PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI Uso dell'estricatore o KED o corsetto Per l’applicazione del KED affinchè sia eseguita nella maniera più corretta possibile, é fondamentale la presenza di almeno tre soccorritori adeguatamente addestrati. Procedura A - L’infortunato deve essere collocato in posizione seduta o semiseduta. Il soccorritore (Leader) si posiziona alle sue spalle e provvede ad immobilizzargli manualmente il capo, mantenendo l'immobilità e la posizione neutra del rachide cervicale Fatto ciò gli altri due soccorritori applicano il collare cervicale. Il Leader mantiene la posizione di immobilizzazione manuale fino al termine della manovra di posizionamento del KED. In base alle condizioni del veicolo incidentato, gli altri due soccorritori si dovranno posizionare ai lati del ferito e faranno scivolare il KED con tutte le cinghie ancora fissate ai propri supporti, dietro la schiena del paziente. La manovra, soprattutto in presenza di sedile anatomico, poggiatesta ingombranti o sedile danneggiato, dovrà necessariamente giovarsi di un leggero sollevamento del tronco del ferito dal piano dello schienale, da compiersi con un movimento lento e progressivo dei tre operatori, coordinato dal Leader che sta provvedendo all’immobilizzazione del capo. PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI Collocato dietro la schiena del paziente, il KED va centrato sul rachide: si liberano le cinghie inguinali facendole scorrere lateralmente e posteriormente al paziente senza agganciarle. Fatto ciò, si avvicinano al torace i lembi laterali del KED I soccorritori posti di lato fanno passare le rispettive cinghie inguinali sotto la coscia omolaterale del ferito. Afferrandola dal lato interno delle cosce, la cinghia di destra viene presa in consegna dal soccorritore di sinistra, che provvede ad agganciarla nella sede adeguata, posta nella zona lombare; analogamente si comporta il soccorritore opposto. Verificato che esiste un perfetto contatto delle cinghie con la regione inguinale allo scopo di evitare spostamenti (sfilamento) del KED in fase di estricazione, i soccorritori provvederanno a stringere le cinghie. Vanno agganciate prima le cinghie toraciche inferiore e media. Successivamente impugnando le due maniglie poste lateralmente dietro al torace, si sposta il KED verso l’alto fino a che i lembi toracici del KED vengono a contatto con la zona ascellare; si stringono le cinghie toraciche media ed inferiore già agganciate in precedenza. Un nuovo tipo (già in uso) prevede altre due cinghie arancione e verde che vanno aggangiate per ultime e si incrociano sul torace e rendendo più stabile il paziente. PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI Nel caso in cui si sia in presenza di una donna in stato di gravidanza avanzato, le cin ghie in questione vanno mantenute allentate. Quando si sospettano fratture del bacino o del femore, le cinghie inguinali non devono essere incrociate, ma allacciate ad "occhiello", utilizzando cinghia e fibbia di uno stesso lato. Le cinghie in questione, in qualsiasi caso, vanno sganciate o allentate immediatamente dopo l’estricazione dell’in fortunato e dopo il posizionamento del paziente sul presidio di immobilizzazione. Si valuta la necessità o meno di eliminare con il cuscino morbido l’eventuale spazio tra il supporto posteriore del KED e la nuca del paziente. Si pongono le due ali laterali del presidio a contatto con la testa del paziente, fissandoli in questa posizione con il cinturino frontale; subito dopo, l’immobilizzazione del capo va completata usando il cinturino mentoniero, da posizionare anteriormente al collare cervicale, nella zona pre-mandibolare, incrociandolo lateralmente con quello frontale PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI Il primo soccorritore (Leader) può sospendere l’immobilizzazione manuale del capo e, sceso dal veicolo, si porta accanto all’operatore dal lato in cui verrà estratto il ferito. In presenza di un’importate trauma toracico, la cinghia toracica superiore può essere mantenuta allentata e sganciata immediatamente dopo l’estricazione. Si possono legare le mani del paziente fra loro, utilizzando ad esempio una benda per evitare la caduta degli arti durante l'estricazione. Controllato il posizionamento del KED e la tenuta di tutte le cinghie, inizia la fase di estricazione dell’infortunato. I due soccorritori che si trovano dal lato della portiera da cui uscirà il ferito, afferrano con una mano le maniglie laterali, con l’altra quella opposta in regione occipitale. Il terzo soccorritore libera eventualmente gli arti inferiori che dovessero essere incastrati e li sorregge durante l'uscita. Trazionando sulle maniglie laterali si fa compiere una rotazione al paziente sul sedile, in modo tale da presentarlo con le spalle alla zona di uscita. Quindi, inclinandone il busto verso l’esterno, si traziona l’infortunato cercando di evitare ostacoli rappresentati dal telaio della vettura. Eventuali astanti possono essere coinvolti per accompagnare il bacino e prendere in consegna gli arti inferiori a mano a mano che fuoriesce il paziente. Una volta estricato, il ferito viene collocato sulla tavola spinale o sul materassino a depressione. Una volta posizionato il paziente sul presidio di immobilizzazione definitivo, ricordarsi di slacciare o allentare le cinghie inguinali, al fine di evitare una riduzione o addirittura il blocco della circolazione arteriosa a livello femorale. PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI “IMMOBILIZZATORI” PER ARTI Tutti i traumi ossei o articolari degli arti, richiedono un’immobilizzazione con stecche. La funzione di tali dispositivi è quella di attenuare il dolore, di ridurre i rischi di lesione vascolare o nervose secondarie e limitare il pericolo di embolie. I tipi di immobilizzatori disponibili sono di due tipi: a depressione e rigidi. Gli immobilizzatori rigidi sono composti da una armatura interna di alluminio, rivestiti da spugne e ricoperte da un tessuto lavabile e da una serie di cinghie per il fissaggio. Gli immobilizzatori a depressione sono dei dispositivi che permettono di immobilizzare l’arto in tutte le posizioni. Tale dispositivo è costituito da più settori, in modo da permettere l’omogenea ripartizione delle biglie di polistirolo contenute all’interno. Gli immobilizzatori a decompressione sono disegnati per garantire un perfetto rapporto tra: immobilizzazione nella posizione di reperimento (o antalgica) degli arti fratturati (o con lesioni articolari) e la perfusione degli arti stessi. Radio-trasparenti, sono costruiti in vinile, accoppiato tramite vulcanizzazione; dotati di una valvola sostituibile "on field" e chiusure in Velcro, che ne facilitano la sagomatura durante la decompressione. Ogni immobilizzatore è compatibile con le procedure di diagnostica per immagini. Il set comprende 3 dimensioni diverse d'immobilizzatore, la pompa di decompressione, il kit di riparazione rapida e la sacca di contenimento di tutti i dispositivi. Nell’ immobilizzare un arto, tenere sempre presente le seguenti regole: 1) Rimuovere i vestiti dalle parti interessate. (tagliare i vestiti) 2) Valutare lo stato neurologico e vascolare distalmente al punto di frattura, cioè il polso, la sensibilità e la motilità. 3) Se presenti, medicare e coprire con garze sterili le eventuali ferite onde evitare il PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI contatto diretto dell’immobilizzatore. 4) Immobilizzare sempre le articolazioni a monte e a valle del punto di frattura. 5) Solo quando possibile con cautela e senza forzare tentare di riallineare l’arto. (Attenzione qualsiasi manovra di forzatura può causare ulteriori lesioni) 6) Nel caso non sia possibile per resistenza dell’arto, per dolore o per qualsiasi altra difficoltà, immobilizare l’arto come si trova (manovra consigliata). 7) Per quando riguarda i segmenti con fratture esposte è assolutamente sconsigliata qualsiasi manovra di trazione o riallineamento degli arti. 8) Controllare i polsi periferici prima e dopo l’applicazione della stecca. 9) Rimuovere monili dagli arti fratturati (anelli, braccialetti, orologi). Le indicazioni per l’immobilizzazione variano a secondo del distretto corporeo così come di seguito: Piede e caviglia Sia il piede che la caviglia si immobilizzano nella posizione in cui si trovano, utilizzando una stecca a depressione o rigida. Gamba Valutare i polsi periferici, sia prima che dopo l’immobilizzazione. Posizionando le mani una sotto la caviglia e l’altra sotto il ginocchio, si solleva l’arto di circa tre cm dal suolo e si fa scivolare l’immobilizzatore (rigido o a depressione) sotto l’arto, (compreso piede e ginocchio), e poi si blocca con le cinghie. PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI Ginocchio Valutare sempre i polsi periferici a valle della lesione sia prima che dopo l’immobilazzione. Dalla posizione in cui si trova il ginocchio dipende il tipo d'immobilizzazione da effettuare. Nel caso in cui il ginocchio fosse piegato, si posiziona una stecca a depressione fissando l’arto in posizione antalgica. Se invece l’arto è diritto, si può posizionare sia una stecca a depressione che una rigida, l’importante è imbottire (con cotone o garze) le parti dell'arto non aderenti alla stecca, per impedire qualsiasi movimento dello stesso. Femore Per quando riguarda l’immobilizzazione del femore, non sono adatte nè le stecche rigide nè quelle a depressione, perché per un efficace immobilizzazione è necessario bloccare l’articolazione sia a valle che a monte. Per tale scopo vi è un sistema non ortodosso che è quello del corpetto di estricazione. Tale presidio si utilizza nel seguente modo: • dopo averlo aperto si posiziona al fianco del paziente; • il corpetto si fa scivolare sotto al femore centrando l’anca; • dopo averlo chiuso si fissa con le cinghie, fissandolo all’addome e alla coscia; • si posiziona poi il paziente sulla tavola spinale utilizzando sempre la barella a cucchiaio I limiti di cui è gravata tale tecnica, per cui se ne sconsiglia l’utilizzo sono: • non è possibile immobilizzare adeguatamente l’arto a valle; • il corpetto che necessariamente rimane in sede sino al completamento della diagnostica, è mal tollerato dal paziente. Una soluzione più semplice ed efficace per gestire la frattura di femore preospedaliera è quella del trasporto del paziente su una tavola spinale. Dopo aver posizionato il paziente sulla tavola spinale con la barella a cucchiaio, si elimina lo spazio tra le cosce utilizzando un cuscino o una coperta. A tal punto l’immobilizzazione verrà garantita dal ragno. Polso e mano In questo distretto corporeo l’immobilizzazione va fatta dalla punta delle dite fino al gomito mediante stecca rigida o a depressione. Gomito Oltre alla valutazione della presenza dei polsi periferici prima e dopo, per quanto PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI riguarda l’immobilizzazione del gomito può essere eseguita sia con stecca rigida sia con stecca a depressione posizionando l’arto in posizione antalgica. Dopo aver steccato, l’arto viene sostenuto con una fascia che viene passata intorno al collo e al polso del paziente. Avambraccio Valutare la presenza del polso radiale prima e dopo l’immobilizzazione. Sollevare l'arto, (con molta cautela) facendo leva a monte e a valle della zona interessata e far scivolare la steccobenda rigida (o a depressione) sotto di esso. Quindi si chiudono le cinghie e si adagia l'arto al torace del paziente, cercando di fissarlo al tronco dello stesso per rendere stabile l'immobilizzazione. Spalla e braccio Anche in questo caso va valutato il polso (radiale) prima e dopo l’immobilizzazione. In questo caso va avvicinato l’arto flesso al torace e dopo aver imbottito il cavo ascellare e sotto al gomito con del cotone, va bloccato al busto del paziente. Steccobende gonfiabili Ormai poco utilizzate, esse si aprono e si pone con molta cautela l'arto da immobilizzare all'interno poi si richiudono e si gonfiano con apposito strumento. Esse possono anche essere gonfiate utilizzando la bombola di ossigeno. PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI LA METALLINA O COPERTA ISOTERMICA O TELINO ISOTERMICO. Il telino isotermico è un presidio indispensabile nel primo soccorso. Si usa per coprire il paziente ed è utilizzato in caso di: • incidenti stradali • ustioni • traumi • ipotermie • colpi di calore. Il suo spessore è simile a quello della carta stagnola in alluminio, ed è dunque facile da stendere sul paziente, non creando increspature all’atto del suo utilizzo. Le superfici che formano il telino isotermico sono due: una argentata ed una dorata. La superficie dorata si lascia facilmente attraversare da calore e raggi solari, mentre quella argentata tende a rifletterli. In caso di trauma, ustione o ipotermia si rivolge il lato di colore argento verso il paziente, in modo che la coperta abbia funzione di mantenere il calore corporeo. Al contrario, in caso di colpo di calore, si lascia il lato di colore argento esternamente rispetto al paziente, in modo che la coperta isotermica abbia la funzione di facilitare la dispersione del calore corporeo e di evitare che quello proveniente dall’esterno, soprattutto sotto forma di raggi solari, possa arrivare alla cute. Le dimensioni di tale presidio sono in genere cm. 220x140. PERCORSO TRAUMA CAP. XIII Rimozione Casco Il primo soccorritore (S1) (leader) si pone in ginocchio dietro la testa del paziente, assumendo una posizione stabile, afferra le pareti del casco con il palmo delle mani e mantiene il bordo inferiore con la punta delle dita. A questo punto il secondo soccorritore (S2) apre la visiera, controlla le vie aeree e se respira, slaccia la cinghia di fissaggio del casco o eventualmente la taglia se è bloccata S1 mantiene la stessa posizione, mentre S2 infila una mano sotto il casco afferrando con pollice e indice la zona occipitale, inserisce le stesse dita dell'altra mano ai lati della bocca fino a raggiungere le fosse sotto gli zigomi (come nell'allineamento) e si preoccupa di mantenere in allineamento l'asse cervicale. Una volta raggiunta la stabilità della posizione, S2 comunica a S1 di iniziare la manovra di estrazione del casco. S1 lascia la presa ai lati del casco allarga poi i laterali del casco stesso leggermente, staccandoli dalle regioni laterali del cranio. A questo punto S1 ruota il casco leggermente verso il paziente (in avanti) e poi lo tira verso di se, in modo da liberare il naso del paziente. Continuare la manovra con molta delicatezza e lentamente fino a estrazione completa. Successivamente S1 rimuove il casco con cura, allargandolo dalla testa del paziente, in linea retta, fermandosi un attimo prima che il casco sia del tutto fuori da sotto la testa, o comunque prima che la parte ricurva del casco possa sollevare e flettere l'occipite del paziente. PRESIDI PERCORSO TRAUMA CAP. XIII PRESIDI S2 mantiene l'immobilizzo della testa assicurandosi che la stessa non fletta quando il casco viene rimosso completamente. Mantenere la posizione del capo. Mantenere e/o ottenere un allineamento neutro stabile della colonna del paziente. Dopo l'applicazione del collare cervicale, continuare a mantenere in asse la colonna fino al definitivo posizionamento sulla barella spinale Ci sono due fattori chiave nella rimozione del casco: A) mentre un soccorritore immobilizza l'altro sposta le mani, i due soccorritori non devono mai muovere le mani contemporaneamente; B) il casco deve essere ruotato, alternativamente, in avanti e indietro per liberare il naso e la nuca Bibliografia 1. American College of Surgeons Commitee on Trauma: Advanced Trauma Life Support course; Chicago, 2002, American College of Surgeons. 2. Mc Swain NE Jr:Kinematics In Mattox KL, Feliciano DV, Moore EE, editors:Trauma, ed 4 New York, 1999. Mc Gaw Hill. 3. Prehospital trauma Care Italian Resuscitation Council ed. 2007 4. Emergency, Procedure e Tecniche, R. Robert Simon, Barry E. Brenner, 3° Ed. Centro Scientifico internazionale, 1997 172 FLOW-CHART TRAUMA CRANICO • TRAUMA CRANICO LIEVE (PERCORSO 1) (RISCHI BASSO) (RISCHIO INTERMEDIO) (RISCHIO ALTO) • TRAUMA CRANICO MODERATO (PERCORSO 2) • TRAUMA CRANICO GRAVE (PERCORSO 3) rimodellamento e trauma 173 TRAUMA CRANICO LIEVE PERCORSO 1 RISCHIO BASSO GCS 15 nessun fattore di rischio preesistente o conseguente al trauma valutazione clinica nessun accertamento dimissioni con foglio informativo 174 TRAUMA CRANICO LIEVE PERCORSO 1 RISCHIO INTERMEDIO GCS 15 e • Amnesia retrograda • Dinamica del trauma1 +PCD • Vomito • Intossicazione 2 acuta da alcol e droghe • coagulopatie e/o trattamenti anticoagulanti • cefalea grave/ingravescente • Epilessia Osservazione clinica > = 6 ore Tac cranio3 entro il periodo di osservazione NO RX CRANIO lesione intracranica no lesione intracranica si coagulopatie e/o trattamenti anticoagulanti Frattura intracranica si Consulenza NCH Dimissioni con foglio informativo osservazione 24 h e TAC controllo ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------1 dinamica ad alto rischio 2 anche sospetta 3 anche con finestra per l’osso 175 TRAUMA CRANICO LIEVE - PERCORSO 1 RISCHIO ALTO Criteri 1. GCS 15 con crisi convulsiva post traumatica 2. PDC con vomito ripetuto e cefalea persistente 3. GCS 14 Valutazione clinica TAC più presto possibile Lesione intracranica NO Lesione intracranica SI Coagulopatie e trattamenti anticoagulanti Consulenza NCH Osservazione clinica non < di 24 ore Controllo TAC 176 TRAUMA CRANICO MODERATO PERCORSO 2 Trauma cranico moderato tutti i pazienti con trauma cranico moderato dopo la stabilizzazione dei parametri vitali debbono eseguire: 1. TAC Cerebrale 2. Studio rachide cervicale 3. Studio multi distrettuale (politrauma) NON INDICAZIONE GCS 9-13 TAC non lesioni NCH (OSP. CON TAC E T.I.) RICOVERO IN NCH VALUTAZIONE INTERVENTO NCH MONITORAGGIO GCS 9-13 TAC lesioni diffusa tipo III-IV GCS 9-13 TAC presenza effetto massa GCS 9-13 TAC lesioni tipo II ASSOLUTA RICOVERO IN RICOVERO IMMEDIATO IN RICOVERO IN NCH NCH OSP CON POSSIBILITÀ DI TRASFERIMENTO IMMAGINI IN NCH 177 TRAUMA CRANICO PERCORSO 3 TRAUMA CRANICO GRAVE (GCS 8) Trauma cranico extraospedaliero ABCD Condizioni cliniche o mancanza di risorse adeguate Instabile *-Valutare GCS e pupille (più volte) definire stabilità da ottenere *Instabilità non correggibile sulla scena per condizioni cliniche o mancanza di risorse adeguate ospedale più vicino con requisiti minimi ( Rx 24 ore,Chirurgia, T.I.) Possibilità di trasferimento tempestivo e teleconsulto, poi come percorso 2 178 2° Parte Allegato 1 Organizzazione dei soccorsi sanitari in caso di catastrofe Allegato 2 Dispatch C.O.T. 1.1.8. Allegato 3 La sicurezza nell’emergenza sanitaria extraospedaliera o territoriale Allegato 4 Tabelle Ministeriali "Bere sicuro" 179 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE ORGANIZZAZIONE DEI SOCCORSI SANITARI IN CASO DI CATASTROFE Catastrofe: Evento dannoso per la collettività (uomini ed infrastrutture) che lo subisce. In seguito ad esso si verifica una sproporzione grave, brutale, temporanea, e improvvisa tra richieste di soccorso e risorse disponibili (fig. A1-1). La medicina delle catastrofi ha lo scopo di fornire la risposta sanitaria corretta quando le risorse sono insufficienti rispetto alle necessità dell’evento e si basa sull’integrazione delle varie componenti dei soccorsi. Fig. A1-1 La medicina delle catastrofi rappresenta in realtà l’insieme di vari tipi di discipline rivolte al raggiungimento di obiettivi comuni cioè alla limitazione delle sequele e della perdita di vite umane: • L’ambiente ostile dove si svolgono le operazioni necessita di una capacità di adattamento tipica della medicina da campo. • l’identificazione delle priorità caratterizza la medicina d’urgenza • la presa in carico sanitaria di un gran numero di vittime deve tenere conto della medicina di massa ed il concetto di vittima inteso nella sua globalità è peculiare della medicina globale. • Occorre partire da una pianificazione preventiva applicabile sul campo tipica della medicina di dottrina mantenendo una gerarchia dei compiti ed una essenzialità dei trattamenti caratteristici della medicina di guerra. 181 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE L’aspetto peculiare di ogni disciplina scientifica è l’utilizzo di strumenti operativi; quelli che caratterizzano la medicina delle catastrofi sono tre: la strategia: l’arte di ideare i piani di emergenza; tre capisaldi ne rappresentano il cardine: • i piani di emergenza devono essere predisposti dagli operatori più esperti ideando situazioni realisticamente possibili; • la stesura dei piani di emergenza ha come punto di partenza l’analisi dei rischi presenti nel contesto territoriale; è bene sottolineare che la realizzazione di una risposta deve basarsi sulla previsione degli eventi relativa alle conseguenze degli stessi ; • Preparazione degli operatori elemento imprescindibile alla realizzazione di un piano la logistica: La logistica è tutto quanto permetterà al sistema di sopravvivere. E' letteralmente definibile come l’arte del provvedere e di permettere un equo e razionale dispiegamento sul campo di uomini materiali e mezzi. la tattica: La tattica è l’applicazione dei piani di soccorso attraverso procedure operative consequenziali finalizzate alla creazione della catena dei soccorsi. Gli aspetti peculiari della catena dei soccorsi devono rispondere a determinati requisiti: • Un unico ente di ricezione dell’allarme che quantizzi l’evento e fornisca prontamente una risposta • La medicalizzazione costituisce il fulcro della medicina delle catastrofi, benché i problemi riscontrabili nelle emergenze ordinarie risultino amplificati, l'errore più comune è il pensiero di affrontarli aumentando disordinatamente lo spiegamento di forze in campo. L’approccio più corretto sarà stabilire la priorità di evacuazione verso i luoghi di cura definitivi per le vittime. La medicalizzazione sarà condotta a diversi livelli e nello specifico all’interno del Posto Medico Avanzato, ossia una struttura interposta tra il sito dell’evento e gli ospedali dove le vittime potranno essere messe in condizioni di affrontare la successiva evacuazione. • L'evacuazione è il circuito ininterrotto dei mezzi dal posto medico avanzato ai luoghi di cura definitivi. L'evacuazione può svolgersi con l’ausilio di mezzi usati nella quotidianità o di mezzi speciali. • L'ospedalizzazione è l'ultimo anello della catena dei soccorsi; i nosocomi dovranno predisporre piani di emergenza per un gran numero di vittime. 182 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE Analizzeremo di seguito ciascuna fase temporale insita nella Tattica: 1. Fase di allarme: l’ente preposto alla ricezione dell’allarme di pertinenza sanitaria è la Centrale Operativa (C.O.) del sistema 118. che attiva il sistema in base alle informazioni assunte: • tipo di evento • numero presunto delle vittime • accessibilità del sito o delle vittime 2. Zona dei Soccorsi sanitari: la zona dei soccorsi deve essere allestita in prossimità dell’area colpita, possibilmente al riparo da rischi evolutivi. Nelle prime fasi dell’evento lo stress e la confusione raggiungeranno livelli elevatissimi. Il primo equipaggio ad intervenire deve essere indottrinato, perché avrà il compito di confermare e trasmettere le informazioni necessarie per fornire una risposta adeguata all’evento. Aspetti e compiti della zona dei soccorsi: La prima fase di un evento catastrofico è caratterizzata da improvvisazione, dovuta a tensioni emotive e risposte psichiche di vario tipo. Le prime ore in effetti sono gestite dai presenti sul luogo, poiché il personale preposto al soccorso standard sarà probabilmente coinvolto a vario titolo nel disastro;vi è da dire, però che l’organizzazione dei soccorsi per quanto valida salva un numero relativamente basso di vittime. In questa fase l’impiego dei mezzi di soccorso aerei o su ruota non va mai dato per scontato; a volte è indispensabile l’arrivo di mezzi di sgombero prima dei soccorsi sanitari. Compito iniziale e di fondamentale importanza della prima squadra di soccorso giunta sulla scena è la conferma dell’allarme e la ricognizione preliminare; questa, fornisce gli elementi per modulare una risposta adeguata all’evento. Sarebbe auspicabile che questa, quando possibile, avvenga dall’alto tramite mezzo aereo per la migliore visione di insieme , per la possibilità di indicare le vie di accesso e non di minore importanza per il minore coinvolgimento emotivo; queste operazioni infatti devono essere svolte da personale addestrato, poiché l’obiettivo non è il soccorso immediato alle vittime, bensì la trasmissione di una descrizione della scena ed in particolare la tipologia del sinistro, il numero presunto delle vittime e la patologia prevalente. La ricognizione è finalizzata a valutare l’estensione del sinistro, rilevandone i limiti topografici, la persistenza di zone a rischio, la presenza di pericoli, le conseguenze sull’ambiente con valutazione di danni a strutture, identificazione di aree di atterraggio, valutazione del sito ove impiantare il PMA e le aree di parcheggio per i mezzi in arrivo. 183 PERCORSO TRAUMA • ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE Settorializzazione: si intende la ripartizione in aree funzionali di lavoro allo scopo di razionalizzare le risorse disponibili. Questa fase, obbligatoriamente condotta con le forze di polizia e con i vigili del fuoco, presuppone un approccio tecnico che raramente è in possesso delle squadre sanitarie. È necessaria la conoscenza dei perimetri di sicurezza e la corretta distribuzione delle equipe. Ciascuna area deve essere frazionata localmente, allo scopo di convogliare equamente le risorse di soccorso, e si avranno rispettivamente zone a loro volta suddivise in cantieri di lavoro. • Integrazione: è la condizione finalizzata all’esecuzione dei compiti istituzionali delle componenti dei soccorsi. Questo concetto, assolutamente semplice a livello teorico, risulta anche nelle emergenze ordinarie assai difficile da realizzare. In mancanza di un linguaggio comune e di procedure condivise, le Squadre sanitarie, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine e personale volontario si troveranno ad operare in condizioni estreme perseguendo ciascuno il suo obiettivo. • Recupero e raccolta delle vittime: la fase del salvataggio ossia l’insieme delle operazioni finalizzate allo spostamento della vittima in luogo sicuro può essere svolta da personale tecnico che provvederà anche alla messa in sicurezza della zona. Non è raro però che il soccorso, in alcuni casi, coincida con il recupero di una vittima, li ove l’esecuzione di rapide manovre salvavita consentono agli operatori tecnici il tempo necessario per lo spostamento in luogo sicuro della vittima oppure quando le vittime, numerose, si trovino radunate e sia necessario un triage di recupero che vedremo in seguito. • Medicalizzazione: comprende tutte le operazioni sanitarie necessarie a stabilizzare le vittime e va distinta in due ambiti separati: o intervento di prima linea, cioè nel “cantiere”, dove verranno compiuti pochi gesti terapeutici essenziali, con la finalità unica di far sopravvivere i feriti fino all’accesso del Posto Medico Avanzato. o intervento al Posto Medico Avanzato (P.M.A.), in questa struttura verranno convogliate tutte le vittime recuperate dai cantieri e sottoposte al Triage. Il posto medico avanzato è una struttura sanitaria dove le vittime verranno stabilizzate ed evacuate verso luoghi di cura definitivi secondo ordini di priorità stabiliti dal triage. • Trasporto delle vittime (Evacuazione): l’evacuazione, ossia il trasferimento 184 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE verso le strutture ospedaliere, è coordinata dalla Centrale Operativa 118 (il piano della Regione Campania prevede per questi tipi di eventi l’allestimento di una Unità di Crisi che vicaria la CORE) , avviene in genere via terra (ambulanze normali o attrezzate per la rianimazione) o con elicotteri. Non va tuttavia escluso l’utilizzo di autobus preventivamente attrezzati per il trasporto protetto, o di mezzi speciali per disastri di grande entità. IL Posto Medico Avanzato Il PMA (fig. A1-2) viene definito come un "dispositivo funzionale di selezione e trattamento sanitario delle vittime, localizzato ai margini esterni dell'area di sicurezza o in una zona centrale rispetto al fronte dell'evento; può essere sia una struttura che un’area funzionale dove radunare le vittime, concentrare le risorse di primo trattamento, effettuare il triage ed organizzare l’evacuazione sanitaria dei feriti nei Fig. A1-1 centri ospedalieri più idonei”. Il luogo idoneo di installazione verrà deciso dal Coordinatore dei Soccorsi Sanitari di concerto con il Direttore tecnico dei soccorsi. Il Posto Medico Avanzato deve possedere alcuni requisiti: • collocazione in area sicura, al riparo da rischi evolutivi. • collocazione agevole rispetto alle vie di comunicazione • adeguata segnalazione con accesso e deflusso separati • caratteristiche ottimali di temperatura, luminosità e climatizzazione. La struttura è geograficamente interposta tra il sito della catastrofe e gli ospedali All’interno del PMA operano medici ed infermieri, ma possono trovarvi collocazione anche soccorritori non sanitari che espleteranno funzioni logistiche. Comando e coordinamento 185 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE La normativa vigente prevede che sul luogo dell’evento vi sia un responsabile che svolga il ruolo di Direttore dei soccorsi sanitari (DSS), rapportandosi con referenti analoghi di altre Istituzioni deputate alla gestione dell’emergenza. Egli si assumerà la responsabilità di ogni dispositivo di intervento sanitario nella zona delle operazioni, mantenendo un collegamento costante con la CO. Sul sito è previsto un posto di comando avanzato (P.C.A.), in cui operano il Direttore Tecnico dei soccorsi (in genere un rappresentante dei VVF e il DSS. Uno dei compiti dei DSS è la creazione di una catena di comando, ove figure legate da una gerarchia funzionale opereranno in autonomia, ciascuno nel proprio settore di competenza. La direzione dei soccorsi spetterà ad un sovra coordinatore (il DTS) il quale avrà il compito di stabilire un punto di comando avanzato, ottimizzare le risorse a disposizione, garantire collegamenti comunicazioni e rifornimenti alle aree funzionali di lavoro ed ultimo, ma non in ordine di importanza, verificare che sussistano le condizioni di sicurezza per gli operatori. Piani di emergenza ospedalieri In caso di catena dei soccorsi sanitari per catastrofi limitate, il trasporto termina in uno o più ospedali della zona, che dovranno predisporre i piani relativi ad un afflusso massiccio di feriti come da normativa vigente. La trattazione delle problematiche legate alla gestione della maxiemergenza ospedaliera esula dai contenuti di questo testo, tuttavia vogliamo specificare che il concetto della catena di comando rimane valido anche nell’ambito ospedaliero. Gli ospedali rappresentano l’ultimo anello della Catena dei Soccorsi, iniziata con l’attivazione dell’allarme alla C.O.118. La pianificazione della risposta ospedaliera si basa su una “piramide” procedurale e dottrinale che analizza i punti che devono essere attivati per ottenere un Piano di Emergenza efficace ed attuabile nella nostra realtà. I gradini di questa piramide sono: • Formazione e Progetto • Analisi del rischio • Verifica delle risorse • Scenari possibili • Management • Piani • Verifica del Sistema • Operatività Lo stato di allarme per una maxiemergenza intraospedaliera viene comunicato dalla 186 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 1 SOCCORSO CATASTROFE centrale operativa 118, dalla Prefettura, da pubblici ufficiali e confermato dalla Direzione Sanitaria che ha il compito di coordinare il Piano di emergenza, attraverso l’Unità di crisi, preistituita all’interno dell'ospedale stesso e composta dai rappresentanti delle varie unità operative interessate FUNZIONI DELL'UNITA DI CRISI NELLA FASE OPERATIVA • Ricezione dell'allarme: (immediato blocco dell’ammissione dei soggetti con patologie non urgenti sospensione attività ambulatoriali ed alla dimissione dei soggetti che possono essere dimessi). • Allestimento area di accettazione/ricezione dei pazienti.:(area "rossa” “gialla“ "verde" "nera”) • Mobilitazione dei reparti e del personale. • Allestimento delle vie di accesso. • Rapporti con l'esterno. • Comunicazioni. • Triage Attivazione dei PEIMAF Il Piano di Emergenza scatta quando l’afflusso dei feriti che giungono al D.E.A. (Dipartimento di Emergenza) eccede la normale routine, gestibile con mezzi ordinari.Per una struttura zonale (D.E.A. di 1° Livello), il Piano entra in funzione quando il numero di feriti gravi supera le dieci unità. Il Piano verrà attivato anche in caso di situazioni che impongano assistenza sanitaria a venti o più pazienti,qualunque sia la loro situazione clinica. In caso di afflusso di feriti superiori alle trenta unità dovrà essere comunque previsto il dirottamento in altri Ospedali, se la situazione lo consente, con la collaborazione della Centrale Operativa del Sistema di Emergenza Sanitaria “118”. Il livello di risposta da prevedere è in relazione al numero di vittime che giungono in D.E.A ; la tipologia di risposta del Piano varierà in relazione all’evento e al tipo di lesioni preminenti delle vittime che giungono in D.E.A. 187 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH Dispatch C.O.T. 1.1.8. La chiamata di soccorso ad una stazione di Emergenza Sanitaria (in Italia, “Sistema 1.1.8.”) rappresenta il “Primo anello” della “Catena del Soccorso”. Ogni C.O.T opera esercitando il dispatch (derivato da “to dispatch” - distinguere) che filtra e discrimina tutte le chiamate ricevute, tramite una procedura standardizzata di domande mirate per ottenere delle risposte idonee per la corretta comprensione dell’evento accaduto. La raccolta della chiamata e la stessa chiamata, in caso di emergenza sanitaria è già parte del soccorso. Essa va intesa come una dinamica interrelazione tra soccorsi e soccorritori che cerca di evidenziare, soprattutto: • natura dell’evento (sanitario, non sanitario, catastrofe, etc.); • criticità dell’evento (con attribuzione del relativo codice di uscita); • dimensione dell’evento (numero di persone coinvolte). Tutto ciò esita in quello che viene definito “Triage telefonico”, che attualmente si basa sulla chiamata vocale del richiedente ed è spesso complicata da notevoli interferenze di carattere emotivo che ne possono pregiudicare la piena efficacia. In un futuro, non lontano, le tecnologie potranno semplificare il sistema con invio per esempio di immagini e parametri vitali. Ogni Centrale Operativa del 1.1.8 ha elaborato propri protocolli per l’E.M.D. (Emergency Medical Dispatchers - Operatori di Centrale Operativa). Di seguito si riporta quello della C.O.T. 1.1.8. di Napoli emanate dal compianto Dr. Gianfranco Buffardi nel 2002. E.M.D Gli E.M.D. esercitano la loro professionalità attraverso un protocollo di risposta, approvato dalla National and International Accademy of Emergency Medical Dispatch, che guida l’Operatore a determinare: • criticità della situazione; • giusto livello di risposta; • fornire le istruzioni necessarie in attesa dell’arrivo dei soccorsi qualificati; • dare informazioni e supporto al personale dei mezzi di soccorso. Lo schema base del protocollo di interrogazione è così preordinato: localizzazione – numero telefonico, città, strada e numero civico sono indispensabili per poter richiamare l’Utente in caso di interruzione della comunicazione ed individuare il luogo dov’è accaduto l’evento; • evento – è indispensabile individuare al più presto il bisogno dell’Utente e far 188 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH intervenire il mezzo di soccorso e le persone più idonee; • paziente/i – l’Operatore deve far valutare al chiamante lo stato di coscienza, il respiro, il circolo ed eventuale presenza di dolore del paziente; successivamente: • età del paziente, se non già comunicata; • ulteriori particolari per l’identificazione esatta del luogo dell’evento; • se vi è sicurezza sulla scena dell’evento; • se vi è necessità di attivazioni di altri enti (Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, etc.). Si evidenzia che la C.O.T. risponde a richieste provenienti da cellulari che possono trovarsi in aree diverse dalla città di Napoli, pertanto essendovi indirizzi comuni a molte altre località (es. Corso Garibaldi, Via Manzoni, etc.) è indispensabile accertarsi della reale località di provenienza della richiesta. L’E.M.D. deve inoltre: • stabilire i bisogno delle persone e soddisfarli; • ascoltare con attenzione mostrando interesse; • parlare con calma e chiarezza invitando l’Utente, con fermezza, a fare altrettanto per poter meglio comprendere e non sprecare secondi preziosi; • chiedere con determinazione di parlare con una persona vicina, se chi telefona non riesce a calmarsi (chi telefona è impaurito, arrabbiato e spesso estremamente confuso per cui ha la necessità assoluta di essere tranquillizzato e guidato durante la conversazione telefonica); • assumere il “dominio” della telefonata restando calmo ed invitando alla calma (es. “Comprendo perfettamente il suo problema, se sta calmo mi aiuta a risolverlo”); • se necessario, “sgridare” le persone estremamente agitate, invitandole a comportamenti più razionali; • non farsi coinvolgere emotivamente rispondendo ad eventuali insulti, se possibile compilare la scheda software riportando il numero telefonico e le note del caso (ingiurie, minacce, etc.) allo scopo di poter inoltrare dettagliata denuncia all’Autorità Giudiziaria – questa procedura va effettuata anche per le richieste di intervento che si rivelassero false; • dare riferimenti precisi (frasi chiave) agli utenti in relazione al tempo che il mezzo di soccorso impiegherà a giungere sul luogo dell’evento (evitando di dare indicazioni “Arriverà tra 10 minuti”, ma costringendo l’Utente a guardare 189 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH l’orologio con frasi tipo “Sono le 10,15, l’autoambulanza arriverà entro le 10,20 – 10,25”); dare informazioni semplici evitando l’uso di parole di difficile comprensione (es. • termini strettamente tecnici); ripetere spesso frasi tranquillizzanti (es. “L’autoambulanza è già partita”, “Stanno • arrivando anche i Vigili del Fuoco”, etc.”); • non lasciare l’Utente solo per più di 20 secondi; • rallentare la velocità delle parole, quando si è al telefono con persone anziane (spesso hanno bisogno di essere rassicurati ed aiutati a ricordare il proprio indirizzo); chiamare i bambini con il proprio nome ed aiutarli a ricordare il proprio indirizzo • o a dare informazioni che consentano di individuare l’abitazione (i bambini, a volte, sono paradossalmente tranquilli poiché non si rendono conto della gravità della situazione); utilizzare il titolo con il quale si presenta la persona (es. dott., avv.), in casi di • dubbio sig./ra; invitare a lasciare libera la linea telefonica per eventuali ulteriori comunicazioni, • affinché chi telefona possa: • inviare una persona per strada ad attendere i soccorritori; • accendere le luci dell’abitazione, se l’evento accade di notte; • aprire cancelli, portoni ed altri eventuali sbarramenti che impediscono l’accesso ai soccorritori; • far rimuovere auto in sosta che ostacolino l’arrivo dei mezzi di soccorso; • far stazionare l’ascensore al piano terra con le porte aperte. Trasferimento di chiamata ad altra Centrale Operativa Per problemi di collegamento ancora non risolti da parte dei vari gestori di telefonia mobile, alla C.O.T. 1.1.8. arrivano richieste di interventi per località di competenza di altre Centrali Operative. In tali casi, gli operatori trasferiscono la chiamata alla Centrale Operativa di competenza, ponendo attenzione a: • identificare con precisione il luogo dell’evento; • verificare l’appartenenza della località alla C.O.T. appropriata; • trasferire la chiamata con il sistema di ricerca elettronico della postazione libera; • comunicare con chiarezza, all’Operatore che risponde, il numero di telefono 190 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH dell’Utente che chiama; • compilare la scheda delle emergenze con l’annotazione del numero di telefono del chiamante e chiuderla in modalità “trasferito ad altra C.O.”. Telefonate da parte di Operatori 118 sul territorio Per evitare di sovraccaricare il già delicato lavoro della postazione radio, per quanto possibile, gli Operatori delle postazioni telefoniche, che rispondono alle richieste o alle comunicazioni da parte degli Operatori del territorio, si devono adoperare per fornire tutte le notizie del caso o aggiornare direttamente le schede, senza dover necessariamente trasferire la telefonata alla postazione radio. Per la legge n° 675/96 (legge sulla privacy) non si può utilizzare il “viva voce” per le telefonate degli Utenti né è possibile diffondere via radio i dati personali relativi ai pazienti trasportati, pertanto gli Operatori delle autoambulanze, al termine dei servizi espletati, devono comunicare i dati relativi all’intervento effettuato, esclusivamente per telefono sulla linea 1.1.8. mentre l’Operatore di Centrale che riceve la comunicazione provvede ad inserire i dati al computer e se è il caso ad archiviare l’intervento. Schema esplicativo di dispatch: operatore telefonico risponde entro il 3° squillo Tranquillo Chiamata di soccorso fatta da: adulto agitato Invitare alla calma - Non farsi coinvolgere Essere professionali - Chiedere di parlare lentamente - Rassicurare Ripetere frasi chiave Eseguire domande precise Guidare al soccorso si è tranquillizzato ancora agitato Parlare con voce ferma Se necessario sgridare Chiedere di parlare con un’altra persona Richiamare, se necessario Chiedere informazioni Dare consigli Chiamata di soccorso fatta da: anziano Parlare lentamente Non alzare la voce Chiamata di soccorso fatta da: bambino Chiamare per nome Rassicurare Verificare le informazioni ricevute 191 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH Dispatch in caso di trauma L’evento traumatico richiede per le sue peculiarità di valutazione, evoluzione ed intervento indicazioni aggiuntive allo schema generale presentato. L’E.M.D. con le prime domande tenta di ottenere informazioni da qualcuno che abbia assistito all’evento o che abbia potuto valutare da vicino le conseguenze, oppure che possa, in sicurezza, avvicinarsi rapidamente alla scena dell’evento. Non sempre può essere agevole stabilire dove si è verificato l’incidente, soprattutto se è avvenuto in sede extraurbana e se il richiedente ha familiarità con il posto: in questi casi si chiede di fornire punti di riferimento specifici della sua posizione (es. indicazioni stradali, luoghi di culto, attività commerciali) ed eventualmente si provvede a localizzare la chiamata attraverso la società telefonica. La centralizzazione è una funzione peculiare ed esclusiva della Centrale Operativa 118 che comporta il trasporto assistito e la scelta dell’ospedale più idoneo in base ai criteri anatomici, clinici e dinamici che supportano la definizione di “trauma maggiore”: A) criteri anatomici e clinici (centralizzare sempre) • G.C.S. ≤ 12 o deficit di lato; • trauma del rachide con deficit motori o sensitivi; • ustione di 2° e 3° grado (> 30% negli adulti, 20% nei bambini); • trauma toracico con lembo mobile; • trauma toracico chiuso con P.A.S. < 90 oppure F.R. > 35 oppure SaO2 < 90; • trauma addominale con P.A.S. < 90; • ferita penetrante (esclusi gli arti); • frattura di due o più ossa lunghe prossimali; • amputazione prossimale a gomito o ginocchio; • Revised Trauma Score < 11; B) criteri dinamici (centralizzare sempre) • caduta da oltre 3 metri; • presenza di persone decedute nello stesso veicolo; • proiezione all’esterno del veicolo; • caduta dalla moto con proiezione; • arrotamento; • necessità di estricazione prolungata (> 20’); • età inferiore a 5 anni. Il modello di centralizzazione risponde alle esigenze aziendali di garantire un adeguato inquadramento diagnostico d’urgenza e gli interventi sanitari di emergenza finalizzati 192 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH alla stabilizzazione del traumatizzato. Sistema 1.1.2. In un panorama europeo senza confini, nell’Unione Europea, si è avvertita l’esigenza di dotarsi di un apparato unico per le chiamate di emergenza. Il motivo di questa necessità risulta evidente dagli esempi che seguono: • si pensi ad un cittadino italiano, che si trova già disorientato nel chiamare i soccorsi quando si trova sul suolo nazionale (fatto testimoniato dalle frequenti chiamate all’1.1.8. per servizi diversi dal soccorso sanitario), che debba richiedere interventi di soccorso stando in un Paese estero; • attualmente, molte Centrali Operative 1.1.8. sono quelle che per prime ricevono segnalazioni per gravi incidenti o altre situazioni di emergenza che coinvolgono gli altri organismi deputati al soccorso; ai tempi necessari per l’attivazione dei propri mezzi, si devono sommare i tempi di attivazione dei Vigili del Fuoco, di Carabinieri o Polizia, Centrali Operative delle autostrade, della Capitaneria di Porto o di altri enti; questo spesso in momenti in cui è già difficile, soprattutto in caso di maxiemergenze, gestire le chiamate all’1.1.8., ridondanti per la proliferazione dei telefoni cellulari. Se a questo, si aggiunge la presenza di numerosi stranieri in Italia, specie in estate, è indiscutibile quanto sia ancor più necessario saper dare risposte competenti ed adeguate, in tempi ridotti e soprattutto con un’organizzazione strutturata e tecnologicamente avanzata. La struttura europea delle Centrali dell’1.1.2. non corrisponde a semplici centralini confinati a ricevere le telefonate e quindi a trasferirle alle centrali oggi in funzione in Italia, bensì prevede vere centrali operative, organizzate e supportate da un elevato contenuto tecnologico, informatico e professionale, multilingua; capaci di gestire o di trasferire congiuntamente le informazioni che vengono raccolte con la prima telefonata, alle centrali secondarie in via telematica, con tempi molto più rapidi di una chiamata voce. Altro elemento qualificante del Numero Unico per l’Emergenza 1.1.2. è dato dalla localizzazione del chiamante; la Direttiva Comunitaria 2002/22/EEC cita espressamente: “Le informazioni relative alla localizzazione del chiamante, che devono essere messe a disposizione dei servizi di soccorso nella misura in cui sia tecnicamente 193 PERCORSO TRAUMA ALLEGATO 2 DISPATCH fattibile, miglioreranno il livello di protezione e la sicurezza degli utenti dei servizi 112 e aiuteranno tali servizi nell’espletamento dei loro compiti, a condizione che sia garantito il trasferimento delle chiamate e dei dati pertinenti verso i servizi di soccorso competenti.” La localizzazione del chiamante è una tecnologia disponibile presso le società che gestiscono la telefonia mobile e fissa, consente una precisione elevata per individuare chi chiama l’1.1.2., derogando alla tutela della privacy per la ben più importante tutela dell’incolumità. All’aspetto specificatamente emergenziale si affianca quello economico di contenimento dei costi, sia per l’eliminazione di interventi con più mezzi per localizzare il chiamante, sia per il definitivo “smascheramento” di chi effettua scherzi e chiamate fasulle. Storia • 1991 – Decisione Europea 91/396/CEE: entro la fine del 1996, gli Stati devono adottare il “Numero Unico Europeo 1.1.2.” per le chiamate di emergenza. • 2002 – Direttiva 2002/22/CE: gli Stati devono istituire il “Numero Unico Europeo 1.1.2.” con funzione di localizzazione del chiamante. • 2003 – Istituito gruppo di lavoro presso il Ministero dell’Innovazione Tecnologica, successivo mandato affidato ad “Innovazione Italia SpA” (nel 2005). Definita prima sperimentazione a Palermo, Salerno e Catanzaro. Per ragioni economiche, sperimentazione limitata solo a Salerno. • 2008 – La realizzazione del progetto N.U.E. 1.1.2. è affidata a Polizia e Carabinieri. Non coinvolti l’1.1.5. ed l’1.1.8. Viene abbandonata la sperimentazione di Salerno. • 2009 – Febbraio: il Governo decide di affidare alla Protezione Civile la presentazione di un nuovo piano da presentare a Bruxelles. Riferimenti • Legge Regionale del 11/1/1994, n° 2 • D.P.R. 28/7/2000, n° 270 • Il Sistema 118 e la Centrale Operativa – Guidetti, Serantoni, Menarini • Emergenza Sanitaria: responsabilità e competenze – Chiodo • L’Emergenza Sanitaria al telefono – Radeschi, Rocca • Voice tone and persuasion – Hall • Principies of Emergency Medical Dispatch – Clawson J.J., Dernocoeur • Guida illustrata delle emergenze – Chiaranda • I Gesti SalvaVita - La defibrillazione precoce: “B.L.S.D.” – Cuomo, Bianco, Albanes. 194 PERCORSO A LLEGATO 3 SICUREZZA Allegato 3: La sicurezza nell’emergenza sanitaria extraospedaliera o territoriale. La Sicurezza non è un concetto assoluto; c’è sempre un rischio intrinseco in qualsiasi attività umana. In emergenza, esiste sempre il pericolo di sottovalutare o sopravvalutare i rischi relativi agli scenari che ci troviamo ad affrontare. Quindi è fondamentale il metodo con cui gestiamo il rischio. La sicurezza in emergenza e’ pertanto la consapevolezza della diversità che c’è tra l’azione in essere e quanto è dettato dalle procedure operative standard di sicurezza. In particolare, negli interventi in strada è fondamentale attenersi alla massima prudenza e tenere sempre presente che se un membro dell'equipaggio viene ferito non possiamo più svolgere il nostro compito di soccorritori, con duplice danno per noi e per i feriti. Bisogna tenere sempre presente che la sicurezza in emergenza si ottiene con la sinergia di vari elementi: Analisi: L’analisi situazionale e dei rischi probabili e/o incombenti (Fig A3-1). Controllo del rischio comportamentale: ad esempio scendere dal mezzo di soccorso prima che sia completamento fermo; nella foto il fumatore mette a rischio tutti gli altri operatori (sicuramente in un incidente del genere ci sarà benzina sull'asfalto) (Fig A3-1). Fig A3-1 Organizzazione: Il coordinamento, di tutti i soggetti che intervengono sul luogo dell'incidente, è fondamentale, tenendo presente che la priorità, dopo la sicurezza, è il soccorso dei feriti: tutte le autorità, presenti sulla scena, dovranno favorire il soccorso ed agevolare il lavoro dei soccorritori. Formazione: Un processo formativo continuo e calibrato sulle diverse situazioni operative. Creare una sinergia tra i diversi attori finalizzata alla massima sicurezza operativa dei soccorritori (organizzare periodiche esercitazioni). Dopo ogni intervento, sarebbe opportuno valutare la scena che si è presentata e fare un'analisi del comportamento adottato da tutti i soccorritori, in relazione alle procedure standard di intervento. In casi particolarmente “problematici” occorre fare una relazione dettagliata al responsabile dell'unità operativa, il quale organizzerà incontri periodici 195 PERCORSO A LLEGATO 3 SICUREZZA per discutere di questi casi e valutare i comportamenti adottati al fine di migliorare il servizio e la sicurezza degli operatori. PROCEDURA OPERATIVA STANDARD D’INTERVENTO La C.O.T. che invia un mezzo di soccorso sul luogo dell'incidente, inizierà a predisporre la scena sicura chiamando le forze dell'ordine e consigliando, alle persone sul posto, di cercare di delimitare con segnalazioni varie, il luogo dell'incidente. All'arrivo sul posto del mezzo di soccorso, a scena non controllata dalle forze dell'ordine, si osserveranno tutte le procedure per rendere sicura la scena: ● scendere dal mezzo solo quando è completamente fermo; ● assicurarsi che qualcuno stia rallentando o fermando il traffico, in caso negativo un membro dell'equipaggio dovrà occuparsene; ● assicurarsi di avere la massima visibilità con tutti i dispositivi di segnalazione e luminosi accesi ; ● valutare i rischi evolutivi - carichi pendenti, sostanze pericolose, rischio incendio; Dopo aver fatto tutte le valutazioni del caso, l'autista si avvicina all'incidente e farà scendere i soccorritori; subito dopo posiziona il mezzo a protezione della scena se non vi è già un altro mezzo, in quest'ultimo caso si posizionerà il più vicino possibile all'incidente, ma mai tra il mezzo di protezione e il luogo dell'incidente. L'autista dovrà sia assistere i soccorritori che vigilare sulla sicurezza della scena. Posizionamento (metodo PPP) Il corretto posizionamento dei mezzi di soccorso sulla scena deve rispondere a tre criteri fondamentali: Proteggere, Predisporre, Prevenire. Arrivo sul posto e posizionamento dell’automezzo rispettando il metodo “PPP” PROTEGGERE (Fig A3-2) Proteggere le operazioni di soccorso, Fig A3-2 posizionando il mezzo ad angolo di 45 gradi rispetto al margine destro della strada, nel senso di marcia e prima dell'incidente. PREDISPORRE Fig A3-3 Predisporre il posizionamento in modo da non ostacolare l’arrivo di altri mezzi di soccorso e la rapida partenza dopo aver caricato i feriti 196 PERCORSO A LLEGATO 3 SICUREZZA PREVENIRE Prevenire pericoli evolutivi o sottovalutati che possono degenerare all’improvviso e potrebbero costringere ad un immediato abbandono del luogo dei soccorsi (Fig A3-4) Procedura Fig A3-4 Arrivo sul posto e posizionamento (sempre visibile da lontano con tutte le luci accese, massima visibilità) del veicolo di soccorso in obliquo con angolo di 45 gradi rispetto al margine destro della strada e nel senso di marcia prima dell'incidente, ad una distanza utile per evitare che un veicoli che tamponi il mezzo di soccorso lo spinga addosso ai soccorritori. Tra il veicolo posto a protezione e il luogo dell'incidente non vi debbono essere altri veicoli. Questa posizione, oltre a protegge i soccorritori dal sopraggiungere di altri veicoli, facilità la ripartenza. Valutare con attenzione il corretto posizionamento del veicolo che deve essere predisposto per una rapida partenza e/o per un rapido allontanamento dalla scena (incendio ecc,) (fig.A3-5) Fig A3-5 (posizione corretta) Arrivo sul posto e posizionamento a 45 gradi rispetto al margine destro della strada e ad una corretta distanza dal luogo dell'incidente. 197 PERCORSO A LLEGATO 3 SICUREZZA Fig A3-6 (posizione sbagliata) Arrivo sul posto e posizionamento a 45 gradi rispetto al margine destro della strada ma troppo vicino all'incidente. A Fig A3-7 (posizione sbagliata) B Fig A3-5: (A) arrivo sul posto posizionamento in obliquo ma dopo l'incidente; non bisogna mai posizionare il mezzo dopo l'incidente nel senso di marcia. (B) arrivo sul posto ma con posizionamento parallelo al margine della strada. Nel caso A almeno l'ambulanza è salva. TRASPORTO Il trasporto in ambulanza deve sempre avvenire alla minima velocità possibile e comunque non si dovrebbero mai superare in città i 50/60 Km/h occorre una guida fluida, senza scossoni, accelerate o frenate brusche, percorrendo le curve a velocità ridotta. Inoltre è opportuno che l'autista conosca molto bene la topografia del luogo, la situazione del traffico e del manto stradale delle vie da percorrere, e che disponga della capacità di studiare il percorso più breve o più idoneo al tipo di paziente trasportato. La C. O. T. può collaborare fornendo le notizie sulla viabilità in suo possesso Politraumatizzato Il trasporto di un paziente traumatizzato deve avvenire alla minore velocità possibile e 198 PERCORSO A LLEGATO 3 SICUREZZA se le condizioni cliniche lo permettono si deve scegliere il tragitto più fluido e con un buon manto stradale anche se più lungo. Gravidanza Oltre la 20a settimana di gravidanza l'utero raggiunge dimensioni importanti; in posizione supina comprime i grossi vasi addominali rallentando così il ritorno venoso al cuore. Questo può provocare ipotensione, sincope della madre e bradicardia fetale. Per questo motivo tutte le donne gravide devono essere trasportate in decubito laterale sinistro. Nel caso in cui si sospetti una lesione alla colonna vertebrale, una volta immobilizzata sulla tavola spinale, si provvederà a sollevare il lato destro (ad esempio con una coperta ripiegata); in questo modo si otterrà ugualmente lo spostamento dell'utero verso sinistra. Monitorizzate continuamente i parametri vitali durante il trasporto. Bambino Mentre i concetti di immobilizzazione e mobilizzazione atraumatica universali valgono anche nel trattamento dei bambini, considerate nel soccorrere i pazienti di piccola taglia l'utilizzo di presidi in modo diverso. Ad esempio le stecco-bende a depressione per gli arti possono diventare un materassino a depressione per piccoli bambini; il trauma estricatore tipo KED può diventare una piccola tavola spinale. Anziano Il paziente anziano presenta una fragilità ossea aumentata, quindi tutte le manovre ed il trasporto dovranno essere effettuate con le dovute cautele. 199 TABELLE CHE DAL 23 SETTEMBRE DOVRANNO ESSERE AFFISSE NEI LOCALI PUBBLICI Effetti di un bicchiere di champagne o spumante (50 cc) su una donna a seconda del peso corporeo a stomaco vuoto DONNA Gradazione alcolica (% vol): 11% A STOMACO VUOTO PESO CORPOREO (Kg) 55 60 65 75 0,31 0,28 0,26 0,22 45 0,37 A STOMACO PIENO 80 0,21 45 0,22 PESO CORPOREO (Kg) 55 60 65 75 0,18 0,16 0,15 0,13 80 0,12 DONNA – PESO 45 Kg Ha assunto a stomaco vuoto 1 birra leggera (3,5°) e 1 aperitivo alcolico 18° TASSO ALCOLEMICO 0,88 grammi per litro Effetti di un bicchiere di birra (125 cc) su un uomo birra normale UOMO Gradazione alcolica (% vol): 5% 55 0,35 A STOMACO VUOTO A STOMACO PIENO PESO CORPOREO (Kg) 65 70 75 80 0,30 0,28 0,26 0,24 90 0,22 UOMO – PESO 55 Kg Ha assunto a stomaco vuoto 1 birra doppio malto (10°) e 1 siperalcolico (45°) TASSO ALCOLEMICO 1,07 grammi per litro Fonte: La Repubblica 200 55 0,20 PESO CORPOREO (Kg) 65 70 75 80 0,17 0,16 0,15 0,14 90 0,12 BERE SICURO L’alcol nel sangue UOMO 75 Kg BEVANDE DONNA 60 Kg 0.169 0.271 0.542 0.147 0.294 0.881 0.226 0.520 0.113 0.169 0.463 0.610 1 Lattina di birra (33cl) 1 birra media (50cl) 1 Litro di birra 1 bicchiere di vino 2 bicchieri di vino 1 bottiglia di vino 1 aperitivo 1 aperitivo e 2 bicchieri di vino 1 digestivo (40ml) 1 superalcolico (40ml) 0.275 0.441 0.881 0.239 0.477 1.432 0.367 0.845 0.184 0.275 0.753 0.992 2 bicchieri di vino e 1 superalcolico 1 birra media e 2 superalcolici I LIMITI DI LEGGE 0.5 GRAMMI DI ALCOL PER LITRO E’ il limite considerato in stato di ebbrezza. A chi lo supera la patente viene sospesa fino a 3 mesi (6 in caso di recidiva) e rischia una multa (da 250 a 1.000 euro) e l’arresto fino a 2 mesi. Meno 10 punti dalla patente. 1,5 GRAMMI PER LITRO Per chi supera questo tasso la pena dell’arresto è fino a 3 mesi e, se il conducente provoca un incidente stradale, fino a 6 mesi. La patente può essere sospesa da 6 mesi a 2 anni. Fonte: Corriere della Sera 201