CHI È IL CATECHISTA?
È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri».
Come ha fatto Maria, che dopo l'annunciazione non ha pensato «all’onore, al prestigio, alle ricchezze» ma è
partita per andare ad aiutare l'anziana parente incinta, Elisabetta e quando è arrivata ha lodato l'iniziativa
di Dio nel «magnificat».
Il Papa ha quindi chiesto ai catechisti: «Vi domando: siamo memoria di Dio? Siamo veramente come
sentinelle che risvegliano negli altri la memoria di Dio, che scalda il cuore?». E ha domandato ancora:
«Quale strada percorrere per non essere persone “spensierate”, che pongono la loro sicurezza in se stessi e
nelle cose, ma uomini e donne della memoria di Dio?». La risposta è contenuta nella lettera di san Paolo a
Timoteo, proclamata nella seconda lettura, che diventa un programma anche per i catechisti: «tendere alla
giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza». Il catechista, spiega ancora Francesco
«è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di
fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede
tutti come fratelli; se è uomo di pazienza e perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli
insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia
INCONTRO
Ha un rapporto vitale con Lui e con il prossimo….il
catechista-educatore è chi ha fatto dell’incontro il motivo
della sua chiamata
INCONTRO…È L’ATTO DI
INCROCIARE…DI DISPORRE DUE COSE
IN MODO CHE S’INTERCHINO CREARE
FILI…RELAZIONI
Tuttavia, L’UOMO HA PERSO IL SENSO DEL’’INCROCIARE RELAZIONI
ripiegato su se stesso, sulla propria soggettività, egli si vede sfuggire
il senso della totalità e della relazione con l’altro. Del tutto avvinto
dall’onnipotenza della tecnica e dal mito di un progresso inarrestabile,
l’uomo contemporaneo si è decisamente proiettato verso
un’autonomia e una separatezza del tutto inospitali ha posto nell’oblio
più assoluto ogni relazione con l’altro che non sia funzionale
alla specifica affermazione di sé. L’autoreferenzialità etica e la fuga
da forme troppo impegnative di intimità affettiva, di appartenenza,
sembrano costituire la sintesi estrema della sua condizione attuale
Marion sottolinea come
l’amore costituisca l’unica e più autentica possibilità
di individuazione
dell’altro, permettendoci di «raggiungerlo nella sua
insostituibile
particolarità». L’amore, che l’autore coglie da una
prospettiva
essenzialmente fenomenologica, non è un aspetto
periferico e
secondario dell’esistenza umana, ma ne è il centro. La
soggettività individuale, a suo parere, non nasce da
un’istanza conoscitiva (cosa posso conoscere?), ma da
un bisogno relazionale (c’è qualcuno che mi ama?).
Non è l’individuo, ma
l’essere con, l’incontro
con l’altro, l’aspetto che viene posto in maggiore
evidenza. In questa prospettiva, l’apertura all’altro e il
“riconoscimento” di esso, individuati come aspetti
centrali e salienti dell’esperienza intersoggettiva, divengono
elementi
originari e costitutivi per ogni uomo.
Ciascun sé, infatti, è “rivelato” a se stesso dall’altro e
viceversa.
La possibilità che il sé ha di definirsi, di emergere, di
“individuarsi”,è legata inequivocabilmente alla concreta e
reale presenza dell’altro. L’incontro e il confronto con il
permette al
sé di aprirsi al mistero di se stesso
e a quello della comune origine
mistero racchiuso in questa presenza
Quali elementi qualitativi devono contraddistinguerla
perché essa possa adeguatamente costituire l’interfaccia in grado
di farci “raggiungere” l’altro e di “svelarci” a noi stessi?
Negli ultimi decenni la ricerca in ambito psicologico ha
espresso alcune delle sue migliori intuizioni nel tentativo di rispondere
proprio a questi non facili interrogativi, mostrando, in
tal modo, di considerare la relazione (la realtà terza, appunto) come
la dimensione fondante e costituiva della vita psichica umana
Primo elemento
della relazione è
la comunicazione
La catechesi è una forma di
comunicazione?
“Comunicare” ha la stessa
radice etimologica di
“comunità”, quindi
comunicare significa “mettere
in comune” “creare
comunità”.
È UNA COMUNICAZIONE DI EDUCAZIONE
L’educazione si pone a partire dal bambino
(educando), che è un essere umano in crescita. Al
centro dell’azione educativa ci sta: a. il bambino
con i suoi bisogni (bisogno di giocare, di socialità,
di affetto), b inserito in un gruppo (il
comportamento cambia notevolmente).
Occorre introdurre una distinzione tra “crescere”
e “maturare”: mentre cresciamo nostro malgrado
(sviluppo fisio-biologico e cronologico), la
maturazione non può avvenire se non attraverso
un cammino educativo (superamento di prove
per giungere a...). Non sempre (anzi quasi mai)
crescita e maturità coincidono: la crescita ha un
culmine e poi un declino, la maturità è un
processo permanente nella vita. La differenza tra
l’educazione del bambino e quella dell’adulto sta
nel fatto che l’adulto è in grado di assumersi
responsabilità, anche quella dell’autoeducazione,
mentre il bambino ha bisogno di un altro (eteroeducazione)
Più l’adulto è capace di
auto-educazione e più
è in grado di educare;
Il primo obiettivo per il catechista è di
migliorare se stesso. Devo avere molto
per poter comunicare qualcosa; si riesce
a comunicare uno su cento di quello che
si è. Mentre i bambini sono nella fase
etero-educativa, il catechista è nella
fase più difficile dell’auto-educazione;
deve essere in grado di ascoltare il
“maestro interiore”, la coscienza (in
campo cristiano “lo Spirito che ci è stato
dato in dono”). Imparare ad essere
discepolo di se stesso.
Un catechista non è specializzato
in pedagogia può essere un buon
catechista? L’arte
dell’insegnamento è un’arte
difficile, non è innata, va
imparata, e la si impara facendo.
Ognuno scopre il suo stile di
insegnamento (che dipende
dall’indole, dalle risorse
personali, ecc.) insegnando; la
formazione tecnica aiuta, ma
l’importante è scoprire
“l’educatore che è in te”.
E l’educatore che è in me…lo
scopro entrando in relazione con
il bambino…ascoltandolo
Ascolto che deve proporsi
come Attivo, attraverso
l’utilizzazione di tre grandi
parole:
L’accettazione incondizionata
La congruenza
L’empatia
L'accettazione incondizionata è esprimibile nella capacità
di accogliere e non giudicare l'altro nella sua individualità
di persona, anche se manifesta valori ed esperienze
estremamente diversi. L’accettazione incondizionata non
significa, tuttavia, approvazione incondizionata. In questo
senso all’educatore non viene richiesto di accettare senza
riserve il comportamento della persona, ma di tributarle
in ogni condizione l’attenzione e il rispetto che le è
dovuto.
La congruenza prevede che l’EDUCATORE nella
relazione risulti sempre se stesso e ben
integrato, dimostrando trasparenza, capacità di
comunicare ciò che il suo interlocutore suscita
in lui, sempre a condizione che ciò sia reso
nell'interesse di quest’ultimo. Per l’educatore
in altri termini, saper essere autentico significa
pensare intensamente a tutto ciò che si prova
e si dice; l’autenticità non è l’azione di dire
tutto ciò che si pensa in modo incontrollato,
poiché ciò può pregiudicare la relazione,
piuttosto significa apertura, disponibilità anche
di fronte ad un atteggiamento di chiusura o di
difesa dell’altro
L’empatia è una dimensione socio-affettiva che
indica la capacità di immergersi nel mondo
soggettivo altrui e di partecipare alla sua
esperienza di vita comprendendone gli stati
d'animo senza lasciarsi, tuttavia, coinvolgere in
processi di identificazione e di proiezione. Per
l’operatore percepire in modo empatico può
voler significare comprendere il mondo
soggettivo dell’altro con il suo corredo di
emozioni, dolori e speranze, senza mai
dimenticare che si tratta di esperienze e
percezioni altrui. Se quest’ultima condizione
non è sempre vigilata, la dimensione
dell’empatia viene meno e, possono scattare
meccanismi d'identificazione che rendono
incapaci di produrre azioni razionali e positive
La competenza comunicativa e relazionale
dell’educatore risulta efficace quando
realizza l’instaurarsi di un rapporto di
reciproca fiducia, comprensione e
cooperazione con il soggetto. Tale rapporto
va costruito partendo da l’ ascolto attivo
delle persone, non inteso come attività di
mera decodifica delle parole ma come
azione efficace che spinge l’educatore ad
andare oltre il contenuto per penetrarne le
finalità, i bisogni, ed il significato emotivo
dell’altro.
COME ASCOLTARE
"Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu cominci a darmi consigli,
non hai fatto ciò che ti ho chiesto.
Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu inizi a dirmi perché non dovrei sentirmi in quel modo,
stai calpestando i miei sentimenti.
Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu senti che devi fare qualcosa per risolvere il mio problema,
tu mi hai ingannato per quanto strano possa sembrare.
Quando tu fai qualcosa per me
che io posso e ho bisogno di fare per me stessa,
tu contribuisci alla mia paura e alla mia debolezza.
E allora ti prego di ascoltarmi
e di non fare altro che starmi a sentire.
E se vuoi parlare,
aspetta un minuto che giunga il tuo turno e io ti ascolto".
(Irene Whitehill)
GRAZIE
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