Rassegne Vol. 100, N. 2, Febbraio 2009 Pagg. 91-96 Infezione da Helicobacter pylori e aterosclerosi. Una revisione dei dati della letteratura Francesco Franceschi1, Eliano Pio Navarese2, Roberto Mollo2, Bianca Giupponi1, Guido De Marco1, Giuseppe Merra1, Giovanni Gasbarrini1, Nicolò Gentiloni Silveri1 Riassunto. Negli ultimi anni ha destato vivo interesse il ruolo dell’infezione da Helicobacter pylori (Hp) nell’ambito della malattia aterosclerotica. Tuttavia, i risultati riportati nei diversi studi sono discordanti. Il nostro obiettivo è stato quello di presentare una rassegna delle principali evidenze finora emerse dagli studi condotti al riguardo. Parole chiave. Aterosclerosi, cardiopatia ischemica, Helicobacter pylori. Summary. Helicobacter pylori and atherosclerosis. A review of the literature. Several studies have investigated potential role of Helicobacter pylori (Hp) in the pathogenesis of atherosclerosis. Postulated mechanisms are various, even though results are still controversial. Here we propose an overview of actual knowledge about this topic, comparing studies in favour with those against the relationship between Hp and atherosclerosis. Key words. Atherosclerosis, ischemic heart disease, Helicobacter pylori. Introduzione Lo sviluppo dell’aterosclerosi dipende da molTra i diversi fattori ritenuti potenziali parteciteplici fattori causali che agiscono nel processo papanti al processo aterosclerotico, è stata messa in togenetico, da soli o in concerto tra loro, sia negli risalto la presenza di microrganismi responsabili di stadi iniziali sia nella progressione di malattia. infezioni croniche, tra cui quella da Helicobacter Tra i fattori di rischio tradizionali vengono annopylori (Hp). verati: il fumo, l’ipertensione, la dislipidemia, il L’Hp è un batterio Gram negativo la cui principadiabete, l’obesità, la famile azione è svolta a livello liarità per malattie cargastrico, dove è responsabile di gastrite, ulcera peptidiovascolari. Tuttavia, In questa rassegna ci siamo proposti di considerando tali fattori ca, MALT-linfoma e cancro condurre una rivisitazione della letteratudi rischio, c’è una parte di dello stomaco. Tuttavia nura con lo scopo di raggruppare le attuali merose evidenze hanno pazienti affetti da malatconoscenze riguardanti l’associazione tra tia aterosclerotica cardiomesso in risalto il ruolo di infezione da Hp e malattia aterosclerotica, o cerebrovascolare per i Hp nello sviluppo di svariaconfrontando gli studi da cui sono emersi quali l’origine e la prote patologie extragastriche; risultati favorevoli a riguardo, con quelli gressione di questa conditra queste, gli studi più nuin cui tali evidenze non sono state conzione clinica rimane inmerosi riguardano le mafermate. lattie cardiovascolari. Tali spiegata. Date queste prestudi hanno indagato su messe, si comprende peruna potenziale relazione ché, negli ultimi anni, sia tra infezione da Hp e decorso clinico dei pazienti afstato dato molto spazio alla ricerca di nuovi elefetti da malattia cardio o cerebrovascolare aterosclementi che mostrassero una relazione con il processo aterosclerotico ed il conseguente corredo clinico rotica, così come sull’influenza di tale infezione sui che lo accompagna. tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. 1 Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Cardiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. Pervenuto il 7 novembre 2008. 92 Recenti Progressi in Medicina, 100, 2, 2009 Meccanismi proposti di induzione dell’aterosclerosi Uno dei primi meccanismi di influenza dei processi dell’aterosclerosi proposto per Hp è stato l’induzione di uno stato infiammatorio cronico. A conferma di quest’ipotesi, è stata studiata la relazione di Hp con la proteina C-reattiva (PCR) e con alcune citochine come l’IL-1β, l’IL-8 o il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), marker dello stato infiammatorio. Valori elevati di questi marker biochimici, come anche del fibrinogeno plasmatico, si riscontravano in pazienti positivi per l’infezione da Hp1-3. Vari studi, tra cui quelli di Pellicano, hanno dimostrato che l’Hp può indurre attivazione e aggregazione piastrinica, stimolando anche la produzione di prodotti pro-aterogeni come l’omocisteina4. Inoltre, l’Hp agirebbe anche tramite una modifica del profilo lipidico, determinando un aumento del colesterolo LDL, una riduzione del colesterolo HDL e un aumento dei trigliceridi plasmatici1,2,5, con un conseguente effetto favorente la progressione della placca aterosclerotica. Sviluppi recenti hanno messo in risalto il ruolo degli anticorpi diretti contro proteine di fase acuta, capaci di contribuire all’induzione del processo aterosclerotico. Infatti, Birnie e collaboratori hanno rilevato come l’Hp determini modificazioni del sistema immunitario che comportano la formazione di anticorpi il cui bersaglio è la proteina di fase acuta Heat Shock Protein-65 (HSP65)6. Ancora più interessante è il fatto che l’Hp sarebbe in grado di stimolare la formazione e la progressione della placca non solo a distanza, ma anche all’interno della placca stessa, dato che alcuni studi, come quelli di Kowalski et al., hanno documentato la presenza del DNA di Hp nell’ambito della placca, suggerendo quindi anche un’ipotesi eziologica infettiva dell’aterosclerosi. Tali dati, però, sono stati fortemente contestati3. Come sarà discusso nel paragrafo degli studi a favore della relazione tra infezione da Hp e malattia aterosclerotica, sono stati valutati anche gli effetti sulla placca dei sottotipi più virulenti dell’Hp, cioè quelli esprimenti l’isola di patogenicità CagA (Cytotoxin-associated gene A), che influirebbero non solo sulla for- mazione7 ma anche sulla destabilizzazione e rottura della placca8. In particolare, il nostro gruppo ha dimostrato che anticorpi anti-CagA reagivano con il citoplasma e con i nuclei delle cellule endoteliali, così come dei miociti nella parete dei vasi aterosclerotici; e con il citoplasma delle cellule simili ai fibroblasti nelle placche aterosclerotiche7. I meccanismi chiamati in causa nella relazione tra Hp e aterosclerosi sono sintetizzati nella tabella 1. Tabella 1. Meccanismi proposti per lo sviluppo e la progressione dell’aterosclerosi Hp-relata. Rilascio sistemico di mediatori dell’infiammazione (citochine, PCR, fibrinogeno) Induzione dell’attivazione ed aggregazione piastrinica Stato di ipercoagulabilità ( fibrinogeno, frammenti della protrombina) Induzione del rilascio di prodotti pro-aterogeni (omocisteina) Modifica del profilo lipidico ( HDL, LDL, TG) Cross-reazione di anticorpi generati per mimetismo molecolare (anti-HSP65; anti-CagA) Effetto diretto (presenza del DNA nella placca) Studi a favore dell’associazione Diversi studi dal 1994 in poi hanno avvalorato l’ipotesi di un legame tra Hp e malattia aterosclerotica, in particolare coronarica. I principali studi a carattere siero-epidemiologico condotti per valutare tale associazione sono riassunti nella tabella 2. Va a Mendall ed ai suoi collaboratori il merito di aver condotto il primo di una serie di studi riguardanti il ruolo dell’infezione da Hp nell’ambito della malattia aterosclerotica coronarica9. Questo studio, a carattere prospettico, ha valutato la potenziale relazione tra Hp e sviluppo di cardiopatia ischemica in soggetti di sesso maschile e di età compresa tra 45 e 65 anni. Tabella 2. Principali evidenze epidemiologiche sulla relazione tra Hp ed aterosclerosi. Autore Anno Risultato Diagnosi di infezione Casi (Popolazione) Rischio per: OR [IC 95%] Mendall et al. 1994 A favore IgG anti-HP 111 CAD 2,08 [1,03 - 4,20] Wald et al. 1997 Contro IgG anti-HP 648 (21531) morte da IMA 1,06 [0,86 - 1,31] Danesh et al. 1999 A favore IgG anti-HP 1122 (28213) IMA non fatale 1,75 [1,29 - 2,36] Koenig et al. 1999 Contro IgG anti-HP IgG anti-CagA 312 CAD stabile 1,3 [0,9 - 1,9] HP+ 1,1 [0,7 - 1,7] CagA+ Stone et al. 2001 Contro IgG anti-HP IgG anti-CagA 172 (2512) Singh et al. 2002 A favore IgG anti-CagA 201 (6595) IMA non fatale 1,18 [0,76 - 1,85] HP+ morte ischemica 1,13 [0,61 - 2,07] CagA+ CHD 1,51 [1,06 - 2,16] Abbreviazioni. CAD: malattia aterosclerotica coronarica; IMA: infarto miocardico acuto; CHD: malattia cardiaca coronarica. F. Franceschi et al.: Infezione da Helicobacter pylori e aterosclerosi. Una revisione dei dati della letteratura I risultati ottenuti hanno mostrato una significativa associazione tra infezione da Hp e rischio di malattia ischemica coronarica (OR=2,08 [IC 95%, 1,03-4,20]), anche dopo aggiustamento per età, classe sociale, occupazione lavorativa paterna e fattori di rischio cardiovascolare tradizionali9. Successivamente, anche Danesh et al. hanno intrapreso uno studio caso-controllo in cui 1122 casi di infarto del miocardio non fatale, tra i 30 e i 49 anni d’età, sono stati confrontati con altrettanti controlli, dimostrando una significativa associazione tra presenza dell’infezione accertata sierologicamente e malattia aterosclerotica coronarica (OR=1,75 [IC 95%, 1,29-2,36]), anche dopo correzione statistica per le variabili di confondimento10. In alcuni studi successivi, come quello di Pieniazek2, si è posta l’attenzione anche all’effetto del batterio sui livelli plasmatici di alcuni marker infiammatori come la PCR, diverse citochine e il fibrinogeno, risultati incrementati nei pazienti positivi per Hp rispetto ai controlli. Niemela et al. hanno studiato la relazione tra Hp e profilo lipidico, riscontrando una tendenza alla riduzione dei livelli di lipoproteine HDL ed un aumento significativo dei livelli di trigliceridi nei soggetti infetti da Hp rispetto ai non infetti5. In alcuni studi si è poi puntualizzato il ruolo di alcuni ceppi più virulenti dell’Hp, cioè quelli CagA-positivi, predominanti nei soggetti con ulcera peptica, linfoma MALT e cancro gastrico. In particolare, i risultati dello studio prospettico di Singh et al. hanno mostrato una significativa associazione tra sieropositività per anticorpi anti-CagA e rischio di cardiopatia ischemica (OR=1,51 [IC 95%, 1,06-2,16]), dopo correzione statistica per ipertensione arteriosa, indice di massa corporea, colesterolo LDL e HDL, diabete, terapia ipolipemizzante e status socio-economico11. Un nostro recente studio ha avuto lo scopo di valutare se gli anticorpi anti-CagA potessero crossreagire con antigeni di arterie normali o affette da malattia aterosclerotica7. Sono state utilizzate 8 sezioni di cordone ombelicale, 14 sezioni di arterie aterosclerotiche e 10 sezioni del tratto gastrointestinale, studiate usando anticorpi anti-CagA policlonali. Gli anticorpi anti-CagA cross-reagivano con gli antigeni sia dei vasi normali sia di quelli con malattia aterosclerotica, suggerendo la presenza di una similitudine antigenica tra CagA e peptidi propri della parete vasale. È stato, inoltre, postulato che nelle arterie aterosclerotiche, il legame di questi anticorpi ai suddetti antigeni possa fungere da trigger per la riattivazione della flogosi di placca ed influenzare, quindi, la progressione dell’aterosclerosi7. Oltre agli anticorpi anti-CagA, un ulteriore meccanismo d’azione è la formazione di anticorpi anti-HSP65, già indicati come agenti coinvolti nella patogenesi della malattia aterosclerotica. Al riguardo, Birnie et al. hanno studiato il titolo degli anticorpi anti-HSP65 di 136 pazienti consecutivi ammessi ad eseguire esame coronarografico, riportando una correlazione tra il titolo anticorpale e la severità ed estensione della malattia corona- 93 rica6. Inoltre, hanno studiato 100 pazienti con confermata infezione da Hp trattati con terapia eradicante il germe o con placebo: i pazienti trattati con terapia eradicante mostravano un significativo decremento del titolo degli anti-HSP656. Negli ultimi due anni si sono moltiplicati gli studi che hanno analizzato l’associazione tra Hp e malattia ischemica, spesso con risultati controversi, come sarà anche discusso nel paragrafo degli studi a sfavore dell’associazione. Tra i recenti lavori a favore c’è quello di Yoshikawa e collaboratori, che hanno valutato il ruolo dell’infezione da Hp e dell’alterato metabolismo glicemico sulla modulazione della “stiffness” vasale, utilizzando la “velocità dell’onda di polso braccio-caviglia” (baPWV) come parametro di misurazione12, riportando che la sieropositività per Hp costituisce un fattore di rischio per l’incremento della baPWV, e che può accelerare gli effetti dell’alterato metabolismo glicemico sulla baPWV, specialmente nei soggetti giovani. Del tutto recentemente si sta acquisendo il ruolo di Hp nella patogenesi della cardiopatia, non solo con azioni dirette ma anche nel rapporto con i fattori di rischio cardiovascolare, come ad esempio il diabete. A tal proposito è interessante il lavoro di Hamed e collaboratori lavoro che ha valutato la prevalenza dell’infezione da Hp nei pazienti con diabete mellito, l’associazione tra l’infezione e le complicanze vascolari diabetiche e, infine, l’influenza dell’Hp sui biomarker infiammatori e sulla malattia aterosclerotica in questo tipo di pazienti13. La prevalenza dell’HP è risultata essere maggiore nei pazienti con diabete mellito rispetto ai controlli sani. Questo risultato, confermato anche in altri studi, è stato attribuito alla colonizzazione dell’Hp nel tratto gastrointestinale, dovuta alla ridotta clearance gastrica del batterio, a sua volta conseguenza della neuropatia autonomica diabetica che può colpire vari distretti, tra cui quello gastroenterico. I biomarker infiammatori, come interleuchina 6 (IL-6) e fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), erano significativamente associati all’infezione da Hp. In un’analisi multivariata, i livelli plasmatici di glucosio, trigliceridi, IL-6, TNF-α e la velocità di eritrosedimentazione incrementavano il rischio per lo sviluppo di ischemia cerebrovascolare su base aterotrombotica. Infatti, in questi pazienti con diabete mellito era aumentato il valore di “intima-media tickness” carotideo, che in diversi studi è stato riconosciuto come fattore predittivo dello sviluppo di malattia coronarica13. Infine, in un nostro recente studio, è stato preso in considerazione il ruolo dei ceppi più virulenti di Hp, cioè portanti il gene CagA, nel promuovere l’instabilità coronarica dei pazienti con angina instabile8. I risultati ottenuti sono mostrati nella figura 1 (a pagina seguente). 94 Recenti Progressi in Medicina, 100, 2, 2009 Figura 1. Titolo degli anticorpi anti-CagA nei differenti gruppi di pazienti. Legenda: AI: angina instabile; AS: angina stabile; ACN: arterie coronarie normali. I nostri dati mostrano che il titolo degli anticorpi anti-CagA era significativamente maggiore nei pazienti con angina instabile rispetto ai pazienti con angina stabile o ai controlli sani, e che gli anticorpi anti-CagA reagiscono con antigeni localizzati nelle placche dei pazienti con angina instabile e stabile indipendentemente dalla sieropositività per Hp. Ne consegue che un’intensa risposta immunitaria contro ceppi Hp CagA+ possa contribuire alla destabilizzazione e rottura della placca attraverso un meccanismo di mimetismo molecolare tra l’antigene CagA e una proteina presente nella placca. Inoltre, sempre nell’ambito del nostro studio, è stata sviluppata una metanalisi di 9 studi nei quali era stato valutato il ruolo di Hp nell’ambito delle sindromi coronariche acute. Dalla metanalisi è emersa una significativa associazione tra sieropositività per ceppi di Hp CagA+ e comparsa di eventi coronarici acuti (OR=1,34 [IC 95%, 1,15-1,58], p=0,0003)8. Studi a sfavore dell’associazione Contrariamente alle numerose evidenze a favore di un ruolo dell’infezione da HP nello sviluppo della malattia aterosclerotica, vi sono alcuni studi che non sono riusciti a dimostrare alcuna associazione significativa tra le due condizioni. Wald e collaboratori hanno condotto un largo studio prospettico caso-controllo su una popolazione di 21531 soggetti sottoposti a visita medica di routine. La presenza dell’infezione da Hp nei soggetti deceduti veniva accertata tramite ricerca nel siero degli anticorpi specifici per Hp. Ad un followup medio di 15,6 anni sono stati registrati 648 casi di morte dovuta ad infarto miocardico. Nessuna associazione è stata riscontrata tra rischio di morte per infarto miocardico e infezione da Hp (OR=1,06 [IC 95%, 0,86-1,31])14. Successivamente, anche Koenig ha valutato la presenza dell’infezione da Hp, tramite ricerca degli anticorpi nel siero di 312 soggetti con malattia ischemica cardiaca stabile e 479 controlli sani. Dopo correzione per le variabili (età, sesso, indice di massa corporea, titolo di studio, fumo, consumo di alcolici, ipertensione, diabete e colesterolo HDL), l’infezione da Hp non risultava associata ad un aumento del rischio di sviluppare malattia ischemica cardiaca (OR=1,3 [IC 95%, 0,9-1,9])15. Sebbene, come descritto nel paragrafo precedente, la presenza di un ceppo virulento CagA-positivo sia stato associato ad un maggior rischio di malattia cardiovascolare, vi sono alcuni studi che non sono riusciti a confermare questo risultato. Infatti, Koenig et al. hanno mostrato come la presenza di un ceppo di Hp CagA+ non determinasse un incremento del rischio di cardiopatia ischemica (OR=1,1 [IC 95%, 0,71,7])15, così come hanno riscontrato la mancanza di una risposta infiammatoria a livello sistemico sia nei pazienti CagA- che in quelli CagA+15. Risultati comparabili sono emersi dallo studio prospettico di Stone et al. su una popolazione di 2512 soggetti di sesso maschile. A distanza di 10 anni, è stata valutata la sieropositività per Hp e CagA su 172 pazienti colpiti da infarto miocardico non fatale o deceduti per malattia ischemica cardiaca. Non è stata osservata alcuna associazione tra la presenza di anticorpi anti-CagA ed il rischio di infarto non fatale o di morte ischemica (OR=1,18 [IC 95%, 0,76-1,85] e OR=1,13 [IC 95%, 0,61-2,07], rispettivamente)16. Come descritto nei paragrafi precedenti, sembra che l’infezione da Hp possa agire in maniera indiretta, modificando i livelli plasmatici di alcuni marker biochimici che possono avere un ruolo nello sviluppo della malattia cardiovascolare. Tuttavia, anche in questo caso le evidenze sono contrastanti. Ad esempio, Koenig e collaboratori hanno riportato la mancanza di associazione tra l’infezione da HP e i livelli di proteine di fase acuta come fibrinogeno e PCR15. Similmente, in uno studio caso-controllo, Singh et al., pur riscontrando un’associazione tra infezione da Hp CagA+ e rischio di eventi coronarici avversi, non hanno rilevato modificazioni significative dei livelli basali di PCR, di fibrinogeno e della conta leucocitaria, né nei casi né nei controlli Hp-positivi11. Anche per quanto riguarda la possibile presenza del germe all’interno della placca aterosclerotica, ci sono dati contrastanti. Infatti, risultati negativi sono emersi in uno studio su pazienti giapponesi, in cui è stata valutata la presenza del DNA di diversi microrganismi, compreso Hp, in 50 placche aterosclerotiche carotidee ottenute dopo endoarterectomia. In aggiunta, è stata ricercata la sieropositività per ogni patogeno. Né la presenza del DNA patogeno né quella di anticorpi anti-Hp è risultata correlata alla malattia carotidea17. F. Franceschi et al.: Infezione da Helicobacter pylori e aterosclerosi. Una revisione dei dati della letteratura Tra gli studi degli ultimi mesi c’è quello di tipo prospettico a 5 anni di Rizzo et al., condotto su 150 pazienti con aterosclerosi carotidea subclinica. In tali pazienti, prendendo in considerazione tutti i fattori di rischio cardiovascolari tradizionali, gli indici infiammatori e la sieropositività a diversi microrganismi, tra cui Hp, solamente elevati livelli di PCR mostravano avere un ruolo predittivo d’insorgenza di eventi cardio- e cerebrovascolari18. Risultati degli studi di eradicazione Partendo dall’assunto che la presenza dell’infezione da Hp possa influire sullo sviluppo della malattia aterosclerotica, alcuni studi si sono posti l’obiettivo di valutare i potenziali effetti della terapia di eradicazione nell’ambito della malattia aterosclerotica. Anche in questo caso i risultati ottenuti da studi diversi sono stati discordanti. In pazienti con malattia aterosclerotica coronarica, Kowalski et al. hanno riportato una significativa attenuazione della riduzione del lume coronarico dopo intervento di angioplastica coronarica percutanea, suggerendo, come spiegazione, una riduzione dell’effetto di alcune citochine pro-infiammatorie come IL-8, IL-1β e TNF-α3. In aggiunta, Majka et al. hanno mostrato una riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo totale, colesterolo LDL, fibrinogeno e IL-8 in pazienti, con pregresso icuts ischemico, sottoposti a terapia di eradicazione del batterio1. D’altra parte, alcuni studi non hanno confermato gli effetti positivi derivanti dalla terapia di eradicazione. Ad esempio, in uno studio su 325 pazienti ospedalizzati per sindrome coronarica acuta (SCA), una settimana di trattamento antibiotico riduceva il rischio di morte cardiaca o di ri-ospedalizzazione per SCA a 12 settimane e ad 1 anno (RR=0,602 [IC 95%, 0,37-0,99]) e 0,614 [IC 95%, 0,41-0,93], rispettivamente), ma ciò era indipendente dalla sieropositività per Hp o Chlamidia pneumoniae19. Schweeger et al., invece, non hanno riscontrato nessun effetto della terapia di eradicazione dell’Hp sui livelli di fibrinogeno e di proteine della fase acuta, definendo improbabile un’influenza di Hp sul processo aterosclerotico attraverso una modifica dei marker acuti di infiammazione20. Conclusioni Evidenze emergenti avvalorano l’ipotesi di un ruolo di Hp nella patogenesi della malattia aterosclerotica e anche nella successiva fase di destabilizzazione della placca. Infatti, durante la cascata aterosclerotica si crea, come descritto precedentemente, uno stato infiammatorio caratterizzato da un incremento plasmatico di marker come la PCR, interleuchine e proteine di fase acuta. La presenza di Hp, soprattutto 95 dei suoi ceppi più virulenti CagA-positivi, è stata correlata da alcuni studi siero-epidemiologici all’incremento di questi prodotti dell’infiammazione pro-aterogeni. La determinazione stessa del DNA del’Hp tramite metodiche molecolari nell’ambito della placca aterosclerotica e l’associazione della positività per CagA in un sottogruppo di pazienti con caratteristiche di instabilità della malattia coronarica rappresentano importanti sviluppi per la comprensione del legame tra Hp e malattia aterosclerotica coronarica. D’altro canto, anche la stessa attività pro-ossidante, e in particolare l’ossidazione delle LDL, sarebbe un ulteriore elemento a favore dell’associazione con la malattia aterosclerotica. Tuttavia esistono, come discusso in precedenza, anche evidenze scientifiche che, al contrario, non confermano questa relazione. I punti chiave 1. Conseguenza della non uniformità di evidenze circa l’esistenza di un ruolo dell’HP nella patologia cardiovascolare è che la questione rimane ancora controversa. 2. Futuri sviluppi potranno essere raggiunti con l’esecuzione di trial clinici randomizzati che possano contare sull’arruolamento di un maggior numero di pazienti, e quindi dotati di significativa potenza statistica, nonché di rassegne sistematiche e indagini metanalitiche. Sarà così possibile eliminare i bias di selezione, probabili responsabili della non uniformità di risultato osservata tra i diversi studi condotti fino ad oggi. 3. Questo tipo di studi potrà chiarire ulteriormente i meccanismi patogenetici dell’Hp di per sé, ma anche il suo rapporto con l’organismo ospite, relativamente, ad esempio, all’interazione tra patogeno e fattori di rischio come diabete o ipercolesterolemia. Nonostante ad oggi non sia possibile affermare con certezza l’esistenza di un ruolo dell’Hp nella patologia cardiovascolare, siamo comunque di fronte ad una serie di evidenze favorevoli. Da queste potranno partire nel futuro prossimo nuovi studi, con l’obiettivo di verificare se i ceppi CagA-positivi di Hp possano essere considerati come veri e propri fattori di rischio cardiovascolare alla pari degli altri più tradizionali. Ciò potrebbe aprire scenari importanti in termine di prevenzione dell’aterosclerosi, essendo tali ceppi di Hp suscettibili di terapie antibiotiche. 96 Recenti Progressi in Medicina, 100, 2, 2009 Bibliografia 1. Majka J, Rog T, Konturek PC, Konturek SJ, Bielanski W, Kowalsky M, et al. 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