I videogiochi possono avere effetti negativi?
Violenza e immoralità nel mondo virtuale
In-Mind Italia
III, 1–6
http://it.in-mind.org
ISSN 2240-2454
Alessandro Gabbiadini
Università della Valle d’Aosta
Keywords
Disimpegno morale, moralità, aggressività, videogiochi
Un uomo biondo, all’angolo di un vicolo, sta discutendo animatamente con un’altra persona. Apparentemente i due si conoscono. A un certo punto
la conversazione si interrompe e i due guardano in
direzioni opposte. Pochi istanti dopo la conversazione riprende, con toni ancora più accesi, linguaggio
scurrile, imprecazioni. La tensione aumenta, finché
uno dei due uomini estrae una pistola e fredda l’interlocutore. Poco dopo, andandosene, si giustificherà
dicendo che non aveva gradito il modo in cui egli
era stato trattato. L’altro, ha detto, lo aveva guardato
come fosse stato una prostituta.
Fortunatamente quanto appena riportato non è
la descrizione di una avvenimento reale, ma di una
scena tratta da uno dei videogiochi più venduti al
mondo nell’ultimo decennio, Gran Theft Auto IV
(Rockstargames, 2008).
L’utilizzo di videogiochi è da circa due decenni
un’attività ricreativa molto diffusa tra gli adolescenti
(ISFE, 2010) e il tempo speso nell’utilizzo di questi prodotti sta aumentando rapidamente (EscobarChaves & Anderson, 2008). Ciò che preoccupa gli
esperti del settore e gli educatori non è tanto il tempo prolungato di utilizzo, quanto i contenuti violenti
e particolarmente cruenti che molti di questi videogame propongono. Infatti, secondo un recente report
dell’osservatorio AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani, 2012) ben dieci videogame dei venti titoli piu venduti in Italia nel 2011
propongono contenuti violenti.
Nel corso dell’ultimo decennio, molti ricercatori si sono dedicati all’analisi di questa problematica,
trovando evidenze empiriche del fatto che l’esposizione ai contenuti violenti di tali software può portare a comportamenti di natura aggressiva.
Singer (2007) indica che la ricerca non è ancora
Fig. 1. Esempio di una tipica scena di violenza esplicità tratta
da GTA San Andreas.
stata in grado di stabilire con chiarezza la direzione causale nella relazione fra utilizzo di videogame
e comportamento. Infatti, la meta-analisi (si veda
glossario) di Anderson e Bushman (2001) suggerisce che l’esposizione a videogiochi violenti è correlata con l’aumento temporaneo dell’ aggressione.
Contrariamente, una più recente rassegna scientifica
suggerisce che la fruizione di videogame dai contenuti violenti non sia legata al manifestarsi di comportamenti aggressivi nella vita reale (Ferguson &
Kilburn, 2009).
Molti degli studi sull’aggressività e l’utilizzo di
videogiochi si inseriscono nella cornice teorica del
General Aggression Model (GAM; si veda Anderson
& Carnagey, 2004; Bushman & Anderson, 2002; si
veda glossario).
Il modello GAM collega l’esposizione a contenuti
mediatici violenti con variabili di differenza individuale, nella spiegazione dello sviluppo di comportamenti aggressivi. Secondo questo modello, variabili
Corrispondenza:
Alessandro Gabbiadini
Università della Valle d’Aosta
Dipartimento di Scienze Umane e Sociali
Strada Cappuccini, 2A, 11100 AOSTA
E-mail: [email protected]
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situazionali e componenti individuali interagiscono
fra loro, influenzando lo stato d’animo dell’attore sociale sul piano cognitivo, emotivo e dell’attivazione
fisiologica (Anderson & Bushman, 2001). I tre elementi si influenzano a vicenda, e ciascuno influenza
l’interpretazione individuale dell’atto violento. Una
volta che tale interpretazione ha preso forma, gli individui attivano i processi decisionali che portano al
comportamento aggressivo.
Per quanto riguarda gli effetti derivanti dalla
fruizione di videogiochi violenti, sono stati finora
riscontrati l’aumento di pensieri aggressivi o il verificarsi di variazioni fisiologiche, come, ad esempio,
l’aumento della temperatura o del battito cardiaco.
Essendo però la ricerca in questo settore ancora relativamente giovane e in via di esplorazione, mancano analisi su dati longitudinali; per tanto, le conseguenze a lungo termine sono, per lo più, ancora allo
stato di ipotesi in via di verifica.
Il GAM è stato utilizzato con riferimento all’esposizione a media come TV e cinema, ma si è rivelato predittivo anche rispetto a prodotti più evoluti,
come i videogame. Questo fa sorgere la domanda
se i videogiochi violenti siano altrettanto dannosi
dei programmi televisivi o dei film violenti. Sulla
base delle meta-analisi finora condotte, sembra che
gli effetti provocati dai videogiochi siano meno forti
di quelli provocati dalla violenza in televisione; la
discrepanza potrebbe però essere dovuta al minor
numero di studi sui videogame (Polman, de Castro,
& van Aken, 2008).
In realtà, la ricerca scientifica ci suggerisce almeno tre ragioni per ritenere che i videogiochi violenti possano essere ancora più dannosi di altri tipi
di media (Anderson et al., 2010; Bushman, 2011). In
primo luogo, la differenza fra videogiochi e media
tradizionali è rappresentata dal tipo di fruizione:
in un videogame, il giocatore non è solamente uno
spettatore, ma è immerso in un mondo tridimensionale nel quale può decidere attivamente come agire.
Inoltre, grazie ai nuovi paradigmi basati sul controllo del gioco attraverso movimenti del corpo (come,
ad es., la tecnologia Wiimote prodotta da Nintendo
o Kinect di Microsoft; si veda glossario), il grado
d’immedesimazione è ancora maggiore. Del resto è
noto che le persone imparano meglio quando sono
coinvolte attivamente. Immaginate di voler imparare a pilotare un aereo: quale sarebbe il metodo
migliore da utilizzare? Leggere un libro, guardare
un programma televisivo, o utilizzare un gioco di
simulazione di volo? A sostegno di queste osservazioni ci sono molteplici evidenze empiriche. Polman
e colleghi (2008), in un lavoro sperimentale, hanno
casualmente assegnato dei ragazzi a due condizioni
sperimentali: in un caso, il giocatore poteva giocare
Gabbiadini
in prima persona; nell’altro, doveva osservare qualcun altro giocare; inoltre, in una condizione veniva utilizzato un videogioco violento, nell’altra un
videogioco neutro. I risultati hanno mostrato che i
ragazzi che avevano giocato attivamente a un videogioco violento riportavano punteggi di aggressività
maggiori rispetto a quelli che si erano limitati ad
osservare.
I risultati di questo studio ci portano al secondo motivo per cui è possibile considerare dannosi
determinati videogame: i giocatori hanno maggiori
probabilità di identificarsi con i personaggi del gioco, cosa non altrettanto possibile con uno spettacolo
televisivo. A questo proposito la ricerca suggerisce
che le persone siano generalmente più propense a
comportarsi in modo aggressivo quando si identificano con un personaggio violento (si veda Konijn,
Bijvank, & Bushman, 2007). Un risultato molto interessante è stato riportato da Fischer, Kastenmüller
e Greitemeyer (2010) i quali hanno mostrato che i
partecipanti che avevano giocato ad un videogioco
aggressivo utilizzando un avatar personalizzato (
con le sembianze del giocatore) riportavano un comportamento più aggressivo rispetto ai partecipanti
che avevano giocato al medesimo videogame con un
personaggio dalle sembianze generiche.
Fig. 2. Rapine, criminalità e attività che esulano dalla legalità
vengono realisticamente riprodotti nei moderni giochi
tridmensionali.
Infine, l’ultimo aspetto che ci permette di differenziare gli effetti della fruizione di videogame da
quelli di altri media, è il fatto che in un videogioco
spesso il comportamento violento viene premiato o
favorito dal gioco stesso. È noto che la gratificazione ricevuta aumenta la frequenza del comportamento che tale gratificazione ha provocato. Per fare un
esempio legato ai videogame, in GTA IV, in particolari scene, personaggi secondari incitano il giocatore che ha ucciso un passante con frasi come “Bel
colpo, amico!” I programmi televisivi, invece, non
prevedono una ricompensa legata al fatto di essere
telespettatore.
Nonostante queste evidenze, spesso si sente dire
Videogiochi violenti e moralità
che l’utilizzo di prodotti videoludici abbia una funzione catartica (Bushman & Anderson, 2002) che
consente alle persone di sfogare rabbia e frustrazione nel mondo virtuale, anziché in quello reale. Le
evidenze scientifiche però non sostengono tale affermazione. Finora sono stati condotti oltre 140 studi,
che hanno coinvolto circa 130.000 partecipanti (Anderson et al. 2010), e hanno mostrato che i videogiochi con contenuti violenti diminuiscono i comportamenti di natura prosociale (Carnagey & Anderson,
2005), desensibilizzano le persone alla violenza nella vita reale (Carnagey & Anderson, 2007), favoriscono pensieri, emozioni e comportamenti aggressivi (Anderson et al., 2004; Anderson & Bushman,
2001; Anderson & Dill, 2000; Bushman & Anderson, 2002; Greitemeyer & McLatchie, 2011).
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notare da colui che sta indagando proprio sul suo
conto?
Un altro esempio indicativo di questa evoluzione
nei prodotti videoludici è rappresentato da Fallout
III (Bethesda Softworks, 2008); in un particolare
passaggio di questo gioco è necessario decidere se
rapire un bambino per salvare da un’epidemia un
gruppo di schiavi o se condannare a morte tutto il
gruppo di schiavi, per salvare il bambino. Qualunque sia la decisione finale, in entrambe le situazioni,
il dilemma morale è altrettanto evidente della componente violenta.
In questi mondi virtuali, i giocatori possono fare
molte cose che nella vita reale sarebbero impossibili oppure, più semplicemente, commettere atti che
sono per lo più inconcepibili in una società normale. Alcuni videogiochi consentono di impegnarsi in
Una nuova generazione di videogiochi omicidi, torture, stupri o, addirittura, atti di pedofilia (Wonderly, 2008).
Nonostante il grande interesse per questo campo
L’esercizio della moralità nel mondo virtuale
emerso nell’ultimo decennio, la ricerca legata all’u- è un tema molto interessante e ancora poco indatilizzo di videogame fino a oggi si è prevalentemente gato. La domanda di ricerca cui dare risposta è se
focalizzata sul legame tra contenuti violenti e com- commettere azioni generalmente ritenute immorali
portamento aggressivo. Tuttavia, negli ultimi venti e inaccettabili in un ambiente virtuale, dove tutto
anni, i progressi tecnologici nell’hardware e nella è consentito, possa avere conseguenze sul giudizio
grafica tridimensionale hanno portato a esperienze morale nella vita quotidiana. Questi interrogatidi gioco sempre più realistiche e il contenuto vio- vi sono stati affrontati anche da studiosi dell’etica,
lento non è più l’unico aspetto dannoso degno di in- come McCormik (2001), secondo il quale “l’umanità
teresse. Nel tentativo di sviluppare prodotti sempre è oggi di fronte a una nuova serie di questioni morali
più vicini alla realtà, le case produttrici di videoga- causate dagli sviluppi della tecnologia” (p. 286). Il
me hanno introdotto elementi fino a qualche anno filosofo non disapprova apertamente lo sviluppo di
fa impensabili, possibili grazie allo sviluppo dell’in- giochi violenti e immorali, sostenendo che il fatto
telligenza artificiale. Sono di recente commercializ- di commettere atti immorali in un videogioco non è
zazione videogame in cui la scelta morale da parte più condannabile del permettere la pratica di sport
del giocatore acquisisce un ruolo fondamentale nello violenti, come il pugilato, o rischiosi, come l’arramsviluppo della storia e del personaggio stesso.
picata.
Non si tratta semplicemente di scegliere se stare dalla parte dei buoni o dei cattivi. Ad esempio, Videogame e sganciamento morale:
nel videogioco Fahreneit (Quantic Dream, 2005) la un nuovo filone di ricerca
narrazione iniziale porta il giocatore ad assistere a
una scena molto carica emotivamente: un bambino Espandere la conoscenza delle conseguenze che
cade nell’acqua ghiacciata del laghetto di un parco; l’utilizzo delle nuove generazioni di videogame
essendo inverno, e non sapendo il bambino nuotare, comporta è un argomento di primaria importanl’unica speranza che il bimbo ha di sopravvivere è za all’interno del filone di ricerca sui videogame e
che il protagonista del gioco si tuffi per salvarlo. In comportamento aggressivo. A tale proposito Gabquel parco però sta indagando anche l’unico poli- biadini e colleghi (Gabbiadini, Andrighetto & Volziotto che ha visto il protagonista sulla scena di un pato, 2012) hanno recentemente condotto uno studio
altro crimine, che dà avvio alla storia del gioco, per di natura correlazionale (si veda glossario), il cui
il quale egli è il principale sospettato ed è quindi obiettivo era esplorare gli effetti dei moderni giochi
in fuga. In questo caso il giocatore si trova davan- violenti sullo sganciamento dalla moralità nella vita
ti ad una scelta che condizionerà tutto il successivo reale. Infatti, la maggior parte dei videogiochi viointreccio: salvare il bambino, attirando così l’atten- lenti di recente produzione consente al giocatore di
zione del poliziotto e rischiando la cattura poiché agire anche attraverso una vasta gamma di comporsospettato dell’altro crimine, o lasciarlo annaspare tamenti immorali (ad es., furto, atti di vandalismo o
pregando che qualcun altro lo salvi senza però farsi molestie sessuali), che sono rappresentati in maniera
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molto realistica dalla grafica del gioco e che vengono talvolta addirittura incoraggiati poiché scopo del
gioco stesso. Per citare un esempio rappresentativo,
in GTA IV è possibile avere rapporti sessuali a pagamento con delle prostitute per aumentare il punteggio di salute del proprio personaggio. È pratica
comune dei giocatori di questo videogame uccidere
poi la prostituta per riprendersi i soldi spesi.
I ricercatori hanno ipotizzato che l’utilizzo di
questo tipo di giochi possa indebolire il giudizio morale anche al di fuori dei confini virtuali. Lo studio
considerava come variabile indipendente l’utilizzo
di GTA IV, un videogame molto diffuso tra gli adolescenti, che ruota attorno ad atti criminali e illegali,
come spaccio di droga, prostituzione e sparatorie,
caratterizzato inoltre da un linguaggio ricco di turpiloqui e da scene cruente. Ad un ampio campione di
studenti italiani di scuola superiore è stato chiesto di
riportare la frequenza e la recenza con cui avevano
giocato a GTA IV. In seguito, è stato chiesto loro di
compilare una scala di misura del disimpegno morale (Bandura, Barbaranelli, Caprara, & Pastorelli,
1996). Questa scala misura tre differenti momenti
del processo di disimpegno morale (Bandura, 1990):
(1) la ridefinizione della condotta immorale, che
tende a minimizzare l’atto immorale compiuto; (2)
la distorsione delle conseguenze dell’atto, ritenute
meno gravi di quanto realmente esse siano; (3) la
diversa considerazione della vittima che tramite l’attribuzione di colpa o di biasimo è ritenuta meritevole
dell’offesa ricevuta.
Fig. 3. Una scena con contenuti sessuali immorali tratta da
GTA San Andreas.
I risultati hanno evidenziato che la recenza di
esposizione a GTA IV influenzava negativamente il
giudizio morale: tanto più di recente i partecipanti
allo studio avevano giocato a GTA IV, tanto più alto
era il loro disimpegno morale, misurato considerando cinque sottocomponenti (giustificazione morale,
confronto vantaggioso, diffusione di responsabilità,
distorsione delle conseguenze, deumanizzazione)
che descrivono i tre momenti del costrutto originale
(Bandura, 1990). Gli effetti riportati, inoltre, rimanevano significativi anche al netto di altre variabili
Gabbiadini
di differenza come il genere e l’età dei partecipanti.
Anche se prospetta una nuova linea di ricerca e
un rilevante avanzamento teorico, lo studio appena
descritto ricade nell’osservazione già citata offerta
da Singer (2007), dato che anche questo studio non
permette di stabilire la direzione causale degli effetti riportati: giocare con un videogame violento/
immorale causa un comportamento più aggressivo e
immorale, oppure persone di natura più aggressive o
moralmente permissive sono portate a scegliere questo tipo di videogame?
Per rispondere a questa domanda, che ancora non
ha una chiara risposta, studi futuri dovranno concentrarsi su molteplici aspetti; in primo luogo è importante approfondire il legame fra lo sganciamento
morale e le sue risultanti comportamentali. I ricercatori ipotizzano che il disimpegno morale possa
rappresentare un momento intermedio del processo
che porta dalla fruizione di videogame violenti ad
un comportamento aggressivo. La ricerca finora si
è occupata principalmente del comportamento aggressivo come unico effetto dell’utilizzo di videogiochi violenti. Tuttavia Bandura (1990) suggerisce
una serie di risultanti comportamentali legate ai differenti meccanismi del disimpegno morale, che nel
contesto dell’utilizzo di videogame violenti potrebbero rappresentare dei correlati del comportamento
aggressivo.
In secondo luogo, è necessario comprendere la
durata nel tempo di questi effetti. Può l’esperienza
di un mondo virtuale, in cui tutto è concesso, modificare in maniera costante la percezione del mondo
reale?
Infine, la vera sfida che permetterebbe di rispondere in maniera esaustiva alla domanda da cui siamo
partiti, e cioè stabilire un nesso causale fra l’utilizzo
di videogiochi violenti ed effetti sul comportamento
o sulla sfera morale di una persona, è di sviluppare
studi sperimentali che impieghino misure comportamentali adeguate a cogliere non solo le risultanti di
un comportamento aggressivo, ma anche immorale.
È di primaria importanza indagare i processi intermedi che portano allo sviluppo di comportamenti
aggressivi in seguito all’evoluzione dei nuovi media,
per essere consapevoli dei benefici, ma soprattutto
dei rischi, che queste tecnologie possono comportare per poter attivare campagne di tutela efficaci.
Un recente rapporto (The Henry J. Kaiser Family
Foundation, 2005) infatti, ha evidenziato che il 90%
dei ragazzi riporta che i genitori non controllano l’età minima consigliata sull’apposita etichetta prima
di acquistare un prodotto videoludico. Lo stesso studio ha rivelato che l’87% dei ragazzi al di sotto della maggiore età ha giocato a videogiochi consigliati
solo per un pubblico maggiorenne.
Videogiochi violenti e moralità
5
NY: Guilford Publications.
Una conoscenza più approfondita dei processi
che regolano l’esposizione a videogame violenti per- Anderson, C. A., Carnagey, N. L., Flanagan, M., Benjamin, A. J., Eubanks, J., & Valentine, J. C. (2004).
metterebbe di applicare politiche di prevenzione più
Violent video games: Specific effects of violent conadeguate e consapevoli dei rischi reali che tali protent on aggressive thoughts and behavior. Advances
dotti possono indurre.
in Experimental Social Psychology, 36, 199-249.
Glossario
Wiimote. Strumento di interazione con la piattaforma di gioco Nintendo Wii. Grazie ad appositi sensori, i giocatori possono mimare azioni che vengono
effettuate da un personaggio del gioco.
Kinect. Tecnologia delle console di gioco Microsoft,
in grado di leggere il movimento del corpo umano e
trasmetterlo ad un personaggio nel videogame senza
l’uso di strumenti o telecomandi.
Meta-analisi. Strumento di ricerca utilizzato per
aggregare e sintetizzare i dati provenienti da più studi di ricerca effettuati nello stesso dominio, permettendo di trarre conclusioni più forti e più generali di
quelle tratte dai risultati di ogni singolo studio.
Studio correlazionale. Tipologia di studio in cui le
variabili in esame non vengono manipolate attraverso un esperimento, ma osservate al fine di individuare delle relazioni fra loro. Lo studio correlazionale, a differenza dell’esperimento, non consente di
stabilire in modo definitivo, un nesso di causa-effetto tra le variabili.
Aggressività. Inclinazione a manifestare comportamenti che hanno lo scopo di causare danno o dolore
ad altri sia sul piano fisico che verbale.
Disimpegno morale. Costrutto psicologico che descrive dei “meccanismi di difesa” che un individuo
attiva inconsciamente per non essere aggredito dalle
emozioni negative relative al compimento di gesti
immorali.
General Aggression Model. Modello teorico secondo il quale pensieri, sentimenti e attivazione fisiologica di un individuo possono essere influenzati dalla
fruizione di contenuti violenti attraverso i media.
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Alessandro Gabbiadini, dottore di
ricerca in Qualità della vita nella Società dell’Informazione, è assegnista
di ricerca presso l’Università della
Valle d’Aosta. I suoi principali interessi di ricerca riguardano le dinamiche psicosociali in ambienti virtuali,
lo sviluppo dell’ identità sociale sul
web, il legame tra giudizio morale e
consumo di videogiochi violenti e in
generale gli aspetti psicosociali legati
all’utilizzo delle nuove tecnologie.
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