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Rivista di Algologia Clinica e Sperimentale
Volume 18, numero 1, 2011
ISSN 1593-2354
SynchroMed II e myPTM
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Rivista Ufficiale
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Società Italiana
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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
3
Rivista di Algologia
Clinica e Sperimentale
Volume 18, numero 1
Marzo 2011
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Sommario
Editoriale
Rassegna clinica
Direttore editoriale
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Casi clinici
Stampa
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e Pubblicità
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tel 02 93887520
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7
Dolore ed endometriosi
G. Orlandini
9
Uso degli oppiacei nel dolore cronico
del paziente non oncologico:
razionale e criteri di scelta
S. Mameli, A. Pili, G. M. Pisanu, M. Carboni, E. Marchi 15
Direttore responsabile
Mara Sala
Impaginazione
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Il paziente, il medico di medicina
generale e la nuova legge sul dolore
M. L. Sotgiu
Recensioni
Ricordi
Sindrome post-trauma cranico:
efficacia dei blocchi anestetici
dei nervi epicranici
C. A. Caputi
27
Un testo indispensabile
per gli algologi
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31
Ricordo di Mario Tiengo
F. Bardi
32
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ISSN 1593-2354
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
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Rivista 1998; (5): 444-888.
Volumi: Rossi M et al. Titolo del lavoro. In: Titolo del libro, seconda edizione. Bianchi e Viola (eds), Casa Editrice,
Milano 1995: pp. 200-400.
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Editoriale
IL PAZIENTE, IL MEDICO
DI MEDICINA GENERALE
E LA NUOVA LEGGE SUL DOLORE
THE PATIENT, THE PHYSICIAN
AND THE NEW LAW ON PAIN
Maria Luisa Sotgiu
IBFM-CNR Milano
Il controllo e/o l’eliminazione del dolore
è uno dei problemi per i quali vengono
più spesso consultati i medici
di famiglia o medici di medicina
generale.
Il dolore viene comunemente descritto
dai pazienti in termini quantitativi
e qualitativi approssimati oltre che
gravati da una forte variabilità
soggettiva che non aiuta il medico a
formulare una diagnosi precisa.
Per contro, la terapia proposta dal
medico generalmente consiste
nel trattare il sintomo dolore mediante
farmaci aspecifici o terapie alternative
con temporanea soddisfazione del
paziente ma con un’alta probabilità
di ricadute. A causa di una carenza
diagnostica, spesso ci si ferma al
trattamento del sintomo, mentre sarebbe
indispensabile inserirlo in un corretto
quadro di eziopatogenesi per attuare
una corretta, quando possibile, terapia
della patologia causale.
Con l’obiettivo di far recepire ai medici
non specialisti, o medici di medicina
generale, la necessità di approfondire
le specifiche conoscenze per affrontare
i problemi diagnostici e terapeutici
delle varie sindromi algiche,
fin dal 1980 sono stati organizzati
da parte delle Università, di diverse
associazioni e Società scientifiche,
numerosi corsi sulla Medicina del
Dolore.
Alcuni corsi sono stati indirizzati anche
a un pubblico non medico, con l’idea
che divulgare informazioni, senza
creare allarmismi, ma scoraggiando
il facile ricorso al “fai da te”, servisse
a sensibilizzare i cittadini sul concetto
che il dolore è un segnale d’allarme
di cui deve essere ragguagliato il medico
nel modo più chiaro e dettagliato
possibile, e fosse quindi utile a facilitare
la comunicazione paziente-medico.
La Legge 38 del marzo 2010 sul dolore
con la costituzione della Commissione
Nazionale (decreto del 13 maggio
2010) per l’attuazione dei principi
contenuti nella Legge stessa, ha
cambiato radicalmente il ruolo
del medico di medicina generale.
La Legge prevede infatti la costituzione
di una rete territoriale di strutture
sanitarie (e di assistenza domiciliare),
divisa in tre nodi: gli ambulatori dei
medici di medicina generale, i centri
di riferimento di terapia del dolore
(Hub), l’ambulatorio di terapia
antalgica (Spoke).
In questo modello, i medici di medicina
generale rappresentano il primo
riferimento per i cittadini con dolore
acuto o cronico e dovranno dare
una prima risposta ai problemi
del paziente.
Il medico a sua volta, è in contatto
con gli Hub e con gli Spoke ai quali,
quando necessario, potrà indirizzare
i pazienti.
Come previsto dall’articolo 8 della
Legge (formazione e aggiornamento
del personale sanitario), per rendere
operativa questa rete assistenziale
è necessario agire sul piano della
formazione dei medici di medicina
generale.
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
7
Come primo strumento di formazione,
il Ministero della Salute, tramite
gli specialisti della Commissione
Ministeriale, ha progettato un manuale
informativo-didattico:
“Il dolore cronico in medicina generale”,
dedicato appunto alla preparazione
e all’aggiornamento dei medici
di medicina generale, che è stato
recentemente pubblicato.
Il testo, compilato da autori di
riconosciuta competenza nelle materie
trattate, è completo di tutte le nozioni
di base, le indicazioni per giungere a
una corretta diagnosi del tipo di dolore,
i sistemi di misurazione del dolore,
le tipologie di farmaci più adeguati
a ogni patologia, con una particolare
attenzione ai farmaci di maggior
utilizzo per il dolore severo, anche
non oncologico.Una particolare
attenzione è rivolta infatti ai farmaci
oppiacei, sulla cui utilizzazione pesano
ancora molte riserve sia da parte di quei
medici che ritengono l’uso degli oppiaci
riservati ai malati terminali, sia da
parte di una certa opinione pubblica,
che ritiene questi farmaci possibili
responsabili dell’instaurarsi di fenomeni
di tossicodipendenza.
Oltre a fornire le basi cognitive per
8
le diverse tipologie di dolore, il testo è
organizzato in modo da rappresentare
un utile strumento di lavoro grazie alle
schede di consultazione accluse a ogni
capitolo.
Il manuale rappresenta dunque la
risposta all’esigenza di fornire ai medici
uno strumento per appropriarsi in modo
rapido ma rigoroso delle competenze
indispensabili per affrontare, secondo
le nuove normative, la gestione
dei pazienti con sindromi dolorose
croniche, formulando diagnosi corrette,
intervenendo con le cure adeguate e
richiedendo solo nei casi più gravi
l’intervento degli specialisti.
Si può prevedere che l’operatività di
questa rete territoriale per la gestione
del dolore presenterà qualche difficoltà
organizzativa perché richiede sia la
partecipazione di molti enti (governo,
regioni, province autonome) sia una
grande disponibilità e un forte impegno
da parte dei medici di medicina
generale. Si auspica tuttavia che
da parte di tutti (enti, medici) sia fatto
ogni sforzo per realizzare rapidamente
un progetto così importante nel
perseguimento della lotta contro
il dolore.
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
Rassegna clinica
ENDOMETRIOSI
E DOLORE
ENDOMETRIOSIS AND PAIN
Guido Orlandini
Medicina del dolore, Casa di Cura Santa Maria delle Grazie
Voghera (Pv)
RIASSUNTO
In alcune pazienti l’endometriosi
è responsabile di dolore persistente
o cronico e costituisce un problema
algologico specialistico.
Visti i diversi possibili meccanismi
patogenetici del dolore
dell’endometriosi, la terapia antalgica,
quando non può essere etiologica, lungi
dall’essere meramente sintomatica,
dev’essere impostata
sul criterio patogenetico. Si deve
considerare che nell’endometriosi
può aversi un dolore dovuto
all’attivazione dei nocicettori
sensibilizzati dal tessuto endometriosico
(dolore tessutale nocicettivo)
che risponde ai FANS e agli oppiacei
o un dolore dovuto al danno nervoso
derivato dalla compressione nervosa
da parte delle cisti endometriosiche
o dall’inglobamento delle strutture
nervose nel tessuto cicatriziale
(dolore neuropatico) che non risponde
ai trattamenti antinocicettivi ma,
almeno in parte, risponde ai farmaci
specifici per il dolore neuropatico e
alle procedure di elettrostimolazione
del sistema nervoso.
SUMMARY
In some patients endometriosis
causes persistent or chronic pain
and is a specialistic algologic problem.
Considering various possible pathogenic
pain mechanisms, when pain therapy
of endometriosis cannot be etiologic,
far from be only symptomatic, it is
based on a pathogenetic criterion.
We must consider that in endometriosis
can be a pain due to activation of
nociceptors sensibilized by endometriosic
tissues (tissutal nociceptive pain)
unresponding to NSAIDs and opioids
or a pain due to the nerve damage by
nerve compression from endometriosic
cistis or by involvement of nerve
structures in scar tissue (neuropathic
pain) unresponding to antinociceptive
therapy but responding, at least
partially, to some neuropathic specific
pain drugs and to electrostimulation
of the nerve system.
Key words
Nociceptive pain, neuropathic pain,
endometriosis, pathogenetic pain
diagnosis
Parole chiave
Dolore nocicettivo, dolore neuropatico,
endometriosi, diagnosi patogenetica
del dolore
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
9
Con una frequenza elevatissima, interessando più del 10 per cento delle
donne in età fertile, l’endometriosi
costituisce, oltre un problema d’infertilità nella metà dei casi1 e di aumentato rischio di aborti spontanei,
un’importante causa di dolore pelvico.
Questo dolore si limita, nel 95 per
cento dei casi, a una sintomatologia
ricorrente nella sola fase mestruale
(Figura 1) ma nel rimanente 5 per
cento è persistente o cronico e diventa un problema algologico specialistico di notevole rilievo (Figura 2).
Sul dolore associato all’endometriosi, nella letteratura troviamo quasi
sempre il riferimento a un generico
“dolore pelvico” eventualmente “cronico” e, nonostante sia riconosciuta
la sua multipla etiologia,2 la verifica dell’efficacia della terapia è quasi
sempre correlata con questa generica
definizione.
Questa superficialità diagnostica non
deve stupire perché generalmente
gli specialisti che seguono le pazienti affette da endometriosi non sono
per niente interessati alla diagnostica
algologica e per loro il problema del
dolore si limita a un fastidioso “sintomo collaterale” che non merita alcuna considerazione specialistica e per il
quale “ci sono gli analgesici…”.
A questo riguardo, dal punto di vista
algologico, occorre tentare di correlare le varie espressioni cliniche del dolore pelvico associato all’endometriosi con le sue possibili cause per dedurre i possibili meccanismi patogenetici
e arrivare a una decisione terapeutica
che, quando non può essere basata su
10
pico determina, con la stessa cadenza
mensile del flusso mestruale vaginale,
una “mestruazione” fuori dall’utero.
A seconda della sede d’impianto, le
isole endometriosiche possono essere
asintomatiche o provocare dolore con
meccanismi patogenetici diversi a seconda della localizzazione.14,15
Un fattore importante nella produzione del dolore è se il sangue mestruale ha o non ha la possibilità
d’essere drenato. Nelle localizzazioni vescicali e intestinali il drenaggio
del sangue è possibile e la sintomatologia è prevalentemente emorragica (rispettivamente con melena ed
ematuria) mentre nelle localizzazioni ovariche, annessiali e peritoneali,
dove il drenaggio è impossibile, per
la liberazione dal tessuto endometriosico dei prodotti della flogosi e delle
prostaglandine, per l’effetto chimico
un criterio etiologico, non sia meramente “sintomatica” ma fondata sul
“criterio patogenetico”.
PERCHÉ E COME
PROVOCA DOLORE
L’endometriosi è un paradosso anatomico che consiste nella presenza
di mucosa uterina funzionante (endometrio) in sedi diverse dall’utero e
principalmente nelle ovaie, nelle tube,
negli annessi uterini e nel peritoneo,
ma anche nella vescica,3 nell’intestino e nel setto retto-vaginale4 e occasionalmente in sedi diverse quali gli
ureteri,5,6 il pancreas,7 l’appendice,8 la
parete addominale,9,10 e vari muscoli
come il diaframma,11 il piriforme,12 e
gli adduttori della coscia.13 In ciascuna di queste sedi l’endometrio ecto-
Figura 1
Cronologia del dolore nell’endometriosi: dolore periodico
in fase mestruale (95 per cento dei casi)
10
9
8
7
6
VAS
INTRODUZIONE
5
4
3
2
1
1 2 3 4
8
12
Settimane
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16
20
24
metriosica nel muscolo piriforme,12
potenzialmente associato al riscontro
obiettivo di ipoestesia e allodinia superficiale meccanica.
Va ancora considerato un altro aspetto importante nel decorso di questa
cronica, insidiosa malattia.
Gli interventi chirurgici per la rimozione delle masse endometriosiche
possono essere necessari ripetutamente e molte pazienti ne subiscono
nel corso degli anni un numero che
spesso è davvero enorme, nell’ordine
delle svariate decine. Su questa lunga
sequenza di interventi chirurgici s’inserisce un’altra possibile causa, indiretta, iatrogena di dolore da endometriosi che è il possibile danno neuropatico da inglobamento di strutture
nervose nelle cicatrici chirurgiche con
espressioni topografiche diverse a seconda della sede della cicatrice.
TIPI PATOLOGICI DI DOLORE
Considerando i diversi meccanismi di
produzione, dal punto di vista patogenetico, nell’endometriosi il dolore
può essere dovuto:
- all’attivazione dei nocicettori sensibilizzati dal tessuto endometriosico
da parte del sangue mestruale ed essere quindi dolore tessutale nocicettivo
che si esprime con il carattere qualitativo temporale uniforme e qualitativo soggettivo gravativo-costrittivo e
aching-crampiforme;
- la danno nervoso derivato dalla
compressione nervosa da parte delle
cisti endometriosiche o dall’inglobamento delle strutture nervose nel
tessuto cicatriziale derivato dall’organizzazione delle cisti endometriosiche o nelle cicatrici chirurgiche con
Figura 2
Cronologia del dolore nell’endometriosi: dolore senza remissioni
con aggravamenti periodici in fase mestruale (5 per cento dei casi)
10
9
8
7
Score VAS (mm)
irritante, diretto del sangue nonché
per la produzione locale di neoformate fibre nervose,16-19 l’endometriosi
provoca un dolore nocicettivo, profondo, avvertito nella regione pelvica
con carattere gravativo-costrittivo e/o
aching-crampiforme, consistente in
una quota sempre presente senza remissioni e una quota aggiuntiva che
consiste in un aggravamento temporaneo della sintomatologia in coincidenza con la fase mestruale. Inoltre,
durante la mestruazione extrauterina,
il sangue che non trova una via di
uscita si accumula e produce le cisti
endometriosiche a contenuto ematico, che a loro volta possono comprimere i tessuti circostanti esprimendosi clinicamente in maniera diversa a
seconda delle strutture anatomiche
compresse. Se queste strutture sono
formazioni canalari, è possibile che
la loro ostruzione estrinseca produca
stasi a monte come nel caso dell’idronefrosi da compressione dell’uretere
con dolore a tipo colica renale e se
sono nervi periferici è possibile che
la loro compressione ischemizzante
produca un danno nervoso e, potenzialmente, il dolore neuropatico. Infine, le cisti endometriosiche possono
organizzarsi in un tessuto cicatriziale
che, a sua volta, può produrre masse
palpabili all’esame obiettivo come nel
caso della localizzazione nel setto retto-vaginale responsabile di dispareunia o determinare l’inglobamento di
strutture nervose periferiche con loro
compressione ischemizzante e produzione di un danno nervoso possibile causa di dolore neuropatico, per
esempio nei territori dei nervi ileoinguinale e genito-femorale, nonché
talvolta nel territorio del nervo sciatico20 per una localizzazione endo-
6
5
4
3
2
1
1 2 3 4
8
12
16
20
24
Settimane
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11
espressioni topografiche diverse a seconda della sede del danno nervoso
ed essere dolore neuropatico periferico con carattere uniforme-urente
e parossistico-folgorante, associato a
ipoestesia e allodinia.
TERAPIA DEL DOLORE
La terapia del dolore da endometriosi
si basa su trattamenti etiologici consistenti in terapie conservative basate
sull’ormonoterapia, volta all’interruzione del ciclo ovarico con l’obiettivo di ridurre la crescita del tessuto
endometriosico21-23 e chirurgiche,
consistenti nella rimozione delle isole
e delle cisti endometriosiche, associate, specie in quel 5 per cento dei
casi dove si ha un dolore persistente
o cronico senza remissioni (Figura 2),
a trattamenti esclusivamente antalgici. Questi ultimi non devono essere
meramente “sintomatici” ma basati
su una linea decisionale terapeutica
antalgica specialistica incentrata sul
tipo patogenetico e la cronologia del
dolore.
Nella pratica clinica, se alla valutazione algologica si è riconosciuto che il
dolore è tessutale profondo somatico
come nelle localizzazioni ovarico-tubo-annessiali-peritoneali ed è dovuto
all’attivazione dei nocicettori esprimendosi con il carattere qualitativo
temporale uniforme e qualitativo soggettivo gravativo-costrittivo o achingcrampiforme, è indicato un trattamento antinocicettivo con i farmaci
antiinfiammatori non steroidei (se
c’è solo il dolore acuto periodico, per
esempio in coincidenza del ciclo mestruale) o con gli oppiacei se, essendoci anche un dolore persistente sen-
12
za remissioni, anche al di fuori delle
fasi mestruali, è necessaria la somministrazione continua degli analgesici.
In questo caso, come in ogni dolore
persistente, occorre scegliere la via di
somministrazione più idonea che può
essere quella orale-transdermica o, se
il farmaco non è tollerato alle dosi
necessarie per via sistemica, quella subaracnoidea.
In questi casi di dolore persistente è
quasi inevitabile il ricorso alle procedure chirurgiche di rimozione delle
masse endometriosiche, sia per evitare i fenomeni compressivi, sia perché
alla cronica irritazione delle sierose
peritoneali possono sovrapporsi le retrazioni cicatriziali con le loro conseguenze e le infezioni.
Se alla valutazione algologica si è riconosciuto che il dolore è neuropatico,
cambia radicalmente l’orientamento
terapeutico perché sappiamo che in
questo tipo patogenetico di dolore
non sono indicati i farmaci antinfiammatori e quelli antinocicettivi in
generale, inclusi gli oppiacei.
In questo caso si devono impiegare
farmaci come:
- l’amitriptilina
- il gabapentin
- il pregabalin
- lo ziconotide
che, agendo come anti-depolarizzanti
o polarizzanti, sono in grado di contrastare i meccanismi patogenetici
del dolore neuropatico o, in alternativa o a integrazione del trattamento
farmacologico, alcune procedure di
neuromodulazione come l’elettrostimolazione del midollo spinale o dei
nervi periferici.
Figura 3
Nervi periferici che possono essere inglobati
nel tessuto cicatriziale derivato dall’organizzazione delle cisti
nervo ileoipogastrico
nervo ileoinguinale
nervo genitofemorale
nervo perineale
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
CONCLUSIONI
Dal punto di vista algologico specialistico, non potendo accettare
nell’endometriosi la generica diagnosi
di “dolore pelvico cronico” e riconoscendo a questo dolore una multipla
etiologia, ogni sforzo va fatto per riconoscerne clinicamente il tipo patogenetico e decidere la terapia sulla
base di questa diagnosi.
BIBLIOGRAFIA
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infertility. Clin Obstet Gynecol 2010; 53: 429438.
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XX CONGRESSO NAZIONALE SICD
ROME REHABILITATION 2011
Sindromi algiche del distretto lombo-sacrale
e dell’arto inferiore
Presidenti: Sergio Mameli e Valter Santilli
Roma, Hotel Ergife 10-12 Ottobre 2011
Segreteria organizzativa: 06/7020.590
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
13
Rassegna clinica
USO DEGLI OPPIACEI
NEL DOLORE CRONICO
DEL PAZIENTE NON ONCOLOGICO:
RAZIONALE E CRITERI DI SCELTA
OPIOIDS IN CHRONIC NON CANCER PAIN:
RATIONAL AND SELECTION CRITERIA
Sergio Mameli, Angela Pili, Giovanni Maria Pisanu, Maura Carboni
SC Medicina del Dolore, PO Oncologico A. Businco, Cagliari
Elisa Marchi
Scuola Specializzazione Anestesia, Rianimazione e Ter. Antalgica
Università di Cagliari
RIASSUNTO
L’efficacia terapeutica e la comparsa
di effetti collaterali dei farmaci
oppiacei è fortemente condizionata
dalle caratteristiche individuali del
paziente, del quale è impossibile
conoscere le peculiari connotazioni
farmacogenomiche che determinano
quelle espressioni fenotipiche che
renderanno più o meno sensibile
il paziente al farmaco somministrato
e ne determineranno anche la presenza
e l’importanza degli effetti collaterali.
La conoscenza del metabolismo
degli oppiacei a livello epatico
può contribuire a guidare le scelte
terapeutiche verso una maggior
personalizzazione delle stesse.
Sono da preferire, per ridurre al
minimo l’imprevedibilità sia degli
effetti favorevoli che di quelli collaterali,
i farmaci che risentono meno delle
interazioni con altri farmaci e che,
a loro volta, possano compromettere
l’efficacia delle molteplici associazioni
farmacologiche cui sono sottoposti
soprattutto i pazienti più anziani,
spesso afflitti da gravi compromissioni
d’organo.
Parole chiave
Dolore cronico non oncologico,
metabolizzazione epatica degli oppioidi,
interazioni farmacologiche
SUMMARY
The therapeutic efficacy and appearance
of side effects of opioid drugs is strongly
conditioned by the patient’s individual
characteristics. It is impossible
to know the patient’s particular
pharmacogenomic connotations
which determine those phenotypic
expressions that make the patient
more or less sensitive to the
administered drug, and that also
determine the presence and significance
of side effects.
Knowledge of the patient’s hepatic
opioid metabolization can aid
in the choice of a more personalised
therapy. To reduce the unpredictability
of favourable effects and side effects,
it is preferable to choose drugs
that are less affected by pharmacological interactions, and that can
also compromise the efficacy
of the many pharmacological
associations that patients undergo,
especially elderly patients, who often
suffer from serious organ impairments.
Key words
Chronic nonmalignant pain, hepatic
opioid metabolization, pharmacological
interactions
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
15
INTRODUZIONE
Il dolore è un’esperienza complessa e
soggettiva con dimensioni multiple,
che comporta un enorme impatto
sulla qualità di vita, con gravi ripercussioni economiche per il sistema
sanitario e sociale.
In Italia l’incidenza del dolore cronico riguarda il 23 per cento della
popolazione con una prevalenza del
dolore non oncologico (80 per cento
circa): le artropatie degenerative e infiammatorie hanno un’incidenza del
30 per cento, il dolore neuropatico
del 28 per cento, la lombosciatalgia
del 27 per cento e il dolore ischemico
dell’11 per cento.
Circa 5 milioni di pazienti sono affetti da patologie muscolo-scheletriche
associate a dolore cronico e, tra queste, le patologie osteoarticolari sono
la causa più frequente di dolore cronico e disabilità fisica.
Obiettivi della terapia antalgica in
questi pazienti sono il recupero funzionale, il ritorno al lavoro, il miglioramento dei rapporti familiari e sociali, l’uscita dal tunnel della depressione, in altre parole il miglioramento
della loro qualità di vita.
Il dolore provoca infatti alterazioni
funzionali, situazioni di stress e depressione responsabili dell’abbassamento della soglia al dolore.
Le scelte terapeutiche di prima linea
includono spesso i FANS.
La letteratura è concorde nell’affermare il fallimento della terapia analgesica con i FANS, per caduta dell’efficacia o per gli effetti collaterali.
La dose analgesica dei FANS è inferiore alla dose antinfiammatoria per
cui, aumentando il dosaggio, aumenta il rischio di eventi avversi a carico
dell’apparato gastrointestinale, cardiovascolare e renale.
I fenomeni di cronicizzazione per
alterata soglia e per alterata elaborazione del segnale mettono in gioco
modifiche tali per cui il substrato bio-
chimico strutturale su cui avvengono
non lascia ai FANS alcuna possibilità
di intervento.
Il dolore cronico mal trattato è responsabile dell’assenteismo sul posto di lavoro, della disoccupazione e
dell’alterata qualità di vita.
Negli anni si è consolidata la consuetudine di utilizzare gli oppioidi per
trattare il dolore da moderato a severo che non ha risposto ai farmaci non
oppioidi.
Nonostante gli oppioidi abbiano una
maggiore potenza analgesica e una
vasta gamma di indicazioni rispetto a
tutti gli altri farmaci per il controllo
del dolore, rimangono poco usati.
Ci sono ancora molti fattori che costituiscono barriere alla prescrizione
degli oppioidi: preoccupazione e scarsa conoscenza della dipendenza, pseudo-dipendenza, tolleranza, rischi di
abuso, timore di ripercussioni di tipo
legale, possibilità di effetti collaterali.
L’attuale legislazione (Legge 38 del 15
Marzo 2010) facilita la prescrizione e
Tabella 1
Consumo di farmaci nei Paesi europei
16
Totale
pesato
Regno Unito
(n=300)
Francia Germania Italia
Spagna Polonia Svezia
(n=300) (n=302) (n=300) (n=301) (n=300) (n=300)
FANS
44%
23%
25%
54%
68%
49%
71%
27%
24%
38%
Oppiacei deboli
23%
50%
19%
20%
9%
13%
28%
36%
50%
8%
Paracetamolo
18%
38%
38%
2%
6%
8%
8%
26%
45%
0%
Inibitori COX-2
6%
3%
6%
8%
7%
2%
1%
7%
11%
8%
Oppiacei forti
5%
12%
4%
4%
0%
1%
4%
3%
6%
11%
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
Norvegia Danimarca
(n=304)
(n=303)
l’utilizzo degli oppiacei, rende obbligatoria la monitorizzazione del dolore
nei reparti ospedalieri e la sua registrazione in cartella; impone l’obbligo di mettere in atto tutte le misure
necessarie per controllare il dolore.
Una corretta diagnosi patogenetica
guiderà la scelta terapeutica e quindi
la possibilità di avere il massimo della
risposta attesa dall’utilizzo di questi
farmaci. Diversi studi randomizzati
e controllati dimostrano l’efficacia, la
tollerabilità degli oppioidi nei dolori
artrosici e in alcuni tipi di dolore neuropatico conseguente a patologie del
sistema nervoso periferico.
Questi dati sono estremamente interessanti, ma sono qualitativamente
e quantitativamente insufficienti di
fronte a una pratica clinica che sta
assumendo in alcuni Paesi europei e
americani dimensioni enormi (Tabella 1). Molte questioni rimangono
aperte sulle indicazioni alla prescrizione di una terapia con oppioidi in
pazienti con malattie croniche degenerative a lunga sopravvivenza.
Sono insufficienti i dati sulla qualità
dell’analgesia e delle attività della vita
quotidiana, sul recupero psicologico
e funzionale di questi ammalati, sui
rischi di abuso.
Vanno indicati gli effetti sedativi e
quelli sulle funzioni cognitive, sul sistema immunitario, di cui sono note
le conseguenze cliniche immediate e a
distanza. Gli studi clinici e l’esperienza clinica hanno evidenziato come gli
oppiacei non si differenziano molto
né per l’efficacia né per l’incidenza
di effetti collaterali, criteri che hanno
sempre fatto la differenza in farmacologia clinica, ma che per la terapia
con oppiacei non rappresentano un
criterio di scelta.
Nella terapia con farmaci oppiacei,
invece, rivestono un ruolo determinante la variabilità genetica e le interazioni farmacologiche nel condizionare la risposta attesa, gli eventi avversi e l’interferenza con altri farmaci
(Tabella 2).
La variabilità genetica e le interazioni possono avvenire in una qualsiasi
delle tappe che caratterizzano il destino di un farmaco dall’assorbimento
all’eliminazione ed essere responsabili
della risposta individuale agli analgesici oppiacei.
gli oppioidi sono metabolizzati a livello epatico in composti maggiormente idrosolubili poi escreti per via
renale e, in misura minore, per via
biliare e intestinale. Il metabolismo
epatico prevede le classiche reazioni di fase I (ossidazione, riduzione
e idrolisi, catalizzate dal sistema del
citocromo P-450) e/o di fase II (coniugazione del farmaco o di un suo
metabolita con un substrato endogeno come l’acido glicuronico).1
La farmacocinetica analizza la relazione tra dose e concentrazione al sito/i
effettore ed è essenzialmente correlata alle proprietà fisico-chimiche della
molecola ed ai processi di assorbimento, ridistribuzione, biotrasformazione ed eliminazione del farmaco.
La variabilità interindividuale di tali
processi rende imprevedibile la cinetica di un dato farmaco in un dato
soggetto.
METABOLISMO EPATICO
DEGLI OPPIACEI
L’eliminazione di un farmaco dall’organismo dipende dalla biotrasformazione e dall’escrezione.
Ad eccezione del remifentanil, tutti
Figura 1
Incidenza (%) delle vie di eliminazione dei farmaci
Renale
CYP3A4
CYP2D6
CYP2C9/2C19
Glucuroconiugazione
Altre vie
10
10
5
20
30
25
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
17
Tabella 2
Interazioni dei principali farmaci utilizzati in medicina interna e/o oncologia
con gli analgesici oppiacei orali (da: D. Fornasari, Università di Milano, mod)
Terapia
CYP2D6
CYP3A4
Somministrato contemporaneamente a
Codeina1,3,8
Tramadolo2,3
Ossicodone1,3
Idromorfone3
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Cardiovascolare
•
•
•
Amiodarone4
Amlodipina5
Atorvastatina4,6
•
Carvedilolo7
•
•
•
4
Diltiazem
4
Losartan
Lovastatina4,6
•
Metoprololo7
•
•
•
9
Nicardipina
4,6
Nifedipina
10
Nimodipina
Propranololo4,7
•
•
Simvastatina4,6
•
7
Timololo
•
•
4
Verapamil
4
Warfarin
Antinfiammatoria
•
Celecoxib4
Antipiretica/Analgesica
Paracetamolo11,12
•
•
Gastroenterologica
Cimetidina4,13
•
4
Esomeprazolo
14
Granisetrone
Ondansetrone15
16
Omeprazolo
18
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
Tabella 2
Interazioni dei principali farmaci utilizzati in medicina interna e/o oncologia
con gli analgesici oppiacei orali (da: D. Fornasari, Università di Milano, mod)
Terapia
CYP2D6
CYP3A4
Somministrato contemporaneamente a
Codeina1,3,8
Tramadolo2,3
Ossicodone1,3
Idromorfone3
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Patologie del SNC
•
Aloperidolo17
4,6
Alprazolam
Carbamazepina4
Diazepam4
•
•
Donepezil17
17,18
Fluoxetina
Imipramina17
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
4,17
Mirtazapina
17,18
Paroxetina
Sertralina18
Triazolam4,6
•
17
Venlafaxina
•
Zolpidem6
Antinfettiva
Claritromicina4
4
Eritromicina
Itraconazolo4
Ketoconazolo4
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Antineoplastica
Anastrozolo20
4
Busulfan
21
Ciclofosfamide
Docetaxel4
Doxorubicina21
Erlotinib4
Etoposide22
Gefitinib4
Imatinib23
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
•
•
•
•
•
•
•
•
19
Tabella 2
Interazioni dei principali farmaci utilizzati in medicina interna e/o oncologia
con gli analgesici oppiacei orali (da: D. Fornasari, Università di Milano, mod)
Terapia
CYP2D6
CYP3A4
Somministrato contemporaneamente a
Codeina1,3,8
Tramadolo2,3
Ossicodone1,3
Idromorfone3
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Antineoplastica
Irinotecan4
19
Lapatinib
Sorafenib24
Sunitinib25
Paclitaxel4,21
Tamoxifene21,23,26,27
Vinblastina21
Vinorelbina28
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
• Inibitore isoenzima • Substrato isoenzima • Nessuna interazione • Possibile interazione
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Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
Ciò può spiegare in parte le differenze soggettive osservate nella pratica
clinica in termini di efficacia ed effetti avversi.
Le reazioni di fase I, in particolar
modo, assumono notevole rilevanza
in tale contesto. I citocromi P450
sono i principali enzimi catalizzatori
delle reazioni di fase I, essi procedono all’ossidazione di sostanze endogene ed esogene in composti maggiormente idrosolubili.2
Si tratta di una superfamiglia di
enzimi con almeno 57 geni funzionali noti nella specie umana.3 Al di
là del numero elevato di citocromi
noti, circa l’80% dei farmaci sono
ossidati dagli enzimi 2D6 (30%) e
3A4 (50%). Tali enzimi sono espressi principalmente nel fegato, ma si
ritrovano anche nell’intestino tenue
(dove possono contribuire a ridurre
la biodisponibilità dei farmaci somministrati per os), nei polmoni, nei
reni e nella placenta.4
La variabilità nell’attività dei citocromi può influenzare profondamente
la risposta ai farmaci in vivo, ciò può
tradursi clinicamente in variazioni
dell’efficacia (in eccesso o in difetto)
o nello sviluppo di reazioni avverse
in seguito a somministrazione della
medesima dose standard in soggetti
differenti.5,6
Un individuo su quindici può presentare una risposta esagerata o nulla
al dosaggio standard di un farmaco.
L’attività dei citocromi è in prima
istanza geneticamente determinata.
Un gene specifico codifica per ogni
enzima del CYP450 e ogni soggetto
eredita un allele paterno e un allele
materno.
Gli alleli sono distinti in “tipo selvaggio” (wild type) o “variante”, con
il tipo selvaggio identificato nell’allele che si presenta più comunemente
nella popolazione generale.
Un “metabolizzatore estensivo” (ovvero, il soggetto con attività enzimatica rientrante nella norma) presenta
due coppie di alleli wild type. Il polimorfismo si verifica quando un allele
variante sostituisce uno o entrambi
gli alleli wild type.
Gli alleli varianti codificano solitamente per un enzima CYP450 che
presenta attività ridotta o assente.7
I soggetti con due coppie di alleli
varianti sono “poveri metabolizzatori” mentre quelli con un allele “wild
type” e uno variante sono classificati
come “metabolizzatori intermedi”.
Infine, alcune persone ereditano
coppie multiple di alleli “wild type”,
il che risulta in una attività superiore
dell’enzima, tale genotipo è definito
“metabolizzatore ultrarapido”.8
Bisogna tuttavia tener conto della
possibile non corrispondenza tra genotipo e fenotipo, dal momento che
tali enzimi possono essere indotti o
inibiti nella loro attività da svariati
composti.
I fenotipi del CYP2D6 metabolizzatori ultrarapidi (UMs), estensivi
(EMs), intermedi (IMs) e poveri
(PMs), cui corrisponde un decrescendo di attività enzimatica, rappresentano il 3-5 per cento, 70-80
per cento, 10-17 per cento e 5-10
per cento, rispettivamente, della popolazione caucasica.9 Tali percentuali
variano tuttavia a seconda della etnia
considerata, sicché i PMs corrispondono all’1 per cento dei cinesi e al 19
per cento degli afro-americani,10-12
mentre gli UMs rappresentano il 2
per cento dei caucasici svedesi13 e il
16 per cento dei neri etiopi.14
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
INTERAZIONI
FARMACOLOGICHE
Oltre alla variabile genetica, si deve
tener presente che la co-somministrazione di farmaci che seguono la stessa
via metabolica conduce inevitabilmente a interazioni tra gli stessi, con
possibili effetti deleteri.
Molte interazioni farmacologiche registrate nella pratica clinica sono infatti il risultato di un’alterazione del
metabolismo del CYP450.15
I farmaci interagiscono con il sistema
CYP450 con modalità differenti.
I farmaci possono essere metabolizzati
soltanto da un enzima CYP450 o da
più enzimi CYP450 contemporaneamente. I farmaci causa di interazioni
correlate al metabolismo del CYP450
possono essere distinti in inibitori o
induttori. Gli inibitori bloccano l’attività metabolica di uno o più enzimi del CYP450; l’entità con cui un
inibitore interessa il metabolismo di
un farmaco dipende da fattori quali
la dose e la capacità dell’inibitore di
legarsi all’enzima. Un farmaco può
essere metabolizzato da un enzima e
inibirlo allo stesso tempo, o può essere metabolizzato da un enzima e inibirne un altro.
Gli induttori incrementano l’attività
dell’enzima CYP450 aumentando la
sintesi enzimatica. Differentemente
dall’inibizione metabolica, che risulta
essere spesso immediata, vi è solitamente un ritardo prima dell’aumento
dell’attività dell’enzima, che dipende
dall’emivita del farmaco induttore.
Un farmaco può inoltre essere metabolizzato dallo stesso enzima CYP450
che induce.
La scoperta di queste interazioni tra
21
geni, ambiente e attività dei citocromi ha portato la FDA ad esigere
che il produttore riporti sul foglietto illustrativo informazioni sul metabolismo del farmaco da parte dei
CYP450 e sulla sua potenziale capacità di inibizione o induzione degli
stessi, per ogni farmaco approvato a
partire dal 1997.
Nella pratica clinica è frequente imbattersi in pazienti con dolore cronico affetti da più patologie e sottoposti
pertanto a un regime politerapeutico;
molti farmaci comunemente prescritti quali antipertensivi, antiaritmici,
antidepressivi e gastroprotettori seguono la via del metabolismo epatico attraverso i citocromi, prevalentemente gli isoenzimi 3A4 e 2D6.
La scelta dell’oppioide non può esentarsi in questi casi dalle valutazioni
sopra riportate, se si considera in particolar modo che la maggior parte di
essi è O-demetilata dagli isoenzimi
CYP 2D6 e N-demetilata dai CYP
3A4.
Una rapida panoramica sul metabolismo degli analgesici oppioidi più
frequentemente utilizzati, evidenzia
come siano poche le molecole disponibili che possano considerarsi esenti
dai menzionati fenomeni di variabilità farmacocinetica correlati alla genetica e alle interazioni farmacologiche.
Codeina
La codeina è un analgesico utilizzato
in associazione al paracetamolo nel
trattamento del dolore lieve, con debole azione agonista sui recettori mu.
L’effetto antinocicettivo della codeina
è tuttavia principalmente legato alla
sua trasformazione in morfina CYP
2D6-mediata.16
Come dimostrato da diversi studi, i
22
PM per il CYP 2D6 sperimentano
un effetto analgesico ridotto17 o assente18,19 in seguito ad assunzione di
codeina.
Di recente, un case report20 e uno
studio caso-controllo21 hanno evidenziato il rischio di depressione
neonatale, con conseguenze potenzialmente letali, in caso di assunzione
di codeina durante l’allattamento da
parte di puerpere con fenotipo UM
per il CYP 2D6, per un aumento della concentrazione di morfina nel latte
materno.
Ossicodone
L’ossicodone è un oppioide forte semisintetico con metabolismo simile
a quello della codeina, che prevede
reazioni di O-demetilazione catalizzate principalmente dal CYP 2D6 e
di N-demetilazione a opera dei CYP
3A4 e 3A5. I suoi livelli ematici possono essere incrementati dagli antimicotici (voriconazolo, miconazolo)
per inibizione dei citocromi 2D6 e
3A422,23 e ridotti dall’assunzione contemporanea dell’erba di San Giovanni per induzione del CYP 3A4, con
riportata riduzione dell’efficacia analgesica riferita dai pazienti.24 Anche la
rifampicina riduce la concentrazione
plasmatica dell’ossicodone orale ed
endovenoso, attraverso l’induzione
degli enzimi CYP 2D6 e 3A4.25
Metadone
Il metadone è metabolizzato principalmente dal CYP3A4 e in minor misura dal CYP2D6 con produzione di
un metabolita inattivo, ed è noto ormai da tempo come le interazioni farmacologiche possano alterarne i livelli
in maniera significativa. In generale,
i farmaci che inibiscono o inducono
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
il 3A4 (es: rifamicina, carbamazepina, pentobarbital, fenitoina e l’erba
di San Giovanni) alterano i livelli
sierici di metadone.26 Se da una parte l’induzione del metabolismo può
perfino portare allo sviluppo dei sintomi di una sindrome d’astinenza,27
dall’altra l’inibizione del 3A4 da parte
di farmaci (es: ciprofloxacina, claritromicina, diltiazem, eritromicina,
itraconazolo, ketoconazolo, nefazodone e ritonavir) può condurre rapidamente a tossicità.26 Recentemente,
l’uso del metadone è stato associato
ad un incremento dell’intervallo Qtc
ed al rischio di torsioni di punta.28-30
Tale rischio può aumentare con l’uso
concomitante di farmaci che ne inibiscono il metabolismo.
Alla luce di tali eventi, nei pazienti
complessi dal punto di vista medico,
è consigliato attualmente il monitoraggio dei livelli ematici di metadone
nella terapia di mantenimento.29
Fentanyl
Il fentanyl è un analgesico popolare
ampiamente utilizzato nella sua formulazione transdermica nel trattamento di svariate sindromi dolorose
croniche. Anche il fentanyl è principalmente metabolizzato dal 3A4. Il
foglietto illustrativo della formulazione transdermica riporta, in neretto,
l’avvertenza sul possibile incremento
dei livelli ematici in caso di co-somministrazione con inibitori del 3A4
(quali ritonavir, ketoconazolo, itraconazolo, troleandomicina, claritromicina, nelfinavir e nefazodone).31
Il foglietto illustrativo dell’alfentanyl
menziona la capacità dell’eritromicina di ridurne significativamente il
metabolismo con eventuale sviluppo di depressione respiratoria, ciò è
probabilmente dovuto all’inibizione
del 3A4 da parte dell’eritromicina.32
È sottolineato inoltre che la cimetidina riduce la clearance dell’alfentanil;
il meccanismo è probabilmente simile a quello dell’interazione farmacologica con l’eritromicina, dato che
la cimetidina è un inibitore di molti
degli enzimi del P450.33
Anche il sufentanyl segue la via metabolica del 3A4.34 Nel più recente
foglietto illustrativo non compare alcun riferimento alla farmacocinetica
e al metabolismo,35 sebbene siano riportate genericamente le più comuni
interazioni farmacologiche. Ad ogni
modo è ragionevole considerare che
gli inibitori e gli induttori del 3A4
possano alterarne i livelli ematici. È
necessaria dunque prudenza qualora
tali farmaci vengano somministrati
contemporaneamente al sufentanyl.
Tramadolo
Il tramadolo è un composto sintetico
simile alla codeina che presenta proprietà analgesiche uniche. Sembrerebbe essere un profarmaco ed è attivato a livello analgesico dal CYP 450
2D6. L’inibizione del 2D6 da parte
di altri farmaci o il deficit genetico
del 2D6 possono condurre ad una risposta analgesica effettiva minore. Il
tramadolo stesso esercita alcuni effetti
analgesici, ma si tratta fondamentalmente di un parziale profarmaco che
richiede l’attività del 2D6 (con produzione del metabolita attivo) per un
adeguato effetto analgesico. Il 2D6
demetila il tramadolo a un composto
chiamato M1, l’isomero destrogiro
dell’M1 è associato a una migliore analgesia.36 Poulsen et al37 hanno
trovato una risposta analgesica più
debole in pazienti PMs per il 2D6.
I livelli ematici del M1(+) sono stati
dimostrati essere bassi o inesistenti
nei poveri metabolizzatori del 2D6, e
questi bassi livelli correlano con una
peggiore analgesia.38 Inoltre, un disegno di studio a quattro vie sovrapposte placebo-controllato ha dimostrato
che l’uso di 20mg di paroxetina (un
potente inibitore del 2D6) per 3
giorni riduce in maniera significativa
l’efficacia analgesica di 150mg di tramadolo.39 I livelli di M1(+) sono più
bassi quando la paroxetina è usata in
combinazione con il tramadolo. Comunque, la risposta analgesica non è
interamente eliminata. Questo può
essere dovuto al fatto che il tramadolo
stesso ha un debole effetto analgesico. Il tramadolo sembra inoltre essere
metabolizzato dal 3 A4 e dal 2D6 attravero N-demetilazione.40 Approssimativamente il 7%-10% della popolazione caucasica è rappresentata da
PMs del 2D6.41 Pertanto, un deficit
di efficacia analgesica di tramadolo
in alcuni individui può essere causato dal fallimento nell’attivazione del
farmaco. Inoltre, l’assunzione contemporanea di un potente inibitore
del 2D6 può indurre un fenotipo di
povero metabolizzatore del 2D6 e
può quindi verificarsi se il paziente
assume in concomitanza farmaci che
inibiscono il 2D6 (bupropione, cimetidina, fluoxetina, metoclopramide,
paroxetina, quinidina e ritonavir). In
alcuni casi, il deficit di efficacia analgesica da genotipo o fenotipo PMs
può essere impropriamente attribuito
a un comportamento di craving per il
farmaco da parte dei pazienti. Pertanto, la conoscenza del metabolismo del
tramadolo e del profilo farmacocinetico è imperativa prima della prescrizione di questo farmaco.
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
Meperidina e piperidina
La meperidina e altre piperidine sono
metabolizzate dal 3A4. Il metabolismo della meperidina da parte del
3A4 conduce alla formazione di un
metabolita tossico, la normeperidina,
con una lunga emivita.
L’induzione del 3A4 può spingere il
sistema a produrre ancora più normeperidina. La meperidina può anche
essere associata a un prolungamento
dell’intervallo Qtc, proprio come per
il metadone. Queste preoccupazioni
hanno condotto alcuni autori a proporre che la meperidina non venga
usata ordinariamente, ma all’occorrenza, dato che esistono analgesici più
sicuri, specialmente per l’uso a lungo
termine.
Pentazocina e remifentanyl
La pentazocina sembra essere metabolizzata dai CYP 1A2 e dal 3A4.42,43
L’induzione del CYP 1A2 nei fumatori cronici riduce le concentrazioni
ematiche di questo farmaco e può
condurre ad una riduzione dell’efficacia analgesica. Il remifentanyl
non è metabolizzato dal sistema del
P450,44 ma si avvale al contrario di un
singolare metabolismo organo-indipendente a opera di esterasi tissutali
aspecifiche, che rende la sua cinetica
prevedibile a prescindere dalla funzionalità epato-renale e dalla assunzione
concomitante di altri farmaci.
Tuttavia presenta una biotrasformazione estremamente rapida che
rende necessaria un’infusione endovenosa continua per il mantenimento dell’analgesia, caratteristica che
lo rende l’analgesico maggiormente
utilizzato in anestesia ma che ne limita allo stesso tempo l’applicazione
nell’ambito della algologia.
23
Morfina
Anche la morfina è metabolizzata
attraverso vie alternative a quelle dei
citocromi, essendo per lo più glucuronidata in posizione 3 e 6, con formazione di metaboliti attivi ma idrosolubili, successivamente eliminati
per via urinaria.
Idromorfone
L’idromorfone è un analgesico oppiaceo
semisintetico che differisce strutturalmente dalla morfina per la sostituzione
di un ossigeno al posto del gruppo ossidrilico in posizione 6 e per l’idrogenazione del doppio legame 7-8.45
Benché le stime varino (da 2 a 10 volte), sembra che l’idromorfone assunto
per via orale sia circa 5 volte più potente della morfina e abbia una durata
d’azione inferiore; è circa 10 volte più
liposolubile della morfina.45
A differenza della maggior parte delle
molecole oppioidi, è metabolizzato
esclusivamente mediante reazioni di
fase II, con glucuronidazione a livello
epatico e formazione di un metabolita principale privo di attività analgesica, l’idromorfone-3-glucuronide,
e di quantità marginali di metaboliti
6-idrossilati.
L’idromorfone, a differenza della morfina, non ha come metabolita il 6-glucuronide (M6G), che presenta attività
analgesica e depressiva sul SNC .46
Questo farmaco quindi, non passando attraverso la via dei citocromi per
la propria inattivazione ed eliminazione, presenta il grosso vantaggio di
eludere l’ampia porzione di variabilità farmacocinetica legata alla genetica
ed alle possibili interazioni farmacologiche dei citocromi. Rispetto alla
morfina si distingue per l’assenza di
metaboliti attivi, e del potenziale ri-
24
schio di accumulo degli stessi. Presenta una maggior potenza ed una superiore biodisponibilità nella somministrazione orale rispetto alla morfina.
CONCLUSIONI
La conoscenza del metabolismo degli
oppiacei è di enorme importanza clinica per il medico.
Il trattamento individualizzato del
dolore comincia con la selezione di
un farmaco appropriato.
La scelta può essere complessa quando si è di fronte a pazienti spesso anziani, affetti da altre patologie in terapia polifarmacologica, che può indurre o inibire il sistema del citocromo P
450, sottoponendo i metabolizzatori
lenti o intermedi a un maggiore rischio. Nei pazienti sottoposti a trattamenti complessi può essere opportuno iniziare la terapia antalgica con un
oppiaceo che non venga metabolizzato dal sistema dei citocromi.
Pur non esistendo l’analgesico ideale,
occorrerebbe scegliere tra gli oppiacei
quello che più si avvicina ai caratteri
di quest’ultimo:
• Essere un agonista completo
• Non produrre tolleranza
• Non indurre effetti avversi
• Non avere potenziale di abuso
• Non facilitare iperalgesia
• Avere lunga durata d’azione
• Avere un’alta biodisponibilità
orale
• Non essere gravato da importanti
interazioni farmacologiche
• Non legarsi in maniera
significativa alle proteine
plasmatiche
• Non avere metaboliti attivi
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
• Avere una cinetica lineare
• Essere eliminato per idrolisi
in un metabolita non attivo.
Questo sarebbe l’analgesico ideale
teorico, non ancora realizzato farmacologicamente, ma se su questi parametri confrontiamo gli oppiacei a
disposizione, qualcuno si avvicina più
di altri a questo profilo.
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5° CORSO REGIONALE
DI MEDICINA DEL DOLORE
Corso di aggiornamento
dedicato a medici e infermieri
Presidente: Sergio Mameli
Cagliari,Thotel, 2-4 Giugno 2011
Segreteria organizzativa:
[email protected] - [email protected]
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497-504.
LEZIONI DI FISIOPATOLOGIA
DEL DOLORE
Docenti: Giancarlo Carli (Università di Siena)
E.L. Santarcangelo (Università di Pisa)
18 marzo: Generalità sulla nocicezione
25 marzo: Nocicezione e infiammazione
1 aprile: Lesioni del sistema nervoso e glia
8 aprile: Dimensioni del dolore
15 aprile: Meccanismi di modulazione del dolore
Sede: Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Fisiologiche
Via san Zeno 31, ore 14.30-16.30
Per informazioni e iscrizioni: [email protected]
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
25
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. JURNISTA 4 mg compresse a rilascio prolungato. JURNISTA 8 mg compresse a rilascio prolungato. JURNISTA 16 mg compresse a
rilascio prolungato. JURNISTA 32 mg compresse a rilascio prolungato. JURNISTA 64 mg
compresse a rilascio prolungato. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA.
Ogni compressa a rilascio prolungato di JURNISTA 4 mg contiene 4,36 mg di idromorfone cloridrato e ne rilascia 4 mg equivalente a 3,56 mg di idromorfone. Ogni compressa
a rilascio prolungato di JURNISTA 8 mg contiene 8,72 mg di idromorfone cloridrato e
ne rilascia 8 mg equivalente a 7,12 mg di idromorfone. Ogni compressa a rilascio prolungato di JURNISTA 16 mg contiene 16,35 mg di idromorfone cloridrato e ne rilascia
16 mg equivalente a 14,24 mg di idromorfone. Ogni compressa a rilascio prolungato di
JURNISTA 32 mg contiene e rilascia 32,00 mg di idromorfone cloridrato, equivalente a
28,48 mg di idromorfone. Ogni compressa a rilascio prolungato di JURNISTA 64 mg
contiene e rilascia 64,00 mg di idromorfone cloridrato, equivalente a 56,96 mg di idromorfone. Eccipienti: ogni compressa contiene la seguente quantità di lattosio: compresse
4 mg: 0,01 mg; compresse 8 mg: 4,37 mg; compresse 16 mg: 6,81 mg; compresse 32 mg: 10,02 mg; compresse 64 mg: 8,03 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Compresse a rilascio
prolungato. JURNISTA 4 mg compresse a rilascio prolungato: compressa beige chiaro,
rotonda, biconvessa, con “HM 4” stampato su un lato con inchiostro nero. JURNISTA
8 mg compresse a rilascio prolungato: compressa rossa, rotonda, biconvessa, con “HM
8” stampato su un lato con inchiostro nero. JURNISTA 16 mg compresse a rilascio
prolungato: compressa gialla, rotonda, biconvessa, con “HM 16” stampato su un lato
con inchiostro nero. JURNISTA 32 mg compresse a rilascio prolungato: compressa
bianca, rotonda, biconvessa, con “HM 32” stampato su un lato con inchiostro nero.
JURNISTA 64 mg compresse a rilascio prolungato: compressa blu, rotonda, biconvessa,
con “HM 64” stampato su un lato con inchiostro nero. 4. INFORMAZIONI CLINICHE.
4.1 Indicazioni terapeutiche. Trattamento del dolore intenso. 4.2 Posologia e modo
di somministrazione. Analogamente agli altri analgesici oppiacei, una somministrazione sicura ed efficace di JURNISTA ai pazienti che lamentano dolore dipende dalla
valutazione complessiva del paziente. La natura del dolore, nonché la condizione clinica
concomitante del paziente incideranno sulla scelta della dose. A causa delle differenti
risposte agli oppiacei osservate fra i diversi individui, si raccomanda che a tutti i pazienti
venga somministrata una dose conservativa della terapia con oppiacei, successivamente
incrementata fino al raggiungimento di un adeguato livello di analgesia, bilanciato da
un grado accettabile di reazioni avverse. Come con qualsiasi altro oppiaceo forte, deve
essere considerata un’appropriata profilassi per le reazioni avverse note (ad esempio la
stipsi). È necessario avvertire i pazienti che devono inghiottire la compressa di JURNISTA
intera, accompagnata da un bicchiere d’acqua, ogni giorno all’incirca alla stessa ora
senza mai masticarla, dividerla o frantumarla. Pazienti attualmente in terapia non sistematica con oppiacei: nella maggior parte dei pazienti la dose iniziale di JURNISTA deve
essere 8 mg 1 volta al giorno e non deve eccedere gli 8 mg. Alcuni pazienti potrebbero
beneficiare di una dose iniziale di 4 mg 1 volta al giorno per aumentarne la tollerabilità.
Se richiesto, la dose dovrebbe essere aggiustata in aumento o in diminuzione con variazioni di 4 o 8 mg 1 volta al giorno a seconda della risposta e della richiesta di analgesici
supplementari. Poiché è possibile che con una preparazione a rilascio controllato di
oppiacei occorra far passare più tempo prima di individuare per un paziente la dose
che consente di ottenere un’adeguata analgesia, è consigliabile iniziare il trattamento
con preparazioni convenzionali a rilascio immediato (ad esempio, idromorfone a rilascio
immediato, o morfina a rilascio immediato), per poi passare ad una appropriata dose
giornaliera totale di JURNISTA. Per la conversione delle dosi, utilizzare la relativa tabella
di conversione. Pazienti che ricevono già oppiacei regolarmente: nei pazienti attualmente
in terapia con analgesici oppiacei, la dose iniziale di JURNISTA deve basarsi sulla dose
giornaliera di oppiacei, adottando dosi equianalgesiche standard. Per quanto concerne
gli oppiacei diversi dalla morfina, deve essere valutata in primo luogo la dose totale
giornaliera equivalente di morfina, quindi deve essere usata la tabella di seguito riportata
per determinare la dose totale giornaliera di JURNISTA.
Tabella di conversione: fattori di moltiplicazione per la conversione della dose giornaliera di oppiacei somministrati in precedenza, nella dose giornaliera di JURNISTA.
(mg/die di oppiacei precedenti x fattore = mg/die di JURNISTA)
Oppiacei precedenti
Oppiacei precedenti per
via orale
(fattore)
Oppiacei precedenti per via
parenterale
(fattore)
Morfina
0,2
0,6
Idromorfone
1
4
Non vi sono fattori di conversione fissi che possano essere soddisfacenti in tutti i pazienti, a causa delle caratteristiche individuali dei pazienti e delle differenze nelle formulazioni. Quindi, deve essere fatta la conversione alle dosi iniziali raccomandate di JURNISTA,
seguita da un attento monitoraggio del paziente e dalla titolazione. Le dosi devono es-
sere arrotondate per difetto alla dose più vicina di JURNISTA, disponibile a incrementi di
4 mg (compresse da 4, 8, 16, 32, 64 mg), come indicato dal punto di vista clinico.
Quando si inizia la terapia con JURNISTA, devono essere sospesi tutti gli altri farmaci
analgesici oppiacei assunti durante il giorno. JURNISTA può inoltre essere impiegato in
modo sicuro con le dosi convenzionali di analgesici non oppiacei e di adiuvanti analgesici. Analgesia supplementare: oltre alla somministrazione giornaliera di un’unica dose di
JURNISTA, è possibile mettere a disposizione di tutti i pazienti affetti da dolore cronico,
un farmaco antidolorifico supplementare per il dolore episodico, sotto forma di preparazione a rilascio immediato (ad esempio, idromorfone a rilascio immediato o morfina a
rilascio immediato). Per la fase di conversione, deve essere utilizzata la tabella di conversione. Le dosi supplementari individuali di idromorfone a rilascio immediato o della
morfina a rilascio immediato non devono superare, in linea di massima, il 10%-25%
della dose di JURNISTA somministrata nelle 24 ore (vedi la tabella di seguito riportata).
Dose iniziale raccomandata per terapia analgesica supplementare.
Dose giornaliera
di JURNISTA (mg)
Idromorfone a rilascio
immediato
Dosaggio della compressa
(mg) per dose
Morfina a rilascio
immediato (mg)
4
--
5
8
2
10
16
2
10-15
32
4
20-30
64
8
40-60
Personalizzazione della dose e mantenimento della terapia: dopo l’inizio della terapia con
JURNISTA, è possibile che occorra aggiustare la dose per ottenere il migliore equilibrio
per il paziente, fra attenuazione del dolore ed effetti indesiderati associati all’assunzione
degli oppiacei. Se il dolore aumenta di intensità o l’analgesia risulta inadeguata, è
possibile che occorra aumentare gradualmente la dose. Per consentire la stabilizzazione
degli effetti relativi alla modifica della dose, occorre aumentare la dose con una frequenza
che non sia inferiore a due giorni d’intervallo. Di norma, per ogni fase di aggiustamento
della dose devono essere presi in considerazione aumenti compresi fra il 25% e il 100%
dell’attuale dose giornaliera di JURNISTA. Una volta che il paziente si è stabilizzato con
una terapia giornaliera di JURNISTA assunto in un’unica somministrazione, è possibile
continuare con quella dose fino a che non si renda necessaria un’ulteriore attenuazione
del dolore. La necessità di una terapia continuativa a base di oppiacei per tutto il giorno
e gli aggiustamenti della dose, devono essere rivalutati periodicamente, secondo le
necessità. Impiego nei bambini e adolescenti: l’uso di JURNISTA non è raccomandato nei
bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni a causa della insufficienza di dati sulla
sicurezza ed efficacia. Impiego nei pazienti anziani: il quadro clinico del paziente anziano
è spesso complesso. Il trattamento con idromorfone deve essere quindi iniziato con
cautela e la dose iniziale deve essere ridotta. Compromissione renale ed epatica: negli
studi clinici, dopo la somministrazione di una singola dose di idromorfone compresse a
rilascio immediato, sono stati osservati i seguenti risultati: • nei pazienti con insufficienza
epatica di grado moderato (punteggi 7-9 della scala Child-Pugh), sia la concentrazione
media (AUC plasmatica) che le concentrazioni plasmatiche massime dell’idromorfone
erano approssimativamente 4 volte più elevate rispetto a quelli dei controlli sani, mentre
l’emivita di eliminazione è rimasta invariata; • nei pazienti con insufficienza renale
moderata (clearance della creatinina 40-60 ml/min), la concentrazione media (AUC
plasmatica) dell’idromorfone è stata approssimativamente 2 volte più elevata rispetto a
quella dei soggetti con funzionalità renale nella norma, mentre l’emivita di eliminazione
è rimasta invariata; • nei pazienti con grave insufficienza renale (clearance della
creatinina < 30 ml/min), la concentrazione media (AUC plasmatica) dell’idromorfone è
stata approssimativamente 4 volte più elevata di quella registrata nei soggetti con
funzionalità renale nella norma, mentre l’emivita di eliminazione è stata 3 volte più lunga.
Quindi, i pazienti affetti da insufficienza renale o epatica di grado moderato devono
iniziare ad assumere una dose ridotta ed essere attentamente monitorati durante la fase
di aggiustamento della dose. Per quanto riguarda i pazienti con grave insufficienza
renale, è necessario prendere in considerazione un maggiore intervallo tra le dosi, oltre
a un monitoraggio attento durante la terapia di mantenimento. Interruzione della terapia:
nei pazienti fisicamente dipendenti dagli oppiacei e in terapia con una somministrazione
giornaliera di idromorfone, l’interruzione improvvisa del trattamento con JURNISTA
provoca la sindrome da astinenza. Nel caso in cui sia indicata l’interruzione della terapia
con JURNISTA, è necessario somministrare ai pazienti una dose di JURNISTA ridotta del
50% ogni 2 giorni, fino a raggiungere la dose più bassa possibile a cui la terapia può
essere sospesa in modo sicuro. In caso d’insorgenza dei sintomi da astinenza, è
necessario interrompere la riduzione graduale della dose. La dose deve essere
aumentata lentamente fino alla scomparsa dei sintomi dell’astinenza da oppiacei.
Successivamente, occorre iniziare di nuovo a ridurre gradualmente la dose, ma con
Casi clinici
SINDROME POST-TRAUMA CRANICO:
EFFICACIA DEI BLOCCHI ANESTETICI
DEI NERVI EPICRANICI
THERAPEUTIC EFFECTIVENESS
OF EPICRANIAL NERVE BLOCKS
ON POST-TRAUMATIC SYNDROME FROM HEAD INJURY
Claudio Antonio Caputi
S.O.D. di Medicina del Dolore e Palliativa
Azienda Ospedaliera-Universitaria “Ospedali Riuniti di Ancona”
RIASSUNTO
Si riporta il caso di una donna di 53
anni che, in seguito a trauma cranico
per incidente sul lavoro, manifestava
una cefalea continua con vertigini,
talora nausea, acufeni all’orecchio destro
e allodinia diffusa al cuoio capelluto.
Il trattamento iposensibilizzante,
mediante blocchi con anestetici locali
dei punti iperalgici alla digitopressione
in corrispondenza dei nervi epicranici,
ha controllato rapidamente l’allodinia
e successivamente la cefalea. Inoltre,
inaspettatamente, si sono notevolmente
ridotte le vertigini e sono cessati gli
acufeni. Questo risultato, del tutto
insperato, evidenzia le imprevedibili
potenzialità terapeutiche di un
trattamento di semplice esecuzione
e poco invasivo. Pertanto risulta di
grande interesse l’interpretazione
neurofisiopatologica.
Parole chiave
Cefalea post-traumatica, allodinia,
vertigini, acufeni, nervo grande
occipitale, blocchi anestetici
SUMMARY
The autor describes the case of a
53-year-old woman suffering from
headache and dizziness, sometimes
nausea, tinnitus in the right ear, and
diffuse scalp allodynia following an
occupational accident involving a head
injury. Hyposensitizing treatment by
anesthetic blockade at the emergence
points of the epicranial nerves, which
were hyperalgesic to finger pressure,
rapidly controlled the allodynia and
eventually the headache. Unexpectedly,
the patient also reported reduced
dizziness and resolution of the tinnitus.
The unforeseen outcome highlights the
unpredictable therapeutic potential
of a simple and modestly invasive
procedure. The neuropathophysiological
interpretation is consequently very
interesting.
Key words
Post-traumatic headache, allodynia,
dizziness, tinnitus, greater occipital
nerve, anesthetic blocks
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
27
INTRODUZIONE
Il caso clinico che si va a descrivere è inquadrabile, in accordo con la
ICHD-II,1 come cefalea acuta posttraumatica da trauma cranico moderato. La paziente ha, infatti, accusato
una cefalea di forte intensità, accompagnata a forte vertigine, lieve agitazione, difficoltà di concentrazione,
insonnia, acufeni, comparsa entro due
giorni dal trauma. Le vertigini sono
sicuramente la manifestazione più frequente dopo tale tipo di cefalea.2 Fisiopatologicamente è ipotizzabile un
danno assonale diffuso, conseguenza
dello stiramento delle terminazioni
nervose sottoposte alla energia del
trauma. Il trauma può anche essere
causa di alterazioni dell’emodinamica
cerebrale3 e di modificazioni metaboliche che includono il rilascio di neurotrasmettitori inibitori e di aminoacidi eccitatori.4
La terapia farmacologica prevede comunemente l’uso di antiepilettici, calcioantagonisti, eccetera.
va inversione della fisiologica lordosi
cervicale con alterazioni spondilosiche
diffuse. Trattenuta in osservazione, il
giorno successivo lamentava diffusa
dolenzia cervico-dorsale con persistente cefalea di intensità non severa e lieve sonnolenza, con normale
obiettività neurologica. Un episodio
di nausea e vomito postprandiale era
trattato con somministrazione di metoclopramide (10mg ev). Il secondo
giorno si manifestava un improvviso malessere con vomito e lipotimia.
Una TAC cerebrale di controllo era
negativa. L’esame clinico vestibolare,
eseguito per la ricomparsa di un’intensa vertigine oggettiva posturale,
non evidenziava presenza di nistagmo
spontaneo; normale l’esame otoscopico. Si prescriveva pertanto betaistina
dicloridrato (16 mg per due volte al
giorno per 15 giorni).
La paziente giungeva alla nostra os-
servazione al dodicesimo giorno dal
trauma accusando cefalea quotidiana,
resistente al trattamento farmacologico, ed episodi di vertigine con nausea,
oltre alla comparsa di fastidiosi acufeni all’orecchio destro. Obiettivamente
presentava intensa allodinia meccanica dinamica diffusa al cuoio capelluto,
evocata dallo sfioramento dei capelli,
con impossibilità di indossare gli occhiali e con conseguente disturbato
riposo notturno. I punti di emergenza
sottocutanei dei nervi sovraorbitario e
grande occipitale risultavano intensamente iperalgici alla digitopressione,
bilateralmente.
Per la presenza di tale sintomatologia,
si decideva di iniziare un trattamento
iposensibilizzante loco-regionale mediante blocchi anestetici dei nervi epicranici, seguendo un nostro originale
schema terapeutico, praticato già da
anni.5-6 Al secondo blocco anestetico
Figura 1
Connessioni anatomiche dei nervi epicranici
e punto di infiltrazione del nervo grande occipitale
piccolo nervo occipitale
CASO CLINICO
Donna di 53 anni, in data 15 febbraio
2009 subiva un trauma cranico in un
incidente sul lavoro (caduta di due
mensole sul capo) senza perdita di
coscienza. Al Pronto Soccorso riferiva
cefalea intensa e vertigine in assenza di
segni obiettivi neurologici. In anamnesi: due gravidanze a termine, asportazione di fibromi mammari da qualche anno e un intervento chirurgico
al ginocchio sinistro per trauma. La
TAC cerebrale risultava nella norma
e una TAC spirale cervicale evidenzia-
28
grande nervo occipitale
linea nucale
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
dei nervi epicranici, dopo due giorni
dal primo, si otteneva una netta regressione dell’allodinia. La paziente
riferiva inoltre la remissione degli
acufeni, durante il tempo di persistenza dell’effetto anestetico. Il giorno 3
marzo, nuovo ricovero in Pronto Soccorso per episodio lipotimico di breve durata e successiva lieve ipostenia
e disestesia a carico dell’arto inferiore
sinistro. Ulteriori controlli radiologici
(TAC cerebrale e cervicale) risultavano nella norma. Si prescrivevano: collare cervicale morbido, riposo a letto,
gabapentin 400mg x 2/die, desametasone 8 mg im da scalare progressivamente nei giorni successivi.
La paziente terminava il primo ciclo
di 5 sedute di blocchi anestetici in
data 11 marzo, dopo un’interruzione
di una settimana circa, con completa e
definitiva scomparsa dell’allodinia del
cuoio capelluto e delle regioni sovrauricolari (riferiva la possibilità di rimettersi gli occhiali fino ad allora non più
tollerati). Riconfermava inoltre la remissione degli acufeni durante l’effetto anestetico dei blocchi. Constatata
la buona efficacia del trattamento si
decideva un secondo ciclo iposensibilizzante, mediante blocchi anestetici,
a partire dal giorno 25 dello stesso
mese, in quanto, pur in remissione
completa dell’allodinia del capo, la
paziente riferiva la ricomparsa di una
cefalea, quotidiana notturna, pulsante, localizzata in sede parietale destra.
I nervi epicranici sovraorbitari e il
nervo grande occipitale di destra risultavano iperalgici alla digitopressione.
Nel corso del secondo ciclo di terapia
la paziente riferiva la scomparsa definitiva degli acufeni con una netta riduzione di intensità e durata della cefalea notturna che recedeva spontane-
amente, senza assunzione di antalgici.
Al termine del trattamento avvenuto
in data 31marzo si otteneva la completa remissione anche della cefalea.
A un follow-up a 15 giorni, permaneva
la remissione completa della cefalea,
dell’allodinia e degli acufeni, con persistenza di sporadiche ed episodiche
vertigini, di lieve intensità e breve durata. Al follow-up a 6 mesi la paziente
risultava del tutto asintomatica, senza
alcuna terapia farmacologica.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Più recentemente si sono aggiunte ulteriori esperienze cliniche sull’utilizzo
di blocchi anestetici nella terapia delle
cefalee primarie7-8 e si è anche evidenziato come il blocco anestetico del nervo grande occipitale potesse controllare efficacemente l’allodinia meccanica
che si manifesta sul cuoio capelluto di
alcuni pazienti emicranici, espressione di ipersensitizzazione centrale.9-10
Secondo la nostra ipotesi l’effetto terapeutico dei blocchi si giustifica con
l’inibizione
dell’ipersensitizzazione
periferica, testimoniata dalla iperalgesia provocata da una leggera pressione
dei nervi epicranici grande occipitale
(GON) e sovraorbitario (NS); e ciò
non solo per l’effetto anestetico di
blocco di conduzione degli stimoli
nocicettivi, ma prevalentemente per il
blocco, da parte degli anestetici locali,
dei flussi antidromici di sostanza P e
del peptide relato al gene della calcitonina (CGRP), mediatori dei riflessi
assonali generati dalla infiammazione
neurogenica perivascolare. Probabilmente il ripetuto blocco anestetico,
provocando una protratta ipostimolazione dei nocicettori periferici, ri-
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
normalizza la loro soglia di attivazione
con la conseguente mancata induzione dei meccanismi neuroplastici di
ipersensitizzazione centrale, causa di
dolore cronico.6
La tossina botulinica, che si è rivelata
efficace sui pazienti emicranici, agirebbe analogamente, inibendo il rilascio dei neurotrasmettitori, tra cui il
CGRP, per effetto del blocco della fusione della vescicola sinaptica a livello
della membrana cellulare.11-12
Inoltre, la recente osservazione del
controllo di un’aura emicranica emiplegica, mediante il blocco anestetico
del GON,13-14 andrebbe ad avvalorare
l’idea che l’ipostimolazione periferica
possa modulare direttamente l’ipereccitabilità corticale.
Il caso descritto conferma l’efficacia
dei blocchi anestetici dei nervi epicranici nel controllo della cefalea e
dell’allodinia, in questo caso, postumi
di un trauma cranico. Imprevedibilmente il trattamento si è rivelato altrettanto efficace anche nel controllo
delle vertigini e in modo netto degli
acufeni. L’inatteso successo terapeutico ci ha indotto a un approfondimento neurofisiopatologico.
Afferenze da strutture sensoriali trigeminali verso il nucleo cocleare sono
state individuate con metodi sperimentali nelle cavie e negli uomini. Si
è visto infatti che il nucleo dorsale cocleare oltre agli input dall’ottavo nervo, riceve direttamente impulsi somatosensoriali dal quinto nervo cranico;
pertanto nel nucleo dorsale si verifica
un’integrazione multisensoriale.15
Questi circuiti neuronali hanno importanti risvolti clinici perché, come
le alterazioni strutturali uditive periferiche che generano sordità possono
influire sulla struttura dei neuroni
29
centrali uditivi, così alterazioni neurologiche dalla periferia somatosensoriale possono influenzare la funzione uditiva, richiedendo questa
input multisensoriali. La percezione
di acufeni nei pazienti che ricevono
insulti somatici possono, analogamente, essere il risultato di un input
somatosensoriale alterato al nucleo
cocleare. Tale evento può verificarsi
in pazienti coinvolti in traumi cranici, del collo o addirittura in pazienti
con ascessi dentari.15 La proiezione
dal ganglio trigeminale sul nucleo cocleare termina a livello sia dei neuroni
sia dei vasi sanguigni; ciò suggerisce
un’interferenza di questi collegamenti
nella regolazione del flusso sanguigno
e del metabolismo.16-17 Le afferenze
dalle branche oftalmiche e mandibolari del trigemino proiettano, attraverso
il ganglio, rispettivamente alla coclea e
all’orecchio medio, influenzando probabilmente il flusso sanguigno a livello
cocleare e cerebrale.18-19
Le variazioni di flusso possono tradursi in una modulazione eccitatoria/
inibitoria di tali aree. Pertanto la percezione di acufeni in pazienti che hanno subito un trauma cranico potrebbe
imputarsi a un’alterata modulazione
inibitoria delle afferenze provenienti
dalle strutture trigeminali, con conseguente ipersensibilità dei neuroni
nell’area cerebrale collegata all’udito.
Noi ipotizziamo che il trattamento
ipostimolante con anestetico locale
sui punti di emergenza sottocutanei
delle branche trigeminali e del GON,
funzionalmente connesso al nucleo
caudale spinale del trigemino, possa
determinare una deafferentazione somatica periferica con effetto rimodulante della neuroeccitabilità centrale.
Iperalgesia e allodinia sono ricono-
30
sciute espressioni di ipersensibilizzazione nervosa con evidenze cliniche
del loro efficace controllo mediante
blocchi anestetici. Non ancora descritto, come nel nostro caso, un controllo clinico di fenomeni quali la vertigine e gli acufeni; anch’essi probabile
espressione di una “irritazione” nervosa centrale. Vertigini e acufeni, insieme alla cefalea, alla nausea, al vomito,
all’allodinia si sono manifestati nella
sindrome post-traumatica della nostra
paziente. Il trauma è stato quindi causa di una turba della complessa rete
di circuiti di regolazione cerebrale.
E’ stato sorprendente verificare come
un trattamento periferico con blocchi anestetici sia risultato terapeutico,
laddove farmaci, specificamente attivi, sono stati inefficaci. È possibile che
l’anestetico locale, bloccando i flussi
assonali del nervo, possa interferire sul
trasporto assonale di neurotrasmettitori vasoattivi e ipersensibilizzanti
che, in tali eventi clinici, giocano un
ruolo non secondario.6
Il trattamento con blocchi anestetici,
efficace nel controllo del dolore da cefalea, si è dimostrato, in questo caso,
efficace anche sul controllo di altri
sintomi neurologici.
Ciò potrebbe aprire il campo a nuove
possibilità terapeutiche e a utili speculazioni neurofisiologiche, nel complesso labirinto dei circuiti di regolazione cerebrale.
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1997; 751: 247-252.
Recensione
UN TESTO INDISPENSABILE
PER GLI ALGOLOGI
AN ESSENTIAL BOOK FOR ALGOLOGISTS
A cura di Giancarlo Carli
Cattedra di Fisiologia Umana
Università degli Studi di Siena
La prima edizione del libro “Dolore.
Basi molecolari” di Alessandro Fabrizio
Sabato (Università Tor Vergata,
Roma) si è esaurita in qualche mese.
Nell’introduzione l’autore, riferendosi
ai probabili lettori, menziona gli
anestesisti, che sono di gran lunga
gli specialisti più numerosi che si
dedicano alla terapia del dolore e delle
cui esigenze culturali è un attento
osservatore.
Questi medici hanno una preparazione
di base sull’anatomia e fisiologia
del dolore ma si trovano a trattare
quotidianamente pazienti con dolore
in carenza di una visione della biologia
molecolare sufficientemente aggiornata.
Il libro si concentra sulla nocicezione,
cioè sui meccanismi di trasduzione,
trasmissione e modulazione ascendente
e discendente dell’informazione
nocicettiva e sulle modificazioni indotte
dalla lesione e dall’infiammazione
e sul ruolo della glia.
Dando per scontate le conoscenze
sulle prostaglandine e sulle
citochine, e tralasciando la
neuroimmunomodulazione, l’attenzione
si concentra sulle molecole/canali
di membrana della trasduzione
e della generazione del potenziale
d’azione, sui vecchi e sui nuovi
trasmettitori, sul ruolo dei neuropeptidi
e delle neurotrofine, sull’endocitosi
mediata dai recettori, sui meccanismi
sinaptici dell’iperalgesia, sulla long term
depression e la long term potentiation.
Gli argomenti di grande attualià
come il dolore neuropatico,
il controllo del dolore con oppiacei
e con endocannabinoidi hanno un
adeguato risalto. L’aggiornamento viene
svolto con grande chiarezza e diligenza,
con note a margine che riprendono
vecchi e nuovi concetti, definizioni e
abbreviazioni di centinaia di molecole,
con lo scopo preciso di informare in
maniera esauriente e agile il lettore.
La complessità dei problemi è affrontata
presentando modelli di dolore umano
e/o animale, illustrando le basi
logiche del trattamento, i presupposti
fisiopatologici della cronicizzazione
del dolore e la misura del dolore.
Una particolare attenzione è prestata
alla presentazione dei nuovi concetti
e dei nuovi dati accentuando la loro
rilevanza non solo per la comprensione
dei meccanismi, ma soprattutto per la
possibilità di nuovi bersagli terapeutici.
La trattazione si avvale di oltre cento
figure, soprattutto schemi
di funzionamento e interazione
che facilitano la comprensione del testo.
Il libro è arricchito da un elenco
delle abbreviazioni e da un dettagliato
sommario degli argomenti che
compensano la mancanza di un indice
analitico.
In conclusione si tratta di un testo
del quale ben pochi algologi possono
fare a meno per suffragare
il trattamento quotidiano del dolore
con la logica della conoscenza.
(Sabato AF. Dolore. Basi molecolari.
Cic Roma 2010, pp 372,
ISBN: 8871419014).
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
31
Ricordi
RICORDO
DI MARIO TIENGO
IN MEMORY
OF MARIO TIENGO
Franco Bardi
Primario Emerito
Ospedale San Paolo, Milano
Conobbi Mario nel 1950 quando
assieme ad alcuni giovani colleghi
(fra i quali ricordo Gianni Arosio,
Marialuisa Bozza, Hermes Emanuelli,
Milan Bisiani, Enrico Colucci,
Piergiorgio Sironi, Consuelo Tonso
e pochi altri coraggiosi pionieri)
ci riunivamo allo scopo di trovare
la strada per far ufficialmente
riconoscere una dignitosa e autonoma
collocazione fra le specialità mediche
di questa nuovissima attività di
“anestesia” (ancora non esistevano né la
terapia intensiva, né la rianimazione,
né la terapia del dolore), attività
peraltro in parte misconosciuta, in
parte malconsiderata e, in taluni
casi di… oscurantismo medico,
perfino avversata. Fu per merito
anche di Mario e principalmente di
Consuelo Tonso, purtroppo scomparso
prematuramente, il quale con grande
sagacia fece ripetuti viaggi a Roma
per contattare altri giovani colleghi e
per sensibilizzare e spronare il mondo
politico, che ottenemmo finalmente
la legge che istituiva negli ospedali i
Servizi Autonomi di Anestesia.
Ritrovai Mario alcuni anni più tardi
durante un simposio organizzato in
occasione della sua nomina a docente
di Anestesia negli Istituti Clinici di
Perfezionamento, cui partecipò il
nostro maestro Rodolfo Margaria.
Cominciò così fra noi una profonda
amicizia e collaborazione: egli mi
appoggiò nell’organizzare le “Giornate
di Terapia Antalgica” che si tennero
nel mio Ospedale San Paolo; io lo
32
associai alla fondazione di “Algos Club”
di cui fu vicepresidente con la mia
presidenza e la presidenza onoraria
di Paolo Mantegazza; egli mi chiamò
quale cofondatore delle sue riviste Algos
dapprima e Pathos poi; mi incluse fra i
docenti della Scuola di Specializzazione
da lui diretta in alternanza con
Rinaldo Trazzi. Conducemmo
assieme ad altri ricerche su incarico
dell’Università, portammo avanti una
battaglia, che risultò vittoriosa, per
bloccare la proposta di una legge che
legalizzasse l’eutanasia.
Ma non intendo qui dilungarmi nei
nostri rapporti sul piano professionale
né porre l’accento sui grandi meriti
scientifici di Mario, universalmente
riconosciuti: di ciò altri potrà parlare
con ben maggiore autorevolezza.
Il vivo ricordo che voglio mi resti
è quello di una sincera, affettuosa
amicizia con una personalità di tanto
spessore umano. Ci univa anche l’amore
per l’arte in ogni sua espressione e per il
bello, in particolar modo per la musica
classica. Ricordo bene il giorno in cui
mi disse, con entusiasmo di adolescente
nonostante i suoi circa sessant’anni,
di essersi perdutamente innamorato
- felicemente corrisposto - di una
giovane americana, e i suoi occhi
sfavillanti quando mi presentò questa
sua bellissima moglie che subito mi
conquistò per la dolcezza e l’amore che
a sua volta rivolgeva a Mario.
Così voglio ricordarlo, oggi che non c’è
più. La sua scomparsa è, non solo per
me, una dolorosa incolmabile perdita.
Volume 18 PATHOS Nro 1, 2011
intervalli più lunghi fra una diminuzione della dose di idromorfone e quella successiva,
oppure convertendolo in una dose equianalgesica di un altro oppiaceo, per poi proseguire
con la riduzione graduale. 4.3 Controindicazioni. Ipersensibilità all’idromorfone o a
uno qualsiasi degli eccipienti. Pazienti che sono stati sottoposti a un intervento chirurgico
e/o con patologia di base che porta a stenosi del tratto gastrointestinale, o hanno “anse
cieche” nel tratto gastrointestinale o ostruzione gastrointestinale.Trattamento del dolore
acuto o post-operatorio. Pazienti con funzionalità epatica gravemente ridotta. Pazienti
con insufficienza respiratoria. Pazienti con dolore addominale acuto di origine
sconosciuta. Pazienti con stato asmatico. Trattamento concomitante con inibitori della
monoaminossidasi (MAO) o entro 14 giorni dall’interruzione di tale terapia (vedere
paragrafo 4.5). Trattamento concomitante con buprenorfina, nalbufina o pentazocina
(vedere paragrafo 4.5). Pazienti in stato di coma. Pazienti pediatrici. Durante il travaglio
e il parto. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. Gli analgesici oppiacei,
compreso l’idromorfone, possono causare una grave ipotensione nei pazienti la cui
capacità di mantenimento della pressione sanguigna sia compromessa a causa della
deplezione del volume ematico o della concomitante somministrazione di farmaci come
le fenotiazine o gli anestetici generali. JURNISTA non deve essere somministrato nei casi
in cui sussista il rischio di ileo paralitico. Se, durante il trattamento, si sospetta un ileo
paralitico, è necessario interrompere la terapia. Nel caso in cui siano programmati una
cordotomia o altri interventi di attenuazione del dolore, i pazienti non devono essere
trattati con JURNISTA nelle 24 ore successive a tali operazioni. Quindi, deve essere
somministrata una nuova dose, in base alla variazione delle necessità di attenuazione del
dolore, se esistente. Compromissione della respirazione. La depressione respiratoria è il
rischio più importante delle preparazioni a base di oppiacei, anche se è più frequente nei
casi di sovradosaggio, nei pazienti anziani, nei pazienti debilitati e in quelli affetti da
condizioni cliniche accompagnate da ipossia o ipercapnia, quando dosi anche moderate
possono ridurre pericolosamente la respirazione. JURNISTA, analogamente agli altri
oppiacei, deve essere impiegato con estrema cautela nei pazienti con una riserva
respiratoria considerevolmente ridotta o una depressione respiratoria preesistente,
nonché in pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il dolore severo antagonizza
gli effetti depressivi degli oppiacei a carico della respirazione. Tuttavia, se il dolore
dovesse improvvisamente attenuarsi, tali effetti potrebbero manifestarsi rapidamente. I
pazienti per i quali sono state programmate procedure di anestesia locale o un altro
genere di interruzione delle vie di trasmissione del dolore, non devono essere trattati con
JURNISTA dalle 24 ore precedenti la procedura. La somministrazione concomitante di
idromorfone con altri analgesici oppiacei è associata a un incremento del rischio di
insufficienza respiratoria. È quindi importante ridurre la dose di idromorfone, in caso di
co-somministrazione con altri analgesici. Trauma cranico e aumento della pressione
intracranica. Gli effetti depressivi degli oppiacei a carico della respirazione, con ritenzione
di anidride carbonica e aumento secondario della pressione del liquido cerebrospinale,
possono essere marcatamente esacerbati in presenza di trauma cranico o di aumento
della pressione intracranica. Gli oppiacei producono effetti che possono nascondere i
segni neurologici di ulteriori aumenti di pressione intracranica in pazienti con trauma
cranico. JURNISTA deve essere somministrato solo in circostanze in cui è ritenuto
essenziale, ma sempre con estrema cautela. Tratto gastrointestinale e muscolatura
liscia: analogamente agli altri oppiacei, l’idromorfone provoca una riduzione della motilità
gastrointestinale associata a un aumento del tono della muscolatura liscia. La stipsi è un
effetto indesiderato frequentemente segnalato in presenza di trattamento con gli
oppiacei. È necessario raccomandare ai pazienti le misure da adottare per impedire la
stipsi, oltre a considerare l’impiego di lassativi a scopo profilattico. Occorre porre
estrema cautela nei pazienti con stipsi cronica. Condizioni cliniche o medicinali che
causano un’improvvisa e apprezzabile diminuzione del tempo di transito gastrointestinale,
possono causare una diminuzione dell’assorbimento dell’idromorfone contenuto in
JURNISTA e possono potenzialmente condurre a sintomi di astinenza in pazienti con
dipendenza fisica dagli oppioidi. La somministrazione di oppiacei può oscurare la
diagnosi o il decorso clinico di condizioni acute addominali. Perciò è importante
assicurarsi che il paziente non sia affetto da occlusione intestinale, in particolare da ileo,
prima di iniziare il trattamento. L’idromorfone può inoltre provocare un aumento della
pressione nelle vie biliari, a seguito dello spasmo dello sfintere di Oddi. Prestare quindi
attenzione durante la somministrazione di JURNISTA a pazienti affetti da disturbi
infiammatori od ostruttivi dell’intestino, da pancreatite acuta secondaria a patologia delle
vie biliari e nei pazienti che si apprestano ad affrontare un intervento di chirurgia biliare.
La compressa di JURNISTA è indeformabile e la sua forma non cambia in modo
apprezzabile nel tratto gastrointestinale. Si sono verificati rari casi di sintomi ostruttivi in
pazienti con stenosi note, in seguito all’ingestione di farmaci in formulazioni a rilascio
controllato indeformabili (vedere paragrafo 4.3). È necessario avvisare i pazienti di non
allarmarsi nel caso in cui dovessero notare nelle feci la compressa di JURNISTA, poiché
si tratta solo dell’involucro indissolubile. Pazienti con rischi particolari: JURNISTA,
analogamente agli altri analgesici oppiacei, deve essere somministrato con cautela e a
dosaggi ridotti nei pazienti affetti da insufficienza renale o insufficienza epatica da lieve
a moderata, insufficienza corticosurrenale, mixedema, ipotiroidismo, ipertrofia prostatica
o stenosi uretrale. Deve essere inoltre prestata molta attenzione nella somministrazione
di JURNISTA nei pazienti affetti da depressione del SNC, cifoscoliosi, psicosi tossica,
alcolismo acuto, delirium tremens o disturbi convulsivi. Impiego nei pazienti anziani: i
pazienti anziani sono maggiormente predisposti a manifestare reazioni avverse a carico
del sistema nervoso centrale (SNC) (confusione) e disturbi gastrointestinali, nonché
riduzione fisiologica della funzionalità renale. Occorre quindi prestare molta attenzione,
oltre a somministrare una dose iniziale ridotta. L’uso concomitante di altri farmaci, in
particolare di antidepressivi triciclici, aumenta il rischio di confusione e stipsi. Nei pazienti
anziani sono spesso presenti patologie a carico della ghiandola prostatica e delle vie
urinarie, il che contribuisce ad aumentare il rischio di ritenzione urinaria. Le considerazioni
sopra citate servono a sottolineare l’importanza di usare cautela nell’uso, piuttosto che
implicare una limitazione d’uso degli oppiacei nei pazienti anziani. Anche se la dose è
elevata, un aumento della dose non corrisponde a uno sviluppo di tolleranza. Dipendenza
farmacologica: JURNISTA deve essere somministrato con cautela nei pazienti alcolizzati
o con dipendenza farmacologica di altro genere, a causa dell’aumento della frequenza a
sviluppare tolleranza agli oppiacei e dipendenza psicologica riscontrata in questa
popolazione di pazienti. Con l’abuso per via parenterale, gli eccipienti della compressa
potrebbero causare complicazioni letali. L’uso continuato di oppiacei, JURNISTA
compreso, può generare lo sviluppo di tolleranza e di dipendenza fisica. È possibile che
si verifichi un abuso volontario di JURNISTA, come accade con gli altri oppiacei,
caratterizzato da modifiche comportamentali, non riscontrate nei pazienti il cui dolore
viene opportunamente trattato con JURNISTA. Si ritiene che solo nei pazienti in un certo
qual modo predisposti possa svilupparsi una dipendenza psicologica o un effetto che
determina assuefazione, pur non essendo una risposta normale o prevista durante l’uso
appropriato degli oppiacei per il trattamento del dolore. Tuttavia, anche se un paziente ha
abusato di oppiacei in passato, l’idromorfone o gli altri oppiacei possono essere ancora
indicati nel trattamento del dolore severo del paziente. La necessità di aumentare la dose
può essere dovuta a una patologia sottostante e deve quindi essere rivalutata. Nella
maggior parte dei casi, la richiesta riflette l’esigenza reale di attenuazione del dolore e
non deve essere confusa con un uso inappropriato del farmaco. L’impiego di idromorfone
da parte di chi svolge attività sportiva a livello agonistico comporta la squalifica. Il
farmaco contiene lattosio. I pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio,
come il deficit di Lapp-lattasi o la sindrome da malassorbimento di glucosio-galattosio
non devono assumere questo farmaco. L’uso concomitante di JURNISTA con alcool o con
altri farmaci che lo contengono, deve essere evitato in quanto l’alcool aumenta l’effetto
sedativo dell’idromorfone. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di
interazione. Gli inibitori delle monoaminossidasi (IMAO), se vengono somministrati
insieme agli oppiacei, possono provocare eccitazione o depressione del SNC, ipotensione
o ipertensione. JURNISTA è controindicato nei pazienti in terapia con gli IMAO (vedere
paragrafo 4.3). La somministrazione concomitante di idromorfone con gli agonisti/
antagonisti della morfina (buprenorfina, nalbufina, pentazocina) può comportare una
riduzione dell’effetto analgesico mediante il blocco competitivo dei recettori, con il
rischio d’insorgenza dei sintomi da astinenza. Questa associazione è pertanto
controindicata (vedere paragrafo 4.3). La somministrazione concomitante di depressori
del sistema nervoso centrale come ipnotici, sedativi, anestetici generali, antipsicotici e
alcool, può causare effetti depressivi additivi che possono provocare l’insorgenza di
depressione respiratoria, ipotensione, sedazione profonda o coma. Nel caso in cui sia
indicata questa associazione, è necessario ridurre la dose di uno o di entrambi gli agenti.
JURNISTA, analogamente agli altri oppiacei, può potenziare l’azione di blocco
neuromuscolare dei miorilassanti e provocare un aumento del grado di depressione
respiratoria. Occorre evitare l’uso concomitante di alcool; quest’ultimo infatti aumenta
l’effetto sedativo dell’idromorfone. 4.6 Gravidanza e allattamento. Gravidanza. Non vi
sono dati adeguati riguardanti l’uso dell’idromorfone in donne in gravidanza. Mentre gli
studi nell’animale (vedere paragrafo 5.3) non hanno rivelato effetti teratogeni, è stata
osservata tossicità riproduttiva. Nelle sperimentazioni condotte sull’animale, l’idromorfone
ha dimostrato di attraversare la barriera placentare. Non è noto il rischio potenziale per
l’uomo derivante dall’uso di oppiacei durante la gravidanza. JURNISTA non deve
essere somministrato in gravidanza e durante il travaglio a causa di un indebolimento
della contrattilità uterina e del rischio di depressione respiratoria nel neonato. Sintomi
da astinenza potrebbero essere osservati nei neonati di madri sottoposte a trattamento
cronico. Allattamento. Negli studi clinici, basse concentrazioni di idromorfone e altri
oppiacei sono state riscontrate nel latte materno. Studi preclinici hanno dimostrato che
l’idromorfone può essere trovato nel latte dei ratti che allattano. JURNISTA non deve
essere usato durante l’allattamento. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e
sull’uso di macchinari. JURNISTA può compromettere in misura rilevante la capacità
di guidare veicoli o di usare macchinari. Questo fenomeno è più probabile all’inizio
della terapia, a seguito di un incremento della dose o cambiamento della preparazione.
4.8 Effetti indesiderati. Negli studi clinici con JURNISTA (n = 1684), le reazioni
avverse più comunemente riportate sono state stipsi, nausea e vomito. Di solito
possono essere gestite con riduzione della dose, lassativi (vedere paragrafo 4.2) o
antiemetici, come più appropriato. La tabella riportata di seguito mostra le reazioni
avverse (ADR) osservate durante gli studi clinici con JURNISTA e quelle che sono state
segnalate con altre formulazioni di idromorfone cloridrato. Se le frequenze osservate
con JURNISTA e con altre formulazioni a base di idromorfone cloridrato erano
diverse, venivano utilizzate quelle a più alta incidenza di entrambi i database.
Reazioni avverse
Classificazione
sistemica organica
Frequenza
Molto comuni
(≥ 1/10)
Comuni
(≥ 1/100; < 1/10)
Non comuni
(≥ 1/1000; < 1/100)
Rari
(≥ 1/10.000; <1/1000)
Esami diagnostici
Calo ponderale
Ridotta saturazione
Diminuzione testosterone
dell’ossigeno, diminuzione
plasmatico
potassio plasmatico, aumento
enzimi epatici, aumento
amilasi plasmatica
Patologie cardiache
Tachicardia
Palpitazioni, extrasistoli
Bradicardia
Patologie del sistema nervoso Sonnolenza, cefalea, vertigini Problemi della memoria,
ipoestesia, parestesia,
tremore o contrazioni
muscolari involontarie,
sedazione, disturbi
dell’attenzione, disgeusia
Mioclono, coordinazione
Iperreflessia
anomala, discinesia, sincope,
disartria, disturbi dell’equilibrio, depressione dei livelli di
coscienza, iperestesia, encefalopatia, disturbi cognitivi,
iperattività psicomotoria, crisi
epilettiche, convulsioni
Patologie dell’occhio
Disturbi della vista come
offuscamento della visione
Miosi, diplopia, secchezza
dell’occhio
Vertigini
Tinnito
Dispnea
Sofferenza respiratoria,
rinorrea, ipossia,
broncospasmo,
iperventilazione, starnuti
Patologie dell’orecchio e del
labirinto
Patologie respiratorie,
toraciche e mediastiniche
Patologie gastrointestinali
Stipsi, nausea, vomito
Secchezza delle fauci,
Distensione addominale,
diarrea, dolore addominale,
emorroidi, ematochezia,
dispepsia, disfagia, flatulenza feci anormali, ostruzione
intestinale, diverticoli, eruttazione, disturbi della motilità
gastrointestinale, perforazione
dell’intestino crasso
Patologie renali e urinarie
Ritenzione urinaria, disuria,
disturbi urinari
Esitazione nell’urinare,
pollachiuria
Patologie della cute e del
tessuto sottocutaneo
Iperidrosi, prurito, eruzione
cutanea
Eczema*
Patologie dell’apparato
muscolo-scheletrico e del
tessuto connettivo
Spasmi muscolari, dolore
di schiena, artralgia, dolore
delle estremità
Mialgia
Aumento degli enzimi
pancreatici*, ragadi anali,
bezoario, duodenite, ileo
paralitico, alterazioni dello
svuotamento gastrico,
defecazione dolorosa
Ipogonadismo
Reazioni avverse
Classificazione
sistemica organica
Frequenza
Molto comuni
(≥ 1/10)
Disturbi del metabolismo e
della nutrizione
Comuni
(≥ 1/100; < 1/10)
Anoressia, disidratazione
Infezioni e infestazioni
Non comuni
(≥ 1/1000; < 1/100)
Rari
(≥ 1/10.000; <1/1000)
Aumento dell’appetito,
ritenzione di liquidi,
iperuricemia
Gastroenterite, diverticolite
Traumatismo, avvelenamento
e complicazioni da procedura
Cadute, contusioni
Patologie vascolari
Ipotensione, rossore,
ipertensione
Astenia
Edema, sindrome da
astinenza dal farmaco,
piressia, dolore, oppressione
toracica, brividi
Sovradosaggio
Sensazione anomala, malessere, difficoltà a camminare,
agitazione, stato di confusione come dopo sbornia
Patologie epatobiliari
Sensazione di ubriacatura,
sensazione di caldo e freddo,
ipotermia
Coliche biliari
Patologie dell’apparato
riproduttivo e della mammella
Disturbi psichiatrici
Depressione respiratoria
Rossore al volto/ eritema
Patologie del sistema
endocrino
Patologie sistemiche e
condizioni relative alla sede
di somministrazione
Molto rari
(< 1/10.000)
Disfunzione erettile/
impotenza, disfunzioni
sessuali
Insonnia, ansia, stato
confusionale, nervosismo,
sogni anomali, depressione,
alterazioni dell’umore,
irrequietezza, allucinazioni
*Reazioni avverse (ADR) riportate con altre formulazioni a base di idromorfone cloridrato
Diminuzione della libido,
Dipendenza*
attacchi di panico, paranoia,
aggressività, crisi di pianto,
apatia, tolleranza al farmaco*,
disforia, euforia
Molto rari
(< 1/10.000)
In letteratura sono stati segnalati i seguenti eventi di cui non si conosce la frequenza: insufficienza
respiratoria, delirio e amenorrea. La depressione respiratoria può essere più probabile in alcuni
sottogruppi di pazienti (vedere paragrafo 4.4). 4.9 Sovradosaggio. Il sovradosaggio con
idromorfone è caratterizzato da depressione respiratoria, sonnolenza che evolve fino a stupore e
coma, flaccidità muscolo-scheletrica, cute fredda, contrazione delle pupille e a volte, tachicardia
e ipotensione. In caso di grave sovradosaggio, in particolare immediatamente dopo la
somministrazione endovenosa, possono insorgere apnea, collasso circolatorio, arresto cardiaco
e morte. Nel trattamento del sovradosaggio, è necessario prestare attenzione innanzitutto a
ristabilire un’adeguata funzione respiratoria, mantenendo le vie respiratorie pervie ed istituendo
una ventilazione assistita e controllata. Se l’ingestione orale è recente, è possibile effettuare una
lavanda gastrica. Nei pazienti con perdita di coscienza e vie respiratorie pervie, è necessario
instillare carbone attivo (30-100 g negli adulti, 1-2 g/kg nei bambini), per via nasogastrica. Alla
prima dose di carbone attivo, è possibile aggiungere sorbitolo. Per gestire lo shock e l’edema
polmonare, che può seguire al sovradosaggio, è necessario adottare misure di supporto
(ossigeno, vasopressori). L’arresto cardiaco e le aritmie possono richiedere un massaggio
cardiaco o la defibrillazione. Nei casi di grave sovradosaggio, occorre somministrare per via
endovenosa 0,8 mg di naloxone. Se necessario, ripetere dopo 2-3 minuti. In alternativa,
somministrare per infusione 2 mg di naloxone in 500 ml di sodio cloruro soluzione 9 mg/ml
(0,9%) o in una di glucosio soluzione 5% (50 mg/ml). L’infusione deve essere regolata in base
alla risposta del paziente. L’effetto del naloxone è relativamente breve, perciò il paziente deve
essere attentamente monitorato fino alla stabilizzazione della respirazione. JURNISTA rilascia
idromorfone per circa 24 ore. È necessario tenerne conto nella pianificazione del trattamento. In
caso di sovradosaggio meno grave, è possibile la somministrazione per via endovenosa di 0,2 mg
di naloxone e, se necessario, ripetere tale somministrazione. Il naloxone non deve essere
somministrato in assenza di depressione respiratoria clinicamente significativa o depressione
circolatoria dovuta all’assunzione di oppiacei. Il naloxone deve essere somministrato con cautela
nei pazienti in cui è presente una sospetta dipendenza fisica da idromorfone, poiché il rapido
antagonismo di un oppiaceo, idromorfone compreso, può far precipitare i sintomi da astinenza.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1 Proprietà farmacodinamiche. Categoria
farmacoterapeutica: analgesici; alcaloidi naturali dell’oppio, codice ATC: N02AA03. L’idromorfone
è un derivato semisintetico della morfina. Analogamente agli altri oppiacei, l’idromorfone esercita
i suoi effetti farmacologici principali sul SNC e sulla muscolatura liscia. Tali effetti sono espressi e
modulati dal legame con specifici recettori per gli oppiacei. L’idromorfone è principalmente un
agonista dei recettori μ, con una debole affinità per i recettori κ. L’analgesia si verifica come
conseguenza del legame dell’idromorfone ai recettori μ del SNC. Benché le stime varino (da 2 a
10 volte), sembra che l’idromorfone assunto per via orale sia circa 5 volte più potente (in peso)
della morfina e abbia una durata d’azione inferiore. La depressione respiratoria insorge
principalmente per azione diretta sui centri di controllo cerebrali della respirazione. Gli oppiacei
possono provocare nausea e vomito, a causa della stimolazione diretta dei chemiorecettori per
l’emesi, nella regione posteriore del midollo. 5.2 Proprietà farmacocinetiche. Dopo una singola
somministrazione orale di JURNISTA compresse a rilascio prolungato, le concentrazioni
plasmatiche aumentano gradatamente in 6-8 ore e successivamente rimangono costanti per
approssimativamente 18-24 ore; i valori medi di Tmax sono stati approssimativamente tra 13 e 16
ore. Ciò dimostra che, come desiderato, l’idromorfone viene rilasciato in modo costante dalla
formulazione del farmaco, con un assorbimento continuato attraverso tutto il tratto intestinale per
circa 24 ore, compatibile con la monosomministrazione giornaliera. La biodisponibilità media
assoluta dell’idromorfone dopo una singola dose di 8, 16 o 32 mg di JURNISTA è compresa fra
il 22% e il 26%. Le concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario sono approssimativamente
il doppio rispetto a quelle osservate dopo la somministrazione della prima dose, e lo stato
stazionario è raggiunto alla terza dose di JURNISTA. Non sono state osservate variazioni della
farmacocinetica tempo-dipendenti con somministrazione di dosi multiple. Allo stato stazionario
JURNISTA, somministrato una volta al giorno, ha mantenuto le concentrazioni plasmatiche di
idromorfone entro lo stesso intervallo di concentrazione di una compressa a rilascio immediato
somministrata 4 volte al giorno alla stessa dose giornaliera complessiva e ha diminuito le
fluttuazioni periodiche delle concentrazioni plasmatiche delle compresse a rilascio immediato. Il
grado di fluttuazioni nelle concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario durante un periodo di
24 ore, è stato inferiore con JURNISTA (83%) in confronto con le fluttuazioni totali delle compresse
a rilascio immediato (147%). Allo stato stazionario, l’AUC dell’idromorfone contenuto in JURNISTA
è equivalente a quella osservata per le compresse a rilascio immediato. Il legame alle proteine
plasmatiche è basso (< 30%). La glucoronidazione è il percorso metabolico principale e il
metabolita primario è l’idromorfone-3-glucoronide, che ha un tempo di rilascio nel plasma
analogo a quello dell’idromorfone. Diversamente da quanto accade per la morfina, non viene
prodotto il 6-glucoronide. Per la compressa a rilascio controllato è stata dimostrata una
farmacocinetica lineare nell’intervallo di dosaggio 4-64 mg, con un aumento proporzionale della
dose nelle concentrazioni plasmatiche (Cmax) e della concentrazione complessiva (AUC). L’effetto
esercitato dall’età sul profilo farmacocinetico dopo singola dose dell’idromorfone a rilascio
immediato mostra una riduzione del 14% della Cmax e un modesto aumento (11%) dell’AUC nei
pazienti anziani, rispetto a quelli giovani. Non è stata riscontrata alcuna differenza del Tmax. Non
può essere esclusa una maggiore sensibilità dei soggetti anziani. In generale, la selezione della
dose per un paziente anziano deve essere fatta con cautela, iniziando solitamente dal livello più
basso dell’intervallo di dosi, in quanto in questa popolazione di pazienti possono manifestarsi con
Janssen-Cilag SpA
frequenza maggiore una diminuzione della funzionalità epatica, renale o cardiaca, patologie
concomitanti o l’uso di altri farmaci. Le concentrazioni plasmatiche e i parametri farmacocinetici
dell’idromorfone dopo la somministrazione di JURNISTA sono comparabili in soggetti maschi e
femmine. Negli studi che hanno impiegato somministrazioni orali singole di compresse
convenzionali (a rilascio immediato), la compromissione epatica ha ridotto il metabolismo di primo
passaggio dell’idromorfone, comportando un aumento dei livelli plasmatici di idromorfone quattro
volte superiori nei soggetti con disfunzione epatica di grado moderato. La compromissione renale
ha inciso sul profilo farmacocinetico dell’idromorfone e dei suoi metaboliti, l’idromorfone-3glucoronide e il 3-solfato. Gli effetti della compromissione renale sulla farmacocinetica
dell’idromorfone erano rappresentati da incrementi di due e quattro volte della biodisponibilità
dell’idromorfone, rispettivamente con compromissione di grado moderato e grave. Sono stati
osservati anche cambiamenti sostanziali della cinetica di eliminazione dell’idromorfone-3glucoronide, nel gruppo con compromissione grave, anche se l’emodialisi è stata efficace nel
ridurre i livelli plasmatici sia dell’idromorfone che dei suoi metaboliti. Per le raccomandazioni sulle
dosi fare riferimento al paragrafo 4.2. In uno studio in cui è stato confrontato l’assorbimento
dell’idromorfone dopo somministrazione di JURNISTA in associazione con 240 ml di alcool al 4,
20 e 40%, la Cmax è aumentata mediamente del 17, 31 e 28% rispettivamente in condizioni di
digiuno mentre tale assorbimento è stato meno condizionato dopo il pasto con aumenti
rispettivamente del 14, 14 e 10%. Il Tmax medio (a stomaco pieno e a digiuno) dopo assunzione
di alcool al 4, 20 e 40% è stato di 12-16 ore e con lo 0% di alcool è stato di 16 ore. Non si sono
visti effetti sui valori dell’AUC in entrambi i casi a digiuno e dopo il pasto. Grazie alla tecnologia
OROS delle compresse di JURNISTA, le proprietà di rilascio prolungato sono mantenute in
presenza di alcool. Per le interazioni farmacodinamiche vedere paragrafo 4.4. 5.3 Dati preclinici
di sicurezza. I dati non clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi
convenzionali di farmacologia per la sicurezza, tossicità a dosi ripetute, genotossicità e fertilità. Nei
ratti è stata osservata una lieve ma significativa riduzione nell’impianto ad una dose di
6,25 mg/kg/die, una dose che produce tossicità nella madre durante il periodo dell’accoppiamento.
L’esposizione plasmatica (AUC) all’idromorfone a questo dosaggio è stata di 135 ng/ora/ml,
fornendo un fattore di sicurezza 1,5 volte superiore rispetto all’esposizione nell’uomo (AUC)
basato sulla dose media giornaliera. La vitalità e la sopravvivenza neonatale si sono ridotte nei ratti
in pre-svezzamento, alla dose orale giornaliera per la madre di 6,25 mg/kg. Quest’ultimo sembra
essere un effetto di classe degli analgesici oppiacei. Non sono stati eseguiti studi di carcinogenesi
a lungo termine. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1 Elenco degli eccipienti. Nucleo
della compressa rivestita: polietilene ossido 200K, povidone K29-32, magnesio stearato, ferro
ossido giallo E172 (solo per le compresse da 4 e 32 mg), butilidrossitoluene E321, polietilene
ossido 2000K, sodio cloruro, ipromellosa, ferro ossido nero E172, lattosio anidro, cellulosa
acetato, macrogol 3350. Rivestimento colorato: 8 mg, 16 mg, 32 mg e 64 mg: lattosio
monoidrato, ipromellosa, titanio diossido E171, glicerolo triacetato, ferro ossido rosso E172
(8 mg)/ferro ossido giallo E172 (16 mg). 4 mg: ipromellosa, titanio diossido E171, macrogol 400,
ferro ossido giallo E172, ferro ossido rosso E172 e ferro ossido nero. Rivestimento trasparente:
ipromellosa, macrogol 400. Inchiostro di stampa: ferro ossido nero E172, glicole propilenico,
ipromellosa. 6.2 Incompatibilità. Non pertinente. 6.3 Periodo di validità. 2 anni.
6.4 Precauzioni particolari per la conservazione. Non conservare a temperatura superiore a
25 °C. 6.5 Natura e contenuto del contenitore. Blister di PVC/Aclar con pellicola di alluminio.
Confezioni da 7, 10, 14, 20, 28, 30, 35, 40, 50, 56, 60, 100 compresse. È
possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo
smaltimento. Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE
ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. JANSSEN-CILAG SpA - Via M. Buonarroti, 23 - 20093
COLOGNO MONZESE (MI) - Italia. 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO. JURNISTA® 4 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.
037396518/M. JURNISTA® 4 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.
037396532/M. JURNISTA® 8 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.
037396037/M. JURNISTA® 8 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.
037396052/M. JURNISTA® 16 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.
037396153/M. JURNISTA® 16 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.
037396177/M. JURNISTA® 32 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.
037396278/M. JURNISTA® 32 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.
037396292/M. JURNISTA® 64 mg compresse a rilascio prolungato 14 compresse A.I.C. n.
037396393/M. JURNISTA® 64 mg compresse a rilascio prolungato 28 compresse A.I.C. n.
037396417/M.
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO
DELL’AUTORIZZAZIONE. 23 Luglio 2007. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO.
03/2009.
PREZZO AL PUBBLICO:
• Jurnista 4 mg (14 cpr)
• Jurnista 8 mg (14 cpr)
• Jurnista 16 mg (14 cpr)
• Jurnista 32 mg (14 cpr)
• Jurnista 64 mg(14 cpr)
15,64 €* 31,28 €* 53,17 €* 90,51 €* 154,73 €*-
SSN, Classe A**
SSN, Classe A**
SSN, Classe A**
SSN, Classe A**
SSN, classe A **
* Sono fatte salve eventuali riduzioni e/o modifiche imposte dall’Autorità Sanitaria competente.
** Medicinale soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta. Tabella II,
sezione D del testo unico di cui al D.P.R. 309/90 e successivi aggiornamenti.
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Rivista di Algologia Clinica e Sperimentale Volume 18