Sentenze interessanti – N.37/2013
1)
Giudice di pace di Ravenna del 14 novembre 2013 – provvedimento di espulsione adottato a
seguito di visita auxologica, dalla quale sarebbe emersa un’età anagrafica di 18 anni
dell’espellendo – quadro probatorio non sempre pienamente attendibile sulla scorta della
letteratura medico-scientifica – predominanza del certificato di nascita che attesta invece la
minore età
E’ annullato il decreto di espulsione, adottato a seguito dell’esito dell’esame auxologico dal quale sarebbe
emerso un’età anagrafica dell’espellendo di 18 anni. Tale esame, sulla scorta della letteratura medico –
scientifica, non è ritenuto pienamente attendibile in quanto dà comunque un margine di errore, dato dalla
diversa maturazione scheletrica di soggetti che vivono in condizioni di vita e salute diversi e di diversa etnia.
Deve, pertanto, darsi valore preponderante al contenuto del certificato di nascita, che attesta invece che il
ricorrente è minorenne e che è stato ritenuto falso, non tanto per ragioni evidenti sue proprie, ma solo in
conseguenza del surriferito esame auxologico.
Riferimenti normativi
art. 19, comma 2, lettera a), TU
2)
TAR Lazio n. 10146 del 27 novembre 2013 – domanda di conversione del permesso di soggiorno
da motivi religiosi a lavoro autonomo – rigetto motivato dalla mancata previsione normativa –
erroneità dell’interpretazione seguita dall’amministrazione
E’ illegittimo il provvedimento di rigetto della domanda di conversione del permesso di soggiorno, da motivi
religiosi a lavoro autonomo, motivato dalla mancata previsione sotto il profilo normativo. In mancanza di
una disciplina espressa, a meno di ritenere le disposizioni di cui all’articolo 14 del D.P.R. n. 394 del 1999, di
carattere eccezionale e derogatoria di un regime generale, soccorrono, infatti, gli ordinari criteri
interpretativi. In presenza di lacune della normativa si può, quindi, far riferimento alle disposizioni che
regolano casi simili o materie analoghe (art. 14 preleggi), come deve essere considerata, rispetto al caso di
specie, la conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso di soggiorno per lavoro.
Pertanto, poiché rispetto al permesso di soggiorno per motivi di studio è ammessa la conversione sia in
lavoro autonomo che subordinato, non c’è ragione di ritenere che una tale conversione non sia possibile
rispetto al permesso di soggiorno rilasciato per motivi religiosi, per il quale vi è una evidente analogia di
situazioni. La astratta possibilità di conversione del permesso di soggiorno deve essere, però, in concreto
valutata in relazione ai presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno, in questo caso, per lavoro
autonomo, quindi, in particolare, ai prescritti requisiti di reddito.
Riferimenti normativi
art. 14, Regolamento
3)
TAR Lazio n. 9972 del 21 novembre 2013 – emersione 2009 – carenza del requisito reddituale in
capo al datore di lavoro – legittimità del rigetto della domanda di emersione
E’ respinto il ricorso avverso il diniego della domanda di emersione, motivato dalla carenza del requisito
reddituale in capo alla datrice di lavoro. La procedura di emersione non può essere considerata conclusa in
caso di mancata comparizione del datore di lavoro; non è infatti la presentazione dell’istanza di emersione
che ha effetto sanante dell'irregolarità del rapporto di lavoro pregresso sulla sola base dell'avvenuta
prestazione del rapporto lavorativo, e quindi sulla sola base dei requisiti oggettivi previsti dall’art. 1 ter della
legge n. 102/2009, indipendentemente dalla volontà e dal possesso dei requisiti soggettivi prescritti per il
datore di lavoro. Nel caso di specie, il procedimento di emersione non si è concluso per la mancanza di un
requisito richiesto dalla norma in capo al datore di lavoro per consentirgli di regolarizzare un lavoratore
domestico ovvero il reddito non inferiore a ventimila euro. La mancata corrispondenza delle dichiarazioni
rese nella domanda con la situazione reddituale della richiedente, secondo quanto risultante dalla
dichiarazione dei redditi, come prescritto dalla normativa, e, quindi, la mancanza dei presupposti per la
regolarizzazione ha comportato il mancato perfezionamento della procedura di emersione. Ne consegue che
qualsiasi altra circostanza risulta irrilevante ed in maniera legittima è stato disposto il rigetto della domanda
di regolarizzazione senza alcuna ulteriore attività amministrativa.
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Sentenze interessanti – N.37/2013
Riferimenti normativi
art. 1 ter, comma 4, lettera d), legge n. 102/2009
4)
TAR Lazio n. 9804 del 15 novembre 2013 – procedimento per il riconoscimento del diritto d’asilo
– illegittimità del diniego della domanda di richiesta di accesso agli atti
Il diniego all’accesso è illegittimo e deve essere annullato con accertamento del diritto del ricorrente
all’accesso agli atti del procedimento avviato con la domanda per il riconoscimento del diritto d’asilo. Nel
caso di specie, il richiedente è il titolare della situazione giuridica tutelata dalla norma sul diritto di asilo;
situazione giuridica, peraltro, considerata dall’ordinamento di diritto soggettivo. E’ evidente dunque
l’interesse del ricorrente alla conoscenza degli atti di tale procedimento. L’articolo 22 della legge n. 241 del
1990 definisce, infatti, il diritto di accesso come il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre
copia di documenti amministrativi; per interessati si intendono tutti i soggetti privati, compresi quelli
portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad
una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso.
Riferimenti normativi
art. 22, legge n. 241/1990
5)
TAR Lombardia n. 2609 del 22 novembre 2013 – emersione 2012 – illegittimità del silenzio inadempimento
E’ accolto il ricorso avverso il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione, in merito al
procedimento inerente la procedura di emersione dal lavoro irregolare ex art. 5 del D.Lgs. n. 109 del 2012.
Reputa il Collegio che l’eventuale inerzia del datore di lavoro non può giustificare la mancata conclusione
del procedimento, dovendo l’amministrazione in ogni caso adottare un provvedimento espresso, il cui
contenuto deve essere determinato sulla base di tutte le risultanze dell’istruttoria svolta. Per effetto
dell’accoglimento del gravame, la Prefettura dovrà di conseguenza provvedere sulla domanda della
ricorrente, adottando un provvedimento esplicito, entro il termine di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla
notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Riferimenti normativi
art. 117, c.p.a.
6)
TAR Lombardia n. 2584 del 21 novembre 2013 – domanda di rinnovo del permesso di soggiorno
per lavoro subordinato – rifiuto motivato dalla carenza del requisito reddituale – insufficienza del
quadro istruttorio assunto dall’amministrazione ai fini dell’esame della pratica – illegittimità del
rifiuto
E’ illegittimo il provvedimento, col quale è stata rifiutata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno
per lavoro subordinato a causa della carenza del requisito reddituale in capo al richiedente. Il provvedimento
impugnato non ha minimamente valutato l’inserimento sociale del ricorrente, il quale si trova in Italia
dall’età di quattordici anni, assieme alla madre ed al fratello, avendo pertanto perduto ogni legame con il
paese d’origine. Inoltre, l’amministrazione, nel procedere al doveroso riesame della posizione del ricorrente,
anche con riguardo al possesso di fonti lecite di sostentamento, dovrà considerare, in aggiunta alla possibilità
di tenere conto dei redditi della madre, convivente con il medesimo ricorrente, che questi, sebbene
successivamente all’instaurazione del presente giudizio, ha documentato di aver costituito un rapporto di
lavoro a tempo pieno ed a tempo indeterminato. Occorre, infatti, riconoscere il giusto rilievo ai fatti
sopravvenuti ed alla circostanza che, in rapporto alla situazione lavorativa dell'istante, sussistano tutti i
presupposti per il rilascio del citato permesso, dando rilievo alle sopravvenienze capaci di determinare
l'accoglimento della pretesa del ricorrente, quali appunto la titolarità di un nuovo contratto di lavoro.
Riferimenti normativi
artt. 4, comma 3 e 5, comma 5, TU
art. 13, commi 2 e 2 bis, Regolamento
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Sentenze interessanti – N.37/2013
7)
TAR Toscana n. 1613 del 26 novembre 2013 – domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per
lavoro subordinato – rifiuto per insussistenza del requisito reddituale – valutazione rivolta al
passato e non invece proiettata al contesto attuale – illegittimità del rifiuto
E’ illegittimo il provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato,
assunto sulla base della carenza del requisito reddituale. Diversamente da quanto affermato in
giurisprudenza, la Questura e la Prefettura hanno operato una valutazione della capacità reddituale del
ricorrente tutta rivolta al passato e non comprendente la sostanziale innovazione del quadro ricostruttivo
derivante dalla disponibilità della società ad assumere il ricorrente in qualità di lavoratore dipendente; con
tutta evidenza, si trattava, quindi, di una sostanziale innovazione del rapporto lavorativo del ricorrente che
doveva trovare autonoma considerazione, soprattutto con riferimento alle possibili modificazioni in positivo
che tale modificazione poteva determinare su una capacità economica di mantenimento autonomo finora
insufficiente a giustificare la permanenza in Italia del ricorrente.
Riferimenti normativi
artt. 4, comma 3 e 5, comma 5, TU
art. 13, commi 2 e 2 bis, Regolamento
8)
TAR Toscana n. 1575 del 20 novembre 2013 – emersione 2012 – rigetto della domanda a causa
dell’irregolarità della documentazione prodotta, a corredo dell’istanza, rivelatasi poi falsa –
legittimità del rigetto
E’ infondato il ricorso avverso il rigetto della domanda di emersione, disposto per il fatto che la firma
depositata sul documento del Consolato generale è difforme da quella depositata ufficialmente presso
l’Ufficio legalizzazioni della Prefettura. Nella fattispecie, il documento richiamato dal ricorrente è stato
ritenuto privo di efficacia probante in quanto la firma in esso riportata non poteva essere legalizzata essendo
difforme da quella depositata agli atti della Prefettura. Dai reiterati accertamenti disposti
dall’amministrazione presso il Consolato, le firme e i relativi documenti non sono risultati autentici, ragion
per cui è da ritenersi, oltre che legittimo, del tutto dovuto, il provvedimento impugnato.
Riferimenti normativi
art. 5, commi 1, 12 e 15, D.Lgs. n. 109/2012
9)
TAR Toscana n. 1547 dell’11 novembre 2013 – decreto flussi – domanda di richiesta di nulla osta
al lavoro domestico – rigetto per carenza reddituale del datore di lavoro – mancata
considerazione dei redditi del coniuge ai fini del raggiungimento della soglia stabilita –
illegittimità del rigetto
E’ illegittimo il provvedimento di rigetto della domanda di rilascio di nulla osta al lavoro subordinato
domestico, motivato sulla carenza del requisito reddituale in capo alla richiedente. Al riguardo, va
innanzitutto rilevato che il parametro reddituale cui fa riferimento il provvedimento impugnato non è
direttamente stabilito dalla legge o dal Regolamento di attuazione del testo unico sull’immigrazione, bensì da
una fonte normativa secondaria (la circolare n. 1/2005 del Ministero del lavoro) che, per quanto non
contestata dalla ricorrente va interpretata, secondo la giurisprudenza di questo T.A.R., ragionevolmente nel
senso che, ai fini della verifica della capacità economica dell'impresa, rilevano anche altri elementi idonei a
comprovare l'idoneità della stessa a sostenere gli oneri della futura assunzione. Da qui l’opportunità, non
apertamente disconosciuta dall’amministrazione, che nel computo del reddito del datore di lavoro, ove si
tratti di un lavoratore assunto come collaboratore familiare, si tenga conto anche del reddito del coniuge,
pure se non espressamente indicato dalla legge.
Riferimenti normativi
art. 22, comma 5, TU
art. 30 bis, comma 8, Regolamento
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Sentenze interessanti – N.37/2013
10) TAR Toscana n. 1527 dell’11 novembre 2013 – domanda di conversione del permesso di soggiorno
da lavoro stagionale a lavoro subordinato – rigetto motivato dalla mancata acquisizione della
disponibilità della quota – adempimento di spettanza dell’amministrazione e non della parte –
illegittimità del rigetto
Va annullato il provvedimento, con il quale l’amministrazione ha rigettato la domanda di conversione del
permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato, sul presupposto che necessitava, da parte
del richiedente, l’acquisizione della disponibilità della quota. Al riguardo, come già osservato in sede
cautelare, è stato fatto presente che, diversamente dalla tesi portata avanti dall’amministrazione, fermo
restando il rispetto delle quote di flusso previste per l'anno di riferimento, l’attestazione della disponibilità di
una quota, nell’ambito del numero complessivo annuale dei flussi d’ingresso per lavoro subordinato non
stagionale, nel caso di conversione del permesso stagionale in permesso per lavoro subordinato non
stagionale non costituisce onere del richiedente, ex art. 24, comma 4, del T.U. sull’immigrazione, dovendo il
lavoratore dimostrare solo il possesso dei requisiti generali stabiliti per il rilascio del permesso di soggiorno.
Tale adempimento, invece, deve essere assicurato d’ufficio dall’amministrazione procedente.
Riferimenti normativi
art. 24, comma 4, TU
art. 38, comma 7, Regolamento
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Sentenze interessanti – N.37/2013
(9uf. )Ofo/ J3
~. 6l54/A3
Vì:1lc L.B. Albcrti n. 9 • 48100 RAVENNA
Ricorso R.G. n. 2210/2013 presentato da:
HC
- Avv. A. Maestri
contro
PREFETTO DELLA PROVINCIA DI RAVENNA
In Punto a : Opposizione a decreto di espulsione
Il GIUDICE DI PACE DI RAVENNA
Dott. Anna Maria Venturelli
Letti gli atti e sciolta la riserva assunta all'udienza del 11/1 J/13
Premesso che
· presentava opposizione ex art. 13, co-
con ricorso depositato in data 3/6/13 Hr
8 T.U. 286/98 avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confroriti in data 20/9/13 e
notificatogli in pari data;
il ricorrente chiede l'annullamento del provvedimento per ìnespellabilità della stesso per
'
'''
/
violazione art. 19 D. L.gs. n. 286198 essendo minorenne
- la Prefettura ha fatto pervenire nota informativa.
In merito si
OSSERVA
Dalla dichiarazione rilasciata dal teste C:
iio - Sovrintendente di P.S.
in servizio
presso la Questura di Ravenna • emerge che ì1 ricorrente si presentava spontaneamente in
chiedere aiuto in quanto privo di alloggio c: sostentamento ed esibendo un
certificato di nascita rilasciato dalle Autorità del suo Paese dal qua1e risultava essere minorenne
e veniva quindi collocato presso una struttura per minorenni.
Il teste dichiarava poi di avere appreso che i responsabili della struttura avevano richiesto al
Giudice Tutelare di sottoporre lo straniero a visita auxologia.
In conseguenza deWesito dell'esame auxologico, che indicava un'età ossea dello straniero
compatibile con l'età anagrafica di 18 anni veniva emesso dal Prefetto dì Ravenna il
prowedìmento di espulsione impugnato.
Il suddetto teste dichiarava poi che il certificati anagrafico dello straniero veniva giudicato falso
solo in conseguenza dell'esito dell'esame uxologico.
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Ora tale esame non è ritenuto dalla letteratura medico - .scientifica pienamente attendibile
in
quanto da comunque un margine dì errore, dato dalla diversa maturazione scheletrica dì
soggetti che vivono in condizioni di vita e salute diversi e di diversa etnia.
Tenuto conto di ciò ed in presenza di un certificato di nascita che attesta invece che il ricorrente
è minorenne, è che stato ritenuto falso non per ragioni evidenti sue proprie (timbri inesistenti,
errori di grammatica inglese, carta non appropriata
ccc.)~
ma solo in conseguenza dell'esito
dell'esame uxologìco, deve darsi valore preponderante al contenuto di detto certificato.
Stante ciò nei confronti del ricorrente non doveva essere emesso il prowedimento di espulsione
visto l'espresso divìeto di cui all'art. 19, comma 2 lctt. u) D.L 286/98.
Sussistono gustì motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Si annulla ìl decreto di espulsione emesso nei confronti di ,
ld in data 20/09/2013
dal Prefetto dì Ravenna.
Spese compensate
Il G udice di Pace
Depositato in Cancelleria il
11 ·.4 NOV. 20tl :j
• ì
l\a~
Depositato in Cancelleria
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Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 10146/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01241/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1241 del 2013, proposto da:
rappresentato e difeso dagli avv. Mario
Antonio Angelelli, Luca Santini, con domicilio eletto presso Mario
Antonio Angelelli in Roma, viale Carso,23;
contro
Ministero
dell'Interno,
rappresentato
e
difeso
per
legge
dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento della Questura di Roma del 10/04/2012
notificato in data 20.12.2012 con il quale veniva decretato il rigetto
dell'istanza di conversione del permesso di soggiorno per motivi
religiosi in permesso di soggiorno per lavoro autonomo;
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Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il dott.
Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è entrato in Italia nel 2003 con un permesso di
soggiorno per motivi religiosi, successivamente rinnovato fino al
febbraio 2011. A tale scadenza ha chiesto la conversione in
permesso di soggiorno per lavoro autonomo, affermando di aver
lasciato gli studi ed esercitando una attività imprenditoriale.
La Questura, con provvedimento del 10 aprile 2012, respingeva la
richiesta, non ritenendo ammissibile la conversione del permesso di
soggiorno per motivi religiosi.
Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso per
i seguenti motivi:
falsa ed erronea interpretazione dell’articolo 14 del d.p.r. 394 del
1999; mancata applicazione dell’articolo 5 del d.lgs. n. 286 del 1998;
violazione dell’articolo 19 della Costituzione;
Si è costituita l’Avvocatura dello Stato con atto di forma e
depositando documentazione.
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Sentenze interessanti – N.37/2013
Alla camera di consiglio del 14 marzo 2013 è stata accolta la
domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
All’udienza pubblica del 5 novembre 2013 il ricorso è stato
trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
L’art. 14 del d.p.r. n. 394 del 31 agosto 1999, Regolamento recante
norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, prevede, al primo comma, che il permesso di soggiorno
rilasciato per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e
per motivi familiari possa essere utilizzato anche per le altre attività
consentite allo straniero, anche senza conversione o rettifica del
documento, per il periodo di validità dello stesso. In particolare: a) il
permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato non
stagionale consente l'esercizio di lavoro autonomo, previa
acquisizione del titolo abilitativo o autorizzatorio eventualmente
prescritto e sempre che sussistano gli altri requisiti o condizioni
previste dalla normativa vigente per l'esercizio dell'attività lavorativa
in forma autonoma, nonché l'esercizio di attività lavorativa in qualità
di socio lavoratore di cooperative; b) il permesso di soggiorno
rilasciato per lavoro autonomo consente l'esercizio di lavoro
subordinato, per il periodo di validità dello stesso, previo
inserimento nell'elenco anagrafico o, se il rapporto di lavoro è in
corso, previa comunicazione del datore di lavoro alla Direzione
provinciale del lavoro;
Il comma 3 specifica, poi, che, con il rinnovo, è rilasciato un nuovo
permesso di soggiorno per l'attività effettivamente svolta.
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Le successive disposizioni dei commi 4, 5 e 6 riguardano, in
particolare, la disciplina dei permessi di soggiorno per motivi di
studio, prevedendo non solo che consentano comunque l’attività
lavorativa, anche se in misura limitata. Infatti, in base al comma 4, il
permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione consente,
per il periodo di validità dello stesso, l'esercizio di attività lavorative
subordinate per un tempo non superiore a 20 ore settimanali, anche
cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite
annuale di 1.040 ore.
Il comma 6 prevede la conversione del permesso di soggiorno per
motivi di studio, anche se solo nei limiti delle quote fissate a norma
dell'articolo 3 del testo unico, in permesso di soggiorno per motivo
di lavoro sia per motivi di lavoro subordinato, previa stipula del
contratto di soggiorno per lavoro presso lo Sportello unico sia per
motivi di previo rilascio della certificazione di cui all'articolo 6,
comma 1, del testo unico da parte dello Sportello unico. La
disposizione si applica anche agli stranieri ammessi a frequentare
corsi di formazione ovvero a svolgere tirocini formativi in Italia. In
tali casi la conversione è possibile soltanto dopo la conclusione del
corso di formazione frequentato o del tirocinio svolto.
Da tali disposizioni la giurisprudenza ha tratto un principio generale
di conversione dei premessi di soggiorno quando si verifichino i
presupposti di un titolo di soggiorno diverso, purchè nel rispetto
delle quote di ingresso.
Secondo tale orientamento, infatti, la indicazione delle possibilità di
conversione di cui all’articolo 14 non può ritenersi tassativa, ristretta
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quindi alle ipotesi espressamente disciplinate, ma riguarda ogni
titolo di soggiorno.
In particolare, la giurisprudenza , anche della sezione, si è già
pronunciata sulla possibilità di conversione del permesso di
soggiorno per motivi religiosi sia per motivi di lavoro subordinato
che autonomo.
L'art. 14, d.P.R. 31 agosto 1999 n. 394, nell'indicare le attività
consentite in relazione ai permessi di soggiorno per motivi di lavoro
subordinato, di lavoro autonomo, familiari, di studio, espressamente
consente la conversione di tali permessi di soggiorno per l'attività
effettivamente svolta.
La predetta disposizione, tuttavia, non può interpretarsi nel senso
che soltanto le menzionate tipologie di permesso di soggiorno
possano essere oggetto di conversione e, conseguentemente, che
per quelle non espressamente ivi richiamate tale conversione non
sarebbe consentita.
Ciò nella considerazione che la menzionata disposizione non
contiene alcuna espressa esclusione dalla conversione di altre
tipologie di permesso di soggiorno diverse da quelle sopra citate
(Tar Lazio sez. II quater, 05/02/2009, 1206).
Una diversa interpretazione sarebbe gravemente discriminatoria tra
chi si trova in Italia in forza di un titolo di soggiorno per motivi
religiosi rispetto, ad esempio, a chi sia entrato nel territorio
nazionale con un permesso per motivi di studio o formazione.
In mancanza di una disciplina espressa, a meno di ritenere le
disposizioni di cui all’articolo 14 del d.p.r. n. 394 del 1999, di
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carattere eccezionale e derogatoria di un regime generale,
soccorrono, infatti, gli ordinari criteri interpretativi.
In presenza di lacune della normativa si può, quindi, far riferimento
alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe ( art 14
preleggi), come deve essere considerata, rispetto al caso di specie, la
conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in
permesso di soggiorno per lavoro .
Pertanto, poiché rispetto al permesso di soggiorno per motivi di
studio è ammessa la conversione sia in lavoro autonomo che
subordinato, non c’è ragione di ritenere che una tale conversione
non sia possibile rispetto al permesso di soggiorno rilasciato per
motivi religiosi, per il quale vi è una evidente analogia di situazioni.
Il provvedimento dell’Amministrazione basato sulla mancata
previsione della conversione del permesso di soggiorno per motivi
religiosi è quindi illegittimo e deve essere annullato.
La astratta possibilità di conversione del permesso di soggiorno
deve essere, però, in concreto valutata in relazione ai presupposti
per il rilascio del permesso di soggiorno, in questo caso, per lavoro
autonomo, quindi, in particolare, ai prescritti requisiti di reddito.
Inoltre, l’orientamento della giurisprudenza, rispetto al quale il
Collegio ritiene non vi siano specifiche ragioni per discostarsi nel
caso di specie, è costante nel considerare i permessi di soggiorno
rilasciati in base alla conversione di altro titolo di soggiorno
sottoposti al rispetto delle quote di ingresso ( Cfr Consiglio Stato ,
sez. VI, 03 maggio 2010 , n. 2498, per cui i limiti derivanti dalle
quote di accesso, annualmente definite con d.P.C.M., devono essere
considerati presupposto per il rilascio di qualsiasi permesso di
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Sentenze interessanti – N.37/2013
soggiorno; cfr, altresì, T.A.R. Lazio sez. II quater n. 5842
dell’11/06/2013).
Tale interpretazione è confermata anche dalle disposizioni espresse
dell’art 14 commi 5 e 6 del d.p.r. n. 394 del 1999, relative ai
permessi di soggiorno per motivi di studio .
In particolare, il comma 5 dispone che , fermi restando i requisiti
previsti dall'articolo 6, comma 1, del testo unico, le quote d'ingresso
definite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico, per
l'anno successivo alla data di rilascio sono decurtate in misura pari al
numero dei permessi di soggiorno per motivi di studio o
formazione, convertiti in permessi di soggiorno per motivi di lavoro
nei confronti di stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio
nazionale al raggiungimento della maggiore età. La stessa
disposizione si applica agli stranieri che hanno conseguito in Italia il
diploma di laurea o di laurea specialistica, a seguito della frequenza
dei relativi corsi di studio in Italia.
La conversione del permesso di soggiorno è quindi soggetta ai
requisiti specifici previsti per il titolo di soggiorno richiesto e al
rispetto delle quote di ingresso.
Il ricorso è quindi fondato e deve essere accolto con annullamento
del provvedimento impugnato, salva la valutazione della sussistenza
di tali elementi ai fini del rilascio del permesso di cui alla richiesta di
conversione.
In relazione alla particolarità della fattispecie, sussistono giusti
motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
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Sentenze interessanti – N.37/2013
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione
Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento
impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5
novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Toschei, Presidente FF
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore
Maria Laura Maddalena, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
14/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 09972/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04575/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4575 del 2012, proposto da:
rappresentato e difeso dall'avv. Mario Angelelli, con
domicilio eletto presso Mario Antonio Angelelli in Roma, viale
Carso,23;
contro
Ministero
dell'Interno,
rappresentato
e
difeso
per
legge
dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; U.T.G.
- Prefettura di Roma;
per l'annullamento
del provvedimento prot. 142381 reso dalla Prefettura - sportello
unico per l'immigrazione di Rroma in data 5.8.2010 con il quale
veniva respinta la domanda volta ad ottenere l'emersione dal lavoro
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Sentenze interessanti – N.37/2013
irregolare e la sanatoria della posizione di soggiorno ai sensi dell’
art.1-ter della l. n. 102/09 Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott.
Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Per la ricorrente era stata presentata, via internet, domanda di
emersione di lavoro irregolare dalla signora Antonina Costa il 23
settembre 2009 con la dichiarazione espressa, richiesta a pena di
inammissibilità, del possesso di un reddito imponibile annuo,
risultante dalla dichiarazione, non inferiore a ventimila euro.
La signora Costa è stata convocata il 15 marzo 2010, il 28 maggio
2010 e il 13 luglio 2010 presso l’ufficio dello sportello unico per
l’immigrazione anche per l’integrazione della documentazione
relativa al reddito, necessaria per la accoglimento della pratica di
emersione.
Poiché
non
si
presentava
né
integrava
tale
documentazione, lo Sportello unico per l’immigrazione respingeva
la richiesta di emersione con decreto del 5 agosto 2010.
Avverso tale provvedimento, notificato al datore di lavoro il 1
settembre 2010, e conosciuto dalla ricorrente a seguito di istanza di
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Sentenze interessanti – N.37/2013
accesso il 15 marzo 2012 è stato proposto il presente ricorso
notificato il 11 maggio 2012 per i seguenti motivi:
erronea e falsa applicazione dell’articolo 1 ter della legge n. 102 del
2009; dell’articolo 1 della legge 241 del 1990 e dell’articolo 46 del
d.p.r. 445 del 2000;
Si
è
costituita
l’Avvocatura
dello
Stato
depositando
documentazione.
All’udienza pubblica del 17 ottobre 2013 il ricorso è stato trattenuto
in decisione.
In via preliminare il ricorso deve ritenersi tempestivamente
proposto, in relazione alla conoscenza del provvedimento solo a
seguito della domanda di accesso. In ogni caso, non è stata
formulata specifica eccezione di tardività né fornita alcuna prova da
parte
dell’Amministrazione
di
precedente
conoscenza
del
provvedimento da parte della ricorrente.
Nel merito , il ricorso è infondato.
Sostiene la ricorrente la illegittimità del provvedimento di rigetto
della emersione di lavoro irregolare, in relazione al presupposto
della non sufficienza dei redditi dichiarati dalla signora Costa, in
quanto la Amministrazione avrebbe dovuto accertare d’ufficio i
redditi della Costa e comunque valutare anche ulteriori redditi oltre
quelli dichiarati.
Tali argomentazioni non sono suscettibili di accoglimento.
In primo luogo, risulta dagli atti di causa che l’Amministrazione, pur
in mancanza di produzione documentale da parte della richiedente
la emersione, ha effettivamente acquisito d’ufficio i dati presso
l’Agenzia delle Entrate.
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Sentenze interessanti – N.37/2013
Proprio da tale attività istruttoria ufficiosa è risultato che la signora
Costa aveva presentato una dichiarazione fiscale solo nel 2003 e
nessuna dichiarazione dal 2004 al 2009.
I redditi valutabili dall’Amministrazione sono esclusivamente quelli
risultanti dalle dichiarazioni fiscali, in base alla espressa disciplina
dall’articolo 1 ter comma 4 lettera d) d.l. n. 78 del 2009, convertito
in l. n. 102 del 2009.
Ai sensi dell'art. 1-ter comma 4 lett. d), d.l. n. 78 del 2009,
convertito in l. n. 102 del 2009, il datore di lavoro che abbia
presentato la dichiarazione di emersione dello straniero può
dimostrare il possesso del requisito reddituale richiesto dalla norma
unicamente con riguardo al reddito risultante dalla dichiarazione dei
redditi, trattandosi di norma di stretta interpretazione che esclude la
possibilità di operare riferimenti al reddito comunque posseduto dal
dichiarante, ancorché non risultante dalla dichiarazione e desunto
aliunde ( T.A.R. Firenze Toscana sez. II, 11 luglio 2013, , n. 1112).
Tale disposizione prevede espressamente un reddito imponibile pari
a ventimila euro ( per un nucleo familiare di un solo componente)
“risultante dalle dichiarazioni”e l’attestazione del possesso di tale
reddito a pena di inammissibilità della domanda di emersione
Si tratta quindi di un presupposto fondamentale posto dalla
normativa a base della procedura di emersione.
Nel caso di specie, la circostanza del possesso del reddito sufficiente
era stata attestata dalla datrice di lavoro nella domanda di emersione
.
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Sentenze interessanti – N.37/2013
La mancata corrispondenza di tale espressa dichiarazione a quanto
risultante dai dati dell’Agenzia delle Entrate era circostanza idonea
ad interrompere la procedura di emersione.
Si deve anche evidenziare, diversamente da quanto sostenuto dalla
difesa ricorrente, che non vi era alcun ulteriore attività
amministrativa, che avrebbe potuto essere compiuta dalla
Amministrazione, in mancanza del perfezionamento della procedura
di emersione.
La giurisprudenza si è, infatti, più volte espressa nel senso che, in
primo luogo, l’art. 1 ter del DL n. 78/2009 convertito dalla legge n.
102/2009 nel prevedere la sanatoria delle posizioni irregolari degli
stranieri occupati in determinati settori lavorativi – precisamente i
servizi alla persona in qualità di colf o badante - assume chiara
natura derogatoria della disciplina dell’ingresso nel territorio dello
Stato, in particolare in relazione al sistema della pianificazione dei
flussi in entrata.
Inoltre, la legge configura il rilascio del suddetto titolo abilitativo
come la risultante della positiva conclusione di due procedimenti,
quello propriamente di emersione - che si svolge presso lo Sportello
Unico dell’Immigrazione – e quello volto al rilascio del permesso di
soggiorno, attributo alla competenza della Questura.
Il primo procedimento si sostanzia in una fattispecie a formazione
progressiva, i cui passaggi salienti sono costituiti dalla sussistenza
del rapporto di lavoro irregolare, dalla domanda di emersione del
datore di lavoro, dalla convocazione di entrambe le parti dinanzi al
SUI, dall’istruttoria di quest’ultimo, dalla stipula del contratto di
soggiorno.
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La giurisprudenza è, quindi, costante, nel ritenere che la mancata
sottoscrizione del contratto di lavoro da parte del datore di lavoro
non consente il completamento della procedura di regolarizzazione,
mentre solo successivamente al perfezionamento del procedimento
di emersione può essere rilasciato il permesso di soggiorno per
motivi di lavoro, salvi i casi di già avvenuta cessazione del rapporto,
come nel caso del decesso del datore di lavoro, con conseguente
contratto di soggiorno limitato al periodo pregresso, nei quali viene
rilasciato il permesso di soggiorno per attesa di occupazione
(Consiglio di Stato, Sez. III n. 5736 del 14 novembre 2012, n. 1638
del 25 marzo 2013).
La procedura di emersione non può essere considerata conclusa in
caso di mancata comparizione del datore di lavoro; non è infatti la
presentazione dell’istanza di emersione che ha effetto sanante
dell'irregolarità del rapporto di lavoro pregresso sulla sola base
dell'avvenuta prestazione del rapporto lavorativo, e quindi sulla sola
base dei requisiti oggettivi previsti dall'art. 1 ter della L. 102/2009,
indipendentemente dalla volontà e dal possesso dei requisiti
soggettivi prescritti per il datore di lavoro ( cfr T.A.R. Roma Lazio
sez. II, 7 febbraio 2013, n. 1372)
Nel caso di specie, il procedimento di emersione non si è concluso
per la mancanza di un requisito richiesto dalla norma in capo al
datore di lavoro per consentirgli di regolarizzare un lavoratore
domestico ovvero il reddito non inferiore a ventimila euro.
La mancata corrispondenza delle dichiarazione rese nella domanda
con la situazione reddituale della richiedente, secondo quanto
risultante dalla dichiarazioni dei redditi, come prescritto dalla
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normativa, e, quindi, la mancanza dei presupposti per la
regolarizzazione ha comportato il mancato perfezionamento della
procedura di emersione.
Ne consegue che qualsiasi altra circostanza risulta irrilevante ed in
maniera legittima è stato disposto il rigetto della domanda di
regolarizzazione senza alcuna ulteriore attività amministrativa.
Né può avere rilevanza la circostanza del decesso della datrice di
lavoro, avvenuto il 15 dicembre 2010.
Il decesso del datore di lavoro è considerato una ipotesi in cui la
mancata sottoscrizione del contratto di soggiorno, tra gli elementi
costitutivi della fattispecie a formazione progressiva della
regolarizzazione, è dovuta a causa di forza maggiore con rilascio del
permesso di soggiorno per attesa di occupazione.
Nel caso di specie, peraltro, il decesso si è verificato
successivamente all’adozione del decreto di rigetto della emersione,
provvedimento basato sulla mancanza originaria dei presupposti
richiesti dalla legge per la regolarizzazione.
Infatti, la procedura di emersione non si sarebbe potuta comunque
perfezionare, in quanto la datrice di lavoro non era comunque in
possesso dei requisiti previsti per procedere alla regolarizzazione, in
contrasto, tra l’altro, con quanto dichiarato nella domanda di
emersione .
Ne deriva la legittimità dell’operato dell’Amministrazione, che ha
respinto la domanda di regolarizzazione senza procedere ad alcuna
ulteriore attività amministrativa per il rilascio di altro titolo di
soggiorno.
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La positiva conclusione della procedura di emersione, come sopra
precisato, costituisce, infatti, il presupposto per l'avvio del
procedimento volto al rilascio del permesso di soggiorno.
In caso di interruzione della procedura di emersione, non può
pertanto essere rilasciato al lavoratore il permesso di soggiorno per
attesa occupazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 31 maggio 2011
, n. 3266, T.A.R. Lazio sez. II quater, 7 febbraio 2013, n. 1372)
Sostiene, inoltre, la difesa ricorrente la illegittimità costituzionale di
tale normativa in relazione alla disparità di trattamento tra i
lavoratori stranieri, che si troverebbero esposti ad un diverso
regime, a causa delle differenti condizioni anche reddituali, dei
datori di lavoro .
Tali argomentazioni sono manifestamente infondate.
Come già evidenziato, la disciplina della regolarizzazione ha natura
derogatoria rispetto alla normativa a regime per l’ingresso dei
lavoratori stranieri.
Inoltre,
la
Corte
Costituzionale
ha
affermato
che
la
regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel
territorio nazionale, essendo collegata alla ponderazione di svariati
interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica,
l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica
nazionale in tema di immigrazione, spetta in via primaria al
legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia
discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a
Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino
manifestamente irragionevoli (Corte costituzionale, 26 maggio 2006,
n. 206)
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Il Consiglio di Stato, in particolare, rispetto alla disciplina dell'art. 1
ter del d.l. n. 78 del 2009 conv nella legge n. 102 del 2009 ha
ritenuto manifestamente infondati i profili di incostituzionalità in
relazione alla disparità di trattamento dovuta alla mancata
sottoscrizione del contratto di soggiorno per la mancata
comparizione del datore di lavoro, affermando che la disciplina
dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è
collegata al bilanciamento di molteplici interessi pubblici che spetta
in via primaria al legislatore ordinario contemperare, il quale è
dotato di ampia discrezionalità, soprattutto in tema di fissazione dei
requisiti necessari per le autorizzazioni che consentono ai cittadini
extracomunitari di trattenersi e lavorare nel territorio della
Repubblica (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5736/2012).
Anche questa sezione si è già espressa nel senso della manifesta
infondatezza delle questioni di legittimità prospettate rispetto ai
principi costituzionali di tutela della libertà personale e dei diritti
fondamentali riconoscibili anche agli stranieri, osservando che, tra
tali principi, non è compresa la libertà di circolazione e soggiorno
sul territorio nazionale, che rientra tra quelli caratterizzanti lo status
di cittadino, e che non è invece riconosciuta nei confronti degli
stranieri, per i quali invece è prescritto, e non solo dallo Stato
italiano, di conseguire previamente il titolo autorizzatorio
all'ingresso ed al soggiorno ( T.A.R. Lazio sez. II quater, 7 febbraio
2013, n. 1372).
Il Collegio ritiene che il legislatore nella sua discrezionalità possa
prevedere requisiti specifici per procedere al rilascio di un
09/12/2013
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Sentenze interessanti – N.37/2013
provvedimento che consente la “ sanatoria” di situazioni in origine
irregolari.
Non appare irragionevole che siano fissati specifici requisiti, in
particolare, per garantire la effettiva preesistenza del rapporto di
lavoro e anche la tutela della condizioni del lavoro.
Per questo sono state individuati determinati presupposti. La lettera
f) del comma 4 dell’articolo 1 ter richiede il pagamento della
retribuzione prevista dal contratto collettivo e un orario non
inferiore a venti ore settimanali.
In tale quadro normativo si inserisce, altresì, la disposizione della
lettera d), per cui è richiesto un reddito minimo in capo al datore di
lavoro per procedere alla regolarizzazione.
Ciò per assicurare, in primo luogo, che la regolarizzazione non sia
fittizia; altresì, per garantire sia il lavoratore che la collettività circa la
concreta possibilità che il datore di lavoro adempia la propria
obbligazione con una retribuzione adeguata e sufficiente secondo i
parametri di cui all’articolo 36 della Costituzione.
Si tratta di scelte che rientrano nella ampia discrezionalità del
legislatore in una disciplina di sanatoria e che non presentano dubbi
di legittimità costituzionale sia in relazione all’articolo 3 della
Costituzione che alle disposizioni costituzionali a tutela del lavoro.
Sotto tutti tali profili il ricorso è infondato e deve essere respinto.
In considerazione della particolarità delle questioni sussistono giusti
motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione
Seconda Quater)
09/12/2013
24/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre
2013 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Toschei, Presidente FF
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore
Maria Laura Maddalena, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
25/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 09804/2013 REG.PROV.COLL.
N. 06074/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6074 del 2013, proposto da:
rappresentato e difeso dall'avv.
Salvatore Fachile, con domicilio eletto presso Salvatore Fachile in
Roma, piazza Mazzini, 8;
contro
Min. Interno - Dipartimento Liberta' Civili, Immigrazione E Asilo Unita' Dublino, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento del diniego di accesso ai documenti relativi
al procedimento di richiesta di protezione internazionale e per
la condanna dell’Amministrazione all’esibizione dei
documenti.
09/12/2013
26/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Min. Interno Dipartimento Liberta' Civili, Immigrazione E Asilo - Unita'
Dublino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2013 il dott.
Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, cittadino pakistano, ha presentato, il 14 settembre
2011, presso la Questura di Bolzano, domanda di asilo.
In data 18 marzo 2012 presentava una richiesta di accesso agli atti
del procedimento per il riconoscimento del diritto di asilo, respinta
dal Ministero dell ’Interno, in quanto non motivata.
Proponeva una nuova domanda di accesso il 26 aprile 2013, respinta
con nota del 14 maggio 2013 sulla base della mancata motivazione
della istanza di accesso.
Avverso tali atti e per l’accertamento del diritto all’accesso agli atti
del procedimento per il riconoscimento del diritto di asilo è stato
proposto il presente ricorso formulando i seguenti motivi:
violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 25 della legge n.
241 del 1990.
Si è costituita l’Avvocatura dello Stato con memoria di forma.
09/12/2013
27/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Alla camera di consiglio del 3 ottobre 2013, il ricorso è stato
trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
Ai sensi dell’articolo 25 comma 2 della legge n. 241 del 1990 la
richiesta di accesso deve essere motivata.
Peraltro, l’articolo 22 della legge n. 241 del 1990, definisce il diritto
di accesso come il diritto degli interessati di prendere visione e di
estrarre copia di documenti amministrativi; per interessati si
intendono tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di
interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso.
Nel caso di specie, il richiedente è il titolare della situazione giuridica
tutelata dalla norma sul diritto di asilo; situazione giuridica, peraltro,
considerata dall’ordinamento di diritto soggettivo. E’ evidente
dunque l’interesse del ricorrente alla conoscenza degli atti di tale
procedimento.
Comunque, la richiesta presentata risulta anche esplicitamente
motivata in relazione al prolungarsi della permanenza nel Centro di
accoglienza di Castelnuovo di Porto e alle valutazione circa una
eventuale azione giudiziaria a tutela della situazione giuridica di
richiedente asilo.
Sotto tali profili il diniego all’accesso è illegittimo e deve essere
annullato con accertamento del diritto del ricorrente all’accesso agli
atti del procedimento avviato con la domanda per il riconoscimento
del diritto d’asilo.
Il ricorso è dunque fondato e deve essere accolto.
09/12/2013
28/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
In relazione alla peculiarità della materia, sussistono giusti motivi
per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione
Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina all’Amministrazione
l’esibizione degli atti del procedimento.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre
2013 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Stefano Toschei, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
29/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 02609/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02134/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2134 del 2013, proposto da:
rappresentata e difesa dall'avv. Leonardo Bardi,
con domicilio eletto presso quest’ultimo in Milano, via Podgora, 7;
contro
Ministero dell'Interno (Prefettura di Milano), rappresentato e difeso
per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano,
domiciliata in Milano, via Freguglia, 1;
per la dichiarazione di illegittimità
del silenzio-inadempimento nel procedimento avviato dal Sig. Ban
Ljubisa in data 11.10.2012 inerente la procedura di emersione dal
lavoro irregolare ex art. 5 del d. lgs. 109/2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
09/12/2013
30/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Vista la memoria difensiva dell’Avvocatura dello Stato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2013 il
dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il signor
presentava all’Amministrazione dell’Interno
domanda di emersione ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo
109/2012, a favore della lavoratrice
Non essendo adottato alcun provvedimento esplicito su tale istanza,
era proposto il presente ricorso contro il silenzio della Pubblica
Amministrazione, ai sensi dell’art. 117 del D.Lgs. 104/2010
(“Codice del processo amministrativo”).
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto
del gravame.
All’udienza in camera di consiglio del 21.11.2013, la causa era
trattenuta in decisione.
Il ricorso merita accoglimento, visto che risulta la presentazione
dell’istanza di emersione (cfr. il doc. 1 della ricorrente e l’allegato 1
della parte resistente), senza che la Prefettura abbia provveduto sulla
stessa nel termine di legge.
L’Avvocatura dello Stato, nella propria memoria difensiva, ha
evidenziato che il ritardo nella definizione della pratica non sarebbe
09/12/2013
31/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
imputabile all’Amministrazione, bensì al sedicente datore di lavoro,
che non avrebbe fornito la documentazione richiesta.
Reputa, però, il Collegio che l’eventuale inerzia del datore di lavoro
non possa giustificare la mancata conclusione del procedimento,
dovendo
l’Amministrazione
in
ogni
caso
adottare
un
provvedimento espresso, il cui contenuto deve essere determinato
sulla base di tutte le risultanze dell’istruttoria svolta.
Per effetto dell’accoglimento del gravame, la Prefettura di Milano
dovrà di conseguenza provvedere sulla domanda della ricorrente,
adottando un provvedimento esplicito, entro il termine di 30
(trenta) giorni decorrenti dalla notificazione o dalla comunicazione
in via amministrativa della presente sentenza.
Le spese possono essere compensate, salvo l’onere del contributo
unificato a carico dell’Amministrazione soccombente, come per
legge (DPR 115/2002).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione
Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate, salvo l’onere del contributo unificato come per
legge (DPR 115/2002).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21
novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
09/12/2013
32/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Giovanni Zucchini, Consigliere, Estensore
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
33/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 02584/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02509/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2509 del 2011, integrato da
motivi
aggiunti,
proposto
da:
rappresentato e difeso dagli avv.ti
Massimiliano Passalacqua e Manuel Gioiosa, con domicilio eletto
presso lo studio degli stessi in Milano, Corso di Porta Romana, 51;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura
di Milano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del provvedimento n. 2782/2011 Imm. del 12 aprile 2011 adottato
dalla Questura della Provincia di Milano, di rigetto dell’istanza volta
ad ottenere il rinnovo, per motivi di lavoro subordinato, del
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permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Milano il 28
settembre 2005, e scaduto il 27 marzo 2006, notificato per la prima
volta il 20 aprile 2011, e poi notificato nuovamente in data 30
maggio 2011, unitamente all’avviso di avvio del procedimento,
nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno Questura di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 ottobre 2013 il dott.
Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il provvedimento impugnato, l’Amministrazione ha rigettato
l’istanza a suo tempo presentata dal ricorrente, volta ad ottenere il
rinnovo del permesso di soggiorno, per motivi di lavoro
subordinato in attesa di occupazione.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio, solo formalmente, non
depositando documentazione, né articolando memorie difensive.
Con ordinanza n. 1466/2001 la domanda cautelare è stata rigettata.
All’udienza pubblica del 31.10.2013 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Il ricorso va accolto.
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Sentenze interessanti – N.37/2013
In via preliminare, il Collegio rimeditando quanto affermato in sede
cautelare, dà atto della ricevibilità del ricorso.
Il provvedimento impugnato è infatti stato notificato due volte, con
il medesimo contenuto, in una prima occasione in data 20.4.2011, e
successivamente, in data 30.5.2011, in questo caso corredato
dall’invito a formulare eventuali osservazioni ex artt. 7 e 10 bis L. n.
241/90.
Il Collegio ritiene che, mediante la successiva notifica del medesimo
provvedimento, l’amministrazione ha rimesso in termini il
destinatario, avendo generato in questi l’affidamento nel decorso di
un nuovo termine per l’impugnazione.
Ne deriva che il ricorso deve ritenersi tempestivo, in quanto
notificato entro il termine di decadenza decorrente dall’ultima
notifica del provvedimento.
Nel merito, il diniego impugnato è incentrato, in primo luogo, sul
ritardo con cui il ricorrente ha provveduto a formulare l’istanza di
rinnovo, violando così i termini di cui all’art. 5 c. 3 del D.Lgs. n.
286/98.
Secondariamente, si afferma che “dagli accertamenti effettuati in
data 6.4.2011 sulla posizione anagrafica INPS è emerso che l’istante,
da lavoro dipendente, ha percepito un reddito imponibile ai fini
contributivi fino all’anno 2009, ed in particolare, per l’anno 2006,
per cinque mesi, nessun reddito per gli anni 2007 e 2008, per l’anno
2009 solo per i mesi di Giugno e Luglio”.
Infine, per quanto concerne lo svolgimento di attività lavorativa, pur
dandosi atto che il richiedente ha integrato la propria istanza con
documentazione relativa ad un rapporto di lavoro subordinato,
09/12/2013
36/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
instaurato in data 3.6.2009 con l’Azienda “
si
ritiene la stessa non utile a dimostrare lo svolgimento di una
regolare attività lavorativa, ed il possesso di redditi.
I) In primo luogo, il Collegio evidenzia che, come da giurisprudenza
pacifica, sussiste l'obbligo per l'Amministrazione, destinataria di una
tardiva domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, di non
arrestarsi, al fine di respingerla, al rilievo dell’intempestività della sua
presentazione, dovendo in ogni caso procedersi alla disamina
dell'istanza per accertare se siano venuti meno i presupposti,
originariamente sussistenti, per il rinnovo del permesso, e della cui
mancanza il ritardo può costituire indice rivelatore (T.A.R. Lazio,
Roma, Sez. II, 7.9.2012 n. 7615). Conseguentemente, il mero ritardo
nella presentazione della domanda, evidenziato nel provvedimento
impugnato, non può essere considerato, di per sé, elemento idoneo
a sorreggerne il rigetto, non avendo il termine per la richiesta di
rinnovo del permesso di soggiorno natura perentoria, bensì
ordinatoria o acceleratoria, come conferma la circostanza che l’art.
5, comma 4, del d. l. vo 1998 n. 286 non contempla alcuna
conseguenza sanzionatoria per l’ipotesi di una sua inosservanza.
Inoltre, nel caso di specie, l’Amministrazione ha proceduto solo ex
post ad effettuare la comunicazione di preavviso di rigetto di cui
all’art. 10 bis L. n. 241/90, ciò che è, in via ulteriore, preclusivo al
rigetto dell’istanza quale conseguenza automatica del mancato
rispetto dei termini per la sua presentazione (per la rilevanza della
comunicazione, cfr. C.S., Sez. III, 27.6.2013 n. 3525).
II) Secondariamente, il Collegio osserva che il provvedimento
impugnato non ha minimamente valutato l’inserimento sociale del
09/12/2013
37/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
ricorrente, il quale si trova in Italia dall’età di quattordici anni,
assieme alla madre ed al fratello, avendo pertanto perduto ogni
legame con il paese d’origine.
Quanto precede è causa di illegittimità del diniego impugnato, atteso
che è invece necessario tener conto della durata della permanenza
nel territorio in Italia dello straniero, del grado di inserimento nel
contesto sociale, familiare e lavorativo dello stesso, dei legami con il
paese d'origine (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5.4.2013 n. 419).
III) L’amministrazione, nel procedere al doveroso riesame della
posizione del ricorrente, anche con riguardo al possesso di fonti
lecite di sostentamento, dovrà considerare, oltre alla possibilità di
tenere conto dei redditi della madre, convivente con il medesimo
ricorrente, che questi, sebbene successivamente all’instaurazione del
presente giudizio, ha documentato di aver costituito con decorrenza
dal 24 settembre 2012, un rapporto di lavoro a tempo pieno ed a
tempo indeterminato, con la società cooperativa “La Formica
Multiservizi” (cfr. all.1 all’istanza di prelievo depositata in data 28
settembre 2012).
Occorre, infatti, riconoscere il giusto rilievo ai fatti sopravvenuti ed
alla circostanza che, in rapporto alla situazione lavorativa
dell'istante, sussistano tutti i presupposti per il rilascio del citato
permesso, dando rilievo alle sopravvenienze capaci di determinare
l'accoglimento della pretesa del ricorrente (T.A.R. Emilia-Romagna,
Bologna, Sez. I, 18.2.2009 n. 163), quali appunto la titolarità di un
nuovo contratto di lavoro.
Il ricorso va pertanto accolto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
09/12/2013
38/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione
Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento in
epigrafe impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese
processuali, equitativamente liquidate in Euro 1.200,00 in favore del
ricorrente, oltre al rimborso del contributo unificato e accessori di
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 31
ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
39/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 01613/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01363/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex
art.
60
cod.
proc.
amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1363 del 2013, proposto da:
rappresentato e difeso dall'avv. Sara Baldini,
con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli
40;
contro
U.T.G. - Prefettura di Pisa in persona del Prefetto pro tempore,
Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Firenze,
domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
del provvedimento Prot. 1964/2013 - area IV emesso dalla
Prefettura della Provincia di Pisa in data 04/07/2013 e notificato al
09/12/2013
40/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
richiedente in data 10/07/2013, di rigetto della richiesta di rinnovo
del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Pisa
e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 il
dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con decreto 23 aprile 2013 prot. Cat.A.12/2012 iv. P.A.S.-Imm. n.
88/IV Sez., il Questore di Pisa rigettava l’istanza di permesso di
soggiorno per ragioni di lavoro subordinato presentata dal
ricorrente, sulla base della mancata dimostrazione del possesso dei
mezzi di sostentamento per la permanenza in Italia; il
provvedimento era oggetto di ricorso gerarchico da parte del
ricorrente ed il Prefetto di Pisa, con decreto 4 luglio 2013 prot. n.
1964/2013-Area IV, confermava definitivamente il diniego di
permesso di soggiorno, sulla base della rilevazione dell’insufficienza
del reddito percepito dal ricorrente, negli anni 2011 e 2012 (in cui il
ricorrente svolgeva la diversa attività del lavoro autonomo), a
giustificarne la permanenza sul territorio nazionale.
09/12/2013
41/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Il provvedimento di diniego del Prefetto di Pisa era impugnato dal
ricorrente
per
irragionevolezza
e
non
proporzionalità
del
provvedimento impugnato in relazione al d.l. n. 78/2009 conv. in l.
102 del 2009 ed all’art. 5, 5° comma del d.lgs. 286 del 1998.
Si
costituivano
in
giudizio
le
Amministrazioni
intimate,
controdeducendo sul merito del ricorso.
Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.
La giurisprudenza ha, infatti, rilevato come, <<ai fini del rinnovo
all'extracomunitario del permesso di soggiorno per motivi di lavoro,
la pregressa disponibilità di sufficienti mezzi di sostentamento
rappresent(i) solo un termine di raffronto utile e ragionevole, ma di
per sé non sufficiente a definire il procedimento, dovendo invece
inserirsi in un paniere di elementi rilevanti, tra i quali non solo le
concrete prospettive dello straniero richiedente, ma anche la durata
della sua permanenza in Italia e il grado di inserimento sociale,
documentato ad esempio dal percorso di studi e lavorativo
pregresso, ma anche dalle possibilità di inserimento lavorativo
futuro>> (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 7 maggio 2013 n. 263; T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. IV, 24 febbraio 2012 n. 615; T.A.R. Puglia,
Lecce, sez. III, 14 febbraio 2012 n. 280).
Nel caso di specie, la Questura e la Prefettura di Pisa hanno operato
una valutazione della capacità reddituale del ricorrente tutta rivolta
al passato (ovvero al reddito da lavoro autonomo derivante dalla
partecipazione alla società “Maisa Internet Point di Sapon Md” negli
anni 2011 e 2012) e non comprendente la sostanziale innovazione
del quadro ricostruttivo derivante dalla disponibilità (espressa con la
proposta di assunzione dd. 8 maggio 2012) della medesima società
09/12/2013
42/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
ad assumere il ricorrente in qualità di lavoratore dipendente; con
tutta evidenza, si trattava, quindi, di una sostanziale innovazione del
rapporto lavorativo del ricorrente che doveva trovare autonoma
considerazione,
soprattutto
con
riferimento
alle
possibili
modificazioni in positivo che tale modificazione poteva determinare
su una capacità economica di mantenimento autonomo finora
insufficiente a giustificare la permanenza in Italia del ricorrente.
Il ricorso deve pertanto essere accolto e deve essere disposto
l’annullamento
dell’atto
impugnato;
sussistono
ragioni
per
procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione
Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie, come da motivazione e, per l’effetto,
dispone l’annullamento dell’atto impugnato.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 7
novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Primo Referendario
L'ESTENSORE
09/12/2013
IL PRESIDENTE
43/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
44/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 01575/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01342/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex
art.
60
cod.
proc.
amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1342 del 2013, proposto da:
rappresentato e difeso dall'avv. Stefano
Gambini, con domicilio eletto presso - Segreteria T.A.R. in Firenze,
via Ricasoli 40;
contro
U.T.G. - Prefettura di Lucca in persona del Prefetto pro tempore,
Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le Firenze,
domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
del decreto prot. n. P- LU/L/N/2012/100697 emanato da U.T.G.
Prefettura della Provincia di Lucca il 19.06.2013, di rigetto della
09/12/2013
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Sentenze interessanti – N.37/2013
dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare di lavoro domestico
di sostegno al bisogno familiare presentata, ai sensi dell'art. 5 del d.
lgs. 109/2012, il 22.09.2012, dalla sig.ra Cancedda Maria Rita in
favore del ricorrente , comunicato al ricorrente in data 10.07.2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di
Lucca e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 il
dott. Saverio Romano e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe indicato è impugnato il provvedimento
con il quale l’Amministrazione ha respinto la dichiarazione di
emersione dal lavoro irregolare di lavoro domestico di sostegno al
bisogno familiare presentata, ai sensi dell'art. 5 del d. lgs. 109/2012,
il 22.09.2012, dalla sig.ra Cancedda Maria Rita in favore del
ricorrente.
L’atto impugnato è stato emesso sulla base della seguente
motivazione: “la firma depositata sul documento del Consolato
Generale del Pakistan a Milano, datato 06/08/2011, è difforme da
quella depositata ufficialmente presso l’Ufficio legalizzazioni della
Prefettura di Lucca; l’attestato del Parroco della parrocchia S.
09/12/2013
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Sentenze interessanti – N.37/2013
Antonio , in Viareggio via Garibaldi 155, non può essere
considerato documento rilasciato da organismo pubblico; (quanto
all’ulteriore documentazione del 25/02/2013)…da accertamenti
esperiti d’ufficio è risultato che il predetto documento non è valido
in quanto non rilasciato dal Consolato del Pakistan di Milano”;
Avverso il provvedimento impugnato, il ricorrente ha dedotto: che
la valutazione della Prefettura circa la falsità della firma apposta sul
documento
del
Consolato
contrasta
con
la
successiva
documentazione del 04.07.2013 prodotta dal ricorrente a corredo
dell’istanza di riesame (che certificherebbe l’autenticità del
documento del 06.08.2011 dello stesso Consolato); che l’originale è
in possesso dell’Amministrazione; che il rapporto di lavoro è ancora
in essere.
Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione intimata ha chiesto la
reiezione del ricorso siccome infondato.
La causa, chiamata alla camera di consiglio sopra indicata, è stata
trattenuta in decisione, per la definizione del merito, sussistendone i
presupposti.
Il ricorso è infondato.
Il
provvedimento
risulta
motivato
con
l’irregolarità
della
documentazione presentata dal ricorrente, a corredo dell’istanza di
emersione dal lavoro irregolare, la quale è risultata falsa.
In data 22.09.2012 veniva presentata domanda, a cura della sig.ra
Cancedda Maria Rita, per l’emersione di lavoro irregolare a favore
del ricorrente.
Tuttavia, l’Amministrazione accertava che la firma apposta sul
documento del Consolato del Pakistan del 06.08.2011 nonché quella
09/12/2013
47/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
apposta su altro documento datato 25.02.2013, erano difformi da
quella depositata presso l’ufficio legalizzazioni della Prefettura.
Come
emerge
dagli
atti
di
causa,
anche
la
successiva
documentazione del 4 luglio 2013, prodotta a corredo dell’istanza di
riesame, è risultata non autentica.
Ai sensi dell’art, 17 comma 2 legge 4 gennaio 1968 n. 15: “Le firme
sugli atti e documenti formati nello Stato e da valere nello Stato,
rilasciati da una rappresentanza diplomatica o consolare estera
residente nello Stato, sono legalizzate a cura della Prefettura”.
Nella fattispecie, il documento datato 04.04.2013, richiamato dal
ricorrente, è stato ritenuto privo di efficacia probante in quanto la
firma in esso riportata non poteva essere legalizzata essendo
difforme da quella depositata agli atti della Prefettura.
Dai reiterati accertamenti disposti dall’Amministrazione presso il
Consolato del Pakistan a Milano, le firme e i relativi documenti non
sono risultati autentici (v. all. 9 datato 19.09.2013 relativo alla
comunicazione del Consolato che nega sia il rilascio dei documenti
inviati sia la firma degli stessi da parte del proprio personale).
Sulla base dell’istruttoria effettuata, il provvedimento impugnato
appare legittimamente adottato dalla Prefettura e del tutto immune
dai vizi dedotti.
Pertanto, il ricorso va respinto in quanto infondato e le spese di lite
poste a carico del soccombente.
Va inoltre revocata l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese
dello Stato, disposta dalla competente Commissione.
P.Q.M.
09/12/2013
48/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione
Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo respinge e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio che si liquidano in euro 1.000 (mille); revoca
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 7
novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente, Estensore
Luigi Viola, Consigliere
Bernardo Massari, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
09/12/2013
49/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
N. 01547/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02133/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2133 del 2011, proposto da:
rappresentata e difesa dall'avv. Massimo
Goti, con domicilio eletto presso Piero Piovanelli in Firenze, via
Santa Reparata 40;
contro
U.T.G. - Prefettura di Prato, Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi per legge
dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli
Arazzieri 4;
per l'annullamento
del provvedimento emesso il 10.06.2011 dal Dirigente dello
Sportello Unico per l'Immigrazione di Prato - Prefettura di Prato,
con cui rigettava l'istanza prot. n. P-PO/L/Q/2011/100312
09/12/2013
50/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
presentata dalla sig.ra
avente per oggetto la
richiesta di un nulla osta per lavoro domestico in favore della
signorina Almacen Shirley sulla base della circostanza del difetto del
requisito della capacità economica, in quanto non risultava, anche
dalla documentazione prodotta a seguito della comunicazione ai
sensi dell'art. 10 bis L. 241/1990, che la richiedente fosse titolare di
un reddito annuo almeno doppio rispetto all'ammontare della
retribuzione annuale dovuta al lavoratore da assumere, aumentata
dei connessi contributi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di
Prato e di Ministero del lavoro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2013 il dott.
Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La sig.ra
impugna il provvedimento in epigrafe
con cui la Prefettura di Prato ha respinto l'istanza avente per
oggetto la richiesta di un nulla osta per lavoro domestico in favore
di altro lavoratore straniero motivato con il difetto del requisito
della capacità economica in capo alla richiedente.
La ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 22 del d.lgs. n.
286/1998 e dell'art. 30 del d.P.R. n. 394/1999, oltre che il difetto di
09/12/2013
51/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
presupposti da cui sarebbe viziato il provvedimento avversato, in
quanto sarebbe stato dimostrato, nel corso del procedimento, il
possesso di un reddito adeguato in rapporto alla retribuzione che si
era impegnata a corrispondere alla futura dipendente.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi
all’accoglimento del gravame.
Con ordinanza n. 1220 del 21 dicembre 2011 veniva respinta
l’istanza incidentale di sospensione dell’atto impugnato.
Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2013 il ricorso era trattenuto
per la decisione.
Il ricorso è fondato.
L'art. 22 del TU sull'immigrazione stabilisce che "Il datore di lavoro
italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in
Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato
con uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per
l'immigrazione...: a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro; b) idonea
documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il
lavoratore straniero; c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione
delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello
stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di
provenienza...".
L'art 30 bis, comma 3, del d.P.R. n. 394/1999 prevede poi che "Alla
domanda devono essere allegati:...b) autocertificazione della posizione
previdenziale e fiscale atta a comprovare, secondo la tipologia di azienda, la
capacità occupazionale e reddituale del datore di lavoro; c) la proposta di stipula
di un contratto di soggiorno a tempo indeterminato, determinato o stagionale, con
orario a tempo pieno o a tempo parziale e non inferiore a 20 ore settimanali e,
09/12/2013
52/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
nel caso di lavoro domestico, una retribuzione mensile non inferiore al minimo
previsto per l'assegno sociale, ai sensi dell' articolo 3, comma 6, della legge 8
agosto 1995, n. 335".
Va rilevato, altresì, che il parametro reddituale cui fa riferimento il
provvedimento impugnato non è direttamente stabilito dalla legge o
dal Regolamento di attuazione del testo unico sull’immigrazione,
bensì da una fonte normativa secondaria (la circolare n. 1/2005 del
Ministero del lavoro) che, per quanto non contestata dalla ricorrente
va interpretata, secondo la giurisprudenza di questo T.A.R.,
ragionevolmente nel senso che, ai fini della verifica della capacità
economica dell'impresa, rilevano anche altri elementi idonei a
comprovare l'idoneità della stessa a sostenere gli oneri della futura
assunzione (T.A.R. Toscana, Sez. I, 10-01-2008, n. 2; id. Sez. II, 1905-2010, n. 1522).
Da
qui
l’opportunità,
non
apertamente
disconosciuta
da
controparte, che nel computo del reddito del datore di lavoro, ove si
tratti di un lavoratore assunto come collaboratore familiare, si tenga
conto anche del reddito del coniuge, pure se non espressamente
indicato dalla legge.
Dagli atti del procedimento si evince che l’Amministrazione non ha
tenuto conto, ai fini di cui trattasi, del reddito prodotto nel 2009 dal
sig. Romeo Paquerez (pari a € 8.060,00), avendo ritenuto questi solo
un convivente della ricorrente, come risulterebbe dalla certificazione
anagrafica rilasciata dal comune di Prato.
In realtà la ricorrente ha dimostrato, nel corso del giudizio,
l’erroneità
di
tale
affermazione,
giacché
sulla
base
della
documentazione prodotta (doc. n. 10) è emerso che il predetto sig.
09/12/2013
53/61
Sentenze interessanti – N.37/2013
Paquerez è il coniuge della medesima, avendo contratto matrimonio
in data 8 dicembre 1999 nel proprio Stato di origine.
Ne segue che al reddito documentato dalla ricorrente, pari a €
16.951,00 (mod. CUD 2009) deve sommarsi il reddito del coniuge,
conseguendone un coacervo reddituale superiore al doppio del
salario (comprensivo dei contributi di legge) che la deducente si è
impegnata a corrispondere alla dipendente di cui ha chiesto
l’assunzione e, quindi, pienamente corrispondente ai parametri
reddituali richiesti dall’Amministrazione.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere
accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese di giudizio possono equamente essere compensate in
ragione della particolarità della vicenda.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione
Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto
impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 18
ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 01527/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01889/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1889 del 2012, proposto da:
rappresentato e difeso dall'avv. Michele Cipriani,
con domicilio eletto presso Michele Cipriani in Firenze, via dei
Rododendri 1;
contro
U.T.G. - Prefettura di Firenze in persona del Prefetto pro tempore,
Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Firenze,
domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
a) del decreto prot. 1974/2011 della Prefettura di Firenze del
04.08.2012, notificato il 27.09.20121, che ha respinto il ricorso
gerarchico presentato da
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contro il provvedimento
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del Questore di Firenze prot. n. 572 del 24.02.2011 di rifiuto del
rinnovo/conversione del permesso di soggiorno da lavoro
stagionale a lavoro subordinato non stagionale;
b) di ogni atto preliminare, presupposto e/o conseguente ed in
particolare, del decreto prot. 572 del 24.02.2011 del Questore di
Firenze, richiamato sub a), di rifiuto del rinnovo/conversione del
permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato
non stagionale, della nota prot. n. 211/2011 del 06.06.2011 e della
nota prot. n. 326/2012 del 31.07.2012 della Questura di Firenze.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di
Firenze e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott.
Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, dopo aver usufruito di alcuni permessi di soggiorno
per lavoro stagionale, presentava, in data 13 novembre 2010, istanza
di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro stagionale; in data
10 gennaio 2011, stipulava, con l’azienda agricola Parrilla Daniela,
contratto a tempo indeterminato che era prodotto alla Questura di
Firenze, ai fini della conversione del permesso di lavoro per lavoro
stagionale in permesso di lavoro per ragioni di lavoro subordinato.
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Con provvedimento 24 febbraio 2011 prot. n. 572, la Questura di
Firenze rigettava l’istanza di conversione del permesso di lavoro per
lavoro stagionale in permesso di lavoro per ragioni di lavoro
subordinato presentata dal ricorrente, sulla base della seguente
motivazione: <<lo straniero non risulta essere rientrato nelle quote
annue previste per il lavoro subordinato o autonomo ex art. 3,
comma 4 del D.l.vo 286/98 e successive modifiche>>.
Il provvedimento di diniego era impugnato dall’interessato in via
gerarchica e la Prefettura di Firenze, confermava, con il decreto 24
agosto 2012 prot. n. 1974/2011, il provvedimento negativo, sulla
base della seguente e più articolata motivazione: <<atteso che il Sig.
non poteva avanzare richiesta di rinnovo del permesso di
soggiorno né di conversione in quanto per poter richiedere la
sussistenza dei requisiti per la conversione è necessario che siano in
atto la programmazione di flussi di lavoro ed essere in possesso del
titolo di soggiorno in corso di validità; Sentita, in merito, la
Direzione Provinciale del Lavoro di Firenze, che conferma che il
primo DPCM utile è stato emanato il 30/11/2010 (decreto flussi
lavoro) e alla Provincia di Firenze venivano assegnate per la
conversione da lavoro stagionale in lavoro subordinato (VB) n. 34
quote. Le stesse venivano assegnate ai relativi richiedenti che
telematicamente inoltravano la medesima richiesta al S.U.I. Il click
day decorreva per le conversioni da stagionale in subordinato al
3.02.2011 e il termine ultimo per l’invio, veniva sempre stabilito nel
citato DPCM, entro il 30.06.2011. La Direzione Provinciale di
Firenze, istruite le domande in ordine cronologico esauriva la quote
assegnate in data 13/04/2011; Preso atto che il ricorrente non si
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trovava nelle condizioni per poter usufruire della richiamata
conversione per i motivi sopraesposti è risultato, altresì, di non aver
inoltrato richiesta al fine del rilascio dell’attestazione al fine della
conversione del titolo>>.
Gli atti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dal ricorrente
per: 1) violazione e falsa applicazione art. 10-bis della l. 241 del 1990
e violazione ei principi della trasparenza amministrativa e di
correttezza; 2) violazione e falsa applicazione art. 24, commi 3 e 4
d.lgs. 286 del 1998, violazione del d.P.C.M. 30.11.2010, carenza di
istruttoria; 3) violazione di legge (art. 5, 5° comma t.u. 286 del 1998,
eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto, carenza di
istruttoria).
Si
costituivano
in
giudizio
le
Amministrazioni
intimate,
controdeducendo sul merito del ricorso.
Con ordinanza 16 gennaio 2013 n. 19, la Sezione accoglieva l’istanza
di tutela cautelare proposta dal ricorrente, sospendendo gli atti
impugnati;
in
esecuzione
dell’ordinanza
cautelare,
l’Amministrazione rilasciava al ricorrente un permesso di soggiorno
valido fino alla data di decisione del ricorso (17 ottobre 2013).
Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.
Come già rilevato in sede cautelare, la Sezione si è già occupata della
problematica con la sentenza in forma abbreviata 18 aprile 2012 n.
738 che ha rilevato come <<fermo restando il rispetto delle quote
di flusso previste per l'anno di riferimento, l’attestazione della
disponibilità di una quota, nell’ambito del numero complessivo
annuale dei flussi d’ingresso per lavoro subordinato non stagionale,
nel caso di conversione del permesso stagionale in permesso per
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lavoro subordinato non stagionale non costituisc(a) onere del
richiedente, ex art. 24 comma 4 del T.U. sull’immigrazione,
dovendo il lavoratore dimostrare solo il possesso dei requisiti
generali stabiliti per il rilascio del permesso di soggiorno (art. 38 del
d.P.R. n. 389/1999)>>.
L’orientamento è poi stato ribadito dalla recente sentenza 13 agosto
2013 n. 1212 ed in verità, appare strettamente aderente alla
formulazione della previsione dell’art. 24, 4° comma del d.lgs. 25
luglio 1998, n. 286 che non prevede assolutamente l’onere per il
richiedente la conversione di acquisire l’attestazione della
disponibilità di una quota, ai fini del cd. decreto flussi; in mancanza
di una previsione espressa deve pertanto ritenersi che si tratti di
adempimento
che
deve
essere
assicurato
d’ufficio
dall’amministrazione procedente.
Nel caso di specie, l’istruttoria esperita dalla Prefettura di Firenze in
sede di decisione del ricorso gerarchico ha accertato come la
disponibilità nell’ambito della quota assegnata alla Provincia di
Firenze si sia esaurita solo in data 13 aprile 2011 e, quindi, in data
addirittura successiva alla decisione di rigetto adottata, in data 24
febbraio 2011; la Questura di Firenze avrebbe quindi dovuto
acquisire d’ufficio la disponibilità di una quota nell’ambito
territoriale della Provincia di Firenze e constatare la disponibilità di
un posto utile al momento di decisione dell’istanza di conversione
presentata dal ricorrente.
Il ricorso deve pertanto essere accolto e deve essere disposto
l’annullamento degli atti impugnati;
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le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono essere
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione
Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie, come da motivazione e, per l'effetto,
dispone l’annullamento degli atti impugnati.
Condanna le Amministrazioni resistenti alla corresponsione in
favore del ricorrente della somma di € 2.000,00 (duemila/00), oltre
ad IVA e CAP, a titolo di spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 17
ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
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