Capitolo VII L’UOMO NELLA GRAZIA DI DIO La Grazia è una verità dottrinale molto antica e complessa. Per la sua ricchezza e poliedricità è stata oggetto, lungo i secoli, di numerose dispute che, sopratutto in occidente, hanno condizionato l’elaborazione scientifica o quantomeno ne hanno irrigidito l’approfondimento fissando l’attenzione solo su alcuni punti e solo da alcuni ambiti. E’ del XVII secolo, in seguito alla controversia con i teologi della Riforma, l’elaborazione come trattato teologico"De Gratia"1. Noi accosteremo la tematica da un versante strettamente antropologico. VII.1. Definizione Il termine Grazia deriva dal latino gratia e corrisponde al termine greco χάρις; ha una pluralità di significati ed è utilizzato sia in ambito profano che sacrale. Possiamo individuare un utilizzo soggettivo, nel senso che esplicita una caratteristica legata al soggetto (grazia come bellezza, leggiadria) o un utilizzo relazionale nel senso che caratterizza un rapporto tra due o più persone (ricevere o concedere la grazia, entrare nelle grazie). È un concetto comune a molte esperienze religiose: la grazia è una benevolenza della divinità verso l'essere umano. Una grazia indica pure un favore particolare concesso da Dio o da una divinità. In ambito cristiano la Grazia è il nucleo fondamentale che sta al centro di tutto progetto di Dio. E' il titolo del grande poema della Storia della Salvezza. Tale poema racconta ciò che Dio, attraverso Cristo, nello Spirito Santo, fa per l'uomo, anzi per tutti gli uomini. Nel Catechismo Romano del Concilio di Trento era posto agli inizi della teologia dei sacramenti e considerato tra i loro effetti. Nel Catechismo dei nostri giorni è stato posto nella Parte Terza, dedicata alla Vita in Cristo, come introduzione alla vita morale del cristiano. 1 1 VII. 2. La nozione di Grazia nella Bibbia e nella Tradizione In senso ampio tutta la Bibbia parla di “grazia”, cioè dell’amore misericordioso di Dio per l’uomo. VII.2.1. La terminologia della Grazia nell’Antico Testamento Nelle pagine veterotestamentarie non c’è un termine corrispondente a “Grazia”. Quelli più vicino concettualmente sono: il verbo hanan e il suo sostantivo hen ; hesed; emet. 1. Il verbo hànan esprime “l’impegno per un altro” o “l’impietosirsi per l’altro”. Il termine è usato sia in ambito religioso che profano. Il sostantivo hen, comune a molte lingue semitiche, esprime una qualità di un rapporto, di una relazione. In ambito profano indica la pietà verso i poveri da parte del potente; in ambito religioso hen si trova sulle labbra dell’orante: Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia: dalle angosce mi hai liberato; «pietà di me», ascolta la mia preghiera (Sal 4,2). 2) Il termine hesed è fondato su di un rapporto sociale di diritto e dovere e descrive un atteggiamento definibile solo nell’ambito di un tale rapporto. Esprime anche un’opera buona. Nelle pagine veterotestamentarie indica il comportamento di Dio in favore degli uomini, come conseguenza dell’alleanza e del rispetto dell’alleanza. Dio è misericordioso nei confronti del popolo che si mantiene fedele ed osserva l’alleanza: Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Perché io il Signore tuo Dio sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano, ma «usa misericordia» fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti (Dt 5, 10). L’hesed diventa un attributo di Dio, che si manifesta nella creazione. Ad esempio, l’Inno alla Provvidenza: Egli ama il diritto e la giustizia, della sua «grazia» è piena la terra (Sal 33, 5). Infine la misericordia di Dio si manifesta anche nella liberazione e nella cura per Israele. 3) Nei salmi hesed si trova spesso associata a emet, che significa piuttosta “fedeltà”. Si tratta di una formula fissa, entrata nella liturgia ebraica: l’amore di Dio è «misericordioso e fedele». Gen 24, 27: E [il servo] disse: sia benedetto il Signore, Dio del mio padrone Abramo, che non ha cessato di usare «benevolenza e fedeltà» verso il mio padrone”. In conclusione da questa breve analisi possiamo affermare che pur essendo molteplici i termini che esprimono la grazia di Dio, nell’AT, la grazia è dovuta ad un’azione divina, che ha sempre l’iniziativa e la precedenza sull’uomo. VII.2.2. La Grazia nel Nuovo Testamento Nel NT il termine usato è karis. Tutti i testi neotestamentari indicano una dottrina 2 della Grazia che ha come fonte non un sistema di idee ma una persona concreta: Gesù Cristo.E’ nella teologia paolina che Karis assume un completo spessore teologico. La Grazia: 1. comporta una nuova relazione con Dio :E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano «la grazia di Dio». Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! (2 Cor 6,1-2); 2. e’ sovrabbondante rispetto al peccato, opera di “un solo uomo”, Gesù Cristo: Ma il «dono di grazia» non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la «grazia di Dio» [karis] e il dono [dorean] in grazia [cariti] di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini (Rm 5,15.17); 3. puro dono di Dio; è un qualcosa di assolutamente gratuito, non dovuto: Così anche al presente c'è un resto, conforme a un'elezione «per grazia». E se lo è «per grazia» (karis), non lo è per le opere; altrimenti «la grazia» non sarebbe più «grazia» (Rm 11, 6). Appare chiara la netta connotazione cristologica con cui cui Paolo interpreta la benevolenza di Dio: essere nella Grazia significa essere nella nuova condizione del cristiano, in cui si trova l’uomo incorporato in Cristo (Ef). La Grazia è intesa anche come Gesù stesso: è Cristo la Grazia. È apparsa infatti «la grazia di Dio», apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone (Tt 2, 11). VII.2.3. Gli altri scritti del NT Pietro identifica la Grazia con la salvezza di Cristo: Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti che profetizzarono sulla «grazia» a voi destinata cercando di indagare a quale momento o quali circostanze accennasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che dovevano seguirle. E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, erano ministri di quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo nello Spirito Santo mandato dal cielo; cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo (1Pt 1, 10). La grazia è Gesù stesso, in quanto salvatore dell’uomo. Nel vangelo giovanneo è il Logos incarnato “pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14). Dal Logos abbiamo ricevuto “grazia su grazia” (probabilmente, hesed ed emet dell’AT in Gv 1, 16). La “grazia e la verità” vennero per mezzo di Cristo (Gv 1, 17), come la Legge venne per mezzo di Mosè: l’economia della Legge viene superata dall’evento 3 Gesù Cristo. VII.3. La teologia della Grazia nella storia VII. 3.1. I padri greci Fino ad Agostino, non c’è una vera e propria “teologia della Grazia”. La Grazia non è un problema dottrinale, ma una realtà viva che avvolge l'intera vicenda umana. I Padri orientali usano il termine karis secondo l’interpretazione neotestamentaria, in particolare quello proposta dalla teologia paolina.Non c'è una vera e propria riflessione sistematica, bensì alcune intuizioni. a. La divinizzazione Nella polemica contro lo gnosticismo, alcuni autori, come Ireneo nell’Adversus Haereses, sottolineano il collegamento Grazia-Incarnazione: il dono della Grazia, avvenuto nell’incarnazione, ci rende figli di Dio: “Dio si è fatto come noi per farci come lui”. Questa “filiazione è dono di Grazia e viene anche chiamato “divinizzazione”. Il fondamento biblico si è trovato frequentemente nel Sal 82,6: Io ho detto: «Voi siete Dei, siete tutti figli dell’altissimo». Questo testo è richiamato da Gv 10, 34-36: Gesù rispose loro: Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?. Gli risposero i Giudei: Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio. Rispose loro Gesù: Non è forse scritto nella vostra Legge: «Io ho detto: voi siete dèi?». Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? A partire da questo testo, Ireneo vede nell’uomo due momenti: prima è creato “uomo” e poi è fatto “dio”. Interessante notare che essere “dei” è associato all’essere “figli”. La parola “divinizzazione” è stata usata per la prima volta da Clemente Alessandrino, che pone esplicitamente in relazione la grazia con la filiazione divina: “Gesù ci ha fatto la grazia dell’eredità paterna, grande, divina e che non si perde, divinizzando l’uomo per mezzo di un insegnamento celeste” (Protrettico, XII, 114, 4). b. La somiglianza E' la condizione originaria di Adamo perduta con il peccato e restaurata da Cristo. c. Le energie divine Diverse dalla natura divina e sono comunicabili all'uomo. VII.3.2. L’occidente 4 In occidente la riflessione teologica sulla Grazia è dominata dalla polemica tra Pelagio e Agostino, la cui dottrina risulterà condizionante anche nei secoli futuri. Tutta la tradizione successiva si muove, infatti, nella sua scia e molte delle sue tesi sono state recepite dal Magistero. Punto determinante è l’interpretazione antropologica aristotelica: la totale libertà del creato e, in esso dell’uomo, rispetto al creatore. In uno sfondo antropologico l’uomo e la sua libertà si venivano a posizionare in una situazione opposta a quella di Dio con la sua Grazia. a. La grazia secondo Pelagio Pelagio vuole sottolineare il tema della bontà della creazione e conseguentemente dell’uomo, contro ogni forma di manicheismo che squalifica la materia e la creazione. Per Pelagio, Dio, che non è autore del male, ha creato l’uomo libero dandogli l’inclinazione fondamentale verso il bene e la libertà per compiere ciò che egli stesso stesso comanda di fare. Se è vero che il peccato è arrivato a toccare la libertà dell’uomo, è altrettanto vero che l’uomo rimane libero di fare delle scelte anche dopo il peccato: rimane comunque capace di aderire a Dio. La Grazia che viene da Cristo è quindi qualcosa di esteriore, un aiuto con il quale Dio orienta l’uomo al bene. b. La Grazia e Agostino Agostino, per mettere in evidenza la necessità della Grazia, insiste su una visione dell’uomo come sottomesso al peccato che può essere salvato solo dal battesimo. L’uomo senza la grazia non può salvarsi e non può compiere nulla di buono. Ecco dunque l’assoluta necessità di Cristo: necessità della Grazia è necessità di Cristo Così la grazia è principalmente liberazione dal peccato. L a Grazia è l'orizzonte della vita autentica. E' fortemente avvertibile l'elemento psicologico- sperienziale. La Grazia è l'aiuto divino che ridona all’uomo la libertà perduta. . c.Concilio di Cartagine del 418 In questo Concilio si parla degli effetti della Grazia: essa produce la remissione dei peccati ed è l’aiuto per evitare di compiere il male2 . Nel terzo canone3 viene affermata la radicale necessità della Grazia d. II Concilio di Orange del 529 Recepisce la dottrina agostiniana e condanna esplicitamente il semipelagianesimo4 . Si afferma che la grazia è necessaria fin dal primo istante (grazia preveniente). Cfr. DH 225 2 3 4 Cfr. DH 227 Cfr. DH 397 5 e. san Tommaso Tommaso passa dall’aspetto dinamico a quello ontologico: il punto di partenza della sua riflessione è la constatazione del fine ultimo a cui tende l’uomo: la comunione con Dio. Poiché si tratta di una elevazione, non è data all’uomo la possibilità naturale di realizzarsi con le sole proprie forze. Ne consegue la “necessità” della Grazia (Gratia elevans), tanto più che la natura dell’uomo è segnata dalla negatività del peccato. L’uomo, inteso naturalmente, è una potenziale risposta nell’obbedienza (potentia oboedientialis).. Per questo motivo, un secondo effetto della grazia (il primo è quello della “elevazione” alla soprannatura) è quello di rimettere il peccato dell’uomo (grazia sanante). Fonte della Grazia è l’amore di Dio. Ma il dono della grazia è un dono “creato” (gratia creata), che modifica l’essere (è un habitus nuovo) dell’uomo. La grazia è l’habitus, ma allo stesso tempo è anche qualcosa di accidentale accidens naturae che aggiunge alla natura dell’uomo per darle perfezione. e.La Riforma protestante e il Concilio di Trento Lutero reagisce contro l’impostazione troppo astratta e poco esistenziale della dottrina sulla grazia della scolastica. Rifiuta le categorie aristoteliche contestando la “grazia come habitus”. L’habitus, come condizione costante del credente, lo renderebbe sempre capace di compiere opere meritorie. Per Lutero la grazia creata, quindi, va rifiutata: non si può accettare una grazia creata “inerente” all’essere del credente, che rende “meritorie” le sue opere. La grazia si può fondare solo sul “favore divino”, assolutamente libero e gratuito, svincolato anche da qualsiasi “visibilità”. Il Concilio di Trento si occupa della grazia nel decreto sulla giustificazione 5. Si usa il termine Grazia” intendendo l’azione di Dio, che muove l’uomo alla giustificazione e lo fa continuare nel bene; Grazia è l’amore ed il favore di Dio manifestatosi in Cristo; infine grazia è il dono ricevuto da Dio e presente in noi. L’intento dei padri conciliari è affermare la gratuità della Grazia ma anche ribadire, prendendo posizione contro Lutero, che questa Grazia “trasforma” l’uomo e non è estrinseca. VII.4. Alcune proposte della Teologia contemporanea La teologia contemporanea sta cercando di recuperare i limiti della precedente tradizione ed interpretare la Grazia come autocomunicazione divina all’interno di un rapporto interpersonale e storico. Proponiamo sinteticamente uno schema delle principali teorie: 5 cfr. DH 1520-1583 6 VII.4.1.Modello Personalista Grazia è incontro, reciprocità. Essa si fonda si fonda sulle categorie del dialogo, dell’amicizia, della nuzialità. Tra gli autori che propongono questa teoria troviamo il pontefice Paolo VI inserisce la riflessione sulla Grazia in un discorso di ecclesiologia trinitaria. Il mistero della carità, per il pontefice, corrisponde al mistero della Grazia e consiste in «una certa amicizia tra l’uomo e Dio»6 La Grazia è incontro tra due amori nell'orizzonte della libertà VII.4.2.Modello Esistenziale Seguita da Karl Rahner e Henri de Lubac. Cerca di superare i rapporti tra natura e grazia in termini di contrapposizione. Secondo Rahner è una esigenza teologica superare tutte le forme di estrinsecismo. «Alla comprensione dell’essere di ogni uomo appartiene un suo particolare essere-graziato»7. Bisogna ripartire ripensando cristologicamente e pneumatologicamente il discorso. La natura umana è: Condizione Creaturale Strutturalmente aperta al dono di Dio. Modello esistenziale perchè accompagna, da sempre, tutta l’esistenza umana. 6 Paolo VI, Tutti sapete, Udienza del 29-10-1969, in Ins.VII, 1969,704-705. 7 K.RAHNER, Manoscritto di Dogmatische Prinzipien, in K.RAHNER Archi., 27.06.1960. 7