XXXIII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI APPLICAZIONE DELLA STATISTICA SPAZIALE PER LO STUDIO DELLO SVILUPPO RURALE Chiara PICCINI1, Edoardo PIZZOLI2 SOMMARIO Al fine di migliorare la rappresentazione e la diffusione dell’informazione statistica a livello territoriale e migliorare l’utilizzo dei dati già disponibili, prodotti dagli uffici statistici pubblici, in questo lavoro vengono presentati i risultati di un’applicazione geostatistica (Kriging Ordinario) per la stima e la rappresentazione cartografica di alcuni indicatori economici di sviluppo rurale sul territorio della provincia di Frosinone. L’applicazione prende in considerazione dati provenienti dai conti nazionali, dai censimenti e da indagini statistiche specifiche, verificando in primo luogo la presenza di autocorrelazione spaziale dei dati tramite analisi variografica e fornendo quindi una cartografia di tipo probabilistico (stima in punti non campionati ed errore associato). La performance del metodo proposto viene infine confrontata con un metodo di rappresentazione cartografica di tipo deterministico (Inverse Distance Weighting). 1 ISTAT, Dipartimento per i conti nazionali e le statistiche economiche, Via Depretis 74b, 00184 Roma, email: [email protected] 2 Corresponding author. ISTAT, Dipartimento per i conti nazionali e le statistiche economiche, Via Depretis 74b, 00184 Roma, email: [email protected] 1 1 Introduzione L’informazione statistica ufficiale rappresenta la base fondamentale per le decisioni e la programmazione delle politiche a diversi livelli amministrativi e territoriali. In questo contesto, una consistente parte degli utilizzatori ritiene che la territorializzazione di alcuni caratteri sia assolutamente necessaria per avere un quadro completo ed esaustivo del fenomeno in esame. La maggior parte dei dati disponibili ha sempre, all’origine, un riferimento territoriale, ossia “dove” il dato è stato misurato o rilevato. La statistica spaziale è lo strumento adeguato per simili studi, in quanto tratta i dati tenendo conto esplicitamente della loro natura spaziale, ossia della posizione in cui i fenomeni sottostanti al dato si sono manifestati. La statistica spaziale fornisce pertanto dei metodi e delle tecniche che permettono di studiare la presenza su un determinato spazio geografico di fenomeni di diversa natura. In particolare, le operazioni di tipo geostatistico sono fondamentalmente dirette alla caratterizzazione spaziale dei fenomeni e alla loro modellizzazione e stima, e i risultati di tali operazioni, oltre a rappresentare elementi oggettivi per l’interpretazione e la comprensione dei fenomeni stessi, trovano impiego nella messa a punto dei sistemi di supporto alle decisioni e nella progettazione e gestione dei sistemi di monitoraggio. Nel presente lavoro viene presentata un’applicazione del processo di georeferenziazione e stima degli indicatori economici mediante interpolazione geostatistica alla Provincia di Frosinone. La cartografia ottenuta è di tipo probabilistico, ovvero restituisce una stima anche in aree dove non ci sono osservazioni dirette, nonché l’errore associato alla stima. Per confronto, le stesse carte sono state costruite anche con un metodo di tipo deterministico. L’impostazione e i metodi proposti possono essere estesi a qualunque area amministrativa, compatibilmente con la scala supportabile dal software per i dati disponibili. 2 Unità statistiche e rappresentazione spaziale dei dati Alcuni indicatori di sviluppo, rilevanti ai fini dello sviluppo rurale, sono calcolabili per diversi livelli territoriali-amministrativi e/o a livello individuale (impresa agro-industriale, azienda agricola e famiglia agricola). Al fine della rappresentazione spaziale di tali indicatori vengono considerate quindi due tipologie di unità statistiche: le unità territoriali e le microunità economiche. Le unità territoriali sono intese come porzioni del territorio geografico; tra queste, per le finalità del presente lavoro vengono considerate le aree amministrative minime italiane (i Comuni). La loro rappresentazione spaziale si effettua per poligoni, ma risulta spesso discontinua ed eccessivamente semplificata, in quanto le porzioni minime di territorio considerate si ipotizzano uniformi, in termini di valori della variabile osservata. Le micro-unità economiche sono invece intese come le unità elementari secondo la rappresentazione del Sistema Europeo dei Conti (SEC). Nell’ambito di queste si analizzano: 2 1. le unità di produzione: a) unità istituzionali Società non finanziarie (imprese agroindustriali); b) unità di attività economica (UAE) locali appartenenti alle unità istituzionali (le aziende agricole); 2. le unità di produzione e consumo: unità istituzionali Famiglie (gruppo socioprofessionale delle famiglie agricole). La ricostruzione spaziale di una variabile tramite stima si effettua a partire da un limitato numero di osservazioni della variabile stessa; nel nostro caso le osservazioni sono costituite dalle micro-unità economiche considerate. Per ottenere la rappresentazione spaziale della variabile è necessario interpolare i suoi valori in punti non osservati. A questo scopo, esistono diverse tecniche di interpolazione, tutte basate sull’ipotesi di continuità spaziale dei fenomeni oggetto di studio. E’ necessario, cioè, che l’evoluzione spaziale attesa sia graduale e si sviluppi in modo che, mediamente, più due punti sono vicini fra loro e più i valori delle variabili in essi osservati si assomigliano. La cartografia stimata è quindi una rappresentazione “media” del fenomeno studiato; la vicinanza è inoltre un concetto relativo alla scala di osservazione. Esistono due tipologie di metodi di interpolazione: deterministici, ovvero basati sull’applicazione di un algoritmo definito a priori, e probabilistici o geostatistici. Il metodo deterministico più usato è l’Inverse Distance Weighting (IDW), basato sull’assunzione che la superficie interpolante sia influenzata in maniera maggiore dai punti più vicini e meno da quelli più distanti. Consiste in un processo di assegnazione dei valori a punti non direttamente osservati per mezzo di una media pesata di n valori noti, e il peso di ciascun punto diminuisce al crescere della distanza. Si tiene conto della distanza dei punti rispetto al punto di interesse pesando il contributo di ciascun punto con una funzione della distanza stessa (l’inverso). Questo tipo di interpolatori non prende in considerazione l’autocorrelazione spaziale dei dati, semplificando a volte eccessivamente la realtà (Isaaks e Srivastava, 1989). La geostatistica invece può essere usata per caratterizzare il comportamento e la distribuzione spaziale di una grandezza e, usando questa informazione, è possibile stimare il valore di tale grandezza anche dove non vi siano osservazioni dirette, minimizzando l’errore di stima (Webster e Oliver, 2001). In uno studio geostatistico la caratterizzazione di un fenomeno spaziale costituisce il primo e più importante passo; consiste essenzialmente nell’evidenziare, in forma qualitativa e quantitativa, la variabilità del fenomeno in esame. Per questo fine si utilizza il variogramma, una funzione definita sulla base dei dati disponibili che misura la variabilità della grandezza studiata in relazione alla distanza. Il variogramma è una funzione della distanza e del relativo orientamento delle coppie di punti che descrive il grado di correlazione tra tali punti, dato dalla varianza delle differenze della variabile considerata in una coppia di siti: se due unità sono tra loro vicine la loro differenza sarà piccola e così pure la sua varianza. Al crescere della lontananza tra i siti, le differenze diventano più grandi e la varianza assume valori 3 maggiori. Mediando i valori calcolati per le varie coppie di punti su una distanza standard (lag) si ottiene il variogramma sperimentale, in cui la dipendenza spaziale dei dati è espressa tipicamente da un incremento della funzione al crescere della distanza. La varianza raggiunge poi, o si avvicina asintoticamente a, un certo valore costante detto sill, ad una distanza finita (range) oltre la quale non c’è più autocorrelazione spaziale (Ciotoli e Finoia, 2005). Quando è presente autocorrelazione spaziale, il fenomeno investigato può essere descritto da un certo modello teorico di variabilità spaziale. Al variogramma empirico viene quindi adattato un modello parametrico, che permette di effettuare la stima della variabile in punti non osservati (Goovaerts, 1997). Oltre a sill e range, il terzo parametro fondamentale che definisce la forma del modello di variogramma è il nugget, ovvero l’intercetta sull’asse delle ordinate, che esprime la variabilità a piccola scala. Il Kriging può essere definito in prima approssimazione come una media mobile pesata, che permette di effettuare stime non distorte attraverso un predittore lineare ricavato per interpolazione da un certo numero di osservazioni localizzate nei dintorni del punto non osservato. E’ simile all’IDW, poiché anch’esso attribuisce un peso alle singole osservazioni della variabile nell’intorno del punto da interpolare, ma i pesi da attribuire sono espressione, oltre che della distanza, anche della correlazione spaziale d’insieme dei punti osservati utilizzati nell’interpolazione, ricavata dalla struttura del variogramma. Uno dei principali vantaggi è quello di fornire una misura dell’errore commesso nell’interpolazione. Nel presente lavoro viene utilizzato in particolare il Kriging Ordinario (Ordinary Kriging, OK), che è il tipo più comunemente usato nelle applicazioni pratiche (Marchetti et al., 2012). 3 I dati disponibili e la loro georeferenziazione Le fonti dei dati disponibili utilizzate in questo lavoro sono le seguenti: Per le unità territoriali: Censimento della popolazione e abitazioni 2001 e aggiornamenti; indagine delle forze di lavoro (2005). I dati sono riferiti ai Comuni. Per le micro-unità: Archivio ASIA-imprese, indagine REA e indagine EU-SILC. I dati sono riferiti alle unità imprese, aziende agricole e famiglie. Nel primo caso la codifica di Provincia e Comune delle unità permette una rappresentazione cartografica “diretta” dei caratteri rilevati sulle unità e degli indicatori sviluppati a partire da essi, e l’unità di rappresentazione è il territorio del singolo Comune. Nel secondo caso, a partire dai dati identificativi dell’unità (codice Provincia e Comune, oltre all’indirizzo) è possibile “indirettamente”, attraverso una fase intermedia di stima, rappresentare le variabili in modo puntuale ed estenderle sul territorio. Queste operazioni presuppongono l’uso di strumenti GIS. In questo secondo caso, il processo di rappresentazione prevede i seguenti passi di trattamento dei dati disponibili: 4 1) individuazione del livello amministrativo di interesse; 2) normalizzazione degli indirizzi delle unità (controllo qualità del dato); 3) attribuzione di coordinate geografiche alle unità, sulla base degli indirizzi; 4) correzione degli errori più grossolani sulle coordinate delle unità; 5) rappresentazione cartografica dei punti e dei valori puntuali degli indicatori; 6) stima dei valori per i punti non osservati; 7) rappresentazione attraverso isolinee dei valori degli indicatori sul territorio. Il processo di normalizzazione e georeferenziazione degli indirizzi viene effettuato tramite il software Egon, che permette di analizzare i dati territoriali e di decodificarli in maniera univoca per poterli mappare con precisione. A partire da una lista di indirizzi, il software restituisce infatti le coordinate geografiche dei punti corrispondenti, sia in metri che in gradi. Alcuni indirizzi, per vari motivi, possono non essere riconosciuti dal software; se il sistema non trova le coordinate reali, restituisce delle approssimazioni: generalmente le coordinate del centroide della sezione di censimento, ma in alcuni casi addirittura del centroide del comune. In questo caso, se si tratta di una esigua minoranza, si procede alla loro correzione individuandoli con GoogleTM Earth e trascrivendo le coordinate corrispondenti. Nei casi in cui vi siano errori di rilevazione o di inserimento negli archivi, gli indirizzi non sono comunque riconoscibili; il dato viene allora scartato, e non si utilizza per le successive elaborazioni. 4 Le aree rurali e gli indicatori di sviluppo utilizzati Le aree amministrative possono includere, e nella maggior parte dei casi includono, diverse tipologie di territorio: urbane, industriali, agricole, forestali, riserve naturali, ecc. Alcune di queste, secondo la teoria, sono identificabili come rurali, e come tali possono essere oggetto di una specifica politica di sviluppo. In Europa l'identificazione di queste aree non è definita a priori, mentre sono definiti gli obiettivi e gli strumenti. Un elemento fortemente caratterizzante, almeno in Europa, è la presenza delle attività agricole in senso stretto o attività primarie (coltivazioni, allevamenti, silvicoltura e pesca) e quelle ad esse collegate. Negli ultimi decenni, però, le campagne europee sono state oggetto di notevoli cambiamenti, che hanno messo in discussione il concetto di spazio “rurale” ed il ruolo che l’agricoltura riveste in tali aree. Diventa fondamentale, pertanto, la definizione e la misura della ruralità, ovvero l’individuazione e la classificazione del diverso grado di ruralità dei territori. In generale, le metodologie di classificazione territoriale si prefiggono l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze relative all’individuazione di ambiti territoriali più o meno omogenei per problematiche e specificità, su cui far convergere in modo efficace gli interventi di politica di sviluppo territoriale. La letteratura fornisce diverse definizioni dello spazio rurale in base a 5 distinti parametri e caratteristiche quali-quantitative, rispecchiando i notevoli cambiamenti che hanno interessato l’agricoltura e il mondo rurale (UN, 2012). Seguendo la definizione delle aree rurali basata essenzialmente sulla densità di popolazione, la stima del grado di ruralità delle aree amministrative può essere fatta utilizzando diversi strumenti statistici, a seconda dei dati disponibili; negli anni più recenti predomina l’approccio di tipo multidimensionale, cioè l’utilizzo di differenti indicatori socio-economici e fisici. Nel presente lavoro, il grado di ruralità dei Comuni è stato definito costruendo un indice attraverso l'analisi multivariata (Pizzoli, 2012). Di seguito tale indice comunale viene rappresentato per le regioni d’Italia: Figura 1 – Indice rurale-urbano delle Regioni italiane Ai fini dell’analisi di sviluppo rurale del territorio italiano, sulla base dei dati disponibili, sono stati selezionati i seguenti indicatori statistici: 6 - presenza e intensità economica, performance e produttività delle imprese agroindustriali e delle aziende agricole, espresse come numero di giornate lavorate, entità delle vendite e vendite per giornata lavorata; - reddito disponibile, totale e pro-capite, delle famiglie agricole. Gli indicatori selezionati sono sicuramente di pertinenza dello sviluppo rurale, anche se non in modo esclusivo ed esaustivo del fenomeno. Ai fini della presentazione dei dati e dei metodi descritti precedentemente, viene considerata come esempio l’area amministrativa della Provincia di Frosinone. 5 Risultati per la provincia di Frosinone La provincia di Frosinone, suddivisa in 91 comuni, ha una superficie di 3.244 km²; il numero degli abitanti (al 30/04/2010) è di 497.776, con una densità abitativa di 153,44 abitanti per km². Il suo territorio presenta una situazione geografica molto complessa per la sua eterogeneità: vi sono diverse catene montuose (Ernici, Lepini Ausoni, Aurunci) che segnano anche i confini amministrativi, ma anche ampie valli come quelle del Sacco e del Liri, aree densamente popolate e distretti industriali sviluppati. Per quest’area, la stima del grado di ruralità comunale è la seguente: Figura 2 – Dettaglio dell’indice rurale-urbano della Provincia di Frosinone 7 Possiamo vedere che sul territorio considerato la presenza di aree ad elevato indice di ruralità è piuttosto consistente. Per stimare la distribuzione sul territorio delle variabili economiche considerate, per prima cosa è stata verificata sui due dataset, delle aziende agricole e delle famiglie agricole, la presenza di autocorrelazione spaziale per mezzo di una analisi variografica condotta con il software VarioWin 2.21 (Pannatier, 1995). Generalmente, l’applicazione di metodi geostatistici presuppone che i dati abbiano una distribuzione normale (Webster e Oliver, 2001); nel nostro caso questa condizione non è verificata, e la normalizzazione non si ottiene neppure procedendo a una trasformazione dei dati. Questo costituisce un limite per applicazione di tali metodi, che va tenuto in considerazione. Per semplicità si assume inoltre che non vi sia anisotropia, quindi che la forma del variogramma non cambi nelle diverse direzioni. Per quanto riguarda le aziende agricole, è stato quindi costruito un variogramma omnidirezionale con un lag di 5100 m, mentre per le famiglie, dove sono disponibili meno punti, si è considerato un lag un po’ più ampio (5500 m). Consideriamo prima il dataset delle aziende agricole: nella figura 3 sono riportati i variogrammi per le tre variabili giornate lavorate, vendite e rapporto vendite/giornate lavorate. a) giornate lavorate b) vendite c) vendite/giornate lavorate Figura 3 – Variogrammi sperimentali modellizzati – dataset aziende agricole 8 Il variogramma relativo alla variabile giornate lavorate è quello che mostra una struttura di variazione spaziale più chiara, mentre negli altri due il modello è meno evidente. L’autocorrelazione spaziale in tutti i casi non è forte; comunque, il modello migliore si ottiene minimizzando l’indice IGF (Indicative Goodness of Fit; Pannatier, 1996). Si tratta di una misura standardizzata della differenza tra i valori osservati e quelli stimati, basata sul criterio dei minimi quadrati. Nella tabella 1 sono riportati i parametri dei modelli adattati ai variogrammi sperimentali ottenuti, e i corrispondenti valori di IGF. Per quanto appena esposto, quest’ultimo dovrebbe essere il più possibile vicino allo zero per avere un buon modello; vediamo che il primo modello, relativo al variogramma della variabile giornate lavorate, ha un IGF più basso rispetto agli altri due. Tabella 1 – Parametri dei variogrammi per le aziende agricole Nugget Giornate 10800 lavorate Vendite 1,37.109 Vendite/giornate 15840 lavorate Struttura Sferica Range 7790 Sill 7200 IGF 0,012585 Gaussiana Gaussiana 34030 28700 6,59.108 11765,6 0,061563 0,059492 L’analisi geostatistica si conclude con la restituzione cartografica dei valori dell’attributo nell’area indagata. Le elaborazioni cartografiche sono state effettuate per mezzo del software ESRI ArcGISTM 10. Sono state costruite le mappe relative applicando l’algoritmo di OK; per confronto, le stesse variabili sono state interpolate nello spazio utilizzando il metodo IDW (figure 4a, 4b, 4c). I due metodi vengono confrontati sulla base della loro capacità di fornire la migliore rappresentazione spaziale stimata degli indicatori analizzati. 9 Figura 4a – Carta delle giornate lavorate costruita con OK e IDW 10 Figura 4b – Carta delle vendite costruita con OK e IDW 11 Figura 4c – Carta del rapporto vendite/giornate lavorate costruita con OK e IDW Possiamo facilmente vedere come le carte costruite con il metodo deterministico (IDW) siano in genere meno articolate, ovvero la distribuzione delle diverse categorie viene “smussata”; questo fatto è più evidente dove l’autocorrelazione spaziale è più forte. L’andamento delle isolinee è comunque molto simile, se non proprio lo stesso. 12 Lo stesso procedimento è stato ripetuto considerando il dataset delle famiglie agricole: nella figura 5 sono riportati i variogrammi per le variabili reddito totale e reddito pro-capite. a) reddito totale b) reddito pro-capite Figura 5 – Variogrammi sperimentali modellizzati – dataset famiglie agricole Anche questi variogrammi non presentano un modello teorico di variazione spaziale molto chiaro. Nella tabella 2 sono riportati i parametri dei modelli adattati e il valore dell’indice IGF: soprattutto nel caso del reddito totale, quest’ultimo valore non è molto buono, quindi anche in questo caso abbiamo un’autocorrelazione spaziale piuttosto debole. Tabella 2 – Parametri dei variogrammi per le famiglie agricole Reddito totale Reddito procapite Nugget 4,51.108 7,43.107 Struttura Sferica Sferica Range 21592 44000 Sill 4,63.107 1,40.107 IGF 0,15044 0,056036 Anche per queste variabili sono state costruite le mappe con i due metodi, OK e IDW, riportate nelle figure 6a, 6b. 13 Figura 6a – Carta del reddito totale delle famiglie costruita con OK e IDW 14 Figura 6b – Carta del reddito pro-capite delle famiglie costruita con OK e IDW Anche in questo caso l’andamento delle isolinee è simile, ma la presenza di una autocorrelazione spaziale debole fa sì che siano più articolate le mappe costruite con IDW; non è detto però che abbiano un minor livello di errore, come vedremo in seguito. 15 Per valutare la performance dei due metodi, è stata effettuata una cross-validazione, ovvero un procedimento che elimina di volta in volta dal dataset un valore osservato, stimandolo per mezzo degli altri dati. L’accuratezza del modello viene valutata calcolando la radice dell’errore quadratico medio (Root Mean Square Error, RMSE), che indica la discrepanza fra i valori dei dati osservati e i valori dei dati stimati. Nella tabella 3 sono riportati i valori di RMSE per le mappe ottenute con i due diversi metodi: possiamo vedere che anche laddove la struttura di autocorrelazione spaziale è meno evidente, utilizzando il modello trovato per il variogramma nell’OK si ha un errore complessivo più basso rispetto al metodo deterministico IDW. Tabella 3 – Valori di RMSE a confronto per le diverse mappe Mappa Giornate lavorate Vendite Vendite/giornate lavorate Reddito totale Reddito pro-capite RMSE per OK 131,74 44771 160,53 22378,86 9634,71 RMSE per IDW 134,32 50467 176,37 28656,87 10469,23 Abbiamo detto in precedenza che uno dei principali vantaggi dell’applicazione dell’OK rispetto all’IDW è quello di fornire una misura dell’errore commesso nell’interpolazione. Di seguito vengono riportate le mappe dell’errore standard per ciascuna delle variabili considerate nel presente lavoro: 16 Figura 7 – Mappe dell’errore standard per le variabili considerate interpolate con OK Possiamo facilmente osservare che l’errore più elevato si commette nelle aree dove sono scarsi o assenti i punti di osservazione diretta. 17 I metodi utilizzati possono essere applicati a qualsiasi area geografica di interesse in cui siano disponibili dati di tipo puntuale. 6 Discussione e conclusioni E’ evidente la complessità della relazione tra aree amministrative (Comuni, in questo caso) a diverso grado di ruralità e la distribuzione spaziale degli indicatori di sviluppo rurale considerati. Valori omogenei degli indicatori caratterizzano più Comuni confinanti, mentre diversi valori caratterizzano porzioni di uno stesso Comune; così come è articolata la sovrapposizione tra indicatori diversi. La rappresentazione attraverso carte geografiche è sì uno strumento di statistica descrittiva, ma anche una base per l'analisi delle politiche rivolta a policy makers che hanno come area di competenza, per i loro intereventi, precise porzioni di territorio, ovvero le aree definite politicamente per fini amministrativi (in questa esemplificazione i Comuni). La lettura della sovrapposizione delle aree amministrative e degli indicatori diventa interessante per il policy maker che deve individuare zone di intervento e di particolare attenzione nel monitoraggio dei trend di sviluppo. Stante la necessità di effettuare la ricostruzione spaziale di tali indicatori tramite stima a partire da un limitato numero di osservazioni, è necessario interpolare i valori in punti non osservati. Le tecniche di interpolazione sono basate sull’ipotesi di continuità spaziale dei fenomeni, ipotesi non sempre verificata nel caso di variabili economiche. Ciò nonostante, in questo lavoro due diversi metodi di interpolazione, uno deterministico (IDW) e uno probabilistico (OK) sono stati utilizzati con successo, e le loro performance sono state messe a confronto. Il metodo IDW risente molto della configurazione dei punti di misura, e inoltre non fornisce alcuna stima dell’errore commesso nel processo di interpolazione; il metodo OK, nonostante venga qui applicato su dati non ottimali dal punto di vista della distribuzione di frequenza, in seguito a cross-validazione restituisce comunque un RMSE più basso rispetto al precedente. Dimostra quindi di essere un metodo di interpolazione spaziale accurato e flessibile, adattabile ad un’ampia gamma di tipologie di dati, e fornisce per di più un’attendibile misura dell’errore di stima attraverso il calcolo dei residui. I metodi geostatistici sono stati finora utilizzati soprattutto per la spazializzazione di variabili di tipo ambientale, ma le possibili applicazioni sono molteplici. Sarebbe interessante in futuro, nel caso degli indicatori economici e sociali di sviluppo rurale, esplorare le possibilità di utilizzo di altri tipi di Kriging, p.es. il Kriging a variabile indicatrice, che permette di valutare la probabilità di superamento di una soglia prefissata. 18 7 Bibliografia Ciotoli G., Finoia M.G. (2005), Dalla Statistica alla Geostatistica. Introduzione all’analisi dei dati geologici e ambientali, Aracne editrice, Roma. Goovaerts P. (1997), Geostatistics for natural resource evaluation, Oxford University Press, New York. Isaaks E.H., Srivastava R.M. (1989), An Introduction to Applied Geostatistics. Oxford University Press, New York. Marchetti A., Piccini C., Francaviglia R., Mabit L. (2012), Spatial Distribution of Soil Organic Matter Using Geostatistics: A Key Indicator to Assess Soil Degradation Status in Central Italy, Pedosphere, 22(2): 230-242. Pannatier Y. (1995), Software VarioWin 2.2. Institute of Mineralogy, University of Lausanne, Switzerland. http://www-sst.unil.ch/research/variowin/index.html. Pannatier Y. (1996), Variowin, Software for Spatial Data Analysis in 2D. Springer Verlag, Berlin. Pizzoli E. (2012), Rural development indicators for regions with different degrees of “rurality”: a statistical study. XIèmes Journées de Méthodologie Statistique de l’Insee, 2426 January 2012. http://http://jms.insee.fr/files/documents/2012/939_4-JMS2012_S242_PIZZOLI-ACTE.PDF. UN (2012), The Wye Group Handbook - Statistics on rural development and agricultural household income. Second Edition, FAO, Rome. http://www.fao.org/fileadmin/templates/ess/pages/rural/wye_city_group/wyehandbook.ht ml. Webster R., Oliver M.A. (2001), Geostatistics for Environmental Scientists. Wiley, Chichester. 19 ABSTRACT Official statistical information represents the basis for decision and policy making. Most of the users consider the territorialisation of some characters as necessary to design a complete and comprehensive framework of the analysed phenomenon. Initially, most of the available data have a territorial reference, that is “where” they were measured or taken. Spatial statistics is the optimal tool for this kind of study, since it deals with data taking into account their spatial nature, that is their position in space. Spatial statistics offers several methods and techniques which allow to study different phenomena in a geographical space. In particular, geostatistics is aimed to describe the variation in space of a variable, in order to model and to estimate such variable in every point of the considered territory. Such results represent useful tools not only for the knowledge and the comprehension of the involved phenomena, but also for decision making support and for monitoring systems management. In order to improve the representation and the dissemination of statistical information at a territorial level, and to enhance the use of already available data – from public Statistics Offices – this paper presents the results of a geostatistical application (Ordinary Kriging) for the estimation and mapping of some rural development indicators. Italian territorial data from National Accounts, Censuses and specific statistical surveys are considered in this application. First the presence of spatial autocorrelation was verified by means of variographic analysis, then probabilistic maps (estimation in non-sampled points and associated error) were drawn. Comparing these maps with those obtained by a deterministic mapping method (Inverse Distance Weighting) allowed to assess the performance of the proposed method. 20