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Poste Italiane spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 N.46) art.1 comma 1 Dr. Commerciale Business Pesaro
In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa di restituzione - Spedizione in a.p. 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96 filiale di Pesaro. Contiene I.P
B I M E S T R A L E _ D E L L ’ I N T R A T T E N I M E N T O _ P R O F E S S I O N A L E
UN P.A. PER L’ARENA
AIDA
GIGI D’ALESSIO
QUESTO SONO IO
ALLE PORTE DEL SOGNO
IRENE GRANDI
NOVEMBRE/DICEMBRE 2010 - N˚86
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1
lancer 2500 TOUr
Proiettore seguipersona
Lampada a scarica
MSR 2500W SE G38
IRIS MAX OPEN
IL
O
V
NUO
11
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350 Lux
700 Lux
8°
12°
1°
2°
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IRIS MIN. OPEN
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700 Lux
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IRIS MAX OPEN
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700 Lux
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IRIS MIN. OPEN
1,7
1
350 Lux
700 Lux
50
Costruzione: Corpo in acciaio e alluminio di colore nero e grigio. Alimentatore Separato
Distanza di utilizzo: Consigliato per applicazioni di lunga distanza: da 30 a 70 mt.
Alimentazione: 220/240V 50/60Hz – Assorbimento 15 Amp. (Alimentatore rifasato elettricamente)
Lampada: MSR 2500W - base G38 - 240000 lumen
Regolazione lampada: Dotato di sistema di regolazione della posizione della lampada
Gruppo ottico: Composto di una parabola, una lente condensatore temperata e 2 lenti, fornito con iride a diaframma
Zoom: 1°÷12°
Ventilazione: Forzata tramite due ventole assiali collegate all’alimentazione principale
Cambiacolori: Per cinque colori ad alta resistenza alle temperature + black out. Dotato di ventola a bassa tensione.
Dimmer: Attenuatore della luce meccanico “dimmer” con black out
Contaore: Per il controllo delle ore di lavoro (non ripristinabile)
Sicurezza: Termofusibile 90°C a ripristino manuale, due microinterruttori di sicurezza sotto il pannello per l’accesso alla
lampada, interruttore generale sull’alimentatore separato
Stand-by: L’interruttore per l’accensione della lampada è dotato di una posizione intermedia “di riposo” che riduce la
luminosità della lampada e la tiene pronta quando la massima luminosità è richiesta.
Accessori: Porta gobo, Studio Stand 4, Flight case per Lancer 2500, Flight case per Ballast 2500
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Vieni a conoscere l’ultimo nato nella famiglia Clay Paky, premiato ai recenti
“Plasa Award for Innovation 2010”.
Con un peso di 16 kg e una dimensione di soli 30 cm, il nuovo Sharpy è capace di
sprigionare 55.000 lx a 20 metri di distanza.
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SHARPY
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www.psl.it - [email protected]
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news
40
News
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Sound&Co.
Strada della Romagna, 371
61100 - Colombarone (PU)
Compila la scheda in stampatello leggibile e
inviala insieme alla ricevuta del versamento al
numero di
2
Sicurezza o burocrazia
30
Amarcord
32
&aziende
tel ..............................................................................................................
Il personaggio: Franco Comanducci
34
L’azienda: Teyco
38
live concert
fax ..............................................................................................................
cell .............................................................................................................
60
www ...........................................................................................................
la mia attività .............................................................................................
Gigi D’Alessio - Questo sono io
40
10 Giorni Suonati
48
Alessandra Amoroso - Un’estate senza nuvole
52
Carmen Consoli - Elettra
56
Irene Grandi - Alle porte del sogno
60
on stage
in quale categoria vuole essere posizionato su Showbook
....................................................................................................................
Evita
66
Rigoletto
76
Chi c’è in Tour
82
tre aziende che mi conoscono...................................................................
&studi
Compilando codesto modulo si autorizza il trattamento dei
propri dati personali.
produzione
ultime tre collaborazioni professionali......................................................
DATA ......................................................
FIRMA ....................................................
Chi c’è in Studio
cosa manca o cosa cambierei in Sound&Lite............................................
84
installazioni
....................................................................................................................
Un P.A. per l’Arena
86
prodotti
inserzionisti
A&DT
AEB Industriale
Audio Equipment
Audio Link
Black Mirror Studios
Clay Paky
Coemar
Drei Elettronica Montarbo
28
uomini
FAX 0721/209081
Responsabile:
Alfio Morelli, Direttore responsabile
Stage Management
52
provincia ....................................................................................................
e-mail ........................................................................................................
26
Clark’s Corner
azienda (solo se titolare) ...........................................................................
...........................................................
6
www.soundlite.it
abbonamento
pag.
23
pag.
105
pag.
43
pag. 25, IV di cop.
pag.
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pag.
1
pag.
11
pag.
96
pag.
17
novembre/dicembre 2010 - n.86
ETC
Event Management
Exhibo FBT Grisby Music
Ianiro Martin
Midas Consoles Italy
Peroni
pag.
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pag.
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pag.
pag.
pag.
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pag.
69
65
13, 89
5, 55, 59
81
18, 19
93
27
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PSL
RCF
Robe Multimedia
Roland Systems Group
SGM
Sisme
Teclumen
Texim
Yamaha
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
II di cop.
101
14, 15, 37
97
47
112
9
109
III di cop.
Per avere i pdf
degli articoli di questo
numero, vai sul sito
www.soundlite.it
e clicca sulla copertina
66
Roland S-MADI
94
Jands Vista
98
tecnologia
Basta la Parola - 2a parte 102
Lo studio moderno - 6a parte
106
Pirati, balene, ultrasuoni e onde solitarie - 1a parte
110
76
www.soundlite.it
3
note editoriali
Direttore responsabile
Alfio Morelli:
[email protected]
colophon
Direttore artistico
Pepi Morgia
Caporedattore
Giancarlo Messina:
[email protected]
Consulenza tecnica
Michele Viola:
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Redazione
Douglas B. Cole:
[email protected]
Grafica ed impaginazione
Liana Fabbri:
[email protected]
In copertina:
Aida - Verona
Hanno collaborato:
Livio Argentini, Davide Bertozzi, Stefano Cantadori,
Carlo Carbone, Pino Chiodo, Mike Clark, Beppe
Fontana, Marco Martellini, Giuseppe Romeo.
Amministrazione
Patrizia Verbeni:
[email protected]
Stampa
Pazzini Editore
Direzione, Redazione e Pubblicità:
Strada della Romagna, 371
61100 Colombarone – PU
Telefono 0721/209079
fax 0721/209081
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Aut. Trib. di Pesaro n. 402 del 20/07/95
Iscrizione nel ROC n.5450 del 01/07/98
9.000 copie in spedizione a:
agenzie di spettacolo, service audio - luci - video,
produzioni cinematografiche, produzioni video,
artisti, gruppi musicali, studi di registrazione
sonora, discoteche, locali notturni, negozi di
strumenti musicali, teatri, costruttori, fiere,
palasport...
Sound&Lite n. 86
novembre /dicembre 2010
La rivista Sound&Lite e il relativo supplemento,
Show Book, contengono materiale protetto da
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da parte della suddetta, l’applicazione di tutti i
provvedimenti previsti dalla normativa vigente.
Questo periodico è associato alla
Unione Stampa Periodica Italiana.
4
di Giancarlo Messina
[email protected]
novembre/dicembre 2010 - n.86
Cari lettori,
non mi piace citare la televisione, ma questa volta è il caso
di farlo. Un intero servizio de Le Iene è stato infatti dedicato
all’elusione delle norme di sicurezza sul lavoro durante
l’allestimento del palco per il comizio di Bersani a Napoli.
La cosa ha fatto notizia perché ovviamente, in quell’occasione,
il politico di turno parlava di sicurezza sul lavoro, anche se ci
pare cosa abbastanza pretestuosa, perché ovviamente chi sale
su un palco per parlare non ha idea di chi e di come l’abbia
montato, che sia di destra o di sinistra.
Quello su cui però riflettevo è che quelle immagini di scale
volanti, cavi lanciati, imbracature usate per trasportare altro
materiale, mancanza di caschetti sono, salvo rare eccezioni,
piuttosto all’ordine del giorno. Nessuno se ne abbia a male,
chi dice che non è vero vuol dire che rientra nelle rare
eccezioni.
Durante l’allestimento di un palco, lo sapete meglio di me,
i rischi non sono pochi: ci sono carichi sospesi, altezze
spesso ragguardevoli, cavi elettrici, materiale pesante da
movimentare e tante altre amenità che certamente vanno
prese con estrema cautela.
Non voglio dire che tutto questo si faccia all’arma bianca
e senza regole, e certo rispetto ad una decina di anni fa le
cose sono molto migliorate, ma troppo spesso ho visto gente
arrampicarsi e camminare in bilico su americane piuttosto
alte, scale a compasso usate con estrema disinvoltura,
rattoppi elettrici ai confini della realtà, per non parlare della
messa a terra. Insomma quanto mostrato dalle Iene, se non
peggio, accade davvero e ancora troppo spesso. Al di là di
chi poi dovrà salire sul palco, il mio invito è dunque quello
di prestare la massima attenzione alla sicurezza, perché
parliamo di situazioni dalle quali non si può tornare indietro.
Ricordo un manifesto di tanti anni fa in cui un operaio, al
contrario di un agente segreto, affermava “Il pericolo NON
è il mio mestiere”. E nemmeno quello di chi lavora agli
allestimenti, almeno credo.
Per passare alla rivista che avete in mano, troverete i
reportage di molti interessanti eventi, nonché una panoramica
sulle novità della fiera londinese PLASA.
In particolare voglio segnalarvi la rubrica Amarcord, che vede
un giovanissimo Cantadori immerso in un’atmosfera d’altri
tempi: uno scorcio di storia sociale che supera il mero aspetto
tecnico. Perché si sa... la storia siamo noi...
news
di
Alfio Morelli
Matthew Griffiths (CEO di PLASA) con Pio Nahum di Clay Paky.
Gli Italiani spaccano
Grande successo dei prodotti
italiani. Su otto prodotti premiati, in
tutte le categorie, tre sono Italiani:
Clay Paky, Coemar e Outline.
A
nche il Plasa di Londra è ormai da considerarsi una manifestazione locale, interessante
più che altro per il mercato interno britannico, anche se di visi italiani se ne sono visti
parecchi... forse perché in Italia non abbiamo una nostra fiera? O perché tutto sommato
costa meno andare a Londra, grazie a Ryanair, che spostarsi in Italia?
A proposito di fiere italiane: allo stand dell’APIAS era esposto un grande manifesto che annun‑
ciava la manifestazione ShowWay a Bergamo per la primavera del 2011, che sia la volta buona?
Ritornando a Londra: quella di quest’anno è stata un’edizione un po’ sotto tono, se consideria‑
mo gli espositori e gli stand, ci sono sembrati numericamente meno ed anche un po’ più piccoli
rispetto al 2009. Gli espositori sono però rimasti certamente molto soddisfatti dall’affluenza,
quindi tutto sommato un’edizione positiva che fa ben sperare per il futuro del mercato.
Non abbiamo notato tantissime novità di rilievo. Ormai è costume aspettare Francoforte per spa‑
rare le cartucce migliori da quel punto di vista. Nonostante ciò, vale la pena discuterne alcune.
Partiamo dai prodotti premiati con l’Awards for Innovation: Clay Paky con Sharpy, un piccolo
beam a testa mobile con lampada da 189 W e una luminosità impressionante. Sempre dallo stes‑
so marchio, Shotlight Wash, un wash con integrata una potente lampada per lo strobo, soluzio‑
ne talmente ovvia che ci siamo chiesti perché qualcuno non ci avesse pensato prima. Da Coemar
arriva invece Reflection Full Spectrum, un cambiacolori con sorgente luminosa a LED che utilizza
una nuova tecnologia la quale permette di avere un gruppo lampada a LED di potenza pari a
120 W. Questa soluzione ci sembra addirittura ispirata da un loro vecchio prodotto. Qualcuno
forse si ricorderà dello storico Coemar Antares: ecco, questo prodotto segue lo stesso principio.
Per Outline il discorso è diverso, il prodotto per cui hanno ricevuto il premio è estremamente tec‑
nologico, un ottimo risultato di lunghe ricerche in materia. Si tratta del Mini‑COM.P.A.S.S. iMode,
un line array amplificato con un potentissimo DSP a bordo che dà la possibilità di essere pilotato
e gestito direttamente dal mixer usando solamente un cavo di rete. Abbiamo trovato altre novità
interessanti negli stand di Martin Professional, di Nexo con il suo innovativo floor monitor, di
Soundcraft con il piccolo mixer digitale, di Philips con una nuova generazione di LED, eccetera.
Di seguito troverete una descrizione di tutte le novità.
Prima di concludere vorrei soffermarmi su due notizie. La prima è un “rumor” che girava in fiera:
pare che alcuni personaggi della Philips stiano girando per le aziende produttrici di fari a LED, in
Italia e in Europa. Lo scopo delle loro visite è di avvisare che la Philips detiene innumerevoli bre‑
vetti sui LED, e di consigliare quindi alle aziende di mettersi in contatto con i funzionari Philips
prima di commercializzare dei prodotti che utilizzano i LED di potenza. Da alcune domande fatte
a qualche produttore mi è stato confermato che la notizia è vera, però nessuno sa quali siano in
dettaglio questi brevetti, perché la multinazionale olandese afferma di averne talmente tanti da
poter coprire qualsiasi soluzione adottata. Questa notizia può avere due risvolti: o è una bufala,
oppure c’è da preoccuparsi. Potrebbe essere terreno fertile per molte controversie, bloccando di
fatto un mercato che ogni giorno si fa più interessante. La seconda notizia: sempre più spesso si
sente parlare della nuova generazione dei line array, nuovi modelli con caratteristiche sempre
più spinte e la possibilità di coprire aree sempre maggiori con una copertura sempre più uni‑
forme; presto anche Sound&Lite si occuperà dell’argomento in dettaglio. Il K1 di L‑Acoustics ha
aperto la strada, Martin Audio ha presentato il suo modello di punta MLA (Multi-cellular Loud‑
speaker Array) e tanti altri verranno presentati a Francoforte. Questa sarà la sfida per il futuro di
chi vorrà essere presente nella fascia al top del mercato.
6
novembre/dicembre 2010 - n.86
Clay Paky Sharpy
Oltre ad un riconoscimento speciale
per Alpha Profile 700, Clay Paky
ha ricevuto un premio per il nuovo
Sharpy.
Sharpy è un beam a testa mobile
da 189 W con luminosità senza
eguali, che fino ad ora era possibile
raggiungere solo con lampade
molto più potenti. È in grado di
emettere un fascio di luce talmente
concentrato e allineato da assumere
quasi l’aspetto di un raggio laser.
Sharpy è rivoluzionario per
la purezza, la nitidezza e
l’uniformità del suo raggio di luce,
completamente privo di aloni. Il
prodotto mette a disposizione
14 colori differenti e 19 gobo,
che permettono di modificare
la conformazione del fascio e di
creare una vasta gamma di effetti a
mezz’aria, essendo tutti contenuti
sulla stessa ruota. Sharpy è piccolo e
leggero (50 cm x 10 kg) e può essere
installato in qualsiasi ambiente: sui
truss negli eventi live e negli studi
televisivi, sui palchi, nelle showroom
o nelle sale conferenze.
info Clay Paky: tel. 035 654311;
www.claypaky.it
Coemar Reflection
Griffiths con Renato Molinari, amministratore delegato di Coemar.
Ispirandosi ad un modello di successo del
proprio archivio (qualcuno di voi si ricorderà
certamente del buon vecchio Antares) i
progettisti hanno avuto l’illuminazione
di proiettare la luce dei LED su una
superficie specchiante. Reflection introduce
un’innovativa sorgente di luce “Multi-LED”
che, posizionata frontalmente e assialmente
ad una parabola, emette in riflessione un
fascio di luce uniforme senza pixel o punti,
con una miscelazione di colori che copre
tutto lo spettro di tonalità e consente di
ottenere bianchi da 3200 K a 9000 K. Le
palette colore permettono di scegliere tra
le modalità CMYK o RGB e di selezionare
digitalmente, da librerie interne, tonalità
ottenibili tradizionalmente con filtri gel
standard. Il movimento motorizzato della
sorgente luminosa, rispetto al riflettore
parabolico, genera uno zoom lineare da
10° a 17° (½ peak angle) e da 16° a 25°
(1/10 peak angle). Il design di Reflection è
compatibile con gli accessori standard del PAR, comprese le alette paraluce,
i portagelatina e gli scroller. Reflection consuma solo 190 W alla massima
potenza luminosa. La gamma Reflection comprende i modelli Full Spectrum
e Vari White, disponibili entrambi nelle versioni black, silver e white.
info Coemar: tel 0376 77521; www.coemar.it
Griffiths con Giorgio Biffi di Outline e Peter Barnard di Outline U.K.
Mini‑COM.P.A.S.S. iMode
Per la terza volta (in pochi anni)
l’azienda bresciana conquista la
prestigiosa onorificenza “PLASA Award
for Innovation” per l’innovazione di
prodotto.
Sostanzialmente il Mini‑COM.P.A.S.S.
iMode è un diffusore governabile
direttamente dal computer, dalle moderne
console digitali, e anche attraverso
dispositivi “intelligenti” (smartphones e
simili), senza la necessità di nient’altro
lungo la catena audio, con evidenti
vantaggi in termini di costi e praticità.
Outline ha così dato una forma tangibile al concetto di “all-in-one”,
portandolo ai limiti della sua espressione. All-in-one, perché dalla
console ai diffusori il passo è unico.
All’interno del suo Mini‑COM.P.A.S.S. di ultima generazione – peraltro
l’unico auto-amplificato sul mercato a vantare una direttività variabile
in orizzontale da 60° a 150° – l’azienda italiana ha alloggiato un
computer “embedded” con tanto di web server e sofisticati servizi di
rete, per un controllo definibile
“senza confini”. Battezzata
appunto “iMode”, questa
innovativa piattaforma in continua
evoluzione (proprietaria Outline)
rappresenta il vertice tecnologico
aziendale nello specifico settore
dell’informatica applicata ai sistemi
di altoparlanti.
info Outline: tel. 030 3581341;
www.outline.it
www.soundlite.it
7
news
Gold Award per Martin Audio MLA
Tra gli Award For Innovation consegnati
dall’organizzazione PLASA, è stato conferito a Martin
Audio un prestigiosissimo Gold Award. Questa
onorificenza viene assegnata solo
Griffiths con Jason Baird, direttore R/S di Martin Audio.
quando un prodotto è meritevole di
straordinaria riconoscenza e se tale
premio non viene assegnato da almeno
tre anni. Per la prima volta nella storia
del PLASA, questo premio è stato
assegnato ad un prodotto audio.
Con l’approccio multi-cellulare del
sistema MLA, ogni trasduttore “cella”
viene singolarmente indirizzato e
controllato da un proprio DSP e da un
canale dedicato di amplificazione in
classe D. Ogni diffusore MLA è quindi
composto da sei celle, ed un sistema da 24 casse fornisce
144 elementi ottimizzabili singolarmente.
Il software di progettazione Display 2.0 calcola
automaticamente i filtri FIR dei DSP per ogni cella ed
il sistema di networking audio e dati U‑NET carica le
impostazioni su ogni singolo diffusore. Il software
VU‑NET di Martin Audio fornisce poi il controllo in
tempo reale e il monitoraggio dell’intero sistema.
MLA presenta un’efficienza elevata, ed ogni diffusore
è in grado di produrre 140 dB di picco ad 1 metro di
distanza in asse. Ha una dispersione di 90° orizzontali
per 7,5° verticali; offre dimensioni compatte e tensione
di alimentazione universale con alimentatori a
commutazione e power factor correction.
Il sistema è completato dal diffusore subwoofer
amplificato MLX, in grado di erogare una potenza di
picco di 150 dB ad 1 metro, un diffusore downfill MLD
ed un controller digitale Merlin che ha anche funzione
di hub di rete. L’ingresso del segnale audio può essere
analogico, AES3 o può avvenire attraverso il protocollo
audio su rete di Martin Audio U‑NET.
info Audio Sales: tel. 0521 690290; www.audiosales.it
LDR Canto 2000
Si tratta di una delle ultime realizzazioni del marchio
LDR di Castel Goffredo. A prima vista ha l’aspetto
di un classico seguipersona, ma un’attenta analisi fa
notare diverse piccole caratteristiche che
rendono il prodotto di alto pregio. Monta
una lampada MSR/2 Gold FF (FastFit),
con un nuovo gruppo ottico a doppio
condensatore più uno zoom che dà la
possibilità di ottenere un fascio di luce
di estrema purezza, con una variazione
di angolo di proiezione da 8° a 22°.
L’utilizzo è consigliato in un range da
10 a 50 metri. Oltre agli indispensabili
diaframma ad iride, dimmer meccanico
e messa a fuoco, esternamente è stato
munito di due maniglie che scorrono
lungo le due fiancate fino alla parte posteriore con
una linea ergonomica che rende i movimenti del faro
estremamente fluidi e leggeri.
info LDR: tel. 0376 771777; www.ldr.it
FBT Mitus 206 LA +
121 SA
La parte medio alta
Mitus 206 del sistema
audio dell’italiana Fbt in
evidenza presso lo stand
londinese non è una novità
assoluta: era già stata
presentata a Francoforte in
configurazione line array.
A Londra viene proposta in
una nuova configurazione,
in stack di due o tre
elementi sopra il nuovo sub
attivo Mitus 121 SA. Nella
versione attiva, il sub ha
un’elettronica a bordo con
la parte finale in classe D
capace di esprimere una
potenza di 1200 W, un
DSP con otto preset di EQ,
un controllo delay per
l’allineamento con la parte
medio‑alta e l’inversione di
polarità. Anche il satellite
206 ha l’elettronica di
potenza a bordo, con 500 W
per la sezione medio‑basse
e 150 W per il driver. Anche
nell’elettronica della 206 è
presente un DSP con otto
preset, un controllo di livello
del driver, la possibilità
di pilotarla a larga banda
o di inserire un filtro per
l’accoppiamento ottimale
con il sub.
info FBT: tel 071 750591;
www.fbt.it
Sapphire Touch in
Anteprima
Avolites ha esposto in anteprima la nuova console
Sapphire Touch.
Sapphire Touch incorpora il software Titan V5, ed è
dotato di 45 master playback su fader motorizzati.
Per la programmazione e la visualizzazione,
incorpora due schermi touch screen, con la funzione
Avo “Quicksketch” per velocizzare la creazione dei
legend. L’innovativo dispositivo trackball “anello
di saturno” permette il controllo di un terzo asse
per regolare in modo intuitivo i parametri relativi
alla distanza come zoom, iris e focus; e si illumina
con tre diverse colorazioni per indicare il colore o la
funzione del proiettore selezionato.
info Lite Link: tel. 0521 648723; www.litelink.it
NEXO 45°N‑12
Nexo ha presentato un
innovativo sistema di
floor monitor, il
45°N‑12.
Questo porta i
vantaggi di un
array lineare
sulla superficie
del palco. Monta
un woofer da 12”
a lunga escursione
ed un driver da 1,4” con
bobina da 3” accoppiato
ad una guida d’onda iperbolica
brevettata da 22,5°. I magneti all’interno del cabinet
permettono l’accoppiamento di diversi 45°N‑12 in
array integrati e controllati da appositi preset del
NX TD Controller. Così accoppiati offrono una copertura
variabile in passi da 30° in orizzontale secondo il
numero di unità impiegate, con copertura in verticale
di 60°. 45°N‑12 è in grado di sviluppare fino a 137 dB
SPL per una singola unità e fino a 143 dB di picco
per due unità accoppiate. L’unità ha una risposta in
frequenza (±3 dB) da 55 Hz a 19 kHz, e si può pilotare
in biamplificazione o in modalità passiva utilizzando
il crossover a 1 kHz incorporato. In biamplificazione,
la sezione dei bassi ha un’impedenza nominale di
8 Ω, e per questo si consiglia un’amplificazione da
1000 W a 2000 W su 8 Ω, mentre la sezione delle
acute ha un’impedenza nominale di 16 Ω e si consiglia
un’amplificazione da 250 W a 500 W. In modalità
passiva si consiglia amplificazione da 1200 W a 2000 W.
Silenzio!
Entra in
scena il
colore!
FUSION COLOR 7 FC
7 Led Full color P5II da 3 W
Senza ventola di raffreddamento
IP20 e IP65
FUSION COLOR 18 FC
18 Led Full color P5II da 3 W
Senza ventola di raffreddamento
IP20 e IP44
LINEA COLOR 12 FC
12 Led Full color P5II da 3 W
Senza ventola di raffreddamento
Controllo indipendente dei singoli led
IP65
ENTIRELY
MADE
IN ITALY
info NEXO: www.nexo-sa.com
8
novembre/dicembre 2010 - n.86
Casaloldo (MN) italy - Tel. +39 0376 778670
[email protected] - www.teclumen.it
news
Sennheiser SKM 5200‑II
Sennheiser presenta la più recente evoluzione
tra i trasmettitori palmari della serie 5000. La
nuova versione è disponibile in tre diverse bande
di sintonia fino a 184 MHz, con la stessa qualità
di trasmissione del suo predecessore. Introduce
anche una nuova modalità operativa “a bassa
intermodulazione” che permette l’utilizzo
contemporaneo del 30% di canali in più, con
potenza d’emissione ridotta a 10 mW. In situazioni
in cui la distanza di trasmissione
è prioritaria, SK 5200‑II può essere
utilizzato con potenza di trasmissione
da 50 mW. La nuova versione è ancora
compatibile con la stessa vasta gamma
di capsule microfoniche Sennheiser e Neumann
disponibili per la precedente versione.
Info Exhibo: tel. 039 49841; www.exhibo.it
Clay Paky Alpha Profile 700
Questo sagomatore a testa mobile completa la linea
Alpha 700, incorporando nel modello Profile tutte
le caratteristiche comuni alla serie: compattezza,
leggerezza, rapida accelerazione ed alta velocità di
movimenti ed effetti. Alpha Profile 700 incorpora un
sistema di sagomatura all’avanguardia che utilizza
minuscoli motori a micropassi e materiali speciali,
progettato con lunghezze focali che permettono la
messa a fuoco di effetti anche all’interno del profilo
sagomato.
Alpha Profile 700 offre una gamma completa di effetti,
compresi 15 gobo, animazioni, prisma rotante, la nuova
funzione “autofocus” brevettata da Clay Paky, e la
nuova funzione Dyna-Cue-Creator che semplifica la
programmazione con un canale di controllo speciale che
avvia effetti combinati personalizzabili.
Progettato per l’utilizzo in teatro e in televisione, Alpha
Profile 700 opera ad un livello di rumore di soli 43 dB (A)
che si può ulteriormente ridurre a 41 dB (A) in modalità
half power.
info Clay Paky: tel. 035 654311; www.claypaky.it
Christe Nitro Solutions
Nitro Solutions è un concetto
modulare che combina la
tecnologia dei proiettori
motorizzati con la qualità di
proiezione dei videoproiettori
Christie Roadie LX1500 e
Serie M. Comprende due
forcelle motorizzate, YK200
ed YK100, e kit di montaggio
separati per le varie serie
di proiettori. I sistemi
permettono il controllo DMX
in pan e tilt delle forcelle
e zoom focus e shutter del
proiettore. La forcella facilita
il collegamento del proiettore
con la sorgente del segnale
e fornisce alimentazione
al proiettore. Il modello
di meccanica monobraccio
YK100 è originariamente
predisposto per il montaggio
di uno tra cinque diversi
proiettori luminosi: LED
bianchi da 50.000 lumen, LED
RGB da 37.000 lumen, LED
RGB da 29.000 lumen con
zoom da 10° a 22° e proiettori
allo xeno da 7000 watt o da
5000 watt.
info E-Home: tel. 02 99021161;
www.ehomeitalia.com
Gottelier Award per Fred Foster
Matthew Griffiths con Fred Foster.
Un’altra premiazione presentata dall’organizzazione PLASA è il Gottelier Award, un
riconoscimento alla carriera dei progettisti che hanno avuto un’importante influenza
nell’industria. Il premio porta il nome dell’inventore e lighting designer Tony Gottelier.
Quest’anno il prestigioso premio è andato a Fred Foster, fondatore e CEO di ETC. Foster
ha fondato ETC nel 1975 con l’obbiettivo di installare il primo sistema di controllo luci con
memoria nel New York Metropolitan Opera House. Nei seguenti 35 anni ha sviluppato i
controller Mega Cue, le console Expression e Obsession, ed il Sensor Dimming System. Ha
aperto la strada per la commercializzazione della famiglia di proiettori Source Four, ed era un
membro del comitato USITT che ha definito lo standard DMX512.
Più recentemente Foster ha contribuito alla progettazione delle console Eos, Congo ed Ion.
info ETC: www.etcconnect.com
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novembre/dicembre 2010 - n.86
news
DiGiCo
DiGiCo ha presentato due nuove interfacce per espandere
la connettività della nuova console SD9: Little Red Box e
Little Blue Box.
Il primo permette di condividere lo stage box D‑Rack
di una SD9 con una seconda console. La console
principale controlla così i guadagni in ingresso, mentre
quella secondaria riceve i segnali preamplificati. Little
Red Box incorpora anche la funzione Split MADI che
permette all’SD9 di condividere altri stage rack DiGiCo,
aumentando così il numero di ingressi ed uscite della
console a 56 rispetto ai 32 ingressi e alle 16 uscite
consentiti dal D-Rack.
Il Little Blue Box, invece, permette di collegare un SD9
e un D‑Rack ad una console MADI (come SD7, SD8
o D5). Un selettore incorporato permette
di scegliere se il D‑Rack debba essere
controllato direttamente dall’SD9 o
dalla console MADI.
Little Red Box e Little Blue Box,
alimentati tramite USB, offrono un
secondo connettore USB Thru, che
permette di non ridurre la connettività
della console collegata.
info Audio Link:
tel. 0521 648723; www.audiolink.it
Midas VeniceF
Un’altra console Midas ha fatto il suo debutto a Earls Court.
VeniceF è una console analogica basata sul modello
Venice, che offre la possibilità di interfacciamento con un
PC via FireWire fino a 32 canali bidirezionali. Incorpora
l’equalizzazione e i filtri dell’XL3, una sezione master
completamente riorganizzata e una doppia matrice 7 x 2.
VeniceF include un driver ASIO della Midas a bassa latenza e
una versione di prova del software Record di Propellerhead.
Oltre alla possibilità di registrare, quindi, offre la possibilità
di virtual soundcheck, e l’utilizzo di plugin di terzi come
insert sui canali. Ingressi, gruppi, aux bus, matrici e master
possono essere inviati all’interfaccia FireWire. VeniceF è
disponibile in modelli da 16, 24 e 32 ingressi mono.
info Midas Consoles Italy: tel. 0362 923811;
www.midasconsoles.it
Robe Robin MMX Spot
e Robin 600 Plasma
Robe ha presentato due
nuovi proiettori nella serie
Robin 600, precisamente:
Robin MMX Spot e Robin
600 Plasma. Il nuovo Robin
MMX Spot incorpora una
sezione ottica decisamente
ottimizzata ed una nuova
lampada a scarica da 800 W.
Tra le caratteristiche ci sono
uno zoom da 8,5° a 42,5°,
due ruote di gobo rotanti
ed una ruota animazione
che si possono combinare
per una varietà di effetti
complessi e spettacolari. Altre
caratteristiche includono un
sistema di miscelazione colori
CMY con CTO, frost variabile
e riduzione di rumore
controllata tramite DMX.
Robin 600 Plasma Spot offre
una CRI di 94 ed una vita
operativa della sorgente
di 10.000 ore. Utilizza la
sorgente Luxim Lifi ENT
31‑04 da 480 W con un
flusso luminoso di 30.000
lumen ed una temperatura
colore di 5600 kelvin. Ha
uno zoom lineare da 10° a
40°, miscelazione colori CMY
con CTO, effetto frost, gobo
statici e rotanti indicizzabili,
un iris molto veloce, dimmer
elettronico da 20% a 100%
ed un effetto strobo.
info Robe Multimedia:
tel. 0541 833103;
www.robemultimedia.it
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novembre/dicembre 2010 - n.86
SK 2000
SKM 2000 + MMK 965 NI
EM 2050
EK 2000 IEM + IE 4
Serie 2000
NO-LIMITS
SR 2050
LA TUA SCELTA PER LE SFIDE PIU’ DIFFICILI
SISTEMA IN EAR MONITOR
MICROFONI WIRELESS PER IMPIEGHI PROFESSIONALI
· Larghezza di banda: fino a 75 Mhz
· Fino a 64 frequenze compatibili per banco: 20 banchi con frequenze precalcolate e 6 banchi modificabili
· Adatto per configurazioni multicanale
· Controllo tramite Wireless System Manager Software
· Trasmettitori a mano disponibili in colore nero e nichel e nuove capsule professionali intercambiabili
· Nuovo sistema Adaptive Diversity per i ricevitori IEM e per ricevitori portatili
· Trasmettitori da tasca e ricevitori portatili equipaggiati con connettore professionale tipo Lemo
Via Leonardo da Vinci, 6 - 20057 Vedano al Lambro (MI) - www.exhibo.it
news
EAW Serie JF
Scheda Yamaha HD/SD‑SDI
EAW presenta la nuova serie JF di diffusori a due vie. Tutti i modelli JF incorporano altoparlanti
con magneti al neodimio, crossover EAW e ricalcano un “formato” molto adattabile anche
negli allestimenti più critici come quelli nei teatri o nei set televisivi. La serie comprende JF8 e
JF10, diffusori con woofer da 8” e 10” e driver a compressione accoppiati a trombe a direttività
conica da 100°, ma anche con coni da 12” e da 15” con driver a compressione con uscite da 1,4”
e bobina da 3”. Questi ultimi modelli sono disponibili in versioni con dispersione da 60° x 45°
(JF26 e JF56) e da 90° x 45° (JF29 e JF59).
I quattro modelli con woofer da 12” e da 15” sono inoltre disponibili in versioni
autoamplificate “JFnt”. Incorporano amplificazione in classe D interna da 1000 W per le
frequenze basse e da 500 W per le acute. Un processore a bordo (SHARC 32 bit/50 Mflop)
fornisce il processing EAW Focusing, il software di controllo dei DSP EAW Pilot, la rete audio
e dati U‑Net. Il sistema prevede la trasmissione di audio digitale multi-canale con software
di controllo da remoto e capacità di monitoraggio dal PC. Offre la scelta d’ingresso audio
analogico, AES3 o tramite U‑Net.
Gli utilizzatori possono configurare secondo uno schema standard i propri impianti audio
scegliendo i modelli JF e poi in un momento successivo, anche a distanza di parecchio tempo,
aggiornare sul campo tali cabinet per trasformarli in modelli “JFnt”.
Tutti i modelli di questa serie sono realizzati secondo un’unica filosofia per il cabinet che
consente l’impiego di accessori hardware universali per adattare in modo perfetto i propri
diffusori JF alle specifiche di ogni singolo impianto e applicazione.
Tutti i modelli JF e JFnt incorporano comodi punti di aggancio M10 per l’installazione.
Nella gamma di accessori universali sono compresi appositi pannelli che permettono di
nascondere le maniglie da trasporto e al tempo stesso hanno funzioni di punti di connessione
per le staffe regolabili a “U”, accessori a sgancio rapido flytrack e piedini regolabili utili nelle
installazioni sul palco come stage monitor.
Yamaha ha presentato diverse
novità per quanto riguarda i sistemi
di mixaggio digitale. Una di queste
è la scheda audio MY8‑SDI‑ED
Embed/De-embed.
La scheda consente l’ingresso e
l’uscita dei segnali audio embedded
HD‑SDI per tutte le console di
mixaggio digitale e le unità DME.
La nuova scheda è dotata di un ingresso HD/SD‑SDI, un’uscita
sdoppiata HD/SD‑SDI e un’uscita THRU (reclocked). Consente di
immettere fino a due di quattro gruppi audio (quattro canali per
gruppo, otto canali totali), multiplexati in un segnale HD‑SDI, e di
integrare due gruppi audio in un segnale HD/SD‑SDI per uscita.
Adatta per soluzioni di trasmissione dal vivo, in studio e di
emergenza (ad esempio console di backup), la nuova scheda si
inserisce nello slot per schede MY standard del pannello posteriore in
cui è possibile inserire più schede per aumentare il numero di canali
in ingresso e uscita (in base agli slot per schede disponibili sul mixer).
Clay Paky Shotlight Wash
Shotlight Wash è un nuovo proiettore
che combina un faro professionale
washlight con lampada a scarica
da 1500 W ad una lampada strobo
allo xeno da 3000 W. Le funzioni
wash e strobo sono perfettamente
integrate e possono essere controllate
da un operatore simultaneamente
o separatamente, unitamente agli
effetti di entrambe le funzioni.
L’elettronica è invece unica, con tutti i
vantaggi di gestione del caso.
Shotlight Wash opera in tutto e per
tutto come un Alpha Wash 1500,
mentre la funzione strobo consiste
in una corona circolare integrata
all’interno della lente frontale
del washlight, costituita da due
lampade allo xeno da 1500 W
ognuna. Queste lampade lavorano
indipendentemente tra di loro,
possono per esempio essere impostate
simultaneamente o separatamente,
con differenti frequenze di flash.
info Exhibo: tel. 039 49841; www.exhibo.it
J_Vista_left_DEF2.pdf
8-04-2009
info Clay Paky: tel. 035 654311;
www.claypaky.it 8-04-2009 19:38:15
J_Vista_right_DEF2.pdf
19:37:05
info Yamaha: tel. 02 935771; www.yamahacommercialaudio.com
ETC Presenta Selador Pearl
Come il resto della serie Selador, Pearl è
disponibile in modelli da una, due, quattro
e sei cellule controllabili indipendentemente
tramite tre canali DMX. Ogni cellula è
composta da 40 LED bianchi Luxeon Rebel
da 2,5 W accuratamente scelti da una
combinazione di bianco caldo da 3200 K e bianco freddo da 5700 K.
Questa configurazione permette all’utente di creare una luce bianca
con una temperatura colore appropriata all’applicazione, quindi
sia per illuminazioni teatrali e generali, o anche per illuminazioni
“on location” e in studio televisivo. Il fascio morbido di Pearl ha
un’apertura nativa di 17°, ma sono disponibili lenti aggiuntive per
fornire dispersioni in orizzontale e in verticale, separatamente, da 20°
a 80°. Pearl può sviluppare un flusso luminoso fino a 3460 lumen con
un assorbimento di soli 144 W per cellula nella versione da 230 V.
info ETC: tel. 06 32111683; www.etcconnect.com
C
M
Y
CM
MY
CY
CMY
K
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www.soundlite.it
15
news
Soundcraft Si Compact
Soundcraft ha presentato la serie di mixer digitali compatti
Si Compact.
Utilizzando la stessa piattaforma di mixaggio EMMA Lite
della serie Si, le console Si Compact offrono caratteristiche
come quattro bus dedicati per gli effetti, 16 uscite
analogiche più AES, uno slot per una scheda MADI o altre
interfacce, un touchscreen a colori e fader illuminati e
codificati a colore con la funzionalità Fader Glow. La serie
comprende tre modelli con 16, 24 e 32 ingressi mono più
quattro canali stereo. Ognuno dispone di 14 bus ausiliari
mono, quattro bus di matrice, un bus LRC mix, quattro
effetti stereo Lexicon, equalizzazione grafica
Bss su ogni bus, quattro gruppi di
mute ed interfacciamento
in rete Harman HiQnet.
I modelli da 24 e 32
ingressi offrono quattro
mandate e ritorni
assegnabili insert.
info Audio Equipment:
tel. 039 212221;
www.audioequipment.it
Robe LEDWash 600 e 300
LEDWash 600 incorpora 37 LED multi-chip RGBW da
10 W controllabili individualmente. Sono sistemati in
tre anelli concentrici che non solo aiutano a fornire
una copertura uniforme, ma permettono la creazione
di effetti particolari quando il proiettore è diretto
verso il pubblico. I tre anelli si possono utilizzare
individualmente per vari effetti e chase psichedelici, e
l’unità incorpora effetti stroboscopici programmabili
anche in modalità random. I LED RGBW permettono
la creazione di una vasta gamma di colori e di diverse
temperature di bianco. LEDWash 600 ha uno zoom
motorizzato da 15 a 45 gradi.
LEDWash 300, invece, è un proiettore che pesa solo
10 kg, dedicato alle applicazioni medie e piccole dove
lo spazio è un fattore importante. Utilizza 108 LED RGB
da 3 W ed incorpora uno zoom da 12 a 40 gradi per
un’elevata flessibilità. LEDWash 300 e LEDWash 600
sono indirizzabili con protocolli DMX512, ARTNET, RDM,
MANet, MA2 Net, e sono compatibili con tutti gli altri
prodotti nella serie Robin.
info Robe Multimedia: tel. 0541 833103;
www.robemultimedia.it
Martin Audio DD6
DD6 incorpora un driver con
magnete al neodimio per le
alte frequenze con uscita da
mezzo pollice, accoppiato ad
una guida d’onda Differential
Dispersion rotabile, con
una copertura da 120° a
90° in orizzontale e 60° in
verticale. Il woofer da sei
pollici e mezzo, sempre con
magnete al neodimio, ha
una bobina da 44 mm. La
potenza applicabile nominale
è da 150 W(AES), 600 W di
picco, per un SPL massimo di
113 dB continui, e la cassa
ha una risposta in frequenza
da 70 Hz a 20 kHz (±3 dB). Il
cabinet del DD6 è costruito
con angoli multipli, e
incorpora dieci punti M8 per
la sospensione, per facilitare
l’installazione in una grande
varietà di posizioni. La
griglia in acciaio è attaccata
con un sistema di rilascio
rapido magnetico. DD6 ha
un’impedenza nominale
di 16 ohm. Si consiglia di
abbinare un amplificatore
che possa erogare da 400 W
a 1200 W su 4 Ohm.
info Audio Sales:
tel. 0521 690290;
www.audiosales.it
Il sistema Palcoplus comprende ora
anche RA18, un ‘arrayable bass
cabinet’ (1700 W / 4 ohm) che aumenta
ulteriormente la flessibilità di utilizzo
e la ricchezza timbrica del sistema.
RA18 (qui a lato in demo presso il
Concert Sound Arena - Prolight+Sound
2010) permette infatti di incrementare
in modo deciso la pressione sonora,
generata dal sistema sospeso, nelle
ottave più basse, aumentando così la
già considerevole dinamica dell'array.
È disponibile anche una versione
a 8 ohm, 3400 W, con altoparlante
in fibra di carbonio.
Palcoplus è un prodotto modulare e scalabile che si distingue
per una voce inconfondibilmente naturale.
Un array di 4 diffusori, ognuno dei quali grande quanto un rack 6u, pesa solo 80 kg, compreso
l’hardware per la sospensione e vanta una potenza applicabile di 4000 W.
Ogni singolo elemento sviluppa fino a 130 dB SPL, perciò è possibile utilizzare sistemi di
dimensioni molto ridotte per la sonorizzazione di spazi relativamente grandi.
Grazie ad una dispersione orizzontale di 120°, PalcoPlus fornisce una copertura perfetta anche
quando gli array sono sospesi ad altezza ridotta o sono appoggiati a terra.
L’unità sub-bass dedicata, RAB1815, utilizza una configurazione a doppio trasduttore che genera
una caratteristica polare cardioide. 2 unità bassi vantano una potenza applicabile di 6400 Watt.
La gestione del sistema avviene mediante il processore amplificato PLM6800 o mediante il
processore LM24 (per chi già possiede gli amplificatori) ed un software proprietario (RACon ).
TM
Scopri tutte le caratteristiche del sistema collegandoti al sito:
www.palcoplus.com
oppure contattaci a:
16
novembre/dicembre 2010 - n.86
[email protected] - 051 766437
news
K-Array KRM33
Yamaha Serie DSR
Al PLASA 2010 c’è stato il lancio europeo della serie DSR di Yamaha, una nuova gamma di
diffusori autoamplificati.
La serie DSR include i modelli DSR112, DSR115, DSR215 e DSR118W, tutti dotati di un nuovo
amplificatore in classe D, progettato da Yamaha, e di elaborazione dinamica multibanda
D‑Contour che fornisce controllo dinamico intelligente e conserva un’intelligibilità costante ai
livelli di output sia bassi che alti.
I nuovi amplificatori utilizzati nei DSR112, DSR115 e DSR215 erogano fino a 1300 W, mentre
quello del DSR118W offre 800 W. Gli amplificatori sono costruiti con un alimentatore a
commutazione con correzione del fattore di potenza, mentre l’alimentatore, gli amplificatori e
i trasduttori vengono monitorati continuamente dal DSP a scopo di protezione.
Tutti i modelli dispongono inoltre di FIR‑X tuning™ digitale integrato, per tagli di crossover il
più uniformi possibili, DAC e ADC discreti a 24 bit per la massima gamma dinamica e le guide
d’onda proprietarie “Long Throw, Broad Dispersion”, con dispersione di 90° in orizzontale per
60° in verticale.
I modelli DSR112 e DSR115, con woofer rispettivamente da 12 e da 15 pollici, sono a due vie,
bi-amplificati, con driver a compressione con diaframma in titanio da due pollici. Il modello
DSR215 incorpora due altoparlanti da 15 pollici oltre al driver e il DSR118W è dotato di woofer
da 18 pollici caricato in bass reflex.
I modelli DSR112 e DSR115 dispongono di alloggiamenti per asta da 35 mm e punti di
ancoraggio M10, e il cabinet di forma trapezoidale del DSR112 ne consente il pratico utilizzo su
un lato come monitor wedge di alta qualità. Il DSR118W dispone di un alloggiamento per asta
da 35 mm montato in alto, mentre tutti i modelli includono maniglie per il trasporto integrate.
KRM33 è un innovativo monitor
da palco prodotto dalla toscana
K‑Array. Predisposto per l’utilizzo
individuale o per la combinazione
in array orizzontali, KRM33 è
alto meno di dieci centimetri ma
incorpora tre trasduttori da tre
pollici con bobina da un pollice,
ed amplificazione a bordo da
2 x 350 W. Questo monitor è in
grado di riprodurre una gamma
di frequenze da 70 Hz a 20 kHz
e può sviluppare una pressione
sonora massima di 113 dB
continui o 119 dB di picco. La
direttività orizzontale di KRM33
è selezionabile tra 35 e 70 gradi.
Il DSP incorporato può essere
controllato da remoto tramite il
software K‑Array, e comunica con il
computer tramite due porte RS485
sulla cassa.
Info Exhibo: tel. 039 49841;
www.exhibo.it
Martin Professional MAC 101
Particolarmente spettacolare, nello stand di Martin Professional al
Plasa 2010, un’enorme quantità di nuovi MAC 101.
Il compatto MAC 101 emette un flusso luminoso fino a 2200 lumen, in
un raggio di 13,5° con una sagoma definita ma morbida. Un sistema di
miscelazione RGB calibrato permette anche un effetto ruota colori, con
33 colori più il bianco con temperatura colore da 2500 K a 10000 K. Altri
effetti includono uno strobo con pulse ed effetti random. È il testamobile
più veloce prodotto dalla Martin, misura solo 241 mm per 304 mm di
altezza e pesa meno di quattro chilogrammi. MAC 101 è pensato anche per
la combinazione in matrici di dimensioni molto grandi, che permettono di
utilizzarlo come un innovativo e dinamico “muro” di colori. Il proiettore ha
un assorbimento massimo di soli 123 W e le sorgenti LED hanno una vita
operativa nominale di 50.000 ore.
info Martin Professional Italy: tel. 035 3690911; www.martin.it
info Yamaha: tel. 02 935771; www.yamahacommercialaudio.com
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www.soundlite.it
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news
Soluzioni
innovative
d’acciaio. Tutte le macchine di sollevamento installate sono
prodotte da ASM Steuerungstechnik e distribuite in esclusiva da Molpass.
Una caratteristica fondamentale della sala è la plafonatura
con pannelli acusticamente riflettenti ad andamento curvilineo, al di sopra dei quali corrono due passerelle. Per ovviare
alla presenza della cesta raccoglicavo, l’americana installata
in sala è stata dotata di un Cablerotomotor, un sistema automatico di recupero dei cavi d’alimentazione luci brevettato da Molpass.
L’azienda bolognese ha poi adottato, per la chiusura della
fossa orchestrale nei momenti di inutilizzo, l’innovativo elevatore Spiralift, che consente di innalzare silenziosamente
carichi di notevole entità con un’alta efficienza meccanica e
un’elevata velocità di sollevamento.
Il livello della fossa orchestrale è stato inoltre predisposto
in modo tale da asservire all’elevazione di specifici pianali
modulari con cui è possibile coprire tutta la platea, prolungando il proscenio fino all’inizio della gradinata. Questa
soluzione, che i progettisti dell’ufficio tecnico di Molpass
hanno denominato “MI‑COP RO”, consente di modificare
rapidamente la configurazione della sala senza togliere le
sedute, adattandola rapidamente a qualsiasi tipo di evento.
Il palcoscenico è stato realizzato in legno multistrato di abete lamellare, a tre strati incrociati, fissato in aderenza ad una
doppia struttura di travetti, anch’essi in legno di abete, incrociati ortogonalmente fra loro per migliorare l’elasticità del
palco e renderlo adatto ad ospitare anche spettacoli di danza.
Per l’intercomunicazione è stato utilizzato un sistema con
12 beltpack wireless Acrobat della Riedel, di cui Molpass è
importatore e distributore per l’Italia.
2
Il nuovo Teatro Ermanno Fabbri di Vignola
I
l 2 ottobre è stato ufficialmente inaugurato il nuovo
Teatro Ermanno Fabbri a Vignola, in provincia di Modena. Il teatro è stato costruito dal
Gruppo Fabbri spa, che ha rilevato e demolito l’ex-cinema Ariston
per erigere una struttura moderna ed efficiente. Molpass s.r.l. ha
partecipato alla realizzazione
dell’intera opera, progettando e
installando tutte le attrezzature
tecniche di sala e di scena. Presentando l’installazione in anteprima in una conferenza stampa
presso la sede di Unindustria a
Bologna, l’ingegner Giorgio Molinari, amministratore di Molpass, ha spiegato che gli obietti-
20
novembre/dicembre 2010 - n.86
vi raggiunti in questa occasione coincidono con la propria
filosofia aziendale: puntare alla massima integrazione
delle tecnologie avanzate nei campi dell’illuminazione,
dell’amplificazione, della meccanica scenica e relativi trasporti di segnale.
Molpass ha infatti fornito prodotti esclusivi e soluzioni uniche, come l’ancoraggio al soffitto di tutte le infrastrutture
tecniche del teatro, compresa la cabina di regia, in modo
da rispondere anche alle caratteristiche antisismiche del
progetto strutturale.
Molpass ha inoltre progettato e realizzato un nuovo tipo
di graticcio metallico “sdoppiato” unico nel suo genere: ai
tradizionali tagli “all’italiana” (paralleli al proscenio), sono
state affiancate due gole ortogonali al boccascena. Tale soluzione permette la traslazione dei tiri motorizzati su tutta
la lunghezza del palcoscenico senza la necessità di sganciare
le americane sottostanti. Nella torre scenica, sopra il livello
del graticcio, sono collocate tre guide di traslazione Montratt, a servizio di macchine sollevanti a catena e a banda
3
L’impianto audio utilizza un mixer
Yamaha LS9‑32, con due schede
per il trasporto digitale Rieldel
RockNet, e il nuovo line array serie T10 della d&b audiotechnick,
affiancati a due Q‑SUB per le basse frequenze. Gli amplificatori D6
pilotano l’intero sistema e tutte le
funzioni possono essere raggiunte in remoto attraverso la rete
d&b Remote Network, veicolata
all’interno del network RockNet.
Sono stati scelti monitor da palco
Max12, anch’essi pilotati da un D6.
Gli amplificatori ricevono segnali
in AES/EBU, perciò il segnale audio
rimane nel dominio digitale.
Per l’illuminazione di scena Molpass
ha utilizzato solo prodotti Robert
Juliat, di cui è distributore esclusivo per l’Italia. Gli armadi dimmer
utilizzati sono i Tivoli da 3 kW e da
5 kW. Il modello di proiettore teatrale scelto per l’occasione è Lutin,
per la sua possibilità di poter sostituire rapidamente la lente frontale
trasformandolo in PC, fresnel o antialo. I sagomatori scelti sono alogeni da 1000 W della serie 600SX.
Il seguipersona scelto è Victor, con
lampada da 1800 W a scarica ad
alta efficienza, ottica zoom 7°/14,5°
e cambiacolori integrato.
Una console GrandMA Ultralight
gestisce direttamente fino a 1024
canali e supporta fino a 16.384 canali su rete Ethernet; si espande
poi di altrettanti 1024 canali, per
un totale di 2048. La distribuzione
della rete digitale per il controllo
luci è stata smistata in svariati punti del teatro: palcoscenico, fossa
d’orchestra, regia, graticcio, ballatoi, passerelle sala e biglietteria.
Il progetto è frutto del contributo
e delle competenze in forma integrata dell’ing. Giorgio Molinari
e dell’ing. Daniele Pellicelli per la
meccanica di scena, fossa d’orchestra e tiri motorizzati; dell’ing. Daniele Pellicelli per le infrastrutture
della torre scenica, graticcio, passerelle, ballatoi, mantegni, cabina
regia e moduli di copertura della
platea; dell’ing. Giorgio Molinari
e del per. ind. Luca Barbieri per
gli impianti elettroacustici, il trasporto digitale e l’illuminazione
di spettacolo. L’arch. Carlo Armani
ha ricoperto il ruolo di Project
Manager e direttore dei lavori.
1
1: L’ingegner Giorgio Molinari,
amministratore di Molpass.
2: Vista del teatro.
3: La parte superiore del graticcio
“sdoppiato”.
info Molpass: tel. 051 6874711;
www.molpass.it
www.soundlite.it
21
news
La notte legale 2010
Lo scorso 22 settembre s’è svolta a Bologna “La notte legale 2010”, un’intera giornata
dedicata alla legalità nel settore della musica. Questo evento celebra infatti l’anniversario
di due importanti realtà che operano con dedizione e determinazione: “Note Legali”,
un’associazione non-profit nata nel capoluogo emiliano nel 2006, che in soli quattro anni si
è affermata come realtà unica e innovativa, e “Doc Servizi”, la
cooperativa di spettacolo più diffusa nello Stivale, con vent’anni
d’esperienza ed oltre 8000 artisti sotto le proprie ali protettrici.
Quello che lega questi due mondi sono dunque il rispetto delle
regole vigenti, la giustizia sociale, la tutela dei diritti di musicisti
e operatori e, ovviamente, l’amore per la musica.
La giornata si è aperta con un convegno organizzato in
collaborazione con il Museo Internazionale e la Biblioteca della
Musica di Bologna, dal titolo Musicisti e cantanti in sala d’incisione:
novità in tema di previdenza, Nuovo IMAIE e diritti morali. L’incontro
ha visto la partecipazione di Demetrio Chiappa, presidente di Doc
Servizi, Andrea Marco Ricci, presidente di Note Legali, e Andrea
Michinelli, di Studio Legale D’Ammassa & Associati, i quali sono
acutamente intervenuti con opinioni, proposte e critiche.
Terminati i confronti tra i relatori ha preso il via la tavola rotonda
dedicata al Nuovo IMAE, aperta alle rappresentanze sindacali e
associative degli artisti, interpreti ed esecutori.
Al termine del convegno la giornata è proseguita con l’assemblea annuale dei soci di Note
Legali, alla quale è seguita la festa vera e propria al Giostrà Café – storico locale di live music
bolognese – dove si sono riuniti musicisti e addetti ai lavori da ogni parte d’Italia, creando
un clima amichevole e dando prova di grande affetto nei confronti dell’Associazione e della
Cooperativa.
La serata è stata animata dalle esibizioni live di alcuni artisti legati a Note Legali e a Doc
Servizi. È stata la magica voce di Toni Melillo a rompere il ghiaccio, che insieme all’armonicista
Marco Bianchi ha presentato alcuni brani tratti dal suo primo disco Il mio giardino.
Durante la serata Note Legali ha consegnato, come di consueto, le “Note di Merito”, un
riconoscimento verso chi si è distinto nella diffusione del diritto alla musica, che quest’anno è
spettato a tre scuole di musica milanesi.
Un evento da lodare ed ammirare, orgoglioso di erigersi su saldi principi e decorosi eventi
come questo.
info DOC Servizi: tel. 045 8230796; www.docservizi.it
L’idea dell’incontro nasce dalla volontà di conoscersi meglio, di
sviluppare i rapporti e di progettare insieme, nell’immediato futuro,
altri incontri di approfondimento dei temi trattati.
Hanno già aderito e saranno presenti le più importanti cooperative
presenti in Italia.
Chi vorrà aderire all’incontro è pregato di inviare una mail ad
[email protected], specificando il nome della Cooperativa ed i
nomi delle persone aderenti che parteciperanno.
info ANS: [email protected]
I tuoi grandi eventi Live meritano la perfezione tecnologica nelle connessioni e cablaggi,
il sistema opticalCON-QUAD, facilita il setup grazie allo sviluppo dei sistemi di cablatura
e connessione in fibra ottica dalle performance eccellenti
2 channel cable
opticalCON DUE
equipe connection
opticalCON
breackout box
+ powerMONITOR
Equipment connection
opticalCON DUO
Amp
Rack
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Rack
Video
Rack
novembre/dicembre 2010 - n.86
DMX
Rack
opticalCON QUAD
Point-to-Point connection
opticalCON QUAD
1 RU Panel + powerMONITOR
X-treme cable, ultra robust,
double jacket, cut proof
X-treme cable, ultra robust
double jacket, cut proof
opticalCON QUAD 3 RU Panel
Errata Corrige
Vorremo porgere le
nostre più sincere scuse
a Pietro “Peter” Grandi
per aver tralasciato il
suo nome nell’elenco dei
crediti per la produzione
dei contenuti video
per la tournée Ligabue
Stadi 2010. Ringraziamo
anche i suoi colleghi che
ci hanno avvertito della
nostra svista.
FOH Sound system
opticalCON QUAD
Point-to-Point connection
FOH Video/Lighting
Sound system
Video
InterCom; Data
DMX
«I connettori dimostrano di essere davvero affidabili
rispetto a quelli utilizzati in passato. Infatti hanno
resistito perfettamente ad un tornado durante
un evento all'aperto tenutosi in Italia».
«Questo sistema è fantastico.
Non ha mai avuto problemi».
Cyril Bême Operations Director,
Solotech
Howard Page, senior director of engineering,
Clair Brothers
Analog & Digital Technology s.r.l.
Via Solferino, 54 - 20052 Monza (MB)
Tel. +39 039 21.69.21 - Fax +39 039 21.03.506
[email protected] - www.adtweb.it
22
4 channel cable
opticalCON DUO
1 RU Panel + powerMONITOR
ANS incontra le Cooperative di tecnici dello spettacolo
ANS, l’associazione dei service italiani, invita le Cooperative dei tecnici
dello spettacolo ad un incontro-tavola rotonda che si terrà a Milano,
presso la sede di Foro Bonaparte 65, il 17 novembre alle 14.30.
I temi dell’incontro saranno:
- presentazione dell’attività di ANS alle Cooperative di tecnici;
- valutazione di iniziative comuni nell’ambito della formazione e
aggiornamento professionale;
- iniziative per migliorare il rapporto di collaborazione tra Service
e Cooperative.
opticalCON
sistemi di connessione a fibra ottica
opticalCON QUAD
Point-to-Point connection
news
S’è tenuta mercoledì 23
giugno, nella splendida
cornice della Reggia di
Venaria, la più grande
residenza sabauda di
tutto il Piemonte, la prima
edizione del Beat Music
Festival, l’appuntamento
di maggior spessore
per tutti gli amanti della
musica dance, trance ed
elettronica, che ha visto
esibirsi numerosi DJ di
fama internazionale che
hanno letteralmente
fatto esplodere il
numerosissimo pubblico.
È
il primo vero grande format-beat italiano rivolto
ad un movimento che fino
pochi anni fa era relegato
alle piste delle discoteche e ora si
vuole imporre fortemente anche
fuori da esse, scegliendo Torino
come capitale italiana della musica dance. Protagonista indiscusso della serata è stato DJ Tiësto,
punta di diamante della scena
trance mondiale, celebre ormai in
tutto il globo grazie non solo alle
sue performance live ma anche,
e soprattutto, per le importanti
collaborazioni con Justin Timberlake e Britney Spears (sbirciando
su Wikipedia si può trovare un
elenco interminabile di progetti
e collaborazioni cui ha preso parte), o ancora per le performance
all’apertura delle Olimpiadi di Pechino nel 2008 e a quelle di Atene nel 2004. Ovviamente l’unica
tappa del DJ olandese nel nostro
stivale, ovvero quella del Beat Music Festival, ha triplicato le dimensioni e la portata dell’evento. Basti
pensare che i biglietti sono stati
venduti anche al di fuori del terri-
24
novembre/dicembre 2010 - n.86
torio nazionale, soprattutto in Spagna, Francia, Regno Unito,
Belgio, Germania, Turchia, Norvegia e anche negli Stati Uniti.
Dieci ore di musica no-stop, 600 minuti che hanno fatto tremare le mura della Reggia di Venaria, sotto i piedi di un
pubblico che non ha mai smesso di saltare e ballare trascinato dalla grinta di tutti i DJ, rispettivamente Marco Alessandria, Fake Plastic Trees, Paolo Aliberti, Aki Bergen, Outwork,
Dab, Get Far Fargetta, Laurent Wolf, nomi decisamente ben
conosciuti dalle più famose discoteche italiane.
È proprio questo l’evento d’apertura dell’estate torinese,
voluto fortemente dal comitato organizzatore per mantenere alto il numero e la qualità degli eventi nel capoluogo
piemontese, quest’anno scelto come “Capitale Europea dei
Giovani 2010”.
L’evento è nato anche dalla mission “Music will save the
children”, nobile movimento che mira a sensibilizzare le
nuove generazioni su una così importante tematica sociale.
Proprio a favore di ciò è stato allestito, all’interno della Reggia di Venara, uno stand rivolto ad informare e a raccogliere
fondi a sostegno dell’associazione “La Girandola” (cooperativa sociale a favore degli adolescenti vittime di abusi e
pedofilia).
Torino ha dunque scelto la Reggia di Venaria e il Beat Music Festival come mittenti di un importante messaggio volto
ad unire i giovani alla musica, alla cultura e alle tematiche
attuali.
Il compito di tirare le redini dell’audio è spettato a Walter Taietti, equipaggiato da Audio Equipment con dei JBL
VerTec VT4888DP e dei JBL subwoofer VT4880 che hanno
pompato musica a valanghe per tutta la notte.
Distribuito in Italia da: Audiolink
tel. 0521 648723 - fax 0521 648848
www.audiolink.it - [email protected]
Beat Music Festival
news
di
Mike Clark
Clark’s
Corner
un occhio sulla stampa internazionale
Total Production International
Installation Europe
Dopo avere aperto un ufficio ven‑
dite nel Regno Unito a maggio,
Analog Way, produttore francese
di convertitori d’immagine e di
mixer e console di controllo per
le presentazioni, ha aperto anche
una sede in Italia. Oltre a vendere
i prodotti della società nel terri‑
torio italiano, Analog Way Ita‑
lia, con sede a Novate Milanese,
fornirà anche servizi di supporto
tecnico e di formazione. L’ufficio
italiano sarà gestito da Demetrio
Faroldi, che ha annunciato che
l’azienda manterrà il suo rapporto
di distribuzione con la COMM‑TEC
Italia di Faenza.
Per il suo nuovo teatro – la Sala
d’Educazione dello Spettacolo – il
Centro per la promozione della
Cultura Nazionale, Regionale ed
Europea di Karolin, in Polonia, ha
acquistato un sistema di monito‑
raggio personale Aviom, accolto
favorevolmente sia dai musicisti
sia dai fonici per il modo in cui
questo sistema semplifica no‑
tevolmente il lavoro di “sound
check”. Dotata di uno tra i più
moderni sistemi audio in Polonia,
la sala (con una capienza di 560
persone) è anche attrezzata con
una console Digidesign VENUE.
Dalla console, i segnali sono in‑
viati a quattro Aviom A‑16R mixer
(installati in rack), che a loro volta
sono controllati da quattro super‑
fici di controllo A‑16CS.
26
novembre/dicembre 2010 - n.86
La pittoresca cittadina inglese di Exmouth, nella contea di
Devon (conosciuta per il suo ottimo sidro di mela) sta diven‑
tando nota anche per le sue spiagge, ma soprattutto – nel
mondo delle tecnologie per lo spettacolo – grazie al succes‑
so di una piccola ma dinamica azienda, la GSL Power Ltd.
Fondata nel 2004, la società produce rack dimmer e prodot‑
ti per la distribuzione dell’elettricità basati su una gamma di
singoli pannelli modulari intercambiabili. Oltre a produrre
per l’industria dell’intrattenimento e per i service, GSL Po‑
wer offre anche un servizio di riparazione ed upgrade per
rack già esistenti. Anche se relativamente giovane, l’azien‑
da ha un pedigree notevole, grazie all’esperienza del tito‑
lare, Gary Lodge, che ha lavorato per oltre 25 anni nel set‑
tore, con aziende del calibro di Avolites e Panalux. Il tutto
ha avuto inizio quando il service luci del musical Grease ha
voluto utilizzare alcuni rack dimmer della ETC studiati per
il tour della produzione, scoprendo che non esistevano rack
ETC per il mondo dei tour. Lodge ha quindi progettato e
costruito quattro rack dimmer ETC a 48 vie e, a quel punto,
la GSL si è dovuta trasferire dal garage di Lodge alla sua
sede attuale.
Pro Sound News Europe
Clair Brothers, uno dei fornitori di sistemi audio più cono‑
sciuti al mondo, ha compiuto un ulteriore passo per svi‑
luppare la sua presenza fuori degli Stati Uniti (il quartiere
generale della società statunitense è a Mannheim, Pennsyl‑
vania). Il fondatore Roy Clair e suo figlio Barry, presidente
dell’azienda, hanno annunciato la nomina di David Cooper
come responsabile dello sviluppo globale. Cooper era pre‑
cedentemente direttore vendite e marketing per Midas,
azienda lasciata dopo vent’anni di carriera per fondare una
propria società di consulenza.
Il Centro per la Musica Digitale di Londra, parte dell’Univer‑
sità di Queen Mary, è un gruppo di ricerca multi-disciplinare
nel campo della musica e della tecnologia audio. Ultima‑
mente ha fatto delle dimostrazioni di “B‑Keeper”, un siste‑
ma software che gira su Ableton Live e che è in grado di re‑
golare automaticamente il ritmo di un sequencer musicale
mentre suona, in modo che i loop musicali possano seguire
il ritmo di un batterista (vero). In questo modo, se il batteri‑
sta accelera, la traccia ritmica lo segue.
rubriche
di
Toni Soddu
Stage
Management
Da queste due differenti input list si potrà ricavare uno
schema che andrà bene per entrambe le band e permetterà di lasciare fissi gli insert, cosa utile, nel caso di utilizzo di console analogiche, a guadagnare minuti preziosi nel
change-over (cambio palco) per dedicarli al set up e ad uno
straccio di line check che permetta di capire qualcosa sui
suoni da ottenere per lo show.
Questo permetterà inoltre un ulteriore vantaggio, rappresentato dai cablaggi sul palco che potranno essere organizzati in modo da averli comodi vicino alla posizione
della sorgente da riprendere e collegare, riducendo così le
possibilità di errore sempre in agguato quando i tempi si
fanno risicati.
Lo Stato Attuale
Come annunciato al termine della serie di
articoli riguardanti lo Stage Management,
parlerò dell’evoluzione, secondo la mia
idea, di questo settore dello show business.
Naturalmente lo farò da un punto di vista
personale avendo ed attualmente svolgendo
questa mansione in occasione di festival, eventi
a carattere musicale e non.
L
a figura dello stage manager così intesa, rappresenta
il responsabile del palcoscenico che amministra gli
orari di esibizione o prova, produce la documentazione necessaria
per informare la squadra di quello che accadrà, organizza il palco
in modo che il materiale presente
sia posizionato in modo giusto
affinché non si creino ingorghi
di pedane/backline/uomini, oltre
a dettare le regole comuni della
convivenza di più persone che lavorano nello stesso fazzoletto di
legno (palcoscenico).
In questi anni ho inteso e compreso questi principi di base, aggiungendo a mia volta delle varianti
pensate per snellire alcune procedure come il line check di solito
effettuato dalla crew ospite ed il
sistema di cablaggio cosiddetto a
“famiglie” per avere uno schema
standard sempre simile da utilizzare ed elaborare su apposite schede, da distribuire poi a chi si dovrà
occupare dei collegamenti audio.
Scendo nei dettagli tecnici della
questione.
Il patch cosidetto a “famiglie”
prevede l’utilizzo del nostro siste-
28
novembre/dicembre 2010 - n.86
ma più diffuso a livello di cablaggi, che è basato su extension box (ciabattine) da otto trasporti bilanciati ciascuna.
Disponendo usualmente di una console audio per il FoH
(sala) ed una per i monitor di almeno 40 ingressi microfonici, ognuna delle quali dotata di insert per le dinamiche
(compressori e gates), il sistema a “famiglie” permette di
mantenere fissi alcuni canali di fondamentale utilizzo quali
batteria, basso e voci.
È risaputo che le input list di ogni singolo artista variano a
seconda delle esigenze dettate dalla band e dal backline,
quindi a volte differiranno molto le une dalle altre.
Accorpando con alcuni accorgimenti gli ingressi microfonici
disseminati sul palcoscenico, si riesce ad avere un quadro
simile per tutti.
01
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KICK
SNARE
HH
RTOM
FTOM
OH L
OH R
RIDE
BASS DI
BASS MIC
EL GTR SR
EL GTR SL
KEY L
KEY R
SAX
SR VOC
LEAD VOC
SL VOC
SPARE VOC
D112
SM57
C451
MD421
MD421
C414
C414
C451
DI
MD421
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SM57
DI
DI
MD441
SM58
SM58
SM58
SM58
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20
KICK 91
KICK 52
SN TOP
SN BOT
HH
RTOM
FTOM 1
FTOM 2
OH L
OH R
BASS DI
BASS PRE
EL GTR SC
HD1
HD2
HD3
HD4
ACO
LEAD VOC
SPARE VOC
B91
B52
SM57
SM57
C451
MD421
MD421
MD421
C414
C414
DI
XLR
SM57
DI
DI
DI
DI
DI
SM58
SM58
Il risultato dopo la produzione da parte dello stage manager del documento finale utilizzabile nel festival:
INPUT N°
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39
40
BAND1
KICK
SNARE
HH
RTOM
FTOM
OH L
OH R
RIDE
BASS DI
BAND2
KICK 91
KICK 52
SN TOP
SN BOT
HH
RTOM
FTOM 1
FTOM 2
OH L
OH R
BASS DI
BASS PRE
BASS MIC
EL GTR SR
EL GTR SC
EL GTR SL
ACO
KEY L
KEY R
HD1
HD2
HD3
HD4
SAX
SR VOC.
LEAD VOC
SL VOC
SPARE VOC
LEAD VOC
SPARE VOC
FESTIVAL
patch
KICK 91
KICK / 52
SNARE / SNTOP
SN BOT
HH
RTOM
FTOM / 1
FTOM 2
OH L
OH R
RIDE
BASS DI
BASS PRE
BASS MIC
MIC/DI
INSERT
B91
B52
SM57
SM57
C451
MD421
MD421
MD421
C414
C414
C451
DI
XLR
MD421
GATE+COMP
GATE+COMP
GATE+COMP
GATE+COMP
EL GTR SR
EL GTR SC
EL GTR SL
ACO
SM57
SM57
SM57
DI
GATE+COMP
GATE+COMP
GATE+COMP
COMP
COMP
GATE
COMP
KEY L
KEY R
HD1
HD2
HD3
HD4
DI
DI
DI
DI
DI
DI
SAX
VOC SR
LEAD VOC
VOC SL
MD441
SM58
SM58
SM58
COMP
COMP+EQ
COMP
SPARE VOC
SM58
COMP
Lo schema che si presenterà agli operatori (fonici) non sarà
esattamente la input list che quotidianamente appare sotto
gli occhi, ma la console risulterà suddivisa per “argomenti”
sicuramente noti, così da permettere, in pratica, di ritrovare
agevolmente e velocemente i vari
canali.
Il vantaggio starà nel fatto che
gli insert saranno già pronti e nel
caso di No-Soundchecking-Festival (la stragrande maggioranza)
potranno essere manipolati per le
esigenze dello show.
In poco tempo, ricordo…
D’altra parte, il lavoro sul palco
ne uscirà decisamente avvantaggiato perché i cablaggi seguiranno uno schema fissato prima
della partenza dello show e di
cui tutti quelli che prestano la
loro opera sul palco sono a conoscenza.
Le extension box (ciabattine) da
otto ingressi ciascuna saranno divise per colori:
• ROSSO da 01 a 16, posizionate
vicino alla pedana della
batteria ed in prossimità
dell’amplificatore del basso.
• BLU da 17 a 24, posizionata
al centro del palco dietro gli
amplificatori per chitarra.
• ARANCIO da 25 a 32, nella
postazione delle tastiere con
possibilità di un multicord
da quattro XLR-XLR per
eventualmente raggiungere
la posizione dell’HD
(multitraccia per le basi) che
alloggi lontano dalle tastiere.
• VERDE da 33 a 40, messa
in bella mostra sul limite
frontale del palco vicino alle
aste microfoniche delle voci e
facilmente visibile.
Così operando, i cablaggi relativi
rimarranno vicino alle sorgenti ed
il percorso dei cavi sarà ordinato e
di facile individuazione.
Soprattutto in caso di guai, sarà
facile intervenire sul palco così
suddiviso in zone.
Durante il line check si potrà controllare passo per passo il corretto
collegamento e funzionamento
dei microfoni e delle D.I. Box.
Soprattutto lo stage manager e
la sua crew avranno possibilità di
discutere il progetto dell’intero
cablaggio del palco molto prima
di essere sul luogo di lavoro. Via
mail ci si scambieranno informazioni, schede ed eventuali correzioni utili a snellire la pratica ed
a ridurre al minimo la possibilità
di errore durante le operazioni di
change-over.
www.soundlite.it
29
rubriche
di
Giuseppe Romeo
Sicurezza o
Burocrazia
Il delicato ruolo delle Commissioni di Vigilanza
L
a sicurezza non si vede, la sicurezza non si tocca. Finché
la mancata sicurezza, ovvero la mancata applicazione
delle discipline su di essa, non ci
aggredisce con i suoi esiti spesso
nefasti, sembra addirittura che la
sicurezza non esista. Chi ha il compito di governare gli organismi di
controllo – gli enti tecnici, gli organi collegiali – ha spesso questo immane compito: imporre qualcosa
di costoso che non si vede.
La sicurezza, però, è una qualità, e
questo è un fatto indiscutibile. Ed è
una qualità nella misura in cui esce
dall’ambito burocratico della cosa
pubblica, quella tendente a misurarsi esclusivamente con la carta in
quanto tale ma che rifugge poi dal
significato profondo del proprio
lavoro, per divenire espressione
del significato vero che la parola
sicurezza porta con sé.
Nell’ambito dei locali di spettacolo questo delicato compito è a
carico di due soggetti: il gestore e
l’organo di controllo, ovverosia la
Commissione di Vigilanza.
Ma cosa sono le Commissioni e
qual è il loro ruolo?
Le Commissioni, comunali o provinciali che siano, non sono orga-
30
novembre/dicembre 2010 - n.86
nismi atti a sciogliere e portare a conclusione procedimenti
burocratici, ma strumenti che operano a garanzia dell’incolumità e della sicurezza del pubblico nei luoghi di spettacolo e trattenimento. In questo senso operano come organo
consultivo, quindi come supporto a chi è deputato a rilasciare successivamente il vero e proprio atto autorizzatorio,
che è la licenza.
Le Commissioni sono organi collegiali sostanzialmente tecnici, ancorché inseriti in ambito amministrativo. In quanto
organi tecnici, sono generalmente guidati dalla normativa
tecnica, quella cioè che gli fornisce i parametri di riferimento e raffronto attraverso i quali poi esprimere una valutazione in ordine alla sicurezza del locale oggetto di controllo. La norma tecnica sta quindi alla Commissione come il
breviario al religioso.
La normativa tecnica cui si fa riferimento per la verifica di
agibilità dei luoghi di spettacolo e trattenimento è principalmente contenuta nel decreto ministeriale del 19 agosto
1996, mentre per gli impianti sportivi si fa riferimento al decreto 18 marzo 1996. Tutti e due sostituiscono il previgente
strumentario rappresentato dalla circolare 16 del 1951. In
tali discipline sono state opportunamente raggruppate le
prescrizioni in ordine alla sicurezza ed alla prevenzione incendi, precedentemente sparpagliate in vari provvedimenti.
In realtà poi di norme ce ne sono molte altre, ognuna afferente a tematiche specifiche, ma in questa sede non voglio
disquisire di norme tecniche: lasciamo che siano i tecnici a
parlarne, in situazioni più opportune.
Vorrei parlare d’altro: qual è il senso del lavoro delle Commissioni?
Abbiamo parlato di norma tecnica. Sappiamo per certo,
come tutte le discipline di questa specie, che essa è deterministica, e lo è per definizione. Prendiamo ad esempio al-
cuni spezzoni di discorsi fatti con il “breviario” in mano:
“Fino a 99 sì, a 101 no”. “A 499 kg ci salviamo e a 501
schiattiamo”. “Da qui ne escono 37,5 e da quest’altra 60”.
Eccetera, eccetera.
La sua caratteristica eccessivamente deterministica è, di
conseguenza, anche il suo limite: nel tentativo di normare
tutto, la stessa tende a non lasciare spazio di valutazione
all’organismo accertatore, la Commissione, la quale si ritrova quindi trasformata da organo preposto alla valutazione
di agibilità del locale, come lo voleva la legge (art. 80 Tulps),
a collegio verificatore del rispetto della norma.
Questo limite determina anche la circostanza che l’organo
accertatore, tra l’applicazione di una prescrizione rispettosa della norma ma evidentemente inopportuna, ed un’altra
fuori norma ma sicuramente di buon senso, finisce inevitabilmente per adeguarsi alla prima ipotesi, con evidente
spreco di tempo e di energie da parte di tutti. Un esempio
relativo a queste difficoltà nell’applicazione della norma è
quello inerente all’utilizzo degli impianti sportivi (palasport,
stadi, ecc.) per avvenimenti di pubblico spettacolo (concerti,
spettacoli vari, ecc,). Prima dei chiarimenti intervenuti con
le circolari del 18.12.97 e del 19.5.98, poi fatti propri e ratificati con il decreto ministeriale 6 marzo 2001, la questione
della capienza di tali impianti nelle menzionate circostanze
aveva creato interpretazioni più o meno restrittive, nonché
le proteste delle organizzazioni di categoria.
Ma qui forse ancora l’esempio è poco chiaro. Facciamone
uno pratico parlando di uscite di sicurezza. Guardate le immagini in queste pagine che riproducono le planimetrie di
due sale cinematografiche.
Nel primo esempio la sala cinematografica ha due uscite di
sicurezza di 120 cm ed un ingresso/uscita. Nel secondo ha
quattro uscite di sicurezza di 100 cm ed un ingresso/uscita.
Il buon senso ci informa che la seconda ipotesi rappresenta
una situazione, se non migliore, almeno non peggiore della
prima in termini di sicurezza. Ma, lavorando con il “breviario”
in mano, dobbiamo dichiarare la prima conforme alla norma
e la seconda no.
Dopo vent’anni di lavoro nelle Commissioni potrei fare decine di questi esempi, per cui sia consentito fermarsi qua.
La Commissione è un organo tecnico costituito, ragionando
in astratto, da alte professionalità nel campo della sicurezza antincendio, elettrica, statica, sanitaria. Il suo compito
non è quello di fare il gendarme delle norme. Insomma, la
Commissione non è un Vigile Urbano con il blocchetto delle multe in tasca, ma un organismo che dichiara un locale
di pubblico spettacolo sicuro o meno, e lo fa certamente
avendo piena contezza delle norme che sottendono questa
materia, ma lo fa anche in ragione della specifica professionalità multipla che la compone.
L’argomento è delicato e, nel contempo, elevato. Se una
determinata attività è sottoposta a valutazioni di natura
tecnica all’interno di un compendio normativo chiaro ed
esaustivo, allora non serve condizionarla a valutazioni preventive a carico dell’organo di controllo pubblico. Se lo si
fa, i casi sono due: o il compendio normativo non è chiaro,
oppure esso è semplicemente di supporto all’organismo di
controllo pubblico che, a sua volta, deve avere margini di
manovra più ampi.
Nel primo caso il rimedio non appare efficace. Se la norma
non è chiara non lo è per nessuno per cui, nel dubbio, l’organo pubblico non può che comportarsi in maniera restrittiva.
La seconda ipotesi immagina
un’amministrazione
“avanti”,
composta cioè da organi che hanno prima di tutto davanti a sé il
senso del loro operare.
Il discorso è complesso, e meriterebbe un dialogo più ampio che
coinvolgesse anche le Procure e
l’autorità giudiziaria in genere.
Se può essere di conforto, posso
aggiungere che, nei rari casi in cui
le Procure si sono “interessate”
all’attività che mi vedeva coinvolto, tra un consulente tecnico
molto burocrate (col breviario in
mano, per intenderci) ed il parere
della Commissione, hanno sempre creduto al secondo, in quanto
ad esso sottende una professionalità difficilmente raggiungibile
dal primo.
Articolo pubblicato sul n. 2
di Pubblico&Spettacolo.
SALA 1
SALA 2
Giuseppe Romeo, Segretario della Commissione provinciale
di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo di Venezia.
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31
rubriche
di
Stefano Cantadori
te
te
M
i dissero: “Guarda, la
paga non è un granché,
si tratta solo di andare a
fare delle registrazioni
durante le prove del gruppo. Per
quanto riguarda vitto e alloggio,
dormirai dove dormono loro e
mangerai con loro. Roba di una
settimana neanche e poi torni a
casa. Il materiale è già sul posto:
un mixer a otto canali (che per i
tempi era la misura standard) un
Revox e due casse con una bassa
da 200 W”.
La “bassa”, caro lettore, era il termine gergale in elettronica per
“amplificatore di bassa frequenza”. Gli altri amplificatori, quelli
nobili, erano per radio, radar e televisione. Alta frequenza, appunto. Già allora avrei dovuto capire
che mi stavo infilando nella porta
sbagliata della tecnologia e dello
show biz.
Sennonché io vado dove la ditta
mi dice di andare e faccio quello
32
novembre/dicembre 2010 - n.86
p
Chi lavora nello spettacolo spesso
può trovarsi in mezzo ad eventi
rilevanti anche dal punto di vista
sociale e storico. A volte senza
rendersene conto. È quello che
accadde nel 1976, alla tenera età di
17 anni, a Stefano Cantadori. Ecco il
suo racconto.
ar
p
Parco Lambro e
1
l’esproprio proletario
ar
che mi dicono di fare. Credo che questa sia l’essenza di avere un lavoro, anche se da quasi ribelle, quanto poteva esserlo fare il tecnico del suono nel 1976.
Partii quindi in treno per Roma, pronto a spendere l’inizio delle mie vacanze estive di studente di buona famiglia,
come tecnico a ore per uno sconosciuto gruppo di musica
popolare, il Canzoniere del Lazio.
Arrivato a Roma, mi portarono fuori città, sulla Cassia, non
lontano dal Poggio delle Rose. Il gruppo più che suonare
cazzeggiava, usciva e rientrava dalla sala prove in questa
stupenda corte di campagna. Mixer, registratore e casse erano nella stessa sala dove suonavano, ovviamente non erano
in grado di monitorare alcunché e di conseguenza fu impossibile registrare qualcosa con una pretesa di mixaggio. Mi
ero portato da casa una cuffia, ma non servì a nulla.
Scoprii che si dormiva in un’affascinante costruzione non
lontana dal Colosseo. Non c’erano ascensori (e neanche letti) ma lunghe scalinate di pietra che si svolgevano in un irreale edificio completamente deserto, fino alle ultime esili
aeree e vacillanti passerelle in legno.
Lo sterminato sottotetto, retto da secolari travi a vista, era
popolato da barbuti abbigliati in modo casual-socialista e
simpatiche individue in sottane colorate: quel genere di
persone che campano vendendo nastrini e collanine. Hai
presente una comune?
Pagai il primo scotto alla mia educazione borghese dopo
tre giorni di insalate e miglio; confessai di avere assoluta
necessità di una bistecca. Fecero una colletta e finalmente
potei recarmi in trattoria. Aspettai in piedi in disparte sino a
che l’orda dei turisti sciamasse via, quasi solitario ospite, con
il sole estivo che mi martellava la testa, occupai un tavolino
di fronte al Colosseo. La bistecca ovviamente la negoziai,
perché i soldi all’epoca non bastavano ma, e con solidarietà complice, il cameriere mi rimediò anche una porzione di
patatine fritte.
Nel 1976 la Corte di Cassazione, unica al mondo, condannò
Ultimo Tango a Parigi: ne venne vietata la proiezione e lo
Stato Italiano ne bruciò tutte le copie. Ah, i venti di libertà
della cultura ufficiale. Erano ahimé anche i tempi delle Brigate Rosse e l’anno del terremoto nel Friuli.
Roma era un crogiuolo di eventi artistici e musicali, piccole cose legate a chi voleva cambiare il mondo. Mi trovavo
immerso nel più straordinario e creativo periodo musicalculturale che si possa desiderare.
Trascinavo il mixer e le due piccole casse della ditta in giro
per Roma, al seguito dei miei nuovi amici. Mi trovai un paio
di volte a mixare al Folk Studio: “Ah, lei è il signor Toquinho? Ciao, io sono Stefano”. C’era nell’aria un fermento di
speranza, vita, ideali, credevamo davvero in un mondo migliore, una combinazione irripetibile che non ha più avuto
uguale.
Intanto il gruppo fu invitato a Milano, a Parco Lambro, per
il Festival di Re Nudo. Chiesi istruzioni alla Wilder e mi dissero di seguire i clienti e di fare inoltre assistenza al mixer
Davoli sullo studio mobile su cui operava Gaetano Ria: due
piccioni con una fava (io ero la fava).
Partimmo in treno con gli strumenti come “bagaglio appresso”, non potendo pagare il vagone merci. Il capotreno
ci diede manforte e i suggerimenti del caso, avvertendo i
suoi colleghi delle tratte successive. Arrivati a Milano, combinammo tre taxi stracarichi con le nostre cianfrusaglie. Mi
giocai così gli ultimi soldini. Gli altri in autobus.
Dentro il parco fu difficoltoso spiegare il borghese utilizzo
del taxi, “ce volevano menà”, ma riuscimmo a raggiungere
il palco con i taxi, sotto scorta del servizio d’ordine. Probabilmente Katanga, e non mi riferisco al ramo sorgentifero di
sinistra della Tunguska Pietrosa.
La prima cosa che accadde sotto il palco fu che mi fregarono
democraticamente la valigia e rimasi con quel che avevo indosso. Mi guardai intorno da quella posizione sopraelevata
e vidi centomila persone immerse nel fango, una scena alla
Woodstock. Dopo essermi accreditato presso il “mobile”,
era ancora mattina, mi misi a girovagare. C’era un gruppo
di maschi con lunghi e lisci capelli bianco titanio, la metà
sinistra del corpo dipinta di verde metallizzato, la metà destra argentea, sembravano appena usciti dalla sala trucco.
Veri alieni. Forse indiani metropolitani, ma chi può dirlo?
C’erano gruppi di persone che litigavano, altri con lo sguardo perso nel vuoto, gente riunita in macchie attorno a suonatori di chitarra, bonghetti e poi ancora bonghetti ad ogni
piè sospinto, ratat tat tat. Dibattiti nelle zone più defilate
di fianco al palco, femministe con gli zoccoli incazzate con
il mondo,“io cioè, in quanto donna”. Ebbi modo di cogliere, nel corso della giornata, occasionali comunicazioni per
megafono che spesso avevano senso sì e no per lo speaker.
Cioè, in quanto qualcosa.
Capii, in pochi minuti di osservazioni, che la sinistra extraparlamentare non aveva futuro politico. Ma era una situazione elettrizzante e andava vissuta in pienezza. Era un
evento di portata storica ed io c’ero.
Da mangiare invece no. Il camion frigorifero che portava
i polli per la mensa, reo di avere sul cassone la borghese
scritta “Motta”, fu preso d’assalto e svaligiato dagli stessi
frequentatori del festival, perfetto esempio di auto-sabotaggio. Decine di fuocherelli improvvisati carbonizzarono i
pollastri ancora congelati. Il resto andò velocemente in putrefazione e nel parco, a macchia di leopardo, aleggiava un
certo tanfo. E non c’era più nulla da mangiare. L’acqua da
bere era cosa preziosa. Il rifornimento idrico era stato negato dal Comune di Milano. O era venuto a mancare. Non
vi saprei dire.
Il meglio doveva ancora accadere, ma il resto di questa incredibile avventura tecnico-proletaria ve lo racconterò nel
prossimo numero.
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33
personaggio
Dalla profonda
campagna toscana al
grandioso tour negli
stadi di Ligabue
Franco
di
A
spetto da boxeur, accento toscano, atteggiamento bonario ma sempre molto attento a quello che
gli accade intorno. Franco Comanducci, da diversi
anni, è un personaggio impiegato in vari ruoli in
molte produzioni di alto livello, fino all’ultimo tour di Luciano Ligabue, prodotto da Riservarossa, per cui ha curato
ogni aspetto dell’organizzazione tecnica aggiungendo un
personale apporto creativo.
Lo incontriamo non casualmente allo stadio di Bologna, lo
costringiamo a spegnere il telefonino e lo trasciniamo dietro il palco per una chiacchierata: vogliamo conoscere meglio il suo percorso professionale e qualche suo pensiero sul
mondo dei concerti live.
Come sei entrato nel mondo dello spettacolo?
Ho iniziato a metà degli anni ’80 lavorando per i piccoli
service, nelle feste paesane. Facevo un po’ di tutto: guidavo il camion, scaricavo e caricavo, facevo il fonico di palco,
veramente di tutto. Poi, una volta imparati i rudimenti del
mestiere, mi sono buttato nella mischia dei gruppi rock che
cantavano in italiano; era l’epoca di Litfiba, dei CCCP e dei
Denovo, gruppo catanese di cui sono diventato il fonico.
Insomma ho mosso i primi passi proprio dal mio paese, e dicendovi di dove sono vi svelo anche chi è stato il mio primo
cliente: vengo dalla profonda campagna Toscana, per essere precisi da Laterina, e il mio primo cliente in assoluto abitava dall’altra parte del fiume a Ponticino e si chiama Enzo
Ghinazzi, in arte Pupo! Poi, appunto, dalle feste di piazza
ai Denovo, ho avuto l’onore di lavorare, sempre come fonico, con il Maestro Renato Carosone per una lunga stagione
teatrale, e questa esperienza mi aiutò davvero tantissimo.
Conobbi in quegli anni Willy Gubellini di Nuovo Service e
cominciai a lavorare con lui nell’89 per il tour di Zucchero
“Oro Incenso E Birra”. Le condizioni di lavoro erano molto
dure e per poter continuare ci voleva davvero una grande
passione, perché senza quella chiunque avrebbe lasciato
perdere. Nel frattempo ero diventato anche tour manager
dei Denovo, una sorta di “one man-band”, ed avuto modo
di incontrare e conoscere Claudio Trotta, che all’epoca curava la produzione di “El Diablo”, il primo tour nei palazzetti
dei Litfiba. Mi ha chiesto di fare il direttore di produzione, e
così ho cominciato ad avere nuove prospettive. Infatti l’allestimento di questo palco era realizzato dalla Kono, di Enrico
Rovelli, in cui lavorava Paul Jeffery, il quale mi ha portato a
lavorare con loro, nell’imminente tour estivo di Vasco Rossi,
nel ’91, sole cinque date. Per l’occasione non mi occupavo
della struttura, ma dell’allestimento scenico: moquette, teli,
pedane, rampe, scale, scalette, ecc. Allora si cercava di fare
tutto con poco, e ci si doveva pure riuscire in qualche modo.
Ho così continuato negli anni ’90 facendo sempre meno il
fonico e lavorando per vari promoter e produttori come
promoter rep e direttore di produzione nei piccoli e medi
tour italiani.
Promoter rep? Cioè il responsabile del promoter per i
gruppi esteri?
Sì, il “promoter rep” è quella figura che spesso erroneamente viene chiamata “direttore di produzione”, negli spettacoli italiani di produzioni straniere. Il direttore di produzione
in quei casi ovviamente non sei tu, perchè sei il responsabile
del promoter e organizzi tutti i servizi locali.
Ok, eravamo rimasti agli anni Novanta…
Sì, lavoravo per vari promoter, mai legato da accordi esclusivi e continuativi. Nel frattempo cominciava la stagione
dei festival italiani, così ho collaborato ininterrottamente
ad Arezzo Wave dall’87 al 2002,
occupandomi proprio di tutto:
palco, audio, luci, band ecc, e poi
Sonoria dal ‘94 al ‘96 cominciando quindi ad avere molti rapporti
con i service italiani.
Ho collaborato splendidamente
per nove anni anche con “Elio
e le storie tese”. Nel ’93 ho fatto ancora un tour di Vasco, “Gli
Spari Sopra”, e qui ho cominciato a lavorare sul palcoscenico,
alle strette dipendenze di Paul.
Successivamente quando Paul ormai non lavorava più per la Kono,
iniziammo a fare dei lavori insieme: avevamo una certa credibilità, ognuno nel proprio campo
specifico, sia per quanto riguarda
l’aspetto tecnico sia nella gestione, nella progettualità ed anche
nella creatività. Non avevamo
materiali nostri, così li affittavamo dalle altre aziende o collaboravamo con loro. Pian piano,
inevitabilmente, abbiamo scelto
di renderci autonomi ed abbiamo
cominciato a comprare del materiale, fino ad arrivare al 2000,
anno in cui abbiamo fondato “La
Diligenza”, mettendoci sul mercato dei tour e degli allestimenti,
facendo soprattutto un lavoro di
nicchia, con strutture custom e
progetti dedicati.
Da diverso tempo lavori con Luciano Ligabue, quando è cominciato questo impegno?
Ho fatto il primo tour con Luciano
nel 2002, occupandomi del palco;
da allora ininterrottamente, per
fornitura e progetto, entrando
sempre più in sintonia con manager e artista, finché nel 2007 sono
stato incaricato di curare tutta la
produzione, sia in fase progettuale che operativa.
Oggi hai un ruolo importante
in questo ambiente: quanto ritieni utile tutta la gavetta fatta
come fonico piuttosto che come
facchino, autista, palchista, eccetera?
Beh, innanzitutto mi permette di
potermi confrontare avendo le
basi per poter capire, conoscere,
parlare con cognizione di causa di
tutti i vari aspetti. Mi sono mosso sempre all’interno di questo
mondo, ricoprendo ruoli differenti, così ho acquisito un metodo di
approccio e di lavoro con il quale
metto insieme i pezzi.
Giancarlo Messina
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35
personaggio
36
Ormai sono tanti anni che fai
questo mestiere, come lo hai
visto cambiare dagli anni ’80 ad
oggi?
Beh, oggi è certamente molto più
leggero, ci sono molte più comodità e molte persone in più ad aiutarti. Ciò non significa che sia facile, i risultati richiesti sono maggiori, richiede tanto tempo, fatica
e dedizione, ma di certo non è
così duro come lo era negli anni
’80. È cambiato l’atteggiamento delle nuove leve, meno propense a prendersi responsabilità.
Probabilmente perché questo mestiere comporta numerose rinunce e sacrifici. Io cerco di invogliarli
e buttarli in mezzo, quando posso, ma devo ammettere che non
vedo un vero e proprio ricambio
generazionale, anche se prima o
poi ci sarà.
Se non avessi fatto questo mestiere, cosa avresti fatto?
Guarda, la molla che mi ha
spinto inizialmente a fare quello che faccio non è stato tanto
l’amore per la musica, quanto
la voglia di viaggiare, muovermi e vedere cose nuove. Quella
che volevo era un’opportunità
novembre/dicembre 2010 - n.86
per uscire da un piccolo paese di campagna e andare
in giro. Se avessi potuto scegliere qualcos’altro... non
lo so, volevo muovermi in un modo o nell’altro, forse
avrei potuto vendere pacchetti viaggi. Però posso dirti
cosa vorrei fare ora: mi piacerebbe lavorare solo sulla
qualità, meno lavoro ma migliore.
In quest’ultimo tour di Liga siete riusciti davvero a mettere in piedi non solo un grande spettacolo, ma anche
una grande squadra...
È soprattutto l’essere riuscito a lavorare assieme a persone competenti, dei veri professionisti insomma, che ci
ha permesso di realizzare tutto questo. Abbiamo fatto
come quando avevamo pochi materiali e dovevamo fare
tutto il possibile con quello che si aveva in mano, ottimizzando le risorse. Credo che nello spettacolo sia utile
avere più teste e buone idee, l’importante è che siano
pochi quelli che poi prendono le decisioni. Insomma,
più persone che propongono e lavorano, e poche che
filtrano, decidono e si prendono la responsabilità di
cosa si fa e cosa no.
Un tuo stretto collaboratore, di cui non faccio il nome ma
se vuoi solo il cognome, sostiene che con l’età stai diventando estremamente pignolo. È vero?
Noi creiamo qualcosa da vedere. Come i fonici si occupano
di qualcosa che si deve sentire, a noi spetta ciò che si vede.
D’altra parte si dice che si va “a vedere” un concerto, non
che si va “ad ascoltare” un concerto. Quindi, in sostanza…
ammetto di essere pignolo e meticoloso. Mi piace vedere le
cose belle e in ordine e che tutto funzioni bene.
Nel rapporto con gli artisti, qual è secondo te il giusto
compromesso tra il sostenere le proprie idee, anche in
contrasto con quelle del capo, e assecondarlo in tutto e
per tutto anche quando non si è troppo convinti?
Gli artisti, come tutti, amano portare le cose dalla propria
parte, ma davanti ad altri decisi e sicuri di ciò che propongono, ma che lasciano ovviamente a loro l’ultima parola, se
le proposte sono valide diventano più propensi ad ascoltare
meglio e valutare altri punti di vista.
Durante il mega evento di Campovolo tu curavi le strutture: dacci un tuo commento su quello che è stato per te
questo concerto.
Ritengo che sia stata un’esperienza grandiosa. Cioè,
170.000 persone su un terreno piatto, senza nessuna struttura in elevazione...sono tantissime, è stata davvero una
grande esperienza. Per quello che riguarda il nostro lavoro,
cioè le strutture, fummo molto soddisfatti di quanto fatto.
Quell’evento fu per certi aspetti un azzardo, i quattro palchi… la gestione di tutte quelle persone. Ci furono delle
cose bellissime, ma anche alcuni errori. Credo che da quel
tipo di esperienza bisogna trarre insegnamento, soprattutto nella gestione del pubblico, buona parte delle polemiche
venute fuori dipesero proprio da uno sbilanciamento del
posizionamento del pubblico. Fu comunque un’esperienza
veramente gioiosa, una cosa davvero bellissima.
Arriva come ultima domanda il nostro tormentone: qual
è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno, a livello professionale, è quello di realizzare altre produzioni dello stesso livello di quest’ultima di Luciano.
Ecco: una produzione all’anno di questo livello, così ben studiata, pensata e con la squadra giusta, il resto vacanze... un
sogno appunto!
azienda
di
Teyco
T
eyco, il cui nome in greco
antico significa “creare”,
nasce dall’idea di un personaggio che si può definire il precursore delle strutture di
alluminio in Italia: Giuliano Luvisotto, che attorno alla metà degli
anni Novanta ha creato il marchio
Litec, leader nella costruzione di
strutture in alluminio. Dopo aver
portato ai massimi livelli questo
marchio, nel 1999 Litec diventa
parte del Gruppo Manfrotto, il più grande costruttore al mondo di stativi
e sospensioni per l’illuminazione, entrando di conseguenza
nella
famiglia
Vitec Group. Nel
2008 Giuliano
Luvisotto sente
che la sua creatività ha bisogno di nuovi
orizzon1
ti, così in
38
novembre/dicembre 2010 - n.86
Davide Bertozzi
Teyco è un’azienda che si rivolge ai
professionisti dello spettacolo per
assecondarli nel loro lavoro, sviluppare le
loro idee e realizzare i loro progetti in modo
veloce, originale e innovativo, mantenendo
sempre alti i canoni di qualità.
accordo con il marchio decide di uscire dall’azienda. Nel
corso degli anni ha ovviamente immagazzinato una grande
esperienza, potendosi confrontare con aziende e professionisti ai più alti livelli a livello mondiale, esperienza che ha
fatto maturare in Giuliano l’esigenza di creare una struttura
in grado di offrire soluzioni su misura alle diverse richieste
provenienti dal settore dello spettacolo. L’idea non prevede
la realizzazione di prodotti in concorrenza con il marchio
Litec o altri marchi presenti oggi sul mercato, ma è volta a
concretizzare soluzioni ed accessori personalizzati che vanno a completamento di prodotti di serie. L’idea piace anche
ad altri personaggi che nel frattempo Giuliano ha incontrato in quell’ambiente e così nel 2009 decide di fondare la
Teyco, assieme ad un altro noto professionista del mondo
delle strutture in alluminio, Vincenzo Mazzilli, che di Teyco
cura tutta la parte tecnica.
Durante un incontro con Giuliano, nel suo ufficio, ci facciamo spiegare in dettaglio chi è e cosa fa la Teyco.
“Quella che è nata nel 2009 – ci racconta – è un’azienda
al servizio dei professionisti dello spettacolo, che progetta
e realizza prodotti e soluzioni non presenti nei cataloghi
delle aziende produttrici. La nostra sede è di oltre 3000 m2
ed ospita un nucleo base di cinque professionisti. La scelta
di costituire la sede a Noventa Di Piave non è stata casuale,
abbiamo infatti deciso di insediarci in un territorio in cui, in
pochissimi chilometri, potessimo trovare un vasto numero
di aziende e di professionisti con cui poter facilmente inte-
ragire al momento del bisogno, in modo da avere rapporti
e collaborazioni veloci e a portata di mano. Il nostro lavoro
si basa fondamentalmente su un sistema di outsourcing che
consiste nel progettare e sviluppare soluzioni in sede, per
poi realizzarle fisicamente al di fuori di essa e, una volta
terminata questa operazione, ricondurle all’interno della
nostra azienda per la fase di assemblaggio.
“Ci possiamo definire una sorta di general contractor – continua Giuliano – un concetto che è molto sviluppato all’estero, poiché pensiamo, sviluppiamo e realizziamo progetti in
collaborazione con altre organizzazioni.
Qualche esempio?
Abbiamo iniziato collaborando con Italstage in occasione della tournée di Laura Pausini, dove c’era l’esigenza di
realizzare un rolling stage, cioè un palco con le ruote. Per
problemi di tempo, la produzione doveva lavorare contemporaneamente sia alla struttura sospesa, quindi luci e audio,
sia al palco con tutta la strumentazione. Queste due sezioni
venivano quindi montate separatamente e allineate solo in
un secondo momento.
Per questa soluzione solitamente si usano delle comunissime
ruote Caster, quelle che si trovano normalmente nei flight
case. Ma questo tipo di soluzione aveva un problema (e lo ha
tuttora): strutture così pesanti erano difficili da posizionare,
e non tutte le ruote si mettevano sempre nella stessa direzione, rendendo quindi il posizionamento del palco abbastanza
laborioso. Abbiamo così immediatamente intuito che la miglior soluzione era quella di adottare una ruota sferica, intuizione che ha risolto un doppio problema: quello della manovrabilità del palco, più fluida e meno spigolosa, e quello della
portata della ruota, ora in grado di sopportare pesi e sforzi
maggiori. Questo perché tecnicamente con le ruote tradizionali il peso viene solitamente scaricato da un lato, mentre
con la nostra soluzione esso si scarica in asse con il fulcro della
ruota. Sempre da quel lavoro sono uscite altre due soluzioni
che oggi sono di proprietà di Italstage: il palco modulare in
alluminio e la movimentazione degli schermi a LED.
In questi ultimi anni abbiamo visto altre vostre soluzioni
innovative in diverse tournée...
Sì, ad esempio durante la produzione di Tiziano Ferro sono
scaturite delle soluzioni brillanti ed efficaci per il sollevamento di alcuni piani, mentre in quello di Ramazzotti abbiamo migliorato e potenziato i movimenti dei container
che costituivano la scenografia, utilizzando dei Cyber Hoist
in trazione orizzontale. Proprio quest’ultimo stratagemma ha fatto risparmiare una significativa quantità di tempo e fatica rispetto agli espedienti tradizionali. Nell’ultima
tournée di Ligabue, invece, dove appaiono i Giros, quei
triangoli giganti posizionati sul fondale del palco, abbiamo
messo insieme, dalla progettazione alla realizzazione, tutta
la meccanica e l’elettronica di controllo degli stessi.
Così passate dalle strutture alle scenografie automatizzate?
La nostra azienda si propone di lavorare su tre macro aree:
grandi strutture fisse, grandi strutture mobili ed accessori.
Siamo anche molto attenti ai mercati della televisione e del
teatro, dove ultimamente stiamo portando avanti una serie
di progetti e soluzioni volti a migliorare la qualità del lavoro
e di tutto ciò che si vede negli show.
Che tipo di progetti?
Attualmente stiamo lavorando allo sviluppo di un progetto per la gestione dei movimenti, progetto che riteniamo
possa rispondere alle esigenze di un futuro non troppo
lontano. Un futuro che, secondo noi, imporrà l’esigenza
2
3
di avere una centrale per gestire i movimenti con ampi schermi
touchscreen e visioni 3D, sia che
siano motori o pareti o qualsiasi
cosa meccanica e mobile; una centrale che potrà essere sviluppata e
controllata anche solo dai palmari, sino ad arrivare ad una vera e
propria consolle da affiancare ai
vari mixer audio e luci; una superficie dunque che potrà essere sincronizzata e linkata con le altre.
In definitiva, ci sentiamo di sviluppare tutto ciò che prevede il movimento e la gestione dei carichi
all’interno di uno spazio adibito
allo spettacolo. Con le solite attenzioni al design, alla cura estetica, alla facilità di utilizzo, all’integrazione con altri sistemi e, prima
fra tutte, all’alto grado di sicurezza necessario per garantire serenità agli operatori ancor prima che
il rispetto delle leggi in vigore.
1: Giuliano Luvisotto.
2: I “Giros” – truss rotanti usati nella
tournée di Ligabue negli stadi.
3: Il palco della tournéè “Alla Mia
Età” di Tiziano Ferro.
Teyco
Via A. Volta, 27
30020 Noventa di Piave VE
tel. 0421 307585 – 0421 308569
[email protected]
www.teyco.net
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39
Live concert
di
Gigi D’Alessio
Giancarlo Messina
Un tour estivo importante e
creato con maestria, capace
di adattarsi alle varie venue.
Questo sono io – World Tour 2010
S
i sa: i tour estivi devono
essere camaleontici, capaci di adattarsi alle varie
esigenze del calendario,
alla necessaria agilità dei trasferimenti, agli spazi ed alle possibilità
delle varie venue; e non di rado al
budget a disposizione dei promoter locali.
Non fa eccezione questo nuovo
tour di Gigi D’Alessio, prodotto
dalla GGD, azienda dell’artista napoletano, e distribuito dalla F&P
Group. Quindi una produzione
con le due classiche soluzioni, una
“A”, più grande, con gli impianti sospesi ed un bel videowall di
LED, ed una “B” più ridotta.
Noi abbiamo scelto di assistere ad
un concerto con situazione A, al
105 Arena di Rimini, proprio per
aver modo di vedere la produzione in tutto il suo splendore.
40
novembre/dicembre 2010 - n.86
Due parole sulla location, visto che la vediamo utilizzata per
la prima volta per un concerto live: si tratta dell’ampio spazio, normalmente adibito a posteggio, antistante il palazzetto dello sport di Rimini. È, in effetti, una venue piuttosto
adatta ai concerti all’aperto, avendo una buona logistica
ed essendo piuttosto ampia; il promoter ha per l’occasione
predisposto delle sedute con delle sedie e, in fondo, con
delle tribune a gradoni. L’acustica non sembra a prima vista
del tutto ideale, e infatti dagli edifici intorno c’è un ritorno
piuttosto inquietante sulla gamma mediobassa, ma dobbiamo dire che credevamo peggio, perché in effetti durante
il concerto, il suono diretto del PA rende queste riflessioni
praticamente ininfluenti.
Ma torniamo al tour di Gigi.
La produzione
Cominciamo a farci dare i dettagli dal direttore di produzione Marco Gennatiempo, direttore di produzione per la GGD.
“Nella versione più completa – ci spiega – tutto il materiale
tecnico è sospeso, dall’audio alle luci al video, mentre per la
versione ridotta tutto è a terra, abbiamo perfino progettato una struttura alternativa per il disegno luci non sospeso.
Le venue, infatti, non sono sempre uguali, dalla Reggia di
Venaria fino al Teatro Greco di Taormina bisogna sempre
inventarsi qualcosa di gradevole e funzionale.
“Viaggiamo senza palco – continua Marco – quindi è una
delle cose che chiediamo al promoter locale, il quale ci fornisce anche il facchinaggio ed i rigger”.
Come vi muovete per definire il budget e quali sono le
voci di spesa più rilevanti?
La prima cosa da fare è stabilire quanto deve costare il
concerto, da lì si deduce il budget della produzione. Devo
dire che il service con cui lavoriamo, Lombardi, ormai è più
un collaboratore che una ditta esterna, e con lui riusciamo
sempre a trovare la soluzione migliore per stare nei costi
senza sacrificare la qualità. Le voci di spesa maggiori, tolto
l’allestimento i cui costi vanno comunque spalmati su tutte
le date, sono quelle che riguardano hotel e viaggi di tutti:
davvero una spesa significativa, e ovviamente tutta la logistica è a carico nostro, cioè di GGD.
Come interagite con Marco Dacomo, il direttore di produzione di F&P Group?
In effetti io rivolgo tutte le mie richieste non al promoter
locale, ma al distributore, cioè proprio a F&P, che ha poi i
rapporti con i local. Devo dire che Marco è molto bravo,
sa fare il suo mestiere, sa mediare e trovare sempre una
soluzione, perché le problematiche, su e giù per l’Italia, sono
sempre nuove e diverse. Si è creato fra noi un buon rapporto di
collaborazione.
Quali sono le persone dell’entourage di Gigi che collaborano
alla produzione?
Innanzitutto Pierluigi Germini e
Giampiero Tramice, che fanno
parte del team del management,
poi Mario Calabrese, che in effetti
è il suo procuratore generale, ma
che cura alcuni aspetti importanti del tour, come il rapporto con
gli sponsor; poi c’è Anna Maria Di
Lavello, in teoria la mia assistente, ma che in effetti si occupa di
tutto!
Che tipo di schermo LED utilizzate?
Avevamo bisogno, in questa situazione, di un modello molto
affidabile e leggero, così abbiamo
scelto il MiTRIX della Barco, fornito da Euphon. È infatti molto
leggero, facile da trasportare e
montare, nonché affidabile anche
in tour. Inoltre si riesce ad usare
anche in presenza di vento, cosa
molto importante all’aperto, perché l’aria passa fra i LED senza creare un eccessivo effetto vela.
Ma, a parte il materiale utilizzato, voglio davvero sottolineare
che abbiamo creato una squadra
estremamente unita a partire dai
musicisti fino ai tecnici, un team di
lavoro molto compatto,
con persone pronte
a darsi una mano
reciprocamente
anche in campi
non di propria
esclusiva pertinenza. Questo è
molto importante per la
buona riuscita della
tournée.
Dobbiamo anche raccontare,
in proposito, un’ini-
www.soundlite.it
41
Live concert
1: Marco Gennatiempo, direttore di
produzione per la GGD.
2: Marco Dacomo, Il direttore della
produzione per F&P Group.
3: Gianfranco Annunziata,
responsabile dei contenuti video.
4: Massimiliano Fusco, lighting
designer ed operatore luci del tour.
5: Marco Dellatorre, il fonico di palco.
1
2
3
4
5
42
ziativa molto carina: tutto il tour
è stato seguito h24 dalle telecamere di Dalia TV che ha messo in
onda, ogni giorno per cento giorni, un estratto della vita dell’artista e dei tecnici in tournée, una
sorta di “reality concert” con personaggi veri: un applauso a chi ha
avuto questa bella idea!
te dalla regia audio, così i video sono sempre perfettamente in sincrono con la musica. Certamente queste tecnologie
sono molto delicate, ci vuole molta accortezza nel portarle
in tour; si tratta sempre di problemi risolvibili, ma basta un
cavo di rete difettoso perché il sistema vada in palla. Per il
resto devo dire che andare in giro è molto faticoso, ma è
anche divertente, specialmente se, come in questo caso, c’è
armonia nella crew”.
Ma continuiamo a scoprire i dettagli della produzione. Lo facciamo con Marco Dàcomo, ormai
rassegnato all’idea che tutti lo
chiamino Dacòmo: “Io rappresento in tour il promoter nazionale, F&P Group – ci dice – mentre
tutte le aziende sono state scelte
dalla produzione GGD, dal service
audio-luci, di Pasquale Lombardi,
agli schermi LED di Euphon. Il mio
ruolo è fare da anello di congiunzione fra la produzione ed i promoter locali che hanno acquistato la data da F&P, infatti io sono
il referente diretto per entrambi.
In tour lavora con me la mia assistente Francesca Braini che cura
la logistica.
“Si tratta di uno spettacolo che
si assesta intorno ad un pubblico
di 4.000 o 5.000 persone, per cui
le location sono state scelte per
questa fascia. Infatti non è un
tour piccolo, anzi, parliamo di almeno una cinquantina di persone
fisse impiegate in ogni data, con
catering al seguito, tre bilici ed
una motrice oltre ai mezzi dello
sponsor. C’è comunque una bella
sinergia fra i nostri staff e tutto
sta andando molto bene”.
Per completare la parte “visual” dello spettacolo, ci
facciamo dare i dettagli del progetto illuminotecnico
da Massimiliano Fusco, lighting designer ed operatore luci
del tour.
Massimiliano, che tipo di disegno luci serviva per questo
show?
Si tratta di un’illuminazione tipicamente pop, che però
doveva essere molto versatile sotto il profilo dell’allestimento, quindi capace di adattarsi, senza snaturarsi troppo, alle varie tipologie di palco e di venue previste dal
calendario. Come indicazione Gigi mi ha chiesto di illuminare spesso il pubblico, in effetti una parte importante
dello spettacolo.
Tu lavori da molto tempo con Gigi, come si sono evoluti i
suoi concerti?
Sì, collaboro con Gigi dal 2003 e devo dire che musicalmente è cambiato molto, ha avuto un’importante evoluzione
rispetto agli inizi che erano basati sulla classica musica melodica napoletana. Anche il disegno luci ha seguito questa
direzione, ed in questo spettacolo abbiamo anche tre o
quattro pezzi in cui l’illuminazione è un po’ più forte ed
aggressiva, pur senza esagerare e conservando le caratteristiche del genere.
Con che materiale lavori?
Come console uso una GrandMA Full, abbinata ad un
GrandMA Lite: da qui passa tutta la gestione dello show,
compresi i video, le riprese live, le grafiche, tutto connesso
in rete con Pandoras Box. Questo serve a sincronizzare perfettamente i video, ma lo spettacolo luci rimane però tutto
live, eseguito da me manualmente.
Che proiettori ti ha messo a disposizione il service?
Cos’hai scelto?
Il service è Lombardi, di Termini, che ha affidato la gestione
luci ad Audiolux di Milano; devo dire che il servizio è perfetto in tutto e per tutto e molto professionale. Sono molto
soddisfatto del parco luci, in particolare abbiamo 22 Spot
700 HPE e 28 Alpha Beam 300 Clay Paky, 18 Infinity Wash
XL Coemar e 10 Robe Wash 250; poi i classici Atomic strobo,
sagomatori, ACL, eccetera.
Quanto interviene l’artista nel lavoro di progettazione
del tour?
Gigi si fida moltissimo di noi, ma non lascia niente al caso,
diventa sempre più attento alle sfumature, a volte riesce
a notare dei dettagli che sfuggono anche a me! È molto
preciso ed attento al suo spettacolo. Alla fine in questo tour
riusciamo ad accontentare un po’ tutti, perché lo spettacolo
è in prevalenza tranquillo, ma non manca qualche botta più
forte, sia audio che luci.
I videocontenuti
Gianfranco Annunziata, detto
Jeff, ha curato i contributi video.
“Ci siamo adattati alle canzoni
– ci spiega – seguendo il testo e
creando un piccolo videoclip per
ogni brano. Abbiamo realizzato
anche le grafiche, ma soprattutto i video sono stati prodotti ad
hoc per questo spettacolo, con il
coordinamento di Pierluigi Germini: abbiamo curato tutto, dalle riprese in studio al montaggio, non
c’è niente di copiato o scaricato.
Tutto il concerto è poi coordinato
con le luci e la regia video di Pennino che ha il compito di mixare i
contributi con le riprese live.
“Utilizziamo un Pandora’s Box,
collegato con il timecode che par-
novembre/dicembre 2010 - n.86
Le luci
L’audio sul palco
Marco Dellatorre si occupa del monitoraggio sul palco di
Gigi dal 2006. Ci facciamo spiegare i dettagli e le soluzioni
impiegate per questo tour.
A volte, una grande potenza
viene racchiusa in piccoli spazi
È la nuova console digitale live Soundcraft, solo un po’ più piccola
La formica non è rappresentata in scala!
Potente. Intuitiva. Flessibile. Conveniente.
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Live concert
Intervista esclusiva a Gigi D’Alessio
Nel pomeriggio, prima del concerto, Gigi passeggia tranquillamente per la venue, salutando
i tecnici e gli amici al lavoro. È disponibile come sempre e fa anche una chiacchierata
insieme a noi.
Come hai voluto questo spettacolo? Cosa hai richiesto al tuo team?
La mia difficoltà maggiore, come sempre accade, è quella di fare la scaletta, perché ho un
pubblico calorosissimo che conosce a memoria tutte le mie canzoni, quindi cerco di non
scontentarlo mai. Per questo spettacolo ho cercato una sinergia fra musica ed immagini,
che a volte spiegano e comunicano emozioni più delle parole.
Quali sono le cose più belle del concerto?
Ho una band straordinaria, ci divertiamo a suonare insieme, e questo
è molto importante, ma lo spettacolo più bello credo rimanga sempre
quello del pubblico: è come una partita di calcio a porte aperte o a
porte chiuse, buona parte delle emozioni sono quelle che fà vedere
tanta gente.
Negli anni ti abbiamo visto cambiare diverse cose nei tuoi
tour, ma il nocciolo duro dei tuoi collaboratori è rimasto
sempre lo stesso...
Sì, e vero. Credo che le agenzie in Italia siano tutte valide, a volte si
cambia anche per provare, per vedere se qualcuno ti dà qualcosa
in più, non sotto l’aspetto economico ma nella creazione dello
spettacolo; ma in effetti la produzione è sempre stata curata da
me e dai miei collaboratori; si tratta di professionisti con cui c’è
un grande feeling, riusciamo a lavorare insieme con molta armonia; chi fa
poi il booking ha altre mansioni, ma non cambia il nostro metodo di lavoro. Ho fatto diversi
anni in Live Nation, mentre questo è il mio primo tour con F&P Group e devo dire che anche
qui c’è un’organizzazione perfetta. D’altra parte quando giochi in Serie A è difficile dire
quale sia la squadra migliore.
Non ti rubiamo altro tempo e ti ringraziamo per questa intervista...
Sono io a ringraziarvi, è un onore essere intervistato da Sound&Lite...
Vedo molte postazioni, che tipo di monitoraggio utilizzi?
Sul palco ci sono ben dieci musicisti, ed abbiamo optato per
un monitoraggio praticamente muto. Infatti, oltre al suono
naturale degli strumenti, non c’è nessun monitor o sidefill,
tutti i musicisti usano cuffie o auricolari, alcuni personalizzati e altri generici in silicone. L’unico diffusore sul palco è
il sub della batteria.
Che tipo di mix prepari e con cosa lavori?
Mando a ciascun musicista un mixaggio completo, con una
piccola prevalenza per ogni rispettivo singolo strumento.
Gigi invece vuole ascoltare tutto, ogni sfumatura del mix.
Come console ho scelto uno Yamaha PM1D, una macchina
stracollaudata che soprattutto dispone delle sufficienti uscite ausiliarie, visto che ne ha 48. In effetti Roberto Rosu, il
fonico di sala, usa una Digidesign Profile, che però dispone
di soli 24 bus veri, che non mi erano sufficienti, dato che
tutti i musicisti hanno un canale stereo e a questi si devono
poi aggiungere le mandate per l’ospite fisso, per gli ospiti
eventuali e tutte le mandate ausiliarie...
Come gestisci dinamica ed effettistica?
Per l’effettistica e le dinamiche uso i plug-in interni del banco, mentre in esterno ho tutta la gestione degli IEM. Uso il
nuovo modello della Sennheiser, l’ew 300 G3, e gli amplificatori per cuffie Rane, da sei canali ciascuno, notevoli per
qualità e potenza; per il capo ho un ricevitore Sennheiser
Serie 2000, con relativo spare, mentre per coristi ed ospiti
ho degli Shure.
Che microfoni avete scelto?
Gigi canta con un Sennheiser con capsula 935, mentre abbiamo degli Shure Beta 58 sui coristi e un KSM, ovviamente
color champagne, sull’ospite fisso che è Valeria Marini.
Le chitarre sono in isobox?
No, in questo caso abbiamo sperimentato una soluzione diversa che a me piace molto. Nell’amplificatore delle chitarre
abbiamo inserito fra l’uscita di potenza della testata ed il
cono, che poi rimane scollegato, un pad, cioè un adattatore
di impedenza che viene alimentato dallo stesso cavo di potenza, con uscita XLR o jack. Da qui il segnale viene poi inserito in un mixerino che serve anche per l’effettistica. Questo
consente di conservare una qualità sonora valvolare, molto
dinamica, tipica dell’amplificatore, senza effettivamente
usare alcun microfono aperto.
Anche la situazione delle tastiere mi sembra particolare...
Sì, infatti oltre alle tastiere tradizionali, i musicisti utilizzano
il software Mainstage di Apple, che fa parte della suite di
Logic, che permette l’uso di Virtual Instrument e di alcuni
suoni fantastici, abbinato ad interfacce RME e MOTU, quindi
con latenza bassissima. Inoltre Gigi ha uno strumento davvero speciale, un piano C3 Silent, un piano acustico a coda,
un vero Yamaha C3, ma con integrata una parte elettronica,
un modulo sonoro fatto apposta per questo modello, così
anche quando si sceglie la sonorità digitale le sensazioni al
tocco rimangono quelle del tasto che batte sulla corda.
Chi cura il backline?
Biagio Fumai si occupa delle chitarre, Gianluca Dentamaro
di tastiere e basso mentre Piero Perduca cura batteria e percussioni.
L’audio FoH
Lasciamo Marco al suo delirante soundcheck (chi è curioso
può andaserlo a vedere su AATV) e scambiamo due parole
con il fonico di sala Roberto Rosu, in questa occasione molto impegnato.
Roberto ci spiega che ha scelto di
lavorare con una Digidesign Profile con quattro core, una superficie con cui egli, proveniendo dallo
studio, ha molta familiarità. Inoltre risulta estremamente comoda
anche per il virtual soundcheck,
gestito dal cugino Pro Tools, così
come i plug-in interni che Roberto
usa esclusivamente sui 96 canali
del mix. Qualcosa di particolare
c’è solo sulla voce di Gigi, trattata
con plug-in Waves, un De-Esser,
un C4 per controllare l’equalizzazione dinamica ed un altro compressore usato solo come limiter.
Certamente Roberto conosce benissimo la musica di Gigi, con cui
lavora da parecchio tempo e con
il quale ha anche progettato lo
studio privato dell’artista. Una
conoscenza profonda che, abbinata alla tecnologia digitale, gli
permette di gestire benissimo la
grande varietà delle sonorità del
concerto, da quelle acustiche a
quelle pop a qualcuna un po’ più
aggressiva.
6
7
6: Roberto Rosu, fonico FoH.
7: Luigi Giandonato, il PA man.
Per completare l’aspetto audio,
ci facciamo dare qualche dettaglio sull’impianto utilizzato da
Luigi Giandonato, per l’appunto
il PA man.
Puoi descrivere questo PA ai nostri lettori?
Certo: abbiamo 32 sistemi di
Adamson Y10, completati da 16
sub e da dei front per le prime file,
tutto finalato Lab Gruppen. Il controllo avviene tramite processori
XTA gestiti da un computer. Come
software di analisi uso Smaart.
Non sempre però riuscirai a sospendere come stasera...
Sì, infatti la scelta di utilizzare
il modello Y10, piuttosto che il
maggiore Y18, è dovuta anche a
questa esigenza, perché questo
sistema prevede la possibilità di
utilizzo in appoggio, oltre ad essere un impianto molto agile da
trasportare.
Che elementi monta?
Y10 è un sistema particolare, ha
una guida d’onda coassiale con rifasatore; monta un 9” per le medie frequenze, una tromba da 2”
della JBL ed un doppio 10” per le
basse frequenze. Il sub invece utilizza un doppio 18” con radiazione frontale, con un cabinet predisposto per la sospensione.
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45
Live concert
Lo spettacolo
Avevamo visto l’ultimo concerto di D’Alessio qualche anno fa,
e dobbiamo dire che nella sua
totalità lo spettacolo si è molto
raffinato, sia musicalmente sia
nella parte visual. La band suona
davvero bene, e gli arrangiamenti poco concedono alla tradizione
melodica napoletana, con sonorità quasi da pop internazionale,
mixate ottimamente da Rosu e
ben diffuse dal validissimo impianto Adamson.
Anche il disegno luci ha seguito in
questo senso la musica, tanto che
qualche pastrocchio di colori in
stile discoteca, che avevamo notato negli anni passati, oggi è del
tutto sparito, ed il disegno appare
quanto mai sobrio, seppur energico nei momenti salienti.
Ben gestita la parte video che,
grazie al collegamento con il clock
dell’audio, è sempre perfettamente sincronizzata alla musica; si nota
la cura e l’attenzione dedicata alla
produzione dei contenuti video,
anche se a nostro personale gusto
sarebbero piaciuti un po’ meno
didascalici, in alcuni momenti. Ma
d’altra parte bisogna dare al pubblico ciò che quel pubblico vuole,
e qui si tratta di emozioni immediate e non certo filtrate da intellettualismi cerebrali.
Gigi è bravissimo a fare il suo mestiere, tiene in pugno il pubblico
ed è capace di esaltarlo o farlo
emozionare con le sue canzoni o
le sue battute. La parte meno riuscita dello show, a dire il vero,
è forse l’esibizione dell’ospite, la
Valeriona Marini che, dopo aver
presentato una collaborazione
per un progetto di beneficenza
(onore al merito), si lancia in un
improbabile brano spagnoleggiante, cantato in playback ma
con movenze pseudo-sexy. Lo
stesso pubblico di Gigi ci pare imbarazzato.
Ma, più in generale, un plauso
va a tutta la produzione che ha
messo insieme mezzi e professionisti di ottima caratura per offrire uno spettacolo senza meno in
grado di ripagare l’entusiasmo
del pubblico.
Il Catering
Food&Sound
Maurizio D’amico
Qualche volta i nostri amici del
catering ci rimproverano di prestare
poca attenzione al loro lavoro.
Così, in questa occasione, abbiamo
fatto una visita durante il pomeriggio proprio alle cucine. Come
tutti sanno, il servizio di catering è spesso molto conveniente,
nonché estremamente comodo, in diverse produzioni, specie
dove la logistica è molto impegnativa. Ci facciamo illustrare
cibi ed apparecchiature in pieno funzionamento: “In questo
tour prepariamo dai 110 ai 130 pasti al giorno – ci spiega
il simpatico Maurizio D’Amico con inconfondibile accento
siciliano –. Al seguito, dentro i nostri flightcase, portiamo un
forno a convezione, con cui oggi cucino patate e sfoglie alle
verdure per vegetariani, perché noi dobbiamo tener conto
anche di queste esigenze, come i cibi senza glutine. Come vedi
ci sono anche i cornetti caldi per la colazione, magari ripieni di
crema alla cioccolata, che poi prepariamo anche per la sera. Da
buon siciliano non mancano nei miei menù i dolci alla ricotta
o i cannoli. Poi usiamo le piastre elettriche e dei cuoci-pasta,
l’affettatrice e delle vetrinette a bagnomaria per mantenere
il cibo caldo o freddo. Di solito usiamo piatti in ceramica, ma
in alcuni casi, come oggi, ci vengono richiesti di plastica. La
fornitura di corrente necessaria è una 63 A trifase, anche perché
non tutte le macchine funzionano contemporaneamente. Per la
spesa è tutto organizzato: c’è un’azienda esterna che mi porta
le consegne in tutta Italia in base al mio ordine, al supermercato
compriamo solo pane, frutta o altra roba fresca. Il nostro orgoglio
è il menù: cambia giornalmente, non è mai ripetitivo, dalla carne
al pesce e tutto quello che crea una cucina varia. Il nostro piatto
forte? Certamente il pesce!
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46
novembre/dicembre 2010 - n.86
Live concert
10 Giorni
Suonati
Le premesse c’erano, e lasciavano
presagire un pieno successo per questa
produzione della Barley Arts che ha
avuto luogo nello splendido cortile del
Castello Visconteo Sforzesco di Vigevano
dal 12 al 22 luglio.
L’
intuizione di Claudio
Trotta, manager di Bar‑
ley Arts, di delocalizzare
un evento musicale di
grandi proporzioni al di fuori del‑
la città e dell’hinterland di Milano,
trovava nella città di Vigevano una
location ideale: a solo mezz’ora di
strada dal capoluogo meneghino,
situata in un contesto naturale di
rara bellezza e con un centro sto‑
rico impreziosito dalla magnifica
piazza rinascimentale e dal castel‑
lo recentemente restaurato.
Bella anche l’idea di affiancare ai
concerti iniziative parallele dedi‑
cate all’enogastronomia ed una
serie di “Aperitivi con l’Autore”
per conoscere i protagonisti della
letteratura musicale. Una serie di
ingredienti accattivanti, un modo
di accompagnare le esibizioni de‑
gli artisti in cartellone innovativo.
48
novembre/dicembre 2010 - n.86
di
Beppe Fontana
Realizzare tutto ciò non è stato facile. Sin dall’inizio si sono
riscontrati infatti alcuni problemi, tra l’altro brillantemente
superati dall’organizzazione; alcune vicissitudini hanno fat‑
to sì che il debutto della manifestazione avvenisse con un
giorno di ritardo, poiché seri problemi nel trasferimento da
oltreoceano dei primi due ospiti hanno costretto gli orga‑
nizzatori ad iniziare il 13 luglio anziché il 12, come da mani‑
festo, proponendo così un “double billing” che presentava
due “pezzi da novanta” del calibro di Gil Scott‑Heron ed Al
Jarreau.
Al primo toccava l’opening act ed è stata subito atmosfera e
grande emozione. Il vecchio guerriero, sofferente in quanto
recentemente dimesso da una clinica, ha immediatamen‑
te catalizzato l’attenzione del pubblico con il suo “spoken
word”, la poesia recitata su temi musicali; ancora una volta
le sue sono state liriche infuocate, supportate da una band
eccellente: le song dei suoi anni caldi rimangono nella storia
del blues, della musica afroamericana e soprattutto della po‑
esia, perché Gil Scott‑Heron è fondamentalmente un poeta
prestato al blues. La versione offerta al pubblico vigevanese
di Pieces of a Man è stata da brividi, un momento altissimo
di poesia in un arrangiamento musicale pressoché perfetto.
Anche Al Jarreau non ha deluso né si è risparmiato, volteg‑
giando con la sua incredibile voce tra i tanti album che ne
hanno determinato il suo successo planetario e che gli han‑
no consentito di vincere ben tre Grammy Award in tre diver‑
se categorie musicali. Il pubblico lo acclama e nel backstage,
dopo il concerto, il vecchio leone, malfermo sulle gambe, si è
concesso al pubblico firmando autografi e facendosi baciare.
La sera successiva, mercoledì 14, è stato il turno di Julian
Casablancas, preceduto sul palco allestito nel Castello dal
Goldheart Assembly e da Girls, due buone formazioni, musi‑
calmente non inferiori alla band di Casablancas, anzi...
Dopo i primi due giorni di festival, ecco arrivare sullo stage
del Castello la performance forse più attesa, la band che
con pieno merito andava considerata come autentica “he‑
adliner”, le barbe più famose del rock... dal 2004 nel Rock
and Roll Hall of Fame. Dal Texas... ZZ Top! Sbarcati sul palco
di “10 Giorni Suonati” con grande soddisfazione di tutti gli
amanti di quella musica che ricorda lunghe cavalcate su un
cavallo d’acciaio, un “ironhorse” chiamato Harley-Davidson,
dei paesaggi del Texas e di tutte quelle icone statunitensi
che in lunghi anni hanno ispirato questi tre musicisti e che
essi hanno saputo tradurre in canzoni e ballad.
Tra finte barbe in prima fila, “chiodi” di cuoio da motobiker
e beer cans, hanno offerto uno show memorabile, senza ri‑
sparmiarsi ed offrendo ai loro fan tutti gli ingredienti che
aspettavano e per i quali sono amati. Suono e luci perfetti,
con un enorme videowall alle loro spalle che proiettava il
“best” dei loro videoclip.
Prima di loro, sullo stage, un’altra
icona americana, la horn section
che ha collezionato, in quaranta
anni di carriera, le più prestigiose
collaborazioni, i Tower of Power
che hanno dato prova di tutta la
loro leggendaria verve, esaltando
il pubblico con il loro funky groo‑
ve, suonando con l’entusiasmo
e la freschezza di una boy band.
Sabato 17 luglio il festival ha ospi‑
tato anche una serata dedicata
all’esibizione di gruppi locali che
si sono contesi il Premio “Una
Band per il Castello”, istituito dal‑
la Barley Arts in collaborazione
con Auser Giovani Vigevano.
Attesi da due distinte e diversissi‑
me tipologie di pubblico, si sono
quindi affacciati sullo stage di
“10 Giorni Suonati” due rappre‑
sentanti autorevoli della scena
musicale contemporanea italia‑
na: Roberto Vecchioni e J‑Ax.
Vecchioni ha proposto dal vivo i
brani tratti dal suo recente lavoro
discografico, In Cantus, in quello
che lui stesso definisce una sorta
di “Inno a Dio” (completato dal
libro Scacco a Dio, presentato nel
pomeriggio), mentre J‑Ax ha esal‑
tato i suoi tanti giovanissimi fan
che hanno accompagnato l’esibi‑
zione con cori creando un’atmo‑
sfera quasi da stadio.
Si sono comunque purtroppo ri‑
scontrate due defezioni: la prima,
già annunciata ancor prima del
debutto della manifestazione, de‑
gli Scissor Sisters, peraltro attesis‑
simi, che hanno cancellato tutte le
date del loro tour; la seconda, a
sorpresa, di Rickie Lee Jones che,
la notte prima dello show, ha ac‑
cusato un malore. Nulla di grave,
per fortuna, solo un grande ram‑
www.soundlite.it
49
Live concert
Scheda Tecnica
1
Materiale Audio
Main
2
2 XLC GRID
2 Verlinde 1 t hoist
24 Electro-Voice XLC127DVX with EV P2000 /P3000 amps
16 Electro-Voice X-Line XSUB with EV TG5 amps
Fills
8 Electro-Voice QRX 112/75 with QSC PL series amps and BSS processing
Driver rack
1 BSS Soundweb 3088 matrix system
2 Electro-Voice DX46 FIR drive system processor
1 Klark Teknik DN370
1 Teac CD-RW
1 Emo racklight
1 Acer Centrino Duo control PC
1 LG Touchscreen Monitor
1 Motu 828 mkII
1 Motion Computing M1400 tablet PC
Sia Smaart Live software system
PC rack
3
4
1: Alessandro Arturi, fonico FoH
di J-AX.
2: Billy Bigliardi, lighting designer
e responsabile luci per il festival.
3: Stefano Fioretti, responsabile
audio del festival.
L’aspetto tecnico
4: Gino Lazzaroni, direttore della
produzione.
Personale
Produzione
Barley Arts
Produttore esecutivo Claudio Trotta
Ufficio Stampa e
pubbliche relazioni
Elena Pantera
Direttore di produzione Virginio (Gino) Lazzaroni
Responsabile audio /
resident sound engineer Stefano Fioretti
Lighting designer
Billy Bigliardi
Monitor engineer
Albert Sciesa
Stage manager
Dario “Asmara” De Vido
Backliner/
Tecnici audio
Simone “Manetta”
Mandreoli
Matteo Maternini
Laura Becchio
Resp. luci
Billy Bigliardi
Tecnici luci
Oscar Kovacs
Gaetano Rando
Luca Sebastiani
50
marico per una cattiva sorte che ha impedito all’artista sta‑
tunitense di deliziare i molti ammiratori che si erano già
assicurati il biglietto in prevendita.
Martedì 20 luglio tre ottimi artisti hanno positivamente
intrattenuto il pubblico presente al Castello: Badly Drawn
Boy, Brendan Perry, e gli Archive, forse la più bella sorpresa
dell’intero festival. Poco conosciuti in Italia, hanno dimo‑
strato tutto il loro valore presentando un line up d’eccezio‑
ne e composizioni decisamente accattivanti.
La manifestazione si è quindi conclusa giovedì 22 luglio, con
la doppia esibizione di Harper Simon e Kris Kristofferson.
Il giudizio finale su “10 Giorni Suonati” non può che esse‑
re positivo: la qualità della musica, dell’offerta complessiva
(compresa l’ottima ristorazione), della gestione tecnico-lo‑
gistica degli impianti audio-luci, della produzione nel suo
complesso, promuove in pieno la Barley Arts e l’amministra‑
zione cittadina per averci creduto.
Il pubblico, seppur non numerosissimo in alcune serate, ha
mostrato di gradire la selezione degli artisti presentati nel
programma.
Lo stesso Roberto Vecchioni, nella conferenza stampa di
presentazione, ha definito la rassegna come la migliore del‑
la stagione estiva in Italia, 10 giorni senza “fuffa”, per usare
le precise parole del professore della musica italiana.
novembre/dicembre 2010 - n.86
Questa manifestazione ha visto impegnato uno staff di as‑
soluta affidabilità; il palcoscenico, l’impianto audio ed il
disegno luci sono stati brillantemente gestiti da noti pro‑
fessionisti, coordinati dal direttore di produzione Gino
Lazzaroni. La scelta dei materiali è spettata ai rispettivi re‑
sponsabili audio e luci, Stefano Fioretti e Billy Bigliardi. Con
Stefano Fioretti, fonico FoH che ha utilizzato materiale for‑
nito da ForSound Service, hanno collaborato Albert Sciesa,
fonico di palco, Dario “Asmara” De Vido, stage manager,
e Simone “Manetta” Mandreoli, Matteo Maternini, Laura
Becchio in veste di backliner. Con il lighting designer Billy
Bigliardi hanno collaborato Oscar Kovacs, che ha fatto fun‑
zione anche di datore luci in sostituzione di Billy, ed i tecnici
luce Massimo Nuzziello, Francesco Volpato, Gaetano Rando
e Luca Sebastiani.
Al seguito delle varie band, si sono alternati alle console
Alessandro Arturi, fonico FoH per J‑Ax, e con lui Andrea
Arlotti, datore luci; Luciano Serena fonico FoH per Roberto
Vecchioni; Jamie Rephann, fonico FoH per ZZ Top insieme
al datore luci Christopher Stuby. Una chiacchierata amiche‑
Trasporto
2 80 m 12 ch multicore to stage
1 80 m 48 ch multicore from stage
Klark Teknik 48 ch splitter box
F.o.H. console
vole con Stefano Fioretti e con Gino Lazzaroni ha sottoli‑
neato la fluidità di tutte le operazioni svolte prima in fase
di allestimento, quindi durante lo svolgimento della mani‑
festazione.
Anche il giudizio complessivo dei tecnici a seguito delle
band di origine britannica o statunitense ha rimarcato l’ot‑
tima versatilità dei sistemi, ed in particolare tutti si sono
complimentati con l’organizzazione, con la produzione
e con i tecnici residenti per l’alta professionalità e per la
rapidità con cui si è adattato il
sistema audio/luci alle esigenze
dei singoli artisti.
La scelta dell’impianto ElectroVoice si è quindi rivelata vincen‑
te, sia per la duttilità di questo
sistema sia per la buona cono‑
scenza che ne hanno i profes‑
sionisti americani. Il materiale
scelto per il PA (12 ele‑
menti XLC127D‑
VX per lato,
pilotati da amplificatori EV P2000/
P3000, 16 X‑Line XSUB pilotati da
amplificatori EV TG5, e otto frontfill QRX 112/75 con ampli QSC PL
series e processori BSS) ha davvero
soddisfatto tutte le varie esigenze
e la location risultava in tutte la
serate – e con diverse tipologie di
musica – perfettamente sonoriz‑
zata fino agli ultimi posti. Giudi‑
zi entusiastici anche dai fonici di
Al Jarreau e Gil Scott‑Heron, che
hanno, al pari dei colleghi degli
ZZ Top, usato solo ed esclusiva‑
mente il loro backline e le loro
console (DiGiCo SD8). L’altro cam‑
bio di mixer è stato effettuato da
Alessandro Arturi, fonico di J‑Ax,
che ha lavorato su una DiGiCo
D5 Live di proprietà della Sonique
Audio e Luci. Tutti gli altri fonici
al seguito delle band in cartello‑
ne hanno operato sulle console
residenti Yamaha PM 5D RH sia in
sala che sul palco.
Per ciò che concerne la parte illu‑
minotecnica, la collaborazione si è
rivelata ancora una volta eccellen‑
te. Il disegno proposto da Billy Bi‑
gliardi è stato molto apprezzato;
tutti i datori luci hanno operato
sfruttando la “resident console”,
vale a dire la Avolites Diamond III,
fatta eccezione per l’operatore
degli ZZ Top che ha preferito av‑
valersi di una console GrandMA 2
light, facente parte del materiale
al seguito del gruppo americano e
fornita dalla Bandit Lites.
1 Yamaha PM5D‑RH
1 Talk Box System
Monitor console
1 Yamaha PM5D‑RH
1 Talk Box System
Wedges
14 Electro-Voice XW12 biamp floor wedges
3 Amp rack biamp 4 ch QSC PL amps K-T DN9848 processing
2 Dynacord Cobra sub(drumfill sub)
4 Custom audio Clair S4 (sidefill triamp)
2 Amp rack triamp QSC PL series BSS processing
4 IEM Sennheiser ew 300 G2
Microphones
4 Shure UR series con SM58
Shure SM58, SM57, SM98, Beta 58a, Beta 57,
Beta 57a , Beta 91, Beta 52, Beta 98
Sennheiser MD 421, MD 409, BF 504
AKG C 451, CK1, CK5, D 112, C 747,
C 3000,C 414
EV ND 408, RE 20, RE 200
DI boxes
BSS, Klark Teknik, Emo, custom passive
Materiale Luci
Trusses
Litec QD40 as lightplot
Litec QX30 as lightplot
Hoists
20 1 t hoist
3 500 kg hoist
Lights
20 Robe ColorSpot 700E AT
12 Robe ColorWash 700E AT
10 Clay Paky Alpha Wash Halo 1000
16 Clay Paky Alpha Beam 300
12 Martin Atomic
1 custom strobo truss system
10 Blinder 4 cell
12 Bar of 4 x PAR64 250 W ACL
8 Bar of 6 x PAR64 1000 W VNS
19 LED cage 6 x LEDTUBE Coemar
2 24 ch x 2,5 kW Dimmer rack DMX
2 MDG Atmosphere Smoke machine
Light console
1 Avolites Diamond III
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51
Live concert
di
Alfio Morelli
Alessandra
Amoroso
Un’estate Senza Nuvole Live Tour 2010
Il tesoro di Amici si
è lanciata in tournée
l’inverno scorso, facendo
una trentina di date in
teatri e palazzetti. La sua
onda d’esordio, seppur
non sia uno tsunami, ha
ancora molta inerzia e
l’ha condotta in un tour
estivo che ha toccato 20
piazze e teatri in tutto il
paese, un tour terminato
in coincidenza con l’uscita
del suo nuovo disco.
È
stata International Music and Arts di Carpi ad afferrare
questa giovanissima cantante vincitrice di Amici che,
dall’inizio della sua tournée di promozione del primo
EP Stupida, a gennaio 2009, senza contare le numerose partecipazioni affianco a vari artisti (come l’Amici Tour,
il Radio Norba Battiti Live Tour, il Total Request Live Tour e
il Grazie a Tutti Tour), è stata ferma solo il tempo necessario
per registrare due dischi successivi. La tournée a supporto di
Stupida ha fatto 36 piazze, partendo a giugno e concludendosi nel settembre 2009, in coincidenza con l’uscita del primo album vero e proprio. A questo disco, Senza Nuvole, sono
seguiti due omonimi tour, uno invernale, con un calendario
ricco di palazzetti e teatri, ed uno estivo che ha visto Alessandra esibirsi in numerose piazze italiane. La conclusione di
quest’ultima tranche avviene due settimane prima dell’uscita de Il Mondo in un Secondo e, giudicando dal successo goduto fin ora, è probabile che questo ritmo prosegua.
Noi ci siamo recati a Cervia (RA) in Piazza Garibaldi il 17 luglio per assistere alla quinta data estiva.
La produzione
Ci accoglie Michele Montese, direttore di produzione per
l’agenzia International Music & Arts, che ci dà un po’ di informazioni sulla produzione.
“Questo tour – spiega Michele – impiega il service audio e
luci Lombardi Service. Abbiamo una band di sei elementi,
52
novembre/dicembre 2010 - n.86
più Alessandra. Della produzione ci sono io, un runner ed il
personal dell’artista.
“Il mio lavoro è quello di coordinare il service e la crew e
fare in modo che tutto fili liscio. Faccio anche da tour manager, diciamo che seguo la band, Alessandra e le esigenze
di entrambi”.
Ho sentito che state facendo parecchie date...
Abbiamo fatto un tour invernale di 31 date in teatri e palazzetti dello sport, mentre quest’estate facciamo 20 date tra
giugno e luglio, fermandoci per 20 giorni ad agosto per poi
ripartire a settembre.
È prevista anche la ripresa invernale?
Ancora non si sa ma è in uscita un suo nuovo disco il 28
settembre, quindi probabilmente faremo qualcosa anche in
inverno.
Il progetto è di crescere insieme. Lei si diverte ed è tranquillissima. Dal momento che si diverte lei, ci divertiamo tutti.
Cosa chiedete in loco?
La struttura: rig, palco e torri Layher. Giriamo senza ferro,
a parte le nostre americane. Tutta la produzione è in un
singolo bilico.
Quanto ci mettete a montare?
Il load-in è alle 9.30 e alle 13.00 entra il backline. Il concerto
dura circa un’ora e mezza, e solitamente per l’una riusciamo
a chiudere il carico.
L’audio
Il fonico FoH in tour, Gianmario Lussana, risponde a qualche
domanda sull’audio in sala.
Nessuno meglio di te può fornirci una descrizione dell’audio in sala...
Tutto ciò che riguarda l’audio è fornito da Lombardi.
L’impianto è un Adamson Y10 con i sub T21, il mixer una
Yamaha PM5D, come outboard ci sono giusto un SPL
Transient Designer per la batteria ed un Avalon 737 con un
Bss 901 per la voce.
Questo è l’impianto classico che montate sempre o usate
altro?
Abbiamo fatto un tour invernale con lo SpekTrix Adamson
nei teatri e con le Adamson Y18 nei palasport, mentre
quest’estate abbiamo deciso di portarci dietro le Y10 al
posto delle Y18 per motivi di versatilità, dal momento che
facciamo anche qualche teatro, come a Taormina, dove non
ci faranno montare Layher; quindi sarà più facile muoversi
con le Y10. In realtà abbiamo anche delle SpekTrix per fare
le prime file, per arrivarci meglio.
Quindi questo è un tour che avete iniziato quest’inverno?
Sì, abbiamo fatto oltre 30 date tutte sold-out in due mesi e
mezzo, sono andate tutte benissimo e ci siamo anche divertiti, fortunatamente.
Ci sono cose un po’ fuori dallo standard nel tuo equipaggiamento?
È tutto molto tradizionale, io uso questa stessa impostazione anche con De Gregori e con altri, sempre Transient
Designer, SubKick sulla batteria e Audio‑Technica AT 4050
sulle chitarre, quindi cose sempre molto standard.
Alessandra che microfono usa invece?
Lei usa un Sennheiser e935, con cui ci troviamo molto
bene. Preferirei quello con il cavo ma lei muovendosi tanto preferisce il sistema wireless Sennheiser, che è comunque molto bello. Io però ho la fissa che con il cavo è tutto
un altro mondo, soprattutto con lei che ha tantissima dinamica, da momenti con meno spinta ad altri in cui spinge
tantissimo: trovare il giusto livello di gain in trasmissione non è
stato facile.
E come controlli questa escursione di dinamica della sua voce?
Beh, ormai conosco i pezzi a
memoria, dopo tutte le date invernali, quindi non mi è difficile
seguirla. Poi comunque lei è limitata grazie alla compressione
dell’Avalon e del 901. Soprattutto
da quest’ultimo, perché quando
scende in basso il timbro cambia
tantissimo, con dei medio-bassi
davvero imponenti; il filtro sui
medio bassi del 901 leva quella
prossimità in quel preciso punto
lì, sistemando il suono.
Vedo anche che usi il SubKick
Yamaha sulla batteria, che vantaggio ti dà?
Uso il Beta 52 per fare il suono
generale, poi aggiungo il SubKick
per aggiungere un po’ di “pancia” e di pienezza sulla parte
bassissima. In abbinamento con i
sub T21 il risultato è davvero ottimo. Li preferisco di gran lunga
agli SpekTrix, che sono belli e veloci ma lavorano molto intorno
ai 63 Hz, la zona più in basso era
poco presente.
Al chiuso non capita che ti trovi
in difficoltà, soprattutto a scendere?
Non particolarmente, soprattutto
quando usavamo le Y18 e riuscivamo ad allungare il cluster e avere
direttività in gamma medio bassa
direttamente dal cluster; in realtà
non abbiamo mai avuto problemi
a controllarle, lavoriamo molto
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53
Live concert
per mantenere l’impianto fermo
sulle basse.
In quanti siete a lavorare?
Siamo in quattro: io, Nobilini, un
PA man e un backliner, tutto qua.
Ringraziando Gianmario, chiediamo qualcosa a proposito
dell’audio sul palco e sul monitoraggio al fonico di palco,
Massimo Casagrande.
Ci risponde: “C’è uno splitter analogico passivo sul palco, perciò
convertiamo per i due banchi separatamente”.
“Per quanto riguarda il set-up sul
palco – continua Massimo – è una
situazione molto standard. I miei
attrezzi di lavoro sono un banco
Yamaha PM5D, gli in-ear Sennheiser ew300 G2, due radiomicrofoni
Sennheiser, due monitor d&b sul
palco pilotati da finali Lab.gruppen. Alessandra usa più che altro gli in-ear, ma le casse servono
come scorta e rinforzo. Tutti i musicisti usano gli in-ear, e c’è solo
un sub al batterista. È veramente
un set-up da manuale”.
Le luci
1: Massimo Tomasino, il lighting
designer.
2: Alessandra insieme alla crew.
1
In piazza parliamo con Eric Balanai,
operatore luci, che ci fa vedere un
paio di giocattoli nuovi.
“Una novità qui è il banco Jands
Vista... un mixer che non conoscevo fino ad un mese fa. In realtà
avevamo previsto un’altra console, ma Massimo Tomasino ha portato in tournée questo qui”.
E come ti trovi?
È una console molto valida. Io
vengo dalla mentalità Avolites, ed
è proprio un altro tipo di approc2
54
novembre/dicembre 2010 - n.86
cio. Sono venuto, diciamo, da un sistema con molti bottoni
e slider, molto analogico insomma, ad un sistema che è veramente un computerone. Ha di diverso che il tutto succede
su una timeline: una rappresentazione grafica di quello che
succede nel tempo con ogni proiettore. Si può intervenire su
parametri come la posizione, il colore, i gobos ecc, in modo
intuitivo, nel tempo dei brani. Riesci a vedere sul monitor
quello che succede in ogni momento ed in modo lineare su
ogni proiettore. Questa cosa qua, diciamo, è molto simile
alla manipolazione dell’audio. Hai tutti i proiettori e quello
che fanno attraverso un certo periodo di tempo, e li puoi
prendere e spostare come una traccia audio in programmi
come Garage Band.
Sul palco cosa avete?
Abbiamo 12 Alpha Spot 700, 12 Alpha Beam 300 e 12
Coemar CF. Poi ci sono i CityColor. Le DWE classiche... Poi
ci sono i due seguipersona a scarica. Inoltre abbiamo delle
barre LED, di marca tedesca, che fanno i soliti piazzati sul
pubblico e i flash... niente di superspeciale, un po’ come si
usano i DWE. Sono due sulla seconda americana, quattro
sulla terza e tre davanti alle pedane dei musicisti. Come scenografia ci sono dei rombi, qui ne abbiamo montato solo
uno perché gli spazi sono limitati e perché nelle piazze non
troviamo molto spesso una struttura ideale. In teoria ce ne
dovrebbero essere due, e nei posti con la struttura alta questi rombi scendono... cioè le parti posteriori scendono e i
rombi si posizionano quasi in verticale.
Per le luci in quanti siete?
Io, Andrea Barcolo al dimmer e Mimmo Casadei che mi dà
una mano a mettere su i pezzi e cose del genere.
e dei doppi blinder da 650 W. Ho fatto la stessa cosa per i tre
rombi, alternati insieme agli Alpha Beam 300.
E com’è stata scelta la console?
Usando ormai da anni altre consolle, sono rimasto colpito dalla velocità di apprendimento di questo mixer luci e
dall’immediatezza della modalità di lavoro live. Ma la chicca
è certo la timeline, che ti dà la possibilità in tempo reale di
spostare fisicamente le cue, gli effetti, o altro già programmato prima, in qualunque momento nel tempo avendo anche la possibilità di inserire i brani in mp3.
Personale
Aggiunge Massimo: “Vorrei a proposito ringraziare Ermanno
Tontini e Marco Bartolini di Robe Multimedia, e non mi posso
dimenticare del prezioso apporto di Peppe Costantino.”
Personale in tour
Lo show
Alessandra sembra essere, almeno sino ad ora, una scommessa vinta da International Music. Un’artista su cui è stato fatto
un ingente investimento nella produzione, cosa più unica che
rara per i nomi emergenti, ma il suo calendario rimane pieno
ed il pubblico continua ad arrivare. La giovane cantante gestisce molto bene il palco e gli spettatori, e sembra divertirsi
tantissimo durante lo spettacolo, cosa molto importante.
Il suono dell’Adamson è sempre più che dignitoso in mani
capaci, e questa non è un’eccezione. La scenografia illuminotecnica di Tomasino è degna di una produzione di taglio
più grande, ma certamente non nuoce allo spettacolo...
anzi, aiuta ad indicare l’importanza che i produttori vogliono dare a questa nuova “stella” che hanno tra le mani.
Produzione
Service
International Musci And Arts Srl
Lombardi Service
Voce
Chitarre
Chitarre
Tastiere
Basso
Batteria
Corista
Alessandra Amoroso
David Pieralisi
Alessandro Magnalasche
Roberto Bassi
Ronny Aglietti
Davide Pecchioli
Luciana Vaona
Direttore di produzione Michele Montesi
Fonico FoH
Gianmario Lussana P.A. man
Luca Nobilini
Fonico di palco
Massimo Casagrande
Backliner
Francesco Riversi
Operatore luci
Eric Badanai
Tecnico luci
Cosimo Casadei
Tecnico luci
Andrea Baculo
Disegno luci
Massimo Tomasino
Responsabile trasporti Maurizio Orlandi
Trasporti
Multiservice Futura
Abbiamo parlato anche con il lighting designer Massimo
Tomasino.
“Mi ha chiamato Michele Montesi per questa tournée – racconta Massimo – e quando ho guardato il calendario ho
subito capito che il tour faceva diverse tappe in posti dove
non sempre sarebbe stato possibile montare la struttura
portante. Diversi siti, inoltre, si presentavano con una struttura esistente. Ho quindi pensato subito di creare una struttura snella, soprattutto avevamo bisogno di un set da poter
appendere anche su strutture già esistenti.
Tra i progetti presentati, sia alla produzione che direttamente all’artista, è subito piaciuto quello con tre rombi di
americana 40 cm x 40 cm, capaci di andare su e giù durante
lo show grazie a nove motori da 500 kg, adatti sia ad una
struttura esistente sia ad una che viaggiasse in tour”.
Quali proiettori hai scelto e perché?
Ho subito pensato di inserire i Clay Paky Alpha Beam 300,
che sono leggeri ma potentissimi a livello luminoso, nei tre
rombi; quindi quattro teste per ogni rombo più sei appoggiate. Per le quattro americane ho messo 12 Alpha Spot
700, che sono leggeri e versatili sotto tutti i punti di vista, di
cui quattro sul palco. Non mi sono dispiaciuti i mitici Wash
700 CF Coemar, una mia vecchia conoscenza, 12 sulle americane e quattro a terra. In controluce dal basso, dietro i
musicisti, ho usato tre City Color da 1800 W di Studio Due
Group (a me piace molto il controluce basso in fondo al palco).
Le truss sono in posizione scalare dal fondo palco fino al
fronte; cioè l’ultima truss in controluce è a sei metri, quella
frontale arriva sino a nove metri. È nata l’idea di alternare,
nelle quattro truss di altezze diverse, delle barre LED della
Focon veramente d’impatto (12 sulle truss e quattro a terra)
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Live concert
di
Giancarlo Messina
Carmen Consoli
Elettra
Summer Tour 2010
C
ome sempre, con la Consoli, non si tratta affatto
di un disco banale: i testi sono ricchi di immagini
inedite e raccontano per lampi e scorci storie della
nostra provincia o storie dell’anima, che poi sono la
stessa cosa. Curati e attenti gli arrangiamenti, con sonorità
che, quanto meno, rivelano una certa ricerca e un rifiuto
all’imperante omologazione che pare aver ormai conqui‑
stato gran parte della nostra musica leggera. Non manca‑
no prestigiose collaborazioni, da quella con un altro figlio
del “Mungibeddu”, che per i catanesi sarebbe l’Etna, cioè
Franco Battiato, e Marina Rei.
E certo non siamo gli unici ad esserci accorti della qualità di
questo lavoro, tanto che il disco è finalista al Premio Tenco
2010 (per la cronaca in compagnia di Amor Fou, Baustelle,
Samuele Bersani e Têtes de Bois).
Anche se, come si sa, non sempre, anzi, poche volte, la qua‑
lità riesce ad andare a braccetto con la popolarità, Elettra ha
conquistato il disco di platino grazie alle sue 60.000 copie
vendute (ad aprile 2010), un numero che, coi tempi che cor‑
rono, suona grande.
Dopo una puntata oltreoceano ad inizio anno, ed un tour
nei teatri, lo spettacolo viene presentato nelle piazze italia‑
ne dall’agenzia On The Road, con un calendario non foltissi‑
mo di date ma con diversi impegnativi back to back.
Siamo andati a dare un’occhiata a questa produzione a Ric‑
cione, nell’ampio piazzale che congiunge Viale Ceccarini
con la spiaggia, una data gratuita organizzata dal Comune
in collaborazione con Radio DJ.
1
2
3
Le luci
Elettra è il più recente album
di Carmen Consoli, uscito
nell’ottobre del 2009. Ne è
seguito un tour invernale,
proseguito anche in estate in
diverse piazze italiane.
56
novembre/dicembre 2010 - n.86
Iniziamo da una chiacchierata con Luigi Lombardi, lighting
designer con un occhio d’attenzione anche per l’aspetto or‑
ganizzativo del tour.
Che strada hai seguito per realizzare questo disegno?
L’obbiettivo era quello di creare un disegno rock, quindi
con una presenza notevole di strutture, barre LED e molte
testemobili, ed ovviamente con DWE in controluce. In effet‑
ti abbiamo anche creato altri due allestimenti per location
diverse, più teatrali.
Che materiale utilizzi e chi lo fornisce?
Il service è Blackout srl, azienda della quale io stesso ero
socio fino a qualche tempo fa. I proiettori sono degli SGM
Giotto Spot 400, dei Coemar i‑Wash 575eb, delle barre LED
D‑Lite, insieme a macchine del fumo Robe Fazer.
Che banco usi?
Uso una console Jands Vista, una macchina eccezionale che
ha proprio cambiato, in meglio, il mio modo di programma‑
re. Mi ci trovo così bene che ne ho proprio comprata una.
Come sai è l’unica console che visualizza le informazioni su
una timeline, e questo rende il modo di progettare le luci
molto più veloce ed efficace. Per di più nella versione nuova
saranno implementate sulla stessa timeline, in tracce diverse,
le informazioni relative ad audio, luci e video, insomma sarà
in grado di gestire tutto uno show con estrema chiarezza.
Quanto programmi dello spettacolo?
Metà show è programmato, mentre l’altra metà è del tutto
live, cambia di sera in sera, cosa per me molto divertente.
Invece il disegno luci pensato per i teatri è del tutto live.
L’audio
Passiamo all’audio. Molto interessante è per noi la presenza
di un PA costituito in prevalenza da Butterfly di Outline: sia‑
mo davvero curiosi di ascoltarlo come main in una situazio‑
1: Luigi Lombardi, lighting
designer.
2: I backliner Domenico
D’Alessandro e Niki Cappello.
3: Pierfrancesco “Pif” Gallenga,
PA man.
ne come questa. A descrivercene
uso ed installazione è il PA Man
Pierfrancesco Gallenga.
Da quanti sistemi è composto il
PA e da quali diffusori?
Usiamo otto sistemi Butterfly per
lato, abbinati a sei sistemi Mantas
come aggiunta per le prime file
ed a quattro sub da 18” per lato.
Copriamo così in maniera davvero
omogenea una buona distanza,
con ottimi risultati in tutte le ve‑
nue. Qui abbiamo cercato di non
disturbare le case e gli alberghi e
grazie al software dedicato ab‑
biamo concentrato la diffusione
diretta sulla piazza, evitando così
anche ritorni indesiderati. I sub
sono posizionati uno sull’altro:
devo dire che sono molto dutti‑
li, capaci di dare morbidezza al
suono lì dove serve, ma anche di
spingere in maniera più cattiva
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Live concert
Sound
engineer
on board
nei momenti in cui è richiesto un
sound più aggressivo.
Come gestisci il segnale?
Il segnale è gestito con un Genius,
che lo invia ai finali Powersoft.
All’impianto va un L+R con una
matrice per i frontfill, realizzato
con diffusori MICA. Sono davve‑
ro molto soddisfatto: il PA ha una
grande presenza e la copertura è
molto chirurgica, molto realistica,
cioè riproduce con esattezza quel‑
lo che gli dai, inoltre è molto pre‑
sente e si ha sempre l’impressione
di avere l’artista di fronte.
Sul palco
4: Uno degli array main composti
da 8 Butterfly, abbinati a 6
Mantas per le prime file.
5: I monitor Outline e i pedali
nella postazione di Carmen.
Saliti sul palco gironzoliamo qua e
là e ci facciamo dare alcuni detta‑
gli dai backliner.
Domenico D’Alessandro, in parti‑
colare, si occupa delle chitarre e
di Carmen che suona anche il bas‑
so. La cantante usa un Jazz Bass
Fender con un Ampeg 8 x 10, in
aggiunta ad una testata Orange,
per provare un sound più “ingle‑
se”. La sua pedaliera ha il minimo
indispensabile, fra cui notiamo un
distorsore impiegato per degli ef‑
fetti sulla voce.
5
58
novembre/dicembre 2010 - n.86
I monitor wedge sono anch’essi Outline ed i tecnici ci dico‑
no di apprezzarne molto la presenza e la precisione. Ovvia‑
mente i chitarristi hanno più macchine in pedaliera, Santi
Pulvirenti usa infatti diversi pedali, dal vintage al moderno,
mentre la postazione di Massimo Roccaforte, che cura an‑
che gli arrangiamenti dell’artista, usa molto il tremolo ed
un immancabile Vox AC30; per la cronaca, il marchio di chi‑
tarre che preferisce è evidentemente Rickenbacker.
L’altro backliner, Niki Cappello, si occupa della batteria;
notiamo una cassa da 22”, tanti pezzi ed anche una drum
machine; sono usati ride da 25” ma anche da 28”. Il microfo‑
naggio è abbastanza classico: dei due rullanti uno è ripreso
con SM57, l’altro con due Beta 57, charly (hi-hat) con SM81,
microfono usato anche sotto il ride, cassa con Beta 52 ac‑
coppiato ad un SM91 per avere “attacco e pancia”, mentre
gli over sono degli AKG C 414 o degli Shure KSM 32, usati
alternativamente.
Diamo un’occhiata anche alla postazione tastiere di Andrea
Pesce, che usa Fender Rhodes con Fender Twin, ovviamente
un Hammond, oltre a pianoforte e Moog.
Lo show
Non rimane che aspettare l’inizio del concerto.
La piazza è molto affollata, d’altra parte siamo in alta sta‑
gione a Riccione, e senza biglietto, ma capiamo che comun‑
que buona parte del pubblico non è lì perché non sa cos’al‑
tro fare, ma perché è interessata alle canzoni della “cantan‑
tessa” siciliana. Vediamo anche molti ragazzi (e soprattutto
ragazze) cantare a memoria numerose canzoni proposte.
La scaletta comprende brani del nuovo disco e pezzi storici,
presentati con simpatia e gusto della chiacchiera da Carmen,
che fa della sua sicilianità un punto di forza, scherzando an‑
che in dialetto catanese con il pubblico, che pare divertirsi.
Le canzoni sono belle, anche se la band non ci pare pro‑
prio in gran forma, o almeno non deve essersi espressa al
meglio durante la serata a cui noi abbiamo assistito. Certo
se ci fosse un bassista, o una bassista, ma che facesse solo
quello, tutto sembrerebbe più preciso e forse anche Carmen
potrebbe cantare in maniera più disinvolta.
Rimaniamo comunque davvero ben impressionati dalle But‑
terfly Outline, sia per la dinamica sia per la qualità timbrica;
d’altra parte la scelta di questo marchio anche per impor‑
tanti tour internazionali, come quello di Peter Gabriel, la
dice lunga sulla bontà del prodotto.
Belle anche le luci, forti e violente ma mai volgari o sguaia‑
te, insomma con un buon equilibrio fra il rock ed i momenti
più poetici.
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Live concert
Audio
di
Main PA
Alfio Morelli
A
Irene Grandi
Alle porte del sogno
Dopo i teatri, la stagione estiva
ha visto la cantante toscana in tour
su e giù per la penisola.
lle porte del sogno è il nuovo disco di inediti di Irene
Grandi, lavoro che ha avuto un buon riscontro nelle
classifiche delle programmazioni radiofoniche. Ne
è seguito un omonimo tour, prima nei teatri e poi,
durante la fase estiva, nelle piazze, con una trentina di concerti e un calendario piuttosto impegnativo, sia per spostamenti sia per i molteplici back to back, ma ben gestito dalla
produzione Live Nation.
Raggiungiamo la carovana a Riccione l’11 agosto, un concerto gratuito (per il pubblico) offerto dal Comune in collaborazione con Radio DeeJay, che a Riccione ha una vera
seconda casa.
Qui, in Piazzale Roma, in fondo al rinomato Viale Ceccarini,
proprio a ridosso della spiaggia, è installato un grosso palco
residente, struttura con cui le varie produzioni ospiti devono rapportarsi.
La scelta sul da farsi, in questo caso, è spettata al direttore
di produzione Alberto Muller.
La produzione
Facciamo due chiacchiere con Alberto seduti su un pattino
a pochi metri dalla battigia: ci mancano solo paletta e secchiello per sembrare due turisti...
“La produzione è nata in simbiosi con la manager di Irene, Francesca Pellegrini, e ovviamente con la supervisione
di Irene stessa – ci spiega Alberto –. Abbiamo voluto creare
una certa continuità con il disco, così l’idea è quella del sogno, volevamo cioè costruire un palco all’aperto che uscisse
‘fuori dal palco’. Per questo abbiamo scelto di sfruttare la
trasparenza di un grosso video LED MiTRIX, ma scomposto
in sei mattonelle diverse, con i raggi dei proiettori che possono passare attraverso; anche per questo non abbiamo la
copertura, così possiamo illuminare il cielo o le piazze che
lo meritano. La mancanza di copertura certo ci espone maggiormente al rischio pioggia, ma coprire il palco avrebbe anche comportato un allungamento dei tempi di montaggio
impossibile da gestire”.
In effetti, per un tour estivo che deve essere caratterizzato
da una certa agilità, di materiale ce n’è parecchio, a cominciare dal Ground Support che rende la produzione quasi
completamente autonoma ovunque: “Abbiamo sei truss verticali
Prolyte – specifica Alberto – un
rig molto semplice che ci rende
comunque autonomi. Siamo infatti molto agili, cominciamo col
ferro alle otto del mattino e alle
sei del pomeriggio siamo pronti
per il soundcheck; non abbiamo americane ma appendiamo
direttamente al supporto, così
risparmiamo spazio e uomini;
infatti ci bastano tre elettricisti,
due fonici, un PA man, due backliner e tre scaff; giriamo con due
bilici di produzione, uno audio e
l’altro video e luci, ed un terzo
camion per il Ground Support”.
Nel caso di Riccione, Alberto ha
scelto di montare comunque il
Ground Support sul palco già esistente, abbassandone l’altezza di
60
novembre/dicembre 2010 - n.86
circa due metri, insomma la classica “soluzione B”.
“Il calendario, come tutti i tour
estivi – continua Alberto – è piuttosto aperto, una trentina di date
parecchio serrate, facciamo anche
“tre back-to-back – pausa – tre
back-to-back”, sei date in otto
giorni... anche se poi con dei ritmi così ci vuole una pausa un po’
più lunga per tutti! Devo però
dire che ognuno fa la propria parte, ed anche le aziende fornitrici
stanno facendo un ottimo lavoro: Imput Studio per audio e luci,
Event Management per il video ed
Italstage per il Ground Support.
“Sta andando tutto benissimo,
è un lavoro piacevole, l’artista è
molto contenta e... toccandoci
tutto quello che c’è da toccare...
speriamo vada avanti così”.
L’audio del tour
Come da qualche anno, dietro
la regia di sala di Irene troviamo
Marco Monforte, il sound engineer in tour, ormai richiestissimo un
po’ ovunque. Lo vediamo lavorare
per la prima volta con un PA d&b
serie J, così partiamo proprio da
questa novità.
Marco, come ti trovi con questo
impianto?
Questo PA mi ha sorpreso positivamente, mi piace molto, soprattutto sulla parte medio bassa;
sono abituato a qualcosa di diverso, ma mi ci sono trovato subito bene, anche grazie al PA man
18 d&b audiotechnik J-8
4 d&b audiotechnik J-12
D-12 amplifiers
Subs
10 d&b audiotechnik J-Sub cardioid
6 d&b audiotechnik B-2 infrabass
Front-fill
4 d&b audiotechnik Q-7
Loudspeaker management
d &b audiotechnik R60 Rope CAN BUS system,
with wireless tablet.
Regia FoH
D iGiCo D5 Live
1 Avalon 737sp
1 Spl de-esser
1 Midas XL42
1 tc electonics Finalizer PLUS
1 Aphex Aural Exciter
1 Spl Transient 4 ch
1 Lexicon 480L
1 Eventide H3000
2 Yamaha SPX2000
1 Summit TLA100
2 Genelec 1032A
2 dbx 160L per TB e Listen
TalkBack, intercom ecc…
Monitoraggio
D iGiCo SD7
1 Avalon 737sp
1 TC electronics Rev4000
1 Aphex Big Bottom 204
1 Spl Transient 4 ch
1 Spl de-esser
1 Yamaha SPX2000
4 XTA SIDD
10 Sennheiser ew300 G3
1 Shure PA821 antenna combiner
1 antenna elicoidale Sennheiser A5000
1 Sistema Aviom 16II con 3 mixer
2 sub 15” con amplificatore
1 drum shaker
2 side fill 2x15” (solo sub)
3 Shure UR4D (6 ch)
2 Shure UR2 + KSM9
4 Shure UR1 + WA302 instrument cable
1 Shure UR1 + lavallier mic
1 Shure UA845 antenna distribution system
2 Shure UA840 active directional antenna
TalkBack, intercom ecc…
www.soundlite.it
61
Live concert
1
Luci
2
3 Litio Qx 30/40 trussing
Lodestar Motors
1 Avolites Pearl Expert + touch tablet
12 Martin MAC 700 SPOT
12 Coemar Infinity Spot XL
12 Coemar Infinity Wash XL
12 Coemar Infinity S ACL
6 ETC S4 profile - 750 W - 26°
4 Martin Atomic Strobo
6 Thomas 4 cell DWE Blinders
2 Cirro crack oil haze machine
12 ch. MA Digital Dimmer
1 distro box 40 A
Altro
R isers Sixtema
1 Pipe system x backdrop outrig
1 Black Backdrop 16 x 8 m
1 Ladder
6 stations Clearcom
3
Video
6 Barco MiTRIX schermi
2 Sony BRC 300 camere remotate da regia
1 Thomson HD LDK 8000 camera broadcast con ottica Canon 33x
1 Media Server Catalyst completo di ingressi SDI
1 Wholehog IPC per remotare il Catalyst
4
1: Alberto Muller, direttore della
produzione per Live Nation.
2: Marco Monforte, fonico FoH.
3: Luca Morson, fonico di palco.
4: Nicola Pugliese, systems engineer.
62
novembre/dicembre 2010 - n.86
Nicola che lo conosce molto bene e me lo dà sempre in ottime condizioni.
La regia è una DiGiCo D5: ti ci sei proprio affezionato!
Beh... è un banco che conosco molto bene e prima di passare alle evoluzioni devo trovare il tempo per imparare ad
usarle perfettamente. Sicuramente dopo l’estate passerò ai
modelli successivi, SD7 o SD8: adesso sto facendo lezioni nel
tempo libero con la SD7 che il mio collega Luca usa sul palco. In questo concerto ho da gestire una sessantina di canali
e la D5 se la cava ancora egregiamente.
Che caratteristiche sonore ha questo concerto?
Durante le prove abbiamo lavorato a due situazioni musicali diverse: una invernale, nei teatri, ed una estiva. La prima
aveva caratteristiche più morbide e delicate, mentre questa estiva richiede un sound più aggressivo, più rock, anche
perché in scaletta ci sono diversi brani del repertorio storico
di Irene che il pubblico ben conosce e vuole ascoltare in un
certo modo; la scaletta del tour teatrale era invece costruita
tenendo maggiormente conto dei brani del nuovo disco.
So che questa domanda te l’ho già fatta e che la risposta
non può essere troppo diversa dall’ultima volta, ma ai
lettori interessa sapere che macchine usi in regia...
Sì, però rischio di diventar ripetitivo, perché a me piace utilizzare alcune macchine, in buona parte sempre le stesse,
con cui riesco a raggiungere velocemente il suono che ho in
testa; ma, anche se so che tu le conosci a memoria, se vuoi te
le ripeto: ho un SPL Transient Designer, un Midas XL42, un
Summit TLA 100, un pre esterno SM Custom, il dbx 901 sulla
voce, l’Avalon VT‑737sp, il De-esser SPL sempre sulla voce,
un dbx 480 esterno, un paio di Yamaha SPX; la batteria,
come sempre, con il Transient Designer, poi il tc electronic
Finalizer sul gruppo. Una novità in effetti c’è: Luca (il fonico
di palco – ndr.) mi ha fatto provare un Aphex 204 che dà una
bella enfasi sulla parte bassa, arrotonda molto il suono, la
trovo una bella macchina.
Che microfoni hai scelto?
Più o meno siamo negli standard: per la cassa ho scelto
un Beta 52, dei Beyer Dynamic Opus sui tom, mentre sulle chitarre, invece dei soliti SM57, abbiamo un AT 4040
Audio‑Technica ed un Electro‑Voice Cardinal, due microfoni bellissimi anche per questo uso. Inoltre sul palco c’è un
tc Helicon, un “giocattolo” con cui Irene controlla delay, vocoder, armonie... è proprio di sua proprietà.
L’insegnante di SD7 DiGiCo di Marco è proprio Luca Morson,
fonico di palco. “Grazie ad SD7 – ci spiega – posso gestire al
meglio le numerose linee ausiliare; sul palco, infatti, usiamo
due sistemi Aviom e dieci IEM, quindi mi occorrono molte
mandate. Si tratta di uno stage davvero silenzioso, anche
gli ampli sono in isobox, di rinforzo ho un sub per il tastierista ed uno shaker per il batterista, ma senza sub. Per dare
ai musicisti più contatto col pubblico uso dei microfoni ad
hoc, ma che apro solo quando la situazione lo richiede, cioè
quando il pubblico si fa sentire o fra un pezzo e l’altro”.
Luca gestisce quasi tutti i controlli dinamici e l’effettistica
dalla DiGiCo, anche se preferisce usare quattro SIDD XTA
esterni per non andare a toccare la programmazione ed
adeguare di volta in volta l’ascolto in base ai ritorni della
singola location.
Luca aggiunge qualche dettaglio sul microfonaggio, come
la scelta di un KSM9 Shure per la voce, di cui apprezza la
naturalezza anche in prossimità della bocca, o la soluzione
artigianale ma efficace per il Leslie: i due microfoni Beta 98
infatti sono stati coperti da una moquette in stile “cofano
della macchina”, stratagemma che evita in maniera adeguata il rientro del vento in piazze molto esposte, a volte un
vero problema soprattutto nelle cuffie.
5
Il PA Man è invece Nicola Pugliese.
“Tutto d&b audiotechnik – ci spiega – otto J8 e due J12
per lato, oltre a dieci J‑SUB in configurazione cardioide;
usiamo anche dei J‑INFRA per andare ancora più sotto. Ho
scelto di montarli in sub array perché questo aiuta ad attenuare delle disomogeneità che possono crearsi in alcuni
punti della sala, dovute alla somma non sempre in fase.
I finali ovviamente sono d&b, i digitali D12, controllati
tramite R1. Anche per i front-fill uso d&b, precisamente
delle Q7 e delle Q10, disposte secondo l’ampiezza della
particolare venue”.
La scenografia
Luca Brozzi è il responsabile video per Event Management.
“Utilizziamo sei schermi di 3 metri x 2 metri, disposti su due
diversi piani, con quelli frontali curvati. Si tratta di MiTRIX
della Barco, gestiti da Catalyst. Per le riprese live usiamo tre
camere: due remotate, delle Sony broadcast 3CCD sul palco, collegate tramite SDI al banco, ed una con operatore in
fronte palco.
“Soprattutto abbiamo prodotto tutti i contributi visivi – aggiunge Luca – in parte basandoci su alcune immagini fornite
da Irene, provenienti da un suo book, ma effettate e trasformate in veri video, in parte girando noi stessi in studio,
spesso usando il chroma key. Io durante lo show ho il compito di mixare tutti i vari contributi, cosa che faccio tramite
una Wholehog che in pratica uso come un vero mixer video;
in alcune parti ovviamente diamo spazio alle luci, in altre al
live… insomma cerco di creare uno spettacolo visivamente
piuttosto vario”.
Per darci qualche dritta sull’illuminazione dello spettacolo,
c’è Adriano Sanson, lighting designer.
Che tipo di disegno luci hai creato per questo spettacolo?
Il disegno nelle piazze è una trasposizione di quanto ideato per lo spettacolo nei teatri, da cui non si differenzia di
molto; abbiamo giusto aggiunto 12 ACL dietro, a terra, ma
in effetti lo spettacolo è rimasto più o meno lo stesso, solo
un po’ più rock. Il tema, infatti, è rimasto quello del sogno,
ripreso dal titolo dell’album, ma certamente l’intenzione di
creare una certa atmosfera con le luci riusciva molto meglio
in teatro, perché in un ambiente più raccolto è più facile
coinvolgere il pubblico, mentre in piazza, come sai, diventa
tutto un po’ dispersivo ed è più facile comunicare energia.
Che materiale utilizzi?
Questo disegno prevede l’uso di 48 testemobili: 12 Coemar
Infinity Spot XL da 1400, 12 Infinity Wash XL, 12 MAC 700
Martin e 12 Infinity S ACL Coemar; poi quattro Atomic strobo Martin e due Panorama Coemar per il fronte palco, tutto comandato da una console Avolites, marchio che uso da
sempre e con cui mi trovo bene. Per questo spettacolo ho
deciso di adottare il modello nuovo; programmo il minimo
indispensabile, e questo banco mi permette di interagire
con facilità con la musica live, in tempo reale, cosa utile soprattutto nei concerti in piazza perché dà la possibilità di
correggere e ritoccare la programmazione al volo, in base
alle caratteristiche della venue o dell’illuminazione circostante, luna compresa, senza entrare nelle programmazioni.
Quindi niente alogene!
Sì, è una richiesta della produzione. Per velocizzare il montaggio
è molto più comodo fare i puntamenti con le testemobili dalla
regia, insomma è una scelta logistica. Le uniche luci alogene sono
quelle dei blinder.
Come hai interagito con il video?
Con i contributi video ho interagito molto poco, gli ho principalmente chiesto di abbassare la
luminosità degli schermi per non
ammazzare il disegno luci, ma
tranne qualche accordo su alcune scelte cromatiche non c’è stata
molta interazione. In effetti, in
generale, il disegno luci è molto
su Irene, perché lei è una leader
con una band, quindi tutto gira
intorno a lei.
E finalmente lo show
Dobbiamo dire che ascoltare il
d&b è sempre piacevole, in questo caso settato in versione rock,
con bassi profondissimi e potenti
e voce molto aggressiva. Questo
almeno in regia, dove, come al
solito, i bassi si sommano costruttivamente; usciti da quella zona
il sound era un po’ più rilassato
e rilassante, conservando però,
ovviamente, le sue ottime carat-
5: Uno degli array di otto J-8 e due J-12 d&b
audiotechnik dell’impianto principale.
6: Luca Brozzi, responsabile video in tour per
Event Management.
7: Adriano Sanson, lighting designer.
6
7
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63
Live concert
Event Management presenta
i suoi nuovi studi.
Personale
Personale Audio
Direttore di Produzione Alberto Muller
Fonico FoH Marco Monforte
Fonico Monitor
Luca Morson
Lighting Designer
Adriano Sanson
P.A. man/assistente FoH Nicola Pugliese
Backliner Sebastiano Borsetto
Paolo Betta Bettone
Personale luci
Electrician
Dimmer Andrea Davanzo
Abdellatif Quarrak
Sergio Giacomin
Trasporti
Lighting designer
Direttore video
Red Tyre di Gianni Visconti
Adriano Sanson
Luca Brozzi
8: Vista “romantica” dei 12 Coemar
Infinity ACL (sul truss in basso), degli
Infinity Spot XL Coemar (sopra), e degli
schermi MiTRIX al fondo palco.
9: La linea dei sub d&b audiotechnik J-SUB
davanti il frontepalco e J-INFRA ai lati.
teristiche timbriche. Guardando
il modo di mixare di Marco Monforte ci veniva quasi da sorridere:
potremmo definirlo adrenalinico,
visto che non sta fermo un attimo
e, ben che vada, controlla ad ogni
secondo ogni singolo strumento
su ogni singolo canale… ma visti i
risultati chi può dirgli niente?
Bella la disposizione dei video
sui due livelli che otticamente dà
la possibilità di creare un’unica
immagine o di gestire le sei mattonelle in modo differente; ci è
parso ottimo anche il lavoro di
produzione video, così come il mix, almeno in rapporto ai
mezzi di ripresa a disposizione.
Anche il disegno luci ha svolto egregiamente il suo compito, anche se il taglio demodé non ci ha convinto troppo,
e soprattutto ci ha disturbato, come a gran parte del pubblico, l’uso eccessivo e prolungato, se non sadico, delle luci
bianche puntate negli occhi: non ne capiamo il fine e ne
sconsigliamo l’abuso. Ma, ovviamente, i nostri sono solo
punti di vista.
8
9
Abbiamo trovato una band ormai molto affiatata, una
situazione tecnica all’altezza ed un’Irene sempre carica
di energia e voglia di cantare divertendosi. Una bella serata per i turisti di Riccione accorsi numerosi a riempire
la piazza.
Nuove postazioni di grafica e postproduzione hd.
Uffici e Studi di post produzione:
via XXV Aprile 68, 20068
Peschiera Borromeo - Milano
tel. + 39 02 55 301 866
64
novembre/dicembre 2010 - n.86
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Magazzino:
via E. Fermi 12, 26839
Zelo Buon Persico - Lodi
tel. e fax +39 02 90 659 623
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EVENT MANAGEMENT
tutta la tecnica
per l’evento
on stage
di
Evita
Douglas Cole
LA PRODUZIONE
DI BILL KENWRIGHT
Dopo Mamma Mia! l’anno
scorso e Cats due anni fa,
anche quest’anno Ravenna
Festival ha presentato un
musical di serie A.
66
novembre/dicembre 2010 - n.86
N
el campo dei musical, i cognomi vanno in coppia.
Anche se non hanno collaborato con la costanza
di Gilbert & Sullivan o di Rodgers & Hammerstein,
la collaborazione tra Webber & Rice ha prodotto
cinque musical, tra i quali tre delle più conosciute opere del
genere: Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat, Jesus
Christ Superstar e Evita.
Alcune cose non si possono spiegare, ed una gran parte di
queste cose esiste nel mondo della politica e dell’intrattenimento (che si sono ormai fusi in un’unica amalgama). Nella
letteratura e nel cinema, è noto il concetto della necessaria “sospensione dell’incredulità” che il pubblico si deve
autoimporre per potersi lasciar intrattenere. Il musical è
probabilmente il genere dello show business che più spesso attraversa il confine del surreale per quanto riguarda i
temi trattati, e spesso richiede al pubblico una megadose di
sospensione dell’incredulità anche prima dell’acquisto del
biglietto.
Erano gli anni Settanta, il decennio in cui la cultura occidentale, in particolare quella anglo-americana, aveva adottato l’autoironia involontaria come caratteristica distintiva.
Prima del grande e finale ritorno all’ombra seriosa gettata
dallo Zio Ronnie e dalla Lady di ferro negli anni Ottanta, fu
presidente degli Stati Uniti un ingegnere nucleare con un
accento iper-meridionale che gli impediva la corretta pronuncia della parola “nuclear”, mentre nel Regno Unito un
governo Labour riuscì a far perdere all’Impero Britannico
una “guerra” navale contro l’incomparabile potere marittimo dell’Islanda. Si cucivano camicie di nylon, e si era convinti
che i pantaloni a zampa d’elefante o i completi celeste con i
risvolti estesi come l’apertura alare di un 747 coordinati con
scarpe bianche e lustrate fossero abbigliamento accettabile.
Insomma, fu un decennio con delle idee un po’ bizzarre,
durante il quale la cultura continuò per anni a porsi la domanda “Perché no?” a qualsiasi proposito. A questa domanda, la cultura occidentale ricevette la risposta dagli
anni Ottanta, e fu un chiaro e forte “Te lo dico IO perché
no”. Venne ovviamente il ritorno alla seriosità, ai nazionalismi, all’orgogliosa avidità e al materialismo del decennio
successivo, che riprogrammò il pubblico a disprezzare ogni
aspetto della liberale epoca precedente e che lo rimise sul
giusto percorso produttivo per rilanciare l’economia globale. Ciononostante, nel mondo del teatro in particolare, sopravvive anche oggi il concetto innegabilmente dimostrato
negli anni Settanta che alcuni spettacoli, sulla carta bagni di
sangue garantiti, possano, in pratica, diventare leggendari.
Io sospetto che questo concetto riuscì a sopravvivere agli
anni Ottanta e Novanta solamente perché un musical che
diventa leggendario, nonostante qualsiasi assurdità, riesce
a generare un’enorme quantità di quattrini.
Ogni volta che vedo un musical, cerco di immaginare quella
prima riunione in cui i creativi fanno il “pitch” (la presentazione) del concetto dello show ad un gruppo di investitori per finanziare la produzione. Se mi figuro lo scenario
della presentazione di Mamma Mia! mi diverto molto, ma
le risate che mi prendono quando mi immagino nel ruolo
del potenziale investitore di fronte ad un compositore che
mi propone Sweeney Todd sono quasi da iperventilazione...
però, anche Evita non scherza.
Evita seguì lo stesso percorso della precedente opera firmata
Webber-Rice, Jesus Christ Superstar, e nacque nel 1976 come
un progetto discografico: un “concept album” di un’opera contenente musica che spaziava dalla classica, al latino
al rock, basato sulla vita esageratamente romanticizzata di
una figura socio-politica dell’America Latina, che tra l’altro
fu la moglie di un leader spesso accusato dagli storici di essere fascista... una cosa che oggi immagino non sarebbe in
cima alle priorità di budget di una casa discografica anglosassone. Dopo due anni, è maturato il progetto di portare
questo progetto sul palco. Molto rassicurante per gli investitori, soprattutto per quelli della produzione newyorkese,
sarà stata l’insistenza della regia che il narratore Che, una
specie di corifeo nel libretto, sia il ritratto di Che Guevara.
Per chi non lo ricordasse, all’epoca si doveva firmare una
dichiarazione in cui si affermava di non aver mai fatto parte
del partito comunista solo per attraversare il confine statunitense. Ma, per quanto assolutamente improbabile, questo show divenne una hit su entrambi i lati dell’Atlantico,
e poi su ogni continente a parte
l’Antartide.
Portato in scena per la prima volta nel West End nel 1978 al Prince Edward Theatre, con la regia
di Harold Prince, fece 2900 repliche, chiudendo dopo quasi otto
anni. La produzione originale a
Broadway, partita l’anno successivo, fece 1567 repliche in quattro
anni. Tra la marea di riconoscimenti vinti da queste prime produzioni, il lavoro del lighting designer David Hersey su quest’ultima
vinse il Los Angeles Drama Critics’
Circle Award per il miglior disegno luci nel 1979, seguito dal Tony
Award del 1980 nella stessa categoria. Da allora, Evita ricomparve
in diverse produzioni teatrali stabili e in tour, ed ebbe l’onore di
una produzione cinematografica
nel ‘96, con Madonna nel ruolo
di Evita Peròn ed Antonio Banderas nel ruolo di Che, che in questa
produzione aveva perso tutta la
www.soundlite.it
67
on stage
1
2
3
4
somiglianza con Guevara. Probabilmente questo riadattamento
del ruolo venne effettuato meno
per motivi politici che per evitare
che il pubblico tipico di un film
con Madonna e Banderas rimanesse confuso, riconoscendo Guevara solo come “quel tizio sulle
magliette dei Rage Against the
Machine”.
Attualmente in tournée nel Regno Unito ed in Europa è una
produzione di Bill Kenwright,
con regia condivisa tra Kenwright
e Bob Tomson. Nel giugno di
quest’anno ha fatto tre tappe in
Italia, in venue completamente
diverse tra loro: sei date al Teatro
Politeama Rossetti a Trieste, cinque date nel Giardino di Boboli a
Firenze e cinque date al PalaFiera
di Forlì. Qui l’abbiamo intercettata noi, nel nostro pellegrinaggio
annuale al musical di spicco del
Ravenna Festival.
Arriviamo al PalaFiera al mattino
della seconda data a Forlì; ci accoglie la carinissima Ilenia Carli, tour
manager per l’agenzia Live Arts.
Ci accompagna nella sala a vedere
l’allestimento.
La scenografia colpisce subito
come semplice ed elegante. Comprende tre portali che dividono
il palco in tre “strati”, dal boccascena fino al fondale. I portali
sono progressivamente più piccoli
verso il basso, fornendo l’efficace illusione di più profondità di
quella reale. Per tutta l’ampiezza
del fondale, invece, si estende un
porticato con archi e colonne, con
una doppia scala verso un balcone
alto due metri. Altri balconi piccoli entrano dai lati fuori scena,
e due ulteriori archi con colonne
portanti sono montati su binari in
modo da poter essere portati dentro e fuori dalla scena.
1: Andrew Fugle, “sound 2”.
2: David Beckham, “sound 1”.
3: Daniel Samson, responsabile
dell’audio per la produzione.
4: Chris Cunningham,
responsabile per il lighting, nonché
programmatore dello spettacolo.
5: Da sx: I tour manager Paolo
Cantù e Ilenia Carli, e Matteo
Matteoli, responsabile tecnico per
la produzione italiana.
68
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5
La produzione
Ci raggiungono davanti il palco i suoi colleghi
Matteo Matteoli e Paolo Cantù. Ilenia ci nega il piacere di
un’intervista, e lascia ai due maschietti il compito di spiegarci i dettagli della produzione. Cominciamo con Matteo,
che funge da tramite per la parte tecnica tra la produzione
inglese e la location.
Che tipo di lavoro hai svolto per questa produzione?
Inizialmente sono stato a Londra a vedere lo spettacolo e
l’allestimento per capire se fosse davvero fattibile trasportare il tour in Italia, pensando in anticipo anche a cosa sarebbe servito qui per ospitare lo spettacolo.
Come puoi vedere, è una produzione pensata per un tour
in teatri classici, con graticci ecc. In Italia, invece, in due
location su tre abbiamo dovuto fare con un tetto Layher.
Bisognava trovare, insomma, il modo di adattare l’allestimento ad ogni location.
Che problematiche hai dovuto affrontare?
A Trieste è stato tranquillo, infatti questo spettacolo è facilmente allestibile in teatro. A Firenze abbiamo avuto la
“problematica” della pioggia... abbiamo dovuto annullare
due spettacoli su cinque. Era comunque già piuttosto complesso portare tutto questo nel Giardino di Boboli.
E nel Palasport?
Qui si lavora molto bene. L’unica sfida è stata trovare abbastanza alluminio per poter ricreare il graticcio. Parliamo di
un’area di 20 metri per 14, con 44 motori. Loro non girano
con nessuna struttura, neanche i truss, così la maggior parte
del lavoro sta nell’assicurare una struttura corretta quando
arrivano.
Paolo, tu di cosa ti occupi?
Io sono il tour manager. Siamo in due, c’è anche Ilenia Carli.
Siamo i referenti per Live Arts, l’agenzia che ha fatto da tramite per l’organizzazione della tournée. Ci occupiamo delle
questioni che riguardono il cast ed i tecnici, della logistica
dei trasferimenti e poi della gestione del personale locale,
carico-scarico, ecc.
Come vi dividete il lavoro?
Nelle tournée con le compagnie c’è sempre una persona che
cura tutta la parte tecnica, Matteo in questo caso, ed un’altra, qui Ilenia, che si occupa totalmente del cast. Io invece mi
occupo dei tecnici e dei loro movimenti. Gestisco i sei bilici e
mi occupo dei contatti sul posto con la manodopera locale.
La squadra inglese, come organizza i lavori?
Questa produzione non ha la crew divisa, come nel musical
Cats, in due distinte squadre per montaggio e smontaggio,
separate da quelle che rimanevano in tour. Qui abbiamo
solo il capo della squadra audio, Daniel, che arriva per mettere a posto ogni location e poi torna in Inghilterra. Altri
giri di questo genere li abbiamo avuti solo nel caso particolare di Firenze.
In quanti sono dall’inghilterra?
In totale sono in 54, tra cast, tecnici, ecc.
Piu’ colore. Piu’ luce.
L’arcobaleno é molto di piú del Rosso, Verde e Blu (RGB).
La serie a LED Selador dell’ETC fornisce tutto il resto dello spettro – colori sorprendenti e un bianco
sfavillante. Luce per il palcoscenico, lo studio TV e per l’uso architetturale.
Scopri l’arcobaleno di differenze che offre il sistema a 7 colori. Contatta il rivenditore ETC piu’ vicino a
te per capire quanto puó essere splendida la luce dei LED.
L’audio
Finita la nostra chiacchierata con Matteo e Paolo, ci presentano la squadra audio della produzione inglese:
Daniel Samson, responsabile dell’audio per la produzione,
David Beckham (sì, proprio lui), “sound 1”, e Andrew Fugle,
“sound 2”.
Daniel comincia subito con un po’ di informazioni sul progetto: “Il sound designer, Ben Harrison, è abituato a progettare questo tipo di tour, ma non con questi parametri.
London, UK Tel +44 (0)20 8896 1000 ■ Rome, IT Tel +39 (06) 32 111 683 ■ Holzkirchen, DE Tel +49 (80 24) 47 00-0 ■ www.etcconnect.com
on stage
La scelta del PA era molto difficile
perché serviva qualcosa che potesse essere abbastanza trasparente e dettagliato nei posti più
intimi e che potesse avere anche
impatto e gittata negli spazi più
grandi.
“Abbiamo 32 d&b Q1 ed otto
d&b Q7 come PA principale, tutto
fornito da Orbital Sound – continua Daniel – più quattro B2 e sei
QSub. Poi abbiamo otto E8 ed un
paio di E12 per i fill, sempre d&b.
Gli array principali sono formati
da undici Q1 per lato, poi quattro al centro, ed usiamo tre Q7
per lato e due centrali in alto per
i delay. L’amplificazione è tutta
con finali d&b D12 e D6. Questo
rende molto facile per noi riconfigurare il PA, ci toglie la preoccupazione di non poter mettere
certi diffusori in certe posizioni,
perché possiamo semplicemente
mandare i patch dove vogliamo
e configurare gli ampli per il ruolo che devono svolgere. Usiamo
ArrayCalc per configurare gli array,
che ovviamente non include i fill e
cose del genere, e poi misuriamo
e sistemiamo da lì. È molto difficile avere i disegni dettagliati delle
venue, e di solito arrivi sul posto e
trovi quasi sempre delle sorprese.
Con i teatri è molto difficile prevedere i livelli anche dai disegni...
per risolvere questo portiamo
dietro un sacco di E0 per aggiungere dei delay quando è
necessario. Qui abbiamo un truss di delay – con degli hang
piccoli ed un paio di center – e questo aiuta, perché quando
facciamo i palasport la regia è posizionata dietro i delay.
“Sono rimasto impressionato molto positivamente – conclude Daniel – da quanto è versatile il d&b Q. Portiamo in giro
i Q7, per poter mettere in piedi anche un sistema da proscenio, dove fisicamente non riusciremo ad appendere dei line
array, per motivi di linee di vista o di pesi”.
Avete un modo in particolare per far localizzare le voci e
per accentuarle nell’impianto?
Usiamo i soliti trucchi da teatro: impostiamo un punto zero
centrato più o meno a centro palco, ed allineiamo a quello i
frontfill ed i Q7 lungo il muro. Con un sistema di queste dimensioni può essere anche molto complicato. L’energia comunque arriva dagli array principali, ma i fill sono essenziali
per creare le immagini delle voci e dell’orchestra.
Il tuo lavoro in particolare in cosa consiste?
Il mio lavoro consiste nel provare ad applicare il design di
Ben ad ogni venue. È una sfida non indifferente, visto la
differenza tra un posto e l’altro.
Quanto tempo serve per l’allestimento?
Di solito arriviamo il lunedì mattina e siamo pronti all’ora di
pranzo del martedì. Poi la Domenica c’è l’out, e si ricomincia lunedì. Cerchiamo di avere il sistema completamente in
funzione per la sera di lunedì, così abbiamo un paio d’ore
la mattina di martedì per equalizzarlo. Io rimango fino alla
fine del primo spettacolo, poi ritorno per l’out ed accompagno il sistema alla venue successiva per l’in.
La squadra audio che lavora durante lo spettacolo chi è?
Audio 1 ed Audio 2. David lavora al FoH e Andy sta dietro
l’orchestra, fa il microfonista per gli interpreti, segue i com
e i cue, ma il compito più pesante del suo lavoro consiste nel
seguire i 32 canali radio. Andy fa un paio di spettacoli alla
settimana al FoH, anche per mantenere due operativi.
Ci spostiamo nella zona di fianco al palco, nella tana di
“Audio 2”.
Daniel ci spiega: “La squadra audio è responsabile per intercom, cue e CCTV. Abbiamo una struttura di snake multicore,
con dei breakout box che mandiamo su ai livelli alti così che
possiamo farli scendere sui truss dove ci sono i nostri monitor ed i cue light per il palco. Abbiamo un rack DSM, dove
abbiamo il CCTV. Nelle venue dove riusciamo a mettere tutte le telecamere abbiamo diverse visualizzazioni; qua, invece, di CCTV abbiamo solo il setup di base: palco in bianco e
nero, all’infrarosso e a colori, ed una linea del MD (direttore
musicale - ndr). C’è anche una telecamera motorizzata (pan,
tilt e zoom) per poter dare allo show caller delle inquadrature molto specifiche.
“Ci sono quattro canali principali di com – continua Daniel –
ed abbiamo una matrice così che possiamo sistemare un
paio di linee private o un program feed per quando i seguipersona sono dietro un muro di vetro. Le comunicazioni
radio avvengono tramite gli HME per la zona del palco e dei
normalissimi Motorola per le distanze più elevate. Tutto il
sistema intercom è alimentato tramite UPS. Sembra banale,
ma... ad Atene c’è stato un blackout, e le luci d’emergenza
della venue non si sono attivate: almeno siamo riusciti a comunicare, anche solo per dire ‘tutti fermi dove siete’”.
Visto che siamo nella zona di solito occupata da Andy, gli
facciamo qualche domanda sul sistema radiomicrofonico.
70
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Passando ai radiomicrofoni... quanti canali state usando?
32 canali di ricevitori Sennheiser EM 3532, tutti in rete tramite il router Net1 e gestiti dal software WSM. Usiamo
trasmettitori bodypack SK 5012 con capsule DPA 4061 sulla fronte o sulla guancia degli attori. Abbiamo due unità
di distribuzione d’antenna con quattro coppie di antenne,
per le due diverse bande di frequenza che usiamo. La parte
“sotto” va dal canale 59 al 64, mentre la parte “sopra” copre più o meno i canali da 66 a 69.
Come ti trovi con la situazione dello spettro a radiofrequenza in italia?
In Italia è stato un grosso problema: in confronto ad altri
paesi, anche se la banda disponibile qui in Italia è abbastanza larga ci sono grosse fette mangiate dalla TV digitale.
In tutte le location italiane ho avuto almeno due canali TV
(16 MHz della mia banda totale) murati dalla TV digitale.
Siamo al punto che qui non ho una singola frequenza di
backup... ed alcuni trasmettitori ho dovuto assegnarli ad
interpreti specifici che non vanno in certi punti del palco.
Se non avessi a disposizione il software WSM, o un attrezzo simile, gli spettacoli qui o a Firenze non sarebbero stati
possibili.
Quanti microfoni avete sul palco contemporaneamente
durante lo spettacolo?
Ci sono parecchie scene in cui tutti i radiomicrofoni sono
in uso contemporaneamente. Usiamo 28 canali durante lo
show, ma in realtà sono 23, con ricevitori e trasmettitori ridondanti sui cinque interpreti principali.
Ci spostiamo dietro il palco, completamente fuori della sala,
dove viene nascosta l’orchestra. Qui, David ci dà qualche informazione sulla gestione della musica dal vivo: “Durante il
resto di questa tournée – ci spiega – l’orchestra è stata quasi
sempre nella buca davanti al palco, ma nelle ultime due venue siamo stati in remoto. Nel Giardino di Boboli l’orchestra
era sotto una tenda, in un campo a circa 50 metri di distanza
dal retropalco. Nonostante la tecnologia, è molto difficile
per i musicisti stare isolati in un luogo distante dal palco.
Qui a Forlì c’è una situazione abbastanza buona, anche se
ancora da remoto. C’è comunque una certa energia che arriva fino a qui dietro ed i musicisti riescono a sentirsi parte
dello spettacolo.
“Dalla band – continua – ci sono 24 canali solo di tastiere, che vengono premixati con uno Yamaha DM1000 da cui
esce una coppia stereo per il PM1D. Il PM1 riceve in tutto
circa 40 canali: 14 di percussioni, 12 per la batteria, lo stereo
per le tastiere, tre chitarre, basso...”
Come rimandi i mix alla band?
Io ricevo tutto dalla band, creo
dei mix per ogni sezione e li mando dal PM1D al sistema Aviom
che usano per il loro monitoraggio, così che possono mixare
sé stessi. Abbiamo voci, ottoni,
percussioni, batteria, tastiere...
Siamo partiti con una sezione di
fiati e a metà tournée l’abbiamo sostituita con una sezione di
archi... la produzione ha deciso
che era più adatta e che aveva
un’immagine migliore nella buca
dell’orchestra.
Così l’Aviom 16 è praticamente
pieno...
Sì, è pieno... Bisogna dire che al
direttore musicale devono tornare anche le voci ed altre cose.
Dalla prossima data aggiungeremo anche una sezione di archi.
C’è monitoraggio dell’orchestra
per i cantanti sul palco, cosa
usate per quello?
Usiamo delle d&b E3, posizionate
ai lati sulle truss delle luci, e delle
Meyer MM4 nella posizione del
“gobbo”.
Spostandoci in regia FoH, ci troviamo dietro una vecchia maestosa signora Yamaha PM1D. Qui facciamo qualche domanda a David
su quello che succede dopo che il
segnale lascia il palco.
Il percorso del segnale è completamente digitale dal palco fino
all’impianto?
Siamo in digitale dagli ingressi
ma non siamo in digitale fino agli
ampli... sarebbe stato troppo, lavorando in queste circostanze.
Come gestisci gli input?
Teniamo tutte le voci più vicine
possibile, e cerchiamo di tenere
tutto quello che dobbiamo utiliz-
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on stage
6: La zona dell’orchestra, fuori
dalla sala nella zona di
carico/scarico del PalaFiera.
7: Panoramica del palco.
zare spesso sul primo layer. Tutti i
ritorni sono sul layer sottostante.
Ci sono tantissimi effetti sonori.
Da dove vengono tenuti gli effetti sonori?
Risponde Daniel: Sono su CSC
Show Control, software scritto da
Richard Carter, e la piattaforma
del software è perfetta per questo lavoro.
Aggiunge David: Si può anche controllare la console da quel software, utilizzandolo come MIDI
Master per controllare le scene
del banco direttamente dalla cuelist del software. Normalmente in
questo spettacolo faremmo così,
ma qui abbiamo deciso di fare
le scene dal banco e lanciare dal
software semplicemente gli effetti. Abbiamo pensato che così
fosse più sicuro. Tra l’altro, questo
banco è un backup: a Firenze, la
settimana scorsa, l’altro è rimasto
sotto una pioggia torrenziale... ed
è tornato in Inghilterra.
“Per quanto riguarda CSC abbiamo un sistema ridondante, con
tutti gli effetti sincronizzati con
timecode su ADAT. Così, in caso
di problemi, anche in mezzo ad
un singolo effetto, possiamo cambiare da ingresso CSC ad ingresso
ADAT con un singolo pulsante.
Che outboard state usando in
particolare?
Abbiamo un TC System 6000
con equalizzazione dinamica sui
gruppi vocali: il main vocal group
ed il chorus group. Anche il riverbero principale è su quello. In alcune scene ci sono dei reverberi
anche sugli effetti sonori e questi
sono fatti con gli effetti interni
del banco.
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Quante scene avete?
Una cinquantina. Le scene sono fondamentali nei musical.
Quanti diversi mix?
Le 48 mandate sono praticamente piene. Il PM1D per questo motivo rimane la prima scelta, in teatro. Il sound designer ha specificato il PM1D proprio per questo... forse non
prevedeva una data all’aria aperta sotto la pioggia torrenziale, ma per questo esistono i backup.
Abbiamo un massimo di 16 matrici sulle uscite principali, e
qui ne stiamo utilizzando 14, compresi i sub.
Aggiunge Daniel: abbiamo impostato le uscite per i sub, così
abbiamo diversi mix per i woofer, e riusciamo a determinare
quanto di ogni cosa va ai diversi tipi di sub, ai Q‑SUB o ai
B2. Per esempio, se abbiamo un segnale sub-bass dalle tastiere, non serve inviarlo ai Q‑SUB perché non riuscirebbero
a riprodurlo, così lo mandiamo ai B2. Nello spettacolo c’è
anche l’effetto sonoro di un terremoto, in cui i B2 fanno un
lavoro straordinario.
Le luci
Ringraziando la squadra audio per l’approfondito tour dell’impianto, passiamo al gioviale scozzese
Chris Cunningham per avere qualche informazione sull’illuminazione dello spettacolo. Chris è il responsabile delle
luci per la produzione, associato al lighting designer Mark
Howett, e ha programmato lo spettacolo.
“Normalmente non giro con lo spettacolo quando siamo in Inghilterra – spiega Chris – ma in Europa sono rimasto in tour per
assicurare che il valore della produzione rimanesse all’altezza.
“Il parco luci è fornito da HSL – continua – ed è principalmente composto da VL3000 Spot, dei Robe ColorWash 1200 EAT
sopra, altri ColorWash 1200 ed uno standard ballet boom a
tre proiettori per il FoH. Tra i vari “livelli” di portico delle scenografie, sui truss verticali, ci sono un altro ColorWash 1200
ed un VL1000 Spot a scarica per i tagli, questi ultimi con
shutter invece di iris, perché lo spettacolo necessita di tagli
molto precisi. Poi sotto ogni VL1000 ci sono dei Source Four
con gli scroller, in basso. Lo spettacolo si basa moltissimo su
quei ballet boom per fornire molta ‘scultura’. Abbiamo poi
12 proiettori generici sul truss davanti, wash da tre colori. Ci
sono inoltre dei birdie sul fronte palco, otto Thomas 1K per
il ciclorama sopra e dieci groundrow da 500 W sotto.
“Qui a Forlì è un po’ strano – continua Chris – perché non
abbiamo potuto appendere il muro dietro, che normalmente entra ed esce dal palco. L’abbiamo dovuto mettere
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in un punto in cui i Robe Wash sopra non riescono ad illuminarlo da
dietro. Lo spettacolo perde così un
po’ della sua profondità, perché
quello si usava come una ‘tenda
di luce’. Fortunatamente abbiamo
questi ballet boom che riescono
creare almeno in parte l’aspetto
tridimensionale”.
Il controllo?
Per quanto riguarda il controllo,
lo spettacolo è tutto programmato sulla GrandMA Full, collegata al
palco in ARTNet su cavo ethernet.
Penso che l’ultimo cue sia il numero 311, ma ci sono un totale di di
circa 400 mark, cue con i followon, eccetera.
So che la produzione originale di
Prince di Evita ha avuto diversi
riconoscimenti per il lighting.
Howett ha preso spunto in qualche modo per questa produzione?
Per niente. Prima di tutto, la scenografia è diversa e la regia differente. Secondo, la produzione di
Prince era pensata per un teatro
stabile, non per una produzione
in tour. E poi Hersey ha progettato le luci di quella produzione 35
anni fa... i tempi e la tecnologia
cambiano.
Lo Show
La produzione di Kenwright di
Evita non delude. Il cast è ben rodato e Abigail Jaye fa un lavoro
eccellente nel creare empatia fra il
pubblico e la più amata velina della storia mentre sale la scala della
fama e del potere. Mark Heenehan
è convincente come Peròn e Mark
Powell è molto bravo come Che.
Il suono è potente ma controllato,
non è impostato come un rinforzo
trasparente, in questo caso una
cosa piuttosto difficile, considerando il riverbero contro il quale si
deve combattere nel PalaFiera. Comunque, non si tratta di un’opera
lirica, e nel musical musica e voce
amplificati ci stanno.
La versatilità della scenografie di
Matthew Wright in coordinamento con le luci di Mark Howett è
veramente impressionante. Con
quello che sembra pochissimo materiale, riescono a ricreare molto
efficacemente grandi spazi, piazze
e sommosse, ma anche cantine e
cattedrali.
Alle fine, sicuramente, una gran
bella serata.
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on stage
Personale
Presentata a Forlì da Ravenna Festival
Tournée Italiana a cura di Live Arts Management srl
Una produzione di Bill Kenwright
in accordo speciale con The Really Useful Group
Produzione
Libretto di
Tim Rice
Musica di
Andrew Lloyd Webber
Regia
Bill Kenwright
Bob Tomson
Scene
Matthew Wright
Coreografie
Bill Deamer
Lighting designer
Mark Howett
Ben Harrison
Sound designer
Orchestrazione
Andrew Lloyd Webber
David Cullen
Lally Broome
Resp. costumi
Resp. parrucche
Darren Ware
Resp. carpenteria
Maitland Wakefield
Divisi progettati da
Dennis Fitzgerald
Resp. audio per la prod.
Dan Sampson
Chris Cunningham
Resp luci per la prod.
Costruzione scenografia
Stephen Pule Workshop
Weldfab Engineering
Set Up Scenery
Service audio
Orbital Sound
HSL
Service luci
Resp. trovate sceniche
Dianne Kelly
Artisti scenografici
Tamsin Marshall
Will Roberts
Janet Stanton
Gerard Strong
Costumi
Jane Gonin
Richard Hanscombe
Stenn Vollmuller
Carole Coates
Judith Clarke
Judy Ward
Jenny Adey
Cappelli
Saira Saheed
Acquisti
Amy Peck
Management orchestrale David Steadman
Allenamenti vocali
Louisa Ridgeway
Programmazione tastiere Gareth Huw Davies
Pubbicità e design
Target Live
Grazie anche a:
Cherida Langford, Liverpool Echo, Laurie Mansfield, JD McDougall
Ltd, Kirwin&Simpson, Tom Carradine, Robe Alderton, Simon Stuart,
Chris Headlam e Mike Oates, Matt Brigg, Trish Wilkinson
Tour manager
per Live Arts Management Paolo Cantù
Ilenia Carli
Coordinatore tecnico
per le date italiane
Matteo Matteoli
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Personale in tour
Cast
Eva
Che
Peròn
Mistress
Magaldi
Understudies
Abigail Jaye
Mark Powell
Mark Heenehan
Abigail Matthews
Stephen Carlile
Eva
Emma Barr
Matt Wilman
Che
Peròn
Christopher D. Hunt
Sasha Ransley
Mistress
Ensemble:
Emma Barr, Errol Clayton, Craig Deuchar, Anouska Eaton, James
Grant, Andrew Gordon-Watkins, Christopher D Hunt, Natalie
Langston, Natalie Moore-Williams, Christopher Palmer, Jessica
Parker, Sasha Ranslet, Rebecca Reynolds, Daniel Sharpe, Callum
Train, Anthony Williamson, Matt Wilman
Comparse:
Albert Bartoletti, Luciana Petrini, Falvio Colonna, Bellini Francesca,
Silvia De Lorenzi, Martina Lombardi, Luca Di Chiara, Vanessa
Furgani, Francesco Bratti, Eros Quercetani, Paolo Paganelli, Maria
Rambelli, Gianfranco Boattini, Elena Picchi, Duana Brachi, Gianluca
Bassini, Valentina Ferroni.
Bambini
I bambini della Scuola Musicale
“Dante Alighieri” di Bertinoro
L’orchestra
Direttore musicale
Direttore/ass. MD/Tastiere 1
Tastiere 2
Tastiere 3/fisarmonica
Chitarra
Contrabbasso/basso
Tromba/flicorno
Trombone
Batteria
Percussioni
David Steadman
Andrew Corcoran
Mike Steel
Moira Hartley
Tom Green
David Brown
James Davies
Chris Cole
Jon Hooper
James Wycherley
Company stage manager
Deputy stage manager
Technical stage manager
Ass. stage manager
Sound 1
Sound 2
Capo elettricista
Tecnico
Capoparrucchiera
Parrucchiera
Ass. parrucchiera
Capocostumista
Costumista
Ass. costumista
Mark Wilkinson
James-Paul Hayden
Markus Zeibeck
Katy Keggie
David Beckham
Andrew Fugle
Nick Hollingdale
David Ayton
Linzi Bowen
Elise Baker
Helen Russel
Amanda Heatley
Lynsey Baker
Sarah Becs
Staff
on stage
Rigoletto
di
Mike Clark
A Mantova
un canale di riserva con un ponte radio; ma installare delle
fibre ottiche attraverso la città sarebbe stato improponibile,
quindi abbiamo noleggiato due fibre ‘spente’ già installate,
alle quali abbiamo collegato le nostre apparecchiature. Naturalmente non ci sono fibre per tutti i set quindi al teatro
c’è un nodo dove sono commutate, in direzione Palazzo Ducale, Palazzo Te e Rocca di Sparafucile. In quest’ultima sono
state stese appositamente, perché non c’erano neanche le
linee telefoniche.
“Per quanto riguarda la messa in onda, abbiamo un caporete nei vari set: Palazzo Te nel primo atto, nel secondo Palazzo Ducale e nel terzo Rocca di Sparafucile, tutto fatto
con due stazioni satellitari HD.
“Invece di dedicarsi alle riprese, le sezioni audio dei nostri
OB van svolgono un ruolo fondamentale di ‘servizio’, smistando i segnali audio per la diffusione sui set, oltre a gestire la capillare rete di intercom che viaggia su rete LAN ADSL
aziendale, con ISDN di riserva, come se fossimo in sede RAI”.
A Mantova, Fizzardi si è dedicato alla produzione vera a
propria, ed il progetto audio è stato curato da Tony Ciano:
“Sono il responsabile Radio RAI per la parte audio – ci spiega – e coordino una squadra di tredici persone. I servizi tecnici del nostro reparto di ingegneria hanno il compito dello
sviluppo e della gestione degli impianti”.
Dopo il grande successo
internazionale di “Tosca nei luoghi e
nelle ore di Tosca” in diretta da Roma
(1992), e di “La Traviata a Paris”
in diretta dalla capitale francese
(nel 2000), “La Via della Musica”
ha portato di recente a Mantova il
Rigoletto di Giuseppe Verdi.
U
n altro “film in diretta”,
ideato e prodotto da
Andrea Andermann, con
Placido Domingo nel ruolo di Rigoletto e la regia di Marco
Bellocchio. La fotografia firmata
da Vittorio Storaro (vincitore di
ben tre Oscar) e l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai diretta dal
Maestro Zubin Mehta.
Le riprese video in HD sono state
curate dalla Direzione Produzione TV, mentre le riprese audio in
digitale dalla Rai Direzione Radio.
Come avvenne a Roma e a Parigi,
la particolarità del progetto consisteva nel fatto che gli interventi
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dei cantanti-attori e del coro si sono svolti a distanza tra
loro, con l’orchestra in un set a lei dedicato (il Teatro Bibiena), distante dalle altre location, ma ad esse collegato
“bidirezionalmente” tramite fibre ottiche. Collegamenti
di un’importanza fondamentale, perché hanno permesso
ai cantanti di mantenere la coerenza temporale con l’orchestra tramite un monitoraggio musicale dell’orchestra ed
uno video col “gesto” del direttore. Il direttore, a sua volta,
doveva visualizzare i movimenti scenici dei cantanti e, insieme all’orchestra, ascoltare l’audio dei loro interventi.
Alcuni dei personaggi chiave di questa imponente produzione, andata in onda in diretta su Rai1 e in mondovisione
sabato 4 e domenica 5 settembre 2010 in 138 nazioni, ci
spiegano nel dettaglio la gestione dei potenti mezzi messi
in campo.
Prima di spiegare gli aspetti strettamente tecnici,
Fiervisaggio Giorgetti, uno dei quattro tecnici che hanno
eseguito l’allestimento audio sotto il coordinamento di
Claudio Conti, illustra alcuni dei problemi logistici: “Il fatto
che i set siano in luoghi monumentali sotto tutela comporta
certe restrizioni; a Palazzo Te, ad esempio, finite le prove,
dobbiamo scollegare tutti i cavi, chiudere le finestre per la
notte e ricollegarli la mattina seguente! Al Palazzo Ducale, i cavi transitano nel giardino per poi salire ai piani superiori, mentre alla Rocca di Sparafucile abbiamo dovuto
passarli sopra gli alberi per evitare che le fibre ottiche si
danneggiassero.
“Dobbiamo assicurare – continua
Fiervisaggio – una copertura uniforme per i radiomicrofoni dei
solisti in tutti gli ambienti, anche
quelli in cui i cantanti si muovono
molto, anche all’esterno. Questo
si è ottenuto installando parecchie antenne diversity.
“I solisti sono equipaggiati con
due microfoni Sennheiser MKE 1,
connessi al nuovo sistema di radiomicrofoni con una gamma
di frequenza commutabile di
184 MHz, composto dai trasmettitori bodypack SK 5212‑II e relativi
ricevitori EM 3732‑II. Ognuno dispone di due trasmettitori in due
distinte gamme di frequenza per
garantire la ridondanza: il gruppo a frequenza inferiore va da
501 MHz a 589,5 MHz mentre il
gruppo superiore occupa la banda da 661,5 MHz a 763,5 MHz. Per
evitare problemi di frequenze ci
avvaliamo della collaborazione
con Dino Tedesco di RAI Way, che
si occupa del loro coordinamento,
seguendoci costantemente e analizzando lo spettro radio.
“Anche posizionare i microfoni
per riprendere il coro è stato piuttosto impegnativo: non si devono
vedere e, oltretutto, alcune stanze sono anche molto riverberanti,
ma si potevano trattare acusticamente soltanto in parte, altrimenti l’intervento si sarebbe visto nelle riprese video”.
Il Direttore di produzione RAI è Claudio Fizzardi: “Questa
è una delle produzioni più impegnative che io abbia mai
fatto durante i miei trent’anni alla RAI – ci racconta – iniziati
come tecnico audio. Sono impegnati due OB van, l’Esterno 1 e l’Esterno 2 di Milano, con un totale di circa 45 persone di staff prettamente tecnico. Un’altra unità – una regia
mobile componibile contenuta in una serie di flightcase – è
stata installata al Teatro Bibiena.
“Fra le difficoltà da risolvere – continua Fizzardi – una delle
principali era quella dei ritardi dovuti alle apparecchiature.
Il ‘tempo zero’ è infatti fondamentale, sia per l’attacco del
maestro che per la sincronia tra labiali e suono. Anche per
questo, invece di un LCD o un plasma, il monitor usato dal
maestro è uno dei nostri rari monitor CRT HD.
“Il trasporto dei segnali delle inquadrature del direttore
d’orchestra avviene tramite fibre ottiche ed abbiamo anche
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Ciano continua: “Il progetto prevede una regia musicale fissa in teatro, basata su una console Stage Tec Cantus,
che riprende l’audio dell’orchestra. Vi lavorano due tecnici,
una consulente musicale, un microfonista ed una persona
responsabile per l’impianto. Tramite una serie di ‘base device’ Nexus, sempre della Stage Tec, il suono dell’orchestra è
inviato ai tre set – Palazzo Te, Palazzo Ducale e Rocca di Sparafucile – dotati di altrettante regie musicali identiche, ciascuna con due console Yamaha: una M7CL ed una DM2000.
“Un altro gruppo di tecnici audio si sposta fra queste tre
location, con uno zaino speciale per i radiomicrofoni”.
Dario Chiapino, uno dei fonici nella regia musicale al teatro (l’altro era Ciro Lutricuso), spiega: “Facciamo le riprese
per sezione, con un totale di quaranta ingressi, compresi un
paio di canali con effetti sonori, come temporale, tuoni, etc.
Oltre al mix ‘totale’, ho creato nove gruppi separati: violini
primi, secondi, viole, violoncelli, contrabbassi, strumentini,
ottoni, percussioni e coro. Come effettistica esterna abbiamo un lieve riverbero, ottenuto con un Lexicon 480 e, ad
esclusione del primo atto, quando trattiamo alcuni strumenti per creare l’effetto di una banda in lontananza, per il
resto il suono è ‘pulito’.
“La maggior parte dei microfoni – continua Dario – sono
Schoeps, con capsule MK5, commutabili fra cardioide e omndirezionale. Altri, come quello sulla gran cassa, hanno le
capsule MK2, perché questa riesce scendere fino a 20 Hz. Sui
contrabbassi abbiamo dei Neuman U89, con polare cardioide allargata, ed un Microtech Gefell M930 per il trombone
basso, con il fuoco leggermente più lungo dei Neumann. Sui
timpani abbiamo dei Neuman KM100 e, sopra il maestro,
tre DPA 4006 omnidirezionali, nella classica configurazione
triangolare detta ‘Decca Tree’. Altri due 4600 sono appesi
ai palchetti sopra l’orchestra, dedicati esclusivamente alla
registrazione ambientale per il DVD in programma”.
Il tecnico delle M7CL, Maurizio Trevisan, mixa le voci soliste, inviate poi a Marco Diodato al timone delle DM2000,
su cui arrivava anche l’orchestra dal Teatro Bibiena. Diodato gestisce effetti e coro, effettuando un mixaggio finale e
mandando il segnale alla console Stagetec Aurus delle regie
televisive, nell’OB van, dove viene unito all’audio dei contributi VTR.
Ciano continua: “Tutto il lavoro svolto – prova per prova ed
anche le dirette – è registrato su due multitraccia, in previsione del DVD in surround 5.1. La squadra utilizza per la prima volta un Apple MacPro, equipaggiato con scheda RME
HDSP MADI e software Apple Logic Studio Mac, oltre a due
Alesis HD24 come backup”.
4
Giorgetti aggiunge: “Le registrazioni permettono ai fonici
di riportare i canali sul banco per provare aperture e chiusure microfoni e tutto il resto anche in assenza dei cantanti e
dei musicisti, una procedura ulteriormente facilitata grazie
ad una scheda per l’acquisizione video che permette di registrare anche un video di riferimento”.
1: Il direttore di produzione RAI Claudio Fizzardi.
2: Fiervisaggio Giorgetti, tecnico audio.
3: Sandro Oliva, fonico responsabile per la gestione dei
mixer Yamaha per la diffusione audio sui set.
4: I fonici nella regia musical al teatro, Dario Chiapino
e Ciro Lutricuso.
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Come microfoni, oltre alle dodici coppie di Sennheiser MKE1
dei solisti, per il coro e gli “effetti” (passi, etc) sono stati utilizzati mezzi fucili Sennheiser MKH 416 e Schoeps CCM 4,
CCM 21 e CMC 6 + MK41. Abbiamo impiegato anche dei
BLM 03 (sempre Schoeps) per il quintetto che ha suonato
in una scena di ballo. Per dare un po’ più di fuoco al suono
del coro è stato utilizzato uno stratagemma insolito: una
persona che conosce bene l’opera aveva un paio di MKE1
applicati all’altezza delle spalle del suo costume e si andava
a posizionare vicino al coro.
5
Vittorio Magro è il responsabile dei sistemi di monitoraggio
audio e video, forniti dal service Mixer di Romanengo (CR).
Spiega: “Riceviamo il segnale della telecamera dedicata al
Maestro Mehta dalla RAI e abbiamo installato dei monitor
nei vari set, in modo che i cantanti possano sempre seguire
la sua direzione. L’aspetto più importante dell’audio – ma
anche il più problematico – è la necessità di assicurare che i
cantanti sentano bene la musica dell’orchestra, ma evitando
che i diffusori vengano ripresi dalle telecamere o che rientrino nei microfoni dei cantanti.
“La diffusione è richiesta anche nelle aree di passaggio, per
la tempistica degli spostamenti e, nelle sale dove cantano, è
necessario avere delle casse senza una quantità di bassi esagerata, quindi sono stati scelti dei diffusori K‑Array impostati in modo da produrre un suono abbastanza ‘medioso’”.
6
Al Teatro Bibiena, Vincenzo Pastorino usa una PM5D; riceve
tutta l’orchestra e una parte del coro dalla Cantus della RAI, già
divisa in sezioni, per un totale di circa venti canali, distribuiti
alle cuffie dei 62 componenti dell’orchestra tramite un sistema
Aviom ed un sistema Easy Listening della AD Ware – quest’ultimo per gli archi – entrambi gestiti da Eugenio Iannone.
Sandro Oliva è il fonico responsabile per la gestione dei
mixer Yamaha dedicati alla diffusione audio sui set, due
DM1000 – uno posto a Palazzo Te e l’altro nella casa di
Rigoletto, ricostruita nel giardino del Palazzo – mentre una
02 è impiegata a Palazzo Ducale ed una 03 a Rocca di Sparafucile. Spiega Sandro: “A Palazzo Te ed a Palazzo Ducale,
alle console arriva l’orchestra mixata in stereo dal Cantus
nel teatro, un mix stereo delle voci di tutti i cantanti, un
mix del program che va in onda e le varie sigle. I segnali
viaggiano in digitale via fibra dal Bibiena ai set e li prendiamo dal Base Device della Stagetec. Per la diffusione a Rocca
di Sparafucile mi arrivano tutte le voci separate, perché c’è
un punto nell’opera in cui due cantanti sono all’esterno e
due all’interno, quindi devono sentirsi reciprocamente. Ho
comunque una consulente musicale che segue la partitura
al mio fianco, indicandomi, ad esempio, quando l’orchestra
riprende a suonare ad un livello normale in seguito ad un
‘pianissimo’, durante il quale ho dovuto alzare il volume per
i cantanti”.
Vittorio Storaro afferma: “Nel grande progetto di Andrea
Anderman di girare questi ‘film in diretta’, portando l’opera
lirica, di cui lui è un grandissimo appassionato, nei luoghi e
nelle ore, per quanto possibile, dal vero rispetto al libretto,
la prima opera, Tosca, insieme a Giuseppe Patroni Griffi è
stata per me la grande scoperta di un mezzo che permetteva di unire un po’ tutte le arti – teatro, scrittura, musica
lirica, cinema e televisione – e dell’importanza della diretta
TV. La Traviata a Parigi ha portato avanti uno stile ormai conosciuto di questo modo di essere in mezzo all’opera, sui
set dal vero con i protagonisti, e vivere con loro le emozioni
che il libretto descrive e l’opera esalta. Marco Bellocchio,
invece, ha voluto affrontare l’opera con una visione più
introspettiva, molto più sul personaggio, concentrando la
visualizzazione dell’opera molto sui primi piani dei prota-
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5: Vittorio Magro, responsabile dei sistemi di
monitoraggio audio e video.
6: Tony Ciano con il rack Nexus (sotto) ed i ricevitori
Sennheiser (sopra).
7: Vittorio Storaro, il direttore della fotografia.
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gonisti. Bellocchio ha usato questo ‘montaggio’, come ama chiamarlo, tra tanti primi piani, con
tagli molto vicini e molto stretti.
Per me è stato ovviamente molto
più complesso, perché avevo uno
spazio molto più piccolo per potere visualizzare il movimento delle
ombre e della luce”.
8: Il regista Marco Bellocchio osserva
le prove dell’orchestra da un
palchetto del Teatro Bibiena.
9: La console Stagetec Aurus
all’interno di uno degli OB Van.
Storaro spiega che il suo lavoro
di progettazione dell’illuminazione per un film ‘normale’ parte normalmente dallo scritto e
dal concetto centrale che si vuole
esprimere. Capito questo, cerca di
trovare un concetto fondamentale su come strutturare la narrativa
sul piano visivo, quindi come tradurlo in luce a colori.
“Il viaggio che io tentavo di fare
a Mantova – racconta Storaro –
era di passare da questa grande
immagine del potere di un personaggio come il Duca di Mantova,
9
che simbolicamente rappresenta tutti gli uomini potenti,
ad una più realista in cui molte persone vanno a seguito di
un grande personaggio, senza rendersi conto che le cose
che dicono possono nuocere agli altri. Effettivamente c’è
un parallelo fra la storia di Rigoletto e il mondo moderno.
Comunque la cosa importante è sempre l’aspetto iniziale: il
concetto”.
Per quanto riguarda i proiettori utilizzati per le riprese, Storaro spiega: “Uso dei proiettori costruiti sulle mie indicazioni dalla Iride, l’azienda del mio ex capo elettricista, Filippo
Cafolla. Ho sempre sentito la necessità di esprimermi tramite due opposti: la luce e l’ombra. Uso una luce ‘multiforme’, come la chiamo io, che è una luce che avvolge, molto
morbida, come la luce nei quadri di Vermeer, poi una luce
che separa luci e ombre, come quella di Caravaggio, di cui
sono appassionato da molti anni al punto che credo di avere
preso il suo modo di rappresentare il dramma umano del
conflitto interno che abbiamo fra il nostro inconscio e la
nostra coscienza. Quindi ho studiato questi proiettori, che
sono modulari, in modo che possano darmi sia delle grandi
aree di luce uniforme e soffusa, sia una luce molto incisiva,
per avere una separazione di luce e ombra”.
Oltre ad Angelo Rizzo, responsabile RAI per il coordinamento e la gestione di impianti elettrici e luci, hanno collaborato con Storaro anche i due figli di Cafolla, Fabio e Daniele,
responsabili delle console e dei dimmer, ai quali Storaro dà
grande importanza, preferendo usare tutte le luci sotto il
controllo di dimmer.
Concludendo, Storaro dice: “Questo volo che io tento di
fare fra la grande illuminazione, le grandi visioni delle cose
nel primo atto, per arrivare alla tragedia di Rigoletto, l’ho
dovuto descrivere in uno spazio molto piccolo, il che è stato
un pochino più complesso, però mi sembra che siamo riusciti a fare qualcosa di interessante”.
A commentare l’esito dell’impressionante lavoro svolto da
tutte le persone coinvolte nella produzione, le parole di
Andrew Bracewell, direttore tecnico del mezzo inviato a
Mantova dalla BBC, con un team capeggiato da Peter Maniura, responsabile della divisione Musica Classica & Performance del broadcaster britannico, con il compito di presentare in diretta l’evento per il pubblico del Regno Unito: “Io
ho visto molti grossi eventi, ma questo è stato uno dei più
incredibili che abbia mai visto. Il modo in cui hanno fatto
funzionare tutto è stato veramente fantastico!”.
80
novembre/dicembre 2010 - n.86
chi c’è in tour
Artista
Agenzia
Service Audio Fon.FoH
Fon.Mon.
P.A.
Monitor
Mix.FoH
Mix.Mon
Serv. Luci
Light Des.
Imp. luci
Mix Luci
Service video
Edoardo Bennato
ICC / New Step
Top Service
Davide Faraso
Giorgio Darmanin
Proel Axiom /
Powersoft K20
Proel Edge Series
Yamaha
PM5D
Yamaha M7CL
Top Service
Pier Sini
Clay Paky / Sgm / Martin
Whole Hog III
Top Service
Gigi D’Alessio
Live Nation
Lombardi srl
Roberto Rosu
Marco Dellatorre
Adamson Y10 / Axis 218 / Sennheiser G3 /
Lab.gruppen FP6400
K-array
FP3400
Venue Profile
Yamaha PM1D
Lombardi srl
Alpha Beam e Spot 700 /
Massimiliano Fusco CP
Coemar Infinty XL
GrandMA
Euphon
Communication
Dalla & De Gregori
F&P Group e Ph.D.
Alibi Music
Service
Roberto Costa
Andrea Otto Salvato d&b audiotechnik J-12 /
/ W. May
J-Sub / d&b D12
d&b + Shure IEM
Yamaha
PM5D + AD8HR
Yamaha PM5D
Alibi Music Service
Filippo Rispoli
Clay Paky Alpha Beam 700;
Golden Color 1200
Avolites Pearl
Alibi Music Service
Giusy Ferreri
Live Nation
DG Systems
Daniele “Jack”
Rossi
Stefano Luciani
EV XLC 127+/XLC118/
X‑Sub / EV P2000/P3000
IEM Sennheiser
ew300 G3
Yamaha
PM5D – AD8HR
Yamaha M7CL48 – DG Systems
AD8HR
Fabio Quarchioni
SGM Giotto Spot 400 /
Coemar i-Wash 575,
Panorama
Avolites Pearl 2008
Fiorello
Live Tour
Agorà
Pierfrancesco
“Hugo” Tempesta
Massimo Manunza
L-Acoustics V-Dosc / LA8
Clair
DiGiCo SD7
DiGiCo D5
Musical Box Rent
Marcello Jazzetti
Varilite / Coemar
GrandMA
STS Communications
Beppe Grillo
Marangoni
Mister X Service
Bignotti Massimo
Martin / Lab.gruppen
d&b C6
Venue Profile
Mister X Service
Luca Dosi
Martin MAC 700
Avolites
Mister X Service
Enzo Iacchetti
Immaginazione
Leader Sound
Paolo Iannuzzi
Nexo Geo S1210 /
Camco / Yamaha
Nexo PS15
Yamaha DM2000 Yamaha DM2000
Leader Sound
VCM Ethersound VCM Ethersound
Alessandro Moccia
Clay Paky Alpha Spot /
Wash 700
GrandMA Ultralight
I Legnanesi
Enrico Barlocco
Leader Sound
Light Service
Mattia Manini
Nexo Geo S8 /
Yamaha NXAMP 4x4
Camco Vortex6
Nexo PS15R2
Yamaha
LS9 32
EtherSound
Leader Sound Light
Service
Stefano Laterza
Clay Paky Alpha Spot 700,
Alpha Wash 700
Compulite Spark 4D
Luciano Ligabue
Riserva Rossa
Nuovo Service
Alberto Butturini
L-Acoustics K-1 / LA8
Sennheiser ew300 G3
Midas XL8
Agorà
Jò Campana
Clay Paky / Zap /
Martin / Coemar
GrandMA Full
Lillo & Greg
AB Management
Idea Music
Service
Fabio Caratelli
Martin W8LM / Powersoft
Proel Edge 15CXP
Yamaha LS9
Idea Music Serivce
Fabio Persia
Dream Light 250/575/1200
Compulite Spark
Marco Masini
Mamadue
Magic Service
Ugo Prato
Sesto Luciani / Lucio RCF TT33A / b&o
Capotosto
Shure PSM 600 /
Sennheiser ew300
Allen&Heath
iLive T112
Allen&Heath
iLive T112
Magic Service
Massimo Tomasino Coemar Extreme /
/ Alex Di Gennaro
Prolights Beam
Modena City Ramblers
Estragon Mescal
Big Talu Music
Service
Guido “Talu”
Costamagna
Graziano “Uazza”
Cernoia
Martin W8 / Lab.gruppen
Martin LE 12 J
Soundcraft
8000 40ch
“Super Vintage”
Soundcraft 8000
40 – 16 Monitor
Big Talu MS
Davide Conti
Narcao Blues
Groove Company
Progetto
Evolution
Paolo Cabriolu
Davide Sgualdini
NEXO Alpha / MCQ
Soundcraft
K2
Yamaha 2500
Progetto Evolution
Roberto Uda
Quartaumentata
Associazione
Quartaumentata
Nicolosi
Producion
Nat Serrano
Leo “Luga” Tuscano
Axiom 3210/Edge 121 /
Powersoft K10
Edge 12cxp / 15 cxp
Soundcraft
MH3
Roland M400
Nicolosi Producion
Julius “The Black”
Dufrenne
Martin Mac 600 / SGM
Giotto 400/ ACL, PAR 64
Avolites Pearl 2008
Donatella Rettore
Studio Live
Movement Art
Roberto Martino
Marco Della Monica
Meyer MSL4-DS4,
650P, UPA
Meyer
Allen&Heath
ML4000
Allen&Heath
GL4000
Movement Art
Cosimo D’Avico
Coemar/Robe/ETC
SGM 2048
Sabatum Quartet
PCAX snc
Markomix
Service
Marco Pace
Andrea Maruca
RCF TTL 33A / QSC
EV Tour X
Yamaha
LS9 32
Yamaha LS9 32
Markomix Service
Giuseppe Marra
Robe 575 e 250 AT
SGM Pilot 3000
con touchscreen
LAN Produzioni
Ivana Spagna
DM Produzioni
Fast Service
Theo Spagna
Domenico Pulsinelli
L-Acoustics / L-Acoustics
Shure PSM 700
Yamaha
PM5D-RH
Yamaha M7CL
Fast Service
M. Tomasino /
B. Lauri
SGM/Coemar /
Ayrton / Studio 2
GrandMA
Fast Service –
Pandoras Box
Le Vibrazioni
Barley Arts / Nuove Sonique srl
Frequenze
Federico Navazio
Daniele Falletta
d&b audiotechnik C4 /
Infra B2
d&b Audiotechnik
Max / Shure PSM 900
Midas
H2000
Yamaha M7CL
Sonique srl
Andrea Carlotto
SGM / Martin / Coemar
Avolites Pearl 2008
Angelo D’Amato
Stevan Martinovic
DiGiCo SD7
Robe 700 / Coemar 575 /
Par, ACL
STS
Compulite Spark 4D
Avolites Tiger
Compulite Spark
Nicolosi Production
Inviateci le schede dei vostri tour per vederle pubblicate in questa pagina
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novembre/dicembre 2010 - n.86
www.soundlite.it
83
chi c’è in studio
Studio
Artista
Casa Discografica Produttore
Fonico
Studio Maia
Amore&Psiche
Maia
Verdiano Vera
Giorgio Massaro
Massive Arts Studios
Skunk Anansie
Carosello
MTV
Giacomo Garufi
Studio Maia
Cristina Baroni
Maia
Verdiano Vera
Giorgio Massaro
Artesuono
Stefano Battaglia Trio
ECM
Manfred Elcher
Stefano Amerio
Massive Arts Studios
Blind Fool Love
Universal
Marco Barusso
Marco Barusso
Sonoria Studio
Paolo Buonvino
Vincenzo Cavalli
Sonoria Studio
Tony Canto
Vincenzo Cavalli
Officine Meccaniche
Cat Claws
42 Records
Giacome Fiorenza
A. “Cooper” Cupertino
Metropolis Digital
Michele Cortese
Sony Music
Lucio Fabbri
Alessandro Marcantoni
Artesuono
Paolo Fresu 5et
Tuk Records
Paolo Fresu
Stefano Amerio
Over Studio
Ibess
Dino Melotti
Angelo Parachini
Over Studio
The Jackie O’s Farm
Nicola Fantozzi
Artesuono
Stephen Keogh Trio
Global Music
Stephen Keogh
Stefano Amerio
Studio Maia
Liguria Selection (prog TV)
Maia
Verdiano Vera
Giorgio Massaro
Sonoria Studio
Mannarino
Indipendente
Leave
Vincenzo Cavalli
ImputLevel Studio
Milani, Henderson, Claudio Zambenedetti
Costa e Fioravanti
Naive Rec. Studio
Nera
Naive
Edoardo Michelori
Edoardo Michelori
Artesuono
Giovanna Pessi
ECM
Manfred Elcher
Stefano Amerio
Officine Meccaniche
Max Pezzali
R.V.
Giuseppe Salvadori
Indigeno Studio
QBETA
Altipiani
Peppe Qbeta; J. Blengino
Jorge Blengino
Artesuono
Michele Rabbia
Indie
Michele Rabbia
Stefano Amerio
Naive Rec. Studio
Radio Londra
Naive
Francesco De Benedettis
Edoardo Michelori
Artesuono
Enrico Rava
ECM
Manfred Elcher
Stefano Amerio
Studio Maia
Red Phoenix Blues
Maia
Verdiano Vera
Giorgio Massaro
Over Studio
Francesco Renga
Universal Italia
Celso Valli
Marco Borsatti
Naive Rec. Studio
Giuseppe Righini
Interno 4
Fulvio Mennella Fulvio Mennella
Metropolis Digital
sensoXte
CMP
Luca Venturi
Alessandro Marcantoni
Metropolis Digital
Laura Trent
XTC Records
Eros Cristiani
Alessandro Marcantoni
Artesuono
Gianluigi Trovesi
ECM
Manfred Elcher
Stefano Amerio
Metropolis Digital
Viola Valentino
CMP
Luca Venturi
Alessandro Marcantoni
Artesuono
Graziella Vendramin
Indie
Graziella Vendramin
Stefano Amerio
Metropolis Digital
X-Factor Compilation
Sony Music
Lucio Fabbri
Alessandro Marcantoni
Artesuono
Zuf De Zur
Indie
Mauro Punteri
Stefano Amerio
Invitiamo tutti gli studi professionali ad inviarci le schede con i loro lavori così da rendere questa rubrica più completa ed interessante
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novembre/dicembre 2010 - n.86
installazioni
Un P.A. per l’Arena
La sonorizzazione del Festival Lirico 2010 a Verona
L’Arena di Verona è un luogo in cui ogni
decisione, ogni movimento ed ogni
pensiero si devono confrontare con una
tradizione talmente forte che il solo
parlare di tecnologia significa dissacrare
duemila anni di storia.
di
È
un luogo che, sebbene
possa vantare una grandiosità
estetica
senza
eguali, mantiene tuttavia
notevoli problemi di acustica durante gli spettacoli di musica colta. Problemi che si traducono in
una perdita di suono e frequenze
soprattutto nelle gradinate, da
dove spesso il pubblico lamenta
di godere quasi nulla dell’opera.
Problemi che potrebbero facilmente essere risolti amplificando
voci e strumenti, come viene fatto
ormai in ogni palco all’aperto, ma
questo andrebbe a scontrarsi con
una tradizione, tenuta ben salda
dai cosiddetti puristi, per cui parlare di microfoni e casse equivale
86
novembre/dicembre 2010 - n.86
a nominare il diavolo (che comunque, in quanto “Lucifero”,
letteralmente “portatore di luce”, aumenterebbe la luminosità del palco e non certo il volume sonoro).
È ormai da quasi 100 anni che l’Arena ospita l’Opera, e nessuno può negare il grandioso impatto scenografico e quella
sensazione di reale profondità che esalta straordinariamente il risultato finale di qualsiasi scenografia.
Ma, come in tutte le location all’aperto, buona parte dell’impatto sonoro che orchestra e voci dovrebbero avere sullo
spettatore viene certamente compromessa dalla mancanza
di un ambiente vero e proprio. Infatti in un teatro d’opera
e, in particolare, in un teatro all’italiana, si crea un notevole
effetto di arricchimento dell’emissione sonora generata sopra e sotto il palco, grazie al naturale riverbero e alle riflessioni immediate che conferiscono brillantezza al suono, rafforzandone la sensazione di potenza e di emissione. Queste caratteristiche rendono il suono grandioso ed al tempo
stesso permettono un ottimo utilizzo della dinamica, con
pianissimi sempre udibili e fortissimi travolgenti. Niente di
tutto ciò, come ovvio, può però verificarsi all’aperto, e non
solo per la vastità della platea. All’aperto vengono infatti a
mancare sia il sostegno e la profondità dati dal riverbero,
sia la sensazione di intensità e di ricchezza timbrica, nonché
la spazialità, date dalle “Early Reflections”, cioè dalle prime
riflessioni, che risultano essere praticamente assenti.
Ma cosa temono i melomani da un impianto di rinforzo sonoro? Ovviamente la prima paranoia riguarda la fedeltà di
quello che il pubblico ascolta rispetto a quanto suonato e
cantato dagli artisti. Ma, forse ancor di più, è il rischio di
appiattimento a spaventare i puristi, perché certamente un
bravo fonico potrebbe mixare in maniera eccellente anche
un cantante poco dotato, ad esempio, ponendolo artificialmente ben al di sopra delle sue reali capacità. E visto che il
mestiere del fonico è questo, non c’è dubbio che qualsiasi
professionista sarebbe davvero molto tentato di alzare il
volume del tenore in difficoltà o della sezione di archi in
serata moscia. Ecco dunque falsata l’esecuzione: orrore! E
che ne sarebbe del lavoro del Direttore, se poi un tecnico
Giancarlo Messina e Davide Bertozzi
alzasse i volumi secondo il proprio
gusto? Duplice orrore!
Ma allora, come fare a creare un
rinforzo sonoro del tutto trasparente (anche dal punto di vista
visivo, oltre che sonoro) ma che
migliori l’intelligibilità e quella
percezione del dettaglio che consente ai cantanti di modulare meglio la voce senza dover spingere
il più possibile solo sulla potenza
di emissione?
Non è facile ma si può fare. Occorre un sistema che ricrei le riflessioni e l’ambiente tipici di un teatro,
ma senza aumentare artificialmente la pressione sonora. Non è
un controsenso. Ovviamente se si
conosce l’effetto Haas, secondo il
www.soundlite.it
87
installazioni
1
2
3
1: Mario Di Cola (a sx) e
Giambattista Zerpelloni.
2: La squadra di Musical Box Rent.
3: Alessandro Tatini di K‑Array,
Graziano Somaschini di Exhibo e
Giambattista Zerpelloni di Musical
Box all’ingresso dell’Arena.
88
quale – siamo alle nozioni basilari
di psicoacustica – se una riflessione, rispetto al suono diretto, arriva in ritardo entro la soglia dei
30 ms, il nostro cervello percepisce
un suono unico proveniente dalla
stessa direzione. Ma, ovviamente,
occorre qui escludere ogni forma
di “panpot” o localizzazione delle
sorgenti sonore.
A progettare un sistema così delicato – dal punto di vista tecnico
ma soprattutto artistico-politico –
è stato Mario Di Cola. In breve: ha
piazzato 128 diffusori ai piedi del
palco, ciascuno collegato ad un
microfono, posto sopra di esso,
che riprendeva la zona del palcoscenico vicina al diffusore. Tutto
ritardato ad arte. Niente fonico.
Con questa magia – ed alcuni
ulteriori accorgimenti – il palco
suonava, anzi, risuonava, come
quello di un teatro all’italiana,
senza che effettivamente nulla di
questo rinforzo fosse percepibile
a livello di volume ma solo di intelligibilità. Tanto che quando ha
cantato un tenore non proprio in
forma, il pubblico lo ha fischiato,
proprio perché il sistema di rinforzo sonoro non era fatto per
modificare artificialmente quanto
accadeva sul palco.
Cerchiamo di capire meglio.
Dopo aver inseguito Mario Di Cola
per tutta l’Arena, siamo riusciti a
rubargli una mezz’ora per farci
spiegare le particolarità e il funzionamento di questo sistema.
“Per il fronte palco – spiega Mario – si è studiato con K‑Array e
con l’ausilio di microfoni Sennheiser un sistema basato su un’idea
di array meccanico, dove ogni singolo microfono viene amplificato
da un relativo singolo diffusore,
il quale a sua volta riproduce immediatamente il suono catturato
attraverso opportune elaborazioni eseguite da un DSP interno. Il
suono di ciascun microfono, così
processato, è poi riprodotto da
un piccolo array verticale di altoparlanti pilotati ciascuno da una
batteria di quattro amplificatori
distinti che, con differenti ritardi, riuscivano a direzionare verso
l’alto della gradinata il suono riprodotto.
“Questo enorme array ‘meccanico’– continua Mario – risulta essere distribuito lungo tutto il fronte
novembre/dicembre 2010 - n.86
del palco con un totale di 128 microfoni e di conseguenza
128 array verticali lunghi 50 cm, disposti uno di fianco all’altro, ciascuno pilotato da quattro amplificatori per un totale
di 512 distinte sezioni di amplificazione.
“Il suono captato dalla scena – conclude – unito a quello
proveniente dalla ripresa delle sezioni orchestrali, viene
poi ulteriormente elaborato da due matrici DSP (Yamaha
DME64 N) per essere poi distribuito, utilizzando un sistema
Optocore, ad un grande numero di altoparlanti aggiuntivi.
K‑Array e Musical Box Rent hanno provveduto a collocare
questi ultimi in varie zone dell’Arena con lo scopo di arricchire il suono dell’orchestra e delle voci di piccolissimi contributi, quasi impercettibili, ma sufficienti per aggiungere
ricchezza e spazialità. In questo modo migliora la percezione generale senza che vi sia un vero e proprio aumento di
intensità sonora e senza che vengano alterati i rapporti tra
le voci, ottenendo così il ‘naturalissimo’ effetto di far emergere le doti dei cantanti migliori”.
Quale guadagno ha apportato questo sistema che avete
applicato all’Arena?
Non è una vera amplificazione, come quelle dei concerti
pop o rock, ma è piuttosto un leggerissimo arricchimento
del suono, questione di pochi dB, talmente pochi che quasi
non si sentono se non si presta attenzione. Quindi è una
cosa davvero minimale che non va assolutamente ad intaccare la qualità naturale del suono, e questo vale sia per l’orchestra che per le voci.
Il sistema principale prevede un leggero sostegno per la
voce, ed è tarato in modo molto direttivo e praticamente
suona radente alla platea, che a sua volta non ne beneficia
quasi per niente. Il sistema è stato orientato sia meccanicamente che elettronicamente verso le gradinate; questo
perché il problema dell’acustica non si avvertiva in platea
bensì nella parte bassa delle gradinate. Gli altoparlanti che
abbiamo inserito hanno quattro sezioni, per ogni colonnina
ci sono quattro amplificatori e grazie ai DSP è possibile programmarli in modo da direzionare l’onda di ogni colonna
su una precisa sezione del pubblico. Ma, ripeto, il tutto si
traduce in un arricchimento generale del suono che fa sì che
tutta l’arena possa godere di un lieve riverbero, questo perché una volta che l’arena è piena il riverbero naturale viene
assorbito dalle persone, cosa che provoca una mancanza di
ambiente e sostanza al suono; con una piccola dose di riverbero siamo riusciti a scavalcare il problema.
È stato difficile riuscire a convincere i cantanti e i musi‑
cisti dell’utilità del sistema, vista l’attenzione maniacale
per i canoni classici dell’Opera?
Siamo dovuti entrare in punta di piedi perché c’era una grandissima diffidenza da parte dei protagonisti, una diffidenza
derivante non tanto dal timore di dissacrare l’arte classica
quanto dal non sapere che cosa si volesse fare. In sostanza
i cantanti, i musicisti e i direttori, temevano di incombere
in una perdita di naturalezza del suono dovuta da un sistema che lo amplificava; spiegare che in realtà il sistema non
avrebbe affatto amplificato ma solamente arricchito il suono
in maniera quasi minimale non è stato affatto facile, almeno
fino a quando non abbiamo provato ad utilizzarlo. Inoltre il
sistema non prevede un mixer o un fonico che aggiustino le
imperfezioni di volume delle voci, queste ultime rimangono
dunque neutre, senza possibilità di correggere la resa canora dei singoli artisti. Non c’è quindi una persona che segue
gli attori mettendoli più o meno in luce. Questa cosa dimostra il rispetto per la naturalezza dello spettacolo, semplice-
installazioni
4
5
4: Uno dei contenitori
acusticamente isolati con i
microfoni Sennheiser ME36 per
la ripresa dei cantanti sul palco.
5: I frame costruiti appositamente,
ciascuno contenente otto
diffusori KK50 e due subwoofer
KU36.
6: La linea dei 16 frame, ognuno
a sua volta contenente otto
diffusori KK50, lungo il bordo
del palco.
7: Uno degli array di KK50 e
KK200 posizionati sul perimetro
superiore dell’Arena, rivolti
verso il pubblico.
mente fornendo un lieve sostegno
e un arricchimento acustico che
normalmente non si otterrebbero
in un ambiente completamente
aperto. In sostanza il sistema fa recuperare all’Arena la qualità di un
teatro all’avanguardia.
E i musicisti si sono resi conto di
questa naturalezza?
Fortunatamente si sono resi immediatamente conto che il suono
era naturale e abbiamo riscontrato sin da subito pareri positivi.
Ovviamente ci sono stati anche
momenti di perplessità perché
alcune cose non sono state immediate ma hanno richiesto di essere
ben calibrate, talvolta con tempi
di messa a punto molto lunghi.
Con il contributo degli stessi musicisti e soprattutto con quello di
6
Daniel Oren, uno dei più grandi direttori al mondo che, se
vuoi in maniera leggermente aggressiva, mi ha spiegato le
sue reazioni e impressioni, abbiamo capito come lavorare:
ciò che si percepisce effettivamente sul palco, il disturbo
potenziale che il sistema può dare all’orchestra e come i
cantanti interagiscono con le voci e con il sistema stesso.
Inoltre noi avevamo previsto dei tassi d’amplificazione davvero bassissimi, poi effettivamente ci siamo accorti che ne
sarebbe servita anche molto meno, giusto un pizzico.
Questa è una cosa molto innovativa che allo stesso tempo
mantiene una tradizione, perché se ci pensi tutte le altre
arene del mondo si sono arrese al microfonare e mixare
l’opera proprio come se fosse un concerto. Qui, invece, ci
troviamo di fronte ad una tradizione di oltre cent’anni che
non si può minimamente intaccare. Ma soprattutto chi viene ad ascoltare l’opera vuole sentirla per davvero, vuole
sentirla totalmente naturale; pertanto è stato seguito un
approccio che conserva l’essenza della tradizione classica,
dandogli semplicemente un pizzico in più in modo da farlo
sentire meglio a tutti, in particolar modo a chi usciva sempre lamentandosi di aver sentito poco o niente.
Con chi avete collaborato in quest’impresa?
È stato necessario adattarsi a lavorare nel cuore della notte
oppure sotto il sole a picco del giorno che rende rovente
la pietra dell’Arena, ed è per questo stata preziosissima la
collaborazione delle persone che si sono rese disponibili da parte di K‑Array, in particolare di Alessandro Tatini,
Francesco Maffei e Tommaso Salvetti, di Musical Box Rent
in particolare di Angelo Cremasco e Luca Facci e da parte
della mia Audio Labs Systems, in particolare da parte di
Alessandro Arturi e di Paolo Calza. Inoltre è stato importantissimo il ruolo di Elena Zannini che ha fatto la ricerca
storica sul suono dell’opera lirica.
Per alcune informazioni sull’aspetto organizzativo del
progetto, riportiamo le nostre domande a Giambattista
Zerpelloni, titolare di Musical Box.
Giambattista, tu meglio di chiunque altro sei in grado di
raccontarmi da dove e come è partita l’idea di questo si‑
stema. Insomma, com’è iniziato il tutto?
Qui all’Arena di Verona s’è sempre avvertito questo bisogno
di migliorare la qualità audio delle opere, ovviamente non
opere rock ma liriche, e s’è cercato di capire se ci fosse effettivamente una soluzione possibile per
poter amplificare l’Arena senza
far perdere la neutralità acustica
delle voci e delle orchestre.
Il progetto ha poi iniziato a svilupparsi con l’entrata del nuovo sovrintendente Francesco Giroldini,
che ha subito annunciato di essere
intenzionato a coprire l’Arena ed
amplificare l’opera. Decisi così di
incontrarlo per discutere la cosa.
Nel frattempo è capitato che ho
incontrato Tatini, uno dei titolari
di K‑Array, mentre stavano facendo il surround per il concerto di
Elisa, e quando ho detto loro che
ero qui per fare questa cosa loro
mi hanno risposto “ma perché non
fate le cose sul serio e non riflette-
1 microfono
A/D conversione ogni 8 al mix
all’Optocore
Sennheiser ME36
D/A conversione Orchestra+Palco ingresso ausiliare
da Optocore
KA1-1 + KK50 per il monitoraggio
dell’orchestra sul palco
Orchestra+Palco
D/A conversione ingresso ausiliare
da Optocore
Preamplificatore
customizzato
RS485 controllo dal software K-Array
7
KA1-1
KA1-1
KA1-1
KA1-1
KA1-1
KA1-1
KA1-1
Da microfoni
dell’orchestra
KA1-1
16 x
8 Microfoni ME36
8 Amplificatori KA1-1
KA1-1
Speaker Frame
KK50
KK50
KK50
KK50
KK50
KK50
KK50
KK50
1 microfono
ogni 8 al mix
D/A conversione
Orchestra+Palco da Optocore
ingresso ausiliare
2 x DME64N
Yamaha
Mix Orchestra
Rinforzo effetti+
Palco+Orchestra
D/A conversione
da Optocore
8 KK50
Rinforzo effetti+
Palco+Orchestra
KU36
1 Amplificatore
KA1-1
KA1-1
Mixer Dm2000
A/D conversione
all’Optocore
2 KU36 sub
KU36
D/A conversione
da Optocore
A/D conversione
all’Optocore
DSP
Ingresso CV GPI per controllo del volume
KA1-1 + KK50
intorno la circonferenza
dell’Arena
D/A conversione
da Optocore
Orchestra+Effetti D/A conversione
da Optocore
KA1-1 + KK200
intorno la circonferenza
dell’Arena
DSP
KK50
90
novembre/dicembre 2010 - n.86
D/A conversione Orchestra+Effetti
da Optocore
www.soundlite.it
91
installazioni
VENITE A TROVARCI ALL'LDI
S TA N D 7 5 6 , 76 1 E 1 1 5 7
te prima di amplificare l’Arena?”.
Poi, a marzo 2008, io e Giroldini
ci siamo incontrati casualmente al party della Sennheiser, e ne
abbiamo riparlato mettendo in
primo piano il bisogno effettivo
che ha l’Arena nelle opere, e abbiamo deciso di organizzarci per
dare forma alla cosa. Ci siamo rivisti in agosto, alla fine della stagione estiva 2009, per fare i primi
rilievi e capire come muoverci, e
dopo un paio mesi trascorsi ad
approfondire il progetto abbiamo
fissato l’incontro con la sovrintendenza. Va aggiunto che abbiamo
avuto una persona all’interno
dell’Arena che ci ha aiutato davvero tantissimo: Andrea Donà,
un ex tecnico che conosce l’Arena
mattone per mattone, il quale ci
ha spiegato con precisione quelle
che sono le problematiche interne che si incontrano quando ci si
muove dentro questo contenitore
pieno di burocrazia. Lui è stato il
ponte tra le operazioni di Mario e
la sovrintendenza.
Quindi, ricapitolando, la sovrin‑
tendenza ha incaricato Musical
Box che a sua a volta hai coin‑
volto K‑array che a sua volta ha
coinvolto Mario Di Cola, giusto?
Esattamente. Diciamo che abbiamo avuto modo di presentare
il progetto alla sovrintendenza,
dove sono stati tutti a favore di
ciò che abbiamo proposto, e da
qua è nato il problema di come
poter rendere esecutivo il progetto sulla carta. A questo punto ho
deciso di prendere la questione in
pugno ed approfittare del fatto
che quest’anno Musical Box compie trent’anni, per investire in un
progetto che certamente rimarrà
92
novembre/dicembre 2010 - n.86
inciso nella storia dell’Arena di Verona. Diciamo che questo
è stato il mio modo per festeggiare e omaggiare tre decadi
di dedizione verso il mondo dello spettacolo. Ho coinvolto
anche Michele Arduini di Musical Box Rent per gestire al
meglio il tutto.
Comunque avete avuto una stagione di prova per far sen‑
tire le potenzialità del progetto.
Per quanto il progetto sulla carta potesse sembrare credibile,
ci hanno chiesto di metterlo in pratica per poterne apprezzare le effettive potenzialità. A quel punto Musical Box Rent
ha preso in carica i costi della sperimentazione, imponendo
una data di prova (che poi sono diventate quattro o cinque)
per richiedere il famoso “si, continuiamo”; quindi il rischio
d’impresa è stato assunto da Musical Box Rent e ovviamente
anche da K‑array che ha messo in piedi la cosa. A sua volta l’ente lirico non ha affrontato l’acquisto non per motivi
economici, ma per motivi di gestione. Infatti affittando il
sistema da Musical Box Rent avrebbe a disposizione anche i
fonici e i tecnici della ditta che sanno dove mettere le mani,
mentre se l’ente lirico lo comprasse dovrebbe preoccuparsi anche di assumere delle persone che lo sappiano gestire.
Quindi, in definitiva, non possiamo di certo lamentarci. Anzi,
con un pizzico di follia (e ce n’è voluta tanta), con la maestria
di Mario che ha seguito minuziosamente ogni aspetto, ogni
artista e ogni umore (che qua dentro se ne sentono davvero
tanti), possiamo dire di aver centrato l’obiettivo. E ti dico
anche il perché: il problema stava nell’avere quell’aiuto che
era sempre mancato all’Arena, quella mancanza per la quale
tutti gli anni molte persone che venivano qui ad assistere
ad uno spettacolo lirico se ne andavano dicendo che non
sarebbero più tornate perché non riuscivano a sentire un
fico secco. Al tempo stesso c’era anche da fare una proposta
dove comunque rimanesse l’aspetto tecnico che Mario ha
spiegato poco fa, senza però che si sentisse né si vedesse nulla. Tant’è che il Maestro Zeffirelli, che quest’anno ha firmato
tutte le opere, la prima sera che è venuto all’anteprima, ha
detto “ci volevano quarant’anni perché sentissi qualcosa?”.
Al momento possiamo dire che ci sono ancora delle cose da
sistemare e migliorare, ma possiamo dire di aver vissuto tre
mesi di sperimentazione con zero problemi.
Quindi la sovrintendenza ha detto sì, cioè ha ufficialmen‑
te promosso il sistema?
Certo. E devo dire che per Musical Box, che è un’azienda
nata a Verona, coronare questo progetto proprio qui nella sua città natale è il modo migliore di celebrare questo
compleanno.
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accessibile
MAC 101 dà il via a una rivoluzione nel lighting design
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sostituto dinamico dei PAR can, MAC 101 ha un prezzo contenuto che permette di utilizzarlo in grandi quantità per progetti di illuminazione rivoluzionari e totalmente nuovi. Anche in
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Roland S‑MADI
Figura 1.
S
‑Madi REAC Bridge è un
convertitore di segnale
audio digitale, bidirezio‑
nale, tra i protocolli REAC
e MADI. Permette quindi di col‑
legare direttamente in digitale
dispositivi audio dotati di ingres‑
si/uscite MADI con dispositivi Ro‑
land basati sul protocollo REAC.
REAC (Roland Ethernet Audio
Communication) è un protocollo
proprietario del produttore giap‑
ponese che permette di trasferire
fino a 40 canali bidirezionali (80
in totale) di audio a 24 bit/96 kHz
su un singolo cavo Cat5e, a bas‑
sissima latenza. Si tratta della
tecnologia alla base del popolare
sistema di trasporto audio digita‑
le Roland Digital Snake. È com‑
patibile con i dispositivi standard
Ethernet, ovvero è possibile split‑
tare il flusso REAC multicanale,
ad esempio tra le console moni‑
tor e FoH, utilizzando un comune
switch Gigabit Ethernet (di buona
qualità, oppure lo switch dedicato
Roland S‑4000D).
MADI, acronimo per Multichan‑
nel Audio Digital Interface, è uno
standard per la trasmissione di au‑
dio digitale multicanale supporta‑
to e pubblicato dall’associazione
internazionale Audio Engineering
Society. Lo standard, anche detto
AES10, è stato originariamente
documentato nel 1991, per essere
94
novembre/dicembre 2010 - n.86
poi aggiornato nel 2003. Rappresenta, in un certo modo,
l’evoluzione multicanale dello standard di trasmissione au‑
dio stereo AES3 (il parente pro di S/PDIF). Lo standard AES10
del 1991 prevedeva un massimo di 56 canali con sample rate
da 28 kHz a 54 kHz. AES10‑2003 prevede la trasmissione se‑
riale su cavo coassiale o su fibra ottica di 32, 56 o 64 canali
unidirezionali di audio non compresso, con frequenza di
campionamento da 32 kHz a 96 kHz e risoluzione fino a
24 bit per canale. Essendo uno standard pubblico, la mag‑
gior parte dei sistemi audio professionali multicanale met‑
te a disposizione, nativamente o come opzione, ingressi e
uscite MADI.
Gli ingressi e le uscite MADI del convertitore Roland suppor‑
tano il formato a 56 o 64 canali, sia su coassiale in rame (con
connettore BNC) che su fibra.
La sorgente di clock può essere selezionata tra i vari segna‑
li in ingresso, REAC o MADI, oppure dall’apposito ingresso
Word Clock.
Sul retro del dispositivo è presente un connettore
REAC Main, al quale si può connettere un flusso bidirezio‑
nale (ingresso/uscita su un singolo cavo) proveniente da un
dispositivo Roland capace di comunicare tramite REAC.
C’è anche, sempre sul retro, un connettore REAC denomi‑
nato “Split Out”, che fornisce in uscita segnali provenienti
dal flusso REAC principale o dall’ingresso MADI, e che può
essere utile, ad esempio, per inviare i segnali audio ad un re‑
gistratore o ad una console ausiliaria. L’uscita Split, a diffe‑
renza del Main, supporta l’alimentazione REAC Embedded
Power, una sorta di alimentazione phantom su Cat5 utile
per alimentare dispositivi Roland come il Personal Mixer
M‑48, o il Digital Snake S‑0808, tramite lo stesso cavo che
trasporta il segnale.
Ci sono poi due connettori BNC e due TOSLINK dedicati
all’in/out MADI, rispettivamente coassiale e ottico. Ovvia‑
mente, solo uno dei due ingressi MADI può essere attivo
in ciascuna situazione. Le uscite MADI funzionano invece
contemporaneamente, trasportando lo stesso set di segnali,
Figura 2.
che può essere selezionato tra una copia completa dell’in‑
gresso MADI (quando l’apposito commutatore è impostato
su THRU) oppure un set di canali provenienti dall’ingresso
REAC ed una copia dei canali MADI in ingresso per i restanti
(con il commutatore su OUT). Il segnale REAC contiene in‑
fatti al massimo 40 canali audio, mentre l’uscita MADI può
contenerne fino a 64. Analogamente, i canali MADI conver‑
titi e trasferiti nel flusso REAC possono essere selezionati tra
i primi 40 o tra gli ultimi 16 (da 41 a 56) o 24 (da 41 a 64)
dell’ingresso MADI.
Sul frontale è presente un connettore D‑sub a 9 pin denomi‑
nato “Remote” per la connessione di un remote controller
Roland S‑4000R, o di un computer dotato di porta seriale
RS‑232 e di software S‑4000RCS, per il controllo remoto at‑
traverso REAC di dispositivi Ro‑
land quali Digital Snake o Perso‑
nal Mixer.
Uno switch di fianco al connet‑
tore Remote è dedicato al blocco
di sicurezza delle operazioni dal
pannello, per evitare di agire er‑
roneamente sulle impostazioni
del convertitore durante il funzio‑
namento.
Roland Systems Group Italy, nella
persona dello specialista di pro‑
dotto Andrea Gascone, ci ha gen‑
tilmente fornito alcuni diagrammi
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95
prodotto
inoltre, alimenta i tre stage box S‑0808 attraverso il Cat5
stesso. Un quinto stage box converte in analogico gli stessi
40 segnali già inviati al distributore S‑4000M.
Nuovo Mixer Potente e Compatto
Il diagramma di figura 2 rappresenta invece due possibili
configurazioni live/broadcast per il monitoraggio personale.
A sinistra, nella sezione rossa, la console invia 40 canali
attraverso l’S‑MADI alle batterie di Personal Mixer M‑48
alimentate e interconnesse attraverso gli switch Ether‑
net S‑4000D, capaci di alimentare i dispositivi connessi
tramite Power on Ethernet (PoE). Un M‑48 è posizionato
accanto alla console per il fonico, alimentato diretta‑
mente dall’S‑MADI. Gli M‑48 possono essere impostati,
amministrati, visualizzati e controllati in tempo reale at‑
traverso il computer.
Nella sezione destra, cerchiata in blu, la console, attraverso
l’S‑MADI, riceve 40 canali da una stage box S‑4000 e invia
40 canali ad un mixer Roland M‑400 che a sua volta gestisce
un’altra batteria di M‑48. M‑400, tra l’altro, è in grado di
simulare l’ascolto in uscita di ciascun M‑48, oltre ad offrire
un controllo degli stessi M‑48 attraverso i fader della conso‑
le, a poter impostare i 40 canali inviati agli M‑48 in pre-eq/
pre-fader/post-fader, ad inviare direct out oppure raggrup‑
pamenti pre-mixati e, ovviamente, come per il controllo via
PC, a impostare, amministrare, visualizzare e controllare in
tempo reale ciascun M‑48.
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esemplificativi di possibili utilizzi
del convertitore S‑MADI, che ri‑
portiamo in queste pagine.
Il diagramma di figura 1 mostra
tre configurazioni possibili legate
al collegamento dei mixer digitali
dotati di interfacce MADI con gli
stage box Roland Digital Snake.
Nella sezione rossa, a sinistra, la
console principale, attraverso un
S‑MADI Bridge, riceve 40 canali
mic/line e invia 40 canali di uscita
analogici e AES/EBU; contempo‑
raneamente la porta Optical MADI
Out rilancia i 40 canali di ingresso
ad una seconda console con con‑
nessione MADI ottica in ingresso.
Nella sezione verde, al centro, la
console riceve 64 ingressi e invia
64 uscite attraverso due dispositi‑
vi S‑MADI interconnessi.
A destra, nella sezione blu, la con‑
sole riceve 40 ingressi e invia 32
uscite distribuite su 4 stage box at‑
traverso un S‑MADI ed un merger/
distributore S‑4000M. L’S‑4000M,
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prodotto
di
Douglas Cole
Jands Vista
I
tempi cambiano, e di certo
le tecnologie e le abitudini di
chi ne fa un uso professionale
non stanno ferme a guardare.
Anche il mondo delle console ha
dunque cambiato le carte in tavola, tanto che oggi l’oggetto fisico in sé ha perso molta della sua
importanza: è più una questione
di filosofia d’uso piuttosto che di
“attrezzi” a disposizione.
Software
Il software di Jands Vista è l’innovazione che la differenzia rispetto
agli altri sistemi. L’obiettivo principale della casa australiana è stato quello di fornire all’operatore
uno strumento in cui tutte le informazioni necessarie a programmazione e playback apparissero
in un’interfaccia completamente
grafica e visuale.
Vista non è dunque solo una
console, ma rappresenta una
nuova filosofia di lavoro. Come recita il suo
nome,
questa
tecnologia si
concretizza
in
un’interfaccia costruita intorno all’utilizzo di controlli visivi
su un touch-screen (Wacom, ad altissima sensibilità e precisione), molto rapida per chiunque sia abituato ad usare un
computer. Le consuete operazioni di programmazione con
l’ausilio della tastiera non sono più strettamente necessarie.
La conoscenza di comandi specifici quali copia, muovi, duplica, incolla, clona non serve; in Vista si eseguono attraverso
ovvie operazioni di drag&drop o semplicemente utilizzando
gli stessi shortcut che si utilizzano nei PC (es: ctrl+C, ctrl+V).
Il Patch
Il primo “incontro” con il software avviene nell’ambito del
Patch. Dalla libreria disponibile a bordo basterà “trascinare” le fixture interessate in una delle 16 griglie da 512 canali
che rappresentano gli universi che Vista può gestire. Proprio
questa rappresentazione grafica permette di vedere tutti i
canali DMX a disposizione e quelli richiesti da ogni singolo proiettore anche nel dettaglio. Per modificare il proprio
patch basterà trascinare uno o più fixture ad un indirizzo
diversamente scelto su un qualsiasi universo. Esiste comunque un tastierino numerico per realizzare il patch in maniera tradizionale.
Il Layout
Una volta terminato il patching, l’utente può organizzare
visivamente le icone che rappresentano le fixture su uno o
più fogli (Layouts) nella stessa maniera in cui i proiettori
stessi sono posizionati rispetto alla scena (Plot). Ci si può
“scordare” l’ID di ogni singolo proiettore: la selezione singola o multipla avviene in maniera visuale attraverso il classico “drag” della penna o del mouse.
È inoltre possibile creare più visualizzazioni dello stesso
parco luci – globali o in dettaglio – secondo le necessità
dell’operatore.
Durante la programmazione, l’icona di ciascun proiettore mostra dinamicamente la manipolazione
che l’operatore sta eseguendo sulla fixture
stessa. Questo consente di identificare
in un solo “colpo d’occhio” lo stato dei
proiettori in scena, compresi i suoi parametri di intensità, posizione, colore e forma
(gobo e iris), senza dover fare riferimento a
complicate schermate costituite da stringhe
numeriche.
La Programmazione
Unitamente al Layout che rappresenta il plot luci attraverso icone, sono a disposizione tutti gli strumenti grafici
98
novembre/dicembre 2010 - n.86
1
2
per manipolare i parametri dei proiettori stessi, senza aprire
ulteriori finestre dedicate. Le aree dedicate alla manipolazione dei canali sono tre: intensità e posizione, colore e forma del fascio.
I colori miscelati si impostano selezionandoli direttamente
su uno spettrogramma HSV, oppure con slider di livelli CMY
e/o RGB, o semplicemente scegliendoli da una tavolozza preimpostata di filtri standard Lee. È poi previsto un menù apposito per la selezione di un colore da una ruota di colori fissi.
In alternativa è possibile miscelare i colori, utilizzando controlli diretti (raw) DMX per i vari canali che gestiscono i parametri colore (es. C-M-Y-CTO-ruota colori). Vista opera una
scelta “intelligente” di color match (cioè per somiglianza) se
si usano palette Lee o HSV qualora i proiettori che si stanno
utilizzando siano dotati di sola ruota/e colore.
I parametri di puntamento pan e tilt si controllano con la
penna su un grafico cartesiano di tipo X/Y, mentre intensità,
strobo e shutter sono modificabili tramite degli slider virtuali nella stessa parte della schermata. Ogni componente
relativa al fascio – zoom, frost, focus, iris e prisma – possiede
una propria unità di controllo. Il software supporta fino a
quattro ruote di gobo per ogni proiettore, con controlli intuitivi anche per rotazione ed indicizzazione dei gobo stessi.
Per quanto riguarda i proiettori con lame di sagomatura, il
software permette di disegnare la sagoma richiesta trascinando e ruotando le lame, anch’esse rappresentate graficamente, con la penna.
Fixture Replace
La Timeline
La programmazione su Vista è definita in Clip. Ciascuna
clip contiene uno o più Step. Queste istanze sono rappresentate e quindi manipolabili per via grafica attraverso una
timeline, che graficamente è una barra orizzontale lungo
una ascissa temporale. L’utente ha perciò la possibilità di
regolare la lunghezza della barra (come in qualsiasi altro
software basato su timeline) per impostare il tempo di fade
della clip. La semplice osservazione delle linee di tempo che
compongono una clip fanno intuire quale sarà l’andamento
dei singoli parametri durante il crossfade della clip stessa,
mentre la gestione grafica dei tempi di fade consente di
creare movimenti complessi di transizione dei parametri in
maniera visiva.
Il sistema consente di programmare in maniera grafico-temporale come si usa fare, per esempio, nei montaggi video:
inserita la traccia audio sulla linea di tempo principale, Vista
offre tutti gli strumenti marcatori per definire lunghezze
e intersezioni tra le diverse clip che “rappresenteranno” il
disegno luci del brano.
Uno dei problemi più consueti in
tour senza produzione al seguito,
o in caso di festival, è la necessità
di adattare la programmazione
dello show al tipo di proiettori disponibili, cosa che spesso richiede
svariate ore di programmazione.
Per ovviare il più possibile a questo problema, Vista memorizza
colori, beam ed altri dettagli della
fixture, così che, quando si sostituisce un proiettore, la console confronta le somiglianze “piu vicine”
a quelle delle fixture precedenti,
adattandole alle nuove, anche se
non dispongono esattamente delle stesse caratteristiche. Il risultato
rimane quindi praticamente immutato al variare dei proiettori.
1. La schermata della
programmazione, con le icone
dinamiche dei proiettori e gli
strumenti per la manipolazione
dei parametri.
2. La schermata della Timeline.
Hardware
Il sistema hardware di Vista è dimensionabile secondo le esigenze della specifica applicazione.
Lo stesso software (liberamente
scaricabile) installato nelle console può lavorare in ambiente PC o
Mac dando all’operatore la possibilità di dimensionare un sistema secondo le proprie esigenze,
attraverso l’ausilio di superfici di
controllo esterne dedicate, più o
meno grandi, collegabili al computer via USB.
La configurazione hardware di
base per l’utilizzo di Vista comprende l’uso di una chiavetta
(dongle) collegata al PC che abilita
il numero di canali DMX richiesto,
e di un’interfaccia di conversione
USB/DMX per la comunicazione
del segnale. I dongle disponibili
sono da 128, 256, 512, 1024, 2048
e 8192 canali.
La gamma di prodotti Vista comprende tre superfici di controllo
progettate per l’utilizzo con PC
www.soundlite.it
99
prodotto
la sezione di programmazione. Offre quattro uscite DMX,
interfaccia MIDI ed ingresso Timecode, cinque porte
USB ed un connettore per una lampada.
esterno e
tre console vere
e proprie con computer a bordo.
La superficie di controllo M1 è
un modulo molto compatto per il
controllo del solo playback che dispone di cinque fader di playback
e relativi pulsanti, configurabili
per il controllo di clip, gruppi e altre funzioni accessorie. Incorpora
il grandmaster su un encoder rotativo e pulsanti flash configurabili, si interfaccia con il computer
tramite USB (dal quale viene anche alimentata) e dispone di due
porte DMX XLR5.
S1 aggiunge ai controlli di M1
una sezione Super Playback, con
due fader e controlli di “trasporto” per le timeline (go, pause,
skip forward, skip back, ecc), ed
una sezione di programmazione
con tre ruote assegnabili, pulsanti di navigazione e sei pulsanti
multifunzione. Due display LCD,
uno sulla sezione playback ed uno
sulla sezione di programmazione,
forniscono informazioni direttamente associate ai controlli e permettono all’utente di distogliere
lo sguardo dallo schermo del software quando utilizza i controlli
tradizionali. S1 dispone di due
uscite DMX e quattro porte USB,
e offre un ingresso per Timecode
lineare e MIDI in/out/thru.
Jands Vista è distribuito in Italia da:
Robe Multimedia
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S3 è una potente superficie di controllo, a cui l’utente deve aggiungere un PC e relativi display. Incorpora 20 controlli playback, 10 con
fader e pulsanti flash e 10 senza,
la sezione Super Playback e la sezione di programmazione. Incorpora inoltre cinque display LCD,
quattro per i playback ed uno per
100 novembre/dicembre 2010 - n.86
La console stand-alone di base è
I3, che essenzialmente rispetto alla
superficie S3 incorpora direttamente
il computer (2,13 GHz Intel Core 2) e la
gestione degli schermi. Supporta due monitor (DVI e VGA) e l’utente può aggiungere
come schermo principale anche un tablet per la
gestione della programmazione con la “penna”.
Dispone di sette porte USB, che si possono sfruttare per aggiungere altri playback con l’aggiunta di
una superficie di controllo M1 o S1. L’utente può anche telecomandare I3 tramite Ethernet utilizzando VNC.
Il numero dei canali DMX che si possono gestire con M1,
S1, S3 o I3 è determinato dal tipo di dongle, fornito separatamente.
Le console ammiraglie della serie sono T4 e T2. La principale
superficie di controllo di queste due console è uno schermo
Wacom touchscreen da 15” con una tastiera qwerty completa ed un touchpad. Dodici pulsanti multifunzione configurabili sono disposti sopra lo schermo e due set di quattro
pulsanti modificatori permettono il controllo istantaneo
della funzione della penna sul touchscreen. Il processore a
bordo è un Pentium 4 da 2,8 GHz, con HD da 40 GB. Queste
console incorporano inoltre un drive CDRW. Offrono supporto integrato per due monitor esterni (VGA).
La principale differenza tra l’hardware della T4 e quello della T2 è il numero di moduli Playback, Super Playback e Programmazione. T2 dispone di una sezione di programmazione con tre encoder rotativi, 12 pulsanti multifunzione per la
programmazione e due fader Super Playback, con i relativi
display LCD. Incorpora anche un modulo playback con 15
controlli playback, dieci con fader e pulsanti flash e cinque
senza, e in modalità split gestisce fino a 40 clip. T4, invece,
offre il doppio di ciascuna di queste sezioni, il che la rende
molto più agile nella applicazioni che richiedono un maggiore controllo live. Non necessitano di dongle in quanto
vengono già fornite con il numero massimo di canali DMX.
I3, T2 e T4 posseggono una porta Ethernet compatibile con
ArtNet e Pathport, una porta seriale DB9, trigger in/out su jack
6,3 mm, ingresso e uscita audio di linea e ingresso microfonico.
Byron
Byron rappresenta il prossimo salto verso il futuro di Vista.
Notevoli saranno gli sviluppi del software sia da un punto di
vista delle funzioni sia della praticità grafica.
Tra queste novità ci sono la possibilità di salvare come preset un punto qualsiasi della timeline; una barra aggiuntiva
nella timeline per la navigazione rapida tra gli step delle
clip; una funzione di ricerca nella libreria dei proiettori; la
possibilità di inserire punti specifici di sincronizzazione degli effetti preprogrammati, generatore di effetti dedicati a
proiettori montati in matrice (pixel mapping); una rappresentazione visiva più dettagliata dei gobo; controllo integrato di qualsiasi mediaserver con importazione automatica
dei contenuti video e relative thumbnail nella timeline; programmazione da linea di comando e networking.
Byron sarà del tutto compatibile con tutti i tipi di hardware
esistenti.
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tecnologia
di
Carlo Carbone
p
deve essere comunque munito di cuffia antivento. La
catena di misura deve essere compatibile con le condizioni
meteorologiche del periodo in cui si effettuano le
misurazioni e comunque in accordo con le norme CEI 29‑10
ed EN 60804/1994.
te
ar
p
Basta la Parola
ar
te
R
iprendiamo qui il discorso iniziato nel numero
scorso, in cui ci eravamo
interrotti durante la descrizione puntuale del secondo
di tre punti in programma: alcune incongruenze nelle misure che
hanno portato al processo, ed alla
seguente assoluzione, di Claudio
Trotta e Vittorio Quattrone per lo
sforamento degli orari di termine
della manifestazione in occasione
dei concerti di Springsteen per
Trotta e Kravitz e Subsonica per
Quattrone.
Errata attribuzione di livello
misura 16 luglio 2008
Nella relazione del 22 luglio 2008,
prot. n. 105332, allegata alla comunicazione del 4 agosto, in relazione alla valutazione di questa
manifestazione si indicavano le
seguenti conclusioni:
• il livello acustico negli orari
previsti per le prove non si
distingue dal livello acustico
ambientale tipico del sito di
misura (vedi grafico della time
history); si evidenzia che già
quest’ultimo risulta superiore
al livello in deroga fissato per
le prove.
• La manifestazione ha rispettato il
livello equivalente d’immissione
previsto per il concerto, pari
a 74 dB(A), valutato secondo
le indicazioni contenute
nell’autorizzazione in deroga.
102 novembre/dicembre 2010 - n.86
Si ritiene che per questa manifestazione si siano confusi i
termini in deroga con le valutazioni più restrittive tratte per
una frazione del periodo concesso in deroga. Tale differenza assomma a 0,5 dB(A) che comunque rientra nell’ambito
della tolleranza strumentale.
In particolare, si riporta quanto indicato dalla norma1
all’allegato A:
11 Livello di rumore ambientale (LA): è il livello continuo
equivalente di pressione sonora ponderato A, prodotto
da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo
e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale
è costituito dall’insieme del rumore residuo e da quello
prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti, con
l’esclusione degli eventi sonori singolarmente identificabili
di natura eccezionale rispetto al valore ambientale della
zona. È il livello che si confronta con i limiti massimi di
esposizione:
1) nel caso dei limiti differenziali, è riferito a TM (tempo di
misura)
2) nel caso di limiti assoluti è riferito a TR (tempo di
riferimento)
12 Livello di rumore residuo (LR): è il livello continuo
equivalente di pressione sonora ponderato A, che si rileva
quando si esclude la specifica sorgente disturbante. Deve
essere misurato con le identiche modalità impiegate per la
misura del rumore ambientale e non deve contenere eventi
sonori atipici.
Mancata valutazione delle condizioni atmosferiche
durante l’evento
Una delle conseguenze della mancanza del presidio è certamente quella di non adempiere alle verifiche imposte dal
D.M.A. 16 marzo 1998 in relazione alla validità di misure al
verificarsi di alcune condizioni atmosferiche:
Allegato B: Norme tecniche per l’esecuzione delle misure
4 Le misurazioni devono essere eseguite in assenza di
precipitazioni atmosferiche, di nebbia e/o neve; la velocità
del vento deve essere non superiore a 5 m/s. Il microfono
alla rumorosità prodotta:
dalle infrastrutture stradali,
ferroviarie, aeroportuali
e marittime; da attività e
comportamenti non connessi con
esigenze produttive, commerciali
e professionali; da servizi e
impianti fissi dell’edificio adibiti
ad uso comune, limitatamente
al disturbo provocato all’interno
dello stesso.
Non esistono informazioni in merito alle condizioni del
tempo in occasione dei concerti tali da validare o meno la
misura. Alcune informazioni tratte dal servizio meteorologico di ARPA Lombardia (ricevute su richiesta scritta in data
14 e 15 ottobre da ARPA Lombardia - Servizio Meteo Regionale) confermano condizioni perturbate anche durante le
giornate del 14 e 18 luglio, circostanza peraltro riscontrabile anche da testimonianze dirette. Se queste condizioni
fossero al momento della misura entro i limiti fissati dalla
norma non è ormai dato riscontrabile con certezza, proprio
per l’assenza del tecnico durante l’acquisizione dei dati.
Pur facendo presente che l’Amministrazione del Comune di Milano non si è ancora dotata dello strumento della zonizzazione
acustica, con la deroga il livello
Posizione di misura
Data - Ora
Si richiama infine quanto fissato dal DPCM 14/11/97 in relazione ai limiti di immissione:
Art. 3.
Valori limite assoluti di immissione
1) I valori limite assoluti di immissione come definiti
all’art. 2, comma 3, lettera a), della legge 26 ottobre 1995,
n. 447, riferiti al rumore immesso nell’ambiente esterno
dall’insieme di tutte le sorgenti sono quelli indicati nella
tabella C allegata al presente decreto.
2) Per le infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime,
aeroportuali e le altre sorgenti sonore di cui all’art. 11,
comma 1, legge 26 ottobre 1995, n. 447, i limiti di cui alla
tabella C allegata al presente decreto, non si applicano
all’interno delle rispettive fasce di pertinenza, individuate
dai relativi decreti attuativi. All’esterno di tali fasce, dette
sorgenti concorrono al raggiungimento dei limiti assoluti di
immissione.
3) All’interno delle fasce di pertinenza, le singole sorgenti
sonore diverse da quelle indicate al precedente
comma 2, devono rispettare i limiti di cui alla tabella B
allegata al presente decreto. Le sorgenti sonore diverse da
quelle di cui al precedente comma 2, devono rispettare, nel
loro insieme, i limiti di cui alla tabella C allegata al presente
decreto, secondo la classificazione che a quella fascia viene
assegnata.
Art. 4.
Valori limite differenziali di immissione
1) I valori limite differenziali di immissione, definiti all’art. 2,
comma 3, lettera b), della legge 26 ottobre 1995, n. 447,
sono: 5 dB per il periodo diurno e 3 dB per il periodo
notturno, all’interno degli ambienti abitativi. Tali valori non
si applicano nelle aree classificate nella classe VI della tabella
A allegata al presente decreto.
2) Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano
nei seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da
ritenersi trascurabile:
a) se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a
50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A) durante il
periodo notturno;
b) se il livello del rumore ambientale misurato a finestre
chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il periodo diurno
e 25 dB(A) durante il periodo notturno.
3) Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano
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del limite diviene quello indicato
nell’atto specifico, e nelle condizioni indicate dallo stesso. Il valore in deroga per questo limite è
espresso in corrispondenza della
facciata dell’edificio recettore
considerato.
In relazione, viceversa, si contesta anche il superamento del limite valutato con criterio differenziale, utilizzando però il rilievo eseguito in facciata. Tale attività contrasta con il preciso disciplinare di misura imposto dalla
norma D.P.C.M. 14/11/97, citata
sopra. Per il criterio differenziale
la verifica deve essere effettuata
all’interno dell’abitazione nelle
due condizioni “finestre aperte” e “finestre chiuse”, rilevando
nella stessa posizione sia il rumore ambientale che quello residuo
così come indicato all’art. 4 della
citata norma, sopra testualmente riportato.
L’errore può essere importante se
si tiene conto che, a parità di fenomeno, la differenza tra i livelli
in facciata e quelli presi all’interno possono essere estremi, da un
minimo di 2 dB(A) ad un massimo
di 11 dB(A) a finestre aperte e più
alto nella condizione a finestre
chiuse. Per questo il valore in facciata non è in alcun modo configurabile come indicatore dell’effettivo livello di inquinamento
valutabile secondo il criterio differenziale. Non esistono agli atti,
nello specifico, misure eseguite
coerentemente al disposto normativo.
Conclusioni
Le modalità di misura e rilievo
del fenomeno disturbante sono
anomale e in taluni aspetti si
pongono in contrasto con quanto stabilito dalla norma e dalla
buona tecnica.
In sintesi, il mancato presidio di
personale alla misurazione pone
un grave e sostanziale dubbio sui
risultati della stessa non potendo
ricollegare in maniera univoca il
fenomeno misurato alla produzione dello stesso.
Sussistono inoltre dubbi su alcuni aspetti relativi all’utilizzo della strumentazione. La modalità
utilizzata è ammessa per misure
di fenomeni ripetitivi e di lunga
durata, riscontrabili per tipologia
e modalità anche in altre misure eseguite successivamente.
Questa non è la condizione di un avvenimento eccezionale
quale quelli esaminati qui, la cui composizione e tecnica risultano difficilmente ripetibili.
Il mancato presidio, inoltre, non garantisce l’esecuzione di
tutte quelle operazioni validanti la misura indicate nella
norma di riferimento DMA 16/03/98, come la verifica delle
condizioni meteorologiche e la calibrazione prima e dopo
la misura effettuata.
Ritengo quindi le misure allegate al procedimento pendente prive di riscontrabilità rispetto al fenomeno indagato.
In ultimo, la posizione di misura nella contestazione del livello differenziale non appare conforme a quanto indicato
nella norma di riferimento, comportando quindi l’invalidità
di tali dati se riferiti al livello di rispetto differenziale. I valori rilevati non sono raffrontabili né paragonabili, per cui
non è possibile farne l’utilizzo che la norma dispone.
Per quanto sopra esposto le misure non costituiscono, a mio
avviso, prova certa del fenomeno indagato e contestato.
Think vertical.
Finale di partita
A sorpresa mi arriva comunicazione dal buon Diego Riello
di un’attività allo stadio Meazza (sì, quello con i limiti): una
manifestazione di una delle tante fedi cristiane con impianti da spavento. Lì la confusione tra i soggetti sbaraglia ogni
logica e cado in panico. Balbetto di non disturbarmi per
cose di religione poiché sono trattate in deroga per legge.
Il caparbio (sempre Riello) mi fa presente che nel programma si parla di spettacoli (seppur di tipo medievale), musica,
eccetera; al ché, la curiosità prende il sopravvento e chiedo
di effettuare misure e foto. Ed è vero! 40.000 e forse più
persone davanti a 13 cluster di diffusori (non posso indicare la marca) a vedere lo spettacolo, cantare all’unisono con
l’interprete principale etc. Proprio come in un concerto. La
differenza è che, non chiamandosi “concerto” ma “evento
religioso”, per tre giorni 40.000 persone hanno goduto di
loro stesse e dei loro messaggi senza uno straccio di agibilità
prefettizia, nonché senza tutte le pratiche annesse compresa la valutazione dell’impatto acustico.
Roberto De Luca, organizzatore del concerto di Madonna,
visto i titoli, avrebbe potuto approfittarne... ahimè, troppo
tardi.
Come direbbe Tino Scotti a termine della pubblicità di un
famoso e quantopiù funzionale farmaco: basta la parola.
Cambiare i nomi, si sa, è vantaggioso. Cari organizzatori,
pensate ad una rivoluzione semantica o fondate una religione, magari di nome “sicurezza e godimento”.
Note:
1: Il più volte citato nella prima parte Decreto del Ministero
dell’Ambiente del 16 marzo 1998: Tecniche di rilevamento e di
misurazione dell’inquinamento acustico.
DVA. Il primo line array attivo con 3 amplificatori digitali, alimentazione switching full range,
PFC, processo audio controllato da DSP e preset di rapida utilizzazione.
Grazie alla tecnologia utilizzata, il box in polipropilene rinforzato, il flyware integrato, e l’utilizzo
di componenti acustici RCF Precision, abbiamo creato un nuovo standard di line array.
Il risultato di una progettazione mirata sono le dimensioni contenute e il peso di soli 13,2 kg.
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Modulo line array attivo a 3 vie con trasduttori
RCF al Neodimio, amplificatore digitale 420W/RMS.
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al Neodimio, amplificatore digitale Class-D
1000W/RMS Digipro®.
Subwoofer attivo 2 x 18“ con trasduttori RCF
al Neodimio, amplificatore digitale Class-D
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Le specifiche di progetto
Negli articoli precedenti abbiamo
trattato argomenti di carattere generale,
illustrando le nostre idee sui banchi
di mixaggio. È ovvio che, essendo dei
progettisti, abbiamo cercato di mettere
in pratica queste convinzioni anche nel
nostro lavoro, cioè nella ideazione di
nuovi prodotti.
Ma come nasce un nuovo prodotto?
Attraverso quali fasi? Quali scelte?
Per illustrare un’applicazione pratica
dei concetti teorici di cui ho parlato
nei precedenti numeri, vi illustrerò
la genesi del nostro nuovo progetto
AL 200, certamente la macchina che
conosco meglio di tutte.
106 novembre/dicembre 2010 - n.86
Questo progetto è nato dopo due anni di studio e si può
definire un progetto molto coraggioso, in quanto riunisce
soluzioni classiche – qualcuno le definirebbe addirittura antiche – con soluzioni all’avanguardia. Si è sviluppato, dopo
un’attenta analisi delle metodologie di lavoro odierne, con
l’intenzione di offrire tutto il necessario ma niente di più.
Un banco di mixaggio assolutamente analogico, studiato
per fornire il massimo della qualità resa possibile dalla tecnologia analogica e per utilizzare al massimo le possibilità
offerte dalla tecnologia digitale.
Di seguito un sintetico elenco dei parametri che ci siamo
proposti.
- Dimensioni estremamente ridotte, massimo 180 cm x 70 cm
per un mixer 48 canali, in modo da poter essere facilmente
gestibile senza spostamenti rilevanti e per poterlo utilizzare anche in ambienti di cubatura ridotta.
- Altezza da terra massima di 80/85 cm, senza la torretta VU
per non interferire con il sistema di ascolto.
- Consumo limitato e quindi relativa temperatura di esercizio bassa. Molti mixer infatti hanno temperature di esercizio veramente proibitive sia per le mani del fonico sia per
la temperatura ambiente.
- Deve garantire il massimo dell’affidabilità e comunque
deve permettere interventi di normale manutenzione ed
eventuali riparazioni anche da parte di personale non altamente specializzato.
La componentistica
Per queste ragioni, dal nostro progetto saranno bandite
schede con componenti a montaggio superficiale (SMD),
perché sono praticamente impossibili da riparare senza
apposite attrezzature disponibili solamente in ambiente
industriale, ed anche in questo caso con molte difficoltà.
Tutti i circuiti integrati dovranno essere montati su zoccolo in modo da poter essere sostituiti senza l’utilizzo di
utensili speciali.
Un’attenzione molto particolare va posta nella scelta dei
componenti elettromeccanici. Dovremo utilizzare solamente componenti elettromeccanici con dimensioni standard,
che saranno sempre di normale reperibilità.
Purtroppo questa scelta potrà creare molti problemi in fase
di progettazione, perché molto spesso sarà difficile met-
CAVO
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26 POLI
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tere d’accordo il lato ergonomico con quello meccanico e
quello elettronico.
Molti costruttori, per facilitare la progettazione e la realizzazione, si fanno costruire componenti meccanici personalizzati. Un classico esempio sono i potenziometri doppi
coassiali con doppia manopola concentrica, tra l’altro molto
scomodi da usare e molto fragili perché esposti agli urti, e
che una volta rotti sono impossibili da reperire come normali ricambi, per cui l’utente è completamente dipendente
dal produttore.
Come tutti sanno, molti anche per esperienza personale, il
90% dei problemi di un mixer è dovuto ai contatti dei pulsanti e dei connettori, oltre al rumore generato dai potenziometri.
Come scritto in precedenza, non potremo usare commutazioni allo stadio solido (FET o CMOS), perché queste portano ad un serio decadimento della qualità audio, quindi
saremo costretti a ricorrere alle vecchie classiche commutazioni elettromeccaniche.
Anche se la componentistica attuale è molto affidabile, almeno quella di qualità, come possiamo soddisfare l’esigenza di ottenere un’affidabilità totale?
La soluzione più semplice e logica è quella di usare sempre
due commutazioni in parallelo o, come seconda soluzione,
usare commutazioni asservite con relé. In questo caso possiamo tagliare la testa al toro, come si dice, utilizzando entrambe le soluzioni.
Un altro particolare, molto importante, riguarda i pulsanti
saldati direttamente sul circuito stampato. La maggior parte dei costruttori salda le schede a bagno d’onda, per motivi
di tempi e quindi di costi, ma i pulsanti (ed anche qualche
altro componente), sebbene sulla carta siano previsti per
saldatura a bagno d’onda, vengono irrimediabilmente deteriorati dall’alta temperatura e dai solventi per la pulizia.
Questo problema ci costringerà, anche sulle schede saldate
a bagno d’onda, a ricorrere in seconda sessione al vecchio
montaggio manuale per i componenti più delicati.
Per quanto riguarda i contatti dei connettori, esiste una sola
soluzione: usare più contatti per ogni segnale.
I connettori per Eurocard, molto usati sui moduli dei mixer,
dispongono di 96 contatti posti su tre file, per cui, usando
tre contatti in parallelo, disporremo di 32 vie, normalmente
sufficienti per le nostre necessità.
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Ovviamente lo stesso concetto
vale per i potenziometri. Da una
nostra empirica indagine statistica si è visto che la tecnica, molto
elementare, di usare due piste in
parallelo riduce del 90% la rumorosità dei potenziometri e ne allunga la vita del 300/400%.
A questo punto nasce una annosa diatriba tra chi preferisce usare
i potenziometri con il contenitore
aperto e chi preferisce quelli, normalmente miniaturizzati, con contenitore sigillato.
I potenziometri aperti sono meno
costosi, meccanicamente più robusti, più esposti alla polvere ma
anche più facili da pulire.
Un mixer destinato all’utilizzo in
studio, al contrario di un mixer
“live”, normalmente non lavora in
ambiente polveroso.
I potenziometri chiusi, normalmente sono molto più costosi, di minore
ingombro, di affidabilità superiore
ma meccanicamente più delicati e
non possono venire puliti.
Diciamo che nel nostro caso tutte
e due le soluzioni sono valide per
cui potremo usare indifferentemente tutti e due i modelli a seconda delle nostre esigenze.
I collegamenti
Un discorso a parte va fatto per i
cavi di connessione interni. Oggi
si cerca, nei limiti del possibile, di
eliminare il cablaggio saldato per
tre motivi basilari.
Il primo è la possibilità di errori
da parte del cablatore, cosa molto
facile quando si usano cavi multipolari. La seconda riguarda l’ossi-
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tecnologia
4
TELAIO MIXER AL 200
48 CANALI
680 mm
1740 mm
720 mm
dazione dei cavi vicino ai punti di
saldatura dovuta agli additivi dello stagno. La terza riguarda i tempi di lavorazione e quindi i relativi
costi, che sono molto alti. Come
alternativa valida c’è il cablaggio
con cavi crimpati e non saldati.
Lo standard attuale sono i cavi
flat passo 1,25 mm ed i connettori passo 2,5 mm, che offrono
un’ottima affidabilità insieme ad
una estrema rapidità e facilità di
montaggio.
Per questi cavi, ovviamente per
cablaggio interno, non esistono
standard, per cui ogni costruttore
li usa a sua discrezione.
Per il nostro progetto ci siamo
creati un nostro standard in base
ad alcune considerazioni: nell’audio il numero delle connessioni
è sempre multiplo di quattro,
normalmente 8/16/24 ecc; infatti la connessione standard usata
attualmente prevede otto linee
bilanciate su un connettore serie
“D” a 25 poli. Questo però pone
di nuovo qualche problemino:
mentre per le connessioni esterne si usa cavo gommato a sezione
rotonda con otto coppie di cavi
all’interno, facilmente montabile in un connettore “D”, per le
connessioni interne un cavo flat
risulterebbe troppo largo e di difficile manipolazione. Per questo
useremo un cavo a 26 conduttori
per ogni quattro linee (due cavi
per otto linee), largo circa 32 mm
e quindi di facile manipolazione e
facile da interallacciare con i connettori in/out della serie “D”.
A questo punto, ovviamente, vi
chiederete: “Perchè usare 26 connettori per quattro linee?” Presto detto: per ogni connessione
saranno usati due conduttori in
parallelo e quindi i due corrispon-
108 novembre/dicembre 2010 - n.86
denti contatti sul connettore, in questo modo la connessione è garantita anche se il cavo e/o il connettore sono maltrattati oltre misura.
Per la connessione di massa saranno usati dieci conduttori
e dieci contatti del connettore, con un duplice scopo: i cavi
di massa posti tra quelli di segnale fungono da schermo tra
i vari segnali, attenuando eventuali problemi di diafonia,
inoltre dieci cavi in parallelo contribuiscono ad abbassare
la resistenza della connessione di massa, cosa sempre della
massima importanza. In figura 1 si può vedere la disposizione del connettore, mentre la figura 2 riporta il layout
del cavo. Un particolare non trascurabile: useremo questo
stesso tipo di cavo/connettore per cablare tutto il mixer sia
tra i vari moduli, sia tra questi e la patchbay, sia tra il mixer
ed i connettori IN/OUT.
Le meccaniche
Vediamo ora come realizzare la meccanica. La struttura
sarà completamente costruita in alluminio, utilizzando
trafilati scatolari in modo da ottenere uno chassis leggero ma assolutamente rigido. La rigidità strutturale è, per
la nostra realizzazione, molto importante. Una struttura
soggetta a movimenti torsionali può facilmente danneggiare le schede, in particolare le schede madri che portano i connettori dei vari moduli. Mentre nei mixer classici il
telaio è fissato rigidamente sul basamento ed i movimenti torsionali riguardano quasi esclusivamente il trasporto
e l’installazione, il nostro mixer avrà una particolarità: il
telaio potrà essere ruotato di 90° per facilitare al massimo cablaggi, modifiche ed interventi di manutenzione
(figura 3) per cui la rigidità strutturale sarà una caratteristica saliente.
Il cabinet contenente la patchbay sarà posto lateralmente
e collegato rigidamente al basamento. La patchbay sarà
montata frontalmente in posizione verticale, onde evitare
al massimo l’ingresso di polvere e sporcizia dentro i connettori jack. Tutto il cablaggio con l’esterno sarà realizzato
nel retro del cabinet con connettori serie “D” a 25 poli, con
l’ingresso dei cavi dal basso in modo da poter realizzare un
cablaggio completamente invisibile.
Il telaio standard sarà modulare, composto da un elemento
base contenente master, monitor e servizi, generalmente
posizionato al centro, e moduli standard contenenti 12 canali sommabili, in modo da poter realizzare configurazioni
da 24/36/48 canali, ecc (figura 4).
Terminiamo qui questa carrellata elettromeccanica e nel
prossimo articolo cominceremo ad analizzare il lato puramente elettronico.
tecnologia
te
te
P
di
Stefano Cantadori
otrei sviluppare l’argomento ‘misure’ ma sul lavoro me ne sono occupato
così tante volte che mi esce
dalle orecchie. Altro argomento
che abbiamo in sospeso è la direttività ma tremo di fronte al fatto
che mi sono serviti tre numeri per
l’impedenza.
Ci vuole qualcosa di assolutamente inutile e stupido.
Anni fa soggiornai nella cittadina di Stourport on Severn, ospite
in un alberghetto a conduzione
familiare che mi era stato raccomandato per l’eccellenza delle
sue colazioni. E poi, lì mi avevano
prenotato e non avevo tanto da
menarmela.
110 novembre/dicembre 2010 - n.86
p
Il vostro scrittore preferito ha una
crisi d’ispirazione. Se faccio il
serio e torno alla fisica va a finire
che l’articolo mi si trasforma in un
normale corso di acustica, uff.
ar
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Pirati, balene,
ultrasuoni e onde
solitarie
ar
Sicché la mattina si presenta la sciura e mi chiede come voglio le uova. Per raggiungere un accordo sul giusto grado
di strapazzatura impegnammo qualche minuto di piacevole
conversazione culinaria. Un ottimo inizio di giornata.
Prima di parlare di onde, vi confesso che ricordo ancora un
ottimo ristorante indiano in cui ci recammo un paio di sere
dopo. Non è la provenienza etnica che determina se il cibo è
buono o no: è come è cucinato che fa la differenza.
Il Severn è circondato da una rete di canali e fossi navigabili che in passato hanno reso possibile l’espansione industriale sulle sue rive. Approfittai del battello turistico, un
gondolone lungo e stretto con proporzioni da Fiat Duna,
per navigare un intrico di fossi e piccole chiuse, la maggior
parte dei quali non erano più larghi della mia automobile.
Con l’erba alta, le barche nei canali adiacenti sembravano
solcare prati e coltivazioni.
Sennonché il Severn ha la particolarità di registrare alla
foce, situata nell’ampio canale di Bristol, una differenza fra
bassa e alta marea di quasi 15 metri. Il secondo più alto dislivello sul pianeta. Mi vengono i brividi al pensiero.
Quello che però ci interessa è un raro fenomeno stagionale
che avviene solo in pochi luoghi nel mondo: l’onda di marea, che risale velocemente il fiume controcorrente.
C’è onda e onda, e qui sta il dilemma.
Su Wikipedia, da una parte si afferma senza ombra di dubbio che l’onda del Severn è un solitone. In un’altra è scritto a
chiare lettere che l’onda del Severn non è un solitone, bensì
un’onda d’urto.
Quest’ultima osservazione non mi convince affatto, se
non altro perché non riesco a legare al fenomeno le ca-
ratteristiche tipicamente associate alla formazione di una
shock wave. L’onda che corre sul Severn mi sembra di genesi
assai più tranquilla: alta circa un paio di metri, è preceduta
e seguita da un innalzamento del livello del fiume che dura
oltre un’ora. C’è chi dice che l’onda del Severn non è altro
che la parte antero-superiore di una fetta di marea lunga
12 miglia. Di certo, l’onda è causata da un qualche “contraccolpo” che la marea subisce all’imbocco dello stretto
fiume, a causa del quale un solo burst, ovvero un treno di
impulsi, sotto forma di onda con piccolo seguito, si mette
a risalire il fiume.
So ‘na sega.
Di fatto, osservando i filmati, l’aspetto dell’onda che viene surfata non è quello di un buon vecchio solitone, anzi,
addirittura si piega su se stessa e la cresta si frange, caratteristica tipica di un’onda “normale”. Ho però visto foto in
cui è seguita da una serie di altre onde molto più basse che
sembrano gobbe arrotondate.
Pare che le onde di marea nei fiumi siano talvolta seguite da un pacchetto di onde che hanno le caratteristiche
di Solitoni. Lo scrivo con la lettera maiuscola perché sul
mixer non c’è un controllo per regolare i Solitoni e quindi, essendo per noi cosa nuova, è bene trattarla con il
dovuto rispetto.
I Solitoni vivono in acustica, in ottica, naturalmente in idraulica e anche nei campi magnetici.
Come ragionamento perfettamente inutile mi pare più che
dignitoso.
Il fenomeno fu scoperto per caso nell’800 da un ingegnere navale che, sulle sponde di un canale, stava osservando
una barca al traino di due cavalli. All’improvviso arresto del
natante, l’acqua, da questo sospinta in avanti fino ad un
attimo prima, iniziò a ribollire e agitarsi davanti alla prua.
A quel punto, si formò una singola onda arrotondata, una
specie di gobba simmetrica, che si mise a risalire il canale.
Che diavolo di stranezza, Sir!
Il nostro ingegnere prese a rincorrere a cavallo per chilometri l’onda che non accennava a cambiare di forma né di
velocità. Solo verso la fine del lunghissimo tragitto cominciò
a rimpicciolirsi fino a scemare.
L’onda solitaria fu origine del nome del fenomeno: Il Solitone, appunto.
La shock wave viaggia veloce ma
tende a dissipare rapidamente
la sua energia. L’interazione con
l’onda di espansione che la raggiunge origina fenomeni non lineari che danno luogo all’onda
sonora vera e propria. Boooom!
Le shock wave e i Solitoni sono
onde non lineari ma, al contrario
delle onde d’urto, i Solitoni non
dissipano facilmente la loro energia, anzi. Il Solitone è composto
di un treno di onde (l’onda solitaria che vediamo in acqua ne è
l’inviluppo) che si propaga a velocità costante indipendentemente
dalla frequenza, senza modificare
composizione e inviluppo. Tende
ad auto-alimentarsi. Talvolta i solitoni si dividono in due, tre o più
onde. Anche l’esistenza dei solitoni, con le loro peculiari caratteristiche, è dovuta all’interazione
con altri fenomeni. Nulla si crea,
nulla si distrugge.
Ah: si formano Solitoni anche fra
le nuvole, in posti ben localizzati,
attorno ai quali c’è un certo vento.
In ogni caso, preferiate nuotare o
volare, se vi arrivasse nella schiena un Solitone, preoccupatevi il
giusto.
Siamo arrivati, allora, alle onde
solitarie... e adesso vi chiederete:
“E le balene? I pirati che ci hai
promesso?”
Beh, vi devo lasciare con questa curiosità fino al prossimo numero.
Adesso, come logica impone, parliamo di bombe.
Il suono si propaga per onde di compressione e rarefazione.
Allora, direte voi, come è possibile che le nostre orecchie
percepiscano il suono di un’esplosione, o il boom di un aereo che ha superato il muro del suono? Eh? Come mai si
sente una bomba che esplode?
Quello che avviene in entrambi i casi (ci sono fondamentali
differenze ma oggi non ce ne frega niente) è un brusco innalzamento di pressione, temperatura e densità, cioè la formazione di un’onda d’urto che si propaga verso l’esterno.
Questa improvvisa impennata fa un po’ di casino ma non
troppo. Niente “Booom!”, per intenderci.
Più propriamente, con il termine “onda d’urto” individuiamo il fronte di salita, ripidissimo, che viaggia veloce come il
fulmine ed esercita la sua pressione solo in una direzione,
quella in cui vuole distruggere tutto. Il fronte di salita è la
parte anteriore di una forma d’onda, con il suo tempo di
mantenimento e il suo tempo di decay. Quest’ultimo, che
appartiene alla seconda parte dell’onda, è detto “onda di
espansione”.
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