Considerations on water flow regulation
in ancient time in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque
in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani
Geologist, free-lance professional
E-mail: [email protected]
Vittorio Castellani
INAF Observatory of Rome, Accademia dei Lincei
E-mail: [email protected]
A B S T R A C T The Alban Hills, situated only a few kilometres east of Rome, represented the cradle of the
civilisation of Latium which subsequently originated the very city of Rome. The Alban Hills
host two age-old and grandiose waterworks: the underground outlets of the Albano and
Nemi lakes. The significance, age and vicissitudes of these outlets cannot be alienated either
from the context of the other waterworks present throughout the territory of the Alban Hills or
from the geological and historical-religious context in which they were built. These ancient
waterworks not only comprise other outlets but also aqueducts and cisterns regulating
reservoirs, in addition to the extended reclamation and drainage of previously marshy lands.
There are many indications as to the fact that in the Roman and pre-Roman age there was a
much greater flow of surface water in the Alban Hills.
The hydraulic network was started in very ancient times, almost certainly in the pre-Roman age.
Indeed, the building technique used in the two major outlets presents close analogies with
the waterworks built on the Greek island of Samos in the VI Century B.C. Moreover, the
extensive reclamation and drainage works similarly recall the vast system of underground
channels built to the same aim by the Etruscans in Veii. This system of underground channels,
still noticeable on the farthest slopes of the Alban Hills reaching out onto the Pontine plains,
is among the most incisive and ancient transformations in the hydro-geological arrangement
of the Italian Central Tyrrhenian territory. Here, several minor ditches were routed into
underground channels dug into the tufaceous banks and conveyed into larger trenches, at
times also by diverting their course from the original valley to an adjacent one.
One of the main difficulties met in studying ancient waterworks entails their dating as many
of them have been modified, extended and re-used, especially during the Roman Empire,
when many emperors erected their villas on the Alban Hills, thus still frequently contributing
to the water management of the area even now.
A major waterworks in the Alban Hills, not recognised as such up to now, is the drainage of
the ancient lake of Doganella, located on the north-eastern rim of the Tuscolana-Artemisia
caldera. Said lake, up to the VI-V Century B.C., was very likely to have had a surface area of
approximately 2 km2, larger therefore than the present-day Lago di Nemi, when an
anthropical cut was made into the enclosure of the Tuscolano-Artemisio complex, through
which the Mola ditch now runs. Since then, the water level of the lake, and consequently also
its surface, was first probably regulated by artificial dykes and subsequently drained only in
the 4th Century B.C., as appears to be proven by the fact that the Via Latina was only
prolonged over the area formerly covered by the lake in 370 B.C. Now, the only one still
existing is the residual basin of the Doganella lake, with a surface area of approximately 50
hectares, is located south of the Via Latina and constituted the spring of the upper aquifer
until 1938, when it was definitely drained by means of an artificial canal flowing into the
Mola ditch and subsequently into the Sacco River basin.
The Alban Hills constitute an example of the large-scale hydro-geological network put in place
in the Archaean era. They therefore deserve to be more thoroughly studied and understood
while simultaneously requiring timely and urgent action aimed at safeguarding and protecting
the many known archaeological landmarks present which are now unfortunately often left
abandoned and prey to an accelerated degradation process.
Key words: hydro-geological network, underground water channels, Alban Hills.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
R I A S S U N T O Il rilievo dei Colli Albani, ubicato poco km ad oriente di Roma, è stato la culla della Civiltà
Laziale, da cui ha avuto successivamente origine la stessa città di Roma. I Colli Albani
ospitano due antiche e grandiose opere idrauliche: gli emissari sotterranei dei laghi di Albano
e di Nemi. Significato, età e vicissitudini di questi emissari non possono peraltro essere
separati dal contesto delle altre opere idrauliche presenti nel territorio dei Colli Albani, né dal
contesto geologico e storico-religioso in cui furono realizzate. Tali antiche opere sono
rappresentate non solo da ulteriori emissari, ma anche da acquedotti e cisterne per la
gestione dei bacini idrici, cui si aggiungono vaste opere di bonifica e drenaggio di aree un
tempo paludose.
Vi sono molti indizi che fanno ritenere che sia in epoca romana che pre-romana vi fosse
nell’area dei Colli Albani una molto maggiore disponibilità d’acqua superficiale.
La sistemazione idraulica fu iniziata in epoca molto antica, quasi sicuramente pre-romana.
La tecnica costruttiva dei due maggiori emissari presenta infatti strette analogie con opere
idrauliche realizzate nell’isola greca di Samo nel VI secolo a.C. . E la vasta opera di bonifica e
drenaggio richiama da vicino il vasto sistema di condotti sotterranei a ciò predisposto dagli
Etruschi di Veio. Questo sistema di cunicoli, tuttora riconoscibile sulle ultime pendici dei Colli
Albani fino alla Pianura Pontina, va annoverato tra le trasformazioni più incisive e più antiche
dell’assetto idrogeologico del territorio dell’Italia centro-tirrenica. Qui infatti numerosi fossi
minori furono incanalati sottoterra in cunicoli scavati nei banchi tufacei e condotti a sboccare
in fossi maggiori, a volte anche attraverso la diversione del loro percorso dalla valle originale
ad una contigua.
Una delle maggiori difficoltà nello studio delle antiche opere idrauliche è costituita dalla
datazione delle stesse, infatti molte opere antiche sono state modificate, ampliate e
riutilizzate soprattutto in epoca romana imperiale, quando molti imperatori eressero sui Colli
Albani le loro ville, contribuendo ancora oggi in molti casi alla regolazione idrica dell’area.
Una grande opera idraulica nei Colli Albani, sinora non riconosciuta come tale, è la bonifica
dell’antico lago della Doganella, ubicato al margine nord-orientale della caldera TuscolanaArtemisia. Con ogni probabilità tale lago è esistito con una superficie di circa 2 km2,
superiore quindi a quella dell’attuale lago di Nemi, fino al VI – V sec a.C., quando fu
realizzato un taglio antropico nel Recinto Tuscolano-Artemisio, dove oggi scorre il fosso della
Mola. Da allora il livello del lago, e quindi anche la sua superficie, è stato dapprima
probabilmente regolato con delle chiuse artificiali e poi è stato prosciugato solo nel IV secolo
a.C., come sembrerebbe dimostrare il fatto che la via Latina è stata prolungata nell’area
dell’ex lago solo nel 370 a.C. Da allora infatti è rimasto il bacino residuale della Doganella di
circa 50 ettari di superficie, ubicato a sud della via Latina, che costituiva l’emergenza della
falda idrica superiore fino al 1938, anno in cui è stato definitivamente bonificato con un
canale artificiale che giunge nel fosso della Mola e quindi nel bacino del fiume Sacco.
I Colli Albani costituiscono un esempio di sistemazione idrogeologica su vasta scala realizzato
in epoca arcaica. Meritano quindi di essere maggiormente studiati e compresi e
contemporaneamente necessitano di una tempestiva ed urgente azione di salvaguardia e
tutela delle tante testimonianze archeologiche presenti già conosciute, che purtroppo
attualmente sono spesso abbandonate e sottoposte a rapido degrado.
Parole chiave: sistemazione idrogeologica, cunicoli idraulici, Colli Albani.
1. FOREWORD
The Alban Hills (Fig. 1), situated only a few
kilometres east of Rome, represented the cradle of the
civilisation of Latium which subsequently originated the
very city of Rome. The Alban Hills host two age-old and
grandiose waterworks: the underground outlets of the
Albano and Nemi lakes. The significance, age and
vicissitudes of these outlets cannot be alienated either
from the context of the other waterworks present
throughout the territory of the Alban Hills or from the
geological and historical-religious context in which they
were built. These ancient waterworks not only comprise
other outlets but also aqueducts and cisterns regulating
reservoirs, in addition to the extended reclamation and
drainage of previously marshy lands. JUDSON and
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LEGEND
1) Ancient Gabii lake in the Castiglione crater. 2) Prata Porci (Lago Regina) Crater. 3) Pantano Secco (Lago Regillo). 4) Valle Marciana. 5) Ancient Doganella lake.
6) Campi di Annibale. 7) Malafitto Alto, Malafitto Basso and Cento Bocche aqueducts. 8) Albano lake outlet. 9) Fontana Tempesta tunnel. 10) Giuturna lake basin or
Lacus Turni in the Pavona crater. 11) Hydraulic works in the Via Appia viaduct in the Ariccia Valley. 12) Nemi lake outlet. 13) Arician tunnel. 14) Lago di Giulianello.
LEGENDA
1) Antico lago di Gabii nel cratere di Castiglione. 2) Cratere di Prata Porci (Lago Regina). 3) Pantano Secco (Lago Regillo). 4) Valle Marciana. 5) Antico lago della Doganella. 6) Campi di Annibale. 7) Acquedotti di Malafitto Alto, di Malafitto Basso e delle Cento Bocche. 8) Emissario del lago di Albano. 9) Cunicolo di Fontana Tempesta. 10) Bacino lacuale di Giuturna o Lacus Turni nel cratere di Pavona. 11) Opere idrauliche nel Viadotto della Via Appia a Valle Ariccia. 12) Emissario del lago di
Nemi. 13) Cunicolo aricino. 14) Lago di Giulianello.
Fig. 1 - Planimetry of the Alban Hills showing the geolocation of the hydraulic works discussed in the text.
Planimetria dei Colli Albani con l’ubicazione di opere idrauliche discusse nel testo.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
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KAHANE [1963] reported the presence of over 45 km of
underground channels in the southern part of the
Alban Hills with the two large outlets of the Lago
Albano and Lago di Nemi (Fig. 2) upstream.
The hydraulic network in the area was started in
very ancient times, almost surely in the pre-Roman age.
Indeed, the building technique used in the two major
outlets presents close analogies with the Eupalino
tunnel, which was built on the Greek island of Samos in
the VI Century B.C. Moreover, the extensive reclamation
and drainage works similarly recall the vast system of
underground channels built to the same aim by the
Etruscans in Veii. This system of underground channels,
still noticeable on the farthest slopes of the Alban Hills
reaching out onto the Pontine plains,1 is among the
most incisive and ancient transformations in the hydrogeological arrangement of the Italian Central
Tyrrhenian territory. Here, several minor ditches were
routed into underground channels dug into the
tufaceous banks and conveyed into larger trenches, at
times also by diverting their course from the original
valley to an adjacent one.
A great number of the ancient waterworks were
subsequently modified, extended and re-used, especially
during the Roman Empire, when many emperors
erected their villas on the Alban Hills, thus still
frequently contributing to the water management of the
area even now. Generally speaking, as in the case of the
reclamation works at the foot of the Alban Hills, the
guiding principle applied was to withhold water at
higher altitudes, where the rate of evaporation is lower,
and later to release it in the summer period towards
basins at lower altitudes (Albano, Nemi and Giuturna
basins) or towards waterways downstream, principally
in order to irrigate croplands.
After portraying the geological and historicalreligious setting of the area, this paper shall aim to
briefly illustrate current knowledge on the Albano and
Nemi lake outlets and shall subsequently examine some
of the waterworks comprising a more general hydraulic
network:
–
–
–
–
Minor lake basins;
The Fontana Tempesta tunnel;
Hydraulic works on the Ariccia Valley viaduct;
The Upper and Lower Malafitto and Cento
Bocche aqueducts;
– The Doganella-Vivaro basin.
The above examples only represent only a few
token situations in a much broader picture comprising
many other and equally important hydraulic works. The
principal aim of this paper is to promote a unitary
approach to the study of the ancient hydraulic networks
on the Alban Hills, keeping in mind that there are many
indications as to the fact that in the Roman and preRoman epochs there was a much greater flow of surface
water in the area and also that one of the greatest
difficulties met in the study of ancient waterworks is
represented by their dating process.
2. BACKGROUND INFORMATION
ON THE GEOLOGY, HYDRO-GEOLOGY
AND GEOMORPHOLOGY
OF THE LATIAN VOLCANO
2.1. Geology
Fig. 2 - The underground tunnels in the Alban Hills area
(taken from Judson and Kahane, 1963).
I cunicoli nell’area dei Colli Albani (da Judson e Kahane 1963).
(1) See, for example, Quilici-Gigli, 1999.
The Alban Hills volcanic complex is characterised
by the presence of a mixed-activity central edifice.2 Most
of the volcanism developed between 0.53 and 0.36
million years ago. During this period, a first central
edifice, known under the name of Tuscolano-Artemisio
edifice, erupted approximately 150 km3 of magma
scattered over an area of about 1500 km2. The activity of
the Tuscolano-Artemisio edifice can be broken down
into 4 main cycles, each of which is characterized by the
emplacement of a pyroclastic flow and thick pyroclastite
depositions interspersed with rare lava flows.
Approximately 0.36 million years ago, a paroxystic
(2) De Rita et al., 1988.
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explosive activity of both the central edifice and of
circum-caldera cracks determined the end of the
volcanism event and the final collapse of the TuscolanoArtemisio edifice, thus forming the present-day
homonymous Tuscolo-Artemisia caldera with a
diameter of approximately 10 km. About 0.30 million
years ago, the volcanic activity resumed within the
collapsed area giving rise to a new central edifice, the
volcano of Campi di Annibale.
This volcano’s activity was mainly effusive with the
formation of extended leucititic flows like the Capo di
Bove outflow of approximately 0.26 million years ago
which reached Rome around the present whereabouts
of the tomb of Cecilia Metella. The volcanic activity of
Campi di Annibale ended around 0.20 million years ago
and it emitted very small volumes (approximately 2
km3) compared to the Tuscolano-Artemisio edifice
(approximately 150 km3).
The last phases of activity of the Alban Hills
volcanic complex were of a hydromagmatic nature, i.e.
determined by the encounter between the magma and
phreatic water. Said activity produced a number of
eccentric craters located in the Western section of the
volcanic complex, such as the Albano, Giuturna, Nemi
and Ariccia craters. Among these, the Ariccia crater is
the oldest, later followed by the two hydromagmatic
explosions that generated the present-day Albano crater
through four events that generated an equivalent
number of coalescent craters. The activity of the
Giuturna crater alternated with the last two explosions
of the Albano crater. Other eccentric craters, similarly
generated by hydromagmatic explosions, are located in
the northern section of the Latian Volcano: Castiglione,
Valle Marciana, Prata Porci and Pantano Secco. The end
of the hydromagmatic activity is estimated to date back
to approximately 20,000 years ago. Moreover, the Alban
Hills have continued to be subjected to a light, albeit
continuous, seismic activity that manifested itself at
varying time intervals.3
Secondary volcanism events perhaps also occurred
in historical times which some correlate to the to the
delayed release of gas from the magmatic chamber
[ANDRETTA et al., 1988]. In relation to this, GALLI
[1906] listed a whole set of historical records such as the
legend of the destruction of the royal palace of Alba
Longa, on the slopes of the Albano lake, following an
eruption (and concomitant earthquake) that occurred
around 900 B.C.: “an eruption of stones and rumbles on
the Alban Hills” in 642 B.C. quoted from Titus Livius 4
Shaft stratographies,6 performed in the N-E section
of the Tuscolana-Artemisia caldera in the area of the
formerly existing Pantano della Doganella, at a depth of
40-45 m and at a ground level of approximately 525 m
above sea-level, show an impermeable layer of clay
of lacustrine origin with an average thickness of
(3) Amato, 1999; Bersani, 1994.
(4) Ab Urbe Condita, Book I, Chap. 31.
(5) Ab Urbe Condita, Book XXIV, Chap. 7.
(6) Camponeschi et al., Regione Lazio, 2002.
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and lastly “a last eruption of stones on the Alban Hills”
in 216 B.C., again according to the same author.5 In
much more recent times, BULLARD [1978] reported the
news of a small eruption that was presumed to have
occurred in 290 B.C. in the Alban Hills area although he
does not quote the source. According to GHINI [1999],
the institution of the novendial rites around the middle
of the 7th Century B.C., which would later give rise to the
Ferie Latinae, represents an act of expiation following
the “falling of stones” that occurred at Lanuvio and on
the Alban Hills and that was interpreted as a divine sign.
Other stone-falls were also reported in Pometia
[OSSEQUIENTE, 1992] and in Palestrina. GHINI [1999]
also reports the probable activity in the solfatara lying
between the Appian Way and Pratica di Mare as a
possible post-volcanic activity of the Alban Hills
complex, where the Latin peoples sited the infernal seat
of the nymph Albunea.
The stone-falls, considered by ancient populations
as a real prodigy, were located in too many places
(Alban Hills, Lanuvio, Pometia, Palestrina) to be caused
by a volcanic phenomenon so they may be assumed to
have been stones rolled down from the steep hill slopes
after earthquakes or after forest fires and subsequently
incorporated into a myth. In fact, just to make an
example, after the violent fires that recently struck the
area (during the ’70s and ’80s), the road leading from
the town of Nemi down to the homonymous lake was
entirely “invaded” by large lava stone boulders that
rolled downhill.
Lastly, we would like to recall how ancient
populations correlated the excavation of the underground outlet of the Albano lake with a sudden and
unexplainable rise in the water level of this lake around
399-398 B.C., during the war between the city of Rome
and the Etruscan city of Veii. Recently, GIORDANO et al.
[2004] suggested that the Albano Lake crater might
have undergone the possible rising and subsiding of
its water level (even by several tens of meters)
concomitantly to endogenous processes affecting the
hydrothermal system underlying the Albano crater.
2.2. Hydro-geology
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approximately 20 m, with tuff products from the Latian
Volcano at lower depths from ground level. This proves
that, throughout the eruptive record of the Latian
Volcano, there were long pauses during which the
craters hosted even considerably large lake basins that
became permanently established once the volcanic
activity stopped. Fig. 3 shows the Alban Hills’ hydrogeological network taken from BONI et al. [1995],
indicating the principal directions of underground
water flows.
A common feature of the underground water of
volcanic landforms is that it directly follows the relief
morphology.7 This is due to the fact that the Alban Hills
comprise a stratovolcano, i.e. an edifice alternatively
built with different materials: pyroclastic flows, lava
flows and tuff products in general, which therefore also
reflect a different degree of permeability. This entails
the presence of several superimposed and isolated layers
of underground water beds [REGIONE LAZIO, 1999].
For example, in the N-E section of the TuscolanoArtemisia caldera, in the Pantano della Doganella area,
thick and practically impermeable layers composed of
lacustrine deposits from paleo-lakes separate permeable
layers of volcanic origin.
In the Latian Volcano, it is thus possible to single
out up to 5 superimposed and isolated water tables. The
upper-most water table is the one that surfaces exactly
in the aforesaid Pantano della Doganella area with
springs at around 525 m above sea-level that collect the
topmost water tables circulating in the landforms of the
external enclosure (Artemisio). Instead, the deepest-set
water table lies at altitudes below sea-level. Moreover,
the water beds that convey water into the Albano and
Nemi lakes (where the groundwater springs to the
surface) are hydraulically separated even if they lie at a
short distance the one from the other.
On the Alban Hills, some of the present-day springs
result from water table catchment works by means of
horizontal underground channels, as is the case with the
Acqua Acetosa spring on the N-E shore of the Albano
lake where [CAPELLI et al., 1998] a tunnel furrows 20m
into the slope, as well as with the Fontana Tempesta
spring where a tunnel digs well over 100 m into the
northern slope of the Nemi lake. It is interesting to note
that the horizontal excavation of
tunnels in order to reach the
water bed is an age-old technique,
certainly pre-Roman, that is
widely used throughout the
Mediterranean.
LOMBARDI [1975] examined
the water from the Latian Volcano
springs. The cited work placed in
a single group, and kept separate
from other groups, the water from
Fontana Tempesta (Nemi), Fonte
dei Verbiti (Nemi), Carpinello
(Rocca Priora) and Vivaro (Rocca
di Papa).
These waters were classified
as “carbonate-bicarbonate-alkalineearthy waters” indicating a surface
flow that is sufficiently rapid
and/or linked to the drainage of a
restricted area, exactly like that of
the “Atrium” of the TuscolanaArtemisia caldera.
Historical and geological
records indicate that numerous
Latian Volcano craters previously
hosted lake surfaces while now
only the Lago di Albano (or Lago
Fig. 3 - Hydro-geological layout of the Latian Volcano (taken from Boni et al., 1985).
Schema idrogeologico del Vulcano Laziale (da Boni et al. 1995).
(7) Celico, 1982.
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di Castel Gandolfo), the Lago di Nemi and the small
Lago di Giulianello are still present at the eastern
foothills of the Alban Hills, in addition to two little
remnant lake basins simply called “Laghetto” (“Little
Lake”): the first – the ancient Lacus Turni or Lago di
Giugurta – in the Pavona crater, only a short distance
from the Lago di Albano, and the second on the Via
Casilina, north of Colonna. On the “Rome” geological
sheet n. 150 of the Carta Geologica Italiana, the “alluviallacustrine tuff” formations are marked with the letters
“av”, thus situating them in the Doganella, Ariccia, Prata
Porci and the Marciana valley craters. These, like other
craters, are drained by artificial channels while the
remaining three larger lakes are all drained by artificial
underground outlets.
The last lake to have been drained was the Lago
della Doganella in 1938. Said lake was situated in the
municipality of Rocca Priora, in the N-E section of the
Tuscolano-Artemisia caldera, and had a surface area of
approximately 0.5 km2 and a maximum depth of 3 m.
This was probably the remaining part of a larger lake
that extended south towards the present-day area of
Vivaro which had been partially drained in ancient
times.
The lake located in the Ariccia Valley crater was
drained concomitantly with, or immediately prior to the
construction of the Lago di Nemi outlet around the VI
Century B.C. Pope Paul V Borghese had the Lago di
Giuturna or Laghetto or Lacus Turni in the Pavona
crater drained in 1611 and rehabilitated an old,
probably Roman, outlet that had been made by
excavating from the two extremes by means of a series
of shafts, which still bears the signs of the beginning of
a manway on the lake side.
The lake located in the Castiglione crater, a short
distance from the pre-Roman city of Gabii, was drained
by Prince Francesco Borghese in 1838 although it had
already been endowed with an outlet for the regulation
of the water level in the Archean era; the marsh and
wetland area of Pantano Borghese was reclaimed by
Princes of the Borghese family in the 19th Century and
the lake of Pantano Secco (Lago Regillo), near Frascati,
was drained by Cardinal Scipione Borghese at the
beginning of the 17th Century by re-converting an
ancient tunnel probably dating back to the late
Republican Roman era. Other lakes were drained in the
Prata Porci crater above Frascati and in the Marciana
Valley, between Frascati and Ciampino.
Lastly, a lake probably also existed in the central
part of the Latian Volcano, in the inner or Faete
Enclosure, in the area now called “Campi di Annibale”.
The draining of ancient lakes, which occurred in
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different historical periods, has contributed to lowering
the underground water tables in the Alban Hills relief.
Indeed, there are many indications that lead us to think
that there was much more running water in the Alban
Hills in ancient times than there is now. For example,
important Roman aqueducts started off from the
Malafitto (or Pescaccio) springs on the eastern shore of
the Albano lake as well as from the Facciate di Nemi
springs in the crater of the homonymous lake, which
certainly carried an abundant flow of water. Even more
recently, the capacity of many of the springs on the
Alban Hills further dropped due to the overexploitation of groundwater with wells, to the point of
reaching the water crisis of the early 1990s, which
produced a considerable lowering of the Albano and
Nemi lakes water level and the complete drying up of
several springs. By way of example, mention should be
made of the fact that in BONI et al., 1998, the flow rate
of the already mentioned spring called Facciate di Nemi
was indicated to be of 150 l/s and the Doganella spring’s
flow rate was reported to amount to 100 l/s, both of
which have now dropped considerably, in fact to the
extent that the aqueduct (built in the early ’70s) that
carried water from the Facciate di Nemi spring to the
Ariccia Valley by partially exploiting the course of the
Nemi lake outlet, has now been completely abandoned.
At present, there are still numerous croplands
throughout the territory of the Alban Hills and they are
only confined by the presence of woodlands and urban
infrastructures. They continue to be fertile lands, thanks
to the volcanic nature of the soil, which were once
irrigated with surface running water and that instead
now almost entirely rely on groundwater pumped up
from increasingly deeper wells.
Until very recently, marshes and wetlands were
merely considered to represent a hindrance for
agriculture and grazing and were normally completely
drained, also because of a general unawareness of the
hydro-geological importance of the fact that they
represented the areas with the highest rate of storm
water infiltration, subsequently contributing to
recharging the aquifers.
2.3. Geomorphology
As indicated on Fig. 4, there are three, apparently
man-made, “cuts” in the external Tuscolano-Artemisio
Enclosure in the north-eastern section of the Alban
Hills:
a) around the Mola ditch, in the municipality of
Palestrina, along the road leading to Carchitti from the
Via Tuscolana;
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b) along Via Tuscolana around the Algido pass;
c) in the Passo del Broscione, between Colle
Sarazzano to the north and Poggio Broscione to the
south.
Again, Fig. 4 also shows the presence, in the area
around the Albano and Nemi lakes, of several gorges
that are amazingly gullied by the effects of water if
compared to the limited extension of the watershed:
I: The Ariccia quarry gorge – Parcho Chigi, roundabout the Ponte di Ariccia – Km 26.6 of Via
Appia (watershed of approximately 3 km2);
II: The Galloro gorge, roundabout the Ponte di
Galloro – Km 27.3 of Via Appia (watershed of
approximately 2.5 km2);
III: The gorge of the Genzano Chain, roundabout the
Ponte della Catena – Km 28.2 of Via Appia
(watershed of approximately 1.5 km2) which
joins up with the Galloro gorge in the northeastern section of the Ariccia Valley crater;
IV: The Fontana Tempesta gorge in the northern part
of the Lago di Nemi (watershed of approximately
2 km2);
V: The Nemi gorge (with two branches in the
mountain area), between Via dei Laghi
(roundabout Km 15) and the town of Nemi
(watershed of approximately 3 km2);
VI: The gorge located in the district of Quarto La
Villa, between Genzano and Lanuvio (watershed
of approximately 1.5 km2 at an elevation of 350 m
on sea-level);
VII: The gorge of Fosso delle Ferrovie between Genzano
and Lanuvio (watershed of approximately 2.0
km2 at an elevation of 370 m on sea-level);
VIII: The gorge of Fosso del Peschio on the external
slopes of the Artemisio crater, uphill of Velletri
(watershed of approximately 2.5 km2).
3. BACKGROUND HISTORY, RELIGION
AND MYTHS OF THE AREA
3.1. History
The favourable climate, the abundance of water and
the morphological configuration of this area fostered
the settlement and the permanence of human
populations as early as pre-historic times. Indeed, the
oldest record [GHINI, 1999] of human settlements in
this area date back to the Lower Palaeolithic, between
300,000 and 200,000 years ago, which then became
more substantial in the Middle Palaeolithic between
60,000 and 35,000 years ago. Traces of the presence of
the Neanderthal Man in the Alban Hills area date back
to at least 80,000 to 60,000 years ago [CHIARUCCI,
1988]. The Latian Volcano’s eruptive activity ceased
around 20,000 years ago in a period corresponding to
the cultural facies of the Upper Palaeolithic.
The oldest settlement known up to now, in the
Albano district of Colle Cappuccini, dates back to the
Ancient Neolithic (5,000 – 4,500 B.C.) [CHIARUCCI,
1988] while the settlements in the Marciana valley, in
the municipality of Grottaferrata, and in the area of
Albano, in the districts of Montagnano and
Campoleone, date back respectively to the Middle
Neolithic (4,000 – 3,000 B.C.) and to the Final Neolithic
(3,000 – 2,800 B.C.). Both in Albano and Grottaferrata,
in the burial grounds of Villa Schiboni, there are records
of human presence during the neo-Neolithic period (or
Age of Copper) around 2000 – 1800 B.C.
The lake dwellings dating back to the Middle
Bronze Age [CHIARUCCI, 1988] were found at 11/12
metres of depth in the waters along the south-western
shore of the Albano Lake and were named “Villaggio
delle macine” (“The Millstone Village”) because of the
large number of volcanic rock millstones found there.
The settlement can be dated at between the 18th and
16th Centuries B.C. and it underwent different phases,
also linked to the level of the lake’s water, with its
economy being based on farming, hunting, fishing and
metallurgy, as witnessed by the numerous bronze
objects found (axes, knives and daggers). Contemporary
of the Albano lake village is also the peri-lacustrine
village in the municipality of Albano, in the district of
Paluzzi in the Ariccia Valley which, at that time, was
certain to host a lake basin and probably also a piledwelling settlement on the Lago di Nemi where more
millstones made of local lava stone were found. These
lake villages seem to correspond to a climatic phase in
the 16th Century B.C. that was characterised by
persisting drought, probably extending throughout
most of Italy and Europe [CHIARUCCI, 1988].
The Colle della Mola settlement dates back to the
middle and recent Bronze Age (15th – 12th Century B.C.)
and lies in the present-day municipality of Rocca Priora,
on a hill having an altitude of 640 m on sea-level,
overlooking the underlying Valle Latina (through which
Via Latina was later built in the 4th Century B.C.) and the
volcanic lake called Pantano della Doganella (which,
however, was considerably large at the time). This was a
seasonal settlement whose occupation was linked to the
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Reliefs of archaeological interest: 1) Colonna. 2) Monte Porzio Catone. 3) Monte Compatri. 4) Tuscolo. 5) Rocca Priora. 6) Monte Fiore. 7) Colle della Mola. 8) Monte Castellaccio. 9) Colle Jano. 10) Monte Tagliente. 11) Castel Gandolfo. 12) Monte Cavo (Monte Albano). 13) Colle Sarazzano. 14) Monte delle Grotticelle. 15) Maschio
d’Ariano. 16) Colle Vescovo. 17) Albano. 18) Cappuccini di Albano. 19) Tofetti. 20) Monte Gentile. 21) Colle dell’Acero. 22) Colle delle Vacche. 23) Monte Peschio.
24) Monte Savello. 25) Ariccia. 26) Colle Pardo. 27) Monte dei Ferrari. 28) Maschio dell’Artemisio. 29) Monte Alto. 30) Monte Spina. 31) Monte Due Torri. 32) Colli
di Monte Giove . 33) Lanuvio. 34) Velletri.
Anthropic cuts: a) Fosso della Mola cut. b) Passo dell’Algido cut. c) Passo del Broscione cut.
Deeply-cut gullies: I) Cava di Ariccia – Parco Chigi gully. II) Galloro gully. III) Genzano Range gully. IV) Nemi’s Fontana Tempesta gully. V) Nemi gully. VI) Gully in the
Quarto La Villa area, between Lanuvio and Genzano . VII) Fosso delle Ferrovie gully between Lanuvio and Genzano. VIII) Fosso del Peschio gully upstream from Velletri.
Rilievi di interesse archeologico: 1) Colonna. 2) Monte Porzio Catone. 3) Monte Compatri. 4) Tuscolo. 5) Rocca Priora. 6) Monte Fiore. 7) Colle della Mola.
8) Monte Castellaccio. 9) Colle Jano. 10) Monte Tagliente. 11) Castel Gandolfo. 12) Monte Cavo (Monte Albano). 13) Colle Sarazzano. 14) Monte delle Grotticelle.
15) Maschio d’Ariano. 16) Colle Vescovo. 17) Albano. 18) Cappuccini di Albano. 19) Tofetti. 20) Monte Gentile0. 21) Colle dell’Acero. 22) Colle delle Vacche. 23) Monte
Peschio. 24) Monte Savello. 25) Ariccia. 26) Colle Pardo. 27) Monte dei Ferrari. 28) Maschio dell’Artemisio. 29) Monte Alto. 30) Monte Spina. 31) Monte Due Torri.
32) Colli di Monte Giove . 33) Lanuvio. 34) Velletri.
Tagli antropici: a) Taglio del fosso della Mola. b) Taglio del Passo dell’Algido. c) Taglio del Passo del Broscione.
Valloni molto incisi: I) Vallone della cava di Ariccia – Parco Chigi. II) Vallone di Galloro. III) Vallone della Catena di Genzano. IV) Vallone di Fontana Tempesta di
Nemi. V) Vallone di Nemi. VI) Vallone in località Quarto La Villa tra Lanuvio e Genzano . VII) Vallone del fosso delle ferrovie tra Lanuvio e Genzano. VIII) Vallone del
fosso del Peschio a monte di Velletri.
Fig. 4 - Planimetry of the Alban Hills with the geolocation of the valley gorges, the man-made cuts and the hilly reliefs of archaeological interest.
Planimetria dei Colli Albani con l’ubicazione dei valloni incisi, dei tagli antropici e dei rilievi collinari d’interesse archeologico.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
phenomenon of transhumance, as evidenced by the
following findings: hut foundations and materials of
daily use such as stoves, loom weights, whorls, kneading
bowls. Notice should also be taken of the fact [ANZIDEI,
1985] that the huts of the Bronze Age villages found in
the Alban Hills are the same as the ones found on the
Palatine Hill in Rome. Up to the end of the Bronze Age,
the peoples of Latium lived in simple hut villages. The
first urban layouts (including Rome) were started in the
middle of the 8th Century B.C. and subsequently created
the need to build aqueducts.
Lastly, in Latium, the Age of Iron (XI-VII Century
B.C.) is documented by the presence of necropoles and
settlements scattered along the border of the Albano
volcanic crater. Among these settlements, mention
should be made of the famous settlement of Alba
Longa, the mother-city of Rome lying on the eastern
shore of the lake, in the proximity of the Palazzola
convent and marked as SE “Albano” on the I.G.M. table
150 III. More recent surveys [CHIARUCCI, 1988; GHINI,
1999] instead seem to place it in correspondence with
the present-day city-centre of Castel Gandolfo or in the
Tofetti and Colle dei Cappuccini districts in the
municipal area of Albano, on the crest of the southern
slope of the lake. Others instead place Alba Longa in the
area of Prato Fabio, in the proximity of the present-day
town of Rocca di Papa. Still others [CAPRI et al., 1996;
CAPRI, 2004] prefer siting the settlement on the ridge
of the Artemisio crater, indicating the lake near Alba
Longa to be the Lago della Doganella and not Lago
Albano.8
It was exactly at this time that the Latin League was
established: a confederation of towns in which Alba
Longa (while it still existed) played a dominant role.
Dionysius of Alicarnasso listed the thirty towns that
comprised the Latin League, amongst which the
following were located on the Alban Hills: Alba Longa,
Aricia, Corilla, Tusculum, Lanuvium, Castrimoenium
(the present-day Marino), Labicum (now Montecompatri or Colonna), Cabum (now Rocca di Papa),
Corbium (now Rocca Priora), Velitrae (now Velletri).
The Latin towns located on the border of the Alban Hills
were: Tibur (now Tivoli), Fregellae, Gabii, Bovillae,
Praenestae (now Palestrina), Cora (now Cori),
Politorium (in the roundabouts of present-day Castel di
Decima), Artena and the present-day Lariano. Lastly,
other Latin towns located on the coast or in the adjacent
(8) Information on the latest findings on the Bronze and Iron Age in
the Alban Hills area is contained il the proceedings of the Workshop
titled “Il territorio Veliterno nell’Antichità” organized in 2001 and 2003
by the “Oreste Nardini” Civic Archaeological Museum of Velletri.
regions that had significant trade activities with the
ones sited on the Alban Hills were: Ardea, Satricum,
Pometia (or Suessa Pometia, located in the area of
present-day Cisterna di Latina), Lavinium and Antium.
During the reign of the Tarquinii [COARELLI,
1991] in the VI Century B.C., Rome probably played a
leading role in the Latin League. The Foedus Cassianum,
the Latin League and the Arician League reflect the Latin
populations’ attempt to keep at bay the newly emerging
city: Rome. The seat of the Latin League was in Aricia
until 504 B.C. when the Romans and their Etruscan
allies (led by Arruns, the son of Porsenna) were defeated
by the Latins and their Cumaean allies in the battle of
Aricia. After the battle, the Shrine of Diana was moved
to the territory of Aricia, on the northern shores of the
Nemi lake, where the construction of the Nemi lake
outlet around 500 B.C. probably coincided with the
building of the new shrine for the goddess Diana.
The Latins were instead defeated [COARELLI, 1991]
by the Romans in 499 (or 496) B.C. in the battle of
Lago Regillo, generally considered to be the ancient
basin of the Pantano Secco, near Frascati, which was
subsequently drained at the beginning of the 17th
Century. However, other authors [VENTRIGLIA, 1990]
retain it to instead coincide with the ancient basin of the
Pantano Borghese. The Latin League was subsequently
dissolved in 338 B.C. after the final defeat suffered by
the Latins against the Romans in the battle that took
place near the Astura River. In 396 B.C. Rome, after
engaging in a 10-year war, had already conquered the
Etruscan city of Veii thanks to the underground tunnel
excavated by Furius Camillus. According to Titus Livius,
this is the date at which the outlet of the Albano lake
was built; legend has it that the construction of the
outlet was simultaneously requested by the Oracle of
Delphi (History of Rome, Book V, 16) and by an
Etruscan haruspex in Veii (History of Rome, Book V, 15)
as the necessary conditon for a Roman victory.
During the Roman era, the Alban Hills underwent a
new phase of major developments: settlements and
large villas mushroomed. Towards the end of the
Republic, Pompeus Magnus had a large villa built west
of the Appian Way, in the whereabouts of present-day
Albano, which was later used by a host of emperors,
including Tiberius and Domitian. Julius Caesar had a
villa of his own built near the outlet of the Nemi lake
and Octavianus Augustus probably had a villa built on
the shores of the Albano lake, near the present-day
Palazzolo Convent, as he had spent part of his youth in
the villa owned by Octavianus’ family near Velletri.
Mention should also be made of the villas owned by
Tiberius on Colle Tuscolo, by Caligula on the Nemi lake,
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
by Vitellius in the area of Monte Gentile overlooking the
present-day town of Ariccia, by Domitian in the presentday Castel Gandolfo, by Antoninus Pius in the area of
Monte Cagnoletto between Velletri and Lanuvio, by
Commodus in the area of Lanuvium, by Clodius in the
area around Castel Gandolfo. Also other eminent
Romans were closely related with the Alban Hills, like
Cicero who had a villa on the Tuscolo hills near the
present-day town of Frascati and Horace, the poet, who
had a special liking for Aricia. Furthermore, Septimius
Severus deployed approximately six thousand
legionaries belonging to the II Parthian Legion at Castra
Albana (currently occupied by the hill-top part of the
town of Albano).
3.2. Religion
Initially, the religion of the Latin populations was
very likely to comprise autochthonous deities that were
gradually assimilated to the divinities of the Etruscan
and Greek cultures and that unquestionably also
reflected the influence of the Orient and especially of
Egypt. Among the divinities of the ancient Latin
populations inhabiting the Alban Hills, two stand out
the most: Jupiter Latiaris and Diana of Aricia or Diana
Nemorensis (the Artemis of the Greeks).
Ever since proto-historic times [GHINI, 1999],
Monte Cavo 9 (the ancient Mons Albanus) was chosen by
the Latin populations as the confederation’s place of
worship dedicated to Jupiter Latiaris, the sacred and
political centre of peoples sharing the sense of their
common origin. The Shrine was likely to simply feature
a clearing on top of the Monte Cavo, surrounded by a
square masonry enclosure – of which several blocks of
tuff found on the site can still be seen – which perhaps
contained sacella (votive chapels) and altars but surely
not a monumental type of temple. The Shrine was
reached by means of a via Trionfalis, a paved road that
passed over the Colle di Cappuccini and the Colle di
Tofetti [CHIARUCCI, 1988]. The Shrine of Jupiter
Latiaris was visible also to seafarers and could thus be
taken as a point of reference as was the case with the
temple of Jupiter Anxur at Terracina, the temple of the
Fortuna Primigenia at Preneste and probably also the
temple of Juno Sospita in Lanuvium.
Instead, the goddess Diana was the deity of
woodlands, of vegetation and of hunting but also of the
(9) Monte Albano (present-day Monte Cavo) owes its name to the
ancient city of Alba or Alba Longa while the name of Monte Cavo (or
Cave) very probably derives [Chiarucci, 1988] from the name of the
city of Cabum (present-day Rocca di Papa) which almost spread up
to the top of the hill.
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moon and of developing life and was later identified
with the Greek goddess Artemis. The cult of Diana was
associated with the Latin cult of Virbius, later
assimilated to the Greek god Hippolytus, and with the
cult of the nymph Egeria [CHIARUCCI, 1988]. In
addition to having a strong confederate pull until the
dissolution of the Latin League in 338 B.C., the
Sanctuary of Diana on the shores of Lago di Nemi was
also closely associated with health, as testified by the
numerous votive offerings found on the site. According
to TOMASSETTI [1925], there was an important
sanctuary dedicated to Diana on Monte Algido, in
correspondence with the present-day Maschio di Lariano,
which still hosts the remains of a medieval castle partly
built with archaeological salvage material.
Moreover, many other deities were worshiped in
Latium: by way of example, we should recall the already
mentioned temple of Juno Sospita in Lanuvium as well
as the famous Temple of Hercules. After the defeat of
the Latin League in 338 B.C. [GHINI, 1999], the cult of
Juno Sospita was moved from Lanuvium to the Palatine
Hill in Rome. Of considerable relevance was also the
temple of Caput Aquae Ferentinae in the Pavona crater,
in the proximity of the Lago di Giuturna or Lacus Turni,
which was located for a given period of time near the
“Lucus Ferentinae”, the political seat of the Latin League.
Apollo was worshiped in the city of Velitrae, presentday Velletri, which was probably also the site of a
temple dedicated to Apollo and Diana [MELIS and
QUILICI-GIGLI, 1972].
The water of many of the waterways coming from
the Alban Hills were considered to be sacred at the time
of the Romans. The Numico river originates from near
Lanuvium and its waters were used for the sacred rituals
performed in Rome. The waters of the Almone river
[MANEGLIER, 1991] were the setting of the “lavatio” of
the statue of the goddess Cybele, a goddess of oriental
origin that was the protector of maternity and which
was carried in a procession on a cart drawn by heifers.
Once purified, the simulacrum was then returned to its
temple on the Palatine Hill.
Many of the landforms on the Alban Hills,
especially if morphologically isolated, were important
places of cult and worship or the site of necropoles or
tombs dating back to the Latian civilization. The Colle
Jano (938 m on sea-level) is a name-place that recalls
the name of Janus, the god of beginnings and therefore
the creator of the world, the “father of gods”, an
archetypical divine figure, the first king in Latium’s
myth and ancestral tradition [DEL NERO, 1990]. The
hills that hosted ancient civilizations are still the
backdrop for towns like Colonna (n. 1 in Fig. 4), Monte
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Porzio10 (n. 2), Monte Compatri (n. 3), Rocca Priora (n.
5), Ariccia (n. 25), Lanuvio (n. 33) and Velletri (n. 34).
The following contains a list of the most significant
sites:
b) Inside the Tuscolano-Artemisio Enclosure:
a) on the external Tuscolano-Artemisio Enclosure,
in particular on the ridge of Monte Artermisio:
- Colle Jano (n. 9) (938 m on sea-level), place of
worship of the god Janus, the “father of gods”;
- the Colle Tuscolo (n. 4 in Fig.4) (670 m on sealevel), where the Latin town of Tusculum was
located;
- Monte delle Grotticelle (n. 14) (781 m on sealevel), where a necropolis, a hill-top settlement
and prehistoric piling material were found;
- Monte Fiore (n. 6) (722 m on sea-level), where
prehistoric pilings, bronze items and Achaean
materials were found;
- Colle dell’Acero (n. 21) (635 m on sea-level), with
findings of prehistoric piling material;
- Colle della Mola (n. 7) (640 m on sea-level), with
settlements dating back to the middle and recent
Bronze Age;
- Monte Albano (n. 12), now Monte Cavo (949 m
on sea-level) with the Sanctuary of Jupiter Latiaris
on its summit;
- Colle delle Vacche (n. 22) (632 m on sea-level),
with findings of prehistoric piling material;
c) In the area of the Albano and Nemi lakes:
- Monte Castellaccio (n. 8) (622 m on sea-level),
with continuous settlements starting from the
Iron Age;
- the hill on which Ariccia presently lies (n. 25)
(412 m on sea-level), which was once the site of
the Acropolis of ancient Aricia;
- Monte Tagliente (n. 10) (635 m on sea-level), with
findings of prehistoric piling material;
- Monte Savello (n. 24) (325 m on sea-level), on the
summit of which Castel Savelli presently lies and
the site of the sacred wood “Lucus Ferentinae”
which was located in the proximity of the Lago di
Giuturna or Lacus Turni;
- Colle Sarazzano (n. 13) (633 m on sea-level), with
remains of rock tombs and prehistoric piling
material;
- Maschio d’Ariano (n. 15) (891 m on sea-level)
where a megalithic necropolis and an Alban
Sanctuary were found;
- Colle del Vescovo (n. 16) (775 m on sea-level)
where a prehistoric settlement was found;
- Monte Peschio (n. 23) (954 m on sea-level), with
findings of Archean walls and prehistoric piling
material;
- Monte dei Ferrari (n. 27) (900 m on sea-level)
with findings [ANGLE et al., 2003] of pottery
dating back to the early Iron Age and of the
remains on an ancient enclosure wall made of tuff
blocks;
- Maschio d’Artemisio (n. 28) (812 m on sea-level)
where Archean walls and remnants of prehistoric
piling material was found;
- Monte Spina (n. 30) (730 m on sea-level), with
findings of prehistoric piling material;
(10) Following the habitat of progressively transforming the old
and original name-place of Mons Porcius (translator’s note: in Latin,
“pig”) into a softer version: in the same area, for example, Prata Porci
was recently converted into Pietra Porzia.
- Colle dei Cappuccini (n. 18), on the rim of the
Lago di Albano (515 m on sea-level), was perhaps
the location of the ancient villages that comprised
the nucleus of Alba Longa;
- Colle Tofetti (n. 19), on the rim of the Lago di
Albano (555 m on sea-level), was perhaps the
location of one of the ancient villages that
comprised the nucleus of Alba Longa;
- the hilly relief on which the present-day town of
Castel Gandolfo lies (n. 11) (426 m on sea-level),
was perhaps the location of one of the ancient
villages that comprised the nucleus of Alba Longa;
- the hilly relief on which the present-day town of
Albano lies (n. 17) (425 m on sea-level), was
perhaps the location of one of the ancient villages
that comprised the nucleus of Alba Longa;
- Colle di Monte Giove or Corioli (n. 32) (247 m
on sea-level);
- Monte Gentile (n. 20) (560 m on sea-level), is
located half-way between the Albano and Nemi
lakes, along a proto-historic passage, especially
because it is also referred to as the Monte Gentile
Pass;
- Monte Due Torri (n. 31) (415 m on sea-level);
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
- Colle Pardo (n. 26) (490 m on sea-level) –
erroneously marked on the 1990 C.T.R. of Latium
with a scale of 1:10,000 as “Colle Lardo” – located
between the Lago di Nemi and the Ariccia Valley
crater. It is crossed by the Lago di Nemi outlet and
it is the location where Bronze Age tombs were
found (see the Civic Museum of Albano).
- Monte Alto (n. 29) (676 m on sea-level) where
prehistoric piling material and hydraulic
undergrounds channels were found.
Further archaeological research projects on these
and other “hill-top” sites will surely contribute more
and important information on the Latian Civilization.
3.3. Myths
Lastly, we shall briefly sketch the many myths that
have been handed down and that indicate alternative
forms of religion:
Rex Nemorensis: According to an Achaean tradition,
perhaps of Greek origin [CHIARUCCI, 1988; DRUSIANI,
2003], a fugitive slave would become priest (rex
nemorensis) of the goddess Diana after having killed his
predecessor and especially not before having torn a
branch of mistletoe from an oak tree and having given it
to him. In the 2nd Century B.C., the deadly duel for the
temporary conquest of that altar was transformed into a
symbolic event [DRUSIANI, 2003].
Turno Herdonio: The Arician chief Turno Herdenico
was killed in the little lake lying in the Pavona crater
(Lago di Giuturna or Laghetto) by means of a particular
“sub grata” ordeal consisting in tying a basket full of
stones to the head of the condemned and then throwing
him into the water and letting him drown to death. In
Rome, said punishment was only applied in case of
parricide or of perduellium (attack against the security of
the State). This form of punishment [GHINI, 1999] was
also recorded over a century later at the Lago Regillo,
where the historical battle between the Romans and the
Latins took place in 499 (or 496) B.C., according to the
report given by Titus Livius and contained in the History
of Rome, Book IV, 50.
The Lanuvium snake: In the Sanctuary of Juno
Sospita (or Sopita) in Lanuvium there was, at the end of
the processional portico, a cave in which the sacred
snake at the goddess’ feet received the offerings of
maidens dressed in white who went to the feast of the
people, at the beginning of the agricultural year, to pray
and asked to be blessed with abundant crops and
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GENNAIO/MARZO
harvests. However, according to a very ancient
Barbarian ritual,11 the maidens who had lost their
chastity were sacrificed to appease the wrath of the
snake, the “genius” of Juno herself.
The cult of the Lanuvium snake or dragon, which
emitted terrifying sounds from his cave situated within
the sanctuary and which demanded the sacrifice of the
maidens of Lanuvium, might be the reflection of
memory-old unsettling events [GHINI, 1999].
4. THE LAGO DI ALBANO OUTLET
(ALBANO – GIUTURNA SYSTEM)
Tradition has it that the outlet of the Lago di
Albano 12 was built at the beginning of the IV Century
B.C., during the Roman siege of the Etruscan city of Veii,
which fell in 396 B.C. Several historic authors 13 report
that during this summer-time siege, the lake water level
had risen abruptly. The Delphic Oracle, interrogated on
the meaning of such a prodigy, gave the same reply as
the Etruscan haruspex who had been abducted by the
Romans from Veii in order to know what they were to
do to conquer the Etruscan city: Veii would fall only if
the water of the lake were regulated. This was when the
underground lake outlet was excavated which has
remained in function for over two thousand years ever
since without ever being submitted to maintenance or
repair work for as long as man can remember (Fig. 5).
COARELLI [1991] suggested that the outlet might
have existed before then and that, on that occasion, the
possibly obstructed underground channel might only
have been restored and put back into operation. This
clogging might have been at least partly caused by the
already mentioned rising of the water level. However,
there are no traces of such an intervention on the
channel therefore making this suggestion merely
hypothetical.
Leaving the myths aside, the excavation of the
outlet achieved a two-fold advantage: to control and
regulate the water level of the lake while simultaneously
providing a perennial source of water with which to
irrigate the fields downhill from the lake lying closer to
the sea. This latter advantage was perhaps hinted at in
(11) Cited by Propertius, Elegiae IV, 8; by Claudius Elianus, On the
Nature of Animals; and by the Pseudo-Plutarch, Parallela Minora, II.
(12) For an in-depth study of the outlets of the Albano and Nemi lakes, reference should be made to a specific bibliography [CARDINALI et al., 1978; COARELLI, 1991; CASTELLANI and DRAGONI, 1991;
CASTELLANI, 1999] as this paper only provides general information.
(13) Valerius Maximus, Liber 1, cap. 6; Plutarch, Life of Camillus;
Cicero, Divinatione, Lib. 1 and 2 and Dionysus, Lib. XII; Titus Livius,
Ab Urbe Condita, Lib. V, cap. 15.
71
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Fig. 5 - The Albano and Nemi lakes with their relative
outlets (taken from Castellani and Dragoni, 1991).
I laghi di Albano e Nemi con i relativi emissari (da Castellani e
Dragoni, 1991)
the response of the Delphic Oracle, according to the
report of Titus Livius (History of Rome, Book V, 16):
“See to it, Roman, that the rising flood
At Alba flow not o'er its banks and shape
Its channel seawards. Harmless through thy fields
Shalt thou disperse it, scattered into rills”.
After centuries, the Lago di Albano outlet course
was followed and in part surveyed in 1955 by the
Roman Speleological Club while the first complete
survey was performed by CARDINALE et al. [1978]. It
was subsequently submitted to a detailed study in the
’80s [CASTELLANI and DRAGONI, 1991; CASTELLANI,
1999]. Unfortunately, at present it can no longer
undergo inspection due to the lowering of the lake’s
water level which started in the beginning of the ’90s
and which has put a stop to its draining activity. The
lack of maintenance has given rise to the presence of
stagnating waters to the point that the decision was
taken to wall up the outlet downstream for hygienic
purposes.
The Albano lake outlet channel is approximately
1450 m long and has a difference in depth of about 2 m
(293 m on sea-level at the inlet and 291 m on sea-level
at the outlet), with a corresponding gradient of around
0.14 per thousand, in line with the gradient of the
oldest Roman aqueducts. Fig. 6 shows the relief profile,
map and cross-section of the outlet taken from
Castellani and Dragoni, 1991. The channel’s original
size was of 1 m in width and 2.5 m in height, thus
roughly making it into a tunnel. The entrance to the
tunnel on the lake side presents a number of interesting
structures, which were incidentally also illustrated by
Piranesi, albeit in a somewhat imaginative way, in a
famous series of prints dating back to 1762. Piranesi in
fact never actually walked through the entire tunnel but
nonetheless depicted a number of non-existent
structures on his prints by drawing an analogy with the
Lago del Fucino outlet.
The analysis of the tunnel made it possible to track
the designing and operating techniques used in its
construction. The direction and the elevation of the
outlet channel were most probably established by
applying the straight-line “coltellatio” technique with
the use of a “groma” (a Roman surveyor’s cross) and
ranging poles. This technique was based on the line-ofsight positioning and levelling of a number of externally
aligned vertical poles whose lines were projected above
the ridge and joined the inlet and outlet of the future
tunnel. With this technique it was therefore possible to
establish the axis of a tunnel; the sum of the horizontal
distances measured corresponded to the length of the
tunnel while if the sum of the vertical distances was
equal to zero, the excavation axis would be levelled off
(see Fig. 7).
In the outlet channel there are two rectangular
vertical shafts respectively at 80 m (3 m deep) and at
400 m (34 m deep) from the valley-side outlet. The
latter shaft is so perfectly joined to the tunnel walls that
it could lead one to think that it might have been
excavated, at least in part, from the tunnel itself. The
function of two shafts near the channel outlet
[CASTELLANI, 1999] was: the first, only a short distance
away (and rather shallow), was aimed at projecting
underground a first rough estimate of the direction of
the work in progress, while the second, considerably
further away, was aimed at more accurately establishing
the final direction thanks to the greater range of
measurement.
This is to say that the excavations began from the
two extremities by means of a blind bore hole and
directly on the valley-side outlet channel while on the
lake side (due to the problem raised by the presence of
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t&a
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GENNAIO/MARZO
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Fig. 6 - Planimetry and cross-section of the Albano lake outlet.
Planimetria e sezione dell’emissario del lago di Albano
Fig. 7 - Model showing the Coltellatio technique (taken
from Castellani, 1999).
Schema della Coltellazione (da Castellani, 1999).
water), work began with a sloping adit which started off
at an elevation higher than the lake’s water level and
which would subsequently reach the set altitude at the
bottom of the shaft upstream. The direction of
excavation in the downstream section probably
followed the beam of sunlight coming through the
relative bore hole and was subsequently adjusted with
slight deviations of the tunnel as required (the so-called
“svirgolo”). Once the two excavation fronts met up
[CASTELLANI and DRAGONI, 1991], the rock diaphragm
separating the shaft closest to the lake and the lake was
knocked down and the monumental entrance was built.
The present-day entrance is a reconstruction dating
back to the time of Silla. The meeting point between
the two tunnels excavated from opposite directions
probably occurred at approximately 740 m from the
inlet.
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GENNAIO/MARZO
According to Titus Livius, the outlet had been built
in approximately 2 years, a time span that appears to be
more than likely if compared to the excavation timeframes established on the basis of the progress made by
the different work shifts that can be inferred from the
walls of the tunnel. On these same grounds, CASTELLANI
and DRAGONI [1991] calculated a minimum time span
of only 4 months, in consideration of the fact that the
tunnel was excavated from two opposite fronts, thus
estimating an advancement of 6 m per day, equal to 1.5
m for every 6-hour work shift.
The outlet of the channel is located in the district
of Mole di Castelgandolfo, where the “rivus albanus”
originated in ancient times and where Pope Benedict XIII
Orsini (or Pope Clement XII Orsini) commissioned the
construction of a series of large cisterns and channels in
1730 which operated mills with the water drawn from the
lake. From here the waters flow down a long series of
ditches (“marane”) and finally into the Fosso di Vallerano,
a tributary of the Tiber River. Along this course, the flow
comes close to the Pavona crater where, according to
some, it might have been deviated through an additional
tunnel. One thing is certain and it is that this crater once
contained the Lago di Giuturna or Laghetto or Lacus Turni,
which was drained by Pope Paul V Borghese in 1611
[FORNASERI et al., 1963], by re-using an ancient drainage
channel that had probably fallen in disuse. The water
flowing out of this channel through the Fosso di Malafede
also joined the Tiber at approximately 8 km upstream
from the meeting point with the Vallerano ditch.
73
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Due to the lowering of the lake’s water level,
remnants of polygonal walls have surfaced at about 2 m
from the elevation of the mouth of the outlet (293 m on
sea-level) in the areas of Palazzola, Romitorio,
Vecchiaccia and Pentima della Vecchia, as well as the
remains of Roman walls in opus reticulatum in the
proximity of a Roman port on the southern shore of the
lake. This means that the lake’s water level dropped to
below the elevation of the mouth of the outlet for purely
climatic reasons, also in relatively recent historical times
(in the Roman period), with the outlet already
constructed. More recently, and more specifically in
1683 [ESCHINARDI, 1750], the level of the lake dropped
by 5 hands (a bit over one metre, as a hand amounts to
approximately 25 cm) because of a drought. Also in
1834 [GIORNI, 1842], the level dropped to below the
elevation of the mouth of the outlet for approximately 6
months, from spring to autumn.
However, also before the construction of the outlet,
the Albano lake underwent considerable drops in water
level, as highlighted by underwater archaeological
research studies that showed the existence of two levels
that are now below water level: 14
a) at around 11/12 m from the elevation of the
mouth of the outlet, where the remains of a lake village
dating back to the middle Bronze Age were found
[GHINI, 1999];
b) at around 5/6 m from the elevation of the mouth
of the outlet, evidence was found of another hill-side
level probably dating back to the Age of Iron.
5. THE LAGO DI NEMI OUTLET
(NEMI – VALLE ARICCIA SYSTEM)
Unlike the case of the Albano lake, the Nemi lake
outlet is entirely ignored in ancient sources: this is
normally considered to prove that the work dates back
to the pre-Roman period. The possible correlation
between the regulation of the lake and the construction
of the Temple of Diana on the northern shore, would
seem to suggest it dating back to the end of the 6th –
beginning of the 5th Century B.C., in the lapse of time
between the battle of Aricia in 504 B.C., during which
the Latins defeated the Romans (and decided to move
the seat of the Sanctuary of Diana from Aricia to the
northern shores of the Nemi lake), and 499 or 497 B.C.
(14) In connection to this, see the room set up by Angelo Capri’s
Gruppo Latino di ricerca Subacquea in the Museo Civico of Albano,
displaying all the exhibits found in the Lago di Albano in the ’80s.
when the Latin League was instead defeated in the battle
of lake Regillo and the hegemony over Latium returned
in the hands of the Romans.
After the archaeological recovery of Caligula’s ships
in 1929, which entailed clearing the outlet in order to
empty out the lake, the outlet was only reopened in the
’80s and subjected to studies that disclosed a large
number of problematic structures.15 The outlet, whose
planimetry is shown on Fig. 8, is approximately 1650 m
long and it was built with techniques entirely similar to
those found in the Albano lake outlet. The excavation
was performed by means of blind bore holes starting
from the two opposite ends, with the meeting point at
slightly over 300 m from the valley-side outlet, revealing
a minimum computation error: a difference in level of
about 2 m in the same direction.
The two excavation fronts met [CASTELLANI, 1999]
thanks to a technique whereby the two tunnels were
deviated in the proximity of the meeting point in order
to favour the juncture on a level plain while also
adjusting the height of the tunnels to favour their
meeting at the required elevation. This technique took
hold in the 6th Century B.C. in the construction of the
aqueduct on the island of Samos in Greece. The assumed
presence [COARELLI, 1991] of Ionic technicians in the
construction of the Nemi lake outlet is endorsed by the
alliance between Latins and Cumaeans in the abovementioned battle of Aricia in 504 B.C. It was indeed the
Samians who, between 531 and 528 B.C., founded the
city of Dicearchia (the future Puteoli, now Pozzuoli)
near Cuma, the city linked to the microasian area ever
since its foundation.
The Nemi lake outlet as we now know it is certainly
the fruit of subsequent reiterated interventions. The
present-day branch that leads into the outlet (Photo n.
1) on the Nemi lake side quite evidently results from
[CASTELLANI et al., 2003] the overdeepening which still
preserves traces of the original tunnel close to the vault
of the main conduit which appears to be an adjustment
made to further lower the lake’s water level by
approximately another 2 m. Slightly further south, it is
still possible to see the shaft that was made for the
excavation of the main tunnel.
(15) For an in-depth study of the Nemi lake outlet, reference should
be made to a more specific bibliography (Ucelli, 1940; Coarelli, 1991;
Castellani and Dragoni, 1991; Castellani, 1991; Castellani et al.,
2003). This paper, as for the Albano lake outlet, shall be limited to
only providing general background information.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Fig. 8 - Planimetry and cross-section of the Nemi lake outlet.
Planimetria e sezione dell’emissario del lago di Nemi
1. The weir chamber and the stone screens in the Nemi lake outlet.
(photo by P. Bersani)
1. La camera di manovra ed i diaframmi in pietra nell’emissario del
lago di Nemi. (Foto P. Bersani)
Recent studies conducted by a Danish
archaeological mission confirmed this fact by showing
how the mouth of the first outlet, sited along the axis of
the tunnel in correspondence with the sloping adit like
in the Albano lake outlet, was closed and backfilled with
debris around 300 B.C. This further lowering may have
been performed either after a period of drought that
made the outlet inoperative or simply in order to
dispose of more space on which to build a villa right
next to the outlet, in the present-day district of Santa
Maria.
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GENNAIO/MARZO
The tunnel presents two deviations, the first at
around 800 m from the mouth on the Nemi lake side
and the second at approximately 1100 m, about 200 m
before the meeting point. The first of these bypasses was
manifestly aimed at clearing the collapsed section of the
tunnel. The second is connected to the fact of meeting
up with a bank of solid lavic rock. This gave rise to a set
of deviations and new tunnels that still need to be
interpreted, nor can it be excluded that the present-day
end part of the tunnel, which was mostly excavated in
solid lava, is a later adjustment to the overly tortuous
course of the first outlet channel. Towards the end, the
outlet channel crosses and interrupts a previously
existing tunnel, thus highlighting the existence in the
area of water-regulation works built prior to the outlet.
The cross-section of the Nemi lake outlet is mostly
rectangular, with varying dimensions of around 2 m in
height and 1 m in width and the vault of the tunnel is
ogival in shape, perhaps due to problems of stability.
These dimensions are essentially constant from the
Nemi lake to the onset of the second bypass (at around
1150 m) while this consistency is lost in the end-part
excavated in the lava, where mean dimensions prove to
be smaller than the ones described above.
Notice should be taken of the fact that here, just as
in the case of the Albano lake, the inlet threshold was
placed on a lower elevation than the natural level of the
lake. This made it possible to tap the aquifer thus
guaranteeing a continuous and perennial outflow of
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
water independently from seasonal fluctuations. In the
1960-1980 twenty-year period [CASTELLANI et al.,
2003], the Nemi outlet drew out an average of 150 l/s
and it must have had a similar flow also in Roman times.
The Nemi lake outlet was part of a complex system,
probably arising from a comprehensive design, that
reached all the way to the Tyrrhenian Sea. In fact, the
outlet must have necessarily flowed into another crater,
the Ariccia crater: after a segment comprising an openair channel approximately 2100 m long, it runs over the
southern rim of this crater through a new tunnel, the
“Arician tunnel”, which is 600 m long and connects the
Ariccia Valley with the ditch presently known as the
Fosso di Fontana di Papa and, after changing name
several times, it reaches the sea after crossing the towns
of Cecchina, Fontana di Papa and Ardea, under the
name of Fosso Grande or Fosso dell’Incastro.
The limited height of the mountains crossed by the
Ariccia tunnel thus enabled the excavation of the
conduit starting from the baseline of a series of shafts
(12 to be exact). The Ariccia tunnel [CASTELLANI,
1999] was necessarily built prior to the Nemi lake outlet
because otherwise the water from the lake would have
hindered the excavation work. A third 315 m long
section of the tunnel containing 5 shafts was recently
discovered in the district of Fontana di Papa. 16
Furthermore, some reference is made in literature
[RATTI, 1797] to a legend on the existence of a second
outlet which actually never did and never could exist.
Perhaps this legend was started because, in this same
area, the Facciate di Nemi aqueduct was diverted, whose
course (see Fig. 9) was recently retraced by the Egeria
Centre for Underground Research [DOBOSZ et al., 2003].
The stamps placed on the bricks of only the second
section, now viable for around 300 m, date this
aqueduct at the 2nd Century A.D. [FILIPPI, 2003] but
they could of course only represent the restoration
performed by Romans of an ancient aqueduct dating
back to the Achaean era.
Fig. 9 - The course of the Facciate di Nemi aqueduct (from
Centro Ricerche Egeria, 2003).
Percorso dell’acquedotto delle Facciate di Nemi (da Centro
Ricerche Egeria, 2003).
Until 1938, the north-eastern part of the
Tuscolano-Artemisia caldera contained the little
Doganella lake that, with a surface of approximately 50
hectares, represented the spring of the upper aquifer.
The depression in which this lake lay continues in a
south-western direction with slightly higher elevations,
into the area known as Pratoni del Vivaro. The threshold
of this basin is now established at an approximate
altitude of 520 m on sea-level by means of a man-made
cut in the Tuscolano-Artemisia Enclosure in
correspondence with the road leading to Carchitti, a
borough in the municipality of Palestrina. The threshold
of the cut must have initially been at a higher altitude,
thus enabling the regulation of the flow downstream
from the water and was then deepened over time until it
reached the present-day altitude. Moreover plentiful
evidence, both geological 17 and archaeological, indicated
that there must have existed an even more extensive
lake in this area in ancient times, with its surface at an
altitude of approximately 540 m on sea-level. As
illustrated on Fig. 10, this ancient lake would have had a
surface larger than 2 km2 and a maximum depth of
around 15 m. Conversely, the Nemi lake has a surface of
1.8 km2 and a maximum depth of around 30 m.
(16) Dobosz et al., 2003, pages 140-142.
(17) See Camponeschi et al., 1992.
6. THE DOGANELLA AND VIVARO BASIN
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Fig. 10 - The ancient Doganella lake at an altitude of 540 m above sea-level.
L’antico lago della Doganella a quota 540 m s.l.m.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Leaving aside the cut described above as well as a
similar man-made cut in the near-by Passo dell’Algido,
the maximum surface enclosed within the area might
correspond to the contour line at an altitude of 580 m
on sea-level, corresponding to a hypothetical lake with a
surface area of approximately 10 km2 (see Fig. 11), one
of whose branches would have extended right into the
Valle Latina and another one into the Pratoni del
Vivaro. More or less natural outlets of this lake would
have been the present-day Passo del Broscione and
another pass almost 300 m north, in the proximity of
Colle Sarazzano, both of which were part of the
Artemisio range and lay at an altitude of around 575580 m on sea-level. This larger lake might perhaps even
have existed but in very remote times as the remnants of
a kingly tomb of the end of the 8th Century B.C. as well
as historic piling material were found exactly in the
southern part of the basin [ARIETTI and MARTELLOTTA,
1998) between the contour lines at an elevation of 540
and 550 m on sea-level, thus indicating the presence of
dry land.
The lake at 540 m of altitude probably existed until
the cut was made into the Tuscolano-Artemisio
Enclosure that, by lowering the ground threshold to
about 520 m on sea-level, paved the way to major
drainage works over the entire area. These works might
be contemporary to the works on the larger lakes and
date back to the 6th – 5th Century. Indeed, it was not
until the first half of the 4th Century that the area
covered by the ancient lake was crossed by the Via
Latina that, in the deeper part of the ancient lake basin,
appears to have been built on a relief, probably to
defend it from the waters of what must have been little
more than a marsh in Roman times and probably used
as a “vivarium” for fish-breeding.
Photo n. 2 shows the anthropic cut made into the
Tuscolano-Artemisio Enclosure from which the aforesaid
Fosso della Mola begins. In the light of its geological,
archaeological and paleo-hydraulic importance, this is
a valuable geosite [CASTO and ZARLENGA, 1996]
that is currently being catalogued [BERSANI and
CASTELLANI, 2004] and that deserves to be preserved
and upgraded.
CAPRI et al., 1996, put forward an original hypothesis
according to which the Doganella lake and the
depression in the land around the Vivaro basin
represented the remnants of a large-sized lake that
extended N-SW for several kilometres, stretching from
the north, from the foot of Monte Fiore and Colle della
Mola in the present-day municipality of Rocca Priora,
southward to the present-day Via dei Laghi, and also
succeeded to detect a number of sluices in the lake.
However, the hypothesis of such a large lake does not
2. The man-made cut in the Tuscolano-Artemisio Enclosure at around
the road leading to Carchitti, a borough of Palestrina. (photo by P.
Bersani)
2. Il taglio antropico nel recinto Tuscolano-Artemisio all’altezza della
strada per Carchitti, frazione di Palestrina. (Foto P. Bersani)
seem to be realistic in terms of the morphology of the
area but nonetheless has the merit of trying to interpret
far-distanced hydraulic works and morphological
landforms (gullies and man-made cuts) as part of a
single water regulation system in the Alban Hills.
These authors also suggest to site the city of Alba
Longa at the foot and on the crest of the Artemisio and
Maschio d’Ariano craters, supporting this assumption
with the finding of a very ancient necropolis. Even if this
heretic suggestion did not receive widespread support,
notice should be taken of the fact that ancient sources
conceal some obscure spots. As a matter of fact,
Dionysus of Alicarnasso wrote: “Alba Longa was located
in the proximity of a mountain and of a lake […] the
lake is deep and wide: the plain receives its waters when
the weirs are opened so that the inhabitants (of the city)
can control the supply at will”. This description is
obviously incompatible with the deep craters of Albano
and Nemi, unless the weir indicated is not referred to
the pre-existence of an underground outlet. The
propounders of this theory also site the historical
Regillo lake inside the ancient Doganella lake.
In relation to this, it might be noticed that around
km 15 of the Via dei Laghi, there is a gully running
towards Nemi and continuing downhill, separating the
side on which lies the town of Nemi from the other side
with the impressive church of the Crucifix. This entire
gully, from the Via dei Laghi to the Nemi lake, appears
to be deeply cut if compared to the watershed uphill
(with an area of around 3 km2); an aspect [CAPRI et al.,
2002] that might actually lead one to consider the
possibility of an erosion generated by the discharge of a
large quantity of water from a retention basin through a
spillway or a weir (see Photo n. 3).
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Fig. 11 - Maxim extension possible of the Doganella lake at an altitude of 575 m above sea-level in prehistoric times (picture by
Arch. Daniele Moretti).
Massima possibile estensione del lago della Doganella in epoca preistorica a quota 575 m s.l.m. (disegno: Arch. Daniele Moretti)
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
– Valle Marciana;
– Laghetto (on the Via Casilina);
– Prata Porci crater (Lago Regina);
– Pantano Secco (Lago Regillo);
– Campi di Annibale;
– Lago di Giulianello.
All these works were aimed at acquiring land for
farming by draining the natural lakes.
3. The Nemi lake with the deep valley gorge passing through the town
of Nemi. (photo by P. Bersani)
3. Il lago di Nemi con la profonda incisione valliva che passa per
l’abitato di Nemi. (Foto P. Bersani)
Notice should also be taken of the fact that until
the beginning of the 20th Century, the Doganella lake,
albeit quite small in size, still functioned as an
infiltration basin for the stormwaters collected over a
surface area of more than 30 km2. It was only recently,
following the drainage of the residual Pantano della
Doganella in 1938 and the increase in the water
pumped by wells, that the water shortage crisis set in
at the beginning of the ’90s, which later led to a
continuous lowering of the water level of the Albano
and Nemi lakes. As in the Gabii lake in the Castiglione
crater, there is now an on-going project [BERSANI and
PIOTTI, 2001; REGIONE LAZIO, 2002; BERSANI et al.,
2005] aimed at recreating the Doganella lake of the
same size (approximately 50 hectares) it was before it
was ultimately drained in 1938 and at providing the
option to create a wetland that might in any case
operate as a stormwater infiltration basin and as a
protected area for the Doganella wells.
The hydro-geological system shown on Fig. 3 helps
us to better understand why the Alban Hills springs
previously had a greater outflow and consequently also
a larger amount of surface running water when the lake
still existed.
7. MINOR LAKE BASINS
Alongside the lake basins dealt with up to now (the
Albano-Giuturna, Nemi-Ariccia and Doganella basins),
also the minor basins feature hydraulic works deserving
of a brief mention:
– Lago di Gabi (in the Castiglione crater);
– Pantano Borghese;
The Lago di Gabi (or Lacus Gabinus), located in the
Castiglione crater, has taken on different names over
time: Lago di Burrano, Lago di S. Prassede, Pantano di
Grifi. The extremely ancient Latin city of Gabii was
located on its shores. The lake was drained [ASHBY,
1920] by Prince Francesco Borghese in 1838 but one of
his forefathers, Cardinal Scipione Borghese, had already
started regulating the water level at the beginning of
the 17th Century by probably re-utilizing conduits of
Roman times. As a matter of fact, the lake was probably
endowed with an outlet regulating its water level
already in Achaean times.18 This conduit is seen to
comprise two rectilinear sections that join up in
correspondence with the foot of an adit slightly over
500 m long. The method used was probably to establish
the two conduit inlets and to excavate a shaft in an
intermediate position in a place where the land
subsided so that the excavation might be as shallow as
possible. The tunnel was then excavated from the shaft
towards the inlets and vice versa. Towards the end, the
tunnel crosses and destroys a pre-existing tunnel. The
Municipality of Rome now seems to have the intention
to recreate the ancient lake even if such a project is
made all the more difficult by the general lowering of
the underground water tables in the area and also by
the presence of unlicensed settlements along the shores
of the ancient lake.
The Pantano Secco lake, which is often also
identified as the ancient Lago Regillo, once occupied a
little crater north of Frascati (see Fig. 12). It was drained
by Cardinal Scipione Borghese at the beginning of the
17th Century by re-using an ancient tunnel, probably
dating back to the late Republic era, that was excavated
from the two opposite ends with 4 intermediate shafts.
The tunnel outlet was discovered in 1991 following a
fire in the brushwood that concealed it. The exploration
of the tunnel proved that it crosses the rim of the crater
and that it is approximately 400 m long.
(18) Caloi, Cappa and Castellani, 1994; Castellani, 1999.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Lastly, also the central part of the inner or Faete
Enclosure of the Latian Volcano perhaps contained a
lake in the area now known as “Campi di Annibale”.
This lake basin was reported by different authors 20 and
is now difficult to detect as it was silted up over time
and no stratographic sounding has been performed on
the area. It might perhaps have been softly sloping
valley and not a basin capable of containing a lake.
Nonetheless, some scholars located a possible natural
spillway of this hypothetical ancient lake basin.
Furthermore, in the Augustan age, the Pentina Stalla
springs [LUGLI, 1917] carried water (known as
“Augustan Water”) to the villa of the Emperor
Augustus, in the present-day location of Palazzolo, thus
confirming the existence of a lake basin or at least
of a sub-surface aquifer at very high altitudes
(approximately 600 m on sea-level).
Fig. 12 - Planimetry of the Pantano Secco crater (taken
from Castellani, 1999).
Planimetria del cratere di Pantano Secco (da Castellani, 1999).
The tunnel inlet was placed in the deepest part of
the crater while the outlet was located in accordance
with the need to carry water in the proximity of the
receiving ditch (Fosso del Cavaliere), thus avoiding too
large a difference in level with the inlet. The course
plotted seems to be a good compromise between the
need to limit to the extent possible the depth of the
shafts and the need to keep the section underground as
short as possible. Still now, the tunnel continues to
perform its draining function despite the presence of
conspicuous lime deposits due to the prolonged lack of
maintenance.
The Pantano Borghese basin comprises a natural
depression that was also drained by the Borghese family
in the 19th Century. According to Ventriglia,19 this
ancient lake should be identified as the ancient Lago
Regillo. Other ancient lakes located in ancient craters
and drained by means of man-made channels can be
found in the district of Prata Porci above Frascati and
in the Valle Marciana, between Frascati and Ciampino.
Moreover, in a quarry area along the Via Casilina above
Colonna, there is a small lake called “Laghetto”
representing the spring of the aquifer that surfaced
either because of the quarry excavations or because it is
what remains of a larger lake that might have been
drained in ancient times. This situation however
requires further studies and in-depth analyses.
(19) Ventriglia, 1990.
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The still existing Giulianello Lake, located on the
external slopes of the Artemisio Enclosure east of
Velletri, is part 21 of a broader drainage and water
regulation system installed in this area. A channel
upstream of the lake collects the water flowing from a
channel draining a depression (Piana dei Cioccati) at
approximately 222 m above sea-level while another
channel downstream of the lake regulates the overflow
of the lake by discharging the water into the Fosso del
Posso. The drainage work [CASTELLANI, 1999] has
mainly made it possible to reclaim the vast and fertile
territory still used as cropland around the lake basin.
The two channels described above are comprehensively
1 km long and were excavated with the traditional
technique envisaging a sequence of shafts. Although
severely lacking in maintenance, they still operate today.
JUDSON and KAHANE [1963] report that the channels
were built according to a typical Etruscan technique: the
shafts upstream of the lake are located along the slopes
and not in the valley bottom so as to avoid that they be
affected by rainwater or by the sediments that it might
carry.
8. HYDRAULIC WORKS ON THE VALLE
ARICCIA VIADUCT
The Ariccia Valley, in addition to the drainage
channel of the Nemi lake waters, features in northen
part the traces of a little known hydraulic work: a
hydraulic channel reported by LILLI [2002] and recently
(20) Castellani and Dragoni, 1991; Castellani, 1999.
(21) Caloi, Cappa and castellani, 1994; Castellani, 1999.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
explored and detected by the authors of this paper
together with their colleagues from the “Egeria”
Underground Research Centre. In this valley the Via
Appia, around where it crosses Via della Polveriera,
passes over a large viaduct approximately 250 m long
and made with variable-height square tuff blocks that,
in the last section, finishes against the foot of Colle
Pardo. There are contrasting views as to the age of this
viaduct: some interpret it as a mere substructure of Via
Appia Antica therefore dating it at the end of the 4th
Century B.C.; instead QUILICI-GIGLI [1999] places it in
the late Republican era and CHIARUCCI [1988] in the
Gracchi era, around 174 B.C., followed by MARCIANO
[1991] who instead relies on the Plutarch’s testimony.
At present, the area north of the viaduct is buried, thus
concealing one of the original walls of the construction.
Photo n. 4 shows the viaduct in a picture taken at the
beginning of the 20th Century and taken from
CHIARUCCI, 1988.
Today unfortunately the vegetation, especially of
the creeping type, conceals the wall from sight, with
roots causing severe damage thereto. At the beginning,
the viaduct presents some internal structures like two
consecutive underpasses with a barrel vault and a water
drainage channel. It is not entirely known if the viaduct
originally contained other structures because, in more
recent times (perhaps in the Middle Ages or even later),
a new wall was built with square blocks salvaged from
the original wall a few metres beyond the channel, at the
foot of and leaning against the original wall, surely for
problems of stability at the point in which the height of
the viaduct was greatest.
The tunnel (see Photo n. 5), which was patently
designed and built at the same time as the viaduct,
crosses the entire substructure in a north-south direction
and at an angle of approximately 70°. The inlet, now
partially buried, is at present 1 m wide and 1.4 m high
although the original height was at least of about 1.8 m.
For the entire length of the Via Appia which lies above
it, the tunnel is entirely covered with large square tuff
blocks and is endowed with a barrel vault. A few tens of
metres from the inlet, the tunnel splits into 3 branches,
one to the left and two to the right. About 20 m
inwards, the left-hand branch is seen to be clogged with
debris. The two right-hand branches are instead entirely
undamaged and, towards the end, present drainage
works comprising niches and horizontal holes
excavated in the end vertical wall (see Photo n. 6) that
still now perfectly fulfill the task of capturing and
draining the groundwater. In front of the tunnel still
stands a plastered cistern, dating back to an unspecified
4. The Valle Ariccia aqueduct in a picture taken at the beginning of
the 20th Century (taken from Chiarucci, 1988).
4. Il viadotto di Valle Ariccia in una foto d’inizio ’900 (da Chiarucci,
1988).
5. The Ariccia Valley tunnel segment underlying the Valle Ariccia
viaduct. (photo by P. Bersani)
5. Il tratto del cunicolo di Valle Ariccia sottostante il viadotto di
Valle Ariccia. (foto P. Bersani)
period of time, into which the water carried by the
tunnel flows before being dispersed in the croplands
downstream.
This proves that, at the time the viaduct was built,
there was an irrigation channel in the northern section
of the Ariccia crater, evidently conveying water to the
croplands on the northern part of the crater which could
not receive the water from the Nemi lake outlet.
However, it is not clear if the present-day water
catchment system is contemporary or subsequent to the
construction of the channel. If the viaduct had been built
contemporarily to the Via Appia, this would prove that
this road was built when advanced underground water
channel systems were already in place, thus shedding
new light on a long-debated issue. Conversely, if the
viaduct dates back to the 2nd Century B.C., then it would
only bear witness to the architectonic method used.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
7. The stormwater underpass with a vaulted ceiling located inside the
Valle Ariccia viaduct. (photo by P. Bersani)
7. Il sottopasso per l’acqua meteorica con volta a botte, ubicato all’interno del Viadotto di Valle Ariccia. (foto P. Bersani)
9. THE FONTANA TEMPESTA TUNNEL
6. The water-intake system at the end of a branch of the Ariccia Valley
tunnel. (photo by P. Bersani)
6. Le opere di presa dell’acqua in fondo ad una diramazione del cunicolo di Valle Ariccia. (foto P. Bersani)
The first underpass (Photo n. 7) is approximately 2
m high and appears to have been destined to enable the
discharge of water. The second is about 4.5 m high and
was probably used by pedestrians and by animal-hauled
carts. The outflow of water at the height of the foot of
the viaduct (325 m above sea-level) is very significant as
this water could have irrigated the northern section of
the Ariccia crater which was not supplied by the Nemi
outlet channel as its outlet is at an altitude of 310 m
above see-level.
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The Fontana Tempesta tunnel, which supplies the
homonymous fountain, is located on the northern
shores of the Nemi lake crater at an approximate
altitude of 600 m above sea-level. In 1535, De Marchi
refers to a “spring (Fontana Tempesta) that would drive
a mill if it were funneled into a channel”. Instead the
well-head is now often dry for prolonged periods of
time. The fountain was probably built in the 18th
century with archaeological salvage material made up of
large square blocks of tuff. Moreover, this area was
frequented since the Bronze Age, as testified by the
remains of a proto-Villanovian settlement on the hill on
the left of the fountain where there is also a smallersized tunnel.
The Fontana Tempesta rectilinear tunnel was
excavated in the tuff in a NE – SW direction towards
Monte Cavo. It is now viable for only 100 m as it was
interrupted by a landslide perhaps fallen from the road
running through the forest between the fountain and
State Road 217 (“Via dei Laghi”). Just before the
landslide, there is a tunnel on the right that is of more
recent construction, is entirely lined with a mortar wall
and lava boulders and appears to have been built with
the intent to bypass an obstacle but comes to an end
only a few metres further on. 22
The Fontana Tempesta fountain is situated at the
foot of Monte Cavo, in a strategic position in respect of
both ancient and modern pathways, and in the area
(22) Detailed information on this and on other tunnels in the area is
contained in the study by the “Egeria” Underground Research Centre
cited in Dobosz et al. (2003).
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
lying between the Albano and Nemi lakes. In more
recent times this site, exactly because it is at the crossroads of important paths and because it supplies
drinking water, has long been and continues to be a
landmark for tourists. The mouth of the tunnel is now
partially obstructed by the collapse of some of the tuff
blocks used to make the vault while the first few metres
of the tunnel show signs of recent restoration works.
Inside, the tunnel presents the traditional rectangular
cross-section already found in the Albano and Nemi
lake outlet tunnels although slightly smaller (about 70
cm in width and with a variable height between 1.8 and
2.0 m). At a short distance from the mouth stands a
rectangle-shaped well that is now obstructed at the top
but that was free of debris up to about twenty years ago.
A few metres from the first well there appears to be a
second well with a different shape with conic form. Just
as in the Nemi lake outlet, where the rock is more
brittle, the vault of the tunnel is ogival in shape in order
to guarantee greater stability. The dimensions and
shape of the Fontana Tempesta tunnel and the presence
of the rectangular well seem to justify dating this tunnel
at the same period as the Nemi lake outlet.
The Fontana Tempesta tunnel might also have
carried water to the underlying sacred area of the
Temple of Diana and this hypothesis is endorsed by the
presence of cisterns in the Fontana Tempesta gully, in
the section between the tunnel and the lake. According
to LENZI [2000], the water from Fontana Tempesta was
instead used to supply the settlements (villas and other
buildings) on the western shore of the lake, in Le Piagge
district and the same can be inferred from another
section of the tunnel that is visible at Monte Gentile,
standing behind the upland Le Piagge plain.
The Egeria Underground Research Centre of Rome
has recently conducted extensive research in the area
where it discovered numerous tunnels and disclosed the
existence of other tunnels of the Roman period that
reached the area of Fontana Tempesta (where there
probably stood another fountain); a fact that reiterates
the great hydraulic interest of the area.
In order to understand the age and the exact
function of Fontana Tempesta, it would be necessary to
explore the tunnel and remove the landslide. The
exploration might also provide information as to why
the chemical tests performed on the water from Fontana
Tempesta [LOMBARDI, 1975] and from the near-by
Fontana dei Verbiti in Nemi resulted being of the same
type as the water from the atrium of the TuscolanaArtemisia caldera (Doganella, Carpinello and Vivaro).
Might there be some still unknown connection between
them? In any case, it is a proven fact that the two major
lake outlets are far from being isolated works and are
only a patent manifestation of a closely-knitted hydrogeological regulation network that involved the entire
territory.
10. THE MALAFITTO ALTO, MALAFITTO BASSO
AND CENTO BOCCHE AQUEDUCTS
The Malafitto or Pescaccio springs are located on
the western slope of the Albano lake, in the gully at
Ponte di Nemi, at the cross-roads between State Road
217 (Via dei Laghi) and State Road 218 (the road that
joins Ariccia to Rocca di Papa). From these springs stem
three ancient aqueducts: Malafitto Alto, Malafitto Basso
and Cento Bocche. Fig. 13, taken from LUGLI [1919],
shows the layout of the three aqueducts. During the
Imperial period, the two Malafitto (Alto and Basso)
aqueducts both reached Domitian’s villa whereas the
Cento Bocche aqueduct supplied the large cistern
(“cisternoni”) of Albano, a large 10,000 m3 capacity
reservoir, commissioned by the emperor Septimius
Severus at the end of the 2nd Century B.C. in order to
supply water to the 6000 legionaries of the II Parthian
Legion that he had position in the Castra Albana which
later originated the present-day town of Albano. The
reservoir water was used for drinking purposes up to
1912 while at present the municipality of Albano only
uses it to water its public gardens. According to LEONI
[1999], also a secondary branch of the Malafitto Alto
aqueduct supplied the Albano reservoir.
The following description of the three aqueducts is
taken from the works published by Lugli:
– The Cento Bocche aqueduct also collects
extremely small amounts of seepage water over the
distance of 150 m between Palazzolo and Malafitto. It is
the lowest and the oldest of the three aqueducts. After
covering around 3 km from the spring along the Albano
crater, it reaches Colle dei Cappuccini and, after
forming a sharp right-angle bend, it runs underground
in a semi-circle beneath the hill for half a kilometer and
ends up on piazza San Paolo in Albano, with the
support of only three pits, one of which is 43 m deep.
The specus is 60 cm wide and 135 cm high and it has a
vaulted ceiling. It is very ancient and its original endpoint is not known.
– The Malafitto Basso aqueduct had its springs in
the already-mentioned gully in the area of Ponte di
Nemi: it reached further than Domitian’s villa, perhaps
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Fig. 13 - The Albano lake with the layout of the Malafitto Alto, Malafitto Basso and Cento Bocche aqueducts (taken from Lugli,
1919).
Il lago di Albano con l’ubicazione degli acquedotti di Malafitto Alto, di Malafitto Basso e delle Cento Bocche (da Lugli, 1919).
to supply Clodius’ villa. It was excavated by boring pits
directly into the rock and there were only a few pits as it
runs very shallow and sometimes almost at surface level.
The first segment of the aqueduct is only a few hundred
metres long and it was excavated underground towards
the springs. The dimension of the specus is of
approximately 60 cm in width and 160 cm in height.
The ceiling is vaulted. The aqueduct is internally
endowed with a drainage canal that is shaped
differently from the one present in the similar Malafitto
Alto aqueduct.
– The Malafitto Alto aqueduct dates back to the
times of Domitian, it is 3.7 km long and it is entirely
excavated in tuff, from the Malafitto springs all the way
to the Propaganda piscinae limariae in Domitian’s villa.
According to Tomassetti, there are 53 pits, almost all of
which are semi-circular and the deepest of which is
rectangular and 57 m deep. It runs over a first 1 km
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section in a straight line and then bores through the
Colle dei Cappuccini at considerable depth and from
here departs a secondary branch, perhaps built
subsequently, that delivered water to the Amphitheatre.
Lugli deems all 3 aqueducts to be of Roman times
and thinks that the oldest one (dating to the period of
the Claudii – at the beginning of the 1st Century A.D.) is
the aqueduct running at the lowest altitude (Cento
Bocche), then followed by the Malafitto Basso aqueduct,
which is attributed to the period of Domitian (at the
end of the 1st Century A.D.), whose last section was
extended under Hadrian while he considers the most
recent (again built by Domitian at the end of the 1st
Century A.D.) to be the Malafitto Alto aqueduct.
Moreover, Domitian might have restored and
prolonged already existing aqueducts as his villa indeed
required a vast quantity of water to supply water for his
fountains and pools.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
The exploration of these underground tunnels only
began recently [GALEAZZI et al., 1999; LEONI, 1999] as
it was also made difficult by the long succession of
manipulations that the aqueducts underwent, many
sections of which are still used to supply water to
Albano. The Malafitto Alto aqueduct, standing on what
is now the property of the Casa del Divin Maestro, is
located on the western border of the Albano lake and it
is connected to several pits that are still present and
visible and of which some (Photo n. 8) present the
typical rectangular shape (approximately 140 cm x 60
cm) of the pits previously found in the Albano and
Nemi lake outlets and in the Fontana Tempesta tunnel.
These pits [GALEAZZI et al., 1999] are placed at a
distance of one actus (35.32 m) the one from the other,
according to a rule found in Vitruvius. The pit shown on
the figure starts from an altitude of approximately 570
m above sea-level and lies at an approximate depth of
58 m from ground level.
The Malafitto Alto and Malafitto Basso aqueduct
water intake channels show traces of circular
excavations that are very similar to analogous traces
detected in the near-by Nemi lake outlet.23 It is difficult
to say if these similarities in the excavation technique
also correspond to an analogous frame of time in which
they were built. A pit over 40 m deep [LEONI, 1999],
located on the grounds of the Casa del Divin Maestro,
indicates the branching off of the Malafitto Alto
aqueduct that reached Ariccia by running through the
deep gully that ends up at the place known as “Cava di
Ariccia”, situated below the Ariccia cemetery. Several
manholes are still detectable along this gully and this is
surely the water that continued to supply Ariccia at the
very beginning of the 20th Century, as recalled by Lucidi.
It seems likely that in ancient times this branch of the
Malafitto aqueduct in the Cava di Ariccia – Parco Ghigi
gully supplied irrigation water to the northern part of
the Ariccia Valley west of the town of Ariccia.
At present, it might be possible to consider
bringing the Malafitto or Pescaccio spring waters back
into the Albano lake [with an estimated flow estimated
of 50 l/s in BONI et al., 1988] in order to offset the
lowering of the water level recorded in these last few
years.
11. THE DEGRADATION
OF ANCIENT WORKS
Unfortunately, in these last decades, the state of
neglect and degradation of many of the ancient
hydraulic (and non-hydraulic) works on the Alban Hills
has dramatically worsened due to a relentless
urbanization process. The ensuing risk is to definitely
lose precious and irreplaceable tokens of our past that
deserve to be further investigated and understood. By
way of example, the following is a brief list of situations
requiring urgent intervention:
– The inlet of the Ariccia tunnel that passes under
the Ariccia Valley crater was once formed by a vertical
trench covered up with slates of tuff that was preserved
intact up to the ‘80s (Castellani, 1999); however, during
the ‘90s, first the tuff covering was destroyed, thus
exposing the tunnel to the open air, and then the entire
channel was destroyed after having opened a wide
trench with motor scrapers.
8. A 58 m-deep rectangular pit in the Malafitto Alto aqueduct on the
southern rim of the Albano lake crater. (photo by P. Bersani)
– The Albano lake outlet, consequently to the
lowering of the lake’s water level, contained stagnating
8. Pozzo rettangolare nell’acquedotto di Malafitto Alto sul bordo
meridionale del cratere del lago di Albano, profondo 58 m (foto P.
Bersani)
(23) Galeazzi et al., 1999.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
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waters over prolonged periods of time. The inflow of
water from a water treatment plant has exacerbated the
situation by transforming the channel into a biological
breeding-ground up to the point of making it necessary
to wall off its downstream outlet, in the “Le Mole”
district in the municipality of Castel Gandolfo, for
purposes of hygiene. It is absolutely essential to drain
and recover the viability of this channel which, in any
other country, would be considered to be a great tourist
and cultural attraction.
– At the beginning of the ’70s, a modern aqueduct
pipe was installed in the Nemi outlet. The pipe is no
longer operating although it is still installed in the
outlet and obstructs its course, thus further
deteriorating its appearance. The “unhealthy habit” of
installing new piping in the course of ancient aqueducts
is an age-old tradition as, already in 1917, the
archaeologist Giuseppe Lugli reported the re-utilization
of the ancient aqueducts of Cento Bocche, Malafitto
Alto and Malafitto Basso by running modern cast-iron
aqueducts along their course.
– In the area above the inlet of the Nemi lake
outlet, there are majestic vaulted spaces dating back to
the Roman Empire which bear witness to the existence
of an important archaeological site. These amazingly
beautiful spaces continue to be largely ignored and
inaccessible, completely abandoned and therefore
subjected to rapid deterioration.
– The hydraulic channels draining the ancient lake
basins of Giulianello, Gabii, Pantano Secco and Pavona,
all of which are still in operation, are in a state of
abandonment and subjected to all types of
manipulations. The Pantano Secco outlet was recently
destroyed by a cement artifact and the Pavona outlet is
presently buried under the debris from near-by land
developments.
– The Ariccia Valley viaduct constitutes one of the
most important archeological landmarks on the Alban
Hills. It is currently in a state of abandonment with its
underpass, which was once viable, closed off with a
modern masonry wall and used as a deposit for farming
equipment. The roots of the mainly creeping vegetation
(see Photo n. 9) furrow into the tuff slate coating on the
Ariccia Valley side, pushing them down from their
original position.
The state of degradation of the ancient hydraulic
works that we have been dwelling upon is but one of the
aspects of a more extended degradation of which the
following are additional examples:
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9. The Appia Antica Viaduct in the Ariccia Valley. (photo by G. Bersani)
9. Il Viadotto dell’Appia Antica a Valle Ariccia. (foto G. Bersani)
– Monte Castellaccio in the municipality of
Palestrina, is a site of utmost archaeological interest
with remains of pre-historic settlements, of a Roman
fortification (castrum), of the extremely important Passo
dell’Algido as well of medieval ruins [CAPRI, 2002;
MENGARELLI, 2003]. Ever since the ’70s, Monte
Castellaccio has been excavated with a quarry of
tuffaceous material and there is now a project to use it
as the location for a landfill,24 with all the dangers that
this might entail for the area’s hydro-geological network
and for the pollution of its aquifers.
– The Colle Pardo relief (490 m on sea-level) in the
municipality of Ariccia, on the border with the
municipality of Genzano – erroneously marked as “Colle
Lardo” on the 1:10,000 scale 1990 C.T.R. of the Region
of Latium – comprises the first hilly relief encountered
while traveling inland from the coast. It hosts the Nemi
lake outlet and on its southern slopes lies the Via Appia
aqueduct described above. Until the mid-80s, there was
a little Franciscan monastery sitting on its summit. This
building was inexplicably torn down (while leaving the
rubble on the site) about 20 years ago and several
reinforced concrete constructions fitted with huge
antennas (for RAI’s radio and TV broadcasting and for
cell phone transmissions) were built a few metres away
and now sit on the summit of Colle Pardo.
These are but a few examples of a situation that
is visible to anybody wanting to take the time to
(24) Del Nero, 1990, writes in his book on the Latin Valley: “ever
since the 1970s, the environment of the Latin Valley has been
inflicted increasingly frequent and severe wounds which might well
be symbolised by the destruction of (Monte) Castellaccio, which was
perpetrated on repeated occasions before the total inertia of both the
political and cultural authorities and the utmost indifference of the
local inhabitants”.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Pio Bersani, Vittorio Castellani
notice. The growing sensitivity of many municipal
administrations, if supported by the diligent
intervention of supervisory authorities – such as the
Superintendence for Archaeology – can and must
reverse the current trend. Let us only be allowed to say
that, in our experience, much of the manipulating also
stems from the ignorance of the historical and cultural
value of the constructions destroyed. For example, the
Ariccia tunnel dating back to the 6th Century B.C., was
locally considered to be a relatively recent construction
not deserving of being preserved. Simply raising local
awareness on its historical value might already be a
great step forward towards its preservation.
12. FINAL CONSIDERATIONS
In this paper we have given a brief overview of some
of the most significant hydraulic works present on the
Alban Hills, by attempting to pool together information
drawn from different cultural sources such as geology,
hydro-geology, archaeology, history, history of
religions, etc. because only a multi-disciplinary study
can lead us to fully understand the ancient and recent
history of these hills, by relying on a closely-knit
collaboration with professionals representing each one
of the aforesaid disciplines.
The examples mentioned, although they are
necessarily limited, unarguably show that not only the
Alban Hills relief but also the vast plain outstretched at
its foot are the result of a comprehensive and capillary
hydro-geological network dating back to a very remote
past. The two Albano and Nemi lake outlets fit into the
context of major land reclamation works envisaging the
draining of the Tuscolano-Artemisio (Lago della
Doganella) basin, the emptying of the many closed off
basins still remaining in the volcano complex and the
thorough draining of wetlands by means of an extensive
network of underground channels. Finally, the drainage
network was optimized by careful water regulation and
distribution by means of a large number of aqueducts
and cisterns.
This network has its origins in the Archaean age,
between the 6th and 5th Century B.C., and it is not by
chance that it is also networked with the major
waterworks reported at the time of the Etruscan kings of
Rome such as the excavation of the Cloaca Maxima and
the drainage of the Pontine marshlands. Moreover, we
are convinced that much still remains to be discovered
and investigated about these hydraulic works. By way of
example, mention should be made of the study
currently being conducted on a complex of at least five
aqueducts of Archaean age which drew water from the
Fosso di Ponte Terra, in the proximity of S. Vittorino in
the municipality of Tivoli, which probably supplied
water to towns in Latius Vetus long before it fell under
the domination of Rome. 25
We are therefore hopeful that targeted
archaeological excavations might be resumed on sites of
particular paleo-hydraulic interest, starting with the
many springs scattered around the Alban Hills and the
Roman countryside. However, these studies will prove
to be aimless unless parallel action is urgently taken to
protect and safeguard already known archaeological
landmarks.
From the hydro-geological perspective, after so
many years of draining marshlands to be converted into
croplands, now plans are being made to rebuild some of
the lake basins drained in the past, especially in view of
the water shortage that has been affecting the Alban
Hills ever since the ’90s. This especially applies to the
plan to re-establish the Lago della Doganella in the
north-eastern section of the Tuscolana-Artemisia
caldera with the same size (approximately 50 hectares)
it had before it was definitely drained in 1938 or,
alternatively, to recreate a wetland in the same area
which would entail a higher degree of stormwater
seepage which would subsequently flow south-west,
along the already well-known underground hydraulic
network, and supply the Albano and Nemi lake aquifers.
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Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
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1. PREMESSA
Il rilievo dei Colli Albani (Fig.1), posto poco ad oriente di Roma,
ospita due antiche e grandiose opere idrauliche: gli emissari sotterranei dei laghi di Albano e di Nemi. Significato, età e vicissitudini di
questi emissari non possono peraltro essere separati dal contesto
delle altre opere idrauliche presenti nel territorio dei Colli Albani, né
dal contesto storico e religioso in cui furono realizzate. Tali antiche
opere sono rappresentate non solo da ulteriori emissari, ma anche
da acquedotti e cisterne per la gestione dei bacini idrici, cui si aggiungono vaste opere di bonifica e drenaggio di aree un tempo paludose. JUDSON E KAHANE [1963] riportano la presenza nella parte
meridionale dei Colli Albani di oltre 45 km di cunicoli, con a monte i
due grandi emissari dei laghi di Albano e di Nemi (Fig. 2).
La sistemazione idraulica dell’area fu iniziata in epoca molto antica, quasi sicuramente pre-romana. La tecnica costruttiva dei due
maggiori emissari presenta infatti strette analogie con il tunnel di Eupalino, nell’isola greca di Samo, risalente al VI secolo a.C. E la vasta
opera di bonifica e drenaggio richiama da vicino il vasto sistema di
condotti sotterranei a ciò predisposto dagli Etruschi di Veio. Questo sistema di cunicoli, tuttora riconoscibile sulle ultime pendici dei Colli Albani fino alla Pianura Pontina,1 va annoverato tra le trasformazioni più
incisive e più antiche dell’assetto idrico del territorio dell’Italia centrotirrenica. Qui infatti numerosi fossi minori furono incanalati sottoterra
in cunicoli scavati nei banchi tufacei e condotti a sboccare in fossi
maggiori, a volte anche attraverso la diversione del loro percorso dalla valle originale ad una contigua.
(1) See, for example, Quilici-Gigli, 1999.
Molte opere sono state poi modificate, ampliate e riutilizzate
soprattutto in epoca romana imperiale, quando molti imperatori eressero sui Colli Albani le loro ville, contribuendo ancora oggi in molti casi alla regolazione idrica dell’area. In linea generale, a fianco dei lavori di bonifica alle falde dei Colli troviamo attuato il principio guida di
trattenere le acque alle quote superiori, dove l’evaporazione è inferiore, per rilasciarla poi nel periodo estivo ai bacini a quota inferiore
(bacini di Albano, Nemi e Giuturna) o a corsi d’acqua a valle, al fine
principale di irrigare i campi.
La presente memoria, dopo un inquadramento geologico e storico-religioso dei luoghi, descrive brevemente lo stato delle conoscenze degli emissari di Albano e Nemi e quindi prende in esame alcune opere idrauliche che si inquadrano in un discorso idraulico più
generale:
– Bacini lacuali minori
– Cunicolo di Fontana Tempesta
– Opere idrauliche nel viadotto di Valle Ariccia
– Acquedotti di Malafitto Alto, di Malafitto Basso e delle Cento
Bocche
– Bacino della Doganella – Vivaro
Tali esempi rappresentano soltanto alcune situazioni, esemplificative di un quadro molto più esteso, con molte altre opere idrauliche di non minore importanza. Scopo principale della presente memoria è quello di stimolare un approccio unitario agli studi sull’idraulica antica dei Colli Albani, tenendo presente che vi sono molti indizi
che sia in epoca romana che pre-romana vi fosse nell’area una molto maggiore disponibilità d’acqua superficiale ed inoltre che una delle maggiori difficoltà nello studio delle antiche opere idrauliche è costituita dalla datazione delle stesse.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
2. CENNI SULLA GEOLOGIA,
L’IDROGEOLOGIA E LA GEOMORFOLOGIA
DEL VULCANO LAZIALE
2.1 Geologia
Il complesso vulcanico dei Colli Albani è caratterizzato dalla presenza di un edificio centrale ad attività mista.2 La maggior parte del
vulcanismo si è sviluppata tra 0,53 e 0,36 milioni di anni fa. Durante
questo periodo un primo edificio centrale, noto con il nome di edificio Tuscolano-Artemisio, ha eruttato circa 150 km3 di magma sparsi
su un’area di circa 1500 km2. L’attività dell’edificio Tuscolano-Artemisio può essere suddivisa in 4 cicli principali, ciascuno dei quali è caratterizzato dalla messa in posto di una colata piroclastica e di spessi
coltri di piroclastiti a cui si intercalano rare colate di lava.
Circa 0,36 milioni di anni fa un’attività parossistica esplosiva sia
dall’apparato centrale che da fratture circumcalderiche ha determinato la fine del vulcanismo e il definitivo crollo dell’edificio TuscolanoArtemisio, con la formazione dell’omonima caldera Tuscolano-Artemisia di circa 10 km di diametro, tuttora esistente. Circa 0,30 milioni
di anni fa l’attività vulcanica è ripresa all’interno dell’area collassata
edificando un nuovo edificio centrale, il vulcano dei Campi di Annibale. L’attività di tale vulcano è stata di tipo soprattutto effusivo con
formazioni di estese colate leucititiche, come la colata di Capo di Bove circa 0,26 milioni di anni fa, che arriva a Roma all’altezza dell’attuale Tomba di Cecilia Metella. L’attività dei Campi di Annibale è terminata circa 0,20 milioni di anni fa ed ha emesso volumi molto ridotti (circa 2 km3) rispetto all’edificio Tuscolano-Artemisio (circa 150
km3).
Le ultime fasi del Complesso vulcanico dei Colli Albani sono di
natura idromagmatica, determinate cioè dall’incontro del magma con
l’acqua di falda. Tale attività ha prodotto una serie di crateri eccentrici
localizzati nel settore occidentale del Complesso vulcanico, quali i
crateri di Albano, Giuturna, Nemi ed Ariccia. Tra questi Ariccia è il cratere più antico, seguito poi dalle due esplosioni idromagmatiche che
hanno generato l’attuale cratere di Albano con quattro episodi che
hanno generato altrettanti crateri coalescenti. L’attività di Giuturna si
intercala alle ultime due esplosioni di Albano. Altri crateri eccentrici,
generati ugualmente da esplosioni idromagmatiche, sono ubicati nella parte settentrionale del Vulcano Laziale: Castiglione, Valle Marciana,
Prata Porci e Pantano secco. La fine dell’attività idromagmatica si fa risalire a circa 20.000 anni fa. I Colli Albani sono peraltro rimasti sede
di una lieve ma continua sismicità che si manifesta ad intervalli di varia durata. 3
Manifestazioni di vulcanismo secondario si sono forse avute anche in epoca storica, da taluni collegate al rilascio tardivo di gas dalla
camera magmatica [ANDRETTA et al., 1988]. GALLI [1906] elenca al
riguardo una serie di notizie storiche, quali la leggenda della distruzione della reggia di Albalonga sulle pendici del lago di Albano a causa di un’eruzione (e concomitante terremoto) circa nell’anno 900
a.C., “un’eruzione di pietre e boati sul monte Albano” nel 642 a.C.
citata da Tito Livio 4 e infine “un’ultima eruzione di pietre nel monte
Albano” nel 216 a.C. ancora dallo stesso autore.5 Molto più recentemente BULLARD [1978] riporta la notizia di una piccola eruzione che
sarebbe avvenuta nel 290 a.C. nell’area dei Colli Albani, senza però
citarne la fonte. Secondo GHINI [1999], l’istituzione delle feste novendiali intorno alla metà del VII sec. a.C., da cui avrebbero poi avuto origine le Ferie Latinae, rappresentano un’espiazione a seguito del-
(2)
(3)
(4)
(5)
De Rita et al., 1988.
Amato, 1999; Bersani, 1994.
Ab Urbe Condita, Lib. I, cap. 31.
Ab Urbe Condita, Lib. XXIV, cap. 7.
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le “piogge di pietre” avvenute a Lanuvio e sul Monte Albano ed interpretate come un segno divino. Altre piogge di pietre sono riportate anche a Pometia [OSSEQUIENTE, 1992] e a Palestrina. GHINI
[1999] riporta anche come possibile attività postvulcanica nei Colli
Albani la probabile attività della solfatara tra la via Appia e Pratica di
Mare ove le popolazioni latine posero la sede infernale della ninfa
Albunea.
Le cadute di pietre, considerate dagli antichi un evento prodigioso, si ritrovano in troppe località (Monte Albano, Lanuvio, Pometia,
Palestrina) per essere causate da un fenomeno vulcanico, così che si
può ipotizzare che si tratti di pietre rotolate dai versanti acclivi dei rilievi a causa di terremoti oppure a causa di incendi nei boschi e poi
divenute parte di un mito. Infatti, solo per fare un esempio, la strada
che dall’abitato di Nemi scende all’omonimo lago dopo i violenti incendi avvenuti nel passato recente (anni ’70 e ’80) si presentava
completamente “invasa” da grandi massi di pietra lavica rotolati dal
versante a monte.
Ricordiamo infine come lo scavo dell’emissario sotterraneo di
Albano è dagli antichi posto in relazione con un improvviso e inspiegabile innalzamento del livello delle acque di tale lago, che sarebbe
avvenuto nel 399-398 a.C., durante la guerra tra Roma e la città etrusca di Veio. Recentemente GIORDANO et al. [2004] hanno ipotizzato per il cratere del lago Albano possibili fenomeni di abbassamento
e sollevamento del livello delle acque del lago (anche di parecchie
decine di metri), in corrispondenza di processi endogeni che interessano il sistema idrotermale sottostante il cratere di Albano.
2.2 Idrogeologia
Dalle stratigrafie dei pozzi 6 nella zona nord-orientale della caldera Tuscolana-Artemisia nell’area dell’ex Pantano della Doganella, a partire dalla profondità di circa 40-45 m dal piano campagna di circa 525
m s.l.m., è presente uno strato di argilla impermeabile di origine lacustre dello spessore medio di circa 20 m, mentre a profondità minori
dal piano campagna si riscontrano i prodotti tufacei del Vulcano Laziale. Ciò testimonia che nel corso della storia eruttiva del Vulcano Laziale vi sono stati lunghe pause durante le quali i crateri hanno ospitato
bacini lacustri anche di dimensioni notevoli, bacini che vi si insediano
stabilmente al termine dell’attività vulcanica. Nella figura 3 è riportato
lo schema idrogeologico dei Colli Albani, tratto da BONI et al. [1995],
in cui sono indicate le principali direzioni del deflusso sotterraneo.
Caratteristica delle falde idriche contenute nei rilievi vulcanici è
di seguire direttamente la morfologia dei rilievi. 7 Poiché i Colli Albani
sono costituiti da uno stratovulcano, cioè un edificio costruito dall’alternanza di materiali differenti: colate piroclastiche, colate laviche e
tufi in genere, anche la permeabilità risulta differente. Ciò comporta
l’esistenza di più falde idriche sovrapposte ed isolate tra di loro
[REGIONE LAZIO, 1999]. Ad esempio nella parte nord-orientale della
caldera Tuscolano-Artemisia, nell’area della Doganella, potenti coltri
prettamente impermeabili costituite da depositi lacustri di paleolaghi,
separano livelli permeabili di origine vulcanica.
Nel Vulcano Laziale è così possibile individuare fino a 5 falde
idriche sovrapposte ed isolate tra loro. La falda più superficiale è quella che emerge proprio nell’area citata della Doganella con sorgenti a
circa 525 m s.l.m., che raccolgono la circolazione idrica superiore presente nei rilievi del recinto esterno (Artemisio). La falda idrica più profonda invece giunge fino a quote inferiori alla zero marino. Del resto
le stesse falde idriche che alimentano i laghi di Albano e di Nemi (che
rappresentano le emergenze a giorno di dette falde) sono tra loro
idraulicamente separate anche se si trovano a brevissima distanza.
(6) Camponeschi et al., 1992; Regione Lazio, 2002.
(7) Celico, 1982.
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Pio Bersani, Vittorio Castellani
Nei Colli Albani alcune delle attuali sorgenti sono il risultato di
opere di captazione della falda idrica tramite cunicoli orizzontali, è
questo il caso ad esempio della sorgente Acqua Acetosa sulle rive
nord-orientali del lago di Albano, dove [CAPELLI et al., 1998] una galleria si addentra per circa 20 m nel versante ed è anche il caso della
sorgente di Fontana Tempesta sul versante settentrionale del lago di
Nemi, dove una galleria si addentra attualmente nel versante per oltre 100 m. È interessante notare che la tecnica dello scavo orizzontale tramite cunicoli per raggiungere la falda idrica è una tecnica molto antica, sicuramente pre-romana, utilizzata in molte altre aree del
Mediterraneo.
LOMBARDI [1975] ha esaminato le acque delle sorgenti del
Vulcano Laziale. In tale lavoro sono state riunite in un unico gruppo,
ben distinto dagli altri gruppi, le acque di Fontana Tempesta (Nemi),
Fonte dei Verbiti (Nemi), Carpinello (Rocca Priora), Doganella (Rocca
Priora) e Vivaro (Rocca di Papa). Tali acque sono state classificate come “acque a carbonati e bicarbonati alcalino-terrosi” che indicano
una circolazione superficiale sufficientemente rapida e/o legata al
drenaggio di un’area limitata quale appunto “l’Atrio” della Caldera Tuscolana-Artemisia.
Testimonianze storiche ed evidenze geologiche indicano che
numerosi crateri del Vulcano Laziale hanno nel passato ospitato specchi lacustri mentre attualmente sono presenti soltanto il lago Albano
(o di Castel Gandolfo), il lago di Nemi ed il piccolo lago di Giulianello, alle falde orientali dei Colli, oltre a due piccoli bacini lacustri residuali denominati con lo stesso nome di “Laghetto”, il primo – l’antico
Lacus Turni o lago di Giugurta – nel cratere di Pavona vicino il lago di
Albano ed il secondo sulla via Casilina a nord di Colonna. Il foglio
geologico n. 150 “Roma” della Carta Geologica Italiana riporta con la
sigla “av”, la formazione delle “tufiti alluvio-lacustri”, ubicandola nei
crateri di Doganella, Valle Ariccia, Prata Porci e Valla Marciana. Questi,
come anche altri crateri, risultano drenati da condotti artificiali, mentre i tre specchi d’acqua maggiori residui risultano tutti regolati da
emissari artificiali sotterranei.
L’ ultimo lago ad essere stato prosciugato è stato il lago della
Doganella nel 1938. Tale specchio lacustre era ubicato nel comune
di Rocca Priora, nella zona nord-orientale della caldera TuscolanoArtemisia, aveva un’estensione di circa 0,5 km2 ed una profondità
massima di circa 3 m. Tale lago era probabilmente quanto rimaneva
di un lago di maggiore estensione che si estendeva verso sud verso
l’attuale zona del Vivaro, parzialmente prosciugato in epoca antica.
Lo specchio lacustre nel cratere di Valle Ariccia è stato prosciugato contemporaneamente o subito prima della costruzione dell’emissario del lago di Nemi, quindi circa nel VI secolo a.C. Nel cratere
di Pavona Papa Paolo V Borghese ha prosciugato nel 1611 il lago di
Giuturna o Laghetto o Lacus Turni, riadattando un antico emissario,
con ogni probabilità romano, realizzato con scavo attuato dai due
estremi tramite una serie di pozzi, con evidenza di una iniziale discenderia dal lato del lago.
Lo specchio lacustre nel cratere di Castiglione, vicino la città preromana di Gabii, è stato prosciugato dal principe Francesco Borghese
nel 1838, ma già in epoca arcaica era dotato di un emissario per la
regolazione del livello dell’acqua; l’area paludosa e acquitrinosa di
Pantano Borghese è stata bonificata dai principi Borghese nell’800 ed
lo specchio lacustre di Pantano Secco (il Lago Regillo) vicino Frascati
è stato bonificato dal cardinale Scipione Borghese agli inizi del ’600,
riutilizzando un cunicolo antico, probabilmente di età romana tardorepubblicana. Altri specchi lacustri prosciugati si trovano nei crateri di
Prata Porci sopra Frascati e nella Valle Marciana tra Frascati e Ciampino.
Infine anche nella parte centrale del Vulcano Laziale nel Recinto interno o delle Faete vi era probabilmente uno specchio lacustre
nell’area ora denominata “Campi di Annibale”.
Il prosciugamento degli antichi bacini lacustri, avvenuto in diversi periodi storici, ha concorso all’abbassamento delle falde idriche nel
rilievo dei Colli Albani. Vi sono infatti molti indizi che fanno ritenere
che in epoca antica vi fosse nei Colli Albani una disponibilità di acqua
molto maggiore rispetto a quella attuale. Ad esempio dalle sorgenti di
Malafitto (o Pescaccio) nel versante orientale del cratere albano e
dalle sorgenti delle Facciate di Nemi nel cratere dell’omonimo lago si
dipartivano in epoca romana importanti acquedotti, sicuramente con
notevole portata. Anche recentemente la portata di molte sorgenti
dei Colli Albani è ulteriormente diminuita a causa dell’eccessivo prelievo di acqua sotterranea da pozzi, fino a giungere alla crisi idrica dell’inizio degli anni ’90 del secolo appena terminato, che ha portato al
forte abbassamento dei livelli dei laghi di Albano e di Nemi e al completo essiccamento di diverse sorgenti. A titolo di esempio si ricorda
che in BONI et al. [1988] la portata della citata sorgente delle Facciate di Nemi è indicata in 150 l/s e la portata della sorgente della
Doganella è riportata pari a 100 l/s, portate che sono ora notevolmente diminuite, tanto che l’acquedotto (costruito all’inizio degli anni ’70) che portava l’acqua dalle Facciate di Nemi alla Valle Ariccia,
utilizzando anche il percorso dell’emissario del lago di Nemi, ora è
completamente abbandonato.
Attualmente nei Colli Albani i terreni coltivati sono ancora numerosi ed estesi su tutto il territorio, limitati soltanto dalla presenza di
boschi e di infrastrutture urbane. Si tratta sempre di terreni ancora oggi fertili proprio per la natura vulcanica dei suoli, che in epoca antica
venivano irrigati con acqua superficiale e che oggi invece sono coltivati quasi esclusivamente con acqua di falde sotterranee prelevata da
pozzi sempre più profondi.
Fino ad un passato recente le aree acquitrinose e paludose erano considerate soltanto un ostacolo all’agricoltura e al pascolo e si
operava per la loro completa bonifica, anche perché non si comprendeva la loro importanza idrogeologica, costituendo esse infatti
delle zone di maggiore infiltrazione delle acque meteoriche e quindi
di ricarica delle falde idriche sotterrane. Attualmente invece vi sono
dei progetti nell’area dei Colli Albani per il ripristino degli antichi bacini lacustri (lago di Gabii e lago della Doganella), o quantomeno per
la realizzazione di zone umide, in entrambi i casi con beneficio per la
ricarica delle falde idriche.
2.3 Geomorfologia
Come indicato in figura 4, nella parte nord-orientale dei Colli
Albani vi sono tre “tagli” nel Recinto esterno Tuscolano-Artemisio, che
appaiono di natura antropica:
a) all’altezza del fosso della Mola, lungo la strada che dalla via
Tuscolana conduce a Carchitti, nel comune di Palestrina
b) lungo la via Tuscolana all’altezza del passo dell’Algido
c) nel Passo del Broscione, compreso tra il Colle Sarazzano a
nord e il Poggio Broscione a sud
La stessa figura 4 riporta la presenza nella zona dei laghi Albano
e di Nemi di alcuni valloni che risultano sorprendentemente incisi
dalle acque in rapporto alla limitata estensione del bacino idrografico:
I: Vallone della cava di Ariccia – Parco Chigi, all’altezza del Ponte
di Ariccia – via Appia km 26,6 (bacino idrografico pari a circa 3
km2);
II: Vallone di Galloro all’altezza del Ponte di Galloro – via Appia
km 27,3 (bacino idrografico pari a circa 2,5 km2);
III: Vallone della Catena di Genzano all’altezza del Ponte della Catena – via Appia km 28,2 (bacino idrografico pari a circa 1,5
km2) che si unisce nella parte nord-orientale del cratere di Valle Ariccia con il Vallone di Galloro;
IV: Vallone di Fontana Tempesta nella parte settentrionale del lago
di Nemi (bacino idrografico pari a circa 2 km2);
V: Vallone di Nemi (con due bracci nella parte di monte), tra la
via dei Laghi (km 15 circa) e l’abitato di Nemi (bacino idrografico pari a circa 3 km2);
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
VI: Vallone in località Quarto La Villa tra Genzano e Lanuvio (bacino idrografico pari a circa 1,5 km2 a quota 350 m s.l.m.);
VII: Vallone del fosso delle Ferrovie tra Genzano e Lanuvio (bacino
idrografico pari a circa 2,0 km2 a quota 370 m s.l.m.);
VIII: Vallone del Fosso del Peschio sulle pendici esterne dell’Artemisio a monte di Velletri (bacino idrografico pari a circa 2,5 km2).
3. CENNI SULLA STORIA, LA RELIGIONE
E I MITI DEI LUOGHI
3.1 Storia
Il clima favorevole, l’abbondanza di acqua e la configurazione
morfologica dei luoghi hanno favorito l’insediamento e la permanenza dei gruppi umani sin dalla più lontana preistoria. Le testimonianze
più antiche [Ghini, 1999] della frequentazione umana in quest’area
risalgono infatti al paleolitico inferiore, 300.000-200.000 anni fa, per
divenire più consistenti nel paleolitico medio 60.000-35.000 anni fa.
Tracce della presenza del passaggio dell’uomo di Neanderthal nel
territorio albano risalgono almeno ad 80.000-60.000 anni fa
[CHIARUCCI, 1988]. L’attività eruttiva del Vulcano Laziale cessò circa
20.000 anni fa in un periodo corrispondente alla facies culturale del
paleolitico superiore.
Il più antico insediamento oggi conosciuto, in località Colle Cappuccini di Albano, risale al neolitico antico (5.000-4.500 a.C.) [CHIARUCCI, 1988], mentre gli insediamenti nella valle Marciana, comune
di Grottaferrata, e ad Albano, località Montagnano e Campoleone, risalgono rispettivamente al neolitico medio (4.000-3.000 a.C.) e al
neolitico finale (3.000-2.800 a.C.). Sia ad Albano che a Grottaferrata,
nella sepoltura di villa Schiboni, vi sono poi testimonianze di frequentazione dei luoghi nel neo-eneolitico (o età del rame) circa nel
2.000-1.800 a.C.
Alla media età del bronzo [CHIARUCCI, 1988] risale l’insediamento palafitticolo, rinvenuto a 11/12 metri di profondità nelle acque
del lago Albano, lungo la riva sud-occidentale e denominato “Villaggio
delle macine” per il gran numero di macine in pietra vulcanica rinvenute. L’insediamento databile tra il XVIII e il XVI secolo a.C. ha avuto
diverse fasi, collegate anche al livello dell’acqua del lago, con un’economia basata sull’agricoltura, la caccia, la pesca e sulla pratica della
metallurgia, come testimoniano i numerosi oggetti in bronzo rinvenuti (asce, coltelli e pugnali). Contemporaneo al villaggio sul lago di
Albano è anche il villaggio palafitticolo perilacustre nel comune di
Albano in località Paluzzi nella Valle Ariccia, a quel tempo sede sicuramente di un bacino lacustre, e probabilmente anche un villaggio
palafitticolo sul lago di Nemi, dove sono state ritrovate anche qui macine in pietra lavica locale. Tali villaggi palafitticoli corrisponderebbero
ad una fase climatica del XVI sec. a.C. caratterizzata da grande siccità,
estesa probabilmente a gran parte dell’Italia e dell’Europa [CHIARUCCI, 1988].
Risale al bronzo medio e recente (XV-XII sec. a.C.) l’abitato di
Colle della Mola, nell’attuale comune di Rocca Priora, posto su un
colle alto 640 m s.l.m., che controllava la sottostante Valle Latina (con
la via Latina costruita successivamente nel IV secolo a.C.) e il laghetto vulcanico di Pantano della Doganella (che però all’epoca aveva
probabilmente dimensioni considerevoli). Si tratta di un insediamento a carattere stagionale che ha restituito testimonianze di un’occupazione legata alla transumanza: fondi di capanne e materiale di uso
quotidiano, quali fornelli, pesi da telaio, fuseruole, vasi d’impasto. Da
notare che [ANZIDEI, 1985] le capanne dei villaggi dell’età del Bronzo ritrovati nei Colli Albani sono analoghe a quelle ritrovate a Roma
sul Colle Palatino. Sino al termine dell’età del bronzo le genti del Lazio abitavano in semplici villaggi di capanne. Intorno alla metà dell’VIII
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secolo a.C. cominciarono le prima strutture urbane (tra cui anche
Roma) e quindi nacque la necessità di costruire acquedotti.
L’età del ferro laziale (XI-VII sec. a.C.) è infine documentata da
necropoli e abitati sparsi lungo il confine del cratere vulcanico di Albano. Tra questi abitati quello famoso di Albalonga, la città-madre di
Roma, segnalato nella tavoletta I.G.M. 150 III SE “Albano” sul bordo
orientale del lago, in prossimità del convento di Palazzola. Indagini
più recenti [CHIARUCCI, 1988; GHINI, 1999] lo porrebbero invece in
corrispondenza dell’attuale centro di Castel Gandolfo o ad Albano, località Tofetti e Colle dei Cappuccini, sulla cresta della sponda meridionale del lago. C’è invece chi pone Albalonga in località Prato Fabio
presso l’attuale abitato di Rocca di Papa. Altri [CAPRI et al., 1996;
CAPRI, 2004] vorrebbero peraltro spostare quell’abitato sulla dorsale
dell’Artemisio, individuando nell’antico lago della Doganella e non nel
Lago Albano lo specchio lacustre vicino ad Albalonga.8
In questo periodo si sviluppa la Lega Latina, una confederazione di città con Albalonga (fintanto esistente) in posizione predominante. Dionigi di Alicarnasso annovera le trenta città che facevano
parte della Lega Latina, tra queste quelle ubicate sui Colli Albani erano: Albalonga, Aricia, Corilla, Tusculum, Lanuvium, Castrimoenium
(l’attuale Marino), Labicum (l’attuale Montecompatri o l’attuale Colonna), Cabum (l’attuale Rocca di Papa), Corbium (l’attuale Rocca
Priora), Velitrae (l’attuale Velletri). Città latine ubicate ai margini dei
Colli Albani erano: Tibur (l’attuale Tivoli), Fregellae, Gabii, Bovillae,
Praenestae (l’attuale Palestrina), Cora (l’attuale Cori), Politorium (nei
pressi dell’attuale Castel di Decima), Artena e l’attuale Lariano. Infine
altre città latine ubicate sulla costa o in sua prossimità con importanti scambi con quelle ubicate sui Colli Albani erano: Ardea, Satricum,
Pometia (o Suessa Pometia, ubicata nei pressi dell’attuale Cisterna di
Latina), Lavinium, Antium.
Durante il regno dei Tarquini [COARELLI, 1991] nel VI secolo
a.C. Roma ha probabilmente avuto un ruolo egemonico nella Lega
Latina. Il Foedus Cassianum, la Lega Latina e la Lega Aricina rappresentano i tentativi dei Latini di arginare la nuova città emergente: Roma. La Lega Latina ebbe sede ad Ariccia fino all’anno 504 a.C., quando nella battaglia di Ariccia i Romani con gli alleati Etruschi (comandati da Arruns, figlio di Porsenna) furono sconfitti dai Latini alleati con
i Cumani. Dopo tale battaglia il Santuario di Diana fu spostato dal territorio di Ariccia sulle coste settentrionali del lago di Nemi, ed è probabilmente proprio alle opere collegate alla costruzione del nuovo
Santuario di Diana che si deve la realizzazione dell’emissario del lago
di Nemi intorno al 500 a.C.
I Latini furono invece sconfitti [COARELLI, 1991] dai Romani nel
499 (o 496) a.C. nella battaglia del Lago Regillo, ritenuto comunemente l’antico bacino di Pantano Secco presso Frascati, bonificato
agli inizi del ’600; ma c’è anche chi [VENTRIGLIA, 1990] invece lo ritiene coincidente con l’antico bacino di Pantano Borghese. La Lega
Latina fu poi sciolta nel 338 a.C. dopo la definitiva sconfitta dei Latini
contro i Romani nella battaglia presso il fiume Astura. Nel 396 a.C.
Roma dopo 10 anni di guerra aveva già espugnato la città etrusca di
Veio, grazie allo scavo di un cunicolo sotterraneo ad opera di Furio
Camillo. Secondo Tito Livio a tale epoca risalirebbe la costruzione dell’emissario del lago di Albano, costruzione che sarebbe stata richiesta,
secondo la leggenda, contemporaneamente dall’oracolo di Delfi
(Storia di Roma, Libro V, 16) e da un aruspice etrusco di Veio (Storia
di Roma, Libro V, 15), come condizione necessaria per la vittoria dei
Romani.
In epoca romana i Colli Albani conobbero un nuovo grande sviluppo: e si moltiplicarono gli insediamenti e le grandi ville. Pompeo
Magno costruì verso la fine della Repubblica una grande villa sotto
(8) Informazioni sulle ultime scoperte relative all’età del bronzo e all’età del ferro
nel territorio dei Colli Albani sono contenute negli Atti delle Giornate di studi: “Il Territorio Veliterno nell’Antichità” tenute nel 2001 e nel 2003 dal Museo Civico Archeologico “Oreste Nardini” di Velletri.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
l’Appia all’altezza dell’odierna Albano, utilizzata poi da molti imperatori tra cui Tiberio e Domiziano. Giulio Cesare ebbe una sua villa sul lago di Nemi in prossimità dell’emissario e Ottaviano Augusto ebbe
probabilmente una villa sulle sponde del lago Albano, in prossimità
dell’attuale Convento di Palazzolo, avendo trascorso parte della sua
giovinezza nella villa degli Ottavi presso Velletri.
Si ricordano anche le ville di Tiberio sul Colle Tuscolo, di Caligola sul lago di Nemi, di Vitellio sopra l’attuale Ariccia nei pressi di Monte Gentile, di Domiziano nel luogo dell’attuale Castel Gandolfo, di Antonino Pio in località Monte Cagnoletto tra Velletri e Lanuvio, di Commodo nell’ager di Lanuvium, di Clodio in prossimità di Castel Gandolfo. Anche altri uomini romani importanti ebbero uno stretto legame con i Colli Albani, come ad esempio Cicerone che aveva la sua
villa al Tuscolo presso l’odierna Frascati ed il poeta Orazio che prediligeva Ariccia. Settimio Severo infine ubicò nei Castra Albana (dove
attualmente vi è la parte alta dell’abitato di Albano) circa seimila legionari della II Legione Partica.
3.2 Religione
Con ogni probabilità la religione dei popoli latini aveva inizialmente divinità autoctone, che furono nel tempo assimilate alle divinità delle culture etrusca e greca, anche se non mancheranno le
influenze orientali provenienti soprattutto dall’Egitto. Due divinità
emergono sulle altre negli antichi popoli latini dei Colli Albani: Iuppiter Latiaris e Diana Ariccina o Nemorense (la Artemide dei greci).
Fin dall’età protostorica [GHINI, 1999] il Monte Cavo 9 (l’antico
Mons Albanus) venne scelto dai popoli latini come luogo di culto dedicato a Iuppiter Latiaris, con valenza federale, centro sacrale e politico di popoli che si riconoscevano in una unica origine comune. Il
Santuario era probabilmente un semplice spiazzo sulla sommità del
Monte, circondato da un recinto in opera quadrata, di cui sono ancora oggi visibili alcuni blocchi di tufo rinvenuti in loco, forse dotato di
sacelli e altari, ma senza un tempio monumentale. Al Santuario si
giungeva attraverso la via Trionfalis, una strada basolata che passava
sul Colle di Cappuccini e di Tofetti [CHIARUCCI, 1988]. Il Santuario di
Iuppiter Latiaris era visibile ai naviganti, per i quali poteva costituire un
punto di riferimento, come punti di riferimento erano il tempio di
Giove Anxur a Terracina, il tempio della Fortuna Primigenia a Preneste e probabilmente anche il tempio di Giunone Sospita a Lanuvio.
La dea Diana invece era la divinità dei boschi, della vegetazione
e della caccia, ma anche della luna e della vita nascente, poi identificata con la dea greca Artemide. Al culto di Diana erano connessi i culti latini di Virbius, assimilato poi al greco Ippolito, e quello della ninfa
Egeria [CHIARUCCI, 1988]. Il Santuario di Diana, sulle sponde del Lago di Nemi, oltre ad avere fino allo scioglimento della Lega Latina del
338 a.C., una forte valenza federale, aveva una forte connotazione
salutare, come testimoniano i numerosi ex voti rinvenuti negli scavi.
Secondo TOMASSETTI [1925] sul Monte Algido vi era un altro importante santuario dedicato a Diana, in corrispondenza dell’odierno
Maschio di Lariano, dove sono tuttora presenti i resti di un castello
medievale in parte costruito con materiale di recupero archeologico.
Nel Lazio erano peraltro venerate anche molte altre divinità: a
solo titolo di esempio ricordiamo a Lanuvio, oltre al già menzionato
tempio di Giunone Sospita, anche un famoso tempio di Ercole.
Dopo la sconfitta della Lega Latina nel 338 a.C. [Ghini, 1999] il culto
di Giunone Sospita fu spostato da Lanuvio a Roma sul Colle Palatino.
Di una certa rilevanza era anche il tempio “Caput Aquae Ferentinae”
nel cratere di Pavona in prossimità del lago di Giuturna o Lacus Turni, ubicato vicino al “Lucus Ferentinae” per un certo periodo, sede po-
(9) Monte Albano (l’attuale Monte Cavo) deve il suo nome all’antica città di Alba o
Albalonga, mentre il nome di monte Cavo (o Cave) deriva con ogni probabilità
[Chiarucci, 1988] dalla città di Cabum (l’attuale Rocca di Papa), che arrivava sin quasi
alla cima del monte.
litica della Lega Latina. Nella città di Velitrae, oggi Velletri, era venerato Apollo e probabilmente vi era un tempio dedicato ad Apollo e Diana [MELIS e QUILICI-GIGLI, 1972].
Le acque di molti corsi d’acqua provenienti dai Colli Albani
erano considerate sacre al tempo dei Romani. Presso Lanuvium ha
origine il fiume Numico, le cui acque dovevano essere utilizzate per i
riti sacri a Roma. Nelle acque del fiume Almone [Maneglier, 1991]
avveniva ogni anno la “lavatio” della statua della dea Cibele, divinità
di origine orientale protettrice della maternità, trasportata in processione su un carro tirato da giovenche. Una volta purificato il simulacro ritornava poi nel suo tempio sul Palatino.
Nei Colli Albani molti rilievi, soprattutto quando morfologicamente isolati, sono stati importanti luoghi sacri e di culto o sede di ritrovamenti di necropoli o tombe della Civiltà Laziale. L’altura di Colle
Jano (938 m s.l.m.) è ad esempio un toponimo che tramanda il ricordo di Janus (Giano), dio degli inizi e perciò creatore del mondo,
“padre degli dei”, figura divina archetipa, primo re del Lazio mitico e
ancestrale [DEL NERO, 1990]. Colli abitati sin da epoca molto antica
sono ancor oggi sede di centri quali Colonna (n.1 in figura 4), Monte Porzio10 (n. 2), Monte Compatri (n. 3), Rocca Priora (n. 5), Ariccia
(n. 25), Lanuvio (n. 33) e Velletri (n. 34). Qui di seguito segnaliamo
alcune tra le più rilevanti evidenze:
a) sul Recinto esterno Tuscolano-Artemisio, in particolare sulla
dorsale del monte Artermisio:
- il Colle Tuscolo (n. 4 in figura 4) (670 m s.l.m.), dove era ubicata la città latina di Tusculum;
- il Monte Fiore (n. 6) (722 m s.l.m.), dove sono stati ritrovati
materiali fittili preistorici, reperti in bronzo e materiali arcaici;
- il Colle della Mola (n. 7) (640 m s.l.m.) con insediamenti del
bronzo medio e recente;
- il Monte Castellaccio (n. 8) (622 m s.l.m.) con insediamenti
continui a partire dall’età del ferro;
- il Monte Tagliente (n. 10) (635 m s.l.m.) con ritrovamenti di
materiali fittili preistorici;
- il Colle Sarazzano (n. 13) (633 m s.l.m.) con resti di tombe
rupestri e materiali fittili preistorici;
- il Maschio d’Ariano (n. 15) (891 m s.l.m.) dove sono stati rinvenuti una necropoli megalitica ed un Santuario albano;
- il Colle del Vescovo (n. 16) (775 m s.l.m.) dove è stato rinvenuto un insediamento preistorico;
- il Monte Peschio (n. 23) (954 m s.l.m.) con ritrovamenti di
mura arcaiche e materiali fittili preistorici;
- il Monte dei Ferrari (n. 27) (900 m s.l.m.) con ritrovamenti
[ANGLE et al., 2003] di materiale ceramico della prima età del
Ferro e resti di un’antica cinta muraria in scheggioni di tufo;
- il Maschio d’Artemisio (n. 28) (812 m s.l.m.) dove sono stati
rinvenuti mura arcaiche e resti di materiali fittili preistorici;
- il Monte Spina (n. 30) (730 m s.l.m.) con ritrovamenti di materiali fittili preistorici;
b) all’interno del Recinto Tuscolano-Artemisio:
- il Monte Albano (n. 12), oggi Monte Cavo (949 m s.l.m.) con
in cima il Santuario di Juppiter Latiaris;
- il Colle Jano (n. 9) (938 m s.l.m.) sacro al dio Janus, “padre
degli dei”;
(10) Forma ingentilita dell’originale Mons Porcius, secondo un vezzo che vede progressivamente trasformare l’antica e originale toponomastica. Vedi nella zona, ad
esempio, la recente trasformazione di Prata Porci in Pietra Porzia.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
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- il Monte delle Grotticelle (n. 14) (781 m s.l.m.), dove sono
stati ritrovati una necropoli, un abitato di sommità e materiali
fittili preistorici;
- il Colle dell’Acero (n. 21) (635 m s.l.m.) con ritrovamenti di
materiali fittili preistorici;
- il Colle delle Vacche (n. 22) (632 m s.l.m.) con ritrovamenti di
materiali fittili preistorici;
c) nella zona dei laghi di Albano e Nemi:
- il colle dove sorge attualmente Ariccia (n. 25) (412 m s.l.m.),
un tempo sede dell’Acropoli dell’antica Aricia;
- il Monte Savello (n. 24) (325 m s.l.m.), con attualmente in cima il Castel Savelli, e dove vi era il bosco sacro “Lucus Ferentinae”, ubicato in prossimità del lago di Giuturna o Lacus Turni;
- il Colle dei Cappuccini (n. 18) sul bordo del lago di Albano
(515 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che
costituivano il nucleo di Albalonga;
- il Colle Tofetti (n. 19) sul bordo del lago di Albano (555 m
s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che costituivano
il nucleo di Albalonga;
- il rilievo collinare su cui sorge attualmente l’abitato di Castel
Gandolfo (n. 11) (426 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che costituivano il nucleo di Albalonga;
- il rilievo collinare su cui sorge attualmente l’abitato di Albano
(n. 17) (425 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi
che costituivano il nucleo di Albalonga;
- il Colle di Monte Giove o Corioli (n. 32) (247 m s.l.m.);
- il Monte Gentile (n. 20) (560 m s.l.m.), ubicato a metà strada
tra i laghi di Albano e Nemi, su antico percorso protostorico
tanto che si parla anche del valico di Monte Gentile;
- il Monte Due Torri (n. 31) (415 m s.l.m.);
- il Colle Pardo (n. 26) (490 m s.l.m.) – riportato erroneamente
sulla C.T.R. del Lazio del 1990 in scala 1:10.000 come “Colle
Lardo” – ubicato tra il lago di Nemi e il cratere di Valle Ariccia.
Al suo interno passa l’emissario del lago di Nemi ed è stato
sede di ritrovamenti di tombe dell’età del bronzo (vedi Museo
Civico di Albano);
- Il Monte Alto (n. 29) (676 m s.l.m.) dove sono stati ritrovati
materiali fittili preistorici e cunicoli idraulici.
Ricerche archeologiche mirate su questi ed altri luoghi “alti”
potranno sicuramente fornire ancora importanti informazioni sulla
Civiltà Laziale.
3.3 Miti
Accenniamo infine ad alcuni tra i molti miti tramandatici che ci
lasciano intravedere forme di religiosità alternative.
Il Rex Nemorensis. Secondo una tradizione arcaica, forse di
origine greca [CHIARUCCI, 1988; DRUSIANI, 2003], diveniva sacerdote (rex nemorensis) della dea Diana uno schiavo fuggitivo che
avesse ucciso il suo predecessore, non prima però di aver strappato
un ramo di vischio da un albero di quercia e averglielo consegnato.
Nel II sec. d.C. il duello mortale per la temporanea conquista di quell’altare venne trasformato in un evento di carattere simbolico [DRUSIANI, 2003].
Turno Herdonio. Il capo ariccino Turno Herdonio fu ucciso nel
laghetto presente nel cratere di Pavona (lago di Giuturna o Laghetto)
con un particolare supplizio “sub grata”, che consisteva nel legare alla testa del condannato una cesta piena di pietre e gettarlo in acqua
lasciandolo morire affogato. Si tratta di una pena prevista a Roma solo in caso di parricidio o perduellio (attentato alla sicurezza dello Sta-
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to). Tale punizione [GHINI, 1999] si ritrova oltre un secolo dopo al
Lago Regillo, dove avvenne nel 499 (o 496 a.C.) la storica battaglia
tra Romani e Latini, secondo quanto riporta Tito Livio in Storia di
Roma, IV, 50.
Il serpente di Lanuvium. Nel santuario di Giunone Sospita (o
Sopita) a Lanuvio vi era in fondo al porticato processionale la spelonca dove il sacro serpente ai piedi della dèa riceveva le offerte di
fanciulle vestite di bianco, che si recavano tra la festa del popolo, all’inizio dell’anno agrario a pregare e a propiziare per ottenere messi e
raccolti abbondanti. Ma secondo un barbaro rito antichissimo 11 le
fanciulle che avevano perso la castità venivano immolate per placare
l’ira del serpente, “genius” della stessa Giunone.
Il culto del serpente o del drago lanuvino, che emetteva suoni
terrificanti dalla sua grotta situata nel santuario e che esigeva il sacrificio delle fanciulle lanuvine potrebbe essere un riflesso di eventi inquietanti di cui si aveva memoria [GHINI, 1999].
4. L’EMISSARIO DEL LAGO DI ALBANO
(SISTEMA ALBANO – GIUTURNA)
La tradizione vuole che l’emissario del lago di Albano 12 sia stato costruito all’inizio del IV sec. a.C. durante l’assedio da parte di Roma della città etrusca di Veio, caduta nel 396 a.C. Diversi antichi autori 13 ci tramandano che durante tale assedio, nel periodo estivo, le
acque del lago si fossero subitaneamente innalzate. L’oracolo di Delfo, interrogato sul significato di tale prodigio, dà lo stesso responso di
un aruspice etrusco, rapito a Veio dai Romani per sapere cosa dovessero fare per espugnare la città etrusca: Veio sarebbe caduta solo
quando le acque del lago fossero state regolate. Si scavò allora
l’emissario sotterraneo che, da quei lontani tempi, è rimasto per ben
oltre duemila anni in funzione senza che, a memoria d’uomo, sia
intervenuta una qualche opera di ripristino o manutenzione (Fig. 5).
COARELLI [1991] ha suggerito che l’emissario potrebbe essere
preesistente, e in quella occasione il condotto sotterraneo, ostruitosi
per qualche motivo, potrebbe essere stato solo restaurato e reso
nuovamente funzionante. A tale ostruzione potrebbe essere attribuito, almeno in parte, il già ricordato innalzamento delle acque. Nel
condotto mancano peraltro tracce di un tale intervento, che resta
quindi ipotetico.
Al di là del mito, con lo scavo dell’emissario si raggiungeva un
duplice vantaggio: controllare e regolare il livello del lago e, nel contempo, disporre di una perenne fonte di acque per irrigare le campagne sottostanti il lago verso il mare. Vantaggio, quest’ultimo, forse
adombrato nel responso dell’oracolo di Delfo, come riportato da Tito
Livio (Storia di Roma, V,16): “O Romano, bada di non far rimanere
l’acqua di Albano entro il lago, bada di non lasciarla scorrere al
mare per il suo corso naturale; la farai defluire incanalandola per i
campi e la disperderai dividendola in ruscelli”.
L’emissario del lago di Albano, dopo secoli, fu percorso e in parte rilevato nel 1955 dal Circolo Speleologico Romano, mentre il primo rilievo completo è di CARDINALE et al. [1978]. È stato poi studiato in maniera dettagliata negli anni ’80 [CASTELLANI e DRAGONI,
1991; CASTELLANI, 1999]. Purtroppo attualmente non è più ispezionabile, perché a causa dell’abbassamento del livello del lago, avvenuto a partire dall’inizio degli anni ’90, il condotto ha perso la sua
(11) Citato da Properzio, Elegie IV, 8; da Eliano, Sugli Animali; e dallo Pseudo-Plutarco, Parallela minora, II.
(12) Per uno studio approfondito degli emissari dei laghi di Albano e di Nemi si rimanda ad un bibliografia specifica [Cardinale et al., 1978; Coarelli, 1991; Castellani
e Dragoni, 1991; Castellani, 1999], qui ci si limiterà a dare qualche informazione di
carattere generale.
(13) Valerio Massimo, lib. 1, cap. 6; Plutarco, Vita di Camillo; Cicerone, Divinatione
lib. 1 e 2 e Dioniso, lib. XII; Tito Livio, Ab Urbe Condita, Lib. V, cap.15.
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funzione drenante. La mancata manutenzione ha prodotto la presenza di acque stagnanti talché recentemente, per motivi igienici si è
giunti a doverne murare lo sbocco di valle.
L’emissario del lago di Albano ha una lunghezza di circa 1450
m ed un dislivello di circa 2 m (293 m s.l.m. all’imbocco e 291 m
s.l.m. allo sbocco), cui corrisponde una pendenza di circa lo 0,14 per
mille, in linea con le pendenza degli acquedotti romani più antichi.
Nella figura 6 è riportato il rilievo con profilo, pianta e sezione dell’emissario, da CASTELLANI e DRAGONI, 1991. Le dimensioni originarie del cunicolo dell’emissario sono di un metro di larghezza per due
metri e mezzo di altezza, si tratta quindi più propriamente di una galleria. L’ingresso alla galleria, dalla parte del lago, presenta una serie di
interessanti strutture, illustrate tra l’altro dal Piranesi, anche se in
maniera talora fantastica, in una famosa serie di stampe del 1762. Il
Piranesi infatti non percorse mai l’intero cunicolo, ma basandosi per
analogia sull’emissario del lago del Fucino, disegnò nelle sue stampe
una serie di strutture in realtà inesistenti.
Dall’analisi del condotto è stato possibile risalire alle tecniche
progettuali ed operative poste in essere nella sua realizzazione. Direzione e quota dell’emissario furono con ogni probabilità stabilite utilizzando la tecnica della coltellazione (“coltellatio”) rettilinea mediante groma e paline. Tale tecnica è basata sul traguardo e la livellazione
di una serie di pali verticali allineati all’esterno, che superavano il crinale congiungendo ingresso ed uscita della futura galleria. Con questa tecnica quindi si poteva definire l’asse di una galleria, la somma
delle distanze orizzontali misurate corrisponde alla lunghezza della
galleria, mentre la somma delle distanze verticali uguale a zero livella l’asso di scavo (vedi figura 7).
Nell’emissario sono presenti due pozzi verticali a sezione rettangolare rispettivamente ad 80 m (profondo 3 m) e a 400 m (profondo 34 m) dallo sbocco di valle. Quest’ultimo pozzo si raccorda
perfettamente con le pareti della galleria, tanto da far pensare che
possa essere stato scavato, almeno in parte, risalendo dalla galleria. I
due pozzi presso lo sbocco [CASTELLANI, 1999] hanno avuto la funzione il primo dopo breve tratto (e con breve scavo) di riportare nel
sottosuolo in prima approssimazione la direzione di avanzamento, ed
il secondo sensibilmente più distante, di fissare con maggiore precisione, stante la maggiore “base” della misurazione, la direzione definitiva.
Gli scavi iniziarono quindi dalle due opposte estremità a foro
cieco, direttamente con il condotto per lo sbocco a valle, mentre a
monte (per il problema costituito dalla presenza dell’acqua) iniziarono con una discenderia inclinata che partendo da un livello superiore a quello delle acque del lago, raggiungesse la quota predeterminata, alla base del pozzo a monte. La direzione dello scavo nel tratto
a valle fu probabilmente guidata dal pennello di luce solare proveniente dal relativo imbocco di scavo, collimato da opportune lievi deviazioni del condotto (lo “svirgolo”). Una volta avvenuto il ricongiungimento dei due fronti di scavo [CASTELLANI e DRAGONI, 1991] fu
abbattuto il diaframma di roccia tra il pozzo più vicino al lago ed il lago stesso e fu costruito l’ingresso monumentale. L’ingresso attuale è
un rifacimento di età Sillana. L’incontro tra i due cunicoli scavati dalle
opposte direzioni è avvenuto probabilmente a circa 740 m dall’incile.
Secondo Tito Livio l’emissario è stato costruito in circa 2 anni,
tempo che appare più che verosimile se confrontato con i tempi di
scavo ricavati dalla progressione dei turni di lavoro ricavabili dalle pareti del condotto. Su tali basi CASTELLANI e DRAGONI [1991] calcolano addirittura un tempo minimo di soli 4 mesi, in considerazione
del fatto che il cunicolo è stato scavato da due opposti fronti, stimando per la sua realizzazione un avanzamento di 6 m al giorno, pari a 1,5 m per turno di lavoro di 6 ore.
Lo sbocco dell’emissario si colloca in località Mole di Castelgandolfo, dove in antico nasceva il “rivus albanus” e dove nell’anno 1730
furono realizzati da papa Benedetto XIII Orsini (o da papa Clemente
XII Corsini) una serie di vasconi e canali, su cui funzionavano molini
azionati dall’acqua proveniente dal lago. Da qui le acque percorrono
una lunga serie di fossi (“marane”), confluendo infine nel Fosso di
Vallerano, affluente del Tevere. In tale tragitto approssimano il cratere
di Pavona ove, secondo alcuni, potrebbero in antico essere state deviate con un ulteriore cunicolo. Certo è che in tale cratere si ricorda
un lago di Giuturna o Laghetto o Lacus Turni, bonificato da papa Paolo V Borghese nel 1611 [Fornaseri et al., 1963], riutilizzando peraltro
un antico cunicolo di drenaggio probabilmente andato in disuso. L’acqua che fuoriusciva da questo emissario, attraverso il Fosso di Malafede confluiva anch’essa nel Tevere, circa 8 km a monte della confluenza del fosso di Vallerano.
A circa –2 m dalla quota d’imbocco dell’emissario (293 m
s.l.m.) sono recentemente emersi, a causa dell’abbassamento del livello del lago, resti di mura poligonali nelle zone di Palazzola, Romitorio, Vecchiaccia e Pentima della Vecchia, e sono emersi anche resti
di mura romane in opus reticulatum in prossimità di un porto romano nella sponda meridionale del lago. Il livello del lago è quindi sceso al di sotto della quota d’imbocco dell’emissario per motivi puramente climatici, anche in tempi storici relativamente recenti (nel periodo romano) con l’emissario già presente. In tempi più recenti come nel 1683 [ESCHINARDI, 1750] il livello del lago si è abbassato di
5 palmi (poco più di un metro essendo un palmo pari a circa 25 cm)
a causa della siccità. Anche nell’anno 1834 [GIORNI, 1842] il livello
è sceso per circa sei mesi dalla primavera all’autunno sotto la quota
d’imbocco dell’emissario.
Ma anche in tempi precedenti alla costruzione dell’emissario il
lago Albano era soggetto a forti abbassamenti di livello, ricerche archeologiche subacquee hanno infatti messo in evidenza due livelli
oggi sommersi: 14
a) a circa –11/12 m dalla quota d’imbocco dell’emissario, dove sono stati ritrovati i resti di un villaggio palafitticolo della media età
del bronzo [GHINI, 1999];
b) a circa –5/6 m dalla quota d’imbocco dell’emissario sono
state ritrovate testimonianze di un altro livello di costa probabilmente
risalente alla età del ferro.
5. L’EMISSARIO DEL LAGO DI NEMI
(SISTEMA NEMI – VALLE ARICCIA)
Contrariamente al caso del Lago Albano, l’emissario del Lago di
Nemi è totalmente ignorato dalle fonti antiche: ciò viene comunemente riguardato come evidenza che l’opera sia pre-romana. La possibile correlazione tra regolazione del lago ed erezione del tempio di
Diana sulla sponda settentrionale suggerirebbe una datazione fine VIinizio V secolo a.C., nel periodo che intercorre tra la battaglia di Ariccia del 504 a.C., dove i Latini sconfissero i Romani (e decisero di spostare la sede del Santuario di Diana da Ariccia alle sponde settentrionali del lago di Nemi), e il 499 o 497 a.C., quando la Lega Latina fu
invece sconfitta nella battaglia del lago Regillo e l’egemonia del Lazio
tornò nelle mani di Roma.
Dopo il recupero archeologico delle navi di Caligola avvenuto
nel 1929, che ha comportato il ripristino dell’emissario per lo svuotamento del lago, solo a partire dagli anni ’80 l’emissario è stato ripercorso e sottoposto a indagini che hanno portato alla luce tutto un insieme di problematiche strutture.15 L’emissario, la cui planimetria è riportata in figura 8, è lungo circa 1650 m ed è stato realizzato con tec(14) Vedi a questo riguardo nel Museo Civico di Albano la sala allestita dal Gruppo
Latino di Ricerca Subacquea di Angelo Capri, con tutti i ritrovamenti effettuati nel
lago Albano negli anni ’80.
(15) Per lo studio dell’emissario del lago di Nemi si rimanda ad una bibliografia
specifica [Ucelli, 1940; Coarelli, 1991; Castellani e Dragoni, 1991; Castellani, 1999;
Castellani et al., 2003], qui ci si limiterà, come per l’emissario albano, a dare qualche informazione di carattere generale.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
niche assolutamente analoghe a quelle testimoniate dall’emissario albano. Lo scavo avvenne a foro cieco dalle due opposte estremità,
con punto di incontro a poco più di 300 m dallo sbocco di valle con
un errore di calcolo minimo: un dislivello di circa 2 m lungo la medesima direzione.
I due fronti di scavo si sono incontrati [CASTELLANI, 1999] grazie ad una tecnica che prevede di deviare i due cunicoli in prossimità del congiungimento per favorire l’incontro in pianta, innalzando nel
contempo anche l’altezza dei due cunicoli per favorire l’incontro in
quota. Tecnica attestata nel VI secolo in Grecia nella realizzazione dell’acquedotto nell’isola di Samo. L’ipotesi [COARELLI, 1991] della presenza di tecnici ionici nella costruzione dell’emissario di Nemi è rinforzata dall’alleanza tra Latini e Cumani nella ricordata battaglia di
Ariccia del 504 a.C. Infatti furono proprio i Samii a fondare tra il 531
e il 528 a.C. la città di Dicearchia (la futura Puteoli, oggi Pozzuoli) nei
pressi di Cuma, città legata fin dalla fondazione all’area microasiatica.
L’emissario del lago di Nemi, come giunto ai nostri giorni è certamente il frutto di successivi e reiterati interventi. L’attuale diramazione che funge da ingresso dell’emissario (Foto n.1) dalla parte del
lago di Nemi, è con ogni evidenza il risultato [CASTELLANI et al.,
2003] di una sottoescavazione che conserva ancora nel condotto
principale, presso la volta, le tracce del primitivo condotto e appare
quindi come una modifica per consentire un ulteriore abbassamento
del livello del lago di circa 2 m. Poco più a sud sono visibili anche la
discenderia e il pozzo di attacco per lo scavo della galleria principale.
Recenti indagini di una missione archeologica danese hanno
confermato questo dato, mostrando come l’ingresso del primo emissario, collocato come nell’emissario albano lungo l’asse del condotto
in corrispondenza della discenderia, sia stato chiuso e riempito di detriti attorno al 300 a.C. Questo ulteriore abbassamento può essere
stato realizzato o in seguito ad un periodo di siccità con conseguente cessazione del funzionamento dell’emissario oppure semplicemente per disporre di maggior spazio per una villa ubicata proprio in
prossimità dell’emissario, nell’attuale località Santa Maria.
Il cunicolo presenta due deviazioni, la prima a circa 800 m
dall’imbocco sul lago di Nemi e la seconda a 1100, circa 200 m prima del punto di incontro. Il primo di tali bypass è manifestamente
un’opera per il ripristino di un tratto di condotto franato. Il secondo è
collegato all’incontro di un banco di solida roccia lavica. Ne seguì un
insieme di deviazioni e di nuovi cunicoli in parte ancora da decifrare,
né si può escludere che l’attuale parte terminale del condotto, ricavata in gran parte in solida lava, sia una modifica posteriore al più tortuoso percorso di un primo emissario. Nella parte terminale, l’emissario intercetta ed interrompe un precedente cunicolo, dimostrando
l’esistenza nella zona di opere di regolazione idrauliche precedenti
l’emissario stesso.
La sezione dell’emissario di Nemi è per lo più rettangolare con
dimensioni variabili ma dell’ordine di 2 m di altezza ed un metro di
larghezza, talvolta [CASTELLANI et al., 2003] per problemi di stabilità
la volta della galleria assume forma ogivale. Tali dimensioni sono sostanzialmente stabili dal lago di Nemi fino all’inizio del II bypass (circa 1150 m), mentre tale uniformità non viene più recuperata nel tratto finale nella lava, dove le dimensioni medie risultano inferiori a
quelle ora descritte.
Si noti che qui, come nel caso del Lago Albano, la soglia dell’incile fu portata ad una quota inferiore al livello naturale del lago. Si
realizzava così un sistema di emungimento della falda che garantiva
un corso d’acqua continuo e perenne indipendente dalle fluttuazioni
stagionali. Nel ventennio 1960-1980 [CASTELLANI et al., 2003]
l’emissario di Nemi ha emunto in media 150 l/s e simile portata doveva avere anche in epoca romana
L’emissario del lago di Nemi faceva parte di un sistema complesso probabilmente progettato in maniera unitaria, che giungeva fino al mar Tirreno. L’emissario deve infatti necessariamente sboccare
in un altro cratere, il cratere di Ariccia: dopo un tratto di canale all’a-
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perto lungo circa 2100 m supera il bordo meridionale di tale cratere
con una nuova galleria, il “cunicolo ariccino” lungo 600 m che collega la Valle Ariccia col fosso attualmente chiamato Fosso di Fontana di
Papa e, dopo aver cambiato il nome diverse volte, giunge al mare
dopo aver incontrato gli abitati di Cecchina, Fontana di Papa e Ardea,
col nome di Fosso Grande o Fosso dell’Incastro.
La limitata altezza dei rilievi attraversati dal cunicolo di Ariccia ha
qui consentito lo scavo del condotto a partire dalle basi di una sequenza di pozzi (12 per l’esattezza). Il cunicolo arriccino [CASTELLANI, 1999] è stato necessariamente realizzato precedentemente all’emissario del lago di Nemi perché altrimenti le acque provenienti dal
lago di Nemi ne avrebbero impedito lo scavo. Recentemente in località Fontana di Papa ne è stato scoperto un terzo tratto in galleria, con
sviluppo di 315 metri e 5 pozzi.16
Aggiungiamo che talora la letteratura [RATTI, 1797] riporta la
leggenda di un secondo emissario che non è mai esistito né poteva
esistere. Forse tale leggenda è nata perché nell’area è stato intercettato l’acquedotto delle Facciate di Nemi, il cui percorso (vedi figura 9)
è stato recentemente ricostruito dal Centro Ricerche Sotterranee Egeria [DOBOSZ et al., 2003]. I bolli sui laterizi nel solo tratto oggi percorribile lungo circa 300 m, datano questo acquedotto al II secolo
d.C. [FILIPPI, 2003], ma potrebbe naturalmente anche trattarsi di un
restauro romano di un antico acquedotto di età arcaica.
6. IL BACINO DELLA DOGANELLA
E DEL VIVARO
Fino al 1938 la parte nord-orientale della caldera tuscolano-artemisia ospitava il piccolo lago della Doganella che, con una superficie di circa 50 ettari, rappresentava l’emergenza della falda acquifera
superiore. La depressione in cui si collocava tale lago prosegue verso
sud-ovest, con quote leggermente superiori, nell’area nota col nome
di Pratoni del Vivaro. La soglia di tale bacino è oggi fissata circa a quota 520 m s.l.m. da un taglio antropico nel Recinto Tuscolano-Artemisio in corrispondenza della strada per Carchitti, frazione del comune
di Palestrina. La soglia del taglio doveva peraltro essere inizialmente a
quota superiore, consentendo di regolare l’efflusso a valle delle acque, ed è stata poi approfondita nel tempo fino a giungere alla quota attuale. Numerose evidenze, sia geologiche17 che archeologiche,
indicano peraltro che in epoca antica dovesse esistere nella zona uno
specchio d’acqua ancor più esteso, con la superficie ad una quota di
circa 540 m s.l.m. Come mostrato in figura 10 tale antico lago avrebbe avuto una superficie superiore a 2 km2 ed una profondità massima di circa 15 m Per confronto il lago di Nemi ha una superficie di
1,8 km2 ed una profondità massima di circa 30 m.
Se si prescinde dal taglio ora descritto e da un analogo taglio
antropico al vicino passo dell’Algido, la massima superficie chiusa nell’area potrebbe corrispondere alla isoipsa di quota 580 m s.l.m., corrispondente ad un ipotetico lago di circa 10 km2 di superficie (vedi
fig. 11), che si sarebbe esteso con un braccio fin dentro la Valle Latina e con un altro braccio fino ai Pratoni del Vivaro. Emissari più o meno naturali di questo lago sarebbero stati l’attuale Passo del Broscione e l’altro Passo circa 300 m a nord in prossimità del Colle Sarazzano entrambi nella catena dell’Artemisio e circa a quota 575-580 m
s.l.m. Questo lago di dimensioni maggiori è forse anch’esso esistito,
ma in periodi remoti, perché proprio nella parte meridionale del bacino [ARIETTI e MARTELLOTTA, 1998] tra le isoipse di quota 540 e
550 m s.l.m. sono stati ritrovati i resti di una tomba principesca della
fine dell’VIII secolo a.C. e materiali fittili preistorici, che indicano l’esistenza di un terreno asciutto.
(16) Dobosz et al., 2003, pagg. 140/142.
(17) Vedi Camponeschi et al., 1992.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
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Pio Bersani, Vittorio Castellani
Il lago a quota 540 è probabilmente esistito fino al taglio del
Recinto Tuscolano-Artemisio, che abbassando la soglia del terreno a
circa 520 m s.l.m. ha permesso una grande opera di bonifica e drenaggio di tutta l’area. Tale opera potrebbe essere coeva con le opere
sui laghi maggiori, e risalire al VI-V secolo. Infatti solo nella prima
metà del IV secolo l’area dell’antico lago viene attraversata dalla Via
Latina, che nella parte più ribassata dell’antica conca lacustre appare
costruita su un rilevato, probabilmente per difendersi dalla acque di
quello che già al tempo dei Romani doveva essere poco più di un
acquitrino ed utilizzato probabilmente come “vivarium” per l’allevamento dei pesci.
La foto n. 2 riporta il taglio antropico nel recinto Tuscolano-Artemisio, da cui inizia il prima citato fosso della Mola. Per la sua importanza sia geologica che archeologica e di paleoidraulica siamo di
fronte ad un importante geosito [CASTO e ZARLENGA, 1996] da conservare e valorizzare, attualmente in corso di catalogazione [BERSANI
e CASTELLANI, 2004].
CAPRI et al., 1996 hanno presentato una originale ipotesi secondo cui lo specchio lacustre della Doganella e la depressione del
terreno nell’area del Vivaro rappresentavano i relitti di un lago di grandi dimensioni allungato in direzione nordest-sudovest lungo diversi
chilometri, che andava da nord dall’altezza delle pendici di Monte Fiore e Colle delle Mola nell’attuale comune di Rocca Priora fino a sud
circa all’altezza dell’attuale via dei Laghi, individuando tra l’altro diverse chiuse di questo lago. L’ ipotesi del lago con tali dimensioni non
appare peraltro verosimile a fronte della morfologia dell’area, ma ha
comunque il merito di volere interpretare opere idrauliche anche distanti fra loro e forme morfologiche del territorio (valloni e tagli antropici) come facenti parte di un unico sistema per la regolazione delle acque nei Colli Albani.
Questi autori suggeriscono inoltre di collocare la città di Albalonga sulle pendici e sulla cresta dell’Artemisio e del Maschio d’Ariano, riportando come supporto il ritrovamento di necropoli di età molto antica. Anche se tale eretico suggerimento ha avuto poco seguito,
notiamo che nelle fonti antiche esistono alcune oscurità. Scrive infatti Dionigi di Alicarnasso: “Albalonga era ubicata nei pressi di una
montagna e di un lago […] il lago è profondo e largo: la pianura riceve le sue acque quando gli sbarramenti vengono aperti, così che
gli abitanti (della città) possono controllare a loro piacere la fornitura”.
Tale descrizione non è ovviamente compatibile con i profondi crateri
di Albano o Nemi, a meno che la chiusa indicata non faccia riferimento alla preesitenza di un emissario sotterraneo. Gli autori di questa teoria identificano inoltre nell’antico lago della Doganella la posizione dello storico lago Regillo.
In tale contesto si può osservare che nei pressi del km 15 della via dei Laghi si incontra un vallone che porta verso Nemi. proseguendo verso valle separando il lato con l’abitato di Nemi dall’altro lato con la suggestiva chiesa del Crocefisso. L’intero vallone descritto,
dalla via dei Laghi al lago di Nemi, appare molto inciso, rispetto alla
superficie del bacino idrografico a monte (pari a circa 3 km2), la qual
cosa [CAPRI et al., 2002] potrebbe effettivamente fare pensare ad
un’erosione generata dallo scarico di una grande quantità d’acqua
proveniente da un bacino di ritenuta tramite uno scolmatore o una
chiusa (vedi foto n. 3).
È da notare che il lago della Doganella, sebbene di dimensioni
ridotte, fino all’inizio del ’900 ancora assolveva alla funzione di bacino di infiltrazione delle acque meteoriche di una superficie di oltre
30 km2. Solo in epoca recente con la bonifica del residuo Pantano
della Doganella nel 1938 ed i crescenti prelievi di acque sotterranee
tramite pozzi si è arrivati alla crisi idrica dell’inizio degli anni ’90 che
ha portato ad un continuo abbassamento del livello dei laghi di Albano e Nemi. Attualmente, così come per il lago di Gabii nel cratere di
Castiglione, vi è un progetto [BERSANI e PIOTTI, 2001; REGIONE LAZIO, 2002; BERSANI et al., 2005] per ripristinare il lago della Doganella nelle dimensioni (circa 50 ettari), che aveva prima della sua de-
finitiva bonifica avvenuta nel 1938, il progetto prevede in alternativa
di creare una zona umida, che comunque funzionerebbe come area
di infiltrazione delle acque meteoriche e zona di salvaguardia per il
campo pozzi della Doganella.
Lo schema idrogeologico di figura 3 aiuta a comprendere perché in passato, con il lago presente, vi fosse una maggiore portata
delle sorgenti nei Colli Albani e quindi anche una maggiore quantità
di acqua nei fossi.
7. I BACINI LACUALI MINORI
A fianco dei bacini sin qui trattati (Albano-Giuturna, Nemi-Ariccia e Doganella) anche tutti gli altri bacini minori risultano interessati
da opere idrauliche di cui conviene dare almeno breve notizia. Tali
sono:
-
Il lago di Gabi (nel cratere di Castigione),
Pantano Borghese,
Valle Marciana,
Laghetto (sulla via Casilina),
Il cratere di Prata Porci (Lago Regina),
Pantano Secco (Lago Regillo),
Campi di Annibale,
Il lago di Giulianello.
In ogni caso si è in presenza di opere volte ad acquisire terreni
alle coltivazioni, drenando i relativi specchi d’acqua naturali.
Il lago di Gabi (o Lacus gabinus) nel cratere di Castiglione, ha
nel tempo assunto varie denominazioni: lago di Burrano, lago di S.
Prassede, pantano di Grifi. Sul suo bordo era collocata l’antichissima
città latina di Gabii. Il lago è stato prosciugato [ASHBY, 1920] dal principe Francesco Borghese nel 1838, ma già in precedenza il suo antenato il cardinale Scipione Borghese ne aveva regolato il livello al
principio del 1600, riutilizzando probabilmente condotti di epoca romana. Già in epoca arcaica infatti 18 il lago dovette esser dotato di un
emissario per la regolazione del livello dell’acqua. Il condotto risulta
formato da due tratti rettilinei che si congiungono in corrispondenza
al piede di una discenderia, con un sviluppo di poco superiore a 500
metri. La metodologia utilizzata è stata probabilmente quella di fissare i due ingressi del condotto e di scavare un pozzo in posizione
intermedia in un luogo dove vi era un avvallamento del terreno in
modo da eseguire lo scavo meno profondo possibile. Lo scavo del
cunicolo fu poi operato dal pozzo verso gli ingressi e viceversa. Nel
suo tratto terminale il condotto intercetta e distrugge un preesistente
cunicolo. Attualmente il Comune di Roma sembrerebbe intenzionato
a ripristinare l’antico specchio lacustre, anche se tale opera è resa difficile dal generale abbassamento delle falde idriche nell’area e dalla
alla presenza di insediamenti abusivi al margine dell’antico lago.
Lo specchio lacustre di Pantano Secco, spesso identificato come l’antico Lago Regillo, occupava un piccolo cratere a nord di Frascati (vedi Fig.12). È stato bonificato dal cardinale Scipione Borghese
agli inizi del ’600, riutilizzando un cunicolo antico, probabilmente di
età tardo-repubblicana, scavato dai due estremi con l’ausilio di 4 pozzi intermedi. Lo sbocco del cunicolo fu scoperto nel 1991, a seguito
di un incendio delle boscaglie che lo occultavano. L’esplorazione ha
mostrato che il condotto attraversa il bordo del cratere, con uno sviluppo di circa 400 m.
L’imbocco del cunicolo fu fissato nella parte più profonda del
cratere, mentre lo sbocco è stato determinato dalla necessità di portare acqua in prossimità del fosso recettore (il fosso del Cavaliere)
(18) Caloi, Cappa e Castellani, 1994; Castellani, 1999.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
evitando eccessivi dislivelli rispetto all’imbocco. Il tracciato realizzato
appare come un buon compromesso tra l’esigenza di contenere per
quanto possibile la profondità dei pozzi e l’esigenza di non allungare
eccessivamente il tragitto sotterraneo. Il condotto assolve ancor oggi
la sua funzione di drenaggio nonostante la presenza di cospicui depositi di limo, dovuti alla lunghissima assenza di ogni manutenzione.
Il bacino di Pantano Borghese costituisce una depressione naturale, anch’essa bonificata dai Borghese nell’800. Secondo Ventriglia,19 è invece in questo antico specchio lacustre cha deve essere
identificato l’antico lago Regillo. Altri antichi specchi lacustri impostati
su antichi crateri e prosciugati per mezzo di drenaggi artificiali si trovano in località Prata Porci sopra Frascati e nella Valle Marciana tra
Frascati e Ciampino. Inoltre sulla via Casilina, sopra Colonna, in una
zona di cava esiste un piccolo specchio d’acqua denominato “Laghetto”, che rappresenta o l’emergenza della falda idrica venuta a
giorno a causa degli scavi della cava oppure costituisce quanto rimane
di uno specchio lacustre più grande forse prosciugato in antico. È una
situazione che attende di essere meglio studiata ed approfondita.
Infine anche nella parte centrale del Vulcano Laziale nel Recinto interno o delle Faete vi era forse uno specchio lacustre nell’area
ora denominata “Campi di Annibale”. Tale bacino lacustre, riportato
da diversi autori, 20 risulta attualmente di non facile individuazione,
perché probabilmente nel tempo colmato di sedimenti, e non si conoscono nell’area sondaggi con una ricostruzione stratigrafica. Potrebbe forse trattarsi di una vallata con scarsa pendenza e non di una
conca capace anche di trattenere un bacino lacuale. Tuttavia alcuni
studiosi individuano in località Pentima Stalla, un possibile scolmatore naturale di questo possibile antico bacino lacustre. Inoltre in età
augustea le sorgenti di Pentima Stalla [LUGLI, 1917] portavano acqua
(nota con il nome di “Acqua Augusta”) nella villa dell’imperatore
Augusto nell’attuale sito di Palazzolo, a conferma dell’esistenza di un
bacino lacustre o comunque di una falda acquifera sub-affiorante a
quote molto elevate (circa 600 m s.l.m.).
Il lago di Giulianello, tuttora esistente sulle pendici esterne del
Recinto Artemisio ad est di Velletri, fa parte 21 di un più ampio sistema di bonifica e regolazione idrogeologica della zona. Un cunicolo a
monte del lago raccoglie le acque provenienti da un canale che drena una depressione (la Piana dei Cioccati) a circa 222 m s.l.m., mentre un secondo cunicolo a valle del lago regola per sfioro il livello del
lago scaricando le acque nel fosso del Posso. L’opera di bonifica [CASTELLANI, 1999] ha permesso anche e soprattutto di recuperare la
vasta e fertile porzione di territorio, che ancora oggi contorna coltivata il bacino del lago. I due cunicoli descritti sono lunghi in tutto circa
1 km e sono stati scavati con la tecnica classica della sequenza di
pozzi. Sebbene in pessimo stato di manutenzione sono tuttora funzionanti. JUDSON e KAHANE [1963] notano che i condotti furono
realizzati con tecnica tipicamente etrusca: i pozzi a monte del lago sono ubicati lungo il pendio e non nel fondovalle per evitare che siano
interessati dall’acqua di pioggia e dai sedimenti da essa trasportati.
8. OPERE IDRAULICHE NEL VIADOTTO
DI VALLE ARICCIA
l’incrocio con via della Polveriera, passa su un grande viadotto di
circa 250 m di lunghezza, costituito da blocchi di tufo squadrati di
altezza variabile che nell’ultimo tratto vanno ad appoggiarsi sulle
pendici di Colle Pardo. Circa l’età del viadotto di Valle Ariccia i pareri
sono discordi: c’è chi lo interpreta come un’opera di semplice sostruzione alla via Appia Antica e quindi lo pone alla fine del IV sec.
a.C.; QUILICI-GIGLI [1999] lo colloca in epoca tardo-repubblicana, e
CHIARUCCI [1988] all’epoca dei Gracchi verso il 174 a.C., seguito da
MARCIANO [1991] che si rifà alle testimonianze di Plutarco. Attualmente l’area a nord del viadotto risulta interrata, nascondendo una
delle originali pareti del manufatto. La foto n. 4 riporta il viadotto in
un’immagine dell’inizio del ’900, tratta da CHIARUCCI, 1988.
Purtroppo oggi la vegetazione, soprattutto di piante rampicanti,
nasconde la visione del muro, con radici che arrecano gravi danni allo stesso. Nei pressi dell’inizio il viadotto presenta al suo interno alcune strutture quali due consecutivi sottopassi con volta a botte e un
cunicolo per il trasporto di acque. Non è dato sapere con certezza se
all’interno del viadotto vi fossero originalmente altre strutture, perché
pochi metri oltre il cunicolo al piede del muro è stato costruito in
epoca più recente (forse medievale o successiva) un nuovo muro,
con blocchi squadrati di recupero provenienti dal muro iniziale, al piede e a contatto di quello originario, sicuramente per problemi di stabilità dove l’altezza del viadotto era maggiore.
Il cunicolo (vedi foto n. 5), palesemente progettato ed eseguito in contemporanea al viadotto, attraversa l’intera sostruzione esattamente in direzione nord-sud, formando con essa un angolo di circa 70°. L’ingresso, parzialmente interrato, ha larghezza di un metro ed
altezza attuale di circa 1,4 m, ma altezza originale di circa almeno 1,8
m. Per tutta la lunghezza della sovrastante Appia è interamente rivestito con grandi blocchi di tufo squadrati e volta a botte. Dopo alcune
decine di metri dall’entrata il cunicolo si divide in 3 rami, uno a sinistra e due a destra. Il ramo di sinistra dopo circa 20 m risulta occluso da detriti. I due rami sulla destra sono invece tuttora completamente integri e mostrano alle loro rispettive terminazioni opere di
drenaggio costituite da nicchie e fori orizzontali scavati nella parete
verticale di fondo (vedi foto n. 6), che ancora oggi svolgono perfettamente la funzione di presa e drenaggio dell’acqua di falda. Davanti
al cunicolo vi è tuttora una vasca intonacata, di epoca imprecisata, in
cui si riversa l’acqua proveniente dal cunicolo, prima di disperdersi
poi nel terreno agricolo a valle.
Questo dimostra che all’epoca della erezione del viadotto, nella parte settentrionale del cratere di Ariccia era attivo un condotto di
acque dedicato con ogni evidenza ad irrigare le coltivazioni della porzione settentrionale del cratere, laddove non potevano arrivare le acque dell’emissario del lago di Nemi. Non è peraltro chiaro se le attuali
captazioni siano coeve o posteriori al condotto. Se il viadotto fosse
coevo all’Appia, se ne trarrebbe in ogni caso l’evidenza che tale via ha
incontrato già sviluppati sistemi di condotte idriche sotterranee, portando luce su una dibattuta questione. Se il viadotto risale invece al II
sec. a.C. resta solo l’evidenza di un tale accorgimento architettonico.
Il primo sottopasso (foto n. 7) ha altezza di circa 2 m e sembra
destinato a consentire il deflusso di acque. Il secondo ha altezza di
circa 4,5 m, ed è probabilmente un passaggio per uomini e carri trainati da animali. La presenza di un deflusso di acque alla quota del
piede del viadotto (325 m s.l.m.) è di grande rilevanza, potendosi
con tali acque irrigare la parte settentrionale del cratere di Arccia, non
servita dal condotto dell’emissario di Nemi, il cui sbocco è a quota
310 m s.l.m.
La Valle Ariccia, oltre al cunicolo esautore delle acque di Nemi,
contiene nella sua parte settentrionale una poco nota testimonianza
di opera idraulica: un cunicolo idraulico, segnalato da LILLI [2002] e
recentemente esplorato e rilevato dagli scriventi con i colleghi del
Centro Ricerche Sotterrenee “Egeria”. Ivi la via Appia, all’altezza del-
9. IL CUNICOLO DI FONTANA TEMPESTA
(19) Ventriglia, 1990.
(20) Castellani e Dragoni, 1991; Castellani, 1999.
(21) Caloi, Cappa e Castellani, 1994; Castellani, 1999.
Sulle coste settentrionali del cratere di Nemi, ad una quota di
circa 600 m s.l.m. si trova il cunicolo di Fontana Tempesta, che alimenta l’omonimo fontanile. Nel 1535 il De Marchi riferisce di “capo
d’acqua (Fontana Tempesta), che farebbe macinare un molino se
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
fosse ristretta in una condotta”. Attualmente la fonte resta invece per
lunghi periodi a secco. Il fontanile è stato costruito probabilmente nel
XVIII secolo con materiale archeologico di recupero costituito da
grossi blocchi di tufo squadrati. L’area è peraltro frequentata sin
dall’età del bronzo, come testimoniano i resti di un insediamento
proto-Villanoviano nel colle sulla sinistra del fontanile, ove appare un
altro cunicolo di dimensioni più ridotte.
Il cunicolo di Fontana Tempesta è scavato nel tufo ed ha andamento rettilineo in direzione nordest-sudovest verso Monte Cavo.
Attualmente è percorribile per soli 100 m, perché interrotto da una
frana, collegata forse dall’apertura della strada boschiva tra il fontanile stesso e la SS 217 (“Via dei Laghi”). Poco prima della frana vi è sulla destra una galleria, più recente ed interamente rivestita con un muretto a calce e schegge di lava, che sembra essere stata costruita con
l’intento di aggirare un ostacolo, ma termina dopo pochi metri. 22
Il fontanile di Fontana Tempesta è situato in un punto chiave
dei sentieri sia antichi che moderni, sulle pendici di Monte Cavo e
nell’area compresa fra i due laghi di Albano e Nemi. In tempi più recenti il luogo, proprio perché situato all’incrocio di importanti sentieri
e perché in grado di offrire acqua potabile, è stato per molto tempo
ed è ancora rimasto luogo di ritrovo per i visitatori del luogo. L’ingresso al cunicolo risulta attualmente parzialmente ostruito dal crollo di
alcuni blocchi di tufo della volta, mentre i primi metri del cunicolo
mostrano i segni di recenti restauri. All’interno il cunicolo mostra la
tipica sezione rettangolare, già incontrata negli emissari dei laghi di
Albano e di Nemi, con dimensioni leggermente inferiori (larghezza
circa 70 cm ed altezza variabile da 1,8 a 2,0 m.) A breve distanza
dall’ingresso vi è un pozzo di forma rettangolare ora ostruito in alto,
ma che era libero fino a circa una ventina di anni fa. A pochi metri di
distanza dal pozzo descritto sembra esservene un secondo, anche
questo ostruito, di forma differente (del tipo a bocca di lupo). Dove
la roccia è più friabile, così come nell’emissario del lago di Nemi, la
volta del cunicolo assume la forma ogivale per garantire maggiore
stabilità. Dimensioni e forma del cunicolo di Fontana Tempesta e la
presenza del pozzo rettangolare sarebbero conciliabili con una attribuzione allo stesso periodo dell’emissario del lago di Nemi.
Il cunicolo di Fontana Tempesta poteva forse portare acqua alla
sottostante area sacra del tempio di Diana, ipotesi avvalorata dalla
presenza di cisterne nel vallone di Fontana Tempesta nel tratto tra il
cunicolo ed il lago. Secondo LENZI [2000] l’acqua di Fontana Tempesta serviva invece a rifornire gli insediamenti (ville ed altro) del versante occidentale del lago in località Le Piagge, come farebbe supporre un altro tratto di cunicolo visibile a Monte Gentile a ridosso del
pianoro delle Piagge stesse.
Recentemente il Centro Ricerche Sotterranee Egeria di Roma,
ha svolto nei luoghi un’intensa campagna di ricerche, con la scoperta di numerosi condotti e portando tra l’altro alla luce l’esistenza di altri acquedotti di età Romana che giungevano nell’area di Fontana
Tempesta (probabilmente vi era anche una fontana), che quindi si
conferma luogo di grande interesse idraulico.
Per comprendere l’età e l’esatta funzione di Fontana Tempesta,
il cunicolo dovrebbe essere esplorato rimuovendo il materiale franato. L’indagine potrebbe anche fornire indicazioni sul perché le analisi
chimiche sull’acqua di Fontana Tempesta [LOMBARDI, 1975] e sull’acqua della vicina Fontana dei Verbiti a Nemi sono risultate dello
stesso tipo di quelle provenienti dall’atrio della caldera Tuscolana-Artemisia (Doganella, Carpinello e Vivaro). Vi è forse qualche collegamento non ancora noto? Resta in ogni modo l’evidenza che i due
maggiori emissari dei laghi, lungi dall’essere opere isolate, sono solo
le manifestazioni più evidenti di una intensa opera di regolazione
idrogeologica che ha interessato tutto il territorio.
(22) Notizie dettagliate su questo come su altri condotti dell’area sono contenute
nelle indagini del Centro Ricerche Sotterranee “Egeria” riportate in Dobosz et al.,
(2003).
10. GLI ACQUEDOTTI DI MALAFITTO ALTO,
MALAFITTO BASSO
E DELLE CENTO BOCCHE
Le sorgenti di Malafitto o Pescaccio sono ubicate nel versante
occidentale del lago Albano nel vallone in località Ponte di Nemi, all’incrocio tra SS 217 (la via dei Laghi) con la SS 218 (la strada che
congiunge Ariccia con Rocca di Papa). Da queste sorgenti hanno origine ben tre antichi acquedotti: Malafitto Alto, Malafitto Basso e delle
Cento Bocche. La fig.13, tratta da LUGLI [1919], riporta il tracciato dei
tre acquedotti. In epoca imperiale i due acquedotti di Malafitto (Alto
e Basso) giungevano ambedue alla Villa di Domiziano, mentre l’acquedotto delle Cento Bocche andava ad alimentare i “Cisternoni” di
Albano, un serbatoio di circa 10.000 m3, fatto costruire dall’imperatore Settimio Severo alla fine del II sec. d.C. per il rifornimento idrico
dei 6.000 legionari della II Legione Partica, da lui ubicata nei Castra
Albana dai quali prese origine l’attuale cittadina di Albano. L’acqua dei
cisternoni è stata utilizzata per uso potabile fino al 1912, mentre attualmente il comune di Albano la utilizza per innaffiare i giardini pubblici. Secondo LEONI [1999] anche un braccio secondario dell’acquedotto di Malafitto Alto alimentava i cisternoni di Albano.
Di seguito si riporta la descrizione dei tre acquedotti tratta dai
lavori del Lugli.
– L’acquedotto delle Cento Bocche raccoglie acqua anche da
piccolissime infiltrazioni del terreno, per una lunghezza di circa 150 m
tra Palazzolo e Malafitto. È il più basso ed il più antico dei tre acquedotti. Dalle sorgenti dopo un percorso di circa 3 chilometri lungo il
cratere albano giunge al Colle dei Cappuccini, formando un gomito
ad angolo retto si interna sotto il Colle, che percorre a semicerchio
per circa mezzo chilometro, sboccando ad Albano nella piazza San
Paolo, con l’ausilio di soli 3 pozzi, uno dei quali profondo 43 m. Lo
speco è largo 60 cm ed alto 135 cm, con copertura a volta. Molto antico non è noto dove arrivasse in origine.
– L’acquedotto di Malafitto Basso aveva le sue sorgenti nel
Vallone già ricordato in località Ponte di Nemi; oltrepassava la villa di
Domiziano, forse per arrivare alla villa di Clodio. È stato scavato col
sistema dei pozzi direttamente nel masso, i pozzi sono pochi in
quanto tutto il percorso è a piccolissima profondità e talvolta rasenta
quasi il suolo. Il primo tratto di questo acquedotto lungo alcune centinaia di metri è stato scavato dall’interno verso le sorgenti. Le dimensioni dello speco sono circa 60 cm di larghezza per 160 cm di
altezza. La copertura è a volta. L’acquedotto presenta al suo interno
un canale di scolo di forma differente da quello presente nel pur
simile acquedotto di Malafitto Alto.
– L’acquedotto di Malafitto Alto è di età domizianea, è lungo
3,7 km interamente scavati nel tufo dalle sorgenti di Malafitto fino alla piscina limaria di Propaganda nella villa di Domiziano. Secondo Tomassetti vi sono 53 pozzi quasi tutti semicircolari, il più profondo
(con forma rettangolare) di 57 m circa. Percorre un primo tratto di
quasi un km in linea retta, trafora il Colle dei Cappuccini a notevole
profondità, da qui si distaccava un braccio secondario, forse posteriore, che portava acqua all’Anfiteatro.
Lugli considera tutti i 3 acquedotti di epoca romana ritenendo
più antico (periodo dei Claudii – inizio I sec. d.C.) l’acquedotto a quota più bassa (Cento Bocche). Segue poi l’acquedotto di Malafitto Basso attribuito al periodo di Domiziano (fine I sec. d.C.) con l’ultimo
tratto prolungato sotto Adriano e ritiene infine più recente (costruito
ancora da Domiziano – fine I sec. d.C.) l’acquedotto di Malafitto Alto.
Domiziano potrebbe peraltro aver restaurato e prolungato acquedotti già esistenti. La villa di Domiziano infatti richiedeva una grandissima
quantità d’acqua per le sue fontane e le sue piscine.
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Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani
Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills
Pio Bersani, Vittorio Castellani
Solo in tempi recenti è iniziata l’esplorazione di tali condotti sotterranei [GALEAZZI et al., 1999; LEONI, 1999], resa peraltro difficile
dalle molte manomissioni che si sono succedute nel tempo in acquedotti che per lunghi tratti sono tuttora utilizzati per il servizio idrico di Albano. Per quanto riguarda l’acquedotto di Malafitto Alto nella
attuale proprietà della Casa del Divin Maestro, ubicata sul bordo
occidentale del lago di Albano, sono presenti e visibili diversi pozzi
collegati a questo acquedotto, tra cui alcuni (foto n. 8) mostrano la
tipica forma rettangolare (circa 140 cm x 60 cm) dei pozzi già incontrati negli emissari dei laghi di Albano e Nemi e nel cunicolo di
Fontana Tempesta. Questi pozzi [GALEAZZI et al., 1999] sono posti
l’uno dall’altro alla distanza di un actus (35,32 m), secondo una norma attestata in Vitruvio. Il pozzo della figura parte da una quota del
terreno di circa 570 m s.l.m. ed ha una profondità di circa 58 m dal
piano campagna.
Nei cunicoli di presa delle sorgenti degli acquedotti di Malafitto
Alto e Basso sono state riscontrate tracce di scavo circolari del tutto
simili a analoghe tracce segnalate nel vicino emissario di Nemi. 23
Difficile dire se a tale similarità nelle tecniche di scavo corrisponda
anche una vicinanza temporale delle opere. Un pozzo profondo oltre
40 m [LEONI, 1999] nella Casa del Divin Maestro indica una diramazione dell’acquedotto di Malafitto Alto, che giungeva ad Ariccia
passando nel profondo vallone che sbuca nel luogo conosciuto come con il nome di “la Cava di Ariccia” situato sotto il cimitero di Ariccia. Alcuni chiusini sono ancora rintracciabili in questo canalone ed è
sicuramente questa l’acqua di cui usufruiva ancora Ariccia nei primi
anni del ’900, come ricordava il Lucidi. Sembra probabile che in antico questa diramazione dell’acquedotto di Malafitto nel vallone della
cava di Ariccia-Parco Chigi rifornisse per scopi irrigui la parte settentrionale della Valle Ariccia ad ovest dell’abitato di Ariccia.
Attualmente si potrebbe pensare a riportare nel lago di Albano
le acque della sorgente Malafitto o Pescaccio [con portata stimata in
50 l/s in BONI et al., 1988], per contrastare l’abbassamento di livello
degli ultimi anni.
11. IL DEGRADO DELLE OPERE ANTICHE
Purtroppo negli ultimi decenni lo stato di incuria e degrado in
cui versano molte antiche opere idrauliche (e anche non idrauliche)
nei Colli Albani, si è andato paurosamente aggravando, a fronte dell’incalzante processo di urbanizzazione. Si rischia così di perdere per
sempre preziose e insostituibili testimonianze del nostro passato che
attendono ancora di essere investigate e comprese. A titolo di esempio elenchiamo brevemente qui di seguito alcune situazioni su cui
sarebbe necessario intervenire con urgenza:
– Il cunicolo ariccino che sottopassa il cratere di Valle Ariccia al
suo imbocco era formato da una trincea verticale ricoperta con tabelloni in tufo che si è mantenuta intatta fino agli anni ’80 (Castellani, 1999); negli anni ’90 dapprima è stata distrutta la copertura in tufo portando il cunicolo all’aperto, successivamente è stato distrutto
l’intero canale aprendo con le ruspe una vasta trincea.
– L’emissario di Albano a causa dell’abbassamento del livello
del lago è rimasto a lungo sede di acque stagnanti. L’immissione delle acque di un depuratore ha fatto precipitare la situazione trasformando il condotto in una coltivazione biologica sino a costringere a
murare per motivi igienici il suo sbocco a valle in località “Le mole”
nel comune di Castel Gandolfo. È assolutamente necessario bonificare e rendere nuovamente percorribile un condotto che, sotto altri
cieli, avrebbe anche una preziosa valenza turistico culturale.
– Nell’emissario di Nemi all’inizio degli anni ’70 è stata immessa la tubatura di un acquedotto moderno. La tubatura ormai non
(23) Galeazzi C. et al., 1999.
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più funzionante è rimasta all’interno dell’emissario ostacolandone il
percorso e deteriorandone l’aspetto. Il “vizio” di utilizzare i percorsi di
antichi acquedotti per porvi nuovi tubature è di vecchia data, visto
che già nel 1917 l’archeologo Giuseppe Lugli constatava il riutilizzo
degli antichi acquedotti di Cento Bocche e di Malafitto Alto e Basso
per far passare al loro interno acquedotti moderni in ghisa.
– Nella zona sovrastante l’incile dell’emissario del lago di Nemi
vi sono dei grandiosi ambienti voltati di età Romana imperiale, che
testimoniano la presenza di un importante sito archeologico. Questi
bellissimi ambienti restano ignorati e inaccessibili, nel più totale
abbandono e quindi soggetti a rapido deterioramento.
– I cunicoli idraulici che drenano gli antichi bacini lacuali di Giulianello, Gabii, Pantano Secco e Pavona, tutti ancora in funzione, restano abbandonati e soggetti alle più varie manomissioni. Lo sbocco
di Pantano secco è stato recentemente distrutto da un opera in cemento e quello di Pavona è ormai sommerso dai detriti delle vicine
urbanizzazioni.
– Il viadotto di Valle Ariccia costituisce una dei monumenti archeologici più importanti dei Colli Albani. Attualmente versa in stato
di abbandono, il sottopasso un tempo carrabile è stato chiuso con un
parete in muratura moderna ed è adibito a deposito di attrezzi agricoli. Le piante, soprattutto rampicanti (vedi Foto n. 9), con le loro
radici si inseriscono fra i vari blocchi in tufo del rivestimento del lato
verso Valle Ariccia, facendo cadere gli stessi blocchi dalla loro posizione originale.
Il degrado delle antiche opere idrauliche, sul quale ci siamo qui
soffermati, è peraltro solo un particolare di un più esteso degrado del
quale vogliamo portare due esempi:
– il Monte Castellaccio nel comune di Palestrina, è un sito di
grandissimo interesse archeologico con resti di insediamenti preistorici, della fortificazione romana (castrum) dell’importantissimo Passo
dell’Algido e con molti resti di età medievale [CAPRI, 2002; MENGARELLI, 2003]. Nel Monte Castellaccio dagli anni ’70 è stata aperta
una grande cava per estrarre materiale tufaceo e oggi si parla di collocarvi una discarica,24 con tutti i pericoli derivanti per il regime idrogeologico dell’area e per l’inquinamento delle falde idriche.
– Il rilievo collinare di Colle Pardo (490 m s.l.m.) nel comune
di Ariccia al confine con il comune di Genzano – riportato erroneamente sulla C.T.R. del Lazio del 1990 in scala 1:10.000 come “Colle
Lardo” – è il primo rilievo che si incontra procedendo dal mare verso
l’entroterra. Al suo interno è ubicato l’emissario del lago di Nemi e
sulle pendici meridionali è ubicato il Viadotto della Via Appia descritto in precedenza. Fino a circa metà degli anni ’80 sulla sommità vi
era, circondato da pini secolari, un piccolo convento francescano. Tale edificio è stato inspiegabilmente abbattuto (lasciando le macerie
ancora presenti sul posto) circa 20 anni fa e sul luogo sono sorti a
pochi metri di distanza degli ambienti in cemento armato, muniti di
grandi antenne (impianti Rai e per telefonia cellulare) che ora si elevano dalla sommità del Colle.
Sono questi solo alcuni esempi di una situazione che è sotto gli
occhi di tutti coloro che la vogliano vedere. La crescente sensibilità di
molte amministrazioni comunali, se supportata dal diligente intervento delle altre autorità preposte – quali le Soprintendenze Archeologiche – può e deve invertire una tale tendenza. Qui ci si consenta solo di segnalare che – a nostra esperienza – molte manomissioni ori-
(24) Del Nero, 1990 nel suo libro sulla Valle Latina scrive: “dagli Anni Settanta si
contarono sempre più fitte e gravi le ferite inflitte all’ambiente (nella Valle Latina),
delle quali ben può assurgere a simbolo lo scempio del (Monte) Castellaccio,
perpetrato a più riprese tra la totale inerzia delle autorità politiche e culturali e
l’indifferenza della popolazione locale”.
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ginano anche dall’ignoranza della valenza storica e culturale dei beni
distrutti. Il cunicolo aricino del VI secolo a.C., ad esempio, veniva ritenuto localmente opera relativamente recente e non meritevole di
conservazione. La semplice segnalazione sul luogo della valenza storica potrebbe essere di grande aiuto nell’opera di salvaguardia.
12. CONSIDERAZIONI FINALI
In questa memoria abbiamo brevemente esaminato alcune tra
le molte e significative opere idrauliche presenti nei Colli Albani, tentando di riunire informazioni provenienti da diversi campi della cultura geologia, idrogeologia, archeologia, storia, religione, etc., perché
solo uno studio multidisciplinare può portare alla comprensione della storia antica e recente dei Colli Albani. Studio che peraltro deve
essere portato avanti in stretta collaborazione da più figure professionali ognuna con competenze specifiche nei settori citati.
Gli esempi riportati, pur nella loro necessaria limitatezza,
mostrano senza ambiguità come non solo l’intero comprensorio dei
Colli Albani, ma anche la vasta piana che si estende ai piedi di quel
rilievo siano ancor oggi il risultato di una estesa ed intensa pianificazione idrogeologica che risale ad un lontanissimo passato. I due
emissari di Albano e Nemi si inquadrano infatti in un contesto di
opere di bonifica che hanno visto il drenaggio del bacino TuscolanoArtemisio (Lago della Doganella), lo svuotamento dei tanti bacini
chiusi residui nell’apparato vulcanico unitamente ad una capillare
opera di risanamento dei suoli paludosi tramite una estesissima
opera cunicolare. Opera di bonifica cui si è aggiunta una oculata
gestione e distribuzione delle acque tramite numerosi acquedotti e
cisterne.
Tale opera affonda le sue origini in epoca arcaica, attorno al VIV secolo a.C., e non a caso si raccorda con le grandi opere idrauliche
ricordate al tempo dei re etruschi di Roma, quali lo scavo della Cloaca Massima e la bonifica delle Paludi Pontine. Siamo peraltro convinti che di tale opera molto resti ancora da scoprire e moltissimo da indagare. Ne è un esempio lo studio attualmente in atto di un complesso di almeno cinque acquedotti arcaici che prendevano acqua
nel Fosso di Ponte Terra, presso S. Vittorino nel comune di Tivoli, portati probabilmente a servire centri del Latius Vetus ancor prima che
sul Lazio si stendesse la dominazione di Roma.25
È quindi auspicabile una ripresa delle ricerche e di scavi archeologici mirati in luoghi di particolare interesse paleo-idraulico, a
partire dalle tante emergenze che si palesano per ogni dove sui Colli
come nella campagna romana. Ricerche che sarebbero peraltro cosa
vana se nel contempo non si proceda con urgenza ad una operazione di tutela e salvaguardia delle tante testimonianze archeologiche
già conosciute.
Dal punto di vista idrogeologico, dopo tanti secoli in cui si sono
realizzate bonifiche dei terreni paludosi per permettere la coltivazione
dei campi, attualmente a causa soprattutto della crisi idrica che ha
colpito i Colli Albani dall’inizio degli anni ’90 si sta invece pensando a
ricostituire alcuni bacini lacuali prosciugati in passato. In particolare il
ripristino del lago della Doganella nella zona nord-orientale della caldera Tuscolana-Artemisia nelle dimensioni (circa 50 ettari), che aveva prima della sua definitiva bonifica avvenuta nel 1938 o in alternativa la creazione nella stessa area di una zona umida comporterebbe
infatti una maggiore infiltrazione di acqua meteorica nel terreno, che
scorrendo poi verso sud-ovest, secondo una circolazione idrica sotterranea ormai riconosciuta, andrebbe ad alimentare le falde dei laghi
di Albano e Nemi.
(25) Cappa et al., 1990.
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