres réunies de la Cour de Cassation. Dans le deuxième cas la mutation d’office se structure comme une vraie mesure conservatoire dans le cadre de la procédure disciplinaire à l’encontre du magistrat, qui anticipe la condamnation à venir; elle est introduite par le Procureur général de la Cour de Cassation et elle est décidée, à l’issue d’une procédure intérinale, par ordonnance de la chambre disciplinaire du C.S.M., contre laquelle il est possible de se pourvoir en Cassation. 2.3. Impartialité et prédétermination du juge compétent. – Le système constitutionnel fournit des garanties supplémentaires à la fonction juridic tionnelle. En particulier, le principe de la détermination préalable du juge compétent, principe établi de par la loi (article 25 de la Constitution), donne lieu d’un part à l’e xistence d’une réserve absolue de la loi en matiè re de compétence du juge, tout en empêchant que la compétence de ce dernier puisse être déterminée par des sources secondaires ou des actes non législatifs; d’autre part, le juge compétent est déterminé eu égard à une situation qui précède le fait devant être jugé, en empêchant ainsi que le juge soit nommé ex post . Par le principe du juge naturel déterminé par la loi, l’impartialité de celui qui exerce la fonction juridictionnelle est en même temps assurée. Ces principes constitutionnels sont à la base des normes du système juri dique relatives à la composition des juridictions, normes qui réglementent l’affectation de chaque magistrat et l’attribution des affaires (cf. articles 7 et suivants du décret roya l n. 12 du 30 janvier 1941; cf. également la réglementation en la matière introduite par le C.S.M.: tout dernièrement par la circulaire n. 8873 du 21 mai 1997). Les principes d’impartialité et de détermination préalable du juge compétent ne sont pas contredits par les normes réglementant l’affectation (cf. notamment l’article 110 du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941, ainsi que la réglementation détaillée contenue dans la circulaire du C.S.M. n. 7704 du 2 mai 1991) et la suppléance des magistrats (cf. notamment les articles 97, 105 et 109 du décret royal n. 12/41 et la réglementation détaillée contenue dans la circulaire du C.S.M. n. 7704 du 2 mai 1991), dont le but est de pourvoir à des carences éventuelles des juridictions par l’utilisation de magistrats travaillant auprès d’autres juridictions ou dans la même juridiction mais avec des fonctions différentes. A cet égard, il y a lieu de signaler la récente loi n. 133 du 4 mai 1998, qui contient d’importantes innovations visant à améliorer le service de la justice. Parmi ces dernières, une importance particulière doit être attribuée à la prévision des «tableaux de répartition des magistrats entre les juridictions d’un même district”. Ces tableaux ne remplacent pas ceux déjà prévus auprès de chaque jurid iction (cf. article 7-bis du décret royal n. 12/41), mais s’y ajoutent de manière à permettre une utilisation plus aiséeet plus ample des magistrats auprès de plusieurs juridictions (les juridictions “regroupées” dans le cadre d’un même district), même en ayant recours aux normes, tout aussi innovatrices, qui réglementent la “co-affectation” du même magistrat à plusieurs juridictions, et la “suppléance au sein d’un même district” (cf. article 6 de la loi précitée). Ces normes peuvent être aisément assimilées aux normes, déjà mentionnées, qui réglementent l’affectation et la suppléance, par lesquelles le législateur se propose de construire un système encore plus efficace afin de pourvoir aux carences plutôt fréquentes de personnel et/ou aux empêchements des magistrats titulaires, en élargissant, d’un point de vue quantitatif et qualitatif, les possibilités d’utilisation des magis trats en exercice. Toujours dans la perspective de remédier aux difficultés organisationnelles des juridictions dérivant des absences temporaires des magistrats, la récente loi n. 48 du 13 février 2001, qui a réformé le système d’accès à la magistrature et a augmenté le personnel de mille unités, a institué auprès de chaque cour d’appel un tableau organique des magistrats d’un même district, en vue de suppléer à l’absence des magistrats dudit district. L’utilisation du magistrat de district est autorisée en cas de mise en disponibilité pour mala-die ou pour une autre cause, en cas d’abstention du travail obligatoire ou facultative pour grossesse ou maternité ou bien dans les autres cas réglementés par la loi n. 53 du 8 mars 2000, (portant des normes en faveur de la maternité et de la paternité), en cas de mutation non contemporaine à l’exé -cution de la mesure ordonnant la mutation d’un autre magistrat devant occupé le poste vacant, en cas de suspension provisoire du service lorsque un procès pénal ou disciplinaire est pendant, en cas d’exonération des fonctions judiciaires à l’occasion de la participation au jury d’examen du concours pour auditeurs de justice. Le nombre de magistrats de district prévu par le tableau organique est déterminé par décret du Ministre de la Justice, ouï le Conseil supérieur de la magistrature, en relation aux moyennes statistiques des absences par district dans les trois années précédant l’entrée en vigueur de la loi et est soumis à une révision biennale, toujours sur la base des moyennes statistiques des absences des deux années précédentes. 2.4. Caractère obligatoire de l’action publique. – L’indépendanc e du ministère public est également garantie par le caractère obligatoire de l’action publique (article 112 de la Constitution). D’après ce principe, le ministère public, après avoir eu connaissance d’une infraction, est tenu à mener des enquêtes, à soumet tre les résultats desdites enquêtes à l’évaluation du juge et a formulé ses réquisitions. Cette procédure doit être suivie soit au cas où le ministère public aurait l’intention de demander le classement de l’affaire, vu le manque de tout fondement à l’avis de communication d’une infraction, soit au cas où il déciderait de poursuivre en justice un individu pour une infraction déterminée. Comme il l’a déjà été dit, le caractère obligatoire de l’action publique permet de garantir, non seulement l’indépendance du ministère public dans l’exercice de ses fonctions mais aussi l’égalité des citoyens vis-à -vis de la loi pénale. Réglementation de référence: – décret législatif royal n. 511 du 31 mai 1946. – loi n. 48 du 13 février 2001, articles 1 et 4-8 3 LE CONSEIL SUPERIEUR DE LA MAGISTRATURE. 3.1. Attributions. – Le C.S.M. est l’organe de gouvernement autonome de la magistrature ordinaire chargé, conformément aux normes du système judiciaire, des recrutements, des affectations et des mutations, des promotions et des mesures disciplinaires à l’égard des magistrats (cf. article 105 de la Constitution) (pour la constitution et le fonctionnement du C.S.M., cf. loi n. 195 du 24 mars 1958 et D.P.R. n. 916 du 16 septembre 1958; ainsi que le règlement interne approuvé par le CSM). 3.2. Composition. – La Constitution (article 104) établit que le C.S.M. est composé de trois membres de droit: le Président de la République, qui est également le président de cet organe, le Président de la Cour de Cassation et le Procureur général près la Cour de Cassation. En ce qui concerne ses membres éligibles la Constitution n’en indique pas le nombre, mais elle précise que deux tiers d’entre eux sont à élire par tous les magistrats ordinaires parmi les magistrats appartenant aux différentes catégories (les “membres en toge”) et qu’un tiers est choisi par le Parlement en séance commune, parmi les professeurs de faculté titulaires de chaires en matières juridiques et les avocats ayant au moins quinze ans d’activité professionnelle (les “ membres laics ”). La Constitution établit que les membres du Conseil sont élus pour quatre ans et que ces derniers ne sont pas immédiatement rééligibles. Parmi les membres laïcs le Conseil doit élire un Vice-Président, qui préside l’Assemblée plénière (e n l’absence du Président de la République ou sur mandat de ce dernier), et qui préside en outre le Comité de Présidence, qui a pour attributions de promouvoir l’activité et d’appliquer les délibérations du C.S.M. ainsi que de gérer les fonds du budget, attendu que le Conseil est pourvu d’autonomie comptable et financière. Il revient donc à la loi ordinaire de déterminer le nombre des membres qui doivent être élus ainsi que les modalités d’élection. Actuellement la loi n° 44/2002 (qui a modifié l’article 1 de la loi n° 195/58) fixe à 24 le nombre des membres à élire, dont 16 membres “en toge” et 8 “laïcs”; ces derniers sont élus par le Parlement en séance commune par vote à scrutin secret et à la majorité des trois cinquièmes des membres de l’assemblée pour les deux premiers scrutins, la majorité des trois cinquièmes des votants étant suffisante à partir du troisième scrutin. Les membres “en toge” à élire sont répartis comme suit: deux appartenant aux magistrats de la Cour de Cassation (siège et parquet), qui exercent les fonctions de légitimité, quatre parmi les magistrats qui exercent le s fonctions de ministère public dans la juridiction de fond et les dix autres parmi ceux qui exercent des fonctions de juge dans la juridiction de fond. L’élection des membres en toge a lieu au systéme majoritaire dans un collège unique national pour chacune des catégories de magistrats à élire, indiquées supra, ce système étant fondé sur des candidatures individuelles, présentées par un nombre de magistrats qui n’est pas inférieur à vingt -cinq et pas supérieur à cinquante. Chaque électeur reçoit trois bulletins, un pour chacun des trois collèges uniques nationaux, et il vote pour un seul magistrat pour chacune des catégories des magistrats: légitimité et fond, siège et parquet. La commission électorale centrale, constituée près la Cour de Cassation se charge du dépouillement des bulletins et détermine le total des voix valables et des préférences en faveur de chaque candidat. Sont déclarés élus les candidats qui ont obtenu le plus grand nombre de voix et leur nombre est égal à celui des sièges à pourvoir dans chacun des colléges (ou catégorie de magistrats). 3.3. Position constitutionnelle du C.S.M. – Relativement à la position du Conseil supérieur de la magistrature, le Conseil constitutionnel a affirmé que le C.S.M., tout en remplissant des fonctions objectivement administratives, ne fait pas partie de l’administration publique, car il est étranger à la structure organisationnelle qui dépend directement du Gouvernement de l’Etat ou des Régions. Eu égard aux fonctions qui lui sont attribuées par la Constitution, le Conseil a été défini comme un “organe dont l’importance constitutionnelle est certaine”. Ces fonctions, pouvant être définies comme des fonctions “d’administration de la juridiction”, concernent en premier lieu la gestion du personnel de la magistrature, c’est-à -dire les recrutements, les affectations et les mutations, les promotions et les mesures disciplinaires concernant les magistrats. Ces fonctions concernent également l’organisation des juridictions afin d’assurer et de garantir que chaque magistrat, dans l’exer-cice de ses fonctions, soit soumis “uniquement à la loi”. A ce propos, il y a lieu de relever que le Conseil supérieur, sur proposition des présidents des cours d’appel et après avoir entendu les Conseils judiciaires, approuve tous les deux ans les tableaux de composition des juridictions de chaque district ainsi que des critères objectifs et préétablis pour l’attribution des affaires à chaque juge. Le Conseil se trouve donc au sommet de la structure bureaucratique préposée à l’administration de la juridiction, structure à laquelle coopèrent, à plusieurs titres, même les Conseils judiciaires et les chefs des juridictions du siège et du parquet. 3.4. Activité para-normative du C.S.M. – La loi constitutionnelle reconnaît au Conseil l’autorité d’adopter des actes para-normatifs qui peuvent se subdivisés en trois catégories: a) règlement interne et règlement d’administration et de comptabilité, les deux étant prévus par la loi; ce sont des actes normatifs secondaires, reconnus à tout organe politique et administratif d’importance constitutionnelle, destinés à réglementer l’organisation et le fonctionnement du Conseil; b) règlement pour le stage des auditeurs de justice, expressément prévu par la loi constitutionnelle, régissant la durée et les modalités de déroulement du stage des nouveaux magistrats; c) circulaires, résolutions et directives: les premières ayant pour fonction d’auto-réglementer l’exercice du pouvoir discrétionnaire administratif reconnu au CSM par la Constitution et par les lois ordinaires; les autres ayant pour but de proposer et d’appliquer les normes du système juridique selon une interprétation systématique des sources. Réglementation de référence: – Loi n. 195 du 24 mars 1958 4. L’ACCES A LA MAGISTRATURE ORDINAIRE. 4.1. Le concours. – L’accès à la magistrature professionnelle a lieu par concours public, conformément à l’article 106, 1 er alinéa de la Constitution. Les normes réglementant l’accès à la magistrature professionnelle (concours des Auditeurs de justice) ont fait l’objet, surtout ces dernières années, de plusieurs interventions législatives, visant d’une part à rendre plus rapide les procédures des concours et d’autre part à exiger un niveau de qualification plus élevé des candidats qui se présentent au concours, pour lequel il suffisait d’avoir la maîtrise en droit auparavant. Le décret législatif n° 398/97 a ainsi institué auprès des universités des Écoles de spécialisation pour les professions juridiques pour compléter la formation de ceux qui, après avoir obtenu la maîtrise en droit, ont l’intention d’exercer précisément les professions de magistrat, avocat et notaire; lesdites écoles, qui ont effectivement été mises en place à partir de l’année académique 2001 -2002, délivrent à la fin des deux années du cours un diplôme qui est nécessaire pour être admis à se présenter au concours de la magistrature et leur but déclaré est d’instaurer une formation commune pour les sujets appelés à interagir dans le futur exercice des activités professionnelles précitées. Pendant la période qui a séparé l’entrée en vigueur de la loi de l’ouverture effective des écoles de spécialisation, une épreuve préliminaire (qui s’ajoutait aux épreuves écrites et orales) avait été introduite pour rationaliser et accélérer les procédures relatives aux concours, pour assurer une sélection au sein du vaste public des candidats au concours d’entrée dans la magistrature, qui faisait recours à l’emploi d’instruments informatiques et qui se présentait sous la forme de questions à réponses multiples portant sur les matières de l’écrit. Après l’ouverture des écoles de spécialisation, auxquelles on est admis par sélection sur le critère d’épreuves informatiques et de l’examen des curriculums des candidats, avec numerus clausus, l’épreuve préliminaire informatique avait été éliminée par les nouvelles modalités d’entrée dans la magistrature établies par la loi n° 48/2001 qui, pour accélérer les procédures de correction des épreuves avait institué la fonction de “correcteur externe”, fonction qui en réalité n’a jamais été mise en place parce qu’elle exigeait un règlement d’application, qui n’a jamais été promulgué; ceci étant, la loi a prévu que les épreuves écrites du concours d’entrée dans la magistrature soient précédées de l’épreuve préliminaire informatique et il en a été ainsi jusqu’à présent. Le concours pour devenir auditeur de justice, annoncé par le Garde des sceaux après délibération du C.S.M., qui fixe le nombre des postes à mettre en concours, porte sur trois épreuves écrites: droit civil, pénal et administratif (pour une période transitoire la loi n° 48/2001 a prévu que trois concours se déroulent en passant seulement deux des trois épreuves écrites indiquées, dont le choix était effectué par tirage au sort le jour même des épreuves écrites); il y a ensuite un oral sur les matières déjà présentées à l’écrit (des éléments fondamentaux de droit romain font partie du programme de droit civil), auxquelles s’ajoutent la procédure civile et pénale, le droit administratif, constitutionnel, fiscal, du travail, de la sécurité sociale, communautaire, international ainsi que des éléments d’informatique juridique. Le jury d’examen est nommé par le C.S.M. dix jours avant le début des épreuves écrites (ou de la présélection informatique). Il est présidé par un magistrat de cassation déclaré apte en vue d’une ultérieure promotion à des fonctions directives supérieures, qui exerce des fonctions de légitimité, et il est formé d’un magistrat dont le statut n’est pas inférieur à celui de magistrat déclaré apte à être pris en considération pour la promotion à la magistrature de cassation, qui exerce les fonctions de vice président du jury, de vingt-deux magistrats dont le statut n’est pas inférieur à celui de magistrat d’appel ainsi que de huit professeurs de faculté titulaires de chaires en matières juridiques. Le classement final, que le jury établit en se basant sur le total des notes qui ont été attribuées à chacun des candidats pour ses différentes épreuves, est approuvé par le C.S.M. Les candidats reçus au concours sont nommés auditeurs de justice et affectés à une juridiction du premier degré, siège d’une cour d’appel, pour y effectuer leur stage. Celui-ci est réglementé par le décret du Président de la République du 17 juillet 1998 et consiste à participer et à collaborer à l’activité judiciaire des magistrats, à qui l’auditeur est confié, dans le secteur civil comme dans le secteur pénal aussi bien comme juge unique ou collégial que comme ministère public. L’activité de formation de nature théorique ne fait pas défaut non plus, des rencontres d’étude réservées aux auditeurs de justice étant organisées au niveau central par le C.S.M., les Conseils judiciaires et les responsables de la formation près chaque cour d’appel (qui sont nommés tous les deux ans par le C.S.M.) se chargeant de la formation décentralisée. En règle générale la durée du stage de formation ne peut pas être inférieure à dix -huit mois et il se décompose en deux parties: le stage “ordinaire”, dont la durée n’est pas inférieure à treize mois, et “la formation ciblée” pour le reste du stage; cette dernière découle du choix que l’auditeur a fait du siège auquel il se destine et elle a donc pour but de développer la pratique de l’activité judiciaire spécifique que l’auditeur sera appelé sous peu à exercer près le siège de destination. Le stage est dirigé, coordonné et contrôlé par le C.S.M., qui se prévaut pour l’organiser matériellement de la collaboration des organes collégiaux près les cours d’appel, des Conseils judiciaires, et des commissions instituées auprès desdits organismes. Le stage a pour but d’assurer la formation professionnelle de l’auditeur de justice et de vérifier son aptitude à exercer les fo nctions judiciaires. 4.2. La nomination directe. – La Constitution prévoit, comme exception au recrutement par concours, la nomination directe “pour grands mérites” au poste de conseiller de cassation des professeurs de faculté titulaires de chaires en mat ières juridiques et des avocats ayant quinze années d’activité professionnelle et étant inscrits aux barreaux spéciaux pour les juridictions supérieures (article 106 de la Constitution). Cette disposition a été récemment appliquée par la loi n. 303 du 5 août 1998, et en la matière, le CSM a émis la circulaire P. 99-03499 du 18.2.1999. Réglementation de référence: – Décret royal n. 12 du 30 janvier 1941, articles 121-130 – Loi n. 127 du 15 mai 1997, article 17, alinéas 113 et 114 – D.P.R. du 17 juillet 1998 – Décret législatif n. 398 du 17 novembre 1997 – Loi n. 48 du 13 février 2001 5. LA CARRIERE DES MAGISTRATS ORDINAIRES. L’avancement de carrière est le même pour tous les magistrats du siège et du parquet. Pour passer d’une fonction à l’autre, seule une évaluation des aptitudes est nécessaire. Les auditeurs de justice, après leur phase de formation, peuvent être affectés à des postes de la juridiction du premier degré. Le C.S.M. élabore une liste de postes vacants, convoque les auditeurs qui indiquent leurs préférences selon leur classement au concours et selon les titres préférentiels éventuels qu’ils possèdent. Quant à l’avancement de carrière, il échet de rappeler que le système judiciaire de 1941 prévoyait qu’il n’était possible d’accéder aux fonctions “supérieures” (appel et cassation) que par des concours et des scrutins. L’entrée en vigueur de la Constitution, et notamment de l’article 107, alinéa 3, selon lequel “les magistrats se distinguent entre eux uniquement à raison de la diversité de leurs fonctions”, a entraîné une révision substantielle de la matière. La promulgation d’une série de lois (loi n. 570 du 25 juillet 1966, sur la nomination des magistrats de cour d’appel; loi n. 831 du 20 décembre 1973, sur la nomination des magis trats de cassation) a en effet permis d’abolir l’avancement de carrière par concours et scrutins et a introduit un avancement automatique, par ancienneté, à condition que le magistrat n’ait pas démérité. Le système est donc ainsi structuré: à compter de la qualification d’au-diteur remplissant ses fonctions, deux années d’ancienneté sont nécessaires pour être nommé magistrat de tribunal (cf. loi n. 97 du 2 avril 1979); après onze années d’exercice, les magistrats de tribunal peuvent être nommés magistrats de cour d’appel (loi n. 570 du 25 juillet 1966); à compter de la nomination à magistrat de cour d’appel, 7 années d’ancienneté sont demandées pour être déclaré apte à être nommé magistrat de cassation; après huit années supplémentaires d’exercice, les magistrats peuvent être déclarés aptes à être nommés aux fonctions de direction supérieures (loi n. 831 du 20 décembre 1973). L’avancement, après avoir obtenu l’ancienneté nécessaire, est décidé par le C.S.M., sur avis du conseil judiciaire compétent. En cas de déclaration défavorable, le magistrat est soumis à une nouvelle évaluation après qu’un certain laps de temps s’est écoulé. Le système actuellement en vigueur repose sur la séparation des qualifications et des fonctions, c’est-à -dire que l’avancement de qualification est indépendant de l’attribution effective d’un poste correspondant à la qualifi cation obtenue. Par exemple, pour être effectivement affecté à une fonction d’appel (tel que le conseiller de cour d’appel) le magistrat doit effectivement avoir été nommé magistrat d’appel; en revanche, un magistrat d’appel, ou un magistrat ayant été déclaré apte à être nommé magistrat de cassation, peut continuer à occuper son poste – même si ce poste correspond à une qualifi cation inférieure – sans limitation de temps. La possibilité d’une “réversibilité des fonctions” a récemment été introduite, en permettant aux magistrats qui remplissent des fonctions de légitimité ou des fonctions d’appel, d’être respectivement affectés, à leur demande, à une juridiction de fond ou à toute autre juridiction de fond même si celle -ci correspond à la qualification de magistrat de tribunal (article 21 sexies décret-loi n. 306 du 8 juin 1992, converti en la loi n. 356 du 7 août 1992). La seule conséquence immédiate de l’avancement de carrière est un différent traitement économique. Réglementation de référence: – Loi n. 570 du 25 juillet 1966 – Loi n. 831 du 20 décembre 1973 – Loi n. 97 du 2 avril 1979 6. LES DIRIGEANTS DES JURIDICTIONS. Le Président de la Cour de Cassation, le Procureur général de la Cour de Cassation et les magistrats qui dirigent les juridictions au premier et au second degré, du siège et du parquet, sont chargés de la direction des juridictions et exercent des fonctions “d’administration de la juridiction”, conformément aux directives du Conseil, ainsi que des “fonctions administratives” qui sont fonctionnelles à l’exercice des fonctions judiciaires. L’attribution des postes de direction est délibérée par le C.S.M., après concertation avec le Ministre de la Justice (cf. art. 11 de la loi n. 195 du 24 mars 1958; article 22 du règlement interne du C.S.M.). Les dirigeants sont choisis d’après leurs aptitudes, leur mérite et leur ancienneté, ces critères étant dûment combinés entre eux. L’évaluation comparative des aspirants a pour but d’affecter au poste vacant le candidat le plus approprié, eu égard aux exigences de fonctionnalité de la juridiction et, le cas échéant, à certaines caractéristiques liées au milieu professionnel (cf. circulaire du C.S.M. n. 13000 du 7 juillet 1999). Pour l’attribution des fo nctions de direction auprès de la Cour de Cassation et du Tribunal Supérieur des Eaux Publiques, la procédure d’évaluation comparative est limitée aux magistrats qui, au cours des quinze dernières années, ont été les titulaires de fonctions de direction supérieures pour au moins deux ans, qui ont exercé des fonctions de légitimité pendant au moins quatre ans et qui, interpellés par le C.S.M., ont manifesté leur disponibilité (cf. circulaire n. 13000 du 7 juillet 1999, complétée par la délibération du 7 mars 2001). 7. LA RESPONSABILITE DISCIPLINAIRE DU MAGISTRAT. 7.1 Les infractions disciplinaires - Le décret législatif n° 109/2006 relatif à la “Discipline des infractions disciplinaires des magistrats et des sanctions s’y rapportant ainsi que de la procédure de leur application ” modifie sensiblement le système précédent, et il s’insère dans le cadre de la réforme globale du système judiciaire approuvée par la loi n° 150 de 2005. Dans le premier chapitre du décret législatif on distingue deux sections, l’une dédiée aux infractions disciplinaires des magistrats et l’autre aux sanctions disciplinaires. Parmi les infractions disciplinaires on distingue deux catégories, d’un côté les cas d’infractions commis au cours de l’exercice des fonctions judiciaires et de ’lautre les cas d’infractions commis en dehors de l’exercice desdites fonctions. Dans son esprit la discipline substantielle tend à caractériser les infractions disciplinaires des magistrats, aussi bien pour les conduites pendant l’exercice des fonctions judiciaires que pour celles qui ont été tenues en dehors, sans prévoir aucune norme en conclusion. Le premier article du décret législatif est consacré aux “devoirs du magistrat” et il prévoit une liste détaillée des devoirs fondamentaux auxquels les magistrats doivent se conformer dans l’exercice des fonctions judiciaires. Il s’agit de principes et de valeurs déontologiques essentiels pour tous ceux qui exercent la fonction judiciaire et il calque les devoirs qui sont abondamment reconnus dans les textes de doctrine et de jurisprudence. Les devoirs évoqués comme principes fondamentaux à observer dans l’exercice des fonctions de magistrat sont donc l’impartialité, la correction, la diligence, l’ardeur au travail, la discrétion, la pondération ainsi que le respect de la dignité de la personne. L’article 2 du décret législatif contient une liste détaillée péremptoire des cas d’infractions disciplinaires commises dans l’exercice des fonctions, tandis que l’article 3 prévoit une série de conduites tenues en dehors de l’exercice des fonctions qui peuvent donner lieu à une action disciplinaire. Avec le préalable que l’activité d’interprétation de normes de droit ainsi que l’activité d’appréciation du fait et des preuves ne peuvent jamais donner lieu à des responsabilités disciplinaires, 25 cas qui constituent des espèces typiques d’infractions commises dans l’exercice des fonctions de magistrat ont été dénombrés; on indique ici, à seul titre d’exemple, les comportements qui, en violation des devoirs du magistrat, portent préjudice à l’une des parties ou tournent illégitimement à son profit; ou encore l’omission de communiquer au Conseil supérieur de la magistrature l’existence de l’une des situations d’incompatibilité parentale visées aux articles 18 et 19 du réglement judiciaire, ainsi que l’inobservation délibérée de l’obligation d’abstention; et encore les comportements habituellement ou gravement incorrects à l’encontre des parties, de leurs défenseurs, des témoins ou de quiconque entre en rapport avec le magistrat dans le cadre de l’activité judiciaire, ou bien à l’encontre des autres magistrats ou des collaborateurs; l’interférence injustifiée dans l’activité judiciaire d’un autre magistrat et l’omission, de la part de ce magistrat destinataire, de signaler au chef de juridiction les interférences qui ont eu lieu, et en outre la grave violation de la loi déterminée par son ignorance ou par une négligence inexcusable et la déformation des faits causée par sa négligence inexcusable; et de nombreux autres cas encore tout aussi graves. L’article 3 du décret législatif énumère 8 cas d’espèce concernant des conduites, tombant sous le coup de l’action disciplinaire, tenues en dehors de l’exercice des fonctions de magistrat. On signale, par exemple, l'usage à des fins personnelles ou en faveur de tiers de la qualité de magistrat dans le but de bénéficier d’avantages illégitimes; la fréquentation de toute personne soumise à une procédure pénale ou de prévention traitée par ledit magistrat, ou la fréquentation de toute personne dont le magistrat sait pertinemment qu’elle a été déclarée délinquant habituel, professionnel ou par tendance ou qu’elle avait subi une condamnation pour des délits qu’elle n’avait pas commis par imprudence à une peine de détention de plus de trois ans ou qu’elle a été soumise à une mesure de prévention, sauf s’il y a eu réhabilitation, ou encore entretenir sciemment des rapports d’affaires avec les susdites personnes. Parmi les autres cas signalés figure l’acceptation de charges extrajudiciaires sans en avoir demandé l’autorisation préalable obligatoire du Conseil supérieur de la magistrature; ou encore la participation à des associations secrètes ou dont les obligations sont objectivement incompatibles avec l’exercice des fonctions et aussi l’inscription ou la participation systématique et continue à des partis politiques ou bien la participation aux activités des sujets qui opèrent dans le secteur économique ou financier qui peuvent conditionner l’exercice des fonctions ou compromettre de toute manière l’image du magistrat. L’article 4 du décret précise, en outre, les infractions disciplinaires conséquences du délit en établissant une espèce d’automatisme entre les faits pour lesquels une condamnation pour délit intentionnel a été prononcée et l’action disciplinaire, tandis que pour les délits par imprudence punis par une peine de détention, il faut qu’ait été établie la nature de gravité particulière en raison des modalités et des conséquences du fait. 7.2 Les sanctions disciplinaires - La deuxième section du décret législatif fixe l'appareil des sanctions de la réforme de la responsabilité disciplinaire. La loi prévoit plusieurs types de sanctions, qui sont adaptées à chacun des cas d’espèce disciplinaires décrits auparavant. La loi a en effet introduit l'application du critère tale crimen talis poena, comme juste conséquence de la classification des infractions par types. Les diverses sanctions que la loi prévoit sont: a) l’avertissement, qui consiste à rappeler le magistrat au respect de ses devoirs; b) la censure, qui consiste en un blâme formel; c) la diminution de l'ancienneté, qui ne peut pas être inférieure à deux mois ni supérieure à deux ans; d) l’incapacité temporaire d’occuper un poste de direction ou de semi-direction, dont la durée ne peut pas être inférieure à six mois ni supérieure à deux ans; e) la révocation, qui consiste en la destitution de ses fonctions avec suspension du salaire et le renvoi des effectifs du personnel de la magistrature; f) la destitution, qui détermine la cessation du rapport de service. Il y a encore la sanction accessoire de la mutation d’office que le juge disciplinaire peut prendre quand il inflige une sanction de gravité supérieure à l’avertissement, tandis que ladite sanction supplémentaire est toujours appliquée dans certains cas que la loi indique spécifiquement. La mutation d’office peut aussi être prise au titre de mesure de protection et de mesure provisoire, en présence de graves éléments de bien- fondé de l’action disciplinaire et de motifs particulièrement urgents. 7.3 La procédure disciplinaire - La procédure disciplinaire revêt un caractère juridictionnel et elle est régie par les normes du code de procédure pénale, du fait de leur compatibilité. Le juge disciplinaire est un organe collégial portant le nom de Chambre disciplinaire du C.S.M., et elle est composée de six membres: le Vice-Président du Conseil supérieur, qui la préside, et cinq membres que le C.S.M. élit parmi ses membres, à savoir un memb re élu par le Parlement, un magistrat de cassation exerçant des fonctions effectives de légitimité et trois magistrats du fond. La procédure disciplinaire est introduite par le Garde des sceaux et par le Procureur général près la cour de cassation. Pour le Procureur général l'exercice de l’action disciplinaire, qui était discrétionnaire, est devenu obligatoire tandis que pour le Garde des sceaux il reste discrétionnaire. Le caractère obligatoire de l’action disciplinaire se rattache au choix de la classification par type des infractions, très proche de celle qui est appliquée dans le secteur de la justice pénale, et il impose que le principe de la certitude du droit soit rigoureusement observé, pour éliminer le plus possible les incertitudes dans son application. La loi a également prévu une clause générique de conduite sans conséquence disciplinaire quand le fait revêt une portée insuffisante, clause destinée à agir sur un plan différent par rapport au pouvoir d’émettre un non- lieu dont dispose ce même procureur général, même si tous deux ont une finalité convergente. Le Procureur général dispose en effet d’un pouvoir autonome d’émettre un non- lieu quand le fait imputé ne constitue pas une conduite ayant des implications disciplinaires ou quand elle forme l’objet d’une accusation non circonstanciée, ou encore quand elle ne rentre dans aucun des types prévus par la loi, ou bien enfin si au terme de l’instruction le fait ressort inexistant ou ne pas avoir été commis. Le non- lieu est transmis au Garde des sceaux qui a la faculté de demander une copie des actes dans les dix jours qui suivent et de demander dans un délai de soixante jours au Président de la chambre disciplinaire de fixer une audience de discussion orale formulant l’inculpation. À l’audience les fonctions du parquet sont de toute façon exercées par le Procureur général ou par un substitut. Une fois que l’action a dépassé le premier stade, la loi prévoit que l’action doit être entamée au plus tard dans un délai d’un an à compter de la connaissance du fait, dont le Procureur général près la Cour de cassation est informé après une instruction préliminaire sommaire ou une accusation circonstanciée ou sur signalation du Garde des sceaux. Conformément au décret législatif, le Procureur général doit ensuite formuler les réquisitions conclusives au plus tard deux ans après le début de la procédure, et la chambre disciplinaire du Conseil supérieur de la magistrature se prononce dans le délai de deux ans à compter de la réquisition. La loi a en outre établi qu’a ucune action disciplinaire ne peut plus être intentée quand dix ans se sont écoulés depuis le fait. L’inculpé doit être informé de l’ouverture de l’action disciplinaire dans un délai de trente jours et il a le droit de se faire assister par un autre magistrat ou par un avocat. Ensuite le Procureur général instruit la cause puis formule ses réquisitions et envoie le dossier à la chambre disciplinaire du C.S.M., envoi dont il informe l’inculpé. Quand il juge ne pas devoir demander une déclaration de non- lieu le Procureur général formule l’inculpation et demande que l’audience de discussion orale soit fixée. Le Garde des sceaux a faculté d’intervenir dans la procédure disciplinaire à plusieurs moments: pour introduire l’action disciplinaire en demandant son instruction, en faisant étendre à d’autres faits l’action disciplinaire introduite par le Procureur général, par sa faculté de formuler une intégration de la contestation disciplinaire dans le cas où c’est le Procureur général qui a pris l’initiative de l’action et de demander que la contestation disciplinaire soit modifiée quand il a lumême introduit l’action, par sa faculté de formuler l’accusation et de demander de manière autonome que le jugement soit fixé toutes les fois qu’il n’approuve pas la requête d’acquittement avancée par le Procureur général. Pendant le jugeme nt disciplinaire la discussion se déroule en audience publique avec le rapport de l’un des membres de la chambre disciplinaire, l’acquisition d’office de toute preuve utile, la lecture des rapports, des inspections, des actes et des preuves acquises au cours de l’instruction, ainsi que l’exhibition des pièces. Après que les parties aient été entendues la chambre disciplinaire délibère et il est possible de former pourvoi à l’encontre de sa décision près les chambres civiles réunies de la Cour de cassation, tandis que la sentence, une fois devenue irrévocable, peut toutefois encore être soumise à révision. Réglementation de rèfèrence - décret législatif royal n. 511/46 - Loi n. 150 du 25 juillet 2005 - décret législatif n. 109 du 23 février 2006 8. LA RESPONSABILITE CIVILE DU MAGISTRAT. La responsabilité disciplinaire découle de la violation des devoirs liés aux fonctions du magistrat, devoirs envers l’Etat assumés par le magistrat au moment de sa nomination. Un caractère différent est au contraire attribué à la responsabilité civile du magistrat, envers les parties au procès ou d’autres individus, responsabilité attribuable à des erreurs ou à des inobservations éventuelles accomplies par le magistrat dans l’exercice de ses fonctions. Cette dernière forme de responsabilité, analogue à la responsabilité de tout autre fonctionnaire, a pour fondement l’article 28 de la Constitution. Cette matière, suite aux résultats d’un référendum ayant entraîné l’abrogation de la réglementation précédemment en vigueur, laquelle limitait de façon très stricte les cas de responsabilité civile du juge, est à présent réglementée par la loi n. 117 du 13 avril 1988. Du point de vue substantiel, la loi affirme le principe de l’indemnisation de tout préjudice injuste causé par tout comportement, acte ou mesure judiciaire accomplis avec “dol” ou “faute grave” par un magistrat dans l’exercice de ses fonctions ou bien de tout préjudice injuste causé “par un déni de justice” (article 2). La loi, après avoir ponctuellement fourni les notions de “faute grave” (article 2, alinéa 3) et de “déni de justice” (article 3), précise, en tout état de cause, que l’activité d’interprétation des normes de droit et l’activité d’évaluation du fait et des preuves ne peuvent donner lieu à responsabilité (art icle 2, alinéa 2): de ce point de vue, la défense des parties est de toute évidence endoprocessuelle, en formant recours contre la mesure juridictionnelle considérée comme viciée. Cependant, sans préjudice du caractère inattaquable de l’activité juridictionnelle de fond, la responsabilité disciplinaire du magistrat pourrait être établie, selon la jurisprudence constante de la Chambre disciplinaire du C.S.M., en cas de violation anormale ou macroscopique de la loi ou bien en cas d’utilisation erronée de la fonction judiciaire. Du point de vue judiciaire, il y a lieu de signaler que la responsabilité pour l’indemnisation des préjudices incombe à l’Etat, à l’encontre duquel la victime peut agir (article 4), mais au cas où la responsabilité de l’Etat serait établie, celui-ci peut se retourner, à certaines conditions, contre le magistrat (article 7). L’action en responsabilité et le procès correspondant sont soumis à des règles particulières: parmi les règles les plus significatives, il y a lieu de signaler la subordination de l’exercice de l’action à l’utilisation de tous les recours ordinaires et des autres moyens en vue de la modification ou de la révocation de la mesure considérée comme étant la cause du préjudice injuste; l’établissement d’un délai de forclus ion pour l’exercice de l’action en responsabilité (article 4); l’examen de la recevabilité de l’action, aux fins du contrôle des conditions requises correspondantes, du respect des délais et de l’évaluation de la possible “absence manifeste de tout fondement” (article 5); la faculté d’intervention du magistrat dans le procès contre l’Etat (article 6). Afin de garantir la transparence et l’impartialité du jugement, le système prévoit le transfert de la compétence à connaître des causes en question (article s 4 et 8), afin d’éviter que puisse être appelé à statuer un juge appar tenant à la même juridiction du magistrat dont l’activité est présumée être la cause d’un préjudice injuste. Les critères de détermination du juge compétent ont été récemment modifiés par la loi n. 420 du 2 décembre 1998, afin d’éviter tout risque de préjudice dans le règlement des causes en question. Réglementation de référence: – Loi n. 117 du 13 avril 1988 9. LA RESPONSABILITE PENALE DU MAGISTRAT. Du point de vue pénal, nul ne peut exclure que le magistrat, en tant qu’officier public, peut être appelé à répondre des infractions que cette qua lification subjective peut impliquer (par exemple: abus de fonctions, corrup tion, corruption dans des actes judiciaires, concussion, omissio n d’actes du service, etc.; tout comme, parallèlement, le magistrat peut revêtir la qualité de partie lésée, conjointement avec l’Etat, par les infractions que des particuliers ont commises à l’encontre de l’administration publique (l’outrage en est un cas typique et, notamment l’outrage à un magistrat en audience). A ce propos, il échet de rappeler que la loi précitée n. 420 du 2 décembre 1998 a profondément réformé la réglementation de la compétence pour les procès concernant les magistrats, afin de garantir, même du point de vue de la transparence, la plus grande autonomie de jugement aux magistrats appelés à connaître des causes concernant, à différents titres, d’autres collègues. Il a été possible d’intervenir, d’une manière significative, sur les normes de procédure pénale (article 11 du code de procédure pénale et article 1 des dispositions d’application du code de procédure pénale), par la construction d’un mécanisme de détermination du juge compétent permettant d’éviter le risque de compétences “réciproques” (ou “croisées”) lesquelles, par le passé, avaient suscité de fortes perplexités. En particulier, l’in-troduction d’une disposition prévoyant un mécanisme analogue de transfert de la compétence pour les procès civils a permis de combler une lacune susceptible de soulever des doutes, non sans fondement, en matière de constitutionnalité. Rédigé par le Bureau Etudes DEUXIÈME PARTIE PROBLEMES RELATIFS A L’APPLICATION DU SYSTEME EN VIGUEUR 1. LES BASES DE L’INDÉPENDANCE ET DE L’AUTONOMIE DE LA MAGISTRATURE. Dans notre système judiciare les principes d’indépendance et d’autonomie des juges ont une grande importance, dérivant d’exigences conceptuelles et historiques. En ce qui concerne les premières il faut tenir compte du fait que l’Italie fait partie des systèmes de civil law. D’une manière très approximative dans ces systèmes la loi – celle qui au cours du procès est utilisée comme règle pour juger un cas – est élaborée par d’autres organes de l’Etat – généralement par le Parlement, parfois par le Gouvernement et aujoud’hui par les collectivités territoriales – alors que les juges l’appliquent. En d’autres mots les juges participent au processus de formation du droit seulement indirectement. Cet ensemble de concepts a permis de considérer les juges comme gérant une fonction publique qu’ils doivent exercer d’une façon réglementée; d’où la convinction qu’ils peuvent être nommés à la suite d’un concours, qu’ils peuvent prendre une position d’employés de l’Etat et qu’ils ne sont soumis à aucun contrôle sur le fond de leurs actes, la loi fixant les règles préalablement. D’où encore la nécessité que l’indépendance et l’autonomie soient garanties aux juges, parce qu’ils doivent non seulement être mais aussi apparaître comme des tiers impartiaux dans l’exercice de leurs fonctions. Mieux, le fait d’être tiers à la procédure et impartial est considéré comme une caractéristique qui permet de distinguer les juges des autres exerçant une fonction publique. En ce qui concerne les exigences historiques, il faut souligner que l’organisation actuelle de notre système est née après la deuxième guerre mon- 78 Le système judiciaire italien diale, sur la base de la Constitution républicaine, dont l’inspiration démocratique s’oppose au régime fasciste autoritaire qui l’a précédée. En effet dans le passé l’abus dans la gestion de la justice avait été causé par: a) les limitations du droit d’avoir recours à la justice; b) les pressions ab externo sur la magistrature; c) la création de juges spéciaux. Naturellement dans le nouvel Etat notre Charte constitutionnelle, qui en 1998 a célébré cinquante ans, a essayé d’éviter que ces abus ne se répètent. 2. LE PRINCIPE CONSTITUTIONNEL DU JUGE TIERS À LA PROCÉDURE. Dans la Constitution la neutralité du juge est garantie surtout par les normes qui prévoient: a) l’interdiction d’entamer d’office un procès (article 24 alinéa 1); b) la garantie du juge naturel (article 25 alinéa 1 ); c) l’interdiction de créer des juges extraordinaires ou spéciaux (article 102); d) la soumission des juges à la loi (article 101 alinéa 2). Les principes contenus dans ces dispositions ont été confirmés et renforcés par l’article 6 de la Convention européenne des droits de l’homme que l’Italie a introduit dans son système par la loi n. 848 du 4 août 1955 et qui sont à la base de la modification de l’article 111 de la Constitution par la loi constitutionnelle n. 2 du 23 novembre 1999. Il convient de les examiner brièvement. L’interdiction d’entamer d’office un procès provient a contrario de l’article 24 qui exprime le principe fondamental selon lequel, au cours du procès, les citoyens ne peuvent connaître ni de limites ni d’obstacles à la défense dans le procès de leurs positions au fond que la loi leur reconnaît. En effet si d’un point de vue positif le respect des positions substantielles reconnues à chaque citoyen rend impossible toute limitation à leur défense au cours du procès, d’un point de vue négatif (voilà l’autre aspect de l’article 24) ce même respect impose que seulement celui qui se prévaut d’une situation substantielle peut décider de recourir à la garantie du procès. En plus le Constituant était conscient qu’un juge qui aurait été choisi après la naissance du litige ou de l’affaire judiciaire ou sur la base de critères élaborés par la suite n’aurait pas été considéré comme le juge naturel. Sur la base de ces exigences le juge naturel est celui qui a été choisi selon des critères objectifs élaborés avant que le procès soit entamé; mais cela n’est pas suffisant pour éviter tous les risques, parce que le législateur ordinaire pourrait déroger au principe en créant des juges ad hoc, auxquels les “critères objectifs préexistants” attribueraient la compétence sur des litiges particuliers. Ainsi l’article 25 alinéa 1 doit-il être rattaché de ce point de vue à l’article 102 alinéa 2 qui interdit de nommer des juges extraordinaires (qui sont nommés justement en fonction de procès déterminés). Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 79 En ce qui concerne la soumission du juge seulement à la loi, il faut souligner que l’ alinéa 2 de l’article 101 peut être lu de deux façons différentes. D’un point de vue positif, il tend à garantir l’autonomie et l’indépendance du juge, qui est protégé des pressions exercées par les autres organes constitutionnels et qui est soumis uniquement à la loi. D’un autre côté cette garantie devient une limite parce que, s’il est vrai que les juges sont soumis seulement à la loi, il est aussi vrai qu’ils ne peuvent pas la dépasser et qu’ils doivent chercher et trouver dans la loi la solution prévue pour chaque cas concret. Cette limite est encore plus contraignante étant donné que l’article 111 alinéa 6 dit que les juges doivent indiquer clairement les raisons de leurs décisions de façon à permettre un contrôle non seulement de la part des destinataires directs mais aussi de la part du peuple italien au nom duquel la justice est rendue. 3. LE CONSEIL SUPÉRIEUR DE LA MAGISTRATURE. Le Constituant a accordé une importance particulière à l’autonomie et à l’indépendance des juges. A cette fin il a constitué la magistrature ordinaire en tant qu’ «ordre autonome indépendant des autres pouvoirs» (article 104) et il a créé un organe d’autogouvernement: le Conseil supérieur de la magistrature qui gère toute la carrière des magistrats (article 105). La création de cet organe fut délibérée lors d’un débat au sein de l’Assemblée constituante qui se déroula à la fin de 1947. Les «pères de la Constitution» comprenaient qu’il fallait éliminer le “lien de soumission” de la magistrature au pouvoir exécutif et créer «un ordre qui étant à son tour autogouverné, c’est-à-dire indépendant de tout autre pouvoir» pouvait garantir l’indépendance à ses membres (Leone ). Ses fonctions (que Ruini avec beaucoup d’imagination définit «les quatre clous») furent indiquées: nominations, promotions, discipline, mutations. De longues discussions furent soulevées par sa composition. Deux thèses s’affrontèrent. Selon la première soutenue par les magistrats et par ceux qui se preoccupaient d’une interprétation rigide de la division des pouvoirs (par exemple Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri, etc.) le Conseil supérieur de la magistrature devait être composé seulement de magistrats parce que seulement de cette manière serait évité le risque de contaminations (Dominedò) et de «pénétration de la politique dans chaque décision; de pressions et d’ingérences professionnelles dans les organes judiciaires» (Caccuri). Selon l’autre thèse au contraire, il fallait éviter de créer un corps séparé et de faire du C. S. M. le maître du statut de la magistrature (Grassi). Il fallait réaliser une harmonie institutionnelle (Varani), assurer la continuité entre vie sociale et vie institutionnelle et faire entrer un souffle de vie extérieure à 80 Le système judiciaire italien l’ordre judiciare (Leone), empêcher la création d’un “état dans l’état”, d’une «caste fermée et intangible» (Preti), “séparée et irresponsable” (Dominedò), d’un «mandarinat» (Persico), d’un organe tout à fait séparé des structures administratives de l’Etat et soustrait au contrôle de l’organe de représentation populaire, des moyens d’information et de l’opinion publique (Cappi). La proposition contenue dans l’article 97 du projet originaire de Constitution avait prévu pour le C.S.M. une composition paritaire, avec la participation “extérieure” du premier Président de la Cour de cassation comme vice-Président. A la fin un compromis entre les deux positions permettait d’accueillir l’amendement de Scalfaro dans la séance de l’après-midi du 12 novembre 1947: deux tiers de magistrats et un tiers de membres laïques. La présidence du C.S.M. également fut l’objet de discussions. Au début la présidence ou au moins la vice-présidence devait être offerte au Ministre de la Justice ou au premier Président de la Cour de cassation. Les propositions furent rejetées afin de garantir au C.S.M. une structure totalement indépendante (Calamandrei et Buozzi). Il fut décidé de donner la présidence au Chef de l’Etat en tant que garant de son unité (Buozzi), solution qui répondait aux exigences de “symétrie institutionnelle” (Leone), à la nécessité d’empêcher que le C.S.M. ne devienne «un corps fermé et rebelle», une espèce de «comète qui est libre de sortir de l’orbite constitutionnelle» (Calamandrei). Ils savaient que le Chef de l’Etat aurait pu participer à la vie du Conseil uniquement dans les occasions solennelles, alors il fallait lui adjoindre un organe auxiliaire qui aurait rempli la fonction effective de président du Conseil. Dans cette occasion également furent proposés le Ministre de la Justice ou le Premier président de la Cour de cassation (Leone, Condorelli, Perlingieri); à la fin un compromis permettait que le vice Président fut élu par le Conseil parmi les membres laïques. La création de l’organe d’autogouvernement donnait une place complètement différente à la fonction du Ministère de la justice à un point tel que quelqu’un en proposa l’abolition (Patricolo). Concrètement le Ministre gardait des fonctions «résiduelles» relatives à l’organisation et à la gestion des juridictions et des services administratifs, à la prévention et à l’exécution des peines, à la surveillance sur la légalité du comportement des membres de la magistrature. 4. LES ACTES DU CONSEIL SUPÉRIEUR DE LA MAGISTRATURE. Après avoir brièvement indiqué les raisons qui ont entraîné la création du C.S.M., il est nécessaire de parler de sa position dans le cadre des institutions de notre Pays. Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 81 Aux termes de l’article 105 de la Constitution «d’après les normes du règlement judiciaire, le Conseil supérieur de la magistrature est chargé des nominations, des affectations et des mutations, des promotions et des mesures disciplinaires concernant les magistrats». Sans doute le Conseil a été prévu par la Charte constitutionnelle comme un organe de niveau constitutionnel.Pour ce motif il agit par des actes administratifs qui, en Italie, sont soumis au contrôle juridictionnel du juge administratif (comme le Conseil constitutionnel a récemment confirmé par l’arrêt n. 419/1995). Mais cette solution crée des difficultées surtout quand le C.S.M. nomme les chefs des bureaux judiciaires. Dans ces cas notre règlement judiciaire a prévu que la nomination soit définie après une activité de concertation avec le Ministre de la justice (solution considérée légitime du point de vue constitutionnel par le Conseil constitutionnel dans l’arrêt n. 379/1992). Cela fait penser que, du moins dans les cas d’activité concertée (ayant également une imporance politique), le contrôle du juge administratif devrait être très réduit. Dans le secteur disciplinaire le C.S.M. agit comme organe juridictionnel.La justice disciplinaire sur les magistrats est exercée par une section du C.S.M., composée de neuf membres (six magistrats et trois membres laïques), qui émet des décisions soumises au contrôle de légitimité de la Cour de cassation. Par conséquent la décision définitive sur les mesures disciplinaires concernant les magistrats est confiée au sommet de la hiérarchie de la magistrature elle-même. A ce propos il est opportun de souligner que le système italien ne prévoit pas de violations disciplinaires précises mais seulement une hypothèse générale – un comportement qui fait que le magistrat ne mérite plus la confiance dont il doit jouir ou qui compromet le prestige de l’ordre judiciaire – et par conséquent c’est le juge disciplinaire qui, chaque fois, doit évaluer si un magistrat mérite la confiance ou s’il a compromis le prestige de la magistrature et choisir la sanction (admonéstation, censure, perte d’ancienneté, mutation d’office, destitution) adéquate à la violation. Enfin l’expérience de ces quarante dernières années a montré que le C.S.M. a agrandi au fur et à mesure sa sphère de compétence par des circulaires, des règlements et des directives ayant une efficace externe et parfois par des actes d’orientation politique. Les circulaires, les règlements et les directives ont été considérés comme une activité paranormative qui souvent interprète et parfois complète la legislation en vigueur avec des effets qui tout en n’entraînant pas une obligation, cependant peuvent conditionner tant la portée des actes de ce Conseil que “les comportements de ses destinataires potentiels” (Sorrentino). Cette évolution a fait l’objet de nombreuses discussions. 82 Le système judiciaire italien 5. LES FORMES POSSIBLES DE PRESSION SUR LE JUGES. Les Constituants ont prêté encore moins d’attention aux pressions qui peuvent influencer la “neutralité” du magistrat. Elles peuvent être ainsi résumées: a) les pressions provenant de l’intérieur de l’ordre judiciare; b) celles provenant de rapports particuliers du juge avec le litige ou avec une des parties; c) celles provenant de certaines idéologies et notamment de liens politiques ou d’association; d) ou provenant de groupes organisés. A) Jusqu’à présent la norme contenue dans l’ alinéa 3 de l’article 107 «les magistrats diffèrent entre eux seulement par les fonctions qu’ils remplissent» a été toujours appliquée afin d’obtenir une suppression du principe de la carrière, qui aujourd’hui est presque automatique et sans nécessité d’affectation jusqu’au grade de conseiller de la Cour de cassation apte à remplir des fonctions de direction, puisque la carrière n’est pas liée aux fonctions qu’un magistrat remplit effectivement (il peut arriver qu’un juge d’un tribunal périphérique fait carrière jusqu’au grade de conseiller de la Cour de cassation sans jamais changer de poste). Les raisons de cette évolution législative sont dues au fait que le système précédent soumettait les magistrats au pouvoir des chefs des bureaux, les poussait au conformisme à l’égard des décisions de la Cour de cassation et les rendait vulnérables s’ils avaient l’ambition de faire carrière. Il s’agit là de raisons précises. Mais la voie qui a été choisie pour atteindre ce but n’est peut-être pas la plus juste. Et le Conseil constitutionnel (arrêt n. 87/1982) a déclaré illégitime l’article 23 alinéa 2 de la loi du 24 mars 1958 n. 195 dans la partie où il est prévu que les postes des membres du CSM auxquels les magistrats de cassation pouvaient être affectés pouvaient être occupés par «des magistrats qui ont été nommés tout en ne remplissant pas les fonctions respectives». Le Conseil constitutionnel encore une fois a dit que, pour être élus au C.S.M. il n’est pas suffisant que les magistrats de cassation soient aptes à remplir les fonctions relatives, mais qu’ ils doivent les remplir effectivement. B) Les rapports particuliers avec le litige ou les parties ne sont pas réglementés par la Constitution mais par les normes de la procédure ordinaire. Les articles 51 et suivants du code de procédure civile et 37 et suivants du code de procédure pénale règlent l’abstension et la récusation des juges en indiquant les cas (identiques pour les deux) où le juge est obligé à s’abstenir ou la partie peut en demander la récusation (rapports d’intérêt, de parenté, d’amitié particulière, d’inimitié, de dette ou de créance, ou cas sur lesquels le juge a déjà eu l’opportunité de se prononcer). Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 83 Au cours de ces dernières années la question de l’abstension et de la récusation a acquis de l’importance parce que plus le contrôle judiciare dans la vie est fort plus l’évaluation de l’impartialité du juge doit être rigoureuse. Le problème s’est posé premièrement dans le procès pénal: dans ce cadre le Conseil constitutionnel a affirmé l’illégitimité de l’article 34 alinéa 2 du code de procédure pénale considérant qu’il existait incompatibilité entre le juge qui a appliqué une mesure de mise en détention préventive et le juge composant le collège pour les débats (voir arrêts n. 432/1995, n. 131/1996 et n. 155/1996). Tout de suite après, le problème concernait la légitimité constitutionnelle de l’article 51 alinéa 1 n.4 du code de procédure civile dans la partie qui ne prévoyait pas un motif spécifique d’incompatibilité lors de l’examen et de la décision au fond de la part d’un juge qui avait connu du litige dans la phase des mesures préventives précédant le procès au fond. Le Conseil constitutionnel a rejeté le recours (arrêt n. 326/1997 repris dans l’ordonnance n. 315 du 9 juillet 1998 ) déclarant que, généralement, la procédure préventive se fonde sur une connaissance sommaire qui n’interfère pas sur la décision au fond, qui est émise seulement après avoir acquis une connaissance complète. Par conséquent le problème se pose uniquement lorsque le juge de la mesure préventive, s’éloignant de la norme, procède à une instruction qui rend presque inutile celle successive du juge au fond. Dans ce cas le juge – c’est l’avis du Conseil constitutionnel – doit évaluer s’il existe de graves motifs pour demander au chef du bureau auquel il appartient l’autorisation à s’abstenir. Sur cette base ont été rejetées les questions de constitutionnalité de l’article 669 octies du code de procédure civile (ordonnance du 20 mai 1998 n.193);de l’article 354 du code de procédure pénale (cette norme permet au juge d’appel de renvoyer, dans certains cas, la cause au premier juge: arrêt n.341/1998); de l’article 186 alinéa quater du code de procédure civile (qui permet au même juge qui a émis l’ordonnance appelée post- instruction de rendre le jugement: arrêt n. 168/2000); de l’article 703 du code de procédure civile (pour la partie qui permet au juge qui a pris une mesure dans le cadre d’une action possessoire de s’occuper du procès au fond: arrêt n.120/2000); de l’article 24 du Statut des travailleurs (pour la partie qui permet au juge qui a pris la mesure immédiate de connaître de l’opposition: arrêt n.387/1999) et des articles 98 et 146 de la loi sur la faillite (pour la partie qui permet au juge délégué de connaître des motifs d’opposition au passif et des actions de responsabilité qu’il a autorisées: arrêts n.os 167/2001 et 176/2001). Cette synthèse rapide montre qu’ après une période caractérisée par un garantisme formel, le Conseil constitutionnel – dans le procès civil – a cher- 84 Le système judiciaire italien ché un point d’équilibre dans une situation qui concrètement compromet l’impartialité du juge. B1) Le débat qui s’est déroulé au cours de ces dernières années surtout au sujet du procès pénal a entraîné la modification de l’article 111 de la Constitution qui, afin de rendre plus forte l’impartialité du juge, a consacré au niveau constitutionnel la nécessité que le procès se déroule avec un contradictoire des parties devant un juge tiers et impartial et que, dans le procès pénal, la preuve soit formée au cours des débats. La législation ordinaire successive a voulu donner actualisation à ces principes; parmi les lois les plus récentes il faut signaler: 1. loi n. 397 du 7 décembre 2000 sur les investigations de la défense, qui rend concret le principe de la parité des parties à l’égard du droit à la preuve; 2. loi n. 63 du 1 mars 2001 qui a adapté la discipline processuelle pénale en matière de formation et d’ évaluation de la preuve; 3. loi n. 60 du 6 mars 2001 qui a modifié la discipline en matière de défense d’office afin d’obtenir un contradictoire effectif dans le procès pénal; 4. loi n. 134 du 29 mars 2001 qui a modifié les règles pour l’assistance judiciaire aux frais de l’Etat pour les pauvres afin de rendre effectif le droit à la défense. C) Aucune norme ne prévoit que l’influence des idéologies et de l’appartenance à des associations ou à des partis politiques puisse compromettre l’impartialité du juge. Seul l’article 98 alinéa 3 de la Constitution prévoit que «pour les magistrats une loi peut fixer des limites au droit d’inscription aux partis politiques». Mais ce n’est pas l’inscription à un parti politique qui porte atteinte à l’impartialité du magistrat; c’est au contraire son incapacité – donc une conviction intérieure et incontestable de sa conscience – à ne pas faire prévaloir son idéologie sur l’évaluation objective du litige (et si parfois il a été considéré que parmi les motifs de récusation du magistrat figurait sa position politique ou associative, il s’agit du symptome d’un malaise ou de la sensation que le juge ne sait pas conserver une attitude détachée à l’égard du procès). D) Aucun instrument n’a été prévu pour éviter que le juge ne soit soumis à des pressions (il faut penser aux campagnes de la presse ou de la télévision), qui influencent son jugement. Les seules normes qui de quelque sorte se rapportent à ce sujet sont l’article 114 qui règle la prohibition de publier des actes déterminés (dans l’ancien code de procédure pénale la matière était réglée par l’article 164) et l’article 329 du nouveau code de procédure pénale concernant l’obligation au secret. Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 85 En réalité, surtout au cours des dernières années les interventions des media et des hommes politiques qui critiquaient l’oeuvre des magistrats ont été de plus en plus fréquentes. Quand le C.S.M. s’est rendu compte du risque que cette situation pouvait représenter pour la légitimité du magistrat dans l’exercice de ses fonctions concrètes, il a cherché à le protéger en faisant une reconstruction précise des faits et il lui a confirmé sa confiance si aucun élément de responsabilité n’est apparu à la charge du magistrat. L’article 114 a tenu compte des indications du Conseil constitutionnel (arrêt n. 65/1965) qui a mis au premier plan la nécessité de garantir toujours l’information. Le législateur cependant n’a pas respecté complètement l’avis du Conseil constitutionnel qui par arrêt n. 59/1995 a déclaré illégitime l’article 114 alinéa 3 du code de procédure civile dans la partie qui limitait la publicité des actes contenus dans le dossier des débats, que par définition le juge doit connaître. Mais la matière concernant le rapport délicat entre justice et information est, pour ainsi dire, in fieri, et donc fait l’objet de propositions pour des normes nouvelles. 6. LES DÉCISIONS DU CONSEIL CONSTITUTIONNEL. L’analyse des normes ne permet pas de donner un tableau complet du système que la Constitution a introduit, si cette analyse n’est pas enrichie par l’examen de l’influence de ces normes sur la législation ordinaire à travers l’oeuvre du Conseil constitutionnel. Le Conseil constitutionnel est intervenu à plusieurs reprises sur les thèmes du juge naturel et de la garantie d’indépendance des juges spéciaux ainsi que sur le droit à la défense. Nous avons vu que les affaires judiciaires sont confiés aux magistrats ordinaires appartenant à un ordre autonome et indépendant gouverné par le Conseil supérieur de la magistrature. L’article 103 de la Constitution prévoit d’autres organes judiciares ayant des compétences spécifiques: le Conseil d’Etat et les autres organes de justice administrative pour la garantie des intérêts légitimes à l’égard de l’Administration publique et dans certains domaines, des droits subjectifs; la Cour des comptes pour la contabilité publique et d’autres matières prévues par la loi; les tribunaux militaires en temps de paix pour les délits militaires commis par les membres de l’Armée et, en temps de guerre, dans la juridiction fixée par la loi (le Conseil constitutionnel, semble-t-il, est de l’avis que la compétence du tribunal militaire en temps de paix peut être dérogée en faveur de la magistrature ordinaire pour des motifs justifiés: arrêt n. 90/2000). La Constitution a interdit l’introduction de juges spéciaux (article 102 alinéa 2) et pour ceux qui existaient a fixé dans la VI disposition transitoire 86 Le système judiciaire italien que dans les cinq années suivant l’entrée en vigueur de la Constitution la révision des organes spéciaux de juridiction existant à l’époque aurait eu lieu. Le législateur n’ayant pas effectué la révision dans les cinq années prévues, le Conseil constitutionnel posa le premier problème d’interprétation: l’écoulement des cinq années avait-il rendu incostitutionnels tous les juges spéciaux ou bien permettait-il qu’ils restent? Le Conseil constitutionnel a choisi la seconde solution, considérant que la Constitution reconnaissait implicitement leur compatibilité avec le système. Mais il a été amené à statuer sur la question de savoir si les lois réglementant chaque juridiction assuraient suffisamment l’indépendance des juges (comme dit l’article 108 alinéa 2) et, en même temps, elles garantissaient aux citoyens une complète garantie juridictionnelle indiquée dans les dispositions des articles 24 alinéa 1 et 113 alinéa 2. La Constitution a prévu un organe d’autogouvernement seulement pour la magistrature ordinaire.Pour les autres juridictions (administrative, comptable et militaire) est valable l’article 113 selon lequel les règlements respectifs sont soumis à une réserve de la loi qui doit assurer l’indépendance des juges. Pour eux aussi il faut voir si les garanties sont suffisantes. Des doutes au sujet des tribunaux militaires ont été considérés sans fondement par le Conseil constitutionnel (voir arrêts n.os 116/1999 et 542/2000). A) Si la prohibition d’introduire un juge spécial complète la garantie du juge tiers et indépendant, il est vrai que souvent à la base de la création d’un juge spécial existe une exigence concrète: la nature de certaines affaires judiciaires qui nécessite des connaissances techniques et une sensibilité particulière que normalement les magistrats ordinaires ne possèdent pas. Pour satisfaire cette exigence l’article 102 alinéa 2 a prévu que «seules des chambres spécialisées pour des matières déterminées peuvent être créées auprès des organes judiciaires ordinaires, avec la participation de citoyens aptes n’appartenant pas à la magistrature». De cette manière la chambre spécialisée est un juge ordinaire tout en étant composée d’une façon particulière. Mais cette composition particulière ne doit pas contourner d’une manière dissimulée l’interdiction d’introduire des juges spéciaux. Partant il faut voir si une chambre où les magistrats sont une minorité est compatible avec le système. La réponse a été affirmative à condition que d’autres caractéristiques du fonctionnement de la section permettent de voir que l’interdiction a été respectée (à cette fin sont importants l’encadrement du juge spécialisé et le système de contrôles sur ses décisions). Au contraire le Conseil constitutionnel a considéré comme étant incostitutionnelles les normes qui prévoient la désignation des membes externes «chaque fois» qu’il existe un litige (arrêt n. 83/1998). Les sections spécia- Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 87 lisées les plus importantes sont aujourd’hui: le Tribunal des mineurs, les Tribunaux régionaux pour les eaux publiques, les chambres agraires spécialisées, la chambre spécialisée créée près la Cour d’appel de Rome pour les réclamations contre les décisions des commissaires liquidateurs des usages par la communauté .Il ne s’agit ni de juges spéciaux ni de chambres spécialisées dans le cas des chambres de tribunal qui fonctionnent comme juges du travail; en effet elles ne sont pas composées d’une façon différente des autres (et cela même si la loi donne de l’importance aux «chambres du travail» des tribunaux et des cours d’appel: voir articles 38 et 39 du décret législatif n. 51du 19 février 1998). B) En ce qui concerne la garantie du juge naturel, le Conseil constitutionnel a dû décider si certains mécanismes prévus par notre système s’opposent à ce principe. Une des premiers mécanismes que le Conseil constitutionnel a examinés a été celui du renvoi du procès pénal devant un autre juge pour des motifs d’ordre public ou pour suspicion légitime (articles 55 et suivants du code de procédure pénale). Bien que le Conseil constitutionnel ait considéré comme légitime, du point de vue constitutionnel, cette réglementation, certaines de ses applications criticables ont poussé le législateur à la modifier, fixant pour la Cour de cassation des modalités précises pour le choix du juge ad quem (un juge parmi ceux du district de la même cour d’appel à laquelle le juge compétent à l’origine appartient ou dans le district d’une cour d’appel voisine: articles 58 alinéa 3 du code de procédure pénale modifié par l’article 1 de la loi n. 773 du 15 décembre 1973). Aujourd’hui la matière est réglée ex novo par les articles 45 et suivants du nouveau code de procédure pénale. Il a été question également de voir si les modifications des critères de compétence – par exemple à travers la suppression de juridictions ou la modification des territoirs de compétence – pouvaient violer le principe fixé par l’article 25 de la Constitution. Le Conseil constitutionnel (arrêt n. 56/1967) a considéré cette question comme étant mal fondée, observant que la garantie du juge naturel ne pouvait entraîner une cristallisation définitive des compétences existant au moment de l’entrée en vigueur de la Constitution et que des changements des exigences concrètes et des motifs de bon fonctionnement peuvent obliger à changer la structure des juridictions à condition que ces modifications ne soient pas effectuées par rapport à des cas spécifiques mais à des dossiers concernant la même matière. Par souci du même article 25 alinéa 1, il a été examiné si le chef d’une juridiction peut remplacer un juge par un autre en cas d’empêchement permanent de ce dernier ou bien nommer un suppléant en cas d’empêchement 88 Le système judiciaire italien temporaire. Le Conseil constitutionnel a jugé la question mal fondée et s’est remis à la discretion des chefs des juridictions quand ils règlent les problèmes de ces dernières et que l’empêchement du magistrat à remplacer ou à suppléer est un motif objectif suffisant pour justifier l’exercice du pouvoir de direction (arrêts n.os 156/1963 et 173/1970) si ce pouvoir est exercé selon des critères préfixés et par des mesures motivées (arrêts n.os 392/2000 et 571/2000). Cependant la matière est délicate comme le montrent les nombreuses interventions du législateur (voir décret du Président de la République n.449/1988; décret législatif n.273/1989, loi n. 133/1998) sur les articles 97 et suivants du règlement judiciaire, qui règle les supplèances et les affectations. Pour les mêmes raisons a été justifié le pouvoir des chefs d’organiser – en préparant chaque année ce qu’on appelle les tableaux – les juridictions en les divisant en chambres, en désignant les magistrats respectifs et en fixant les compétences internes (arrêt n. 146/1969 et surtout n. 392/2000). Notamment les présidents des cours d’appel proposent les tableaux biennaux, ouï les Conseils judiciares, ensuite ces tableaux sont délibérés par le C.S.M. et sont reçus dans un décret du Ministre de la Justice (article 7 bis du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941 auquel s’est ajouté l’article 3 du décret du Président de la République n. 449 du 22 septembre 1988 modifié par l’article 6 du décret législatif n. 512 du 19 février 1998 et par l’article 57 de la loi n. 479 du 16 décembre 1999). Un autre pouvoir des chefs des juridictions a été mis en discussion: celui d’assigner les affaires aux chambres et /ou aux juges commis. Le Conseil constitutionnel a considéré la question comme mal fondée, observant que la discrétion en faveur des chefs des juridictions à satisfaire les nécessités de ces dernières peut être limitée mais non pas supprimée (voir arrêt n. 272/1998). Notamment, étant donné qu’il existe en général une inconciliabilité entre une désignation préalable et le caractère discrétionnaire de la désignation concrète, il a été considéré que le pouvoir discrétionnaire des chefs des juridictions dans l’assignation des dossiers doit être orienté uniquement à réaliser des exigences de service, objectives et indispensables, afin d’assurer le fonctionnement de la juridiction et d’en faciliter l’efficacité, toute autre fin étant exclue (arrêt n. 272/1998). Sur la base des ces indications, deux problèmes se posent: a) de quelle manière il est possible que le pouvoir discrétionnaire des chefs des juridictions soit exercé pour des exigences objectives; b) quelles sont les conséquences d’un exercice peu correct de ce pouvoir. Pour le deuxième problème il est inévitable de conclure que tout choix non objectif et peu correcte du pouvoir discrétionnaire n’a pas de conséquences sur le procès, à moins qu’il n’existe des motifs d’abstension ou Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 89 de récusation du juge, par conséquent une solution a priori a été trouvée en éliminant le pouvoir discrétionnaire dans la distribution des affaires par l’adoption de critères automatiques; solution qui, quel que soit le critère utilisé, peut entraîner des inconvénients assez importants. Alors le C.S.M. a fait des circulaires limitant le pouvoir des chefs des juridictions; parmi ces derniers, quelqu’un, se sentant lésé, a soulevé un conflit d’attributions. En déclarant ce conflit inadmissible le Conseil constitutionnel a souligné que les compétences sur la désignation des magistrats pour traiter un procès particulier ne concernent pas les limites d’attributions indiquées par des normes constitutionnelles; ces compétences font l’objet de normes sur l’organisation et le règlement (arrêt n. 90/1996). Les articles 3 et 4 du décret du Président de la République n. 449 du 22 septembre 1988 et modifications successives ont introduit dans la loi sur le règlement judiciaire (décret royal n.12/1941) les articles 7 bis et 7 ter qui ont été déjà mentionnés, réglementant la matière des tableaux des juridictions divisées en chambres, de l’affectation de chaque magistrat à ces dernières, de la formation des collèges de juges et des critères pour l’assignation des procès pénaux et pour le remplacement des juges empêchés. Et étant donné que l’article 33 alinéa 2 du code de procédure pénale dit que ces normes ne concernent pas la capacité du juge, un problème de constitutionnalité a été soulevé puisque cette discipline pouvait violer l’article 25 de la Constitution. Le Conseil constitutionnel, confirmant son opinion en la matière, a rejeté le recours en observant que le principe constitutionnel de la désignation préalable du juge n’entraîne pas que les critères d’assignation de chaque procès à l’intérieur de la juridiction compétente soient considérés comme des éléments essentiels de la capacité du juge (arrêts n.os 419/1998 et 392/2000). 7. CONCLUSIONS. Nous pensons que le lecteur qui vit dans un système de civil law n’est pas surpris de l’existence de normes si détaillées qui ont été élaborées afin d’assurer l’indépendance, l’autonomie et l’impartialité des juges; en plus il saura apprécier l’intervention méticuleuse, peut-être excessive, du Conseil constitutionnel qui a voulu éclaircir, préciser et compléter les normes de droit écrit. Il résulte ainsi un cadre de «droit vivant» que probablement les juristes de common law auront des difficultés à comprendre. Cela dépend de la grande différence entre les deux systèmes en ce qui concerne également l’administration de la justice. Par exemple en Angleterre la compétence pour les nominations (et la carrière) revient au Lord Chancelier et pour les charges 90 Le système judiciaire italien plus importantes au Premier Ministre et au Roi par des procédures discrétionnaires et le contrôle sur les juges est exercé de façon informelle. Les anglais eux-mêmes reconnaissent que ce système pourrait faire en sorte que le Gouvernement ou les pouvoirs forts exercent des pressions sur le pouvoir judiciare, mais ils acceptent le risque sur la base d’un raisonnement que le juriste continental ne pourrait jamais partager. Le système – disent-ils –se fonde sur la confiance et jusqu’à present les magistrats ont mérité la confiance qui leur a été accordée, étant conscients que si leur comportement pouvait être critiqué, ils compromettraient leur indépendance. D’autant plus –ajoutent-ils – qu’aucune sauvegarde constitutionnelle ne peut empêcher que les membres d’un Gouvernement exercent des pressions ou des influences sur l’ordre judiciaire si la culture du peuple le permet, et en Angleterre ce principe est profondément imprimé dans la conscience des citoyens. Nous trouvons la même situation aux Etats-Unis d’ Amérique. Récemment, dans ce Pays une Commission a été créée pour étudier des innovations éventuelles à apporter aux règles sur la discipline et sur la destitution des juges fédéraux.Avant 1983 aucun juge fédéral n’avait été inculpé d’un délit mais après cette date l’occasion s’était présentée lors de l’inculpation de cinq juges et de la condamnation de quatre autres (évolution que les américains avaient reliée à l’augmentation rapide du nombre de juges fédéraux). Or cette Commission, concluant ses travaux au mois de juillet 1993, a jugé que le système actuel ne doit pas être réformé, vu qu’il est conforme à celui que la Costitution a prévu. Sur la base de ces éléments il faut conclure que la véritable différence entre les systèmes de civil law et les systèmes de common law se trouve dans l’approche culturelle différente de l’indépendance et de l’impartialité du pouvoir judiciaire. Dans les systèmes de civil law l’exigence d’une réglementation minutieuse et analytique naît d’une attitude culturelle de méfiance à l’égard des autres et, en particulier, à l’égard des magistrats,que les règles et les procédures fixées à l’avance cherchent à dissiper. Dans les systèmes de common law cette exigence n’est pas sentie et au contraire des juges sont nommés qui méritent cette confiance. Ces deux cultures pourront-elles s’homologuer? L’évolution des institutions relatives à la justice tend vers l’uniformité parce que nous sommes de plus en plus citoyens de l’Europe, aujourd’hui, et demain nous serons citoyens du monde. Ce qui nous autorise à espérer que cette homologation se réalise et ce qui nous oblige à travailler afin que dans un futur proche elle devienne réelle. Rédigé par le vice-Président, prof. Giovanni Verde The Italian Judicial System This book is the updated edition of the text published in 1999, which was designed to provide readily available information on the organisation of justice in Italy. Part one is a concise illustration of the existing system. Part two is a discussion of the problems arising from the system’s application. The last part sets forth the principal laws. Palazzo di Giustizia, sede della Corte Suprema di Cassazione. P ART O NE LAWS RELATING TO THE JUDICIAL SYSTEM AND THE ORGANISATION AND OPERATION OF THE CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA(1 ) 1. THE JUDICIAL FUNCTION IN THE CONSTITUTION. 1.1. Jurisdiction. – The system by which judges and prosecutors discharge the judicial function is set out by the Constitution in the following manner. 1.2. Constitutional jurisdiction. – This is assigned to the Constitutional Court, which consists of fifteen judges. One third of these judges are appointed by the President of the Republic, one third by Parliament in joint session and one third by the highest-instance ordinary and administrative courts (art. 135 Const.). The Constitutional Court rules (art. 134 Const.): a) on disputes concerning the constitutional consistency of laws and decisions having the force of law of the State and the Regions; b) on conflicts of jurisdiction of the powers of the State, the State and Regions, and the Regions; c) on charges against the President of the Republic, pursuant to the Constitution (see art. 90. Const.). *** Control over the constitutional consistency of laws may be exercised, directly (2), by specifically authorised entities (State, Regional Authorities, Self- governing Provinces) (see arts. 37-42 of Const. Law no. 87 of 11 th March 1953) but it may also be exercised, incidentally (3), by a judge, who in the course of trial considers that the law to be applied to an actual case is of dubious constitutional consistency. In this latter case, the issue of constitutional consistency must be pertinent to the case’s ruling and must not be manifestly unfounded (see art. 1 of Const. Law no. 1 of 9th February 1948; arts. 2330 of Const. Law no. 87 of 11 th March 1953). 1.3. Ordinary Jurisdiction.– Ordinary jurisdiction is exercised by ordinary judges/prosecutors, who are considered judges and prosecutors because they are created and regulated by the laws of the judicial system (art. 102 Const.; arts. 1 and 4 Royal Decree no. 12 of 30 th January 1941). They have a separate status from other judges which derives from a) the privilege o f independence envisaged by the Constitution (arts. 101-104 Const.) and also b) the fact that they are subject to the authority of their self-governing body: the Consiglio Superiore della Magistratura (in respect of the C.S.M.’s constitution and oper ation see Law no. 195 of 24 th March 1958 and Presidential Decree no. 916 of th September 1958). *** Ordinary jurisdiction is divided into: (i) criminal jurisdiction, where judges are called to make a decision on whether the criminal proceedings instituted by a public prosecutor against a given individual are founded and (ii) civil jurisdiction, aimed at the legal protection of rights in relations between private subjects or private subjects and the public administration, if in exercising its duties, the administration prejudices the subjective right (4) of a person. 5 Criminal proceedings are instituted by a member of the ordinary judiciary ( ) exercising the office of public prosecutor (art. 107, last paragraph, Cons t.). Civil proceedings may be started by any public or private entity, known as the plaintiff, against another subject against whom the claim is directed, known as the defendant. Civil and criminal proceedings are regulated by two separate series of procedural rules: the code of civil procedure and the code of criminal procedure. th Civil procedure was changed in part by a law of 1990 (n. 353 of 26 November), entered into force th on 30 April 1995, for the purposes of expediting the settlement of civil cases and making them more effective. Instead, the code of criminal procedure was completely amended in 1988 by switching from an inquisitorial-type system to a basically adversarial system, based, amongst other principles, on a) the equality of the prosec ution and the defence and b) the creation of evidence before the judge during the th trial (see Law no. 81 of 16 February 1987, enabling the issue of the new code of criminal procedure). After the passing of numerous laws, which in the course of time mitigated against the adversarial nature of the procedure in the name of protecting society from organised crime, the recent amendment rd of article 111 of the constitution, implemented by constitutional law n. 2 of 23 November 1999, has expressly sanctioned the basic adversarial principle of the creation of evidence during the trial in the presence of both parties and protected the defendant’s absolute right to evidence. The reformed Article 111 of the constitution concerns every and each trial, both civil, criminal, administrative and accounting, in the part in which the rule of a fair trial is expressly safeguarded. Under said rule, each and every trial must be carried out in the presence of both parties, in conditions of equality, before an impartial judge with a third-party status and must be of reasonable duration. The right to a reasonable duration of the trial has recently been express ly recognised by Law n. 89 th of 24 March 2001, which grants the parties the right to ask the State for fair pecuniary compensation, in the event that the said right is breached. *** Ordinary jurisdiction is administered by “professional” judges and “honorary” judges, who form th part of the judiciary (art. 4 of Royal Decree no. 12 of January 1941). In particular, before the judicial system consisted of trainee judges, judges of all ranks attached to the Preture (single Judge Courts), the Tribunali (the Courts), the Courts of Appeal and the Court of 6 Cassation( ), and public prosecutors. Furthermore, the following judges also used to be members of the Judiciary as honorary judges: small claims judges and their deputies (they have now been abolished, but their office will continue to operate until the work load is completed). Honorary judges now consist of: a) justices of the peace (Law no. 374 of 21st November 1991; Presidential Decree no. 404 of 28th August 1992), who are now competent, both in the civil and criminal field, for matters previous ly dealt with by professional judges, b) honorary judges (Law no. 276 of 22nd July 1997; Legislative Decree no. 328 of 21st September 1998 converted into law no. 221 of 19th November 1998), attached to the so-called sezioni stralcio (Temporary Divisions) established to go through the civil cases pending as at the date of 30th April 1995, c) court honorary judges attached to the judicial offices, d) honorary deputy prosecutors attached to the prosecuting offices, e) experts of the courts and the Juvenile divisions of the Courts of Appeal, f) lay judges of the Courts of Assizes 7 (Law no. 287 of 10th April 1951), g) experts working for the Tribunale di Sorveglianza ( ) (see art. 70 of Law no. 354 of 26th July 1975) and the specialised agricultural divisions (see arts. 2-4 of Law no. 320 of 2nd March 1963). Currently, civil and criminal justice is administered by: Justices of the peace, the Tribunali (the Courts), the Courts of Appeal, the Court of Cassation, the Juvenile Courts and the Tribunale di Sorveglianza sitting both as a single judge and as a panel of judges (art. 1 of Royal Decree no. 12 of 30th January 1941). Pursuant to the reform of the single first instance judge (Leg. Decree no. 51 of 19th February 1998), the first instance courts have been reorganised by abolishing the Pretura and assigning its competence to the Tribunale, which now sits both as a single judge court for matters of minor complexity, and as a panel of judges for more serious cases. Similarly, the public prosecutor’s office attached to the Pretura has been abolished and its functions have been assigned to the public prosecutor’s office attached to the Tribunale. In the same regard, honorary judges attached to the abolished Preture have changed their name from “honorary deputy Pretore ” to “honorary court judge”. Special jurisdictions. – The Constitution prohibits the establishment of new “extraordinary or special” judges. However, divisions specialising in spe cific sectors may be set up within the ordinary jurisdiction bodies, characterised by the concurrent presence in the same judicial body of ordinary judges and qualified citizens who are not members of the judiciary (e.g. the specialised agrarian divisions) (art. 102 of the Constitution). *** Special judges are, in any event, prescribed by the law, such as administrative judges, the State Auditors’ Court and military judges, who had already been established prior to the Constitution coming into force (art. 103 Const.). *** The State Auditors’ Court (Corte dei Conti) consists of auditor judges and prosecutors; an Office of the Prosecutor General entrusted with investigative functions has been set up and attached to this Court. The auditors’ judiciary has recently been reformed, providing for autonomous regionally based judicial and prosecuting divisions. Its self- governing body is the Council of Presidency of the Court itself. The State Auditors’ Court has competence to review in advance the consistency with the law of a wide range of measures taken by the Government and other public bodies and to check the financial management and assets of public administrations. It also has competence to rule on issues such as public accounts, pensions and the liability of civil servants and officials of the State or other public bodies. *** Military judges, who have jurisdiction to hear military crimes committed by members of the armed forces, are a separate body from the ordinary judiciary, and are administered by a self- governing body called the Consiglio Superiore della Magistratura Militare (Superior Council of the Military Judiciary). *** Administrative jurisdiction is assigned to a series of bodies which are separate from ordinary courts: the regional administrative courts, which are first instance courts, and the Consiglio di Stato, which is the second instance court. The self-governing body of administrative judges is the Consiglio di Presidenza della Magistratura Amministrativa (Council of Presidency of the Administrative Judiciary), which consists of the President of the Consiglio di Stato, four judges attached to the Consiglio di Stato, six judges attached to the regional administrative courts and also lay members, i.e. four citizens, of which two are elected by the Chamber of Deputies and two by the Senate of the Republic by absolute majority, chosen from ordinary university law professors or lawyers having 20 years experience. This body also envisages sub stitutes, chosen from the judges of the Consiglio di Stato and the Regional Administrative Courts. The presence of lay members is due to a recent amendment of Article 7 of Law n. 186 of 27th April 1982, which sets forth the system of Aministrative jurisdiction. The said amendment was implemented by Law n. 205 of 21st July 2000 and, in particular, by Article 18 of the said law. An administrative judge assesses the lawfulness of administrative decisions (and not the merits): an application filed with an administrative court aims at obtaining the judicial annulment of an administrative decision which is assumed to be defective for lack of jurisdiction, breach of law or abuse of power. Generally speaking, the competence of ordinary and administrative courts is established by referring to the individual claim brought before the court – whether it concerns a subjective right or a legitimate interest. Admin istrative jurisdiction deals with legitimate interests (without prejudice to specific subject matters which fall within the exclusive jurisdiction of administrative courts, recently increased by Law n. 205 of 21st July 2000). Relevant laws: – Constitution, arts. 90, 101-113, 134-137 – Roya l Decree no. 12 of 30th January 1941 – Law no. 374 of 21st November 1991 – Leg. Decree no. 51 of 19th February 1998, arts. 1-48 – Law no. 186 of 27th April 1982, art. 7 – Law no. 205 of 21st July 2000, art. 18 – Law no. 89 of 24th March 2001. 2. THE CONSTITUTIONAL POSITION OF THE ORDINARY JUDICIARY. 2.1 Independence and autonomy. – According to the Constitution, the judiciary is an autonomous body independent from the legislative and executive powers (art. 104 Const.). Its autonomy refers to its organisation. It is autonomous vis-à -vis the executive, in that the independence of the judiciary would be undermined if the measures pertaining to the career advancement of the members of the Judiciary, and in more general terms, their status, were assigned to the executive power. The Constitution therefore assigned the task of administering the members of the judiciary (transfers, promotions, assignments of duties and disciplinary measures) to a self- gov-erning body (art. 105 Const.): The Consiglio Superiore della Magistratura, which thus guarantees the independence of the members of the Judiciary. The Judiciary is also autonomous vis-à -vis the legislative power, in that judges are subject only to the law (art. 101 Const.). Its independence refers to the functional aspect of judicial activity. It does not refer to the judiciary collectively – which is guaranteed by its autonomy, as described above – but to its members when they exercise jurisdiction. Independence stems from, and is implemented on the basis of, the other constitutional principle that a judge is subject only to the law. This substantiates the derivation of jurisdiction from the sovereignty of the people. *** Independence and autonomy are principles which the Constitution also acknowledges in relation to the public prosecutor (arts. 107 and 112 Const.), especially where the obligatory nature of instituting criminal proceedings is concerned. The obligatory nature of instituting criminal proceedings indeed contributes towards ensuring not only a public prosecutor’s independence in exercising his duty, but also the equality of citizens before criminal law. A public prosecutor’s autonomy and independence have, however, special characteristics as far as relations “within” the prosecuting offices are concerned, as the office’s unitary nature has to be taken into account, along with the power of authority acknowledged to the head of the office over his deputy prosecutors (see art. 70 of Royal Decree no. 12 of 30th January 1941). 2.2. Security of tenure. – Judges/prosecutors are also ensured security of tenure. A judge’s independence could in fact be seriously compromised if he could be dismissed from service or transferred from one office to another. To ensure that this does not occur, the Constitution envisages that a judge’s suspension, dismissal or transfer can only be decided by the Consiglio Superiore della Magistratura either with his consent or for the reasons and with the guarantees of defence established by the judicial system laws. Normally, therefore, judges/prosecutors can be transferred to another office or made to perform other functions only with their consent, following a decision by the Consiglio Superiore della Magistratura. Such measure is taken by the C.S.M. on the basis of the outcome of a competitive procedure between candidates. This starts with the publication of vacancies and the preparation of a classification list, which takes account of seniority, family or health reasons and aptitudes (the relevant rules are set forth in a special circular letter adopted by the C.S.M.: circular letter no. 15098 of 30th November 1993, and subsequent amendments). *** The cases where enforced transfers may be exceptionally permitted are quite clearly set forth. In this respect, in addition to the case of first posting of a trainee judge/prosecutor, cases where enforced transfers are affected to satisfy the administration’s need to fill particular positions should also be stressed. Reference is made, in particular, to (i) arts. 4 et seq. of Law no. 570 of 25th July 1966, and subsequent amendments, pertaining to the enforced filling of Court of Appeal positions for which there are no applicants, (ii) art. 10 of law no. 831 of 20th December 1973 concerning the enforced posting to Court of Cassation posts (iii) art. 3 et seq. of Law no. 321 of 16th October 1973, and subsequent amendments, concerning enforced transfers to unwanted vacant positions and (iv) art. 1 of Law no. 133 of 4th May 1998 pertaining to the filling of unpopular posts in Southern Italy and the islands which are traditionally not sought-after and always vacant. The Higher Judiciary Council (CSM) also has the power to officially transfer judges in addition to in the event of closing the office to which the judge belongs (art. 2, paragraph III, Royal Legislative Decree 511/46), “when for any cause independent of their fault, they cannot carry out their own tasks with independence and impartiality in the role occupied” (art. 2, paragraph II, Royal Legislative Decree 511/46); in this case, the exemption from the principle of irremovability is justified by the need, considered prevailing, of ensuring a judge the independent and impartial carrying out of his jurisdiction in the seat where he carries out his work which would, instead, be harmed by his remaining in that seat. It is important to point out that the only objective situation for this official transfer of hindrance to the carrying out of functions in a certain location, regardless of any cause that may be found to be the judge's fault. The transfer is adopted at the outcome of an administrative procedure, that, while originating from reports made by office directors or from reports made by citizens, is totally developed within the CSM and completes an administrative measure that is finalised by the allocation of a new location for the judge; if the measures decide against this move, the judge may appeal to administrative justice. The prediction of this transfer due to guiltless environmental incompatibility is distinguished from both official transfer, as a disciplinary sanction, foreseen in art. 13, paragraph 1, Legislative Decree 109/2006, and from the precautionary and temporary measure, foreseen in art. 13, paragraph 2, Legislative Decree 109/2006 as part of a disciplinary procedure regarding the judge, when there are serious grounds for the disciplinary action and there are also reasons for particular urgency. In the former case, the sanction is applied further to the verification of guilty responsibility (and therefore, that recognises guilt) during the disciplinary procedure of the judge further to a jurisdictional procedure against him, that completes a sentence by the disciplinary division of the CSM, which can be appealed against in the united sections of the Court of cassation. In the second case, the official transfer is a true precautionary measure part of the disciplinary procedure against the judge, before any future sentencing; it is brought by the General prosecutor of the Court of Cassation and decided, at the outcome of an internal procedure, by order of the CSM disciplinary section, which can be appealed against in the court of cassation. *** 2.3. The Impartiality and establishment of judges/prosecutors by law. – The constitution further guarantees the jud icial function, in particular, by prescribing the principle that judges/prosecutors are established by law (article 25 of the constitution.): on the one hand, it establishes that the jurisdiction of judges/prosecutors can only be decided by the law and not by sec ondary sources of legislation or nonlegislative provisions; on the other, it also provides for the competent judge to be determined before the commission of the facts to be tried, thus preventing the judge from being determined ex post. The principle that the competent judge is established by the law also assures the impartiality of the judge while exercising his office. In addition to the aforesaid constitutional principles, there are also judicial system laws covering the drawing up of the personnel charts of the judicial offices aimed at regulating the assignment of individual judges and pros ecutors to the offices and the assignment of the case files (see art. 7 et seq. of Royal Decree no. 12 of 30th January 1941, and also the relevant rules recently introduced by the Consiglio Superiore della Magistratura by circular letter no. 8873 of 21st May 1997). The principles of impartiality and establishment of judges by law are not contravened by the procedures of a) seconding (see, in particular, art. 110 of Royal Decree no. 12 of 30th January 1941, and the detailed rules set forth in the Consiglio Superiore della Magistratura circular letter no. 7704 of 2nd May 1991), and b) substitution (see, in particular, arts. 97, 105 and 109 of Royal Decree no. 12/41, and the detailed rules set forth in the Consiglio Superiore della Magistratura circular letter no. 7704 of 2nd May 1991). These procedures are designed to make up for personnel shortages in judicial offices by using other judges/prosecutors who are either regularly attached to other offices or attached to the same offices but assigned to different duties. In this respect, the importance of the recent Law no. 133 of 4th May 1998 should be stressed, as it holds important innovations designed to improve the system of justice. One of the most important innovations is the envisaged procedure of the so-called “interdistrict charts” of the judicial offices. These charts do not replace those ordinarily envisaged in the single offices (see art. 7-bis of Royal Decree no. 12/41), but supplement them so as to provide for a more flexible and extended use of judges/prosecutors in several judicial offices (“combined” offices within the same district). This is also achieved by exploiting the equally innovative procedures of a) “co-assigning” the same judge/pros-ecutor to various judicial offices and b) “inter-district substitution” (see art. 6 of the aforesaid law). These procedures are indeed comparable to the aforementioned procedures of seconding and substitution, through which the legislator aims at implementing an even more effective system to offset frequent staff shortages and/or impediments affecting regular judges/prose-cutors. The above procedures enhance the service provided by the judiciary in terms of quality and quantity. In order to remedy the organisational difficulties of judicial offices resulting from the temporary absences of their judges/prosecutors, a recent Law no 48 of 13th February 2001 – which reformed the system for becoming a member of the Judiciary and increased the number of places by a thousand – provided for the establishment of district judges/prosecutors within each court of appeal to be assigned to substitute judges/prosecutors of the district when they are absent. District judges/prosecutors can be used in cases of: leave of absence, sick leave or other leave, obligatory or discretionary absence from work for pregnancy or maternity reasons or in the other cases regulated by Law no. 53 of 8th March 2000 (comprising rules supporting maternity and paternity); also in cases of: a) transfer of a judge/prosecu-tor to another office which does not take place concurrently with the enforcement of the order assigning another judge/prosecutor to fill the post left vacant, b) precautionary suspension of a judge/prosecutor from his office awaiting criminal or disciplinary proceedings and c) exemption of a judge from exercising his judicial office resulting from his appointed as a member of the examination board of the competitive public exam for judges and prosecutors. The number of district judges/prosecutors is prescribed by Decree of the Minister of Justice, after consulting the Consiglio Superiore della Magistratura, and is decided on the basis of the average statistics of absences recorded in the district in the three- year period prior to the entry into force of the law and is subject to review always on the basis of the average statistics of absences recorded in the two preceding years. 2.4. The obligation to institute criminal proceedings. – The public prose-cutor’s independence is further guaranteed by the constitutional rule prescribing that a public prosecutor is under the obligation to institute criminal proceedings (art. 112 Const.). This principle should be interpreted in the sense that, once the competent public prosecutor has been informed of an offence, he must conduct investigations and submit the outcome of his investigations to the judge’s appraisal, making the relevant requests. This applies both when the public prosecutor requests the setting aside of the case because there is insufficient evidence to prove the alleged offence and when the public prosecutor requests the committal to trial of an individual in respect of a particular alleged offence. As mentioned earlier, the obligation to institute criminal proceedings contributes towards guaranteeing not only the public prosecutor’s independence in exercising his function, but also the equality of citizens before criminal law. Relevant laws: – Royal Legislative Decree no. 511 of 31st May 1946 – Law no. 48 of 13th February 2001, arts. 1 and 4-8 3. THE CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA. 3.1. Powers. – The Consiglio Superiore della Magistratura is the selfgoverning body of the ordinary juridiciary. Under the judicial system’s laws, the C.S.M. is in charge of the employment, assignment/transfer, career advancement and disciplinary measures affecting judges and prosecutors (see art. 105 Const.) (with regard to the setting up and operation of the C.S.M., see Law no. 195 of 24th March 1958 and Presidential Decree no. 916 of 16th September 1958, and also the internal regulation approved by the C.S.M. itself). 3.2. Composition. – The Constitution (art.104) foresees that the C.S.M. is made up of three members by right: the President of the Republic who presides over the body, the President of the Court of Cassation and the Prosecutor General of the Court of Cassation. The Constitution does not state the number of elected members but states that two thirds of them must be elected by all ordinary judges belonging to the various categories (the so-called stipendiary members) and one third by Parliament in a joint session, chosen from among all the ordinary university law professors and lawyers after fifteen years of practising their profession (socalled lay members). The Constitution also states that the elected members will hold their seats for four years and that they cannot immediately be re-elected. The Council must elect a Vice President from among the members elected by parliament (lay), who, in addition to presiding over the plenary assembly (in the absence of the President of the Republic or by proxy of the President), also presides over the President's Committee, which has the task of promoting council activit y, of implementing CSM resolutions and of managing budget funds, bearing in mind that the Council enjoys full accounting and financial autonomy. It is therefore the ordinary law that determines both the number of elected members and the way in which the y are elected. Currently, L.44/2002 (which amended article 1 L.195/58) sets the number of elected members at 24, 16 of whom are stipendiary and 8 lay; the latter are elected by parliament in a joint session by secret ballot and with a three-fifths majority of the assembly members for the first two ballots while the third ballot only requires three fifths of the voters. The members to be elected from among legal professionals are divided as follows: two from among the Court of Cassation magistrates (judges and prosecutors) who carry out the functions of legitimacy, four from among magistrates who fill the role of prosecutors in the trial courts and the other ten from among those who work as judges as part of trial court judiciary. The election of the stipendiary members takes place using a majority system in a single national district for each of the categories of judges to be elected, as indicated above, and is based on individual candidacies presented by at least twenty-five and at most fifty members of the judiciary. Each voter receives three cards for each of the three single national districts and expresses his own vote for one member of the judiciary only for each of the categories: legitimacy and trial, judging and prosecuting. The central electoral commission, set up at the Court of cassation, counts the votes, deciding the total of valid votes and the preferences for each candidate. The candidates who are declared elected are those who have obtained the highest number of votes in a number equal to that of the seats to be allocated in each district (or category of judiciary). 3.3. The C.S.M.’s constitutional position. – As far as the C.S.M.’s position is concerned, the Constitutional Court has established that, although the C.S.M. is an organ that performs basically administrative functions, it is not part of the public administration, as it is extraneous to the organisational system directly under the control of the State or Regional governments. With reference to the functions assigned to it by the Constitution, the C.S.M. has been defined as “a body of clear constitutional importance”. Its functions, which may be defined as the “administration of the activities of the judiciary”, hinge primarily on the administration of the members of the jud iciary; the C.S.M. deals with the employment, assignment/transfer, promotion and disciplinary measures concerning judges and prosecutors, including also the organisation of the judicial offices with a view to ensuring and guaranteeing that each and every member of the judiciary is subject “only to the law” when exercising his office. In this latter respect, it should be stressed that at the pro posal of the Presidents of the Appeal Courts, and after consulting the Judicial Councils, every two years the C.S.M. approves the personnel charts of the judicial offices of each district and at the same time approves objective and predetermined criteria for assigning the case files to individual judges. The C.S.M. is thus the highest ranking body in charge of the admin istration of judicial activities. The judicial Councils and the heads of individual judicial and prosecuting offices also co-operate, with different tasks. 3.4. The C.S.M.’s quasi-statutory role. – The law setting up the C.S.M.. entrusts it the power to issue quasi-statutory measures which may be divided into three categories: a) internal regulations and administrative/accounting regulation, both of which are envisaged by the law. These are measures of secondary legislation, which can be issued by political/administrative bodies recognised by the constitution, which aim at regulating the C.S.M.’s organisation and operation; b) regulations covering the training of trainee judges and prosecutors, which is also expressly envisaged by the law constituting the C.S.M. It regulates the training of the judges/prosecutors once they have passed the entrance exam; c) circular letters, resolutions and directives. Circular letters are used to self-discipline the exercise of the administrative discretionary power assigned to the C.S.M. by the Constitution and by ordinary laws. The resolutions and directives are used to propose and implement the application of judicial system laws pursuant to a systematic interpretation of the sources. Relevant laws: -. Law no. 195 of 24th March 1958 4. ACCESS TO THE ORDINARY JUDICIARY. 4.1. Access to the profession of judge and prosecutor takes place by public competitive examination, pursuant to article 106, paragraph I, Constitution; The access system to the profession of judge or prosecutor (competition for trainee judges/prosecutors) has been subjected to various legislative interventions in recent years, which on the one hand wanted to reduce the time needed for competition procedures and on the other hand requested higher qualifications of candidates, who initially were only required to have a degree in law. The Legislative Decree 398/97 set up post-graduate schools for the legal profession at universities, with the aim of completing the training for those who, having received a degree in law, intend specifically to carry out the professions of judge, prosecutor, notary public or lawyer; these schools, which actually became operational starting from the academic year 2001-2002, issue a diploma on completion of a two-year course that is a requisite for admission to the competition for the profession of judge/prosecutor and which have the declared aim of promoting common training for subjects destined to be a part of the future practice of the afore- mentioned professions. In the period that ran between the entry into force of the law and the actual setting up of the post-graduate schools, in order to rational and speed up the competition procedures, by screening the large number of indistinct initial candidates for entry to the profession, a new preliminary test was introduced (in addition to the written and oral tests) carried out using computers and with multiple choice questions on subjects addressed in the written exams. Once the post-graduate schools were set up, which work on an limited number entry system, with selection based on computer tests and on the candidates’ curricula, the preliminary computer test was eliminated by the new access system for the profession of judge/prosecutor outlined in Law 48/2001, which, in order to speed up the correction procedure of exams, also set up the role of “external examiner”, which was never actually implemented as it required implementation regulations for the matter, that were not issued; in this case, the law foresaw that the written exams for the competition to enter the profession of judge/prosecutor are preceded by the preliminary computer test and this is what has occurred up to date. The competition for trainee judge/prosecutor, called by the Ministry of Justice further to resolution by the CSM, which decides the number of places to be made available by competition, is based on three written exams: civil law, penal law and administrative law (temporarily Law 48/2001 foresaw the calling of three competitions, with the carrying out of only two written exams out of the ones stated above, decided by a draw carried out on the day on which the written exams were actually held); there is also an oral exam on the same subjects as the written exams (civil law also includes basic eleme nts of Roman law), plus civil and penal procedure, administrative law, constitutional law, fiscal law, labour law, social security law, European Union and international law and elements of legal information technology . The examination commission, appointed by the C.S.M. ten days before commencement of the written exams (or computer pre-selection) is presided by a judge or prosecutor from the court of cassation who has been declared suitable for being further appraised for the purpose of appointment to higher executive roles, who carries out a role of legitimacy and is made up of a member of the judiciary of a level no lower than that of being declared suitable for appraisal for appointment as a judge of the court of cassation, who acts as vice president, twenty-two members of the judiciary with the minimum level of being judges of the courts of appeal, and eight university law lecturers. The classification drawn up by the commission, on the basis of the overall total of points given in each exam to each candidate, is approved by the C.S.M. The winners of the competition are appointed as Trainee judges/prosecutors and are assigned to a first degree court, that is also a court of appeal, to carry out his training period, regulated by the Presidential Decree 17 July 1998; this consists of witnessing and collaborating in the judicial work carried out by the judiciary to whom the trainee has been assigned, in civil and penal sectors as both monocratic or panel judges and as public prosecutors; theoretical training is also provided, with the organisation of study meetings for trainee judges/prosecutors, carried out at the central CSM offices and also regionally by judicial councils and references for district training (appointed every two years by the C.S.M.) The training period can last no less than eighteen months and is divided into “ordinary” training that lasts minimum thirteen months and specific training for the remaining period; the latter is further to the trainee’s choice of work and is therefore aimed at developing the practice of the specific judicial activity that the trainee will soon be called upon to carry out in the location assigned to him. Training is direct, coordinated and controlled by the CSM, which uses district councils, judicial councils and commissions set up at these bodies for actual organisation. Training aims to ensure professional training of trainee judges/prosecutors and to verify their suitability for the practising of judicial functions. 4.2. Direct appointment. – As an exception to recruitment based on a competitive examination, the Constitution envisages that regular university law professors and lawyers of at least fifteen years standing and registered in the special Rolls entitling them to practise in the higher-juristiction courts may be appointed Counsellors of the Supreme Court of Cassation “on exceptional merit” (art. 106 Const.). This measure has recently been enforced by Law no. 303 of 5th August 1998, no. 303, and in this regard the C.S.M. issued circular letter n. P.-99-03499 of 18th February 1999. Relevant laws: – Royal Decree no. 12 of 30th January 1941, arts. 121-130 – Law no. 127 of 15th May 1997, article 17, paragraphs 113 and 114 – Presidential Decree of 17th July 1998 – Legislative Decree n. 398 of 17th November 1997 – Law no. 48 of 13th February 2001 5. THE CAREER OF THE MEMBERS OF THE ORDINARY JUDICIARY. There is just one route to career advancement for both prosecutors and judges. To change from the function of judge to that of prosecutor and viceversa all that is required is an aptitude appraisal. After the training stage, trainee judges and prosecutors may be allocated to first instance judicial offices. The C.S.M. prepares a list of vacant positions and convenes the trainee judges and prosecutors. They are called following the order of the examina-tion’s classification list and any preferential qualifications they may hold, and are assigned a vacant position also on the basis of the preferences they themselves indicate. As far as their career advancement is concerned, it should be stressed that the 1941 judicial system laws envisaged that access to “higher” functions (appeal and Cassation) could only be achieved through competitive examinations and regular assessment. This point was substantially revised when the Constitution came into force, and in particular by art. 107, paragraph 3, according to which “dis tinctions between judges and between prosecutors are based purely on the diversity of their functions”. Through a series of laws (Law no. 570 of 25th July 1966 on appointments to Appeal Court rank; Law no. 831 of 20th December 1973, on appointments to Court of Cassation rank), career advancement through competitive examinations and regular assessments was in fact abolished and an automatic advancement based on seniority was introduced, except in cases of demerit. The system is therefore organised as follows: the seniority required to be appointed to the rank of court judge/prosecutor is two years from appointment to trainee judge/prosecutor vested with functions (see Law no. 97 of 2nd April 1979); after eleven years with assigned functions, court judges/prosecutors may be assigned the rank of Appeal Court judge/prose-cutor (Law no. 570 of 25th July 1966); the seniority required for assignment to the rank of Court of Cassation judge/prosecutor is seven years from the date of appointment to the rank of Appeal Court judge/prosecutor. After a further eight years, a judge/prosecutor holding the rank of Court of Cassation judge/prosecutor may be declared fit for designation to senior executive functions (Law no. 831 of 20th December 1973). Once the necessary seniority has been reached, the advancement is decided by the C.S.M., after consulting the competent judicial council. If the C.S.M. decides against the career advancement of a member of the judiciary, then the said judge/prosecutor will be appraised again after some time. The system currently in force is based on the separation between rank and functions, and the assignment to a higher rank is independent from an effective assignment to an office corresponding to the attained rank. For example, in order to be effectively assigned to an appeal function (as that of Appeal Court counsellor) a judge/prosecutor must have effectively been awarded an Appeal Court rank. But a judge/prosecutor with an Appeal Court rank or a judge/prosecutor who has been granted a declaration of fitness for appointment to Cassation Court judge/prosecutor may, on the other hand, continue working in his position – even tho ugh it corresponds to a lower rank – for an unlimited time. The possibility of the so-called reversibility of functions was recently introduced, which allows judges/prosecutors with court of appeal or Court of Cassation functions to be respectively assigned, at their request, to a first instance office with functions of merits or to any other office with functions of merits, even though it corresponds to the rank of court judge/prosecutor (art. 21-sexies, of Legislative Decree no. 306 of 8th June 1992 conve rted into Law no. 356 of 7th August 1992). The only immediate consequence of career advancement is a corre sponding salary increase. Relevant laws: – Law no. 570 of 25th July 1966 – Law no. 831 of 20th December 1973 – Law no. 97 of 2nd April 1979 6. THE EXECUTIVES OF JUDICIAL OFFICES. The Chief Judge of the Court of Cassation, the Prosecutor General attached to the same Court and judges/prosecutors holding executive posts in first and second instance judicial offices head the offices, performing (i) “administration of the judicial function” duties pursuant to the Council’s directives and (ii) “administrative functions” instrumental in the exercise of the judicial functions. Assignment of executive posts is decided by the C.S.M., with the agreement of the Minister of Justice (see art. 11 of Law no. 195 of 24th March 1958 and art. 22 of C.S.M. internal rules). Senior executives are chosen on the basis of their aptitude, merit and seniority, taken together. The comparative appraisal of the applicants is aimed at assigning the most suitable candidate to a vacant office, in view of the functional requirements of the office, and, perhaps, also some environmental aspects (see, C.S.M.’s circular letter no. 13000 of 7th July 1999). In respect of the assignment to senior positions of the Court of Cassation and the High Court of Public Waters, the comparative appraisal procedure is limited to members of the judiciary who in the last fifteen years: have held senior executive offices for at least two years; have exercised Court of Cassation functions for at least four years; and when convened by the C.S.M., have accepted to be assigned to said senior post (see circular letter no. 13000 of 7th July 1999, as supplemented by decision of 7th March 2001). 7. THE DISCIPLINARY LIABILITY OF THE MEMBERS OF THE JUDICIARY. 7.1 Disciplinary offences - The legislative decree n. 109/2006 concerning “the Discipline of disciplinary offences committed by members of the judiciary and relative sanctions and procedure for application of the latter” significantly amends the previous system, being part of the global reform of the judicial system approved by law n. 150 from 2005. The first section of the legislative decree is divided into two sections, one dedicated to disciplinary offences committed by the judiciary and the other dedicated to disciplinary sanctions. Disciplinary offences are divided into two categories, on one side the hypothesis of crimes committed while carrying out judicial duties and on the other crimes carried out outside of one’s judicial role. The substantial is struck on the tendency to standardise disciplinary offences by the judiciary, with regards to both conduct connected with judicial duties and for those not connected with them, without provision for closure rules. The first article of the afore-stated legislative decree is dedicated to “judiciary’s duties” and foresees a detailed list of fundamental duties that the judiciary must abide by when carrying out their judicial role. These are essential ethical principles and values for anyone who practises as a member of the judiciary and repeats widely known duties in the drawing up of jurisprudence and legal systems. The duties of impartiality, correctness, diligence, industriousness, discretion, balance and respect for the dignity of people are then referred to as fundamental principles to observe when carrying out one’s duties as a member of the judiciary. Article 2 of the legislative decree contains a peremptory detailed list of hypotheses of disciplinary offences during the practising of duties, while article 3 foresees a list of conduct carried out outside judicial duties that may give rise to a disciplinary procedure. While noting that the activity of interpreting laws and evaluating facts and evidence ca n never give rise to disciplinary responsibility, 25 hypotheses are identified that constitute typical cases in point of offences committed while carrying out duties; for example purposes only, we can state conduct that, by violating a member of the judiciary’s duties, cause unfair damage or undue advantage to one of the parties; or the omitted notification to the Higher Judiciary Council of the existence of one of the situations of parental incompatibility as set out in articles 18 and 19 of the judicial order, in addition to the conscious non-observance of the obligation of abstention; also, habitually or seriously incorrect behaviour towards the parties, their defence counsels, witnesses or anyone who has contact with the judge in the context of the courts, or towards other members of the judiciary or collaborators; unjustified interference in judicial activity of another judge or prosecutor and the omitted communication to the head of the office by the recipient member of the judiciary of any interference. Also, serious violation of the law caused by ignorance or inexcusable negligence and the misrepresentation of the facts caused by inexcusable negligence; and many other just as significant hypotheses. Article 3 of the legislative decree lists 8 cases in point relative to conduct that is relevant to discipline rules carried out outside of judicial functions. For example, the use of the position of being a member of the judiciary to procure unfair advantages for oneself or for others; associating with a person who is subject to penal proceedings or precautionary measures however handled by the member of the judiciary, or a person who declares to the former that he was a habitual or professional criminal or with a tendency to be one or who has been convicted of premeditated crimes with a sentence of imprisonment for more than three years or precautionary measures, except where rehabilitation has taken place, or holding conscious business relationships with one of the afore- listed types of person. Also the acceptance of extra-judicial roles without prior written authorisation from the Higher Judiciary Council; or the participation in secret associations or associations whose restraints are incompatible with the practising of a judge’s professio nal role and also the joining and systematic and continuous participation in political parties or involvement in the activities of subjects operating in the economic or financial sector that may affect or compromise the judge’s image. Article 4 of the decree also identifies the disciplinary offences consequent to the crime, thus establishing a kind of automatism between the facts for which there has been a conviction for wilful crime and disciplinary action, while for culpable crime, punished by detention, it is necessary to verify the nature of particular gravity for the modes and consequences of the fact itself. 7.2 Disciplinary sanctions - The second section of the legislative decree sets the sanction apparatus of the reform of disciplinary responsibility. The law foresees various types of sanctions that are adapted to the individual disciplinary cases described above. The law has, in fact, introduced the application of the tale crimen talis poena criterion as a due consequence to the standardisation of illegal acts. a) b) c) d) e) f) The various sanctions foreseen by the law are: A reprimand, which is a reminder for the judge to observe his duties; a censure, which is a formal declaration of criticism; loss of seniority, that cannot be less than two months and no more than two years; temporary incapacity to carry out an executive or semi-executive role that cannot be less than six months and not be more than two years; suspension of role, that comprises the removal from the role of judge with suspension of salary and placement outside the judiciary structure; Dismissal, which brings about the cancellation of the employment relationship. There is also the additional sanction of official transfer that the disciplinary judge may use when imposing a sanction that is more serio us than a reprimand, while this further sanction is always used in some cases specifically identified by law. The official transfer may also be used as a precautionary and temporary measure, whenever serious grounds exist for disciplinary action and there are also reasons for particular urgency. 7.3 The disciplinary procedure - The disciplinary procedure is of a jurisdictional nature and is regulated by the laws contained in the code of penal procedure as far as is compatible. The disciplinary judge is a panel that is part of the CSM disciplinary division, comprising six members: the Higher Judiciary Council’s Vice President, who presides over the panel, and five members elected by the members of the CSM, one of whom will have been elected by Parliament, one member of the judiciary from Court of Cassation with actual role and tasks of legitimacy and three trial judges. The disciplinary procedure is instituted by the Ministry of Justice and by the Prosecutor General at the Court of cassation. The exercising of disciplinary action has been transformed from discretional to obligatory for the Prosecutor General, while it remains discretional for the Ministry. The obligatory nature of disciplinary action is linked to the choice of standardisation of illegal deeds, much like the one operating in the penal justice section, and imposes a strict observance of the principle of the certainty of the law, to the extent that it removes applicational uncertainty as far as is possible. The law has also foreseen a general clause of disciplinary irrelevance of conduct if the fact is of “little importance”, a clause destined to operate on a different level – even if it converges with its purpose – with the power of dismissal by the same prosecutor general. It is in fact the Prosecutor general’s power to autonomously dismiss a matter when the alleged fact does not constitute significant conduct for disciplinary affairs or is a report that is found to not have been described in detail, i.e. does not enter into any of the typ ical forecasts id entified by the law, or if, further to investigation, the fact is found to be non-existent or not-committed. The measure of dismissal is notified to the Ministry of Justice which may request a copy of the documentation within ten days and which may ask the President of the disciplinary division to set a hearing for the oral discussion in the next sixty days, to formulate an accusation. The role of the prosecutor is carried out by the Prosecutor General or by a substitute at the hearing. Once the first stage has been passed, the law foresees that the action must be brought within one year of the reporting of the fact, which the Prosecutor General at the Court of Cassation knows of further to the carrying out of summary preliminary investigation or circumstantiated reports or notification by the Ministry of Justice. According to the legislative decree, the Prosecutor general must formulate his final requests within two years of the beginning of the procedure and within two years of the request being made, the Higher Judiciary Council's disciplinary division must make its ruling. The law has also set down that no disciplinary action can be brought when ten years have passed since the event. The commencement of disciplinary action must be notified to the accused party within thirty days and he may be assisted by another judge or lawyer. The investigations are carried out by the Prosecutor General, who formulates his requests by sending the dossier to the CSM disciplinary division and by notifying the accused party. If the Prosecutor General should decide that he does not need to request the declaration of not proceeding, then formulate the accusation and asks for a hearing with oral discussion to be set. The Ministry of Justice may intervene in the disciplinary procedure when, in addition to bringing disciplinary action with the request for investigation, it requests the disciplinary action brought by the Prosecutor General to be extended to other facts, when it has the power to formulate an integration to the disciplinary contestation in the event of action brought by the Prosecutor General and when it asks for the disciplinary contestation to be modified if the action is brought by itself, when it has the power to formulate charges and to autonomously request the setting of the disciplinary ruling in all cases in which it disagrees with the request for acquittal put forward by the Prosecutor General. Discussion in the disciplinary proceedings takes place during a public hearing, with a report by one of the members of the disciplinary division, the official acquisition of any evidence that is useful, the reading of reports, inspections, documents and evidence acquired during investigation and also the producing of documents. The disciplinary division makes its decision after hearing the parties and the decision may be contested before the civil united sections of the Court of Cassation, while a ruling that has become irrevocable may still be subject to review. Relevant laws: - Royal Legislative Decree no. 511/46 - Law no. 150 of 25th July 2005 - Legislative Decree of 23th February 2006 8. THE CIVIL LIABILITY OF THE MEMBERS OF THE JUDICIARY. Disciplinary liability is the result of a breach of the functional duties a judge/prosecutor undertakes vis-à -vis the State at the time of his appointment. Civil liability, instead, is the liability that a judge/prosecutor undertakes vis-à -vis the parties to the proceedings or other entities, and which results from any mistake or non-compliance affected in the exercise of his functions. The civil liability of judges and prosecutors, which is similar to that of any other public servant, is based on article 28 of the Constitution. Following the outcome of a referendum which led to the repeal of earlier rules severely limiting cases of civil liability, the issue is now regulated by Law no. 117 of 13th April 1988. From a substantive viewpoint, this law affirms the principle of the right to compensation for any unfair damage resulting from the conduct, decision or judicial order issued by a judge/prosecutor either with “intention” or “serious negligence” while exercising his functions, or resulting from a “denial of jus tice” (art. 2). After explaining in detail the notions of “serious negligence” (art. 2, paragraph 3) and “denial of justice” (art. 3), the law nevertheless clarifies that the activities of interpreting the law and assessing the facts and evidence (art. 2, paragraph 2) cannot give rise to such liability. In this respect, in any such cases, it is the procedure itself which safeguards the parties, i.e. by resorting to the system of appeals against the order assumed to be defective. Without prejudice to the fact that in relation to the merits the judicial activity is unquestionable, something can nevertheless be done in respect of a judge or prosecutor’s disciplinary liability in cases where – according to the C.S.M. Disciplinary Division’s case law – an exceptional or evident breach of law has been committed, or the judicial function has been exercised in a distorted way. From a procedural view point, it should be pointed out that the liability for compensating damage rests with the State, against which an injured party may take legal action (art. 4). If the State’s liability is established, then the State may, subject to certain conditions, in turn claim compensation from the judge/prosecutor (art. 7). A liability action and relevant proceedings must comply with specific rules. The most important of these rules provides that the liability proceedings are subject to: the lodging of all ordinary means of appeal, including any other remedy for amending or revoking the measure that is assumed to have been the cause of unfair damage; the existence of a deadline for exercising such action (art. 4); a decision on the action’s admissibility, for the purposes of checking the relevant prerequisites; observance of the terms; an assessment of the evidence to see whether the charges are grounded (art. 5); and the judge’s power to intervene in the proceedings against the State (art. 6). In order to guarantee the transparency and impartiality of the proceedings, the system prescribes for the jurisdiction over such proceedings to be transferred to a different judicial office (arts. 4 and 8), to ensure that the proceedings are not assigned to a judge of the same office as the office of the judge/prosecutor whose activity is assumed to have given rise to the unfair damage. The criteria for establishing the competent judge have recently been amended by Law no. 420 of 2nd December 1998, with the precise objective of avoiding any risk of prejudice while deciding such cases. Relevant laws: – Law no. 117 of 13th April 1988 9. THE CRIMINAL LIABILITY OF THE MEMBERS OF THE JUDICIARY. From a criminal point of view, in their capacity as public officials, judges and prosecutors can be made to account for offences committed in the exercise of their functions (e.g. abuse of office, corruption, corruption connected with judicial duties, extortion, failure to perform official duties, etc.). Parallel to this, they may act, in conjunction with the State, in their capacity as vic tims of a crime committed by private individuals against the public adminis tration (a typical example is that of contempt of court and, in particular, contempt of court directed against the judge). In this respect, it should be noted that under the aforesaid Law no. 420 of 2nd December 1998, he rules governing jurisdiction over such proceedings have radically been reformed. In addition to transparency, the aim of this reform was to ensure a judge’s maximum autonomy of decision when called on to try cases in which other colleagues are involved for whatever reason. Significant changes were made to the rules of criminal procedure (arts. 11 of the code of criminal procedure and 1 of the implementing rules of the code of criminal procedure), by creating a mechanism fo r establishing the competent judge to avert the risk of “reciprocal” (or “crossed”) jurisdictions, which had in the past given rise to serious cause for concern. A similar mechanism for transferring jurisdiction in civil proceedings has also been established to remedy a deficiency that has given rise to justified doubts of constitutional consistency. By the Ufficio Studi of the C.S.M. PART TWO IMPLEMENTING ISSUES IN THE CURRENT SYSTEM 1. THE FOUNDATIONS OF INDEPENDENCE AND AUTONOMY OF THE JUDICIARY. In our judicial system, considerable importance is attached to independence and autonomy of the judiciary. This is due both to the underlying concepts and to history. As to the former, it should be considered that Italy is a civil law country. This means, at least from a general standpoint, that laws – i.e., the laws taken into account in a proceeding as the rules to be applied in solving the relevant case – are made by other public bodies: Parliament, but sometimes by Government as well and, nowadays, by bodies having jurisdiction on smaller geographic areas; conversely, courts are required to apply laws. Thus, judges participate in the law-making process only indirectly. Given this conceptual framework, judges have come to be regarded as fulfilling a public function in compliance with certain constraints. Hence the idea that they can be appointed following a public competition, fill their positions as civil servants and be free from any control on the merits of their activity – such merits being set out in advance by law. Hence, again, the need for ensuring independence and autonomy of judges in order for them not only to be, but to be regarded as impartial third parties in discharging their tasks. In fact, third party status and impartiality are considered to be the features allowing the judiciary to be distinguished from other bodies that perform different public functions. As to the latter reason, i.e. the historical one, it should be pointed out that our system was developed in its current version after World War II on the basis of the republican Constitution, whose democratic character was opposed to the previous – undoubtedly authoritarian – Fascist regime. 120 The Italian Judicial System Indeed, justice had been somewhat mismanaged during that period on account of three main reasons: a) limitations on the right to take legal action, b) external pressure on the judiciary, and c) setting up of special courts. Obviously, in re-founding our State the drafters of our Constitutional charter – whose first fifty years of life were celebrated in 1998 – took special care in preventing the danger of mismanagement and deviations. 2. JUDGES’ THIRD PARTY STATUS AS A CONSTITUTIONAL PRINCIPLE. Under Italy’s Constitution, neutrality of judges is ensured, in particular, by the provisions concerning a) prohibition to institute ex officio proceedings (Article 24, para. 1), b) establishment of judges by law (Article 25, para. 1), c) prohibition to set up extraordinary (or special) courts (Article 102), and d) the requirement that judges be subject to law (Article 101, para. 2). The principles enshrined in these provisions were re-affirmed and enhanced by Article 6 of the European Human Rights Convention, which was transposed into Italy’s legal system by Act no. 848 of 04.08.1955; these principles provided the foundations for the amendment made to Article 111 of the Constitution by Constitutional Act no. 2 of 23.11.1999. It is appropriate that they are briefly considered here. The prohibition to institute ex officio proceedings can be derived from Article 24, which actually is worded in order to lay down the basic principle under which citizens may not be limited or hindered in defending their substantive rights in a proceeding if those rights have been granted legal recognition. Indeed, if in positive terms the respect for the rights recognised to individuals makes it impossible to impose any limitations on the defence of a claim in a proceeding, this same respect makes it necessary, in negative terms – this is the other side of the provisions made in Article 24 –, to only allow the claimant to decide whether to take legal action or not. Additionally, the drafters of our Constitution were fully aware that no judge could be regarded by a community as the established judge where he had been appointed after a litigation or a proceeding had arisen or else on the basis of criteria developed after the latter events had taken place. Pursuant to these requirements, the established judge is the judge that is selected on account of objective criteria that have been set out in advance of the individual proceeding. Still, this is not enough in order to prevent all possible dangers, since the lawmaking body might override this principle by setting up ad hoc judges who would be competent for specific litigations on the basis of the aforementioned “objective criteria”. Indeed, Article 25(1) must be read jointly with Article Implementing issues in the current system 121 102(2), prohibiting the establishment of extraordinary judges/courts – who are usually appointed exactly with a view to specific proceedings. As to the requirement that judges be only subject to law, it should be stressed that paragraph 2 in Article 101 can also be construed in two different ways. In positive terms, it is aimed at ensuring autonomy and independence of the judiciary, which is protected against the influence of other constitutional bodies and is only subject to law. In negative terms, this can be construed as a limitation: indeed, if judges are only subject to law, they are not allowed to override it and are expected to search for and detect the predetermined evaluation standards applying to the individual, concrete cases exactly in the existing laws. In order to re-inforce this limitation, Article 111(6) provides that judges must expressly account for their decisions so as to enable control not only by the parties directly concerned, but by the people at large – justice being administered in the people’s name. 3. THE SUPERIOR COUNCIL OF JUDICIARY. Special attention was paid by the drafters of our Constitution to the issue concerning autonomy and independence of the judiciary. To that end, ordinary judges and prosecutors were included into an “autonomous body, independent of any other power” (Article 104) and a self-government body was set up – namely, the Superior Council of Judiciary, which is competent for the career of all judges and prosecutors (Article 105). The establishment of this body was the outcome of a debate that took place among the members of the Constitution Drafting Committee at the end of 1947. The “Fathers of our Constitution” realised that it was necessary to put an end to the “subjection” of judiciary to the executive power and turn it into “a body that, by being self-governed, i.e. independent of any other power” could ensure its members’ full independence (Rep. Leone). The functions to be discharged by this new body were subsequently laid down; Mr Ruini, MP, referred to them imaginatively as the “four stakes”: appointing, promoting, regulating, transferring judges and prosecutors. Its make-up was the subject of a painstaking discussion. Two main views were held. According to one view, which drew inspiration from judges’ and prosecutors’ opinions and was supported by all those members who were in favour of a strict construction of the separation of powers principle (e.g., Reps. Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri), the Superior Council of Judiciary (SCJ) was to only include judges and prosecutors. This was considered to be the only way for preventing contamination (Rep. Dominedò) and “pol- 122 The Italian Judicial System itics from penetrating into individual decisions, undue professional pressure and interference from affecting judicial bodies” (Rep. Caccuri). The other view was based on the awareness of the need for avoiding establishment of a separate body, turning the SCJ into a tyrant governing the judiciary (Rep. Grassi). One should rather aim at achieving institutional harmony (Rep. Varani), ensuring the continuity of social and institutional life and letting in a small part of the life outside the judiciary (Rep. Leone), preventing the creation of a “State in the State” or a “closed, untouchable caste” (Rep. Preti), a “separate, reckless” body (Rep. Dominedò), a “mandarin government” (Rep. Persico), a body that was totally separate from the State’s administrative machinery and subject to no controls by either Parliament, media or the public opinion (Rep. Cappi). Under the text of Article 97 as included in the original draft Constitution, the number of judicial and non-judicial (lay) members was to be the same and the Prime President of the Court of Cassation was to be an “extra” member acting as Deputy-President of the Council. A balance could be struck between the two views, and the amendment proposed by Rep. Scalfaro in the afternoon session of the 12th November 1947 was approved – i.e., two-thirds of the members would come from the judiciary, and one-third from non-judicial bodies. Another much debated issue had to do with the office of president of the SCJ. Based on the initial proposal, either the Minister of Justice or the Prime President of the Court of Cassation would act as president or deputypresident of the Council. This proposal was rejected in order to ensure that the SCJ could be absolutely independent as to its organisation (Reps. Calamandrei and Buozzi). Preference was given to conferring this office to the Head of the State as the guarantor of its unity (Rep. Buozzi). This solution was also in line with “institutional symmetry” requirements (Rep. Leone) and the need for preventing the HCJ from becoming “a closed, rebellious entity”, a sort of “shooting star leaving the constitutional orbit on its own initiative” (Rep. Calamandrei). Knowing that the Head of the State would only be able to participate in the Council’s life on solemn occasions, the drafters decided to create an auxiliary office that would be conferred on the actual president of the Council. Again, the initial proposal reserved this office either for the Minister of Justice or the Prime President of the Court of Cassation (Reps. Leone, Condorelli, Perlingieri); a final balance could be struck by providing for the deputy-president to be elected by the Council among its lay members. Following the establishment of a self-government body, the role of the Ministry of Justice came to be considered in a totally different light – so much so that it was even proposed to abolish this Ministry (Rep. Patricolo). Indeed, the Minister retained “residual” powers concerning organisation and man- Implementing issues in the current system 123 agement of judicial departments and administrative services, prevention of crime and execution of sentences, supervision over the lawful conduct of members of the judiciary. 4. FUNCTIONS OF THE SUPERIOR COUNCIL OF JUDICIARY. After briefly outlining the reasons that led to setting up the Superior Council of Judiciary (SCJ), it is necessary to describe its role within the institutional framework of our country. Under Article 105 of the Constitution, “the Superior Council of the Judiciary is competent for employment, secondment, transfer, promotion and disciplinary measures concerning judges and prosecutors, in pursuance of the provisions regulating the judicial system”. There can be no doubt as to the fact that the Council was considered by the Constitution to be a body of constitutional importance. This entails that its provisions are administrative measures, which in Italy are subject to the control of administrative courts (as confirmed, of late, by decision no. 419/1995 of the Constitutional Court). This solution carries a few difficulties, especially as regards appointment by the Council of the heads of judicial departments. Indeed, in these cases the provisions regulating the judicial system require that the appointment be made in agreement with the Minister of justice – a requirement found to be consistent with constitutional principles by decision no. 379/1992 of the Constitutional Court. Hence, it can be argued that the scope of the control by administrative courts should be rather limited, at least as regards provisions that are made in agreement with the Ministry and entail political considerations as well. As regards disciplinary matters, the SCJ is competent for all decisions. Disciplinary measures concerning judges and prosecutors are taken by a division of the Council including nine members (six from the judiciary and three lay members); its decisions are subject to lawfulness control by the Court of Cassation. This means that the last word on disciplinary measures applying to members of the judiciary is said by the highest body in the judicial system. It should be pointed out that disciplinary breaches are not typified in Italy’s legislation; rather, reference is made in general to conduct making a judge/prosecutor unworthy of the trust to be placed in him/her or else affecting the repute of the judiciary. It is left to disciplinary judges to assess, on a case by case basis, whether a breach of trust has occurred or the repute of the judiciary has been affected, and subsequently to decide the appropriate measures to be taken – i.e., warning, reprimand, seniority loss, disciplinary transfer, dismissal from office. 124 The Italian Judicial System Finally, based on the experience gathered during the past forty years, the scope of competence of the SCJ can be said to have widened in a stepwise fashion by way of circular letters, regulations and guidelines issued by the Council and, at times, by means of political guidance provisions. As regards circular letters, regulations and guidelines, they have been referred to as quasi-statutory provisions, which often entail interpretation of the laws in force and, at times, supplement them; although the effects produced thereby are not binding, they are nevertheless capable to influence both the scope of the provisions made by the Council and “the conduct of the possible addressees” (Sorrentino). This development has been the subject of a lively debate. 5. TYPES OF INFLUENCE AFFECTING THE JUDICIARY. Smaller attention, if any, was paid by the drafters of our Constitution to other types of influence possibly affecting the “neutrality” of the judiciary. They can be summarised as follows: a) influence exerted from inside the judiciary; b) influence resulting from specific relationships of a judge either with a litigation or with one of the parties thereto; c) influence due to specific opinions as related, in particular, to membership of political parties and associations; d) influence exerted by organised groups. A) The provision laid down in paragraph 3 of Article 107 has been made use of to the greatest possible extent so far; under that paragraph, “judges/prosecutors can only be distinguished in terms of the functions accomplished”. This has practically voided career mechanisms, which nowadays operate as good as automatically and allow a judge to attain the position of member of the Court of Cassation, eligible for the office of head of department – as there is no connection with the tasks actually discharged by a judge. Indeed, it may happen that a judge sitting in a peripheral court climbs up the career ladder up to the office of member of the Court of Cassation without ever leaving his district. The reasons for this approach have been found in the fact that, under the previous arrangements, judges/prosecutors were subject to the power of the heads of their departments, prone to accept the decisions of the Court of Cassation and quite vulnerable if they nurtured career ambitions. These reasons are undoubtedly quite sound. However, it can be argued whether the approach chosen to achieve the relevant targets has been the best one. It is no mere chance that the Constitutional Court (decision no. 87/1982) declared Article 23(2) of Act no. 195 of 24.03.1958 to be unconstitutional where it provided that the posts assigned to members of the Court of Cassation within the SCJ could be filled by “members Implementing issues in the current system 125 of the judiciary that have been appointed to the relevant office, although they do not discharge the corresponding functions”. Thus, the Constitutional Court has re-affirmed the principle that in order for members of the Court of Cassation to be elected to the SCJ, it is not enough that they are eligible for discharging the relevant functions: they must actually discharge them. B) The specific relationships with either a litigation or the parties thereto have been addressed by ordinary procedural laws, rather than by our Constitution. Articles 51 and ff. of the Civil Procedure Code and Articles 37 and ff. of the Criminal Procedure Code regulate withdrawal of a judge from a case and challenge of a judge; the circumstances are specified – they are the same in both civil and criminal proceedings – under which a judge is compelled to withdraw from a case or a party is entitled to challenge a judge. Such circumstances consist in the judge having a stake in a case, being a relative of or on friendly or hostile terms with the parties, being a debtor or a creditor in respect of the parties, or else having already dealt with the relevant case. The issue of withdrawal of a judge from a case and challenge of a judge has been attached considerable importance for the past few years; indeed, the more penetratingly judicial control is carried out, the more strictly one should consider judges’ impartiality. It can be easily inferred that this issue has been raised, first and foremost, in respect of criminal proceedings. The Constitutional Court declared that Article 34 (2) of the Criminal Procedure Code was not consistent with the Constitution as it found that the judge applying a precautionary measure in respect of a person was disqualified for sitting in the panel trying the case in which that person was involved (see decisions no. 432/1995 and no. 131 and 155/1996). Doubts were subsequently raised as to whether Article 51 (1), no. 4, of the Civil Procedure Code was consistent with the Constitution, where it did not consider a judge to be disqualified for trying and deciding on the merits of a case if that same judge had dealt with the case in connection with a proceeding for taking precautionary measures prior to the proceeding on the merits. The Constitutional Court dismissed this claim (see decision no. 326/1997, as reaffirmed by decree no. 315 of 09.07.1998) on the grounds that, as a rule, in a proceeding for taking precautionary measures the case is dealt with in a summary fashion, and this does not interfere with the decision on the merits – which is only made after the court has dealt in full with a case. Hence, this problem may only arise in practice if the judge competent for the proceeding concerning precautionary measures departs from the relevant regulations and carries out inquiries that make as good as unuseful those to be subsequently carried out by the judge trying the merits of the case. In the 126 The Italian Judicial System latter situation, the judge should consider – in the Court’s view – whether it is appropriate to apply to the head of his department for an authorisation to withdraw from the case. On these grounds other claims concerning constitutional consistency were dismissed in respect of Article 669octies of the Civil Procedure Code (decree no. 193 of 20.05.1998), Article 354 of the Civil Procedure Code – allowing the appellate judge to refer the case, under certain circumstances, to the judge that has rendered the challenged judgment, see decision no. 341/1998 –, Article 186quater of the Civil Procedure Code – allowing a judgment to be rendered on a case by the same judge that has issued the so-called post-investigational order, see decision no. 168/2000 –, Article 703 of the Civil Procedure Code – where it allows the judge that has issued an order in connection with a possessory action to also deal with the proceeding on the merits, see decision no. 120/2000 –, Article 24 of the so-called Workers’ Statute – where it allows the judge that has issued an immediately enforceable order to also deal with the application to set it aside, see decision no. 387/1999 – and Articles 98 and 146 of the Bankruptcy Act – where they allow the bankruptcy judge to deal with the proceedings challenging the list of the bankrupt’s liabilities and the actions for damages that he has authorised himself, see decisions no. 167/2001 and 176/2001. The above overview would appear to show that, after putting probably excessive emphasis on formal safeguards, the Court has adopted a softer approach as regards civil proceedings by trying to strike a balance in light of the existence of circumstances that actually affect judges’ impartiality. B1) The lively debate that has been taking place for the past few years with particular regard to criminal proceedings has led to amending Article 111 of the Constitution. In order to enhance impartiality of the judiciary to the greatest possible extent, the need for a case to be tried by allowing both parties to be heard before a third-party, impartial judge and for the evidence in criminal proceedings to be created during the trial has been recognised as a constitutional principle. Statutory provisions have been subsequently passed in order to allow implementing the above principles. Reference can be made to the most recent statutes, such as: 1. Act no. 397 of 07.12.2000, concerning investigations by defence counsel, which implements the principle under which both parties must be on a level footing as regards the right to submit evidence; 2. Act no. 63 of 01.03.2001, which streamlined criminal procedural rules applying to creation and assessment of evidence; Implementing issues in the current system 127 3. Act no. 60 of 06.03.2001, which amended the provisions concerning officially assigned counsel with a view to ensuring full representation of both parties in criminal proceedings; 4. Act no. 134 of 29.03.2001, which amended the provisions applying to legal aid with a view to granting full recognition to the right of defence. C) No provisions regard philosophical opinions and/or membership of parties or associations as affecting judicial impartiality. Under Article 98(3) of the Constitution “limitations on the right to become members of political parties may be imposed by law as regards judges/prosecutors”. However, it is a fact that membership of political parties does not jeopardise impartiality, which is conversely endangered by the inability of a judge/prosecutor – i.e., by a circumstance related exclusively to his/her inner conscience – to prevent his/her specific opinions from prevailing over the objective, impersonal assessment of the case. Thus, whenever membership of a party or association has been invoked as a ground for challenging a judge/prosecutor, this has been actually the result of either maladjustment or else the feeling that judges/prosecutors do not always manage to keep their distance from a proceeding. D) Nor are there measures to prevent judges/prosecutors from being influenced by other types of pressure – only think of campaigns waged by the press or TV – and therefore, being biassed in their judgments. This issue is only partly addressed by Article 114 (formerly 164) of the Criminal Procedure Code – prohibiting publication of certain documents – and by Article 329 of the new Criminal Procedure Code – providing for secrecy obligations. Indeed, media and politicians have been criticizing the activities of judges/prosecutors with increasing frequency in the past few years. Whenever the SCJ has considered that this might impair the legitimate discharge of a judge’s/prosecutor’s concrete functions, investigations have been started “to safeguard” the judge/prosecutor concerned; after considering all the points involved in the case, the Council has re-affirmed its full confidence in the judge/prosecutor whenever the latter could not be found to be liable for any breach. Article 114 of the Criminal Procedure Code has taken account of the opinion given by the Constitutional Court in its decision no. 65 of 1965, highlighting the need to abide by the fundamental principle under which public information is to be ensured at all events. However, Parliament did not fully respect the Court’s views; indeed, the latter found Article 114 (3) unconstitutional (see decision no. 59/1995) where it imposed limitations on publicity of the documents included in the case file – which a judge is required to know by definition. The issue concerning the sensitive relationships between 128 The Italian Judicial System justice and information is taking continuously new shapes, and is therefore the subject of an ever increasing number of legislation proposals. 6. DECISIONS BY THE CONSTITUTIONAL COURT. Consideration of the provisions included in our Constitution could not provide, in itself, an exhaustive, significant overview of the system laid down by our Constitution; indeed, it is necessary to supplement this type of analysis by considering how those provisions have produced effects on ordinary laws by way of the implementing activity carried out by the Constitutional Court. In particular, the Court has repeatedly addressed the issue of established judges and the safeguards applying to independence of special judges, as well as the right of defence. We saw that judicial proceedings are committed, as a rule, to ordinary judges and prosecutors, who are members of an autonomous, independent body under the guidance of the Superior Council of Judiciary. Article 103 of the Constitution provides for additional judicial bodies having specific jurisdiction – namely, the Council of State and other administrative judicial bodies, having jurisdiction on the defence of legally protected interests and, as regards specific matters, individual rights in respect of the public administration; the Court of Auditors, having jurisdiction on public accounts issues and other subjects as specified by law; and military courts, having jurisdiction on military offences committed by members of the Armed Forces in peacetime as well as on such matters as are provided for by law during wartime. It appears that the Constitutional Court holds the view that the jurisdiction of military courts in peacetime can be derogated from by Parliament in favour of that of ordinary courts on the basis of reasoned grounds – see decision no. 90/2000. The setting up of special courts was prohibited by Article 102 (2) of the Constitution; as to the special courts that already existed at that time, under the 6th Transitional Provision it was decided that they would be the subject of revision within five years of entry into force of the Constitution. However, the five year term expired without any revision by Parliament; the Constitutional Court had therefore to face a first interpretation issue – namely, whether expiry of the five year term had made all the pre-existing special courts unconstitutional, or it was to be permitted that these courts continued their activities. The Court chose the latter solution, since it was considered that the Constitution implicitly recognised that special courts were compatible with the new system. This entailed additional work for the Court, however, since it became necessary to determine whether the laws regulating the individual courts did provide sufficient safeguards for the independence of Implementing issues in the current system 129 judges – pursuant to Article 108 (2) – and, at the same time, were compliant with the requirement resulting from the joint application of Articles 24 (1) and 113 (2) – namely, to provide citizens with full legal remedies. The Constitution has only provided for a self-government body in respect of ordinary courts. As regards other types of court (administrative courts, court of auditors, military courts), Article 113 applies; under the latter, the respective organisation must be regulated by specific laws, which are also required to ensure independence of the relevant judges. It is therefore necessary to evaluate whether their independence is safeguarded to a sufficient extent. A few doubts that were raised in connection with military courts were dismissed as groundless by the Constitutional Court (see decisions no. 542/2000 and no. 116/1999). A) Whilst the prohibition to set up special courts is necessary to fully ensure that judges are independent third parties, it is a fact that there is a concrete, non-negligible requirement underlying the establishment of special courts – namely, the consideration that the features of a case may require technical know-how and specific competence, which are usually not to be found in ordinary judges. With a view to meeting this requirement, Article 102 (2) provides that “it is only allowed to set up specialised divisions within ordinary judicial bodies in respect of certain matters, by including qualified citizens who are not members of the judiciary”. Specialised divisions are therefore ordinary courts with a peculiar composition. However, this peculiarity should not be such as to surreptitiously override the prohibition to set up special courts. This is why the question has been raised as to whether a body in which members of the judiciary make up the minority of the panel is compatible with the overall system. The answer has been positive, on condition that other features applying to operation of the specialised division allow considering the aforementioned prohibition not to have been overridden; to that end, special importance is to be attached to the role assigned to specialised courts within the system as well as to the controls to be carried out in respect of their decisions. Conversely, the Court ruled that it was against the Constitution to provide for the appointment of lay members “from time to time” in connection with the individual litigations (see decision no. 83/1998). The main specialised divisions are currently the Juvenile Courts, the Regional Tribunals for Waterways, the specialised divisions for agricultural matters, the specialised division at the Rome Appellate Court – which is competent for the appeals lodged against the decisions of commissioners fixing the amount payable as compensation following expropriation in the public interest. However, the court divisions operating as industrial tribunals are neither special courts nor specialised divisions; indeed, their membership is not different from 130 The Italian Judicial System that of ordinary courts – even though specific reference is made by law to the “industrial divisions” at courts and appellate courts, see Articles 38 and 39 of legislative decree no. 51 of 19.02.1998. B) As regards, more specifically, the provision that judges are established by law, it was necessary for the Court to decide whether a few measures as allowed by our legal system were in conflict with the above principle. Among the first issues to be addressed by the Court was the transfer of a criminal case to another judge either for ordre public reasons or on grounds of bias (Articles 55 and ff. of the Criminal Procedure Code). Although the Court had ruled that the relevant provisions were consistent with the Constitution (see decisions no. 50 and 109 of 1973), Parliament was led to amend them following a few instances in which they had been applied in a way liable to criticism; the Court of Cassation was therefore given stricter rules for selecting the ad quem judge – who is to be either a judge in the district of the same appellate court where the judge having initially jurisdiction is attached or a judge in a neighbouring appellate court district, see Article 58(3) of the Criminal Procedure Code as amended by Article 1 of Act no. 773 of 15.12.1973. This matter is currently regulated by Articles 45 and ff. of the new Criminal Procedure Code. Doubts were also raised as to whether changes in jurisdiction criteria – due, for instance, to the elimination of certain judicial departments or else the modification of the relevant territorial jurisdiction – might result into infringing the principle enshrined in Article 25 of the Constitution. This issue was dismissed as groundless by the Court in decision no. 56/1967, since the principle under which judges are established by law cannot entail the ultimate determination of jurisdiction as based on the circumstances existing at the time when the Constitution came into force; additionally, changes in the concrete requirements and enhanced effectiveness objectives may well require changes in the structure of judicial departments – provided that these changes are not made in connection with individual, specific litigations but rather as regards whole categories of litigation. It was also argued whether it was consistent with Article 25 (1) of the Constitution that heads of judicial departments might appoint a substitute or an alternate judge, in case the judge competent for a case was permanently or temporarily prevented from attending, respectively. This issue was dismissed as groundless by the Court, which stressed that heads of judicial departments cannot but have discretionary powers in order to meet the relevant requirements; additionally, the fact that the judge to be substituted is permanently prevented from attending can be regarded as an objective fact justifying exercise of the head of department’s powers (see decisions no. 156/1963 and Implementing issues in the current system 131 no. 173/1970) – provided that these powers are exercised in accordance with set criteria and by means of reasoned measures (see decisions no. 392/2000 and 571/2000). This issue is, however, quite sensitive – as shown by the repeated amendments made by Parliament to Articles 97 and ff. of the Act regulating the judicial system (see Presidential decree no. 449/1988, legislative decree no. 273/1989, Act no. 133/1998). The Court ruled on the same grounds that heads of department are entitled to organise the relevant department via the so-called “charts”, defining, at yearly intervals, specific divisions in each department, assigning judges and prosecutors to such divisions and laying down the internal spheres of competence (see decision no. 146/1969 and, above all, decision no. 392/2000). In particular, biennial “charts” are drafted by the judges presiding over appellate courts, after hearing judicial councils, and subsequently adopted by the SCJ and included in a decree of the Minister of justice (see Article 7bis of Royal Decree no. 12 of 30.01.1941, no. 12 as added by Article 3 of Presidential decree no. 449 of 22.09.1988 and subsequently amended by Article 6 of legislative decree no. 512 of 19.02.1998 and Article 57 of Act no. 479 of 16.12.1999). The power of heads of department to assign the individual cases to divisions and/or judges was also questioned. The Court dismissed the claim as groundless and ruled that the discretionary powers recognised to heads of judicial departments in meeting the relevant requirements may be limited though not eliminated in full (see decision no. 272/1998). In particular, after recognising that, from a general standpoint, the principle under which judges are established by law is in conflict with the exercise of discretionary powers in actually appointing the individual judges, the Court highlighted that the discretionary powers granted to heads of departments in assigning the individual cases should only be aimed at meeting objective, inescapable requirements with a view to allowing operation of a department and enhancing its efficiency – all other purposes being excluded (see decision no. 272/1998). Based on these guidelines, two issues can be distinguished: a) how to ensure that these discretionary powers are exercised in connection with objective requirements, and b) what consequences may result from the misuse of those powers. As to the latter issue, one cannot but find that any incorrect and/or misguided application of discretionary powers will produce no effects on a proceeding unless there are grounds for the judge to withdraw from the case or be challenged. This is why preference is given to an a priori solution, by eliminating discretion in assigning the individual cases in that automatic criteria are implemented – even though the automatic assignment of cases may cause considerable inconvenience, irrespective of the criteria adopted. The SCJ has therefore 132 The Italian Judicial System issued various circular letters to limit the discretionary powers of heads of departments, some of whom have considered that they were being limited in their jurisdiction and therefore lodged a claim with the Court on account of conflict of jurisdiction. The Court dismissed the claim as inadmissible and pointed out that the competence for appointing judges to deal with the individual proceedings is not related to the sphere of jurisdiction as laid down in constitutional provisions – since it is grounded on and regulated by laws defining organisational matters (see decision no. 90/1996). The aforementioned Articles 7bis and 7ter were added to the Act on the judicial system – Royal Decree no. 12/1941 – by Articles 3 and 4 of Presidential decree no. 449 of 22.09.1988, as subsequently amended. They regulate the drafting of charts in respect of judicial departments with different divisions, appointment of the individual judges/prosecutors to such divisions, setting up the panels of judges and defining the criteria for assigning criminal cases and substituting judges that are prevented from attending. Since these provisions are not considered to be related to judicial capacity under Article 33 (2) of the Criminal Procedure Code, the question was raised as to their being consistent with Article 25 of the Constitution. The Court dismissed this claim and upheld its previous rulings on this matter, by stressing that the constitutional principle under which judges are established by law does not imply that the criteria for assigning the individual proceedings within the competent judicial department are to be regarded necessarily as constituent standards of judicial capacity (see decisions no. 419/1998 and 392/2000). 7. FINAL REMARKS. Readers from civil law countries probably will not wonder at the existence of so many detailed, precise provisions aimed at ensuring independence, autonomy and impartiality of the judiciary; they might even value the – probably excessive – care taken by the Constitutional Court in clarifying, specifying, supplementing statutory provisions. The final outcome of this exercise is a “living law” perspective, which common law experts will probably find hard to grasp. This is due to the deep-ranging differences between the two systems as also related to administration of justice. For instance, in England judges and magistrates are appointed and promoted by the Lord Chancellor, whilst the Prime Minister and the Sovereign are competent for the higher offices – on the basis of totally discretionary proceedings; disciplinary control is grounded on utterly informal mechanisms. The English actually acknowledge that this might facil- Implementing issues in the current system 133 itate the exertion of undue pressure by either Government or interest groups on the judiciary; still, they accept the risk on the basis of a line of reasoning that continental scholars could never agree with. Their system – so they say – is based on trust, and judges have proved fully worthy, so far, of the trust placed in them: they know that if their conduct were liable to criticism they would ultimately jeopardise their own independence. On the other hand, they also point out that no constitutional safeguards can prevent government members in a country from exerting pressure and/or influence on judges and prosecutors if this is permitted by cultural custom – whereas in England, independence of the judiciary is a principle that is deeply rooted in the country’s conscience rather than merely a handy slogan. Nor is the situation much different in the USA. Not long ago, a Committee was set up in the USA to consider changes to the rules on disciplinary proceedings and dismissal from office of federal judges. The opportunity for doing so was provided by the fact that no federal judge had been charged with a crime before 1983, whilst five judges had been charged with criminal offences since then and four of them had been found guilty; this fact had been accounted for, inter alia, by the rapidly increasing number of federal judges. This Committee completed its work in 1993 by reporting that the existing system was not to be changed as its constitutional standards were fully adequate for the purposes to be achieved. Based on the above summary considerations, one cannot but conclude that the true difference between civil law and common law systems consists in a different cultural approach to independence and impartiality of the judiciary. In civil law systems, the need for detailed, precise regulations stems from a cultural stance based on mistrust of one’s fellow citizens and, more specifically, members of the judiciary; the imposition of rules and pre-defined procedures is aimed at bridging this gap. In common law systems, there is no such need and the final objective is rather to appoint judges that are really worthy of the trust placed in them. Will it ever be possible to approximate these two cultural stances? Judicial institutions tend to develop towards uniformity, because we are increasingly citizens of Europe and will be citizens of the world in the near future. This can allow us to hope that the approximation will take place; at all events, we must endeavour to make it real in a not too remote future. Prof. Giovanni Verde, Deputy-President of the Superior Council of Judiciary 134 The Italian Judicial System NOTE (1) Superior Council of the Judiciary. (2) The said authorities may lodge an application with the Constitutional Court for a ruling on the constitutional consistency of a law without the law having to be applied by a judge in a trial. (3) i.e. when a Court must apply a law to a concrete case and has doubts on the constitutional consistency of the said law, it may stay the trial and remits the case of constitutional consistency of the said law to the Constitutional Court. (4) A right safeguarded by the law. (5) In Italy the Judiciary is made up of both judges and public prosecutors. (6) The court of highest instance ruling on points of law. (7) Court supervising the enforcement of sentences. El sistema Judicial italiano El presente volúmen es una nueva edición, puesta al día, de la publicada en 1999, manteniéndose la finalidad de ofrecer una información rápida sobre cómo está organizada la justicia en Italia. La primera parte es una exposición concisa del sistema vigente; la segunda constituye un primer acercamiento a los problemas de aplicación que tal sistema origina. En la última parte se enumeran las leyes principales. Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato. P RIMERA PARTE NORMAS EN MATERIA DE ORDENAMIENTO JUDICIAL Y DE ORGANIZACIÓN Y FUNCIONAMIENTO DEL C.S.M. 1. LA FUNCIÓN JURISDICCIONAL EN LA COSTITUCIÓN. 1.1 La Jurisdicción. – El sistema de distribución de la función jurisdiccional está realizado por la Constitución de la siguiente manera. 1.2 La jurisdicción constitucional. – Es atribuida al Tribunal constitucio nal, integrado por quince jueces: nombrados, un tercio, por el Presidente de la República, un tercio por el Parlamento en sesión conjunta (Cámara y Sena-do) y el último tercio por las supremas magistraduras ordinaria y administrativa (art. 135 de la Constitución). *** El Tribunal Constitucional juzga (art. 134 de la Constitución) sobre: a) las controversias en materia de legitimidad constitucional de las leyes y demás actos, con fuerza de ley, del Estado y de las Regiones; b) los conflictos de atribución entre poderes del Estado, entre Estado y Regiones y entre Regiones; c) las acusaciones promovidas contra el Presidente de la República, de acuer do con la Constitución (V. art. 90 de la Constitución) *** El control de la legitimidad constitucional de las leyes puede ser introducido en vía principal, por sujetos específicamente legitimados (Estado, Regio nes, Provincias autónomas) (V. artículos 37-42; ley constitucional N. 87/1953 de 11 de Marzo) o también en vía incidental, por parte de un juez que, en el curso de un proceso, considere que la ley a aplicar al caso concreto en exa men, sea de dudosa constitucionalidad. En esta última hipótesis la cuestión de constitucionalidad debe ser rele vante, para la decisión del proceso y no debe ser manifiestamente infundada (V. Ley constitucional n. 1/1948, de 9 de Febrero, art.1; ley constitucional n.87/1953, del 11 de marzo, arts. 23-30). 1.3. La jurisdicción ordinaria. – La jurisdicción ordinaria es ejercida por magistrados ordinarios, así considerados porque instituidos y regulados por las normas sobre el ordenamiento judicial (art. 102 Constitución; R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, art. 1 y 4) y se diferencian de los demás jueces por la reserva de independencia prevista por la Constitución (artículos 101-104 Const.) y también por el hecho de que quedan sometidos al poder del Consejo Superior de la Magistratura (para cuya constitución y funcionamiento, V. 1ey 195/1952, de 24 de Marzo, y Decreto del Presidente de la República (D.P.R.) 916/1958, de 16 de septiembre), que constituye el órgano de autogobierno. La jurisdicción ordinaria se divide en dos sectores : el penal, cuyo objeto es la decisión sobre la validez o no de la acción penal promovida por el fiscal contra un determinado sujeto, el civil, para la tutela jurídica de los derechos relativos a las relaciones entre privados o entre éstos y la administración pública, cuando ésta, en el ejercicio de sus funciones lesiona el derecho subjetivo de otra persona. El juicio penal es promovido por el magistrado, que también pertenece a la magistratura ordinaria, del departamento del fiscal (articulo 107, último párrafo, Constitución). El juicio civil puede ser promovido por cualquier sujeto público o privado, que es definido actor, contra otro sujeto, que adquiere la cualificación de destinatario de la demanda, definido demandado. Los jueces civiles y penales están disciplinados por dos distintos conjuntos de normas de procedimiento: código de procedimiento civil y el código de procedimiento penal. El proceso civil ha sido parcialmente modificado por una Ley de 1990 (la n. 353, de 26 de novimebre), a partir de 30 de Abril de 1995, con la finalidad de acelerar y hacer más efectivo su desarrollo.La estructura actual regula la actividad procesual en sesiones dedicadas, respectivamente, a la comprobación de la constitución regular de la relación procesual, al desarrollo del pleito y al intento de conciliación, a la instrucción probatoria, a la discusión final y a la decisión. El código de procedimiento penal, en cambio, fue totalmente reformado en 1988, cuando se pasó de un sistema con características inquisitorias a uno tendencialmente de acusación, inspirado, entre otros, a los principios de la paridad entre fiscal y defensa, y de la formación oral de la prueba ante el juez en audiencia pública (V. Ley 81/1987, de 16 de febrero; ley de delegación para la formulación del nuevo código de procedimiento penal). Después de numerosas intervenciones normativas, que han ido atenuando la característica acusatoria del procedimiento para responder a exigencias de defensa social de la criminalidad organizada, la reciente modificación del art. 111 de la Constitución, con Ley Constitucional n. 2/1999, de 23 de Noviembre, ha reafirmado expresamente el principio de inspiración acusatoria de la formación de la prueba en confrontación, y ha hecho indefectible la tutela del derecho a la prueba por parte del acusado. La reforma del art. 111 de la Constitución concierne a todo juicio, al civil como al penal, y también al administrativo o contable, en la parte en que eleva a garantía expresa la regla del proceso justo, segun la cual todo juicio debe desarrollarse en confrontación entre las partes, en condiciones de igualdad, ante un juez tercero e imparcial, y debe tener una duración razonable. El derecho a la duración razonable del juicio ha sido reconocido expresamente con la Ley 89/2001, de 24 de marzo,que concede a las partes, cuando no sea respetado, el derecho de pedir al Estado una justa indemnización pecuniaria. *** La jurisdicción ordinaria es administrada por jueces “profesionales” y por “jueces honorarios”, que forman el orden judicial (art. 4 del R.D. 12/1941, de 30 de enero). En particular, el orden judicial estaba constituído por los auditores judiciales, por los jueces de cualquier clase de los juzgados menores (“pretura”), de los Tribunales y de los Tribunales de Apelación y de Casación, y por los magistrados del fiscal. Pertenecían también al orden judicial, como magistrados honorarios, los jueces conciliadores y los viceconciliadores (figuras hoy suprimidas y que siguen actuando hasta la extinción del cuerpo). La magistratura honoraria, hoy en día, está integrada por los jueces de paz (ley n. 374/1991, de 21 de noviembre; Decreto del Presidente de la República n. 404/1992, de 28 de agosto), a quienes se ha atribuido la competencia, enel sector civil y en el penal, en materias sustraídas a la jurisdicción de los jue ces profesionales; por los jueces honorarios agregados (ley n. 276/1997, de 22 de julio; decreto ley n. 328/1998, de 21 de septiembre; convertido en ley n. 221/1998 de 19 de noviembre), que integran las llamadas secciones separadas creadas para la eliminación de los asuntos civiles pendientes a 30 de abril de 1995; por los jueces honorarios de tribunal (llamados g.o.t.), que ayudan en las mesas de juicio, los vice procuradores honorarios (llamados v.p.o), en actividad en las oficinas de instrucción; por los expertos del Tribunal y de la sección de menores del Tribunal de Apelación; por los jueces populares de los Tribunales Penales (ley n. 287/1951 de 10 de abril); por los expertos que componen el Tribunal de Vigilancia (V. artículo 70 de la ley n. 354/1975, de 26 de Julio) y por las secciones especiales agrarias (V. artículos 2-4 Ley n. 320/1963 de 2 de Marzo). Actualmente la justicia, en las materias civil y penal es administrada por: el juez de paz, el Tribunal, el Tribunal de Apelación, el Tribunal Supremo de Casación, el Tribunal de menores, el magistrado de Vigilancia y el Tribunal de Vigilancia (articulo 1 R.D. n. 12/1941, de 30 de enero). Con la reforma sobre el Juez único de primera instancia (D. legs n. 51/1998, de 19 de febrero), se ha procedido a la reestructuración de losdepartamentos judiciales de Primera instancia, mediante la supresión del Departamento del “Pretore” (Juez de Primera instancia para causas menores) y las competencias correspondientes han sido transferidas al Tribunal, que ahora tiene una composición monocrática para los asuntos menores, y una composición colegial para los de mayor complejidad. De la misma manera, se ha eliminado el departamento del fiscal ante el Juzgado de distrito y sus funciones han sido transferidad al Fiscal ante el Tribunal. En la misma perspectiva, los magistrados honorarios en servicio ante el órgano eliminado (Pretura - Juzgado de Primera instancia) han cambiado su denominación de vice juez honorario a Juez honorario del Tribunal. 1.4. Las jurisdicciones especiales. – La Constitución prohíbe la institución de nuevos jueces “extraordinarios o especiales”, permitiendo, en el ámbito de la jurisdicción ordinaria, la creación de secciones especializadas en determinados sectores, caracterizadas por la co-presencia, en el mismo órga no que juzga, de magistrados ordinarios y de ciudadanos idóneos pero ajenos al ordenamiento jurídico (por ejemplo, las secciones especializadas agrarias) (art. 102 Constitución). *** De todos modos, están previstos jueces especiales, como los jueces administrativos, el Tribunal de Cuentas y el juez militar, ya existentes a la entrada en vigor de la Constitución (art. 103 Constitución). *** El Tribunal de Cuentas está compuesto por magistrados contables y, ante el mismo, està constituída una Fiscalía general a la que se han atribuído funciones requerientes. Recientemente, la magistratura contable ha sido reformada estableciendo secciones autónomas jurisdiccionales y requerientes sobre base re gional. El órgano de gobierno autónomo es el Consejo de Presidencia del mismo Tribunal. Además de la competencia en materia de control previo de legitimidad sobre numerosos actos del Gobierno y de otros organismos públicos, y de control posterior sobre la gestión del presupuesto y del patrimonio de las administraciones públicas, al Tribunal de Cuentas se han atribuído los juicios en materia de contabilidad pública, de pensiones, y de responsabilidad de los empleados y funcionarios del Estado o de otros entes públicos. *** Los jueces militares, a los que es atribuída la competencia de juzgar los delitos militares cometidos por quienes pertenecen a las fuerzas armadas, constituyen un orden distinto de la magistratura ordinaria y es administrado por un órgano de gobierno autónomo, el Consejo Superior de la Magistratura Militar. La jurisdicción administrativa es atribuída a un conjunto de entes, dis tintos de la magistratura ordinaria: los Tribunales administrativos regionales, como jueces de primera instancia, y el Consejo de Estado, como juez de segunda instancia. El órgano de gobierno autónomo de los jueces administrativos es el Consejo de la Presidencia de la magistratura administrativa, integrado por el Presidente del Consejo de Estado, cuatro magistrados en servicio del Consejo de Estado, seis magistrados en servicio de los Tribunales administrativos regionales, y por miembros laicos, es decir cuatro ciudadanos, dos elegidos por la Cámara de Diputados, y dos por el Senado de la República, con mayoría absoluta, entre los catedráticos en materias jurídicas o entre los abogados con veinte años de ejercicio de la profesión. El órgano está integrado también por miembros suplentes, elegidos entre los magistrados del Consejo de Estado y de los Tribunales Administrativos Regionales. La composición actual, con la presencia de miembros laicos, se debe a la reciente modifica ción del art. 7 de la Ley n. 186/1982, de 27 de Abril, que establece el orde namiento de la jurisdicción administrativa, dispuesta por la Ley n. 205/2000, de 21 de Julio, y en especial por el art. 18. El juez administrativo ejerce el control de legitimidad (y no de evalución, entendido en el sentido de oportunidad) de las actas administrativas: el recurso ante el órgano de justicia administrativa tiene el objeto de obtener la anulación jurisdiccional del acto administrativo que se presume viciado por incompetencia, violación de la ley o exceso de poder. En línea general, el área de competencia de la jurisdicción ordinaria y de la administrativa es individuada mediante referencia a la posición subjetiva -derecho subjetivo e interés legítimopresentada en el juicio: la jurisdicción administrativa (con excepción de algunas materias reservadas a la jurisdicción exclusiva del juez administrativo, que recientemente han sido incrementadas por la Ley n. 205/2000, de 21 de Julio) es el juez del interés legítimo. Normativa de referencia – Constitución, artículos 90, 101 - 113, 134-137 – R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero. – ley n. 374/1991, de 21 de Noviembre. – D.Lgs. n. 51/1998 de 19 de Febrero, artículos 1- 48 – L.n. 186/1982, de 27 de Abril, art.7 – L. 205/2000, de 21 Julio, art. 18 – L. n. 89/2001, de 24 de Marzo. 2. LA POSICIÓN CONSTITUCIONAL DE LA MAGISTRATURA ORDINARIA. 2.1. Independencia y autonomía. – Según la Constitución, la magistratura es un órgano autónomo e independiente de cualquier otro poder (artículo 104 Constitución). La autonomía concierne la estructura organizzativa. Esta se realiza con respecto al poder ejecutivo, puesto que la independencia de la magistratura se vería comprometida si las disposiciones sobre la carrera de los magistrados y, más en general, el status fueran atribuídos al poder ejecutivo. La Constitución, en cambio, ha atribuído a un órgano de gobierno autónomo la administración del personal de la magistratura (traslados, ascensos, asignación de funciones y sanciones disciplinarias) (art. 105 de la Constitución): el Consejo Superior de la Magistratura es por lo tanto el garante de la independencia de la magistratura. La autonomía se realiza también ante el poder legislativo, en el sentido de que los jueces están sujetos únicamente a la ley (artículo 101 Constitución). La independencia es relativa al aspecto funcional de la actividad jurisdiccional. Esta no se refiere al orden en su conjunto – garantizado a través de la autonomía, en los términos ya mencionados – sino al juez en el momento del ejercicio de la jurisdicción. La independencia se deriva y se aplica en relación con el otro principio constitucio nal de la sumisión del juez sólo a la ley, principio que concreta la relación de derivación de la jurisdicción de la soberanía popular. *** Independencia y autonomía son principios que la Constitución recono ce también al Fiscal (artículos 107 y 112 Const.), en particular allí donde se prevee la obligatoriedad de la acción penal. Es precisamente la obligatoriedad de la acción penal la que concurre a garantizar, no sólo la independencia del Fiscal en el ejercicio de su función, sino también la igualdad de los ciudadanos ante la ley penal. La autonomía y la independencia del fiscal presentan, por otra parte, características peculiares referentes a las relaciones “internas” del Departamento, debiéndose considerar el carácter unitario de éste y el poder de ordenación que debe reconocerse al jefe del Departamento en relación con sus sustitutos (V. R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, art. 70). 2.2. Inamovibilidad. – Los magistrados gozan también de la garantía de inamovibilidad. La independencia del juez, en efecto, podría ser gravemente comprometida por la posibilidad de exención del servicio o de traslado de una a otra sede. Para evitar estas eventualidades, la Constitución prevé que la suspensión, la exención y el traslado del magistrado sean decididos solamente por el Consejo Superior de la Magistratura, o con su aprobación, o por motivos y con las garantías de defensa previstos por la ley del ordenamiento judicial. Por norma, pues, el magistrado puede ser trasladado a otra sede o encargado de otras funciones sólo con su consenso, y previa decisión del Consejo Superior de la Magistratura. Esta medida es adoptada tras el resultado de una oposición entre los candidatos que inicia con la publicación de las sedes vacantes y la predisposición de un escalafón que tiene en cuenta: la antigüedad, motivos de familia o de salud, y las capacidades (la disciplina del sector se encuentra en una circular dictada por el órgano de autogobierno: circular de 30 de noviembre de 1993, n. 15098, y posteriores modificaciones). ** * Las hipótesis en las que se permite excepcionalmente el traslado de oficio son taxativas. A este propósito, además de la hipótesis de la primera asignación de las funciones a los auditores judiciales, hay que señalar aquellas en que el traslado de oficio tiene la finalidad de satisfacer, de oficio, el interés de la administración en cubrir determinados puestos de la plantilla: V. en particular los artículos 4 y siguientes de la ley n. 570/1966, de 25 de julio, y posteriores modificaciones, relativos a la cobertura de oficio de los puestos de magistrado del Tribunal de Apelación que carecen de candidatos; el articulo 10 de la ley n. 831/1973, de 20 de diciembre, en materia de asignación de oficio de las funciones de casación; los artículos 3 y siguientes de la ley n. 321/1991, de 16 de octubre, y posteriores modificaciones, en materia de traslado de oficio a las sedes vacantes no solicitadas; y el artículo 1 ley n. 133/1998, de 4 de Mayo, relativa a la cobertura de las sedes incómodas de la Italia meridional e insular, que se distinguen por ser poco solicitadas y siempre vacantes. Además se prevé como facultad del C.S.M. el poder de traslado oficioso de los magistrados, además de en el caso de supresión de la sede a la que pertenezca el magistrado (art. 2, apartado III, Real Decreto Lgtvo. núm. 511/46), “cuando por cualquier tipo de causa ajena a su responsabilidad no puedan, en la sede que ocupan, desarrollar sus funciones con independencia e imparcialidad” (art. 2, apartado II, Real D. Lgtvo. núm. 511/46); en este caso, la derogación del principio de inmovilidad está justificada por la exigencia, que se entiende preferente, de asegurar a un magistrado en la sede en la que desarrolla sus funciones el ejercicio independiente e imparcial de la jurisdicción, que sería, sin embargo, perjudicado por su permanencia en aquella sede. Es importante precisar que para este traslado oficioso se precisa solamente que se dé la situación objetiva del impedimento para el ejercicio de las funciones en una determinada sede, prescindiendo de cualquier otra causa por la que sea imputable una culpa del magistrado. El traslado se adopta tras un procedimiento administrativo que, aún siendo originado por los informes de los dirigentes de las sedes o por los escritos presentados por los ciudadanos, se tramita todo dentro del C.S.M. y pone en marcha un procedimiento administrativo que se perfecciona definitivamente con la asignación de una nueva sede al magistrado; contra tal procedimiento el magistrado podrá recurrir ante la justicia administrativa. La previsión de este traslado por incompatibilidad ambiental sin culpa alguna, se diferencia sea del traslado de oficio, entendido como sanción disciplinar prevista en el art. 13, apartado 1 del D.Lgtvo. núm. 109/2006, sea por la medida cautelar y provisional prevista en el art. 13, apartado 2 del D.Lgtvo. núm. 109/2006 dentro de un procedimiento disciplinar contra el magistrado, cuando subsistan graves elementos para actuar de forma disciplinaria e intervengan motivos de cierta urgencia. En el primer caso, la sanción se produce tras la comprobación de una responsabilidad culpable (y, por lo tanto, se reconoce dicha culpabilidad) con carácter disciplinar para el magistrado tras un procedimiento jurisdiccional contra él, que concluye con una sentencia de la Sección Disciplinar del C.S.M., recurrible en las Secciones Unidas del Tribunal Supremo. En el segundo caso, el traslado de oficio se estructura como una verdadera medida cautelar dentro del procedimiento disciplinar contra el magistrado, anticipadora de una futura condena; ésta se promueve por el Ministerio Fiscal General del Tribunal Supremo y se decide, a través de un procedimiento interno, por orden de la sección disciplinar del C.S.M., siendo recurrible ante el Tribunal Supremo. 2.3 Imparcialidad y preconstitución. – El ordenamiento constitucional dispone ulteriores garantías para la función jurisdiccional. En particular, a través de la previsión del principio de preconstitución del juez por ley (art. 25 Cons titución) por un lado se dispone una reserva de ley absoluta en materia de competencia del juez, prohibiéndose al mismo tiempo que la competencia pueda ser determinada por fuentes secundarias o por disposiciones no legislativas; por otro lado se prescribe la individualización del juez competente con referencia a la situación anterior al hecho que debe juzgarse, impidiendo que el juez pueda ser localizado ex post . Con el principio del juez natural precons tituído por ley se asegura, al mismo tiempo, la imparcialidad de quien ejerce la función jurisdiccional. Como consecuencia y complemento de los citados principios constitucio nales, se ha citado la disciplina del ordenamiento judicial relativa a la formación de las tablas de los departamentos judiciales, vuelta a disciplinar el destino de cada magistrado y la asignación de los expedientes (V. art. 7 y siguientes del R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero; V. además la disciplina del sector introduci-da por el C.S.M.: por último, con circular n. 8873/1997, de 21 de Mayo). No contradicen los principios de imparcialidad y preconstitución los institutos de la aplicación (V. en particular, el art. 110 del R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, y la normativa de aplicación incluída en la circular del C.S.M. n. 7704 de 2 de Mayo de 1991) y de la suplencia (V. en particular, los artículos 97, 105 y 109 del R.D. n. 12/1941,citado y la disciplina de aplicación que se encuentra en la circular del C.S.M. n. 7704 de 2 de Mayo de 1991): a través de los cuales se tiende a superar las eventuales carencias de los departamentos judiciales a través de la utilización de otros magistrados ordinariamente en servicio en otros departamentos o en el mismo, pero con distintas funcio nes. A este propósito, hay que señalar la reciente ley n. 133/1998, de 4 de Mayo, que contempla importantes novedades con la finalidad de mejorar el servicio justicia. Entre éstas, especial relieve adquiere la previsión de las “tablas infradistrituales” de los Departamentos judiciales. Dichas tablas no se sustituyen a las normalmente previstas en cada Departamento (V. art. 7 bis del R.D. n. 12/1941, citado), sino que aquellas se suman de manera que se permite una utilización más dúctil y amplia de los magistrados en más de un Departamento judicial (los “englobados” en el ámbito del mismo distrito), también a través del recurso a los institutos, igualmente innovadores, de “coasignación ” del mismo magistrado a más Departamentos judiciales, y de la “suplencia entre distritos” (V. art. 6 de la ley citada) Se trata de institutos totalmente asimilables a los ya citados, de la aplicación y la suplencia, a través de los cuales el legislador tiende a construir un sistema aún más eficiente para poder ampliar las aún frecuentes carencias de las plantillas y/o los percances de los magistrados titulares, ampliando, cuantitativa y cualitativamente, la posibilidad de utilización del personal presente en plantilla. Y siempre con la perspectiva de remediar a las dificultades de organización de los Departamentos judiciales, consecuencia de las ausencias temporales de magistrados, la reciente L. 48/2001, de 13 de Febrero, que ha reformado el sistema de acceso a magistratura y ha incrementado la plantilla en mil unidades, en cada Tribunal de apelación ha instituído la plantilla orgánica de los magistrados de distrito, que serán destinados a la sustitución de los magistrados del distrito en casos de ausencia. Los supuestos en que es permitido recurrir al magistrado de distrito son los de ausencia por excedencia por enferme dad, u otra causa; por abstensión obligatoria o facultativa por embarazo o maternidad, o por las demás hipótesis disciplinadas por la L. 53/2000, de 8 de Marzo (que dicta normas para sostener la maternidad y la paternidad); por traslado a otro Departamento, cuando no se proceda simultáneamente al traslado de otro magistrado en el puesto que ha quedado vacante; por suspensión prudencial del servicio cuando sea pendiente un procedimiento penal o disciplinario; por dispensa de las funciones judiciales en caso de inclusión en la Comi sión examinadora de las oposiciones para auditor judicial. La consistencia numérica de la plantilla de los magistrados de distrito es determinada con Decreto del Ministro de Justicia, oído al Consejo Superior de la Magistratura, en relación con la medias estadísticas de las ausencias por distrito en el trienio anterior a la entrada en vigor de la Ley, y queda sujeta a revisión bienal, siempre en base a las medias estadísticas de las ausencias en el bienio anterior. 2.4. Obligatoriedad de la acción penal. – La garantía de independencia del fiscal es asegurada también a través de la previsión de la obligatoriedad del ejercicio de la acción penal (artículo 112 Constitución). Este principio debe entenderse en el sentido de que, adquirida la noticia del delito, el fiscal está obligado a desarrollar investigaciones y tiene la obligación de someter al juez el resultado de las mismas, formulando las relativas instancias. Ello tanto en el caso de que quiera pedir que se proceda a la archivación, una vez considerada infundada la noticia del delito, como en el supuesto de que considere que hay que proceder a cargo de un determinado sujeto en orden a una específica hipótesis de delito. Como se ha dicho, la obligatoriedad de la acción penal concurre en garantizar no sólo la independencia del fiscal en el ejercicio de su función, sino también la igualdad de todos los ciudadanos ante la ley penal. Normativa de referencia: – R.D.Lgs. 511/1946, de 31 de Mayo. – L. n. 48/2001, de 13 de febrero, art. 1 y 4-8 3. EL CONSEJO SUPERIOR DE LA MAGISTRATURA. 3.1. Atribuciones. – El C.S.M.es el órgano de gobierno autónomo de la magistratura ordinaria al que competen, según las normas del ordenamiento judicial, las contrataciones, las asignaciones y los traslados, los ascensos y las medidas disciplinarias, para con los magistrados (V. art. 105 Constitución) (para la constitución y funcionamiento del C.S.M., V. ley 195/1958, de 24 de Marzo y Decreto del Presidente de la República n. 916/1958 de 16 de Septiembre; y el reglamento interno aprobado por el mismo órgano de autogobierno). 3.2. Composición. – La Constitución (art.104) prevé que el C.S.M. esté formado por tres miembros de derecho: el Presidente de la República, que preside también el órgano, el Presidente del Tribunal Supremo y el Ministerio Fiscal General del Tribunal Supremo. Por lo que respecta a los componentes que pueden ser electos, la Constitución no hace indicación de su número, pero determina que dos de sus tercios sean elegidos de entre todos los magistrados ordinarios y de entre sus diferentes categorías (denominados miembros togados) y un tercio por el Parlamento en sesión ordinaria, elegidos entre los profesores ordinarios universitarios de materias jurídicas y entre los abogados con más de quince años en el ejercicio de la profesión (denominados miembros laicos). La propia Constitución prevé que la duración en el cargo de los componentes elegidos sea de cuatro años y que éstos no sean inmediatamente reelectos. Entre los componentes laicos, el Consejo debe elegir un Vicepresidente, que, además de presidir la Asamblea plenaria (en ausencia del Presidente de la República o por autorización de éste), preside el Comité de Presidencia, al que se le atribuyen tareas de promoción de las actividades del Consejo, de actuación de los acuerdos del C.S.M. y de gestión de los fondos del balance, teniendo en cuenta que el Consejo goza de autonomía contable y financiera. Por lo tanto, es la ley ordinaria la que determina sea el número de componentes que han de elegirse sea las modalidades de su elección. Actualmente, la Ley 44/2002 (que ha modificado el art. 1 de la Ley nº. 195/58) fija en 24 el número de componentes que pueden elegirse, de los que 16 son miembros togados y 8 laicos; éstos últimos son elegidos por el Parlamento en sesió n ordinaria por votación secreta y por mayoría de tres quintos de los componentes de la asamblea en las dos primeras votaciones, mientras que en la tercera votación es suficiente con que sea por mayoría de los tres quintos de los votantes. Los componentes que han de elegirse entre los miembros togados se reparten de la siguiente forma: dos de entre los magistrados del Tribunal Supremo (juzgadores y requirentes), que ejerciten las funciones de legitimidad; cuatro de entre los magistrados que ejerciten funcio nes requirentes en la jurisdicción ordinaria y los otros diez entre los que ejerciten funciones juzgadoras entre los magistrados ordinarios. La elección de los componentes togados se produce a través de un sistema de mayorías en un colegio único nacional para cada una de las categorías de magistrados a elegir, como supra indicado, y se basa en categorías individuales, presentadas por un número de magistrados que no sea inferior a veinticinco y que no sea superior a cincuenta. Cada elector recibe tres papeletas para cada uno de los tres colegios únicos nacionales y emite su voto para un solo magistrado para cada una de las categorías de magistrados: legitimidad y ordinarios, juzgadores y requirentes. La comisión central electoral, constituida en el Tribunal Supremo, hace el recuento de votos, determinando el total de los votos válidos y de las preferencias para cada candidato. Se elegirán los candidatos que hayan obtenido el mayor número de votos en número par al de los escaños asignados a cada colegio (o categoría de magistrados). 3.3. Posición constitucional del C.S.M. – En cuanto a la posición del Consejo, el Tribunal Constitucional ha afirmado que se trata de un órgano que, si bien desarrolla funciones objetivamente administrativas, no es parte de la Administración Pública, ya que es ajeno al conjunto organizativo que hace referencia directamente o al Gobierno del Estado o al de las Regiones. En relación con las funciones que se le han atribuído por parte de la Constitución, el Consejo ha sido definido “ó rgano de seguro relieve constitucional”. Dichas funciones, que se pueden definir como de “adminis tración de la jurisdicción”, conciernen, en primer lugar, a la gestión del personal de la magistratura y se realizan a través de las contrataciones, asignaciones y traslados, ascensos y medidas disciplinarias referidas a los magistrados. Conciernen, por otra parte, también la organización de los Despartamentos judiciales, de modo que quede asegurado y garantizado que cada magistrado, en el ejercicio de sus funciones, esté sujeto “sólo a la ley”. Bajo este último aspecto, es de subrayar que el Consejo Superior, a propuesta de los presidentes de los Tribunales de Apelación, y oídos a los Consejos judiciales, aprueba cada dos años las tablas de composición de los Departamentos judiciales de cada distrito y simultáneamente aprueba los criterios objetivos y predeterminados para la asignación de los asuntos a cada uno de los jueces. El Consejo, por tanto, ocupa una posición de vértice en la estructura burocrática enc argada de la administración de la jurisdicción y en la que colaboran también los Consejos judiciales y los jefes de cada Departamento deliberante y de instrucción. 3.4. Actividad paranormativa del C.S.M. – La ley de creación reconoce al Consejo la potestad de adoptar actos paranormativos que pueden clasificar se en tres categorías: a) reglamento interno y reglamento de administración y contabilidad, ambos previstos por la ley; son actos normativos secundarios, reconocidos a todo órgano político administrativo constitucionalmente relevante, vueltos a disciplinar la organización y el funcionamiento del Consejo; b) reglamento para las prácticas de los auditores judiciales, también previsto por la ley de creación y vuelto a disciplinar la duración y las modalidades de desarrollo de las prácticas de los magistrados que acaban de ingresar en la carrera; c) circulares, resoluciones y directivas: las primeras pueden ser asimilidas a la función esencial de autodisciplinar el ejercicio de la discrecionalidad administrativa que la Constitución y las leyes ordinarias reconocen al órgano de autogobierno; las demás son asimilables a la función de proponer y actuar la aplicación de normas de ordenamiento judicial según una interpretación sistemática de las fuentes. Normativa de referencia: – L. 195/1958, de 24 de Marzo. 4. EL ACCESO A LA MAGISTRATURA ORDINARIA. 4.1. Las oposiciones. – El acceso a la magistratura profesional se produce mediante concurso público según lo previsto en el art. 106, apartado I de la Constitución; la disciplina del acceso a la magistratura profesional (concurso para Magistrado ordinario) ha sido objeto, sobre todo en los últimos años, de diversas intervenciones legislativas que, por un lado, querían reducir los plazos de los procedimientos concursales y, por otro, requerían una mayor cualificación de los candidatos al concurso, para cuya participación se precisaba inicialmente sólo la licenciatura en derecho. El D. Lgtvo. núm. 398/97 ha sustituido entonces en las Universidades de las Escuelas de especialización para las profesiones legales con el objetivo de completar la formación de aquellos que, habiendo conseguido la licenciatura en jurisprudencia, entendiesen específicamente ejercitar las profesiones de magistrado, abogado y notario; dic has Escuelas, cuya institución efectivamente ha intervenido a partir del Año Académico 2001-2002, expidiendo a la finalización del curso de estudios bienales un diploma que constituye un requisito para la admisión al concurso de magistratura y tienen el objetivo claro de promover una formación común entre los sujetos destinados a interactuar en la futura explicación de las así denominadas actividades profesionales. En el período transcurrido entre la entrada en vigor de la ley y la efectiva creación de las Escuelas de especialización, con el fin de racionalizar y de acelerar los procedimientos concursales, cribando la heterógenea platea de candidatos en el concurso de acceso a la magistratura, se ha introducido una prueba preliminar (posterior respecto a las pruebas escritas y orales), realizada utilizando instrumentos informáticos y teniendo por objeto preguntas con diferentes opciones de respuesta sobre materias ya vistas en las pruebas escritas. Una vez creadas las Escuelas de especialización, cuyo acceso es por numeros clausus con una selección basada en pruebas informáticas y en los curricula de los aspirantes, la prueba preliminar ha sido eliminada para el nuevo acceso a la magistratura delineado por la Ley nº. 48/2001, que, para acelerar el procedimiento de corrección de los exámenes ha creado la figura de los “correctores externos”, en realidad jamás ha sido puesta en marcha porque precisaba un reglamento de actuación de la disciplina, que no ha sido emanado; en este caso, la ley ha previsto que las pruebas escritas para el concurso de la magistratura estén precedidas por la prueba preliminar informática y esto es cuanto hasta el momento se ha realizado. El concurso para magistrado ordinario, publicado por el Ministerio de Justicia por acuerdo del C.S.M., que determina el número de puestos que han de proveerse por concurso, se basa en tres pruebas escritas: derecho civil, penal y administrativo (con carácter transitorio la Ley núm. 48/2001 ha previsto la publicación de tres concursos con la celebración solamente de dos pruebas escritas entre las indicadas, que se han determinado por sorteo efectuado en el mismo día de la realización de las pruebas escritas); luego, hay un examen oral sobre las materias que ya han sido objeto de las pruebas escritas (en el derecho civil se han introducido también elementos fundamentales de derecho romano), a las que se añaden el procedimiento civil y penal, el derecho administrativo, constitucional, tributario, del trabajo, de la seguridad social, comunitario, internacional y elementos de informática jurídica. El tribunal examinador, nombrado por el C.S.M. diez días antes del inicio de las pruebas escritas (o de la preselección informática) está presidido por un magistrado del Tribunal Supremo idóneo para ser posteriormente evaluado a efectos del nombramiento para funciones directivas superiores, que ejercita funciones de legitimidad, y está formado por un magistrado de cualificación no inferior a la de ser nombrado idóneo a efectos del nombramiento a magistrado del Tribunal Supremo, con funciones de vicepresidente; por veintidós magistrados con cualificación no inferior a la de un magistrado de apelación; así como, por ocho docentes universitarios en materias jurídicas. La graduación formada por el tribunal, en base a la suma total de los votos atribuidos en cada prueba a cada uno de los candidatos, se aprueba por el C.S.M. A los ganadores del concurso se les nombra magistrados ordinarios y se les asigna una sede judicial de primer grado, que sea sede de Tribunal de Apelación, para llevar a cabo el período de aprendizaje, regulado por el Decreto del Presidente de la República de 17 de julio de 1998; dicho período consiste en asistir y colaborar en las actividades judiciales desarrolladas por los magistrados, a los que el magistrado ha sido asignado, en los sectores civil y penal sea como jueces momocráticos o colegiados, sea como ministerios fiscales; sin que falte, sin embargo, también una actividad de formación de tipo teórico con la organización de encuentros de estudio reservados a los magistrados ordinarios y desarrollados sea en la sede central del C.S.M., sea fuera de ella por parte de los Consejos judiciales y de los referentes para la formación de distritos (que son nombrados cada bienio por el C.S.M.). La duración del período de aprendizaje no puede ser, normalmente, inferior a dieciocho meses y está subdividido en un período de aprendizaje “ordinario”, de duración no inferior a trece meses, y de un período de aprendizaje “encaminado” para el período restante; éste último se orienta hacia la elección de la sede por parte del magistrado y, por lo tanto, se dirige a ejercitar la práctica de la específica actividad judicial que el magistrado tendrá que, de allí a poco tiempo, tendrá que desarrollar en la sede a la que será destinado. El aprendizaje es dirigido, coordinado y controlado por el C.S.M., que emplea para tal fin a los órganos colegiales districtuales, los Consejos judiciales y los tribunales creados en estos organismos para su organización, en concreto. El aprendizaje trata de asegurar la formación profesional del magistrado ordinario y comprobar su idoneidad para el ejercicio de las funciones judiciales. 4.2. El nombramiento directo. – La Constitución prevé, como excepción al reclutamiento por oposición, el nombramiento directo “por méritos insignes” a consejeros de casación de catedráticos de materias jurídicas y de abogados con quince años de ejercicio e inscritos en los colegios especiales para las jurisdicciones superiores (articulo 106 Const.). A la disposición se ha dado aplicación recientemente con L. 303/1998, de 5 de Agosto, y a este propósito se ha dictado la circular del C.S.M. P.-99- 03499 de 18 de Febrero de 1999. Normativa de referencia – R.D. 12/1941, de 30 de Enero, art. 121-130 – L. 127/1997, de 15 de Mayo, art. 17, párrafos 113 y 114 – D.P.R. de 17 de Julio de 1998. – D.Lgs. 398/1997, de 17 de Noviembre. – L. 48/2001, de 13 de Febrero 5. LA CARRERA DE LOS MAGISTRADOS ORDINARIOS. La progresión en las carreras es única para los magistrados deliberantes y para los de instrucción. Para pasar de una a otra función es necesario solamente una evaluación de aptitudes. Los auditores judiciales, después del período de formación, pueden ser destinados a puestos de la jurisdicción de primera instancia. El C.S.M. predispone una lista de sedes vacantes, convoca a los auditores que indican sus preferencias según el orden de la graduación de la oposición y según los eventuales títulos preferenciales que posean. En cuanto a la progresión en la carrera, hay que recordar que el ordenamiento judicial de 1941 preveía que a las funciones “superiores” (segunda instancia y Casación) pudiera accederse sólo a través de oposiciones y eva luaciones. La entrada en vigor de la Constitución, y en particular del art. 107 párrafo 3, según el cual “los magistrados se distinguen entre sí sólo por la diversidad de las funciones” ha comportado una sustancial revisión de la materia. Con una serie de leyes posteriores (L. n. 570/1966, de 25 de Julio sobre el nombramiento a magistrado de Tribunal de Apelación; L. n. 831/1973, de 20 de Diciembre, sobre el nombramiento a magistrado de Casación), en efecto, se ha suprimido el avance en la carrera por oposiciones y evaluaciones, y se ha introducido un avance automático, por antigüedad, salvo demérito. El sistema, por tanto, resulta estructurado de la siguiente manera: la antigüedad necesaria para el nombramiento a magistrado de tribunal es de dos años a partir de la de auditor con funciones (V.L. 97/1979, de 2 de Abril); después de once años de funciones, los magistrados de tribunal pueden ser nombrados magistrados de Tribunal de Apelación (L. 570/1977, de 25 de Julio); la antigüedad exigida para la declaración de idoneidad al nombramiento de magistrado de Casación es de siete años desde el nombramiento a magistrado de Apelación; después de otros ocho años, los magistrados pue den ser declarados idóneos para el nombramiento a las funciones directivas superiores (L. 831/1973, de 20 de diciembre). El avance, después de haber alcanzado la antiguedad necesaria, es decidido por el C.S.M, tras parecer del Consejo judicial competente. En caso de declaración desfavorable, el magistrado es sometido a nueva evaluación después de un determinado periodo de tiempo. El sistema vigente se funda sobre la disociación de las calificaciones y de las funciones, en el sentido de que el avance en las calificaciones es independiente de la efectiva atribución de un puesto correspondiente a la calificación obtenida. Por ejemplo, para ser efectivamente asignado a una función de apelación (como la de consejero del Tribunal de Apelación) el magistrado debe haber conseguido efectivamente el nombramiento a la calificación de apelación; por el contrario, un magistrado de apelación o un magistrado que haya obtenido la declaración de idoneidad para el nombramiento a magistrado de casación puede continuar en el puesto que ocupa – aunque corresponda a una calificación inferior – sin limites de tiempo. Es más, recientemente ha sido introducida la posibilidad de la llamada reversibilidad de las funciones, permitiendo a los magistrados asignados a funciones de legitimidad o de apelación de ser destinados, a petición propia, respectivamente, a funciones de mérito o a cualquier otro departamento con funciones de mérito, aunque corresponda a la calificación de magistrado de tribunal (art. 21 sexies D.L. 306/1992, de 8 de Junio, convertido en L. 356/1992, de 7 de Agosto). La única consecuencia inmediata de la progresión en la carrera es el diferente tratamiento económico. Normativa de referencia: – L. 570/1966, de 25 de Julio. – L. 831/1973, de 20 de Diciembre. – L. 97/1979 de 2 de Abril. 6. LOS DIRIGENTES DE LOS DEPARTAMENTOS JURÍDICOS. El Presidente del Tribunal de Casación, el Procurador general cerca del mismo tribunal y los magistrados dirigentes de los departamentos jurídicos de primera y segunda instancia, deliberantes y de instrucción, dirigen los departamentos, desarrollando tareas de “administración de la jurisdicción” en el respeto de las directivas del Consejo, y “funciones administrativas” instrumentales respecto al ejercicio de las funciones judiciales. La atribución de las funciones de dirección es deliberada por el C.S.M., previo acuerdo con el Ministro de Justicia (V art. 11 de la L. 195/1958, de 24 de Marzo; art. 22 del Reglamento interno del C.S.M). Los criterios en base a los cuales son elegidos los dirigentes, son las aptitudes, el mérito y la antigüedad, oportunamente integrados entre sí. La eva luación comparativa de los candidatos tiene la finalidad de poner al frente del Departamento al candidato más idóneo, habida cuenta de las exigencias de funcionalidad y eventualmente de particulares situaciones ambientales (V. Circular del C.S.M. n. 13000, de 7 Julio de 1999). Para la asignación de los cargos de vértice del Tribunal de Casación y del Tribunal Superior de las Aguas Públicas, el procedimiento de evaluación comparativa queda circunscrito a los magistrados que, en los últimos quince años, hayan sido titulares de cargos directivos superiores por almenos dos años, que hayan ejercido funciones de legitimidad por almenos cuatro años, y que, consultados por el C.S.M., hayan manifestado su disponibilidad (V. Circular n. 13000, de 7 de Julio de 1999, como integrada por la deliberación de 7 de Marzo de 2001). 7. LA RESPONSABILIDAD DISCIPLINARIA DEL MAGISTRADO. 7.1 Los ilícitos disciplinarios - El decreto legislativo núm. 109/2006 relativo a la “Disciplina de los ilícitos disciplinarios de los magistrados y de las relativas sanciones y de los procedimientos para su aplicación” modifica de forma significativa el sistema precedente, que se introduce en el ámbito de la reforma global del ordenamiento judicial aprobada con la ley núm. 150 del 2005. El primer capítulo del decreto legislativo se divide en dos secciones: una, dedicada a los ilícitos disciplinarios de los magistrados y, otra, dedicada a las sanciones disciplinarias. Los ilícitos disciplinarios se dividen en dos categorías: por un lado, las hipótesis de ilícitos cometidos en el ejercicio de las funciones judiciales y, por otro lado, las hipótesis de ilícitos cometidos fuera del ejercicio de las funciones. La disciplina sustancial se caracteriza por una tendencial tipificación de los ilícitos disciplinarios de los magistrados, sea por las conductas inherentes al ejercicio de las funciones judiciales, sea por aquellas ajenas a éstas, sin la previsión de normas de cierre. El primer artículo del citado decreto legislativo está dedicado a los “deberes del magistrado” y prevé un listado detallado de los deberes fundamentales a los que deben atenerse los magistrados en el ejercicio de las funciones judiciales. Se trata de principios y valores deontológicos esenciales para quien ejercita la función judicial y recalca deberes ampliamente reconocidos en la elaboración doctrinal y jurisprudencial. Se nombran, por lo tanto, el deber de imparcialidad, corrección, diligencia, laboriosidad, discreción, equilibrio así como de respeto de la dignidad de la persona como principios fundamentales que han de observarse en el ejercicio de las funciones de magistrado. El art. 2 del decreto legislativo contiene un listado detallado y taxativo de hipótesis de ilícitos disciplinarios en el ejercicio de las funciones, mientras que el art. 3 prevé una serie de conductas que están fuera del ejercicio de las funciones que pueden dar vida a un procedimiento disciplinar. Teniendo en cuenta que jamás pueden dar lugar a responsabilidades de carácter disciplinar las actividades de interpretación de las normas de derecho y las de valoración del hecho y de las pruebas, se identifican 25 hipótesis que constituyen hechos típicos de ilícitos cometidos en el ejercicio de las funciones; se indican, a efectos de meros ejemplos, los comportamientos que, violando los deberes del magistrado, provocan un daño injusto o una indebida ventaja a una de las partes; o bien, la omisión de comunicar al Consejo Superior de la Magistratura la subsistencia de una de las situaciones de incompatibilidad por parentesco en base a los arts. 18 y 19 del ordenamiento judicial, así como la consciente inobservancia de la obligación de abstención; así como también los comportamientos habitualmente o gravemente incorrectos contra las partes, sus defensores, sus testigos o frente a cualquiera que tenga relaciones con el magistrado en el ámbito de la sede judicial; o bien, frente a otros magistrados o colaboradores; la interferencia injustificada en la actividad judicial de otro magistrado y la omisión de la comunicación al jefe de la sede por parte del magistrado destinatario de las interferencias producidas, y además la grave violación de ley determinada por ignorancia o negligencia inexcusable y la tergiversación de los hechos determinada por una negligencia inexcusable; y otras muchas de igual relevancia. El art. 3 del decreto legislativo enumera 8 hechos relativos a conductas disciplinarmente relevantes actuadas fuera del ejercicio de las funciones. Se señalan, por ejemplo, el uso de la cualidad de magistrado con el fin de obtener ventajas injustas para sí o para otros; frecuentar persona sometida a un procedimiento penal o de prevención en cualquier caso tratado por el magistrado, o persona que a éstos consta de ser un delincuente habitual, profesional o por tendencia o de haber sufrido condena por delitos no culposos con una pena de reclusión superior a tres años o de estar sometido a medidas de prevención, salvo que se haya producido su rehabilitación; o bien, tener relaciones conscientes de negocios con una de estas personas. Así como la asunción de cargos extrajudiciales sin la autorización expresa del Consejo Superior de la Magistratura; o bien, la participación en asociaciones secretas o cuyos vínculos son objetivamente incompatibles con el ejercicio de las funciones y además la inscripción o la participación sistemática y continuada a partidos políticos; o bien, la implicación en actividades de sujetos que operan en el sector económico o financiero que puedan condicionar el ejercicio de las funciones o, en cualquier caso, comprometer la imagen del magistrado. El art. 4 del decreto identifica además los ilícitos disciplinarios correspondientes al delito, estableciendo una especie de automatismo entre los hechos por los que se ha producido una condena por delito doloso y la acción disciplinar; mientras que para los delitos culposos punidos con la reclusión, es necesario imputarles el carácter de especial gravedad por las modalidades o las consecuencias del hecho. 7.2 Las sanciones disciplinarias - La segunda sección del decreto legislativo fija el aparato sancionador de la reforma de la responsabilidad disciplinar. La ley prevé varias tipologías de sanciones que se adaptan a cada uno de los hechos disciplinarios citados con anterioridad. La ley ha introducido, efectivamente, la aplicación del criterio tale crimen talis poena, como consecuencia obligatoria de la tipificación de los ilícitos. a) b) c) d) e) f) Las diversas sanciones previstas por la ley son: la amonestación, que es una llamada de atención a la observación de los deberes del magistrado; la censura, que es una declaración formal de reprobación; la pérdida de la antigüedad, que no puede ser inferior a dos meses ni superior a dos años; la incapacidad temporal para ejercitar un cargo directivo o semidirectivo, que no puede ser inferior a seis meses ni superior a dos años; la suspensión de las funciones, que consiste en la separación de sus funciones con la suspensión del sueldo y su alejamiento fuera del rol orgánico de la magistratura; la remoción, que implica la cesación total de su actividad y servicio en la judicatura. También, nos encontramos con la sanción accesoria del traslado de oficio que el juez disciplinar puede adoptar cuando inflinge una sanción más grave de la amonestación, mientras que tal sanción posterior se adopta siempre en algunos casos específicamente indicados por la legislación. El traslado de oficio puede también adoptarse como medida cautelar y provisional, allí donde subsistan graves elementos que impliquen la aplicación de la acción disciplinaria y concurran motivos de especial urgencia. 7.3 El procedimiento disciplinario - El procedimiento disciplinario tiene un carácter jurisdiccional y está regulado por las normas del código de enjuiciamiento penal, siempre que sean compatibles. El juez disciplinar es un órgano colegial que se identifica con la Sección disciplinar del C.S.M., compuesta por seis miembros: el Vicepresidente del Consejo Superior, que la preside, y cinco componentes elegidos por el propio C.S.M. entre sus miembros, de los que uno es elegido por el Parlamento, otro es un magistrado del Tribunal Supremo con efectivas funciones de legitimidad y tres son magistrados ordinarios. El procedimiento disciplinario se promueve por el Ministro de Justicia y por el Fiscal General del Tribunal Supremo. El ejercicio de la acción se ha transformado por el Fiscal General de discrecional a obligatorio, mientras que para el Ministro sigue siendo discrecional. La obligatoriedad de la acción disciplinaria se conecta con la elección de la tipificación de los ilícitos, muy cercana a la que opera en el sector de la justicia penal e impone una rigurosa observación del principio de certeza del derecho, tal de eliminar lo más posible cualquier tipo de incertidumbre aplicativa. La ley también ha previsto una cláusula general de irrelevancia disciplinar de la conducta siempre que el hecho sea de “poca relevancia”, cláusula destinada a operar en un plano diferente – aún si es convergente en cuanto a la finalidad – con el poder de archivo de actuaciones en manos del propio Fiscal General. Se le atribuye, efectivame nte, al Fiscal General un poder de autonomía para el archivo de actuaciones cuando el hecho imputado no constituya una conducta disciplinarmente relevante o forme parte de una denuncia no circunstanciada; o bien, que no se encuentre en alguna de las previsiones típicas identificadas por la ley; o bien, por último, si de las investigaciones efectuadas, el hecho resulta inexistente o no cometido. Esta providencia de archivo de actuaciones se transmite al Ministro de Justicia, que en el plazo de diez días puede solicitar copia de las actuaciones y en los sesenta días siguientes solicitar al Presidente de la sección disciplinar que señale una audiencia con discusión oral formulando la inculpación. Las funciones del ministerio fiscal en la audiencia se ejercitan, en todo caso, por el Fiscal General o por su sustituto. Superado el primer estadio, la ley prevé que la acción debe ser promovida en el plazo de un año tras la noticia del hecho, de la que el Fiscal General del Tribunal Supremo tiene conocimiento por la realización de investigaciones sumarias preliminares o por denuncia circunstanciada o por indicación del Ministro de Justicia. Según el decreto legislativo, después, en los dos años siguientes del inicio del procedimiento, el Fiscal General debe formular las peticiones conclusivas y en los dos años siguientes a la petición, la Sección disciplinar del Consejo Superior de la Magistratura debe pronunciarse. La ley además ha establecido que no puede ser promovida ningún tipo de acción disciplinar cuando hayan transcurrido diez años desde que se haya producido el hecho. Debe comunicarse al inculpado el inicio de la acción disciplinar en el plazo de treinta días y el imputado puede ser asistido por otro magistrado o por un abogado. Sucesivamente, las investigacione s son llevadas a cabo por el Fiscal General, que formula sus peticiones enviando el expediente a la sección disciplinar del C.S.M. y da comunicación de ello al imputado. El Fiscal General, si considera no tener que pedir la declaratoria de no ha lugar a proceder, formula la imputación y solicita señalar la vista para la discusión oral. Los momentos de intervención del Ministro de Justicia en el procedimiento disciplinar se identifican, además que en el promover la acción disciplinar con la petición de investigaciones, en la petición de extensión a otros hechos de la acción disciplinar promovida por el Fiscal General, en el poder formular un anexo a la notificación disciplinar en el caso de acción promovida por el Fiscal General y de pedir la modificación de la intimación disciplinar en el caso de que la acción sea promovida por él mismo, en el poder formular la imputación y de pedir de forma autónoma la señalación del juicio disciplinar en todos los casos en los que disienta de la petición de archivo de actuaciones formulada por el Fiscal General. La discusión en el juicio disciplinar se realiza en audiencia pública con la ponencia de uno de los componentes de la Sección disciplinar, la captación de oficio de todo tipo de prueba útil, la lectura de informes, inspecciones, actos y pruebas obtenidas en la instrucción, así como la exhibición de documentos. La sección disciplinar una vez oídas las partes toma una decisión que puede ser impugnada ante las Secciones unidas civiles del Tribunal Supremo, mientras que la sentencia definitiva puede estar sujeta, en cualquier caso, a revisión. Normativa de referencia: – R.D.Lgs. n. 511/1946 − L. 150/05 - D.lgs. 109/06 8. LA RESPONSABILIDAD CIVIL DEL MAGISTRADO. La responsabilidad disciplinaria es consiguiente a la vio lación de los deberes funcionales que el magistrado asume ante el Estado en el momento de su nombramiento. Distinta y ulterior es la responsabilidad civil que el magistrado asume, frente a las partes procesuales u otros sujetos a causa de eventuales errores o inobservancias cometidos en el ejercicio de sus funciones. Esta última forma de responsabilidad, análoga a la de cualquier otro empleado público, halla su fundamento en el artículo 28 de la Constitución. La materia, tras el resultado de una consultación referendaria que ha comportado la abrogación de la disciplina previgente, fuertemente limitativa de los casos de responsabilidad civil del juez, está reglamentada en la actua lidad por la L. 117/1988, de 13 de Abril. Bajo el perfil sustancial, la ley afirma el principio de la resarcibilidad de cualquier daño injusto consiguiente a un comportamiento, acto o disposición de un magistrado, con “dolo” o “culpa grave”, en el ejercicio de sus funciones o bien a consecuencia “de una negativa de justicia” (art. 2). La ley, después de haber puntualmente ilustrado las nociones de “culpa grave” (artículo 2, párrafo 3) y “de una negativa de justicia” (artículo 3), aclara, de todos modos, que no pueden dar lugar a responsabilidad alguna, la actividad de interpretación de normas de derecho y la de evaluación del hecho y de las pruebas (art. 2, párrafo 2): bajo este aspecto, y ante la evidencia, la tutela de las partes es exclusivamente endoprocesual, a través del recurso al sistema de la impugnación de la disposición jurisdiccional que se considera viciada. Mientras que, quedando firme la insindicabilidad en cuanto al mérito de la actividad jurisdiccional, puede haber eventualmente espacio para la responsabilidad disciplinaria del magistrado, cuando, según jurisprudencia constante de la Sección disciplinaria del C.S.M., se haya producilo una anormal o macroscópica violación de la ley o un mal uso de la función judicial. Bajo el perfil procesual, hay que señalar que la responsabilidad para el resarcimiento del daño pesa sobre el Estado, contra el cual el perjudicado puede actuar (art. 4), pero en caso de que se compruebe su responsabilidad. el Estado, en determinadas condiciones, puede valerse sobre el magistrato (art. 7). La acción de responsabilidad y el relativo procedimiento están subordinados a reglas particulares: entre otras, las más significativas, conciernen la subordinación de la posibilidad de proceder, al recurso previo de todos los medios ordinarios de impugnación y demás remedios para modificar o revocar la disposición que se considera causa de daño injusto, y la previsión de un plazo de decadencia para el ejercicio de la acción (art. 4); el exámen de la admisibilidad de la acción, a fines del control de las correspondientes presuposiciones, del respeto de los plazos y de la evaluación de la eventual “falta de fundamento manifiesta” (art. 5); la facultad de intervención del magistrato en el juicio contra el Estado (art. 6). Para garantizar la transparencia y la imparcialidad del juicio, en el sistema se ha configurado el traslado de la competencia sobre las causas de que se trata (artículos 4 y 8), para evitar que tal competencia recaiga en un juez del mismo Departamento en el que presta o ha prestado servicio el magistrato cuya actividad se considera haya provocado un daño injusto. Los criterios para indicar al juez competente han sido modificados recientemente, por la L. 420/1998, de 2 de Diciembre, precisamente para evitar todo riesgo de prejuicio en el conocimiento de las causas de que se trata. Normativa de referencia: – L. 117/1988, de 13 de Abril. 9. LA RESPONSABILIDAD PENAL DEL MAGISTRADO. Bajo el perfil penal es indudable que el magistrado, como funcionario público, puede ser llamado a responder de sus delitos, cometidos basándose precisamente sobre el cargo que ostenta (simplificando: abuso de oficio, corrupción, corrupción en actas judiciales, concusión, omisión de actos de oficio, etc.); así como, paralelamente, puede adquirir la calificación de persona ofendida, junto con el Estado, por los delitos cometidos por privados contra la Administración Pública (la hipótesis típica es la de ultraje y, en especial, la de ofensa a un magistrado en audiencia). A este propósito, hay que recordar que con la L. 420/1998, de 2 de Diciembre, ya citada, se ha reformado profundamente la disciplina de la competencia para los procedimientos relacionados con los magistrados, a fin de garantizar, también bajo el aspecto de la transparencia, la máxima autonomía de juicio a los magistrados que deben juzgar en procedimientos a cargo de otros colegas. Se ha intervenido significativamente, sobre las reglas procesuales penales (art. 11 del Código de procedimiento penal y art. 1 de las disposiciones de aplicación del Código de procedimiento penal), introduciendo un mecanismo de individuación del jue z competente, que pueda evitar el riesgo de las competencias “reciprocas” (o “cruzadas”) que, en el pasado, habían dado lugar a fuertes motivos de perplejidad. Y se ha llenado, sobre todo introduciendo la previsión de un mecanismo análogo para el traslado de competencias en los procedimientos civiles, un vacío que hubiera podido dar lugar a dudas de constitucionalidad no infundadas. A cargo del Departamento de Estudios. SEGUNDA PARTE PROBLEMATICAS DE APLICACION DEL SISTEMA VIGENTE 1. LAS BASES DE LA INDEPENDENCIA Y DE LA AUTONOMÍA DE LA MAGISTRATURA. En nuestro sistema judicial, los principios de la independencia y de la autonomía de los jueces tienen gran importancia. Dicha importancia se deriva de una exigencia conceptual y de una exigencia histórica. En cuanto a la primera, hay que tener en cuenta que Italia forma parte de los sistemas de civil law. De manera muy aproximada, se puede decir que en estos sistemas la ley – es decir la que, en el proceso, adquiere relieve como regla de juicio para resolver el caso – es dictada por otros órganos del Estado – generalmente por el Parlamento, a veces por el Gobierno, y hoy día también por los entes territoriales menores – mientras que los jueces la aplican. Esto significa que los jueces participan en el procedimiento de formación del derecho sólo indirectamente. Este planteamiento conceptual ha hecho posible configurar a los jueces como gestores de una función pública a desarrollar de forma vinculada. De ahí el convencimiento de que los mismos puedan ser designados por oposiciones, asumir la condición de empleados del Estado y no estar sometidos a ningún control sobre el mérito de sus actos, siendo dicho mérito previamente establecido por la ley. De ahí también la necesidad de que a los jueces se les garantice independencia y autonomía, porque en el ejercicio de sus funciones deben no sólo ser, sino también parecer terceros imparciales. Es más, tercería e imparcialidad son consideradas como las características que permiten distinguir a los jueces de los demás órganos que ejercen funciones estatales diversas. En orden a la segunda razón, es decir la histórica, hay que subrayar que la estructura actual de nuestro sistema ha adquirido su forma, después de la 164 Sistema Judicial italiano segunda guerra mundial, sobre la base de la Constitución republicana, cuya inspiración democrática está en antítesis con el anterior régimen fascista, indudablemente autoritario. En el pasado, en efecto, había habido un abuso, en la gestión de la justicia, que se puede referir a tres factores: a) limitación del derecho de actuar en juicio; b) presiones ab externo sobre la magistratura; c) creación de jueces especiales. Es obvio que, al refundar el Estado, nuestra Constitución, que en 1998 ha celebrado sus primeros cincuenta años de vida, ha prestado especial atención en evitar que se repitieran dichos abusos y desvíos. 2. EL PRINCIPIO CONSTITUCIONAL DE LA TERCERÍA DEL JUEZ. En la Constitución, la neutralidad del Juez está garantizada, en particular, por las normas que prevén: a) la prohibición de la iniciativa procesual de oficio (art. 24, párrafo 1); b) la garantía del juez natural (art. 25, párrafo 1); c) la prohibición de designar a jueces extraordinarios o especiales (art. 102); d) la sujeción de los jueces a la ley (art. 101, párrafo 2). Los principios contenidos en estas disposiciones han sido ulteriormente reafirmados y reforzados por el art. 6 del Convenio europeo sobre los derechos del hombre, que Italia ha traspuesto en su ordenamiento con la L. 848/1955, de 4 de Agosto, y que han constituído la base de la modificación del art. 111 de la Constitución, efectuada con Ley Constitucional n. 2/1999, de 23 de Noviembre. Es oportuno examinarlos sintéticamente. La prohibición de iniciativa oficiosa se recaba a contrario del art. 24, que, en cambio, expresa en su letra el principio fundamental según el cual no es posible poner a los ciudadanos límites u obstáculos a su defensa en el proceso de las posiciones substanciales que el ordenamiento les haya reconocido. En efecto, si desde el punto de vista positivo el respeto de las situaciones substanciales reconocidas a cada persona hace imposible poner limitaciones de cualquier tipo a su tutela en el proceso, desde el punto de vista negativo, (y aquí está la otra cara del art. 24) igual respeto impone que sólo quien se afirma portador de la situación sustancial pueda decidir si recurrir o no a la tutela jurisdicional. El Constituyente, además, ha tenido plena consciencia de que la colectividad no percibiría como natural al juez que fuera designado después del inicio de la controversia o del asunto judicial, o que, de todos modos, fuera elegido sobre la base de criterios elaborados después de su inicio. Es natural, sobre la base de estas exigencias, el juez designado en virtud de criterios objetivos preexistentes al inicio del proceso, y ello, de todas maneras, no es suficiente para evitar todo riesgo, porque el legislador ordinario podría eludir el Problematicas de aplicacion del sistema vigente 165 principio con la creación de jueces ad hoc a los cuales los “criterios objetivos preexistentes” confiarían la competencia sobre determinadas controversias. El art. 25 párrafo 1, bajo este aspecto, debe ser relacionado con el art. 102, párrafo 2, que prohibe el recurso a los jueces extraordinarios (a cuya institución se procede precisamente en función de determinados procesos). En cuanto a la sujeción del juez sólo a la ley, debe evidenciarse que el segundo párrafo del articulo 101 permite una doble lectura. En su forma positiva, el mismo es funcional a la exigencia de garantizar la autonomía y la independencia del juez, que es hecho inmune contra las presiones de los demás órganos constitucionales y cuya única sujeción es tan solo a la ley. Desde otro punto de vista, esta garantía se transforma en una limitación, porque si es verdad que los jueces están sometidos sólo a la ley, también es cierto, que no pueden superarla, y que en la ley deben buscar y hallar el cánon de evaluación preconstituído de cada caso concreto. Para reforzar ulteriormente esta limitación, el art. 111, párrafo 6, establece que los jueces deben motivar expresamente las razones de sus decisiones, de manera que se pueda efectuar un control, no sólo por parte de los destinatarios directos, sino del mismo pueblo, en cuyo nombre se administra la justicia. 3. EL CONSEJO SUPERIOR DE LA MAGISTRATURA. Especial atención ha dedicado el Constituyente al problema de la autonomía y de la independencia de los jueces. A estos fines ha constituído la magistratura ordinaria en “un orden autónomo, independiente de cualquier otro poder” (art. 104) y ha creado un órgano de autogobierno: el Consejo Superior de la Magistratura, que gobierna la entera carrera de todos los magistrados (art. 105). A la creación de este organismo se llegó tras un debate en el seno de la Asamblea Constituyente a finales de 1947. “Los Padres de la Constitución” vieron clara la necesidad de cortar el “vínculo de sumisión” de la magistratura al ejecutivo y de constituir la misma “en un orden que para ser a su vez autogobernado, es decir independiente de cualquier otro poder”, garantizase la independencia de sus componentes (Leone). Se individuaron las funciones (que el Diputado Ruini, con cierta fantasía difinió “los cuatro clavos”): nombramientos, ascensos, disciplina, traslados. Durante mucho tiempo se discutió sobre su composición. Se enfrentaron dos tesis. La primera, inspirada por los magistrados y por quienes eran favorables a una rígida interpretación de la división de los poderes (por ejemplo, los Diputados. Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri etc.) apuntaba a que el C.S.M. estuviese integrado sólo por Magistrados, porque sólo de esta mane- 166 Sistema Judicial italiano ra se hubiera evitado el riesgo de contaminaciones (Dominedò) y el de que “la política penetre en cada decisión; y de hacer llegar presiones indebidas e ingerencias profesionales a los órganos judiciales” (Caccuri). La otra tesis, en cambio, tenía su origen en la consciencia de que era necesario evitar la creación de un cuerpo separado y de convertir el C.S.M. en el déspota del ordenamiento de la magistratura (Grassi). Había que perseguir la exigencia de realizar una armonía institucional (Varani), de asegurar continuidad entre vida social y vida institucional, y de hacer llegar al organismo judicial un soplo de vida externo (Leone), de impedir la creación de un “estado en el estado”, de una “casta cerrada e intangible” (Preti) “separada e irresponsable” (Dominedò), “una secta” (Persico), un órgano totalmente separado de los demás aparatos administrativos del Estado y sustraído del control del órgano de representación popular, de los medios de información y de la misma opinión pública (Cappi). La propuesta contenida en el art. 97 del proyecto original de la Constitución, asignaba al C.S.M. una composición paritaria, con la participación “fuera de cupo” del Primer Presidente del Tribunal de Casación como Vicepresidente. En el contraste entre las dos posiciones mencionadas, se llegó a un compromiso y fue aceptada la enmienda sugerida por el Diputado Scalfaro en la sesión de tarde del 12 de Noviembre de 1947: dos tercios de miembros togados y un tercio de miembros laicos. Hubo discusión también sobre la presidencia del C.S.M. En origen se propuso otorgar la presidencia, o al menos la vicepresidencia, al ministro de Justicia o al Primer Presidente del Tribunal de Casación. Las propuestas fueron rechazadas al objeto de garantizar al C.S.M. una independencia estructural absoluta (Diputados Calamandrei y Buozzi). Se optó por atribuir la presidencia al Jefe del Estado como garante de su unidad (Buozzi), con una solución que respondía también a exigencias de “simetría institucional” (Leone), a la necesidad de impedir que el C.S.M. se convirtiera en “un cuerpo cerrado y rebelde” algo así como una “cometa que pueda salirse autonómamente de la órbita constitucional” (Calamandrei). Conscientes de que el Jefe del Estado hubiera podido participar a la vida del Consejo solamente en las ocasiones solemnes, se pensó en que fuera flanqueado por un órgano auxiliario, que asumiría la presidencia efectiva del Consejo. También en esta ocasión se pensó, en principio, al Ministro de Justicia o al Primer Presidente del Tribunal de Casación (Leone, Condorelli, Perlingeri); se llegó, finalmente, al compromiso de que el Vicepresidente fuese elegido por el Consejo entre los miembros laicos. La creación del órgano de autogobierno ponía en una luz completamente distinta la función del Ministerio de Justicia, al punto de que alguien Problematicas de aplicacion del sistema vigente 167 llegó a proponer incluso su abolición (Patricolo). De hecho al Ministro han sido conservadas funciones “residuales”, relativas a la organización y gestión de los departamentos judiciales y de los servicios administrativos, a la prevención y ejecución de las sanciones, a la vigilancia sobre la legalidad de los comportamientos del personal de la magistratura. 4. LOS ACTOS DEL C.S.M. Después de haber delineado las razones que han llevado a la creación del C.S.M es necesario ilustrar, en síntesis, su colocación en el conjunto institucional de nuestro País. Según el articulo 105 de la Constitución “corresponden al Consejo superior de la magistratura, según las normas del ordenamiento judicial, las admisiones, las asignaciones y los traslados, los ascensos y las medidas disciplinarias respecto a los magistrados”. Es indudable que el Consejo ha sido delineado por la Carta Constitucional como órgano de relieve constitucional. Ello comporta que el C.S.M. disponga mediante actos administrativos, que en Italia están sujetos al control jurisdiccional del juez administrativo (como confirmado, por último, por el Tribunal Constitucional en sentencia n. 419/1995). Esta solución, crea alguna dificultad, sobre todo cuando el Consejo designa a los jefes de los departamentos judiciales. En estos casos, en efecto, nuestro ordenamiento judicial prevé que al nombramiento se llegue tras una actividad de concertación con el Ministro de Justicia (solución considerada legítima constitucionalmente; sentencia del Tribunal Constitucional, n. 379/1992). Esto deja entrever que, al menos en las hipótesis de actividad concertada (con evidente relevancia también política) el control del juez administrativo debería ser muy reducido. En el ámbito disciplinario el C.S.M. se presenta como órgano jurisdiccional. La justicia disciplinaria sobre los magistrados es ejercida por una sección del Consejo, formada por nueve miembros (seis componentes togados y tres laicos), que dispone con decisiones sometidas a control de legitimidad por parte del Tribunal de Casación. Por consiguiente, la última palabra sobre las medidas disciplinarias que afectan a magistrados, acaba por ser la del órgano de vértice de la misma Magistratura. A este respecto es oportuno subrayar que el ordenamiento italiano no prevé una tipificación del ilícito disciplinario, sino que contempla una hipótesis tan genérica – conducta que hace que el magistrado sea considerado indigno de la confianza de que debe gozar, o que comprometa el prestigio del orden judicial – que será luego el Juez disciplinario quien deberá valorar, caso por 168 Sistema Judicial italiano caso, si ha decaído la confianza o si el prestigio ha quedado comprometido, y deberá hallar la sanción (amonestación, censura, pérdida de la antigüedad, remoción, destitución) adecuada a la importancia del ilícito comprobado. La experiencia de estos cuarenta años, finalmente, ha demostrado que el C.S.M. ha ampliado progresivamente su esfera de competencia, a través de la emanación de circulares, reglamentos y directivas con eficacia externa y, a veces, con actos de línea política. En relación con las circulares, los reglamentos y a las directivas, se ha hablado de actividad paranormativa, que a menudo llega a interpretar, y alguna vez a integrar, la legislación vigente con efectos que, aún careciendo de eficacia vinculante, pueden, de todos modos, acondicionar tanto el alcance de los actos del mismo Consejo, como “los comportamientos de los potenciales destinatarios” (Sorrentino). Esta evolución ha sido objeto de animadas discusiones. 5. LAS POSIBLES FORMAS DE PRESIÓN SOBRE EL JUEZ. Menor o totalmente nula ha sido la atención de los constituyentes respecto a las demás posibles presiones que puedieran influir sobre la “neutralidad” del magistrado. Estas presiones se pueden sintetizar de la siguiente manera: a) las procedentes del interior del orden judicial; b) las que se derivan de particulares relaciones que el juez tenga con la controversia o con una de las partes en juicio; c) las debidas a ideologías particulares, y más específicamente, a relaciones políticas o asociativas; d) o, finalmente, las que proceden de las presiones de grupos organizados. A) Hasta ahora se ha valorizado al máximo la norma contenida en el tercer párrafo del articulo 107, según el cual “los magistrados se distinguen entre sí sólo por la diversidad de funciones”, con la finalidad de conseguir la sustancial anulación de la carrera, que hoy es prácticamente automática y da lugar a escalafones abiertos hasta el nivel de Consejero de Casación, idóneo para el ejercicio de funciones directivas, siendo totalmente desvinculada de las funciones concretamente ejercidas (así se puede dar el caso de que un juez de cualquier tribunal periférico avance en la carrera hasta el nivel de consejero de Casación sin haberse movido nunca de su sede). Las razones de esta evolución legislativa han sido indicadas en el hecho de que en el anterior sistema los magistrados estaban sujetos al poder de los jefes de los departamentos, los incitaba al conformismo hacia las decisiones del tribunal de Casación, y los hacía vulnerables en caso de ambiciones de carrera. La exactitud de estas razones es sagrada. Y, sin embargo, surge la duda de si el camino elegido para conseguir los objetivos haya sido el más justo. Problematicas de aplicacion del sistema vigente 169 No es casual que el Tribunal Constitucional (sentencia n. 87/1982) haya declarado ilegítimo el art. 23, párrafo 2, de la ley 195/1958, de 24 de Marzo, en la parte en que establecía que los puestos asignados a los magistrados de tribunal de Casación para la composición del C.S.M. podían ser atribuidos a “magistrados que hayan conseguido el nombramiento, aunque no ejerzan las respectivas funciones”. El Tribunal Constitucional, de esta manera, ha reafirmado que, para la elección al C.S.M., no es suficiente que los magistrados de Casación sean idóneos para el ejercicio de las funciones correspondientes, sino que deben ejercerlas efectivamente. B) Las particulares relaciones con la controversia o con las partes, son consideradas (no por parte de la Constitución, sino) por la ley procesual ordinaria. Los artículos 51 y siguientes del Código de procedimiento civil, y 37 y siguientes del Código de procedimiento penal, regulan los institutos de la abstención y de la recusación de los jueces, determinando los casos (que son idénticos) en que subsiste la obligación del juez de abstenerse o el poder de la parte de pedir la recusación del mismo (y son relaciones de interés, de parentesco, de particular amistad, de enemistad, de deuda o crédito, o bien hipótesis en las que el juez se haya pronunciado sobre la causa). El tema de la abstención y de la recusación en estos últimos años ha adquirido especial relieve, porque cuanto más resulta penetrante el control judicial en los casos de la vida, tanto más debe ser rigurosa la valoración de la imparcialidad del juez. Es fácil de intuir, pues, que el problema se ha planteado, sobre todo y en primer lugar, en el proceso penal, en cuyo ámbito el Tribunal Constitucional ha afirmado la ilegitimidad constitucional del art. 34 párrafo 2 del código de procedimiento penal, entreviendo una situación de incompatibilidad entre el juez que ha aplicado una medida prudencial personal y el juez miembro del colegio para el debate (V.sentencias n. 432/1995, n. 131/1996 y n. 155/1996). Inmediatamente después se empezó a dudar de la legitimidad constitucional del artículo 51, párrafo 1 n. 4 del Código de procedimiento civil, en la parte en que no prevé una causa específica de incompatibilidad a tratar y decidir del juicio de mérito, constituída por haber tenido conocimiento de la controversia en la fase del procedimiento cautelar introducido antes del inicio del proceso de mérito. El Tribunal Constitucional ha rechazado la cuestión (sentencia n. 326/1997, reafirmada por la ordenanza n. 315/1998, de 9 de Julio), considerando que en su normal utilización, el procedimiento cautelar está fundado sobre un conocimiento sumario que no interfiere sobre la decisión de mérito, que debe dictarse sólo después de un conocimiento pleno. Por consiguiente, un problema puede plantearse en concreto sólo cuando el juez del procedimiento cautelar, alejándose del 170 Sistema Judicial italiano esquema normativo, proceda a una instrucción que haga casi supérflua la sucesiva, del juez de mérito. En ésta hipótesis, el juez – según el Tribunal – debe valorar si existen razones graves de conveniencia para pedir al jefe del departamento, la autorización a abstenerse. Sobre esta base, han sido rechazadas las cuestiones de constitucionalidad del artículo 669 octies del Código de procedimiento civil (ordenanza del 20 de Mayo de 1998, n. 193); del articulo 354 del Código de procedimiento civil (norma, ésta última, que permite al juez de la impugnación de reenviar, en algunos casos, el proceso al mismo juez que ha emitido la sentencia impugnada: sentencia n. 341/1998); del art. 186, quater, del Código de procedimiento civil (que permite de dictar sentencia al mismo juez que ha dictado la llamada ordenanza post-instructoria: sentencia n. 168/2000): del art. 703 del Código de procedimiento civil (la parte en que se permite al juez que ha dictado la disposición posesoria de tratar sucesivamente el proceso de mérito: sentencia n. 120/2000): del art. 24 del Estatuto de los trabajadores (la parte en que permite al juez que ha dictado la disposición inmediata de conocer acerca de la oposición: sentencia n. 387/1999) y de los art. 98 y 146 de la Ley de quiebra (las partes que permiten que el juez delegado conozca las causas de oposición al estado pasivo y las acciones de responsabilidad que él mismo ha autorizado: sentencias n. 167/2001 y 176/2001) Parece evidente, incluso de esta rápida síntesis, que el Tribunal después de haber acelerado, quizás excesivamente, sobre el garantismo formal, en cuanto al proceso civil ha frenado, intentando hallar un punto de equilibrio en la existencia de una situación que en concreto comprometa la imparcialidad del juez. B1) El animado debate que se ha desarrollado en estos años, sobre todo en relación con el proceso penal, ha desembocado en una modificación del art. 111 de la Constitución, que, para potenciar al máximo el valor de la imparcialidad del juez, ha establecido, a nivel constitucional, la necesidad de que el proceso se desarrolle en contradictorio entre las partes, ante un juez tercero e imparcial, y que, en el proceso penal, la prueba se forme en el debate. La legislación ordinaria posterior ha sido dirigida a dar una concreta aplicación a estos principios. Entre las leyes más recientes se señalan: 1. Ley 397/2000, de 7 de Diciembre en materia de investigaciones defensivas, que aplica el principio de la igualdad de las partes en función del derecho a la prueba; 2. Ley n. 63/2001, de 1 de Marzo, que ha adecuado la disciplina procesual penal en materia de formación y valoración de la prueba; Problematicas de aplicacion del sistema vigente 171 3. Ley n. 60/2001, de 6 de Marzo, que ha modificado la disciplina en materia de defensa de oficio, en vistas de una completa efectividad del contradictorio en el proceso penal; 4. Ley n. 134/2001, de 29 de Marzo, que ha modificado las reglas sobre el patrocinio a cargo del Estado para los menos pudientes, en la perspectiva de hacer efectivo el derecho a la defensa. C) Ninguna norma prevé que la influencia de las ideologías y de la pertenencia a asociaciones o partidos políticos pueda comprometer la imparcialidad del juez. Sólo el art. 98, párrafo 3, de la Constitución, prevé que “por ley, se pueden establecer límites al derecho de los magistrados de afiliarse a partidos políticos”. Es cierto, sin embargo, que no es la afiliación a partidos políticos la que comporta un atentado a la imparcialidad, sino la incapacidad del magistrado -y por tanto un hecho interno e insindicable de su concienciade no dejar que prevalezca su particular ideología sobre una objetiva y libre evaluación de la controversia (de modo que, si en alguna ocasión, se ha intentado incluir entre los motivos de recusación del magistrado, su posición política o asociativa, ello es síntoma de un malestar, o de la sensación de que no siempre los jueces saben separarse con respecto al proceso). Tampoco se prevén instrumentos para evitar que el juez pueda ser influído por medios de presión (se piense a las campañas de prensa o televisivas), de manera que pueda ser influída la serenidad de su juicio. Las únicas normas que, de alguna manera, guardan relación con el tema del que se trata, son el art. 114, que regula la prohibición de publicar determinados actos (en el Código de procedimiento penal anterior, la materia estaba regulada por el art. 164) y el art. 329 del nuevo Código de procedimiento penal, sobre la obligación del secreto. De hecho, sobre todo en los últimos años, han sido cada vez más frecuentes las reiteradas intervenciones de los medios de comunicación y de los políticos con críticas a la actuación de los magistrados. Cuando el C.S.M. ha advertido el riesgo de que ello pudiera deslegitimar al magistrado en el ejercicio de sus funciones concretas, ha abierto expedientes “para tutela” del mismo, con los cuales, hecha una puntual reconstrucción de los acontecimientos, ha confirmado la confianza en el magistrado todas las veces que no han aflorado elementos de responsabilidad a cargo del mismo. El articulo 114 ha tenido en cuenta las indicaciones del Tribunal constitucional (sentencia n. 65/1965) que ha puesto en primer plano la necesidad de prestar el máximo interés al principio fundamental, según el cual la información pública debe ser garantizada siempre. El legislador, sin embargo, no ha respetado plenamente la tesis del Tribunal, ya que este último, con sen- 172 Sistema Judicial italiano tencia n. 59/1995, ha declarado ilegítimo el art. 114, párrafo 3 del Código de procedimiento civil, en la parte que limitaba la publicidad de los actos incluídos en el expediente para el debate, que por definición el juez tiene que conocer. Pero la materia relativa a la delicada relación entre justicia e información es, digamos, in fieri y como tal, objeto siempre de nuevas propuestas de intervenciones normativas. 6. LAS DECISIONES DEL TRIBUNAL CONSTITUCIONAL. El análisis de las solas normas, no llega a dar un cuadro exahustivo y significativo del sistema introducido con la Constitución, si el análisis no es enriquecida con el examen de cómo estas normas hayan influído sobre la legislación ordinaria, a través de la obra concretizadora del Tribunal Constitucional. En particular, el Tribunal ha intervenido repetidamente sobre el tema del juez natural y de la garantía de independencia de los jueces especiales, y también sobre el derecho de defensa. Hemos visto que los asuntos judiciales, generalmente, son confiados a los magistrados ordinarios, que son reunidos en un orden autónomo e independiente regido por el Consejo Superior de la Magistratura. La Constitución, en el artículo 103, prevé otros órganos judiciales con competencias específicas: el Consejo de Estado y los demás órganos de justicia administrativa para la tutela ante la administración pública, de los intereses legítimos y, en particulares asuntos, de los derechos subjetivos; el Tribunal de Cuentas para las materias de contabilidad pública y otras especificadas por la ley; los tribunales militares, en tiempos de paz, para los delitos militares cometidos por pertenecientes a las Fuerzas Armadas, y en tiempos de guerra, en el ámbito de la jurisdicción establecida por la ley (parece que el Tribunal Constitucional considere que la competencia del Tribunal Militar en tiempo de paz pueda ser derogada por el legislador en favor de la magistratura ordinaria, en caso de razones justificadas: sentencia n. 90/2000). La Constitución ha prohibido la introdución de jueces especiales (art. 102 párrafo 2) y, en cuanto a los jueces especiales pre-existentes, ha establecido, con la VI disposición transitoria, que, en los cinco años a partir de la entrada en vigor de la Constitución, se hubiera procedido a la revisión de los órganos especiales de jurisdicción existentes en el momento. Considerado que los cinco años transcurrieron rápidamente sin que el legislador hubiese procedido a la revisión, al Tribunal constitucional se le planteó un primer problema de interpretación: el inútil transcurso de los cinco años, ¿había convertido en inconstitucionales a todos los jueces especiales pre-existentes? o bien, ¿permitía que estos quedasen en vida? El Tribunal ha optado por la Problematicas de aplicacion del sistema vigente 173 segunda solución, considerando que en la Constitución quedaba implícitamente reconocida su compatibilidad con el sistema. De esta manera, sin embargo, se ha cargado con la labor ulterior de establecer si las leyes que reglamentan cada jurisdicción aseguran suficientemente la independencia de los jueces (tal y como reza el art. 108 párrafo segundo) y, al mismo tiempo, fueran respetuosas de la exigencia de garantizar a los ciudadanos la plenitud de la tutela jurisdiccional, exigencia expresada por las disposiciones combinadas de los art. 24, párrafo 1, y 113 párrafo 2. La Constitución, ha previsto un órgano de gobierno autónomo sólo para la magistratura ordinaria. Para las demás jurisdicciones (administrativa, contable y militar) vale el art. 13, según el cual los respectivos ordenamientos están sujetos a reserva de ley, a la que compete asegurar la independencia de los jueces. Surge, así, también para éstos, la necesidad de sindicar si las garantías son suficientes. Alguna duda planteada a propósito de los tribunales militares ha sido considerada infundada por el Tribunal Constitucional (V. sentencias n. 542/2000 y n. 166/1999). A) Si la prohibición de introducir a un juez especial es el complemento necesario de la garantía del juez tercero e independiente, también es cierto que a menudo a la base de la creación del juez especial existe una exigencia concreta, y no menospreciable: aquella según la cual la naturaleza de algunos asuntos judiciales requiere que el juez tenga conocimientos técnicos y una sensibilidad particular que, normalmente, los magistrados ordinarios no poseen. Para satisfacer tal exigencia, el art. 102, párrafo 2, ha establecido que “pueden ser instituídas, cerca de los órganos judiciales ordinarios, sólo secciones especializadas, para determinadas materias, incluso con la participación de ciudadanos idóneos, ajenos a la magistratura”. De esta manera, la sección especializada es un juez ordinario aunque esté compuesta de modo especial. La particularidad de dicha composición, sin embargo, no debe ser tal que pueda rodear, de modo subrepticio, la prohibición de introducir a jueces especiales. Por tanto, se ha planteado la duda de si una composición con jueces togados institucionalmente en minoría fuera compatible, o no, con el sistema. La respuesta ha sido afirmativa, a condición de que otras características del funcionamiento de la sección permitan considerar no eludida dicha prohibición (y a este fin, la clasificación del juez especializado y el sistema de controles sobre sus decisiones tiene especial relevancia). Por el contrario, el Tribunal ha considerado inconstitucionales las normas que prevén la designación de los componentes ajenos “de vez en vez” en ocasión de cada controversia (sentencia n. 83/1998). Las secciones especializadas más importantes, hoy en función, son: el Tribunal de 174 Sistema Judicial italiano menores, los Tribunales regionales de las aguas, las Secciones especializadas Agrarias, la Sección especial instituída cerca del Tribunal de Apelación de Roma para intervenir sobre las reclamaciones contra las decisiones de los comisarios liquidadores de los usos cívicos. Las secciones de los tribunales que actúan como jueces de trabajo, no son ni jueces especiales ni secciones especializadas; en efecto, no están compuestas de manera distinta de las demás (y ello, aunque la ley dé específico relieve a las “secciones trabajo” cerca de los tribunales y de los Tribunales de Apelación: V. art. 38 y 39 del D.Lgs n. 51/1998, de 19 de Febrero). B) Pasando más específicamente a las garantías del juez natural, el Tribunal ha tenido que establecer si particulares institutos, contemplados en nuestro ordenamiento, sean o no en contraste con dichos principios. Uno de los primeros institutos llevados al exámen del Tribunal ha sido el de la remisión del procedimiento penal a otro juez por motivos de orden público o por legítima sospecha (artículos 55 y siguientes del. Código de procedimiento penal). Aunque el tribunal (sentencias n. 50/1973 y 109/1973) haya considerado constitucionalmente legítima dicha disciplina, algunas criticables aplicaciones de la misma, indujeron al legislador a modificarla, poniendo al tribunal de Casación unos vínculos más rigurosos para la elección del juez ad quem (un juez entre los del mismo distrito del mismo tribunal de apelación, al que pertenece el juez originalmente competente, o bien del distrito de un tribunal de apelación cercano: artículo 58, párrafo 3o, del Código de procedimiento penal, modificado por el art. 1 L. 773/1973, de 15 de Diciembre). Hoy la materia es disciplinada ex novo por los art. 45 y siguientes del nuevo Código de procedimiento penal. Se ha dudado también de que las modificaciones de los criterios de competencia – por ejemplo a través de la supresión de departamentos judiciales o la modificación de las áreas territoriales de competencia – puedan llevar a la violación del principio establecido por el artículo 25 de la Constitución. El tribunal (sentencia n. 56/1967) ha considerado infundada dicha cuestión, observando que la garantía del juez natural no puede comportar una cristalización definitiva de las competencias ya existentes en el momento de la entrada en vigor de la Constitución, y que cambios de las exigencias concretas, y claras razones de funcionalidad pueden imponer nuevas modificaciones de los departamentos judiciales, con tal de que dichas modificaciones no se efectúen en relación con cada específica controversia, sino con categorías enteras de asuntos judiciales. Siempre por contraste con el artículo 25, párrafo primero, se ha dudado de que sea legítimo el poder de los jefes de los departamentos judiciales de sus- Problematicas de aplicacion del sistema vigente 175 tituir a un juez con otro, en caso de impedimento permanente de este último, o bien de nombrar a un suplente, en caso de impedimento temporal. El tribunal ha considerado infundada la cuestión, observando que no se puede eliminar todo márgen de discrecionalidad en los jefes de los departamentos judiciales cuando provén a las exigencias de tales departamentos, y que el impedimento del magistrado que debe ser sustituído, o al que hay que suplir, es razón objetiva suficiente para justificar el ejercicio del poder directivo (sentencias n. 156/1963 y n. 173/1970), siempre que tal poder se ejerza siguiendo criterios prefijados y con decisiones motivadas (sentencias n. 392/2000 y n. 571/2000). La materia, sin embargo, es muy delicada, como lo demuestra el hecho de que el legislador haya intervenido varias veces (V. D.P.R. n. 449/1988; D.Lgs n. 273/1989; y L. n. 133/1998) sobre los artículos 97 y siguientes del ordenamiento judicial, que regulan las suplencias y las aplicaciones. Por las mismas razones se ha justificado el poder de los jefes, de estructurar, predisponiendo cada año las llamadas ‘tablas’, los departamentos judiciales, repartiéndolos en secciones, asignando a éstas los magistrados y estableciendo las competencias internas (sentencia n. 146/1969 y sobre todo la n. 392/2000). En particular, las ‘tablas’ bienales son propuestas por los presidentes de los tribunales de Apelación, oídos los consejos judiciales, y son deliberadas por el C.S.M. y luego transpuestas en un Decreto del Ministro de justicia (art. 7bis del R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, añadido por el art. 3 del D.P.R. n. 449/1988, de 22 de Septiembre, y luego modificado por el art. 6 del D.Lgs. n. 512/1998, de 19 de Febrero, y por el art. 57 de la L. n. 479/1999, de 16 de Diciembre). Otro poder de los jefes de los departamentos judiciales puesto en discusión, ha sido el de asignar cada cuestión a las secciones y/o jueces (la denominada ‘comisión’). El Tribunal ha considerado infundada la cuestión, observando que la discrecionalidad atribuída a los jefes de los departamentos judiciales de proveer a las exigencias de estos últimos puede ser delimitada, pero no puede ser totalmente suprimida (V. sentencia n. 272/1998). En particular, reconocido que existe, en línea general, inconciliabilidad entre preconstitución del juez y discrecionalidad en orden a su concreta designación, se ha afirmado que el poder discrecional de los jefes de los departamentos en la asignación de los asuntos debe tener la única finalidad de satisfacer exigencias de servicio, objetivas e imprescindibles, para hacer posible el funcionamiento del departamento y facilitar su eficiencia, quedando excluída cualquier otra finalidad (sentencia n. 272/1998). Sobre la base de estas indicaciones, el problema se divide en dos: a) cúales puedan ser los modos para asegurar que el poder discrecional de los jefes se ejerza en función de exigencias objetivas; b) cúales puedan ser las 176 Sistema Judicial italiano consecuencias de un incorrecto ejercicio de tal poder. Considerado que sobre la segunda cuestión es inevitable concluir en el sentido de que la eventual opción incauta o incorrecta del poder discrecional no tiene consecuencias en el proceso, a menos que no se den razones de abstensión o de recusación del juez, se tiende a hallar una solución a priori, anulando el poder discrecional en la distribución de los asuntos mediante la adopción de criterios automáticos; y ello aunque la distribución automática, cualquiera que sea el criterio adoptado, pueda dar lugar a inconvenientes de cierto alcance. El C.S.M., por tanto, ha intervenido con circulares limitativas del poder de los jefes de los departamentos, y algunos de ellos, considerando vulnerada la esfera de sus atribuciones, ha planteado conflicto de atribución. Al declarar inadmisible el conflicto, el Tribunal ha subrayado que las competencias en orden a la designación de los magistrados para conocer los procedimientos no afectan a la delimitación de la esfera de atribuciones determinada por normas constitucionales, teniendo su disciplina y fundamento exclusivamente en normas de ley organizativas y de ordenación (sentencia n. 90/1996). Los art. 3 y 4 del D.P.R., n. 449/1988, de 22 de Septiembre, y posteriores modificaciones, han incluído en la ley sobre el ordenamiento judicial (el R.D. n. 12/1941)el ya recordado art. 7 bis y el art. 7 ter, disciplinando las materias de las tablas de los departamentos estructurados en secciones, del destino de cada magistrado a tales secciones, de la formación de los colegios deliberantes y de los criterios para la asignación de los asuntos penales y para la sustitución de los jueces imposibilitados. Y considerado que el artículo 33, párrafo 2, del Código de procedimiento penal, establece que dichas disposiciones no se consideran pertinentes a la capacidad del juez, se ha levantado cuestión de constitucionalidad, ya que se dudaba de que tal disciplina perjudicara el dictado del art. 25 de la Constitución. El Tribunal, confirmando sus directrices generales en la materia, ha rechazado la cuestión, observando que el principio constitucional de la preconstitución del juez no implica que los criterios de asignación de cada procedimiento en el ámbito del departamento competente, sean configurados necesariamente como elementos constitutivos de la capacidad general del juez (sentencia n. 419/1998, y 392/2000). 7. ALGUNAS INDICACIONES CONCLUSIVAS. Estimamos que el lector de civil law no se sorprenda de la existencia de una normativa tan detallada y minuciosa nacida con el objetivo de asegurar la independencia, la autonomía y la imparcialidad de los jueces y que sabrá también apreciar la atención meticulosa, quizás excesiva, con la cual el Tribunal Constitucional ha intervenido, aclarando, precisando, integrando las normas del derecho escrito. Problematicas de aplicacion del sistema vigente 177 El resultado es un marco de “derecho viviente” que, probablemente, los juristas del common law podrán comprender con mucha dificultad. Esto depende de la profunda diferencia entre los dos sistemas incluso respecto a la administración de la justicia. En Inglaterra, por ejemplo, los nombramientos (y la carrera) de los magistrados son de competencia del Lord Canciller y para los cargos más altos, el Primer ministro y el Rey, sobre la base de procedimientos absolutamente discrecionales, y existen mecanismos de control disciplinario sobre los jueces que son totalmente informales. Los mismos ingleses reconocen que ello podría ser motivo para que el Gobierno o los poderes fuertes ejerzan presiones indebidas sobre el poder judicial, pero aceptan el riesgo sobre la base de un razonamiento que el jurista continental jamás podría compartir. El sistema – dicen – se basa sobre la confianza, y los magistrados, hasta ahora, han correspondido a esta confianza, conscientes de que si se comportasen en un modo criticable, terminarían por comprometer, empezando por ellos mismos, su independencia. Por otra parte – añaden – ninguna tutela constitucional puede impedir que los miembros del Gobierno de un País ejerzan presiones o influencias sobre el poder judicial si la cultura del pueblo lo permite, y en Inglaterra la independencia de los jueces no es mero eslogan, sino un principio profundamente imprimido en la conciencia de todos. Y en América las cosas no son muy diferentes. Hace pocos años, en éste País, se ha creado una Comisión para estudiar eventuales innovaciones de las reglas sobre la disciplina y la destitución de los jueces federales. La ocasión fue ofrecida por el hecho de que antes de 1983 ningún juez federal había sido acusado de delitos y que a partir esa fecha cinco jueces fueron acusados y cuatro condenados (evolución que los estadounidenses habían relacionado también con el rápido aumento del número de los jueces federales). Pues bien, esta Comisión, concluyendo sus trabajos en Julio de 1993, ha concluído que el sistema vigente no debe ser reformado, manifestando un estandard constitucional absolutamente adecuado a sus finalidades. Sobre la base de estas breves referencias es inevitable concluir que la verdadera diferencia entre sistemas de civil law y sistemas de common law se halla en una diferencia cultural en cuanto al tema de la independencia y de la imparcialidad del poder judicial. En los sistemas de civil law la exigencia de una reglamentación minuciosa y analítica nace de una actitud cultural de desconfianza hacia el prójimo y, en el caso específico, hacia los magistrados, que se tiende a colmar a través de reglas impuestas y a procedimientos preestablecidos. En los sistemas de commom law no se advierte esta exigencia, y se trata, en cambio, de hallar la manera de que sean nombrados jueces que merezcan la confianza en ellos depositada. 178 Sistema Judicial italiano Las dos culturas ¿podrán alguna vez homologarse entre sí? La evolución de las instituciones de justicia tiende a la uniformidad ya que, hoy, somos cada vez más ciudadanos de Europa, y mañana lo seremos del mundo. Esto nos autoriza a esperar que la homologación se produzca y, de todas maneras, nos impone trabajar para que en un futuro no muy lejano se traduzca en realidad. A cargo del Vicepresidente, Profesor Giovanni Verde. Das italienische Justizsystem Der vorliegende Band ist die auf den neuesten Stand gebrachte Ausgabe der vorhergehenden, 1999 veröffentlichten Auflage und verfolgt weiter die Absicht, eine rasche Information darüber zu bieten, wie die Justiz in Italien organisiert ist. Den ersten Teil bildet eine kurz gefasste Darstellung des geltenden Systems, während der zweite einen ersten Überblick über die Probleme gibt, die sich in der Praxis stellen. Im letzten Teil werden die wichtigsten Gesetze angeführt. Convento di S. Agostino, sede dell’Avvocatura Generale dello Stato. ERSTER TEIL GESETZLICHE VORSCHRIFTEN IM BEREICH DER GERICHTSVERFASSUNG SOWIE DER ORGANISATION UND FUNKTIONSWEISE DER AUFSICHTSBEHÖRDE DER GERICHTE 1. DIE JURISDIKTION IN DER VERFASSUNG. 1.1. Die Jurisdiktion. – Die Verfassung gestaltet das System der Verteilung der Rechtsprechung in folgender Weise. 1.2. Die Verfassungsgerichtsbarkeit . – Sie obliegt dem aus 15 Richtern bestehenden Verfassungsgericht: diese werden zu einem Drittel vom Präsidenten der Republik ernannt, ein Drittel wird vom Parlament in Sitzung mit vereinten Kammern und ein Drittel von den Richtern an den obersten ordentlichen und Verwaltungsgerichten bestellt (Art. 135 Verf.) *** Das Verfassungsgericht entscheidet (Art. 134 Verf.): a) über Streitigkeiten hinsichtlich der Verfassungsmäßigkeit von Gesetzen und Maßnahmen des Staates und der Regionen mit Gesetzeskraft; b) über Zuständigkeitskonflikte zwischen den Staatsgewalten und über die zwischen Staat und Regionen sowie zwischen Regionen; c) über gegen den Präsidenten der Republik nach Maßgabe der Verfassung erhobene Anklagen (vgl. Art. 90 Verf.). *** Die Kontrolle der Verfassungsmäßigkeit der Gesetze kann auf dem Hauptweg von hierzu ausdrücklich berechtigten Subjekten (Staat, Regionen, autonome Provinzen) (vgl. §§ 37-47 Verfassungsgesetz vom 11.März 1953, Nr. 87) angestrengt werden oder auf dem Nebenweg durch einen Richter, der im Laufe eines Verfahrens die Verfassungsmäßigkeit des auf den konkreten Fall anzuwendenden Gesetzes für zweifelhaft hält. Die Frage der Verfassungsmäßigkeit muss in diesem letzten Falle für die Entscheidung in dem Verfahren von erheblicher Bedeutung sein und darf nicht offensichtlich unbegründet sein (vgl. § 1 Verfassungsgesetz vom 9.Februar 1948, Nr. 1; §§ 23-30 Verfassungsgesetz vom 11.März 1953, Nr. 87). 1.3. Die ordentliche Gerichtsbarkeit. – Die ordentliche Gerichtsbarkeit wird von ordentlichen Richtern ausgeübt, die als solche gelten, da sie gemäß den Bestimmungen der Gerichtsverfassung eingesetzt werden und ihnen unterworfen sind (Art. 102 Verf.; §§ 1 und 4 Kgl. Dekret vom 30.Januar 1942, Nr. 12). Ihre Verschiedenheit von den anderen Richtern rührt aus dem von der Verfassung vorgesehenen Vorbehalt ihrer Unabhängigkeit (Art. 101 104 Verf.) und auch daher, dass sie der Gewalt des Consiglio superiore della magistratura (“Oberster Richterrat” = Aufsichtsbehörde der Gerichte – im folgenden: CSM) unterstehen, der das Selbstverwaltungsorgan der Richterschaft ist (zu seiner Errichtung und Funktionsweise siehe Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195, und Dekret des Präsidenten der Republik vom 16.September 1958, Nr. 916). *** Die ordentliche Gerichtsbarkeit ist in zwei Bereiche unterteilt: den der Strafgerichtsbarkeit, deren Gegenstand die Entscheidung über die Begründetheit oder Unbegründetheit der strafbaren Handlung ist, die der Staatsanwalt gegen eine bestimmte Person angestrengt hat, sowie den der Zivilgerichtsbarkeit, deren Aufgabe der rechtliche Schutz der sich aus den Beziehungen zwischen Privatpersonen oder zwischen diesen und der öffentlichen Verwaltung ergebenden Rechte ist, wenn diese bei der Wahrnehmung ihrer Aufgaben das subjektive Recht einer anderen Person verletzt. Das Strafverfahren wird von einem ebenfalls der ordentlichen Richterschaft angehörenden Mitglied der Staatsanwaltschaft angestrengt (Art. 107 letzter Abs. Verf.). Das Zivilverfahren kann von jedem öffentlichen oder privaten, dann als Kläger bezeichneten Subjekt gegen ein anderes Subjekt angestrengt werden, das dadurch zum Adressaten der Klage und als Beklagter bezeichnet wird. Die Zivil- und Strafverfahren werden durch zwei eigene Sammlungen von Verfahrensvorschriften geregelt: die Zivilprozessordnung und die Strafprozessordnung. Der Zivilprozess wurde durch ein Gesetz aus dem Jahre 1990 (Nr. 353 vom 26.November) mit Wirkung vom 30.April 1995 teilweise geändert mit dem Ziel, seine Verhandlung schneller und effizienter zu machen. Die gegenwärtige Struktur gliedert den Verfahrensablauf in Sitzungen, die respektive der Feststellung der ordnungsgemäßen Gestaltung des Prozessrechtsverhältnisses, der Verhandlung der Sache und dem Versuch einer Schlichtung gewidmet sind, sowie der Beweisaufnahme, der Schlussverhandlung und der Entscheidung. Die Strafprozessordnung dagegen wurde 1988 vollständig neu gestaltet und ist von einem System, das die Ermittlung geprägt hatte, zu einem System übergegangen, das tendenziell die Anklage betont und unter anderem den Prinzipien der Parität von Anklage und Verteidigung und der mündlichen Beweisführung vor dem Richter in öffentlicher Verhandlung folgt (vgl. Gesetz vom 16.Februar 1987, Nr. 81, das den Auftrag zum Erlass der neuen Strafprozessordnung enthält). Nach zahlreichen gesetzgeberischen Eingriffen, die mit der Zeit unter mehreren Aspekten den Anklagecharakter des Verfahrens im Namen von Bedürfnissen nach einem Schutz der Gesellschaft vor dem Organisierten Verbrechen abgeschwächt hat, hat die jüngste Änderung des Art. 111 Verfassung, die mit dem Verfassungsgesetz vom 23.November 1999, Nr. 2, vorgenommen wurde, das an der Anklage inspirierte Prinzip der Beweisführung in streitiger Verhandlung ausdrücklich bestätigt und den Schutz des Rechts auf Beweis des Angeklagten unantastbar gemacht. Die Reform des Art. 111 Verfassung betrifft alle Verfahren – Zivil- und Strafprozesse wie auch Verfahren an Verwaltungs- oder Finanzgerichten – in den Teilen, in denen er die Regel des gerechten Verfahrens ausdrücklich garantiert, nach der jedes Verfahren in streitiger Verhandlung zwischen den Parteien unter den Bedingungen der Parität vor einem unparteiischen Richter stattfindet und eine angemessene Dauer haben muss. Das Recht auf die angemessene Verfahrensdauer hat vor kurzem mit dem Gesetz vom 24.3.2001, Nr. 89, das den Parteien das Recht zugesteht, im Falle seiner Verletzung vom Staat eine billige finanzielle Entschädigung zu fordern, ausdrückliche Anerkennung erfahren. Die ordentliche Gerichtsbarkeit wird von “Berufsrichtern” und “ehrenamtlichen Richtern” gepflegt, die gemeinsam die Richterschaft bilden (§ 4 Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12). Im Einzelnen setzt sich die Richterschaft zusammen aus: den Gerichtsreferendaren, den Richtern aller Dienstgrade an den Amts- Land-, Berufungs- und Kassationsgerichten sowie den Angehörigen der Staatsanwaltschaft. Zur Richterschaft gehörten ferner als ehrenamtliche Richter die Schiedsrichter und stellvertretenden Schiedsrichter (diese mittlerweile abge schafften Stellen laufen mit den gegenwärtigen Amtsinhabern aus); ehrenamtliche Richter sind heute die Friedensrichter (Gesetz vom 21.November 1991, Nr. 374; Dekret des Präsidenten der Republik vom 28.August 1992, Nr. 404), die im zivil- wie im strafgerichtlichen Bereich für die der Rechtsprechung der Berufsrichter entzogenen Sachen zuständig sind, die beigeordneten ehrenamtlichen Richter (Gesetz vom 22.Juli 1997, Nr. 276; Gesetzesverordnung vom 21.September 1998, Nr. 328, in Gesetz umgew. mit Gesetz vom 19.November 1998, Nr. 221), die die so gen. Liquidationssektionen bilden, die zur Aufarbeitung der bis zum 30.April 1995 anhängigen Zivilverfahren errichtet wurden, die ehrenamtlichen Richter an Landgerichten (die sogen. g.o.t. = giudici onorari di tribunale) zur Unterstützung der urteilenden Richter und die ehrenamtlichen stellvertretenden Staatsanwälte (die so gen. v.p.o. = vice procutatori onorari) bei den Untersuchungsbehörden, die Experten des Gerichts und der Jugendkammer des Berufungsgerichts, die Schöffenrichter der Schwurgerichte (Gesetz vom 10.April 1951, Nr. 287), die Experten des Gerichts für die Strafvollzugsüberwachung (vgl. § 70 Gesetz vom 26.Juli 1975, Nr. 354) und der Landwirtschaftsfachkammer (vgl. §§ 2-4 Gesetz vom 2.März 1963, Nr. 320). Derzeit wird die Rechtspflege in Zivil- und Strafsachen von dem Frie densrichter, dem Landgericht, dem Berufungsgerichtshof, dem Obersten Kassationsgerichtshof, de m Jugendgericht, dem Strafvollzugsüberwachungs richter und dem Überwachungsgericht wahrgenommen (§ 1 Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12). Mit der Reform, die den Einzelrichter für alle Verfahren der ersten Instanz einführte (Gesetzesverordnung vom 19.Februar 1998, Nr. 51), ist durch die Abschaffung der Gestalt des Amtsrichters und die Übertragung seiner Zuständigkeiten an das Landgericht die Umstrukturierung der erstinstanzlichen Gerichtsbehörden vollzogen worden, die heute sowohl eine monokratische Struktur aufweist für die weniger komplexen Fälle, als auch eine kollegiale Struktur für die Fälle größerer Komplexität. Entsprechend wurde die Staatsanwaltschaft des Amtsgerichts abgeschafft und ihre Aufgaben der Staatsanwaltschaft des Landgerichts übertragen. In diesem Rahmen haben die ehrenamtlichen Richter, die ihren Dienst beim nunmehr abgeschafften rechtsprechenden Organ (dem Amtsgericht) leisteten, ihre Benennung von “ehrenamtlicher stellvertretender Amtsrichter” in “ehrenamtlicher Richter am Landgericht” geändert. 1.4. Die Sondergerichtsbarkeiten. – Die Verfassung verbietet die Einsetzung von neuen “außerordentlichen oder besonderen” Richtern, während im Bereich der ordentlichen Gerichtsbarkeit die Errichtung spezialisierter Kammern für bestimmte Sektoren zulässig ist, die durch die gleichzeitige Anwesenheit im selben rechtsprechenden Organ von Mitgliedern der ordentlichen Richterschaft und von nicht der Richterschaft angehörenden, jedoch fachlich kompetenten Bürgern gekennzeichnet sind (z.B. die Landwirtschaftsfachkammern) (Art. 102 Verf.). *** Es sind jedoch auch Sonderrichter vorgesehen, und zwar die Verwaltungsrichter, die Richter am Rechnungshof sowie die Militärrichter, die es bereits vor dem Inkrafttreten der Verfassung gegeben hat (Art. 103 Verf.). *** Der Rechnungshof setzt sich aus Richtern mit besonderem Fachwissen im Rechnungswesen zusammen, und beim Rechnungshof ist eine Generalstaatsanwaltschaft eingerichtet, die mit Untersuchungsaufgaben betraut ist. Die Rechnungsgerichtsbarkeit ist erst vor kurzem reformiert worden, wobei unabhängige rechtsprechende und untersuchende Kammern auf regionaler Ebene errichtet wurden. Der Präsidialrat dieses Gerichtshofs ist sein Selbstverwaltungsorgan. Abgesehen von der Zuständigkeit für die präventive Kontrolle der Rechtmäßigkeit zahlreicher Handlungen der Regierung und anderer staatlicher Organe sowie für die nachträgliche Kontrolle der Haushaltsführung und der Verwaltung des Staatsvermögens durch die öffentlichen Stellen ist dem Rechnungshof die Beurteilung der Rechnungsführung der öffentlichen Hand, der Rentenanstalten und der Rechnungsführung anvertraut, für die die Angestellten und Beamten des Staates oder anderer öffentlicher Einrichtungen verantwortlich zeichnen. *** Die Militärrichter, denen die Zuständigkeit übertragen ist, über die von den Angehörigen der Streitkräfte begangenen Militärdelikte Recht zu sprechen, sind ein von der ordentlichen Richterschaft verschiedener Richterstand mit eigenem Selbstverwaltungsorgan, dem Obersten Rat der Militärrichterschaft. *** Die Verwaltungsgerichtsbarkeit ist einer Gruppe von ebenfalls von den ordentlichen Gerichten verschiedenen Organen anvertraut: den regionalen Verwaltungsgerichten als Richter der ersten Instanz und dem Staatsrat als Richter in zweiter Instanz. Das Selbstverwaltungsorgan der Verwaltungsrichter ist der Präsidialrat der Verwaltungsrichterschaft, der sich neben dem Präsidenten des Staatsrats, aus vier Richtern des Staatsrats und sechs Richtern der regionalen Verwaltungsgerichte auch aus Laienmitgliedern zusammensetzt, d.h. vier Bürgern, von denen unter den ordentlichen Universitätsprofessoren des Faches Jurisprudenz oder unter den Rechtsanwälten mit zwanzigjähriger Berufserfahrung zwei vom Parlament und zwei vom Senat der Republik mit absoluter Mehrheit gewählt werden. Dem Organ gehören auch stellvertretende Mitglieder an, die unter den Richtern des Staatsrats und der regionalen Verwaltungsgerichte ausgewählt werden. Die gegenwärtige Zusammensetzung mit der Anwesenhe it von Laienmitgliedern geht auf die jüngste Änderung des § 7 Gesetz vom 27.April 1982, Nr. 186, zurück, das die Ordnung der Verwaltungsgerichtsbarkeit enthält und durch das Gesetz vom 21.Juli 2000, Nr. 205, und insbesondere durch § 18 eingeführt wurde. Der Verwaltungsrichter nimmt die Prüfung der Rechtmäßigkeit der Verwaltungshandlungen vor (ohne jedoch in der Sache zu urteilen, d.h. ohne auf ihre Zweckmäßigkeit einzugehen): die Klage vor dem Organ der Verwaltungsgerichtsbarkeit gestattet es, die gerichtliche Aufhebung einer Verwaltungshandlung zu erreichen, die wegen Nicht-Zuständigkeit, Gesetzesverletzung oder Zuständigkeitsüberschreitung als fehlerhaft ein gestuft wird. Allgemein wird der Zuständigkeitsbereich von ordentlicher und Verwaltungsgerichtsbarkeit über die Bezugnahme auf die vor Gericht geltend gemachte, subjektive Position – Rechtsanspruch oder berechtig tes Interesse – festgestellt: die Verwaltungsgerichtsbarkeit ist (mit Aus nahme besonderer, der ausschließlichen Rechtsprechung des Verwaltungsrichters vorbehaltener Bereiche, die zuletzt mit dem Gesetz vom 21.Juli 2000, Nr. 205, vermehrt worden sind) der Richter des berechtigten Interesses. Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar) – Verfassung, Art. 90, 101-113, 134-137 – Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12 – Gesetz vom 21.November 1991, Nr. 374 – Gesetzesverordnung vom 19.Februar 1998, Nr. 51, §§ 1-48 – Gesetz vom 27.April 1982, Nr. 186, § 7 – Gesetz vom 21.Juli 2000, Nr. 205, § 18 – Gesetz vom 24.März 2001, Nr. 89 2. DIE VERFASSUNGSMÄSSIGE STELLUNG DER ORDENTLICHEN GERICHTSBARKEIT. 2.1. Unabhängigkeit und Autonomie. – Gemäß Verfassung ist die Richterschaft ein von jeder anderen Gewalt unabhängiger und autonomer Stand (Art. 104 Verf.) Die Autonomie bezie ht sich auf die organisatorische Struktur. Sie besteht gegenüber der Exekutivgewalt, da die Unabhängigkeit der Richterschaft beeinträchtigt würde, wenn die Entscheidungen über den beruflichen Aufstieg und den allgemeinen Status der Richter der Exekutive zustünden. Die Verfassung hat hingegen die Personalverwaltung der Richterschaft (Versetzungen, Beförderungen, Zuweisung von Ämtern und Disziplinarmaßnahmen) einem Selbstverwaltungsorgan übertragen (Art. 105 Verf.): Der CSM ist also der Garant der Unabhängigkeit der Judikative. Diese Autonomie besteht auch gegenüber der Legislative, und zwar in dem Sinne, dass der Richter allein dem Gesetz unterworfen ist (Art. 101 Verf.). Die Unabhängigkeit bezieht sich auf den praktischen Aspekt der rechtsprechenden Tätigkeit. Sie betrifft nicht die Richterschaft in ihrer Gesamtheit – die, wie vorstehend erläutert, bereits durch die Autonomie abgesichert ist –, sondern den einzelnen Richter im Augenblick der Ausübung der Rechtsprechung. Die Unabhängigkeit begründet und verwirklicht sich in Verbindung mit dem anderen Verfassungsprinzip, dass der Richter allein dem Gesetz unterworfen ist und das die Rückführung der Jurisdiktion auf die Volkssouveränität vollzieht. *** Unabhängigkeit und Autonomie sind Prinzipien, die die Verfassung auch dem Staatsanwalt zuerkennt (Art. 107 und 112 Verf.), insbesondere dort, wo die Strafverfolgungspflicht festgeschrieben ist. Gerade diese Pflicht zur strafrechtlichen Verfolgung trägt ja dazu bei, nicht nur die Unabhängigkeit des Staatsanwalts bei der Ausübung seines Amtes, sondern auch die Gleichheit der Bürger vor dem Strafgesetz zu gewährleisten. Die Autonomie und Unabhängigkeit des Staatsanwalts sind des Weiteren besondere Merkmale hinsichtlich der “internen” Amtsbeziehungen, wobei der Einheitscharakter dieser Behörde und die Weisungsbefugnis des dem Amt vorstehenden Staatsanwalts gegenüber den ihr angehörenden zweiten Staatsanwälten zu berücksichtigen ist (vgl. § 70 Kgl. Dekret vom 30.Janu-ar 1941, Nr. 12). 2.2. Unabsetzbarkeit. – Die Richter haben auch die Garantie ihrer Unabsetzbarkeit. Die Unabhängigkeit der Richter könnte in der Tat durch die Möglichkeit der Freistellung vom Dienst oder die Versetzung von einem Ort an einen anderen stark beeinträchtigt werden. Um dies zu vermeiden, schreibt die Verfassung vor, dass die Suspendierung, die Freistellung vom Dienst und die Versetzung eines Richters allein von der Aufsichtsbehörde der Richterschaft entweder mit seiner Zustimmung oder aber aus vom Gerichtsverfassungsgesetz vorgesehenen Gründen und mit den dort festgelegten Garantien beschlossen werden kann. In der Regel kann ein Richter daher nur mit seiner Zustimmung vorbehaltlich des Beschlusses des CSM an einen anderen Amtssitz versetzt oder anderen Aufgaben zugewiesen werden. Diese Maßnahme wird nach dem Entscheid eines Bewerbungsverfahrens unter den Anwärtern getroffen. Dieses Verfahren beginnt mit der Veröffentlichung der freien Stellen und der Erstellung einer Rangliste, die Dienstalter, Familien- oder Gesundheitsgründe und fachliche Eignungen berücksichtigt (die Verfahrensweise ist Gegenstand eines speziellen Rundschreibens des Selbstverwaltungsorgans: Rundschreiben Nr. 15098 vom 30.November 1993 und nachfolgende Änderungen). *** Die Fälle, in denen eine Versetzung von Amts wegen ausnahmsweise zulässig ist, sind bindend. Hierzu sollen, abgesehen von der ersten Stellenzuweisung für Gerichtsreferendare, die Fälle aufgezeigt werden, in denen die amtlich verfügte Versetzung darauf abzielt, den Interessen der Verwaltung an der Besetzung bestimmter Stellen zu genügen: man denke vor allem an die §§ 4 ff. Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570 und nachfolgende Änderungen, bezüglich der amtlich verfügten Besetzung der Richterstellen am Berufungsgericht, für die es keine Anwärter gibt; an § 10 Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831, über die amtlich verfügte Zuweisung von Kassationsaufgaben; sowie an §§ 3 ff. Gesetz vom 16.Oktober 1991, Nr. 321 und nachfolgende Änderungen, über die amtlich verfügte Versetzung an freie Stellen, für die es keine Anwärter gibt; an § 1 Gesetz vom 4.Mai 1998, Nr. 133, bezüglich der Besetzung ungünstig gelegener Gerichtssitze in Süd- und Inselitalien, die bekannterweise wenig begehrt und stets frei sind. Zusätzlich zu dem Fall, in dem die Dienststelle eines Richters aufgelöst wird (§ 2, Abs. III der Kgl. Gesetzesverordnung 511/46), hat der CSM auch dann die Befugnis, einen Richter von Amts wegen zu versetzen, wenn dieser „aus unverschuldeten Gründen an seiner Dienststelle nicht in der Lage ist, sein Amt unabhängig und unparteiisch auszuüben“ (§ 2, Abs. II der Kgl. Gesetzesverordnung 511/46): In diesem Fall ist die Abweichung vom Prinzip der Unabsetzbarkeit durch das als vorherrschend geltende Bedürfnis der Sicherstellung einer unabhängigen und unparteiischen Ausübung der Rechtsprechung angemessen gerechtfertigt, die hingegen bei einem Verbleiben des Richters an jener Dienststelle gefährdet wäre. Besonders wichtig ist es hierbei hervorzuheben, dass diese Art der amtlich verfügten Versetzung einzig für die Situation vorgesehen ist, in der eine „objektive Verhinderung“ des Richters an der Ausübung seiner Aufgaben an einer bestimmten Dienststelle besteht, während von Gründen, aus denen eine „Schuld“ des Richters ersichtlich wäre, ganz abgesehen wird. Die Versetzung wird als Ergebnis eines Verwaltungsverfahrens verfügt, das zwar durch die Berichterstattung von Dienststellenleitern oder Anzeigen durch Bürger initiiert wird, jedoch gänzlich CSM-intern abläuft und aus dem eine verwaltungsbehördliche Maßnahme hervorgeht, mit der dem Richter eine neue Dienststelle zugewiesen wird. Gegen diese Entscheidung kann der Richter Einspruch bei der Verwaltungsgerichtsbarkeit einlegen. Diese Art der Versetzung aufgrund schuldloser Unvereinbarkeit mit der Umgebung unterscheidet sich grundlegend sowohl von der amtlich verfügten Versetzung als Disziplinarstrafe gemäß § 13, Abs. 1 der Gesetzesverordnung 109/2006 als auch von der provisorischen Sicherungsmaßnahme gemäß § 13, Abs. 2 der Gesetzesverordnung 109/2006, welche im Rahmen eines Dis ziplinarverfahrens gegen einen Richter verhängt werden kann, falls schwerwiegende Elemente für die Stichhaltigkeit der Disziplinarklage sprechen und Gründe besonderer Dringlichkeit vorliegen. Im ersten Fall folgt die Strafe auf die Feststellung einer schuldhaften Verantwortung des Richters (d.h. mit Anerkennung einer Schuld) in einem Disziplinarverfahren, das auf ein Rechtsprechungsverfahren gegen den Richter folgt und mit einem Urteil der Disziplinarkammer des CSM endet. Gegen dieses Urteil kann bei den Vereinten Kammern des Kassationsgerichtshofs Berufung eingelegt werden. Im zweiten Falle gestaltet sich die amtlich verfügte Versetzung als regelrechte Sicherungsmaßnahme im Laufe eines Disziplinarverfahrens gegen den Richter, welche einer zukünftigen Verurteilung vorgreift. Sie wird vom Generalstaatsanwalt am Kassationsgerichtshof beantragt und in einem Zwischenschritt des Verfahrens mit Verordnung der Disziplinarkammer des CSM verfügt, gegen die beim Kassationsgerichtshof Einspruch erhoben werden kann. *** 2.3. Unparteilichkeit und im Voraus festgelegte Zuständigkeit. – Die Verfassungsordnung gewährt der Jurisdiktion weitere Garantien. Inbesondere wird durch das Prinzip der im Voraus durch Gesetz festgelegten Zuständigkeit des Richters (Art. 25 Verf. ) einerseits ein absoluter Geset zesvorbehalt hinsichtlich der richterlichen Zuständigkeit geschaffen und zugleich verboten, dass die richterliche Zuständigkeit durch zweitrangige Quellen oder nicht legislative Akte bestimmt wird; andrerseits ist vorgeschrieben, dass der zuständige Richter unter Bezug auf die dem zu beurteilenden Tatbestand vorausgehende Situation bestimmt und so verhindert wird, dass der Richter nachträglich ernannt wird. Mit dem Prinzip des gesetzlichen Richters, der per Gesetz im Voraus bestimmt wird, wird zugleich auch die Unparteilichkeit dessen gewährleistet, der die Rechtsprechung ausübt. Zu diesen Prinzipien kommt die Gerichtsverfassungsvorschrift bezüglich der Erstellung der Amtstabellen hinzu, in denen der Einsatz der einzelnen Richter und die Zuweisung der Geschäftssachen festgelegt werden (vgl. §§ 7 ff. Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12; vgl. ferner die spezifische, vom CSM eingeführte Regelung: zuletzt mit Rundschreiben Nr. 8873 vom 21.Mai 1997). Zu den Prinzipien der Unparteilichkeit und der im Voraus festgelegten Zuständigkeit stehen die Institute des Einsatzes (vgl. insbesondere § 110 Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12, sowie die detallierte Regelung im Rundschreiben des CSM Nr. 7704 vom 2.Mai 1991) und der Vertretung (vgl. insbesondere §§ 97, 105 und 109 Kgl. Dekret Nr. 12/1941, sowie die detaillierte Regelung im Rundschreiben des CSM Nr. 7704 vom 2.Mai 1991) nicht in Widerspruch, die das Ziel haben, eventuellen Mangelsituationen in einzelnen Justizbehörden durch die Verwendung anderer Richter zu begegnen, die gewöhnlich ihren Dienst an anderen Behördenstellen oder, jedoch mit anderen Aufgaben betraut, an derselben Behörde verse hen. Unter diesem Aspekt sei vielmehr auf das Gesetz vom 4.Mai 1998, Nr. 133 verwiesen, das wichtige Neuerungen für eine Verbesserung der Justizdienste enthält. Darunter kommt der Schaffung der so genannten “innerbezirklichen Tabellen” der Justizbehörden besondere Bedeutung zu. Diese Tabellen ersetzen keineswegs die bereits für die einzelnen Behörden üblicherweise vorgesehenen (vgl. § 7-bis Kgl. Dekret Nr. 12/1941), sondern werden zusätzlich dazu aufgestellt, um einen flexibleren und weiter reichenden Einsatz der Richter an einer größeren Anzahl von Justizbehörden zu ermöglichen (all denen, die im Bereich desselben Bezirks “zusammengefasst” sind), auch über den Rückgriff auf ebenfalls innovative Methoden wie die “gleichzeitige Zuteilung” desselben Richters an mehrere Justizbehörden und die “innerbezirkliche Vertretung” (cfr. § 6 zit. Gesetz). Es handelt sich um Institute, die stark mit den bereits erwähnten des Einsatzes und der Vertretung vergleichbar sind, durch die der Gesetzgeber ein effizienteres System zu schaffen beabsichtigt, um dem nicht seltenen Personalmangel und/oder der Verhinderung der Amtsinhaber zu begegnen und dabei die Einsatzmöglichkeiten des vorhandenen Justizpersonals quantitaiv und qualitativ auszuweiten. Stets unter dem Aspekt, den organisatorischen Schwierigkeiten der Justizbehörden wirksam zu begegnen, die sich als Konsequenz aus der zeitweisen Abwesenheit von Richtern ergeben, hat das jüngste Gesetz vom 13.Februar 2001, Nr. 48, das das Zugangssystem zur Richterlaufbahn reformiert und den Personalbestand um 1000 Stellen erhöht hat, bei jedem Berufungsgericht den Stellenplan der im Bezirk tätigen Richter geschaffen, um in den Fällen von Abwesenheit im Amt die Richter des Bezirks zur Vertretung einsetzen zu können. Die Fälle, in denen der Einsatz des Bezirksrichters gestattet ist, sind die Abwesenheit wegen zeitweiliger Beurlaubung aus Krankheits- oder anderen Gründen, wegen gesetzlichem oder wahlfreiem Schwangerschafts- oder Mutterschaftsurlaub oder wegen anderer Gründe, die das Gesetz vom 8.März 2000, Nr. 53, regelt (es enthält die Vorschriften für die Unterstützung bei Mutter- und Vaterschaft), wegen der Umwand lung in eine andere Stelle nicht unmittelbar mit dem Vollzug der Versetzungsmaßnahme eines anderen Richters auf die unbesetzt gelassenen Stelle, wegen vorsorglicher Suspendierung aufgrund eines schwebenden Strafoder Disziplinarverfahrens, sowie wegen Befreiung von gerichtlichen Tätigkeiten wegen der Teilnahme an der Prüfungskommission des Concorso (Anm.d.Ü.: das Prüfungs- und Auswahlverfahren auf nationaler Ebene für eine – meist – festgelegte Anzahl von Stellen) für Gerichtsreferendare. Die zahlenmäßige Iststärke des Personalbestands der Richter eines Bezirks wird nach Anhören des Obersten Richterrats unter Bezug auf die statistischen Abwesenheitsmittelwerte für jeden Bezirk in den drei Jahren vor Inkrafttreten des Gesetzes mit einem Dekret des Justizministers festgelegt und unterliegt alle zwei Jahre einer Revision, die stets auf der Grundlage der statistischen Abwesenheitsmittelwerte der vorausgehenden zwei Jahre erfolgt. 2.4. Strafverfolgungspflicht. – Die Gewährleistung der Unabhängigkeit des Staatsanwalts wird auch über die Festschreibung der Strafverfolgungs pflicht (Art. 112 Verf.) gesichert. Dieses Prinzip ist in dem Sinne zu verstehen, dass der Staatsanwalt, sobald er von einer Straftat Kenntnis erhalten hat, dazu angehalten ist, Ermittlungen durchzuführen, und er ist verpflichtet, die Ergebnisse dieser Ermittlungen dem Richter zur Beurteilung vorzulegen und dabei seine Anträge zu formulieren. Dies hat sowohl dann zu erfolgen, wenn er die Einstellung der Ermittlungen zu beantragen beabsichtigt, da sich die Tatmeldung als unbegründet erwiesen hat, als auch dann, wenn er der Auffassung ist, gegen eine bestimmte Person wegen einer bestimmten Straftat vorgehen zu müssen. Wie bereits angesproc hen trägt die Strafverfolgungspflicht dazu bei, nicht nur die Unabhängigkeit des Staatsanwalts bei der Ausübung seines Amtes, sondern auch die Gleichheit der Bürger vor dem Gesetz zu gewährleisten. Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar) – Kgl. Dekret vom 31.Mai 1946, Nr. 511 – Gesetz vom 13.Februar 2001, Nr. 48, §§ 1 und 4-8 3. DIE AUFSICHTSBEHÖRDE DER GERICHTE: DER CSM. 3.1. Wirkungsbereich. – Der Consiglio Superiore della Magistratura ist das Selbstverwaltungsorgan der ordentlichen Gerichte, dem gemäß den Bestimmungen der Gerichtsverfassung die Vornahme von Einstellungen, Zuweisungen und Versetzungen, Beförderungen und Disziplinarmaßnahmen gegen die Angehörigen der Richterschaft zustehen (vgl. Art. 105 Verf.) (zur Errichtung und Funktionsweise der Aufsichtsbehörde vgl. Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195 und Dekret des Präsidenten der Republik vom 16.September 1958, Nr. 916, sowie die von dem Selbstverwaltungsorgan selbst verabschiedete interne Ordnung). 3.2. Zusammensetzung. – Die Verfassung (Art. 104) schreibt vor, dass der CSM drei Mitglieder kraft Gesetzes hat: den Präsidenten der Republik, dem auch der Vorsitz gebührt, den Präsidenten des Kassationsgerichtshofes und den Generalstaatsanwalt beim Kassationsgerichtshof. Hinsichtlich der gewählten Mitglieder bestimmt die Verfassung zwar nicht deren Zahl, legt jedoch fest, dass zwei Drittel unter der ordentlichen Richterschaft der verschiedenen Kategorien (sogenannte Robenträger) und ein Drittel vom Parlament in gemeinsamer Sitzung unter Lehrstuhlinhabern für Jurisprudenz an den Universitäten und Rechtsanwälten mit mindestens fünfzehn Jahren Gerichtspraxis (sogenannte Laienmitglieder) zu wählen sind. Ebenfalls in der Verfassung wird die Amtsdauer der gewählten Ratsmitglieder auf vier Jahre festgelegt und bestimmt, dass diese nicht sofort wiederwählbar sind. Unter den Laienmitgliedern wählt der Rat einen Vizepräsidenten, der - abgesehen von der Führung des Vorsitzes bei den Plenarversammlungen (in Abwesenheit des Präsidenten der Republik bzw. im Auftrag dessen) - dem Präsidialausschuss vorsitzt, dessen Aufgaben die Gestaltung der Ratstätigkeit, die Umsetzung der Beschlüsse des CSM und die Verwaltung der Haushaltsmittel umfassen, denn der Rat verfügt über eigenständige Buchhaltung und Finanzautonomie. Die Zahl der gewählten Mitglieder und die Wahlformalitäten werden demnach von der ordentlichen Gesetzgebung festgelegt. Derzeit wird die Zahl der gewählten Mitglieder vom Gesetz Nr. 44/2002 (in Abänderung von § 1 des Gesetzes 195/58) auf 24 festgelegt – 16 Robenträger und 8 Laien. Letztere werden vom Parlament in gemeinsamer Sitzung in geheimer Abstimmung und mit Dreifünftel-Mehrheit der Versammlungsmitglieder für die ersten beiden Wahlgänge gewählt. Ab dem dritten Wahlgang ist die Dreifünftel-Mehrheit der abgegebenen Stimmen ausreichend. Die gewählten Robenträger setzen sich folgendermaßen zusammen: zwei unter den Amtsträgern am Kassationsgerichtshof (Richter und Staatsanwälte), welche ihr Amt in Rechtsinstanzen ausüben, vier unter Staatsanwälten in Tatsacheninstanzen und weitere zehn unter Richtern in Tatsacheninstanzen. Die Wahl der Robenträger erfolgt über ein Mehrheitssystem in einem landesweit einheitlichen Wahlkollegium für jede der o.a. zu wählenden Berufskategorien und basiert auf individuellen Kandidaturen, welche von mindestens 25 und höchstens 50 Richtern vorgelegt werden. Jeder Wähler erhält drei Wahlscheine für jedes der drei landesweit einheitlichen Kollegien und kann seine Stimme für jeweils nur einen Richter pro Kategorie abgeben: Rechts- und Tatsacheninstanz, richtendes und ermittelndes Amt. Die beim Kassationsgerichtshof eingerichtete zentrale Wahlkommission nimmt die Zählung der Stimmen vor und stellt die Gesamtheit der gültigen Stimmen sowie die für jeden Kandidaten abgegebenen Stimmen fest. Jene Kandidaten gelten als gewählt, welche die zahlenmäßig höchste Stimmenzahl entsprechend der Anzahl von zu verteilenden Mandaten pro Kollegium (bzw. pro Berufskategorie) erhalten haben. 3.3. Verfassungsmäßige Stellung des CSM. – Hinsichtlich der Stellung des Rates hat das Verfassungsgericht erklärt, dass es sich um ein Organ handelt, das zwar objektiv verwalterische Funktionen ausübe, nicht jedoch Teil der öffentlichen Verwaltung sei, da er nichts mit dem Organisationskomplex gemein habe, der direkt der Staats- oder den Regionsregierungen unterstehe. Mit Bezugnahme auf die Funktionen, die dem Rat von der Verfassung zugewiesen wurden, wurde dieser als “Organ mit sicherer verfassungsmäßiger Bedeutung” bezeichnet. Seine Funktionen, die als “Verwaltung der Rechtsprechung” definiert werden können, umfassen in erster Linie die Personalverwaltung der Richterschaft und konkretisieren sich in den Einstellun gen, Zuteilungen und Versetzungen, den Beförderungen und Disziplinarmaßnahmen, die die Richterschaft betreffen. Des Weiteren gehört zu seinem Aufgabenbereich auch die Organisation der Justizbehörden, wodurch versichert und garantiert werden soll, dass der einzelne Angehörige der Richterschaft bei der Amtsausübung “allein dem Gesetz” unterworfen ist. Unter die sem Aspekt ist zu unterstreichen, dass der Oberste Rat auf Vorschlag der Präsidenten der Berufungsgerichte und nach Anhörung der Justizräte alle zwei Jahre die Tabellen für die Besetzung der Justizbehörden jedes einzelnen Bezirks genehmigt und zugleich objektive und im Voraus festgelegte Kriterien für die Zuteilung der Geschäftssachen an die einzelnen Richter billigt. Der Rat nimmt also die Spitzenstellung in der für die Verwaltung der Rechtsprechung zuständigen bürokratisc hen Struktur ein und an ihr arbeiten mit unterschiedlichen Zuständigkeiten auch die Justizräte und die Leiter der einzelnen richtenden und ermittelnden Behördenstellen mit. 3.4. Paranormative Tätigkeit des CSM. – Dem Rat wird vom Gründungsgesetz die Befugnis zuerkannt, paranormative Verfügungen zu verab schieden, die sich auf drei Kategorien erstrecken können: a) interne Ordnung sowie Verwaltungs- und Buchführungsordnung, die beide vom Gesetz vorgesehen sind; es sind sekundäre, Vorschriften erlas sende Handlungen, die jedem politisch-administrativem Verfassungsorgan zuerkannt sind, und sie dienen der Reglementierung der Organisation und Funktionsweise des Rates; b) Ordnung für das Praktikum der Gerichtsreferendare, die ebenfalls aus drücklich vom Gründungsgesetz vorgesehen ist und die Dauer und Verlauf des Praktikums der gerade in die Gerichtslaufbahn eingestiegenen Juristen regeln soll; c) Rundschreiben, Beschlüsse und Richtlinien: die erstgenannten sind auf die wesentliche Aufgabe der Selbstregelung der Ausübung des Verwaltungsermessens zurückzuführen, das dem Selbstverwaltungsorgan von der Verfassung und dem ordentlichen Gesetz zuerkannt wird; mit den anderen beiden wird die Anwendung der Vorschriften der Gerichtsverfassung im Sinne einer systematischen Auslegung der Quellen vorgeschlagen und vorgenommen. Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar) – Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195 4. DER ZUGANG ZUR ORDENTLICHEN RICHTERSCHAFT. 4.1. Die Ausschreibung. – Der Zugang zur Richterlaufbahn erfolgt über einen öffentlichen Concorso (Anm. d. Ü.: das Prüfungs- und Auswahlverfahren auf nationaler Ebene für eine – meist – festgelegte Anzahl von Stellen) gemäß Art. 106, Abs. 1 der Verfassung. Die Zugangsordnung zur Richterlaufbahn (Concorso für die Stelle eines Gerichtsreferendars) war vor allem in den letzten Jahren Gegenstand verschiedener Eingriffe des Gesetzgebers mit dem Ziel, einerseits die Dauer der Prüfungsund Auswahlverfahren zu verkürzen und andererseits höhere Qualifikationsanforderungen an die Anwärter zu richten, während ursprünglich allein der Studienabschluss in Rechtswissenschaften erforderlich gewesen war. Mit der Gesetzesverordnung Nr. 398/97 wurden bei den Universitäten Spezialisierungsschulen für den Zugang zu Rechtsberufen eingerichtet, damit dort die Ausbildung der Universitätsabsolventen mit Abschluss in Rechtswissenschaft, die sich spezifisch für die Berufe Richter, Staatsanwalt, Rechtsanwalt und Notar interessierten, vervollständigt werde. Diese Schulen, deren konkr ete Einrichtung dann ab akademischem Jahr 2001-2002 erfolgte, stellen am Ende des zweijährigen Studiengangs ein Diplom aus, das eine der Voraussetzungen für die Zulassung zum Concorso für den Richterberuf darstellt. Erklärtes Ziel dabei ist auch die Förderung einer einheitlichen Ausbildung für alle Berufsbilder, die in Zukunft bei der Ausübung oben aufgeführter beruflicher Tätigkeiten miteinander zu tun haben werden. Im Zeitraum zwischen Inkrafttreten des Gesetzes und tatsächlicher Einrichtung der Spezialisierungsschulen wurde zur Rationalisierung und Beschleunigung der Prüfungsprozedur und um eine Vorauswahl aus der Masse der Teilnehmer am Concorso zu tätigen, eine Vorprüfung eingeführt (zusätzlich zu schriftlicher und mündlicher Prüfung), die unter Einsatz von EDV-Systemen und Multiple-Choice-Fragebögen über die Studienbereiche, die den schriftlichen Prüfungen zugrundeliegen, durchgeführt wurde. Nach Einrichtung der Spezialisierungsschulen mit Numerus Clausus und Auswahlverfahren auf der Grundlage von EDV-Prüfungen und Curricula der Kandidaten wurde die EDV-basierte Vorprüfung aus dem vom Gesetz 48/2001 festgelegten neuen Zugangsverfahren gestrichen, das zur weiteren Beschleunigung der Prüfungskorrekturen auch die Figur des „externen Korrektors“ eingerichte t hatte, welche in Wirklichkeit nie zur Umsetzung gekommen ist. Denn hierzu wäre eine Durchführungsregelung erforderlich gewesen, die letztlich nicht erlassen wurde. In diesem Falle sah das Gesetz vor, dass den schriftlichen Prüfungen für die Richterschaftsanwärter eine computerisierte Vorprüfung vorausgehen sollte, und das geschah. Der Concorso für Gerichtsreferendare wird vom Justizministerium auf Beschluss des CSM ausgeschrieben, wobei letzterer auch festlegt, wie viele Stellen ausgeschrieben werden sollen, und setzt sich aus drei schriftlichen Prüfungen zusammen: und zwar in Zivil-, Straf- und Verwaltungsrecht (als Übergangslösung hat Gesetz 48/2001 die Ausschreibung von drei Concorsi bestimmt, bei denen jeweils nur zwei der drei o.a. schriftlichen Prüfungen durchgeführt werden sollten, wobei die Entscheidung des tatsächlich geprüften Fachs am Prüfungstag selbst mittels Verlosung getroffen wurde). Danach gibt es eine mündliche Prüfung über dieselben Fächer, die bereits Gegenstand der schriftlichen Prüfungen waren (beim Zivilrecht fließen auch grundlegende Elemente des römischen Rechts ein), wozu Zivilund Strafprozessverfahren, Verwaltungsrecht, Verfassungsrecht, Steuerrecht, Arbeitsrecht, Sozialrecht, EU- und internationales Recht sowie Elemente der EDV-Anwendung in der Justiz hinzukommen. Die Prüfungskommission wird 10 Tage vor Beginn der schriftlichen Prüfungen (bzw. der EDVgestützten Vorprüfung) vom CSM ernannt. Der Vorsitz wird einem Richter oder Staatsanwalt des Kassationsgerichtshofs anvertraut, der sein Amt in Rechtsinstanzen ausübt und der über die Eignung für weitere Beurteilungen zur Erteilung höherer Leistungsaufgaben verfügt. Die Kommission selbst besteht aus einem Richter/Staatsanwalt, dessen Mindestqualifikation in der Eignung für die Beurteilung zur Ernennung zum Richter/Staatsanwalt am Kassationsgerichtshof besteht, der die Funktion des Vizepräsidenten übernimmt, aus 22 Richtern mit der Mindestqualifikation Berufungsrichter sowie aus acht Universitätsdozenten in rechtswissenschaftlichen Fächern. Die von der Kommission gebildete Rangliste auf der Grundlage der Gesamtsumme aller Noten, die in den einzelnen Prüfungen vergeben werden, muss vom CSM bestätigt werden. Die Sieger des Prüfungswettbewerbs werden zu Gerichtsreferendaren ernannt und einer erstinstanzlichen Justizbehörde, die auch Sitz eines Berufungsgerichts ist, zur Absolvierung ihres Praktikums zugewiesen, entsprechend Verordnung des Präsidenten der Republik (DPR) vom 17. Juli 1998. Das Praktikum besteht aus der Teilnahme und Mitarbeit an der Gerichtstätigkeit von Richtern und Staatsanwälten, denen der Referendar zugeteilt wurde, im zivil- und strafrechtlichen Bereich in ihren Eigenschaften sowohl als Einzel- oder Kollegialrichter oder als Staatsanwälte. Dabei fehlt es jedoch nicht an theoretischen Bildungseinheiten wie der Organisation von Studientreffen für Gerichtsreferendare, die sowohl beim Zentralsitz des CSM als auch dezentriert bei den Justizräten und Bildungsreferenten der einzelnen Gerichtsbezirke (welche alle zwei Jahre vo m CSM ernannt werden) stattfinden. Die Dauer des Ausbildungspraktikums darf in der Regel 18 Monate nicht unterschreiten. Es ist weiter in ein “Grundpraktikum“ von mindestens 13 Monaten Dauer und ein „spezifisches Praktikum“ über den restlichen Zeitraum hinweg unterteilt. Letzteres folgt aus der vom Referendar gewählten Dienststelle und ist darauf ausgerichtet die spezifisch am Bestimmungsort des Referendars geforderten Kompetenzen auszubilden. Das Praktikum wird vom CSM geleitet, koordiniert und kontrolliert. Für die konkrete Organisation werden die Kollegialorgane in den Bezirken, die Justizräte und die bei diesen Organismen eingerichteten Kommissionen herangezogen. Das Praktikum zielt darauf ab, die Berufsausbildung der Gerichtsreferendare zu sichern und deren Eignung für die Ausübung gerichtlicher Ämter festzustellen. 4.2. Die direkte Ernennung. – Die Verfassung sieht als Ausnahme von der Einstellung über Ausschreibungen die direkte Ernennung von ordentli chen Universitätsprofessoren der Jurisprudenz oder von Rechtsanwälten mit mindesten fünfzehnjähriger Berufspraxis und Eintragung in die Sonderregister für höhere Instanzen zum Kassationsrat “für hervorragende Verdienste” vor (Art. 106 Verf.). Diese Bestimmung wurde vor kurzem mit Gesetz vom 5.August 1998, Nr. 303, zur Ausführung gebracht, und sie ist Gegenstand des CSM-Rund-schreibens P.-99-03499 vom 18.2.1999. Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar) – Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12, §§ 121-130 – Gesetz vom 15.Mai 1997, Nr. 127, § 17 Abss.113 und 114 – Dekret des Präsidenten der Republik vom 17.Juli 1998 – Gesetzesverordnung vom 17.November 1997, Nr. 398 – Gesetz vom 13.Februar 2001, Nr. 48 5. DIE LAUFBAHN DER ORDENTLICHEN RICHTER. Der Karriereverlauf für Richter und Staatsanwälte ist gleich. Zum Übergang vom einen zum anderen Amt ist lediglich eine Beurteilung der Eignung erforderlich. Nach der Ausbildungszeit kann den Gerichtsreferendaren eine Stelle in der erstinstanzlichen Rechtsprechung zugewiesen werden. Der CSM erstellt eine Liste der freien Stellen und beruft die Gerichtsreferendare ein, die in der Reihenfolge der Rangliste des Concorso und eventueller sie begünstigender Rechte ihre Präferenzen angeben. Bezüglich des Karriereverlaufs sei daran erinnert, dass die Gerichtsverfassung von 1941 festlegte, dass der Zugang zu den “höheren” Ämtern (Berufungs- und Kassationsgerichtshöfen) nur über ausgeschriebene Concorsi und Beurteilungen erfolgen dürfe. Das Inkrafttreten der Verfassung und insbesondere des Art. 107 Abs.3, demzufolge sich “die Angehörigen der Richterschaft nur aufgrund ihrer unterschiedlichen Ämter voneinander unterscheiden”, hat hier zu einer grundlegenden Neuregelung geführt. Mit einer Reihe späterer Gesetze (Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570, über die Ernennung zum Richter am Berufungsgerichtshof; Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831, über die Ernennung zum Richter am Kassationsgerichtshof) wurde denn der Karriereverlauf über ausgeschriebene Concorsi und Beurteilungen abgeschafft und die automatische Beförderung nach Dienstalter – vorbehaltlich schuldhaften Vergehens – eingeführt. Das System ist also folgendermaßen gegliedert: Das für die Ernennung zum Richter am Landgericht erforderliche Dienstalter beträgt zwei Jahre ab Dienstantritt als Gerichtsreferendar mit richterlichen Aufgaben (vgl. Gesetz vom 2.April 1979, Nr. 97); nach elf Dienstjahren können die Richter am Landgericht zum Richter am Berufungsgericht ernannt werden (Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570); das für die Erklärung der Eignung für die Ernennung zum Richter am Kassationsgericht erforderliche Dienstalter beträgt sieben Jahre ab Ernennung zum Berufungsrichter; nach weite ren acht Jahren können die Richter als für die Ernennung zu höheren leitenden Ämtern geeignet erklärt werden (Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831). Wenn das erforderliche Dienstalter erreicht ist, wird vom CSM die Beförderung nach Anhörung des zuständigen Justizrats beschlossen. Im Falle einer Ablehnung wird der Richter nach Ablauf einer bestimmten Frist erneut einer Beurteilung unterzogen. Dieses derzeit geltende System basiert auf der Trennung von Dienstgrad und ausgeübtem Amt, d.h., die Beförderung zu einem höheren Dienstgrad hängt nicht von der effektiven Zuteilung einer dem erreichten Dienstgrad entsprechenden Stelle ab. Um zum Beispiel effektiv einer Stelle am Berufungsgericht zugeteilt zu werden (wie der eines Berufungsge richtsrats), muss der Richter effektiv die Ernennung zum Dienstgrad Berufungsrichter erhalten haben; umgekehrt kann ein Berufungsricher oder ein Richter, der die Erklärung seiner Eignung für die Ernennung zum Kassationsrichter erhalten hat, weiterhin ohne jeglicher zeitliche Befristung in seinem bisherigen Amt verbleiben, auch wenn dieses einem niedrigeren Dienstgrad entspricht. Vor kurzem wurde sogar die Möglichkeit der so gen. Umkehrbarkeit der Amtsausübung eingeführt und es den Richtern, die eine Stelle an Berufungs- oder Kassationsgericht innehaben, gestattet, auf Antrag einer Stelle an Instanzgerichten bezw. jeglichem anderen Amt am Instanzgerichten zugeteilt zu werden, auch wenn diese dem Dienstgrad eines Richters am Landgericht entsprechen (§ 21-sexies Gesetzesverordnung vom 8.Juni 1992, Nr. 306, in Gesetz umgew. mit Gesetz vom 7.August 1992, Nr. 356). Die einzige unmittelbare Folge einer Beförderung ist die entsprechende Besoldung. Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar) – Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570 – Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831 – Gesetz vom 2.April 1979, Nr. 97 6. DIE LEITER DER GERICHTSBEHÖRDEN. Der Präsident des Kassationsgerichtshofs, der Generalstaatsanwalt an diesem Gerichtshof und die amtsleitenden Richter und Staatsanwälte der erst- und zweitinstanzlichen Gerichtsbehörden besorgen die Leitung ihrer Behörden und nehmen dabei unter Beachtung der vom Rat ausgegebenen Richtlinien Aufgaben der “Rechtsprechungspflege” sowie dem Zweck der Rechtsprechung dienende “Verwaltungsaufgaben” wahr. Die Übertragung von Leitungsstellen wird vom CSM nach Überein kunft mit dem Justizministerium entschieden (vgl. § 11 Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195; § 22 Interne Ordnung CSM). Die Kriterien, auf deren Grundlage die Leiter ausgewählt werden, sind Eignung, Verdienst und Dienstalter, die sich zweckmäßig ergänzen sollen. Die vergleichende Beurteilung der Anwärter hat das Ziel, an die Spitze der zu besetzenden Behörde den Kandidaten zu stellen, der unter Berücksichtigung der Erfordernisse hinsichtlich der Funktionsfähigkeit der Behörde und eventuell der spezifischen örtlichen Charakteris tiken am besten geeignet ist (vgl. CSM-Rundschreiben Nr. 13000 vom 7.Juli 1999). Für die Übertragung der Spitzenämter des Kassationsgerichtshofs und des Gerichtshofs für Wasserrecht ist das Verfahren der vergleichenden Beurteilung auf die Richter beschränkt, die im Verlauf der letzten fünfzehn Jahre für die Dauer von mindestens zwei Jahren Inhaber höherer Leitungsstellen waren, die für die Dauer von mindestens vier Jahren in der Rechtsprechung an Instanzgerichten tätig gewesen sind und auf Anfrage des CSM ihre Bereitschaft dazu erklärt haben (vgl. CSM-Rundschreiben Nr. 13000 vom 7.Juli 1999 in der Ergänzung durch den Beschluss vom 7.März 2001). 7. DIE DISZIPLINARRECHTLICHE VERANTWORTUNG DES RICHTERS. 7.1 Disziplinarvergehen. Mit der Gesetzesverordnung Nr. 109/2006 zur “Regelung der Disziplinarvergehen von Richtern und Staatsanwälten, der Bestrafung und des dazugehörenden Anwendungsverfahrens“ erfährt das vorausgehende System erhebliche Änderungen, die im Zusammenhang mit der allgemeinen Justizreform stehen, welche mit dem Gesetz Nr. 150 des Jahres 2005 erfolgte. Der erste Abschnitt der Gesetzesverordnung ist in zwei Kapitel unterteilt, wovon sich das eine den Disziplinarvergehen widmet und das andere den Disziplinarstrafen. Bei den Disziplinarvergehen wird zwischen zwei Kategorien unterschieden: auf der einen Seite stehen Vergehensarten, die bei der Amtsausübung begangen werden und auf der anderen Vergehen, die außerhalb begangen werden. In der Substanz ist die Regelung auf eine Typisierung der Disziplinarvergehen ausgerichtet, wobei sowohl das Verhalten im Amt als auch das Verhalten in außeramtlichen Umfeld Beachtung findet, ohne dass ausschließende Normen aufgestellt werden. Der erste Paragraf der zitierten Gesetzesverordnung ist den „Pflichten des Richters“ gewidmet und umfasst eine detaillierte Aufstellung der grundlegenden Pflichten, welche ein Richter bzw. Staatsanwalt bei der Amtsausübung zu erfüllen hat. Dabei handelt es sich um deontologische Prinzipien und Werte, die für die Rechtsprechung gelten und sich an den Pflichten orientieren, die in Doktrin und Jurisprudenz allgemein anerkannt sind. Es wird auf die Pflichten der Unparteilichkeit, Korrektheit, Sorgfalt, Arbeitsamkeit, Zurückhaltung, Ausgeglichenheit sowie die Achtung der Würde der Personen als grundlegende Prinzipien verwiesen, die bei der Amtsausübung zu beachten sind. § 2 der Gesetzesverordnung enthält ein detailliertes und bindendes Verzeichnis der Arten von Disziplinarvergehen in Amtsausübung während Art. 3 eine Reihe von außerhalb der Amtsausübung an den Tag gelegten Verhaltensweisen aufzählt, die Anlass für ein Disziplinarverfahren geben können. Die richterliche Tätigkeit, welche in Auslegung von rechtlichen Normen und Beurteilung von Tatsachen und Beweisen besteht, kann niemals Anlass für eine disziplinarrechtliche Verantwortung geben. Abgesehen davon wurden 25 typische Tatbestandshypothesen für Vergehen bei der Amtsausübung aufgestellt. Von diesen werden mit reinem Beispielswert jene Verhaltensweisen genannt, bei denen unter Verletzung der richterlichen Pflichten einer der Parteien ungerechtfertigte Schädigung zugefügt bzw. unrechtmäßige Vorteile gewährt werden: wie z.B. die Unterlassung der Benachrichtigung des CSM über das Vorliegen einer Situation der Unvereinbarkeit wegen Verwandtschaft, welche von § 18 und 19 der Gerichtsordnung geregelt wird, sowie die bewusste Missachtung der Pflicht zur Befangenheitserklärung; weiter gewöhnlich oder schwerwiegend unkorrektes Verhalten gegenüber den Parteien, ihren Verteidigern, den Zeugen oder anderen Personen, die an der Dienststelle in Beziehung zum betreffenden Richter stehen, d.h. gegenüber anderen Richtern, Staatsanwälten oder Justizbeamten; ungerechtfertigte Einmischung in die Amtstätigkeit eines anderen Richters oder Staatsanwalts bzw. auch die Unterlassung der Meldung beim Leiter der Dienststelle durch den Richter, der die Einmischung erlitten hat, sowie schwerwiegende Gesetzesverstöße wegen Unwissenheit oder unentschuldbarer Fahrlässigkeit und Nichterkennung von Sachverhalten aufgrund unentschuldbarer Fahrlässigkeit sowie zahlreiche weitere, ebenso bedeutsame Umstände. In § 3 der Gesetzesverordnung werden 8 Tatbestände aufgeführt, die sich auf disziplinarrechtlich relevante Verhaltensweisen außerhalb der Amtsausübung beziehen. Es wird zum Beispiel die Nutzung der Richterwürde zur Erlangung ungerechtfertigter Vorteile für die eigene Person oder für andere Personen genannt, weiter der Umgang mit Personen, gegen die ein von diesem Richter/Staatsanwalt verhandeltes Straf- oder Sicherungsver fahren anhängig ist, oder der Umgang mit Personen, von denen dem Richter/Staatsanwalt bekannt ist, dass sie zum Gewohnheits-, Berufs- oder Neigungsverbrecher erklärt worden sind bzw. die aufgrund nicht fahrlässiger Verbrechen zu Freiheitsstrafen über drei Jahren verurteilt oder gegen die Sicherungsmaßnahmen verhängt worden sind - vorbehaltlich der Rehabilitierung -, sowie der bewusste Unterhalt von Geschäftsbeziehungen mit solchen Personen. Weiter werden genannt: die Übernahme von außeramtlichen Aufträgen ohne die vorgeschriebene Genehmigung durch den CSM, die Beteiligung an geheimen Vereinigungen oder an solchen, deren Auflagen objektiv nicht mit der Amtsausübung vereinbar sind, sowie die Mitgliedschaft in politischen Parteien bzw. eine systematische und ko ntinuierliche Beteiligung daran ebenso wie die Teilnahme an Aktivitäten im Wirtschafts- und Finanzsektor, welche die Amtsausübung beeinflussen oder das Ansehen des Richters beinträchtigen können. § 4 der Verordnung beschreibt weiterhin jene Disziplinarvergehen, die als Folge von Straftaten bestehen, wobei eine Art automatische Konsequenz zwischen den Tatbeständen, für die es zu einer Verurteilung für vorsätzliche Straftaten gab, und der Disziplinarmaßnahme aufgestellt wird. Für fahrlässig begangene und mit Freiheitsentzug geahndete Straftaten muss hingegen eine besondere Schwere aufgrund der Ausführungsart und der Folgen der Straftat festgestellt werden. 7.2 Disziplinarstrafen - Der zweite Abschnitt der Gesetzesverordnung legt das System der Strafen in dieser Reform der Disziplinarverantwortung fest. Das Gesetz sieht verschieden Strafarten vor, welche an die einzelnen zuvor beschriebenen Disziplinartatbestände angepasst werden. Das Gesetz hat nämlich die Anwendung des Kriteriums tale crimen talis poena als gebührende Folge der Typisierung der Vergehen eingeführt. Die verschiedenen vom Gesetz vorgesehenen Strafen umfassen: die Ermahnung, die in einem Hinweis des Richters auf die Erfüllung seiner Pflichten besteht; den Verweis, der in einer formellen Rüge besteht; den Verlust von Dienstalter von mindestens zwei Monaten und höchstens zwei Jahren; den vorübergehenden Ausschluss von Führungsämtern oder höheren Ämtern von mindestens sechs Monaten bis höchstens zwei Jahren; e) die Amtsenthebung, welche im Ausschluss des Richters von seinem Amt bei gleichzeitiger Aussetzung der Gehaltszahlungen und Ausgliederung aus dem Stellenplan der Richterschaft besteht; f) die Amtsentlassung, welche das Ende des Dienstverhältnisses bedeutet. a) b) c) d) Darüber hinaus gibt es die Zusatzstrafe der Zwangsversetzung, welche vom Disziplinarrichter als Maßnahme ergriffen werden kann, wenn dieser eine schwerere Strafe als die Ermahnung verhängt. In einigen spezifisch vom Gesetz festgeschriebenen Fällen wird diese Zusatzstrafe immer verhängt. Die Zwangsversetzung kann auch als Vorsichts- oder vorübergehende Maßnahme verhängt werden, wenn schwerwiegende Elemente für die Begründetheit der Disziplinarmaßnahme sprechen und besondere Dringlichkeitsgründe vorliegen. 7.3 Das Disziplinarverfahren - Das Disziplinarverfahren hat die Eigenschaften eines Gerichtsverfahrens und wird von den Normen der Strafprozessordnung geregelt – soweit vereinbar. Das Disziplinargericht ist ein kollegiales Organ, bestehend aus der Disziplinarkammer des CSM mit sechs Mitgliede rn: dem Vizepräsidenten des CSM, der den Vorsitz führt, und fünf vom CSM unter seinen Angehörigen gewählten Mitgliedern, worunter sich ein vom Parlament gewähltes Laienmitglied, ein Richter/Staatsanwalt des Kassationsgerichts, der tatsächlich in einer Rechtinstanz wirkt, und drei Richter/Staatsanwälte in Tatsacheninstanzen befinden müssen. Das Disziplinarverfahren wird vom Justizminister und vom Generalstaatsanwalt am Kassationsgerichtshof eingleitet. Die zuvor seinem Ermessen unterstellte Erhebung der Disziplinarklage wurde für den Generalstaatsanwalt in einen Pflichtakt verwandelt, während sie für den Minister weiterhin eine Ermessensfrage bleibt. Die Verbindlichkeit der Disziplinarklage folgt aus der Entscheidung für die Typisierung der Vergehen, welche der Vorgehensweise im Bereich der Strafjustiz sehr ähnlich ist, und eine strikte Einhaltung des Prinzips der Rechtssicherheit auferlegt, sodass Ungewissheiten hinsichtlich der Anwendung so weit als möglich aus dem Raum geschafft werden mussten. Das Gesetz beinhaltet auch eine allgemeine Klausel zur disziplinarrechtlichen Irrelevanz eines Verhaltens, wenn es sich um Fakten „unerheblicher Relevanz“ handelt. Diese Klausel ist für eine andere Wirkungsebene bestimmt als die Einstellungsbefugnis des Generalstaatsanwalts, dient allerdings denselben Zwecken. So hat der Generalstaatsanwalt die Befugnis, das Verfahren selbständig einzustellen, wenn die beanstandete Tat kein disziplinarrechtlich relevantes Verhalten darstellt oder Gegenstand einer nicht eingehend begründeten Klage bildet, bzw. wenn diese zu keiner der vom Gesetz erfassten Typologien gehört oder wenn aus den angestellten Untersuchungen hervorgeht, dass es den Umstand nicht gab bzw. dass die Tat nicht begangen wurde. Ein solcher Einstellungsbeschluss wird dem Justizminister übermittelt, der innerhalb von zehn Tagen Kopie der Akten anfordern und in den darauffolgenden sechzig Tagen beim Präsidenten der Disziplinarkammer einen Termin für eine Verhandlung zur mündlichen Besprechung beantragen kann, indem er eine Anschuldigung formuliert. Bei der Verhandlung wird Rolle der Anklage auch in diesem Fall vom Generalstaatsanwalt oder seinem Stellvertreter ausgeübt. Das Gesetz bestimmt, dass nach diesem ersten Stadium die Klage binnen eines Jahres ab dem Moment erhoben werden muss, in dem der Generalstaatsanwalt am Kassationsgericht aufgrund einleitender Untersuchungen oder einer begründeten Anzeige oder einer Signalisierung durch den Justizminister Kenntnis von dem Vorfall erhalten hat. Gemäß der Gesetzesverordnung hat der Generalstaatsanwalt dann binnen zwei Jahren ab Verfahrensbeginn seine Schlussanträge zu formulieren, und binnen zwei Jahren ab Antragstellung muss die Disziplinarkammer des CSM ihren Spruch abgeben. Das Gesetz hat weiter festgelegt, dass der Ans pruch auf Erhebung von Disziplinarklage zehn Jahre nach dem Vorfall verjährt. Der Beschuldigte ist binnen dreißig Tagen über die Erhebung der Disziplinarklage zu benachrichtigen. Er kann sich im Verfahren von einem anderen Richter oder einem Rechtsanwalt vertreten lassen. Daraufhin werden zunächst vom Generalstaatsanwalt Untersuchungen angestellt, im Anschluss die Strafanträge formuliert, die Akten an die Disziplinarkammer des CSM übermittelt und der Beschuldigte darüber in Kenntnis gesetzt. Entweder beantragt der Generalstaatsanwalt nun den Einstellungsbeschluss oder er formuliert die Beschuldigung und beantragt die Ansetzung eines mündlichen Verhandlungstermins. Der Eingriff des Justizministers in ein Disziplinarverfahren kann - abgesehen von der Erhebung der Disziplinarklage durch die Beantragung von Untersuchungen - im Antrag auf die Ausweitung einer vom Generalstaatsanwalt erhobenen Klage auf weitere Vorfälle bestehen, in der Befugnis, bei vom Generalstaatsanwalt erhobenen Klagen eine Integration zur Disziplinarbeanstandung zu formulieren und bei von ihm selbst erhobenen Klagen die Änderung der Disziplinarbeanstandung zu fordern, weiter in der Befugnis, die Anschuldigung zu formulieren und eigenständig die Einleitung des Disziplinarprozesses einzufordern, wenn er nicht mit einem vom Generalstaatsanwalt gestellten Antrag auf Freispruch einverstanden ist. Die Verhandlung im Disziplinarprozess erfolgt öffentlich mit Berichterstattung durch ein Mitglied der Disziplinarkammer, mit der amtlichen Beweisaufnahme und mit der Lesung von Berichten, Inspektionen, Akten und während der Untersuchungsphase erhobenen Beweisen sowie der Beibringung von Unterlagen. Die Disziplinarkammer fasst ihren Beschluss nach Anhörung der Parteien und gegen diese Entscheidung kann vor den Vereinten Zivilkammern des Kassationsgerichtshofs Berufung eingelegt werden, während ein rechtskräftiges Urteil revisionsfähig bleibt. Gesetzesquellen (Text nur in italienischer Sprache verfügbar) – Kgl. Gesetzesverordnung Nr. 511/1946 – Gesetz vom 25 Juli 2005, Nr. 150 – Gesetzesverordnung vom 23 Februar 2006, Nr. 109 8. DIE ZIVILRECHTLICHE VERANTWORTUNG DES RICHTERS. Die disziplinarrechtliche Verantwortung ergibt sich aus der Verletzung der Amtspflichten, die der Richter bei seiner Ernennung dem Staat gegenüber auf sich genommen hat. Davon verschieden und weiterreichend ist die zivilrechtliche Verantwortung, die der Richter dagegen den Prozessparteien oder anderen Verfahrensbeteiligten gegenüber wegen etwaiger, bei der Aus übung seiner Amtstätigkeiten begangener Fehler oder Übertretungen übernimmt. Diese letztgenannte Form der Verantwortung, die der eines jeden anderen Staatsbeamten entspricht, hat ihre Grundlage im Art. 28 der Verfassung. Im Anschluss an eine Volksabstimmung, die zur Aufhebung der zuvor geltenden, die zivilrechtliche Verantwortung des Richters stark einschränkende Regelung führte, findet dieser Bereich heute seine Regelung im Gesetz vom 13.April 1988, Nr. 117. Unter substantiellem Gesichtspunkt bestätigt das Gesetz das Prinzip der Wiedergutmachung eines jeden ungerechten Schadens, wenn dieser auf das Verhalten, Handlungen oder Maßnahmen eines Richters zurückzuführen ist, die dieser bei der Ausübung seiner Amtstätigkeit mit “Vorsatz” oder “grober Fahrlässigkeit” vorgenommen hat, oder wenn dieser die Folge einer “Rechtsverweigerung” ist (§ 2). Nachdem das Gesetz die Begriffe “grobe Fahrlässigkeit” (§ 2 Abs.3) und “Rechtsverweigerung” genau ausgeführt hat, stellt es klar, dass jedoch weder die Auslegung der gesetzlichen Bestimmungen noch die Beurteilung des Tatbestands und der Beweise eine Haftung nach sich ziehen können (§ 2 Abs.2): in dieser Hinsicht ist, im Falle der Offensichtlichkeit, der Schutz der Parteien durch den Rückgriff auf das Anfechtungsverfahren gegen die für fehlerhaft angesehenen Rechtsprechungsmaßnahme ausschließlich endoprozessual. Dagegen kann unter Beibehaltung der Unangreifbarkeit der Rechtsprechung in Bezug auf den Sachbestand gegebenenfalls dort Raum für die disziplinarrechtliche Verantwortung des Richters sein, wo die beständige Rechtsprechung der Disziplinarkammer des CSM eine anomale oder makroskopische Gesetzesverletzung bezw. einen verzerrten Gebrauch des Richteramts vorliegen sieht. Hinsichtlich des Verfahrens sei darauf hingewiesen, dass die Verantwortung für die Schadensersatzleistung beim Staat liegt, gegen den der Geschädigte vorgehen kann (§ 4), aber im Falle einer Bestätigung seiner Haftpflicht kann sich der Staat unter bestimmten Bedingungen am Richter schadlos halten (§ 7). Die Haftungsklage und das entsprechende Verfahren unterliegen besonderen Regeln: darunter betreffen die wichtigsten die Unterordnung der strafrechtlichen Verfolgbarkeit der Handlung unter die Beschreitung aller normalen Wege der Anfechtung und der anderen Mittel für eine Änd erung oder Aufhebung der für unrechtmäßig schädigend gehaltenen Maßnahme und die Festlegung einer Frist für ihre Abwicklung (§ 4); die Erklärung der Zulässigkeit der Klage zur Überprüfung der entsprechenden Voraussetzungen, zur Einhaltung der Fristen und zur Beurteilung der eventuell vorliegenden “offensichtlichen Unbegründetheit” (§ 5); das Eingriffsrecht des Richters in das Verfahren gegen den Staat § 6). Zur Gewährleistung der Transparenz und Unparteilichkeit des Verfahrens ist die Verlagerung der Zuständigkeit für die Aufnahme der Erkenntnisse bestimmt (§§ 4 und 8), um zu vermeiden, dass dafür ein Richter derselben Behörde berufen wird, in der der Richter, von dessen Tätigkeit vermutlich ein unrechtmäßiger Schaden herrührt, Dienst leistet oder geleistet hat. Die Kriterien für die Feststellung des zuständigen Richters sind vor kurzem mit Gesetz vom 2.Dezember 1998, Nr. 420, geändert worden, um wirklich jegliche Gefahr einer Voreingenommenheit im Erkenntnisverfahren zu vermeiden. Gesetzesquellen (Text nur in italienischer Sprache verfügbar) – Gesetz vom 13.April 1988, Nr. 117 9. DIE STRAFRECHTLICHE VERANTWORTUNG DES RICHTERS . In strafrechtlicher Hinsicht steht außer Zweifel, dass der Richter in seiner Eigenschaft als Amtsperson für die von ihm begangenen Straftaten, die eben diese subjektive Amtsposition voraussetzen, zur Verantwortung gezogen werden kann (zum Beispiel: Amtsmissbrauch, Bestechung, Bestechung bei gerichtlichen Handlungen, Erpressung unter Missbrauch der Amtsgewalt, Unterlassung von Amtshandlungen u.s.w.). Parallel dazu kann er bei strafbaren Handlungen von Privatpersonen gegen die öffentliche Verwaltung auch gemeinsam mit dem Staat die Eigenschaft als geschädigte Person haben (der klassische Fall ist der der Beamtenbeleidigung und insbesondere der Beleidigung des Richters während der Verhandlung). Hierzu sei daran erinnert, dass mit dem bereits erwähnten Gesetz vom 2.Dezember 1998, Nr. 420, die Zuständigkeitsregelung für die Verfahren gegen Richter tiefgreifend reformiert worden ist, um auch im Hinblick auf die Transparenz den Richtern, die dazu berufen werden, Verfahren zu entscheiden, die aus verschiedenen Gründen andere Kollegen betreffen, die größtmögliche Unabhängigkeit im Verfahren zu gewährleisten. Die Strafprozessregeln wurden in einschneidender Weise geändert (§ 11 Strafprozessordnung und § 1 Ausführungsbestimmungen zur Strafprozessordnung), und zwar durch die Schaffung eines Mechanismus zur Bestimmung des zuständigen Richters, um die Gefahr “gegenseitiger” (oder “überkreuzter”) Zuständigkeiten zu vermeiden, die in der Vergangenheit erhebliche Anlässe zu Betroffe nheit gegeben haben. Und vor allem durch die Einführung eines entsprechenden Mechanismus zur Verlagerung der Zuständigkeiten bei Zivilverfahren wurde eine Lücke geschlossen, die durchaus begründete Zweifel an der Verfassungsmäßigkeit gegeben hat. Text und Überarbeitung: Ufficio Studi ZWEITER TEIL PROBLEME BEI DER ANWENDUNG DES GELTENDEN SYSTEMS 1. DIE GRUNDLAGEN DER UNABHÄNGIGKEIT UND AUTONOMIE DES RICHTERS. In unserem Rechtssystem kommt den Prinzipien der Unabhängigkeit und Autonomie des Richters große Bedeutung zu. Diese Bedeutung rührt aus einer einerseits konzeptuellen und andererseits historischen Erfordernis her. Was die erste anbelangt, ist die Tatsache zu berücksichtigen, dass es zu den Systemen des civil law gehört. Sehr approximativ kann man sagen, dass in diesen Systemen das Gesetz – bezw. das, was im Verfahren als Entscheidungsregel zur Lösung des Falles hervortritt – von anderen Staatsorganen geschaffen wird – überwiegend vom Parlament, manchmal von der Regierung, heute auch von den niedrigeren Gebietskörperschaften –, während der Richter es anwendet. Das bedeutet, dass der Richter nur auf indirekte Art und Weise an der Schaffung des Rechts teilnimmt. Diese konzeptuelle Ausrichtung hat es ermöglicht, die Rolle des Richters als die des Verwalters eines öffentlichen, innerhalb fester Bindungen auszuübenden Amts zu gestalten. Daher rührt die Überzeugung, dass ein Richter über einen Concorso (Anm.d.Ü.: das Prüfungs- und Auswahlverfahren auf nationaler Ebene für eine – meist – festgelegte Anzahl von Stellen) ins Amt gelangen, die Stellung eines Staatsbeamten einnehmen und dabei keinerlei Sachkontrolle seiner Handlungen unterworfen sein kann, da die Sachbestände zuvor bereits vom Gesetz festgelegt worden sind. Daher rührt ferner die Notwendigkeit, dass Unabhängigkeit und Autonomie gewährleistet sein müssen, denn bei der Ausübung seines Amtes muss er nicht nur unparteiischer Dritter sein, sondern auch als solcher in Erscheinung treten. Neutralität und Unparteilichkeit sind vielmehr jene Eigenschaften, die den Richter 210 Das italienische Justizsystem von den anderen Organismen unterscheiden, die andere staatliche Funktionen wahrnehmen. Hinsichtlich des zweiten Grundes, d.h. des historischen, soll unterstrichen werden, dass der derzeitige Aufbau unseres Systems nach dem Zweiten Weltkrieg auf der Grundlage der republikanischen Verfassung entstanden ist, deren demokratische Tendenz zu der zweifelsohne autoritären faschistischen Herrschaftsform im Gegensatz steht. In der Vergangenheit war es in der Tat zu Missbräuchen bei der Justizverwaltung gekommen, die auf drei Faktoren zurückgeführt werden können: a) Beschränkungen des Handlungsrechts bei Gerichtsverfahren; b) von außen auf die Richterschaft ausgeübter Druck; c) Einrichtung von Sondergerichten. Es ist offensichtlich, dass bei der Neugründung des Staates unsere Verfassung, die 1998 ihr fünfzigjähriges Bestehen feiern konnte, besonders aufmerksam versucht hat, eine Wiederholung dieser Art von Missbräuchen und Verirrungen zu vermeiden. 2. DAS VERFASSUNGSPRINZIP DER NEUTRALITÄT DES RICHTERS. Die Neutralität des Richters wird in der Verfassung insbesondere durch folgende Vorschriften gewährleistet: a) das Verbot der Verfahrenseinleitung auf Initiative des Gerichts (Art. 24 Absatz eins); b) die Garantie des gesetzlichen Richters (Art. 25 Absatz eins); das Verbot der Einsetzung von außerordentlichen oder besonderen Richtern (Art. 102); die Unterwerfung des Richters unter das Gesetz (Art. 101 Absatz zwei). Die in diesen Bestimmungen enthaltenen Prinzipien sind durch Art. 6 der Europäischen Menschenrechtskonvention, die Italien mit Gesetz vom 4.August 1955, Nr. 848, in seine Rechtsordnung übernommen hat, weiter bestätigt und bekräftigt worden und bildeten die Grundlage für die Änderung des Art. 111 der Verfassung, die mit dem Verfassungsgesetz vom 23.November 2000, Nr. 2, vorgenommen wurde. Diese Prinzipien sollen kurz näher betrachtet werden. Das Verbot einer nichtamtlichen Verfahrensinitiative geht im Gegensatz aus Art. 24 hervor, der dagegen in seinem Wortlaut das grundlegende Prinzip zum Ausdruck bringt, demzufolge es nicht möglich ist, dem Bürger Einschränkungen oder Hindernisse bei seiner ihm von der Rechtsordnung zuerkannten Möglichkeit der Verteidigung seiner substantiellen Positionen im Rechtsverfahren aufzuerlegen. Ist also vom positiven Standpunkt aus gesehen die Achtung der dem Einzelnen zuerkannten substantiellen Situationen jedwede Einschränkung seiner Verteidigungsansprüche im Verfahrensverlauf unmöglich macht, erlegt vom negativen Standpunkt aus gesehen (dies ist die Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 211 Kehrseite des Art. 24) eine gleiche Beachtung auf, dass nur der tatsächliche Inhaber der substantiellen Situation darüber entscheiden kann, ob er den Rechtsschutz in Anspruch nehmen will oder nicht. Der Verfassungsgeber war sich außerdem voll bewusst, dass die Bürger einen Richter, der erst nach Beginn des Rechtsstreits oder Verfahrens oder auf jeden Fall auf der Grundlage von Kriterien ausgewählt wird, die nach dem Beginn der Auseinandersetzung erarbeitet worden sind, nicht als gesetzlichen Richter empfinden. Auf der Grundlage dieser Erfordernisse ist der Richter gesetzlich, der nach objektiven Kriterien gewählt wird, die bereits vor Verfahrensbeginn bestanden haben. Dies reicht jedoch nicht aus, um jede Gefahr zu vermeiden, denn der ordentliche Gesetzgeber könnte dieses Prinzip durch die Schaffung von ad hoc-Richtern umgehen, denen die “objektiven, vorher bestehenden Kriterien” dann die Zuständigkeit für bestimmte Rechtsstreitigkeiten übertragen würden. Unter diesem Gesichtspunkt muss Art. 25 Absatz eins mit Art. 102 Absatz zwei in Verbindung gebracht werden, der das Verbot der Bestellung von außerordentlichen Richtern (deren Bestellung eben für bestimmte Verfahren erfolgt) aufstellt. Was die Unterwerfung des Richters allein unter das Gesetz anbelangt, ist festzustellen, dass Absatz zwei des Art. 101 ebenfalls eine doppelte Lesart gestattet. In seiner positiven Form erfüllt er die Erfordernis, die Autonomie und Unabhängigkeit des Richters zu garantieren, der dadurch nicht dem Druck vonseiten der anderen Verfassungsorgane ausgesetzt ist und dessen einzige Unterordnung ausschließlich in der dem Gesetz gegenüber besteht. Im Gegenlicht betrachtet verwandelt sich diese Garantie in eine Schranke: denn wenn es wahr ist, dass der Richter nur dem Gesetz unterworfen ist, ist ebenso wahr, dass er über das Gesetz nicht hinausgehen darf und dass er im Gesetz die dort festgelegten Wertungsmaßstäbe für die einzelnen konkreten Fälle suchen und finden muss. Zur weiteren Verstärkung dieser Schranke bestimmt Art. 111 Absatz sechs, dass der Richter die Gründe seiner Entscheidungen ausdrücklich darzulegen hat, um so nicht nur dem direkten Empfänger seiner Entscheidung, sondern auch dem Volk selbst, in dessen Namen die Rechtspflege erfolgt, die Prüfung zu ermöglichen. 3. DIE AUFSICHTSBEHÖRDE DER GERICHTE: DER CSM. Besondere Aufmerksamkeit hat der Verfassungsgeber dem Problem der Autonomie und Unabhängigkeit des Richters gewidmet. Zu diesem Zweck hat er die ordentliche Richterschaft als “einen von jeder anderen Staatsgewalt autonomen und unabhängigen Stand” ins Leben gerufen (Art. 212 Das italienische Justizsystem 104) und ein Selbstverwaltungsorgan geschaffen: die Aufsichtsbehörde der Gerichte (den Consiglio Superiore della Magistratura, abgekürzt: CSM, den Obersten Richterrat), der die gesamte Laufbahn aller Richter anvertraut ist (Art. 105). Die Schaffung dieses Organs geht auf eine Debatte der verfassungsgebenden Versammlung zurück, die Ende 1947 stattfand. Die “Verfassungsväter” waren sich der Notwendigkeit bewusst, das “Band der Unterordnung” der Richterschaft unter die Exekutive zu durchtrennen und diese “als einen Stand (ins Leben zu rufen), der sich selbst verwaltet, d.h. von jeder anderen Gewalt unabhängig ist” und die Unabhängigkeit seiner Angehörigen gewährleisten würde (Abg. Leone). Man bestimmte die Aufgaben des Selbstverwaltungsorgans (die der Abg. Ruini geistreich als “die vier Nägel” bezeichnete): Bestellung, Beförderungen, Disziplin und Versetzungen. Lange wurde über seine Zusammensetzung diskutiert. Zwei Thesen standen einander gegenüber. Die eine, die von der Richterschaft selbst und von denjenigen vorgeschlagen worden war, denen eine strenge Auslegung der Gewaltenteilung besonders am Herzen lag (zum Beispiel den Abgeordneten Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri usw.), forderte, dass der CSM nur aus Richtern bestehen sollte, weil nur auf diese Art und Weise die Gefahr von Fremdeinflüssen (Dominedò) sowie der “Einmischung der Politik in die einzelnen Entscheidungen, der unrechtmäßigen Ausübung von Druck und der Übergriffe auf die Justizbehörden” (Abg. Caccuri) vermieden würden. Die andere These ging dagegen von der Überzeugung aus, dass man es vermeiden sollte, einen eigenständigen Organismus zu schaffen und den CSM zu einem Despoten der Richterschaft zu machen (Abg. Grassi). Es sollte die Erfordernis verfolgt werden, eine institutionelle Eintracht zu verwirklichen (Abg. Varani), eine Kontinuität zwischen Gesellschaft und Institutionen zu sichern und die Justiz einen Hauch des sie umgebenden Lebens spüren zu lassen (Abg. Leone), sowie die Schaffung eines “Staates im Staat”, einer “geschlossenen und unerreichbaren Kaste” (Abg. Preti), die “isoliert und verantwortungsfrei” ist (Abg. Dominedò), ein “Mandarinenamt” (Abg. Persico), ein vom Verwaltungsapparat des Staates gänzlich getrenntes und der Kontrolle des Organs der Volksvertretung, den Informationsmedien und der öffentlichen Meinung selbst entzogenes Organ (Abg. Cappi) zu verhindern. Der in Art. 97 des ursprünglichen Verfassungsentwurfs enthaltene Vorschlag gab dem CSM eine paritätische Besetzung mit der “zusätzlichen” Beteiligung des Ersten Präsidenten des Kassationsgerichtshofs als Vizepräsident. Der Kontrast zwischen der beiden aufgezeigten Positionen mündete in einen Kompromiss, und in der Nachmittagsitzung des 12.November 1947 Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 213 wurde die vom Abg. Scalfaro eingebrachte Abänderung gebilligt: zwei Drittel der Mitglieder sollen Robenträger sein und ein Drittel der Mitglieder Laien. Diskussionen gab es auch über den Vorsitz des CSM. Ursprünglich wurde vorgeschlagen, den Vorsitz oder zumindest den stellvertretenden Vorsitz dem Justizminister oder dem Ersten Präsidenten des Kassationsgerichtshofs zu übertragen. Diese Vorschläge wurden abgelehnt, um dem CSM eine absolute strukturelle Unabhängigkeit zu gewährleisten (Abgg. Calamandrei und Buozzi). Man entschied sich dafür, den Vorsitz dem Staatsoberhaupt als Garanten seiner Einheit (Abg. Buozzi) zu geben mit einer Lösung, die auch den Erfordernissen einer “institutionellen Symmetrie” (Abg. Leone) entsprach und der Notwendigkeit zu verhindern, dass der CSM “ein geschlossenes und widerspenstiges Organ” werde, eine Art “Komet, der eigenständig aus seiner verfassungsmäßigen Bahn ausbrechen könnte” (Abg. Calamandrei). Im Bewusstsein der Tatsache, dass das Staatsoberhaupt nur bei besonderen Anlässen am Ratsleben würde teilnehmen können, dachte man, ihm ein Hilfsorgan zur Seite zu stellen, das den effektiven Vorsitz des Rates übernehmen würde. Auch hierbei dachte man zunächst an den Justizminister oder an den Ersten Präsidenten des Kassationsgerichtshofs (Abgg. Leone, Condorelli und Perlingieri); schließlich erreichte man einen Kompromiss und einigte sich darauf, dass der Vizepräsident des Rates unter den Laienmitgliedern gewählt wird. Die Schaffung des Selbstverwaltungsorgans stellte den Aufgabenbereich des Justizministeriums in ein völlig neues Licht, sodass jemand sogar seine Abschaffung vorgeschlagen hat (Abg. Patricolo). Dem Minister wurden hingegen “Restaufgaben” bei der Organisation und Verwaltung der Justizbehörden und der Verwaltung, bei der Verbrechensvorbeugung und dem Strafvollzug sowie bei der Überwachung der Gesetzmäßigkeit des Verhaltens der Richterschaft übertragen. 4. DAS TÄTIGKEITSFELD DES CSM. Nach dieser kurzen Darstellung der Gründe, die zur Schaffung des CSM geführt haben, ist es angebracht, nun in Kürze seine Stellung im Institutionsgefüge unseres Landes darzustellen. Gemäß Art. 105 der Verfassung “obliegen nach den Vorschriften der Gerichtsverfassung dem Consiglio superiore della magistratura Einstellungen, Amtszuteilungen und Versetzungen, Beförderungen und Disziplinarmaßnahmen gegen Richter”. 214 Das italienische Justizsystem Es steht außer Zweifel, dass der Rat von der Verfassung als Organ mit Verfassungsrang beschrieben worden ist. Damit ist verbunden, dass der Rat durch Verwaltungsakte handelt, die in Italien der Rechtskontrolle durch den Verwaltungsrichter unterworfen sind (zuletzt bestätigt mit Entscheidung des Verfassungsgerichts Nr. 419/1995). Diese Lösung bringt einige Schwierigkeiten mit sich, vor allem wenn der Rat die Leiter der Justizbehörden ernennt. In diesen Fällen sieht unsere Gerichtsverfassung nämlich vor, dass die Ernennung im Einvernehmen mit dem Justizministerium erfolgt (diese Lösung hat das Verfassungsgericht in seiner Entscheidung Nr. 379/1992 für verfassungsmäßig befunden). Dies lässt daran denken, dass – zumindest in Fällen tatsächlichen Einvernehmens (mit einer klaren, auch politischen Bedeutung) – die Kontrolle des Verwaltungsrichters ziemlich verringert werden sollte. Im Disziplinarbereich übernimmt der CSM die Rolle eines rechtsprechenden Organs. Die Disziplinarrechtsprechung über die Richter wird von einer aus neun Mitgliedern (sechs Robenträgern und drei Laien) bestehenden Kammer des Rates wahrgenommen, deren Entscheidungen der Rechtmäßigkeitskontrolle durch den Kassationsgerichtshof unterworfen sind. Demzufolge ist das letzte Wort in die Richterschaft betreffenden Disziplinarsachen dem obersten Organ der Richterschaft selbst übertragen. In diesem Zusammenhang ist es angebracht hervorzuheben, dass die italienische Rechtsordnung keine typischen Formen von Disziplinarvergehen, sondern eine allgemeine Annahme vorsieht – die davon geleitet ist, dass der Richter des Vertrauens unwürdig wird, das er genießen soll, oder dass er das Ansehen der Richterschaft beeinträchtigt – der Art, dass es dann Aufgabe des Disziplinarrichters ist, von Fall zu Fall beurteilen zu müssen, ob das Vertrauen verletzt oder das Ansehen beeinträchtigt wurde, und die der Schwere des nachgewiesenen Vergehens angemessene Strafe festzustellen (Ermahnung, Verweis, Verlust von Dienstalter, Amtsenthebung, Amtsentlassung). Die Erfahrung dieser vierzig Jahre hat letztlich gezeigt, dass der CSM seinen Zuständigkeitsbereich über den Erlass von Rundschreiben, Regelungen und Richtlinien mit externer Gültigkeit sowie manchmal mit Akten politischer Tendenz zunehmend ausgeweitet hat. Mit Bezug auf die Rundschreiben, Regelungen und Richtlinien hat man von einer paranormativen Tätigkeit gesprochen, die häufig so weit führte, dass die geltende Gesetzgebung ausgelegt und mitunter integriert wurde, und zwar mit Auswirkungen, die zwar keine bindende Rechtkraft haben, aber doch in der Lage sind, sowohl die Bedeutung der Ratsakte als auch “das Verhalten ihrer potentiellen Empfänger” (Sorrentino) zu konditionieren. Diese Entwicklung hat im Mittelpunkt lebhafter Diskussionen gestanden. Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 215 5. DIE MÖGLICHEN FORMEN EINER DRUCKAUSÜBUNG AUF DEN RICHTER. Geringe Aufmerksamkeit oder gar keine widmeten die Verfassungsgeber anderen Formen des Drucks, die die “Neutralität” des Richters beeinflussen können. Diese Formen des Drucks können folgendermaßen zusammengefasst werden: a) Druck aus den Reihen der Richterschaft selbst; b) Druck aufgrund besonderer Beziehungen des Richters zum Streitfall oder zu einer der beteiligten Parteien; c) Druck aufgrund bestimmter Ideologien bezw. spezifischer: aufgrund politischer Bindungen oder Bindungen zu Vereinigungen; d) oder als letztes – von organisierten Gruppen ausgeübter Druck. A) Bisher wurde der in Absatz drei von Art. 107 enthaltenen Bestimmung, derzufolge “die Richter sich nur nach den ausgeübten Ämtern unterscheiden”, absoluter Vorrang eingeräumt, um eine praktische Annullierung der Laufbahn zu erreichen, die heute fast automatisch ist und bis zum Dienstgrad des Kassationsrats, der zur Wahrnehmung leitender Funktionen befähigt, offene Amtsbesetzungen zulässt, da die tatsächlich ausgeübten Ämter vom Dienstgrad losgelöst sind (so kann der Fall eintreten, dass ein Richter eines beliebigen Kleinstadtgerichts die gesamte Berufslaufbahn bis zum Kassationsrat durchläuft, ohne jemals seinen ursprünglichen Dienstsitz zu verlassen). Die Gründe für diese gesetzgeberische Entwicklung sind in der Tatsache zu suchen, dass das vorherige System die Richter der Macht der Behördenleiter unterwarf, sie zur Konformität mit den Entscheidungen des Kassationsgerichtshofs anhielt und sie angreifbar machte, wenn sie Karrierewünsche gehabt hätten. Diesen Gründen ist nichts entgegenzusetzen. Anzuzweifeln ist jedoch, ob der zur Lösung eingeschlagene Weg der beste gewesen ist. Das Verfassungsgericht (Entscheidung Nr. 87/1982) hat nicht zufällig Art. 23, Absatz zwei Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195, in dem Teil für verfassungswidrig erklärt, wo er bestimmte, dass die Kassationsrichtern vorbehaltenen Sitze im CSM von “Richtern (eingenommen werden könnten), die zwar den Dienstgrad innehaben, die entsprechenden Funktionen jedoch noch nicht wahrnehmen”. Das Verfassungsgericht hat so bestätigt, dass es, um in den CSM gewählt zu werden, nicht ausreichend ist, dass die Kassationsrichter die Eignung zur Ausübung der entsprechenden Funktionen besitzen, sondern sie effektiv wahrnehmen müssen. B) Die besonderen Beziehungen zum Streitfall oder zu den Parteien werden (nicht von der Verfassung, sondern) von der Prozessordnung bedacht. Die §§ 51 ff. der Zivilprozessordnung und 37 ff. der Strafprozess- 216 Das italienische Justizsystem ordnung regeln die Befangenheitserklärung und die Ablehnung des Richters und legen die (einander entsprechenden) Fälle fest, in denen der Richter die Pflicht hat, sich für befangen zu erklären, oder die Partei das Recht, seine Ablehnung zu fordern (dabei handelt es sich um Interessen-, Verwandtschafts-, besondere Freundschafts-, Feindschafts-, Schuld- oder Forderungsbeziehungen bezw. die Möglichkeit, dass der Richter Gelegenheit gehabt habe, seine Meinung zum Fall zum Ausdruck zu bringen). Das Thema der richterlichen Befangenheit und der Ablehnung hat in den vergangenen Jahren besondere Bedeutung gewonnen, denn je weiter die gerichtliche Kontrolle in die Begebenheiten der Lebens vordringt, desto rigoroser muss die Beurteilung der Unparteilichkeit des Richters sein. Es versteht sich von selbst, dass sich das Problem vor allem und in erster Linie beim Strafprozess stellt, für dessen Bereich das Verfassungsgericht die Verfassungswidrigkeit von § 34 Abs.2 Strafprozessordnung erklärt und eine Situation der Inkompatibilität erkannt hat zwischen dem Richter, der die Untersuchungshaft ausgesprochen hat, und dem Richter, der Mitglied des Richterkollegiums der Verhandlung ist (siehe die Entscheidungen Nr. 432/1995 und dann Nr. 131/1996 und Nr. 155/1996). Gleich darauf begann man an der Verfassungsmäßigkeit des Paragraphen 51 Abs.1 Nr. 4 Zivilprozessordnung zu zweifeln, und zwar in dem Teil, der keinen spezifischen Inkompatibilitätsgrund darin erkennt, dass ein Richter in der Tatsacheninstanz ein Verfahren führt und entscheidet, über dessen Streitigkeit er bereits in der Phase des vor Einleitung der Sachklage stattgegebenen Sicherstellungsverfahrens Kenntnis erhalten hat. Das Verfassungsgericht hat diese Klage zurückgewiesen (Entscheidung Nr. 326/1997, bekräftigt mit der Verfügung vom 9.Juli 1998, Nr. 315) und den Standpunkt vertreten, dass sich das Sicherstellungsverfahren bei seinem normalen Einsatz auf eine zusammenfassende Kenntnis stützt, die die Entscheidungsfindung zur Sache nicht beeinträchtigt, da diese erst auf der Grundlage der Ergebnisse einer umfassenden Kenntnisnahme erfolgt. Konkret kann sich ein Problem also nur dann stellen, wenn der Richter des Sicherstellungsverfahrens unter Abweichung von der normalen Praxis Untersuchungen anstellt, die das darauf folgende Erkenntnisnahmeverfahren des Sachinstanzrichters beinahe überflüssig macht. In diesem Fall muss der Richter – so das Verfassungsgericht – erwägen, ob nicht schwer wiegende Gründe dafür vorliegen, beim Leiter der Dienststelle die Genehmigung seiner Freistellung wegen Befangenheit zu beantragen. Auf dieser Grundlage wurden die Verfassungsklagen zu § 669-octies Zivilprozessordnung (Verfügung vom 20.Mai 1998, Nr. 193) und § 354 Zivilprozessordnung zurückgewiesen (letzterer gestattet es dem Richter der Anfechtungsklage, in bestimmten Fällen die Klage an denselben Richter zurückzuverweisen, Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 217 der die angefochtene Entscheidung erlassen hat: Entscheidung Nr. 341/1998); zu § 186-quater Zivilprozessordnung (der es demselben Richter, der die so gen. Nachuntersuchungsentscheidung erlassen hat, gestattet, das Urteil zu verkünden: Entscheidung Nr. 168/2000); zu § 703 Zivilprozessordnung (für den Teil, der es dem Richter, der die possessorische Verfügung erlassen hat, gestattet, das darauf folgende Sachverfahren zu verhandeln: Entscheidung Nr. 120/2000); zu § 24 Arbeiterschutzgesetz (für den Teil, der es dem Richter, der die Sofortmaßnahme erlassen hat, gestattet, vom Einspruch Kenntnis zu erhalten: Entscheidung Nr. 387/1999) und zu §§ 98 und 146 Konkursgesetz (für den Teil, in dem sie es gestatten, dass der Konkursrichter von Einspruchsklagen gegen die Schuldenaufstellung und den von ihm zugelassenen Haftungsklagen Kenntnis hat: Entscheidungen Nr. 167/2001 und 176/2001). Auch aus dieser knappen Übersicht wird deutlich, dass das Verfassungsgericht, nachdem es zunächst vielleicht zu stark das Pedal eines formalen Garantismus gedrückt hatte, nun – im Zivilprozess – die Bremse zog und versucht, bei Vorliegen einer Situation, die die Unparteilichkeit des Richters konkret beeinträchtigt, ein Gleichgewicht zu finden. B1) Die lebhafte Auseinandersetzung, die in den vergangenen Jahren vor allem in Bezug auf den Strafprozess geführt wurde, hat ihren Niederschlag in einer Änderung des Art. 111 Verfassung gefunden, der, um der Bedeutung der Unparteilichkeit des Richters maximal Nachdruck zu verleihen, auf Verfassungsebene die Notwendigkeit bekräftigt hat, dass das Verfahren in streitiger Verhandlung vor einem neutralen und unparteiischen Richter stattfindet und dass im Strafprozess der Beweis in der Verhandlung zu erbringen ist. Die anschließende gewöhnliche Gesetzgebung wurde angewiesen, diese Prinzipien konkret zu verwirklichen. Unter den jüngsten Gesetzen sei hingewiesen auf: 1. das Gesetz vom 7.Dezember 2000, Nr. 397, über verteidigende Ermittlungen, das das Prinzip der Gleichheit der Parteien hinsichtlich des Beweisrechts verwirklicht; 2. das Gesetz vom 1.März 2001, Nr. 63, das die strafprozessliche Regelung betreffs Beweisbildung und –würdigung angeglichen hat; 3. das Gesetz vom 6.März 2001, Nr. 60, das die Regelung betreffs Pflichtverteidigung unter dem Aspekt einer vollendeten Realität der streitigen Verhandlung im Strafprozess geändert hat; 4. das Gesetz vom 29.März 2001, Nr. 134, das die Bestimmungen über die Verteidigung auf Kosten des Staates für Nichtbemittelte im Hinblick auf ein wirksames Recht auf Verteidigung geändert hat. 218 Das italienische Justizsystem C) Keine Vorschrift besagt, dass der Einfluss von Ideologien und der Zugehörigkeit zu Vereinigungen oder politischen Parteien die Unparteilichkeit des Richters beeinträchtigen kann. Nur Art. 98 Abs.3 Verfassung besagt, dass “per Gesetz für die Richter Einschränkungen des Rechts auf die Mitgliedschaft in Parteien festgelegt werden können”. Es ist jedoch unbestreitbar, dass nicht die Mitgliedschaft in Parteien seine Unparteilichkeit schmälert, sondern die Unfähigkeit des Richters – und somit also ein inneres und unkontrollierbares Problem seines Gewissens –, seine eigene ideologische Überzeugung vor einer objektiven und unpersönlichen Beurteilung eines Streitfalls zurücktreten zu lassen (so dass, wenn man bisweilen versuchte, die politische Einstellung oder Zugehörigkeit zu Vereinigungen eines Richters zu den Befangenheitsgründen zu zählen, dies ein Symptom eines Unbehagens oder des Eindrucks ist, dass die Richter nicht immer in der Lage sind, ein Verfahren und ihre persönlichen Einstellungen klar voneinander zu trennen). D) Es sind auch keine Instrumente vorgesehen, um zu vermeiden, dass der Richter durch Druckmittel beeinflusst (man denke an die Presse- und Fernsehkampagnen) und so die Objektivität seiner Entscheidung beeinträchtigt werden kann. Die einzigen Bestimmungen, die in gewisser Hinsicht mit dem hier angesprochenen Thema in Verbindung stehen, sind § 114, der das Verbot einer Veröffentlichung bestimmter Akten regelt (in der früheren Strafprozessordnung wurde dieser Gegenstand von § 164 geregelt), und § 329 der neuen Strafprozessordnung über die Geheimhaltungspflicht. Tatsächlich wurden in den letzten Jahren die wiederholten kritischen Kampagnen der “Medien” und der Politiker gegen die Tätigkeit der Richter zunehmend häufiger. Als der CSM die Gefahr erkannte, dass dies die Glaubwürdigkeit des Richters hinsichtlich der Ausübung seiner konkreten Funktionen erschüttern könnte, hat er “zu seinem Schutz” Akten angelegt, mit denen er nach einer genauen Rekonstruktion der Angelegenheit dem Richter jedes Mal sein Vertrauen bestätigt, wenn sich zu dessen Lasten keine Anzeichen einer Verantwortung ergeben haben. Paragraph 114 hat die Hinweise des Verfassungsgerichts (Entscheidung Nr. 65/1965) berücksichtigt, die die Notwendigkeit in den Vordergrund gestellt hat, das Grundprinzip zu befolgen, demzufolge die Information der Öffentlichkeit auf jeden Fall zu gewährleisten ist. Der Gesetzgeber hat jedoch dem Gedanken des Verfassungsgerichts nicht voll und ganz entsprochen, denn dieses hat mit seiner Entscheidung Nr. 65/1965 den § 114 Absatz 3 Zivilprozessordnung in dem Teil für verfassungswidrig erklärt, wo dieser die Öffentlichkeit der in der Akte für die Verhandlung enthaltenen Unterla- Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 219 gen einschränkte, die der Richter erklärtermaßen kennen muss. Aber das Thema der heiklen Beziehung zwischen Justiz und Information ist sozusagen in fieri und somit Gegenstand ständig neuer Vorschläge für gesetzliche Eingriffe. 6. DIE ENTSCHEIDUNGEN DES VERFASSUNGSGERICHTS. Eine Analyse der Bestimmungen allein ist kaum in der Lage, ein erschöpfendes und bezeichnendes Bild des von der Verfassung eingeführten Systems zu geben, wenn diese Analyse nicht um eine Untersuchung der Art und Weise angereichert wird, wie diese Normen durch das konkretisierende Wirken des Verfassungsgerichts die gewöhnliche Gesetzgebung beeinflusst haben. Insbesondere hat sich das Verfassungsgericht neben dem Thema des Rechts auf Verteidigung mehrmals mit dem des gesetzlichen Richters und der Gewährleistung der Unabhängigkeit der Sonderrichter auseinandergesetzt. Wir haben bereits gesehen, dass die Geschäftssachen normalerweise den ordentlichen Richtern anvertraut werden, die in einer autonomen und unabhängigen Berufskammer unter der Leitung des CSM zusammengefasst sind. Die Verfassung sieht in Art. 103 andere Justizorgane mit spezifischen Zuständigkeiten vor: den Staatsrat und die anderen Organe der Verwaltungsgerichtsbarkeit für den Schutz der rechtmäßigen Interessen gegenüber der Öffentlichen Verwaltung und in bestimmten Sachbereichen für den Schutz von Rechtsansprüchen; den Rechnungshof für die Angelegenheiten der staatlichen Rechnungsführung und für andere per Gesetz festgelegte Bereiche; die Militärgerichte, in Friedenszeiten für die von den Angehörigen der Streitkräfte begangenen Militärstraftaten und in Kriegszeiten im Bereich der vom Gesetz festgelegten Rechtsprechung (es scheint, dass das Verfassungsgericht der Ansicht ist, dass die Zuständigkeit der Militärgerichte in Friedenszeiten vom Gesetzgeber zugunsten der ordentlichen Rechtsprechung aufgehoben werden kann, wenn berechtigte Gründe vorliegen: Entscheidung Nr. 90/2000). Die Verfassung hat die Einführung von Sonderrichtern verboten (Art. 102 Absatz zwei) und bezüglich der bereits existierenden Sonderrichter mit der VI. Übergangsbestimmung festgelegt, dass innerhalb von fünf Jahren ab Inkrafttreten der Verfassung eine Revision der damals bestehenden Sonderorgane der Gerichtsbarkeit vorgenommen werden würde. Da diese fünf Jahre rasch verstrichen, ohne dass der Gesetzgeber diese Revision vorgenommen hatte, stellte sich dem Verfassungsgericht ein erstes Auslegungsproblem: Hatte der ungenutzte Ablauf der fünf Jahre alle bereits vorhandenen 220 Das italienische Justizsystem Sonderrichter zu einer verfassungswidrigen Einrichtung gemacht, oder gestattete er es, dass sie unverändert fortbestehen konnten? Der Gerichtshof hat sich für die zweite Lösung entschieden und vertrat die Auffassung, dass die Verfassung eine indirekte Kompatibilität dieser Richter mit dem System implizit anerkannt habe. Auf diese Art und Weise hat es jedoch die weitere Mühe auf sich genommen und musste entscheiden, ob die für die einzelnen Gerichtsbarkeiten maßgebenden Gesetze in ausreichendem Maße die Unabhängigkeit der Richter gewährleisteten (so wie in Art. 108 Absatz zwei angeführt) und zugleich die in Art. 24 Absatz eins und Art. 113 Absatz zwei Zusammengefasste Bestimmungen angeführten Voraussetzungen erfüllt würden, um den Bürgern den vollen Rechtsschutz zu gewährleisten. Die Verfassung hat nur für die ordentliche Richterschaft ein Selbstverwaltungsorgan vorgesehen. Für die anderen Gerichtsbarkeiten (die Verwaltungs-, Rechnungs- und Militärgerichtsbarkeit) gilt Art. 113, demgemäß die entsprechenden Ordnungen dem gesetzlichen Vorbehalt unterworfen sind, dem es zusteht, die Unabhängigkeit der Richter zu sichern. So stellt sich auch für sie die Notwendigkeit zu überprüfen, ob die Garantien ausreichend sind. Einige Zweifel, die sich in bezug auf die Militärgerichte erhoben, hat das Verfassungsgericht für nicht begründet angesehen (siehe Entscheidungen Nr. 542/2000 und Nr. 116/1999). A) Wenn das Verbot der Einführung des Sonderrichters die notwendige Vervollständigung der Garantie des neutralen und unabhängigen Richters darstellt, ist auch wahr, dass der Bestellung des Sonderrichters häufig konkrete und nicht zu vernachlässigende Bedürfnisse zugrunde liegen: denn die Eigenart einiger Rechtsgeschäfte setzen beim Richter Fachwissen und besondere Sensibilität voraus, die ein Richter der ordentlichen Gerichtsbarkeit normalerweise nicht aufweisen kann. Um diesen Bedürfnissen zu entsprechen, hat Art. 102 Absatz zwei festgelegt, dass “nur an ordentlichen Gerichten spezialisierte Kammern für bestimmte Fachgebiete eingerichtet werden dürfen, in denen auch geeignete Bürger, die keine Richter sind, mitwirken”. Auf diese Weise wird die spezialisierte Kammer ein ordentlicher Richter, auch wenn sie in besonderer Art zusammengesetzt ist. Die Besonderheit der Zusammensetzung darf jedoch nicht dergestalt sein, dass das Verbot der Einführung von Sonderrichtern heimlich umgangen wird. Deshalb wurde die Frage aufgeworfen, ob eine Zusammensetzung, bei der die Robenträger institutionell in der Minderheit sind, mit dem System vereinbar ist oder nicht. Die Antwort war unter der Bedingung bejahend, dass andere Funktionseigenschaften der Kammer die Annahme gestatten, dass dieses Verbot nicht umgangen wird (und hierzu sind die Einstufung des spezialisierten Richters Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 221 und das System zur Kontrolle seiner Entscheidungen von besonderer Bedeutung). Im Gegensatz dazu hat der Gerichtshof die Normen für verfassungswidrig erklärt, die eine Bestellung externer Mitglieder “jeweils” für die einzelnen Streitfälle vorsehen (Entscheidung Nr. 83/1998). Die wichtigsten heute tätigen Fachkammern sind: das Jugendgericht, die Regionalgerichte für Wasserrecht, die Landwirtschaftsfachkammern, die am Berufungsgericht Rom eingerichtete Sonderkammer für die Untersuchung von Beschwerden gegen die Entscheidungen der Liquidationskommissare für Gebrauchsrechte. Gerichtskammern, die als Arbeitsgerichte dienen, sind weder Sonderrichter noch Fachkammern, denn ihre Zusammensetzung weicht in keiner Weise von den anderen Kammern ab (und dies, obwohl das Gesetz den “Arbeitsrechtskammern” an den Gerichten und an den Berufungsgerichten besondere Bedeutung beimisst: siehe §§ 38 und 39 Gesetzesverordnung vom 19.Februar 1998, Nr. 51). B) Bei speziellerer Betrachtung der Gewährleistung des gesetzlichen Richters musste das Verfassungsgericht festlegen, ob besondere, von unserer Rechtsordnung vorgesehene Institute zu diesem Prinzip im Widerspruch stehen oder nicht. Eines der ersten, dem Gerichtshof zur Prüfung unterbreiteten Institute war das der Verweisung eines Strafverfahrens an einen anderen Richter aus Gründen der öffentlichen Ordnung oder aufgrund gerechtfertigten Verdachts (§§ 55 ff. Strafprozessordnung). Obwohl der Gerichtshof (Entscheidungen Nr. 50 und 109/1973) diese Regelung für verfassungsgemäß anerkannt hatte, veranlassten einige durchaus anfechtbare Anwendungen dieses Instituts den Gesetzgeber dazu, diese zu ändern und dem Kassationsgerichtshof strengere Einschränkungen bei der Wahl des Richters ad quem aufzuerlegen (ein Richter unter denen im Bezirk desselben Berufungsgerichts, dem der ursprünglich zuständige Richter angehört, oder aus einem benachbart gelegenen Berufungsgericht: § 58 Absatz drei Strafprozessordnung, geändert durch § 1 Gesetz vom 15.Dezember 1973, Nr. 773). Heute wird dieses Thema ex nuovo von §§ 45 ff. der neuen Strafprozessordnung geregelt. Man hat auch daran gezweifelt, ob die Änderungen der Zuständigkeitskriterien – z.B. durch die Abschaffung von Gerichtsbehörden oder die Änderungen der lokalen Zuständigkeitsgebiete – zu einer Verletzung des in Art. 25 Verfassung aufgestellten Prinzips führen können. Das Verfassungsgericht (Entscheidung Nr. 56/1967) hat dieses Problem für unbegründet gehalten und festgestellt, wie die Gewährleistung des gesetzlichen Richters nicht zu einer definitiven Kristallisierung der zum Zeitpunkt des Inkrafttretens der Verfassung bestehenden Zuständigkeiten führen könne und dass Änderun- 222 Das italienische Justizsystem gen der konkreten Erfordernisse und offensichtliche Funktionalitätsgründe sehr wohl zu Umstrukturierungen der Justizbehörden zwingen können, sofern diese Änderungen nicht in bezug auf einzelne und spezifische Streitfälle vorgenommen werden, sondern ganze Geschäftsklassen betreffen. Stets im Gegensatz zu Art. 25 Absatz eins wurde in Zweifel gestellt, dass die Befugnis der Behördenleiter rechtmäßig ist, im Falle einer dauerhaften Verhinderung einen Richter mit einem anderen zu ersetzen oder im Falle einer vorübergehenden Verhinderung eine Vertretung zu ernennen. Der Gerichtshof hielt die Klage für unbegründet und wies darauf hin, dass den Leitern der Gerichtsbehörden bei der Erfüllung der Amtserfordernisse ein gewisser Ermessensspielraum nicht genommen werden darf und dass die Verhinderung eines Richters, der ersetzt oder vertreten werden muss, ein ausreichender objektiver Grund ist, die Ausübung von Leitungsbefugnissen zu rechtfertigen (Entscheidungen Nr. 156/1963 und Nr. 173/1970), vorausgesetzt, dass die Ausübung dieser Befugnis den festgelegten Kriterien entspricht und mit begründeten Verfügungen erfolgt (Entscheidungen Nr. 392/2000; Nr. 571/2000). Aber dieses Thema ist recht heikel, was schon daraus ersichtlich wird, dass der Gesetzgeber mehrmals (siehe Dekret des Präsidenten der Republik Nr. 449/1988; Gesetzesverordnung Nr. 273/1989; Gesetz Nr. 133/1998) Änderungen an den die Vertretungen und Verwendungen regelnden §§ 97 ff. Gerichtsverfassung vorgenommen hat. Aus denselben Gründen wurde die Befugnis der Amtsleiter gerechtfertigt, die Justizbehörden jährlich mit der Ausarbeitung der so gen. Tabellen zu strukturieren, sie dabei in Kammern zu untergliedern, diesen die Richter zuzuteilen und die internen Zuständigkeiten festzulegen (Entscheidungen Nr. 146/1969 und vor allem Nr. 392/2000). Besonders werden die Zwei-Jahres-Tabellen von den Präsidenten der Berufungsgerichte vorschlagen, die nach Anhören der Justizräte vom CSM beschlossen und dann in ein Dekret des Justizministers aufgenommen wurden (§ 7-bis Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12, ergänzt durch § 3 Dekret des Präsidenten der Republik vom 22.September 1988, Nr. 449, anschließend geändert mit § 6 Gesetzesverordnung vom 19.Februar 1998, Nr. 512, und mit § 57 Gesetz vom 16.Dezember 1999, Nr. 479). Eine weitere in Frage gestellte Befugnis der Leiter der Gerichtsbehörden war die, den Kammern und/oder Richtern einzelne Geschäfte zuzuteilen (die so gen. Beauftragung). Der Gerichtshof hielt die Frage für unbegründet und merkte an, dass der Ermessensspielraum der Leiter der Gerichtsbehörden bei der Erfüllung amtlicher Erfordernisse zwar beschränkt, aber nicht vollständig aufgehoben werden kann (siehe Entscheidung Nr. 272/1998). Insbesondere wurde aner- Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 223 kannt, dass allgemein eine Unvereinbarkeit zwischen gesetzlicher Vorausbestimmung des Richters und freiem Ermessen in bezug auf seine konkrete Einsetzung besteht; es wurde weiter festgestellt, dass sich der Ermessensspielraum der Leiter der Gerichtsbehörden bei der Geschäftszuteilung allein auf die Erfüllung objektiver und unumgängliche Diensterfordernisse richten darf mit dem Ziel, die Arbeit der Behörde zu ermöglichen und ihre Effizienz zu begünstigen, während alle anderen Zwecke ausgeschlossen bleiben (Entscheidung Nr. 272/1998). Auf der Grundlage dieser Weisungen teilt sich das Problem in zwei Fragekomplexe: a) auf welche Art und Weise kann sichergestellt werden, dass der Ermessensspielraum der Amtsleiter in Funktion von objektiven Erfordernissen ausgeübt wird; b) welche Konsequenzen zeitigt eine nicht korrekte Ausübung dieser Befugnis? Da hinsichtlich des zweiten Fragekomplexes unvermeidlich in dem Sinne geschlossen werden muss, dass eine gegebenenfalls nicht umsichtige und nicht korrekte Ermessensentscheidung keine Auswirkungen auf das Verfahren hat, es sei denn, dass Gründe für eine Befangenheit oder Ablehnung des Richters vorliegen, neigt man dazu, eine Lösung a priori zu finden, indem das Ermessen bei der Geschäftsverteilung durch den Einsatz automatischer Kriterien ausgeschaltet wird; obwohl auch die automatische Verteilung unabhängig vom angewandten Kriterium zu Nachteilen von nicht geringem Ausmaß führen kann. Der CSM hat deshalb mit Rundschreiben eingegriffen, die auf eine Einschränkung der Befugnisse der Behördenleiter hinwirkten; einer von ihnen betrachtete sich dadurch als in seinem Kompetenzbereich verletzt und strengte einen Zuständigkeitskonflikt an. Der Gerichtshof erklärte die Klage für unzulässig und unterstrich, dass die Zuständigkeiten bei der Zuteilung der Richter für die Bearbeitung der einzelnen Verfahren mit den Einschränkung des von Verfassungsnormen festgelegten Kompetenzbereichs nichts zu tun haben, da sie ausschließlich in die Organisation und Ordnung betreffenden Gesetzesbestimmungen geregelt und begründet sind (Entscheidung Nr. 90/1996). Die Paragraphen 3 und 4 Dekret des Präsidenten der Republik vom 22.September 1988, Nr. 449, und die späteren Änderungen haben dann in das Gerichtsverfassungsgesetz (das Kgl. Dekret Nr. 12/1941) den bereits angesprochenen § 7-bis und § 7-ter eingefügt und den Komplex der Tabellen der in Kammern gegliederten Gerichtsbehörden, der Zuteilung der einzelnen Richter zu den Kammern, der Bildung der Richterkollegien und der Kriterien für die Zuteilung von Strafsachen sowie für die Ersetzung von verhinderten Richtern geregelt. Und da § 33 Absatz zwei Strafprozessordnung festlegt, dass diese Bestimmungen nichts mit der Befähigung des Richters zu tun haben, wurde durch den Zweifel, dass diese Ordnung Art. 25 Verfassung verletze, die Frage ihrer Verfassungsmäßigkeit aufgeworfen. Der Gerichtshof 224 Das italienische Justizsystem bestätigte seine allgemeinen Tendenzen in dieser Sache und verwarf die Klage, wobei er feststellte, dass das Verfassungsprinzip der Vorausbestimmung des Richters nicht beinhaltet, dass die Zuteilungskriterien für die einzelnen Verfahren im Bereich der zuständigen Justizbehörde notwendigerweise Grundelemente der allgemeinen Befähigung des Richters sein müssen (Entscheidungen Nr. 419/1998; Nr. 392/200) 7. EINIGE ABSCHLIESSENDE ANMERKUNGEN. Wir sind der Ansicht, dass der Leser des civil law keineswegs darüber überrascht sein wird, dass in Italien ein so detaillierter und minuziöser Gesetzeskomplex entstanden ist, um die Unabhängigkeit, die Autonomie und die Unparteilichkeit des Richters zu gewährleisten, und er wird auch die gewissenhafte – vielleicht übermäßige – Sorgfalt zu schätzen wissen, mit der das Verfassungsgericht eingegriffen hat, um die Normen des geschriebenen Rechts zu klären, zu präzisieren und zu ergänzen. Daraus entsteht ein Bild “lebendigen Rechts“, das wahrscheinlich den Juristen des common law nicht ohne einige Schwierigkeit werden verstehen können. Dies liegt an dem tiefgreifenden Unterschied zwischen den beiden Systemen – auch hinsichtlich der Rechtspflege. In England etwa fällt die Ernennung (und Beförderung) der Richter in den Zuständigkeitsbereich des Lordkanzlers und – bei höheren Ämtern – des Premierministers und des Königs, und zwar auf der Grundlage freien Ermessens, und die Disziplinarkontrolle der Richter bedient sich ganz informeller Mechanismen. Die Engländer selbst gestehen ein, dass es einen Grund dafür geben könnte, warum die Regierung oder die anderen Machtzentren unangemessenen Druck auf die Justizgewalt ausüben, aber sie akzeptieren die Gefahr aufgrund einer Überlegung, die der Jurist vom europäischen Kontinent niemals teilen könnte. Das System, sagen sie, gründet auf Vertrauen, und die Richter haben bisher das in sie gesetzte Vertrauen zu würdigen gewusst, denn sie waren sich stets der Tatsache bewusst, dass, wenn ihr Verhalten Anlass zu Kritk gäbe, sie als erste ihre Unabhängigkeit untergraben würden. Andererseits, fügen sie hinzu, kann kein von der Verfassung gewährleisteter Schutz verhindern, dass die Angehörigen der Regierung eines Landes auf die Justiz Druck ausüben oder Einfluss nehmen, wenn die Kultur des Volkes das erlaubt, während in England die Unabhängigkeit der Richter nicht nur ein bloßer Slogan ist, sondern ein im Bewusstsein aller Bürger verwurzeltes Prinzip. Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 225 Auch in Amerika sieht es nicht viel anders aus. Vor ein paar Jahren wurde in diesem Land eine Kommission ins Leben gerufen, um eventuelle Neuerungen für die Disziplinarregeln und die Absetzung von Bundesrichtern zu erarbeiten. Die Gelegenheit bot die Tatsache, dass vor dem Jahre 1983 kein einziger Bundesrichter je einer Straftat bezichtigt worden war, während nach diesem Datum fünf Richter angeklagt und vier verurteilt worden sind (eine Entwicklung, die die Bürger der Vereinigten Staaten auch dem damals raschen Anstieg der Zahl der Bundesrichter zugeschrieben haben). Nun, diese Kommission schloss ihre Arbeiten im Juli 1983 ab und äußerte die Meinung, dass das bestehende System keiner Reform bedürfe, da es einen Verfassungsstandard aufweise, der seinen Zwecken sehr wohl gerecht wird. Auf der Grundlage dieser knappen Verweise ist der Schluss unvermeidlich, dass der eigentliche Unterschied zwischen civil-law- und common-lawSystemen in einer unterschiedlichen Einstellung zum Problem der Unabhängigkeit und Unparteilichkeit der Justiz besteht. In den civil-law-Systemen erwächst das Bedürfnis nach einer miuziösen und analytischen Regelung aus einer kulturellen Haltung des Misstrauens gegenüber dem Mitbürger und insbesondere dem Richter gegenüber, was man versucht, durch strenge Regelungen und im Voraus festgelegte Verfahren auszugleichen. In den Systemen des common law wird dieses Bedürfnis nicht empfunden, und man versucht stattdessen zu gewährleisten, dass Richter ernannt werden, die das in sie gesetzte Vertrauen würdigen. Kann es je zu einer Angleichung dieser beiden Kulturen kommen? Die Entwicklung der Institutionen der Justiz bewegt sich auf die Vereinheitlichung zu, denn immer mehr werden wir zu Bürgern, heute Europas, und morgen der Welt. Dies berechtigt uns zur Hoffnung, dass diese Angleichung kommen möge – und uns auf jeden Fall anhält, daran zu arbeiten, dass sie in nicht allzu weit entfernter Zukunft Wirklichkeit wird. Text und Überarbeitung: Vizepräsident Prof. Giovanni Verde