Volume 2 Numero 3 - 2009 Editorials Riccarda Serri Adele Sparavigna Pucci Romano L e t ’s mee t Milly Moratti Barbara Righini “CosmOS” vs. “NaTrue”: where is Dermatology? Riccarda Serri, Mario Zappaterra Towa rd th e u nif or mit y Barbara Righini Me as con su mer Antonio Di Maio Th e s t and ard of c osm et ics ce rti f icat io n: my point of view Luigi Rigano EcodermoNews A plastic world: critical health risks Bibliographic survey by Adele Sparavigna EcoGalenic Mauro Castiglioni Editorial board Editor Riccarda Serri Milan, Italy Volume 2, Numero 3 - 2009 Editors in Chief Pucci Romano Rome, Italy Adele Sparavigna Milan, Italy Editoriali Riccarda Serri pag. 3 Adele Sparavigna pag. 4 Pucci Romano pag. 5 Associate Editors Sergio Chimenti, Rome, Italy Helmut Kerl, Graz, Austria Ignazio Marino, Rome, Italy Jennifer Parish, Philadelphia, USA Ketty Peris, L’Aquila, Italy Milly Moratti pag. 7 Barbara Righini pag. 8 Scientific Board Riccarda Serri, Mario Zappaterra pag. 11 “CosmOS” vs. “NaTrue”: where is Dermatology? Carlo Alberto Bartoletti, Rome (Italy) Emanuele Bartoletti, Rome (Italy) Enzo Berardesca, Rome (Italy) Umberto Borellini, Milan (Italy) Giovanni Borroni, Pavia (Italy) Lucia Brambilla, Milan (Italy) Mauro Castiglioni, Milan (Italy) Roberto Cavagna, Milan (Italy) Leonardo Celleno, Rome (Italy) Mauro Cervia, Milan (Italy) Stefano De Filippi, Rome (Italy) Antonino Di Pietro, Milan (Italy) Piera Fileccia, Rome (Italy) Guido Filippi, Rome (Italy) Marco Fumagalli, Milan (Italy) Carlo Gelmetti, Milan (Italy) Simona Giogilli, Milan (Italy) Alberto Massirone, Milan (Italy) Tiziana Parasassi, Rome (Italy) Elena Rosella, Milan (Italy) Aurora Tedeschi, Catania (Italy) Marco Valussi, Milan (Italy) Fabrizio Zago, Verona (Italy) Mario Zappaterra, Ferrara (Italy) Verso l’uniformità Barbara Righini pag. 17 Il mio punto di vista e lo standard certificativo dei prodotti cosmetici, biologici e naturali Luigi Rigano pag. 20 Io consumatore... Antonio Di Maio pag. 21 A plastic world: critical health risks Bibliographic survey by Adele Sparavigna pag. 23 A cura di Mauro Castiglioni pag. 27 Direttore Responsabile Pietro Cazzola Direttore Generale Armando Mazzù Direttore Marketing Antonio Di Maio Consulenza grafica Piero Merlini Registr. Tribunale di Milano n. 340 del 17/07/2009. Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091/0270608060 - Fax 0270606917 E-mail: [email protected] Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 39,00 Pagamento: conto corrente postale n. 20350682 intestato a: Edizioni Scripta Manent s.n.c., via Bassini 41- 20133 Milano Stampa: Arti Grafiche Bazzi, Milano È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano 1 Editoriale Cambiare: come? C’è una frase del geniale inventore, architetto, designer statunitense Richard Buckminster Fuller (1895-1983) che mi piace particolarmente: “Non cambieremo mai le cose, combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruiamo un modello nuovo che renda il sistema attuale obsoleto”. E SKINECO in effetti non vuole “combattere” proprio contro nulla e nessuno. La “mission” di SKINECO è quella di contribuire a proporre, studiare, diffondere, approfondire una alternativa dermoecocompatibile, o, meglio, sempre più dermoecocompatibile, di tutto ciò che viene in contatto con la nostra pelle da quando nasciamo, in poi. Non solo cosmetici quindi, ma tessuti, detergenti casa e panni, arredamento (pensiamo all’importante capitolo del “bedding”, astro nascente degli interessi scientifici nel campo dell’atopia), pannolini per bebè e adulti… Vogliamo, con SKINECO, contribuire a costruire modelli nuovi, ma non modelli penalizzanti nel senso della gradevolezza, della praticità d’uso, dell’efficacia funzionale. Bensì modelli estremamente attraenti, gradevoli, e direi “migliori”, tali da rendere la scelta più ecocompatibile anche la migliore per la nostra pelle (e per i nostri sensi, e per le nostre tasche, e per la semplicità di approvvigionamento). I Dermatologi – non essendo Chimici – non si sono mai realmente occupati di studiare o di controllare con attenzione che cosa si mettesse a contatto con la cute, al di là del principio attivo o funzionale. Ma oggi, alla luce delle più recenti ricerche, numerosi ingredienti si sono rivelati tossici o potenzialmente tossici – per la nostra salute e/o per la salute dell’ambiente- oppure cangerogeni, o disturbatori endocrini, o mutageni, etc. È quindi opportuno, rivedere e rivalutare la produzione cosmetica per esempio. È opportuno prestare la massima attenzione ai coloranti, ai fissatori, e a tutti le sostanze chimiche utilizzate per i tessuti. È opportuno enfatizzare l’esistenza di una chimica amica, una chimica dermo-eco-sostenibile. A noi di SKINECO interessa che un prodotto non sia solo sostenibile. Ma che svolga al meglio le sue funzioni (ovvero, che sia efficace), e che sia pure gradevole e piacevole: e in questo la “chimica amica” ha un ruolo preponderante. Non crediamo affatto all’eco-talebanesimo del “tutto fa male”. Ma crediamo opportuno che i medici, i dermatologi in particolare, ma anche pediatri e allergologi, controllino quanto l’ecosistema cutaneo apprezzi – e come interagisca sulla lunga distanza – il continuo contatto e il continuo uso con/di determinati ingredienti (molecole che rilasciano formaldeide, o che possono portare alla formazione di nitrosamine, o siliconi volatili, o petrolati...): per fare un esempio concreto, la ricerca in campo cosmetico è fertile. Principi attivi sempre più straordinari vengono brevettati. Ma perché non si aggiorna e rinnova anche il veicolo, in senso di dermoecocompatibilità, e non solo di sensorialità? Quindi, con SKINECO, per una alternativa di miglioramento, per andare avanti con una pelle sempre più bella e sempre più sana, grazie al progresso e alla ricerca anche della CHIMICA AMICA. Riccarda Serri Presidente SKINECO 3 Editoriale Il dermoecoprogetto. Quando nel maggio 2008 è cominciata l’avventura di Skineco, e con essa la realizzazione del JED, il reperimento di fonti scientifiche “dermoecologiche” non si rivelava cosa facile. Ad un anno e mezzo di distanza, lo scenario è completamente cambiato: la sensibilità e l’interesse scientifico nei confronti della tematica dermoecologica aumentano di giorno in giorno in maniera esponenziale e le fonti della letteratura sono sempre più numerose. Per chi, come me, si trova a dover reperire tutti i giorni nuove voci di aggiornamento dermatologico, c’è il vantaggio di conoscere in tempo reale quanto accade a livello internazionale e quali siano gli argomenti più “gettonati”, dato che le ricerche su Internet oramai consentono addirittura di conoscere il contenuto di articoli ancora in corso di stampa. Il pensiero dermoecologico si delinea sempre di più a tutto tondo. Progettare prodotti in grado di rispettare l’organo cute e l’ambiente che ci circonda significa non solo studiare formulazioni che riducano o eliminino l’uso di sostanze pericolose o non idonee pur mantenendo l’efficacia (e la gradevolezza!) delle formulazioni ma anche l’efficienza energetica del processo produttivo (in altri termini la riduzione delle emissioni di anidride carbonica) e la compatibilità con l’ambiente dei materiali utilizzati per il packaging. Per il formulatore non si tratta solo di utilizzare ingredienti naturali, nasce la Green Chemistry cioè la “chimica sostenibile” basata sull’utilizzo di metodi di sintesi ideate per usare o generare sostanze sempre meno tossiche sia per la salute umana che per l’ambiente, prevenendo la produzione di rifiuti attraverso la possibilità di incorporare nel prodotto finale tutti i materiali utilizzati nel processo. I fabbisogni d’energia sono attualmente regolati dalle norme volontarie ISO 14001 e UNI CEI EN 16001, queste ultime riguardanti in maniera specifica il rendimento energetico. Le reazioni di sintesi dovranno sempre più essere condotte a temperatura e pressione ambiente. Per quanto riguarda il packaging, oltre all’utilizzo di materiali riciclabili o biodegradabili, si dovrebbe evitare di assemblare nella confezione materiali diversi che risultino difficili da smaltire nella raccolta differenziata. Quello che ad oggi appare un sacrificio per le aziende, e cioè la completa rivoluzione dei propri cicli produttivi, diventerà in seguito un modo per risparmiare danaro, ridurre le inefficienze e promuovere il proprio marchio verso una clientela attenta, esigente ed in continua crescita quale quella che acquista prodotti dichiaratamente ecologici. Adele Sparavigna Editor in Chief Vicepresidente SKINECO 4 Editoriale ...una dose di umiltà, e tanto entusiasmo! Mi sono presa una settimana di pausa: ne avevo veramente bisogno. Sono stata a Cuba. Volevo vedere questo paese prima che Fidel morisse e consegnasse la sua gente a un futuro diverso. Strade dissestate, case che stanno in piedi per miracolo: l’Havana è una città davvero…improbabile. La gente è allegra, a dispetto di qualunque disagio. L’acqua è scarsissima, pure i balconi disastrati sono stracolmi di panni stesi, appena lavati. Ogni qualvolta qualcuno ti si avvicina, non ti chiede danaro, cibo, insomma non elemosina. La richiesta è una sola:…il SAPONE ! Ancora oggi, tornata alla mia comoda realtà, mi chiedo: perché il sapone? E non mi so rispondere. Però, riflettendo su questo episodio mi sono accorta di quanto sono cambiata da quando SKINECO è entrata nella mia vita. La mia esperienza culturale si è arricchita e definitivamente orientata. Ogni volta che vedo un informatore scientifico che mi presenta l’ennesima novità cosmetica, sto ad ascoltarlo attenta e disponibile. Poi, mi accorgo che non posso più sottostare a un’accettazione passiva, che mi si deve convincere sul perché è presente o no un principio attivo. Interloquisco con cognizione di causa, obietto o accetto un criterio con competenza. Per un dermatologo con anni di lavoro alle spalle, queste nuove acquisizioni, sono come un lifting della mente e dell’anima: mi sento di nuovo giovane e attiva. La speranza di rompere il muro delle cose definite e definitive, la possibilità di contribuire anche se in maniera più che minima, a un cambiamento che ha in sé il germe del miglioramento, mi ha ossigenato il cervello. Come al solito, un ideale è il migliore antidoto alla staticità, alla rigidità, allo scontato mai contestato. Ma SKINECO per me è diventata molto di più che un astratto ideale: studio le novità, leggo gli articoli inerenti alla ecodermocompatibilità. Sento il bisogno di confrontarmi con altre discipline. Così, sempre più spesso chiedo spiegazioni e chiarimenti a Tiziana Parasassi (ricercatore microbiologo CNR) o a Fabrizio Zago (Chimico Industriale, un nome nel campo della Biodegradabiltà e della Dermocompatibilità). Un progetto nuovo accorpa in sé una buona dose di umiltà oltre che di entusiasmo. E io questa sana dose di umiltà me la ritrovo tutta dentro, la percepisco con una gioia profonda, come un dono, come quando ci si innamora ancora una volta e si credeva che non sarebbe più stato possibile. Ho approfondito temi un po’ insoliti per la dermatologia tradizionale: l’incontro con il Centrocot e l’Ecotext, mi ha fatto capire che avere a che fare con la pelle non è solo “cosmetici” ma tessuti, per esempio. Un tessuto può interagire in maniera addirittura “curativa” nei riguardi della cute, così come può “avvelenarla” se non rispetta dei parametri di purezza ben specifici. 5 Editoriale Mi sono dedicata allo studio della Paidocosmesi mettendo le basi per il progetto “Ecomamme”. Ho provato a redigere la prima classificazione dei danni clinici da cosmetici, individuando una lunga serie di problematiche (e non solo la Dermatite da Contatto!) che possono scaturire dall’utilizzo di cosmetici, peraltro “tranquilli” da un punto di vista dei controlli regolamentari. So consigliare un make up dermocompatibile, spiegando al mio paziente perché un fondotinta alle polveri minerali è migliore di uno ricco in siliconi. Anche quando vado a fare la spesa, automaticamente, leggo l’I NCI di tutti i detersivi che compro e scelgo quelli che possano far meno male a me e all’ambiente. Insomma, predico bene e …razzolo meglio! Sono davvero entusiasta di quanto SKINECO sta facendo e di quanto ha fatto per me e su di me. So anche che i cambiamenti non saranno né magici né repentini, ma saper cogliere i segnali, anche i più impercettibili, avrà il sapore di un grande successo. Mia figlia si è applicata sulla sua macchinetta l’adesivo di SKINECO, “per farlo conoscere”, mi ha detto. Lei è il futuro e crede in questo progetto. Il cambiamento è cominciato. Pucci Romano Editor in Chief Vicepresidente SKINECO 6 Milly Moratti Anche Milly Moratti in SKINECO. Il mondo delle Istutuzioni, così apparentemente lontano dalla conoscenza e dall'impegno scientifico, dimostra sempre più sensibilità alle problematiche della dermo eco compatibilità! Il consigliere del Comune di Milano Milly Moratti ha aderito con entusiasmo a SKINECO. Orgogliosi di questa decisione l'accogliamo con enorme piacere e simpatia. Milly Moratti dopo la laurea in Fisica Teorica presso l'Università statale di Milano, ha collaborato con il Professor Giovanni degli Antoni al Dipartimento di Scienze dell'Informazione, coordinando tra l'altro il progetto di recupero degli archivi del Teatro alla Scala. È tra i pionieri della diffusione di internet e del suo utilizzo come strumento di partecipazione civica. Con Giuliano Preparata, uno dei massimi fisici teorici del XX secolo, ha fondato il LEDA (Laboratorio di ricerca sulla fusione fredda). Nel corso della XIII Legislatura è stata membro della Commissione ministeriale di controllo sugli OGM (Organismi geneticamente modificati). Dal 1999 è Presidente della Fondazione Emergency. Nel 2002 ha fondato l'associazione di partecipazione civica “Chiamamilano” di cui è Presidente. Dal 2001 al 2006 è stata Capogruppo dei Verdi-Lista civica dell'Arancia nel Consiglio Comunale di Milano. Dal maggio del 2006 è Capogruppo di Milano Civica nel Consiglio Comunale di Milano. Ha dato vita ad una rete di negozi di prodotti naturali: “Il Centro Botanico Prodotti Naturali”. Collabora con Carlin Petrini al progetto di agricoltura chilometri 0 intorno alla città di Milano. 7 Barbara Righini La tecnologia al servizio della terra. Barbara Righini nasce a Modena nel 1975 ed attualmente vive e l avora a Pescara Dopo la maturità classica e la laurea in Scienze politiche, si occupa di formazione professionale, acquisisce la qualifica di Esperta di Strat e g i e Aziendali e ottiene l'iscrizione all'albo dei giornalisti pubblicisti d'Abruzzo. Parallelamente coniuga la sua passione per l'informazione e la libera circolazione delle idee, con quella per la cosmesi ecologica, realizzando nel 2005 il portale www.saicosatispalmi.org. Un anno dopo apre il negozio online www.saicosatispalmi.com e a seguire il punto vendita di Pescara, dove commercializza cosmetici ecobio accuratamente selezionati. A Natale 2009 debutta come direttore responsabile del neonato semestrale Saicosatispalmi Magazine, il cui ambizioso progetto è tutto in divenire. 8 La domanda che mi pongo da quando ho iniziato il mio viaggio alla scoperta di cosa ci spalmiamo addosso è: come mai tutti sanno che i detersivi inquinano e quasi nessuno sa che molti cosmetici fanno la stessa cosa? Eppure è fatto incontestabile come ciascuno, dal neonato all'ottuagenario, incontri ben più di un cosmetico nella pratica di pulizia personale quotidiana. Negli ultimi anni la coscienza ecologica di ciascuno di noi, pungolata dal clima da apocalisse preannunciata, è diventata però molto più sensibile all'argomento. Tanto che la cosmesi ecobio sta vivendo una stagione decisamente promettente. Se dieci anni fa recuperare una crema senza petrolati era un'impresa quasi impossibile, ora nella maggior parte delle città italiane la scelta si è ampliata notevolmente. Tuttavia, sembra che vi sia uno scollamento tra ecologia e innovazione tecnica e scientifica. Per qualche oscuro motivo, pensare al cosmetico ecologico implica un'istantanea associazione mentale con i “rimedi della nonna”. Il problema, a mio avviso, è che tale associazione non riguarda solo, o tanto, il consumatore finale, ma anche moltissimi formulatori. Fequentemente quindi il consumatore non trova prodotti adatti alle proprie esigenze e il rischio è che torni sconsolato alla cosmesi tradizionale, continuando ad inquinare e, in un certo senso, ad inquinarsi. Ecco perchè, quando ho saputo della nascita di Skineko, ho esultato. Solo unendo le forze si può ottenere un cambiamento nella direzione di una cosmesi che sia veramente ecologica e veramente efficace, cosa che può accadere solamente se si affianca alla produzione l'occhio attento della scienza e lo sviluppo tecnologico. Nella speranza che la tecnologia sia sempre più al servizio della Terra, e non più la Terra al servizio della tecnologia. In questo processo la comunicazione, spiace dire spesso dimenticata, è fondamentale per fare da ponte tra tutti gli attori: dermatologi, formulatori, negozianti, consumatori finali, ed è in questa direzione che si colloca il mio lavoro e la collaborazione con SKINECO. “CosmOS” vs. “NaTrue”: where is Dermatology ? Riccarda Serri1, Mario Zappaterra2 1 2 SKINECO-President, Milano, Italy Specialist in Cosmetology - University of Ferrara, Italy ABSTRACT “CosmOS” vs. “NaTrue”: where is Dermatology? This review provides data on the scope of eco-compatible dermatocosmetics and the development of new international certifications. The question that remains to be answered is: "what is good for your skin and at the same time does not affect the environment? The answer may come only from the dermatologist, the true point of reference as a doctor and scientific expert in skin care . Introduction A cosmetic product should not be ecological only, it must be dermatologically functional, valid, effective, well tolerated by the skin and pleasant to use. “Friendly Chemistry” and research, can gradually achieve this, thus overcoming the emotional and naive approach that is nowadays used. When talking of sustainability, we need to be down-to earth – we need to be practical. We cannot change the structure of all Dermo-cosmetics, in just one day, or one year, but we can make a commitment to take progressive steps that in the mid-long term will result in a real ecological alternative. Skineco promotes and supports the study and development of formulations attentive to the environment, considering the human being as the most important form of "environment“. Over the last 20 years, a new environmental awareness was born, followed by a growing demand for products respectful to the environment. This phenomenon has had such an impact, and has led to the development of dedicated criteria even in the cosmetics field, with the aim of providing the consumer with the most natural and environmentally compatible cosmetic products. Two main schools of thought were born in this way: The first one proposes cosmetics with high levels of natural and organic origin, i.e. products that not only contain the greatest amount of plant extracts, but that guarantee the organic cultivation of the same. All criteria certifications of bio-cosmetic products on the market fall in this category. The second one offers products that are not focused, in particular, on the presence of natural or botanical extracts, but rather on determining the environmental impact they have. The determination of the environmental impact is calculated through their critical volume of dilution (CVDtox). In this category are included those products that meet with the specifications of the European criteria Ecolabel. There is therefore a double level of attention from the cosmetic criteria present nowadays on the market. The biological criteria pay particular attention to the origin of raw materials and to the environmental impact of their production, whilst they do not focus on the life of the product once used. 11 EcoLabel does not focus either on the origin of raw materials, or on the impact that the production of those materials has on the environment, but evaluates what happens to the finished product when it reaches the environment, determining the level of environmental damage it can generate. These schemes are complementary and, hopefully, in the near future can be integrated. Many companies have engaged in the production of cosmetics that can boast, on various levels, the term "natural” and/or “biological” and/or “organic products”. In order to protect the end users—the consumers, and to put a stop to misleading advertising claims, these companies are turning to certification bodies that monitor and evaluate the statements in the labeling of “natural” and/or “o r g a n i c” products. In Europe, many certification schemes have been born; among the main ones, we can list: ECOCERT (France), BDIH (Germany), SOIL Association (UK), ICEA (Italy). The presence of such a high number of certification systems created confusion among consumers and companies who wanted to certify their products. The various systems, in fact, followed general and similar criteria, but among them there were substantial differences. processes, requiring, since 2012, the partial use (30%) of organic raw materials also in chemical synthesis. As in all bio criteria, even in the CosmOS raw GMOs cannot be used and raw materials and extracts derived from plants that are included in the International and European lists of protected species (ref. Washington Convention and the Berne Convention) cannot be used. Among natural products, raw materials extracted from live animals or from slaughter cannot be used. Ingredients of animal origin can be used only if produced from animals (for instance, milk). The features described so far are just a few issues included into the new CosmOS bio-cosmetics specification. CosmOS also defines the characteristics of the packaging of the cosmetic product, with the objective of minimizing the environmental damage caused by cosmetic containers. At the end of the certification process, the cosmetic product that contains at least 20% of raw materials of biological origin in its formulation can be presented as “organic”; in this case it can carry either the statement "COSMOS-ORGANIC'. COSMOS Certification In this second cluster of products, the presence of biological components in the formulation can be highlighted. Aw a re of this, since 2005, the main Euro p e a n Associations for certification are following a common path in order to create a unique criteria/specification. This has led to the birth of the CosmOS standard: A common criteria, clear and unambiguous, that could be submitted to the European Community, that might spread within bio-cosmetics as well, the first germs of a greater ecological impact evaluation of certified products, as is already the case for products branded "Ecolabel" (European Eco-label quality brand), which identifies the most eco-friendly cosmetics, produced through techniques with a low environmental impact). The purpose of the “CosmOS standard” is to provide guidelines that encourage the use of discoveries related to the technological development of our society, allowing them to contribute to environmental conservation. This target is a key challenge for sustainable growth, that takes into account the excesses and damage that technological, non-regulated development can lead to; practically it pursues "sustainable development". To achieve this, the “CosmOS Standard” points out that we need a radical change both in production flows, and in consumption habits. In order to support the processes for production and sustainable consumption, simple rules have been proposed based on principles of prevention and safety at all levels of the production chain, from raw materials to the distribution of the finished products. The European CosmOS encourages and promotes the use of organically grown products, with full respect for biodiversity: limitation (2%) in a cosmetic formulation of components deriving from petrochemical industry, the use of natural resources in a responsible manner and respectful with the environment, integrating and developing the concept of "Green Chemistry" rather than the classical petrochemical 12 Cosmetic products that contain natural raw materials, but do not reach such high levels of biological components can only be certified as "n a tural" and can be marked on their label as “COSMOS-NATURAL”. The CosmOS certification system will gradually replace the other certification systems that have contributed to its development and have subscribed to the rules. On the European level, “NaTrue” is a competitor of the CosmOS. This is a standard that was created by a number of cosmetic companies (mostly German) who initially participated to the CosmOS project, but which decided to create their own specifications. NATRUE Certification In NaTrue, it is well underlined that the main challenge in the production of natural cosmetics, in addition to the selection of appropriate materials, is to provide consumers with products that are simultaneously high quality, effective, healthy and pleasant. This criteria shows how products featuring the above characteristics, cannot be manufactured using only natural ingredients, as cosmetics have a higher degree of production complexity, than the preparation of simple food. In the development of high-level products, it is necessary to accept some compromise, but it must be clear and understandable to consumers. The criteria required by the certification system, NaTrue, are aimed at presenting high precision and transparency. The product can be produced only from natural raw materials or nature-identical (also called "natural identical") or almost-natural. Apart from water – the ingredient in higher concentrations in most cosmetic products – natural untreated ingredients (natural substances such as fatty oils, hydro-alcoholic extracts of plants) are usually pre- dominant in cosmetics labeled as "Natural cosmetic products” . Natural ingredients should preferably be used in "biological" products. The use of substances identical to natural (nature identical) should be limited to cases in which natural substances cannot, for technical reasons, be obtained from organic material. Natural substances must be derived almost exclusively from natural substances, excluding mineral oil. Almost-natural substances should only be produced through processes of which physiological mechanisms are well known (eg formation of partial glycerides by the synthesis of fat). Natural substances that are the source of raw material for almost-natural substances, should be used in the biological amount. Almost-natural molecules must feature environmental properties to ensure their compatibility with the environment once introduced into the natural cycle. As a consequence of this, NaTrue applies “very restrictive" parameters in relation to the biodegradability of substances that are used as almost-natural surfactants. Like the CosmOS, NaTrue also (indirectly stemming from CosmOS), emphasizes that in the preparation of cosmetic products, consideration must be given to all matters related to the concept of sustainable development, for instance, consideration of the characteristics of the packaging, and reducing it to a minimum. The main criteria of NaTrue, can be summarized as follows: in this criteria, positive lists of natural substances are defined, almost-natural substances, and almost identical to natural substances that can be used in natural cosmetics. There is a classification of production processes allowed for natural cosmetics, and a classification of production processes for natural substances, almost-natural substances, and almost identical to natural substances. It defines the minimum levels required of natural substances and natural substances of biological origin, and at the same time the maximum allowable levels for those almost-natural substances. Three levels of certification are defined: “Natural cosmetics”, “Natural cosmetics with biological parts”, “Biological cosmetics”. In order to ensure the conservation of natural personal care products, NaTrue allows the use of preservatives identical to the natural ones listed in the dedicated annex (benzoic acid, its salts and its ethyl ester, benzyl alcohol, formic acid, propionic acid and its salts, salicylic acid and its salts, sorbic acid and its salts. The use of these substances must be clearly indicated on the label by the words “preserved by ...” on the product packaging). As a part of the “NaTrue” natural cosmetics, inorganic pigments and minerals identical to natural ones can also be used. Study of the two criteria are surfacing similarities and differences. In particular, the CosmOS standard has a system for defining the level of biological considered as the actual amount of organic ingredients present in the formula, whilst NaTrue defines the level excluding water and mineral formula, thus obtaining higher biological values. Even the method for calculating the natural or biological components, are very different. The system used for the CosmOS is much more complex, but much more defined than NaTrue’s. But above all, the point that widens the gap between the two certification systems is certainly that NaTrue allows the use of raw materials that are similar to natural, and, products that are fully synthetic, but, none-the-less, defined as "natural." Both NaTrue and CosmOS pay great attention to environment and eco-compatibility of certified products, but neither has developed this aspect fully. In CosmOS, there is an attempt to define the limits of water toxicity of raw materials, despite the absence of an evolved computing system similar to EcoLabel. This approach does not exist in NaTrue, which on this basis, lags behind. The dermatological perspective Both systems of certification have a rather weak aspect: the evaluation of the performance of products. This means developing a functional product that is also cosmetic, skin-friendly, respectful of the environment and/or that maintains the skin and its annexes in good condition, pleasing the end user and responding to a specific dermatological rational. As already studied for the Ecolabel scheme, it is necessary to define a qualitative approach to products’ performance, so that certified products have a medium to high performance, able of justifying a new purchase and able to give prestige to the certification system. Analyzing the characteristics of the currently used certification systems and of the new proposed ones, it is clear that the presence of perfume might cause problems, because perfumes are synthetic substances that have little or nothing to do with natural products, as well as the use of essential oils of natural origin as they can cause various problems, and, as they contain many allergens that can trigger dermatological problems. Also as part of the “auxiliary” substances contained in cosmetics (substances that make the product pleasant), the certification systems are looking for alternatives to “classic” preservatives – substances often accused of not being very skin-friendly and skin-safe. To this extent, food preservatives are used but, especially now that their use has increased, they often appear to be excellent in food, but irritating to human skin. Very often products that pass the patch test for traditional preservatives, can appear to be irritating if food preservatives are used (such as benzoic acid, sodium benzoate, etc.). It is necessary to study the preservation of cosmetic products in two ways: the first being a rational reassessment of classic preservatives, placing very precise limits in terms of safety, for example, by excluding all ingredients releasing formaldehyde and those suspected of mutagenesis. The second one is the research and promotion of the use of “natural” alternative preservatives, which should be evaluated for both the antimicrobial activity (in order to give safety to the consumer) and the harmfulness to the skin. As part of this analysis, a few old preservatives possibly might be re-evaluated. A particular case history can be analyzed. A cosmetic product is often rejected if the formula contains parabens; these preservatives were used for a long time both in the cosmetic and in the food industry. Parabens are currently under study, and the available case studies prove that their use in dermo-cosmetics must be carefully analyzed as it seems that the short-chain parabens (methyl and ethyl) are not involved in the phenomena of sensitization. This highlights the need to change the approach towards preserving the classics, trying not to 13 make decisions under the influence of biases. Ecologic cosmetics or, better, "dermo-eco-compatible cosmetics” in the near future, will become more and more oriented towards effectiveness, or rather cosmetics that want to have something more, a “s o m e t h i n g” born from the synergy between the base of cosmetics (that must be of excellent quality and made in compliance with the principles related to ecological sustainability and tolerability), and an active i n g redient derived from neo-synthesis (in classical cosmetics) or nature (in eco-bio cosmetics – active ingredients that dermatologists have always used (for example, salicylic acid), and that contribute to improving the effectiveness of the product thanks to their quality. Research is driven more towards those active ingredients, both synthetic (but dermo-eco-compatible or dermatologically tolerable and effective and as environmentally friendly as possible, in terms of production and disposal), or derived from plants. Today the search is active in plants living in extreme environments, that have developed substances capable of providing various substances and factors of cell protection, extremely useful for our skin. It is evident that biological cosmetics and ecological cosmetics are two arms of the same body, not overlapping, but that can and must coexist to give birth to the future – to a new type of cosmetics, that takes care of human skin of man and of environment in which this skin lives. The answer lies perhaps in eco-dermo-compatible cosmetics, or cosmetics with a low environmental impact (by improving gradually, year after year, the environmental impact of products), dermatologically valid, rational, functional, effective, and tested in their performances and claims. To date, almost no cosmetic company focuses on sustainability and on the biodegradability of products: after all, the index of biodegradability of a cosmetic is not required. It is a slow and gradual improvement in the production of cosmetics and detergents worldwide, an improvement that includes a gradual reduction of mineral oil, silicones, synthetic fragrances, and all ingredients suspected of being toxic, mutagenic, triggering endocrine disorders, etc. Why "SKINECO? Why ecological Dermatology? Ecologic Dermatology is a new theme, and, as we have seen, a very hot topic. On the one side, there is a large increase in the interest in cosmetics – in their ingredients and the actual effects on the skin, and on the other, a greater attention to the environment and its preservation is growing. The question that must be answered is: "what is good for your skin and at the same time does not affect the environment?" The answer may come from the dermatologist, the true point of reference as a doctor and scientific expert in skin care. Thus was born the new concept of eco-dermo-compatible cosmetics, which requires a scientific discipline and a very rational approach. In Europe and worldwide in recent years, there has been an increase of: Sensitive skin Reactive skin Cosmetics-induced dermatoses caused or triggered by cosmetics (seborrheic dermatitis, rosacea, adult acne, irritative contact dermatitis, etc.) 14 Atopic dermatitis “Asphyxial” (dull) skin "Pores" Blackheads Post-inflammatory hyperpigmentation A larger number of skin types/conditions not only do not improve, despite the use of cosmetic products, but show the appearance of dryness and flaking. Possible causes of these diseases can be various: Wrong use of cosmetics Excessive or incongruous use of cosmetics Mismanaged hygiene/cosmetic routine Use of cosmetic products not containing dermo-compatible vehicles Use of cosmetic products not containing dermo-compatible ingredients Disregard for the vehicle of the active ingredients Failure of the dermatologist on the management and treatment of skin Often dermatologists do not know the complete formulation of the products, and are informed only about active ingredients. Many ingredients, while being non-toxic and non-allergenic (and even with reassuring toxicological profiles), reveal on the long run hardly to be "dermo-compatible"; at the same time, these ingredients are not environmentally friendly (mineral oils and silicones). An alternative exists and is represented by "natural". However, today "natural" in many cases, is riding the wave of collective emotion, and is often formulated and produced with little scientific rational, with no tests and clinical trials and frequently is not true "natural". It is not regulated by criteria or standard or a regulation in the Single European Act. The dermatologist is not used to reading the INCI of products, or to considering the long-term effects, or used to verifying the 'vehicle' that contains the active ingredients. But dermatologists need to be aware of what happens to the ‘ecosystem’ of skin after prolonged use of oils and silicones (if a large percentage is included in a formula). Consider that according to the law, the INCI list (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) does not consider as ingredients: 1) impurities in the raw materials used; 2) the secondary technical materials used in the manufacturing process, but which are not present in the composition of the finished product; 3) materials used in strictly necessary quantities such as solvents or as carriers for perfume and flavoring compounds. These substances do not constitute a significant source of danger, due to their low concentration. However, in eco-dermo compatible cosmetics, these substances should be taken into evaluation. The attention paid by the legislator to ingredients is based upon the precise intention to protect consumers from possible negative effects due to the presence of specific substances or compounds with intrinsic dangerous properties. Although completed cosmetics, namely those packaged and offered for sale, are constantly changing and very difficult to monitor, cosmetic ingredients that are commonly used to make a cosmetic, are some hundreds and mostly well known. Many of these substances have been used for decades and their biochemical and toxicological characteristics are known, such as the DL50, toxicity, percutaneous absorption, mutagenicity, phototoxicity, the Carcinogenicity, etc. like any other drug ingredient. If a new ingredient, is wanted to be marketed, it must first be submitted to the Scientific Committee on Consumer Non-Food Products, who will proceed with its classification, considering the pharmacological and toxicological studies conducted on the ingredient. However, there is no indication of the biodegradability and the eco-compatibility of ingredients themselves, as there is also no evaluation of skin effects on the long term. An example is set by the use of continuous and occlusive film-forming products (silicones and oil), which favor the appearance of pores and "asphyxiated" skins. Speaking of eco-dermo cosmetics means to speak of an eco-compatible and dermo-compatible cosmetic, strictly scientific and technologically advanced. Eco-dermo cosmetics means, for example, the limitation of the following ingredients: Petrolatum, paraffinum liquidum, mineral oil Silicone (cyclometicone, dimethicone, etc.) Polyethylene glycol (PEG) containing ethylene oxide that can form dioxane Mold of formaldehyde: diazolydinyl urea, imidazolidinyl urea, DMDM hydantoin, bronopol, etc. Amines (DEA, MEA, TEA, MIPA): risk training nitrosamines EDTA - toxic for the sea environment Nonoxynol, poloxamer and nonylphenol-(hormonal-endocrine disturbances) Triclosan - antibacterial toxic e-trimonium dimonium: non-biodegradable, toxic for aquatic species, etc. VASELINE, PARAFFIN, MINERAL OIL The Directive on dangerous substances of the EEC N.67/548/CEE and following amendments provides for a clear rating of petroleum derivatives, including carcinogens and non. Vaseline (soft paraffin) is classified as a carcinogen category 2, unless there is evidence that the base oil from which it derives does not contain any impurities. Suppliers of paraffin and vaseline for cosmetic use should guarantee not to trade Category 2 vaseline (carcinogenic due to impurities), and in compliance with the law 2003/15/EC, they must certify to produce base oils that do not contain more than 3% of dangerous impurities. VASELINE IN COSMETICS Category 2 carcinogenic substances should not be used in cosmetic products. In compliance with the European Pharmacopoeia, suppliers need to guarantee with absolute certainty that their raw materials are not carcinogenic according to the Dangerous Substances Directive. Currently Vaseline is classified as a category 2 carcinogen, so it should be banned for cosmetic use. The guiding Directive allows a subterfuge that says: "...unless the whole process of refining is known and it can be proven that the substance from which it is produced is not a carcinogen”. Cosmetics manufacturers can use vaseline for their formulations containing impurities (carcinogenic)up to 3%. New Directive A new directive has been recently published ordering that from 1/12/2010, all the ingredients classified as category 2 are prohibited in cosmetic products. Unless the Scientific Committee on Consumer Safety gives a positive opinion, the use of substances classified as carcinogenic, mutagenic or toxic to reproduction of category 1A, 1B and 2 is prohibited in cosmetic products. A substance classified in category 2 can be used in cosmetics if previously submitted to the CSSC (Scientific Committee on Consumer Safety) and found acceptable for use in cosmetic products. There are therefore two possibilities: a. The supplier guarantees to be knowledgeable of the process of refining of the raw materials used in the production of vaseline, and provides the relative certificates of analysis and evidence. b. Or the product must be obtained from substances belonging to the two non-carcinogenic groups of substances (highly refined oils, paraffin waxes and hydrocarbons). Skin problems related to vaseline are: occlusivity and its ability to alter the microbiological balance, and its non-biodegradability. It suggests the use of vaseline, which currently is almost always in the highest position of INCI in cosmetics, only with clear indications, and in precise locations. Polydecans can be a cosmetic alternative. Another alternative, also for cosmetic purposes, would be to use vegetable oils and butters. In recent times, a growing number of "vegetal vaseline" have been marketed, that in rheological properties are quite similar to vaseline, but not produced from hydrocarbons, but from plants. These fats provide our skin with valid cosmetic substances. 15 SILICONES Emollient silicones: cyclopentasiloxane, cyclohexasiloxane, cyclomethicone. Have gliding and silky effect, they can be spread in a very thin layer without getting oily. Dimethicone, cetyl dimethicone, stearyl dimethicone – heavier. Phenyl dimethicone, diphenyl dimethicone, phenyl trimethicone. Silicones have: Lasting properties over a wide temperature range (they do not get thicker with cold and do not become more liquid with the heat, are not degraded by heat, like most vegetable oils). Low surface tension (pull down the foam, are often used in small quantities in creams for this property, increase the soaking capacity of the products in which they are included). High degree of fluency, especially on organic substrates (on the skin they give the well-known “gliding effect” typical, imitated in nature only by phytosterols found in some vegetable butters). High degree of water-repellency (they are greasy, and the greasiest ones are used in barrier creams for hands because they prevent the water from reaching the skin). Physiological inertia. However, on the long term: They can improve dryness. They tend to "keep" the other ingredients to the surface of the skin. Not totally inert (for example, silicones used for hypertrophic scars), and finally some volatile silicones are under investigation. Eco-dermo-technology can provide a real alternative to these products. Research and technology are needed in order to produce increasingly eco-compatible dermo-cosmetics, but at present the priorities of the cosmetic Companies are going towards the direction of skin tolerance and rheology-sensory characteristics. Also, it is certainly more difficult to produce a good eco-dermo-cosmetic, technologically advanced. FREQUENT SKIN PROBLEMS The latest statistics indicate how there are more and more patients with irritations, status cosmeticus syndrome (Figure 1), asphyxiated skin,dryness. The number of atopic syndromes is increasing, as well as the Red-face syndrome (rosacea and DS). This is also due to the presence of other ingredients unsuitable for dermatologically valuable cosmetics (including ingredients of topical medications and "medicated" cleansers). In the near future, all cosmetics will be eco-dermo compatible. And chemistry will become finally, more and more "Friendly" to the skin. a Figure 1 a) Large pores of the face in a patient affected by “status cosmeticus” b) Normal skin 16 b Verso l'uniformità Barbara Righini Fondatrice del sito saicosatispalmi.org Una delle principali difficoltà dei consumatori, se non la principale in assoluto, è stata sinora quella di districarsi tra le certificazioni relative alla cosmesi ecobio presenti sul mercato. Diversi Enti Certificatori, in diverse nazioni, hanno ideato diversi standard dotandosi di diversi marchi. La confusione del consumatore appare evidente se si leggono alcuni risultati dal sondaggio “Protagonisti del biologico in Italia”, del Consorzio del Biologico/CCPB: il 43% dei partecipanti si è dichiarata informata sulle normative del biologico, ma solo l'1% ha poi dimostrato di averne una conoscenza approfondita, contro il 28% di conoscenza sufficiente e ben il 71% scarsa. Trattandosi di un sondaggio incentrato sulle normative del biologico di tutti i generi, incluso soprattutto quello alimentare, si può ragionevolmente supporre che i livelli di consapevolezza riguardanti il settore cosmetico siano piuttosto scarsi. Quello della frammentazione dei disciplinari è un problema di cui si sono presto resi conto anche gli enti certificatori, che di conseguenza hanno lavorato lungamente per la presentazione di uno standard europeo che fosse definitivo. I risultati di questo impegno si sono concretizzati in due grandi certificazioni europee: CosmOS e NaTrue. CosmOS CosmOS, ovvero Cosmetics Organic Standard è entrato in vigore dal primo settembre 2009, appoggiato dagli enti certificatori ECOCERT e COSMEBIO (Francia), BDIH (Germania), SOIL Association (Regno Unito), BIOFORUM (Belgio) e ICEA (Italia). Dal momento che gli organismi certificatori nazionali hanno standard ben diversi tra loro, uno dei principali problemi di CosmOSè stato arrivare ad un disciplinare che fosse utilizzabile da ciascuno di essi. Lo scopo finale, ed è questa la sostanziale innovazione, è quello di ottenere una cosmesi sostenibile su tutto il suo ciclo produttivo, che va dall'origine delle materie prime, al packaging, alla comunicazione e così via. 1 Acqua: l'acqua contenuta nei cosmetici (potabile, di sorgente, marina, ottenuta per osmosi, distillata, o contenuta nelle materie prime) non viene consicderata come biologica. Significa che non ha peso nel calcolo della percentuale di ingredienti di origine biologica sul prodotto finito. 2 Minerali: come l'acqua, non vengono considerati biologici, poiché non sono fonte rinnovabile. Vi è una lista di minerali ammessi, puri, presenti in natura e trattati solo con metodi fisici. 3 PPAI (Physically Processed Agro-Ingredients): sono gli ingredienti ottenuti da processi fisici. Non sono accettati trattamenti come l'irradiazione, né materiali ottenuti dalla soppressione o mutilazione di animali. I solventi ammessi per l'estrazione di alcuni principi vegetali sono acqua o quelli di derivazione vegetale e CO2. I PPAI entrano nel calcolo della percentuale di biologico sul prodotto finito. 4 CPAI (Chemically Processed Agro-Ingredients): sono gli ingredienti derivati da processi chimici e non fisici. Poiché è molto raro trovarne di biologici, si è prevista una soglia del 30% a partire dal 2012. Nel frattempo l'obiettivo di CosmOS è di incentivare la cosiddetta “chimica verde” o “green chemistry”, attraverso l'uso di risorse rinnovabili, il divieto categorico di solventi di origine petrolchimica nella lavorazione di materiali biologici, e la loro limitazione nella produzione di CPAI, sino a vietarli del tutto nel 2012. 5 Altri ingredienti. Considerando il panorama della cosmesi attuale, CosmOS prevede un periodo di transizione durante il quale potranno essere fatte modifiche al disciplinare. Seguendo il principio di precauzione secondo il quale nel caso di evidenze scientifiche di pericolosità di un ingrediente, lo stesso viene vietato, CosmOS non permette l'uso di nanoparticelle, di ingredienti vegetali OGM, di irradiazioni. Riguardo agli animali, CosmOS segue la normativa vigente secondo la quale sono vietati i test sui prodotti finiti, mentre sono permessi quelli sui singoli ingredienti qualora la legge lo richieda. 5 categorie di ingredienti 2 tipi di certificazione Il punto di partenza è stato suddividere gli ingredienti cosmetici in 5 grandi categorie: Basandosi quindi su queste regole e attraverso formule matematiche per calcolare la percentuale di materiale vegetale biolo- 17 gico contenuta nei singoli estratti oltre che nel prodotto finito, CosmOS arriva a distinguere due tipi di cosmetico certificabili: 1 2 Cosmetico Biologico: “COSMOS-ORGANIC” Deve contenere almeno il 95% di PPAI biologici. Entro 36 mesi dall'entrata in vigore dello Standard, almeno il 30% dei PPAI restanti dovrà essere biologico, se disponibile. Al termine del periodo di transizione di 36 mesi, almeno il 30% dei CPAI, secondo il sistema di calcolo previsto dallo standard, dovrà essere commutato in biologico. Sul totale del prodotto finito, almeno il 20% di ingredienti dev'essere biologico, ad eccezione dei prodotti da risciacquo come bagnoschiuma, shampoo ecc., per i quali basta il 10%. Riassumendo, fino al 2012 il cosmetico certificato come CosmOS Cosmetico Biologico avrà una percentuale di ingredienti bio del 20%. Di questi, quelli vegetali processati fisicamente, saranno bio al 95%. Ricordiamo che l'acqua non è inclusa nel calcolo di queste percentuali. Cosmetico Naturale: “COSMOS-NATURAL” Non è richiesta una percentuale determinata di ingredienti biologici. Riguardo invece agli ingredienti ammessi, si rimanda ai singoli organismi certificatori nazionali. NaTrue Alcuni organismi certificatori nazionali, tra i quali CCPB (Italia), Bio.Inspecta (Svizzera), EcoControl (Germania), hanno dato vita ed aderito ad un altro disciplinare chiamato NaTrue. Lo scopo dichiarato da NaTrue è di offrire un marchio che indirizzi e tuteli il consumatore che vuole scegliere prodotti realmente naturali. 3 categorie di ingredienti NaTrue sembra essere più restrittivo di CosmOS, sin dalla suddivisione degli ingredienti, che raggruppa in 3 tipologie: 1 Sostanze naturali Sono quelle che si trovano in natura e non sono sottoposte a trattamenti chimici. 2 Sostanze natural-identiche Sono sostanze naturali manipolate con semplici metodi di trasformazione, che sono stabiliti nel dettaglio. 3 Sostanze natural-simili Sono sostanze che provengono da sostanze che si trovano in natura, ma che vengono modificate con trattamenti chimici. Esse includono pigmenti minerali e conservanti e sono ammesse solamente nel caso non siano disponibili sostanze naturali qualitativamente e quantitativamente sufficienti. Qualora si impieghino conservanti trasformati, dev'essere chiaramente indicato in etichetta. Per quanto riguarda l'acqua, non è calcolata nel calcolo della percentuale di ingredienti biologici. Tutte le sostanze che non rientrano nelle 3 categorie non sono ammessi. 18 3 tipi di certificazione NaTrue prevede 3 tipologie di cosmetico certificabile, che corrispondono a 3 livelli di naturalità del prodotto finito. 1 NaTrue una stella: Cosmetici Naturali È lo standard base della certificazione. Per ottenerlo si devono rispettare l'elenco di ingredienti ammessi e dei metodi per la loro lavorazione, nonché i limiti del contenuto minimo di sostanze naturali e del contenuto massimo di sostanze natural-simili. Ogni tipologia di prodotto ha criteri differenti (ad esempio quelli applicabili al sapone sono diversi da quelli applicabili ad una crema) per via della loro diversa funzione d'uso. Un cosmetico che abbia adempiuto a questi criteri fondamentali, potrà aspirare ad ottenere il marchio con due o tre stelle, in base alla percentuale di contenuto da agricoltura biologica. 2 NaTrue due stelle: Cosmetici Naturali con complementi biologiche Oltre allo standard base precedente, Natrue con due stelle richiede livelli minimi più alti di sostanze naturali non trasformate, delle quali il 70% deve provenire da agricoltura biologica o raccolta spontanea certificata. Non tutte le tipologie cosmetiche possono, per motivi tecnico-scientifici, raggiugere ad oggi questo standard. 3 NaTrue tre stelle: Cosmetici Biologici Oltre allo standard due stelle, i cosmetici biologici devono contenere percentuali minime ancora più elevate di ingredienti naturali non trasformati, delle quali il 95% dev'essere biologico. Data la restrittività di quest'ultima certificazione, essa è ottenibile solamente da alcune tipologie di cosmetici. Punti in comune e differenze Sia CosmOS sia NaTrue sono giunti a distinguere il cosmetico biologico da quello naturale. Entrambi riconoscono che non sia possibile ideare formulazioni di cosmetico biologico per tutti i tipi di prodotto, ma è possibile assegnare un valore di “naturalità” ad una formula, per garantirne comunque un minore impatto sull'ambiente e sulla salute. Le due certificazioni inoltre non includono l'acqua nel calcolo della percentuale di biologico contenuta nel cosmetico. Questo è molto positivo, dato che la maggior parte dei cosmetici contiene grandi percentuali d'acqua. I criteri di NaTrue sono molto più restrittivi di quelli di CosmOS, tuttavia non prestano molta attenzione all'intero ciclo di vita del prodotto, sforzo che invece è compiuto da quest'ultimo. Inoltre, i 3 diversi marchi NaTrue fissano indicazioni precise, CosmOS Natural rimanda ai singoli organismi certificatori nazionali la verifica e l'assegnazione del marchio. Conclusioni e problematicità Quando i due standard europei si saranno affermati, il consumatore si troverà davanti una serie di marchi diversi, che elenchiamo (v. anche tabella): CosmOS-organic, affiancato dal logo dell'organismo certificatore nazionale che ha verificato ed assegnato la certificazione CosmOS-natural, affiancato dal logo dell'organismo certificatore nazionale che ha verificato ed assegnato la certificazione, secondo i propri standard relativamente a materie prime ammesse e non NaTrue una stella NaTrue due stelle NaTrue tre stelle È difficile quindi affermare con certezza che l'obiettivo iniziale di uniformare le singole certificazioni per ridurre la complessità ed offrire una maggior trasparenza e “leggibilità” di acquisto sia stato raggiunto. Si auspica quindi che l'informazione su questi argomenti si diffonda e che in futuro venga considerato anche un aspetto che sinora è rimasto in secondo piano, ovvero l'efficacia finale del prodotto e il suo impatto oltre che ambientale anche dermatologico. In questo SKINECO potrebbe, nei prossimi anni, essere pioniere. Enti certificatori Ingredienti vegetali Ingredienti chimici % bio sul totale % bio sul vegetale CosmOS Organic Elenco sostanze vietate Elenco sostanze vietate 20,00% 95,00% CosmOS Natural Elenco sostanze vietate e criteri dell'ente certificatore nazionale Elenco sostanze vietate e criteri dell'ente certificatore nazionale Non richiesto Non richiesto NaTrue * Minimo richiesto a seconda della categoria cosmetica Massimo permesso a seconda della categoria cosmetica Non richiesto Non richiesto NaTrue ** Minimo richiesto sul totale: 15% Massimo permesso sul totale: 15% Non richiesto (dal 2012 minimi richiesti anche per ingredienti chimici) 70,00% NaTrue *** Minimo 20% Massimo 15% Non richiesto 95,00% Siti di riferimento: NaTrue: www.natrue-label.it CosmOS: www.cosmos-standard.org AIAB-ICEA per i cosmetici: http://www.icea.info/Aree/CertificazioniNoFood/Cosmetici/tabid/131/Default.aspx CCPB: www.ccpb.it/ ECOCERT: www.ecocertitalia.it/ BDIH: www.kontrollierte-naturkosmetik.de/i/bdih.htm SOIL Association: www.soilassociation.org/ Bio.Inspecta: www.bio-inspecta.ch/ BioForum: www.bioforum.be/ 19 Il mio punto di vista e lo standard certificativo dei prodotti cosmetici, biologici e naturali Luigi Rigano Chimico Cosmetologo - Institute of Skin and Product Evaluation La versione finale dello standard CosmOS è stata pubblicata l'8 giugno 2009, dopo quasi sette anni di consultazioni e valutazioni per la definizione dei requisiti minimi per i prodotti cosmetici biologici e naturali. L’European Cosmetics Standard Working Group che ha redatto lo standard include i rappresentanti dei principali organismi di certificazione biologica europea: ICEA in Italia, BDIH in Germania, Cosmebio & ECOCERT in Francia, SOIL Association nel Regno Unito e Bioforum in Belgio. L’assenza di una normativa unica a livello europeo, ha fatto sì che negli anni passati nascessero in ogni paese uno o più codici di autoregolamentazione per la certificazione biologica. La complessità e la frammentazione del mercato biologico e naturale che si è creato e la conseguente confusione per il consumatore sono i principali motivi che hanno portato alla creazione del CosmOS. L’obiettivo primario: sviluppare una norma armonizzata. Con il CosmOS abbiamo due tipi diversi di certificazione, a seconda che il prodotto sia definito naturale o biologico. Per la certificazione di prodotti naturali non è previsto un limite percentuale di ingredienti biologici, ma solo l’impiego di ingredienti conformi ai requisiti previsti dallo standard. Le regole da seguire nella formulazione per il biologico prevedono invece un minimo contenuto “o rg a n i c o” del 20% (fatta eccezione per i prodotti a risciacquo, le lozioni (acquose? Non specificato nel testo del regolamento) ed i prodotti in polvere, per i quali il requisito minimo è del 10%). Almeno il 95% degli agro-ingredienti (ottenuti da agricoltura, acquacoltura, raccolta) fisicamente trasformati (ovvero processati con metodi fisici, di cui è riportata una lista esemplificativa, non esaustiva, in appendice allo standard) devono essere organici. Gli agro-ingredienti fisicamente-trasformati sono ottenuti da agricoltura, acquacoltura, raccolta e processati con metodi fisici (dei quali è riportata una lista esemplificativa, non esaustiva, in appendice allo standard). Almeno il 30% degli agro-ingredienti chimicamente trasformati devono poi essere organici. Il processo chimico di trasformazione di questi i n g redienti deve necessariamente rientrare in una lista positiva (allegata allo standard) e le materie prime devono soddisfare specifici requisiti di resa della produzione, biodegradabilità e tossicità acquatica. Lo standard indica come calcolare la percentuale di contenuto organico di materie prime trasformate (gli estratti ad esempio). Gli ingredienti di origine minerale permessi sono elencati in una lista in appendice allo standard. Nano-materiali ed ingredienti OGM non possono essere usati. 20 Non esiste una lista esaustiva di tutti gli ingredienti utilizzabili o vietati. Questo può far sì che si crei un margine di incertezza. Non è ufficiale, ma in futuro il CosmOS potrebbe certificare singole materie prime di specifici produttori (come già da anni fa ECOCERT, ad esempio). Probabilmente una delle misure più controverse adottate dalla norma CosmOS consiste nel permettere l’uso, fino al 2% nel prodotto, di: un gruppo di ingredienti per i quali attualmente non esistono alternative naturali ed elencati in un allegato allo standard; ingredienti che nella struttura chimica comprendono “petrochemical moieties” (non meglio definite dallo standard) o sono ottenuti con solventi chimici. Questi ingredienti sono tuttavia autorizzati soltanto per un “periodo di grazia” di 36 mesi dall’entrata in vigore del CosmOS, durante il quale i formulatori devono cercare fonti alternative. Per il packaging sono esclusi PVC e polistirene. Non è presente nessuna lista di materiali autorizzati. Sono riportate indicazioni operative relative al packaging ed alla gestione degli spazi produttivi per minimizzare l’impatto ambientale. L'imballaggio continuerà a riportare il logo dell'organismo di certificazione nazionale: ICEA, per esempio, insieme con il nome del nuovo standard, che potrà essere CosmOS naturale o CosmOS organico. Attualmente tuttavia non esiste un logo ufficiale del CosmOS. Nessun riferimento né richieste specifiche per la dermocompatibilità degli ingredienti utilizzati e dell’efficacia funzionale del prodotto finito. La norma CosmOS sarebbe dovuta entrare in vigore dal settembre di quest'anno, ma la data è stata recentemente rinviata a gennaio 2010, momento in cui i prodotti CosmOS-certificati dovrebbero arrivare nei negozi. Come si vede, tutte queste regole riguardano l’origine e le modalità di produzione delle sostanze. Prescindono completamente dalla loro tollerabilità dermica o tossicologica in generale, ma si ispirano a una natura incontaminata come ideale sorgente di benessere. Non prendono in considerazione la stabilità del prodotto durante la sua shelf-life, né implicano metodiche analitiche per i criteri di purezza. I prodotti “cattivi” sono solo quelli di sintesi. Infine, non tengono il minimo conto dell’eco ambiente-cutaneo. Io consumatore... Antonio Di Maio Prendo spunto da un articolo molto interessante pubblicato su Altroconsumo. Mi sembra un’analisi chiara sulla problematica della corretta informazione dei cosmetici con la “maschera verde” dalla parte del consumatore. Non per demonizzare i produttori ma per fare un po’ di sana informazione. Il “marchio o etichetta” natura abbonda nelle specifiche dei cosmetici, ma scarseggia nella lista degli ingredienti. "Naturale" e "bio" sono maschere che funzionano, inutile negarlo! Lo sanno bene i produttori che fanno indossare ai loro cosmetici un bel vestito verde con tanto di slogan rassicurante sugli ingredienti ("con oli essenziali", "arricchito con latte vegetale"...), attirando così i consumatori che prestano sempre più attenzione a ciò che viene dalla natura. Chi acquista un prodotto "naturale" solitamente lo considera più sicuro, di qualità migliore o con un basso impatto ambientale. Sfatiamo subito questo mito: naturale non significa nulla. Non c'è una legge che definisca la quantità di ingredienti naturali e bio che devono esserci sul totale perché un cosmetico possa essere considerato "naturale" o "biologico". La normativa sui cosmetici in vigore definisce in modo preciso quali sono gli ingredienti consentiti (naturali e non) e le quantità massime perché siano sicuri e non abbiano conseguenze sulla salute. Una legge severa che riguarda tutti i cosmetici (naturali e non), che mette al riparo, per quanto possibile, da brutte sorprese. Pochi lo sanno, così come il fatto che gli ingredienti naturali non sono necessariamente più "s a l u t ari" o più efficaci, perché, ad esempio, possono scatenare reazioni allergiche. Quindi, i cosmetici vanno scelti con gli stessi criteri cioè leggendo la lista degli ingredienti (vedi riquadro). Gli allarmi periodici che circolano sul web (sui componenti chimici, come per esempio i parabeni) e diventano passaparola, che influenzano le scelte di acquisto, sono spesso eccessivi, e fanno da rampa dì lancio per i prodotti che si autodefiniscono "naturali". Non essendoci una legge che ne stabilisca quantità e qualità, tutto è lasciato all'onestà e alla trasparenza dei produttori. Un po' ingenuo pensare che non ne approfittino: gli slogan ingannevoli si sprecano, pullulano colori e disegni ispirati a madre natura, ma basta leggere la lista degli ingredienti per scoprire che resta ben poco della natura vantata. BDIH ECOCERT CCPB AIAB-ICEA Questo ente tedesco stabilisce una lista di ingredienti ammessi ed è molto severo perché non certifica i prodotti che hanno anche un solo ingrediente Non impone nessuna percentuale fissa di ingredienti “bio”. Prevede solo che, quando possibile, gli ingredienti provengano da agricoltura biologica. Questo ente francese prevede due standard diversi per biologico ed ecologico. Per il bio: una percentuale minima del 95% di ingredienti vegetali provenienti da agricoltura biologica e devono costituire almeno il 10% dei prodotto finito. Per il naturale va da 95% a 50%, il bio nel prodotto finito scende al 5%. Due loghi confondono. Nulla sul packaging. Il disciplinare di questo ente italiano prevede l'uso della massima quantità di ingredienti naturali (devono essere bio) o di origine naturale, ma non stabilisce la percentuale minima. Prevede una lista di sostanze chimiche non ammesse e, per quelle di sintesi, grosse restrizioni. Packaging ridotti ed ecocompatibili. Non stabilisce una percentuale minima di bio. Questo ente italiano stabilisce che almeno il 95% degli ingredienti siano naturali o di origine naturale. Prevede una lista di componenti chimici ammessi, con un limite dei 5% sul peso totale. Packaging biodegradabile e riciclabile. Prevede tre certificazioni che confondono: cosmetico bio, con ingredienti bio e naturale. L’acqua è inclusa nel naturale. 21 Conoscere per scegliere Come orientarsi in questo mercato sempre più aggressivo nello sfruttare la voglia di natura dei consumatori? Imparando a leggere la lista degli ingredienti. A differenza di quanto avviene per l'alimentazione, dove c'è una sola certificazione bio, per i cosmetici ci sono diversi enti, ognuno con le sue regole sulla percentuale minima di ingredienti naturali e anche sulla loro produzione e lavorazione. È difficile orientarsi nella babele dei loghi, anche perché standard più o meno severi fanno la differenza. Tanto più che la certificazione si fa sul prodotto non sul marchio: quindi, per lo stesso marchio ci sono prodotti che hanno la certificazione bio e altri no. La buona notizia è che i maggiori enti di certificazione sono attorno a un tavolo per definire un unico standard. Il lancio è previsto a breve. Il parere di Altroconsumo I cosmetici naturali e bio stanno conquistando fette di mercato sempre maggiori grazie agli allarmi frequenti sui componenti di sintesi. L’aurea di sicurezza e qualità che li circonda non è giustificata. Non essendoci una legge che definisca le caratteristiche che deve avere un prodotto per potersi definire “naturale”, i produttori se ne approfittano e sul mercato ci sono tanti slogan ingannevoli. A scapito anche dei produttori onesti. È necessaria una legge che stabilisca uno standard unico europeo. Una certificazione unica che definisca la percentuale di ingredienti naturali e bio devono esserci sul totale (acqua esclusa). 1) Guardate la lista degli ingredienti, se ai primi posti ci sono tanti componenti in latino significa che il prodotto contiene molti elementi di origine naturale. Per legge, gli ingredienti devono essere elencati in ordine decrescente di quantità. 2) Anche se non sono in latino, sono ingredienti di qualità, quindi da valutare positivamente quando presenti: tocopherol o tocopheryl acetate (vitamina E), panthenol (vitamina B5), titanium dioxide o zinc oxide, glucoside (tensioattivi di origine naturale). 3) I cosmetici per definirsi naturali dovrebbero essere: senza parabeni (i derivati dell'acido para hydroxybenzoic) come conservanti. Si può tollerare una piccola quantità di etyl e methyl paraben anche se non è naturale; senza antimicrobici: bht, bha e triclosan; senza conservanti che possono rilasciare formaldeide: DMDM hydantoin, imidazolidinyl urea, diazolidinyl urea, formaldehyde, sodium hydroxymethylglycinate; senza petrolio e suoi derivati come paraffinum liquidum; o senza siliconi: quindi tutti gli ingredienti che hanno un nome che termina in one o che contengono la parola siloxane; senza peg (polyetylene glycols); senza coloranti chimici (Cl più un numero); senza profumi chimici, ma sono consentiti gli oli essenziali indicati con parfum, oil e il nome latino dell'essenza. 4) Provate il cosmetico “naturale” prima di acquistarlo facendovi dare un campione gratuito. Spesso questi prodotti sono meno piacevoli al tatto perché privi dei componenti chimici a cui siamo abituati nei cosmetici normali come siliconi e peg (“l’effetto seta”). 5) La scadenza dei cosmetici naturali è più breve: dopo l'apertura 3 o 6 mesi, contro i 12 mesi in media di quelli normali. Fonte: Altroconsumo al quale va il mio personale ringraziamento e quello della Redazione di Scripta Medica, per essere puntuale, semplice e chiarificatore sul tema importantissimo e l’apprezzamento di SKINECO per l’opera di chiara informazione che può solo fare bene a tutti: al consumatore e alle aziende del settore che potranno fare un passo avanti, un passo nuovo. 22 Bibliographic survey by Adele Sparavigna Dermatologist, SKINECO Vice President and Editor in Chief of the Journal of Ecologic Dermatology. CEO of Derming, Clinical Research and Bioengineering Institute (Milan, Italy) A plastic world: critical health risks Exposure to Bisphenol A (BPA), phthalates and flame retardants (PBDEs) are strongly associated with adverse health effects on humans and laboratory animals. Plastic products contain "endocrine disrupting chemicals" that can block the production of the male sex hormone testosterone (phthalates used in PVC plastic), mimic the action of the sex hormone estrogen (bisphenol A or BPA used in polycarbonate plastic), and interfere with thyroid A first, very recent publication refers to exposure to phtalates as a risk factor during pregnancy. Phtalates are chemical compounds used as plasticizers in a wide variety of personal care products (in USA, while in Europe phtalates of more concern are forbidden for use in cosmetics) , children's toys, and medical devices. This study examines the possibility that in utero phthalate exposure contributes to low birth weight in infants. Low birth weight is the leading cause of death in children under 5 years of age and increases the risk of cardiovascular and metabolic disease in adulthood. To investigate the associations between in utero phthalate exposure and low birth weight, Dr. Renshan Ge of the Population Council and colleagues from Fudan University and Second Military Medical University in Shanghai studied 201 pairs of n e w b o rns and their mothers between 2005 and 2006. Of the 201 infants studied, 88 were born with low birth weight. The researchers analyzed samples of the infants' meconium, the first bowel movement that occurs after birth, and cord blood to determine phthalate levels. They found quantifiable levels of phthalate and phthalate metabolites in more than 70% of the samples. Infants with low birth weight had consistently and statistically significant higher levels of phthalates. According to D r. Ge, "The results showed that phthalate exposure was ubiquitous in these newborns, and that prenatal phthalate exposure might be an environmental risk factor for low birth weight in infants." Although these associations are not conclusive, this study supports the accelerating efforts to minimize phthalate exposure. A second study examined the possibility that babies recently treated with infant personal care products such as lotion, shampoo, and powder, were more likely to have phthalates in their urine than other babies, according to University of Washington and Seattle Children's Hospital Research Institute. Phtalates, in fact, are also added to many personal care and cosmetic products. Animal-based studies of phthalates have found that the synthetic chemicals can harm reproductive system hormone (brominated flame retardants or PBDEs used in many types of plastic). Very similar changes occur in male reproductive organs in rats and humans related to fetal exposure to phthalates while fetal exposure to BPA or PBDEs disrupts normal development of the brain and behaviour in rats and mice. Furthermore, these chemicals are massively contaminating the oceans and causing harm to aquatic wildlife. development, and studies in humans have found that prenatal exposure or exposure through breast milk can alter hormone concentrations. Early-childhood exposure has not been extensively studied, so additional research is needed to determine if phthalate exposure can indeed cause re p roductive development problems or other adverse effects in infants. In this study, the researchers set out to see if use of personal care products was associated with urine phthalate concentrations. To accomplish this, they collected urine samples from 163 infants aged 2 months to 28 months, and measured the levels of nine different phthalates in those urine samples. They also had the babies' mothers fill out questionnaires on their use of infant personal care products in the past 24 hours. When they cross-referenced the data, they found that the use of baby powder, lotion, and shampoo were each strongly associated with higher phthalate levels in the urine. The use of baby wipes and diaper cream were not strongly associated with increased levels of phthalates. The scientists also found that every baby had detectable levels of at least one phthalate in their urine, and about 81 percent of the infants had detectable levels of seven or more phthalates. Babies who were 8 months old or younger had stronger associations between product use and phthalate concentrations, as did babies whose mothers used more infant personal care products. Infant exposure to phthalates is widespread, and exposure to personal care products applied onto the skin may be an important source. Phthalate exposure in early childhood has been associated with altered hormone concentrations as well as increased allergies, runny nose, and eczema. Babies may be more at risk than children or adults because their reproductive, endocrine, and immune systems are still developing. Parents who want to decrease their baby's exposure to phthalates should limit the amount of baby care products used on the infant, and apply lotions or powders only if medically indicated. Since phthalates are also found in many household plastic products, like plastic food containers, parents can also stop 23 putting plastics in the microwave oven and use glass alternatives whenever possible. Another concern emerging from the scientific literature is that phthalate exposure can be linked to less-masculine attitudes in young males. A study of 145 preschool children reports, for the first time, that when the concentrations of two common phthalates in mothers' prenatal urine a re elevated their sons are less likely to play with male-typical toys and games, such as trucks and play fighting. Because testosterone produces the masculine brain, researchers are c o n c e rned that fetal exposure to anti-androgens such as phthalates – which are pervasive in the environment – has the potential to alter masculine brain development. Recent studies have shown that the major source of human exposure to the two phthalates of most concern -di(2ethylhexyl) phthalate (DEHP), and dibutyl phthalate (DBP)DEHP and DBP- is through food. These phthalates are used primarily in polyvinyl chloride (PVC), so any steps in the processing, packaging, storage, or heating of food that use PVC-containing products can introduce them into the food chain. The current study focused on a small sample of mothers who delivered children between 2000 and 2003. The mothers provided urine samples around the 28th week of pregnancy. The urine was analyzed for phthalate metabolites by the Centers for Disease Control and Prevention (CDC). The Authors hypothesized that phthalates may lower fetal testosterone production during a critical window of development – somewhere within eight to 24 weeks gestation, when the testes begin to function – thereby altering brain sexual differentiation. To explore the question, researchers reconnected with mothers from the sample and asked them to complete a standard research questionnaire, called the Preschool Activities Inventory (PSAI), for their children ages 3 1/2 to 6 1/2 years. The PSAI is designed to discriminate play behavior within and between the sexes, and in the past has been shown to reflect the endocrine-disrupting properties of other toxins, such as PCBs and dioxins. The PSAI addressed three aspects of play: types of toys children choose (trucks versus dolls), activities (rough-and-tumble play, for example), and child characteristics. However, researchers were concerned about how the choice of toys available in any given household might skew results, so in addition they asked about parental views toward atypical play. For example, the survey asked, "What would you do if you had a boy who preferred toys that girls usually play with?" The possible answers included "strongly encourage" (him to play this way) to "strongly discourage." The final survey scores are designed to reflect sex-typical play. Higher scores meant more male-typical play and lower scores meant more female-typical play. Researchers then examined boys play-behavior scores in relation to the concentration of phthalate metabolites in their mothers' prenatal urine samples, finding that higher concentrations of DEHP and DBP metabolites were associated with less masculine play behavior scores. Earlier studies have shown that phthalate exposure during pregnancy might affect the development of genitals of both male rodents and baby boys. Scientists refer to this cluster of genital alterations as the "phthalate syndrome", and research suggests that in rodent pups, the syndrome can have adverse conse- 24 quences for later sexual development. Also obesity in men could be linked to phtalates. A further research, conducted at University of Rochester Medical Center, adds to the gro wing suspicion that low-dose exposures to phthalates and other common chemicals may be reducing testosterone levels or function in men, and thereby contributing to rising obesity rates and an epidemic of re l a ted disorders, such as Type 2 diabetes. Substantial declines in testosterone levels and sperm quality have been observed in the United States and other countries over the last several decades which and it urgently requires explanation. While we can't say yet that phthalates are a definite cause, they are on the list of chemicals that demands careful study. Phthalates might have a direct link to obesity, since low testosterone appears to cause increased belly fat and pre-diabetes in men. Researchers analyzed urine, blood samples and other data from the National Health and Nutrition Examination Survey. Researchers reviewed data from 1999 to 2002, the most recent years that phthalates levels were available. Of the adult men available in NHANES, 1,451 had data on phthalate exposures, obesity and waist circumference. Of these men, 651 also had fasting glucose and insulin levels required to calculate insulin resistance. The analysis found that, as expected, several phthalate metabolites showed a positive correlation with abdominal obesity. Indeed, men with the highest levels of phthalates in their urine had more belly fat and insulin resistance. Researchers adjusted for other factors that could influence the results, such as the mens' age, race, food intake, physical activity levels and smoking. More than 75 percent of the United States population has measurable levels of several phthalates in their urine, according to the study. Another chemical, called Bisphenol-A (BPA), used in the production of plastics and epoxy resins found in baby bottles, plastic containers, the lining of cans used for food and beverages, and in dental sealants, may increase the risk of reduced sexual function in men. BPA is believed to be a human endocrine disrupter, likely affecting both male and female reproductive systems. The five-year study examined 634 workers in factories in China, comparing workers in BPA manufacturing facilities with workers in factories where no BPA was present. The study found that the workers in the BPA facilities had four times the risk of erectile dysfunction, and seven times more risk of ejaculation difficulty. The BPA levels experienced by the exposed factory workers in the study were 50 times greater than the average American male encounters, according to the researchers. The Authors of the study measured sexual function based on in-person interviews using a standard male sexual function inventory that measures four categories of male sexual function including erectile function, ejaculation capability, sexual desire, and overall satisfaction with sex life. After adjusting for age, education, marital status, current smoking status, a history of chronic diseases and exposure to other chemicals, the researchers found the BPA-exposed workers had a risk of sexual dysfunction that was significantly higher than the unexposed workers. The BPA-exposed workers had a nearly four-fold increased risk of reduced sexual desire and overall satisfaction with their sex life, greater than four-fold increased risk of erection difficulty, and more than sevenfold increased risk of ejaculation difficulty. Compared to the unexposed workers, BPA-exposed workers reported significantly higher frequencies of reduced sexual function within one year of employment in the BPA-exposed factories. A dose-response relationship was observed, with an increasing level of cumulative BPA exposure associated with a higher risk of sexual dysfunction. In any case, plastics pollute the environment. In particular the accumulation of plastics in the sea is very hazardous. Scientists always believed that plastics in the oceans were unsightly, but a hazard mainly to marine animals that eat or become ensnared in plastic objects. In the first study to look at what happens over the years to the billions of pounds of plastic waste floating in the world's oceans, scientists are reporting that plastics — reputed to be virtually indestructible — decompose with surprising speed and release potentially toxic substances into the water. Polystyrene begins to decompose within one year, releasing 25 components that are detectable in the parts-per-million range. Those chemicals also decompose in the open water and inside marine life. However, the volume of plastics in the ocean is increasing, so that decomposition products remain a potential problem. Each year as much as 150,000 tons of plastic debris, most notably styrofoam, wash up on the shores of Japan alone. Vast expanses of waste, consisting mainly of plastic, float elsewhere in the oceans. The so-called Great Pacific Garbage Patch between California and Hawaii was twice the size of Texas and mainly plastic waste. Saido, a chemist with the College of Pharmacy, Nihon University, Chiba, Japan, said his team found that when plastic decomposes it releases potentially toxic bisphenol A (BPA) and PS oligomer into the water, causing additional pollution. Plastics usually do not break down in an animal's body after being eaten. However, the substances released from decomposing plastic are absorbed and could have adverse effects. BPA and PS oligomer are sources of concern because they can disrupt the functioning of hormones in animals and can seriously affect reproductive systems. Saido described a new method to simulate the breakdown of plastic products at low temperatures, such as those found in the oceans. The process involves modeling plastic decomposition at room temperature, removing heat from the plastic and then using a liquid to extract the BPA and PS oligomer. Typically, styrofoam is crushed into pieces in the ocean and finding these is no problem. But when the study team was able to degrade the plastic, it discovered that three new compounds not found in nature formed. They are styrene monomer (SM), styrene dimer (SD) and styrene trimer (ST). SM is a known carcinogen and SD and ST are suspected in causing cancer. BPA ands PS oligomer are not found naturally and, therefore, must have been created through the decomposition of the plastic. Trimer yields SM and SD when it decomposes from heat, so trimer also threatens living creatures. References 1. vom Saal FS, et al. The plastic world: Sources, amounts, ecological impacts and effects on development, reproduction, brain and behavior in aquatic and terrestrial animals and humans. Environmental Research, 2008; 108 (2):127. DOI: 10.1016/j.envres.2008.03.008 4. Oehlmann J, et al. A critical evaluation of the environmental risk assessment for plasticizers in the freshwater environment in Europe, with special emphasis on bisphenol A and endocrine disruption. Environmental Research, 2008; 108 (2):140 DOI: 10.1016/j.envres.2008.07.016 2. Zhang Y, et al. Phthalate Levels and Low Birth Weight: A Nested Case-Control Study of Chinese Newborns. J Pediatr. 2009 Oct;155(4):500-4 5. Palanza P, et al. 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In questo numero andremo ad analizzare come è possibile modificare due forme classiche e ampiamente conosciute nel mondo dermatologico: la Cold Cream e l’Unguento solfo salicilico. Tutti i suggerimenti e le concentrazione indicate sotto devono essere chiaramente da ciascuno di voi, che ha intenzione di realizzare questi preparati, verificate sperimentalmente nel proprio Laboratorio così come la consistenza e la stabilità finale del preparato che deve essere verificata dopo alcuni giorni ed eventualmente corretta in base alle singole esigenze sia del Medico che del Paziente. ne. Importante verificare la consistenza dell’emulsione dopo un paio di ore. La maggior o minor consistenza del preparato viene data dall’aggiunta del Burro di Karitè (aumento della consistenza) o dall’olio di mandorle dolci (diminuzione della consistenza) questo per poter calibrare meglio la pre p a r azione in base alle esigenze del paziente o alla zona di applicazione del prodotto. Possiamo sostituire l’olio di Mandorle dolce con dell’olio di Calendula oppure con dell’olio di Borragine. Anche in questo caso è possibile personalizzare la preparazione in base alle singole esigenze dell’utilizzatore finale. COLD CREAM Procedimento: Si crea l’emulsione base emulsionando il Polyglyceryl 3 Dimerate, il Burro di Karitè, l’olio di Mandorle dolci e il Cetearyl alcool con acqua. Per fare questo occorre scalCOLD CREAM dare in due beker e a bagno Farmacopea Britannica maria le due fasi separate: la lipofila (C e t e a ryl alcool, - Borace 1 Polyglyceryl 3 Dimerate, il - Cera bianca 8,5 Burro di Karitè e l’olio di - Spermaceti 8,5 Mandorle dolci); - Acqua 25 la idrofila costituita - Olio di mandorle 57 dall’acqua. Una volta che la fase lipofila è completamente liquida viene miscelata alla fase idrofila. All’emulsione appena formata viene aggiunta sotto energica agitazione (per fare questo occorre avvalersi di un agitatore meccanico) a piccole porzioni la Borace. Si procede una volta terminato di aggiungere la Borace, al raffreddamento dell’emulsio- UNGUENTO SOLFO SALICILICO Formula Classica - Zolfo - Acido salicilico - Lanolina - Vasellina 2,5 2,5 9 36 UNGUENTO SOLFO SALICILICO Procedimento: In questa formulazione come vedete non c’è acqua. Si tratta infatti di un unguento,una forma farmaceutica caratterizzata dalla sua particolare occlusività. Tra le forme farmaceutiche realizzabili questa è sicuramente una delle più occlusiva e risulta indicata in tutte quelle situazioni in cui vogliamo far penetrare maggiormente i principi attivi. Viene preparata la base nella stemperando a bagno maria il Trigliceride,il C10-13 Triglicerides, la Cera d’api e il Burro di Karitè, fino ad ottenere una “pasta” particolarmente grassa e al tempo stesso morbida. A questo punto sotto continua agitazione vengono inglobati l’Acido Salicilico e lo Zolfo (che precedentemente dopo essere stati pesati sono stati ben miscelati e passati in un setaccio in modo tale da avere le particelle tutte uniformi. L’operazione di riscaldamento risulta particolarmente delicata, occorre tenere sotto controllo la temCOLD CREAM peratura, evitando di superare i Formulazione Eco 40° onde evitare fenomeni di craking termico che portere b b e- Borace 1% ro all’irrancidimento del Burro di - Cera d’api 3% Karitè. L’unguento può essere - Cetearyl alcool 2% lavorato mediante una piastra e - Burro di Karitè 3,5% una spatola, o meglio ancora - Polyglyceryl 3 Dimerate 8% utilizzando un agitatore mecca- Acqua 25% nico. Occorre stare attenti,e - Olio di mandorle qb a 100% comunque verificare sempre sperimentalmente, alla quantità UNGUENTO SOLFO SALICILICO di cera d’api che viene aggiunta, è meglio comunque non Formulazione Eco superare mai 1%, altrimenti la - Zolfo 2,5% base risulterebbe troppo dura e - Acido salicilico 2,5% d i fficile pertanto da lavorare. - C10-13 Triglicerides 10% Se la base comunque dovesse - Trigliceride caprilico essere troppo consistente può caprico 10% essere resa leggermente più - Cera d’api 0,2% “morbida” con l’aggiunta di pic- Burro di Karitè qb a 100% cole porzioni (1-5%) di Olio di Ribes nero. 27 Authors’ responsibilities Manuscripts are accepted with the understanding that they have not been published or submitted for publication in any other journal. The Authors must obtain permission to reproduce figures, tables and text from previously published material. Written permission must be obtained from the original copyright holder (generally the Publisher). Manuscript presentation Authors can submit the text (MAC and WINDOWS Microsoft Word are accepted) and the illustrations by e-mail: [email protected] As an alternative manuscripts can be submitted by surface mail on disk with one hard copie of the manuscript and one set of illustrations. Manuscripts can be written in Italian or English language in accordance with the “Uniform Requirements for Manuscripts submitted to biomedical journals” defined by The International Committees of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1988; 258). As a general rule, manuscripts and illustrations are not returned, whether published or not. 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Size of manuscripts Literature reviews, Editorials and Original articles concerning experimental or clinical studies should not exceed 20 typewritten pages including figures, tables, and reference list. Case reports and notes on surgical technique shouid not exceed 10 type written pages (references are to be limited to 12). Letters to the editors should be not longer than 1000 words. References The Author is responsible for the accuracy of the references. References must be sorted in order of quotation and numbered with arabic digits between parentheses. Only the references quoted in the text can be listed. Journal titles must be abbreviated as in the Index Medicus. Only studies published on easily retrieved sources can be quoted. Unpublished studies cannot be quoted, however articles “in press” can be listed with the proper indication of the journal title, year and possibly volume. References must be listed as follows: Journal articles All Authors if there are six or fewer, otherwise the first three, followed by “et al.”. Complete names for Work Groups or Committees. Complete title in the original language. 28 Title of the journal following Index Medicus rules. Year of publication; Volume number: First page. Example: Starzl T, Iwatsuki S, Shaw BW, et al. Left hepatic trisegmentectomy. Surg Gynecol Obstet 1982; 155:21 Books Authors - Complete title in the original language. Edition number (if later than the first). City of publication: Publisher, Year of publication. Example: Bergel DIA. Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press Inc., 1974. Book chapters Authors of the chapters - Complete chapter title. In: Book Editor, complete Book Title, Edition number. City of publication: Publisher, Publication year: first page of chapter in the book. Example: Sagawa K. The use of central theory and system analysis. In: Bergel DH (Ed), Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press Inc., 1964; 115 Tables Tables must be clearly printed and aimed to make comprehension of the written text easier. They must be numbered in Arabic digits and referred to in the text by progressive numbers. Every table must be typed on a separate sheet and accompanied by a brief title. The meaning of any abbreviations must be explained at the bottom of the table itself. Figures (graphics, algorithms, photographs, drawings) Figures must be numbered and quoted in the text by number. The meaning of all symbols, abbreviations or letters must be indicated. Histology photograph legends must include the enlargement ratio and the staining method. Legends must be collected in one or more separate pages. Please follow these instructions when preparing files: – Do not include any illustrations as part of your text file. – Do not prepare any figures in Word as they are not workable. Line illustrations must be submitted at 600 DPI. Halftones and color photos should be submitted at a minimum of 300 DPI. Power Point files cannot be uploaded. Save art as either TIFF or EPS files. PDF files for individual figures may be uploaded. Where to send the manuscript Only manuscript written according to the above mentioned rules will be considered. All submitted manuscripts are evaluated by the Editorial Board and/or by two referees designated by the Editors. The Authors are informed in a time as short as possible on whether the paper has been accepted, rejected or if a revision is deemed necessary. The Editors reserve the right to make editorial and literary corrections with the goal of making the article clearer or more concise, without altering its contents. Submission of a manuscript implies acceptation of all above rules. 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