Obiettivo Europa Objective Europe LA VIA FRANCIGENA DA BESANÇON A IVREA Un affascinante percorso attraverso Francia, Svizzera e Italia THE VIA FRANCIGENA FROM BESANÇON TO IVREA A fascinating route through France, Switzerland and Italy a cura di Joseph Roduit Castello di Chillon Castello di Chillon (Foto - Phoro: Finck© ViaStoria) La Via Francigena nel Dipartimento del Doubs a regione del Doubs è caratterizzata da un altopiano a tre livelli, con altezze che salgono progressivamentevia via che ci si avvicina alla frontiera con la Svizzera, in direzione est. Questo altopiano costituisce una porzione del Massiccio del Giura. Besançon si trova nella valle del Doubs, in una posizione splendida. Infatti la città è sorta su di un’ansa naturale creata dal fiume attorno ad un gigantesco masso roccioso alla cui sommità si erge la Cittadella di Vauban, opera del geniale ingegnere militare che operò al tempo Via Francigena 40 del re Luigi XIV. La città di Besançon ha una lunga storia ed un passato prestigioso. Ricca di magnifici monumenti e roccaforti, molto apprezzata anche da Victor Hugo, ha avuto il riconoscimento di patrimonio mondiale dell’Unesco. Quando cala la notte, è davvero spettacolare la vista della Cittadella illuminata, i cui bastioni, sotto la luce di speciali riflettori, sembrano magicamente sospesi nel cielo scuro. Non è facilissimo uscire da Besançon per il moderno pellegrino. La Via Francigena gira attorno alla Cittadella attraverso il sentiero stretto e ripido detto “La Creuse”, che si avvale anche di una scalinata per riuscire a raggiungere la Chapelle des Buis e il monumento alla Liberazione, inaugurato l’8 settembre 1949. La segnaletica relativa alla Via Francigena è stata migliorata in direzione del paese di La Veze e fino a Foucherans. A quel punto il pellegrino deve decidere fra due percorsi possibili: - il percorso turistico, che corre lungo la valle della Loue e passa a Ornans, il paese del grande pittore Courbet, seguendo il sentiero denominato GR 595, assai pittorescoo ma più ripido e scosceso; oppure - il percorso storico, lungo il quale transitò Sigerico, che è meno pericoloso poiché si snoda in mezzo ai boschi sull’altopiano. I due percorsi si ricollegano all’altezza di La Vrine, da dove la strada prosegue per Pontarlier, capoluogo dell’Alto Doubs. Pontarlier è una bella cittadina situata in posizione strategica a 837 m. d’altezza, che vanta testimonianze storiche ed archeologiche di notevole valore. Dopo aver attraversato Pontarlier, la Via Francigena sale fino all’altezza del Fort Malher, da cui si gode una splendida veduta del Castello di Joux. Dal Fort Mahler si scende verso il comune di Frambourg, da cui si attacca la dura salita per arrivare al punto più alto della Via Francigena nella regione del Doubs, cioè La Roche Sarrazine, prima di raggiungere il celebre belvedere sulla sommità rocciosa, a 1175 metri d’altezza. stanza fra i solchi era calcolata in modo che fosse percorribile soltanto per i carri della zona, per evitare così ogni forma di concorrenza! Questi percorsi furono utilizzati dal XIV al XVIII secolo, garantendone la piena efficienza con continue opere di manutenzione e rifacimento. Più di trenta coppie di solchi sono stati scavati, in epoche successive, nel terreno calcareo del colle di Vuitebœuf. Passando per Montagny non dimenticate di dare un’occhiata al luogo, ancora chiamato “ campo della croce ”, in cui un tempo sorgeva la forca. All’ estremità meridionale del Lago di Neuchâtel vi accoglie Yverdon-les-Bains, invitandovi ad una piacevole sosta ristoratrice nel suo rinomato centro termale. La città fu fondata da Pietro II Savoia nel 1222. Nel corso di una breve visita si può scoprire il castello dove visse il grande pedagogo Johann Heinrich Pestalozzi dal 1805 al 1825 e si possono ammirare splendide abitazioni risalenti al XV e al XVI secolo. Besançon, interno della cattedrale di Saint Jean Besançon, interno della cattedrale di Saint Jean Tappa La Grand’Borne - Yverdon-les-Bains Si inizia quindi la discesa verso il paese di Les Fourgs, che deve la sua notorietà al suo formaggio di pasta molle Vacherin e alle piste di sci da fondo. La strada è ormai aperta in direzione di Ste-Croix, verso la Svizzera. Da un testo di Pierre Blondeau, promotore e responsabile della Via Francigena nella Franche-Comté (1999-2009). La Via Francigena nel Cantone Vaud La Via Francigena, letteralmente la “ Via dei Francesi ”, è una rete di strade e sentieri percorsa dai pellegrini provenienti dal Nord Europa. Si estende da Canterbury a Roma, per una lunghezza di circa 1.700 km, seguendo il percorso che Sigerico, da poco insignito della carica di Arcivescovo, compì nell’anno 990. Zaino in spalla e bastone in mano mettiamoci sulle orme del pellegrino, guidati dalla sua immagine, lungo l’itinerario 70, debitamente munito di segnaletica nel Cantone Vaud. Dal carillon all’aroma di caffè Dopo aver attraversato la frontiera a La Grand’Borne, venendo dalla Francia, la prima tappa nella Regione di Vaud si snoda in un paesaggio ricco di pascoli circondati da muretti in pietra e da folte abetaie. L’Auberson e Sainte-Croix sono due paesi conosciuti in tutto il mondo per le loro fabbriche di carillon, di strumenti musicali meccanici e di automi. Ci sono tre musei dedicati a quest’ arte: il museo Baud a L’Auberson, il museo CIMA e il museo delle Arti e Scienze a Sainte-Croix. La discesa verso Vuitebœuf avviene lungo un percorso storico, testimone del passaggio di numerosi carri carichi di sale proveniente dalla Franche-Comptée, che raggiungevano Yverdon, dove la merce veniva caricata sui battelli per raggiungere Morat e poi Berna, e veniva spedita a sud, passando per Losanna e il Lago Lemano. Per poter effettuare la discesa in sicurezza e tranquillità, le ruote dei carri venivano fatte scorrere lungo dei solchi scavati nel suolo. Morale della storia: la di- Lasciamo Yverdon e, attraversando coltivi di ortaggi, saliamo verso Chamblon, da dove lo sguardo si perde sulla vasta pianura dell’Orbe e le montagne in lontananza. A Mathod non si può perdere una visita alla fattoria Saint Christophe, che contiene anche una chiesa. L’itinerario ci conduce quindi al borgo di Orbe (citato come tappa da Sigerico: LV Urba) passando per la località di Boscéaz, dove sono stati riportati alla luce dei magnifici mosaici risalenti al periodo cha va dal 150 al 230 d.C. Tali mosaici ornavano i pavimenti di otto delle stanze fra le centinaia di manufatti appartenenti ad una grande e lussuosa “ villa ” gallo-romana. Dominata dal Massiccio del Suchet, Orbe vanta numerose case e ville patrizie e nobiliari risalenti ai secoli che vanno dal XVI al XIX. Del castello costruito nel XIII secolo non rimangono che il mastio circolare ed una torre a base quadrata. Fra le antiche pietre che un tempo ricoprivano lo spiazzo, provate a scoprire una pianta di “bocca di leone” (Antirrhinum asarina), unica in Svizzera, messa a dimora dal botanico Boissier de Valeyres-sousRances. Non dimenticate di visitare Rue du Molinet, con le sue dimore storiche recentemente restaurate, rinnovate e ravvivate da colori brillanti. In fondo a questa via si trova il vecchio ponte in pietra che collega le due rive del fiume Orbe fin dal 1424. Un tempo c’erano ben sei chiese ad Orbe; oggi ne rimangono solo tre. Dopo un incendio che distrusse gran parte della cittadina nel XV secolo, fu costruita la Chiesa di NotreDame in stile tardo-gotico fiammeggiante. Le sedimentazioni molassiche, i terreni calcarei e argillosi ed un clima piuttosto secco contribuiscono ad arricchire la diversità dei terroir delle “Côtes de l’Orbe ”, particolarmente adatti ai coltivi di vitigni di uve rosse. E’ da Orbe 41 Vuitebœuf (Foto - Phoro: Finck© ViaStoria) Via Francigena Tappa La Grand’Borne Yverdon-les-Bains Lunghezza 25 km, tempo di percorrenza 6 h 10 Ufficio Turistico e del termalismo, Av. de la Gare 2, 1400 Yverdonles-Bains, tel. +41 (0)24 423 61 01, [email protected], www.yverdonlesbains-tourisme.ch so del fiume Venoge, sia costeggiando la riva, che serpeggiando a strapiombo sulla profonda valletta erosa nel sedimento molassico, fino a raggiungere la riva del Lago Lemano, che non verrà in pratica più abbandonata fino a Villeneuve. La chiesa romanica di St-Sulpice è vecchia di mille anni. Essa fu edificata dai monaci benedettini, cadde poi in rovina e fu restituita al suo originale aspetto di monumento romanico soltanto alla fine del XIX secolo. Vidy è la località in cui si trovano le rovine romane dell’antica Lousonna, città portuale strategica gallo-romana, collocata lungo la strada che porta al lago; ciò le assicurò una notevole prosperità in virtù del transito delle merci fra i bacini dei fiumi Reno e Rodano. Nel IV secolo fu abbandonato l’antico insediamento e venne costruita Losanna intorno alla collina della cattedrale. La chiesa di Saint Sulpice La chiesa di Saint Sulpice (Foto - Phoro: Finck© ViaStoria) Tappa Yverdon-les-Bains Orbe Lunghezza 20 km, tempo di percorrenza 5 h 00 Ufficio Turistico d’Orbe e dintorni, Rue de la Poste 2, 1350 Orbe, tel./fax +41 (0)24 441 52 66, [email protected], www.orbe.ch/tourisme Tappa Orbe - Cossonay-Ville Lunghezza 26 km, tempo di percorrenza 6 h 55 Morges Région Tourisme, Rue du Château 2, CP 55, 1110 Morges, tel. +41 (0)21 801 32 33, fax +41 (0)21 801 31 30, [email protected], www.morges.ch Tappa Cossonay-Ville Lausanne-Ouchy Lunghezza 26 km, tempo di percorrenza 6 h 00 Lausanne Tourisme, Av. de Rhodanie 2, CP 49, 1000 Lausanne, tel. +41 (0)21 613 73 73, fax +41 (0)21 616 86 47, [email protected], www.lausannetourisme.ch Tappa Lausanne-Ouchy Vevey Lunghezza 21 km, tempo di percorrenza 5 h 15 Montreux-Vevey Tourisme, Rue du Théâtre 5, CP 251, 1820 Montreux, tel. +41 (0)0848 86 84 84, fax +41 (0)21 962 84 78, [email protected], www.montreux-vevey.com Tappa Vevey - Aigle Lunghezza 27 km, tempo di percorrenza 6 h 10 Ufficio Turistico d’Aigle, Rue Colomb 5, CP 100, 1860 Aigle, tel. +41 (0)24 466 30 00, fax +41 (0)24 466 30 03, [email protected], www.alp3000.ch Tappa Aigle - Massongex Lunghezza 14 km, tempo di percorrenza 4 h 05 Tappa Cossonay-Ville - Lausanne-Ouchy che il caffè solubile liofilizzato è partito alla conquista del mondo nel 1938 ed è lì che vengono anche prodotte le calebri cialde Nespresso. Tappa Yverdon-les-Bains - Orbe Dal “ Centro del Mondo ” al Lago Lemano Seguendo un tracciato molto vario, la Via Francigena raggiunge Romainmôtier, paese di origine medievale noto per la splendida abbazia cluniacense costruita a cavallo fra il X e l’XI secolo. Edificata sulle rovine di un convento risalente al V e al VII secolo, l’abbazia costituisce ancor oggi uno straordinario luogo di pace immerso nel verde. Una visita all’interno è davvero imperdibile: le colonne gotiche, gli affreschi e le pitture murarie del XIV secolo e gli splendidi scanni del coro datati 1400, sono di straordinaria fattura e creano una atmosfera di serenità ristoratrice. L’itinerario prosegue passando vicino a Pompaples, in cui si trova il luogo conosciuto come “ Milieu du Monde ” (Centro del Mondo): le acque del fiume Nozon furono in parte deviate, così che scorrono sia verso il Mediterraneo (affluendo nel fiume Venoge e nel Lago Lemano), sia verso il Mare del Nord (immettendosi nell’Orbe). Da La Sarraz, che vanta un bel castello ed il Museo del Cavallo, il percorso prosegue in direzione Eclépens, rallegrata dalle aiuole di giunchiglie che fioriscono in primavera, segue il corso del fiume Venoge passando per Lussery, che vanta un bel mulino, per raggiungere Cossonay-Ville alla sommità di una collina boscosa. L’impianto urbano della cittadina è di chiara origine medievale e pregevoli edifici ben conservati e risalenti al periodo fra il XVII e il XIX secolo, fanno ancora bella mostra di sè. Tappa Orbe - Cossonay-Ville Da Cossonay-Ville à St-Sulpice l’itinerario segue il cor- Via Francigena 42 Dai declivi del Lavaux alla Riviera del Lago Lemano Capoluogo del Cantone di Vaud, sede del Comitato Internazionale Olimpico e città universitaria, Losanna gode di una posizione davvero privilegiata. Costruita su tre colline e circondata da ampi vigneti, la città ha il Lago Lemano ai suoi piedi e le Alpi della Savoia sullo sfondo. Fra le tante opportunità che Losanna offre al visitatore, sono assolutamente da non perdere una visita alla maestosa cattedrale gotica – ove una guardia, in servizio permanente, annuncia con un grido, dall’alto del campanile, lo scoccare delle ore a partire dalle 22 e fino alle 2 del mattino – , l’antica città medievale e i numerosi musei, fra i quali la Collezione di Art Brut, la Fondazione dell’Hermitage, il Museo dell’Eliseo e il Museo Olimpico. Non ci si dimentichi di prendere le nuovissima metropolitana, linea M2, per scendere a Ouchy, l’affascinante quartiere del porto, e approfittare delle terrazze di bar e caffè per una pausa rilassante prima di riprendere il cammino verso il Lavaux. Recentemente riconosciuta ufficialmente come patrimonio culturale mondiale dell’UNESCO, questa regione offre un paesaggio davvero straordinario fra poggi soleggiati, graziosi villaggi pittoreschi, le acque scintillanti del lago e impervie catene montuose. Si deve ai monaci, a cominciare già dal XII secolo, la costruzione dei muretti di sostegno per creare delle terrazze lungo questi pendii scoscesi dove vennero impiantati i primi vigneti. Tutte le cantine che costellano il percorso offrono altrettante occasioni di gustare i migliori vini pregiati della zona (Epesses, Calamin, Dézaley, Saint-Saphorin...) di cui ogni produttore saprà simpaticamente decantare le virtù. E nelle tipiche “Pinte” vodesi vi verranno serviti prodotti locali preparati con cura ed amorevolezza: papet vaudois (una specie di minestra di pere e patate), salsiccia ai cavoli, fonduta... Si lasciano poi i vigneti per tuffarsi verso Vevey, nota come Viviscus in epoca gallo-romana: splendida tappa (“perla della Riviera Svizzera”) lungo il percorso e porto di transito fra Martigny e Avenches o Losanna. Attualmente Vevey è ricordata soprattutto per essere stata il luogo di residenza del grande Charlie Chaplin negli ultimi 25 anni della sua vita, per essere il luogo in cui si svolge la popolare Festa dei Vignaioli (la prossima sarà nel 2019) e perché ospita la sede principale della Nestlè, il grande gruppo alimentare di fama mondiale. Il castello d’Aigle Il castello d’Aigle (Foto - Phoro: Finck© ViaStoria) 43 Via Francigena Tappa Lausanne-Ouchy - Vevey Tappa Vevey - Aigle La Via Francigena prosegue lungo la Riviera Vodese, il cui clima particolarmente mite e la vista magnifica delle Alpi della Savoia, del Vaud e del Vallese, hanno attirato parecchi personaggi famosi. Montreux ospita ogni anno lo svolgimento del noto Montreux Jazz Festival. Lungo tutto il percorso della passeggiata che costeggia il lago, si susseguono splendidi edifici risalenti agli anni d’oro della Belle Epoque, eleganti alberghi e ristoranti, oltre al casinò. Sempre ornata di fiori, la statua di Freddy Mercury canta rivolta verso il lago. Poco più lontano, merita una visita il Castello di Chillon, edificato su di un isolotto roccioso dai Conti di Savoia nel XII secolo. Da vedere è la prigione in cui Bonivard fu incarcerato per quattro anni. Questo personaggio è stato immortalato da Byron nel suo celebre poema “ The Prisoner of Chaillon ”, datato 1816. A Villeneuve il percorso della Via Francigena abbandona la riva del lago e si dirige verso il versante destro della Valle del Rodano, attraversa i borghi di Roche, Versvey e Yvorne e giunge al termine di questa tappa in località Aigle, preannunciata dalla vista del suo castello. Parzialmente distrutto dalle fiamme, il castello fu ricostruito fra il 1482 e il 1485 ed attualmente ospita il Museo della Vite, del Vino e dell’Etichetta. Il quartiere di Bourg, con i suoi pittoreschi vialetti stretti, le case attaccate l’una all’altra e spesso collegate da arcate, è un luogo che merita senz’altro una visita. Dalla Provenza al Rodano La Via Francigena abbandona quindi Aigle, passando accanto al suo castello, e si snoda lungo il magnifico sentiero di Provenza. A fianco della collina, fra sentori di pino e canti di grilli, l’itinerario si immerge fra le vigne di Chablais, passa da Ollon e Antagnes, costeggia il torrente Gryonne, si avvicina al corso del Rodano e corre lungo la riva fino a Massongex, un tempo luogo obbligato di passaggio. Presso la chiesa è visibile un mosaico di epoca romana che ritrae dei pugili. Tale mosaico un tempo ornava le terme della città, nota allora con il nome di Tarnaiae. Da Massongex il testimone passa al Vallese! Tappa Aigle - Massongex L’abbazia di Saint-Maurice The Abbey of SaintMaurice Via Francigena 44 Association vaudoise de tourisme pédestre Saint Maurice - Martigny - Gran San Bernardo: La traversata del Vallese Entriamo nel Cantone Vallese oltrepassando, per mezzo di una elegante passerella, il fiume Rodano e arriviamo dunque a Massongex, antica capitale dei Nantuati, una delle quattro tribù celtiche della regione. Dopo quasi un’ora di cammino si supera una soglia gla- ciale nei pressi del castello, dietro al quale si scopre SaintMaurice, con l a sua Abbazia, il Tesoro e tutti i suoi angoli pittoreschi. Si attraversa poi il Bois-Noir prima di raggiungere Evionnaz e quindi La Balmaz. Poco dopo Miéville ci si imbatte nella celebre cascata di Pissevache, un sito di notevole bellezza naturale decantato da molti scrittori romantici. Goethe scrisse di avervi visto un bellissimo arcobaleno. Seguendo l’antico cammino reale si giunge all’ingresso dell’orrido del Trient, un altro luogo divenuto popolare, meta di numerosi visitatori da quando si è sviluppato il turismo anche in questa zona delle Alpi. Si arriva quindi a Martigny, dopo aver camminato ai piedi del quattrocentesco Castello della Batiaz. E’ giunto il momento di una pausa ristoratrice con una buona bottiglia di Fendant (vino bianco ottenuto dal vitigno Chasselas), seduti davanti ad uno dei numerosi bistrot della Piazza Centrale o della Place du Bourg, prima di dedicare magari un po’ di tempo alla visita di una mostra alla Fondation Gianadda o al Museo dei cani San Bernardo, entrambi situati nei pressi dell’anfiteatro romano. Oltrepassata la stazione di Martigny-Croix, si segue un sentiero, creato ex-novo con passaggi un po’ arditi, che gira attorno al Mont-Chemin e ci conduce nel vigneto di Bovernier, ben conosciuto nei paraggi per il suo eccellente Gamay, il vitigno che dà vita e fragranza al famoso Beaujolais Nouveau. Il nostro viaggio continua lungo la riva sinistra del fiume Dranse; si oltrepassa la soglia glaciale dei Trappisti e, superato il megalite noto come Pierre à Gargantua, la valle si allarga e si apre su Sembrancher. Il paese ha conservato il suo antico aspetto, con le belle fontane e le strade lastricate. Non appena si lascia questo tranquillo borgo, la strada comincia a salire, per congiungersi alla cosiddetta “strada di Napoleone”, vale a dire l’antica carrozzabile in uso fino al 1831, che ci conduce a Orsières, punto di partenza per la Val Ferret e Champex, dove transita il celebre Tour du Mont Blanc. Da Orsières si prosegue lungo la sponda sinistra della Dranse fino al paese di Dranse, dove si abbandona il fiume per salire fino a Liddes, pittoresco paese che ha avuto il suo sviluppo lungo la via del Gran San Bernardo. Uscendo dal paese, l’itinerario attraversa il principale asse viario per seguire l’antico sentiero carrozzabile, che conserva ancora intatte le sue caratteristiche subito dopo la frazione di Palasuit. Dopo aver oltrepassato il passaggio di protezione valanghe e la cappella di Notre-Dame di Lorette, si entra a Bourg-Saint-Pierre, anche questo un paese affacciato sulla strada, in cui fu costruito il primo ospizio del Mont Joux, l’antico nome del Gran San Bernardo. Quando si esce da Bourg-Saint-Pierre, passando sul ponte Saint-Charles, ci si ricollega al percorso ottocentesco e lo si segue fino alla diga di Toules; poi si costeggia il lago fino all’ingresso della galleria inaugurata nel 1964. Si raggiunge quindi l’alpeggio di Pierre e, passando per l’Hospitalet, primo camino d’aerazione della galleria, si trova un fabbricato che può servire da ricovero per il pellegrino. Un altro fabbricato si trova a Tronchet, vicino al dodicesimo camino di aerazione, e lì si scopre il Plan de Barasson, un luogo di notevole interesse per i gradini scavati nella roccia e le vestigia romane. Infine si arriva a La Combe des Morts, da cui si accede al Colle del Gran San Bernardo e al suo famoso ospizio, a 2469 metri di altitudine, il punto più alto di tutta la Via Francigena. Il Colle del Gran San Bernardo in veduta invernale ed estiva Il Colle del Gran San Bernardo in veduta invernale ed estiva Association vaudoise de tourisme pédestre, Pl. Grand-St-Jean 2, 1003 Lausanne, tel. +41(0)21 323 10 84, fax +41(0) 323 11 92, Willy Fellay Association Valaisanne de la Randonnée Saint-Maurice, al cuore della Via Francigena nel Vallese Se si pensa alla Via Francigena in termini geografici, il Colle del Gran San Bernardo, con i suoi 2479 metri di altiudine, è il punto più alto di tutto il percorso. Da un lato c’è la Svizzera, con le città di Saint-Maurice a di 45 Il castello di Quart Il castello di Quart Via Francigena Martigny-en-Valais, sull’altro versante c’è l’Italia, con la Valle d’Aosta e la città di Aosta, il suo capoluogo. Se si pensa alla Francigena in termini di storia, SaintMaurice (l’antica Agauno), luogo di martirio della Legione Tebana nell’anno 280 dell’era cristiana, è indubbiamente una tappa importantissima a metà percorso. Come già deve aver fatto Sigerico nel decimo secolo, anche il pellegrino moderno vi scopre le origini della diffusione del Cristianesimo a nord delle Alpi. Nella stretta valle di Agauno l’imperatore vuole gente affidabile e sicura; ma ecco che già nel terzo secolo si trovano in questi luoghi dei cristiani che rifiutano di venerarlo come una divinità, mettendo così a rischio la famosa Pax romana. Massimiano decreta la loro persecuzione, ma Maurizio, comandante della Legione Tebana reclutata in Egitto, rifiuta di obbedire, prefendo morire sotto la spada dell’Imperatore piuttosto che perseguitare i cristiani. Parecchie centinaia di soldati cadono così come martiri in un luogo che attualmente si chiama Verolliez (il “vero luogo” - vrai lieu - del martirio), dove è stata eretta una cappella commemorativa. Un secolo dopo, intorno al 380, il vescovo San Teodoro (o Teodulo), primo vescovo del Vallese, raccoglie le spoglie dei martiri in una cappella funeraria ai piedi della roccia. In seguito, la piccola cittadella di guarnigione di Agauno comincerà ad essere identificata con il nome di San Maurizio (Saint-Maurice). Dopo la caduta dell’Impero Romano, furono i Burgundi ad occupare quei luoghi e a diffondere il cristianesimo. Uno dei loro sovrani, San Sigismondo, si convertì alla religione cattolica e, per celebrare la sua conversione, fondò l’Abbazia di SaintMaurice il 22 settembre dell’anno 515. Da allora questo monastero non ha mai più chiuso le sue porte, cosicché nel 2015 celebreremo i suoi 1500 anni di vita. In Occidente è il monastero più antico che è riuscito a sopravvivere per tanto tempo senza interruzione. All’inizio fu gestito dai monaci poi, a cominciare dal nono secolo, da canonici e infine, nel dodicesimo secolo, vi venne adottata la Regola di Sant’Agostino. Ancora oggi sono i Canonici Regolari di Sant’Agostino che tengono in vita l’Abbazia, gestiscono il suo collegio e le sue parrocchie. Fin dai suoi esordi infatti, l’Abbazia ha avuto una scuola monastica, divenuta attualmente un Lycée molto apprezzato, dove studiano circa 1200 allievi. Nell’XI secolo, San Bernardo, arcidiacono di Aosta, fondò l’Ospizio del Gran San Bernardo per accogliere i pellegrini. Grazie a lui, sono proprio i Canonici Regolari di Sant’Agostino che gestiscono l’Ospizio e assicurano il ministero pastorale sui due versanti del Colle. Il cammino del pellegrino è un cammino dello spirito Il pellegrino che passa a Saint-Maurice si trova di fronte ad una basilica con un campanile romanico che risale all’undicesimo secolo, ma nel sito archeologico del Martolet può anche leggere nella pietra i segni di chiese molto anteriori nel tempo, risalenti addirittura al quarto secolo. Altre testimonianze della longevità del monastero sono visibili visitando il Tesoro dell’Abbazia, in cui si trova una straordinaria raccolta di oggetti d’arte sacra di epoche antiche: di età merovingia, carolingia, romana, gotica e barocca, oltre che di arte contemporanea. Ci sono soprattutto i grandi reliquiari che contengono le ossa di Saint Maurice e dei suoi compagni martiri. Questi reliquiari sono oggetto di grande venerazione ed ogni anno, il giorno 22 settembre, vengono portati in solenne processione lungo le vie della città. La cerimonia si ripete fin dall’epoca medievale. Luogo di passaggio delle truppe Romane nei primi secoli della nostra era, la gola di Saint- Maurice permette l’ingresso nel Valais per chi proviene da Losanna. Anche se la ferrovia prima, e l’autostrada poi, permettono a migliaia di persone di transitarvi ogni giorno, sono poche quelle che si fermano. Ma grazie alla Via Francigena , Saint-Maurice vede lo sviluppo di un turismo dolce di pellegrini, che arrivano qui in silenzio, meditando in cuor loro sui valori fondamentali che danno senso alla vita e che suggeriscono la necessità di vivere in modo più sereno in un mondo troppo frenetico ed assillato per lasciarci il tempo di riflettere sulla nostra vita spirituale. Ciò che la geografia ha scolpito nella natura sul fondo della valle del Rodano, la Via Francigena può scolpirlo nel cuore di ciascuno di noi. Uno stretto passaggio in cui, fra carne e spirito, il pellegrino ritrova la propria anima. Se i piedi lo spingono lungo un cammino talvolta aspro, se i turbamenti interiori lo spingono a rivedere i propri comportamenti nei confronti del prossimo, allora è come se lo spirito imprimesse in lui parole che hanno dimostrato la propria efficacia. Infatti i versetti dei salmi cantati dal re Davide trenta secoli fa, vengono ripetuti dai canonici di Saint-Maurice da oltre quindici secoli. Essi proclamano: “Beati gli uomini che trovano in Te la loro forza, Signore, e decidono in cuor loro pellegrinaggi santi” (Salmo 83). Joseph Roduit Abbé de Saint-Maurice d’Agaune Colle del Gran San Bernardo - Aosta Pont-Saint-Martin - Ivrea Pont-Saint-Martin Via Francigena 46 Il passaggio del Gran San Bernardo ha significato, per i pellegrini del medioevo, un considerevole ostacolo; erano costretti a confrontarsi con gli elementi della natura: l’altitudine, il freddo, la neve, la tormenta…la solitudine. Il fiume Dora Baltea scorre sinuoso ai piedi del castello di Bard Il fiume Dora Baltea scorre sinuoso ai piedi del castello di Bard 47 Via Francigena Ancora oggi il passaggio del colle rappresenta una delle tappe più impegnative, ma anche più suggestive ed emozionanti del percorso, anche se i viaggiatori hanno potuto beneficiare, ieri come oggi, a 2500 metri di quota, dell’ospitalità dei monaci dell’ omonimo Ospizio. Fondato dall’arcidiacono Bernardo di Aosta nell’XI secolo, per proteggere e accogliere i viaggiatori, l’ospizio, gestito dai monaci dell’ordine di Sant’Agostino, svolge la sua opera ininterrottamente da oltre mille anni. Un museo raccoglie la storia del colle, dalla preistoria ai giorni nostri. Ampio spazio è dedicato, nel museo, ai cani San Bernardo, che hanno avuto in passato un ruolo importante. Il paesaggio severo è, allo stesso tempo, affascinante: l’alta montagna, le rocce, i pascoli, i ruscelli accompagnano l’escursionista-pellegrino nella discesa lungo la valle del Gran San Bernardo. Il borgo di Saint-Rhémy, ultimo avamposto prima della salita al colle, dove si produce il pregiato Jambon de Bosses DOP, oggi è anche un’apprezzata stazione sciistica. Tutta la vallata è in qualche modo legata ai passaggi attraverso il valico. A Saint-Oyen l’imponente Château Verdun è una struttura ricettiva gestita dai canonici del Gran San Bernardo. Il tema del viaggio è ricorrente e lo ritroviamo a Etroubles, nella mostra permanente di sculture intitolata “à Etroubles, avant toi sont passés…”, visitabile nelle vie del borgo Il percorso conduce, attraverso una bella foresta, all’abitato di Gignod, dove spicca il bel campanile della chiesa di Sant’Ilario, uno dei santi protettori dei pellegrini, poi scende, tra frutteti e vigneti, alla città di Aosta. Sulla collina attraversata dall’itinerario si possono ammirare le proprietà dell’Institut Agricole Régional che, oltre a formare i futuri agricoltori, produce ottimi ed apprezzati vini. Aosta offre al visitatore il suo centro storico e numerosi Besançon, casa natale di Victor Hugo Besançon, casa natale di Victor Hugo Via Francigena 48 monumenti di epoca romana e medioevale. Entrando in città spicca il palazzo del Museo archeologico regionale poco distante dalla cattedrale costruita su di un edificio di culto paleocristiano. Da visitare il Museo del Tesoro e gli affreschi Ottoniani. Dopo pochi metri si raggiunge la centrale piazza E.Chanoux, racchiusa a nord dalla bella facciata del municipio. Il percorso pedonale continua passando la Porta Pretoria e raggiunge l’Arco di Augusto e il ponte romano, monumenti dell’epoca romana di Augusta Pretoria, giunti fino a noi in ottimo stato di conservazione. Lungo la via pedonale, fuori dalla cinta muraria, è visitabile l’importante complesso architettonico della collegiata di Sant’Orso con il chiostro e la chiesa di San Lorenzo, oggi sede espositiva. Dalla città il percorso prosegue a mezza costa incontrando, a Saint-Christophe, l’itinerario dello “chemin des vignobles” che seguirà fino a Pont-Saint-Martin. Attraverso le colline ben esposte e panoramiche di Quart, Nus, Verrayes e Chambave, dove si coltivano i vigneti che danno origine ai rinomati vini a denominazione di origine controllata, si incontrano alcune cantine di produttori vitivinicoli e caves cooperatives dove è possibile degustare i profumati prodotti. Si incontra poi Châtillon, importante centro all’imbocco della Valle del Cervino, e Saint-Vincent rinomato per il Casinò e le Terme. L’itinerario tocca, in seguito, alcuni Castelli posti su alture strategiche a controllo dei passaggi: Chenal e Saint-Germain a Montjovet e il maniero di Verrès, a sentinella della Valle d’Ayas. Procedendo oltre i vigneti di Arnad la valle è stretta e sbarrata dal maestoso Forte di Bard, che domina l’antico e caratteristico borgo. La fortezza ospita oggi il Museo delle Alpi ed esposizioni varie. A Donnas il viaggiatore entra nell’abitato passando per un tratto di strada romana intagliata nella roccia. L’antico borgo conserva alcuni edifici di notevole pregio come il palazzo Enrielli, del XVII sec. Il Museo della vite e del vino racconta la storia della difficile viticoltura sui caratteristici terrazzamenti dei pendii esposti a sud. A poca distanza la Cave Cooperativa di Donnas produce il vino Donnas, primo vino valdostano ad ottenere la DOC. Nell’ultima parte della Valle d’Aosta il paesaggio è ancora caratterizzato dai vigneti che si estendono sulle pendici di Pont-Saint-Martin. Prima di lasciare la Valle d’Aosta, da non perdere la visita al Ponte Romano, poderoso monumento che ha attraversato 2000 anni di storia, resistendo alle guerre e alle numerose piene torrentizie. Il limite geografico della Valle d’Aosta sembra essere segnato ancora da due castelli: la Torre di Pramotton, sulla destra orografica della Dora Baltea e il Castellaccio, che domina l’abitato sul versante sinistro, a guardia dell’imbocco della Valle di Gressoney. Ora l’itinerario prosegue verso la pianura, l’orizzonte si allarga lasciando intravedere nuovi paesaggi. Si attraversano le caratteristiche borgate di Carema, Torredaniele e Cesnola circondate dai vigneti che danno origine al vino Carema DOC. Si incontrano quindi Borgofranco e Montalto Dora dominato da castello del XIV sec., per giungere nei pressi dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea. L’Anfiteatro Morenico è uno dei più importanti complessi di origine glaciale delle Alpi, composto da alcune unità paesaggistiche caratteristiche: le morene, le colline rocciose e la pianura. L’itinerario attraversa un ambiente naturalistico di grande interesse: sulle colline rocciose, le depressioni dovute all’erosione del ghiacciaio, racchiudono cinque laghi (Lago Pistono, Sirio, Campagna, San Michele, Nero) e zone umide che ospitano interessanti specie vegetali e animali. Si raggiunge infine Ivrea e il suo centro storico. Nella parte alta della città si trovano importanti testimonianze dell’epoca di Re Arduino: la Cattedrale del XI sec, il Chiostro dei Canonici, il Palazzo Vescovile e il Castello “dalle rosse torri” del XIV secolo, con le sue torri merlate. Palmira Orsières The Via Francigena in the Doubs Region The Region of Doubs is characterised by a three-level plateau, with the height gradually rising as the eastward border with Switzerland gets closer. The plateau is a part of the Jura Massif. The city of Besançon is splendidly located at the bottom of the River Doubs valley. The town originally developed on a wide natural meander of the river, which flows around a huge rocky outcrop, on top of which rises the Citadel of Vauban, a masterpiece by the brilliant military engineer who worked at the time of King Louis XIV. Besançon has a long, prestigious history. Highly praised by Victor Hugo, it is rich in magnificent monuments and fortresses and has been listed as a Unesco World Heritage Centre. At nightfall, the view of the flood-lit Citadel is really breathtaking, with the brightened ramparts magically looking suspended in the dark sky. It is not at all easy to find the right way out of Besançon for the modern pilgrim, since the Via Francigena winds round the Citadel along a narrow, steep path called “La Creuse” , which also has a flight of steps to reach the Chapelle des Buis and the monument to the end of the War of Liberation, which was unveiled on 8 September 1949. Signposts for the Via Francigena have recently been improved towards the village of La Veze and then as far as Foucherans. There the pilgrims has two options to choose from: - the tourist route that winds along the Loue River valley, calls at Ornans, birthplace of the great painter Courbet, and follows the path known as GR 595, which is picturesque but much steeper, or - the historical route, which was walked along by Archbishop Sigeric and is less dangerous as it winds through the woods on the plateau. The two routes join at La Vrine, where the road proceeds towards Pontarlier, chief town of the Upper Doubs Region. Pontarlier is a beautiful town, strategically located at 837 metres asl, which can boast a precious historical and archaeological heritage. After crossing Pontarlier, the Via Francigena climbs up as far as Fort Mahler, from where the view of the Fortress of Joux is really stunning. From Fort Mahler we walk down towards the village of Frambourg, before venturing up the hard climb to reach the highest spot of the Via Francigena in Doubs, that is La Roche Sarrazine, before getting to the famous lookout on the rocky top at 1175 metres of altitude. Thence the path winds down towards the village of Les Fourges, renownwd for the production of Vacherin dessert cheese and for the cross-country skiing tracks. The road now heads towards SteCroix and the Swiss border. The Via Francigena in Canton Vaud The Via Francigena (literally meaning the “ Road of the French ”) is a network of roads and paths walked along by the pilgrims coming from the north of Europe. It goes from Canterbury to Rome, is about 1,700 km long and winds along the route followed by the freshly appointed Archbishop Sigeric in 990. Rucksack on our shoulders and walking stick in hand, let us walk along the pilgrims’ track, guided by the pilgrim silhouette, along the clearly signposted Itinerary no. 70 in Canton Vaud (Switzerland). From music boxes to coffee aroma After crossing the border at La Grand’Borne, on arriving from France, the first stage in the Region of Vaud winds across a landscape rich in green pastures enclosed within low stone walls and surrounded by thick fir-woods. L’Auberson and Sainte-Croix are two small towns known all over the world for the production of music boxes, mechanical music instruments and automata. There are three museums devoted to these special artistic achievements: the Baud Museum at l’Auberson, the CIMA Museum and the Museum of Arts and Science at Sainte-Croix. The way down towards Vuitebœuf follows a historic route, was once wheeled along by many carts carrying salt from the FrancheComptée and heading for Yverdon, where the precious stuff was loaded on board barges and then freighted to Morat and Berne, before proceeding southwards by Lausanne and across Lake Leman (or Geneva). In order to carry the salt safely, the wheels of the carts were driven along deep ruts carved in the stone. If we draw a moral, we can legitimately assume that the rut gauge was so calculated as to be practicable only for the local carts, to prevent any possible competition! Such route was in use from the 14th to the 18th century and it was kept perfectly practicable thanks to repeated maintenance and reconstruction works. More than thirty couples of ruts were carved, in successive periods, in the limestone soil of Vuitebœuf hill. When you walk through Montagny do not forget to have a look at the place still called “ the field of the cross ”, where the gallows used to stand. At the southern end of Lake Neuchâtel you will be welcomed at Yverdon-les-Bains, and feel the need of a refreshing break in the popular thermal centre. The town was founded by Pierre II Savoy in 1222. If you allow yourselves the time for a short visit, do not miss the castle where the great pedagogue Johann Heinrich Pestalozzi lived from 1805 to 1825; you will also admire the splendid buildings dating from the 15th and !6th centuries. Stage La Grand’Borne - Yverdon-les-Bains We now leave Yverdon and walk through wide vegetable gardens on the way up to Chamblon, whre you can enjoy a sweeping view over the large Orbe plain and the distant mountain ranges. At Mathod you cannot miss a visit to the Saint-Christophe Farm, which contains even a church. Following the itinerary we then reach the small town of Orbe (mentioned as LV Urba stage in Sigeric’s record) after walking through Boscèaz, where some splendid mosaics dating from the years between 150 and 230 AD have recently been brought to light. Those mosaics decorated the floors of eight rooms in a wide and luxurious Gallo-Roman “ villa ”. Overhanged by the Suchet Massif, Orbe can boast a large number of aristocratic mansions and houses dating from the 16th to the 19th century. Of the imposing castle built in the 13th century, only the round donjon and a square tower have survived to these days. Among the ancient stone slabs that onces paved the courtyard, try to spot a small snap-dragon (Antirrhinum asarina) shrub, the only one in Switzerland, planted here by botanist Boissier de Valeyres-sous-Rances. Do not forget to visit Rue du Molinet, with its recently restored, renovated and brightly painted, historical dwellings. At the end of the street you will find the old stone bridge that has linked the two banks of the river Orbe since 1424. There used to be six churches in Orbe, but only three exist at present. After a fire which destroyed a large part of the town in the 15th century, the Church of Notre-Dame was built in late Gothic-flamboyant style. The molasse, as well as calcareous and clayey deposits and a rather dry climate, contribute to enrich the variety of the terroirs of “Côtes de l’Orbe ”, particularly suitable for the cultivation of red grapes vines. It is also from Orbe that instant, freeze-dried coffee moved to conquer the world in 1938, 49 Stage La Grand’Borne Yverdon-les-Bains Length 25 km, walking time 6 h 10 Office du tourisme et du thermalisme, Av. de la Gare 2, 1400 Yverdon-les-Bains, phone +41 (0)24 423 61 01, [email protected], www.yverdonlesbainstourisme.ch Stage Yverdon-les-Bains Orbe Length 20 km, walking time 5 h 00 Tourist Office of Orbe and environs, Rue de la Poste 2, 1350 Orbe, phone/ fax +41 (0)24 441 52 66, [email protected], www.orbe.ch/tourisme Stage Orbe - CossonayVille Length 26 km, walking time 6 h 55 Morges Région Tourisme, Rue du Château 2, CP 55, 1110 Morges, phone +41 (0)21 801 32 33, fax +41 (0)21 801 31 30, [email protected], www.morges.ch Stage Cossonay-Ville Lausanne-Ouchy Length 26 km, walking time 6 h 00 Lausanne Tourisme, Av. de Rhodanie 2, CP 49, 1000 Lausanne, phone +41 (0)21 613 73 73, fax +41 (0)21 616 86 47, [email protected], www.lausannetourisme.ch Stage Lausanne-Ouchy Vevey Length 21 km, walking time 5 h 15 Montreux-Vevey Tourisme, Rue du Théâtre 5, CP 251, 1820 Montreux, phone +41 (0)0848 86 84 84, fax +41 (0)21 962 84 78, [email protected], www.montreux-vevey.com Stage Vevey - Aigle Length 27 km, walking time 6 h 10 Office du Tourisme d’Aigle, Rue Colomb 5, CP 100, 1860 Aigle, phone +41 (0)24 466 30 00, fax +41 (0)24 466 30 03, [email protected], www.alp3000.ch Stage Aigle - Massongex Length 14 km, walking time 4 h 05 Via Francigena and it is there that well-known Nespresso coffee pods are made. Stage Yverdon-les-Bains - Orbe Rosone della cattedrale di Losanna Rosone della cattedrale di Losanna (Foto - Phoro: Finck© ViaStoria) From the “ Milieu du Monde ” to Lake Leman Following a much varied itinerary, the Via Francigena gets to Romainmôtier, a village of medieval origin, famous for the magnificent Cluniac Abbey built between the 10th and 11th centuries. The abbey was erected on the ruins of an older monastery dating from the 5th to 7th century, and is still an extraordinary oasis of peace in the heart of lush vegetation. A visit to the interior is a must: the slender Gothic columns, the frescoes and wall paintings dating from the 14th century and the splendidly inlaid early-15 th -century choir stalls create an atmosphere of intimate, restoring serenity. The itinerary then moves on close to Pompaples, with the site known as “ Milieu du Monde ” (world centre): there the waters of the river Nozon were partly diverted, so that they flow both towards the Mediterranean (via the river Venoge and Lake Leman) and also towards the North Sea (via the River Orbe). From La Sarraz, which can boast a lovely castle and the Horse Museum, the route leads us towards Eclépens, brightened by the daffodil-beds that blossom in spring, follows the course of the River Venoge, calls at Lussery, where a beautiful mill is worth seeing, and eventually reaches CassonayVille on top of a wooded hill. The town layout is clearly of medieval origin and lovely, perfectly kept buildings dating from the 17th to the 19th century, are well worth admiring. Stage Orbe - Cossonay-Ville From Cossonay-Ville to St-Sulpice the itinerary follows the course of the river Venoge, either along the river bank or winding sheer to the deep eroded in the molassic sediment, until it reaches the shore of Lake Leman, which will be walked along as far as Villeneuve. The Romanesque church of St-Sulpice is one thousand years old. It was built by the Benedictine monks, fell later into ruin and was restored to its original look of Romanesque monument only at the end of the 19th century. Vidy is the place where the Roman ruins of ancient Lousonna can still be seen. It was a strategic, lakeport Gallo-Roman settlement which enjoyed great prosperity thanks to its location, as goods carried between the basins of the rivers Rhine and Rhône would pass through. The old settlement was quitted in the 4th century and Lausanne was then built around the cathedral hill. Stage Cossonay-Ville - Lausanne-Ouchy From the slopes of Lavaux to Lake Leman Riviera Lausanne is the capital city of Canton Vaud, the seat of the International Olimpic Committee and an important university centre. It enjoys a privileged position, as it arises on three hills surrounded by wide vineyards, with Lake Leman at its feet and the Alps of Savoy on the background. Lausanne has many attractions for the visitor: not to be missed is a visit to the majestic Gothic Cathedral - where a guard on permanent duty cries out the stroke of hours from 10pm to 2 am, from the top of the belltower - , the ancient medieval settlement and the many museums, remarkable among which are the Art Brut Collection, the Hermitage Foundation, the Museum of Elysée and the Olympic Museum. Do not miss a visit to Ouchy, the fascinating port district, which can be easily reached by underground, line M2. There you can enjoy the pleasure of a refreshing break on the terrace of one of the many cafés and bistrots, before resuming your journey towards Lavaux.The region has recently been officially acknowledged as UNESCO World Cultural heritage and it really offers an extraordinary landscape, featuring sunny hillocks and small picturesque villages, the glittering waters of the lake and rugged Via Francigena 50 mountain ranges. It is thanks to the monks that, to start from the 12th century, stone walls were built to create terraces along the steep slopes where the first vineyards were planted. All the wineries scattered along the route offer as many opportunities to taste the best fine wines produced in the area (Epesses, Calamin, Dézaley, Saint-Saphorin...), of which each producer will nicely praise the good quality. In one of the typical “ Pintes ” of Vaud, you could enjoy the lovingly made typical local dishes, such as papet vaudois (a sort of pear and potato soup), sausage aux choux or fondue... On leaving the vineyards behind, you will plunge towards Vevey “ the pearl of Swiss Riviera ”, called Viviscus in Gallo-Roman times and port of transit between Martigny and Avenches or Lausanne. At present Vevey is remembered above all for having been the residence of great actor Charlie Chaplin, who spent there the last 25 years of his life; for playing host to the “ Vignerons Festival ” (the next will be held in 2019) and the headquarters of Nestlé, the important multinational food industry. Stage Lausanne-Ouchy -Vevey The Via Francigena continues along the Vaudois Riviera, where many famous people have been attracted through the years, because of the particularly mild climate and the magnificent views over the Alpine ranges of Savoy, Vaud and Valais. At Montreux, the important Montreux Jazz Festival is held every year. The beautiful promenade of the lake front is sided by splendid buildings dating from the golden age of the “Belle Epoque”, by elegant hotels and restaurants, besided the casino. The statue of Freddy Mercury, always decked with flowers, seems to be singing towards the lake. A little further on, the Chillon Castle deserves a visit. It was built on a rocky islet by the Counts of Savoy in the 12th century. You should see the prison where Bonivard was jailed for four years. Bonivard gained everlasting fame thanks to Lord Byron, who wrote the famous poem “The Prisoner of Chaillon” in 1816. At Villeneuve the Via Francigena quits the lake, heading for the right side of the Rhône Valley and crossing the villages of Roche, Versvey and Yvorne, before reaching the end of this stage at Aigle, announced in advance by the sight of its castle, which was partly destroyed by a fire and rebuilt between 1482 and 1485; it presently houses the Museum of Vines, Wines and Labels, The district of Bourg, with its picturesque narrow alleys and terraced houses is certainly worth a visit. Stage Vevey - Aigle From Provence to the Rhône The Via Francigena leaves Aigle behind, winding close to its castle and then along a wonderful path in Provence. On the hillside the route plunges into the Chablais vineyards, surrounded by pinewood fragrance and chirping field crickets. On through Ollon and Antagnes, alongside the Gryonne stream as far as the River Rhône bank, which is skirted up to Massongex, once a fixed route transit point. Near the church a mosaic of Roman origin portraying boxers, is still visible. The mosaic once decked the thermal baths of the town, which was called Tarnaiae. From Massongex we hand it over to Valais! Stage Aigle - Massongex Saint Maurice - Martigny - Grand Saint Bernard: Walking across Valais We enter Canton Valais by crossing the River Rhône on an elegant footbridge and reach Massongex, the ancient capital of the Nantuatae, one of the four Celtic tribes that inhabited the area. After about one hour’s walk we cross a rock step by the castle, behind which Saint-Maurice comes into sight, with its Abbey, the Treasure and all its picturesque corners. We then go through theBois Noir, before reaching Evionnaz and then Las Balmaz. A short stretch of road after Miéville leads to the famous Pissevache waterfall, a place of outstanding natural beauty praised by many Romantic writers. Goethe wrote that he also saw an extremely beautiful rainbow there. By following the ancient royal route we reach the mouth of the Trient ravine, another spot which has become the venue of many visitors after the recent development of tourism even in this area of the Alps. We eventually reach Martigny, after walking close to the Batiaz Castle, built in the 15th century. The time has come for a refreshing break with a good bottle of Fendant (white wine made with Chasselas grapes) while sitting outside one of the many bistrots in the Central Square or in Place du Bourg. Then we have time for a visit to an exhibition at Fondation Gianadda or to the Museum of St Bernard dogs, both located near the Roman amphitheatre. Once we have walked past the Martigny-Croix railway station, we follow a recently laid-out path that winds around Mont Chemin and leads us into the Bovernier vineyard, which is well known in the area for its excellent Gamay, the vine species from which Beaujolais Nouveau is made. Our journey continues along the left bank of the River Dranse; we cross the rock step of the “Trappists” and, after walking past the megalith known as Gargantua’s Stone, the valley widens in front of us and Sembrancher comes into sight. The village has preserved its ancient look, with lovely fountains and paved streets. As soon as this quiet village has been left behind, the road starts climbing up, to join the so-called “Napoleon’s road”, that is the old vehicular road which was in use until 1831 and which will lead us to Orsières, starting point for excursions to Val Ferret and Champex, which have become popular thanks to the famous Tour du Mont Blanc. From Orsières we keep walking alongside the left bank of the river Dranse as far as the village of Dranse, where we leave the river behind and climb up towards Liddes, a picturesque village which has developed on the road to the Grand St. Bernard Pass. After going through the village, the itinerary crosses the main road and follows the ancient path, still well laid out after Palasuit. We walk along the anti-avalanche passage, past the chapel of Notre-Dame of Lorette and eventually reach Bourg-Saint-Pierre, where the first Hospital of Mont Joux, the ancient name of Grand St. Bernard, was built. On leaving Bourg-Saint-Pierre we walk across Saint-Charles bridge and join the 19th-century route again as far as the Toules dam. We walk alongside the lake shore up to the entrance of the tunnel opened in 1964. We then reach the mountain pasture of Pierre and walking past l’Hospitalet, the tunnel first air vent, there is a building where the pilgrim can get shelter. Another building can be found at Tronchet, close tho the twelfth ventilation chimney and to Plan de Barasson, a very interesting spot with steps cut in the stone and Roman ruins. Eventually we get to Combe du Mort and thence we reach Col Grand St. Bernard and its famous Hospital, at 2469 metres asl, the highest point along the entire Via Francigena. Saint-Maurice at the heart of the Via Francigena persecute the christians. Hundreds of soldiers were thus martyred on a spot which is at present called Verolliez (the “actual place” vrai lieu – of martyrdom), where a memorial chapel was built. A century later, about 380 AD, St. Theodore (or Theodule), the first bishop of Valais, gathered the mortal remains of the martyrs in a funeral chapel at the feet of the rock. Little by little, the small garrisoned stronghold of Agaunum started to be identified as SaintMaurice. After the fall of the Roman Empire, those areas were occupied by the Burgundians, who were christians. Sigismund, one of their sovereigns, was converted to catholic religion and founded the Abbey of Saint-Maurice on 22 September 515, to celebrate his conversion. The monastery has never closed its doors since that time, therefore in 2015 its 1,500th anniversary will be celebrated. The monastery was originally run by the monks then, in the ninth century, the canons succeeded to them and in the twelfth century the Rule of Saint Augustine was adopted. Nowadays it is still the Canons Regular of Saint Augustine who keep the Abbey alive, run its college and take care of its parishes. Since its foundation, the Abbey has had a monastic school, which has presently become a highly appreciated Lycée, attended by about 1,200 pupils. In the 11th century, Saint Bernard, Archbishop of Aosta, founded the Hospice of Col Grand St. Bernard, to give hospitality to pilgrims. It is thanks to him that the Canons Regular of St. Augustine still run the Hospital and provide for pastoral care on the two sides of the Col. The pilgrim’s journey is a spiritual journey Pilgrims calling at Saint-Maurice are met by a wide basilica with a Romanesque belltower dating from the 11th century, but in the Martolet archaeological site they can notice, in the stones, the signs of much older churches, dating back to the 4th century. Further evidence of the monastery longevity is to be found while visiting the Abbey Treasure, with its extraordinary collection of sacred art items from ancient ages: Merovingian, Carolingian, Roman, Gothic and Baroque as well as precious objects of contemporary art. Above all there are the large shrines with the remains of St. Maurice and of his martyred companions. The shrines are greatly venerated and on 22 September every year they are carried on a solemn procession along the town streets. The ceremony has been held since medieval times. The gorge of Saint-Maurice, which leads the travellers coming from Lausanne into Canton Valais, witnessed the transit of the Roman troops in the early centuries of our era, Even though the railway at first, and then the motorway, have given thousands of Aosta, piazza E. Chanoux Aosta, piazza E. Chanoux If you think of the Via Francigena in terms of geography, then the Grand St. Bernard Pass, with its altitude of 2,479 metres, is just the highest point along the whole route; Switzerland with SaintMaurice and Martigny-en Valais on one side and Italy, with the Aosta Valley and its capital city Aosta, on the opposite side. If you think of the Francigena in terms of history, then SaintMaurice (the ancient Agaunum), the place where the Theban Legion was martyred in 280 AD, undoubtedly represents a very important stage, half-way alongn the route. As also Sigeric must have done in the tenth century, modern pilgrims discover there the cradle of the spreading of Christianity north of the Alps. It was the Roman Emperor who wanted the narrow valley of Agaunum to be inhabited by reliable, devoted people but, as early as the 3rd century, there were many christians there who refused to worship the Emperor as though he were a god, thus jeopardizing Pax romana. Maximianus gave the order that the christians were be persecuted, but Maurice, the leader of the Theban Legion recruited in Egypt, refused to comply with the order and preferred to be killed without resistance by the Emperor’s sword rather than 51 Via Francigena people the opportunity of going through the place every day, only few people stop here. Thanks to the Via Francigena, however, a quiet flow of pilgrims has been set in motion: they arrive here in silence, meditating in their hearts upon the basic values that make life meaningful and remind them of the necessity of living more serenely in our too frantic world, so that time is left to reflect upon our spiritual life. What geography has impressed in nature on the Rhône valley bottom, the Via Francigena can impress in the heart of everyone of us. It is a narrow passage where, between flesh and spirit, pilgrims meet their own soul. If their feet lead them along a sometimes rough route, if inner uneasiness urges them to revise their attitude towards their fellow creatures, then it is as though the spirit had impressed in them words that proved effective. Actually, the verses of the psalms sung by king David thirty centuries ago, have been repeated by the canons at Saint-Maurice for over fifteen centuries, “Blessed are those whose strength is in you, Lord; who have set their hearts on a pilgrimage” (psalm 83). Col Grand St. Bernard - Aosta - PontSaint-Martin - Ivrea Il castello di Ivrea Il castello di Ivrea Via Francigena Crossing the Grand Saint Bernard was quite hard for the medieval pilgrims, who had to face the challenge of nature: altitude, cold, snow, snowstorms...and solitude. Even today it is one of the most demanding - even though highly evocative and exciting – stages along the whole route of the Via Francigena. But travellers have always had the possibility of enjoying the hospitality offered by the monks of the Hospice there, at about 2,500 metres of altitude. The Hospice was founded by Archdeacon Bernard of Aosta in the 11th century, to provide shelter and assistance for travellers and has been run continuously by the Augustinian monks for over one thousand years. In a museum the history of Col Grand Saint Bernard, from pre-history to the present- is on display, with a large section dedicated to St. Bernard dogs, which carried out important safety and rescue activities in the past. The landscape is rather stark yet fascinating: high mountains, rocks, pastures and streams escort the pilgrim-excursionist down along the valley. The village of Saint-Rhémy, the last Italian “outpost” before the climb to the Grand St. Bernard, where excellent PDO Jambon de Bosses is produced, is also an attractive and well-equipped ski resort. The whole valley is somehow bound up with the Grand St. Bernard Pass crossing. The imposing Château Verun at Saint-Oyen provides accommodation facilities and is run by the Canons of Grand Saint Bernard. The journey theme is a recurring one: for example, there is a permanent open-air Exhibition of Sculptures in the streets of the village of Etroubles, called “À Etroubles, avant toi sont passés...”. Through a beautiful forest the route leads to the village of Gignod, 52 with the lofty bell tower of the Church of St. Hillary, one of the protector saints of pilgrims, and then winds downwards, through orchards and vineyards, towards the city of Aosta. On the hill crossed by the itinerary we can admire the landed estate of Institut Agricole Régional where, at the agricultural college, to complement education also excellent wines are produced. Aosta is a very interesting place to visit, with a lovely historic centre and numerous monuments from Roman and medieval times. As soon as you enter the city, the building that houses the Regional Archaeological Museum comes into sight, close to the Cathedral, which was erected on the ruins of an early Christian sacred building. The Treasury Museum and the Octonian frescoes are not to be missed. A few yards ahead opens central Piazza E.Chanoux, backed to the north by the lovely façade of the City Hall. The pedestrian route crosses Porta Praetoria and leads to the triumphal Arch of Augustus and to the Roman bridge, monuments dating from the time of Roman Augusta Praetoria, and still magnificently preserved. Just outside the city walls, a visit is recommended to the imposing architectural complex of Collegiata di Sant’Orso, with its beautiful cloister, and to the Church of San Lorenzo, where exhibitions are held. After leaving Aosta, the route continues across the mountainside and, at Saint-Christophe, it joins the “Chemin des vignobles” as far as Pont-Saint-Martin. Along he sunny hillsides of Quart, Nus, Verrayes and Chambave, covered with the vineyards from which renowned CDO wines are made, pleasant tastings await travellers in wineries and “caves cooperatives”. At the mouth of the Matterhorn Valley we reach Châtillon and then Saint-Vincent, well-known for its Casino and Spa. The itinerary then winds past some lovely castles nestled on strategic rises: Chenal and Saint-Germain at Montjovet and the fortress of Verrès looking out onto the Ayas Valley. Past the Arnad vineyards, the narrow valley is dominated by the majestic Fortress of Bard, which overlooks a picturesque village. The Fortress houses the Museum of the Alps and various exhibits. We then reach the centre of Donnas walking along a stretch of Roman road dug in the rock. The village attractions include a few fine buildings, such as 17thcentury Palazzo Enrielli and the Museum of Wines and Vines, where you learn about the history of hard wine-growing on the typical terraces of the south-facing slopes. Donnas was the first wine of Valle d’Aosta to be listed with Controlled Denomination of Origin. Vineyards are the typical feature of the landscape as far as Pont-Saint-Martin, the last stage before leaving Valle d’Aosta. A visit to the Roman Bridge, which has withstood wars and floods for 2000 years. Two castles, namely the Pramotton Tower on the right bank of the Dora Baltea and the Castellaccio on the left bank, at the mouth of the Gressoney Valley, mark the boundaries of the Region. The itinerary continues and the horizon broadens over the wide plain. We walk through the picturesque villages of Carema, Torredaniele and Cesnola, surrounded by the vineyards from which CDO Carema wine is made. We then head for Borgofranco and Montalto Dora, overlooked by an imposing 14th-century castle, before reaching the wide Morainic Amphitheatre of Ivrea, built up by the Balteo Glacier which flowed through the Aosta Valley during the Quaternary period and featuring a variety of landscapes: moraines, rocky hills, flat land stretches, five lakes (Pistorio, Sirio, Campagna, San Michele and Nero) enclosed within the hollows crated by the glacier erosion, and humid areas with various, interesting flora and fauna. We the reach Ivrea and its historic centre which still boasts important monuments dating from the time of King Arduino (early 11th century), such as the Cathedral, the Cloister of the Canons and the Bishop’s Palace. Worth visiting is also the Castle “with the red,embattled towers” built by the Savoy“Green Count”in the 14th century. La Via del Gusto The Trail of Taste SUGGESTIONI AL CHIARO DI LUNA MOONLIGHT SUGGESTIONS di Giuseppe Maghenzani Il castello di Fénis Il castello di Fénis Nella pagina precedente il borgo di Saint-Rhémy-enBosses nel contesto della valle del Grand-SaintBérnard Nella pagina precedente il borgo di Saint-Rhémy-enBosses nel contesto della valle del Grand-SaintBérnard Via Francigena a luna in Valle d’Aosta è qualcosa di spettacolare. Nella maestosità delle Alpi, la sua luce crea immensi scenari dove la natura gioca relazioni intense e forti. Molti tesori nascono da queste relazioni e si tengono a debita distanza dagli sguardi di chi si ostina a correre veloce lungo l’autostrada che attraversa la valle, senza mai pensare di fermare per un attimo il proprio tempo. Ma noi siamo diversamente veloci, siamo pellegrini lungo la Fancigena e, con il nostro passo, possiamo ammirare ad uno ad uno questi tesori. La prima luna è un formaggio assai famoso, la Fontina. Ne parliamo con Mauro Trèves, Presidente della Cooperativa Produttori Latte e Fontina di Saint-Christophe. La seconda luna è un prosciutto che raccoglie i più acuti estimatori, il Jambon de Bosses. Di questa specialità parliamo con Edi Avoyer, Presidente della Società Cooperativa Tybias Baucii di Saint-Rhèmy-en-Bosses. La terza luna è di un chiaro avvincente e porta il nome di Lard d’Arnad. Ne parliamo con Lorenzo Borettaz, Presidente ad Arnad dell’omonima associazione di tutela. C’è poi una quarta luna, un formaggio ‘povero’ quanto nutrien54 te. Si chiama Fromadzo ed è popolarissimo al desco più autoctono. E proprio da questo ospitale tavolo partiamo, prima di discorrere con i nostri ospiti. FROMADZO (DOP) La sua particolare vocazione è quella di accogliere molte interpretazioni d’autore. Pensate, ha un range di stagionatura molto ampio, potendo esser gustato a stagionatura breve o media –da due ad una manciata di mesi- o lunga (dieci mesi). Viene prodotto in tutta la vallata con il più semplice e sapiente dei metodi: latte vacino, mungitura mattutina e serale insieme, un po’ di riposo, poi il coagulo con fermenti lattici autoctoni che innescano l’opera della natura. Rotta la cagliata, arrivano le féitchie, le fuscelle che accolgono il formaggio. Pressata e rivoltata più volte al giorno, salata in salamoia (ma è possibile farlo anche a secco), la forma viene pulita e messa a riposo. Ogni contrada valdostana intende il Fromadzo come formaggio da pasto a tutto campo: dai prati il latte prende il profumo dei fiori di montagna, dalla stagionatura prende la caratteristica fragranza semidolce (se attuata per pochi mesi) o tende alla punta di piccante, se prolungata nel tempo. Nelle produzioni locali, troviamo il Fromadzo anche aromatizzato. C’è chi ama arricchirlo con bacche di ginepro, oppure con semi di finocchio selvatico, oppure ancora con semi di cumino. Il risultato porta sempre in tavola un tradizionalissimo compagno per pane di segale e polenta. A piena stagionatura, grattugiato, diventa anche un prezioso tocco per i classici primi valdostani, come le zuppe invernali e le minestre. D’estate, vale anche una buona pasta. Serve tutto l’anno, lo si gusta a tutte le stagionature. Cosa pretendere di più? FONTINA (DOP) Nel 2007 la Cooperativa Produttori Latte e Fontina ha festeggiato i 50 anni di attività. Era stato l’Avvocato Cesare Bionaz, già Presidente del Consorzio Agrario della Valle d’Aosta e del Consorzio Produttori Fontina (l’organismo di tutela della DOP) a caldeggiare, nell’ormai lontano 1957, la costituzione della Cooperativa. L’intento era soprattutto quello di difendere la difficile economia dei produttori, specie più piccoli, sparsi fra alpeggi, La tipica forma di Fontina DOP La tipica forma di Fontina DOP aziende agricole, caseifici sociali… Occorre infatti riflettere, quando si parla di un formaggio famoso come la Fontina, sul profondo risvolto sociale che la sua produzione e la sua corretta commercializzazione rivestono in termini di economia di vallata. Oggi abbiamo nuove parole per definire tutto ciò: sviluppo sostenibile, compatibilità ambientale, riequilibrio territoriale... Allora si trattava anche di difendere la montagna valdostana dall’intrusione di un mercato con pochi scrupoli, colmo di imitatori e pronto ad abusare del nome stesso ‘fontina’ (è del 30 ottobre 1955 la legge che sancisce la denominazione Fontina per il solo formaggio prodotto in Valle d’Aosta). Così, tutti i direttori della Cooperativa che si sono succeduti nel tempo –l’attuale direttore, in carica dal 2000, è Ezio Toscoz- hanno affiancato il lavoro politico dei Presidenti ragionando con i contadini di storia, autenticità, tradizione e… disciplinari di produzione, per arrivare ai giorni nostri con un formaggio inimitabile e in splendida forma, capace di competere ai massimi livelli sui mercati. Dal lavoro nudo e crudo sugli alti pascoli e dalle mani sapienti dei casari questo latte si trasforma, mediamente, in oltre 1600 forme al giorno, capaci di giungere intatte per fragranza anche in Australia. Le moderne tecniche, che consentono di confezionare il prodotto anche con pezzatura ridotta in atmosfera protettiva, nulla aggiungono però a quella verità di fondo che la Cooperativa trasmette e che è apparsa anche in una recente immagine pubblicitaria: Ricordati, Fontina si nasce… E proprio da questo nascere Fontina -che gli storici datano al1270- prendiamo spunto per parlare con Mauro Trèves attuale Presidente della Cooperativa. Possiamo dire, dunque, che la nostra Via Francigena ha sempre offerto nei secoli la Fontina a suoi viandanti ... La Fontina è da sempre un prezioso segno di ospitalità, da gustare in compagnia ed offrire ai forestieri, secondo gli usi secolari della nostra civiltà rurale alpina. Abitudini forgiatesi non a caso ai piedi dei passi Alpini conosciuti fin dall’antichità, forieri di quel ruolo di crocevia europeo che ancora oggi più che mai ci rende consapevoli delle nostre peculiarità: la filiera lattiero casearia ne rappresenta la chiave di lettura e la Fontina la secolare ambasciatrice. C’è qualche aspetto di questo formaggio che lei ritiene importante sottolineare o che degnamente rappresenta la secolare simbiosi fra prodotto tipico, cultura del cibo e lavoro dell’uomo in Valle d’Aosta? La Fontina DOP – questa è la corretta denominazione, ricordiamolo- è un formaggio vaccino grasso a pasta morbida semicotta (la cagliata, una volta rotta, viene cotta a 4749 gradi) e proviene da un latte freschissimo crudo e intero raccolto da non più di qualche ora (niente mescolanza fra munte serali e mattutine). La Fontina può essere dunque prodotta soltanto con latte crudo appena munto dalle bovine di razza valdostana, alimentate con foraggi locali. Aspetti imprescindibilmente legati al territorio ed alla lunga e consolidata relazione tra l’uomo e la bovina, simbolo di sopravvivenza ai duri ritmi del vivere in pendice. Anche la trasformazione del latte in formaggio ha un ché di archetipo.E’ lungo il lavoro del casaro, che rivolta la forma e sostituisce i teli bagnati, che alterna un giorno di spazzolatura con uno di salatura… e che pone le forme nelle grotte di roccia, ad umidità controllata naturale… L’aroma inconfondibile e la facile fusione rendono poi la Fontina ottima per molteplici utilizzi, per ritrovare per un 55 Bovine autoctone di razza valdostana pezzata rossa, allevate per la produzione del latte destinato alla trasformazione in Fontina DOP Bovine autoctone di razza valdostana pezzata rossa, allevate per la produzione del latte destinato alla trasformazione in Fontina DOP Via Francigena attimo, anche lontano dalla Valle d’Aosta, il senso ed i ritmi della vita in montagna. Il Jambon de Bosses DOP adagiato sul suo caratteristico “nido di fieno” Il Jambon de Bosses DOP adagiato sul suo caratteristico “nido di fieno” Il Jambon de Bosses DOP presentato in un cesto di pane nero e abbinato a miele e noci Il Jambon de Bosses DOP presentato in un cesto di pane nero e abbinato a miele e noci Via Francigena Il turismo sempre più spesso cerca una verità locale nei prodotti tipici che incontra sul territorio. Cultura e gastronomia camminano insieme, ed è questo del resto lo scopo della Via del Gusto che propone lo stesso itinerario francigeno. Al riguardo, segnaliamo ai pellegrini di oggi desiderosi di conoscere il formaggio che, oltre al punto vendita del Centro Visitatori di Valpelline, la Cooperativa propone degustazione e vendita presso tre chalet: a Pré-SaintDider, a Cogne e a Saint-Christophe. C’è qualche consiglio che lei vuole suggerire a coloro che desiderano incontrare questa storia lungo la Via Francigena? La Fontina è davvero intrisa di storia: dopo un tappa al nostro Centro Visitatori di Valpelline, consigliamo ai pellegrini la visita al Castello di Issogne, meraviglioso maniero del XV secolo, le cui pitture segnalano l’importanza della Fontina nel tempo e la sua presenza al desco dei Signori medioevali. Chi invece desiderasse continuare a camminare all’aria aperta, si imbatterà nella bella stagione in un alpeggio o in una zona di pascolo: le varie attività e l’atmosfera che le circondano rappresentano l’impagabile senso del vivere quotidiano per tutti gli allevatori nostri soci. JAMBON DE BOSSES (DOP) Siamo a Saint-Rhemy-en-Bosses, a1600 metri d’altitudine, nella Valle del Gran San Bernardo. Il maniero medioevale dei Bosses, nei pressi della chiesa di Saint Léonard, è il fiero baluardo che testimonia il trascorrere dei secoli. Appartenuto alla famiglia omonima (di antichissimo lignaggio, Bosses deriva da Baucius, nome di possidente romano), tesse una storia che a partire dal 1200 lega indissolubilmente le vicende medioevali della famiglia a quelle del Borgo. Tali vicende non sempre erano in sintonia con le volontà dei potentati della vallata, in specie con quelle dei Conti di Savoia. Le cronache narrano che nel 1300 il Balivo d’Aosta (dal latino baiulivus, funzionario-luogotenente della signoria dominante) aveva provveduto ad abbattere la torre del castello. Oggi la posizione do56 minante del fortilizio è tutta culturale, integrata com’è nel progetto europeo di valorizzazione dell’intera area storico-tematica del Gran San Bernardo. Ed è su questa direttrice che noi dobbiamo guardare per comprendere la nascita della tradizione norcina propria di SaintRhemy, tradizione che ha dato lustro al Val d’Aosta Jambon de Bosses. Ogni anno, alla seconda domenica di Luglio, Saint-Rhemy celebra la sagra di questo pregiato prosciutto ‘da Re’. Questa maestà del gusto appartiene al genius loci, come minimo, dal XIV secolo. Le sue origini sono dunque anch’esse medioevali e nulla ci vieta di supporre che, dopo la distruzione della torre, il nostro Balivo non abbia riportato al Signore d’Aosta qualche tybias porci locale. Tybias porci è infatti la denominazione di prodotto che ci appare in un documento risalente al 1397. Tybias Baucii, in ossequio all’antico possidente romano, è invece il nome che si è data la ‘confraternita’ Cooperativa che ha curato amorevolmente la promozione dello Jambon de Bosses. Il sodalizio ha espletato fino a quest’anno anche le funzioni propriamente attribuite ai Consorzi di promozione e tutela (dal 24 febbraio di quest’anno è stato costituito apposito Comitato Promozione e Valorizzazione del Val d’Aosta Jambon de Bosses D.O.P.). Edi Avoyer è il Presidente della Cooperativa e del comitato stesso, ed è a lui che ci rivolgiamo per scoprire tutte le virtù di questa specialità. A differenza di altri prosciutti, nello Jambon de Bosses fanno capolino anche fragranze come le erbe aromatiche, l’aglio, le bacche locali… Dobbiamo innanzitutto precisare che il suino che dà corpo allo Jambon de Bosses può essere allevato solo inValle d’Aosta e solo in alcune regioni dell’Italia settentrionale, ove abbiamo la garanzia di corretti parametri e standard qualitativi. Il prosciutto si produce invece soltanto qui, nella piccola comunità della vallata, nel territorio del Comune di Saint Rhémy en Bosses, ultimo centro prima della frontiera svizzera. Dopo la macellazione, le cosce intere e munite dello ‘zampino’ sono rifilate dal grasso e dall’eccesso di cotenna e conferite presso gli opifici di salatura e stagionatura. Dopo queste cure, lo “Jambon de Bosses” assume la caratteristica forma a chitarra con zampino ripiegato. Precisiamo che la particolare stagionatura alle alte quote (fino a 1800 m/ slm) può durare anche fino a 24 mesi; il minimo richiesto dal disciplinare sarebbe di 12 mesi, ma è consuetudine commercializzare il prodotto solo quando è maturo, cioè dopo il 18° mese. Questo prolungato rapporto artigianale con il prodotto è frutto di una esperienza coinvolgente per i contadini delle baite e delle piccole aziende che curano amorevolmente la sua maturazione. Effettivamente, il nostro è un prosciutto inconfondibile; nella fase di salatura le cosce rifilate sono asperse a secco con sale marino, aglio tritato, erbe aromatiche (salvia e rosmarino), pepe macinato grossolanamente e bacche reperibili sul nostro territorio. Ripetutamente, ad ogni aspersione con il sale, la coscia viene poi delicatamente frizionata mediante un massaggio che procede dal gambo verso la testa del femore. Dopo l’inizio della stagionatura e preferibilmente non oltre il limite di sette mesi, le superfici non coperte dalla cotenna vengono abbondantemente ricoperte con impasto di sugna e pepe puro macinato, al fine di evitare l’ossidazione delle parti esposte. Insomma, questo prosciutto è veramente curato e accudito in ogni momento della sua vita, per questo ‘ci appartiene’… Via Francigena, via di meditazione, di paesaggi, di cammino e di incontri. Il progetto di una Via del Gusto su questo stesso itinerario ci pare in perfetta sintonia con le esigenze di un turismo lento che sappia cogliere le vere anime dei luoghi, nello spirito come nella tavola. C’è, in sostanza, bisogno di prodotti autentici, vissuti, al di là degli impliciti disciplinari di produzione e delle certificazioni DOP. Ed il Val d’Aosta Jambon de Bosses non rinuncia ad appartenere a questa categoria. LARD D’ARNAD (DOP) Fra il castello di Bard e quello di Verres, cinto dalla Dora Baltea, si trova il Comune di Arnad. La storia del nome è lunga (Arna, Arnadi… Arnaud, Arnaz, Arnad), lunga come quella dei secoli trascorsi ad accogliere viandanti e genti straniere. O a subire quegli eserciti che a vario titolo e dai tempi più remoti amavano calarsi dalle Alpi nel Bel Paese. Poco distante da Arnad sorge il Santuario di Notre-Dame-des-Neiges, ove viene celebrata la festa della Madonna delle Nevi. Ma è San Martino, il santo cavaliere del mantello, ad essere patrono della chiesa parrocchiale. E’ stata edificata intorno al fatidico anno 1000, quasi a suggellare il più ospitale viatico per l’inizio del millennio. Ad Arnad, insomma, ci si passa per forza: è la porta dell’intera valle, in visione delle Alpi o in pre-visione della pianura. Oggi ad Arnad ci si ferma anche per far festa, sul finire d’Agosto. E’ la Féhta dou Lar, sono proprio i giorni che vedono protagonista il prodotto di cui parliamo, il Lard d’Arnad. Possiamo innanzitutto affermare che è l’unico lardo europeo a godere della denominazione di origine protetta. Molto versatile nella tavola quotidiana, il lardo funge di rigore da antipasto ma, come tutti i salumi dal grasso prosperoso, attira anche i palati più dieteticamente rigidi. Il lardo sa infatti sciogliersi in bocca. E’ questa la sua trappola. E’ una trappola amica, che funziona proprio come la cappa di San Martino. Ti avvolge, ti scalda. Storicamente, si hanno i primi attestati del consumo del Lard d’Arnad nel XVI secolo. Lorenzo Borettaz, Presidente del Comité che ne custodisce la memoria e le modalità di trasformazione, ci introduce a questa specialità: La carne che dà vita al Lard d’Arnad è uno spallotto proveniente da maiali ‘pesanti’ (oltre 2 quintali). La provenienza e la qualità della materia prima è ovviamente tracciata sotto il profilo normativo, ma ciò che caratterizza fortemente la specialità è il modo con cui viene preparata. Il lardo è infatti lavorato e posto a maturare nei doils. Si tratta degli stessi recipienti di legno (realizzati in castagno o in rovere) storicamente utilizzati nei secoli passati. Da questo punto di vista, nulla è cambiato: all’interno dei doils si alternano strati di lardo e una miscela di acqua e sale, speziata con erbe aromatiche. Agli ingredienti esclusivamente naturali si aggiunge però la mano dell’uomo. Il Comune di Arnad conta circa 1300 anime, ma le mani che contano sono quelle che sanno passar di mano una sapienza antica, di famiglia in famiglia, di generazione in generazione. E’ proprio questo che ci interessa. Cosa possiamo dire della ‘ricaduta’ sul tessuto sociale e su quello dell’ospitalità che il Lard d’Arnad provoca oggi? Che è positiva, estremamente positiva. le esigenze di un turismo più meditato e più rispettoso delle comunità locali. Fra istinto di ‘campanile’, recupero di valori e modernità, fra diversità e omologazione, il Lard d’Arnad segna un’irrinunciabile tappa il cui eco travalica ormai da tempo i confini della vallata. he special flavours of Valle d’Aosta are best appreciated when, after a pleasant day spent in the open air amid beautiful surroundings, the light of the moon outlines fantastic, evocative shapes on the rugged Alpine peaks or through the battlements of a majestic castle. That’s a magic time when the traveller who ventures across Valle d’Aosta with the slow pace of the pilgrim, can also be delighfully rewarded by the possibility of tasting some of the delicacies stored in the treasure casket of the Region: Fontina, Jambon de Bosses, Lard d’Arnad and Fromadzo. We asked Mauro Treves, President of the Milk and Fontina Producers Cooperative of Saint-Christophe, Edy Avoyer, President of the Tybias Baucii Cooperative Society of SaintRhémy-en-Bosses, Lorenzo Borettaz, President of the “Lo Doil” Committee and organiser of Féhta dou Lar, further information about such specialities. Let’s start with Fromadzo, perhaps the most popular type of cheese produced in Valle d’Aosta. FROMADZO (PDO) It is produced in the whole territory of Aosta Valley, in the simplest yet wisest way: a mixture of cow’s milk from the morning and evening milkings, some rest and curdling with natural milk enzymes. Once the curd is broken, the cheese is put into the féitchie, or moulds, which will give it its typical round shape. Each wheel is pressed and turned upside-down many times a day, then salted in a brine (also dry-salting is possible) and stored to age. Fromadzo has a pleasant smell of milk, with a special aroma of herbaceous plants and mountain flowers. It has a semi-sweet flavour when fresh, and a stronger, slightly salty flavour, sometimes a little spicy, when it is more mature. Juniper berries, cumin or wild fennel seeds are sometimes added for a special flavour. It has always been a very popular table cheese and a perfect match for polenta and rye bread. When aged, it can also be grated onto a soup or on pasta dishes. What more? FONTINA (PDO) The Milk and Fontina Producers Cooperative celebrated its 50th anniversary in 2007. The cooperative was founded with the purpose of supporting the weak economic power of cheese Il lardo d’Arnad DOP profumato e ricco di aromi Il lardo d’Arnad DOP profumato e ricco di aromi Il progetto di una Via del Gusto sull’itinerario Francigeno tenta di porre in relazione le piccole nicchie ‘golose’ con 57 Via Francigena Recipiente in legno per la stagionatura del lardo d’Arnad DOP Recipiente in legno per la stagionatura del lardo d’Arnad DOP FONTINA DOP Cooperativa Produttori Latte e Fontina www.fontinacoop.com JAMBON DE BOSSES DOP Società Cooperativa Tybias Baucii www.jambondebosses.it LARD D’ARNAD DOP Comité lo doil www.festalardo.it producers from mountain pastures, farms or dairies. The production and marketing of fontina have always had a strong impact on the economic life of the Valley, therefore it was to be safeguarded from imitations (in October 1955 the law decreed that the term Fontina could be used only for the cheese produced in the Aosta Valley). The heritage of history, genuineness, tradition and strict production regulations have been mixed to make this unequalled type of cheese, highly appreciated and competitive in all markets. The hard work of farmers and cattle breeders in the high pastures and the skill of cheese-makers are the perfect mix for the processing of the milk produced in the region and make some 1,600 Fontina wheels every day. A recent advertisement reads: Remember, you are born Fontina... It is just from the origins of Fontina – which historians date from 1270 – that our conversation with Mauro Treves starts. We can say that the Via Francigena has always offered its travellers the possibility of tasting and enjoying Fontina... ‘Our dairy produce, Fontina cheese above all, has alway been a symbol of hospitality to be tasted with friends and strangers alike, according to the traditions of our rural civilization, rooted near the Alpine passes, which have always been a crossroads of Europe. Fontina PDO – this is the proper registered designation – is made with full fat, raw and very fresh cow’s milk from one milking session. The milk must come exclusively from cows of Aosta black or red-spotted breed, fed with the local forage. The cheese has a soft texture and a mild, slightly nutty flavour. The fresh wheels are kept humid, brushed and salted very frequently before being stored in rock grottoes to mature. Fontina melts well and is excellent for a variety of cooked dishes as well as sandwiches; it also makes a great table cheese’. The tourists seem to be increasingly interested in the local products of the different areas they are visiting: culture and gastronomy proceed side by side; this is, however, the purpose of the Trail of Taste that runs along the Via Francigena itself. By he way, the modern pilgrims who want to learn about and taste Fontina, can call at the Visitors Centre in Valpelline or at one of the three chalets run by the Cooperative at PréSaint-Didier, Cogne and Saint-Christophe. Any advice for the travellers along the Via Francigena who want to learn more about this cheese? After a visit to our Centre in Valpelline, we would recommend a visit to the Castle of Issogne, a splendid 15th century fortress with frescoes portraying the presence of Fontina on the table of medieval lords. For keen walkers, however, a visit to a mountain summer pasture could be a really rewarding experience. JAMBON DE BOSSES (PDO) We are at Saint-Rhémy-en-Bosses, a village at 1,600 metres of altitude in the Grand Saint Bernard Valley. The medieval castle of the Bosses, near the Church of St. Léonard, is reminiscent of the long history of the village. The manor house belonged to the aristocratic Bosses family (the name comes from Baucius, a Roman landowner) and to start from the early 13th century the family’s and the village’s history were closely connected. The events were not always in step with the will of the Lords of the Valley, especially of the Counts of Savoy; we learn from the chroniclers that in the year 1300 the Bailiff of Aosta had the castle tower pulled down. The castle is presently a tourist-cultural attraction in the Grand Saint Bernard Valley. What has also made Saint-Rhémy Via Francigena 58 famous through the century is its pork butchery tradition and, above all, the production of Jambon de Bosses. On the second Sunday of July every year, the festival of this excellent raw ham is celebrated at Saint-Rhémy-en-Bosse. The excellence of taste has been a feature of the genius loci since the 14th century. A document (Contes de l’Hospice du GrandSaint-Bernard) dated 1397 mentions thybias porci produced in the territory of Saint.Rhémy. As a homage to the ancient Roman landowner, a Tybias Baucii cooperative brotherhood was created for the promotion of Val d’Aosta Jambon de Bosses PDO, at present backed by the Committee for the Promotion and Marketing of that same product. Edi Avoyer is President of both the Cooperatiove and the Committee and we ask him for further information. Unlike other types of ham, Jambon de Bosses has fragrances of haromatic herbs, garlic, local berries... ‘That’s true. And we must point out that the pigs butchered for Jambon de Bosses can only be bred in Valle d’Aosta and a few regions of Northern Italy, according to strict quality criteria. The jambon, however, can only be produced in the territory of Saint-Rhémy-en-Bosses. The best pork haunches are selected, salted with the addition of garlic, sage, rosemary, local berries and coarsely ground pepper and stored to age at high altitudes (up to 1,800 m asl). The ageing lasts at least twelve months, but Jambon de Bosses is usally put on the market after 18 months. In each stage of its long maturation process the “jambon” is taken great care of. It is produced in a limited quantity and is dedicated to the most refined palates and to the gourmets who are looking for genuine tastes’. The Via Francigena offers a variety of landscapes, of paths, of encounters and many opportunities for meditation. The project of a Trail of Taste along the same route, seems to be in tune with the needs of slow tourism, capable of seizing the true spirit of places and of local produce, in a quest for natural, genuine tastes. Val d’Aosta Jambon de Bosses fits in perfectly. LARD D’ARNAD (PDO) The village of Arnad lies on the banks of River Dora Baltea, between the castles of Bard and Verrès. The name of the village has a long history (Arna, Arnadi...Arnaud, Arnaz, Arnad) across the many centuries where hospitality for travellers and foreigners became a tradition, or the area was invaded by the armies that crossed the Alps towards Italy. For its location, Arnad has always been a transit area, being the Valley gate. A pleasant stop at Arnad is still very popular towards the end of August for the Féhta dou Lar, a village fair having Lard d’Arnad as its star. It is worth remembering that it is the only type of lard in Europe to have received the indication of Protected Designation of Origin. Tempting and extremely tasty, it is traditionally served as an appetizer. Lard d’Arnad has been produced and appreciated to start from the 16th century. As Lorenzo Borettaz points out: ‘The meat used to make the Arnad lard is the shoulder of fat pigs (weighing over 200 kilograms) fed according to strict rules, but the unique taste of our lard is mainly the result of its special processing. The lard is stored to season in chestnut wood containers called doils, with brine and a mixture of haromatic herbs. The secrets for making this very special product have been handed down from generation to generation. The popularity of Lard d’Arnad is important for the economic and social life of our community’. tefano Cavazzini ha una lunga esperienza ‘spesa’ al servizio di un’idea: un ParmigianoReggiano d’eccellenza. E proprio con quest’idea siede alla Presidenza della Sezione di Parma di uno dei più blasonati Consorzi di tutela italiani. Sulla Via Francigena il Parmigiano è proprio, secolarmente, di casa. A differenza del pellegrino d’un tempo, il pellegrino di oggi si trova ovviamente di fronte una storia che ha cambiato confini e stili di vita. Ma fra i tanti cambiamenti, un pensiero resta attualissimo: il significato di un prodotto che nasce da un ancestrale legame con il territorio. Noi vorremmo magari un territorio facile da percorrere, guardare, gustare... ma il Parmigiano pretende un territorio lento, forte, attento. Richiede una quotidianità di rapporti, di lavoro e di cura, che resta ancorata alla fatica del fare e all’entusiasmo di essere riusciti a realizzare qualcosa di splendidamente unico. Un rapporto esclusivo con il territorio “Se qualcuno pensa - dice Stefano Cavazzini - che il Parmigiano-Reggiano sia solo un bell’esercizio di stile gastronomico, commette un errore. Questo nostro prodotto conserva una simbiosi con il territorio d’origine che ha il carattere dell’esclusività. Ne determina i colori nel corso delle stagioni, ne determina il profilo rurale e sociale, ne determina l’aspetto naturalistico. Noi dobbiamo riflettere sul fatto che proprio nel comprensorio del Parmigiano-Reggiano si registra un più elevato tasso di biodiversità , dovuto al ciclo stesso del foraggio. Il latte che nasce è cullato da una dinamica di terre ‘azotate’ da prati perenni, che arricchiscono notevolmente l’ambiente e che ospitano, alimentano e proteggono, una altrettanto infinita serie di specie. Si pensi solo alle varietà di insetti che hanno il prato come habitat o alle diversissime infiorescenze, vero paradiso per le api. La base dell’alimentazione delle bovine che producono latte è dun- Cultura del Cibo Food Culture PARMIGIANO-REGGIANO: LE RAGIONI DELLA SUA ECCELLENZA Intervista a Stefano Cavazzini, Presidente del Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano Sezione di Parma PARMIGIANO-REGGIANO: THE REASONS Of ITS EXCELLENCE An interview with Stefano Cavazzini, President of Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano Parma Section di Giuseppe Maghenzani que un fieno che proviene da un prato stabile e che ha, implicitamente, una costituzione più ampia di essenze foraggiere. A ciò si deve aggiungere una ulteriore ricchezza, sempre in termini di biodiversità, dovuta alle diverse conformazioni orografiche presenti nella nostra provincia. Queste ci consentono di affermare che, sebbene i disciplinari di produzione siano gli stessi, non esiste di fatto una forma di Parmigiano-Reggiano che sia uguale ad un’altra. Ciò costituisce un patrimonio di saperi e di sapori non omologati e ineguagliabili”. Formaggio Parmigiano-Reggiano Formaggio Parmigiano-Reggiano 59 Via Francigena