Atti della Accademia Peloritana dei Pericolanti
Classe II di Scienze Medico-Biologiche
Vol. XCIV, Anno Accademico CCLXXIX (2006)
(DOI: 10.3245/57375)
Relazione tra celiachia e fibrosi cistica: uno studio caso controllo
Faraci Simona, Rossi Paolo, La Fauci Giovanna, Saverino Marilena, Rudi Stefania
(U.O. di Gastroenterologia e Fibrosi Cistica Pediatrica - Policlinico Universitario di Messina)
Parole chiave: Fibrosi Cistica, Celiachia, Studio caso controllo
Abstract
Obiettivi dello studio:
Verificare l’ipotesi di una associazione non casuale tra Malattia Celiaca (MC) e Fibrosi
Cistica (FC)
Disegno dello studio:
studio caso-controllo.
Pazienti e metodi:
Gruppo A: 136 soggetti affetti da FC
Gruppo B: gruppo di controllo sano costituito da 1230 donatori di sangue.
Gruppo C: gruppo di controllo patologico affetto da patologia respiratoria cronica senza
problemi
digestivi costituiti da 134 soggetti.
I sieri dei soggetti dei tre gruppi sono stati sottoposti a determinazione di anticorpi IgA
antitrasglutaminasi tissutale su substrato di guinea pig (GP-TGA), anticorpi IgA
antiendomisio (EMA), 50 soggetti del gruppo A e 50 soggetti del gruppo B sono stati
sottoposti a tipizzazione
HLA.
Le comparazioni statistiche sono state effettuate mediante il Fisher’s exact test.
Risultati:
IgA EMA e IgA-TGA: 4 pazienti del gruppo A (2.94%) e 2 del gruppo B (0.16%) sono
risultati EMA positivi; 3 pazienti del gruppo A e 11 del gruppo B sono risultati GP-TGA
positivi.
I 4 pazienti del gruppo A EMA positivi (2 sono anche GP-TGA positivi) sono stati sottoposti
a biopsia intestinale. Gli 11 soggetti del gruppo B risultati GP-TGA positivi ed EMA negativi
e due
soggetti EMA positivi (1 GP-TGA negativo) sono stati sottoposti a determinazione di H-TGA.
Solo due dei pazienti EMA positivi sono risultati H-TGA positivi e ai fini dello studio, non
essendo
disponibile la biopsia intestinale, sono stati considerati affetti da MC. Tutti i pazienti asmatici
(controlli patologici) sono risultati GP-TGA ed EMA negativi.
Tipizzazione HLA: Dei 4 soggetti FC risultati celiaci 2 presentavano il DQ2 eterodimero, 1
soggetto DQ8 e 1 soggetto DQB1*0201.
La prevalenza di DQ2 nei soggetti FC non è risultata essere significativa
Conclusioni:
I risultati del nostro studio sembrano supportare l’ipotesi che l’ associazione tra FC e
MC non sia casuale. I nostri dati non confermano l’ipotesi di un link genetico link tra HLA
MC-compatibile e FC. Se i nostri dati di un’ associazione non casuale venissero confermati da
altri studi,
sarebbe indicato sottoporre a screening sierologico per MC tutti i pazienti FC.
Introduzione
La malattia celiaca (MC) è un’enteropatia autoimmune scatenata dall’ingestione di cereali
contenenti glutine. La gliadina del glutine e similari proteine alcool-solubili in altri cereali sono i
fattori ambientali responsabili dello sviluppo del danno del piccolo intestino,caratterizzato dalla
atrofia dei villi e dalla iperplasia delle cripte. Tale danno si risolve completamente dopo l’
eliminazione dalla dieta degli alimenti contenenti glutine (1).
Il complesso genico del HLA svolge un ruolo importante nel conferire suscettibilità genetica alla
MC.
La suscettibilità HLA alla MC è conferita da un particolare eterodimero DQ (A1*0501, B1*0201)
codificato in posizione cis o trans i cui singoli geni si trovano in linkage disequilibrium con alcuni
aplotipi DR i quali rappresentano solo dei marcatori dell’effetto dei geni DQ.
La fibrosi cistica è una malattia genetica a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata
essenzialmente da turbe della funzione di trasporto ionico degli epiteli, cui conseguono anomalie
delle secrezioni esocrine.
È dovuta alla mutazione di un gene situato sul cromosoma 7 che codifica per una proteina situata
sulle membrane delle cellule epiteliali e denominata CFTR (cystic fibrosis transmembrane
regulator) (2).
La mutazione più frequente è costituita dalla delezione della fenilalanina in posizione 508(.F508)
che rappresenta il 66% delle mutazioni nella popolazione caucasica (3).
Il rapporto genotipo/fenotipo è molto complesso. Mentre mutazioni definite severe,come la .F508,
correlano con l’ insufficienza pancreatica (2),la gravità del coinvolgimento polmonare e la presenza
di lesioni epatiche non può essere previsto in base al genotipo (4).
La malattia polmonare può essere influenzata da fattori ambientali come l’età alla diagnosi,lo stato
del pancreas, ’esposizione al fumo di tabacco,lo stato sociale e nutrizionale, la colonizzazione con
Pseudomonas aeruginosa e Burkloderia Cepacia (5), ma anche da fattori genetici indipendenti dal
CFTR. Una forma severa è associata ad alti livelli di TNF-alfa (6), bassi livelli di glutatione Stransferasi M1(6) e bassi livelli di mannose binding protein,fattore dell’ immunità naturale (7,8).
Per una malattia letale ,come la FC, a carattere recessivo, l’incidenza è marcatamente elevata:
1:2500 in media. Con questo tasso d’incidenza, la frequenza dei portatori nella razza bianca è
stimabile tra 1:20 e 1:30.
La spiegazione più plausibile per spiegare l’elevata frequenza nella popolazione caucasica delle
mutazioni del CFTR è che esiste un vantaggio degli eterozigoti, cioè lo stato eterozigote ha
maggiore probabilità di resistere ad una specifica malattia rispetto ad entrambi gli omozigoti sani e
malati.
Nel 1994 Gabriel et al. (9), usando dei modelli murini che correlano strettamente con fenotipo FC
per quanto riguarda il tratto intestinale (10) omozigoti, eterozigoti e normali rispetto al CFTR,
dimostrano che i topi eterozigoti per il CFTR mutato hanno una secrezione, in risposta alla tossina
colerica, del 50% inferiore rispetto ai topi normali; nessuna risposta è riscontrata nei topi con CFTR
mutato allo stato omozigote in accordo alle precedenti evidenze sull’uomo.
Come nel modello animale, nell’uomo eterozigote un più basso livello di CFTR funzionante a
livello intestinale si dovrebbe tradurre in meccanismo protettivo per evitare la disidratazione in
risposta alla tossina colerica.
È stato inoltre evidenziato in vitro come altri batteri enteroinvasivi come E. Coli o Salmonella
Dublin possano regolare una up-regulation di i-NOS e COX-2 modulando così la secrezione di
cloro e la funzione di barriera intestinale.
Fig 1
Pier et al. (11) ipotizzano che il F508 eterozigote possa essere protettivo nei confronti della febbre
tifoide, contribuendo a spiegare perché i F508 siano così diffusi in alcune popolazioni.
Una review della U.S. Cystic fibrosis foundation registry non è riuscita a trovare un solo caso di
febbre tifoide tra i pazienti FC (12). A rafforzare ulteriormente l’ipotesi, Lyczak e Pier (13)
segnalano che S. Typhi incrementa l’ espressione del CFTR sulle cellule epiteliali aumentando così
più di 100 volte la sua traslocazione nella sottomucosa. Queste evidenze sperimentali rendono
plausibile il ruolo delle infezioni batteriche intestinali nel conferire vantaggio selettivo ai portatori
di CFTR.
Nel 1939 Andersen suggerisce che la fibrosi cistica presenti caratteristiche simili alla malattia
celiaca: tale affermazione si basa sul rilevamento autoptico di fibrosi pancreatica in soggetti
Celiaci (14).
La prima segnalazione in letteratura dell’ associazione di MC e FC nello stesso soggetto risale al
1969 ad opera di Hidd e Barman. Da allora l’associazione è stata ripetutamente segnalata (14,15)
ma esclusivamente in casi reports.
Nel 1973 Taylor e Sokol (16) descrivono 2 casi di MC in 175 soggetti con FC; più recentemente
Valletta e Mastella (17) nell’unico studio,trasversale,che abbia verificato l’associazione delle due
malattie in un’ampia casistica (1100 FC) riportano una prevalenza di MC di 1:220.
Fig 2
L’ipotesi che la prevalenza delle due malattie sia stata sottostimata si evince dal fatto che in tutti i
casi riportati la MC è stata sospettata nei soggetti FC in base ai classici sintomi
gastrointestinali,mentre oggi è noto che esistono in maggiore percentuale forme atipiche
identificabili solo mediante sierologia. Non è noto se l’ associazione tra le due patologie sia un
evento casuale o se la presenza di una possa predisporre allo sviluppo e al manifestarsi dell’altra.
L’esistenza di un linkage genetico tra le due patologie sarebbe indubbiamente in grado di spiegare
un’eventuale associazione non casuale.
Fig 3
Fig 4
Fig 5
In tal caso la presenza di HLA tipici di MC in soggetti FC fornirebbe supporto all’ipotesi genetica.
A tal proposito Carrington et al evidenziano nei soggetti FC,una maggiore prevalenza di tutti gli
alleli HLA che conferiscono suscettibilità alla MC: DQ8 e DQ2.
Aron et al (18) riportano in una coorte di FC una prevalenza, statisticamente significativa di HLADR7 e DR4, notoriamente in linkage disequilibrium con DQ2 e DQ8 rispettivamente.
Una seconda ipotesi, che potrebbe spiegare un’aumentata associazione tra MC ed FC, sarebbe
legata al vantaggio degli eterozigoti FC per le diarree secretorie. In Europa fino a 50 anni fa le
diarree infettive acute sono state la principale causa di decesso in età infantile. Il tasso maggiore di
mortalità si aveva tra i bambini celiaci (19-70) ma nonostante la bassa probabilità di sopravvivenza
dei bambini con MC la malattia non scomparve. È possibile che i soggetti con MC, eterozigoti FC,
abbiano avuto maggiore probabilità di sopravvivenza rispetto ai celiaci non portatori di mutazioni
CFTR. Per effetto di questa protezione i geni della MC (HLA e non ) si sarebbero mantenuti nella
popolazione insieme a quelli della FC rendendo più probabile e non casuale l’associazione delle
due malattie.
Pazienti e metodi
Sono stati arruolati tre gruppi di soggetti:
GRUPPO A:136 soggetti FC caucasici (75 maschi,61 femmine; età media 16.52+/-9.48 anni, range
2-50 anni) seguiti presso il Centro Regionale di Riferimento di Fibrosi Cistica-Università di
Messina.
GRUPPO B :gruppo di controllo sano,costituito da 1230 donatori di sangue caucasici (959 maschi,
272 femmine; età media 37.35+/-11.05 anni range 15-68 anni) reclutati presso il Centro di
Emotrasfusione dell’ Università di Messina.
GRUPPO C :gruppo di controllo patologico affetto da patologia respiratoria cronica senza problemi
digestivi costituiti da 134 soggetti caucasici (maschi 61, femmine 73; età media 30.49+/-11.60
anni,range 4-67 anni) con diagnosi di asma bronchiale allergico afferenti all’ ambulatorio di
Allergologia dell’Università di Messina.
Fig 6
I sieri dei soggetti dei tre gruppi sono stati sottoposti a determinazione di GP-TGA ed EMA.
.
Fig 7
I soggetti di gruppo A e C risultati positivi per uno dei due anticorpi sono stati sottoposti a biopsia
intestinale. I sieri dei soggetti del gruppo B, protetti dalla legge sulla privacy e quindi non
rintracciabili, i quali presentassero positività per EMA e/o GP-TGA sono stati sottoposti a
determinazione di IgA anticorpi anti-transglutaminasi tissutale umana (H-TGA). I soggetti con HTGA positiva sono stati considerati, ai fini dello studio, essere affetti da malattia celiaca sulla base
dell’elevato valore predittivo positivo derivante dalla determinazione seriata di più anticorpi (21). In
50 pazienti del gruppo A e in 50 pazienti del gruppo B è stata determinata la tipizzazione genotipica
del DQ (A1*0501 e B1*0201).
Fig 8
La determinazione degli GP-TGA è stata effettuata con metodica “home made” immunoenzimatica
in ELISA. La determinazione degli EMA è stata effettuata in immunofluorescenza su substrato di
cordone ombelicale umano utilizzando kit commerciale. La determinazione degli H-TGA è stata
effettuata con metodica immunoenzimatica utilizzando kit commerciale.
La tipizzazone HLA è stata effettuata con amplificazione specifica tramite primers dedicati degli
alleli DQA1*0501 e DQB1*0201 e rivelazione su gel di agarosio marcato con bromurio di etilio.
Le comparazioni statistiche sono state effettuate mediante il Fisher’s exact test.
Risultati
IgA EMA e IgA-TGA: 4 pazienti del gruppo A(2.94%) e 2 del gruppo B (0.16%) sono risultati
EMA positivi; 3 pazienti del gruppo A (2%) e 11 del gruppo B (0.8%) sono risultati GP-TGA
positivi. I 4 pazienti del gruppo A EMA positivi (2 sono anche GP-TGA positivi) sono stati
sottoposti a biopsia intestinale e tutti hanno presentato un quadro istologico di atrofia subtotale dei
villi compatibile con un quadro di celiachia in fase florida.
Gli 11 soggetti del gruppo B risultati GP-TGA positivi ed EMA negativi e i due soggetti EMA
positivi (1 è GP-TGA negativo) sono stati sottoposti a determinazione di H-TGA.
Solo due dei pazienti EMA positivi sono risultati H-TGA positivi e ai fini dello studio, non essendo
disponibile la biopsia intestinale, sono stati considerati affetti da MC. Tutti i pazienti asmatici
(controlli patologici) sono risultati GP-TGA ed EMA negativi.
Il rischio di celiachia in FC è risultato significativo verso i controlli sani (O.R. 18.60;CI 3.37102.59; p=0.0012) mentre è risultato un trend in tal senso, senza raggiungimento della
significatività statistica, nei confronti dei controlli patologici.
Fig 9
Fig 10
Tipizzazione HLA: 14 soggetti su 50 del gruppo A(28%) e 11 soggetti su 50 del gruppo B (22%)
sono risultati DQ(A1 *0501 e B1 *0201)positivi.
7 su 50 del gruppo A (14%) e 6 su 50 del gruppo B(12%) sono risultati DQB1 *0201 positivi.
18 su 50 del gruppo A (36%) e 21 su 50 del gruppo B (42%)sono risultati DQA1 *0501 positivi.
Il 22% del gruppo A (12 su 50) e il 24% del gruppo B (12 su 50) non hanno presentato né DQA1
*0501 né DQB1 *0201.
Dei 4 pazienti del gruppo A risultati celiaci 2 hanno presentato il DQ2 eterodimero, e 1 l’allele
DQB1*0201.
La prevalenza di DQ2 nei soggetti FC non è risultata essere significativa.
Fig 11
Conclusioni e speculazioni
I risultati del nostro studio sembrano supportare l’ipotesi che l’ associazione tra FC e MC non sia
casuale. A nostra conoscenza il nostro è il primo studio controllato che abbia valutato tale ipotesi.
Le basi biologiche di questo legame , che comunque attende verifica da altri studi, non sono
conosciute. I nostri dati non possono confermare l’ ipotesi di questo link genetico HLA, anche se la
mancanza di significatività statistica dei dati potrebbe derivare dall’ esiguità dei soggetti esaminati
(errore ß), dalla mancata tipizzazione del DQ8 (fino al 20% dei celiaci può essere DQ8) o
semplicemente dal fatto che non sia possibile verificare un link tra loci genetici (HLA e CFTR) che
mappano su cromosomi differenti e che quindi segregano separatamente.
Inoltre l’ HLA incide sulla suscettibilità genetica della MC solo per il 30% ed è quindi presumibile,
ammesso che l’associazione tra le due malattie non sia casuale, che altri geni di suscettibilità alla
MC, per altro non ancora identificati,siano in link genetico con la FC.
In conclusione, se i nostri dati di un’ associazione non casuale venissero confermati da altri studi,
sarebbe indicato sottoporre a screening sierologico per MC tutti i pazienti FC.
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