SINTESI UNITÀ 5 del modulo n. 2: IL PRIMO MEDIOEVO (pagine 90 – 108) GIUSTINIANO E L’IMPERO D’ORIENTE Inquadramento tematico generale: l’espansione dell’impero bizantino. Solidità dell’impero bizantino. Il progetto di restaurazione imperiale di Giustiniano. L’attacco di Bisanzio da parte dei persiani dopo la morte di Giustiniano. La lunga guerra conclusasi con la vittoria bizantina da cui Bisanzio esce indebolita. Periodo: dal concilio di Calcedonia (450 d. C.) alla sconfitta definitiva dei persiani da parte di Eraclio nel 628. Secoli: V – VI secolo 1) POTERE, SOCIETA’ E RELIGIONE NELL’IMPERO D’ORIENTE Noto come impero bizantino, nel IV secolo Bisanzio era il nome dell’antica capitale situata sul Bosforo che dal 330 prese il nome di Costantinopoli ad opera dell’imperatore Costantino. Il desiderio di Costantino era di rifondare una “nuova Roma” che fosse uguale in tutto alla Roma imperiale: negli edifici, nella cultura, nelle magistrature. Non a caso gli abitanti della “nuova Roma” (Bisanzio) si chiamavano Romani (in greco Romei). A partire dal 380, però con la divisione dell’impero voluta da Teodosio, Costantinopoli si era ridotta ad essere la capitale del solo impero d’Oriente. Concetti da ricordare: 1) Costantinopoli divenne un impero romano nella forma dello Stato, greco per cultura e cristiano per religione. 2) In quei secoli Costantinopoli e l’Oriente erano territori assai più ricchi e sviluppati rispetto all’Occidente: le città erano fiorenti (a differenza delle città occidentali), specie Antiochia, in Siria, vera e propria “metropoli” del tempo. Quesito storico: quali erano le cause della prosperità dell’Oriente? Diverse erano le ragioni: - in primo luogo l’Oriente seppe respingere gli invasori germanici fuori dai propri confini; - a differenza di ciò che avvenne in Occidente, in oriente i grandi proprietari terrieri non si rifugiarono nelle loro villae ma rimasero in città, pronti ad inserirsi nella dirigenza dell’impero come funzionari. Ciò favorì la presenza attorno alla figura dell’imperatore di una classe di dirigenti, burocrati e dignitari di corte che erano espressione della nobiltà. Il sovrano, in questo modo è supportato nell’amministrazione dello Stato che alla fine risulta più forte. - In secondo luogo è costante il collegamento tra l’esercito e la società. Molti contadini entrano stabilmente nell’esercito (infatti pochi sono i germanici presenti negli eserciti orientali), rendendo molto più sicure le frontiere. Si aggiunga, poi, che la nobiltà di corte avendo un ruolo centrale nell’amministrazione dello stato può controllare e limitare il peso dei comandanti militari. - Terzo fattore è l’integrazione tra impero e Chiesa. Nel 451 il vescovo di Costantinopoli diviene il capo delle chiese orientali: è il patriarca (carica presente a tutt’oggi). Esattamente come in Occidente il vescovo di Roma è il papa cioè il capo delle chiese in Occidente. L’autorità del patriarca è sottoposta a 1 quella dell’imperatore anche se gli imperatori d’Oriente si facevano incoronare dal patriarca, ma ciò solo per sottolineare la natura divina del loro potere. Conseguenze dei tre fattori: le tre componenti della società bizantina che sono l’aristocrazia, l’esercito e la Chiesa sono unite ed espressione di un unico potere al cui vertice sta la figura dell’imperatore. 2) L’AFFERMAZIONE DEI PROVINCIALI E IL CONTRASTO CON I NOBILI DELLA TERRA In questo periodo non mancarono fattori di crisi. Uno di essi era il graduale affermarsi dell’importanza dei provinciali. Molti funzionari di corte provenivano da centri periferici dell’impero, come la Siria. Da parte loro, gli imperatori non disdegnavano tale presenza che in qualche modo limitava l’eventuale e potenzialmente pericoloso eccesso di potere dei nobili cosiddetti “tradizionali”, ossia la vecchia nobiltà terriera. L’affermazione dei provinciali è spiegabile con il fiorente commercio nel Mediterraneo che li rese molto ricchi e potenti. Costantinopoli era il centro di un crocevia che collegava l’Asia con il Mediterraneo. Si pensi alla celeberrima Samarcanda, celebrata nelle opere letterarie e simbolo del dinamismo economico e umano. Sia via mare sia via terra, i territori bizantini sono la presenza fondamentale, tanto che il bisante ossia la moneta d’oro dell’impero bizantino circola anche fuori dei confini bizantini. I protagonisti del traffico commerciale sono proprio i provinciali che, tuttavia, sono guardati con sospetto dall’aristocrazia tradizionale legata alla terra. Ecco allora che il contrasto tra provinciali e i membri dell’aristocrazia tradizionale ha radici profonde e spesso si nasconde dietro la facciata di altri contrasti come quello religioso. UN ESEMPIO DI CONTRASTO RELIGIOSO: L’ERESIA MONOFISITA - Nobili proprietari terrieri: essi sono per lo più obbedienti all’ortodossia, cioè ai dogmi di fede stabiliti nei concili ecumenici. - Ceti provinciali: essi sono per lo più favorevoli all’eresia monofisita, ossia quella dottrina che rifiuta di riconoscere la duplice natura umana e divina di Cristo, riconoscendovi solo la natura divina. Il monofisismo era considerato un’eresia a partire dal Concilio di Calcedonia nel 451. Pur condannata, la dottrina fu accolta soprattutto nelle province più orientali dell’impero ma raggiunse anche la corte e addirittura professata da alcuni imperatori. N.B. ricordare che dietro le diversità religiose si celavano contrasti economici, sociali, ed etnici. In questo periodo (siamo nel VI secolo) persino i giochi del Circo e le gare ippiche diventano occasione di schieramento politico, per cui le fazioni sportive sono vere e proprie fazioni politiche. I cittadini che andavano all’ippodromo se tifavano per lo schieramento degli Azzurri significava che appartenevano o si riconoscevano nella fazione dell’aristocrazia e dell’ortodossia religiosa, mentre i Verdi erano i simpatizzanti dell’ortodossia monofisita, ossia la fazione dei provinciali. IL REGNO DI ANASTASIO (491 -518) Succeduto ad imperatori vicini alle posizioni monofisite, Anastasio proveniva dalle fila dei funzionari di corte. Ecco i suoi provvedimenti: 2 - ripristina l’orientamento ortodosso - rafforza il potere personale (in greco autocrazia) - riordina l’apparato fiscale dell’impero - provvedimenti di politica monetaria nella direzione di agevolazione del piccolo commercio e riscossione delle tasse esclusivamente su base monetaria nelle campagne (al posto dei beni in natura). Quest’ultimo provvedimento provocò malumori tra i nobili possidenti della terra perché ne venivano penalizzati dovendo pagare in denaro e non più in beni della terra. I nobili giunsero ad insultare lo stesso imperatore, sebbene il suo potere non fu incrinato e diverrà il modello dei successori. GIUSTINIANO E LA RICOSTRUZIONE DELL’IMPERO ROMANO Alla morte di Anastasio salì sul trono Giustino. Il suo regno durò dieci anni circa, dal 518 al 527. Egli: - era il capo delle guardie di palazzo e non era di provenienza nobile ma provinciale - provenendo dall’Illiria, regione balcanica (come già l’imperatore Diocleziano, vedi cartina p. 6), era di lingua latina e non greca e di fede ortodossa. - il suo progetto era di riaprire il dialogo e rinsaldare i rapporti tra Roma e Costantinopoli nonché di rafforzare la figura imperiale, come già il suo predecessore Anastasio. IL REGNO DI GIUSTINIANO: 527 – 565 d. C. Alla morte di Giustino nel 527 salì sul trono il nipote Giustiniano, uomo dotato di forte personalità. Queste le linee del suo potere: - continua l’opera di rafforzamento della figura imperiale; - sconfigge gli oppositori (fazioni dei Verdi e Azzurri) che si erano coalizzati per rovesciare un imperatore così ingombrante per la sua personalità così accentratrice (rivolta di Nika del 532) - persegue una politica autocratica attraverso lo sviluppo dell’apparato di corte e la celebrazione della sua figura immortalata nelle opere d’arte (splendidi i mosaici con l’immagine trionfante dell’imperatore e della moglie) e opere pubbliche. Capolavoro dell’architettura e della storia dell’arte è la cattedrale di Santa Sofia, che fece ricostruire dopo l’incendio del 532 e che con Giustiniano divenne il monumento della cristianità e la celebrazione della grandezza imperiale; - in politica interna Giustiniano sfavorì i provinciali per diminuire il loro potere dispotico eliminando un potenziale pericolo di contrasto del potere imperiale; - in campo religioso Giustiniano fu fautore del cesaropapismo, ossia dell’ingerenza diretta dell’autorità civile sul terreno religioso. L’interesse di Giustiniano era di ristabilire l’unità della fede, cercando di guidare la Chiesa contro le eresie e perseguitando i loro capi. Tali misure non furono del tutto efficaci poiché le eresie erano troppo radicate nel tessuto sociale per essere soppresse definitivamente; - interventi nel campo culturale contro la cultura pagana (chiusura della scuola di filosofia di Atene); 3 - in ambito legislativo Giustiniano riorganizzò il diritto romano da cui nacque il Corpus Iuris Civilis steso da un gruppo di sette giuristi guidati da Triboniano e Teofilo. L’iniziativa di Giustiniano segna una vera e propria svolta perché fino a quel momento, l’amministrazione imperiale si basava su leggi non scritte e sulla consuetudine. Il Corpus Iuris Civilis (Raccolta di leggi civili) segnava la continuità di Costantinopoli con l’antica Roma riaffermando la centralità del potere imperiale. L’opera richiedette alcuni anni di intenso lavoro, impresa straordinaria se si pensa alla vasta giurisprudenza romana. L’opera era non solo un omaggio al passato di Roma ma uno sguardo al futuro, ossia la fiducia posta nelle leggi come strumento di governo razionale. LE LINGUE PARLATE NELL’IMPERO ROMANO D’ORIENTE (VEDI CARTINA P. 92) greco caucasico greco e lingue locali copto latino aramaico (la lingua in cui parlava Gesù) latino e lingue locali LA RICONQUISTA DELL’OCCIDENTE E LA GUERRA GRECO-GOTICA 1) La riconquista dell’Occidente L’ambizioso progetto di Giustiniano di un impero simile a quello della “grande” Roma imperiale si completò con il desiderio di restaurare la sovranità diretta sui territori d’Occidente. Infatti alla morte di Romolo Augustolo nel 476 d.C. l’ex impero romano d’Occidente cadeva sotto la sovranità degli imperatori bizantini ma che fino a quel momento l’avevano esercitata in modo indiretto. Giustiniano, al contrario voleva riconquistare l’Occidente. I rischi di tale impresa erano molti poiché si trattava di aprire un immenso fronte di guerra, sebbene il sovrano contasse sulla debolezza dei regni germanici d’Occidente, divisi al loro interno e molto litigiosi tra loro. Inoltre la classe dei tradizionali proprietari terrieri non poteva che accogliere favorevolmente chi avrebbe permesso il ripristino degli antichi privilegi. Fu così che Giustiniano affidò al comandante Belisario il comando della spedizione che sbarcò in Africa settentrionale tiranneggiata dai Vandali. Era il 533 d. C. In due settimane i territori cartaginesi furono riconquistati e la sovranità di Costantinopoli fu estesa anche alle isole come la Corsica, la Sardegna e le isole Baleari. 2) La guerra greco-gotica in Italia L’altro grande progetto di Giustiniano fu la riconquista dell’Italia. Alla morte di Teodorico nel 526 il regno goto era entrato in crisi. Giustiniano coglie il pretesto della uccisione di Amalasunta, figlia di Teodorico da parte dei Goti più intransigenti che mal vedevano la politica filo imperiale della donna, subentrata come reggente del regno alla morte di Teodorico. Fu così che il comandante bizantino Belisario nel 535 sbarcò in Sicilia, a Palermo. Qui i Goti avevano lasciato scoperta la difesa e l’esercito di Belisario impiegò pochissimo tempo ad assoggettare i Goti presenti nell’isola. L’anno dopo, infatti, Belisario celebrava la conquista di Napoli (536) e finalmente l’esercito bizantino poteva puntare su Roma. Essa cade rapidamente e i bizantini vennero accolti come 4 liberatori dalla Chiesa e dai nobili. Occorre, tuttavia, precisare che le truppe imperiali erano composte da molti mercenari germanici. Essi, di fatto, combattevano per Costantinopoli, ossia per quegli ideali romani che ora erano difesi dai Bizantini e che garantivano l’appoggio delle gerarchie ecclesiastiche e dei nobili. Mentre i Goti comandati dal re Vitige abbandonavano l’Italia centrale ai bizantini fuggendo al nord, di fatto preparavano La controffensiva che scatenarono nel 537 cingendo d’assedio Roma. Belisario fu in difficoltà questa volta e dovette ripiegare a nord. Milano cadde in mano imperiale ed entrò vittorioso a Ravenna nel 540. Vitige fu catturato e portato come prigioniero a Costantinopoli. La guerra però non era cessata. Il nuovo re dei Goti, Totila si spinse fino a Roma per riconquistarla. Roma fu salvata dal saccheggio grazie all’intervento del papa Pelagio. Belisario non poteva essere presente perché impegnato nella guerra di Bisanzio contro i persiani. Costantinopoli, così inviò un nuovo generale al posto di Belisario. Era il generale Narsete che nei pressi di Gualdo Tadino, in Umbria sbaragliò l’esercito goto. Lo stesso re Totila fu ucciso. La riconquista bizantina dei territori caduti in mano gota si completò nel 553 con la caduta del re ostrogoto Teia. Nel 554 i bizantini tolsero ai Visigoti anche la Spagna. Fu così che ebbe termine la guerra greco-gotica che durò circa un ventennio, dal 535 al 553 e prese questo nome dei due schieramenti contrapposti: i “Greci” di Costantinopoli e i Goti. Il bilancio della guerra greco-gotica Il bilancio fu assai pesante ed ebbe effetti disastrosi nell’economia e nella società della penisola italica. Molte città andarono distrutte, mentre le campagne già duramente provate da guerre e saccheggi delle epoche precedenti si spopolarono, favorendo carestie ed epidemie. La popolazione della penisola italica si era dimezzata: da 10 milioni passò a 5 milioni di abitanti. L’ITALIA BIZANTINA Terminata la guerra greco-gotica, l’impero bizantino si dimostrò fin da subito un padrone pretenzioso. Bisanzio, infatti aveva speso un’immensa fortuna per la ventennale guerra. Ma le popolazioni italiche erano esauste e non in grado di pagare le tasse richieste. Bisanzio applicò una politica da dominatore: esautorò il Senato di Roma privandolo di potere e fece deportare il papa Silverio a Costantinopoli. Era un chiaro segno della politica di subordinazione della Chiesa d’Occidente a Bisanzio. Da un punto di vista amministrativo, l’Italia viene ridotta al rango di provincia dell’impero d’Oriente e ad essa viene esteso il Codice giustinianeo. LA PRAMMATICA SANZIONE Nel 554 fu emanato un decreto, la Prammatica sanzione. Essa era una costituzione che prevedeva tra l’altro la cancellazione di tutti gli atti e i provvedimenti dei re goti Vitige e Totila e l’estensione alla penisola del codice di Giustiniano. L’Italia è divisa in province, dipendenti dalla prefettura di Ravenna. Un prefetto nominato da Costantinopoli gestiva la parte amministrativa e fiscale mentre il patrizio si occupava della parte militare. Ravenna rimase capitale e in età bizantina conobbe una fioritura culturale. 5 LO SCONTRO DI BISANZIO CON L’IMPERO PERSIANO Alla morte di Giustiniano nel 565 l’impero romano d’Oriente conobbe un periodo di crisi: fu travagliato da rivolte civili e militari, dalle invasioni di nuovi popoli (Slavi, Avari, Bulgari e Arabi) e da una lotta durissima con i Persiani che ebbe inizio nel 612 e si concluse soltanto nel 628, con la vittoria bizantina durante il regno dell’imperatore Eraclio. Per garantirsi l’appoggio della popolazione e favorire il reclutamento dei soldati, Eraclio distribuì ai contadini terre sottratte ai latifondisti (in cambio dell’obbligo di prestare servizio militare). La tradizionale amministrazione del territorio- di origine romana fu abbandonata in favore di una suddivisione in distretti chiamati temi, governati da un generale detto stratego. La guerra ebbe come conseguenze la trasformazione dell’impero bizantino e la rovina dell’impero persiano. Le grandi metropoli del tempo come Antiochia e Alessandria erano ridotte in macerie e regioni un tempo ricche come Siria ed Egitto divennero terre desolate. Ormai non c’era più Roma che per secoli aveva garantito unità e benessere al mondo mediterraneo. Occorreranno secoli affinché l’Europa Occidentale si riprenda intorno all’anno Mille. L’Oriente si sarebbe ripreso più in fretta grazie all’espansione araba. Di fatto gli Arabi impedirono ai Bizantini di cogliere i frutti del trionfo sui Persiani, costringendoli rapidamente ad arretrare. Lessico dell’unità: Cesaropapismo (p. 95) Sezione scienza e tecnica: il dromone, nave da guerra bizantina. Lungo e sottile: 5 metri di larghezza per 40 di lunghezza. Poteva a vere una o due file di rematori. Sezione arte: la chiesa di Santa Sofia (pp. 104/105). Ricordare che l’elemento caratteristico dell’architettura bizantina è la cupola. Altro aspetto caratteristico è la presenza di mosaici e marmi policromi, particolarmente suggestivi con la luce che penetrava dall’esterno. 6