PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
Uso dell'estricatore o KED o corsetto
Per l’applicazione del KED affinchè sia eseguita nella maniera più corretta possibile, é
fondamentale la presenza di almeno tre soccorritori adeguatamente addestrati.
Procedura
A - L’infortunato deve essere collocato in
posizione seduta o semiseduta. Il soccorritore (Leader) si posiziona alle sue spalle
e provvede ad immobilizzargli manualmente il capo, mantenendo l'immobilità e
la posizione neutra del rachide cervicale
Fatto ciò gli altri due soccorritori applicano il collare cervicale.
Il Leader mantiene la posizione di immobilizzazione manuale fino al termine della
manovra di posizionamento del KED.
In base alle condizioni del veicolo incidentato, gli altri due soccorritori si dovranno posizionare ai lati del ferito e faranno scivolare il KED con tutte le cinghie ancora fissate ai propri supporti, dietro la schiena del paziente.
La manovra, soprattutto in presenza di sedile anatomico, poggiatesta ingombranti o
sedile danneggiato, dovrà necessariamente giovarsi di un leggero sollevamento del
tronco del ferito dal piano dello schienale,
da compiersi con un movimento lento e
progressivo dei tre operatori, coordinato
dal
Leader
che
sta
provvedendo
all’immobilizzazione del capo.
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
Collocato dietro la schiena del paziente, il
KED va centrato sul rachide: si liberano
le cinghie inguinali facendole scorrere lateralmente e posteriormente al paziente
senza agganciarle. Fatto ciò, si avvicinano
al torace i lembi laterali del KED
I soccorritori posti di lato fanno passare le
rispettive cinghie inguinali sotto la coscia
omolaterale del ferito. Afferrandola dal
lato interno delle cosce, la cinghia di destra viene presa in consegna dal soccorritore di sinistra, che provvede ad agganciarla nella sede adeguata, posta nella
zona lombare; analogamente si comporta
il soccorritore opposto. Verificato che esiste un perfetto contatto delle cinghie con
la regione inguinale allo scopo di evitare
spostamenti (sfilamento) del KED in fase
di estricazione, i soccorritori provvederanno a stringere le cinghie.
Vanno agganciate prima le cinghie toraciche inferiore e media. Successivamente
impugnando le due maniglie poste lateralmente dietro al torace, si sposta il KED verso l’alto fino a che i lembi toracici del KED vengono a contatto con la zona ascellare;
si stringono le cinghie toraciche media ed inferiore già agganciate in precedenza.
Un nuovo tipo (già in uso) prevede altre due cinghie arancione e verde che vanno aggangiate per ultime e si incrociano sul torace e rendendo più stabile il paziente.
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
Nel caso in cui si sia in presenza di una donna in stato di gravidanza avanzato, le cin ghie in questione vanno mantenute allentate. Quando si sospettano fratture del bacino
o del femore, le cinghie inguinali non devono essere incrociate, ma allacciate ad "occhiello", utilizzando cinghia e fibbia di uno stesso lato. Le cinghie in questione, in
qualsiasi caso, vanno sganciate o allentate immediatamente dopo l’estricazione dell’in
fortunato e dopo il posizionamento del paziente sul presidio di immobilizzazione.
Si valuta la necessità o meno di eliminare
con il cuscino morbido l’eventuale spazio
tra il supporto posteriore del KED e la
nuca del paziente.
Si pongono le due ali laterali del presidio
a contatto con la testa del paziente, fissandoli in questa posizione con il cinturino
frontale; subito dopo, l’immobilizzazione
del capo va completata usando il cinturino
mentoniero, da posizionare anteriormente
al collare cervicale, nella zona pre-mandibolare, incrociandolo lateralmente con
quello frontale
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
Il primo soccorritore (Leader) può sospendere l’immobilizzazione manuale del capo e,
sceso dal veicolo, si porta accanto all’operatore dal lato in cui verrà estratto il ferito. In
presenza di un’importate trauma toracico, la cinghia toracica superiore può essere
mantenuta allentata e sganciata immediatamente dopo l’estricazione. Si possono legare
le mani del paziente fra loro, utilizzando ad esempio una benda per evitare la caduta
degli arti durante l'estricazione.
Controllato il posizionamento del KED e la tenuta di tutte le cinghie, inizia la fase di
estricazione dell’infortunato. I due soccorritori che si trovano dal lato della portiera da
cui uscirà il ferito, afferrano con una mano le maniglie laterali, con l’altra quella opposta in regione occipitale. Il terzo soccorritore libera eventualmente gli arti inferiori che
dovessero essere incastrati e li sorregge durante l'uscita. Trazionando sulle maniglie laterali si fa compiere una rotazione al paziente sul sedile, in modo tale da presentarlo
con le spalle alla zona di uscita. Quindi, inclinandone il busto verso l’esterno, si traziona l’infortunato cercando di evitare ostacoli rappresentati dal telaio della vettura. Eventuali astanti possono essere coinvolti per accompagnare il bacino e prendere in consegna gli arti inferiori a mano a mano che fuoriesce il paziente.
Una volta estricato, il ferito viene collocato sulla tavola spinale o sul materassino a depressione.
Una volta posizionato il paziente sul presidio di immobilizzazione definitivo, ricordarsi di slacciare o allentare le cinghie
inguinali, al fine di evitare una riduzione
o addirittura il blocco della circolazione
arteriosa a livello femorale.
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
“IMMOBILIZZATORI”
PER ARTI
Tutti i traumi ossei o articolari degli arti, richiedono un’immobilizzazione con stecche.
La funzione di tali dispositivi è quella di attenuare il dolore, di ridurre i rischi di
lesione vascolare o nervose secondarie e limitare il pericolo di embolie.
I tipi di immobilizzatori disponibili sono di due tipi: a depressione e rigidi.
Gli immobilizzatori rigidi sono composti da
una armatura interna di alluminio, rivestiti da
spugne e ricoperte da un tessuto lavabile e da
una serie di cinghie per il fissaggio.
Gli immobilizzatori a depressione sono dei dispositivi che permettono di
immobilizzare l’arto in tutte le posizioni. Tale dispositivo è costituito da più settori, in
modo da permettere l’omogenea ripartizione delle biglie di polistirolo contenute
all’interno. Gli immobilizzatori a decompressione sono disegnati per garantire un
perfetto rapporto tra: immobilizzazione nella posizione di reperimento (o antalgica)
degli arti fratturati (o con lesioni articolari) e la perfusione degli arti stessi.
Radio-trasparenti, sono costruiti in vinile, accoppiato tramite vulcanizzazione; dotati di
una valvola sostituibile "on field" e chiusure in Velcro, che ne facilitano la sagomatura
durante la decompressione.
Ogni
immobilizzatore
è
compatibile con le procedure di
diagnostica per immagini. Il set
comprende
3
dimensioni
diverse d'immobilizzatore, la
pompa di decompressione, il kit
di riparazione rapida e la sacca di contenimento di tutti i dispositivi.
Nell’ immobilizzare un arto, tenere sempre presente le seguenti regole:
1) Rimuovere i vestiti dalle parti interessate. (tagliare i vestiti)
2) Valutare lo stato neurologico e vascolare distalmente al punto di frattura, cioè il
polso, la sensibilità e la motilità.
3) Se presenti, medicare e coprire con garze sterili le eventuali ferite onde evitare il
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
contatto diretto dell’immobilizzatore.
4) Immobilizzare sempre le articolazioni a monte e a valle del punto di frattura.
5) Solo quando possibile con cautela e senza forzare tentare di riallineare l’arto.
(Attenzione qualsiasi manovra di forzatura può causare ulteriori lesioni)
6) Nel caso non sia possibile per resistenza dell’arto, per dolore o per qualsiasi altra
difficoltà, immobilizare l’arto come si trova (manovra consigliata).
7) Per quando riguarda i segmenti con fratture esposte è assolutamente sconsigliata
qualsiasi manovra di trazione o riallineamento degli arti.
8) Controllare i polsi periferici prima e dopo l’applicazione della stecca.
9) Rimuovere monili dagli arti fratturati (anelli, braccialetti, orologi).
Le indicazioni per l’immobilizzazione variano a secondo del distretto corporeo così
come di seguito:
Piede e caviglia
Sia il piede che la caviglia si immobilizzano nella posizione in cui si trovano,
utilizzando una stecca a depressione o rigida.
Gamba
Valutare i polsi periferici, sia prima che dopo l’immobilizzazione. Posizionando le
mani una sotto la caviglia e l’altra sotto il ginocchio, si solleva l’arto di circa tre cm
dal suolo e si fa scivolare l’immobilizzatore (rigido o a depressione) sotto l’arto,
(compreso piede e ginocchio), e poi si blocca con le cinghie.
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
Ginocchio
Valutare sempre i polsi periferici a valle della lesione sia prima che dopo
l’immobilazzione.
Dalla posizione in cui si trova il ginocchio dipende il tipo d'immobilizzazione da
effettuare. Nel caso in cui il ginocchio fosse piegato, si posiziona una stecca a
depressione fissando l’arto in posizione antalgica. Se invece l’arto è diritto, si può
posizionare sia una stecca a depressione che una rigida, l’importante è imbottire (con
cotone o garze) le parti dell'arto non aderenti alla stecca, per impedire qualsiasi
movimento dello stesso.
Femore
Per quando riguarda l’immobilizzazione del femore, non sono adatte nè le stecche
rigide nè quelle a depressione, perché per un efficace immobilizzazione è necessario
bloccare l’articolazione sia a valle che a monte.
Per tale scopo vi è un sistema non ortodosso che è quello del corpetto di estricazione.
Tale presidio si utilizza nel seguente modo:
•
dopo averlo aperto si posiziona al fianco del paziente;
•
il corpetto si fa scivolare sotto al femore centrando l’anca;
•
dopo averlo chiuso si fissa con le cinghie, fissandolo all’addome e alla coscia;
•
si posiziona poi il paziente sulla tavola spinale utilizzando sempre la barella a
cucchiaio
I limiti di cui è gravata tale tecnica, per cui se ne sconsiglia l’utilizzo sono:
•
non è possibile immobilizzare adeguatamente l’arto a valle;
•
il corpetto che necessariamente rimane in sede sino al completamento della
diagnostica, è mal tollerato dal paziente.
Una soluzione più semplice ed efficace per gestire la frattura di femore preospedaliera
è quella del trasporto del paziente su una tavola spinale. Dopo aver posizionato il
paziente sulla tavola spinale con la barella a cucchiaio, si elimina lo spazio tra le cosce
utilizzando un cuscino o una coperta. A tal punto l’immobilizzazione verrà garantita
dal ragno.
Polso e mano
In questo distretto corporeo l’immobilizzazione va fatta dalla punta delle dite fino al
gomito mediante stecca rigida o a depressione.
Gomito
Oltre alla valutazione della presenza dei polsi periferici prima e dopo, per quanto
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
riguarda l’immobilizzazione del gomito
può essere eseguita sia con stecca rigida sia
con stecca a depressione posizionando
l’arto in posizione antalgica. Dopo aver
steccato, l’arto viene sostenuto con una
fascia che viene passata intorno al collo e al
polso del paziente.
Avambraccio
Valutare la presenza del polso radiale prima e dopo l’immobilizzazione. Sollevare
l'arto, (con molta cautela) facendo leva a monte e a valle della zona interessata e far
scivolare la steccobenda rigida (o a depressione) sotto di esso. Quindi si chiudono le
cinghie e si adagia l'arto al torace del paziente, cercando di fissarlo al tronco dello
stesso per rendere stabile l'immobilizzazione.
Spalla e braccio
Anche in questo caso va valutato il polso (radiale) prima e dopo l’immobilizzazione.
In questo caso va avvicinato l’arto flesso al torace e dopo aver imbottito il cavo
ascellare e sotto al gomito con del cotone, va bloccato al busto del paziente.
Steccobende gonfiabili
Ormai poco utilizzate, esse si aprono e si pone con molta cautela l'arto da
immobilizzare all'interno poi si richiudono e si gonfiano con apposito strumento. Esse
possono anche essere gonfiate utilizzando la bombola di ossigeno.
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
LA METALLINA O COPERTA ISOTERMICA O TELINO ISOTERMICO.
Il telino isotermico è un presidio indispensabile nel primo soccorso. Si usa per coprire
il paziente ed è utilizzato in caso di:
•
incidenti stradali
•
ustioni
•
traumi
•
ipotermie
•
colpi di calore.
Il suo spessore è simile a quello della carta stagnola in alluminio, ed è dunque facile
da stendere sul paziente, non creando increspature all’atto del suo utilizzo. Le superfici
che formano il telino isotermico sono due: una argentata ed una dorata. La superficie
dorata si lascia facilmente attraversare da calore e raggi solari, mentre quella argentata
tende a rifletterli. In caso di trauma, ustione o ipotermia si rivolge il lato di colore
argento verso il paziente, in modo che la coperta abbia funzione di mantenere il calore
corporeo. Al contrario, in caso di colpo di calore, si lascia il lato di colore argento
esternamente rispetto al paziente, in modo che la coperta isotermica abbia la funzione
di facilitare la dispersione del calore corporeo e di evitare che quello proveniente
dall’esterno, soprattutto sotto forma di raggi solari, possa arrivare alla cute.
Le dimensioni di tale presidio sono in genere cm. 220x140.
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
Rimozione Casco
Il primo soccorritore (S1) (leader) si pone in
ginocchio dietro la testa del paziente, assumendo
una posizione stabile, afferra le pareti del casco con
il palmo delle mani e mantiene il bordo inferiore
con la punta delle dita.
A questo punto il secondo soccorritore (S2) apre la
visiera, controlla le vie aeree e se respira, slaccia la
cinghia di fissaggio del casco o eventualmente la
taglia se è bloccata
S1 mantiene la stessa posizione, mentre S2 infila
una mano sotto il casco afferrando con pollice e
indice la zona occipitale, inserisce le stesse dita
dell'altra mano ai lati della bocca fino a raggiungere
le fosse sotto gli zigomi (come nell'allineamento) e
si preoccupa di mantenere in allineamento l'asse
cervicale.
Una volta raggiunta la stabilità della posizione, S2
comunica a S1 di iniziare la manovra di estrazione
del casco. S1 lascia la presa ai lati del casco allarga
poi i laterali del casco stesso leggermente,
staccandoli dalle regioni
laterali del cranio. A
questo punto S1 ruota il casco leggermente verso il
paziente (in avanti) e poi lo tira verso di se, in modo
da liberare il naso del paziente. Continuare la
manovra con molta delicatezza e lentamente fino a
estrazione completa.
Successivamente S1 rimuove il casco con cura,
allargandolo dalla testa del paziente, in linea retta,
fermandosi un attimo prima che il casco sia del tutto
fuori da sotto la testa, o comunque prima che la
parte ricurva del casco possa sollevare e flettere
l'occipite del paziente.
PRESIDI
PERCORSO TRAUMA
CAP. XIII
PRESIDI
S2 mantiene l'immobilizzo della testa assicurandosi
che la stessa non fletta quando il casco viene
rimosso completamente.
Mantenere la posizione del capo.
Mantenere e/o ottenere un allineamento neutro
stabile della colonna del paziente.
Dopo l'applicazione del collare cervicale, continuare
a mantenere in asse la colonna fino al definitivo
posizionamento sulla barella spinale
Ci sono due fattori chiave nella rimozione del casco:
A) mentre un soccorritore immobilizza l'altro sposta le mani, i due soccorritori non
devono mai muovere le mani contemporaneamente;
B) il casco deve essere ruotato, alternativamente, in avanti e indietro per liberare il
naso e la nuca
Bibliografia
1. American College of Surgeons Commitee on Trauma: Advanced Trauma Life
Support course; Chicago, 2002, American College of Surgeons.
2. Mc Swain NE Jr:Kinematics In Mattox KL, Feliciano DV, Moore EE,
editors:Trauma, ed 4 New York, 1999. Mc Gaw Hill.
3. Prehospital trauma Care Italian Resuscitation Council ed. 2007
4. Emergency, Procedure e Tecniche, R. Robert Simon, Barry E. Brenner, 3° Ed.
Centro Scientifico internazionale, 1997
172
FLOW-CHART
TRAUMA CRANICO
• TRAUMA CRANICO LIEVE (PERCORSO 1)
(RISCHI BASSO)
(RISCHIO INTERMEDIO)
(RISCHIO ALTO)
• TRAUMA CRANICO MODERATO (PERCORSO 2)
• TRAUMA CRANICO GRAVE (PERCORSO 3)
rimodellamento e trauma
173
TRAUMA CRANICO LIEVE
PERCORSO
1
RISCHIO BASSO
GCS 15
nessun fattore di rischio preesistente o
conseguente al trauma
valutazione clinica
nessun
accertamento
dimissioni
con foglio informativo
174
TRAUMA CRANICO LIEVE
PERCORSO
1
RISCHIO INTERMEDIO
GCS 15 e
• Amnesia retrograda
• Dinamica del trauma1 +PCD
• Vomito
• Intossicazione 2 acuta da
alcol e droghe
• coagulopatie e/o trattamenti
anticoagulanti
• cefalea grave/ingravescente
• Epilessia
Osservazione clinica > = 6 ore
Tac cranio3 entro il periodo di osservazione
NO RX CRANIO
lesione intracranica no
lesione intracranica si
coagulopatie
e/o trattamenti
anticoagulanti
Frattura
intracranica si
Consulenza
NCH
Dimissioni con foglio
informativo
osservazione 24 h e TAC controllo
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------1 dinamica ad alto rischio
2 anche sospetta
3 anche con finestra per l’osso
175
TRAUMA CRANICO LIEVE
- PERCORSO 1
RISCHIO ALTO
Criteri
1. GCS 15 con crisi
convulsiva post
traumatica
2. PDC con vomito
ripetuto e cefalea
persistente
3. GCS 14
Valutazione clinica TAC più presto possibile
Lesione intracranica NO
Lesione intracranica SI
Coagulopatie e
trattamenti
anticoagulanti
Consulenza
NCH
Osservazione clinica
non < di 24 ore
Controllo TAC
176
TRAUMA CRANICO MODERATO
PERCORSO
2
Trauma cranico moderato
tutti i pazienti con trauma cranico moderato dopo la
stabilizzazione dei parametri vitali debbono eseguire:
1. TAC Cerebrale
2. Studio rachide cervicale
3. Studio multi distrettuale (politrauma)
NON INDICAZIONE
GCS 9-13
TAC non lesioni
NCH
(OSP. CON TAC E T.I.)
RICOVERO IN NCH
VALUTAZIONE
INTERVENTO NCH
MONITORAGGIO
GCS 9-13
TAC
lesioni diffusa
tipo III-IV
GCS 9-13
TAC
presenza effetto massa
GCS 9-13
TAC
lesioni tipo II
ASSOLUTA
RICOVERO IN
RICOVERO IMMEDIATO
IN
RICOVERO IN
NCH
NCH
OSP CON POSSIBILITÀ DI TRASFERIMENTO
IMMAGINI IN NCH
177
TRAUMA CRANICO
PERCORSO 3
TRAUMA CRANICO GRAVE
(GCS 8)
Trauma cranico extraospedaliero
ABCD
Condizioni cliniche o mancanza di risorse adeguate
Instabile *-Valutare GCS e pupille (più volte)
definire stabilità da ottenere
*Instabilità non correggibile sulla scena per
condizioni cliniche o mancanza di risorse adeguate
ospedale più vicino con requisiti minimi ( Rx 24
ore,Chirurgia, T.I.) Possibilità di trasferimento
tempestivo e teleconsulto, poi come percorso 2
178
2° Parte
Allegato 1
Organizzazione dei soccorsi sanitari in caso di catastrofe
Allegato 2
Dispatch C.O.T. 1.1.8.
Allegato 3
La sicurezza nell’emergenza sanitaria
extraospedaliera o territoriale
Allegato 4
Tabelle Ministeriali "Bere sicuro"
179
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
ORGANIZZAZIONE DEI SOCCORSI SANITARI
IN CASO DI CATASTROFE
Catastrofe: Evento dannoso per la collettività (uomini ed infrastrutture) che lo subisce.
In seguito ad esso si verifica una sproporzione grave, brutale, temporanea, e
improvvisa tra richieste di soccorso e risorse disponibili (fig. A1-1).
La medicina delle catastrofi ha lo scopo di fornire la risposta sanitaria corretta quando
le risorse sono insufficienti rispetto alle necessità dell’evento e si basa
sull’integrazione delle varie componenti dei soccorsi.
Fig. A1-1
La medicina delle catastrofi rappresenta in realtà l’insieme di vari tipi di discipline
rivolte al raggiungimento di obiettivi comuni cioè alla limitazione delle sequele e della
perdita di vite umane:
•
L’ambiente ostile dove si svolgono le operazioni necessita di una capacità di
adattamento tipica della medicina da campo.
•
l’identificazione delle priorità caratterizza la medicina d’urgenza
•
la presa in carico sanitaria di un gran numero di vittime deve tenere conto della
medicina di massa ed il concetto di vittima inteso nella sua globalità è
peculiare della medicina globale.
•
Occorre partire da una pianificazione preventiva applicabile sul campo tipica
della medicina di dottrina mantenendo una gerarchia dei compiti ed una
essenzialità dei trattamenti caratteristici della medicina di guerra.
181
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
L’aspetto peculiare di ogni disciplina scientifica è l’utilizzo di strumenti operativi;
quelli che caratterizzano la medicina delle catastrofi sono tre:
la strategia: l’arte di ideare i piani di emergenza; tre capisaldi ne rappresentano il
cardine:
•
i piani di emergenza devono essere predisposti dagli operatori più esperti
ideando situazioni realisticamente possibili;
•
la stesura dei piani di emergenza ha come punto di partenza l’analisi dei rischi
presenti nel contesto territoriale; è bene sottolineare che la realizzazione di una
risposta deve basarsi sulla previsione degli eventi relativa alle conseguenze
degli stessi ;
•
Preparazione degli operatori elemento imprescindibile alla realizzazione di un
piano
la logistica: La logistica è tutto quanto permetterà al sistema di sopravvivere. E'
letteralmente definibile come l’arte del provvedere e di permettere un equo e razionale
dispiegamento sul campo di uomini materiali e mezzi.
la tattica: La tattica è l’applicazione dei piani di soccorso attraverso procedure
operative consequenziali finalizzate alla creazione della catena dei soccorsi.
Gli aspetti peculiari della catena dei soccorsi devono rispondere a determinati requisiti:
•
Un unico ente di ricezione dell’allarme che quantizzi l’evento e fornisca
prontamente una risposta
•
La medicalizzazione costituisce il fulcro della medicina delle catastrofi, benché
i problemi riscontrabili nelle emergenze ordinarie risultino amplificati, l'errore
più comune è il pensiero di affrontarli aumentando disordinatamente lo
spiegamento di forze in campo. L’approccio più corretto sarà stabilire la
priorità di evacuazione verso i luoghi di cura definitivi per le vittime. La
medicalizzazione sarà condotta a diversi livelli e nello specifico all’interno del
Posto Medico Avanzato, ossia una struttura interposta tra il sito dell’evento e
gli ospedali dove le vittime potranno essere messe in condizioni di affrontare la
successiva evacuazione.
•
L'evacuazione è il circuito ininterrotto dei mezzi dal posto medico avanzato ai
luoghi di cura definitivi. L'evacuazione può svolgersi con l’ausilio di mezzi
usati nella quotidianità o di mezzi speciali.
•
L'ospedalizzazione è l'ultimo anello della catena dei soccorsi; i nosocomi
dovranno predisporre piani di emergenza per un gran numero di vittime.
182
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
Analizzeremo di seguito ciascuna fase temporale insita nella Tattica:
1. Fase di allarme: l’ente preposto alla ricezione dell’allarme di pertinenza
sanitaria è la Centrale Operativa (C.O.) del sistema 118. che attiva il sistema in
base alle informazioni assunte:
•
tipo di evento
•
numero presunto delle vittime
•
accessibilità del sito o delle vittime
2. Zona dei Soccorsi sanitari: la zona dei soccorsi deve essere allestita in
prossimità dell’area colpita, possibilmente al riparo da rischi evolutivi. Nelle
prime fasi dell’evento lo stress e la confusione raggiungeranno livelli
elevatissimi. Il primo equipaggio ad intervenire deve essere indottrinato, perché
avrà il compito di confermare e trasmettere le informazioni necessarie per
fornire una risposta adeguata all’evento.
Aspetti e compiti della zona dei soccorsi:
La prima fase di un evento catastrofico è caratterizzata da improvvisazione, dovuta a
tensioni emotive e risposte psichiche di vario tipo. Le prime ore in effetti sono gestite
dai presenti sul luogo, poiché il personale preposto al soccorso standard sarà
probabilmente coinvolto a vario titolo nel disastro;vi è da dire, però che
l’organizzazione dei soccorsi per quanto valida salva un numero relativamente basso di
vittime. In questa fase l’impiego dei mezzi di soccorso aerei o su ruota non va mai dato
per scontato; a volte è indispensabile l’arrivo di mezzi di sgombero prima dei soccorsi
sanitari.
Compito iniziale e di fondamentale importanza della prima squadra di soccorso giunta
sulla scena è la conferma dell’allarme e la ricognizione preliminare; questa, fornisce
gli elementi per modulare una risposta adeguata all’evento. Sarebbe auspicabile che
questa, quando possibile, avvenga dall’alto tramite mezzo aereo per la migliore visione
di insieme , per la possibilità di indicare le vie di accesso e non di minore importanza
per il minore coinvolgimento emotivo; queste operazioni infatti devono essere svolte
da personale addestrato, poiché l’obiettivo non è il soccorso immediato alle vittime,
bensì la trasmissione di una descrizione della scena ed in particolare la tipologia del
sinistro, il numero presunto delle vittime e la patologia prevalente. La ricognizione è
finalizzata a valutare l’estensione del sinistro, rilevandone i limiti topografici, la
persistenza di zone a rischio, la presenza di pericoli, le conseguenze sull’ambiente con
valutazione di danni a strutture, identificazione di aree di atterraggio, valutazione del
sito ove impiantare il PMA e le aree di parcheggio per i mezzi in arrivo.
183
PERCORSO TRAUMA
•
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
Settorializzazione: si intende la ripartizione in aree funzionali di lavoro allo
scopo di razionalizzare le risorse disponibili. Questa fase, obbligatoriamente
condotta con le forze di polizia e con i vigili del fuoco, presuppone un
approccio tecnico che raramente è in possesso delle squadre sanitarie. È
necessaria la conoscenza dei perimetri di sicurezza e la corretta distribuzione
delle equipe. Ciascuna area deve essere frazionata localmente, allo scopo di
convogliare equamente le risorse di soccorso, e si avranno rispettivamente zone
a loro volta suddivise in cantieri di lavoro.
•
Integrazione: è la condizione finalizzata all’esecuzione dei compiti
istituzionali delle componenti dei soccorsi. Questo concetto, assolutamente
semplice a livello teorico, risulta anche nelle emergenze ordinarie assai difficile
da realizzare. In mancanza di un linguaggio comune e di procedure condivise,
le Squadre sanitarie, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine e personale
volontario si troveranno ad operare in condizioni estreme perseguendo
ciascuno il suo obiettivo.
•
Recupero e raccolta delle vittime: la fase del salvataggio ossia l’insieme delle
operazioni finalizzate allo spostamento della vittima in luogo sicuro può essere
svolta da personale tecnico che provvederà anche alla messa in sicurezza della
zona. Non è raro però che il soccorso, in alcuni casi, coincida con il recupero di
una vittima, li ove l’esecuzione di rapide manovre salvavita consentono agli
operatori tecnici il tempo necessario per lo spostamento in luogo sicuro della
vittima oppure quando le vittime, numerose, si trovino radunate e sia
necessario un triage di recupero che vedremo in seguito.
•
Medicalizzazione: comprende tutte le operazioni sanitarie necessarie a
stabilizzare le vittime e va distinta in due ambiti separati:
o intervento di prima linea, cioè nel “cantiere”, dove verranno compiuti
pochi gesti terapeutici essenziali, con la finalità unica di far
sopravvivere i feriti fino all’accesso del Posto Medico Avanzato.
o intervento al Posto Medico Avanzato (P.M.A.), in questa struttura
verranno convogliate tutte le vittime recuperate dai cantieri e sottoposte
al Triage. Il posto medico avanzato è una struttura sanitaria dove le
vittime verranno stabilizzate ed evacuate verso luoghi di cura definitivi
secondo ordini di priorità stabiliti dal triage.
•
Trasporto delle vittime (Evacuazione): l’evacuazione, ossia il trasferimento
184
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
verso le strutture ospedaliere, è coordinata dalla Centrale Operativa 118 (il
piano della Regione Campania prevede per questi tipi di eventi l’allestimento
di una Unità di Crisi che vicaria la CORE) , avviene in genere via terra
(ambulanze normali o attrezzate per la rianimazione) o con elicotteri. Non va
tuttavia escluso l’utilizzo di autobus preventivamente attrezzati per il trasporto
protetto, o di mezzi speciali per disastri di grande entità.
IL Posto Medico Avanzato
Il PMA (fig. A1-2) viene definito come un "dispositivo funzionale di selezione e
trattamento sanitario delle vittime, localizzato ai margini esterni dell'area di sicurezza o
in una zona centrale rispetto al fronte dell'evento; può essere sia una struttura che
un’area funzionale dove radunare le vittime, concentrare le risorse di primo
trattamento, effettuare il triage ed organizzare l’evacuazione sanitaria dei feriti nei
Fig. A1-1
centri ospedalieri più idonei”.
Il luogo idoneo di installazione verrà deciso dal Coordinatore dei Soccorsi Sanitari di
concerto con il Direttore tecnico dei soccorsi.
Il Posto Medico Avanzato deve possedere alcuni requisiti:
•
collocazione in area sicura, al riparo da rischi evolutivi.
•
collocazione agevole rispetto alle vie di comunicazione
•
adeguata segnalazione con accesso e deflusso separati
•
caratteristiche ottimali di temperatura, luminosità e climatizzazione.
La struttura è geograficamente interposta tra il sito della catastrofe e gli ospedali
All’interno del PMA operano medici ed infermieri, ma possono trovarvi collocazione
anche soccorritori non sanitari che espleteranno funzioni logistiche.
Comando e coordinamento
185
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
La normativa vigente prevede che sul luogo dell’evento vi sia un responsabile che
svolga il ruolo di Direttore dei soccorsi sanitari (DSS), rapportandosi con referenti
analoghi di altre Istituzioni deputate alla gestione dell’emergenza. Egli si assumerà la
responsabilità di ogni dispositivo di intervento sanitario nella zona delle operazioni,
mantenendo un collegamento costante con la CO. Sul sito è previsto un posto di
comando avanzato (P.C.A.), in cui operano il Direttore Tecnico dei soccorsi (in genere
un rappresentante dei VVF e il DSS. Uno dei compiti dei DSS è la creazione di una
catena di comando, ove figure legate da una gerarchia funzionale opereranno in
autonomia, ciascuno nel proprio settore di competenza. La direzione dei soccorsi
spetterà ad un sovra coordinatore (il DTS) il quale avrà il compito di stabilire un punto
di comando avanzato, ottimizzare le risorse a disposizione, garantire collegamenti
comunicazioni e rifornimenti alle aree funzionali di lavoro ed ultimo, ma non in ordine
di importanza, verificare che sussistano le condizioni di sicurezza per gli operatori.
Piani di emergenza ospedalieri
In caso di catena dei soccorsi sanitari per catastrofi limitate, il trasporto termina in uno
o più ospedali della zona, che dovranno predisporre i piani relativi ad un afflusso
massiccio di feriti come da normativa vigente. La trattazione delle problematiche
legate alla gestione della maxiemergenza ospedaliera esula dai contenuti di questo
testo, tuttavia vogliamo specificare che il concetto della catena di comando rimane
valido anche nell’ambito ospedaliero. Gli ospedali rappresentano l’ultimo anello della
Catena dei Soccorsi, iniziata con l’attivazione dell’allarme alla C.O.118.
La pianificazione della risposta ospedaliera si basa su una “piramide” procedurale e
dottrinale che analizza i punti che devono essere attivati per ottenere un Piano di
Emergenza efficace ed attuabile nella nostra realtà.
I gradini di questa piramide sono:
•
Formazione e Progetto
•
Analisi del rischio
•
Verifica delle risorse
•
Scenari possibili
•
Management
•
Piani
•
Verifica del Sistema
•
Operatività
Lo stato di allarme per una maxiemergenza intraospedaliera viene comunicato dalla
186
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO
1
SOCCORSO CATASTROFE
centrale operativa 118, dalla Prefettura, da pubblici ufficiali e confermato dalla
Direzione Sanitaria che ha il compito di coordinare il Piano di emergenza, attraverso
l’Unità di crisi, preistituita all’interno dell'ospedale stesso e composta dai
rappresentanti delle varie unità operative interessate
FUNZIONI DELL'UNITA DI CRISI NELLA FASE OPERATIVA
•
Ricezione dell'allarme: (immediato blocco dell’ammissione dei soggetti con
patologie non urgenti sospensione attività ambulatoriali ed alla dimissione dei
soggetti che possono essere dimessi).
•
Allestimento area di accettazione/ricezione dei pazienti.:(area "rossa” “gialla“
"verde" "nera”)
•
Mobilitazione dei reparti e del personale.
•
Allestimento delle vie di accesso.
•
Rapporti con l'esterno.
•
Comunicazioni.
•
Triage
Attivazione dei PEIMAF
Il Piano di Emergenza scatta quando l’afflusso dei feriti che giungono al D.E.A.
(Dipartimento di Emergenza) eccede la normale routine, gestibile con mezzi
ordinari.Per una struttura zonale (D.E.A. di 1° Livello), il Piano entra in funzione
quando il numero di feriti gravi supera le dieci unità. Il Piano verrà attivato anche in
caso di situazioni che impongano assistenza sanitaria a venti o più pazienti,qualunque
sia la loro situazione clinica. In caso di afflusso di feriti superiori alle trenta unità
dovrà essere comunque previsto il dirottamento in altri Ospedali, se la situazione lo
consente, con la collaborazione della Centrale Operativa del Sistema di Emergenza
Sanitaria “118”.
Il livello di risposta da prevedere è in relazione al numero di vittime che giungono in
D.E.A ; la tipologia di risposta del Piano varierà in relazione all’evento e al tipo di
lesioni preminenti delle vittime che giungono in D.E.A.
187
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
Dispatch C.O.T. 1.1.8.
La chiamata di soccorso ad una stazione di Emergenza Sanitaria (in Italia, “Sistema
1.1.8.”) rappresenta il “Primo anello” della “Catena del Soccorso”. Ogni C.O.T opera
esercitando il dispatch (derivato da “to dispatch” - distinguere) che filtra e discrimina
tutte le chiamate ricevute, tramite una procedura standardizzata di domande mirate per
ottenere delle risposte idonee per la corretta comprensione dell’evento accaduto. La
raccolta della chiamata e la stessa chiamata, in caso di emergenza sanitaria è già parte
del soccorso. Essa va intesa come una dinamica interrelazione tra soccorsi e
soccorritori che cerca di evidenziare, soprattutto:
•
natura dell’evento (sanitario, non sanitario, catastrofe, etc.);
•
criticità dell’evento (con attribuzione del relativo codice di uscita);
•
dimensione dell’evento (numero di persone coinvolte).
Tutto ciò esita in quello che viene definito “Triage telefonico”, che attualmente si basa
sulla chiamata vocale del richiedente ed è spesso complicata da notevoli interferenze di
carattere emotivo che ne possono pregiudicare la piena efficacia. In un futuro, non
lontano, le tecnologie potranno semplificare il sistema con invio per esempio di
immagini e parametri vitali.
Ogni Centrale Operativa del 1.1.8 ha elaborato propri protocolli per l’E.M.D.
(Emergency Medical Dispatchers - Operatori di Centrale Operativa).
Di seguito si riporta quello della C.O.T. 1.1.8. di Napoli emanate dal compianto Dr.
Gianfranco Buffardi nel 2002.
E.M.D
Gli E.M.D. esercitano la loro professionalità attraverso un protocollo di risposta,
approvato dalla National and International Accademy of Emergency Medical Dispatch,
che guida l’Operatore a determinare:
•
criticità della situazione;
•
giusto livello di risposta;
•
fornire le istruzioni necessarie in attesa dell’arrivo dei soccorsi qualificati;
•
dare informazioni e supporto al personale dei mezzi di soccorso.
Lo schema base del protocollo di interrogazione è così preordinato:
localizzazione – numero telefonico, città, strada e numero civico sono indispensabili
per poter richiamare l’Utente in caso di interruzione della comunicazione ed
individuare il luogo dov’è accaduto l’evento;
•
evento – è indispensabile individuare al più presto il bisogno dell’Utente e far
188
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
intervenire il mezzo di soccorso e le persone più idonee;
•
paziente/i – l’Operatore deve far valutare al chiamante lo stato di coscienza, il
respiro, il circolo ed eventuale presenza di dolore del paziente;
successivamente:
•
età del paziente, se non già comunicata;
•
ulteriori particolari per l’identificazione esatta del luogo dell’evento;
•
se vi è sicurezza sulla scena dell’evento;
•
se vi è necessità di attivazioni di altri enti (Polizia, Carabinieri, Vigili del
Fuoco, etc.).
Si evidenzia che la C.O.T. risponde a richieste provenienti da cellulari che possono
trovarsi in aree diverse dalla città di Napoli, pertanto essendovi indirizzi comuni a
molte altre località (es. Corso Garibaldi, Via Manzoni, etc.) è indispensabile accertarsi
della reale località di provenienza della richiesta.
L’E.M.D. deve inoltre:
•
stabilire i bisogno delle persone e soddisfarli;
•
ascoltare con attenzione mostrando interesse;
•
parlare con calma e chiarezza invitando l’Utente, con fermezza, a fare altrettanto
per poter meglio comprendere e non sprecare secondi preziosi;
•
chiedere con determinazione di parlare con una persona vicina, se chi telefona
non riesce a calmarsi (chi telefona è impaurito, arrabbiato e spesso estremamente
confuso per cui ha la necessità assoluta di essere tranquillizzato e guidato durante
la conversazione telefonica);
•
assumere il “dominio” della telefonata restando calmo ed invitando alla calma
(es. “Comprendo perfettamente il suo problema, se sta calmo mi aiuta a
risolverlo”);
•
se necessario, “sgridare” le persone estremamente agitate, invitandole a
comportamenti più razionali;
•
non farsi coinvolgere emotivamente rispondendo ad eventuali insulti, se possibile
compilare la scheda software riportando il numero telefonico e le note del caso
(ingiurie, minacce, etc.) allo scopo di poter inoltrare dettagliata denuncia
all’Autorità Giudiziaria – questa procedura va effettuata anche per le richieste di
intervento che si rivelassero false;
•
dare riferimenti precisi (frasi chiave) agli utenti in relazione al tempo che il
mezzo di soccorso impiegherà a giungere sul luogo dell’evento (evitando di dare
indicazioni “Arriverà tra 10 minuti”, ma costringendo l’Utente a guardare
189
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
l’orologio con frasi tipo “Sono le 10,15, l’autoambulanza arriverà entro le 10,20 –
10,25”);
dare informazioni semplici evitando l’uso di parole di difficile comprensione (es.
•
termini strettamente tecnici);
ripetere spesso frasi tranquillizzanti (es. “L’autoambulanza è già partita”, “Stanno
•
arrivando anche i Vigili del Fuoco”, etc.”);
•
non lasciare l’Utente solo per più di 20 secondi;
•
rallentare la velocità delle parole, quando si è al telefono con persone anziane
(spesso hanno bisogno di essere rassicurati ed aiutati a ricordare il proprio
indirizzo);
chiamare i bambini con il proprio nome ed aiutarli a ricordare il proprio indirizzo
•
o a dare informazioni che consentano di individuare l’abitazione (i bambini, a
volte, sono paradossalmente tranquilli poiché non si rendono conto della gravità
della situazione);
utilizzare il titolo con il quale si presenta la persona (es. dott., avv.), in casi di
•
dubbio sig./ra;
invitare a lasciare libera la linea telefonica per eventuali ulteriori comunicazioni,
•
affinché chi telefona possa:
•
inviare una persona per strada ad attendere i soccorritori;
•
accendere le luci dell’abitazione, se l’evento accade di notte;
•
aprire cancelli, portoni ed altri eventuali sbarramenti che impediscono
l’accesso ai soccorritori;
•
far rimuovere auto in sosta che ostacolino l’arrivo dei mezzi di soccorso;
•
far stazionare l’ascensore al piano terra con le porte aperte.
Trasferimento di chiamata ad altra Centrale Operativa
Per problemi di collegamento ancora non risolti da parte dei vari gestori di telefonia
mobile, alla C.O.T. 1.1.8. arrivano richieste di interventi per località di competenza di
altre Centrali Operative.
In tali casi, gli operatori trasferiscono la chiamata alla Centrale Operativa di
competenza, ponendo attenzione a:
•
identificare con precisione il luogo dell’evento;
•
verificare l’appartenenza della località alla C.O.T. appropriata;
•
trasferire la chiamata con il sistema di ricerca elettronico della postazione
libera;
•
comunicare con chiarezza, all’Operatore che risponde, il numero di telefono
190
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
dell’Utente che chiama;
•
compilare la scheda delle emergenze con l’annotazione del numero di telefono
del chiamante e chiuderla in modalità “trasferito ad altra C.O.”.
Telefonate da parte di Operatori 118 sul territorio
Per evitare di sovraccaricare il già delicato lavoro della postazione radio, per quanto
possibile, gli Operatori delle postazioni telefoniche, che rispondono alle richieste o alle
comunicazioni da parte degli Operatori del territorio, si devono adoperare per fornire
tutte le notizie del caso o aggiornare direttamente le schede, senza dover
necessariamente trasferire la telefonata alla postazione radio.
Per la legge n° 675/96 (legge sulla privacy) non si può utilizzare il “viva voce” per le
telefonate degli Utenti né è possibile diffondere via radio i dati personali relativi ai
pazienti trasportati, pertanto gli Operatori delle autoambulanze, al termine dei servizi
espletati, devono comunicare i dati relativi all’intervento effettuato, esclusivamente per
telefono sulla linea 1.1.8. mentre l’Operatore di Centrale che riceve la comunicazione
provvede ad inserire i dati al computer e se è il caso ad archiviare l’intervento.
Schema esplicativo di dispatch:
operatore telefonico
risponde entro il 3° squillo
Tranquillo
Chiamata di soccorso fatta da:
adulto
agitato
Invitare alla calma - Non farsi coinvolgere
Essere professionali - Chiedere di parlare
lentamente - Rassicurare
Ripetere frasi chiave
Eseguire domande precise
Guidare al soccorso
si è tranquillizzato
ancora agitato
Parlare con voce ferma
Se necessario sgridare
Chiedere di parlare con un’altra persona
Richiamare, se necessario
Chiedere informazioni
Dare consigli
Chiamata di soccorso fatta
da: anziano
Parlare lentamente
Non alzare la voce
Chiamata di soccorso fatta
da: bambino
Chiamare per nome Rassicurare
Verificare le informazioni ricevute
191
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
Dispatch in caso di trauma
L’evento traumatico richiede per le sue peculiarità di valutazione, evoluzione ed
intervento indicazioni aggiuntive allo schema generale presentato. L’E.M.D. con le
prime domande tenta di ottenere informazioni da qualcuno che abbia assistito
all’evento o che abbia potuto valutare da vicino le conseguenze, oppure che possa, in
sicurezza, avvicinarsi rapidamente alla scena dell’evento. Non sempre può essere
agevole stabilire dove si è verificato l’incidente, soprattutto se è avvenuto in sede
extraurbana e se il richiedente ha familiarità con il posto: in questi casi si chiede di
fornire punti di riferimento specifici della sua posizione (es. indicazioni stradali, luoghi
di culto, attività commerciali) ed eventualmente si provvede a localizzare la chiamata
attraverso la società telefonica. La centralizzazione è una funzione peculiare ed
esclusiva della Centrale Operativa 118 che comporta il trasporto assistito e la scelta
dell’ospedale più idoneo in base ai criteri anatomici, clinici e dinamici che supportano
la definizione di “trauma maggiore”:
A) criteri anatomici e clinici (centralizzare sempre)
•
G.C.S. ≤ 12 o deficit di lato;
•
trauma del rachide con deficit motori o sensitivi;
•
ustione di 2° e 3° grado (> 30% negli adulti, 20% nei bambini);
•
trauma toracico con lembo mobile;
•
trauma toracico chiuso con P.A.S. < 90 oppure F.R. > 35 oppure SaO2 < 90;
•
trauma addominale con P.A.S. < 90;
•
ferita penetrante (esclusi gli arti);
•
frattura di due o più ossa lunghe prossimali;
•
amputazione prossimale a gomito o ginocchio;
•
Revised Trauma Score < 11;
B) criteri dinamici (centralizzare sempre)
•
caduta da oltre 3 metri;
•
presenza di persone decedute nello stesso veicolo;
•
proiezione all’esterno del veicolo;
•
caduta dalla moto con proiezione;
•
arrotamento;
•
necessità di estricazione prolungata (> 20’);
•
età inferiore a 5 anni.
Il modello di centralizzazione risponde alle esigenze aziendali di garantire un adeguato
inquadramento diagnostico d’urgenza e gli interventi sanitari di emergenza finalizzati
192
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
alla stabilizzazione del traumatizzato.
Sistema 1.1.2.
In un panorama europeo senza confini,
nell’Unione Europea, si è avvertita
l’esigenza di dotarsi di un apparato unico
per le chiamate di emergenza.
Il motivo di questa necessità risulta
evidente dagli esempi che seguono:
•
si pensi ad un cittadino italiano,
che si trova già disorientato nel chiamare i soccorsi quando si trova sul suolo
nazionale (fatto testimoniato dalle frequenti chiamate all’1.1.8. per servizi
diversi dal soccorso sanitario), che debba richiedere interventi di soccorso
stando in un Paese estero;
•
attualmente, molte Centrali Operative 1.1.8. sono quelle che per prime ricevono
segnalazioni per gravi incidenti o altre situazioni di emergenza che coinvolgono
gli altri organismi deputati al soccorso; ai tempi necessari per l’attivazione dei
propri mezzi, si devono sommare i tempi di attivazione dei Vigili del Fuoco, di
Carabinieri o Polizia, Centrali Operative delle autostrade, della Capitaneria di
Porto o di altri enti; questo spesso in momenti in cui è già difficile, soprattutto
in caso di maxiemergenze, gestire le chiamate all’1.1.8., ridondanti per la
proliferazione dei telefoni cellulari.
Se a questo, si aggiunge la presenza di numerosi stranieri in Italia, specie in estate, è
indiscutibile quanto sia ancor più necessario saper dare risposte competenti ed
adeguate, in tempi ridotti e soprattutto con un’organizzazione strutturata e
tecnologicamente avanzata.
La struttura europea delle Centrali dell’1.1.2. non corrisponde a semplici centralini
confinati a ricevere le telefonate e quindi a trasferirle alle centrali oggi in funzione in
Italia, bensì prevede vere centrali operative, organizzate e supportate da un elevato
contenuto tecnologico, informatico e professionale, multilingua; capaci di gestire o di
trasferire congiuntamente le informazioni che vengono raccolte con la prima telefonata,
alle centrali secondarie in via telematica, con tempi molto più rapidi di una chiamata
voce. Altro elemento qualificante del Numero Unico per l’Emergenza 1.1.2. è dato
dalla localizzazione del chiamante; la Direttiva Comunitaria 2002/22/EEC cita
espressamente: “Le informazioni relative alla localizzazione del chiamante, che devono
essere messe a disposizione dei servizi di soccorso nella misura in cui sia tecnicamente
193
PERCORSO TRAUMA
ALLEGATO 2
DISPATCH
fattibile, miglioreranno il livello di protezione e la sicurezza degli utenti dei servizi 112
e aiuteranno tali servizi nell’espletamento dei loro compiti, a condizione che sia
garantito il trasferimento delle chiamate e dei dati pertinenti verso i servizi di soccorso
competenti.” La localizzazione del chiamante è una tecnologia disponibile presso le
società che gestiscono la telefonia mobile e fissa, consente una precisione elevata per
individuare chi chiama l’1.1.2., derogando alla tutela della privacy per la ben più
importante tutela dell’incolumità. All’aspetto specificatamente emergenziale si affianca
quello economico di contenimento dei costi, sia per l’eliminazione di interventi con più
mezzi per localizzare il chiamante, sia per il definitivo “smascheramento” di chi
effettua scherzi e chiamate fasulle.
Storia
•
1991 – Decisione Europea 91/396/CEE: entro la fine del 1996, gli Stati devono
adottare il “Numero Unico Europeo 1.1.2.” per le chiamate di emergenza.
•
2002 – Direttiva 2002/22/CE: gli Stati devono istituire il “Numero Unico
Europeo 1.1.2.” con funzione di localizzazione del chiamante.
•
2003 – Istituito gruppo di lavoro presso il Ministero dell’Innovazione
Tecnologica, successivo mandato affidato ad “Innovazione Italia SpA” (nel
2005). Definita prima sperimentazione a Palermo, Salerno e Catanzaro. Per
ragioni economiche, sperimentazione limitata solo a Salerno.
•
2008 – La realizzazione del progetto N.U.E. 1.1.2. è affidata a Polizia e
Carabinieri. Non coinvolti l’1.1.5. ed
l’1.1.8. Viene abbandonata la
sperimentazione di Salerno.
•
2009 – Febbraio: il Governo decide di affidare alla Protezione Civile la
presentazione di un nuovo piano da presentare a Bruxelles.
Riferimenti
•
Legge Regionale del 11/1/1994, n° 2
•
D.P.R. 28/7/2000, n° 270
•
Il Sistema 118 e la Centrale Operativa – Guidetti, Serantoni, Menarini
•
Emergenza Sanitaria: responsabilità e competenze – Chiodo
•
L’Emergenza Sanitaria al telefono – Radeschi, Rocca
•
Voice tone and persuasion – Hall
•
Principies of Emergency Medical Dispatch – Clawson J.J., Dernocoeur
•
Guida illustrata delle emergenze – Chiaranda
•
I Gesti SalvaVita - La defibrillazione precoce: “B.L.S.D.” – Cuomo, Bianco,
Albanes.
194
PERCORSO
A LLEGATO 3
SICUREZZA
Allegato 3: La sicurezza nell’emergenza sanitaria
extraospedaliera o territoriale.
La Sicurezza non è un concetto assoluto; c’è sempre un rischio intrinseco in qualsiasi
attività umana. In emergenza, esiste sempre il pericolo di sottovalutare o
sopravvalutare i rischi relativi agli scenari che ci troviamo ad affrontare. Quindi è
fondamentale il metodo con cui gestiamo il rischio. La sicurezza in emergenza e’
pertanto la consapevolezza della diversità che c’è tra l’azione in essere e quanto è
dettato dalle procedure operative standard di sicurezza. In particolare, negli interventi
in strada è fondamentale attenersi alla massima prudenza e tenere sempre presente che
se un membro dell'equipaggio viene ferito non possiamo più svolgere il nostro
compito di soccorritori, con duplice danno per noi e per i feriti.
Bisogna tenere sempre presente che la sicurezza in emergenza si ottiene con la sinergia
di vari elementi:
Analisi: L’analisi situazionale e dei rischi probabili
e/o incombenti (Fig A3-1).
Controllo del rischio comportamentale: ad
esempio scendere dal mezzo di soccorso prima che
sia completamento fermo; nella foto il fumatore
mette a rischio tutti gli altri operatori (sicuramente
in un incidente del genere ci sarà benzina
sull'asfalto) (Fig A3-1).
Fig A3-1
Organizzazione: Il coordinamento, di tutti i soggetti che intervengono sul luogo
dell'incidente, è fondamentale, tenendo presente che la priorità, dopo la sicurezza, è il
soccorso dei feriti: tutte le autorità, presenti sulla scena, dovranno favorire il soccorso
ed agevolare il lavoro dei soccorritori.
Formazione: Un processo formativo continuo e calibrato sulle diverse situazioni
operative. Creare una sinergia tra i diversi attori finalizzata alla massima sicurezza
operativa dei soccorritori (organizzare periodiche esercitazioni). Dopo ogni intervento,
sarebbe opportuno valutare la scena che si è presentata e fare un'analisi del
comportamento adottato da tutti i soccorritori, in relazione alle procedure standard di
intervento. In casi particolarmente “problematici” occorre fare una relazione
dettagliata al responsabile dell'unità operativa, il quale organizzerà incontri periodici
195
PERCORSO
A LLEGATO 3
SICUREZZA
per discutere di questi casi e valutare i comportamenti adottati al fine di migliorare il
servizio e la sicurezza degli operatori.
PROCEDURA OPERATIVA STANDARD D’INTERVENTO
La C.O.T. che invia un mezzo di soccorso sul luogo dell'incidente, inizierà a
predisporre la scena sicura chiamando le forze dell'ordine e consigliando, alle persone
sul posto, di cercare di delimitare con segnalazioni varie, il luogo dell'incidente.
All'arrivo sul posto del mezzo di soccorso, a scena non controllata dalle forze
dell'ordine, si osserveranno tutte le procedure per rendere sicura la scena:
●
scendere dal mezzo solo quando è completamente fermo;
●
assicurarsi che qualcuno stia rallentando o fermando il traffico, in caso
negativo un membro dell'equipaggio dovrà occuparsene;
●
assicurarsi di avere la massima visibilità con tutti i dispositivi di segnalazione e
luminosi accesi ;
●
valutare i rischi evolutivi - carichi pendenti, sostanze pericolose, rischio
incendio;
Dopo aver fatto tutte le valutazioni del caso, l'autista si avvicina all'incidente e farà
scendere i soccorritori; subito dopo posiziona il mezzo a protezione della scena se non
vi è già un altro mezzo, in quest'ultimo caso si posizionerà il più vicino possibile
all'incidente, ma mai tra il mezzo di protezione e il luogo dell'incidente. L'autista dovrà
sia assistere i soccorritori che vigilare sulla sicurezza della scena.
Posizionamento (metodo PPP)
Il corretto posizionamento dei mezzi di soccorso sulla scena deve rispondere a tre
criteri fondamentali: Proteggere, Predisporre, Prevenire.
Arrivo sul posto e posizionamento dell’automezzo rispettando il metodo “PPP”
PROTEGGERE (Fig A3-2)
Proteggere le operazioni di soccorso,
Fig A3-2
posizionando il mezzo ad angolo di 45 gradi
rispetto al margine destro della strada, nel senso
di marcia e prima dell'incidente.
PREDISPORRE
Fig A3-3
Predisporre il posizionamento in modo da non
ostacolare l’arrivo di altri mezzi di soccorso e la
rapida partenza dopo aver caricato i feriti
196
PERCORSO
A LLEGATO 3
SICUREZZA
PREVENIRE
Prevenire pericoli evolutivi o sottovalutati che
possono degenerare all’improvviso e potrebbero
costringere ad un immediato abbandono del luogo
dei soccorsi (Fig A3-4)
Procedura
Fig A3-4
Arrivo sul posto e posizionamento (sempre visibile da lontano con tutte le luci accese,
massima visibilità) del veicolo di soccorso in obliquo con angolo di 45 gradi rispetto
al margine destro della strada e nel senso di marcia prima dell'incidente, ad una
distanza utile per evitare che un veicoli che tamponi il mezzo di soccorso lo spinga
addosso ai soccorritori. Tra il veicolo posto a protezione e il luogo dell'incidente non vi
debbono essere altri veicoli. Questa posizione, oltre a protegge i soccorritori dal
sopraggiungere di altri veicoli, facilità la ripartenza. Valutare con attenzione il corretto
posizionamento del veicolo che deve essere predisposto per una rapida partenza e/o
per un rapido allontanamento dalla scena (incendio ecc,) (fig.A3-5)
Fig A3-5 (posizione corretta)
Arrivo sul posto e posizionamento a 45 gradi rispetto al margine destro della strada e
ad una corretta distanza dal luogo dell'incidente.
197
PERCORSO
A LLEGATO 3
SICUREZZA
Fig A3-6 (posizione sbagliata)
Arrivo sul posto e posizionamento a 45 gradi rispetto al margine destro della strada ma
troppo vicino all'incidente.
A
Fig A3-7 (posizione sbagliata)
B
Fig A3-5: (A) arrivo sul posto posizionamento in obliquo ma dopo l'incidente; non
bisogna mai posizionare il mezzo dopo l'incidente nel senso di marcia.
(B) arrivo sul posto ma con posizionamento parallelo al margine della strada. Nel caso
A almeno l'ambulanza è salva.
TRASPORTO
Il trasporto in ambulanza deve sempre avvenire alla minima velocità possibile e
comunque non si dovrebbero mai superare in città i 50/60 Km/h occorre una guida
fluida, senza scossoni, accelerate o frenate brusche, percorrendo le curve a velocità
ridotta. Inoltre è opportuno che l'autista conosca molto bene la topografia del luogo, la
situazione del traffico e del manto stradale delle vie da percorrere, e che disponga della
capacità di studiare il percorso più breve o più idoneo al tipo di paziente trasportato.
La C. O. T. può collaborare fornendo le notizie sulla viabilità in suo possesso
Politraumatizzato
Il trasporto di un paziente traumatizzato deve avvenire alla minore velocità possibile e
198
PERCORSO
A LLEGATO 3
SICUREZZA
se le condizioni cliniche lo permettono si deve scegliere il tragitto più fluido e con un
buon manto stradale anche se più lungo.
Gravidanza
Oltre la 20a settimana di gravidanza l'utero raggiunge dimensioni importanti; in
posizione supina comprime i grossi vasi
addominali
rallentando
così
il
ritorno
venoso al cuore. Questo può provocare
ipotensione,
sincope
della
madre
e
bradicardia fetale. Per questo motivo tutte le
donne gravide devono essere trasportate in
decubito laterale sinistro. Nel caso in cui si
sospetti una lesione alla colonna vertebrale,
una volta immobilizzata sulla tavola spinale,
si provvederà a sollevare il lato destro (ad
esempio con una coperta ripiegata); in
questo modo si otterrà ugualmente lo
spostamento dell'utero verso sinistra. Monitorizzate continuamente i parametri vitali
durante il trasporto.
Bambino
Mentre i concetti di immobilizzazione e mobilizzazione atraumatica universali
valgono anche nel trattamento dei bambini, considerate nel soccorrere i pazienti di
piccola taglia l'utilizzo di presidi in modo diverso. Ad esempio le stecco-bende a
depressione per gli arti possono diventare un materassino a depressione per piccoli
bambini; il trauma estricatore tipo KED può diventare una piccola tavola spinale.
Anziano
Il paziente anziano presenta una fragilità ossea aumentata, quindi tutte le manovre ed il
trasporto dovranno essere effettuate con le dovute cautele.
199
TABELLE CHE DAL 23 SETTEMBRE DOVRANNO ESSERE AFFISSE NEI LOCALI PUBBLICI
Effetti di un bicchiere di champagne o spumante (50 cc) su una donna a seconda del peso corporeo a
stomaco vuoto
DONNA
Gradazione
alcolica (%
vol): 11%
A STOMACO VUOTO
PESO CORPOREO (Kg)
55
60
65
75
0,31 0,28 0,26 0,22
45
0,37
A STOMACO PIENO
80
0,21
45
0,22
PESO CORPOREO (Kg)
55
60
65
75
0,18 0,16 0,15 0,13
80
0,12
DONNA – PESO 45 Kg
Ha assunto a stomaco vuoto
1 birra leggera (3,5°) e
1 aperitivo alcolico 18°
TASSO ALCOLEMICO 0,88 grammi per litro
Effetti di un bicchiere di birra (125 cc) su un uomo birra normale
UOMO
Gradazione
alcolica (%
vol): 5%
55
0,35
A STOMACO VUOTO
A STOMACO PIENO
PESO CORPOREO (Kg)
65
70
75
80
0,30
0,28
0,26
0,24
90
0,22
UOMO – PESO 55 Kg
Ha assunto a stomaco vuoto
1 birra doppio malto (10°) e
1 siperalcolico (45°)
TASSO ALCOLEMICO 1,07 grammi per litro
Fonte: La Repubblica
200
55
0,20
PESO CORPOREO (Kg)
65
70
75
80
0,17 0,16 0,15 0,14
90
0,12
BERE SICURO
L’alcol nel sangue
UOMO
75 Kg
BEVANDE
DONNA
60 Kg
0.169
0.271
0.542
0.147
0.294
0.881
0.226
0.520
0.113
0.169
0.463
0.610
1 Lattina di birra (33cl)
1 birra media (50cl)
1 Litro di birra
1 bicchiere di vino
2 bicchieri di vino
1 bottiglia di vino
1 aperitivo
1 aperitivo e 2 bicchieri di vino
1 digestivo (40ml)
1 superalcolico (40ml)
0.275
0.441
0.881
0.239
0.477
1.432
0.367
0.845
0.184
0.275
0.753
0.992
2 bicchieri di vino e 1 superalcolico
1 birra media e 2 superalcolici
I LIMITI DI LEGGE
0.5 GRAMMI DI ALCOL PER LITRO
E’ il limite considerato in stato di ebbrezza.
A chi lo supera la patente viene sospesa fino a 3 mesi (6 in caso di recidiva) e rischia una multa (da 250 a
1.000 euro) e l’arresto fino a 2 mesi.
Meno 10 punti dalla patente.
1,5 GRAMMI PER LITRO
Per chi supera questo tasso la pena dell’arresto è fino a 3 mesi e, se il conducente provoca un incidente
stradale, fino a 6 mesi.
La patente può essere sospesa da 6 mesi a 2 anni.
Fonte: Corriere della Sera
201
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Manuale percorso trauma cap 13 seconda parte e allegati