Volume 2
Numero 3 - 2009
Editorials
Riccarda Serri
Adele Sparavigna
Pucci Romano
L e t ’s mee t
Milly Moratti
Barbara Righini
“CosmOS” vs. “NaTrue”:
where is Dermatology?
Riccarda Serri, Mario Zappaterra
Towa rd th e u nif or mit y
Barbara Righini
Me as con su mer
Antonio Di Maio
Th e s t and ard of c osm et ics
ce rti f icat io n: my point of view
Luigi Rigano
EcodermoNews
A plastic world: critical health risks
Bibliographic survey by Adele Sparavigna
EcoGalenic
Mauro Castiglioni
Editorial board
Editor
Riccarda Serri
Milan, Italy
Volume 2, Numero 3 - 2009
Editors in Chief
Pucci Romano
Rome, Italy
Adele Sparavigna
Milan, Italy
Editoriali
Riccarda Serri pag. 3
Adele Sparavigna pag. 4
Pucci Romano pag. 5
Associate Editors
Sergio Chimenti, Rome, Italy
Helmut Kerl, Graz, Austria
Ignazio Marino, Rome, Italy
Jennifer Parish, Philadelphia, USA
Ketty Peris, L’Aquila, Italy
Milly Moratti pag. 7
Barbara Righini pag. 8
Scientific Board
Riccarda Serri, Mario Zappaterra pag. 11
“CosmOS” vs. “NaTrue”:
where is Dermatology?
Carlo Alberto Bartoletti, Rome (Italy)
Emanuele Bartoletti, Rome (Italy)
Enzo Berardesca, Rome (Italy)
Umberto Borellini, Milan (Italy)
Giovanni Borroni, Pavia (Italy)
Lucia Brambilla, Milan (Italy)
Mauro Castiglioni, Milan (Italy)
Roberto Cavagna, Milan (Italy)
Leonardo Celleno, Rome (Italy)
Mauro Cervia, Milan (Italy)
Stefano De Filippi, Rome (Italy)
Antonino Di Pietro, Milan (Italy)
Piera Fileccia, Rome (Italy)
Guido Filippi, Rome (Italy)
Marco Fumagalli, Milan (Italy)
Carlo Gelmetti, Milan (Italy)
Simona Giogilli, Milan (Italy)
Alberto Massirone, Milan (Italy)
Tiziana Parasassi, Rome (Italy)
Elena Rosella, Milan (Italy)
Aurora Tedeschi, Catania (Italy)
Marco Valussi, Milan (Italy)
Fabrizio Zago, Verona (Italy)
Mario Zappaterra, Ferrara (Italy)
Verso l’uniformità
Barbara Righini pag. 17
Il mio punto di vista e lo standard
certificativo dei prodotti cosmetici,
biologici e naturali
Luigi Rigano pag. 20
Io consumatore...
Antonio Di Maio pag. 21
A plastic world:
critical health risks
Bibliographic survey by Adele Sparavigna pag. 23
A cura di
Mauro Castiglioni pag. 27
Direttore Responsabile Pietro Cazzola
Direttore Generale
Armando Mazzù
Direttore Marketing
Antonio Di Maio
Consulenza grafica
Piero Merlini
Registr. Tribunale di Milano n. 340 del 17/07/2009.
Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano
Tel. 0270608091/0270608060 - Fax 0270606917
E-mail: [email protected]
Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 39,00
Pagamento: conto corrente postale n. 20350682
intestato a: Edizioni Scripta Manent s.n.c.,
via Bassini 41- 20133 Milano
Stampa: Arti Grafiche Bazzi, Milano
È vietata la riproduzione totale o parziale,
con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni
e fotografie senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
L’Editore non risponde dell’opinione espressa
dagli Autori degli articoli.
Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi
momento opporsi all’invio della rivista
comunicando per iscritto la propria decisione a:
Edizioni Scripta Manent s.n.c.
Via Bassini, 41 - 20133 Milano
1
Editoriale
Cambiare: come?
C’è una frase del geniale inventore, architetto, designer statunitense Richard
Buckminster Fuller (1895-1983) che mi piace particolarmente:
“Non cambieremo mai le cose, combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruiamo un modello nuovo che renda il sistema attuale obsoleto”.
E SKINECO in effetti non vuole “combattere” proprio contro nulla e nessuno. La “mission”
di SKINECO è quella di contribuire a proporre, studiare, diffondere, approfondire una alternativa dermoecocompatibile, o, meglio, sempre più dermoecocompatibile, di tutto ciò che viene in
contatto con la nostra pelle da quando nasciamo, in poi. Non solo cosmetici quindi, ma tessuti, detergenti casa e panni, arredamento (pensiamo all’importante capitolo del “bedding”, astro nascente degli
interessi scientifici nel campo dell’atopia), pannolini per bebè e adulti… Vogliamo, con SKINECO, contribuire a costruire modelli nuovi, ma non modelli penalizzanti nel senso della gradevolezza, della praticità d’uso, dell’efficacia funzionale. Bensì modelli estremamente attraenti, gradevoli, e direi “migliori”,
tali da rendere la scelta più ecocompatibile anche la migliore per la nostra pelle (e per i nostri sensi, e
per le nostre tasche, e per la semplicità di approvvigionamento).
I Dermatologi – non essendo Chimici – non si sono mai realmente occupati di studiare o di controllare con attenzione che cosa si mettesse a contatto con la cute, al di là del principio attivo o funzionale. Ma oggi, alla luce delle più recenti ricerche, numerosi ingredienti si sono rivelati tossici o potenzialmente tossici – per la nostra salute e/o per la salute dell’ambiente- oppure cangerogeni, o disturbatori endocrini, o mutageni, etc. È quindi opportuno, rivedere e rivalutare la produzione cosmetica per
esempio. È opportuno prestare la massima attenzione ai coloranti, ai fissatori, e a tutti le sostanze chimiche utilizzate per i tessuti. È opportuno enfatizzare l’esistenza di una chimica amica, una chimica
dermo-eco-sostenibile. A noi di SKINECO interessa che un prodotto non sia solo sostenibile. Ma che
svolga al meglio le sue funzioni (ovvero, che sia efficace), e che sia pure gradevole e piacevole: e in
questo la “chimica amica” ha un ruolo preponderante. Non crediamo affatto all’eco-talebanesimo del
“tutto fa male”. Ma crediamo opportuno che i medici, i dermatologi in particolare, ma anche pediatri
e allergologi, controllino quanto l’ecosistema cutaneo apprezzi – e come interagisca sulla lunga distanza – il continuo contatto e il continuo uso con/di determinati ingredienti (molecole che rilasciano formaldeide, o che possono portare alla formazione di nitrosamine, o siliconi volatili, o petrolati...): per
fare un esempio concreto, la ricerca in campo cosmetico è fertile. Principi attivi sempre più straordinari vengono brevettati. Ma perché non si aggiorna e rinnova anche il veicolo, in senso di dermoecocompatibilità, e non solo di sensorialità?
Quindi, con SKINECO, per una alternativa di miglioramento, per andare avanti con una pelle sempre
più bella e sempre più sana, grazie al progresso e alla ricerca anche della CHIMICA AMICA.
Riccarda Serri
Presidente SKINECO
3
Editoriale
Il dermoecoprogetto.
Quando nel maggio 2008 è cominciata l’avventura di Skineco, e con essa la realizzazione del JED, il reperimento di fonti scientifiche “dermoecologiche” non si rivelava cosa
facile. Ad un anno e mezzo di distanza, lo scenario è completamente cambiato: la sensibilità e
l’interesse scientifico nei confronti della tematica dermoecologica aumentano di giorno in giorno in maniera esponenziale e le fonti della letteratura sono sempre più numerose.
Per chi, come me, si trova a dover reperire tutti i giorni nuove voci di aggiornamento dermatologico, c’è il vantaggio di conoscere in tempo reale quanto accade a livello internazionale e quali siano
gli argomenti più “gettonati”, dato che le ricerche su Internet oramai consentono addirittura di conoscere il contenuto di articoli ancora in corso di stampa.
Il pensiero dermoecologico si delinea sempre di più a tutto tondo.
Progettare prodotti in grado di rispettare l’organo cute e l’ambiente che ci circonda significa non solo
studiare formulazioni che riducano o eliminino l’uso di sostanze pericolose o non idonee pur mantenendo l’efficacia (e la gradevolezza!) delle formulazioni ma anche l’efficienza energetica del processo
produttivo (in altri termini la riduzione delle emissioni di anidride carbonica) e la compatibilità con l’ambiente dei materiali utilizzati per il packaging.
Per il formulatore non si tratta solo di utilizzare ingredienti naturali, nasce la Green Chemistry cioè la
“chimica sostenibile” basata sull’utilizzo di metodi di sintesi ideate per usare o generare sostanze sempre meno tossiche sia per la salute umana che per l’ambiente, prevenendo la produzione di rifiuti attraverso la possibilità di incorporare nel prodotto finale tutti i materiali utilizzati nel processo.
I fabbisogni d’energia sono attualmente regolati dalle norme volontarie ISO 14001 e UNI CEI EN 16001,
queste ultime riguardanti in maniera specifica il rendimento energetico. Le reazioni di sintesi dovranno
sempre più essere condotte a temperatura e pressione ambiente.
Per quanto riguarda il packaging, oltre all’utilizzo di materiali riciclabili o biodegradabili, si dovrebbe evitare di assemblare nella confezione materiali diversi che risultino difficili da smaltire nella raccolta differenziata.
Quello che ad oggi appare un sacrificio per le aziende, e cioè la completa rivoluzione dei propri cicli produttivi, diventerà in seguito un modo per risparmiare danaro, ridurre le inefficienze e promuovere il proprio marchio verso una clientela attenta, esigente ed in continua crescita quale quella che acquista prodotti dichiaratamente ecologici.
Adele Sparavigna
Editor in Chief
Vicepresidente SKINECO
4
Editoriale
...una dose di umiltà, e tanto entusiasmo!
Mi sono presa una settimana di pausa: ne avevo veramente bisogno. Sono
stata a Cuba. Volevo vedere questo paese prima che Fidel morisse e consegnasse la sua
gente a un futuro diverso.
Strade dissestate, case che stanno in piedi per miracolo: l’Havana è una città
davvero…improbabile. La gente è allegra, a dispetto di qualunque disagio.
L’acqua è scarsissima, pure i balconi disastrati sono stracolmi di panni stesi, appena lavati.
Ogni qualvolta qualcuno ti si avvicina, non ti chiede danaro, cibo, insomma non elemosina. La
richiesta è una sola:…il SAPONE !
Ancora oggi, tornata alla mia comoda realtà, mi chiedo: perché il sapone?
E non mi so rispondere. Però, riflettendo su questo episodio mi sono accorta di quanto sono cambiata da quando SKINECO è entrata nella mia vita.
La mia esperienza culturale si è arricchita e definitivamente orientata. Ogni volta che vedo un informatore scientifico che mi presenta l’ennesima novità cosmetica, sto ad ascoltarlo attenta e disponibile. Poi, mi accorgo che non posso più sottostare a un’accettazione passiva, che mi si deve convincere sul perché è presente o no un principio attivo. Interloquisco con cognizione di causa, obietto o
accetto un criterio con competenza. Per un dermatologo con anni di lavoro alle spalle, queste nuove
acquisizioni, sono come un lifting della mente e dell’anima: mi sento di nuovo giovane e attiva.
La speranza di rompere il muro delle cose definite e definitive, la possibilità di contribuire anche se
in maniera più che minima, a un cambiamento che ha in sé il germe del miglioramento, mi ha ossigenato il cervello. Come al solito, un ideale è il migliore antidoto alla staticità, alla rigidità, allo scontato mai contestato.
Ma SKINECO per me è diventata molto di più che un astratto ideale: studio le novità, leggo gli articoli inerenti alla ecodermocompatibilità. Sento il bisogno di confrontarmi con altre discipline.
Così, sempre più spesso chiedo spiegazioni e chiarimenti a Tiziana Parasassi (ricercatore microbiologo CNR) o a Fabrizio Zago (Chimico Industriale, un nome nel campo della Biodegradabiltà e
della Dermocompatibilità).
Un progetto nuovo accorpa in sé una buona dose di umiltà oltre che di entusiasmo.
E io questa sana dose di umiltà me la ritrovo tutta dentro, la percepisco con una gioia profonda,
come un dono, come quando ci si innamora ancora una volta e si credeva che non sarebbe più
stato possibile. Ho approfondito temi un po’ insoliti per la dermatologia tradizionale: l’incontro con
il Centrocot e l’Ecotext, mi ha fatto capire che avere a che fare con la pelle non è solo “cosmetici”
ma tessuti, per esempio. Un tessuto può interagire in maniera addirittura “curativa” nei riguardi
della cute, così come può “avvelenarla” se non rispetta dei parametri di purezza ben specifici.
5
Editoriale
Mi sono dedicata allo studio della Paidocosmesi mettendo le basi per il progetto “Ecomamme”.
Ho provato a redigere la prima classificazione dei danni clinici da cosmetici, individuando una lunga
serie di problematiche (e non solo la Dermatite da Contatto!) che possono scaturire dall’utilizzo di
cosmetici, peraltro “tranquilli” da un punto di vista dei controlli regolamentari.
So consigliare un make up dermocompatibile, spiegando al mio paziente perché un fondotinta alle
polveri minerali è migliore di uno ricco in siliconi.
Anche quando vado a fare la spesa, automaticamente, leggo l’I NCI di tutti i detersivi che compro
e scelgo quelli che possano far meno male a me e all’ambiente.
Insomma, predico bene e …razzolo meglio!
Sono davvero entusiasta di quanto SKINECO sta facendo e di quanto ha fatto per me e su di me.
So anche che i cambiamenti non saranno né magici né repentini, ma saper cogliere i segnali, anche
i più impercettibili, avrà il sapore di un grande successo.
Mia figlia si è applicata sulla sua macchinetta l’adesivo di SKINECO, “per farlo conoscere”, mi ha
detto.
Lei è il futuro e crede in questo progetto.
Il cambiamento è cominciato.
Pucci Romano
Editor in Chief
Vicepresidente SKINECO
6
Milly Moratti
Anche Milly Moratti in SKINECO.
Il mondo delle Istutuzioni, così apparentemente lontano dalla
conoscenza e dall'impegno scientifico, dimostra sempre più sensibilità alle
problematiche della dermo eco compatibilità!
Il consigliere del Comune di Milano Milly Moratti ha aderito con entusiasmo
a SKINECO.
Orgogliosi di questa decisione l'accogliamo con enorme piacere e simpatia.
Milly Moratti
dopo la laurea in Fisica
Teorica presso
l'Università statale di
Milano, ha collaborato
con il Professor Giovanni
degli Antoni al
Dipartimento di Scienze
dell'Informazione, coordinando tra l'altro il progetto di recupero
degli archivi del Teatro alla Scala.
È tra i pionieri della diffusione di internet e
del suo utilizzo come strumento di partecipazione civica.
Con Giuliano Preparata, uno dei massimi
fisici teorici del XX secolo, ha fondato il
LEDA (Laboratorio di ricerca sulla fusione
fredda).
Nel corso della XIII Legislatura è stata
membro della Commissione ministeriale
di controllo sugli OGM (Organismi
geneticamente modificati).
Dal 1999 è Presidente della Fondazione
Emergency.
Nel 2002 ha fondato l'associazione di
partecipazione civica “Chiamamilano” di
cui è Presidente.
Dal 2001 al 2006 è stata Capogruppo dei
Verdi-Lista civica dell'Arancia nel Consiglio
Comunale di Milano.
Dal maggio del 2006 è Capogruppo di
Milano Civica nel Consiglio Comunale di
Milano.
Ha dato vita ad una rete di negozi di
prodotti naturali:
“Il Centro Botanico Prodotti Naturali”.
Collabora con Carlin Petrini al progetto di
agricoltura chilometri 0 intorno alla città di
Milano.
7
Barbara Righini
La tecnologia al servizio della terra.
Barbara Righini nasce
a Modena nel 1975 ed
attualmente vive e
l avora a Pescara
Dopo la maturità classica e la laurea in
Scienze politiche, si
occupa di formazione
professionale, acquisisce la qualifica di Esperta di Strat e g i e
Aziendali e ottiene l'iscrizione all'albo dei
giornalisti pubblicisti d'Abruzzo.
Parallelamente coniuga la sua passione
per l'informazione e la libera circolazione
delle idee, con quella per la cosmesi
ecologica, realizzando nel 2005 il portale
www.saicosatispalmi.org.
Un anno dopo apre il negozio online
www.saicosatispalmi.com e a seguire il
punto vendita di Pescara, dove
commercializza cosmetici ecobio
accuratamente selezionati.
A Natale 2009 debutta come direttore
responsabile del neonato semestrale
Saicosatispalmi Magazine, il cui ambizioso
progetto è tutto in divenire.
8
La domanda che mi pongo da quando ho iniziato il mio viaggio alla scoperta
di cosa ci spalmiamo addosso è: come mai tutti sanno che i detersivi inquinano e quasi nessuno sa che molti cosmetici fanno la stessa cosa?
Eppure è fatto incontestabile come ciascuno, dal neonato all'ottuagenario,
incontri ben più di un cosmetico nella pratica di pulizia personale quotidiana.
Negli ultimi anni la coscienza ecologica di ciascuno di noi, pungolata dal
clima da apocalisse preannunciata, è diventata però molto più sensibile
all'argomento. Tanto che la cosmesi ecobio sta vivendo una stagione decisamente promettente. Se dieci anni fa recuperare una crema senza petrolati era un'impresa quasi impossibile, ora nella maggior parte delle città italiane la scelta si è ampliata notevolmente. Tuttavia, sembra che vi sia uno
scollamento tra ecologia e innovazione tecnica e scientifica.
Per qualche oscuro motivo, pensare al cosmetico ecologico implica un'istantanea associazione mentale con i “rimedi della nonna”. Il problema, a
mio avviso, è che tale associazione non riguarda solo, o tanto, il consumatore finale, ma anche moltissimi formulatori.
Fequentemente quindi il consumatore non trova prodotti adatti alle proprie
esigenze e il rischio è che torni sconsolato alla cosmesi tradizionale, continuando ad inquinare e, in un certo senso, ad inquinarsi.
Ecco perchè, quando ho saputo della nascita di Skineko, ho esultato. Solo
unendo le forze si può ottenere un cambiamento nella direzione di una
cosmesi che sia veramente ecologica e veramente efficace, cosa che può
accadere solamente se si affianca alla produzione l'occhio attento della
scienza e lo sviluppo tecnologico.
Nella speranza che la tecnologia sia sempre più al servizio della Terra, e non
più la Terra al servizio della tecnologia.
In questo processo la comunicazione, spiace dire spesso dimenticata, è
fondamentale per fare da ponte tra tutti gli attori: dermatologi, formulatori,
negozianti, consumatori finali, ed è in questa direzione che si colloca il mio
lavoro e la collaborazione con SKINECO.
“CosmOS” vs. “NaTrue”:
where is Dermatology ?
Riccarda Serri1, Mario Zappaterra2
1
2
SKINECO-President, Milano, Italy
Specialist in Cosmetology - University of Ferrara, Italy
ABSTRACT
“CosmOS” vs. “NaTrue”: where is Dermatology?
This review provides data on the
scope of eco-compatible dermatocosmetics and the development of
new international certifications.
The question that remains to be
answered is: "what is good for your
skin and at the same time does not
affect the environment?
The answer may come only from the
dermatologist, the true point of reference as a doctor and scientific expert
in skin care .
Introduction
A cosmetic product should not be ecological only, it must
be dermatologically functional, valid, effective, well tolerated by the
skin and pleasant to use.
“Friendly Chemistry” and research, can gradually achieve this, thus
overcoming the emotional and naive approach that is nowadays
used. When talking of sustainability, we need to be down-to earth –
we need to be practical. We cannot change the structure of all
Dermo-cosmetics, in just one day, or one year, but we can make a
commitment to take progressive steps that in the mid-long term will
result in a real ecological alternative.
Skineco promotes and supports the study and development of formulations attentive to the environment, considering the human being
as the most important form of "environment“.
Over the last 20 years, a new environmental awareness was born,
followed by a growing demand for products respectful to the environment.
This phenomenon has had such an impact, and has led to the development of dedicated criteria even in the cosmetics field, with the aim
of providing the consumer with the most natural and environmentally compatible cosmetic products.
Two main schools of thought were born in this way:
The first one proposes cosmetics with high levels of natural and
organic origin, i.e. products that not only contain the greatest
amount of plant extracts, but that guarantee the organic cultivation of the same.
All criteria certifications of bio-cosmetic products on the market fall in
this category.
The second one offers products that are not focused, in particular, on the presence of natural or botanical extracts, but rather on
determining the environmental impact they have.
The determination of the environmental impact is calculated through
their critical volume of dilution (CVDtox). In this category are included
those products that meet with the specifications of the European criteria Ecolabel.
There is therefore a double level of attention from the cosmetic criteria present nowadays on the market.
The biological criteria pay particular attention to the origin of raw
materials and to the environmental impact of their production, whilst
they do not focus on the life of the product once used.
11
EcoLabel does not focus either on the origin of raw materials, or on
the impact that the production of those materials has on the environment, but evaluates what happens to the finished product when
it reaches the environment, determining the level of environmental
damage it can generate.
These schemes are complementary and, hopefully, in the near future
can be integrated.
Many companies have engaged in the production of cosmetics that
can boast, on various levels, the term "natural” and/or “biological”
and/or “organic products”. In order to protect the end users—the consumers, and to put a stop to misleading advertising claims, these companies are turning to certification bodies that monitor and evaluate the
statements in the labeling of “natural” and/or “o r g a n i c” products.
In Europe, many certification schemes have been born; among the
main ones, we can list: ECOCERT (France), BDIH (Germany), SOIL
Association (UK), ICEA (Italy).
The presence of such a high number of certification systems created
confusion among consumers and companies who wanted to certify
their products.
The various systems, in fact, followed general and similar criteria, but
among them there were substantial differences.
processes, requiring, since 2012, the partial use (30%) of organic
raw materials also in chemical synthesis.
As in all bio criteria, even in the CosmOS raw GMOs cannot be used
and raw materials and extracts derived from plants that are included
in the International and European lists of protected species (ref.
Washington Convention and the Berne Convention) cannot be used.
Among natural products, raw materials extracted from live animals or
from slaughter cannot be used. Ingredients of animal origin can be
used only if produced from animals (for instance, milk).
The features described so far are just a few issues included into the
new CosmOS bio-cosmetics specification. CosmOS also defines the
characteristics of the packaging of the cosmetic product, with the
objective of minimizing the environmental damage caused by cosmetic containers.
At the end of the certification process, the cosmetic product that
contains at least 20% of raw materials of biological origin in its formulation can be presented as “organic”; in this case it can carry
either the statement "COSMOS-ORGANIC'.
COSMOS Certification
In this second cluster of products, the presence of biological components in the formulation can be highlighted.
Aw a re of this, since 2005, the main Euro p e a n
Associations for certification are following a common path in order to
create a unique criteria/specification.
This has led to the birth of the CosmOS standard: A common criteria, clear and unambiguous, that could be submitted to the European
Community, that might spread within bio-cosmetics as well, the first
germs of a greater ecological impact evaluation of certified products,
as is already the case for products branded "Ecolabel" (European
Eco-label quality brand), which identifies the most eco-friendly cosmetics, produced through techniques with a low environmental
impact).
The purpose of the “CosmOS standard” is to provide guidelines that
encourage the use of discoveries related to the technological development of our society, allowing them to contribute to environmental
conservation.
This target is a key challenge for sustainable growth, that takes into
account the excesses and damage that technological, non-regulated development can lead to; practically it pursues "sustainable
development".
To achieve this, the “CosmOS Standard” points out that we need a
radical change both in production flows, and in consumption habits.
In order to support the processes for production and sustainable
consumption, simple rules have been proposed based on principles
of prevention and safety at all levels of the production chain, from raw
materials to the distribution of the finished products.
The European CosmOS encourages and promotes the use of organically grown products, with full respect for biodiversity: limitation (2%)
in a cosmetic formulation of components deriving from petrochemical industry, the use of natural resources in a responsible manner and
respectful with the environment, integrating and developing the concept of "Green Chemistry" rather than the classical petrochemical
12
Cosmetic products that contain natural raw materials, but do not reach
such high levels of biological components can only be certified as "n a tural" and can be marked on their label as “COSMOS-NATURAL”.
The CosmOS certification system will gradually replace the other certification systems that have contributed to its development and have
subscribed to the rules.
On the European level, “NaTrue” is a competitor of the CosmOS.
This is a standard that was created by a number of cosmetic companies (mostly German) who initially participated to the CosmOS project, but which decided to create their own specifications.
NATRUE Certification
In NaTrue, it is well underlined that the main challenge in
the production of natural cosmetics, in addition to the selection of
appropriate materials, is to provide consumers with products that are
simultaneously high quality, effective, healthy and pleasant.
This criteria shows how products featuring the above characteristics,
cannot be manufactured using only natural ingredients, as cosmetics have a higher degree of production complexity, than the preparation of simple food.
In the development of high-level products, it is necessary to accept
some compromise, but it must be clear and understandable to consumers.
The criteria required by the certification system, NaTrue, are aimed at
presenting high precision and transparency.
The product can be produced only from natural raw materials or
nature-identical (also called "natural identical") or almost-natural.
Apart from water – the ingredient in higher concentrations in most cosmetic products – natural untreated ingredients (natural substances
such as fatty oils, hydro-alcoholic extracts of plants) are usually pre-
dominant in cosmetics labeled as "Natural cosmetic products” .
Natural ingredients should preferably be used in "biological" products.
The use of substances identical to natural (nature identical) should be
limited to cases in which natural substances cannot, for technical
reasons, be obtained from organic material.
Natural substances must be derived almost exclusively from natural
substances, excluding mineral oil. Almost-natural substances should
only be produced through processes of which physiological mechanisms are well known (eg formation of partial glycerides by the synthesis of fat).
Natural substances that are the source of raw material for almost-natural substances, should be used in the biological amount.
Almost-natural molecules must feature environmental properties to
ensure their compatibility with the environment once introduced into
the natural cycle. As a consequence of this, NaTrue applies “very
restrictive" parameters in relation to the biodegradability of substances that are used as almost-natural surfactants.
Like the CosmOS, NaTrue also (indirectly stemming from CosmOS),
emphasizes that in the preparation of cosmetic products, consideration must be given to all matters related to the concept of sustainable
development, for instance, consideration of the characteristics of the
packaging, and reducing it to a minimum.
The main criteria of NaTrue, can be summarized as follows: in this criteria, positive lists of natural substances are defined, almost-natural
substances, and almost identical to natural substances that can be
used in natural cosmetics. There is a classification of production
processes allowed for natural cosmetics, and a classification of production processes for natural substances, almost-natural substances, and almost identical to natural substances.
It defines the minimum levels required of natural substances and natural substances of biological origin, and at the same time the maximum allowable levels for those almost-natural substances.
Three levels of certification are defined: “Natural cosmetics”, “Natural
cosmetics with biological parts”, “Biological cosmetics”.
In order to ensure the conservation of natural personal care products,
NaTrue allows the use of preservatives identical to the natural ones
listed in the dedicated annex (benzoic acid, its salts and its ethyl
ester, benzyl alcohol, formic acid, propionic acid and its salts, salicylic
acid and its salts, sorbic acid and its salts. The use of these substances must be clearly indicated on the label by the words “preserved by ...” on the product packaging).
As a part of the “NaTrue” natural cosmetics, inorganic pigments and
minerals identical to natural ones can also be used. Study of the two
criteria are surfacing similarities and differences.
In particular, the CosmOS standard has a system for defining the level
of biological considered as the actual amount of organic ingredients
present in the formula, whilst NaTrue defines the level excluding water
and mineral formula, thus obtaining higher biological values.
Even the method for calculating the natural or biological components,
are very different.
The system used for the CosmOS is much more complex, but much
more defined than NaTrue’s.
But above all, the point that widens the gap between the two certification systems is certainly that NaTrue allows the use of raw materials that are similar to natural, and, products that are fully synthetic,
but, none-the-less, defined as "natural."
Both NaTrue and CosmOS pay great attention to environment and
eco-compatibility of certified products, but neither has developed this
aspect fully.
In CosmOS, there is an attempt to define the limits of water toxicity
of raw materials, despite the absence of an evolved computing system similar to EcoLabel. This approach does not exist in NaTrue,
which on this basis, lags behind.
The dermatological perspective
Both systems of certification have a rather weak aspect:
the evaluation of the performance of products.
This means developing a functional product that is also cosmetic,
skin-friendly, respectful of the environment and/or that maintains the
skin and its annexes in good condition, pleasing the end user and
responding to a specific dermatological rational.
As already studied for the Ecolabel scheme, it is necessary to define
a qualitative approach to products’ performance, so that certified
products have a medium to high performance, able of justifying a
new purchase and able to give prestige to the certification system.
Analyzing the characteristics of the currently used certification systems and of the new proposed ones, it is clear that the presence of
perfume might cause problems, because perfumes are synthetic
substances that have little or nothing to do with natural products, as
well as the use of essential oils of natural origin as they can cause
various problems, and, as they contain many allergens that can trigger dermatological problems.
Also as part of the “auxiliary” substances contained in cosmetics
(substances that make the product pleasant), the certification systems are looking for alternatives to “classic” preservatives – substances often accused of not being very skin-friendly and skin-safe.
To this extent, food preservatives are used but, especially now that
their use has increased, they often appear to be excellent in food, but
irritating to human skin.
Very often products that pass the patch test for traditional preservatives, can appear to be irritating if food preservatives are used (such
as benzoic acid, sodium benzoate, etc.).
It is necessary to study the preservation of cosmetic products in two
ways: the first being a rational reassessment of classic preservatives,
placing very precise limits in terms of safety, for example, by excluding all ingredients releasing formaldehyde and those suspected of
mutagenesis.
The second one is the research and promotion of the use of “natural” alternative preservatives, which should be evaluated for both the
antimicrobial activity (in order to give safety to the consumer) and the
harmfulness to the skin. As part of this analysis, a few old preservatives possibly might be re-evaluated. A particular case history can be
analyzed.
A cosmetic product is often rejected if the formula contains
parabens; these preservatives were used for a long time both in the
cosmetic and in the food industry.
Parabens are currently under study, and the available case studies
prove that their use in dermo-cosmetics must be carefully analyzed
as it seems that the short-chain parabens (methyl and ethyl) are not
involved in the phenomena of sensitization. This highlights the need
to change the approach towards preserving the classics, trying not to
13
make decisions under the influence of biases.
Ecologic cosmetics or, better, "dermo-eco-compatible cosmetics” in
the near future, will become more and more oriented towards effectiveness, or rather cosmetics that want to have something more, a
“s o m e t h i n g” born from the synergy between the base of cosmetics
(that must be of excellent quality and made in compliance with the principles related to ecological sustainability and tolerability), and an active
i n g redient derived from neo-synthesis (in classical cosmetics) or nature
(in eco-bio cosmetics – active ingredients that dermatologists have
always used (for example, salicylic acid), and that contribute to improving the effectiveness of the product thanks to their quality.
Research is driven more towards those active ingredients, both synthetic (but dermo-eco-compatible or dermatologically tolerable and
effective and as environmentally friendly as possible, in terms of production and disposal), or derived from plants. Today the search is
active in plants living in extreme environments, that have developed
substances capable of providing various substances and factors of
cell protection, extremely useful for our skin. It is evident that biological cosmetics and ecological cosmetics are two arms of the same
body, not overlapping, but that can and must coexist to give birth to
the future – to a new type of cosmetics, that takes care of human skin
of man and of environment in which this skin lives.
The answer lies perhaps in eco-dermo-compatible cosmetics, or
cosmetics with a low environmental impact (by improving gradually,
year after year, the environmental impact of products), dermatologically valid, rational, functional, effective, and tested in their performances and claims.
To date, almost no cosmetic company focuses on sustainability and
on the biodegradability of products: after all, the index of biodegradability of a cosmetic is not required.
It is a slow and gradual improvement in the production of cosmetics and
detergents worldwide, an improvement that includes a gradual reduction of mineral oil, silicones, synthetic fragrances, and all ingredients suspected of being toxic, mutagenic, triggering endocrine disorders, etc.
Why "SKINECO?
Why ecological Dermatology?
Ecologic Dermatology is a new theme, and, as we have
seen, a very hot topic. On the one side, there is a large increase in
the interest in cosmetics – in their ingredients and the actual effects
on the skin, and on the other, a greater attention to the environment
and its preservation is growing.
The question that must be answered is: "what is good for your skin
and at the same time does not affect the environment?" The answer
may come from the dermatologist, the true point of reference as a
doctor and scientific expert in skin care. Thus was born the new concept of eco-dermo-compatible cosmetics, which requires a scientific
discipline and a very rational approach.
In Europe and worldwide in recent years, there has been an increase of:
Sensitive skin
Reactive skin
Cosmetics-induced dermatoses caused or triggered by cosmetics (seborrheic dermatitis, rosacea, adult acne, irritative contact
dermatitis, etc.)
14
Atopic dermatitis
“Asphyxial” (dull) skin
"Pores"
Blackheads
Post-inflammatory hyperpigmentation
A larger number of skin types/conditions not only do not improve,
despite the use of cosmetic products, but show the appearance of
dryness and flaking.
Possible causes of these diseases can be various:
Wrong use of cosmetics
Excessive or incongruous use of cosmetics
Mismanaged hygiene/cosmetic routine
Use of cosmetic products not containing dermo-compatible
vehicles
Use of cosmetic products not containing dermo-compatible
ingredients
Disregard for the vehicle of the active ingredients
Failure of the dermatologist on the management and treatment of
skin
Often dermatologists do not know the complete formulation of the
products, and are informed only about active ingredients.
Many ingredients, while being non-toxic and non-allergenic (and even
with reassuring toxicological profiles), reveal on the long run hardly to
be "dermo-compatible"; at the same time, these ingredients are not
environmentally friendly (mineral oils and silicones).
An alternative exists and is represented by "natural".
However, today "natural" in many cases, is riding the wave of collective emotion, and is often formulated and produced with little scientific rational, with no tests and clinical trials and frequently is not true
"natural". It is not regulated by criteria or standard or a regulation in
the Single European Act.
The dermatologist is not used to reading the INCI of products, or to
considering the long-term effects, or used to verifying the 'vehicle'
that contains the active ingredients. But dermatologists need to be
aware of what happens to the ‘ecosystem’ of skin after prolonged
use of oils and silicones (if a large percentage is included in a formula). Consider that according to the law, the INCI list (International
Nomenclature of Cosmetic Ingredients) does not consider as ingredients:
1) impurities in the raw materials used;
2) the secondary technical materials used in the manufacturing
process, but which are not present in the composition of the finished product;
3) materials used in strictly necessary quantities such as solvents or
as carriers for perfume and flavoring compounds.
These substances do not constitute a significant source of danger,
due to their low concentration. However, in eco-dermo compatible
cosmetics, these substances should be taken into evaluation.
The attention paid by the legislator to ingredients is based upon the
precise intention to protect consumers from possible negative effects
due to the presence of specific substances or compounds with intrinsic dangerous properties.
Although completed cosmetics, namely those packaged and offered
for sale, are constantly changing and very difficult to monitor, cosmetic ingredients that are commonly used to make a cosmetic, are
some hundreds and mostly well known. Many of these substances
have been used for decades and their biochemical and toxicological
characteristics are known, such as the DL50, toxicity, percutaneous
absorption, mutagenicity, phototoxicity, the Carcinogenicity, etc. like
any other drug ingredient. If a new ingredient, is wanted to be marketed, it must first be submitted to the Scientific Committee on
Consumer Non-Food Products, who will proceed with its classification, considering the pharmacological and toxicological studies conducted on the ingredient. However, there is no indication of the
biodegradability and the eco-compatibility of ingredients themselves,
as there is also no evaluation of skin effects on the long term.
An example is set by the use of continuous and occlusive film-forming products (silicones and oil), which favor the appearance of pores
and "asphyxiated" skins.
Speaking of eco-dermo cosmetics means to speak of an eco-compatible and dermo-compatible cosmetic, strictly scientific and technologically advanced. Eco-dermo cosmetics means, for example, the
limitation of the following ingredients:
Petrolatum, paraffinum liquidum, mineral oil
Silicone (cyclometicone, dimethicone, etc.)
Polyethylene glycol (PEG) containing ethylene oxide that can
form dioxane
Mold of formaldehyde: diazolydinyl urea, imidazolidinyl urea,
DMDM hydantoin, bronopol, etc.
Amines (DEA, MEA, TEA, MIPA): risk training nitrosamines
EDTA - toxic for the sea environment
Nonoxynol, poloxamer and nonylphenol-(hormonal-endocrine
disturbances)
Triclosan - antibacterial toxic
e-trimonium dimonium: non-biodegradable, toxic for aquatic
species, etc.
VASELINE, PARAFFIN, MINERAL OIL
The Directive on dangerous substances of the EEC N.67/548/CEE and following amendments provides for a clear
rating of petroleum derivatives, including carcinogens and non. Vaseline (soft paraffin) is classified as a carcinogen category 2,
unless there is evidence that the base oil from which it derives does not contain any impurities. Suppliers of paraffin and vaseline for cosmetic use should guarantee not to trade Category 2 vaseline (carcinogenic due to impurities), and in compliance with
the law 2003/15/EC, they must certify to produce base oils that do not contain more than 3% of dangerous impurities.
VASELINE IN COSMETICS
Category 2 carcinogenic substances should not be used in cosmetic products. In compliance with the European
Pharmacopoeia, suppliers need to guarantee with absolute certainty that their raw materials are not carcinogenic according to
the Dangerous Substances Directive.
Currently
Vaseline is classified as a category 2 carcinogen, so it should be banned for cosmetic use.
The guiding Directive allows a subterfuge that says: "...unless the whole process of refining is known and it can be proven
that the substance from which it is produced is not a carcinogen”.
Cosmetics manufacturers can use vaseline for their formulations containing impurities (carcinogenic)up to 3%.
New Directive
A new directive has been recently published ordering that from 1/12/2010, all the ingredients classified as category 2 are prohibited in cosmetic products. Unless the Scientific Committee on Consumer Safety gives a positive opinion, the use of substances classified as carcinogenic, mutagenic or toxic to reproduction of category 1A, 1B and 2 is prohibited in cosmetic products.
A substance classified in category 2 can be used in cosmetics if previously submitted to the CSSC (Scientific Committee
on Consumer Safety) and found acceptable for use in cosmetic products.
There are therefore two possibilities:
a. The supplier guarantees to be knowledgeable of the process of refining of the raw materials used in the production of vaseline, and provides the relative certificates of analysis and evidence.
b. Or the product must be obtained from substances belonging to the two non-carcinogenic groups of substances (highly refined oils, paraffin waxes and hydrocarbons).
Skin problems related to vaseline are: occlusivity and its ability to alter the microbiological balance, and its non-biodegradability.
It suggests the use of vaseline, which currently is almost always in the highest position of INCI in cosmetics, only with clear indications, and in precise locations. Polydecans can be a cosmetic alternative.
Another alternative, also for cosmetic purposes, would be to use vegetable oils and butters. In recent times, a growing number
of "vegetal vaseline" have been marketed, that in rheological properties are quite similar to vaseline, but not produced from
hydrocarbons, but from plants. These fats provide our skin with valid cosmetic substances.
15
SILICONES
Emollient silicones: cyclopentasiloxane, cyclohexasiloxane, cyclomethicone. Have gliding and silky effect, they can be
spread in a very thin layer without getting oily.
Dimethicone, cetyl dimethicone, stearyl dimethicone – heavier.
Phenyl dimethicone, diphenyl dimethicone, phenyl trimethicone.
Silicones have:
Lasting properties over a wide temperature range (they do not get thicker with cold and do not become more liquid with the
heat, are not degraded by heat, like most vegetable oils).
Low surface tension (pull down the foam, are often used in small quantities in creams for this property, increase the soaking
capacity of the products in which they are included).
High degree of fluency, especially on organic substrates (on the skin they give the well-known “gliding effect” typical, imitated in nature only by phytosterols found in some vegetable butters).
High degree of water-repellency (they are greasy, and the greasiest ones are used in barrier creams for hands because they
prevent the water from reaching the skin).
Physiological inertia.
However, on the long term:
They can improve dryness.
They tend to "keep" the other ingredients to the surface of the skin.
Not totally inert (for example, silicones used for hypertrophic scars),
and finally
some volatile silicones are under investigation.
Eco-dermo-technology can provide a real alternative to these products.
Research and technology are needed in order to produce increasingly eco-compatible dermo-cosmetics, but at present the priorities of the cosmetic Companies are going towards the direction of skin tolerance and rheology-sensory characteristics. Also,
it is certainly more difficult to produce a good eco-dermo-cosmetic, technologically advanced.
FREQUENT SKIN PROBLEMS
The latest statistics indicate how there are more and more patients with irritations, status cosmeticus syndrome
(Figure 1), asphyxiated skin,dryness. The number of atopic syndromes is increasing, as well as the Red-face syndrome (rosacea
and DS). This is also due to the presence of other ingredients unsuitable for dermatologically valuable cosmetics (including ingredients of topical medications and "medicated" cleansers). In the near future, all cosmetics will be eco-dermo compatible. And
chemistry will become finally, more and more "Friendly" to the skin.
a
Figure 1
a) Large pores of the face in a patient affected by “status cosmeticus”
b) Normal skin
16
b
Verso l'uniformità
Barbara Righini
Fondatrice del sito saicosatispalmi.org
Una delle principali difficoltà dei consumatori, se non la principale in assoluto, è stata sinora quella di districarsi tra
le certificazioni relative alla cosmesi
ecobio presenti sul mercato.
Diversi Enti Certificatori, in diverse nazioni, hanno ideato diversi standard dotandosi di diversi marchi.
La confusione del consumatore appare evidente se si leggono alcuni
risultati dal sondaggio “Protagonisti del biologico in Italia”, del
Consorzio del Biologico/CCPB: il 43% dei partecipanti si è dichiarata
informata sulle normative del biologico, ma solo l'1% ha poi dimostrato di averne una conoscenza approfondita, contro il 28% di conoscenza sufficiente e ben il 71% scarsa.
Trattandosi di un sondaggio incentrato sulle normative del biologico
di tutti i generi, incluso soprattutto quello alimentare, si può ragionevolmente supporre che i livelli di consapevolezza riguardanti il settore
cosmetico siano piuttosto scarsi.
Quello della frammentazione dei disciplinari è un problema
di cui si sono presto resi conto anche gli enti certificatori, che di conseguenza hanno lavorato lungamente per la presentazione di uno
standard europeo che fosse definitivo.
I risultati di questo impegno si sono concretizzati in due
grandi certificazioni europee: CosmOS e NaTrue.
CosmOS
CosmOS, ovvero Cosmetics Organic Standard è entrato in
vigore dal primo settembre 2009, appoggiato dagli enti certificatori
ECOCERT e COSMEBIO (Francia), BDIH (Germania), SOIL
Association (Regno Unito), BIOFORUM (Belgio) e ICEA (Italia).
Dal momento che gli organismi certificatori nazionali hanno standard
ben diversi tra loro, uno dei principali problemi di CosmOSè stato arrivare ad un disciplinare che fosse utilizzabile da ciascuno di essi.
Lo scopo finale, ed è questa la sostanziale innovazione, è quello di
ottenere una cosmesi sostenibile su tutto il suo ciclo produttivo, che
va dall'origine delle materie prime, al packaging, alla comunicazione
e così via.
1
Acqua: l'acqua contenuta nei cosmetici (potabile, di sorgente, marina, ottenuta per osmosi, distillata, o contenuta nelle materie prime) non viene consicderata come biologica. Significa che non
ha peso nel calcolo della percentuale di ingredienti di origine biologica sul prodotto finito.
2
Minerali: come l'acqua, non vengono considerati biologici,
poiché non sono fonte rinnovabile. Vi è una lista di minerali ammessi,
puri, presenti in natura e trattati solo con metodi fisici.
3
PPAI (Physically Processed Agro-Ingredients): sono gli
ingredienti ottenuti da processi fisici. Non sono accettati trattamenti
come l'irradiazione, né materiali ottenuti dalla soppressione o mutilazione di animali. I solventi ammessi per l'estrazione di alcuni principi
vegetali sono acqua o quelli di derivazione vegetale e CO2. I PPAI
entrano nel calcolo della percentuale di biologico sul prodotto finito.
4
CPAI (Chemically Processed Agro-Ingredients): sono gli
ingredienti derivati da processi chimici e non fisici. Poiché è molto
raro trovarne di biologici, si è prevista una soglia del 30% a partire dal
2012. Nel frattempo l'obiettivo di CosmOS è di incentivare la cosiddetta “chimica verde” o “green chemistry”, attraverso l'uso di risorse
rinnovabili, il divieto categorico di solventi di origine petrolchimica
nella lavorazione di materiali biologici, e la loro limitazione nella produzione di CPAI, sino a vietarli del tutto nel 2012.
5
Altri ingredienti.
Considerando il panorama della cosmesi attuale, CosmOS prevede
un periodo di transizione durante il quale potranno essere fatte modifiche al disciplinare.
Seguendo il principio di precauzione secondo il quale nel caso di evidenze scientifiche di pericolosità di un ingrediente, lo stesso viene
vietato, CosmOS non permette l'uso di nanoparticelle, di ingredienti
vegetali OGM, di irradiazioni.
Riguardo agli animali, CosmOS segue la normativa vigente secondo
la quale sono vietati i test sui prodotti finiti, mentre sono permessi
quelli sui singoli ingredienti qualora la legge lo richieda.
5 categorie di ingredienti
2 tipi di certificazione
Il punto di partenza è stato suddividere gli ingredienti
cosmetici in 5 grandi categorie:
Basandosi quindi su queste regole e attraverso formule
matematiche per calcolare la percentuale di materiale vegetale biolo-
17
gico contenuta nei singoli estratti oltre che nel prodotto finito,
CosmOS arriva a distinguere due tipi di cosmetico certificabili:
1
2
Cosmetico Biologico: “COSMOS-ORGANIC”
Deve contenere almeno il 95% di PPAI biologici.
Entro 36 mesi dall'entrata in vigore dello Standard, almeno il
30% dei PPAI restanti dovrà essere biologico, se disponibile.
Al termine del periodo di transizione di 36 mesi, almeno il
30% dei CPAI, secondo il sistema di calcolo previsto dallo
standard, dovrà essere commutato in biologico.
Sul totale del prodotto finito, almeno il 20% di ingredienti
dev'essere biologico, ad eccezione dei prodotti da risciacquo
come bagnoschiuma, shampoo ecc., per i quali basta il 10%.
Riassumendo, fino al 2012 il cosmetico certificato come
CosmOS Cosmetico Biologico avrà una percentuale di
ingredienti bio del 20%. Di questi, quelli vegetali processati
fisicamente, saranno bio al 95%. Ricordiamo che l'acqua
non è inclusa nel calcolo di queste percentuali.
Cosmetico Naturale: “COSMOS-NATURAL”
Non è richiesta una percentuale determinata di ingredienti
biologici. Riguardo invece agli ingredienti ammessi, si rimanda ai singoli organismi certificatori nazionali.
NaTrue
Alcuni organismi certificatori nazionali, tra i quali CCPB
(Italia), Bio.Inspecta (Svizzera), EcoControl (Germania), hanno dato
vita ed aderito ad un altro disciplinare chiamato NaTrue.
Lo scopo dichiarato da NaTrue è di offrire un marchio che indirizzi e
tuteli il consumatore che vuole scegliere prodotti realmente naturali.
3 categorie di ingredienti
NaTrue sembra essere più restrittivo di CosmOS, sin dalla
suddivisione degli ingredienti, che raggruppa in 3 tipologie:
1
Sostanze naturali
Sono quelle che si trovano in natura e non sono sottoposte a trattamenti chimici.
2
Sostanze natural-identiche
Sono sostanze naturali manipolate con semplici metodi di trasformazione, che sono stabiliti nel dettaglio.
3
Sostanze natural-simili
Sono sostanze che provengono da sostanze che si trovano in natura, ma che vengono modificate con trattamenti chimici. Esse includono pigmenti minerali e conservanti e sono ammesse solamente nel
caso non siano disponibili sostanze naturali qualitativamente e quantitativamente sufficienti. Qualora si impieghino conservanti trasformati, dev'essere chiaramente indicato in etichetta.
Per quanto riguarda l'acqua, non è calcolata nel calcolo della percentuale di ingredienti biologici. Tutte le sostanze che non rientrano
nelle 3 categorie non sono ammessi.
18
3 tipi di certificazione
NaTrue prevede 3 tipologie di cosmetico certificabile, che
corrispondono a 3 livelli di naturalità del prodotto finito.
1
NaTrue una stella: Cosmetici Naturali
È lo standard base della certificazione. Per ottenerlo si devono rispettare l'elenco di ingredienti ammessi e dei metodi per la loro lavorazione, nonché i limiti del contenuto minimo di sostanze naturali e del
contenuto massimo di sostanze natural-simili.
Ogni tipologia di prodotto ha criteri differenti (ad esempio quelli applicabili al sapone sono diversi da quelli applicabili ad una crema) per
via della loro diversa funzione d'uso.
Un cosmetico che abbia adempiuto a questi criteri fondamentali,
potrà aspirare ad ottenere il marchio con due o tre stelle, in base alla
percentuale di contenuto da agricoltura biologica.
2
NaTrue due stelle:
Cosmetici Naturali con complementi biologiche
Oltre allo standard base precedente, Natrue con due stelle richiede
livelli minimi più alti di sostanze naturali non trasformate, delle quali il
70% deve provenire da agricoltura biologica o raccolta spontanea
certificata. Non tutte le tipologie cosmetiche possono, per motivi tecnico-scientifici, raggiugere ad oggi questo standard.
3
NaTrue tre stelle: Cosmetici Biologici
Oltre allo standard due stelle, i cosmetici biologici devono contenere
percentuali minime ancora più elevate di ingredienti naturali non trasformati, delle quali il 95% dev'essere biologico.
Data la restrittività di quest'ultima certificazione, essa è ottenibile
solamente da alcune tipologie di cosmetici.
Punti in comune e differenze
Sia CosmOS sia NaTrue sono giunti a distinguere il
cosmetico biologico da quello naturale. Entrambi riconoscono che
non sia possibile ideare formulazioni di cosmetico biologico per tutti
i tipi di prodotto, ma è possibile assegnare un valore di “naturalità” ad
una formula, per garantirne comunque un minore impatto sull'ambiente e sulla salute.
Le due certificazioni inoltre non includono l'acqua nel calcolo della
percentuale di biologico contenuta nel cosmetico. Questo è molto
positivo, dato che la maggior parte dei cosmetici contiene grandi
percentuali d'acqua.
I criteri di NaTrue sono molto più restrittivi di quelli di CosmOS, tuttavia non prestano molta attenzione all'intero ciclo di vita del prodotto,
sforzo che invece è compiuto da quest'ultimo.
Inoltre, i 3 diversi marchi NaTrue fissano indicazioni precise, CosmOS
Natural rimanda ai singoli organismi certificatori nazionali la verifica e
l'assegnazione del marchio.
Conclusioni e problematicità
Quando i due standard europei si saranno affermati, il consumatore si troverà davanti una serie di marchi diversi, che elenchiamo (v. anche tabella):
CosmOS-organic, affiancato dal logo dell'organismo certificatore nazionale che ha verificato ed assegnato la certificazione
CosmOS-natural, affiancato dal logo dell'organismo certificatore nazionale che ha verificato ed assegnato la certificazione, secondo i propri standard relativamente a materie prime
ammesse e non
NaTrue una stella
NaTrue due stelle
NaTrue tre stelle
È difficile quindi affermare con certezza che l'obiettivo iniziale di
uniformare le singole certificazioni per ridurre la complessità ed offrire una maggior trasparenza e “leggibilità” di acquisto sia stato raggiunto.
Si auspica quindi che l'informazione su questi argomenti si diffonda e
che in futuro venga considerato anche un aspetto che sinora è rimasto in secondo piano, ovvero l'efficacia finale del prodotto e il suo
impatto oltre che ambientale anche dermatologico.
In questo SKINECO potrebbe, nei prossimi anni, essere pioniere.
Enti certificatori
Ingredienti vegetali
Ingredienti chimici
% bio sul totale
% bio sul vegetale
CosmOS Organic
Elenco sostanze vietate
Elenco sostanze vietate
20,00%
95,00%
CosmOS Natural
Elenco sostanze vietate
e criteri dell'ente
certificatore nazionale
Elenco sostanze vietate
e criteri dell'ente
certificatore nazionale
Non richiesto
Non richiesto
NaTrue *
Minimo richiesto
a seconda della
categoria cosmetica
Massimo permesso
a seconda della
categoria cosmetica
Non richiesto
Non richiesto
NaTrue **
Minimo richiesto
sul totale: 15%
Massimo permesso
sul totale: 15%
Non richiesto (dal 2012
minimi richiesti anche
per ingredienti chimici)
70,00%
NaTrue ***
Minimo 20%
Massimo 15%
Non richiesto
95,00%
Siti di riferimento:
NaTrue: www.natrue-label.it
CosmOS: www.cosmos-standard.org
AIAB-ICEA per i cosmetici:
http://www.icea.info/Aree/CertificazioniNoFood/Cosmetici/tabid/131/Default.aspx
CCPB: www.ccpb.it/
ECOCERT: www.ecocertitalia.it/
BDIH: www.kontrollierte-naturkosmetik.de/i/bdih.htm
SOIL Association: www.soilassociation.org/
Bio.Inspecta: www.bio-inspecta.ch/
BioForum: www.bioforum.be/
19
Il mio punto di vista e lo standard certificativo
dei prodotti cosmetici, biologici e naturali
Luigi Rigano
Chimico Cosmetologo - Institute of Skin and Product Evaluation
La versione finale dello standard
CosmOS è stata pubblicata l'8 giugno
2009, dopo quasi sette anni di consultazioni e valutazioni per la definizione
dei requisiti minimi per i prodotti
cosmetici biologici e naturali.
L’European Cosmetics Standard Working Group che ha redatto lo
standard include i rappresentanti dei principali organismi di certificazione biologica europea: ICEA in Italia, BDIH in Germania, Cosmebio
& ECOCERT in Francia, SOIL Association nel Regno Unito e
Bioforum in Belgio.
L’assenza di una normativa unica a livello europeo, ha fatto sì che
negli anni passati nascessero in ogni paese uno o più codici di autoregolamentazione per la certificazione biologica. La complessità e la
frammentazione del mercato biologico e naturale che si è creato e la
conseguente confusione per il consumatore sono i principali motivi
che hanno portato alla creazione del CosmOS.
L’obiettivo primario: sviluppare una norma armonizzata.
Con il CosmOS abbiamo due tipi diversi di certificazione, a seconda
che il prodotto sia definito naturale o biologico.
Per la certificazione di prodotti naturali non è previsto un limite percentuale di ingredienti biologici, ma solo l’impiego di ingredienti
conformi ai requisiti previsti dallo standard.
Le regole da seguire nella formulazione per il biologico prevedono invece un minimo contenuto “o rg a n i c o” del 20% (fatta eccezione per i prodotti a risciacquo, le lozioni (acquose? Non specificato nel testo del
regolamento) ed i prodotti in polvere, per i quali il requisito minimo è del
10%). Almeno il 95% degli agro-ingredienti (ottenuti da agricoltura,
acquacoltura, raccolta) fisicamente trasformati (ovvero processati con
metodi fisici, di cui è riportata una lista esemplificativa, non esaustiva,
in appendice allo standard) devono essere organici. Gli agro-ingredienti
fisicamente-trasformati sono ottenuti da agricoltura, acquacoltura, raccolta e processati con metodi fisici (dei quali è riportata una lista esemplificativa, non esaustiva, in appendice allo standard).
Almeno il 30% degli agro-ingredienti chimicamente trasformati devono
poi essere organici. Il processo chimico di trasformazione di questi
i n g redienti deve necessariamente rientrare in una lista positiva (allegata allo standard) e le materie prime devono soddisfare specifici requisiti di resa della produzione, biodegradabilità e tossicità acquatica.
Lo standard indica come calcolare la percentuale di contenuto organico di materie prime trasformate (gli estratti ad esempio).
Gli ingredienti di origine minerale permessi sono elencati in una lista
in appendice allo standard. Nano-materiali ed ingredienti OGM non
possono essere usati.
20
Non esiste una lista esaustiva di tutti gli ingredienti utilizzabili o vietati. Questo può far sì che si crei un margine di incertezza. Non è ufficiale, ma in futuro il CosmOS potrebbe certificare singole materie
prime di specifici produttori (come già da anni fa ECOCERT, ad
esempio).
Probabilmente una delle misure più controverse adottate dalla norma
CosmOS consiste nel permettere l’uso, fino al 2% nel prodotto, di:
un gruppo di ingredienti per i quali attualmente non esistono
alternative naturali ed elencati in un allegato allo standard;
ingredienti che nella struttura chimica comprendono “petrochemical moieties” (non meglio definite dallo standard) o
sono ottenuti con solventi chimici.
Questi ingredienti sono tuttavia autorizzati soltanto per un “periodo di
grazia” di 36 mesi dall’entrata in vigore del CosmOS, durante il quale
i formulatori devono cercare fonti alternative.
Per il packaging sono esclusi PVC e polistirene. Non è presente nessuna lista di materiali autorizzati. Sono riportate indicazioni operative
relative al packaging ed alla gestione degli spazi produttivi per minimizzare l’impatto ambientale.
L'imballaggio continuerà a riportare il logo dell'organismo di certificazione nazionale: ICEA, per esempio, insieme con il nome del nuovo
standard, che potrà essere CosmOS naturale o CosmOS organico.
Attualmente tuttavia non esiste un logo ufficiale del CosmOS.
Nessun riferimento né richieste specifiche per la dermocompatibilità
degli ingredienti utilizzati e dell’efficacia funzionale del prodotto finito.
La norma CosmOS sarebbe dovuta entrare in vigore dal settembre
di quest'anno, ma la data è stata recentemente rinviata a gennaio
2010, momento in cui i prodotti CosmOS-certificati dovrebbero arrivare nei negozi.
Come si vede, tutte queste regole riguardano l’origine e le modalità
di produzione delle sostanze.
Prescindono completamente dalla loro tollerabilità dermica o tossicologica in generale, ma si ispirano a una natura incontaminata come
ideale sorgente di benessere.
Non prendono in considerazione la stabilità del prodotto durante la sua
shelf-life, né implicano metodiche analitiche per i criteri di purezza.
I prodotti “cattivi” sono solo quelli di sintesi.
Infine, non tengono il minimo conto dell’eco ambiente-cutaneo.
Io consumatore...
Antonio Di Maio
Prendo spunto da un articolo
molto interessante pubblicato su Altroconsumo. Mi sembra un’analisi chiara
sulla problematica della corretta informazione dei cosmetici con la “maschera verde” dalla parte del consumatore.
Non per demonizzare i produttori ma
per fare un po’ di sana informazione.
Il “marchio o etichetta” natura abbonda
nelle specifiche dei cosmetici, ma scarseggia nella lista degli ingredienti. "Naturale" e "bio" sono maschere che funzionano, inutile
negarlo! Lo sanno bene i produttori che fanno indossare ai loro
cosmetici un bel vestito verde con tanto di slogan rassicurante sugli
ingredienti ("con oli essenziali", "arricchito con latte vegetale"...), attirando così i consumatori che prestano sempre più attenzione a ciò
che viene dalla natura.
Chi acquista un prodotto "naturale" solitamente lo considera più sicuro, di qualità migliore o con un basso impatto ambientale. Sfatiamo
subito questo mito: naturale non significa nulla. Non c'è una legge
che definisca la quantità di ingredienti naturali e bio che devono
esserci sul totale perché un cosmetico possa essere considerato
"naturale" o "biologico".
La normativa sui cosmetici in vigore
definisce in modo preciso quali sono gli
ingredienti consentiti (naturali e non) e le
quantità massime perché siano sicuri e
non abbiano conseguenze sulla salute.
Una legge severa che riguarda tutti i
cosmetici (naturali e non), che mette al
riparo, per quanto possibile, da brutte
sorprese. Pochi lo sanno, così come il
fatto che gli ingredienti naturali non sono necessariamente più "s a l u t ari" o più efficaci, perché, ad esempio, possono scatenare reazioni allergiche. Quindi, i cosmetici vanno scelti con gli stessi criteri cioè leggendo la lista degli ingredienti (vedi riquadro). Gli allarmi periodici che circolano sul web (sui componenti chimici, come per esempio i parabeni)
e diventano passaparola, che influenzano le scelte di acquisto, sono
spesso eccessivi, e fanno da rampa dì lancio per i prodotti che si autodefiniscono "naturali". Non essendoci una legge che ne stabilisca
quantità e qualità, tutto è lasciato all'onestà e alla trasparenza dei produttori. Un po' ingenuo pensare che non ne approfittino: gli slogan
ingannevoli si sprecano, pullulano colori e disegni ispirati a madre natura, ma basta leggere la lista degli ingredienti per scoprire che resta ben
poco della natura vantata.
BDIH
ECOCERT
CCPB
AIAB-ICEA
Questo ente tedesco stabilisce
una lista di ingredienti ammessi
ed è molto severo perché non
certifica i prodotti che hanno
anche un solo ingrediente
Non impone nessuna percentuale fissa di ingredienti “bio”.
Prevede solo che, quando possibile, gli ingredienti provengano da agricoltura biologica.
Questo ente francese prevede
due standard diversi per biologico ed ecologico.
Per il bio: una percentuale minima del 95% di ingredienti vegetali provenienti da agricoltura
biologica e devono costituire
almeno il 10% dei prodotto finito.
Per il naturale va da 95% a 50%,
il bio nel prodotto finito scende al
5%. Due loghi confondono.
Nulla sul packaging.
Il disciplinare di questo ente italiano prevede l'uso della massima quantità di ingredienti naturali (devono essere bio) o di origine naturale, ma non stabilisce
la percentuale minima.
Prevede una lista di sostanze
chimiche non ammesse e, per
quelle di sintesi, grosse restrizioni. Packaging ridotti ed ecocompatibili. Non stabilisce una
percentuale minima di bio.
Questo ente italiano stabilisce
che almeno il 95% degli ingredienti siano naturali o di origine
naturale. Prevede una lista di
componenti chimici ammessi,
con un limite dei 5% sul peso
totale. Packaging biodegradabile e riciclabile.
Prevede tre certificazioni che
confondono: cosmetico bio,
con ingredienti bio e naturale.
L’acqua è inclusa nel naturale.
21
Conoscere per scegliere
Come orientarsi in questo mercato sempre più aggressivo
nello sfruttare la voglia di natura dei consumatori? Imparando a leggere la lista degli ingredienti. A differenza di quanto avviene per l'alimentazione, dove c'è una sola certificazione bio, per i cosmetici ci
sono diversi enti, ognuno con le sue regole sulla percentuale minima
di ingredienti naturali e anche sulla loro produzione e lavorazione.
È difficile orientarsi nella babele dei loghi, anche perché standard più
o meno severi fanno la differenza. Tanto più che la certificazione si fa
sul prodotto non sul marchio: quindi, per lo stesso marchio ci sono
prodotti che hanno la certificazione bio e altri no. La buona notizia è
che i maggiori enti di certificazione sono attorno a un tavolo per definire un unico standard. Il lancio è previsto a breve.
Il parere di Altroconsumo
I cosmetici naturali e bio stanno conquistando fette di mercato sempre maggiori grazie agli allarmi frequenti sui componenti di
sintesi. L’aurea di sicurezza e qualità che li circonda non è giustificata. Non essendoci una legge che definisca le caratteristiche che deve
avere un prodotto per potersi definire “naturale”, i produttori se ne
approfittano e sul mercato ci sono tanti slogan ingannevoli. A scapito anche dei produttori onesti.
È necessaria una legge che stabilisca uno standard unico europeo.
Una certificazione unica che definisca la percentuale di ingredienti
naturali e bio devono esserci sul totale (acqua esclusa).
1) Guardate la lista degli ingredienti, se ai primi posti ci sono tanti
componenti in latino significa che il prodotto contiene molti elementi
di origine naturale. Per legge, gli ingredienti devono essere elencati in
ordine decrescente di quantità.
2) Anche se non sono in latino, sono ingredienti di qualità, quindi da
valutare positivamente quando presenti: tocopherol o tocopheryl
acetate (vitamina E), panthenol (vitamina B5), titanium dioxide o zinc
oxide, glucoside (tensioattivi di origine naturale).
3) I cosmetici per definirsi naturali dovrebbero essere:
senza parabeni (i derivati dell'acido para hydroxybenzoic) come
conservanti. Si può tollerare una piccola quantità di etyl e methyl
paraben anche se non è naturale;
senza antimicrobici: bht, bha e triclosan;
senza conservanti che possono rilasciare formaldeide: DMDM
hydantoin, imidazolidinyl urea, diazolidinyl urea, formaldehyde,
sodium hydroxymethylglycinate;
senza petrolio e suoi derivati come paraffinum liquidum; o senza
siliconi: quindi tutti gli ingredienti che hanno un nome che termina in one o che contengono la parola siloxane;
senza peg (polyetylene glycols);
senza coloranti chimici (Cl più un numero);
senza profumi chimici, ma sono consentiti gli oli essenziali indicati
con parfum, oil e il nome latino dell'essenza.
4) Provate il cosmetico “naturale” prima di acquistarlo facendovi dare
un campione gratuito. Spesso questi prodotti sono meno piacevoli al
tatto perché privi dei componenti chimici a cui siamo abituati nei
cosmetici normali come siliconi e peg (“l’effetto seta”).
5) La scadenza dei cosmetici naturali è più breve: dopo l'apertura 3
o 6 mesi, contro i 12 mesi in media di quelli normali.
Fonte:
Altroconsumo al quale va il mio personale ringraziamento e quello della Redazione di Scripta
Medica, per essere puntuale, semplice e chiarificatore sul tema importantissimo
e l’apprezzamento di SKINECO per l’opera di chiara informazione che può solo fare bene a tutti:
al consumatore e alle aziende del settore che potranno fare un passo avanti, un passo nuovo.
22
Bibliographic survey
by Adele Sparavigna
Dermatologist, SKINECO Vice President and Editor in Chief of the Journal of Ecologic Dermatology.
CEO of Derming, Clinical Research and Bioengineering Institute (Milan, Italy)
A plastic world: critical health risks
Exposure to Bisphenol A (BPA), phthalates and
flame retardants (PBDEs) are strongly associated with
adverse health effects on humans and laboratory animals.
Plastic products contain "endocrine disrupting chemicals"
that can block the production of the male sex hormone
testosterone (phthalates used in PVC plastic), mimic the
action of the sex hormone estrogen (bisphenol A or BPA
used in polycarbonate plastic), and interfere with thyroid
A
first, very recent publication refers to exposure to phtalates
as a risk factor during pregnancy. Phtalates are chemical compounds
used as plasticizers in a wide variety of personal care products (in USA,
while in Europe phtalates of more concern are forbidden for use in cosmetics) , children's toys, and medical devices. This study examines the
possibility that in utero phthalate exposure contributes to low birth
weight in infants. Low birth weight is the leading cause of death in children under 5 years of age and increases the risk of cardiovascular and
metabolic disease in adulthood. To investigate the associations
between in utero phthalate exposure and low birth weight, Dr. Renshan
Ge of the Population Council and colleagues from Fudan University and
Second Military Medical University in Shanghai studied 201 pairs of
n e w b o rns and their mothers between 2005 and 2006. Of the 201
infants studied, 88 were born with low birth weight. The researchers
analyzed samples of the infants' meconium, the first bowel movement
that occurs after birth, and cord blood to determine phthalate levels.
They found quantifiable levels of phthalate and phthalate metabolites in
more than 70% of the samples. Infants with low birth weight had consistently and statistically significant higher levels of phthalates.
According to D r. Ge, "The results showed that phthalate exposure was
ubiquitous in these newborns, and that prenatal phthalate exposure
might be an environmental risk factor for low birth weight in infants."
Although these associations are not conclusive, this study supports the
accelerating efforts to minimize phthalate exposure.
A second study examined the possibility that babies recently treated
with infant personal care products such as lotion, shampoo, and powder, were more likely to have phthalates in their urine than other babies,
according to University of Washington and Seattle Children's Hospital
Research Institute. Phtalates, in fact, are also added to many personal
care and cosmetic products. Animal-based studies of phthalates have
found that the synthetic chemicals can harm reproductive system
hormone (brominated flame retardants or PBDEs used in
many types of plastic).
Very similar changes occur in male reproductive organs
in rats and humans related to fetal exposure to phthalates while fetal exposure to BPA or PBDEs disrupts normal development of the brain and behaviour in rats and
mice. Furthermore, these chemicals are massively contaminating the oceans and causing harm to aquatic
wildlife.
development, and studies in humans have found that prenatal exposure
or exposure through breast milk can alter hormone concentrations.
Early-childhood exposure has not been extensively studied, so additional research is needed to determine if phthalate exposure can indeed
cause re p roductive development problems or other adverse effects in
infants. In this study, the researchers set out to see if use of personal
care products was associated with urine phthalate concentrations. To
accomplish this, they collected urine samples from 163 infants aged 2
months to 28 months, and measured the levels of nine different phthalates in those urine samples. They also had the babies' mothers fill out
questionnaires on their use of infant personal care products in the past
24 hours. When they cross-referenced the data, they found that the use
of baby powder, lotion, and shampoo were each strongly associated
with higher phthalate levels in the urine. The use of baby wipes and diaper cream were not strongly associated with increased levels of phthalates. The scientists also found that every baby had detectable levels of
at least one phthalate in their urine, and about 81 percent of the infants
had detectable levels of seven or more phthalates. Babies who were 8
months old or younger had stronger associations between product use
and phthalate concentrations, as did babies whose mothers used more
infant personal care products. Infant exposure to phthalates is widespread, and exposure to personal care products applied onto the skin
may be an important source. Phthalate exposure in early childhood has
been associated with altered hormone concentrations as well as
increased allergies, runny nose, and eczema. Babies may be more at
risk than children or adults because their reproductive, endocrine, and
immune systems are still developing. Parents who want to decrease
their baby's exposure to phthalates should limit the amount of baby
care products used on the infant, and apply lotions or powders only if
medically indicated. Since phthalates are also found in many household
plastic products, like plastic food containers, parents can also stop
23
putting plastics in the microwave oven and use glass alternatives whenever possible.
Another concern emerging from the scientific literature is that phthalate
exposure can be linked to less-masculine attitudes in young males.
A study of 145 preschool children reports, for the first time, that when
the concentrations of two common phthalates in mothers' prenatal urine
a re elevated their sons are less likely to play with male-typical toys and
games, such as trucks and play fighting.
Because testosterone produces the masculine brain, researchers are
c o n c e rned that fetal exposure to anti-androgens such as phthalates –
which are pervasive in the environment – has the potential to alter masculine brain development. Recent studies have shown that the major
source of human exposure to the two phthalates of most concern -di(2ethylhexyl) phthalate (DEHP), and dibutyl phthalate (DBP)DEHP and
DBP- is through food. These phthalates are used primarily in polyvinyl
chloride (PVC), so any steps in the processing, packaging, storage, or
heating of food that use PVC-containing products can introduce them
into the food chain. The current study focused on a small sample of
mothers who delivered children between 2000 and 2003. The mothers
provided urine samples around the 28th week of pregnancy. The urine
was analyzed for phthalate metabolites by the Centers for Disease
Control and Prevention (CDC). The Authors hypothesized that phthalates may lower fetal testosterone production during a critical window of
development – somewhere within eight to 24 weeks gestation, when
the testes begin to function – thereby altering brain sexual differentiation.
To explore the question, researchers reconnected with mothers from the
sample and asked them to complete a standard research questionnaire,
called the Preschool Activities Inventory (PSAI), for their children ages 3
1/2 to 6 1/2 years. The PSAI is designed to discriminate play behavior
within and between the sexes, and in the past has been shown to reflect
the endocrine-disrupting properties of other toxins, such as PCBs and
dioxins. The PSAI addressed three aspects of play: types of toys children choose (trucks versus dolls), activities (rough-and-tumble play, for
example), and child characteristics. However, researchers were concerned about how the choice of toys available in any given household
might skew results, so in addition they asked about parental views
toward atypical play. For example, the survey asked, "What would you
do if you had a boy who preferred toys that girls usually play with?" The
possible answers included "strongly encourage" (him to play this way) to
"strongly discourage." The final survey scores are designed to reflect
sex-typical play. Higher scores meant more male-typical play and lower
scores meant more female-typical play. Researchers then examined
boys play-behavior scores in relation to the concentration of phthalate
metabolites in their mothers' prenatal urine samples, finding that higher
concentrations of DEHP and DBP metabolites were associated with
less masculine play behavior scores. Earlier studies have shown that
phthalate exposure during pregnancy might affect the development of
genitals of both male rodents and baby boys. Scientists refer to this
cluster of genital alterations as the "phthalate syndrome", and research
suggests that in rodent pups, the syndrome can have adverse conse-
24
quences for later sexual development.
Also obesity in men could be linked to phtalates. A further research,
conducted at University of Rochester Medical Center, adds to the gro wing suspicion that low-dose exposures to phthalates and other common chemicals may be reducing testosterone levels or function in men,
and thereby contributing to rising obesity rates and an epidemic of re l a ted disorders, such as Type 2 diabetes.
Substantial declines in testosterone levels and sperm quality have been
observed in the United States and other countries over the last several
decades which and it urgently requires explanation. While we can't say
yet that phthalates are a definite cause, they are on the list of chemicals
that demands careful study. Phthalates might have a direct link to obesity, since low testosterone appears to cause increased belly fat and
pre-diabetes in men. Researchers analyzed urine, blood samples and
other data from the National Health and Nutrition Examination Survey.
Researchers reviewed data from 1999 to 2002, the most recent years
that phthalates levels were available. Of the adult men available in
NHANES, 1,451 had data on phthalate exposures, obesity and waist
circumference. Of these men, 651 also had fasting glucose and insulin
levels required to calculate insulin resistance. The analysis found that, as
expected, several phthalate metabolites showed a positive correlation
with abdominal obesity. Indeed, men with the highest levels of phthalates in their urine had more belly fat and insulin resistance. Researchers
adjusted for other factors that could influence the results, such as the
mens' age, race, food intake, physical activity levels and smoking. More
than 75 percent of the United States population has measurable levels
of several phthalates in their urine, according to the study.
Another chemical, called Bisphenol-A (BPA), used in the production of
plastics and epoxy resins found in baby bottles, plastic containers, the
lining of cans used for food and beverages, and in dental sealants, may
increase the risk of reduced sexual function in men. BPA is believed to
be a human endocrine disrupter, likely affecting both male and female
reproductive systems.
The five-year study examined 634 workers in factories in China, comparing workers in BPA manufacturing facilities with workers in factories
where no BPA was present. The study found that the workers in the
BPA facilities had four times the risk of erectile dysfunction, and seven
times more risk of ejaculation difficulty. The BPA levels experienced by
the exposed factory workers in the study were 50 times greater than the
average American male encounters, according to the researchers.
The Authors of the study measured sexual function based on in-person
interviews using a standard male sexual function inventory that measures four categories of male sexual function including erectile function,
ejaculation capability, sexual desire, and overall satisfaction with sex life.
After adjusting for age, education, marital status, current smoking status, a history of chronic diseases and exposure to other chemicals, the
researchers found the BPA-exposed workers had a risk of sexual dysfunction that was significantly higher than the unexposed workers.
The BPA-exposed workers had a nearly four-fold increased risk of
reduced sexual desire and overall satisfaction with their sex life, greater
than four-fold increased risk of erection difficulty, and more than sevenfold increased risk of ejaculation difficulty. Compared to the unexposed
workers, BPA-exposed workers reported significantly higher frequencies of reduced sexual function within one year of employment in the
BPA-exposed factories. A dose-response relationship was observed,
with an increasing level of cumulative BPA exposure associated with a
higher risk of sexual dysfunction.
In any case, plastics pollute the environment. In particular the accumulation of plastics in the sea is very hazardous. Scientists always believed
that plastics in the oceans were unsightly, but a hazard mainly to marine
animals that eat or become ensnared in plastic objects.
In the first study to look at what happens over the years to the billions
of pounds of plastic waste floating in the world's oceans, scientists are
reporting that plastics — reputed to be virtually indestructible — decompose with surprising speed and release potentially toxic substances into
the water. Polystyrene begins to decompose within one year, releasing
25
components that are detectable in the parts-per-million range. Those
chemicals also decompose in the open water and inside marine life.
However, the volume of plastics in the ocean is increasing, so that
decomposition products remain a potential problem. Each year as
much as 150,000 tons of plastic debris, most notably styrofoam, wash
up on the shores of Japan alone. Vast expanses of waste, consisting
mainly of plastic, float elsewhere in the oceans.
The so-called Great Pacific Garbage Patch between California and
Hawaii was twice the size of Texas and mainly plastic waste.
Saido, a chemist with the College of Pharmacy, Nihon University, Chiba,
Japan, said his team found that when plastic decomposes it releases
potentially toxic bisphenol A (BPA) and PS oligomer into the water,
causing additional pollution. Plastics usually do not break down in an
animal's body after being eaten. However, the substances released
from decomposing plastic are absorbed and could have adverse
effects. BPA and PS oligomer are sources of concern because they can
disrupt the functioning of hormones in animals and can seriously affect
reproductive systems.
Saido described a new method to simulate the breakdown of plastic
products at low temperatures, such as those found in the oceans. The
process involves modeling plastic decomposition at room temperature,
removing heat from the plastic and then using a liquid to extract the BPA
and PS oligomer. Typically, styrofoam is crushed into pieces in the
ocean and finding these is no problem. But when the study team was
able to degrade the plastic, it discovered that three new compounds
not found in nature formed. They are styrene monomer (SM), styrene
dimer (SD) and styrene trimer (ST). SM is a known carcinogen and SD
and ST are suspected in causing cancer. BPA ands PS oligomer are not
found naturally and, therefore, must have been created through the
decomposition of the plastic. Trimer yields SM and SD when it
decomposes from heat, so trimer also threatens living
creatures.
References
1. vom Saal FS, et al. The plastic world: Sources, amounts, ecological impacts
and effects on development, reproduction, brain and behavior in aquatic and terrestrial animals and humans. Environmental Research, 2008; 108 (2):127.
DOI: 10.1016/j.envres.2008.03.008
4. Oehlmann J, et al. A critical evaluation of the environmental risk assessment for
plasticizers in the freshwater environment in Europe, with special emphasis on
bisphenol A and endocrine disruption. Environmental Research, 2008; 108 (2):140
DOI: 10.1016/j.envres.2008.07.016
2. Zhang Y, et al. Phthalate Levels and Low Birth Weight: A Nested Case-Control
Study of Chinese Newborns. J Pediatr. 2009 Oct;155(4):500-4
5. Palanza P, et al. Effects of developmental exposure to bisphenol A on brain and
behavior in mice Environmental Research, 2008; 108(2):150
DOI: 10.1016/j.envres.2008.07.023
3. Swan SH, et al. Prenatal phthalate exposure and reduced masculine play in
boys. Int J Androl. 2009 Nov 16. [Epub ahead of print]
4. Stahlhut RW, et al. Concentrations of Urinary Phthalate Metabolites Are
Associated with Increased Waist Circumference and Insulin Resistance in Adult
U.S. Males. Environ Health Perspect. 2007 Jun;115(6):876-82
26
6. Talsness CE, et al. Overview of toxicological aspects of polybrominated dipheny l
ethers: A flame-retardant additive in several consumer products. Environmental
Research, 2008; 108 (2):158. DOI: 10.1016/j.envres.2008.08.008
2. Li D, et al. Occupational exposure to bisphenol-A (BPA) and the risk of SelfReported Male Sexual Dysfunction. Human Reproduction, November 11, 2009;
DOI:10.1093/humrep/dep381
7. H owdeshell KL, et al. Mechanisms of action of phthalate esters, individually and
in combinat i o n , to induce abnormal reproductive development in male laborat o ry
rats. Environmental Research, 2008; 108(2):168
DOI: 10.1016/j.envres.2008.08.009
3. Moore CJ, et al. Synthetic polymers in the marine environment: A rapidly
increasing, long-term threat. Environ Res. 2008 Oct;108(2):131-9.
DOI: 10.1016/j.envres.2008.07.025
8. Swan SH, et al. Environmental phthalate exposure in relation to reproductive
outcomes and other health endpoints in humans. Environmental Research,
2008; 108 (2):177. DOI: 10.1016/j.envres.2008.08.007
A cura di Mauro Castiglioni
Farmacista, Consigliere SIFAP (Società Italiana Farmacisti Preparatori)
Membro del Comitato Scientifico Skineco
Cold cream e Unguento solfo salicilico
Prosegue la nostra “rivisitazione” di
alcuni galenici classici in versione Eco.
In questo numero andremo ad analizzare come è possibile modificare due
forme classiche e ampiamente conosciute nel mondo dermatologico:
la Cold Cream e l’Unguento solfo
salicilico.
Tutti i suggerimenti e le concentrazione
indicate sotto devono essere chiaramente da ciascuno di voi, che ha
intenzione di realizzare questi preparati,
verificate sperimentalmente nel proprio
Laboratorio così come la consistenza e
la stabilità finale del preparato che deve
essere verificata dopo alcuni giorni ed
eventualmente corretta
in base alle singole esigenze sia del
Medico che del Paziente.
ne. Importante verificare la consistenza
dell’emulsione dopo un paio di ore.
La maggior o minor consistenza del
preparato viene data dall’aggiunta del
Burro di Karitè (aumento della consistenza) o dall’olio di mandorle dolci
(diminuzione della consistenza) questo
per poter calibrare meglio la pre p a r azione in base alle esigenze del paziente o alla zona di applicazione del prodotto.
Possiamo sostituire l’olio di Mandorle
dolce con dell’olio di Calendula oppure
con dell’olio di Borragine.
Anche in questo caso è possibile personalizzare la preparazione in base alle
singole esigenze dell’utilizzatore finale.
COLD CREAM
Procedimento:
Si crea l’emulsione base emulsionando
il Polyglyceryl 3 Dimerate, il Burro di
Karitè, l’olio di Mandorle dolci e il
Cetearyl alcool con acqua.
Per fare questo occorre scalCOLD CREAM
dare in due beker e a bagno
Farmacopea Britannica
maria le due fasi separate:
la lipofila (C e t e a ryl alcool,
- Borace
1
Polyglyceryl 3 Dimerate, il
- Cera bianca
8,5
Burro di Karitè e l’olio di
- Spermaceti
8,5
Mandorle dolci);
- Acqua
25
la idrofila costituita
- Olio di mandorle
57
dall’acqua.
Una volta che la fase lipofila
è completamente liquida
viene miscelata alla fase
idrofila.
All’emulsione appena formata viene aggiunta sotto energica agitazione (per fare questo occorre avvalersi di un
agitatore meccanico) a piccole porzioni la Borace.
Si procede una volta terminato di aggiungere la Borace, al
raffreddamento dell’emulsio-
UNGUENTO SOLFO SALICILICO
Formula Classica
- Zolfo
- Acido salicilico
- Lanolina
- Vasellina
2,5
2,5
9
36
UNGUENTO SOLFO SALICILICO
Procedimento:
In questa formulazione come vedete
non c’è acqua. Si tratta infatti di un
unguento,una forma farmaceutica
caratterizzata dalla sua particolare
occlusività.
Tra le forme farmaceutiche realizzabili
questa è sicuramente una delle più
occlusiva e risulta indicata in tutte quelle
situazioni in cui vogliamo far penetrare
maggiormente i principi attivi.
Viene preparata la base nella stemperando a bagno maria il Trigliceride,il
C10-13 Triglicerides, la Cera d’api e il
Burro di Karitè, fino ad ottenere una
“pasta” particolarmente grassa e al
tempo stesso morbida.
A questo punto sotto continua agitazione vengono inglobati l’Acido
Salicilico e lo Zolfo (che precedentemente dopo essere stati pesati sono
stati ben miscelati e passati in un
setaccio in modo tale da avere le particelle tutte uniformi.
L’operazione di riscaldamento risulta
particolarmente delicata, occorre tenere sotto controllo la temCOLD CREAM
peratura, evitando di superare i
Formulazione Eco
40° onde evitare fenomeni di
craking termico che portere b b e- Borace
1%
ro all’irrancidimento del Burro di
- Cera d’api
3%
Karitè. L’unguento può essere
- Cetearyl alcool
2%
lavorato mediante una piastra e
- Burro di Karitè
3,5%
una spatola, o meglio ancora
- Polyglyceryl 3 Dimerate 8%
utilizzando un agitatore mecca- Acqua
25%
nico. Occorre stare attenti,e
- Olio di mandorle qb a 100%
comunque verificare sempre
sperimentalmente, alla quantità
UNGUENTO SOLFO SALICILICO
di cera d’api che viene aggiunta, è meglio comunque non
Formulazione Eco
superare mai 1%, altrimenti la
- Zolfo
2,5%
base risulterebbe troppo dura e
- Acido salicilico
2,5%
d i fficile pertanto da lavorare.
- C10-13 Triglicerides 10%
Se la base comunque dovesse
- Trigliceride caprilico
essere troppo consistente può
caprico
10%
essere resa leggermente più
- Cera d’api
0,2%
“morbida” con l’aggiunta di pic- Burro di Karitè qb a 100%
cole porzioni (1-5%) di Olio di
Ribes nero.
27
Authors’ responsibilities
Manuscripts are accepted with the understanding that they have
not been published or submitted for publication in any other journal.
The Authors must obtain permission to reproduce figures, tables and text
from previously published material.
Written permission must be obtained from the original copyright holder (generally the Publisher).
Manuscript presentation
Authors can submit the text (MAC and WINDOWS Microsoft
Word are accepted) and the illustrations by e-mail:
[email protected]
As an alternative manuscripts can be submitted by surface mail on disk with
one hard copie of the manuscript and one set of illustrations. Manuscripts
can be written in Italian or English language in accordance with the “Uniform
Requirements for Manuscripts submitted to biomedical journals” defined by
The International Committees of Medical Journal Editors (Ann Intern Med
1988; 258). As a general rule, manuscripts and illustrations are not returned,
whether published or not.
Articles must be subdivided into the following sections:
Title page
It must contain:
a) title;
b) a short (no more than 40 characters) running head title;
c) first, middle and last name of each Author without abbreviations;
d) University or Hospital, and Department of each Author;
e) last name, address and e-mail of the corresponding Author;
f) e-mail and/or fax number to facilitate communication;
g) acknowledgement of financial support;
h) list of abbreviations.
Summary
The Authors must submit a long English summary (300 words, 2000 characters). After the summary, three to ten key words must appear, taken from the
standard Index Medicus terminology.
Text
For original articles concerning experimental or clinical studies and case
reviews, the following standard scheme must be followed:
Introduction - Material and methods - Results - Discussion - Conclusions Summary - References - Tables - Legends – Figures.
Size of manuscripts
Literature reviews, Editorials and Original articles concerning experimental or
clinical studies should not exceed 20 typewritten pages including figures,
tables, and reference list. Case reports and notes on surgical technique
shouid not exceed 10 type written pages (references are to be limited to 12).
Letters to the editors should be not longer than 1000 words.
References
The Author is responsible for the accuracy of the references. References
must be sorted in order of quotation and numbered with arabic digits
between parentheses. Only the references quoted in the text can be listed.
Journal titles must be abbreviated as in the Index Medicus. Only studies
published on easily retrieved sources can be quoted. Unpublished studies
cannot be quoted, however articles “in press” can be listed with the proper
indication of the journal title, year and possibly volume.
References must be listed as follows:
Journal articles
All Authors if there are six or fewer, otherwise the first three, followed by “et
al.”. Complete names for Work Groups or Committees. Complete title in the
original language.
28
Title of the journal following Index Medicus rules.
Year of publication; Volume number: First page.
Example: Starzl T, Iwatsuki S, Shaw BW, et al. Left hepatic trisegmentectomy.
Surg Gynecol Obstet 1982; 155:21
Books
Authors - Complete title in the original language. Edition number (if later than
the first). City of publication: Publisher, Year of publication.
Example: Bergel DIA. Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic
Press Inc., 1974.
Book chapters
Authors of the chapters - Complete chapter title. In: Book Editor, complete
Book Title, Edition number. City of publication: Publisher, Publication year:
first page of chapter in the book.
Example: Sagawa K. The use of central theory and system analysis. In:
Bergel DH (Ed), Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press
Inc., 1964; 115
Tables
Tables must be clearly printed and aimed to make comprehension of the written text easier. They must be numbered in Arabic digits and referred to in the
text by progressive numbers. Every table must be typed on a separate sheet
and accompanied by a brief title. The meaning of any abbreviations must be
explained at the bottom of the table itself.
Figures
(graphics, algorithms, photographs, drawings)
Figures must be numbered and quoted in the text by number. The meaning
of all symbols, abbreviations or letters must be indicated. Histology photograph legends must include the enlargement ratio and the staining method.
Legends must be collected in one or more separate pages.
Please follow these instructions when preparing files:
– Do not include any illustrations as part of your text file.
– Do not prepare any figures in Word as they are not workable.
Line illustrations must be submitted at 600 DPI.
Halftones and color photos should be submitted at a minimum of 300 DPI.
Power Point files cannot be uploaded.
Save art as either TIFF or EPS files.
PDF files for individual figures may be uploaded.
Where to send the manuscript
Only manuscript written according to the above mentioned rules
will be considered. All submitted manuscripts are evaluated by the Editorial
Board and/or by two referees designated by the Editors.
The Authors are informed in a time as short as possible on whether the paper
has been accepted, rejected or if a revision is deemed necessary.
The Editors reserve the right to make editorial and literary corrections with the
goal of making the article clearer or more concise, without altering its contents. Submission of a manuscript implies acceptation of all above rules.
Papers submitted for publication and all other editorial correspondence
should be addressed to:
Edizioni Scripta Manent - JED
Via Bassini 41
20133 Milano, Italy
Tel. +39.02.70608091
Fax +39.02.70606917
E-mail:
[email protected]
Scarica

ANNO 2 - N. 3 2009