Explicitario dell'Orlando innamorato
di Matteo Maria Boiardo
a cura di Danilo Romei
Banca Dati “Nuovo Rinascimento”
http://www.nuovorinascimento.org
immesso in rete il 30 dicembre 1996
nuovo formato del 17 agosto 2009
2
NOTA. L'explicitario è stato prodotto utilizzando la L.I.Z. Letteratura Italiana
Zanichelli. CD-ROM dei testi della letteratura italiana, a cura di Pasquale Stoppelli
ed Eugenio Picchi. Sistema di interrogazione DBT in collaborazione con il
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Bologna, Zanichelli Editore, 1993
Che dalla porta a gran furia rimbomba.
For di quel buco il gran vento rimbomba
Come fossero uscite de una fromba;
Sembrava un sasso uscito de una fromba,
Vide una serpe uscir di quella tomba;
Né carco puote uscir di quella tomba,
Alla ripa del fiume sopra a l'erba
Di bere alquanto, e dismonta ne l'erba.
Subitamente se mise per l'erba:
Com'io vi dissi, la donzella acerba;
Onde di sdegno la donzella acerba
Quando Marfisa, quella dama acerba,
Che rende agresto a lui per prugna acerba,
Dalla battaglia orribile ed acerba,
Mandare al primo colpo ogniomo ad erba,
Perché de fronde si pasceva e de erba,
L'avea seguito in quel gran prato de erba
Così se doma sol quella superba.'
Tanto ha sdegnoso il cor quella superba,
Dormia ne l'ombra la dama superba.
Sprezava il cel quella anima superba,
E lei, che a meraviglia era superba,
Ché Amor vôl castigar questa superba.
Avea sfidati con voce superba.
Ché morte sua possanza al tutto serba:
Sì come dimandar si seppe a bocca,
La dama non avea chiusa la bocca,
Re Galafrone ha la schiuma alla bocca,
E, come un verro, ha la schiuma alla bocca.
Forte suonando col corno alla bocca.
Dui denti ha de cingial fuor della bocca,
E come lui baciomme nella bocca;
Ora pone Ranaldo il corno a bocca,
Che sembra un fiume grosso che trabocca:
Per ogni lato il foco se trabocca,
Qual mezo morto de lo arcion trabocca,
Roppe le fuse e a terra lo trabocca.
E dello arcione a terra lo trabocca.
Sì che disteso a terra lo trabocca.
E fuor de sella netto lo trabocca.
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can.2.1
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can.7.8
3
Qual tramortito e qual morto trabocca.
Movendo sì soave la sua bocca
Il fiato che esce fuor di naso e bocca.
Che il sangue gli schiattò per naso e bocca,
Che il sangue gli fa uscir per naso e bocca.
Che da l'orecchie uscia il sangue e di bocca;
E ben tre denti li cacciò di bocca.
La lingua più d'un palmo ha fuor di bocca.
E nel trargli de l'elmo il bacia in bocca:
Che gli avria posto le cervelle in bocca.
Come se dice con la morte in bocca.
Che ciascaduno avea due lingue in bocca.
Pare a Ranaldo sempre esserli in bocca.
Ché batte e denti e le parole incocca;
Lui poi apre la porta e il ponte scocca,
Una saetta d'oro a l'arco scocca;
Con lui Francardo, che con l'arco scocca
Spesse lumere; e la campana ciocca.
Ben vi so dir che dentro là si chiocca:
Squassando con rumor tutta la rocca;
E fu portato a Monico alla rocca,
E per le mura d'intorno alla rocca
Sin che son gionti al ponte della rocca.
La figlia sua, che stava nella rocca,
Or più vivande non è nella rocca,
- O campioni, che seti nella rocca
A quanti ne uscirà di quella rocca;
Come fo gionto dentro a l'alta rocca,
Con l'asta bassa Brandimarte imbrocca,
Perché la barba al petto gli dirocca,
Tre fusi da filare e una gran rocca;
Qual come rana per le spalle insprocca.
A Stracciaberra la seconda tocca.
A Mandricardo molta voglia tocca
Lui salta de l'arcion, che nulla tocca;
Per un de' nostri, cento e più ne tocca.
Ove ebbe il colpo, con la man se tocca,
Come l'un l'altro col brando se tocca,
Quella dolcezza ancor nel cor mi tocca.
Che tal dolcezza ancor nel cor mi tocca.
Il giovane Rugiero a gli altri tocca,
Oditi quel che a tutti quanti tocca,
Ben come disperato il caval tocca,
Poi che Ranaldo a tanta furia il tocca,
Ma Brandimarte ad una spalla il tocca,
Sopra il frontale ad ambe mani il tocca;
E quasi alcuna volta un poco il tocca:
Con tanta furia sopra l'elmo il tocca.
Ma, come a ponto con la mano il tocca,
Con Durindana ad ambe mano il tocca
E sopra l'elmo ad ambe mano il tocca,
Sì come io dissi, al scudo basso il tocca,
D'una mazza ferrata, e tanto il tocca,
Soffia per tutto, tal spavento il tocca,
Ma sol la fonte e il pavaglion non tocca.
Onde ciascuno il giovanetto tocca:
Ciascuno a tutta briglia il destrier tocca,
Lor lo dican per me, poi che a lor tocca,
Perché un ladron, che Dio lo maledica!
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can.19.7
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can.19.7
can.1.1
4
Non sa più che se facci o che se dica.
E, senza che di questo più vi dica,
A più poter ciascun forte se tràffica
Alla donzella, come sua nemica,
E in India, dove il coglie la formica.
Ché già per lei non voglio prender brica;
E la corte da poscia a tal rubrica
Per porlo in nave e via passare in Africa.
Che ciascaduno un pesce ne nutrica;
L'onor de cavallier sol se nutrica.
Poi che me assolvi di tanta fatica.
E dura indarno cotanta fatica,
Onde non pigliarai questa fatica,
Però che di periglio e di fatica
Dove se cava poi con gran fatica;
Dapoi la matre con minor fatica
Che me pare alle spalle aver l'ortica;
Quello animoso amante via cavalca
Calla giù il colpo, e discese ne l'anca,
E de un gran colpo a quel colse ne l'anca
La testa ha schietta e grossa ciascuna anca;
Sì che, prendendo intorno ciascuna anca,
- Segnor, - disse costui - la barba bianca,
Ed ecco un frate con la barba bianca.
Perse la vista ed ha la faccia bianca,
Benché nol sente, ed ha la faccia bianca.
Di drappo d'oro e di tovaglia bianca.
Dal volo e da gli artigli de la bianca,
Lui ne lo azurro avea l'acquila bianca,
Lo portò sino al cel l'acquila bianca,
Seran congionti a quella acquila bianca
Dico Arigalte da la insegna bianca,
E per cimero una bandiera bianca;
Coperto egli e il destrier in vesta bianca,
Quando una cucciarella tutta bianca
Chi de rosa vermiglia e chi de bianca;
E l'arme e' panni, insin la carne bianca,
Ma sino al naso avea la fronte bianca.
Al re se aventa da la banda manca,
Cresce la fame, e la speranza manca.
E benché il spirto e l'anima li manca,
Da capo a piedi, che nulla gli manca;
E sì compito che nulla gli manca,
In summa di quel re nulla gli manca.
Poi che altra cosa da ferir li manca;
Che per vecchiezza l'animo mi manca;
Quivi è apparato, che nulla vi manca,
Di ponto in ponto, che nulla vi manca:
Né più fiorita; e, se nulla vi manca,
Né 'l re de la Amonìa ponto vi manca,
Altro che nostra Fede a quel non manca.
Forza non ha, ma l'animo non manca.
Per questo ad Oliviero il cor non manca,
A cui ventura né virtù non manca.
Ecco il marchese a cui virtù non manca.
La carne non tagliò, ma poco manca,
Ma pur il spirto a poco a poco manca,
Quasi la tagliò tutta, e poco manca.
Nulla d'intorno appare e il giorno manca,
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5
Poi Manilardo, che porta la branca
E l'elmo azaffa e nel scudo lo abranca.
Viensene il drago e nel scudo lo branca,
Da l'altra parte Astolfo ben se afranca;
Sino al giorno che Ettòr, l'anima franca,
Gionse a Grandonio quella anima franca
Ché giacea al fonte la persona franca,
Ma non smarritte la persona franca
Ché il celo aiuta ogni persona franca.
Per quel ritorna vigorosa e franca.
Da Tripoli seguia la gente franca:
Che seran vivi a quella età sì franca!
Non serìa stata persona più franca,
E dentro agionse nella coscia stanca.
Da il destro lato a l'anguinaglia stanca
E giù discese della spalla stanca;
Colse il ronzone a quella spalla stanca,
Che, a bench'io senta la persona stanca,
Tanto il batterno, che ciascuna è stanca,
E quando la persona è afflitta e stanca,
Quanto levar puotea la voce stanca:
Tanto suonava, che al suonar si stanca
E con voce angosciosa e molto stanca
Al mar discese e venne alla spelonca.
Ché la persona sua rimase monca
Colà vede una man co' denti monca.
Quale era grande e portava la ronca,
Di qualche gamba o qualche spalla tronca
Ma tutto a un tratto Tranchera lo tronca.
Nel campo rosso avea depinta una oca,
De ciò parlando lui con gli altri, gioca
Così Brunel, la cui fama era poca,
In mezo il fiume, sopra de una barca,
Ed era gionto nei monti di Barca,
Se vi piace passare, entrati in barca,
Quella di là quest'altra molto incarca
Il braccio de il mar Rosso in nave varca,
Da l'altra ripa, aponto ove si varca,
Però che altrove il fiume non si varca. Ma di sua legge ormai non credo che esca,
Gli ardeano atorno come foco di esca;
Per la bella acqua se solaccia e pesca,
Ed hollo detto acciò che ti rincresca.'
Sì come nacque, in mezo a l'onda fresca;
Come starà cotal canaglia fresca,
Con targhe e lancie armati alla moresca.
Daniforte se afronta e viene in tresca
Il suo re è nello inferno a l'aria fosca:
E` femina, over maschio questa mosca?
Da or ti dono il gran regno di Mosca,
Non la tenire, o fa ch'io la cognosca.
E benché te più oltra non cognosca
E rivolgendo cade in quella buca
La piastra come pasta se manduca.
E l'occhio par un foco che riluca;
Perché ancora esso già non stava a bada,
Che per farlo morir non stava a bada:
Da largo quel gigante tiene a bada.
Perciò non stette Rigonzone a bada:
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6
Ranaldo, a cui non piace il stare a bada,
Esso non stette più niente a bada:
Lascia la dama, e già non stette a bada;
Il conte sopra lui non stette a bada,
Vien, te lo piglia: a che mi tieni a bada?
Ma non bisogna già star troppo a bada,
Già molto tempo m'han tenuto a bada
Di ferirla nel collo indugia e bada.
Abatte e spezza, e de altro già non bada
Per governar qualcosa che gli cada.
Con tal romor che par che il mondo cada;
Con tal furor che par che il mondo cada;
Come a ruina lo universo cada,
E mare e terra con fraccasso cada;
Il conte non ne vôl di quella biada;
Questo era un campo folto de una biada
Posto di zugno in un campo de biada,
E nella destra mano avea la spada.
Rotta la lancia, avea tratta la spada.
Rotta la lancia, ha già tratta la spada.
Vanno e Tartari al taglio de la spada,
Qualunche giongie o de urto, o de la spada,
Radice e pietre taglia quella spada.
Ma non giova riparo a quella spada:
Non si trova riparo a quella spada,
Così destrugge e taglia con la spada.
Con lo urto getta a terra e con la spada,
Armato come io sono, e con la spada. Come fu tocco il scudo con la spada,
Benché sia a piedi, armato con la spada
Tutte arme a ponto, ed al fianco la spada:
E pianamente tira for la spada,
Ora se incontra l'una a l'altra spada,
Ed incontrosse l'una a l'altra spada,
Quando se incontra l'una e l'altra spada.
Eccolo quivi, in ponta a questa spada. Ma sì fra e tori attacca la sua spada,
Orlando teme assai della sua spada,
Né in questo resta la tagliente spada,
Dentro alla rocca per forza di spada.
Qual d'urto avea atterrato e qual di spada,
Ne porta seco a ogni colpo di spada,
Né ve ho mostrato un bel colpo di spada,
Par che ogni cosa Durindana rada,
Essendo gionti al gran fiume di Drada,
Ma benché il brando sia tagliente e rada,
Per terra è Durindana e par che rada,
Tagliente è ben ciascuna, e par che rada,
E Rodamonte, che il ferire agrada,
Coperto d'arme corre quella strada.
Il brando e la virtù fa far la strada.
Fuor del deserto, per la dritta strada,
Persa ha la dama, guida de sua strada.
Se non di farsi a Rodamonte strada.
Per boschi e per campagna, e fuor di strada
E ben tra gli altri se facea far strada;
E destinarno che la dama vada
Convien che 'n pezzi a la campagna vada,
E convien che ogni piastra a terra vada.
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7
Par che il celo arda e il mondo a terra vada,
Or conviene che il mondo a terra vada,
Sempre è mestier che al tutto a terra vada.
E poi disse: «Così convien che vada:
Non sa che far, né in qual parte se vada:
Vola de intorno e non so dove vada,
A ogni periglio e loco ove si vada,
Benché conforta ogniom che avanti vada,
Né vi ha riguardo, pur che avanti vada.
Concedime, per Dio, che dentro vada,
Che 'l stocco avanti e l'elzo adrieto vada.
Io già lo vidi (or chi fia che lo creda?)
E tre giganti che avea presi in preda,
Né vi è diffesa, a benché non gli veda,
Che pregion non si pigli, e ogni om se occida.
Veder parmi l'Alfrera che gli occida.
Ora nel campo a morte lo desfida,
Ma nel presente tutti li disfida,
Se tutto il mondo a morte non disfida.
Suonando il corno ad alta voce crida:
Il campo tutto - A l'arme! a l'arme! - crida;
Con romor sì diverso e tante crida
Orlando in su la bocca forte crida:
Chi suona trombe e chi corni, e chi crida:
Polifermo ed Argante forte iscrida,
E che beffando ogni om dietro gli rida,
Parmi de' miei compagni odir le strida,
Là giù se odìno voce in pianto e strida,
Che senza alcun romor sua schiera guida.
Re Galifrone la governa e guida
Ma più Agricane, che de li altri è guida,
Così dicendo alla spelonca il guida,
Che par che il cel profondi e se divida.
Par che il cel cada e il mondo se divida.
Levarsi allegro con la faccia balda,
In ogni loco dove il giorno scalda;
Tenir con teco la mia mente salda;
Ché il conte lo passò da banda a banda,
Draginazo e Falsetta tra' da banda:
Quando la calca fu tratta da banda,
Che al scudo verde ha una vermiglia banda.
Piegosse il legno e giù dette alla banda:
Ciascun cridando intorno a quella banda,
Come tutti i roncin di quella banda;
Quando scostar se vidde in quella banda;
Ciascuna se la trasse in quella banda,
Gionse anche Serpentino a un'altra banda
Ché 'l re Faraldo d'una ad altra banda
Questo da quella e quel da questa banda
Che quella pace sia fatta di banda.
Gli omini e l'arme taglia d'ogni banda;
E suoi gli sono intorno d'ogni banda.
Fornita era la nave da ogni banda,
Sonarno li instrumenti da ogni banda;
Provede intorno ed ordina ogni banda.
Che a Branzardo obedisca in ogni banda.
E la nave è percossa in ogni banda:
Che danza e suona e canta in ogni banda.
La nostra gente fugge in ogni banda:
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8
Orlando, che ben scorge in ogni banda
Di me fa il tuo parere in ogni banda,
Per questo te persegue in ogni banda,
Sergenti e cavallieri in ogni banda:
Di pianto empiendo intorno in ogni banda.
Con ricche coppe d'oro in ogni banda
E fa sue schiere armar per ogni banda.
Serviti alla real di banda in banda
(In campo azurro avea d'oro una gianda);
Già Sinibaldo, il bon conte de Olanda,
A Manibruno, il quale era de Irlanda.
(Quale era nato nel regno de Irlanda,
De le tre dame ogniuna avea ghirlanda
Ché di valor portava la ghirlanda;
Come eron gli altri, per quella ghirlanda
Portava, intorno a quello una ghirlanda.
Io spero in Dio, che la vittoria manda;
Braccie con teste e gambe a terra manda;
Da ciascun canto in su la terra manda:
Ché a ciascun colpo un morto a terra manda:
A Iesù Cristo per grazia dimanda
L'ultimo aiuto a te sola dimanda.
E benché il cavallier mercé dimanda,
Ma solo Orlando per nome dimanda,
E dir potrai, se alcun te ne dimanda,
A chi te piace de' tuoi ne dimanda,
Ma con gran fretta l'arme sue dimanda,
Da poi ch'ebbe fornita ogni dimanda,
Seguendo il cervo, e pur costui dimanda.
Poi di costoro a Scarapin dimanda.
E sol de averti a ciascadun dimanda.
A questo aiuto piangendo dimanda,
Alcuna è viva e soccorso dimanda,
Di Brandimarte poi presto dimanda;
For dello arcione alla campagna il manda;
E morto for de arcione a terra il manda.
In duo cavezzi fuor d'arcione il manda;
Lo imperatore a ciascun baron manda.
Fa tutto ciò che la dama comanda;
Umanamente al re se racomanda,
Re Galafrone a te se racomanda,
A lui piangendo sol se racomanda.
Ciascun che 'l vede, a Dio se racomanda.
E per mercede se gli racomanda.
Il suo Baiardo assai gli racomanda.
Fassi la croce e a Dio si racomanda,
In genocchione a Dio si racomanda;
Il re Carlone a Dio si racomanda,
Urta Baiardo e a Dio si racomanda.
E sol con preghi a Dio si racomanda,
Ciascun cridando a Dio si racomanda.
Ciascun fuggendo a Dio si racomanda;
Il re di Persia a Macon racomanda,
Tal volta prega e tal volta comanda,
La quinta poi il re Carlo arriccomanda
Benché per tutto provede e comanda;
Sì come Alcina per arte comanda.
Sopra alle forche al re l'aricomanda.
E qual morendo a Dio se aricomanda.
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9
Da lei se parte e a Dio la ricomanda.
E benché 'l prete a Dio se ricomanda,
- Legate il paccio! Il re così comanda. Nullo è obedito, e ciascadun comanda.
Largo aspettando insin che altro comanda;
Agli altri il dipartir presto comanda.
Da poscia a Folvo e a Bucifar comanda
Come il maggiore al suo minor comanda. Sempre soccorso e mercede domanda,
E lui qua questo e là quell'altro manda,
Né quanto sangue per terra si spanda.
In questo giorno per nome si spanda;
Né arma si spezzi, né sangue si spanda.
Coperti de finissima vivanda;
Di pane e vino ed optima vivanda.
De ogni maniera de optima vivanda.
Eran coperti de optima vivanda.
Che la iustizia per te se diffenda. Dal qual mia spata ben non mi diffenda;
E benché molto stretto non lo offenda,
Oggi di tanto mal farai l'amenda. Sia di lasciar la vita per amenda,
Ed io lo baci e per vinta mi renda.»
Che il vincitor per sua moglie mi prenda;
Fa, re del ciel, che chiaro ora comprenda
Ora te penti, e fa che ben m'intenda:
- Ben parlo chiaro, e vo' che tu me intenda,
Che prima meco al corso non contenda;
Che Ordauro meco nel corso contenda,
- Se lui te la promisse, e lui te attenda! Forza li è pur che ad altro non attenda.
UscŒr di quella fonte la bella onda,
Ché gente sopra a gente più ve abonda,
Il suo paese di gran pesci abonda,
Tanta copia di frezze e dardi abonda,
Ecco la furia adosso più li abonda:
Tanta la gente sopra a' nostri abonda,
Onde al soccorso mosse la seconda,
Che ne andava per l'aria alla seconda
Ranaldo ce gli mena alla seconda,
Avendo il vento in poppa alla seconda.
Correndo giù per l'acqua alla seconda,
E, cavalcando il fiume alla seconda,
Tornando dietro al mare, alla seconda.
E gionto è quel pagano alla seconda,
E l'altro, che ha la schiera sua seconda,
Re Carlo Magno con faccia ioconda
Ché ne avea molti la dama ioconda,
Mai non se vidde cosa più ioconda.
Intorno al prato un bel fiume circonda:
A benché alcun però non se nasconda.
Che par che il sole e il giorno se nasconda.
De una acqua negra, orribile e profonda.
E in mezo il lago aponto se profonda.
Ma lui col brando tutti li profonda,
Mirando quel per forza sì profonda
Che dà nel ponte e tutto lo profonda.
Tutto il coperse de la treccia bionda;
Fuor che vedere Angelica la bionda.
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10
Vennevi ancora Argosto di Marmonda,
Avanti a gli altri è Argosto di Marmonda:
Questo veggendo Argosto di Marmonda
Battendo e remi come fusse in onda.
Ché derupata è l'una e l'altra sponda.
Che non volsero usar banco né sponda,
Grandine e pioggia batte in ogni sponda,
Quando minaccia e non vi è chi risponda! Ma non bisogna che a questo risponda,
Che stimava ogni cosa una vil fronda,
Che l'erbe strugge e gli arbori disfronda;
Gionto è lo imperator de Trebisonda.
E` l'alto imperator de Tribisonda,
Gagliarda è questa Tavola Ritonda,
Se fu posato alla mensa ritonda:
Altro che lui non par che al mondo s'oda.
Che avesse più superbia nella coda,
Battendo l'ale e menando la coda;
E per le gambe volta la gran coda,
Del giovanetto, degno d'ogni loda.
Quando la sparge al sole ed ha chi 'l loda.
Giù per le coscie insino ai piè l'annoda;
Lasciale tutte, che il mal fuoco l'arda.
Lingua di ferro e voce di bombarda
Conte Arcimbaldo e la gente lombarda.
Ben par che nella faccia avampa ed arda,
Voltasi alquanto a sua gente codarda,
E benché nostra gente sia gagliarda,
Dove discerne la prova gagliarda
Che tua persona nobile e gagliarda
Par che ne l'elmo e in faccia un foco gli arda:
Par che tutta la faccia a foco li arda,
Lasciarno, che alle torre e nei merli arda,
Che par che 'l cel de lampi e di foco arda,
E qual tagliare avesse Balisarda,
A quel vôl mal, che il camino gli intarda.
Vassene Orlando a lui, ché già non tarda.
A un grosso pin se accosta, che non tarda:
Lo annel li pose in dito, che non tarda.
Esce del prato correndo e non tarda,
Al ponte la portò, che mai non tarda,
Or dalle spalle, or fronte, mai non tarda,
Altro non vede e il suo camin non tarda.
Or là, or qua giamai fermo non tarda,
E di Monico uscì, che più non tarda,
Levasi al parlamento e più non tarda.
Entrar non pôi, ché l'ora è troppo tarda.
Ciascun fugge cridando: - Guarda! guarda! Per dimostrar che ancor vi sia la guarda.
Dinanti ai piedi aponto in terra guarda:
Vede un gran ponte e un gigante che guarda:
Vedrai l'arme di Ettorre e chi le guarda;
Questo col tronco a lui le spalle guarda.
Spesso lo assale, e ben de lui se guarda.
E da sua Durindana ben se guarda.
Avengaché da lui quel non se guarda;
Quel re feroce a traverso li guarda:
Né Tartaro o Circasso lui riguarda,
Che fatasone e l'arme non riguarda.
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11
Per te lo tolse, e tu da lei ti guarda:
E, veggendo che ogni om solo a lui guarda,
Dove la torre è de quel vecchio in guarda.
Lo inamorato giovanetto guarda,
Così dicendo li porge una corda,
Come le debbia adoprar li racorda.
Che ogni cristian ne avrà cento per corda.
Or vengano pur via, gente balorda,
E una gran lima, che segava sorda,
Chi vôl che la persona gli occhi chiuda:
Cridando a ciascadun ch'e passi chiuda;
Tutto lo legge, prima che lo chiuda.
Armato è tutto ed ha la spada nuda.
E sol s'acquista con la spada nuda.
Pose tra l'erba giù la spada nuda,
Ora ecco ha vista Durindana nuda,
Ferì il nemico in su la testa nuda,
E poi spogliata l'ebbe tutta nuda,
Ma conviensi toccar la carne nuda,
In più parte avean lor la carne nuda,
Una radice de natura cruda,
Guardandosi l'un l'altro in vista cruda;
Par che minacci con sembianza cruda,
Quella battendo con sembianza cruda. Tutta gli è adosso quella gente cruda,
Per la potenzia dello annel sì cruda.
Non vide il mondo mai cosa più cruda
E ciascun sol mirando trema e suda:
Mostra che al guadagnar d'onor si suda,
Trema per ira, e per affanno suda.
Mentre che tra quei fior così iacea,
Ma solamente de aria se pascea.
Gionse una dama in forma de una dea,
Contra sé tutti quanti li vedea,
Ma questo omo bestial non la intendea.
Che erba di prato né biada rodea,
Lei chiedendo morir sempre piangea,
Perché il vecchio Branzardo di Bugea
A tutti disse ciò che far volea,
E come al lago ritornar volea
Avengaché di sé poco temea,
Sotto un lor duca nominato Enea;
Tanto lo incanto sconfitto il tenea.
Di Brandimarte ciò che ne sapea,
Quel sasso era fatato; e non sapea
E Brandimarte, che il tutto sapea,
Da l'altra parte a Ranaldo parea
E disse: - Io son nomata Pasitea,
Per volerlo svegliar; ma non potea,
Vôl che a Biserta in suo loco si stea,
Però più dello usato combattea
Già Mandricardo la virtù che avea.
Lui tutte l'arme eccetto il brando avea.
Qual l'altra fiata giù lasciato avea,
Altro non si sentia che biffi e baffa.
Che spezzar non le può dente né graffa,
Che avria passato sopra una ziraffa;
Ché per le rame viene una ziraffa;
Salì a destriero, e non toccò la staffa.
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12
Ciascun cristian dua tanta ne ribuffa:
Or s'io vi conto come se ribuffa
Ma col flagello intorno lo ribuffa,
Lui questo abatte e quell'altro ribuffa,
Vedrete come l'un l'altro ribuffa.
- Poco vantaggio avrai de questa ciuffa, Or l'altra gente gionge alla baruffa;
Chi lo vedesse entrare alla baruffa,
Per trovarsi mezani alla baruffa,
E tutti se meschiarno alla baruffa.
E tutti e colpi di quella baruffa,
Or se incomincia e la crudel baruffa:
Ora se fece la crudel baruffa,
E lui se volta, e pur a lei s'azuffa.
E cominciƒr tra lor la acerba zuffa.
Se ancor la question tra lor se azuffa.
Questo con quello e quel con questo ha zuffa.
Trasse Fusberta e cominciò la zuffa,
Or se incomincia la terribil zuffa;
E tra lor duo se cominciò gran zuffa;
E' si suol dir che Dio gli uomini fa,
Ben si suol dir: non falla chi non fa.
Ma più se accende l'amorosa piaga.
E fece in cima al capo una gran piaga.
Ma questo è quello che per tutto paga. Bacia quelle erbe e di pianger se appaga,
Dispogliando ciascun sino alla braga;
E riscaldata a guisa d'una draga
Dismonta al prato la donzella vaga,
Ché non volse fuggir la dama vaga.
Orlando tal promessa ben li niega,
Che a un tempo mi darà quel che or mi niega;
Come una spada, e poi l'orecchie piega
Come coda di serpe quelle piega,
Onde quel cor feroce al fin se piega.
Amando e lacrimando al fin se piega,
Lui or da un canto, or dall'altro si piega,
Tutta la gente de li Aràbi è in piega,
La sua bandiera d'oro al vento spiega,
Che pacienzia segue e piange e priega;
Ma quello è già lontan più de una lega:
Ranaldo li cacciò più de una lega.
Fuor di se stesso andò ben meza lega.
E piglia e strenge a suo piacere e lega.
Come li piace, e ciascuno omo lega.
Ma quella dama, che egli ha in braccio, il prega,
Marfisa, Astolfo e ciascuno altro il prega,
Ché mai non vôl con lui pace né trega,
Perché legato, senza alcuna briga,
Meglio che sciolto, il paccio si castiga. E cinta al petto una spadazza larga.
La tòcca ha in testa, e la lancia e la targa,
Di farti noto che il destrier, che te ha
Ch'io abbi pacienza, ed io me l'abbia:
Che saltar fece l'acqua in su la gabbia;
Me ha qua giuso condutto in questa gabbia?
Ch'io la tragualcio con sapor di rabbia.
Trasse là verso il monte con gran rabbia.
Che il muso ha fuori e i piedi in su la sabbia;
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13
E provarò se in core aveti audacia.
Bevuto avendo ed alciando la facia,
Una sol pietra quel ponte facìa.
A que' ribaldi disse: - Pro vi facia.
Per la diffesa che il baron facìa;
In questo loco, prego che vi piacia
Onde io vi menarò, quando vi piacia,
Il mal che fatto n'ha nostra pacìa.'
Subitamente lo bacia ed abracia.
E di ciò tutto il celo assai ringracia.
Lui di questa ventura Idio ringracia,
Ma prestamente fia ciascuna sacia.
Benché la sete perciò non se sacia,
Di riguardarlo in viso non se sacia,
Ormai più non si cura, e mena l'accia.
Il Danese turbato prende una accia;
Fia da me morta, o presa, o messa a caccia;
Ed io gli ho dato tre miglia la caccia.
Che da que' Lestrigoni avia la caccia;
Ché cento miglia vi darà la caccia,
Sino al castel fu a lor data la caccia,
Che arendersi bisogna a chi la caccia,
E il re Morgante for di sella caccia:
Già sei giornate gli ha dato la caccia;
Lo vento in poppa via per mar la caccia,
Sei giorni e notti sempre ebber la caccia
Era venuta in questo bosco a caccia
Che la ziraffa e lui per terra caccia.
Ranaldo gli altri tutta fiata caccia.
- Per me, non per voi fatta è questa caccia.
La schiera saracina in rotta caccia;
- A questo modo la mosca se caccia,
Adosso a lui con la lancia se caccia;
Tra gente e gente e tra l'arme se caccia,
Adosso a Astolfo con l'arme se caccia.
Sotto la terra il serpente se caccia,
Quivi lo lascia, e tra gli altri se caccia,
Urta il destriero, e dietro a lui se caccia.
E con Fusberta adosso a lui se caccia:
Ma Brandimarte adosso a lui se caccia;
Ma Feraguto adosso a lui se caccia,
Segue Dudone e nel castel se caccia,
Ma come capre avante ogniom se caccia.
Scorda il tesoro e de il giardin se caccia.
Or sopra il ponte il campion se caccia,
Tra la gran folta col brando se caccia;
Adosso ad un di lor ratto se caccia,
Ranaldo adosso a lui tutto se caccia:
Ma strenge i denti e tra color se caccia;
Il conte Orlando tra costor se caccia,
Ecco una feminella che te caccia!
Di quella gente, e chi fugge e chi caccia,
Con dardi e sassi a giù forte li caccia.
Già più di trenta sono a dargli caccia.
E de una torre al fondo ambi li caccia.
Fuggon le fiere e il mal tempo li caccia,
Ed ora questi ed or quelli altri caccia;
Così dicendo adosso a quel si caccia,
Per ben vedere avante ogniom si caccia:
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14
Che ancor fuggendo nel bosco si caccia.
Che roinando gli altri avanti caccia
Il campo è tutto in arme e costui caccia,
Poi che un sol cavallier tutti vi caccia,
E con tanto furor di sella il caccia,
Che, essendo fanciullin, fortuna il caccia,
Sì che legato a forza in terra il caccia.
Qual fugge ancora, e pur Marfisa il caccia.
Ma giorno e notte senza fine il caccia,
Che Brandimarte, qual correndo il caccia,
E per la selva in abandono il caccia.
Della sua gente rotta e posta in caccia,
Dietro tutta la gente è posta in caccia;
Fuggendo avante a lui si pose in caccia.
E mi ricorda già che io presi in caccia
Sì che adoprame pure in giostra o in caccia,
Che le spalle voltò fuggendo in caccia;
E tutti in fuga se pongono in caccia;
Dugento miglia son fuggito in caccia,
Che già dietro a Ranaldo è posto in caccia;
Ciascun de aver la robba se procaccia
E per onore e gloria se procaccia;
E de gire a trovarla se procaccia;
De aiutare Aquilante se procaccia,
Di darli aiuto ciascun se procaccia;
Mordante, che assalirlo se procaccia,
Ciascun de atterrar l'altro se procaccia;
Ciascun più furioso se procaccia
E di portarlo presto se procaccia.
Presto del poggio scender se procaccia;
Chi fugge, e chi nasconder se procaccia,
Ma sempre de aiutarse si procaccia;
Di fuggir prestamente si procaccia,
Ciascun di vendicarse ben procaccia,
Ma poi che vede che indarno procaccia,
Qua fugge questo, e là quell'altro caccia.
Come la mosca torna a chi la scaccia,
Far con costui battaglia a faccia a faccia.
Quando quei duo fôr gionti a faccia a faccia,
Rivolta a dietro la superba faccia.
Con gli occhi accesi e con superba faccia,
Di star con seco voluntieri a faccia,
Non die' voltar le spalle, ma la faccia;
Tutti chinando alla terra la faccia;
E di vergogna avea rossa la faccia.
Ranaldo ad essa rivolta la faccia,
Egli avea pien de lacrime la faccia,
Avendo pien de lacrime la faccia.
Egli avea pien di lacrime la faccia
Ciascuno ha pien di lacrime la faccia.
Che parea vampa viva ne la faccia,
Che se io te giongo un calcio ne la faccia,
Crida piangendo e battese la faccia,
Battese 'l petto e battese la faccia
Or sei disceso a mostrarci la faccia;
Che a' soi nemici più volti la faccia,
Che per la fronte gli partì la faccia,
Ella si turba e voltavi la faccia;
Ma questo è sì terribile alla faccia,
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15
Mostrandoli carezze e bella faccia,
Verso la vista e sopra della faccia.
Proprio il percosse a mezo della faccia.
Quella fanciulla prende nella faccia.
Sopra alle tempie, in fronte e nella faccia;
Ferito crudelmente nella faccia.
E vide Brandimarte nella faccia,
Benché non gionse il colpo nella faccia.
Fu ferito a traverso nella faccia,
Ben che ferito è Oberto nella faccia.
Tutta era istoriata quella faccia,
E' se sentia di sangue pien la faccia,
E rotto il muso e 'l mento con la faccia:
Che non li gionge al petto con la faccia;
Quella donzella, levando la faccia,
Quando l'un l'altro rivoltò la faccia
Dritto nel petto e per mezo la faccia,
Né a lor se digna de piegar la faccia,
Come osati ad alcun mostrar la faccia?
Di squarci per la testa e per la faccia:
Come è la porta nella prima faccia.
Il bon re Carlo con benigna faccia,
Non ve si vede chi diffesa faccia:
Quel portier crudo con turbata faccia
E quel centauro di spietata faccia
Ma se lei stessa vede la sua faccia,
Quando Ranaldo vide la sua faccia,
Se non che sbigotì della sua faccia.
Ma già cangiata avea persona e faccia,
Niun per tema sa quel che se faccia.
Ma Trufaldino alla torre se affaccia,
Meza la barba gli tolse di faccia,
Astolfo se mutò tutto di faccia
Dicendo: «Questo dono il ciel mi faccia,
Il mal che mi può far, tutto mi faccia;
Con volte alte e dorate in ogni faccia.
E solo a quei di for guerra si faccia.
Ciascuno è morto e non sa che si faccia:
Né per gran tema sa quel che si faccia;
Che quel che far si die', presto si faccia;
Con dir, quando sen va: - Bon pro vi faccia! Sì che non credo che mistier vi faccia
Di riguardare alla terribil faccia.
Che de i lor guardi e de la orribil faccia
Io vidi (e ancor mi par ch'io l'aggia in faccia)
Come la vide, la cognobbe in faccia.
Ben presto il conte li cognobbe in faccia;
La qual, sì come Astolfo vide in faccia,
Che avea ferito Falcirone in faccia,
Non lo sofferse di guardare in faccia,
Non rimase ad alcun colore in faccia.
Ma come vede quel gigante in faccia,
Che non gli avresti tu guardati in faccia.
Ben la cognobbe incontinenti in faccia.
Ma lui si volta e fagli un fico in faccia;
Un sol non vi è, che assembri uno omo in faccia.
Di pel rossetto ed acquillino in faccia;
Per l'alto crido se smarirno in faccia;
Né può soffrir veder Rugiero in faccia.
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16
Al primo colpo se gionsero in faccia
Lor se guardavan l'uno e l'altro in faccia,
Tutti guardavan l'uno l'altro in faccia.
E cento fiche gli avea fatto in faccia.
El secondo nel petto, e 'l terzo in faccia.
Rispose Carlo: - Io voglio che lo faccia! Or par che 'l celo a fiamma se disfaccia,
A Bradamante par che se disfaccia
E par che 'l mondo a foco se disfaccia:
Par che il cel tremi e il mondo se disfaccia.
E che lo abisso e il mondo se disfaccia.
E par che il celo in pioggia si disfaccia.
Ma non per tanto par che satisfaccia
Sì che cantando a questi satisfaccia
Nel dire a modo che vi satisfaccia,
E rendonsi pan fresco per fogaccia.
Che al ricordarlo il sangue mi se agiaccia.
Là dove gionse, se aperse la piaccia,
Preso è ogni loco intorno della piaccia.
Suonorno a un tratto intorno della piaccia;
Presto a lui sol rimase quella piaccia,
Che era la uscita fuor di quella piaccia;
Come fu dentro, gionse entro una piaccia
Ch'io son disposto a far quel che ti piaccia. - German, - dicendo - per Macon ti piaccia
Che con diletto lo ascoltar vi piaccia.
Onde vi prego che partir vi piaccia,
Poi con Fusberta se fa far tal piaccia,
Che è da man destra a lato alla gran piaccia.
Or se comincia una gran ciuffa in piaccia,
Che in un momento gionse armato in piaccia.
Ma lui col brando se fa ben far piaccia.
Pur ho speranza che io non vi dispiaccia,
Ma temo ormai che a te forse non spiaccia
Alla fronte di quello il scudo allaccia,
Ora tira le corde, or le dislaccia;
Lo elmo si trasse e il scudo se dislaccia,
Ma ceppi e ferri dai piè li dislaccia.
L'uno e l'altro di loro avea la maccia,
L'un con la spada e l'altro con la maccia.
Questo abatte per terra e quello amaccia.
E l'un getta per terra, e l'altro amaccia,
E chi da un lato e chi d'altro tramaccia;
Onde per quella a piombo giù tramaccia.
Ad ambe mano alzò la grossa maccia,
E Orilo adosso a lui con la sua maccia.
Non la diffende né spata né maccia
Menando il colpo l'Argalia minaccia,
E morte al conte e gran pena minaccia,
A tutti e cavallier crida e minaccia
Ma con gran voce comanda e minaccia:
Piena de orrore e de ira e de minaccia.
Indi con fronde lo batte e minaccia,
Né se smarir per fronte che minaccia,
Con tal parole e con altre minaccia
Ma chi dice: - Sta forte! - e chi minaccia:
E chi lancia da longi e chi minaccia.
Il re Agrican li segue e li minaccia.
E con voce arrogante li minaccia:
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17
Che a tutti quanti morte li minaccia.
Mentre che la orgogliosa sì minaccia,
- Aspetta, ché chi fugge mal minaccia;
Sol Rodamonte è quel che al cel minaccia.
E con parole superbe il minaccia,
Marfisa il segue e cridando il minaccia,
Ed aspramente a Trufaldin minaccia,
Al re Adriano e a Chiarion minaccia;
Ranaldo a lui rimena, non minaccia,
Ciascun da dover tocca e non minaccia,
Perché getta nel mare e non minaccia;
Dritti e roversi, e cridando minaccia;
Veggendo il re che in tal modo minaccia,
E de impiccarlo ogniora lo minaccia.
E de impiccarlo sempre lo minaccia.
Così parlando, a quel messo minaccia:
Che par che al mondo e 'l cel tutto minaccia;
E biastemando il cavallier minaccia
Né per piacevol dir né per minaccia
A benché Rodamonte ancor minaccia,
Che bisogno ha d'aiuto e pur minaccia. Il quale era tornato ora a bonaccia:
Sereno è il celo e il mar tutto in bonaccia,
Per lo esempio di lei, che tanto è paccia,
Non già di sé, che di nulla se impaccia;
E ben comanda che altri non se impaccia.
Né selva, né palude mai lo impaccia.
E ben de intorno con Fusberta spaccia.
Incontinente la sala se spaccia:
De giongere ad Ardena ben se spaccia;
La terza istoria in quel modo se spaccia;
Disse a lui Malagise: - Ora te spaccia,
Or de andare a Parigi ogni om si spaccia.
Di farlo portar sopra ben si spaccia;
E torna a casa, e sì presto si spaccia,
Leva l'arena e il campo avanti spaccia,
Ma sempre dove gionge il camin spaccia.
Non dimandar se intorno al campo spaccia.
E de tornare indrieto presto spaccia;
Brunello, il piccolin di mala raccia,
Quella donzella ch'è di bona raccia;
Duo guerrier son costor di bona raccia,
Cotal parea la maledetta raccia,
Ché gagliardezza non se vende a braccia.
La matre lei e lei la matre abraccia:
E ciascadun di lor baciando abraccia.
Quasi piangendo, or questo or quello abraccia.
Gli gionse adosso e ben stretto lo abraccia.
Che Mandricardo il re Gradasso abraccia
Chi senza capo va, chi senza braccia,
Corsegli incontra e ben stretta l'abbraccia;
E sotto l'anche ben stretto l'abbraccia.
Così dicendo ben stretto l'abbraccia,
Lo imperator strettamente lo abbraccia,
E chi lo bacia in viso, e chi lo abbraccia,
Del trapontin se leva e quello abbraccia,
Subito lo cognobbe, e quello abbraccia.
Dismonta a piedi e ben stretto lo abbraccia.
Quanto puote ferire ad ambe braccia,
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18
Forte tira Aquilante ad ambe braccia;
Ogni om mena del brando ad ambe braccia.
Legolli Trufaldino e piedi e braccia,
A Malagise lega ambe le braccia,
Or sopra al collo, or sopra ambe le braccia.
Tagliolli il petto e nette ambe le braccia.
Di ferro catenati ambe le braccia.
Spezza e bastoni e seco ambe le braccia,
Tutti han scoperte le gambe e le braccia;
A chi la testa, a chi rompe le braccia:
Con altre il busto e con altre le braccia,
A chi troncò le gambe, a chi le braccia.
La catena li sciolse dalle braccia;
Stretto di drieto il prende entro alle braccia,
Come li uscitte a ponto delle braccia,
Ricolse il re ferito nelle braccia,
A questo taglia il collo, a quel le braccia;
Feso per mezo e tagliato le braccia:
Legata ad una quercia per le braccia;
Prese a posar col capo in su le braccia.
Dopo le spalle il passa ben tre braccia.
Tirossi adietro quel vecchio tre braccia,
Se s'avicina al pino a vinte braccia.
Longi alla porta più de vinte braccia.
Che andò longe al destrier ben sette braccia.
Ed ha l'orecchie lunghe da due braccia:
Ch'io pono il regno mio nelle tue braccia,
Più forte è lo Argalia molto di braccia,
E saltò adietro forse da sei braccia,
Ed era larga più de vinti braccia,
Prende la lancia, il forte scudo imbraccia.
Tra' for la spada, e il forte scudo imbraccia:
Tra' Durindana e il forte scudo imbraccia.
Fasse la croce e il forte scudo imbraccia,
E Balisardo il forte scudo imbraccia,
Ranaldo salta in piede e il scudo imbraccia,
Ciascun di lor se stringe, il scudo imbraccia;
E 'l scudo prestamente desimbraccia,
Sino ad un fiume largo cento braccia.
O roinarsi da ducento braccia.
De là del mondo andrai ducento braccia. A Fugiforca fu fatta la graccia,
Chiedendo morte a Dio per sola graccia.
Così dal cel lo stimo in summa graccia,
Mi reputo dal cel a tanta graccia;
Brandimarte dal conte ottenne graccia
Or vieni adunque e spirami, di graccia,
Ciò vo' seguire, e sol chiedo di graccia
Dapoi che ce hai donata cotal graccia,
O ch'io l'occida, o torni seco in graccia;
Ma sopra a tutto te adimando in graccia
E del consiglio la dama ringraccia,
Orlando ingenocchion Dio ne ringraccia.
Di ciò che han per lei fatto li ringraccia.
Serà caduto nella mia disgraccia,
Che fur di tanto pregio e di tal raccia,
Un coi' di serpa sopra la coraccia?
Ché non vi valse usbergo né coraccia.
E per non vi seguir sì lunga traccia,
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19
Perché la gente che seguia la traccia
Ma quel brutto orco che seguia la traccia,
E come un bracco seguirà la traccia;
Spartir la zuffa, e sì grande la traccia
Là me facea seguir sempre la traccia
E tanto corse, che gionse la traccia
Voi che di corte seguite la traccia:
Che il conte era pur gionto a quella traccia,
Rimescolata è tutta quella traccia,
Quando Dudone il vidde in quella traccia,
Cinque ore e più durò tra lor la traccia;
Li facea indarno seguitar tal traccia:
Forte piangendo, e le sue treccie straccia.
Che con ferro affocato e membri straccia:
E via dal petto con la mano il straccia.
Dicendo: «Ove vorrai che mai se saccia
E de pianger con seco non si saccia,
Né mai salvarli il tuo volto si saccia;
De loro alcun non è che ben non saccia
Con gli occhi fermi e di mirar non saccia,
Come ha bevuto, sen porta la taccia,
Puote impetrar che lei sempre non taccia.
Vôl parlar solo e vôl che ogni altro taccia.
Nel trar de l'elmo si sciolse la treccia,
Avea il suo viso una delicateccia
E' labri, il naso, e' cigli e ogni fateccia
Subitamente, e fece una gradiccia;
E per trar questo al fin la mente adriccia.
E lui prende nel cor tanto più sticcia
E non Uberto, come ella dicia.
Che ciascadun piangendo la dicia,
Queste parole a Marfisa dicia,
Ma nella mente tristo ne dicia:
E sempre avanti il tempo predicia
Queste parole e molte altre dicia
- D'una sol cosa, il mio conte, - dicia
ôOdeti, fiori, e voi, selve, - dicia E con mal viso verso lei dicia:
Il franco Brandimarte li dicia
Molte altre cose ancora gli dicia;
Dolcemente parlando gli dicia:
- Prendi del campo, - Astolfo li dicia
Guardava il conte il celo e poi dicia:
E ragionando poi con lui dicia:
La sua sorte avenire, ogni om dicia
Così a Malagise il dimon dicia,
Il re, rivolto a' soi baron, dicia
Onde rivolto a' suoi baron dicia:
E ad alta voce dopo il suon dicia:
E tutti insieme e ciascadun dicia
E Fugiforca piangendo dicia:
Forte piangendo quel vecchio dicia:
Senza mentire, a ponto lo dicia;
Grifone quel medesimo dicia,
Molte altre cose a quel destrier dicia
«Ahi paccio Orlando!» nel suo cor dicia
La dama ancor piangendo pur dicia:
E cresceratti orgoglio e gran baldancia;
Per far careze a casa di Magancia:
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20
Vergogna tutta casa di Magancia? Ahi traditrice casa di Magancia!
Il re Larbino avea molta arrogancia,
Non si dièno le imprese avere a ciancia:
Non v'è Ranaldo, quella franca lancia;
Via passò Chiarion, rotta ha la lancia,
E fornir con la borsa e con la lancia,
Percosse il re Agramante con la lancia
Però che resta integra la sua lancia.
A mezo il corso aresta la sua lancia,
Così dicendo arresta la sua lancia.
Dico Ranaldo il passa, e la sua lancia
Con belle gente armate a scudo e lancia;
Se può pesar con questo alla bilancia,
E passolli il destrier sopra la pancia.
Né soi megliori aveva il re de Francia
Così faccia Macon che il re de Francia
E fia sconfitta la corte di Francia.
Che ti conservi nel regno di Francia.
Di là dal mare ad ogni modo in Francia;
Quel Rodamonte che è passato in Francia,
Ché tenire il destrier non ha possancia.
Che non bisogna a lor troppa possancia,
Se sforza scavalcarlo a sua possancia;
Di questi dui, de ardire e di possancia:
Che non è pare al mondo di possancia.
Ché quel cordoglio ogni martìre avancia.
Dietro alle spalle un gran braccio gli avancia.
Ranaldo avanti il conte un poco avancia,
Ferì il Danese col corno alla coscia:
Con la radice li tocca una coscia.
Lo arnese e quella passa con angoscia.
(Perché altramente non la cognoscia),
Niun di lor la dama cognoscia.
E già l'un l'altro se recognoscia;
Perché l'un l'altro non recognoscia,
Che l'un da l'altro non se cognoscia;
Chi sì, chi non, di lor se cognoscia.
E mai tra gli altri io non te cognoscia,
Il conte avante non li cognoscia:
L'una da l'altra non ricognoscia.
Avvengaché per lui nol cognoscia,
Rugiero alcun de' duo non cognoscia,
Rise Aquilante che lo cognoscia,
Lui se chinava piano a terra, e poscia
Ché della rocca fuora se ne uscia;
Orlando fuor del ponte se ne uscia,
Ma questo alla battaglia non uscia,
Sino alle spalle, e dove il collo uscia
Che a fin tanto crudel li conducia,
Che dritto alla fiumana il conducia;
Or la porta gataia giù cadia,
Ogni baron che a Marsilio obedia,
E tanti regni al suo stato obedia.
Ché 'l re de Tingitana esser credia,
Quanto a sì fatto caso esser credia,
E Stordilano ancor, che possedia
E se lei forse non se ne avedia,
Lui furioso non se ne avedia,
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21
Portata fu, che alcun non la vedia.
Poi che in faccia Ranaldo la vedia,
E l'altra dama, che questa vedia,
Come colei che morta se vedia,
Lo alto edificio avanti se vedia,
Quivi Aquilante e Grifon se vedia,
Tutta è sparita e più non se vedia;
Ed alti fuochi al campo se vedia,
De esser ben presto preso se vedia:
Quando Agramante e gran colpi vedia,
Che di gran lunga più non si vedia,
Mirando l'aspre offese ben vedia
Oh quanto il re Gradasso ne ridia!
Che signoreggia tutta Normandia.
E Baliverzo, il re di Normandia,
La dama, che la rocca diffendia,
Ciascun de' quattro ben la diffendia,
Con man tremante la coppa prendia,
Che il monaco quel brando pur prendia:
E quando il conte tal cosa intendia,
Ciò che dicesse nulla se intendia.
Avvengaché altri ciò non intendia.
Un pavaglion sul prato distendia,
Il giovanetto a ciò non attendia,
Ordauro al suo parlar non attendia,
Il re Agricane a lui solo attendia,
E la risposta tacito attendia.
E nulla alla donzella respondia,
Poi con voce suave rispondia:
E Malagise tal risposta odìa,
Tisbina, che il baron cortese odìa,
Or suonar trombe e gran corni se odìa,
Presso che un miglio nel bosco se odìa.
I suoni, i canti ed ogni melodia;
Versi compone e canta in melodia,
E per il suo mal far ciascadun lo odia.
Ma pur tra sé la collera rodia,
A Dolistone e a sua dama Perodia
De ira Marfisa tutta se rodia,
Orlando che nel petto se rodia
Che nella mente tutto se rodia;
Era guardato e con molta custodia,
Sì che non creder che per codardia
Bon cristiano e de alta gagliardia,
Senno, beltade, robba e gagliardia,
Che lo ardir tuo e il fior de gagliardia,
Re Sacripante, pien di gagliardia.
Che erano al mondo fior di gagliardia.
Ad Oridante, che il sangue perdia,
L'elmo gli spezza e d'acciaro una scoffia,
E tutti quelli ocelli a l'aria soffia:
L'uno a levante ad Albraca ne gia,
Con essa alla marina se ne gia,
Ma Fiordelisa, che a levante gia,
Poi dentro in cotal modo se leggia:
Ora Agricane per costei vaneggia,
Ed ha una figlia, a cui non se pareggia
Quel Galifrone in India signoreggia
La dolorosa gente che fuggia,
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22
Che a spron battuti innanzi le fuggia;
A più poter davanti li fuggia.
Chi qua chi là per lo bosco fuggia,
Chi qua, chi là per lo campo fuggia.
Così parlando sì forte piangia,
Ed a risposta tanto la stringia,
Ed altramenti sopra li giongìa
Quello improviso adosso li giongia.
Quando quel messo ch'io dissi, giongia;
Come la dama nel prato giongia,
Dietro alla riva in sul prato giongia,
Or quando il conte in su il ponto giongia,
Sì come io dico, è re de Andologia
E Maradasso, il re de Andologia,
Essa aveva un destrier de Andologia,
Ma restarà la sua genologia
Che fu da' Goti sua genologia.
Come ho veduto per astrologia,
Branzardo, quel vecchion, re di Bugia,
Ed arse la cità di Samachia;
Perché, saltando sopra ad una macchia,
Come se prende al laccio una cornacchia,
E tra' del becco e se dispera e gracchia.
Che fece la divina monarchia;
Con lor Torindo, re della Turchia.
L'un tien la Media, e l'altro la Turchia.
Venuta è tutta quanta de Turchia
Tra il forte Oberto e quel re de Turchia
Ché destriero al portar non ha balìa,
Se mi doni la chiave in mia balìa,
Parendo a lui de averlo a sua balìa
Un Tartaro le tiene in sua balìa,
Qual per aver Grifone in sua balìa
Ma ritornò Ranaldo in sua balìa;
(Così la ponga amore in tua balìa!):
Se non li dava la figlia in balìa;
Sì che provedi d'averlo in balìa,
Quando hanno preso l'animo in balìa,
Come e giganti l'ebbero in balìa,
Lasciamo lui: torniamo a l'Argalia,
Tanto fu vinto de ira l'Argalia,
A quella giunto, getta l'Argalia.
Quel bon destrier che fu de l'Argalia.
La lancia d'ôr, che fu de l'Argalia.
E ben cognosce ch'egli è l'Argalia.
Col figliol suo, ch'avea nome Argalia,
Che primamente fu dello Argalia.
Essa, chiamando il fratello Argalia,
Che furioso in sul destrier salia,
Ma avanti a gli altri il re di Satalia
Perché forza né ingegno non valìa
Per tanto sangue che la vista abaglia;
Cardone è l'uno, e come cane abaglia;
Quel brutto viso come un cane abaglia;
Gli entra ne l'elmo e la vista li abaglia,
Né cura il resto che de intorno abaglia.
Or tacete, segnori, e non v'incaglia,
Adesso di saperla non ve incaglia,
Ma di saperla adesso non ve incaglia;
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23
Dicendo: - Compagnoni, or non vi incaglia
Benché il serpente, che de oro ha la scaglia,
Né lo diffende l'incantata scaglia;
Un grosso tronco tra le rame scaglia,
Gradasso era rimaso alla boscaglia,
Venne il giorno sereno e l'alba gaglia:
Sopra la porta quella dama gaglia
Dicendo: - Cavallier, la dama gaglia
Come fu gionto a quella pianta gaglia,
L'arme de' duo baroni a maglia a maglia
E il spezzar delle piastre e della maglia,
E sopra al bon destrier coperto a maglia
Sopra de un gran corsier coperto a maglia,
E questo scudo e piastre, e questa maglia,
Coperto è a piastre ed a minuta maglia.
Vero è che il bon Ranaldo ha piastra e maglia,
Ché mandate han per terra piastra e maglia.
L'uno ha incantata ogni sua piastra e maglia,
Spezzando al guarnimento piastra e maglia;
Ché armato è il cavalliero a piastre e maglia,
Perché scudi ferrati e piastre e maglia
Dalla spalla del scudo e piastre e maglia
E lo usbergo de acciaro e piastre e maglia
Ma fraccassa ad un ponto e piastre e maglia.
Mai non spogliarse sbergo, piastre e maglia,
Manda per terra a un tratto piastre e maglia,
Gettan per terra lancie e scudi e maglia,
Non lo diffese né piastra né maglia,
Non giova usbergo né piastra né maglia,
Né contrastar vi può piastra né maglia,
Benché romper non può piastra, né maglia;
Non giovano al pagan piastre né maglia,
Non bisogna adoprar brando né maglia,
Ché non ha spata né scudo né maglia;
Rompe di ponta quella forte maglia,
Tutto di piastra si copre e di maglia.
E spezzò quello e le calcie di maglia,
Sopra alle gambe coperte di maglia,
Da le ungie al crine coperto di maglia,
Ma tanto è destro e mastro de scrimaglia,
Forza non giova o arte di scrimaglia,
Né vi ha diffesa usbergo, piastra, o maglia,
E tutto il panciron fraccassa e smaglia;
Crollando il capo disse: - Via, canaglia!
Ma fa seguire in frotta la canaglia.
Avanti ad esso fugge la canaglia,
Cridando tutti insieme la canaglia,
Ma van fuggendo avanti alla canaglia;
E Salamone adosso alla canaglia,
Fatime un squarcio entro a quella canaglia,
Tanta è la folta di quella canaglia,
Tal era a remirar quella canaglia
Ché non degna seguir quella canaglia.
Benché sian mille e più quella canaglia.
Tanti altri duci e tanta altra canaglia,
Avea d'intorno a sé tanta canaglia,
Movere a un tratto cotanta canaglia;
Intrò Marfisa tra questa canaglia,
Malagise dicea: «Brutta canaglia,
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24
Rotta e sconfitta la brutta canaglia
Quei di Baldache, la brutta canaglia,
Tutti son negri la brutta canaglia.
Che in compagnia de voi, brutta canaglia. - Or via, - diceva lui - brutta canaglia!
Dicean quei cavallier: - Brutta canaglia,
Gran parte è morta de la sua canaglia,
E tanto è il crido de la gran canaglia,
Di passar tutta quella gran canaglia.
E tutti insieme quella gran canaglia
Né vi spaventi quella gran canaglia,
Or quei del campo, quella gran canaglia,
E Marchin preso, di ardente tenaglia
Sino alle rene passa la anguinaglia.
Gli ardeano a cerco, come arida paglia.
Come fa il foco posto ne la paglia.
Che se diffenda da il fuoco la paglia;
Né mia prodezza più vale una paglia.
Ma legier di cervel come una paglia;
Ché poco foco incende molta paglia,
Che non stiman la vita un fil de paglia,
Che tutti non vi stimo un fil de paglia.
E men gli stima che un covon de paglia.
E manco il stimo che un fascio de paglia;
Ché tutti non valeti un fil di paglia. Io non li stimo tutti un fil di paglia,
Vostro furor serà foco di paglia,
Manco gli stimo che un fascio di paglia,
Ché tutti non li stima una vil paglia;
Né stimono il periglio una vil paglia;
Né stima tutto il danno una vil paglia.
Ch'io son senza il tuo aiuto una vil paglia. La schiera de quei negri apre e sbaraglia.
La nostra gente tutta se sbaraglia,
De cima al fondo il scudo gli sbaraglia.
Di qua di là nel campo li sbaraglia,
Con la sua gente e Tartari sbaraglia.
Tutta la schiera de' Cristian sbaraglia,
Orlando il pavaglion tutto sbaraglia,
Se dua cotanta fosse la sbiraglia
Al re lo presentò quella sbiraglia.
Gran gente intorno a lei facea serraglia:
Ché sua ballestra non avea serraglia,
E tutti gli inchiudeva a una serraglia;
Che gli ha de intorno fatto una serraglia;
Chiuse con travi, ed ogni altra serraglia;
Né porta chiusa avanti, né serraglia.
Che de intorno alla dama fan serraglia:
E fatto ha intorno al saracin serraglia;
Giù per le coste insieme alla ventraglia
Come era fabricata la muraglia
E dietro a lui gran pezzi de muraglia,
Pregando lei che su la rocca saglia,
Nembroto il fier gigante, che in Tesaglia
Ché ciò che trova, con la spada taglia.
Arbori e piante con la spada taglia,
Di sopra odisti la forza e la taglia
Ecco il gionge alla spalla e quella taglia,
Tutta a traverso de un colpo la taglia:
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25
Lui tra la gente saracina taglia,
Come fu in terra, tutta la prataglia
E Galafrone per quella prataglia
E fuggito ne è via per la prataglia.
Là giù nel piano, alla aperta prataglia;
Se la mia spada al par d'una altra taglia. Spezza la gente in ogni banda e taglia;
A un tratto tutte le sbaraglia e taglia.
La gente tartaresca abatte e taglia;
Chi rompe le sue membra, e chi le taglia.
Ed ambedue a quel colpo le taglia.
Quelle arme che Marfisa al conte taglia.
Sì che le gambe ad un colpo gli taglia.
Tutte col brando ad un colpo gli taglia.
Ché col e spalle a quel colpo li taglia.
Insino a l'altra coscia tutto il taglia.
Sino alla coscia destra tutto il taglia.
Ciascun sì crudamente i Pagan taglia,
Il conte con quel brando che ben taglia,
La spada de ciascun così ben taglia,
Benché Tranchera sua carne non taglia;
Ma carne o pelle a quel ponto non taglia.
Perché ogni fatason quel brando taglia.
Mal fa chi sì gran pezzo al panno taglia,
Lui questo con la spata intorno taglia,
La gran scala di ferro a un colpo taglia,
Ché il monstro con suo dente il ferro taglia,
Ché omini e l'arme a gran fraccasso taglia.
L'arme l'un l'altro a pezo a pezo taglia.
E il scudo come un latte al mezzo taglia;
Gigante non fu mai di meglior taglia,
Orlando con alcun mai fe' battaglia
Costui con Feraguto fie' battaglia,
E suonan li instromenti da battaglia;
Per provvederse alla cruda battaglia
Ripresa insieme avean cruda battaglia,
Noi qui vennemo, e con cruda battaglia
Io vi cantai, segnor, come a battaglia
E mentre che con esso fa battaglia,
Ecco Agramante ariva a la battaglia,
Ma sta da parte e guarda la battaglia.
Però con meco lascia la battaglia,
Sfidò già Dio con seco a la battaglia.
Al pavaglione, ove era la battaglia,
Ma sempre a un modo dura la battaglia:
Tra loro era inasprita la battaglia;
E remirava attenta la battaglia
Or si riversa tutta la battaglia
Ora cangiosse tutta la battaglia,
E cominciorno a l'acqua la battaglia,
E Rugiero abandona e la battaglia,
Nel mezo della nave è la battaglia;
Quel ch'io te chiedo si è che la battaglia
Perché era sopra al ponte la battaglia,
Battendo gli occhi intrava alla battaglia;
Ecco il Danese ariva alla battaglia,
(Così foss'egli!), perché alla battaglia
E quel sfrondando viene alla battaglia.
Contra de Astolfo viene alla battaglia.
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26
Con Brandimarte a intrare alla battaglia:
Per farli rivoltare alla battaglia,
Per radoppiarli il core alla battaglia.
Ben da due leghe è longi alla battaglia;
Poi me ponea con quelli alla battaglia.
Che ogni sua schiera meni alla battaglia.
Or via, miei paladini, alla battaglia!
Mena il danese Ogieri alla battaglia,
Ch'è gionto con quest'altri alla battaglia;
Quivi discese Orlando alla battaglia.
Venne il gigante nudo alla battaglia,
Se foriosi entramo alla battaglia,
Né pone ordine alcuno alla battaglia,
Senza numero alcuno alla battaglia.
E corre ciascaduno alla battaglia:
Ch'io te vincessi il campo alla battaglia,
Ché tornar voglio in campo alla battaglia,
Ricardo entrò primiero alla battaglia,
Muggiando uscitte il toro alla battaglia,
Tanto era riscaldato alla battaglia;
Onde il sfidarno presto alla battaglia.
Ma il re Marsilio intrò nella battaglia,
Né sa come sturbar quella battaglia.
Tanto lunga tra lor fu la battaglia,
Or, cominciando alla prima battaglia,
E diffinir la ultima battaglia,
Qui cominciosse la fiera battaglia,
Gionse correndo ove è l'aspra battaglia:
Or se rinova qui l'aspra battaglia
E rinovata è qui l'aspra battaglia,
Spezza e fracassa a quella aspra battaglia.
A cui piace de odire aspra battaglia,
Con teco fornirò l'altra battaglia. Che vengano a fornir vostra battaglia;
Contro al re Carlo avea questa battaglia,
Sol, come io sono, de questa battaglia,
Che il fiero assalto di questa battaglia,
Non è riparo alcuno a sua battaglia,
Ma al presente io lascio sua battaglia,
Benché tal briga fo senza battaglia.
Tutti vi pigliarò senza battaglia.
Né andiamo cercando altro che battaglia;
(Che far non può diffesa né battaglia)
Con trombe e corni, a guisa di battaglia. Poi ch'io canto de amor e di battaglia.
Credendo aver finita ogni battaglia,
Non ebbe il conte mai cotal battaglia,
Che tra lor cessi la mortal battaglia.
Or se incomincia la crudel battaglia
Ripreso insiem avean crudel battaglia;
E li altri duo con esso fan battaglia.
Per cui far si dicea la gan battaglia.
Quando se incominciò la gran battaglia,
Stati ad odir, segnor, la gran battaglia,
In cinque parte, ognuna è gran battaglia.
Ch'io vo' contare un'aspra e gran battaglia.
Lasciar convienti, o far meco battaglia. Onde c'è forza far seco battaglia. Con quei che il menan prenderò battaglia,
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27
Con seco cominciarno a far battaglia;
Tanto desire avea di far battaglia.
Ed a ciascuna convien far battaglia;
A te convien morir, non far battaglia,
Sin che tre re non prenda per battaglia.
Or se incomincia la maggior battaglia
E perduta ogni robba e vittuaglia;
Non par che piastra, o scudo, o maglia vaglia:
L'Argalia solo a lui non dà travaglia,
Prima il re Carlo entrò ne la travaglia,
Perché Turpin ritorna alla travaglia
Ma nel presente io torno alla travaglia
Urtandovi l'un l'altro alla travaglia
Ne l'altro canto dirò la travaglia,
L'altro cantar vi contò la travaglia
Alor se incominciò l'alta travaglia,
Ora odireti con quanta travaglia
D'intorno a gli occhi e sì fatta travaglia,
Ma errando intorno gli dava travaglia,
Tirase avante ed oda in che travaglia
Che a l'una e l'altra gente diè travaglia.
E per scoder la dama se travaglia.
Pensati che fa quel che se travaglia!
Perché in tre lochi a un tempo se travaglia,
Per sua prodezza e 'l trasse di travaglia.
E sempre avanti il varco gli travaglia
Ciascun presto spacciarse si travaglia,
Un'altra non fu mai di tal travaglia.
Di veder Sacripante in tal travaglia,
Ch'io te li scoterò con tal travaglia,
Tocca sol Martasino e quel travaglia,
Perch'io mi trovo in una gran travaglia,
Per ricontarvi un'altra gran travaglia.
Alle due prime incontra gran travaglia,
Essa rimase ed ebbe gran travaglia,
Poscia che stracco sei di gran travaglia,
Ora il gigante stava in gran travaglia
E tanto dimenando lo travaglia,
Levasi il primo e intorno lo travaglia.
E forse un altro par di tanta vaglia
Chi più de ardire e di possanza vaglia.
Ma non sa ritrovar scusa che vaglia,
Né dir se li può mai ragion che vaglia,
Poi che trovar non san ragion che vaglia,
Argalia, il forte cavallier di vaglia,
Trovar non sa diffesa che li vaglia.
Ché non trovarà verso che li vaglia.
Né li pô dare aiuto che li vaglia,
Sì che lo influsso vostro ora mi vaglia,
La fede che io ti porto, ormai mi vaglia,
Il re diceva: - Se Macon mi vaglia,
Feragù disse: - Se Macon mi vaglia,
Come io lo occido, se 'l mio Dio mi vaglia,
Rise la vecchia e disse: - Or pur ti vaglia!
Se la fortuna mai vorà ch'io vaglia,
E sempre, quanto io possa e quanto io vaglia,
Volto ha la poppa al vento di Sibiglia;
Il mondo tutto a guerra se ascombiglia.
Tutta la gente sparpaglia e scombiglia,
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28
E qual de amor con le dame bisbiglia,
Stringea la bocca ed alciava le ciglia.
Che entrò alla vista ed arse ambe le ciglia:
Però che Orlando avea folte le ciglia,
E truffava di lengua e delle ciglia.
A Sacripante voltando le ciglia:
Ma Rodamonte, levando le ciglia,
Marfisa de stupore alciò le ciglia,
Bradamante ver loro alciò le ciglia:
La lunga barba e le canute ciglia,
E tanto amor mi porti ed a mia figlia,
Questa di Dolistone era la figlia.
Ben sa che è quel qual già tolse la figlia.
Qual Perodia ha donato alla sua figlia,
E dissi a lui: "Segnor, s'io son tua figlia,
Corre de intorno tutta la famiglia;
Con circa a trenta della sua famiglia,
Parte da Aronda con la sua famiglia;
Se il fiume fusse largo diece miglia,
La qual di là da Setta è mille miglia;
Ed era gito avante da tre miglia
Ed è dentro nel mar già sette miglia,
Il principe era longe da due miglia,
Cambiai ad aspri, e fôrno da due miglia:
E tremò il prato intorno a lor due miglia.
Però che ivi lontano a cinque miglia
E con noi venne forse da sei miglia,
E così, caminando da sei miglia
Né passato era avanti oltre a sei miglia,
De esser portato da il vento asimiglia:
Alcun già di prodezza nol simiglia.
Che drittamente a foco se assimiglia,
Giotton, giotton, ché tua faccia somiglia
E di persona alquanto il rasomiglia.
Che una germana sì l'altra somiglia
Che proprio un cervo a' gran salti somiglia;
- Se questo è pur Baiardo, o se il somiglia;
Angelica a costei già non somiglia,
Che altra nel mondo a quella non somiglia.
E bene al suo german tutta assomiglia;
Ché la sua pelle a uno osso se assomiglia.
Con quel parlar che a pianto se assomiglia,
E la sua gente a ciò se rassomiglia.
E fuor del stretto è già trecento miglia.
Di sangue ha il naso e la bocca vermiglia,
Candido ha il viso e la bocca vermiglia,
Perché, fingendo la faccia vermiglia
Per il traverso, alla terra vermiglia.
Che al scudo d'oro ha la rosa vermiglia:
Grifon la faccia avea bianca e vermiglia,
E la sua faccia candida e vermiglia
Era la porta candida e vermiglia,
Che era nel viso candida e vermiglia.
E petto e faccia ha di sangue vermiglia;
Ed ha la faccia di sangue vermiglia.
Tutta nel viso per furor vermiglia,
Il spazo che coi piedi se scapiglia,
Ché Angelica piangendo se scapiglia
Cridando: - Ahimè tapina! piglia! piglia!
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29
Però che Orlando quella dama piglia,
E già la lancia su la cossa piglia,
Ritorna adrieto e il suo brando repiglia,
Or tal sconforto la dama se piglia,
Ed alla fine il partito se piglia
In tal pensiero, e la spata li piglia;
Pur nel cor gran sospetto ancor mi piglia,
L'Alfrera, che gli è dietro, questi piglia,
Cerca la terra e non trova chi 'l piglia.
Tanto piacere e tanta voglia il piglia
Con la rete di ferro al fine il piglia.
Così dicendo per la mano il piglia,
Con la sinistra man nel corno il piglia,
Tal che a ciascun mirando il cor gli empiglia:
Tutta la Spagna del suo foco impiglia.
Mentre che questa zuffa se scompiglia,
Che alla riva del fiume il camin piglia.
Il duca in ver levante il camin piglia,
Il crudel Orione alcun non piglia,
Era assalito, ed esso alcun non piglia,
La dama il drago morto in braccio piglia,
Né Mandricardo, che 'l tuo regno piglia,
E prestamente il libro e il corno piglia;
E questo un pezzo e quello un altro piglia;
Dentro a quella pregion se stesso piglia.
Al fin delle parole un salto piglia:
Ma poi che ha preso in man la ricca briglia
Perché a se stessa avia tratta la briglia,
Accorda il speronar bene alla briglia;
Esso avea tratto a Baiardo la briglia
Perse una staffa e abandonò la briglia.
Sì che li fece abandonar la briglia.
Orlando segue Astolfo a tutta briglia,
Correndo l'uno e l'altro a tutta briglia;
Ma mentre con li altri se consiglia,
Né più vi pensa e più non se consiglia;
La dama con Astolfo se consiglia,
Lei pa rosa a fuggir se consiglia,
Né fra sé pensa o con altrui consiglia,
Ché Fiordelisa sempre lo consiglia.
E di torli qualcosa se assotiglia.
E seco nella mente se assotiglia,
Che di far guarda molto se assotiglia.
De oro e de argento; e non è maraviglia,
E di bellezza è piena a meraviglia.
Che ebbe travaglia e pena a meraviglia.
Ed abbia ardire e forza a meraviglia,
Corre Baiardo più che a meraviglia:
Rubin, smeraldi e perle a meraviglia;
E non doveti avere a meraviglia
Facea Agramante prove a meraviglia,
Facea bei salti e grandi a meraviglia.
Facendo salti grandi a meraviglia,
Quando disparve quella meraviglia.
Con tanta gente, che è una meraviglia.
Ma già longe è Ranaldo a meraviglia,
Ma sempre, via fuggendo a meraviglia,
Quanto va questo legno a meraviglia.
Era un verone adorno a meraviglia,
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30
Torna cambiato in viso a meraviglia:
Mai non fo vista tanta meraviglia,
Vedere il fin di tanta meraviglia,
Ed avea preso tanta meraviglia,
Qual de la caccia conta meraviglia,
Ora io non so s'egli ebbe meraviglia,
Il re mirando lui se meraviglia:
Il re Gradasso assai si meraviglia,
Che sia Brunello ogniom si meraviglia.
Mai non fu vista una tal meraviglia;
Chi avria creduto mai tal meraviglia,
Che fu già fatto con tal meraviglia
Ne l'altro contarò tal meraviglia,
L'alta ventura e la gran meraviglia,
Tanto veloce, che è gran meraviglia.
Ma se egli è desso, io n'ho gran meraviglia.»
Il conte avea de ciò gran meraviglia,
Alor che gl'incontrò gran meraviglia;
Come se vide, fu gran meraviglia,
Questo asinello, e fu gran meraviglia.
Quando quei duo baron con meraviglia
E prese del gran colpo meraviglia;
Perché ebbe di tal fatto meraviglia;
(Turpino il dice: a me par meraviglia),
Orlando se fermò per meraviglia,
Ma amor, che ogni intelletto resviglia,
E la sua gesta seco si raccoglia
- Può fare Iddio ch'una volta non coglia? Da lui se parte ogni passata doglia,
Or con vana speranza, or certa doglia
Dicendo: - Esser non può ch'io non me doglia,
Il lamentare e i pianti pien di doglia,
E sopra a tutti Orlando avea gran doglia,
Che quasi mi ne uccido di gran doglia;
Radoppia il colpo il gigante con doglia;
Ché perder l'acquistato è maggior doglia,
Soffiandolo da sé come una foglia.
E voltasi leggier come una foglia;
E Pinabello e il conte de Altafoglia,
Però che bene è un ramo senza foglia,
Più de ducento ne è per ogni foglia.
E stima tutto il resto una vil foglia.
L'arbor se sfronda e non vi riman foglia;
Né più legier se move al vento foglia,
Ed arivarno senza alcuna noglia
Ora te vedo de cotanta noglia
E disse: - Anco tu vai cercando noglia?
Ma come gionto fu sopra alla soglia,
Grifon rimase fermo in su la soglia,
Comanda a ciascadun che via se toglia,
Parli mille anni che de qui se toglia.
Orsù! Che quella pietra indi si toglia. Ma certamente e' n'ebbe poca voglia;
Ben fu servito di quel che avea voglia,
Che il non acquistar quel de che s'ha voglia.
Io ne ho per tutti; venga chi ne ha voglia. Ma, più bevendo, più di bere ha voglia.
Lo fece accompagnar di bona voglia;
Ecco Americo, il duca di Savoglia,
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31
Ed Amerigo, duca di Savoglia,
Promette ogni altra cosa alla sua voglia;
La quale adesso ha ben tutta sua voglia,
Non che una sola, e sia quello che voglia;
Chi non obedirà, sia chi si voglia,
Dio vi faccia contenti e di tal voglia,
Il conte, che d'entrare avea gran voglia,
Di prender questa zuffa ebbe gran voglia,
Che indi a partirse mai non li vien voglia.
Come al decembre il vento che s'invoglia,
E con tanto piacere e tanta zoglia,
E molta altra brigata con gran zoglia.
E standosi contento e con gran zoglia
Quivi trovò Morgana, che con zoglia
Con apiacere e riposo e con zoglia
Che ritornati a l'altro con più zoglia.
Che al vòto non capea ponto de aguglia.
Coperse sì di gente insino in Puglia,
Discese a Zebeltaro, arse Sibilia;
L'aria se anera e l'acqua si scombilia.
A cui di Creti vôl gire in Cicilia;
Eran qui dentro cavallier tre millia,
Lamentarsi d'altrui per sua follia:
A Bursa andar convengo, in Natollia,
Per li duo miei compagni e sua folìa,
A darli morte sol per sua folìa. Dove sette fratei per tua folìa
E certo io stimo che sia gran folìa
Perdonarete a quel che per folìa
Di che erano amiragli, in Natolia.
De che molto piacer prender suolia,
Che odete quel che odir già non volia.
E il palafreno a lui donar volìa.
Ciò che io vi lascio, è della robba mia.»
Tu debbi satisfar la roba mia;
E far battaglia contra a voglia mia.
Che te contenti de la voglia mia.
A voi dilettarà l'istoria mia,
Per confidarme alla malizia mia;
Adunque ascolta la sentenzia mia:
Ché quella spada al fin serà la mia,
Se tal ventura ben fosse la mia,
Tu non hai dama, e vôi tormi la mia. Qual pena è in terra simile alla mia,
Una donzella, che è figliola mia,
Eccetto l'arme e quella dama mia
E lasciami seguir la dama mia,
Come una parte de l'anima mia
Ma tu cognosci bene, anima mia,
Faragli ancor pietà la pena mia,
Pietà vi prenda della pena mia,
E in campo mantenir l'insegna mia? Or se radoppia la vergogna mia,
Per una dama, che è regina mia.
Goderà adunque la persona mia
Colui guadagni la persona mia:
O che si prova alla persona mia. Provarti solo alla persona mia,
Io te offerisco la persona mia;
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32
Dove mi mena la fortuna mia?
Che me con tutta l'armatura mia
Io te ho scoperto la natura mia,
Ma se volesse la ventura mia
Non se paragia alla sventura mia,
Dati odienza alla sventura mia.
Esser vi piaccia alla diffesa mia. Compir voglio con lui l'impresa mia;
Ch'io traga contra a te la spata mia;
Me ha tratto alquanto de la strata mia;
Ché io l'amo assai più che la vita mia. Lasciar m'incresce assai la vita mia,
Né per la tema della vita mia,
Ch'io mai trovassi nella vita mia;
Che io li ho mandato con Fusberta mia. Ma s'io n'ho mal, la colpa è tutta mia,
Nel vostro onor la nominanza mia)
E ben te giuro per la fede mia,
Perché io te giuro per la fede mia,
Disse Gradasso: - Per la fede mia!
Seran lasciati su la fede mia;
- Stati securo in su la fede mia, Ciò ti prometto su la fede mia,
Né me ritorna a mente, in fede mia,
Rispose Mandricardo: - In fede mia,
Gli dicea: - Cavalliero, in fede mia,
Che ciò non fosse vero, in fede mia!
Rispose alora il conte: - E' non è mia.
Che il celo e tutta l'aria ne fremia,
Cognosca in tutto la bontate mia,
E se a lor serà grata l'arte mia,
Se vôi che più sia tua ch'io non son mia,
S'io fossi stata in alcun tempo mia,
Tu la abandoni, e lascila per mia.
Poi vede la donzella che dormia:
Che sino alora ancor forte dormia,
E tutta disertar la Pagania,
Non fu in quel tempo in tutta Pagania;
Eran costoro il fior de Pagania,
E te lasciarò andare in Pagania
Ad invitarme a tanta vilania. A tutti dice oltraggio e vilania.
Parendoli il svegliarlo vilania.
Sempre parlando con più vilania,
Ed ha' gli usata tanta villania.
Che lo spronava in tanta villania,
Perisse con sì brutta villania;
Ma pur, temendo a farli villania,
E far vendetta de ogni villania;
E già non stimo farti villania:
E lui me oltraggia con tal villania,
Mi sia portato e con tal villania,
E de Albarosa la gran villania,
Dicendo a Brigliador gran villania,
Ne offende l'onor de altri in villania.
Per andar al perdono in Zorzania;
Onde cacciosse tra l'altra genia.
Non se vidde giamai tanta genia;
Gli occhi battuti alla terra tenìa;
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33
Con bono accordio seco il retenia;
E Tibiano il seggio vi tenia.
Torindo la battaglia mantenia,
Che contra di Marfisa il mantenia,
E un gran baston di ferro in man tenia;
Che alor de' Greci lo imperio tenia,
Discosto a sua persona lo tenia.
Che quasi il mezo de il campo tenia,
Una donzella il suo destrier tenia;
Trovando lei che morta esser tenia.
Sopra de Rabican l'una venìa,
L'un più che l'altro a gran fretta venìa
Angelica era quella, che venìa
De Angelica diciamo, che venìa
La gente sterminata ne venìa
Il conte dopo questi ne venìa,
Piangendo forte contro a lei venìa,
Il cavalliero incontra gli venìa
Per mala sorte inanti gli venìa.
Ma di Biscaglia alcun non vi venìa,
Ma io non puotevo, e non se convenia:
Dicendo che quel giorno convenia
Seco Prasildo ed Iroldo venìa,
Nel campo rosso, e ben ratto venìa.
Or questa gente che là giù venìa,
Però che quel grifone in giù venìa
Passò nel regno con molta zenia;
Ora, segnori e bella compagnia,
Fece parlare a quella compagnia,
Farò che avreti bona compagnia. Ma Brandimarte e l'altra compagnia
Segnori e graziosa compagnia,
Ed ha seco infinita compagnia:
Poi mosse Carlo questa compagnia,
Orlando, dico, e la sua compagnia;
E lui fu morto e la sua compagnia,
Tutta la gente di sua compagnia
Sconfitta e morta fu sua compagnia;
Salvo, con tutta la tua compagnia. Ciascun chi è preso di tua compagnia,
E va soletto e senza compagnia.
Or se diletta in dolce compagnia,
Congionse Amore in dolce compagnia.
Fanno a Ranaldo onore e compagnia.
E però vengo a farte compagnia,
Or ne viene esso a fargli compagnia.
Ch'io serò presta a farvi compagnia. Ché ben lì trovarai gran compagnia,
Ma non voglio adamarla in compagnia
Grandonio di Volterna in compagnia,
E seco ne menava in compagnia
Poi son tre, gionti insieme in compagnia,
Con quel falso vecchione in compagnia.
Con molta di sua gente in compagnia;
E venne con gli araldi in compagnia
Con nove cavallieri in compagnia:
Con circa a vinti armati in compagnia.
Avea Grifaldo molti in compagnia,
Ché Orlando è gionto, e seco in compagnia
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34
Ma sempre serò teco in compagnia;
Che siamo a cena vosco in compagnia. Ch'io vo' venir con vosco in compagnia!
(E già non ha Ranaldo in compagnia),
Se gionse con Ranaldo in compagnia;
Che venner con Orlando in compagnia,
Minor li pare essendo in compagnia.
E seco Manilardo in compagnia,
Forse da trenta eramo in compagnia.
Insieme se partirno in compagnia,
Avean seco costoro in compagnia.
E fe', cadendo, a Gano compagnia.
Dove non ha bisogno compagnia,
Ma per aver ristoro o compagnia
Li altri, per fare ad esso compagnia,
A questi che gli han fatto compagnia,
In cotal modo il suo parlar finia.
Gli urtava adosso e tanta la zinia,
E tanto uccidon di quella zinia,
A mal dispetto di quella zinia.
Morta e sconfitta fu quella zinia.
Ducento millia e più quella zinia,
Ed è pur negra ancor la sua zinia.
Della tua morte, e gran malenconia.
Che avea perduto, e in gran malenconia;
E disse al conte: - Io ho malenconia,
Che nol ritorna in quella pregionia.
Qual chiudea intorno quella pregionia;
Per trar fuor quei baron de pregionia,
Ma par che n'esca alor di pregionia.
Fati vendetta de una fellonia
Sono perduti e per sua fellonia.
Qual non dimora là per fellonia,
Che la tormenta sol per fellonia,
Gionse Arigalte, il re de l'Amonia,
Venne Agrigalte, il re de la Amonia,
E mormorasse assai la baronia
Segnori e dame e bella baronia.
Cari segnori e bella baronia,
Da re settanta ed altra baronia,
Con duci e conti e molta baronia
Fratei del re, con molta baronia,
Ove il re Carlo e la sua baronia
Ma entrambi li lodava, e discernia
A benché a poco se ne discernia,
Prega Ranaldo quanto più sapìa,
Ma so che seti sì benigna e pia,
Di novo incominciò con voce pia
Nel re del celo e nella Matre pia;
Donaci aiuto, o Santa Matre pia!
Ma prima che il pensier vostro se adempia,
Farò scadervi l'una e l'altra tempia.
Ebbe de armati in campo maggior copia,
Con le gente di Scizia e de Etiopia
E nel stirparla parbe tuon che scoppia.
Non teme impaccio e la forza radoppia,
Né pone indugia che 'l colpo ridoppia.
Con salti dritti se innalciano a l'aria;
Oltra alla selva della Barbaria
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35
Le due Cecilie e in parte Barbaria:
Sin che condotti gli ebbe in Barbaria.
Belisandra robbasti in Barbaria,
Quel che potesse far, tutto faria;
E già la Magna grande e la Ongaria;
Né Spagna, né Alamagna, né Ungaria:
Mandò nel campo una sua ambasciaria,
Che quella spada non mi tagliaria. Quel loco ove era la battaglia ria,
Or se apresenta la battaglia ria,
Fo il giorno occisa alla battaglia ria.
Né dare aiuto a quella dama ria.
De ciò che vi era, sol la dama ria,
A Manodante andò, la dama ria;
Signosse il viso e disse: - Ave Maria!
Che seco a piedi mai nol menaria:
Me hanno condutto a questa pugna ria;
Che lo intelletto li ritornaria,
Ove mi mena la fortuna ria.
Come sapete, la fortuna ria
E da voi scacci ogni fortuna ria;
Ed ecco ad una fonte li apparia
Quivi d'intorno alcun non apparia.
Ché sopra al scoglio sta una fera ria,
In poco d'ora si dimostraria
Or così parve alla sventura ria
Tutta la notte la brigata ria
Lo ricondusse in quella prataria
Che tutta fe' tremar la prataria.
E spargerove per la prataria;
Quando lui giunse in su la prataria.
Sopra una larga e verde prataria,
Fan rintonar la tomba solitaria;
Con quisti il re di Sueza, Santaria:
In questo il re Lurcone e Santaria
Polifermo e Brontino e Santaria
Quivi era in campo, e 'l re di Santaria
Che per nome è chiamato Santaria,
Vedi Lurcone ed il fier Santaria;
Tenea gran parte de la Tartaria,
Come intendesti, il re de Tartaria,
Il re de' re, segnor de Tartaria. Quale era imperator de Tartaria,
Contra Agricane, re di Tartaria;
Dico quei de India e quei di Tartaria,
Ed era imperator di Tartaria;
Il grande imperator di Tartaria
A nascer de voi stirpe in Tartaria
- Che vadi solo, io nol comportaria.
Di nota arguta, consonante e varia;
E fu salito in tanta bizaria,
Ardea ne gli occhi pien de bizaria,
Disse fra sé: «Questa semenza ria
Che al Tronco del Tesor stava a l'ombria.
Dal Minotauro, bestia orrenda e ria,
E la rivera della Barberia
Or, per non far più longa diceria,
Che avea contata lunga diceria;
Seguendo poi con bella diceria
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36
Or Turpin lascia questa diceria,
Pur vi concludo senza diceria
Io fossi morto, e' non me incresceria,
Se più parlassi, io non risponderia;
Ché il conte Orlando qua non valeria,
Se amate onore e la cavalleria,
Segnor, se amati la cavalleria,
Fu la eccellenzia di cavalleria,
Se onor di corte e di cavalleria
Se onor te move di cavalleria,
Qual se raconti, di cavalleria,
Che il primo officio di cavalleria
Di tanto pregio e tal cavalleria.
Ciò te dimando per cavalleria:
Onde io ti prego per cavalleria
Viene obligato per cavalleria
Già Bradamante non ne temeria;
Del re bastardo e conte de Almeria;
Ma tutto il resto d'una serpe ria.
Qual signoreggia tutta la Esperia;
Costui ch'io dico, è re de la Esperia.
Quel Sorridano è re della Esperia,
Largo è il paese, aperto a prateria,
Ma per campare altrui da morte ria.
Di tanta pena e della morte ria,
Qual me involasti iersera a l'osteria?
Senza esso certo mai non viveria. Che ben de l'altre cose gli diria,
Perché io son certo che poi si diria,
E come e Greci poi sol per sua boria
Ma se alcun più superbo, per sua boria,
Quale ha tanta arroganza e sì gran boria,
Che è de ardir pieno e d'alta vigoria.
Ché il cavalliero ha molta vigoria,
Di cotal forza e tanta vigoria.
Di cotal forza e tanta vigoria.
- Io credo per mostrar tua vigoria
Quelli hanno ad ogni forza e vigoria
Ben vi so dir che ormai de vigoria,
E il re Ballano, pien de vigoria;
Il re Adriano, fior de vigoria,
Ed Aquilante pien di vigoria;
Prasildo e Iroldo pien di vigoria,
Lodando ogniuno il suo di vigoria:
Tutti èno insieme, e con gran vigoria
Che morti fur da noi con vigoria:
Che non giova possanza o vigoria
Né ti varrà lo ardire o vigoria,
Non per prodezza né per vigoria,
Così nel tempo che virtù fioria
Però che Amore è quel che dà la gloria,
Seti de onore e de virtù la gloria,
Dicendo: - Ciò non toglio a vanagloria,
Tutti vi guardi il re de l'alta gloria.
Vi erano assai, e nomi de alta gloria,
Uno omo a possidere ogni sua gloria;
Che più de ora te acquisti fama e gloria. Dio ce conservi con piacere e gloria.
Ma questa è la donzella che se gloria
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E chiunque ama virtù, cresca di gloria:
Però che ivi intagliata, con gran gloria,
Se a quei che trionfarno il mondo in gloria,
Io feci questa guerra sol per gloria:
Che fusse mai nel mondo, e di più gloria,
Che sia nel mondo, non se ne ha memoria;
Chiunche la vede, perde la memoria,
Ed io cantando torno alla memoria
Come doveti aver nella memoria;
Non avesse soccorso la memoria,
Se non me inganna, segnor, la memoria,
Tra lor deliberando che memoria
Come ha bevuto, perde ogni memoria,
Li avea col sonno tolto ogni memoria.
E de ira e de dolor quasi moria.
E, come è detto, errando si moria;
Fuor di me stesso vivendo moria,
A me basta mia antiqua segnoria;
Che sopra alcun non volse segnoria,
E tre germani preser segnoria
Sopra a le qual Marsilio ha signoria.
Ogniom di loro ha molta signoria,
Dove Amor non avesse signoria;
Gli acerta che ogni indugia è troppo ria;
Che tenne Egitto e tutta la Soria;
Che se trovasse in tutta la Soria.
Voglia condur su il mar de la Soria,
Ciascun di Tribisonda e di Soria,
Né la serpe calcata è tanto ria,
Che strata non fu mai cotanto ria,
E di Marfisa, che fu tanto ria
Struggendosi de amor, fu tanto ria,
Onde mi piace di seguir l'istoria,
Del re Alessandro vi è tutta la istoria.
Rugier, narrando ben tutta la istoria,
Ché a l'altro canto abandonai la istoria
Di questa dama tu non sai la istoria,
Apresso narrarò la bella istoria:
Se tornati ad odir, la bella istoria:
Però vi piace odir la bella istoria.
E contarovi la più bella istoria
Or de quel fatto io vo' seguir la istoria.
Di ciascuna cosa seguir la istoria,
Ma a voi, che intorno odeti questa istoria,
Che non accade a dire in questa istoria.
Non tua morte cercai, ma mia vittoria.
Amore è quel che dona la vittoria,
Ma a questi la fatica e la vittoria
Usando crudelmente la vittoria,
Con l'ale è armato, a guisa de Vittoria,
Mai non avesti e non avrai vittoria
Ad ogni cavallier doni vittoria,
Che l'uno e l'altro corse con vittoria
Serìa impossibil lui acquistar vittoria,
Però che volentier stimar voria
Come la porta in quel ponte se apria,
Io non lo niego, e negar non sapria,
Così grande ombra quel campo copria:
Dentro a questo giardin teco verria;
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38
E benché Brigliador forte corria,
E, se io potessi ancora, io non vorria;
Ma Ranaldo con lui de maestria
Ed hallo usato ad ogni maestria
Che tutti al saettare han maestria:
Con forza grande e molta maistria.
Ma questa dispettosa e trista furia
Torindo il Turco menava tal furia
Verso de Astolfo se ne va con furia;
Terribilmente, acceso in maggior furia;
Il conte Gano che ode quella ingiuria,
Ricever da costoro a torto ingiuria,
Ma chi per una e chi per altra iniuria
Non crediati che sia maggior iniuria
Io te farò di zanze aver penuria.»
Tutte hanno in odio che la sua lussuria
E lui soletto non ha chi lo alturia
E Menadarbo, quel Soldan, lo alturia,
Che così volontier morto l'avria,
E forse che Ranaldo occiso avria:
Ne l'altro canto al re de Circasia.
Come di sotto al re de Circasia,
E voglio andare al re di Circasia;
E mandò un brando al re di Circasia,
Quivi m'ha posto il re di Circasia,
Questo è quel gran segnor di Circasia,
Passata ha Orcagna, e gionse in Circasia.
Ed arivamo quivi in Circasia.
L'altro a ponente verso Circasia.
Ma con tal patto la battaglia sia,
- Di qualunche di voi la dama sia,
Ché qualunche n'ha più, più ne desia:
Sopra ogni cosa del mondo desia,
Poi che averlo il tuo cor tanto desia;
Che mena a fretta ciò che far desia;
Per tutto il mondo in femina che sia!
Ed è più ardente che foco che sia,
Più real sangue, e non credo che sia;
In parte del deffetto par che sia;
Ma testimonio il celo e Dio me sia
Benché macchiato è forte de eresia:
Non sa quella donzella ove se sia,
Aponga ad un che non sa chi se sia:
Quel cavallier che non sai chi se sia,
Ed io son data a non so chi se sia.
A remirar quel che de lor se sia;
Che dir gli piaccia de che gente sia.
Se volete saper che gente sia
Ma quel parlare e lunga cortesia
La tua prodezza e quella cortesia
Né credo mai che tanta cortesia
"Da te son vinta in tanta cortesia,
Io voglio usarvi alquanta cortesia:
Ma ben ti prego per tua cortesia,
La gentilezza senza cortesia. Valor, beltate e forza e cortesia,
Con noi stava allegrezza e cortesia,
Tanto lo stringe amore e cortesia;
Gli ha fatto e falli onore e cortesia.
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39
Sì come per bontate e cortesia
Che seguite ardimento e cortesia,
Non sono io vinto già di cortesia?
(Come colui che è pien di cortesia),
Il giovanetto pien di cortesia
Poi ch'io son vinto ancor di cortesia.
O de pigliarlo o farli cortesia.
Ogni bontate ed ogni cortesia,
E te ringrazio di tal cortesia,
Per render merto a sua gran cortesia.
Chiedendo dolcemente e in cortesia
Venite ad ascoltare in cortesia,
Se in amor non si spende o in cortesia,
Chi il pareggiasse in arme o in cortesia.
Per li nostri dinari, o in cortesia,
Disse: - Deh! cavalliero, in cortesia,
Mostratimi il camin per cortesia;
E dice: - Cavallier, per cortesia
Né creder che aggia tanta scortesia,
Ed hamme usato tanta scortesia.
Io vincerò la sua discortesia;
Che dà tal merto a sua discortesia.»
Avrei commessa gran discortesia
Stata è la tua ben gran discortesia
Disse Agricane: - Egli è gran scortesia
Benché di piccol tempo e breve sia,
Quel che gli piace e quel ch'egli disia;
Quella donzella che il tuo cor disia,
E disse: - Testimonio il ciel mi sia,
- Se l'è tua, - disse il conte - e tua si sia,
Che alcun di lor non sa dove si sia.
Dapoi che esser convene, e così sia! Volse Fortuna che altrimenti sia,
Poi dice: - Io non so già che tu ti sia;
Né sapria dire alcun quel che lui sia,
Abenché Feragù forse non sia,
E via ne andƒr di lungo a Nicosia,
Vuol che nel tutto de Prasildo sia,
Il qual non credo ormai che al mondo sia,
Il megliore omo è lui che al mondo sia.
Quanto alcun'altra che oggi al mondo sia.
Onde io mi penso che assai meglio sia
Che, come amor se gionge a zelosia,
E prese nel pensier gran zelosia,
Che, disprezata, cade in zelosia:
Che ardo d'amore e giazo in zelosia?
Altro non volse, sol per zelosia;
Grifone ed Antifor de Albarosia,
Ed eravi Antifor de Albarosia;
Stassi con Antifor de Albarosia:
Né alcun de lor sa già chi l'altro sia;
Per la quale Isolier riscosso sia.
Poi con morte quieta estinto sia
Prima che il sole a sera gionto sia,
Oltra di ciò, quando pur gionto sia,
- Non piaccia a Dio, - dicea - che questo sia!
Pur quel ch'io cheggio da te fatto sia.
Qual crede alcun che il Nil d'Egitto sia,
Sin che condotta in loco salvo sia.
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40
E lui rispose: - Io son de Circassia,
Questo veggendo quel de Albarossia,
Con seco è Antifor de Albarossia.
Ma il forte Antifor de Albarossia
E con esso Antifor de Albarossia;
Atterrƒr Antifor de Albarossia.
Scontrò con Antifor di Albarossia;
Vedi lo imperator de la Rossìa,
Ma quel de Piliasi la Rossìa
Contra a quei de Mongalia e di Rossìa.
Forte piangendo il cavallier mentia,
Vedi là il forte re della Gotìa,
Per quel furor la terra sbigotia,
Già di tal cosa non se sbigotia,
Ben Malagise alquanto sbigotia,
Con la spada alta quanto più potia,
Ma pur lo segue quanto più puotia.
Così gli disse, e poi si dispartia
Cader si lascia la incantata bestia;
Nel fiume se atuffò senza molestia.
Di grosse piastre il sbergo se vestia,
Divizia, guerra, pace, caristia.
Per terra a gran furor quello abattia,
Smontava a terra e alla porta battia;
Così a ciascun che al campo combattia,
Mentre che l'uno e l'altro combattia,
Lui ridendo e da scherzo combattia,
Disconciamente dietro lo battia.
Gano le spalle alla terra mettia.
Tra lor con parlar dolce se mettia,
Sua Durindana al fodro rimettia,
La damisella un gran crido mettia:
La damisella un gran crido mettia:
Oltra quel monte Orlando la seguia,
Col conte Orlando, ed ancora seguia,
La gente tartaresca che seguia,
Re Galafron, che sempre li seguia
Una gran gente detro a lui seguia,
Perché dietro a Torindo ognun seguia,
Ma Rabicano a tal modo seguia,
Per tutto il campo Orlando lo seguia,
Per tutto intorno al campo lo seguia;
Orlando per lo campo lo seguia
La dama, che era a piedi, pur seguia,
Il conte Orlando gran dolor n'avia,
Che de pigliarlo gran fatica avia.
Viso di dama e petto e braccia avia,
Il scudo è d'oro; e su la coscia avia
Dico che quel gigante in guardia avia
Ché de pigliar Baiardo voglia avia.
Un caval bianco dentro a quella avia,
Perché tanto odio a quella dama avia,
Ma ciascadun de' tre gran pena avia,
Questa riviera un ponte sopra avia:
L'uno e l'altro segnor gran possa avia.
E là il condusse ove la fusta avia.
Non dimandati se allegrezza avia.
S'io faccio che colui ne vada via,
Il leon bianco in campo verde avia:
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41
Dandoli gran cagion del mal che avia.
E de quel brando e del corno che avia
E la sua matre, che fatte le avia,
Il re lo adimandò che nome avia,
Qual pur mi par che cotal nome avia;
Il re Agricane gran doglia ne avia,
Qual tanta forza e tale ardire avia,
Ranaldo gionto il traditore avia,
Ciascun pien di stupor la mente avia,
E la fatica de la lunga via
La rocca de Albracà tolto li avia,
Che il falso Trufaldin fatto li avia;
(Costui già il regno de gli Armeni avia;
Costui che io dico e i labri grossi avia;
Ardire e senno in sé coniunti avia.
Pel sangue de' Pagan che morti avia.
Del mio camino, ed è lunga la via.
Trovano aperta a sua voglia la via. E quanto durarà la mala via,
Dopo l'affanno della mala via,
De ritornare a quella mala via
Che se dispera e non trova la via.
E di camparla non vede la via;
E lo trovarno a mezo de la via,
Qual or vi piace. Prendite la via,
Che assaliranno in più lochi la via.
E rescontrollo a mezo della via,
Che ciascun, qual passasse in quella via,
Vôi tu forse tornar per quella via,
Sì che un gran tempo smarirno la via,
Ma questo è solo il modo e sola via
Perché diceva lui saper la via.
Era rimaso adietro per la via;
Ché condotta era qua per strana via.
Che più filiol né figlia non avia.
Cosa più forte al mondo non avia:
E, perché alcun sospetto non avia,
Secondo che il destrier ciascun avia,
Sotto la terra avea fatto una via,
Che dentro da Sirona seco avia,
Perso ho quel ch'io volevo e quel ch'io avia.
E il scudo fraccassato in braccio avia;
E ancor di forza vantaggio avia.
E corpo e braccie e membra d'omo avia.
Secondo che 'l parer ciascuno avia.
Quel re circasso un tal destriero avia,
Dove il franco Ranaldo occiso avia
Che a tal partito il senno perso avia;
Videro un cavallier, che in dosso avia
Baiardo il buon destrier menato avia;
Tra molte palme che quel prato avia.
Del gran periglio che sentito avia;
Menando, come il primo fatto avia;
Forte e legiero, un sol diffetto avia,
E tanto sangue già perduto avia,
Per molto sangue che perduto avia,
Lui lascia Salamone e tira via.
Lei non mostra curare e tira via.
Non ritrovasse al suo scampo altra via.
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Avertila convien per altra via. Per altre parte gionse a questa via.
Adunque senza capo è questa via.
Poi che seguir conviensi questa via,
Che a ciascadun che passa in questa via,
Angelica fu scossa in questa via,
Ciò che intravenne a loro in questa via.
Tornare a dietro e lasciar questa via;
La cerva e la colomba tuttavia
Ché Brandimarte il tocca tuttavia.
Ad alta voce chiama tutta via.
Che se è menata e mena tuttavia;
Ed Isolier s'aspetta tuttavia,
Trufaldin se ne andava tuttavia
Però che 'l mal li cresce tutta via. Tagliando gambe e braccie tuttavia.
E ragionando insieme tuttavia
E che per il passato e tutta via
Come nel fatto fusse tuttavia,
Che quivi era presente tuttavia,
O se alcuna forse ami tuttavia,
Dando e cogliendo colpi tuttavia;
Or questi tre che io dissi, tuttavia
Pur col vento che io dissi, tuttavia,
Fuggendomi davanti tuttavia,
Menata han sempre e menan tuttavia.
E li altri lo tempestan tutta via.
Sopra il mar del Bacù van tuttavia.
De arme e di guerra dicon tutta via.
Ragionando con seco tuttavia
E così caminando tutta via,
Ranaldo suona il corno tuttavia,
Così li va de intorno tutta via,
Saltando va de intorno tuttavia;
Guardandose de intorno tuttavia,
Ed essendoli dietro tutta via,
Disse: - Io pensava e penso tuttavia
Più fier cresce lo assalto tutta via,
Onde, avendo io ciò fatto tuttavia,
Aveva Feraguto tuttavia
Ver Tramontana prende la sua via,
Scordasi la cagion de la sua via;
Non se accordando, andava alla sua via.
Due volte tornò il sole alla sua via
E a tutti gli altri, e vanno alla sua via,
- O ver lascia la dama, e va a tua via. Gli disse: - Cavallier, va alla tua via,
Dicea: - Deh! cavallier, va alla tua via,
Prendi il destriero e vanne alla tua via:
Che troppo è lungo: vanne alla tua via;
Al suo dispetto l'om portava via,
In mezo de due dame ne va via,
Fiume senza onda e casa senza via
Totila, per Macone! e vanne via,
Gli impose che il baron portasse via
Or fa al mio senno, e tuotti anco te via. Voi, chiare stelle, e luna che vai via,
Che 'l ladro tolse il corno e fuggì via.
Esso andarà con suoi giganti via. -
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Diceva Pinabello - a cotal via
Dànno ordine in qual modo ed in qual via
Ma certamente io vedo una sol via
Feragù prestamente il dissolvia,
Che bisogna più dir? Lor ne van via;
Apresso di questo altro ne vien via
Marsilio d'altra parte anco vien via,
Soletto alla marina poi s'invia;
Una disgrazia dietro a l'altra invia!
Alla riviera del Riso se invia;
Che il venen terminato esser dovia.
Dardi e saette adosso li piovia;
Che senza altro pensier ne andamo via;
E verso Montealbano andarno via,
Rimanti adunque, ch'io me ne vo via,
Non vedi tu lo error che te desvia,
Che la più parte del mondo disvia;
Volta le spalle, e vieni anco tu via
Che ciò che si può far, per te si fazia,
Ma in fin convien che amando se disfazia,
Se Dio mi serva al fin la usata grazia.
Queste han ne gli occhi lor cotanta grazia,
Ora ti prego, conte, se mai grazia
Ora ivi arivò già per sua disgrazia
Così ti renda ogni tua voglia sazia
Per farvi di piacer la mente sazia,
Quando si gode sol, senza amicizia?
Questo era Maricoldo di Galizia,
"Adoprata ha il volpone alta malizia.'
Legar si fece con molta malizia,
Se lui campasse, egli ha tanta malizia,
Se io non temessi di qualche malizia
Ma bene è grosso e grande di malizia;
Stimato assai è quel che ha più malizia,
E se io volessi alciare una pelizia
E molti altri baroni e gran milizia.
Non han moneta e non hanno avarizia
Ch'è Manilardo, il re de la Norizia,
Non puote aver compita una letizia;
Fôrno raccolti con molta letizia.
Campane e trombe suonan di letizia.
E soi gli sono intorno con letizia.
E con aspro parlar l'un l'altro astizia.
Che dello inferno è proprio la tristizia:
Che a riguardare egli era una tristizia.
Lui sa del lusingare ogni tristizia,
E iudici e notai, ché han gran tristizia
Oggi ce abbatta tutti con tristizia? Ch'io piansi il sangue vivo per gran stizia;
Se adiffendeti il dritto e la iustizia,
A lui dicendo: - Attendi alla iustizia,
- Oggi hai trovato il brando di iustizia!
Maggior del mondo e più strana nequizia. - Ha la fortuna in sé tanta nequizia?
E si feriano con tanta nequizia
O del gioco e bagascie la divizia,
De pecore e di capre ha gran divizia,
Ciuffali e tamburelli a gran divizia
Cridi e lieti romori a gran divizia,
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44
Che giova aver de perle e d'ôr divizia,
Ché de sì fatti avea morti a dovizia,
La damigella, per necromanzia
Ed io fra tanto per necromanzia
Qua non vale arte de negromanzia,
Tutti son persi per negromanzia.
Se per incanto o per negromanzia
E uno elmo fatto per nigromanzia
E dentro entrarno a gran magnificenzia,
Di più ricchezza e più magnificenzia.
Brandimarte al castel prese licenzia
Come fu armato, allor prese licenzia,
Poi fece a l'altra gente dar licenzia.
- Chi vi ha concessa, cavallier, licenzia
Omini e donne a tal appariscenzia
Turbosse il conte a tal appariscenzia,
Avea il scudo, ch'io dico, appariscenzia.
Dove Agramante avea sua residenzia:
Con ardire mestiato di prudenzia.
La odìa parlar con poca pacienzia,
Ciò vi comportarò con pacienzia,
- Tutte le cose de che se ha scienzia,
Ma, fusse o per l'error de sua scienzia,
De orazion e salmi ogni scienzia;
Trentaduo re, che egli ha in obidienzia;
Del che vedremo presto esperienzia. O per esempio, o per esperienzia;
Il suo principio è di tanta eccellenzia,
Coperti a drappi d'ôr per eccellenzia;
Acciò che quella orribile apparenzia
Ma tra fatti e parole è differenzia,
E fece in su la terra riverenzia,
Ad esso fier' quei re gran riverenzia,
Re Mandricardo allor con riverenzia,
Lui gli racolse con lieta presenzia,
E fuôr tutti davanti a sua presenzia.
E l'altre dame ne la sua presenzia
E non se sbigotì di sua presenzia,
Ella rispose: - Io son la Penitenzia,
Ebbe il garzone estrema penitenzia,
De digiunare, o de altra penitenzia.
Dapoi ch'io debbo dir la mia sentenzia,
Sì come fosse astretta per sentenzia
Non fu veduta mai tanta potenzia;
Poi passò dentro senza resistenzia.
A Roma, in Francia, o per altra provenzia,
Piglia un gran salto, e gionsela ne l'ala.
Adocchia il tempo e, quando quella cala,
Che armati son di sàmito e di tela!
Oh che squarcioni andran per l'aria a vela!
E sopra al fio de Amon con furia calla;
E verso il cavalliero anco se calla,
Pur giù vien lo orco e verso il mar se calla.
La spada adosso in quel modo gli calla,
Ma il brando per traverso un poco calla,
La gran percossa al forte scudo calla,
E giù nel scudo con fraccasso calla,
Gionse nel fianco il brando che non falla,
Con sua Fusberta che giamai non falla.
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45
Nel scudo de osso il bon brando non falla,
Or se Marfisa un sol colpo non falla,
Quindi, levati a guisa di farfalla
Legier lo porta lui come una galla,
Sì come zucche in su vennero a galla;
E venne gioso e colse nella spalla,
Un gran pezzo de monte ha in su la spalla,
Ché la masella pose in su la spalla,
Sì che il partì dal fianco in su la spalla.
Il re percosse lei sopra una spalla,
Ma Brandimarte il gionse in una spalla
Poi l'elmo apparve e l'una e l'altra spalla,
Con tal parole a la sinestra spalla
Né già per questo il brando se aristalla,
Re Sacripante ad Angelica bella.
Tornò davanti ad Angelica bella;
Dentro se allegra e nel viso se abella.
Chi prima vede la sua faccia bella,
Io te scongiuro per sua faccia bella,
Gionsero in fine a la muraglia bella,
E dà di mano a quella briglia bella
Vestita de oro, e a maraviglia bella.
Sendo la dama a meraviglia bella,
Vestita a bianco e a meraviglia bella,
Coi capei d'oro, a meraviglia bella:
Ne l'altro contarò la istoria bella
Che avean cacciata Angelica la bella
Qual per amor de Angelica la bella
Sol per amor de Angelica la bella;
Sol per cercare Angelica la bella,
Sol per vedere Angelica la bella
Parlar li volse Angelica la bella,
Veder mi parve Angelica la bella;
Quanto desidri, Angelica la bella;
Campata avendo Angelica la bella,
Perduta ho in tutto Angelica la bella.
Che fu nomata Elidonia la bella,
De oro e de argento Morgana la bella;
Però che in capo della sala bella
E poi che l'ebbe entro una sala bella,
Che questa è Leodilla, quella bella,
E l'altra è Fiordelisa, quella bella
Dorme vicino a lui la dama bella;
Alor parlava quella dama bella:
Io guadagnavo questa dama bella.
Come sapeti, dolce anima bella,
E Lancilotto e sua regina bella
Fratello è questo a Fiordespina bella,
Perché è di viso e di persona bella;
Intra quelle due dame, ogniuna bella:
Furno portati a quella zambra bella;
Essa era saggia sì come era bella,
Che tanto cara gli è quanto era bella,
Al suo germano, e fior d'ogni altra bella,
Poi che soccisa fu la pianta bella
L'acqua era chiara a meraviglia e bella,
Sopra de l'altre graziosa e bella.
Trova nel bosco la vergine bella,
Perché è di fede e di pietà ribella.
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46
Quella persona di mercé ribella,
Non sia la morte almen de Dio ribella.
Che fece una alma sì de amor ribella! Tanto è gagliarda, e ancor non è men bella.
Ha manco luce ed è di lei men bella. Qual è tanto fallace e tanto bella,
Che istoria non fu mai cotanto bella.
Ché fiera non fu mai cotanto bella;
E veggendola in viso tanto bella
Che altra al mondo mai fu tanto bella.
E così scolorita era ancor bella;
Una mason, che mai fu la più bella,
Non fu veduta mai cosa più bella.
Contra del patre se fece rubella;
Poi tutto il regno come una facella
Non se accese mai lampa né facella,
Montò la pietra, che parbe una occella;
Poi ne l'aria volò come una occella;
Ma lui di qua e di là tanto si cella,
Là con Gualtiero a quel bosco ti cella,
Sopra a la poppa d'una navicella
E con quello entra in una navicella,
Intrò soletta in una navicella,
Giamai di man non gli uscirà polcella.
Non so se alcun trovò la sua polcella.
Non me volse tenir più chiuso in cella,
E tutti e denti fuor de la mascella:
Duodo de Antona e Ivone de Bordella.
Questo fin ebbe la battaglia fella.
Longe due miglie alla battaglia fella.
Come abracciato alla battaglia fella
Fa divorare a quella bestia fella.
Vede Ranaldo quella bestia fella,
Che gli avea fatto quella anima fella;
Che non sia occisa la persona fella.
Getta nel lago la persona fella.
Insin che Egisto, la persona fella,
Per lor campata da fortuna fella.
E crucioso dicea: - Fortuna fella,
Tolta da loro alla fortuna fella.
E biastemando la fortuna fella,
La qual, perché era de natura fella,
Ché a lui parria vergogna e cosa fella
Tanto che egli esca di questa acqua fella.
Partisse in vista nequitosa e fella;
Ch'el lascia la battaglia iniqua e fella,
Solo adunata è quella gente fella
Perché cognobbe quella gente fella
A suo mal grado quella gente fella
- Oggi aveti a soffrir la morte fella,
- Se trar ce vuoi di questa pregion fella,
Ché un'altra non fu mai cotanto fella
E quel crudele ognior più la flagella.
A due man mena con tanta flagella,
Se vanno addosso con tanta flagella,
Poi che quel traditor sì te flagella!
E tutto l'elmo in capo li flagella;
Costei mena la schiera a gran flagella;
Ma ciascuna domanda li suggella
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47
Fe' la risposta a quella damigella,
Di far vedere a quella damigella
Egli anco amava quella damigella,
Perché Origille, quella damigella
Ed avea seco quella damigella
Accompagnato da una damigella.
Non ebbe mai più falsa damigella.
Che a narrar prese questa damigella.
Prima che acquisti questa damigella,
Perché ogni cavalliero e damigella
Perché ogni cavalliero o damigella,
Che un pezo e l'altro insieme se sugella,
E fu nomata la Galaciella.
Che egli avea posto alla Galaciella;
Morì nel parto alor Galaciella,
Alor divenne quella meschinella.
Tutta era sangue quella meschinella,
E ben cognosce l'alma meschinella
Io vile e sciagurata feminella.
Ed io, come dolente feminella,
Va, ti nascondi, va, vil feminella!
L'anima mia ricoglia tapinella!
Lui corse là vestito di gonnella,
E pianamente gli alcia la gonella.
Re Sacripante per nome l'appella,
Piacevolmente ancora a sé l'appella,
E quella dama Angelica se appella,
Che Fiordelisa per nome se appella.
Queste ne l'acque che il Riso se appella,
Cornuto e becco Trivigante appella:
Come lui di dolor la morte appella,
Da lei mandata quella cucciarella
Ed essendo io fanciulla e tenerella,
Che io presi in quell'etate tenerella;
De aver ciò fatto per la mia querella.
Avanti al re fu tratta la querella;
Quanto fa il lupo la vil pecorella.
Avea il conte Orrisello una sorella,
Dal troncon desligò la sua sorella,
Né alor sapea che fusse sua sorella,
O parte del mio cor, dolce sorella,
Sua matre del tuo patre fu sorella,
E se io ti getto fora de la sella,
Ma trasse Fiordelisa de la sella
E stramortito uscisse de la sella.
Ma lui trasse Arigalte de la sella,
Te trasse a tuo dispetto de la sella?
Senza contrasto, e salta ne la sella.
E tutto integro salta ne la sella.
Con tanti armati in nave e ne la sella,
E per la fede mia sopra alla sella;
Ciascun di lor dismonta dalla sella.
Che la contrasti sopra della sella,
Così dicendo salta della sella
E gionge al pino e smonta della sella:
Orlando giù dismonta della sella,
E poi che fu saltato della sella
Questo fu pur diffetto della sella.
Cercando trarlo al fin for della sella.
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48
Ma lui de netto uscì fuor della sella,
E netto se n'andò fuor della sella;
Smontò il suo palafren giù della sella;
Dice: - Baron, che seti su la sella,
Perché non era apena in su la sella,
Perché Ranaldo ancora è in su la sella.
Or come Astolfo il vide in su la sella,
Ch'è parte a piedi e parte in su la sella:
Quanto sua dama è forte in su la sella;
Che sel crede partir fin su la sella.
Proprio assembra Ranaldo in su la sella,
Benché restasse fermo in su la sella.
De un colpo il fende insino in su la sella.
Un cavalliero armato in su la sella.
Portandol stramortito in su la sella.
E saliva ben presto in su la sella,
Ardito, forte e destro su la sella.
Rotto avea il capo e aperta una masella,
Ma prima, nel smontar che fie' di sella,
Quasi a quel colpo lo trasse di sella.
Che se credette levarmi di sella,
L'un dopo l'altro fur tolti di sella.
Che da due bande il fe' cader di sella.
Già tolto Chiarione ha fuor di sella,
E per piacere a quella damisella.
Che la meschina è quella damisella
E via cavalca con la damisella,
Se mai nel mondo amasti damisella,
Disse Angelica a lei: - Va, monta in sella
E dimenando se crollava in sella,
Però che Brandimarte stava in sella,
Ché ben sapea quel che lui vale in sella.
Tardoco, il re de Alzerbe, il tiene in sella,
E con le insegne altrui montare in sella,
Venne a Baiardo per salire in sella,
Un capitano con più gente in sella
E Guido de Borgogna è seco in sella,
Nacque con esso ancora una citella,
Nostra amistade antiqua e parentella,
Ciascaduno a due man tocca e martella;
Ciascuno a più furor tocca e martella.
E chi meglio de il brando se martella;
Come più dice, ogniom più se martella.
Ché Dudrinasso sì forte martella,
Sopra de Pinador forte martella;
Ciascun de gli altri adosso a lei martella;
E Martasino adosso gli martella,
Un altro colpo adosso li martella;
A quel dolor che al petto ti martella. E ciascadun di loro a lui martella.
Amore e gran desio dentro il martella,
Quei cinque re ch'io dissi; ogniom martella,
Adosso a gli altri il saracin martella;
Amor di novo ancora lo martella,
Tanto è il dolor che dentro lo martella.
L'un più che l'altro dentro lo martella;
Sopra Ranaldo gran colpo martella;
Onde gran doglia dentro il cor martella.
Per prender suo paese e sua castella,
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49
Che 'l pregio al tutto è di quel dalla Stella.
Essa sembrava matutina stella
E gli occhi vivi assai più ch'una stella;
E già splendia nel cel ciascuna stella,
E gli occhi vivi a guisa de una stella;
E Lampeggiava al cor come una stella.
Era levato già la chiara stella
Ché qualunche è nel cel più chiara stella,
La luna era nel celo ed ogni stella,
Poi la sua briglia dette a Doristella.
Qua Fiordelisa e là sta Doristella.
Pigliarno Fiordelisa e Doristella;
E Teodor si prese Doristella;
Ragionava in tal modo Doristella
Onde, ridendo alquanto, Doristella
Se tu me abbatti, serò pure a quella,
E lor pur drieto, e non guardano a quella:
Che, avendo uno a morire, io fossi quella?
E mentre che Ranaldo stava in quella,
L'animo volta in questa parte e in quella,
E 'l re Marsilio gionse proprio in quella.
Or per questa ventura ed or per quella
La insegna a tutti quattro era pur quella;
Se alcuna fo compita, lei fu quella.
E gli occhi tremolare e la favella,
Prima ch'io perda in tutto la favella;
Destra ne gli atti, ed ardita favella,
Che 'l mondo sol di lui canta e favella.
Di aria gentile e di dolce favella;
Fassegli incontro e con dolce favella
Veggendo il conte, con dolce favella
E volto a Orlando con dolce favella
Ma Trufaldino per dolce favella
Che dove de' soi gesti se favella,
Con Brandimarte più cose favella,
Che sol te aspetta e sol di te favella,
Via caminando assai con lei favella,
E nulla per ancora gli favella,
Tienla abbracciata e già non li favella,
Ma chiunche la saluta, o li favella,
E sol di sua beltate si favella
E de' fatti del giorno si favella.
Dricciosse Orlando ove colui favella,
Che se egli è ver ciò che costui favella,
Levasi il grido in piaza, ogni om favella
Bardino! ecco Bardino! - ogni om favella
Via tacito cavalca e non favella,
E Fiordelisa, che seco favella
Mira parlando e mirando favella,
Lei sospirando, piangendo favella,
Ed alla dama in tal modo favella:
Onde ad Orlando subito favella
Con gran minaccie se ponto favella,
E benché apena con dolor favella,
E con la dama sol d'amor favella,
De un giovanetto, e l'arte gli rivella
Ma via camina per l'erba novella,
Che per li fiori e per l'erba novella
Che per li fiori e per l'erba novella
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Per li fioretti e per l'erba novella;
Pascendo intorno per l'erba novella.
Presto smontarno in su l'erba novella.
Or per non far de ciò longa novella,
El modo a dir serìa lunga novella,
Nel racontar d'una lunga novella
Ora, per seguitar la mia novella,
Né trova chi di lei sappia novella.
Né scontra che de quel sappia novella,
Non era gionta ancora la novella
Già vi contai di sopra la novella,
Or questa intese tutta la novella
Perché l'antiqua etade e la novella
Così da lei intese la novella
A Manodante gionse la novella,
Di lor vi contarò poi la novella,
Di questa vi dirò poi la novella,
Ma nel presente io torno alla novella
Né ti vergogni di quella novella,
Che gli contò de Iroldo la novella;
Ora ascoltate che strana novella:
Ora ascoltati che strana novella:
Dicendo: - Io so contarti una novella,
- De l'altro figlio il re saprà novella. Or, seguitando la nostra novella,
Così Prasildo alla lieta novella
E torna a raccontar l'alta novella
Dandomi intender con festa novella,
Tutta depinta vi è questa novella,
Non durarà fra noi questa novella. Quando sentitte la trista novella,
Ché non era compita sua novella,
Che pigliar debba la fede novella,
In cui sperava, alla Fede novella:
Che io sia colei che con qualche novella
E non potendo aver di lei novella,
Sua mente in altra voglia rinovella,
Astolfo non attende a tal novella,
- Odisti mai più piacevol novella, Ch'io ero ancora vergine e polzella;
De Brandimarte la saggia donzella,
Ché tanto odio portava a la donzella,
Salisce al tronco e spicca la donzella.
Prese per moglie poscia la donzella,
Ben se ne meraviglia la donzella,
Quasi morta di doglia la donzella,
Dove il guidava prima la donzella;
Seco legata mena la donzella
Che gionto fu dove era la donzella.
Come fu gionto ove era la donzella,
Onde rimase a terra la donzella,
Lasciando al faggio presa la donzella.
Lucina fu nomata la donzella
Quando Ranaldo ascolta la donzella,
Rimase assai contenta la donzella
Ma più forte stimava la donzella.
- Misera me! - diceva la donzella
Sì come il conte vidde la donzella
Bradamante, che vide la donzella
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51
Ma il cavallier, che vide la donzella,
Orlando e Brandimarte e la donzella
Apunto giunse dove è la donzella.
Che non campi né 'l re né la donzella,
Così ne va parlando; e la donzella
Come io vi dico, Orlando e la donzella,
Lo ardito cavalliero e la donzella
Mirando il drago morto e la donzella,
Né mai gionger lo puote la donzella,
Esso dapoi se accosta alla donzella
Pur prese ardire, e vanne alla donzella,
Rispose Malagise alla donzella
Ingenocchiosse avanti alla donzella.
Poi tutti tre parlarno alla donzella,
Qual sturbò il ragionar della donzella;
Lasciamo il ragionar della donzella,
Ch'è fior de gagliardia, quella donzella,
Poi vi dirò come quella donzella
Che aggia pietade di quella donzella
Cotanto amava lui quella donzella,
Avanti a gli altri vien quella donzella,
Stavan discosti, con quella donzella
E leva dello arcion quella donzella;
D'amor soperchio per quella donzella,
Passava il ponte ancor quella donzella
Aver debbe da te nulla donzella,
Quello scontrar che fie' con la donzella
L'Argalia al bosco e seco la donzella,
Che facea lamentando la donzella,
Così legato il lasciò la donzella,
Ma non vi pone indugio la donzella,
Gionta che fu là dentro la donzella,
Non avantaggia ponto la donzella,
Cotanta gente offender la donzella.
Queste parole disse a una donzella,
Per donar pena e morte a una donzella.
Era quella Medusa una donzella
E, come io dissi, il porta una donzella
Sopra alla soglia stava una donzella,
A l'altra ripa stava una donzella
Sopra a quel ponte stava una donzella,
Eccoti alora ariva una donzella
E così andando vidde una donzella,
Così dicendo chiede una donzella,
Avea costui per moglie una donzella,
E sopra a quel verone una donzella
Fuor del suo tronco sorse una donzella,
Ritratta era in disparte una donzella,
Costui menava seco una donzella,
Seguiva poi parlando una donzella,
Però che riscontrarno una donzella,
Intrarno, e lor nel mezo una donzella,
E tu combatti per una donzella,
Questa adocchiata avea l'aspra donzella,
Era con seco la falsa donzella,
Essere uscita da questa donzella,
Se non contarvi che questa donzella
Qual era parte di questa donzella,
E l'amor nostro di questa donzella.»
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52
Questa, tornata in forma de donzella,
Perché lo prese in forma de donzella.
Che porta il drago a capo de donzella.
E per cimero un capo di donzella.
Non vi rimase vecchia, ni donzella:
Traggase avanti adunque ogni donzella,
Di essere amato da cotal donzella,
Così dicendo la crudel donzella
Chi me donasse l'arte de Sibilla,
Tanfirione, il re de l'Almasilla,
Ché non ha quel paese o casa o villa,
Che de acquistar quella bella fanciulla;
Senza arme vinto son da una fanciulla.
Lo amoroso voler de una fanciulla.
De stare in guardia alla falsa fanciulla,
Venne il vecchiardo sopra ad una mulla,
Lui cadde sotto, sopra è la sua mulla;
D'ogni vivanda, e non gli manca nulla.
Di regno o stato non si cura nulla.
Io, che stimavo tutto il mondo nulla,
E di quel vecchio mi curavo nulla.
Ed io più oltra ve ne so dir nulla.
E ben col brando intorno se trastulla,
Sopra a quel pino al vento se trastulla,
Rimase il resto al busto con la gola.
Sì che aponto alla coda e can li scapola;
Che non par che lo aresti pruno o lapola,
Che costui resti e non senti la trapola,
E non ardisco a dirne una parola:
Né si potrebbe odire una parola,
Né se avrebbe sentito una parola,
Nanzi a quel ponto non mi far parola,
Quel populaccio tremando se crola
Ma essa, quella notte, sola sola
Ché a vincer basta mia persona sola. Trasse Agricane sua persona sola
E sì lo chiude de una centa sola,
Sopra alla torre, e trovandomi sola
Passò nel stretto, ove è l'onda che vola
Meza la testa è ne lo elmo che vola,
Che entro passar non puote chi non vola.
Ché non so che qua su de intorno vola.
Che 'l cavallier se stia lì per guardarla;
Però delibra al tutto de lasciarla.
E non attenta ponto di svegliarla;
A lui rivolto, subito gli parla:
In bassa voce con se stesso parla:
Il conte stava sì attento a mirarla,
Che va trottone e lamentase ed urla,
Mostrando stracco sol per via condurla.
Aver battaglia con ciascun che l'ama,
Più che se stesso nel presente l'ama;
Ché di legier si crede a quel che s'ama;
Veder poner a morte la mia dama;
Ed io so che m'aspetta or la mia dama,
Oh quanto è lieta Lucina la dama
Ch'era nascoso in guardia de la dama,
- Io sono un cavallier, - disse la dama Quando queste parole udì la dama,
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53
Or sol per acquistar la bella dama
Paia che a gli altri questa bella dama;
Quante volte li disse: "O bella dama,
E le grande onte fatte a quella dama,
E come riscontrato ha quella dama,
(Circella era chiamata quella dama):
Per gli tre figli che ebbe quella dama;
Altro non ha nel cor che quella dama:
Chi va con questa, e chi con quella dama.
Su nella rocca ritornò la dama,
Ciò che per esso ha già fatto la dama.
Non avea elmo la meschina dama,
Qual per avere il prezo d'una dama
Ciò non conviene oprar sopra a una dama. A lor davanti cantava una dama,
E sembrava la voce de una dama,
E molto il prega che quell'altra dama
Ora ecco di traverso una altra dama
E via fuggendo va la falsa dama.
Tutti li ha persi quella falsa dama,
Mio sia l'onore, e tua sia questa dama. Mirando Brandimarte e la sua dama
Or sappiati che Iroldo e la sua dama
Poiché al iudicio sta della sua dama.
Quale era in compagnia de una sua dama:
Onde per questo ti verisce ed ama
Che ciascun cavalliero ed ogni dama,
Che tua persona più che il suo core ama. Dapoi che un tal baron più che sé te ama,
Che sua prodezza è assai più che la fama.
Se non è falsa al mondo quella fama
Acciò che se oda nel mondo la fama
Vivendo al mondo in gloriosa fama. Se sì fosti cortese, come hai fama,
Ch'era garzone, e lui già di gran fama;
Narrando e gesti antichi e di gran fama,
E Pandragone, degno di gran fama,
Teco giostrai per vittoria e per fama:
Visto ha per prova ed inteso per fama
Non se sanno spiccar mai dalla fiama.
E sopra a tal pensier tanto se infiama,
Cortesemente quel baron la chiama,
Ma guarda intorno e ad alta voce chiama.
Ciascun de' soi baron per nome chiama:
La giovenetta Angelica se chiama,
Tripoli ancora la cità se chiama.
Qual Doristella per nome se chiama,
Che Dragontina per nome se chiama.
Che l'Orto di Medusa ancor se chiama,
Piange dirottamente e morte chiama,
E parmi odir la voce che mi chiama.
Or dalle Rose al presente si chiama:
Lei Calidora e lui Larbin si chiama.
E per valore un altro Ectòr ti chiama,
Come ella vidde il conte, a nome il chiama
E qual suo cane e qual suo falcon chiama,
Che a Dio mercede lacrimando chiama.
E sé fuor d'intelletto e paccio chiama,
E sé crudele e dispietato chiama.
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54
Ma sol guardando al celo aiuto chiama.
Ad ogni colpo Angelica pur chiama,
Rispose quel romito: - In questa lama
Per quella cosa che più nel mondo ama,
Dolesi quel baron che lei tanto ama.
Vedendo far sì bene a chi tanto ama!
Lasciando ivi colei che cotanto ama;
Veder non può colei che cotanto ama,
Per discioglier colei che cotanto ama;
Mostrar vôle a Rugier che cotanto ama,
Pensando al cavallier che cotanto ama,
E lega Brigliadoro ad una rama;
Non dimandati se il conte avea brama
Sì che se adopri, se de amore ha brama,
Far la vendetta sopra a questi ha brama.
Che ogni om, sì come tu, de amarla brama.
Mi pone di spogliarti in questa brama,
Così d'amor s'adempia ogni tua brama,
E sì desia di rivederlo e brama,
Ed ho de riposar bisogno e brama,
Quel re di gran dolor la morte brama;
Se offeso sei e di vendetta hai brama,
Perché il suo vecchio patre altro non brama,
Faccio battaglia, ed altro non ho brama. Forse anco avrai di questo tempo brama,
La morte di colui che tanto brama.
Però che ciascadun, come più brama,
E mentre che de odire avean più brama,
Quanto più mira, de mirar più brama,
Per l'universo una donzella grama,
Gionse il bastone a l'elmo nella cima.
Tanto che gionse a quello in su la cima,
Era il vago giardino in su la cima
E col destrier che di bontade è cima,
Per il traverso delle spalle il cima.
Ecco il carbone al ziglio torna in cima,
Ma de superbia più montava in cima;
Benché èi d'ardire e di prodezza in cima,
Ciascun de l'ira più salisce in cima.
Che quando Sacripante a quello è in cima,
Or questa schiera è sì de ardire in cima,
De gli altri duo, che son de ardire in cima.
Corne di capre gli han per ferri in cima.
A quella rocca non saliti in cima.
Montƒr la scala e presto fôrno in cima.
Ché alle lor lancie non bisogna lima;
Ed ha veduta in terra la gran lima,
Ora io non vi saprei contare in rima
Sì bella che contar nol posso in rima,
Questa battaglia fu come la prima:
Né alla seconda guerra né alla prima,
Intrarno tutti, e 'l conte andava prima;
Più noia n'ebbe ne la fin che prima.
Che più serà che fare al fin, che prima.
Adunque mal d'acordo più che prima,
Né mai de quindi uscir se può, se prima
Tu, se te piace, andrai contra a lui prima,
E lo orco apresso; e quasi ancora in prima.
Né fo sua lancia fraccassata in prima,
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55
Che già di questo non pensava in prima,
Qual fo quell'altra che io contava in prima;
E più sfacciata è dopo il fal che in prima.
E rende il lume adorno come in prima.
Ma non vi gionse, perché il fiume in prima
A quella giostra volean gire in prima.
De le tre l'una che te offese in prima:
Ma perché a Pandragone agionse in prima,
Di Rodamonte vo' contarvi in prima,
Ciascun s'affretta ben d'esservi in prima,
Che debbo io dire al fin? che dirò in prima?
Mulabuferso, ch'ivi è stato in prima
Ed alla nostra porta picchiò, prima
Seguir convene una zuffa grandissima,
Che vergognata se stima e vilissima
Della dama terribile e fortissima,
Ora intervenne fuor di nostra stima
Non fo di quel valore e quella estima
Quando vidde la dama, perché estima
Rispose Astolfo a lei: - Non fare estima,
Così se dice, ma il mio core estima
Ché di morir di fame lui se estima.
E gli altri ancora, perché ogni om se estima,
E de morire al tutto quivi estima,
E per non la curare e farne stima
Or per te stesso, cavalliero, estima
Incontinente prese per estima
Perché aver l'arme del guerrier se stima.
Gli omini tutti e il mondo non istima.
Quel re gagliardo poco o nulla il stima,
Vedendo che costui sì poco il stima
Vi lasciarò, ch'io non ne fo gran stima,
Che una vil foglia il suo Macon non stima,
Che tutto il resto del mondo non stima.
Qual, perso che ha l'onor, più non lo stima
Quando costei par più quieta e doma,
E il superbo Gradasso vinci e doma.
- Attienti, cavalliero, a quella chioma,
E trar del capo la canuta chioma.
E te piangendo solamente noma;
E guarda de iustar sì ben la soma,
E carne e pelle aponto li risparma,
Ma taglia il sbergo, e tutto lo disarma.
Questo è il demonio, certo (il vedo a l'orma),
Sì dolcemente par che colui dorma,
Che per tentarmi ha preso questa forma. Parlava Fiordespina in cotal forma,
Ma già vargata abbiam la usata norma
La tua patria gentil per tutto fuma,
Il fer la strazia e il foco la consuma. E quella isola grande Taprobana,
Un gran gigante, re di Taprobana,
Costui ch'io dico, è re de Libicana.
E Dudrinasso, il re de Libicana;
Venuto è il primo insin de Libicana,
Di là da l'India, detta Sericana,
Qual signoreggia tutta Sericana,
Quale è segnor di tutta Sericana;
Ed eran questi il re de Sericana,
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56
Da poi che se partì de Sericana,
Condussi in Francia fin de Sericana;
Che me ha fatto partir de Sericana,
Movesi la sua gente sericana,
Di ritrovar Gradasso in Sericana;
Ora torniamo alla gente africana
Dove accampata ha sua gente africana.
Né a l'aria fredda, né per la caldana
Questo non è colui che ha Durindana,
Questo ha il bastone, e quello ha Durindana.
Tuttavia parla e mena Durindana,
Ma fulminando mena Durindana,
Sapeti ben qual era Durindana,
Ad ambe man tiene alta Durindana;
Tien la mia spata, detta Durindana. E, riguardando la sua Durindana,
Io voglio adoperar tua Durindana,
Che sibillar faceva Durindana;
Ma lui tanto temeva Durindana,
La spata ha Orlando, e quella è Durindana.
Se non vien men Fusberta e Durindana,
Che ha il bel corno d'Almonte e Durindana:
Gli occhi riversa e strenge Durindana.
Come sapiti, e insieme Durindana;
Per aver quello e insieme Durindana. Li tolse il bon destriero e Durindana.
Allor che Brigliadoro e Durindana
Poi dà tra gli altri e trasse Durindana,
Imbracciò il scudo e trasse Durindana.
Ma poi che Orlando trasse Durindana
Così dicendo trasse Durindana.
Senza dire altro trasse Durindana.
Per darli morte e tuorli Durindana.
Ora te vanti, e porti Durindana
Questo mena il baston, quel Durindana;
Mieter mi converrà con Durindana,
Orlando lo assalì con Durindana
Orlando tocca lui con Durindana
E taglia il scudo e lui con Durindana,
E tutto lo tagliò con Durindana.
Ed avea cinta al fianco Durindana,
- Se ben non chieggio a Orlando Durindana,
Per acquistare il brando Durindana!
E porta seco il brando Durindana.
Se ben non cheggio Orlando o Durindana? L'uno ha Fusberta, e l'altro Durindana:
Più non aspetta, e salta su l'alfana.
E 'l re Gradasso il segue con la alfana,
Ma lui cavalca sopra ad una alfana,
E così detto, tocca la sua alfana;
Che ha una giraffa sotto per alfana.
Nel mezo a quella gente ch'è pagana,
Sol questi duo della fede pagana
Contra al re Carlo e la gente pagana.
E da ogni parte la gente pagana
Tenendo al zuffo tuttavia Morgana,
Quella dal drago morto era Morgana,
Ivi è una fata, nomata Morgana,
A questa fonte ancor stava Morgana,
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Adesso è preso al lago de Morgana.
Stavi una fata, che ha nome Morgana,
Ché forse ancor vi trovarai Morgana. Alcina fu sorella di Morgana,
Ove posto il tesoro è di Morgana;
Tanto che gionse al loco di Morgana.
Quivi distesa stavasi Morgana
Non so se odesti mai nomar Morgana;
Se puose al tutto a seguitar Morgana;
Per far perir quel cavallier Morgana
Così parlava Orlando, e pur Morgana
Fo vinto da una dama lidiana,
La damisella ch'era guardiana,
Dico Francesi e gente italiana,
E giù scendendo nella Italia piana,
Ecco Ranaldo, che gionge alla piana,
Gente infinita ariva in su la piana
Che una gran gente ariva in su la piana,
Callò la costa e gionse in su la piana.
Potrai callar nell'oste in su la piana,
E traversando la campagna piana
Via se ne va per la campagna piana.
Sì che in duo pezzi il manda a terra piana.
E di novo il distese a terra piana.
Con Fiordelisa per la terra piana;
Mandò tagliate in su la terra piana.
Spargendo il sangue in su la terra piana,
Standose fermo in su la terra piana,
Ma restaranno in su la terra piana,
E fo smontato in su la terra piana;
Posesi alquanto in su la terra piana,
Poi che fu gionto in su la terra piana
Poiché fu gionto in su la terra piana,
Che ora è disfatto, e tutto è terra piana.
Per ruinarla tutta in terra piana.
Ma sotto alle bandiere, in terra piana.
Manda il cimiero a pezzi in terra piana,
Così faceti voi la cosa piana;
Ma io vi narrerò la cosa piana:
Dietro a l'arena, per la strata piana,
Già vi contai l'istoria tutta piana.
Una valle fiorita e tutta piana,
Aponto in mezo a quella selva piana
La cosa più non va suave e piana;
Sopra a' nemici e quella terra spiana;
E 'l dir de l'una cosa l'altra spiana,
Su queste carte si dichiara e spiana. Ascolta adunque il mio parlar, che spiana
Ove stia il scuto, poco su se spiana;
La istoria nostra poco adietro spiana
Pur la scrittura del libretto spiana
O ver passare in terra cristiana,
Fo per Ranaldo fatta cristiana.
E per sprezar la gente cristiana
Di novo ancor la perfida villana
Forte lo batte la dama villana.
Ché è de rio sangue e de gesta villana;
Sol della gesta perfida e villana
Tutta se mosse la gente villana.
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Ed ha d'intorno la gente villana.
Tutta senz'arme è sua gente villana,
Fuggir davante a gente sì villana!
Poi che fortuna mi è tanto villana,
Battaglia non fu mai tanto villana.
Sotto una palma, a l'ombra prossimana,
La quarta, ch'era a questa prossimana,
E l'ora della cena è prossimana. Il secondo de Sueza; e prossimana
Tre giorni manco de una settimana
Mosca la grande e la terra Comana.
Io là passava ed una mia germana,
Ch'io non ritrovo aiuto a mia germana. Nel quale era promessa mia germana,
A quel Ranaldo son sôra germana;
Di ardire e forza a questa sua germana;
E quivi la cognobbe per germana,
Che dominava la terra Normana:
Ha la bandera del re de Normana.
Spesso veniva la persona umana
Ma, sopra tutto, la persona umana
Dormendo, non parea già cosa umana,
Ma il navicare e nostra vita umana
Una di quelle con sembianza umana
Non bastarebbe mia possanza umana.
Dove non giova ardire o forza umana.
Ché contar non puotria la voce umana;
Non lo potria contar la voce umana
Ascoltando li parve voce umana
E con gentil sembiante, in voce umana,
Chiedendoli perdon con voce umana.
Dicea il franco Grifon con voce umana
E Brandimarte alor con voce umana
Ch'egli estimava prima più che umana,
Mostra Gradasso forza più che umana:
Però che sol se pasce a carne umana,
Che di sangue se pasce e carne umana.
Per pascerse de sangue e carne umana.
Bevono il sangue e mangian carne umana.
Per tutto il mondo ne la gente umana
Che nol potria contar la gente umana.
Lui, che venne a salvar la gente umana,
Perché diletto ha pur la gente umana
Ha consumata molta gente umana;
Né tregua o pace vôl con gente umana.
Non fabricata già per arte umana,
Non fabricata mai per arte umana.
Per trare il conte fuor de la fiumana;
Fatto ha quel lago, il ponte e la fiumana.
Di Dragontina, sopra alla fiumana,
E ritrovosse sopra alla fiumana,
Gionsero un giorno sopra alla fiumana,
A piè del sasso, a lato alla fiumana,
Di ritrovarsi presto alla fiumana.
Or così stando in su quella fiumana,
Di là da un ponte, sopra a una fiumana
Io feci un ponte sopra a una fiumana,
Come apre il mare intrando una fiumana,
Scritto avea in fronte: "Per questa fiumana
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59
Natando il Gange, che è sì gran fiumana;
Con falso viso ti mostrasti umana:
Alla battaglia orribile e inumana
Li Atàrberi passò, gente inumana,
Quell'anima che fu tanto inumana,
Clarice ed Ermelina tanto umana,
E suona nella rocca la campana.
- A l'arme! - crida, e suona la campana;
Robberò il Papa e 'l suon de la campana. Scocca uno ordegno e suona una campana;
Risuonò l'elmo come una campana,
Ora suona a martello ogni campana,
Che dentro lo passò più d'una spana,
E denti ha spessi e lunghi de una spana:
E passato l'avea più de una spana;
Larga la bocca avea più de una spana;
Non se trarebbe adietro a meza spana.
Onde scordosse la sua terra Ispana,
Grandi e barbuti e con naso di spana:
E 'l fianco aperse più de una gran spana.
Se può dal fango mai distor la rana.»
Era qui nella sala Galerana,
Di Chiaramonte nacqui e di Mongrana.
Di Chiaramonte sono e di Mongrana,
Entrambi son del sangue di Mongrana:
E ramentando a lei l'erba soprana
Col re circasso e sua figlia soprana.
E Brigliadoro, la bestia soprana,
Ma lui tien seco la dama soprana,
Ma di Ranaldo la fama soprana
Smonta de arcion quella anima soprana,
Però che Orlando, la anima soprana,
Una figura di pietra soprana,
Come colui che avea forza soprana,
Ma come quel che avea forza soprana,
Ben dimostrava sua forza soprana,
Quale ha beltate angelica e soprana,
Dove è una porta troppo alta e soprana;
Che è de virtù mirabile e soprana,
Era sua fama nobile e soprana.
Poscia il re Otone e sua gente soprana
Ché non sapean sua forza sì soprana;
Se a tua prodezza, che è tanto soprana,
Più vaga assai de l'altre e più soprana,
Non è nel mondo gente più soprana.
Mai non fu bestia al mondo più soprana;
E se accomanda alla virtù soprana;
Se hai, come io credo, la virtù soprana,
Per nostro amore e tua virtù soprana,
Pensa Orlando alla dimanda strana,
Con poco impaccio la serraglia strana
Ma a scender gli parea la scala strana.
E tratto fuor di quella forma strana.
Che sono prese in quella terra strana:
Come odireti, una sventura strana,
Avea richiesti a quella impresa strana.
Avea ordinata quella cosa strana,
Ora ascoltati questa cosa strana.
E, caminando per la strata strana,
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60
Tanto è la forza de quella acqua strana!
Or poi che Orlando per la selva strana
Fortuna dispietata, iniqua e strana,
E se mia vita è stata iniqua e strana,
Ne l'altro giorno una gran selva e strana
Per la ferita, che era grande e strana:
- Se questa impresa fia sublime e strana,
Del bel Narciso e di sua morte strana,
Farò palese e la aventura istrana,
Or per altrui e per cagione istrana
Per quella meraviglia tanto istrana,
Mai fu nel mondo bestia tanto istrana.
De provar questa cosa tanto istrana;
Gente non fu giamai cotanto istrana;
Tempesta non fu mai cotanto istrana
Veggendo il conte la cosa sì strana,
Chi odì giamai contar cosa sì strana?
El cavallier per cosa tanto strana
Battaglia non fu mai cotanto strana,
Ché cosa non fu mai cotanto strana.
Che sia nel mondo tutto, e la più strana.
Sì che la fece in poco de ora sana;
Non lascia a quello usbergo piastra sana;
Così Dio sempre me la guardi sana!
Scrolla la testa quella anima insana,
Il simil fe' Macario de Lusana,
E per la Tartaria venne alla Tana.
La Rossia bianca, ed è gionto alla Tana.
E confinava al fiume della Tana.
Per entro al sasso passa nella tana;
A benché giace adesso nella tana,
Or lo ferisce tutta subitana,
Ove è Atalante e 'l re de Tingitana.
Che l'arme avea del re de Tingitana;
Ove si stava il re de Tingitana.
Dapoi Brunello, il re de Tingitana,
Poi vien Brunello, il re de Tingitana.
Brunello, il novo re de Tingitana,
E gionse al sasso, sopra alla gran tana,
Passƒr Biena, e per la Carentana
Coi cavallieri insieme, a la fontana
Con Dolistone, intorno a la fontana;
Oltra a quel fiume, a lato a la fontana.
Solo una voce uscì de la fontana,
Apresso a quel cristallo è la fontana
Fece una fata ad arte la fontana,
Volgite presto e torna alla fontana,
Acquistò Orlando sopra alla fontana.
Come fu gionto sopra alla fontana,
Batteggiame, barone, alla fontana
E sopra al marmo il pose alla fontana;
Perché occidesti Almonte alla fontana,
Questo è pur quel ch'io ebbi alla fontana,
Tra gli arbori fronzuti alla fontana
Qual fo occiso da Orlando alla fontana:
Or si sta sospirando alla fontana,
Tutte apparate intorno alla fontana;
E tremò il marmo intorno alla fontana
Al conte Orlando presso alla fontana,
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61
Sotto il gran pino, a lato alla fontana:
Seco il menarno a lato alla fontana
Stavasi armato a lato alla fontana.
Quando Marfusto a lato alla fontana
Che ha 'l bel boschetto a lato alla fontana,
Che lo conduca a ponto alla fontana.
Intorno al sasso di quella fontana;
Vidde da lato adorna una fontana
Era un bel prato intorno a una fontana.
Gionse intra un prato, ove era una fontana:
Era alla sua man destra una fontana,
Dove nel mezo vide una fontana,
E porta in campo azurro una fontana;
La pietra è aperta a guisa di fontana;
Era in quel bosco una acqua di fontana;
Cinto d'intorno de acqua di fontana,
Bella ciascuna e di virtù fontana.
E via camina e quindi s'alontana,
Orlando dalla porta se alontana,
E che da lui più sempre se alontana
Né già Falcon da gli altri se alontana:
Tuttavia fugge ed a lui se alontana.
Qual da la Liza poco se alontana,
Ma via da lor correndo se alontana;
Ora il naviglio nel mar se alontana,
E la selva vicina e la lontana
Costui lo tolse a l'Isola Lontana,
Sin che son gionti a l'Isola Lontana.
Girno alla torre, e poco era lontana.
Che in occidente ha sua terra lontana.
De quindi in Sarza, che è terra lontana,
Che in ogni terra prossima e lontana
OdŒr la voce ancora assai lontana,
Né sendo una sua terra assai lontana
- Da mille miglia è forse di lontana
Ad una torre non quindi lontana
Angelica, non troppo a lui lontana,
Né l'un da l'altro poco s'allontana.
Non vi è persona prossima o lontana,
Parbe vedere a lui molto lontana
A benché fosse a lui molto lontana.
Una isoletta non molto lontana
Che si dolesse, e non molto lontana.
Da due vallette non molto lontana.
Terra de' negri, che è tanto lontana;
Perché era dentro al bosco ancor lontana,
Ma gite voi in parte più lontana,
Per una porta volta a tramontana,
Qual ora si levò da tramontana,
Questa risponde proprio a tramontana,
Se incontran da libezio a tramontana.
Come fa il mar quando esce tramontana;
Ed Agricane, il sir de Tramontana,
Fendendo intra levante e tramontana
Sempre Greco o Maestro o Tramontana;
Giù per la costa verso tramontana,
Che stanno al mare verso tramontana,
E signoreggia sotto tramontana
Tutta avea presa, e sotto Tramontana
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Ben sei proprio figliol d'una puttana,
- Ahi! - disse Astolfo - Via, falsa, puttana!
Cridando incominciò: - Falsa puttana!
E pur ti caccia a guisa de puttana. Vil ribaldello, figlio de puttana! E de una dama sua, falsa, putana,
Per castigar quel figlio de putana. Lui non rispose a quella bestia vana;
Che de mi zanza, quella bestia vana?
L'avia portato quella bestia vana.
La qual dicea: "Bene è quella alma vana,
Ch'ella avea corpo e non era ombra vana,
Toccar non puote quella cosa vana,
Benché il passasse come cosa vana;
Tutto andò in fumo, come cosa vana.
Ciascuna uscita sempre è stata vana
E che sua forza e sua destrezza è vana,
Ogni speranza del fuggire è vana.
Però che la speranza al mondo è vana,
Come oggi al mondo fa la gente vana,
Che non gli può giovar quella arte vana,
Lei fabricato ha lì con arte vana
Che sia a seguire una cosa sì vana;
E diello al conte de Rocca Silvana.
Lo assedio ha intorno de Rocca Silvana.
Ed era conte di Rocca Silvana;
Quale era conte di Rocca Silvana;
- Per prezzo al conte di Rocca Silvana
Qual poi col conte di Rocca Silvana
Se non che gionse nella Transilvana,
Passa il Danubio nella Transilvana,
Ché ogni altra di soccorso mi par vana.
Li altri re taglia e la gente mezzana.
Lo prese ad ambo e piedi una berbena,
Qual porton l'ovo da matina a cena,
Fu meschiato nel vino a bere a cena,
Dove posarno con piacere a cena,
Via van trottando per giongere a cena,
Che con diletto se assettarno a cena,
Onde ben spesso non trovo che cena,
Sono in battaglia alla selva de Ardena. Quanto indi fusse alla selva de Ardena,
Io fermarommi alla selva de Ardena)
Poco lontani alla selva de Ardena.
Come sapeti, alla selva de Ardena.
Disse che era ito nel bosco de Ardena,
Che è posto in mezo del bosco di Ardena.
E come odì che fuggian verso Ardena,
Ed Oliviero, il sir de Cartagena,
Che coda e chioma avia tinto de alchena;
Sopra la sabbia distese la schena.
Facea gran salti e giocava di schiena,
Voltò, di doglia e di grande ira piena,
De strida e pianti è quella terra piena:
Benché abbia intorno la pianura piena;
Poi vi dirò la cosa integra e piena,
Che la promessa attendi integra e piena,
La schinera è incantata e grossa e piena,
E- di gran sangue caricata e piena.
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Maliciosa e di losinghe piena;
Ma tutta quanta de pedocchi è piena.
Dentro a Biserta, che è di zoie piena;
Che era de cavallieri e dame piena.
Tutta la nave è già di sangue piena.
Sentendo Italia de lamenti piena,
Questa è la prima schiera, che è ben piena:
Di bianche columbine al campo piena;
Cridando in voce di spavento piena,
Ed ha l'aria e la terra d'amor piena
Tutte le passa Olivier de Viena.
- Viva Olivier, marchese di Viena! Così Alcina la falsa alla balena
Dietro ad Astolfo che su la balena
Ben se lamenta di sua poca lena;
Come colui che avea soperchia lena;
Pur, come quel che avea soperchia lena,
Pensàti se egli avea soperchia lena:
Quel cavalliero è di soperchia lena,
Perché al ronzon di lei mancò la lena,
Sì gli avea tolto del sentir la lena,
Aveano entrambi smisurata lena,
Né l'estrema possanza e l'alta lena
Ch'è sopra a quel destrier di tanta lena;
Ma quel feroce, che ha cotanta lena,
Quello orgoglioso che ha cotanta lena;
E fu il gran colpo de cotanta lena,
Non fu veduto mai cotanta lena:
Se il mio ronzon, che è di cotanta lena,
E` di tal senno e di cotanta lena,
Che al mondo non ha par di forza e lena;
- Io ti farò sentir se ho core e lena,
(Destrier non è che 'l tuo segua di lena:
Cognobbe l'alta forza e la gran lena
Tanto son de alto core e di gran lena,
Ver Brandimarte venne di gran lena,
Ciascun di questi è fiero e di gran lena,
Ciascun de questi quattro è di gran lena,
Che cresce nella fine a maggior lena,
Radoppia pugni e calci con più lena;
A prima gionta de la spada mena
Il negromante, che è di mala mena,
E pur adesso presa se la mena:
Sol per gabbarla dietro se la mena.
Una aspra ponta la donzella mena,
Un de' giganti la donzella mena,
Volta il destriero e le calcagna mena;
Con Bradamante, che la schiera mena.
Ciascun gran gente di sua terra mena;
Or de una zampa, ora de l'altra mena
Ma sopra a l'elmo de Fusberta mena:
Vien con tal fretta e tal tempesta mena.
Di nostra gente, e tal tempesta mena
Che per il campo tal tempesta mena.
Che giù callando gran tempesta mena,
L'un più che l'altro gran tempesta mena;
Non minaccia Rugier, ma crida e mena,
Ma nel primo arivare assalta e mena,
Non dimandar s'ogniom le gambe mena;
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Dudon le gambe per quelle onde mena,
E nel voltarse lo assalisce e mena;
Presto se volta ad Agramante e mena.
Or per il foco dietro a sé le mena,
E la sua gente, che alle spalle mena,
E il cavallier con quella al fiume mena.
Volta il destriero e le calcagne mena,
Né pone indugia, ché un altro ne mena,
Quale era ardito, e bella gente mena,
Re Martasino, e la sua gente mena,
Col brando tutto il resto a morte mena;
Forte cridando, un par de calci mena,
E tutta fiata pugni e calci mena,
Ma quel che sotto l'acqua se dimena
E lei battendo l'ale se dimena,
Ben se dibatte invano e se dimena,
Ranaldo quanto può ben se dimena,
Cadegli avante e più non se dimena.
E forte sospirando se dimena,
Ma più il delfin, che tanto se dimena,
Or, mentre che ciascun più se dimena,
E qual spaventa, e qual forte dimena;
Ben se dibatte invano e si dimena.
Non dimandar se Astolfo si dimena,
Di qua, di là, quanto più può il dimena;
Sul col lo abbranca e forte lo dimena,
Un giorno il guardian fuora li mena,
E tutti sottoposti a sé li mena,
Cotal Ranaldo avanti sé li mena:
Vede il nemico, e un gran colpo gli mena:
Quanti ne trova, al par tutti li mena.
Ranaldo un colpo ad ambe man li mena
E nella gionta un gran colpo li mena:
Non pone indugia, che un altro li mena,
Se 'l suo campione Oringo ancor li mena.
Poi che fortuna a tale ora mi mena
Quando ventura o qual cosa mi mena,
Gli amorosi versi anco mi mena,
Onde la dama indarno e colpi mena.
Or con la mazza ben gran colpi mena,
Che l'altro colpo a gran fretta rimena.
E piccol vento grande acqua rimena.
L'un sopra a l'altro gran colpi rimena,
E Rodamonte il suo brando rimena
Di taglio, né di ponta non si mena:
Se il fallir nostro a vendicar ti mena,
A la battaglia e colpi che lui mena;
Se lo sapesse, e qual strata vi mena.
E dopo questo la donzella il mena
Come fortuna o sua ventura il mena,
E per la groppa del destrieri il mena,
A braccio seco festeggiando il mena;
Un gran gigante trasinando il mena.
Che ai piedi il prende e strasinando il mena.
Leval il conte ad alto e intorno il mena,
Ché per la coda sempre intorno il mena.
Orlando lo distacca e dietro il mena,
A suo mal grado nel boschetto il mena.
Con quella ad Agricane a due man mena,
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Passagli adosso, e forte a due man mena.
Gettato ha il scudo, e il colpo a due man mena,
Sopra a Rugiero un colpo a due man mena;
Un grandissimo colpo a due man mena;
Che una fontana più d'acqua non mena.
Di taglio né di ponta alcun non mena:
Per questo voglio che con seco mena
Ranaldo irato a Bardarico mena,
Con l'altro corno, ch'è di foco, mena
Con ambe mano adosso a Orlando mena;
Così a traverso verso Orlando mena,
La fiera testa fulminando mena;
E quella intorno fulminando mena
Ché lui non cegna, ma del brando mena,
Né più parole; ma del brando mena,
Ed a destra e sinistra il brando mena;
Dicendo: - Ecco Marfisa il brando mena,
Urta tra lor la dama e il brando mena,
Ma il conte ciò non cura e il brando mena.
Al fin de le parole il brando mena,
Che 'l conte imbraccia il scudo e il brando mena.
Benché de intorno sempre il brando mena.
E verso Puliano il brando mena,
Man roverso e man dritto il brando mena:
Dapoi le gambe per tal modo mena
Sopra de l'elmo a Balisardo mena,
E sempre intorno il suo flagello mena.
Prendela il conte e il toro intorno mena.
Verso Grifon turbata un colpo mena,
E de gran colpi l'uno a l'altro mena,
Arde e consuma ciò che tocca apena:
Né par pur che di lor se accorga apena,
Non che la rompa, ma la segna apena.
Non gionse il conte in su la ripa apena,
Re Sacripante la camparà apena. Né fu disteso in su la prora apena,
Ma non fu gionto in su la terra apena,
Ma non è verso lui voltata apena,
Tante ne ha adosso, che le porta apena.
E ciò veggendo non lo crede apena.
Con tal prestezza che si vede apena.
Che è sì veloce che si vede apena,
E dalla morte se diffende apena.
Lui da cotanti se diffende apena,
Ducento passi non è longe apena. Molto è bel pesce, né credo che apena
Callate non avea le braccie apena,
Né avea compite le parole apena,
Tenea Gradasso le lacrime apena,
Che il conte in piede si mantiene apena.
Retien vergogna le femine apena.
Né parve pur che lo toccasse apena,
Non era a terra quel gigante apena,
Io tengo, poverello! un monte apena,
Non ne campƒr quarantacinque apena.
Non san che farsi e marinari apena;
Che non discerne e soi da gli altri apena.
Dove io non credo che mai se entri apena.
Ad una quercia avea posati apena,
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Se avrian guardate da' suoi tratti apena.
Sapea Rugiero e l'ordine e la pena.
Fa che io sol pèra e sol porti la pena. Ma pur se tenne nello arcion apena,
Che ormai sia al mondo, non mi credo apena.
E quello alto aeron che io vedo apena,
Che ormai più non vedea Ranaldo apena,
Tratto avea Mandricardo il brando apena;
Ma non avea callato il brando apena,
Che un altro par non trovo al mondo apena.
Già non mi credo che il demonio apena
Che non vi avria salito un ragno a pena,
Che sendo in terra nol credono apena.
E via condotti, né il sentirno a pena;
Né con la vista lo seguirno apena.
Marfisa non sentì quel colpo apena.
Non avea fatto questo colpo apena,
Non che or canti, ma sospiro apena.
Ma Fugiforca non è preso a pena,
Ché, come in piedi fu dricciato apena,
Però che non l'avea lasciato a pena,
E non poteva trare il fiato apena,
E non era caduto al prato a pena,
Non è Gradasso rivoltato apena,
E quel ronzon scappò de un salto a pena,
Non sosterranno il primo assalto apena.
Ché io che lo scrissi, lo ramento apena.
E mena il brando, e non è dritto apena;
Non era a terra quel caduto apena,
A benché in terra fo caduto apena,
Per dare a Galifrone amara pena.
A cui dà questa, a cui quella altra pena.
Pigliarli te convien con molta pena
Che se avrebbe a trovarlo molta pena,
Tanta angoscia sofferse e tanta pena,
Che era a vederci tutti in tanta pena;
Ma Astolfo il trabuccò con tanta pena,
Dandogli un colpo de cotanta pena,
E fo quel colpo di cotanta pena,
De l'amor del patron quel porta pena;
Soletto portar debbo questa pena,
E se sostenne con fatica e pena;
Esso, per darle più battaglia e pena,
Prima che ne abbi più tormento e pena;
Che quasi se stordì con grave pena.
Ciò comandato è sotto grave pena. Mai nol puote azaffare o darli pena,
Mai non sentì Gradasso cotal pena:
E dette a Draginazza una gran pena,
Di questo Feraguto ebbe gran pena.
Sempre guardando, cerca con gran pena
Ma instabil vento e pioggia con gran pena.
E con molta fatica e con gran pena
Ranaldo e Orlando insieme con gran pena
Feraguto lo occise con gran pena,
E morto a terra il pose con gran pena.
Avea spezzati e morti con gran pena.
Ché morto l'avria Orlando con gran pena:
Qualunche è preso, è morto con gran pena.
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67
Perché de intorno gli donavan pena;
Che più morta che viva era con pena.
Le braccia al busto li strenge con pena,
Ben mezo il ferro gl'inchiavò con pena.
Tanto era grosso, che lo tira appena.
Ma de la morte se diffende appena.
Chi più se gli avicina, ha magior pena:
Ed esso ancora stava in maggior pena,
Non sentì mai Ranaldo maggior pena,
Né se numerarebbe a minor pena
Sì che a ridirlo non torrò più pena,
Ed avanti a la matre per più pena
Che nella piazza profonda l'arena,
Le teste in l'elmi cadeno a l'arena.
Tutti alla fila vi getto a l'arena. Come fa il vento al campo de l'arena.
E passando il deserto de l'arena
Più trita e più minuta che l'arena;
Ma sopra al sciutto gioca ne l'arena,
Perché coperta è tutta ne l'arena;
Ma brancolando stava ne l'arena;
Tutto il martello ascose ne l'arena.
Le stelle in celo o nel litto l'arena.
Ed andò al fondo sin sotto l'arena:
Sin che fôr gionti al mare in su l'arena,
Sì che disteso il pose in su l'arena.
Fôr da' barbari occisi in su l'arena,
Ché lo pose riverso in su l'arena.
Col destrier morto adosso in su l'arena
Che il capo gli fe' batter su l'arena.
Qual ha il suo regno in mezo de la arena.
Smontarno con gran voglia in su la arena,
Quel per la poppa salta alla carena.
Chi salta in mare, e chi nella carena,
Che sopra la montagna di Carena
Gionsero un giorno al monte di Carena.
Che era nascoso al monte di Carena,
Se fece sotto al monte di Carena.
Questo si sta nel monte di Carena,
Il qual lasciai nel monte di Carena
Non dimandati se rodea la brena;
Così ragiona, e la faccia serena
Ma pregoti, per tua faccia serena
Nel fin la dama con faccia serena,
Or vanne il conte, e con faccia serena
Fu Mandricardo con faccia serena.
Mostrando a ciascadun faccia serena;
Che non videro al cielo aria serena,
E Bradiamante, la dama serena,
Con l'alba insieme il cel se raserena,
Quella stagion che in cel più raserena,
Con balli e canti e con festa serena;
O re del celo! O Vergine serena!
- O Dio del celo, o Vergine serena, Come a Dio piacque e sua Matre serena,
Ma nel ferire a mezo se rafrena;
Se non che il sangue di quella sirena
Cantando venne a sommo la Sirena.
Che tutta è verde e dentro ha una Sirena.
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68
Oltra a quella isoletta è una sirena:
Sol se diffende il sangue di sirena.
Ed oltra a questi il conte de Lorena,
E seco al paro il conte de Lorena,
Già il duca di Savoglia e di Lorena
Roberto de Asti e 'l conte di Lorena
Quello Ansuardo, conte di Lorena,
E talor frega a terra la carrena.
Ferno svenar la bella Polissena.
Or te diffendi, paccio da catena,
Sempre dicendo: "Ladro da catena!
Fui preso a inganno, e posto a la catena;
Pensati or se ella rode la catena,
Ma il conte trabuccò ne la catena,
Quanto può l'alcia sopra alla catena:
Pur l'orco il lega e pone alla catena.
Ché molti ne avea presi alla catena,
Ed Olivier legato alla catena,
E gionsel proprio a mezo alla catena.
Ma nol può sviluppar della catena.
Essa, tirando poi quella catena,
Per rompere e tagliar quella catena,
E via tagliò di netto la catena.
Dal suo bastone ispicca una catena,
E legarli ambi insieme a una catena.
Sue braccie e gambe avengia una catena;
Portava il re Bordaco una catena,
Legati ambe le braccia di catena.
Che mai non uscì veltra di catena,
Questa era aredinata di catena:
Che parea un veltro uscito di catena,
Era quel laccio tutto di catena
Sibilla il cielo e suona ogni catena.
Tanto ha grossa la rete ogni catena,
Ma ben gli taglia adosso ogni catena;
Chi per le corde scappa in su l'antena.
Fu quando gionse un colpo ne la antena;
Ferì in fronte Olivier con quella antena;
Ride Grandonio e prende la sua antena.
Porta per lancia un gran fusto de antena.
Sprizzando il sangue fuor con tanta vena,
Sempre a sua posta, com'acqua di vena.
Che 'l sangue gli crepò fuor d'ogni vena.
Essendo uscito il sangue de ogni vena,
Ove quel monte in Acquamorta bagna
Volta la briglia, e mena le calcagna;
Aspettala vicino, e poi calcagna,
Ché già non vôl che altrui quel se guadagna.
E l'un da l'altro poco vi guadagna:
Quel bon destrier, che fu senza magagna,
E con la vista la gente magagna;
Ché una regina piena di magagna
Cento donzelle al forte re de Orgagna.
In questo tempo venne il re de Orgagna,
E` del gran Polifermo, re de Orgagna,
Sin che sei gionto nel regno de Orgagna,
De ciò la dama se lamenta e lagna.
E ciascadun de Amor si dole e lagna.
Forte piangendo quel baron se lagna,
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69
De l'Ongheria, di Franza e de la Magna,
Tanta è la gente smisurata e magna,
E 'l re lombardo e molti de Alemagna.
La Francia, l'Inghilterra e la Allemagna;
Né vo' che alcun stendardo vi remagna,
Con lor persone e con sua corte magna,
Ed è gagliardo sopra a la campagna.
Ché già de morti è piena la campagna
Di piastre era coperta la campagna,
E furno usciti fuor de la campagna,
La quinta, che empie il monte e la campagna,
Per quella gente ch'era alla campagna,
Ma la prima che è gionta alla campagna
Che in quella selva stava alla campagna,
Più de un terzo ne cade alla campagna;
Ma come fumo visti alla campagna,
Di sotto a quel castello, alla campagna,
Trovò quel re pagano alla campagna,
Ed esso è in mezo giorno alla campagna.
E ritornò ben presto alla campagna,
Stretta l'abbraccia in su quella campagna:
Re Carlo ne venìa per la campagna,
Prendi la strata per questa campagna,
Subito smonta alla verde campagna;
Con cani e occelli e con molta compagna.
Il qual divide Francia dalla Spagna.
A Feraguto come era di Spagna,
Però che il re di Franza e il re di Spagna,
In Ponente Marsilio, il re di Spagna,
Figliola di Marsilio, re di Spagna,
La quarta è tutta la gente di Spagna,
Ma quando vidde la gente di Spagna
Gionse Marsilio e sua gente di Spagna;
Nacque a Granata, nel regno di Spagna:
Come squarciasse tela d'una aragna;
Come se prende lo uccelletto a ragna;
Né ancor per questo dapoi la sparagna,
Ben dir vi so che alcun non se sparagna.
Poi va galoppo e il corso risparagna,
La vita o il corpo qua non si sparagna,
Ne la piastra ferrata lo sparagna.
Come loro arme sian tela di ragna,
Ranaldo che era gionto alla montagna,
Stava nel passo sopra una montagna,
E- Salamone, il bon re de Bertagna.
Quivi è legato e il bon re di Bertagna,
Baglio era tutto a scorza di castagna,
Fe' gran prodezze, la persona degna,
Sopra ad ogni altra de triomfi è degna. Che ogni persona de essa non è degna.
Qual ci conduca al litto de Sardegna. Quasi contra a sì pochi andar se sdegna;
Ma di portare il scudo se disdegna.
Quello avia al scudo una serpe malegna,
Da poi Tardoco, che in Alzerbe regna,
Tra gli superbi alle gran corte regna.
Ottone ancor, che tra gli Anglesi regna,
In cui bontade né virtù non regna,
Nel gran paese dove Carlo regna,
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70
Se tal virtù nel corpo vostro regna,
Tanto ha l'anima altiera de ira pregna.
Ché quella arma gentile e quella insegna
Portar depenta al scudo quella insegna?
Mai non viddi colui, né questa insegna.
Riportò salva la reale insegna.
Il re di Cosca; e porta per insegna
Che avea le corne a l'elmo per insegna;
Pregar si puote che un siroco vegna,
Ed ha una guardatura sì maligna,
- Come? Non vedi che e denti digrigna? - Anci - disse la dama - ella t'insigna
Per Montealbano e per tutta Guascogna,
Ché alle confine è forse di Guascogna. Costor verranno o per terra in Guascogna,
Perché esser preso da tal gente agogna,
Non vi vo' dir se 'l conte Gano agogna.
L'un di Savoia e l'altro è di Bergogna,
E tanto è già di ciò poca vergogna,
Poi non sapeti quel che sia vergogna.
Perch'io mi stimo che 'l non sia vergogna
Però che Fiordelisa avia vergogna,
Eran venuti, e l'ira e la vergogna
Non ne volendo il danno e la vergogna. Perché, oltra al vituperio e alla vergogna,
Ché me ritiene alquanto la vergogna. Noi siam condotti alla ultima vergogna.
Disse: - E' ci manca questa altra vergogna. Fu via menato con molta vergogna
Per non avere al scur tanta vergogna;
Ché qua voglio io morir senza vergogna. Per fare a' Saracini onta e vergogna,
Che è pien d'oltraggio, danno e di vergogna.
Il conte Orlando per cotal vergogna;
Ché gran piacer se perde per vergogna.»
E tutti e sentimenti per vergogna,
Non so de qual acquisti più vergogna. Così l'un l'altro con grave rampogna
E poi, tra' soi rivolto, con rampogna
E fra se stesso quel giorno rampogna,
Ma non volea, quel pezzo di carogna,
Sì Bradamante a lor gratta la rogna.
- Venga chi vôl ch'io gli gratti la rogna,
Ché voglia ha di grattare a quel la rogna.
E disse: - Cavallier, tu cerchi rogna:
Gettati l'arme, e andati alla poltrogna,
Ch'era il mio ragionar d'un om che sogna.
Pur spera de far fatti alla bisogna;
Pigliar la robba, quando la bisogna. Ma pure in ogni forma ce bisogna
Onde lasciar la impresa ce bisogna,
Oggi d'esser gagliardo ce bisogna;
Né star con seco a fronte gli bisogna;
E ben presto spaciarsi gli bisogna,
Ora aver pazienza mi bisogna,
Ove ti piace e dove mi bisogna;
Contarvi e capitani mi bisogna:
Or fuggi tu, dapoi che ti bisogna,
Io te la grattarò, ché 'l ti bisogna.
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71
Sì che farli pensier non ti bisogna.
Ora altro che parole ivi bisogna,
Onde più prova ormai non vi bisogna.
Ciascuno ha un colpo, e più non vi bisogna;
A far lunga dimora non bisogna,
Ma quel che vôl Fortuna, esser bisogna.
E' conta a ciascadun quel che si sogna,
Vera e non vera, sì come si sogna;
Qual have il pregionier, quando si sogna
Duca di Clevi, il duca di Sansogna,
Per far più colorita sua menzogna,
Il numero di lor, senza menzogna;
Che in veritate, a non dirti menzogna,
Questo nel scudo avea la colombina,
Ed avea seco la bella Tisbina;
Prese di questo la bella Tisbina;
Per il venen mandò prima Tisbina
Avia una dama nomata Tisbina,
Ebbe una dama nomata Tisbina;
Per una cameriera de Tisbina.
"Non è piaciuto a Dio, né a te, Tisbina,
Per cui dolente abandonai Tisbina
Morir volea nel nome di Tisbina;
Che avea molta amicizia con Tisbina,
Tutte siàn fatte come fu Tisbina,
Che cognobber l'armata saracina,
Crescendo ognior la folta saracina,
Che non avea la gente saracina
Via ne fuggia la gente saracina.
E 'l conte fra la gente saracina
Ché intrato è tra la gente saracina,
Olivier tra la gente saracina
Via se ne va la gente saracina.
Or ne fugge la gente saracina,
Or se mosse la gente saracina,
Fuor se accampò la gente saracina;
Or questi duo la gente saracina,
Via passa per la gente saracina,
Vedon venir la gente saracina.
Benché sia più la gente saracina,
Ahi sventurata gente saracina,
Tra Cristiani e gente saracina:
Contra a Marsilio e gente saracina.
Quanta fôr mai di gente saracina;
Ne l'acqua trovarai la medicina
Ad un vecchio dottor di medicina.
Né per camparlo trovo medicina;
Ora alla porta il conte s'avicina:
E come alcuno al tronco s'avicina,
E così andando ognior più s'avicina,
Ma l'una schiera e l'altra se avicina,
Né già per questo al pagan se avicina,
E verso di Ranaldo se avicina.
Viddero in quella, quando se avicina,
Vede, ed a quella il legno se avicina.
Come l'un l'altro al scontro se avicina,
Ed alla fata molto se avicina,
Ferendo a calci chi se gli avicina;
Ora li dorme la dama vicina:
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Quale era tanto alla ripa vicina,
La pietra a cento braccia era vicina:
Dico a rispetto de l'altra vicina,
Ché qua persona non vede vicina;
Palido assai per la morte vicina;
Benché fosse la zuffa assai vicina;
Nascosta ad una spiaggia indi vicina,
- Vinte giornate de quindi vicina
Ad una casa che è quindi vicina,
Alzirdo ha la sua armata a lui vicina
A un tronco de una quercia ivi vicina.
Perché assai volte fo tanto vicina,
Sì ch'io veda la zuffa più vicina,
Al castel falso de la fata Alcina.
Già vengon travi e solforo e calcina,
Era ad incanto fatta per Alcina,
- Come «a ogni modo», schiuma di cucina! Intrava quel giottone a ogni cucina,
Come battesse un fabro alla fucina.
Come sfavilla un ferro alla fucina,
Par che si batta un ferro alla fucina;
Re Tibiano e sua figlia Lucina.
Per trovar morta almen la sua Lucina.
Ma sopra gli altri lo onorò Lucina,
Fu Valibruno, il conte de Medina,
Era la ponta di sua spada fina,
Benché sia grosso e de una maglia fina,
Tutto coperto a piastra e maglia fina;
E piastra non vi valse, o maglia fina,
Taglia ogni cosa Durindana fina,
Tutto il fraccassa Durindana fina;
Così quel re col brando non afina,
Che par che il cel profondi e il mondo afina.
Né per una repulsa se rafina.
E` combattuta, e mai non se rafina.
Cerca per tutto, e mai non se rafina,
E di cercarlo mai non se rafina.
Né mai de aiuto chieder se rafina,
Lui cadde a terra, e il re non si rafina
Avere al tutto quella pietra fina.
D'oro e di perle e de ogni pietra fina.
E se non era l'armatura fina
Che il destrier bianco e l'armatura fina
Or dir vi vo' di sua armatura fina
Ed è guarnito di armatura fina,
Tutta di pietra relucente e fina.
Con Durindana mai non se raffina:
Menar Fusberta mai non se raffina.
Che vien correndo e mai non se raffina,
Cresce d'ognor e mai non se raffina,
Re Farurante mai non se raffina;
Via giorno e notte mai non se raffina,
Né il lor ferir per questo se raffina.
Dal mar de l'oro, ove l'India confina,
E la Mesopotamia che confina;
Alla terra di Bursa, che confina
Come se chiami, e il loco che confina;
Là dove l'elmo al scudo se confina,
Per tutta Spagna, dove te confina.
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Un altro, che al suo regno gli confina,
Sopra ad un ponte che quivi confina,
E già son gionti ove il fosso confina
E giorno e notte di pianger non fina.
Che cosa non fu mai cotanto fina,
Che altra nel mondo mai fu tanto fina.
De le due spade ogniuna era più fina:
Vedevasi Marfisa la regina
E seco al par Marfisa la regina.
Col brando in mano afronta la regina;
Perodia vi era in festa, la regina,
Quanto Tristan da Isotta la regina.
E per te solo il fece la regina;
Quei de la rocca e quei de la regina,
Lui, che a le spalle sente la regina,
Bevendo a quella lasci la regina,
Beffando con più scherni la regina;
Ciascun per agradire alla regina
Sin che fu gionta avanti alla regina.
Che ora de Orgagna se appella regina)
Com'è la insegna di quella regina;
Calla nel campo di quella regina,
Saltƒr nel campo di quella regina.
Che a forza fa piegar quella regina.
Onde se mosse lui con la regina
Torindo era di fuor con la regina,
Fatto l'ha per incanto la regina;
La seconda conduce una regina,
Prima la spata prese una regina
Ove presso a una fonte una regina
Ch'era vermiglio, e dentro una regina,
Costei de Saragosa era regina,
E Marbalusto un capo de regina
- O re del celo, o Vergine regina, O Dio del celo, o Vergine regina,
Tra il re circasso e la forte regina.
E già non seppe la forte regina
Isfida a morte la forte regina.
Dietro lo segue la forte regina;
E non se move la forte regina,
Gionse nel scudo la forte regina,
Sopra di questo la forte regina
Che avea la testa e faccia di regina,
- Vergine, - dicea lui - del cel regina,
Non fece mai, che io creda, un don regina,
Che già de l'Oriente fo regina;
Seco la giuppa alla terra dechina,
La rivera zoiosa indi dechina
Ma non se piega adietro, anze se china
E già il sole alla sera se dichina,
Il crudel brando nel petto dichina,
Che sopra al collo a quel destrier l'inchina.
Ed alle crine del destrier s'inchina;
Contra de noi la tua iustizia inchina,
A man sinistra la prora se inchina,
A preghi né a pietade mai se inchina;
Alla sua dama davanti se inchina.
La damisella ad Orlando se inchina,
Come fu giunta, ad Orlando se inchina,
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74
Che spesso a terra or questo or quello inchina.
Il conte riversato adietro inchina,
Orlando alla donzella presto inchina,
Che debbe fare Angelica meschina,
Venne dapoi a Valenzia meschina;
Che trema come foglia la meschina.
Veggendosi diserta la meschina,
Se alcuna nave vede, la meschina,
E dimandò chi fosse la meschina.
Senza soccorso, adunque, la meschina
Gravida de sei mesi la meschina.
E ben se batte il viso la meschina.
Né sa pigliar partito la meschina.
Piena è di sangue la piaza meschina.
Pianto dirotto con voce meschina.
Che così strazia tua gente meschina! Ebbe a sentir de mia sorte meschina.
E far la vita mia tanto meschina.
E come un rivo dal monte declina,
Bradamante tacendo a lei se inclina,
E dissipata parte gibillina.
La prima, essendo ancora fanciullina,
Giovani, antiqui ed ogni fanciullina,
Ché non moritti in cuna, piccolina?
Che fu con lei creata piccolina,
Sopra ad una barchetta piccolina
Qual chiudea la valletta piccolina;
Benché la gente è negra e piccolina,
Ad entrar ne la nave picciolina:
Ciascuna schiera a gran furia camina,
E mentre che per l'erba via camina,
E con ponente in poppa via camina;
La nave tutta fiata via camina,
Lei monta il palafreno e via camina.
Al tronco drittamente via camina.
L'un giorno apresso a l'altro via camina.
Quivi fuggendo Morgana camina.
E via trottando a gran fretta camina
Sì giorno e notte con fretta camina,
Ed essa a piede fra l'erbe camina,
Qual con gran voluntà sempre camina,
Ma giorno e notte lui sempre camina,
Per la campagna via forte camina;
Lasciamo lui che ben forte camina,
Montarno, e ciascadun forte camina;
E tanto ogni om de' duo forte camina,
Ed Aquilante apresso li camina.
Verso ponente più giorni camina.
Perché la gente verso lui camina.
Per veder Ziliante ogni om camina.
Per monti e per valloni ogniom camina;
Lor saltƒr dentro, e lei gioso camina.
E con tanto furor ratto camina,
Ma così a piedi nel litto camina;
Al re Gradasso via dritto camina.
Che studia il corso e quanto può camina.
Come fu morto, andò tutta a roina
Che pona il mondo a foco ed a roina,
Lui passa il muro e salta la roina,
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Ed evi ancor la guerra e la roina
Di sopra odisti il corso e la roina
Qualunche è gionto da quella roina
Così, correndo con quella roina,
Che racontasse a Carlo la roina
Dice il barone - accioché una roina
Un suon de arme spezzate, una roina,
A un muro, a un monte avria data roina
Non si puotria contar l'alta roina,
Da l'alta ripa con molta roina
La prima schiera con molta roina
Cacciano in rotta con molta roina.
Così diceva, e con molta roina
Scontrano insieme con molta roina,
Anci si mosse con molta roina;
Una gran gente con molta roina,
Ma, speronando con molta roina,
Ma serai preso con molta roina
Non fo veduta mai tanta roina.
Strideva in voce di tanta roina,
Pur mena colpi di tanta roina,
Che entro a quel bosco fan tanta roina,
Ché lui feriva con tanta roina,
Con tal romore e con tanta roina
Cadde 'l gigante con tanta roina,
Feritte Astolfo con tanta roina,
Mai non fo vista cotanta roina.
Ora sappiati che questa roina,
Alor che Orlando mena tal roina;
Che sopra al campo mena tal roina.
Che il principe il ferì con tal roina,
Quel che la dice, o che qua giù il roina. E ferisce la dama a gran roina;
Combatte Rodamonte a gran roina.
Sopra vi batte il drago a gran roina.
Con impeto se mosse e gran roina.
Or, menando fraccasso e gran roina,
Tanto fo il colpo pien di gran roina,
Per tutta la Turchia con gran roina
La bestia venne a lui con gran roina.
Alor ne andava lui con gran roina,
Orlando la spianò con gran roina.
Trabuccandomi giù con gran roina;
E ciò che trova taglia con roina.
Né abruciai la tua terra con roina,
Là gioso ogni om se getta con roina,
E via nel mar la trasse con roina.
Foco e gran pietre gettan con roina,
Gionse la frizza al scudo con roina,
Ed assalirno il campo con roina,
E risposene un altro con roina,
Intrarno tutti dentro con roina,
Verà la rocca al basso con roina.
Né già Ranaldo fa minor roina
Filiol del re d'Armenia, la tapina,
Ché più che sé lo amava la tapina.
Piangendo se battea quella tapina,
Né abandonar questa anima tapina!
Giva tremando come una tapina,
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Fugge la dama misera tapina,
Che dicea: - Lassa! misera! tapina!
Era cacciata misera tapina
Conforto solo a mia vita tapina,
La moglie di Rugier, trista, tapina,
Tra la zurmaglia misera e tapina:
Quel baron franco, con voce tapina,
Piglia! piglia! - cridava - ahimè tapina!
Ché tutta è occisa la gente tapina,
Non sa che farsi la gente tapina,
Gionger duo amanti di morte tapina
Che qua ne venne a te la mala spina.
Poi da traverso, quella mala spina
Fiacca ogni bronco ed ogni mala spina,
Vermiglia più che rosa in su la spina;
Legato è tra le rose ad una spina.
E tra le rose de una verde spina
Una dama, nomata Fiordespina,
E poco longe a' cani è Fior de spina,
- Ciò non rifiuto, - disse Fiordespina Non me cognosci ch'io son Fiordespina?
Fossa nol cinge, né sepe di spina,
Di bianchi gigli e di rose di spina;
Col viso al cielo e dormiva supina,
Non va il delfino per l'onda marina,
Un fiume par che fenda la marina.
Come nel celo o sopra la marina
Che abbia la terra e tutta la marina;
E mostra un gregge tutta la marina:
Come un gran fiume fende la marina,
Tant'alto è quel furor de la marina;
Trasse il bel viso fuor de la marina,
Che non han pesci e fiume e la marina;
Che ne tremava il fiume e la marina.
E la terra profondi e la marina:
Che de i monti d'Armenia alla marina
Da poi se parte, e torna alla marina:
E da ponente torna alla marina.
E parturisce in ripa alla marina
Ove la fata sopra alla marina
Se pose disperata alla marina,
Perché, essendo una volta alla marina,
Nel litto de la Liza alla marina.
E torno ver ponente alla marina,
In mezo è Rodamonte alla marina,
Callarno tutti quanti alla marina,
Soria vargò giongendo alla marina;
Or vo' lasciare Astolfo alla marina,
E tremò il campo insino alla marina
E così dismontarno alla marina.
Sopra ad un colle, a lato alla marina
Pur, seguitando a lato alla marina,
Tutta è alloggiata a canto alla marina.
Verso ponente, a canto alla marina.
E là fermƒrsi a canto alla marina.
M'avete istessi a canto alla marina;
E via passando a canto alla marina
Che oggi è disfatta al litto alla marina,
(Ché il re di Bolga e di Bellamarina,
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Ma il re del Garbo e di Bellamarina,
Il re Gualcioto di Bellamarina
Il re Gualciotto di Bellamarina,
Il re Gualciotto di Bellamarina
Ciò fu Gualciotto di Bellamarina,
Che in su il destrier varcò quella marina.
Ella guardava verso la marina,
Quando duo venti in mezo la marina
A quella selva che è in su la marina,
Essendo gionti sopra a una marina,
Già fo tempo che un fiume e una marina
Parea di sangue il campo una marina:
Che assembra una fortuna di marina.
In Franza a qualche terra di marina.
Qual vento, qual tempesta di marina
Ciò che se faccia in terra ed in marina
Aliel, Libicocco e Calcabrina;
E simigliante della fresca brina,
Che fabricato fu da Falerina;
Però che la malvaggia Falerina
Quivi più non aspetta Falerina,
La spada qual già fece Falerina,
E sei presso al giardin de Fallerina.
E non rompeva l'erba tenerina,
Trema la pianta lunga e tenerina;
Ciascuna dama è molle e tenerina
Che te ami quella dama pellegrina.
Una dama gentile e pellegrina,
Cantar la rondinella peregrina,
Così dormendo quella peregrina,
Così parlò la dama peregrina,
Tanta era quella adorna e peregrina.
Sì ben ferir la gente peregrina,
Che era la strata a pietra marmorina;
Un gran Macon di pietra marmorina:
Quel loco d'una grotta marmorina
Ma lui, che del scrimire ha la dottrina,
Né ben se può pensar senza dottrina
Dal Greco, che sapea cotal dottrina,
Poi Farurante, che è re di Maurina,
Quivi era Farurante di Maurina
Di là vien Farurante di Maurina;
La piuma al collo ha d'oro e purpurina,
Ma prima che morisse, ebbe a Misina
Ché Barcellona da sera a matina
Né se gli era da sera o da matina.
Non sa se egli è da sera, o da matina,
Da quella sera insino alla matina
Che se posarno insino alla matina,
Giunsero ad Albracà quella matina
Sì come io vi contai, quella matina,
Quando se avidder poi quella matina
Perché gionto era pur quella matina;
E l'una vidde l'altra una matina
Al bel verzier fo gionta una matina.
Tra l'altre volte avenne una matina
Che a Babilonia gionse una matina.
E cavalcando gionse una matina
Che cavalcando gionse una matina
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Vicino alla citate una matina,
Quando tutti e baroni una matina
Stanno ordinati; ed ecco una matina
Insieme cavalcando una matina;
Già me trovai di maggio una matina
Passarno quindi acanto una matina,
Sopra quel campo ne l'altra matina,
E ciò te dico, perché stamatina
Gli disse: - Cavallier, questa matina
A flagellarsi da sera e matina.
Ferno ancor lor la seguente matina,
Tutti non giongeranno a domatina,
Stava in Egitto alora la fantina,
Ma sol cridando aiuta la fantina.
Ben se avisarno che quella fantina
E da lui tol combiato la fantina;
Che sei gabato al fin da una fantina!
Io, là correndo, presi una fantina,
E sopra de un gambelo una fantina
Ché Pinadoro, il re de Constantina,
E il giovanetto re de Constantina,
Ma cade a terra il re di Constantina;
Gettollo a terra il re di Constantina,
Poi Pinadoro, il re di Costantina;
De intorno al capo l'elmo gli tintina,
Per questo non la vede Dragontina.
Ed eccoti qui gionge Dragontina,
Che di passare in Franza se destina,
Ciascun stare al suo loco se destina,
E ciascadun giurando se destina
Ciascun di lor quel giorno se destina
Ma de straccarla al tutto se destina
Ché porlo in terra al tutto se destina;
Partir de quivi al tutto se destina,
Poi Menadarbo al tutto se destina
Perché pigliarlo al tutto se destina.
Ciascun morire o vincer se destina:
Ove l'arciero il suo colpo destina;
Che già non sembra che da la mattina
Perché, essendo aveduti la mattina
Che sempre, dalla sera alla mattina,
Poi che indugiar conviene alla mattina;
De lor partita insino alla mattina.
Dove giungesti tu in questa mattina.
E sopra alla rugiada matutina
Già nascondea la stella matutina;
Era nella prima ora matutina,
Risa la terra andò tutta a ruina,
Il crido è grande, i pianti e la ruina
Veggendo de Agramante la ruina,
E fa tremare e monti alla ruina;
Ma sempre mugge e sembra una ruina;
Per mirar de costor l'alta ruina.
Sempre anitrisce e mena alta ruina.
Rimena colpi de molta ruina
A tutta briglia, con molta ruina.
Tutta se aperse con molta ruina.
Odita non fu mai tanta ruina.
Veduta non fu mai tanta ruina.
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79
Ché 'l colpo è fiero e di tanta ruina,
Quei duo baron faran tanta ruina,
A lui se volta con tanta ruina,
Con tanta furia e con tanta ruina,
E lo ferisce con tanta ruina,
E cominciarno con tanta ruina
Che fu cagione al fin di sua ruina.
E sopra al campo mena tal ruina,
E fece di sua gente tal ruina.
E lui la vista incontra in tal ruina,
Ché lo fraccasserà con tal ruina,
Pur fuore uscitte, e va con tal ruina
Se vedea la battaglia a gran ruina,
Qual più sempre s'accende a gran ruina,
Il mar se rompe insieme a gran ruina,
E se incontrarno insieme a gran ruina:
In questo gionse il conte a gran ruina,
Fiaccando tutti e scudi a gran ruina,
Urtarno e lor destrieri a gran ruina
Ferendo e trabuccando a gran ruina,
Tuttavia combattendo a gran ruina,
Via la portava il vecchio a gran ruina
Voltasi e mena un colpo a gran ruina.
Come la nave va con gran ruina.
Ranaldo lo ferì con gran ruina.
Dal capo in su lo arcion con gran ruina.
E la tua patria va tutta in ruina;
Con Aragona la pose in ruina.
Veggendo il mondo che è tutto in ruina,
E sua Fusberta mena con ruina;
De l'arme rotte e piastre con ruina,
Ranaldo a lui rispose con ruina,
Quando Marfisa mosse con ruina,
E verso lui se mosse con ruina,
Ben stretti insieme vanno con ruina
E Sacripante prese la schiavina
Ma il peregrin, gettando la schiavina,
Che a riguardar parea cosa divina,
La summa maiestate alta e divina. Corse ciascuno alla legge divina.
Lei, compiacendo a se stessa, indivina
Ma poi bisogna che anco egli indivina
Dentro a Parigi va la bestia bona.
Tanto era savio, quella bestia bona!
Pur la credenza avea perfetta e bona,
Ma la natura sua, ch'è tanto bona,
E da Maliga tiene a Taracona.
Se meraviglia Ranaldo se dona.
Il suo destriero a Brandimarte dona.
Sopra de l'elmo un gran colpo gli dona.
L'ultimo colpo che Orlando li dona,
Son premio de virtute, ma si dona
Abbi sempre il pensiero a cui te 'l dona,
E stassi al fonte, e mai non l'abandona.
Ne la speranza presto l'abandona.
Ogni speranza al tutto l'abandona.
Questa schiera seconda s'abandona;
Ma lei contra de Oberto s'abandona,
Segue Ranaldo e la Francia abandona.
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Lascia Baiardo e la briglia abandona:
Nulla alta enchiesta mai non la abandona,
Niun de' duo quella dama abandona,
Camina ad alto e la terra abandona.
E Feraguto e la guerra abandona.
Poi lo urta a terra e quella asta abandona,
E l'uno e l'altro la danza abandona,
Ed a fortuna le vele abandona.
Così mi piglia, o così me abandona;
E giorno e notte mai non me abandona,
Ma se speranza de ciò me abandona,
Lo usato scudo e le insegne abandona.
La Africa tutta a furia se abandona.
Qual nel litto di Spagna se abandona,
Verso Aquilante tutta se abandona.
Poi morto a lui davante se abandona;
Ranaldo sopra al conte se abandona,
Ogni mestiero ed arte se abandona;
Rugier lo lascia e a gli altri se abandona,
Cotanta gente al crido se abandona.
Sopra di lui Ranaldo se abandona.
E sotto un pin dormendo se abandona;
Sopra il col di Baiardo se abandona,
Sopra Baiardo al campo se abandona;
A Norandino adosso se abandona.
Il duca Astolfo ratto se abandona,
Ed a fortuna tutto se abandona:
Stretto a la giostra tutto se abandona;
Ver Rodamonte tutto se abandona.
Sopra a' Lombardi tutto se abandona,
Or Matalista al tutto se abandona:
Or Sacripante al tutto se abandona,
Poi verso Alzirdo tutto se abandona,
Sopra del colpo tutto se abandona.
Come fo gionto, tutto se abandona
E là per dargli aiuto se abandona:
Adosso a li altri il mio cor se abandona,
Il Saracino a terra gli abandona,
E Brandimarte, che non gli abandona,
Poi tutti come morti li abandona,
Re Desiderio mai non li abandona,
Quella impresa giamai non abandona.
Costui la rocca a Monico abandona
Subitamente Ranaldo abandona,
E Malagise il demonio abandona.
E tramortito a terra lo abandona;
Astolfo quivi in terra lo abandona:
Sua gente morto in terra lo abandona,
Sopra al marmo alla fonte lo abandona,
Sta col suo conte e mai non lo abandona.
Onde la vita e il spirto lo abandona,
Or Brandimarte presto lo abandona,
Questo pensiero al tutto lo abandona.
Fuggire in rotta, e che il campo abandona.
Poi la seconda schiera Carlo dona
Ma quando l'un promette, e l'altro dona;
E quando l'un promette, e l'altro dona,
Amor la voce e l'intelletto dona.
Ma ritorno ad Ugiero di Dardona,
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Pur che si possa, alcun non se perdona.
Arsa è Valenza e disfatta Aragona,
E già vedon fumar tutta Aragona.
Forte era Calabron, re de Aragona,
E il franco Calabrun, re de Aragona.
E Barigano, el duca de Baiona,
Al duca de Arli e al duca di Baiona.
Colse nel petto al duca di Baiona,
E 'l bono Uberto, duca di Baiona,
Già non sono io Ginamo di Baiona,
Ma già non te so dir ciò che ragiona.
Non vôl ch'altri, né lui mai ne ragiona:
Ma questo canto più non ne ragiona;
Esso in secreto e palese ragiona
Questa citade, come se ragiona,
Sì come ne' proverbi se ragiona
Sua guarnison, di cui mo se ragiona,
E, come là per tutto se ragiona,
Perché a qualunche che di te ragiona,
Turpin di questa cosa assai ragiona,
Turpin la vide, e ciò di lei ragiona.
Lo inaverato, e il tutto gli ragiona
E seguitando drieto li ragiona:
Quindi de ponto in ponto li ragiona
Soletto come io son! - così ragiona.
Quattro re chiama, e lor così ragiona:
La vera istoria di Turpin ragiona
Ed altri assai che 'l canto non ragiona;
E ciascadun di lor seco ragiona,
Verso del conte in tal modo ragiona:
E sempre in calmo e per zergo ragiona:
Ed Alanardo, conte in Barzelona,
Ed è lo assedio intorno a Barcellona.
E già son gionti presso a Barcellona
Combattete alle mura Barcellona,
Uscì Grandonio fuor de Barcellona;
Io ve contai pur mo che in Barcellona
Ciascun parve di pietra una colona;
Poi se partitte di questa colona
Franco è costui, che è re de Nasamona.
Gionse alla testa il re di Nasamona,
A San Dionigi il re di Nasamona
Già Puliano, il re di Nasamona,
Questo Arcimbaldo è conte di Cremona,
Ecco afrontato ha il conte di Cremona,
A lui davanti è il conte di Cremona,
E dice a lui che a l'ora de la nona
Ne andarno insino a l'ora della nona
Che 'l tornier dovea farsi in su la nona,
Né il matino, o la sera, ni di nona
Orlando contra lui forte sperona,
Frontino, il bon destrier, forte sperona
Ciascuno a più poter forte sperona;
Fugge del prato e quanto può sperona,
Sua gente fugge, e chi più può sperona:
A tutta briglia il suo destrier sperona.
Onde adirato il suo destrier sperona;
L'un verso l'altro a più poter sperona
Di Vicenzia e Trivisi e di Verona,
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82
Qual, come io dissi, è conte de Girona;
In poco tempo gionsero a Sirona.
Re Salamon, che in capo ha la corona,
Gionselo in testa, e taglia la corona:
Ad Agramante e rotta la corona
Perché hai de ogni prodeza la corona,
Qual porta di Valenza la corona,
Quel re che di prodezza è la corona;
Serà del mondo il fiore e la corona.
Né vi crediate, poi che la corona
Che gli roppe 'l cimero e la corona,
E sopra al foco offerse la corona;
De sopra a l'elmo trasse la corona,
Che a Federico abatte la corona.
Calla Fusberta sopra alla corona,
Serà posto ribello alla corona.
Ad ambe man, di sotto alla corona,
Fiaccando sopra a l'elmo la corona,
E d'oro ha sopra l'elmo la corona:
Se quel non porta in capo la corona;
Ha tolto dal suo capo la corona,
Di seguir de Gradasso la corona
De Ettòr, dico io, che ben fu la corona
Al vincitor di rose una corona.
Nel scudo azuro ha d'oro una corona.
Segnata avea de argento una corona;
E de felice portarà corona,
Da' paladini e da vostra corona,
Sotto a l'oltraggio di questa corona.
Ché troppo ingiuriai la sua corona;
Contra al re Carlo ed alla sua corona,
Col brando in mano e con la sua corona;
Quanta ne è in campo sotto tua corona.
Sia cavalliero, o sia re de corona:
Come a quei de India e soi re de corona
Quattro cerchielli in forma di corona
Che cinge il scoglio a guisa di corona.
Né adornarai tua testa di corona;
E tutti insieme quei re di corona
Di là da l'India, un gran re di corona,
E non aspetta manto ni corona.
De Carlo Mano la real corona
Che pur quello anno avea preso corona;
E in quella parte crucioso sprona;
Par che l'aria se accende e il celo introna,
Questo Alzirdo era re di Tremisona;
Questo affirmava il re di Tremisona,
E il franco Alzirdo, re di Tremisona,
E il re di Cetta e quel di Tremisona
L'aria fremisce e la terra risona,
Sì muggia il mare e il vento sì risona.
Re Moridano avea franca persona,
Alzirdo ha nome, ed ha franca persona.
Queste arme fôr de la franca persona
Ché Brandimarte, la franca persona,
Sopra a Batoldo la franca persona
Ciascun suo ardire e sua franca persona;
Poi che 'l pagano ha sì franca persona,
Lei da altra parte è sì franca persona,
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Veggendo al figliol sì franca persona!
Tanto avevan quei duo franca persona:
Ciascadun d'essi ha più franca persona.
Qual sia più ardita e più franca persona;
Ché t'amo assai più che la mia persona,
Se dignarà de amar la mia persona;
E tu in quel ponto o ver la mia persona
Come proprio seriano a mia persona,
Aver riposo sotto a mia persona.
Che rare volte gli venìa persona.
Tutta sua gente e la propria persona;
In compagnia della mala persona,
De arme lanciate ha piena la persona.
Freddo nel viso e tutta la persona,
Fredda nel viso e in tutta la persona
Ché meraviglia fan de la persona:
Ma Agrican il colpisce alla persona,
Abbia il destriero, e che è della persona
Ora ne' panni ed or nella persona!
Né stima più la vita o la persona;
Dove sia de Ranaldo la persona,
Di bon governo de optima persona,
Non trovaresti armata una persona;
Non vi rimanga viva una persona;
Ché ogni leone ha sotto una persona;
Quivi d'intorno non era persona;
Quivi de intorno non era persona,
Pietà gli prese de ogni altra persona,
Ad ogni prova de la sua persona.
E sì gagliardo de la sua persona,
Facendo mostra della sua persona,
Ha conquistato con la sua persona,
Che non volse adoprar la sua persona
Ché, non curando più la sua persona,
Darmi legata e presa sua persona. E meraviglia fa di sua persona;
Avrà Ranaldo in campo sua persona.
Ch'era venuto a provar sua persona
Ma che nocer potessi a tua persona,
Giamai non posarà la tua persona,
Ed opra ben per lei la tua persona. Ed io vorei salvar la tua persona,
Che soldo chiedi per la tua persona? Tal che giamai non vidde tua persona,
Ciascadun crida e non se ode persona,
Senza trovare impaccio de persona.
Sopra al naviglio più non è persona.
E l'uno e l'altro avea forte persona.
E forte a meraviglia di persona,
Gagliardo a meraviglia di persona,
Perché non se fidava di persona.
Brunetta alquanto e grande di persona:
Quanto mai se facesse di persona;
Fo più del patre, e forte di persona.
Che non avea governo di persona,
Egli è ben piccioletto di persona,
Dentro alla terra se arma ogni persona,
Da far meravigliare ogni persona.
Tirava ad obedirli ogni persona.
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Per liberar de incanti ogni persona;
Che abatte sopra al campo ogni persona.
E Guido il Borgognon vada in persona,
Né vi rimase de intorno persona.
Ed una di esse rimase in Antona,
Che tutto il capo ne l'elmo gli intona.
Non gli val forza, né armatura buona.
Come Dio volse e la ventura buona,
Perché a martello ogni campana suona.
E la sua voce par corno che suona;
Isfida a la battaglia, e forte suona.
Qual già per tutta la cità risuona.
Alla sua cima una voce risuona,
Per lo universo il suo nome risuona.
L'elmo di sasso al capo li risuona,
Alle spesse percosse il cel risuona;
De trombe e de tamburi il cel risuona;
De sì gran colpi quel bosco risuona.
Perché ogni colpo de intorno risuona.
Ciascadun scudo al gran colpo risuona,
Nel forte scudo il gran colpo risuona.
Nel scudo d'osso il gran colpo risuona,
Trema la terra e il cel tutto risuona,
De arme e de cridi il cel tutto risuona.
Della ruina il ciel tutto risuona,
E tal parole al tintinar risuona:
La qual per tutto tua virtù risuona,
Trombe ni corni a sua guerra si suona;
E con molta baldanza il corno suona.
Sopra la torre il nano il corno suona:
Con la sua gente è dentro de Savona.
Ecco scontrato ha Bovo de Dozona,
Roberto de Asti e Bovo de Dozona.
Con loro è gionto Bovo di Dozona;
A poco a poco pur par che discerna,
Che altri che lui non par che se discerna,
Dicea Ranaldo - aiuta! O Matre eterna! Dicea Oliviero: - O Maiestate Eterna,
Vidde Olivier Grandonio di Volterna,
Una fissura in capo alla caverna;
Così dicendo va nella caverna.
Tutti ribaldi e gente da taverna;
E peggio in ponto è quel che li governa.
Il conte, che a quel lume si governa,
Ma il conte vede quella dama adorna,
Mena a quel canto ancor la dama adorna:
Non ha di drappo la persona adorna,
Là se rivolta, che già non soggiorna,
Ché Orrilo è suscitato e non soggiorna,
Pallido, afflitto e con barba musorna:
Ma con la mazza alla battaglia torna.
De un altro salto lui di qua ritorna.
Ed ecco Malagise a lei ritorna
Verso de Orlando nequitoso torna
Stava disciolto, senza guardia alcuna,
O nello inferno passò anima alcuna,
Mai non fo vista da persona alcuna,
E più non cognoscea persona alcuna,
Di ciò che è fatto, non gli è cosa alcuna
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85
Vede la gente che l'arnese aduna:
Re Cardorano a gli altri anco se aduna:
Dove il tesor del mondo se raduna;
Per far passaggio gran gente raduna;
Non piega l'alma di pietà digiuna,
Or si fa rossa or pallida la luna,
Perché d'ognior che scemava la luna,
Ferita e sola, a lume de la luna
Ed ecco, sotto il lume de la luna,
E porre il sole in loco de la luna. Còlte ne' monti a lume della luna,
Per ogni loco a lume della luna;
E se scorgiano a lume della luna
E via camina al lume della luna.
Via camminando al lume della luna,
Angelica nel lume della luna,
De alcuna stella, e manco della luna.
Né traditrice sotto della luna.
Tutte le cose sotto della luna,
Ch'io sappia al mondo, sotto della luna;
Che mai non vidde il sole, e men la luna.
Che altro tanto non è sotto la luna,
Dicendo: «Or fo giamai sotto la luna
E dir ti so che mai sotto la luna
Tanta non ne fui mai sotto la luna
Che mal se trova alcun sotto la luna
Perché giamai non fu sotto la luna
Là gioso ove non splende sol né luna,
Che Africa tutta sia coperta a bruna. L'un contra a l'altro per quella onda bruna,
E stette sette giorni a l'aria bruna,
Disse la bianca alla donzella bruna
L'acquila bianca travestirno a bruna.
Con bianca faccia e guardatura bruna;
Che serìa uscito de la grotta bruna
Ma poi che fu la notte oscura e bruna,
Era venuta già la notte bruna.
Passò il mal tempo e quella notte bruna,
Ad alta voce per la notte bruna;
Cantando versi per la notte bruna,
(E va volando per la notte bruna)
Nel verde prato, per la notte bruna,
E così detto, per la notte bruna
Poi che venuta fu la notte bruna,
Io credo ben che serà notte bruna
Che prima che sia sera o notte bruna,
Che non san s'egli è giorno o notte bruna.
E l'aria cominciò di farsi bruna,
Perché la notte vene e il cel se imbruna.
E quando più par bianca, divien bruna;
Quivi ad un capo che ha nome la Oruna,
E dentro alla città di Druantuna,
E far col senno forza a la fortuna:
Quel giovanetto in sua mala fortuna,
E come lo guidava la fortuna,
Abandonò la briglia alla fortuna.
Ha gran travaglia contra alla fortuna;
Son sbalorditi sì dalla fortuna,
E sì sbattuti son dalla fortuna,
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86
Son date ad altri ancor dalla Fortuna.
Per somigliarse a sua scura fortuna,
Condotta a caso di tanta fortuna;
E come Ricciardetto ebbe fortuna,
Son sottoposti a voglia di Fortuna:
E de amor si lamenta e di fortuna;
Che adopri ben la chiave di Fortuna.
Che senza dubbio è segno di fortuna.
Ché vôl con lui patire ogni fortuna.
Né sa veder qual senno o qual fortuna
Vetar non pôsse quel che vôl fortuna;
Ed io ben vedo come vôl fortuna
Sì come il mar tempesta a gran fortuna,
Soffiando il vento e gelo e gran fortuna.
T'abbia condutto a tal mestier fortuna,
Qual reluceva a guisa de una lampa.
Con vinti sei fermagli de una stampa;
Con un breve d'argento entro una zampa;
Che mostrava alla vista una gran pompa.
Né bisogna che alcun l'ordine rompa;
Che non potrebbe uscire una lirompa;
Dietro alla testa, a ponto nella coppa;
De corni e abagli, e 'l gran romor se incoppa.
Ma tante foglie non lascia una pioppa
Trovarno a lato a un fiume una alta pioppa,
Stava un ribaldo e cridava: - Galoppa,
Fugge correndo e ponto non galoppa;
Sì combattuta da prora e da poppa,
Tutti son scritti là sotto la poppa,
Chi stende lo arco, e chi suo cane agroppa;
E quasi il tocca spesso ne la groppa.
Che avea le corde insino in su la groppa,
E con due code alle gambe lo agroppa,
Della sua dama, e quella tolse in groppa,
L'altra gente ch'è presa, è molta troppa,
Sì come un scoglio al legno che se intoppa,
Altro che fare ad Aquilante intoppa,
Che l'acqua ve entra ed escine la stoppa.
Quei duo giganti avean presa la sbara;
Tutta d'azurro e d'ôr dentro la sbara,
Né re che doni il campo chiuso a sbara;
Ma questo giorno li costarà cara.
- Giotton, - dicendo - e' ti costarà cara! Ma ad un di lor portarla costò cara;
Cosa del mondo a lui non è più cara.
Da le radice stilla una acqua chiara,
Che a riguardar parìa mille migliara.
Se ne nascesser ben mille migliara,
Vintidue centenara di migliara
Dolce nel gusto e dentro al core amara;
Questo garzone è re de la Zumara.
Turpino è quel che questa cosa nara.
Ché, come intendo e per ciascun se nara,
Cridando: - Piglia! piglia! para! para! A cui piastra né usbergo non ripara;
E fuggendo dicea: - Così se impara! Dice il proverbio: «Guastando se impara»:
Or ecco Draginazo che s'appara;
Perché eran nati con la simitara.
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87
Trasse del fodro la sua simitara.
L'armi forbite e la gran simitara,
Benché al presente sia re di Navara,
De le sue velle è tanto spessa l'ombra,
E sì l'un l'altro il gran naviglio ingombra,
Come Agramante, che sua gente anombra
Poi se ragionse, e ritornò com'era.
Sì naturale e proprio come ella era,
Lo araldo gli mostrava una bandera,
Or la matina la real bandera
E di cotali al mondo pochi ne era;
Rotoni e cavodogli assai vi ne era;
Gli volesse condurre ove il conte era.
Credendosi ancora esser là dove era
Che mover non si può dal loco ove era.
Perché in quel tempo alla battaglia fera
Esso zanzar non vôl con quella fera,
Quella ziraffa, contraffatta fera,
Parve di serpe terribile e fera.
Tanti baron avea mutati in fera.
L'arice e teda e l'abete legera
Ma presa ha una gran zuffa con Ranchera;
Così tratto Agricane avea Tranchera;
Brandimarte lo agionse de Tranchera,
Né più parole: ma trasse Tranchera,
Or Brandimarte il tocca di Tranchera,
Ma già non tenne al taglio di Tranchera,
Ma poi che vide in volta la sua schera,
E dice: - Quivi aloggia con sua schera
Vanno de intorno, e fan molte preghera
Chi senza usbergo, chi senza gambiera,
Lui sta nel mezzo con superba ciera,
Tutta se turba e cangia ne la ciera,
Il conte, assai pensoso ne la ciera,
Come davante a lui fosse la ciera
Poi son come gli altri omini alla ciera,
Come il gigante il vide nella ciera,
Un vecchio assai dolente nella ciera
Io nol so dir; pur gli fe' bona ciera.
Ed una dama con piatosa ciera
Però stava quel re con trista ciera,
Tanto ha quello animale orribil ciera
Tanto robesta e sì superba in ciera
E come vidde il giovanetto in ciera,
Del primo avea più forza e peggior ciera.
Per terra va la candida bandiera;
Col baston batte, e branca la bandiera,
Del re Marsilio è in terra la bandiera.
E quasi fu pigliata la bandiera,
Un grande, che portava la bandiera:
Che han la corona rotta alla bandiera,
Fo lor squarciata in braccio la bandiera,
Fa che me arrechi la prima bandiera;
Né sola al campo ritta una bandiera.
Che portano davanti una bandiera,
Là quel stendardo e qua questa bandiera
E che atterrata fia la sua bandiera,
Però ritratta nella sua bandiera
Rotta, stracciata fu la sua bandiera,
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88
Cinquanta millia sotto sua bandiera.
Ne ha vinti millia sotto sua bandiera.
Che non avea stendardo né bandiera,
Ogni stendardo atterra, ogni bandiera;
Atterra ogni pennone, ogni bandiera.
Gettando a terra la real bandiera.
Ne la sua nave è la real bandiera,
Spiegando al vento sua real bandiera;
Sotto alle insegne di real bandiera,
Re de Cipri in quel tempo e de Rodi era
Spezza ogni cosa quella spada fiera,
Chi meglio de noi duo di spada fiera! Or se comincia la battaglia fiera,
Gionse dove era la battaglia fiera
Ove apizzata è la battaglia fiera.
Cresce più forte la battaglia fiera,
Quando essa entrava alla battaglia fiera,
Prima sconfitti alla battaglia fiera
E lei mirando, alla battaglia fiera
Dentro vi cadde quella mala fiera;
Né divorata sia da quella fiera,
Fosse nel pino impesa quella fiera.
Quando egli intese la novella fiera;
Avanti a gli altri la donzella fiera
Spronagli adosso la donzella fiera;
Là se abandona quella anima fiera:
Del re Agricane, quella anima fiera.
Re de' Cercassi, quella anima fiera,
E batte e denti quella anima fiera;
Poi che ha voluto il celo un'alma fiera
Dolce parlando, la maligna fiera
Tolsero in mezo la regina fiera.
Ivi dimora una persona fiera,
Di cor malvaggio e di persona fiera.
Che apena è più veloce alcuna fiera.
Come un seguso a l'orme de una fiera.
Finire a un colpo quella guerra fiera.
Travaglia gli donƒr più d'altra fiera.
A meraviglia grande è questa fiera,
Lo aspro centauro, maledetta fiera.
E durando la zuffa orrenda e fiera,
Comincia la battaglia orrenda e fiera,
Facea battaglia avanti orrenda e fiera.
Battaglia non fu mai più orrenda e fiera.
Questa tra l'altre è ben gagliarda e fiera.
E la battaglia assai fo lunga e fiera;
E sì stretta era la sembraglia e fiera,
Se non al tempo che fortuna è fiera. Di questa gente, che è animosa e fiera;
Poi che l'usanza dispietata e fiera
Gente crudele e dispietata e fiera.
Che non voglia esser sì spietata e fiera,
Facea battaglia sì crudele e fiera,
Gli parve tanto terribile e fiera,
E poi con voce minacciante e fiera
Pur si diffende assai la gente fiera:
Di for se allegra quella gente fiera,
Con trenta millia di sua gente fiera;
Avria mosso a pietate un cor di fiera;
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89
Onde fu alfine occisa la gran fiera.
A piedi ha lui seguita la gran fiera,
Questa ch'io dico; e fo cotanto fiera,
Il vento e la tempesta ognior più fiera
Egli ha trovato una sua messagiera,
Tanto ne andava la bestia legiera;
Ma Frontalate, la bestia legiera,
Con tutti e piedi, tanto era legiera.
Dicea ciascun: - Questa è cosa legiera! Ché avea persona destra, atta e legiera.
Fo dapoi cosa facile e legiera
Né passarà la cosa sì legiera
Perché io son tanto nel corso legiera,
Chiese di grazia a quella passaggiera
E quella dama, che era passaggiera,
Sopra Baiardo, la bestia leggiera,
Via nel portò, come cosa leggiera.
E via per l'aria se ne va leggiera;
Benché sia cosa facile e leggiera
Ché a lui par cosa facile e leggiera
Con caravella, o con fusta ligiera,
Feso d'un colpo insino alla gorgiera;
Come io ve dico, ove gionse Altachiera
Ché il marchese Olivier mosse Altachiera,
L'altro compagno avea nome Ranchiera:
Che intorno se distende a schiera a schiera:
Fuggia degl'Indian rotta la schiera,
O che se alonghi alquanto della schiera,
E rivoltosse incontra a quella schiera.
Mete in ruina tutta quella schiera;
E ferno aprir per forza quella schiera,
Ma tutta consumata è quella schiera,
Tutta a roina pone quella schiera,
E ciascadun che è preso in quella schiera.
Né se guardava l'ordine o la schiera,
Sopra al suo corpo se fermò la schiera,
Con la zirafa passa entro la schiera.
Tutta a roina è già la prima schiera.
Dietro alle due venìa l'ultima schiera;
Mette a sconfitta sol tutta una schiera.
Al primo colpo divide una schiera.
Sì come una bombarda apre una schiera,
Che son ben cento millia, in una schiera.
Ch'eran più de settanta in una schiera,
E, se te piace, mille in una schiera.
Poi son quattro baroni in una schiera,
Già più de trenta sono in una schiera,
Che più di cento sono in una schiera.
Or questa abatte ed or quell'altra schiera,
Ecco de il monte scende un'altra schiera.
Quando vedrai fuggir la nostra schiera,
Il padre e' quatro figli a questa schiera
Ed era di Marfisa questa schiera,
Vinti millia guerreri è questa schiera.
Uscitte armato, e guida la sua schiera,
Prima Agramante fece la sua schiera,
E tutta via mirando alla sua schiera,
Né comparisce uno omo di sua schiera;
E molte dame che erano in sua schiera,
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Col pro' Ranaldo insieme e con sua schiera
Di Taprobana è poi la terza schiera;
Perché de' Saracin gionge ogni schiera;
Di qua, di là se ritrasse ogni schiera,
Subitamente fece una gran schiera
Lombrine e pesci spade una gran schiera;
Ma seco avea d'armati una gran schiera.
Ricardo e' soi Normandi è seco in schiera;
E tutta insieme poi schiera con schiera.
E la battaglia andar schiera per schiera;
Divotamente a Dio facea preghiera
Onde con pianto e con dolce preghiera
Ma presto fe' cognoscer quel ch'egli era,
Che tutto è tramutato a quel che egli era;
Ben lo iudicarebbe quel che egli era;
Non se può racordar più quel che egli era.
Perché, essendo valente come egli era,
Poi vien sirocco, e torna dove egli era.
Che non odiva, al loco dove egli era,
Che non sapea quel loco dove egli era.
Vago fu molto il loco dove egli era,
Ma non puotea veder ben quel che gli era,
A benché allora non sapea chi egli era;
A' circonstanti dimandò chi egli era;
Lasciò Ranaldo che già presso gli era,
Dapoi Basaldo, che più presso gli era,
Ciascun menando a chi più presso gli era.
E Falerina sempre a canto gli era;
E che un gigante apresso morto gli era,
Ché non portava usbergo né lamiera:
Né lo diffese piastra ni lamiera,
Ogni malia che ha in dosso e ogni lamiera
E fende sotto il sbergo ogni lamiera,
De le schiere ordinate la primiera
Sembra Rugier tra gli altri una lumiera,
Che dava luce a guisa de lumiera,
Ed ordinƒr la forma e la maniera
E questo è solo il modo e la maniera
Mirando il suo bel viso e la maniera,
Mai con vergogna per nulla maniera:
Passar non puote per nulla maniera,
Quivi fu preso per strana maniera,
Questa baruffa fia d'altra maniera
Che non fu prima, e de un'altra maniera.
Così più volte in diversa maniera
Se in alcun modo, o per qualche maniera
Contai del cocodrilo in che maniera
Perché non trova modo, né maniera
Che non vi val diffesa a ogni maniera,
Ché beltate e ricchezza a ogni maniera
Dicendo: - Vanne altrove a ogni maniera,
Fa che seco te azuffi a ogni maniera
E de arbori gentil de ogni maniera.
Perché chiuso se aveva in tal maniera
Lo salutò parlando in tal maniera:
Tagliando questo e quello in tal maniera,
Mentre che ragionarno in tal maniera,
Però che era fiaccato in tal maniera
Anci era travagliato in tal maniera,
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Era il foco ordinato in tal maniera
E poi legata per cotal maniera,
Orlando se stordì per tal maniera,
Che io vi dimostrarò per qual maniera
Ove son stata un tempo pregioniera;
La cità di Parigi, che non piera.
(Era questa di lei sua cameriera):
Così dicendo serra la visiera,
Ma con gran fretta chiuse la visiera,
Tanto il core arrogante ha quell'altiera,
E poi, rivolto con la faccia altiera
Così farò contenta quella altiera,
Ma poco viene a dir, ché quella altiera
Non lo abandona la donzella altiera,
Sorrise alquanto la donzella altiera,
Non altramente quella dama altiera
Se non che, essendo quella dama altiera
Per sé ciascuna fa la donna altiera.
E più non disse la persona altiera,
Sobrin di Garbo, la persona altiera,
Guarda de intorno la persona altiera,
Videl Gradasso, la persona altiera:
Con sacramento, la persona altiera,
A lui davanti, ne la mensa altiera,
Che si mostrava sì superba e altiera?
Quello altro campion con voce altiera
Fuor della selva con la mente altiera
Contra al nemico, con la mente altiera;
Il duca Astolfo con la mente altiera
Così crucioso, con la mente altiera,
E fo per sua beltade tanto altiera,
Ché molto non gli andava volentiera;
Lasciƒr la pugna più che volentiera,
Ciascun fa loco più che volentiera.
La qual pur vi salì mal volentiera.
Ranaldo consentì mal volentiera,
Che alle baruffe entrò ben volentiera;
E ben serìa tornato volentiera
Ed odireti molto volentiera
Ma ciascun vôl morir più volentiera
A far contenta vostra voglia intiera.
Così la lode e la vittoria intiera
Volean saper la cosa tutta intiera
E la barbuta getta tutta intiera.
Se ritrƒsse in bon fine e tutta intiera;
Hai tu lasciata nostra fede intiera? Re Carlo ed Agramante alla frontiera
Ranaldo e Rodamonte alla frontiera
Di far battaglia più che voluntiera,
E Brandimarte ancora con questi era,
Che avea coperto il piano e la costiera,
Lo imperator gli vidde alla costiera,
Dicendo: - Va via ratto alla costiera,
Quindi, fermato a megio la costiera,
Che vien correndo giù per la costiera.
Re di Bertagna, il duca di Baviera?
Avea i Francesi e il duca di Baviera.
Con tutta la sua gente di Baviera.
Che per mercé lo varca la riviera.
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Là dove entra di Senna la riviera
A quel castello ove era la riviera
E gli cipressi e 'l ponte e la riviera
E il bel palagio, e il ponte, e la riviera,
E con gran gente calla alla riviera,
Or vien distesa sopra alla riviera
Sin che condotta è sopra alla riviera,
Che, stando a rinfrescarsi alla riviera,
Dico che il re Brunello alla riviera
Che tien da il monte insino alla riviera.
Vide il bel pino a lato alla riviera,
In un boschetto a canto alla riviera,
Ora sta in terra ed or nella riviera,
Torno a Ranaldo, che in su la riviera
Ed appressato a lui in su la riviera,
Forte correndo fugge a una riviera.
Lei se partitte e gionse a una riviera,
Così pensoso, gionse a una riviera
Che vicino a due leghe è una riviera,
Passato han Drada, la grossa riviera,
Né monte alpestro, né grossa riviera,
Or, come io dissi, in su questa riviera
L'un de Monforte e l'altro de Riviera.
Che il maestrale il caccia di riviera,
Ché più Aridano il perfido non vi era.
Ma Fiordelisa a quel tempo non vi era,
Brandimarte il suo drudo allor non vi era,
Poco o niente d'avantaggio vi era.
Veder non puossi se passato vi era.
Se non, mia forma tornarà qual era. Ciascuno è di prodezza una lumera,
Benché la notte viene e il cel se anera.
Sopra a un demonio, che ha la faccia nera;
Partendo in mezo quella faccia nera;
Ma tu respondi ancora a mia manera:
Ch'io non so dire il nome o la manera.
E quel servigio è di cotal manera
Di pel di ratta, con la testa nera,
Ed era la sua insegna tutta nera,
(Era quella bandera tutta nera,
Contra ad alcuno, per nulla mainera,
Ove stava di pianta ogni mainera,
Ascolta, ch'io te prego, in qual mainera
Davanti della logia un giardin era,
Senz'arme quel vecchione in arcion era,
Ché esser credette quel che già non era;
Ché stato tal fortuna ancor non era,
Ma quivi nel presente più non era,
Ché io vo' prima tornar là dove io era,
Ma il scudo a scacchi d'oro e de azuro era,
E sì for di sospetto il zeloso era,
A benché anco esso pisto e percosso era,
Il sole a mezo giorno salito era:
Ciascadun de essi a tristo partito era,
Il re Gualciotto apresso di questo era,
Però che prima Orlando perduto era,
E sol per disertarla venuto era.
E disse: - Se fortuna vôl ch'io pèra,
E se il celo o fortuna vôl che io pèra,
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can.3.1
93
Essa ha diletto che un suo servo pèra,
E trovar Brandimarte ella se spera,
Lui de trovare il varco pur se spera,
Sol se lamenta e piange e se dispera.
- Quella per cui tua mente se dispera,
E Barigaccio il crudo se dispera,
Onde di doglia in pianto se dispera,
Angelica per questo se dispera,
Solo aspettando il giorno si dispera;
Aspetta il tempo, e nel suo cor si spera
E di far la vendetta al tutto spera;
Con la zirafa lo seguia l'Alfrera,
Per allegrezza perdonò a l'Alfrera.
Conducela il suo re, e quello è l'Alfrera.
Davanti a tutti gli altri vien l'Alfrera.
Ma, come è detto, ritornò l'Alfrera.
Più de quattro ore cacciato l'Alfrera;
Ecco alla zuffa è tornato l'Alfrera.
Che 'l viso di quel re, che ha nome Alfrera.
Ora si move il gran gigante Alfrera:
Mena con teco il gran gigante Alfrera,
Or di terra si leva il forte Alfrera,
Da cima al capo insino alla ventrera,
Che la combatte e il mattino e la sera,
E cavalcando, vicino alla sera
A Crudel Rocca gionse quella sera.
Poi, ritornati in campo quella sera,
Il giorno se calava in ver la sera,
Chinandosi già il sole in ver la sera,
E già chinava il giorno ver la sera,
E da quella matina a l'altra sera,
Noi siam tutti perduti questa sera;
Da il sol nascente al tramontar di sera,
Che il sir di Montealbano, qual gionse ersera,
Cotal parole usava quella altera;
Col qual più fiate quella dama altera
E l'acquila sua stessa e la pantera
Ed a dir presto e ben la cosa intera,
Non se cognosce la virtute intera
Prende la coppa piena, e beve intera.
Grifone ed Aquilante alla frontera
Serpentin sta davanti alla frontera,
E, come fu con seco alla frontera,
Il conte Orlando è il primo alla frontera
Poi che non gli è pagano alla frontera,
Sia il conte Orlando da quella frontera,
A piè d'un monticello alla costera
Però voglio che il duca de Bavera
E lo Argalifa e il duca di Bavera,
Da l'altra parte il duca di Bavera
E rotto in campo il duca di Bavera;
Con esso il vecchio duca di Bavera;
Come oggi ancora è l'arma di Bavera.
E proprio par che 'l dica da davera.
Ma Turpin lascia qua la istoria vera,
Qual fuor de la balestra esce la vera.
Tutti li fior che mostra primavera,
Nel qual sempre fioriva primavera:
Fôr questi presi sopra la rivera,
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94
In mare, in terra tutta la rivera
Risuona il monte e tutta la rivera
E il ponte che vargava la rivera.
Fo la battaglia sopra alla rivera
Gionsero al ponte sopra alla rivera.
E per questo ne è gita alla rivera,
E caminando gionse alla rivera,
Che me accompagni quivi alla rivera;
Però di fuora, in cerco alla rivera,
E smontò il palafreno alla rivera;
Orlando pur va drieto alla rivera,
Onde, partiti a canto alla rivera,
Brunello uscì dapoi della rivera,
Gionse alla ripa di quella rivera,
Mena fraccasso per quella rivera.
E l'altro guarda verso la rivera.
Leggendo il libro gionse a una rivera
Ecco ad un ponte, sopra una rivera,
Gionse Ranaldo sopra una rivera,
Ché qui presso a tre miglia è una rivera,
Bever conviensi di questa rivera. Ove discende al mar questa rivera
E va cercando per ogni rivera
Condotta è sotto Monaco in rivera.
E Bucifar, il re de la Algazera;
Con Bucifar, il re de la Algazera;
La qual condotta venne da Alghezera;
Re di Getula, e 'l re de la Alganzera:
Ove era Bardulasto de Alganzera,
Ed altri, tutti gente da gorzera,
Qual con pallida faccia e qual con negra:
E la sua gente uscisse tutta integra,
E sospirando di dolore e d'ira
Voltando il capo e mormorando d'ira,
Il fiato venne manco e crebbe l'ira:
Ma quel zeloso accolta avia tant'ira,
Quell'altro toro, acceso de molta ira,
E se il mio fallir mai vi trasse ad ira,
E lacrimava di dolore e de ira,
Torcendo gli occhi de disdegno e de ira.
Onde, soffiando di disdegno e de ira,
Ranaldo se avampò nel viso de ira,
Pur Daniforte de intorno la agira,
Tanta tristezza entro il tuo cor se agira,
Mentre il gigante quel serpente agira
E mentre che così questo ragira,
Che brontolando intorno al cel se gira,
Lui prende il suo destriero e intorno il gira.
Ma molto ha più di grazia la mia lira,
La dama gionta a l'ultimo se mira,
Così parlando di pietà sospira,
Sol di lei pensa e sol per lei sospira.
Chi piange, e chi lamenta, e chi sospira.
E detro a sé il dragon per terra tira.
Alcia la mazza ad ambe mane e tira.
Dicendo questo indietro se retira,
Ma sempre a rivederla lo retira:
Che voi, segnori, ad ascoltar retira.
Avanti a Carlo ingenocchion se tira,
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A poco a poco ciascadun se tira.
Che contra al mio voler costui mi tira
Or mostra de assalirla, e se ritira,
L'altro a diffesa di sua dama il tira;
Il conte con gran forza il primo tira
Mentre ch'a lo Africano il colpo tira,
E ratto a quei sergenti dietro tira;
Verso Ranaldo furioso tira.
Or ben forte la dama se martira,
Guarda piangendo e forte se martira;
Sdegno ed amore il petto gli martira.
Tanto l'orgoglio e 'l sdegno lo martira,
Poi morite il gigante in poco d'ora,
Ma lui moritte appresso in poco d'ora.
E rivenne in se stesso in poco d'ora;
Che maledetto sia quel giorno e l'ora
Ed al duca rispose: - Alla bon'ora,
E durò il terremoto più d'un'ora,
Ma se più indugio la battaglia un'ora,
Del giorno avanza poco più de un'ora:
Ora andati, segnori, alla bona ora,
Così lo lasciò Orlando alla bona ora,
Quanti ne gionge, prende ciascuna ora,
E parli più d'uno anno ciascuna ora,
Così legata al sonno per una ora
Non domandati se la dama acora,
E questo è la gran doglia che lo acora;
E questo è sol la doglia che me accora:
Questo è l'affanno e doglia che me accora. Ma questa è sol la doglia che mi accora,
E su ritorna nella rocca ancora,
Sol Brandimarte se affatica ancora,
E verso Brandimarte torna ancora
Verso il giardin correndo torna ancora.
Orlando per pigliarlo torna ancora,
E sopra a quel soletto torna ancora,
E durò tutto il giorno, e dura ancora.
Credendo che io non sia promessa ancora;
Così la ritrovò legata ancora:
L'altra aventura vi restava ancora,
Se vôi ch'io mora, o vôi che viva ancora. Né pur Ranaldo se n'avede ancora,
Vero è che in dosso avia poche arme ancora,
E forza li serà tornare ancora,
Tanto che li batteva il core ancora.
Ma solo il nome de mia matre ancora
Ed aiutarlo se proferse ancora.
Ma disse: - Se mia figlia vive ancora,
Quasi dir posso ch'io nol vidi ancora,
Quanti n'ha il celo e poi degli altri ancora.
Che voi non seti ove credeti ancora;
E voi con seco, così morti, ancora. Ier entrò dentro e dimoravi ancora,
Io ve dissi, segnore, e dico ancora,
Perché ci manca il conte Orlando ancora,
Ma ben li ponerò rimedio ancora.
Le gambe tagliò a quello e il collo ancora,
A quel che han fatto e quel che fanno ancora;
Né oscurato era in tutto il giorno ancora,
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Come vivi tra noi fossero ancora.
Dal destro lato e dal sinistro ancora,
Ha retenuto, e non sia gionto ancora?
Che 'l re Gradasso non sia gionto ancora
Disse Aquilante: - Io non so certo ancora
Che il franco Brandimarte è vivo ancora.
E seco a fronte me ritrovo ancora,
- Anci non è già morto per ancora, Ranaldo ognior più drieto se gl'incora,
Salisce al bosco, e guarda ad ora ad ora
Ed io quivi lo aspetto ad ora ad ora.
Per man di gente che Macone adora.
Chiamando tutti e Santi ch'egli adora,
Che bene aggia Macone e chi lo adora!
Che poi ne le battaglie in poco de ora
Tutti e ladroni occise in poco de ora,
Le bestie fôr disperse in poco de ora,
Ché il gagliardo Aquilante in poco de ora
Darotegli prigioni in poco de ora;
E fece un tal dalmaggio in poco de ora,
Sospesi fuôr da un vento in poco de ora,
Con essa e sassi e il forte monte fora.
Ella parea di vita al tutto fora,
Che pur al fiume te menan d'ogniora:
La porta, che era aperta alora alora,
Si dipartin dal regno alora alora,
Ad esso e a Feraguto alora alora
Fece la zuffa che io contava alora.
Per una porta che se aperse alora.
Non dimandar se Bradamante alora,
Né so se ve ricorda, io dissi alora
Venga fallita, lamentarti alora;
Ecco, pur l'ho trovata in sua malora;
Che occidesti al palazo in sua malora,
Or là giù ti riman in tua malora! E sospirando e piangendo talora
Se 'l foco dentro vi è posto talora
La fiama intorno e in mezo se avalora;
Ché tanto la ferita lo adolora,
Lasciamo lui, che in sul prato adolora:
Che ad ogni modo in questa zuffa e' mora,
Egli avea sotto una iumenta mora,
Voglia che l'uno e l'altro insieme mora,
Convien che un di noi doi sul ponte mora. Far non so io tal prova che mai mora
Nella campagna lui non fe' dimora:
Che arivi dove Angelica dimora.
Dimmi ove adesso Angelica dimora. Ivi la lascia e non vi fa dimora.
E, mentre che in tal caso fa dimora,
Quel giovane fatato fa dimora,
Nel fumo dello arosto fa dimora,
Astolfo non fie' già lunga dimora,
- Ma non puotrà già far lunga dimora,
Che non bisogna far lunga dimora.
Non vi è persona che faccia dimora
Ha per segnale una voglia di mora;
E non può comportar nulla dimora,
Quel crudel tanto bello ora dimora.
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Che sian con seco senza altra dimora.
A voi ne vengo senza altra dimora.'
Il toro occiso senza altra dimora
Ma perché vi faccio io tanta dimora
Re Carlo giongerà senza dimora,
Partendosi di qua senza dimora;
Lo arcier che è a lato al re, senza dimora
Vedessi Orlando, e poi senza dimora
Trasse di sotto a quel senza dimora,
E smontò de lo arcion senza dimora,
Quel campo se mostrò senza dimora
Colui voglio impicar senza dimora,
Rispose al dimandar senza dimora;
Lui, che levato fu senza dimora,
E Mandricardo non fece dimora,
Quella canaglia, e non prende dimora,
E tu, barone, apresso a me dimora.
Da un colpo a l'altro mai non è dimora,
Che in su la terra mai non se dimora
Così dicendo più non se dimora.
E descrive il palagio ove dimora
Rispose Ugetto - e tu pur fai dimora;
Fermo nella memoria mi dimora.
- Su, - disse Astolfo - non prendiam dimora!
Che più tre giorni non faran dimora.
In cotal festa facevan dimora
Senza più fare in quel loco dimora.
Sì ch'in te solo e in tuo arbitrio dimora
E, per non fare al suo desio dimora,
Presso a duo giorni ho già fatto dimora
Ch'io vengo al campo senza far dimora;
Più presto che al giardin far più dimora.
Essendo destinato pur che ei mora,
E come ad ogni modo vôl che 'l mora,
E chiederti perdon prima ch'io mora;
Se a Dio, che è mio segnor, piace ch'io mora,
Io dico Bradamante la signora,
Che quando un forastier per me se onora,
Con sua virtù che tutto il mondo onora;
E sempre il patre mio molto lo onora;
E chi più l'uno, e chi più l'altro onora,
Ma non vo' ragionar de esso per ora,
Quel sempre fugge, e n'esce per la prora.
Dal freddo al caldo e da sira a l'aurora,
Che, come io dissi, cominciò a l'aurora,
E domatina, al tempo de l'aurora,
Quivi dapresso passavam pur ora;
Qual li soffiò di quella selva fuora.
Ché son pagani e di sua legge fuora.
E lasciate venir le bestie fuora,
Se io me trovavo della pregion fuora,
Per trar del loco il giovanetto fuora.
Sempre battendo la coda lavora,
Disse il principe: - Pian ben se lavora.
Sì ben col brando intorno egli lavora.
E ben col brando a cerco gli lavora.
Re Marbalusto col baston lavora.
Sì frescamente ciascadun lavora,
E qua tentando ciascadun lavora.
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E l'uno e l'altro a bon gioco lavora,
Anci menando del brando lavora,
Perché col brando in tal modo lavora,
Vanne alla porta e sì aconcio lavora,
Benché col brando de intorno lavora
E là li manda; e il drago li divora.
Il dragone che gli omini divora,
Dove il serpente e miseri divora;
Hassel portato, e credo che il divora.
Ira e vergogna al petto lo divora.
Benché la terra de morti se copra,
Sua gran virtù conviene che se scopra
Là che la terra al fondo se discopra.
Già non vi fa mestier che alcun si scopra,
Pensati che ciascun forte se adopra.
Per una dama ciascadun se adopra;
E quel la maccia e questo il brando adopra.
Qua par che l'unda al cel vada di sopra,
Dando e togliendo e di sotto e di sopra,
Par che lo inferno li mandi di sopra,
A quella guerra ch'io dissi di sopra.
Sì come io dissi nel canto di sopra,
- Cardon, Francardo, Urnasso e Stracciaberra,
Ecco scontrato fu con Stracciaberra,
L'un d'essi fu nomato Sonniberra,
Ad ambe mani, e sì forte l'afferra,
Ben prestamente il conte in man l'afferra.
Se una sol volta a suo modo l'afferra,
Calla l'occello e nel sbergo l'afferra,
Ma lei lo gionse e ne l'elmo l'afferra;
Ma il brando a quel duro elmo non s'afferra,
Le gambe a Orlando con la coda afferra,
E con gran furia ne l'elmo la afferra,
Levasi in piede, e la sua alfana afferra,
Fusberta come un legno l'altra afferra,
Presto se riccia e la sua mazza afferra,
Mosse con furia e la sua mazza afferra;
La sua Fusberta ad ambe mane afferra.
E ad ambe mano il gran bastone afferra.
Ma quel superbo una gran torre afferra,
Marfisa con la man l'elmo gli afferra,
Tanta paura l'animo li afferra;
Il suo destrier con ambi sproni afferra,
Alor che quella rete Orlando afferra,
Grifone incontinente il brando afferra.
Orlando lascia questo e quello afferra;
Nella barbuta ad ambe man lo afferra;
A meza spada nel fianco lo afferra:
E l'uno al braccio e l'altro a l'elmo afferra.
Presto se china e quella in mano afferra.
Zambardo la sua mazza in mano afferra.
Un d'essi in fronte per un corno afferra.
Senza pensare il fanciullo uno afferra;
Con ambi e sproni il suo destriero afferra,
E quel gigante il grande arboro afferra:
Con ambedue le grife il petto afferra,
E braccie e gambe a quel laccio gl'inferra.
Volta le groppe e un par de calci sferra;
Tra' cavallieri a piedi se disferra,
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99
Il conte Gano ben presto si sferra,
Che alcun non guarda se il destrier si sferra;
Già vi contai, se il mio pensier non erra,
Che tutti quanti, se 'l mio cor non erra,
Salta in arcione e la visera serra:
E da ogni lato un mur la cinge e serra,
Lei la porta apre de improviso e serra,
Che tanti cavallier dentro a sé serra.
Ché incontinente la porta se serra,
Baiardo il porta e nel corso se serra,
Il fiato quasi e l'anima gli serra.
Ben forte il guardian dentro gli serra,
La notte ne le tane poi si serra;
E Brandimarte adosso a lui si serra.
Adosso ad Agramante ogniom si serra,
Adosso de Ranaldo ogniom si serra.
Contra de Iroldo Chiarion si serra,
Carlo potente al suo regno si serra,
A l'asconder di quel presto si serra;
Ma con tal furia un colpo a due man serra,
Per tutto intorno Mandricardo serra,
Sopra a quel re ne l'elmo un pugno serra,
E col viso avampato un pugno serra:
Proprio sopra alla spalla il colpo serra,
Il conte a man riversa un colpo serra;
Una voglia, uno amor questi duo serra,
Presto il Danese quella apre e disserra.
La grande armata in Spagna se disserra;
Qual con romor se chiude e se disserra,
Trasse la spada, ed a piè se disserra
E Pinadoro a gli altri se disserra,
Ma 'l conte adosso a un altro se disserra,
La porta di San Celso se disserra;
E for de l'arcion tanto se disserra,
Quando nel corso tutto se disserra.
E contra a questo tutto se disserra;
Quella gran testa in due parte disserra.
Sotto il genocchio un colpo li disserra,
Per il traverso il petto li disserra,
L'un più che l'altro gran colpi disserra
E tutto il busto integro si disserra.
E una porta di bronzo si disserra:
Ecco il gigante che il baston disserra:
E dalla cima al fondo lo disserra;
E in due bande aponto lo disserra.
Quando Orione il gran colpo disserra,
Tra le parole un gran colpo disserra,
Così dicendo un gran colpo disserra
E poi tra le sue gente il getta a terra
Il scudo che avea in braccio getta a terra,
E pose un de' giganti a forza a terra,
Ma con gran salti si leva da terra,
Per aiutare il suo segnor ch'è a terra,
La lancia rotta in pezzi cade a terra,
Cridando il crudel monstro cade a terra;
Lui già non se accostò, ma cadde a terra,
E quando il suo Costanzo vidde a terra,
Feso in due pezzi lo distende a terra.
E questo giorno ponitele a terra.
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100
Per quel gran colpo andò Dudone a terra,
Ma la sua lancia lascia andare a terra,
E in duo cavezzi il fece andare a terra.
Abatte e faggi con furore a terra:
La dama che avea in groppa pose a terra.
Che ogniom credette che l'andasse a terra.
Che avean lasciata quei ribaldi a terra;
Non fu tal furia mai sopra la terra.
Se Amor non fusse, avrian tutta la terra.
Poi che battuta avrò tutta la terra,
Uscirno a poco a poco de la terra,
Più non se vede lo orco né la terra.
Leval di arcione e tral contra alla terra.
Quei pezzi lancia dentro dalla terra,
E con fraccasso lo messe alla terra.
E pietre e foco tra' dentro alla terra.
O noi, on esso andrà morto alla terra. Fossero usciti sopra della terra,
E morto il gettò sopra della terra.
Di quella gente uscita della terra.
Ad essa in guardia n'esce della terra
L'alta ricchezza, e' regni della terra,
Perché il valor e il pregio della terra
Tutto se ascose sotto della terra;
Fuora uscì il toro a mezo della terra.
Già molti giorni avanti nella terra.
Fie' Costantino al monte quella terra.
Rompe le pietre, fa tremar la terra,
Lascia la porta e fugge per la terra:
E vede Durindana su la terra:
Lo gira ad alto e trallo in su la terra,
Come cadeva il grano in su la terra,
Cadde Zambardo morto in su la terra.
Sopra a destrier coperti insino a terra.
Tutto il cimiero avean gettato a terra
Ché ben lo avria disteso morto a terra,
Occiso avea il destriero e posto a terra,
Che è longi al mare ed abita fra terra.
Avea spianata ed arsa la sua terra.
Che a sé d'intorno fie' tremar le terra.
Pallida in viso venne come terra,
Sappiati che Albracà, la forte terra,
Chi non la amasse, ben serìa di terra.
Ira e vergogna lo levƒr di terra,
Con tanta gente che coprì ogni terra.
Fia meglio in casa, o ver ne l'altrui terra. Tra questi stava Astolfo de Anghilterra,
La lettra dice: Astolfo de Anghilterra.
Rispose a lui: - De Astolfo de Inghilterra. Quando essa vide la sua spada in terra,
Dio vi contenti in celo e prima in terra.
E prese la sua lancia, che era in terra,
Brandimarte gettò la porta in terra,
Maggior battaglia non se vidde in terra.
Altri che morti non se vede in terra.
Quando Gradasso vede ch'egli è in terra,
- Non se vidde giamai, né in mar né in terra,
E senza gambe il fie' cadere in terra.
Orlando se lasciò cadere in terra,
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Al lor dispetto lui discese in terra.
Al primo incontro Orlando il pose in terra.
Non vedea un altro par de amanti in terra
Qual v'ho contato che è in duo pezzi in terra;
Cadde il gigante in dui cavezzi in terra.
Quando Ranchera gettò il scudo in terra
Ciascun che 'l guarda, dice: - Eccolo in terra! Gettando Oberto al primo colpo in terra.
E dui pagan lasciƒr costoro in terra,
Lasciaria l'un compagno l'altro in terra;
Lasciamo Astolfo, che è rimaso in terra,
E come il cel dispone gioso in terra,
Gradasso il brando pose anco esso in terra,
Ché 'l più de loro avean percosso in terra.
Che serai reputato un santo in terra
Stava disteso Ricciardetto in terra,
Se destinƒr di porlo al tutto in terra.
Mette Fusberta un palmo sotto terra.
Credendo a forza metterla per terra.
Spero gettarvi alla giostra per terra.
E questo abatte e quello urta per terra,
E questo abatte e quello urta per terra.
E questo occide, e quel getta per terra;
Mandare Orlando in due parte per terra,
Debb'io tacer di me, che andai per terra,
Che ebbi con seco, lo gettai per terra. Molta altra gente quivi eran per terra
Già Brandimarte ha Chiarion per terra,
Di netto una ala li mandò per terra,
Ma quel del re Adriano andò per terra:
Il conte di quel colpo andò per terra,
Gionse a Cornuto, e gettalo per terra.
Più de un gran palmo ne gettò per terra.
Che tutto il scudo li gettò per terra,
Tutti in duo pezi fece andar per terra.
Con lui davanti di Carlo se atterra,
Or se rinforza la stupenda guerra:
E qui se cominciò la orrenda guerra,
Contra Agricane, il qual con cruda guerra
E vengonsi a ferir con cruda guerra:
Grifone in altra parte facea guerra
Cotanta gente andare insieme a guerra.
Che sempre sono usati insieme a guerra;
Più che mille altri ai Saracin fa guerra:
Cinquanta campioni usati a guerra
Che in poco d'ora finirà la guerra,
Ben vede mo che è finita la guerra,
Poi che contar convien tutta la guerra.
E suonan gl'instrumenti de la guerra.
Come fosse mortal l'odio e la guerra;
Ché alor comprenderai poi se la guerra
Con gran fatica se finì la guerra.
Ma più se mostra a caso della guerra
E per meglio acconciarse a quella guerra,
Ma non vi fo remedio a quella guerra:
Dario gli venne incontra in quella guerra,
Con altri cinque re, che in quella guerra
Che è dinanzi a Ranaldo in quella guerra,
Che 'l ferir del pagano in quella guerra.
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102
Ma non per questo abandonò la guerra,
Come sia stata tra lor duo la guerra.
Se rivoltarno a remirar la guerra
Mo se incomincia ad ingrossar la guerra,
Or chi me aiuta a ricontar la guerra
Al fine Orlando, per finir la guerra,
E facea in altro loco estrema guerra,
Ché non se vidde mai sì strana guerra.
Che in alcun tempo mai né alcuna guerra
E tra lor cominciarno una aspra guerra,
UscŒr, tutti cridando: - Guerra, guerra! E così domattina a l'altra guerra
E cominciar conviensi un'altra guerra,
Che giamai fosse morta in altra guerra.
Che mai non mi intervenne in altra guerra? Odio crudele e dispietata guerra,
E fa soletto quella ardita guerra:
E quel Grandonio che fa tanta guerra,
Veggendo che colui fa tanta guerra,
Orlando non sapea di tanta guerra,
E lui soletto fa cotanta guerra:
Se in pace soffrirai cotanta guerra. Ma presto fu finita questa guerra,
Ché non l'aveva oprata in questa guerra.
A fronte son condutti in questa guerra.
Perché con tutto 'l mondo farai guerra;
Quando già fece con gli Aràbi guerra,
Or Trufaldino a possanza di guerra
E il re Ballano, quel mastro di guerra,
Non con meco però, ché in ogni guerra
Ben se apparecchia a vendicar tal guerra,
Stava Rugiero a remirar tal guerra
Così distesi, ancora se fan guerra;
Ed a cavallo e a pedi se fan guerra.
Già rotto il celo e l'acqua insieme han guerra:
Sempre sua gente con le serpe han guerra.
La istoria cominciata e la gran guerra:
Lui vinse e tori, il drago e la gran guerra
Or comincia a finirse la gran guerra,
Qual più giamai stimar se puote in guerra;
E queste più non son da pace o guerra,
Se far volesse al paradiso guerra,
Ancor nel paradiso io vo' far guerra. E gli altri dui, che han voglia di far guerra,
Che il re Gorgone vinsero per guerra,
Come il fatto passasse e la gran giostra;
Eran pur state avanti a questo in giostra.
Brando non vi è né lancia per far giostra. Che meglio un corvo bianco se dimostra;
Dio vi conservi e la Regina nostra.
Quale esser debba la contesa nostra:
Ora altrimente nella etade nostra,
E certamente gli tocca paura.
Ché solo al cavallier tocca paura.
Sia come vôle, io ne ho poca paura,
Che, non ch'a lui, ma al cel mettea paura.
Che ardisco a dir che l'aria avea paura,
Non domandati se ella avea paura:
Perché di sua prodezza avea paura;
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103
Però che de le dame avea paura;
Ché di quel che gli avenne avea paura.
Che di farla turbare avea paura;
Ché di levarse quindi avea paura.
Di questo sol Ranaldo avea paura,
Ché sol di quel destriero avea paura.
Che alcuna cosa non gli fa paura;
Qual non è gionto e già ti fa paura?
Che per sua forza al mondo fa paura:
Sopra del ponte altrui ponga paura;
Non è da dimandar s'egli ha paura.
Con l'asta a resta, e già non ha paura.
Che bene è paccio chi non ha paura.
Solo Argalia de ciò non ha paura,
Ciascun de' cavallier non ha paura,
Orlando, che non sa che sia paura,
Un che non sappia quel che sia paura,
Perché di Brandimarte avia paura.
E per questo cessata la paura,
Sì che ancor la vergogna e la paura
Il conte Orlando, né per la paura
Che a praticarlo egli era una paura;
Che pure a racontarli è una paura;
Che pure a racontarli è una paura.
Che solo a riguardarla era paura;
Che a riguardar sì longe era paura,
Che solo a riguardarli era paura;
Ché pure a riguardarlo era paura,
Tra quelle gente e, senza altra paura,
Che mai non ebbe in sua vita paura,
Or ben fece alle dame alta paura,
Ed ho, senza cagione, alta paura,
De li Indiani, che di alta paura
Come colui che avea molta paura
Perché de Ordauro avea molta paura;
A foco e fiamma con molta paura.
Il giorno aspetta con molta paura;
Le damigelle con molta paura,
Guardosse indietro, e con molta paura
Ora a lui gionse con molta paura
Caro mio conte, io ho molta paura
Ciascaduno ha di lui tanta paura,
A quella dama che è in tanta paura.
Qual se possede con tanta paura;
Prese a mirarlo con tanta paura,
Siati condotto, con tanta paura,
Ed ha posto a ciascun tanta paura,
Non avria posto a lor tanta paura.
Non già, per Dio! ch'io mi senta paura;
Ma non bisogna a lei questa paura,
Non creder già che per questa paura
Onde Agramante per questa paura
E vergognosse de la sua paura.
Tra l'altra gente dà senza paura.
Via per la grotta va senza paura,
Fu Bradiamante, ch'è senza paura;
Quando Ranaldo, ch'è senza paura,
Ma quel feroce, che è senza paura,
De Sacripante, che è senza paura,
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104
Adosso li venian senza paura,
Caminando il baron senza paura,
Dicendo: - Orlando mio senza paura,
Ne la cortina entrò senza paura.
E già passato ha il mar senza paura.
Ove se puote entrar senza paura:
E vallo a ritrovar senza paura.
E tornava a cader senza paura.
Ben mostra cavallier senza paura,
Ma quei duo cavallier senza paura
Ritorna quel guerrer senza paura.
Veggia qui duo guerrer senza paura,
E benché egli abbia un cor senza paura,
Ma a ciò bisogna un cor senza paura,
Come colei che fu senza paura,
Come colui che fu senza paura;
Come colui che fu senza paura;
Come colui che fu senza paura,
Ben vi confesso che ora ebbe paura.
Di quel che gli intravenne ebbe paura,
Non domandati se egli ebbe paura;
Ma in questo, vi confesso, ebbe paura,
La qual tutta tremava de paura,
E ben gli fece peggio che paura,
Tanto ciascun avea di me paura.
Onde ciascun di lui prese paura.
Che a più de un par de lor pose paura.
(Per mostrar ch'io non ho di te paura)
Sol nella vista a ogni om mette paura.
Alor del suo fuggire abbi paura,
Non vi si vede faccia di paura,
Angelica tremava di paura
Perché ciascun tremava di paura,
Ripieno aveano il mondo di paura.
Ché il cor mi trema in petto di paura.
Ché sono usciti fuor de ogni paura. Lo augel ch'esce dal laccio, ha poi paura
Chi non avria di que' colpi paura?
Ma ciascun tace ed ha di lui paura.
Che ogni destriero avia di lui paura.
Caccian da sé la feminil paura,
E certo di ragione avean paura,
Non è da dimandar se avean paura,
Non domandar se gli altri avean paura.
Quei della rocca tutti avean paura,
De l'orco, dico, ormai non han paura,
Ch'io non vo' dir che gli altri abbian paura;
E lui lasciamo in quella gran paura,
Egli avea della dama gran paura,
Che mostrava alla vista gran paura;
In mezo è Trufaldin con gran paura.
Al fondo d'un torrion con gran paura,
E quel ritorna, ed ha pur gran paura.
Ecco la gente fugge con paura,
Or fuggon gli altri tutti con paura.
Quella gente del campo con paura;
Guardando spesso adietro con paura,
Ben puotea fare a ciascadun paura,
Che puotea porre a ciascadun paura.
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105
Di que' gran colpi ha ciascadun paura.
Perché, fuggendo e mostrando paura,
- Non abbiati - dicia - de ciò paura;
- Io sono Orlando, e non aggio paura
Che al mur de intorno potea far paura.
Ché a l'altra gente potria far paura,
Anci crede che il faccia per paura;
Da lor se discostava per paura;
Ma la vil gente crede per paura.
Ogni om s'asconde e fugge per paura,
Altri se asconde e fugge per paura.
Chi se nasconde e fugge per paura.
O nol saper te infingi per paura,
E chi vien per tesor, chi per paura,
Tu ne l'hai via mandato per paura,
A quella facea voto, per paura,
Credette che restasser per paura;
Ma poi non ti bisogna aver paura.
Ben ha cagion ciascun de aver paura,
Ché Astolfo, che non suole aver paura,
Or via te accosta e non aver paura. Provar se deve, e non aver paura.
De lor travaglio e de la lor paura,
Ed ha diletto de la lor paura;
Perché egli ha del mal tempo alor paura,
Di quel ferir Grifone ha poca cura,
Ma lui, che de guardare ha poca cura,
Ma l'orco del suo brando ha poca cura,
E mostrò poi d'averne poca cura,
E di te tengo così poca cura
E per mostrar di lei più poca cura,
Quivi lo lascia e più non ne dà cura,
E Sacripante, che de andare ha cura,
Traggasi avanti chi de odore ha cura,
Combatte tutta fiata, e non ha cura
Che spreza tutto il mondo e non ha cura,
Ché già de tutti gli altri non ha cura;
Quel re di tutto il mondo non ha cura;
De coprirse col scudo non ha cura,
Getta per terra, e de altro non ha cura
Sol di lei pensa, e de altro non ha cura.
Il conte, che di questo non ha cura,
Sol di trovare il suo compagno ha cura,
Né a sì gran colpi alcun di loro ha cura;
A te del vendicar tocca la cura.
E solo or penso a cui doni la cura
Ora al presente poneti la cura
Che de coperta de arme nulla cura.
Ma d'altra parte a voi lascio la cura
E là meni Baiardo a bona cura.
Vivo lo porti a lui con bona cura;
Che non han di vergogna alcuna cura,
Non ne piglia il barone alcuna cura.
Quel parangon de che hai cotanta cura;
Ed hai de l'onor tuo cotanta cura,
E pone al temperarlo tanta cura.
Cresce nel petto la vivace cura,
Che abbia del pavaglion guarda né cura;
Non avrebbe quel re doglia né cura,
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106
Lui è fatato, e poco se ne cura;
Ciascuno attese con solenne cura
Lui me condusse con solenne cura,
Ma sia quel che esser voglia, e' non ne cura,
Il conte alla cuccietta pone cura,
E guardando nel libro, pone cura
Ma per pigliare a ciò rimedio e cura
Sempre combatte con vista secura,
De subiugarli mai non prese cura.
Di seguitare Astolfo prese cura.
Ora me tenni lieta e ben secura
Benché sia sanguinosa, non se cura,
E si non se spaventa o non se cura,
Del rio viaggio Orlando non se cura,
Il conte, che de lor poco se cura,
Di contrastare a tutti si assecura;
Che de la mia persona avesse cura,
Come de Orlando non avesse cura;
Di Bradamante cerca e di lei cura,
Onde per trarne fin pone ogni cura,
Onde a infiamarlo più pone ogni cura;
Onde io destino mettere ogni cura
Per non indivinar mette ogni cura,
Deh volta un poco indrieto, e poni cura
Tu sol de entrare a l'orto poni cura;
Se ad occider quei duo tu poni cura,
Intrò dentro alla rocca alla sicura.
Sin che il conduca in Francia alla sicura.
Avevamo noi tolta alla sicura,
Cacciar da sé la fame alla sicura.
E benché sempre uscisse alla sicura,
De entrar tra i duo baroni alla sicura:
Anci crede menarlo alla sicura.
Essendo fuori uscito alla sicura
Però che io ti prometto alla sicura
E portòl sopra 'l litto alla sicura,
Come risente, di nulla si cura,
Lei di suo tempestar nulla si cura;
Esce del fosso la anima sicura.
Per sbigottire una anima sicura,
Da spaventare ogni anima sicura.
Per spaventare ogni anima sicura.
Così dormiva alla ripa sicura.
Se per un giorno mi farà sicura,
Perché di fatasone era sicura
Né al chiaro giorno è la strata sicura.
Far con sua forza mia vita sicura.
Passa nel ponte con vista sicura,
Quasi ridendo, con vista sicura,
Ed orgoglioso, con vista sicura,
Di sua persona fa prova sicura.
Era diffesa la dama e sicura.
Né mai sua mente al tutto ebbe sicura
Calla de il monte la gente sicura,
La faccia altiera e la mente sicura,
Possa esser vinta sua mente sicura.
Ciascun li è intorno con fronte sicura;
Dicendo: - Sopra me sta'ti sicura,
Ché certo la mia mente è ben sicura
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107
Né di doglia o de affanno alcun si cura.
Né della vita né de onor si cura,
Ma la tua mente pavida assicura,
Ridendo Orlando il chiama ed assicura:
Amor, che ivi mi manda, me assicura
E men fatica ancor più me assicura,
- Oh! - disse il conte, - e chi me ne assicura?
Ma di toccarla mai non se assicura.
De una fermezza mai non se assicura,
Ché de aspettarlo alcun non se assicura.
Né di star tanto ad alto se assicura:
Né de ferirlo ponto se assicura,
Disse la dama al conte: - Or te assicura,
Anci diceva al conte: - Or te assicura
E solo una speranza li assicura:
Sì che speranza ancor pur mi assicura
E de assalire 'l monstro si assicura;
Ché qua la affatason non lo assicura,
A ragionar con seco lo assicura;
Quello il spaventa, e questo lo assicura;
De ogni spavento l'animo assicura. Non ebbe il mondo mai la più sicura;
Re Carlo e gli altri de schiffarli han cura;
Che d'agrandirla sempre non han cura,
Or torno a Manodante, che ha gran cura
Lo imperator per tutto con gran cura
Or piglia il libro e ponevi ben cura:
Che de un sol cavallier se mette in cura.
Ranaldo, e che 'l destrier mena con cura.
Lui più sua vita una paglia non cura,
Ché tutto il mondo una paglia non cura;
Di cotal cosa la dama non cura,
Pur segue Orlando e fortuna non cura,
Come colei che tal cosa non cura.
Più Brandimarte sua vita non cura,
Che per piacermi sua vita non cura!"
Benché de occider la gente non cura,
Qual se arresta a le rete e qual non cura.
Sopra la gente che de ciò non cura;
Lui pur salisce e più de ciò non cura,
Che de questi altri alcun de lor non cura.
Che di sua pieta o di suo amor non cura,
Nel monte aresti chi de onor non cura. Là stassi ad alto, e di qua giù non cura:
Con tutti e paladin, non ne do cura;
O questa o quella, ch'io non ne do cura;
Tra un Saracino e lui non pongo cura,
Come l'abbi robbato io non ho cura:
Con tal parole la dama procura
Sopra a ogni cosa egli ordina e procura
Tornamo a Carlo Magno, che procura
E de giongere al conte se procura
Ciascun de svilupparsi se procura
Onde di cavalcar ben se procura
Ciascun presto pigliarlo se procura:
Ogniun ben de aiutarlo se procura,
E ciascadun de vincer se procura:
- Quanto aiutarme tua mente procura!
Ritorna adietro e d'intorno procura
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Che a far beltresche e riparar procura.
Ove era Orlando di trovar procura,
De avvisar Naimo ancora ha preso cura,
E cominciò di questo ad aver cura.
Né pur di lui mostrava tenir cura.
Del quale avea più brama e maggior cura;
Solo a guardarlo aveano ogni lor cura.
Con testa e coda ed ogni gamba scura;
Che ritornava nella tomba scura,
Sin che fu gionto ad una tomba scura.
Il re Balorza, con la faccia scura,
Come passata è la battaglia scura,
Gionto era alora alla battaglia scura;
Proprio davanti alla battaglia scura;
Lor comenciarno la battaglia scura
Che faren ne la notte a l'aria scura?
Alor cangiosse il tempo, e l'aria scura
Che più facea parer la cosa scura;
Or guarda intorno con la vista scura,
Caderno insieme per quella acqua scura.
Callarno entrambi per quella acqua scura,
E poi, notando per quella acqua scura,
E cavalcando per la selva scura,
Se fu condutto entro una selva scura,
Se fece a quel ferir torbida e scura,
Terribil pioggia e nebbia orrenda e scura
Cominciƒr la battaglia orrenda e scura:
Gli sfavillava in vista orrenda e scura.
Che era cosa a vedere orrenda e scura,
Per colpi sterminati orrenda e scura,
Battaglia non fu mai più orrenda e scura.
Per la battaglia tenebrosa e scura;
Ma quella vecchia dispietata e scura
Per una tomba chiusa intorno e scura
E, per non vi tenire a notte scura,
Ma la luce, che sparve a notte scura,
Ed è venuto già la notte scura.
Ora passata è via la notte scura,
Matina e sera e ne la notte scura.
Benché sia al mezo della notte scura,
Uscì de casa per la notte scura,
Ma, come gionta fu la notte scura,
Ma come gionta fu la notte scura,
Ma so che a Montalbano a notte scura
Sempre cercando insino a notte scura.
Da mezo giorno insino a notte scura,
Ché caderesti nella tomba oscura,
Là dove io venni per la tomba oscura.
Ed io rimasi in questa rocca oscura.
A' suoi rivolto con la faccia oscura,
Per contrafatte membra e faccia oscura.
Come io vi dissi, la battaglia oscura,
Io ve ho contato la battaglia oscura,
Tutta la istoria e la novella oscura
Ecco una pietra bianca ed una oscura:
Onde, turbato ne la ciera oscura,
Senza alcun lume per la strata oscura,
Per ogni canto de la grotta oscura.
E via camina per la selva oscura.
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Andarno errando per la selva oscura.
E già son gionti ad una selva oscura;
E via condutti ad una selva oscura,
Posto nel mezo de una selva oscura.
Ch'ier me smaritti in questa selva oscura,
Dietro a una tomba cavernosa e oscura,
Per una tomba tenebrosa e oscura
Ma facea voce terribile e oscura.
Or noi giongemo ad una valle oscura.
Ma come viene al fin, sempre se oscura,
Ora ecco alle sue spalle il cel se oscura,
Che al nivolo de' dardi il cel se oscura.
La notte gionge e tutto il cel se oscura.
Volta la luna e che tutto se oscura.
Tutta coperta de una veste oscura,
Ma tu me indugiarai a notte oscura,
Per tutto a cerco è già la notte oscura:
Né tutto il giorno, né la notte oscura.
Poi che passata fo la notte oscura,
De l'aspro monte per la notte oscura;
Poiché venuta fu la notte oscura,
Fin che venuto fu la notte oscura. Qual durò sempre insino a notte oscura,
Da sol nascente insino a notte oscura,
E là si stette insino a notte oscura,
Piangendo dal matino a notte oscura,
Così lor se partirno a notte oscura:
E dal nascente giorno a notte oscura,
Vien drieto incontinente notte oscura;
Ch'io non te stimo, o giorno, o notte oscura. Il sol tutto se asconde e il celo oscura,
Però che orribilmente il celo oscura,
Per la notte vicina il giorno oscura,
Era ancora la notte molto oscura,
Non fo mai vista cosa tanto oscura
Sembraglia non fu mai cotanto oscura.
Che un'altra non fu mai cotanto oscura.
Perché ha la faccia orrenda e tanto scura,
Ma quella nella entrata è tanto scura,
Non ebbe il mondo mai cosa più scura
Di tutto il mondo ormai non ha più cura;
Tu il divorasti: non aver più cura."
E rotto il scudo a quella zuffa dura;
Or si comincia la battaglia dura
Cresce d'ogni ora la battaglia dura,
Fu cominciata la battaglia dura;
E già durata è la battaglia dura
Quando finita è la battaglia dura;
Or qui si fece la battaglia dura
Impose fine alla battaglia dura.
Il franco conte alla battaglia dura,
Sempre più franchi alla battaglia dura.
Qual con Ranaldo alla battaglia dura,
Rugier lo ardito alla battaglia dura.
Aveti inteso la battaglia dura
Che a fronte a fronte fan battaglia dura
Legge Ranaldo quella istoria dura,
Egli ha provata Durindana dura,
Forte turbato, Durindana dura,
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Tolti ha fortuna, e il nome apena dura.
De ogni tormento e de ogni pena dura,
Ove un gran tempo è stata in pena dura.
Che meraviglia è pur che ancora dura.
Cade cridando in su la terra dura;
E ragionavan della guerra dura,
Onde a' suoi colpi nulla cosa dura;
Al suo contrasto nulla cosa dura,
Benché a quei vecchi par la cosa dura,
Che cento miglia e più la folta dura,
Quando comincia prima la freddura:
Serìa mia vita sempre acerba e dura,
Per l'estrema battaglia orrenda e dura?
La pietra era de un pezzo, quadra e dura;
Benché spietata sia Marfisa e dura,
Ma ciascuna alma disdegnosa e dura
E una mazza ponderosa e dura;
E con sua mazza ponderosa e dura
E benché abbian la pelle e grossa e dura,
Negra ha la pelle, e tanto grossa e dura,
Menando vita dispietata e dura.
E di sembianza dispietata e dura.
Mai non fu a sorte sì spietata e dura.
Facean battaglia sì feroce e dura,
Questa richiesta fu crudele e dura,
E la battaglia più crudiele e dura,
De un'alta pietra, tanto forte e dura,
Più quella cruda voce non me dura,
Pioggia meschiata de grandine dura
Pioggia mischiata di grandine dura
Ma vostra sorte, che al principio è dura,
Né mai bon vento lungamente dura;
Che tanto il cavallier contra li dura.
Ché il felice destin sempre non dura;
Che arme del mondo contra a lui non dura.
Che omo del mondo contra a lui non dura.
Nella qual mai diletto alcun non dura!
Né la beltate, che sì poco dura,
Che tanto contra esso Orlando dura,
Lei contra a tutti combattendo dura;
Ove fiamma s'accende, un tempo dura
Perché sua vita poco tempo dura.
Ed or sua fama al nostro tempo dura.
Ma questa penitenzia è troppo dura.
"Certo io son ben spietata e troppo dura,
Sempre rincresce quando troppo dura,
Che un'altra non fu mai cotanto dura;
Dove tra fiori, a la fresca verdura,
Giardini occulti di fresca verdura
Che del giardin mostrava la verdura,
Veggendolo pedone alla verdura:
Abita in bosco sempre, alla verdura,
Alli arboscelli, ai fiori, alla verdura.
Còlti ho diversi fiori alla verdura,
Chi mai vide due tori alla verdura
Quel fonte che era in mezo alla verdura,
De arbori ombrosa e di bella verdura;
Tutta di prato e di bella verdura.
Tutto fronzuto di bella verdura.
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Ch'egli avea visto tra quella verdura,
Piano era tutto, coperto a verdura;
Se coperse de fiore e de verdura;
Con una sopravesta di verdura
Con smalti rossi e bianchi e di verdura.
Quando la terra copre di verdura,
Essa ostinata fo sempre e più dura;
Ora li par la piuma assai più dura
Lei sospirando conta la sciagura
E sospirando disse: - La sciagura
Che li avea tratti di tanta sciagura.
M'hai tu mandato cotanta sciagura?
Che gli contasse di questa sciagura
Che se per mia cagion qualche sciagura
E di letizia piena e di sciagura,
Ché nasciemo nel mondo a tal sciagura,
Io non vi sapria dir per qual sciagura
Ma questa è più d'amor la gran sciagura,
Lui suolea dir che gli era per sciagura,
Tristano isventurato, per sciagura
Né so se quella angelica figura
Per tanto istrana ed orrida figura.
Veggendo il conte sua bella figura,
Essa, mirando sua bella figura,
Non avria il mondo più bella figura,
Da ciascun lato stava una figura
Nel viso se conturba sua figura
Ed avea tramutata sua figura,
Per non veder Medusa e sua figura;
Quando il gigante vide sua figura,
Ecco Orione, la sozza figura;
Odito aveti la sozza figura
Non fu mai visto più sozza figura.
Pallida in faccia e magra di figura,
Che lo rasomigliava di figura,
Né già il suo re gli avanza di figura,
Che in faccia avean cangiata ogni figura,
Adornavan nel muro ogni figura,
Di sopra un ponte di poca largura,
Sì come piace a quella fata, giura;
Sopra alla soglia dell'entrata, giura
Il nano allora sacramenta e giura
Se tua persona non promette e giura
Ma come a quella piace, così giura;
Di scoterla o morire a Macon giura,
Che bisogna più dir? ché ciascun giura:
Chi promette a Macone, e chi lo giura,
Una altra fiata sopra al libro giura
E sete avendo per la gran calura,
Passar de un salto sopra a quella mura.
Gionse una notte dentro ad Altamura.
Ad una rocca che ha nome Altamura,
Grandonio solo appar sopra alle mura.
Trufaldin li cacciava dalle mura,
Ché ogni om per tema fugge dalle mura,
Ed acqua e pietre portano alle mura.
E notte e giorno attendono alle mura,
Ne la rocca fuggì dentro alle mura.
Come alla rocca fu dentro alle mura,
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112
Come egli agionse in cima a quelle mura,
Levase il crido intorno a quelle mura.
Che pur son chiusi dentro a quelle mura;
E' già son gionti presso a quelle mura,
Ma, se egli avesse de intorno le mura
Mo qua mo là scorrendo per le mura,
E la diffesa intorno a l'alte mura.
Di vittualia dentro a l'alte mura;
Che coprian del palagio l'alte mura.
E cadde morto sopra a la pianura.
Così van spessi e morti a la pianura.
Copria de morti tutta la pianura.
Che ne risuona il monte e la pianura,
Coperse un fumo il monte e la pianura.
Ben par che 'l monte tremi e la pianura,
Di là dal fiume aponto è la pianura,
Tutta è coperta a morti la pianura.
Chi vôl callar, se calla alla pianura:
Sdegna de intrarvi, e torna alla pianura.
Trovarno armata sopra alla pianura;
Sono accampati sopra alla pianura,
E già son giunti sopra alla pianura,
Ma se lui getti sopra alla pianura,
Forte correndo sopra alla pianura;
E che il re Carlo sopra alla pianura
Vedel soletto sopra alla pianura.
Così cridando salta alla pianura,
Quella gran bestia cadde alla pianura:
Astolfo prima gionse alla pianura,
Dicea che sopra un ponte alla pianura
Volò con l'ale rotte alla pianura.
Come vede e nemici alla pianura,
Che scende con gran cridi alla pianura,
Già se odeno e Pagani alla pianura
Cavalcano e baroni alla pianura
Sopra duo gran ronzoni alla pianura.
Voglio mandare in pezzi alla pianura. Come apparito è Orlando alla pianura,
Viddon venir correndo alla pianura
Ma volta il palafreno alla pianura,
Sopra de un palafreno alla pianura.
Leoni e pardi uscirno alla pianura,
E calarno de il sasso alla pianura:
Quel gran re cade morto alla pianura,
Ben faria largo e netto alla pianura;
Al summo de essa ha una bella pianura,
Ed ecco in mezo di quella pianura
Più de una arcata per quella pianura.
Or, caminando per quella pianura,
Ed or, voltando per quella pianura,
Perché Baiardo per quella pianura
Qual pure è a piedi in su quella pianura,
Che ratta ne venìa per la pianura,
Più de un'arcata va per la pianura,
E via correndo giù per la pianura
Ma via fuggendo su per la pianura
Trovarno a lato un fiume una pianura
Era di là dal ponte una pianura
E nel monte alto e all'aperta pianura,
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E l'aspro monte si fece pianura,
Aperto è il suo paese a gran pianura;
Ed è segnor de la città de Nura,
Perché di foco e di favilla pura
A dare aiuto a quella dama pura,
Qual gorgogliava per quella acqua pura,
De un'acqua viva, cristallina e pura.
De una acqua troppo cristallina e pura;
Cominciò l'acqua a farsi chiara e pura,
E con parlar cortese e voce pura
Perché una pietra relucente e pura,
Quando si crede drittamente e pura,
Ove hai lasciata quella mente pura
Con veste bianche e con la mente pura:
Era costui feroce oltra a misura,
E le lor lancie grosse oltra a misura
E dardi e pietre grosse oltra a misura,
Perché è potente e ricco oltra a misura.
Fu di gran possa e fiero oltra a misura.
Pur, come quel che è fiero oltra a misura,
E mena un colpo fiero oltra a misura.
Egli era innamorato oltra a misura
Che la non caggia per mala misura.
Perché io non presi alora la misura;
Sì come avesse a ponto la misura.
Il re Agrican, che ardea oltra misura,
Come colei che è falsa oltra misura,
Come colei che è scorta oltra misura,
Ma Feraguto amava oltra misura;
Chiarion scapinava oltra misura,
Come colui che ha forza oltra misura;
Perché Turlon, che ha forza oltra misura,
E fatta prova grande oltra misura,
Quella montagna è grande oltra misura
Ciascun gigante è grande oltra misura
Che quella gente, grande oltra misura,
Tanto fu il colpo grande oltra misura,
Turbato era Grifone oltra misura,
Bella da riguardare oltra misura.
E le Naiàde, allegre oltra misura,
E fo preso de amore oltra misura,
Ma quest'è un omo forte oltra misura. E mena colpi grandi oltra misura.
Con sassi e lancie e dardi oltra misura.
E per li denti lunghi oltra misura,
De dritti e de riversi oltra misura
Dardi ben lunghi e grossi oltra misura.
De arbori spessi ed alti oltra misura;
Ché son ferito e stracco oltra misura. Amando il bel Narciso oltra misura,
Il conte se è turbato oltra misura,
Quel cavallier, turbato oltra misura,
O per strenger lo incanto oltra misura,
Perché era grande e sozzo oltra misura.
Che mai segua sua legge e sua misura,
Bella era, come io dissi, oltre misura,
Ove uscia quel gran vento oltre misura:
Ora ascoltati fuora di misura
Ed era quadro aponto di misura;
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Dodeci colpi fe' fuor di misura,
Tanto che basta, e non fuor di misura;
Qual tanto loda alcun fuor di misura,
Orlando se avampò fuor di misura,
Uno arbore atrovò fuor di misura:
E tale è il saettar fuor di misura,
Grande era quel rumor fuor di misura
Ché Orlando l'ama fuor d'ogni misura.
Che avea il gigante fuor d'ogni misura;
E' crudel colpi fuor d'ogni misura.
Dritti e roversi fuor d'ogni misura.
Per quel gran colpo fuor d'ogni misura:
Mena un gran colpo fuor d'ogni misura:
Mena un gran colpo fuor de ogni misura,
Lui numera le stelle e il cel misura.
Tutto il giardino a ponto, con misura;
Ciascun le botte de' baron misura,
Ma non vi giova regula o misura:
Non avrian posto al suo desio misura;
Pensando e colpi a ponto e per misura.
Già giuso erano un miglio per misura,
Quindeci miglia è intorno per misura.
Tre palmi volge intorno per misura.
Dece piedi è ogni quadro per misura.
Volta la chiave a ponto per misura.
E larga cento aponto per misura:
E divisela in terzo per misura.
Nacque il destrier veloce a dismisura,
Chiare fontane e fresche a dismisura
Acceso nella mente a dismisura;
Sospira giorno e notte a dismisura,
Ranaldo mena colpi a dismisura:
Ero io fornita troppo a dismisura,
Re de Almasilla, orrenda creatura,
Correndo vien la orrenda creatura:
Ché Rodamonte, orrenda creatura,
Ove Aridano, orrenda creatura,
Ché non ha il cel più vaga creatura.
Di Trufaldin, malvaggia creatura,
Lasciando quella bella creatura,
E trovai questa bella creatura!
Potria formar più bella creatura.
Pur ch'io compiaccia a quella creatura.
Per star congionto a quella creatura;
E così fa l'umana creatura,
Poi vede che l'umana creatura
Mai non discese umana creatura;
Quella incantata e falsa creatura.
E come la diversa creatura
De Zambardo, diversa creatura.
Di quella mansueta creatura;
Ma quella contrafatta creatura
- Ecco la maladetta creatura,
Mai non fu la più brutta creatura:
De Dio nimico e d'ogni creatura,
Giovani e dame ed ogni creatura
Se alcun fia amato da tal creatura.
Quanto non vede al mondo creatura,
Con lunga barba e gran capigliatura,
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115
Riccia ha la barba e gran capigliatura;
Quando tra'il vento e la biada è matura,
Tutto è coperto il conte d'armatura:
Sta quel superbo, e indosso ha l'armatura,
Colcasi al prato, e indosso ha l'armatura;
Di lor portava a soma l'armatura.
Ma non se attacca il brando a l'armatura,
Perché altramente tutta l'armatura
Monta a destrier con tutta l'armatura.
O ver guarnito, o senza l'armatura,
Così dicendo chiede l'armatura,
Che hanno e destrier fatati e l'armatura,
Come pigliato ho il brando e l'armatura,
Che solo il mio bon brando e l'armatura
Ché l'elmo che avea in capo e l'armatura
- Damme pur il destriero e l'armatura, La dama col destriero e l'armatura! Ché il scudo avea coperto e l'armatura;
Ma salta in piede e veste l'armatura.
Nascosamente veste l'armatura.
Se tu tenessi in capo l'armatura,
Già tratta gli han di dosso l'armatura,
Ciascuno aveva indosso l'armatura,
(Ché Brandimarte ha rotto l'armatura)
Subitamente prese la armatura
El duca Enea, che avea quella armatura;
Del franco Serpentin quella armatura.
Ma non puotea falsar quella armatura.
Che aveano in capo, e la bona armatura,
Che tiene il colpo come una armatura.
Da capo a piedi per questa armatura
Vestito sì come era de armatura
Chi si diffende, e chi prende armatura,
E portò seco un squarcio de armatura;
Tutte il guarnirno a ponto de armatura.
Contra sua spada non vale armatura;
Né contra a lor val forza né armatura.
O l'Argalia dalla forte armatura;
Ogni piastra ferrata, ogni armatura
Però che avria spezzata ogni armatura:
A pezzi si ne andava ogni armatura,
E spezza al franco conte ogni armatura:
Divide il capo e parte ogni armatura.
Ma lui taglia al pagano ogni armatura,
Più sozza fronte mai non fie' natura,
Il qual sapea de l'erbe la natura
E bene a ciò providde la natura,
Ma lui minaccia al mondo e la natura,
S'io biastemavo il celo e la natura;
Che giamai producesse la natura:
Né che tanto potesse la natura,
Amore, o giovenezza, o la natura
Avea quivi depinto la natura;
Che ha ben contrario il nome a sua natura,
E facea lume, com'è sua natura,
Vede il vecchio marino e sua natura,
Che pur convien mostrar la tua natura,
Benché sia cosa fuora de natura.
Nel grazioso tempo onde natura
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116
Come tal cosa sia fuor de natura,
«Macon - fra sé dicendo - né natura
Dove è la fiera fera di natura,
Quel toro orrendo e fora di natura,
(Come son tutti de arte e di natura),
Astolfo, che è parlante di natura,
E sì nerbosa e forte di natura,
E l'altro è sì gagliardo di natura,
Questa fontana avea cotal natura,
E dicesi ch'egli ha cotal natura,
Orlando per costume e per natura
Quivi li tenea fermi per natura.
Ch'è bestia pigra molto per natura.
Di tal metallo e tal temperatura
Che non se rompa quella serratura,
Ma Barigaccio grande di statura
De viso, de fazione e di statura?
E quasi era gigante di statura,
E gran triomfi e la superba altura
Che potesse salire a quella altura;
Monta quei gradi e sopra quella altura:
Mai non partirse, che di quella altura
Rainaldo e Orlando, ch'è di tanta altura,
Radamanto fo quel, di tanta altura,
Però ch'Argante fu di tanta altura,
Veggendose levato in tanta altura;
E meni per orgoglio tanta altura;
Per disertar Parigi e ogni sua altura,
Che avea il coperchio de la sepoltura,
Verso la porta, ove è la sepoltura,
Smonta dolente della sepoltura;
Pur tornò ancora a quella sepoltura,
Avea condotto a quella sepoltura,
E il bel giardino e quella sepoltura
E dove adesso è quella sepoltura
Son per viltate in quella sepoltura:
Quando sentimo in quella sepoltura
Si stava armato ad una sepoltura;
Quivi era un marmo de una sepoltura,
Era nascoso in una sepoltura,
Che 'l tenea chiuso in una sepoltura:
Son de' toi figli: dàgli sepoltura.
Del fuoco uscendo e d'ogni sepultura,
Che fu del re Bavardo sepultura,
Come ène un busto d'omo a la centura.
Che per traverso il fesse alla centura.
Quando un tuo pare avessi alla centura,
Egli è ne l'acqua fino alla centura,
Ché tutto il fende insino alla centura;
Tutto lo parte, insino alla centura,
Duo pezzi fece de uno alla centura,
"Se io vi potessi in questa dipentura
Troppo era lieto di quella aventura.
Poi che ha trovata sì strana aventura;
Avendo tratta a fin l'alta aventura,
Di trare al fine tanta alta aventura.
Di saper tutta questa alta aventura.
Che onor ce seguirà questa aventura;
Ma poi vi conterò questa aventura,
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117
Di Brandimarte e sua forte aventura,
Di Brandimarte e sua forte aventura,
E, come volse la mala ventura,
Or via lasciamolo in la mala ventura
Entrò nel bosco in sua mala ventura.
Ch'è rivoltato in sua mala ventura,
O ver morir per sua mala ventura,
Lasciar quel che appresenta la ventura.
Qual altro cavallier de la ventura
Come, andando con essa alla ventura,
Benché più volte andasse alla ventura,
Or son tre gran campioni alla ventura:
Ma più volte me posi alla ventura
Uscirno del giardino alla ventura;
Ora ascoltati che bella ventura
Ché ben serà figliol della ventura,
Perché qualunche ha seco la Ventura,
Te provarai a l'ultima ventura.
Della sua entrata la strana ventura;
E per veder quella strana ventura,
Di cosa alcuna; ogni strana ventura
Gran meraviglia e più strana ventura
Andando con lor dame in aventura;
Che se pose con esso in aventura,
E sol di quello è la bona ventura,
Ma, come volse sua bona ventura,
Poi di lei seguiremo e soa ventura,
Ma ad esso era incontrata altra ventura,
E ben gli bisognava altra ventura,
Chi avrà la nera, cerchi altra ventura. Qua ve ha portato la vostra ventura;
Fu combattuto, e la disaventura
Or, come volse la disaventura,
E biastemava sua disaventura.
Ma sempre cresce sua disaventura,
Trasse tal duca de disaventura,
- Lassa! - dicendo - in che disaventura
Cotal sconfita e tal disaventura
Sterno abattuti in tal disaventura,
Qual posti ce hanno in tal disaventura,
Lo ritrovò con tal disaventura
Onde, biasmando tal disaventura,
Gli racontò la gran disaventura,
Quindi passava per disaventura
E conterovi de una alta ventura
Dicendo: «Dio me doni alta ventura!
Ch'egli incontrò in quel loco alta ventura.
Trovò nel suo viaggio alta ventura.
Di aver trovato tanto alta ventura;
Diceva il vecchio a lui: "Molta ventura
De poter trare a fin tanta ventura;
Racontarovi di questa ventura
Ma se vôi trare a fin questa ventura,
Gli mostri a trarre a fin questa ventura.
Destina de compir questa ventura.
E per non dare indugia a sua ventura
E veggendosi al fin de sua ventura,
Cognosci l'ora della tua ventura,
Se pur te piace, prova tua ventura:
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Che nella mano hai volta, de Ventura,
Poi che incontrata ha sì forte ventura,
Iddio te aiuti e doneti ventura. Che all'arbor d'oro agionse per ventura.
Che in questo sasso è la maggior ventura
Trovato aveti la maggior ventura
Che non fusse meschiata di sventura;
Ciascun raconta la sua disventura,
Che Pandragon li dava alla cintura.
Partito dalle spalle alla cintura.
Sempre tenea le chiave alla cintura,
Che col brando partisti alla cintura.
Già dentro al mare è sino alla cintura.
Già sopra a' merli è sino alla cintura,
Ed ha la barba insino alla cintura.
Tutto lo fende insino alla cintura:
Duo ne partite insino alla cintura;
E tutto il parte insino alla cintura.
La testa e il busto insino alla cintura;
E partil tutto insino alla cintura,
Partito avea dal petto alla cintura,
Gionselo un tratto a mezo la cintura,
Gionse Orione al loco de cintura;
E gionse proprio a loco di cintura
Di gemme e d'oro a vaga depintura
Così scritto era in quella depintura;
Cominciarno a mirar la depintura
Che abbian scorto lo armento e la pastura,
Che vede e cervi longi alla pastura,
Lei prende Brigliadoro alla pastura,
Chiamando il Greco, che è mala mistura
Fatto ho di vaghe erbette una mistura,
E come se amentava de pittura
Or, per non far più lunga la scrittura,
Esso avea a mente tutta la Scrittura,
Che avea di sangue tutta la scrittura.
Ben si ricorda di quella scrittura
Come mostrava intorno la scrittura.
Di cui contava aponto la scrittura,
Così diceva a ponto la scrittura:
Così diceva a ponto la scrittura:
Sopra del capo aveva una scrittura
Vide intagliata al marmo una scrittura,
E sopra, a lettre d'oro, una scrittura,
Turpin loda Dudone in sua scrittura
Che mi mostrasse libro né scrittura,
E fecela per voce e per scrittura
Ch'odisti mai per voce, o per scrittura.
Diffensor di bontade e di drittura,
Or lo scridava con tanta bravura,
E negre l'ungie e piene di sozzura.
Ma' le lor dame lasciavano a casa;
E quella ne portò fuor di sua casa;
Ogni altra cosa in preda era rimasa.
La quale in questo tempo anco è rimasa,
Ché pur sta mal la paglia con la brasa;
Era di novo sua superbia accesa.
Che faccia il foco nella paglia accesa,
Par tra' nemici una facella accesa.
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Dardi e sagette con pegola accesa;
Solfo gli dànno con pegola accesa;
Se ben me consumassi in fiama accesa;
Gli avea di tal furor l'anima accesa,
Alor Grandonio, quella anima accesa,
E il re Ballano, quella anima accesa.
Qual m'ha di tanto foco l'alma accesa,
E Mandricardo di collera accesa
Che avrebbe di dolor quella acqua accesa;
Come serà del sol la luce accesa,
E la regina di valore accesa;
E la donzella, che è d'amore accesa,
Quella superba di furore accesa;
Contra a Marfisa di furore accesa.
Di mal talento e di furore accesa;
Che Ranaldo, che avea la mente accesa,
La faccia li vampò di foco accesa,
Sotto a quelle arme, e di tal foco accesa,
Qual l'ha tanto infiammata e tanto accesa,
Ben ti confesso ch'io son tanto accesa,
Per cui da poi serà la Africa incesa.
La bella terra da ogni parte è incesa,
Ed è trea miglia la malvaggia ascesa.
Vetare a' Saracin la prima scesa,
Perché là su non posso esser ascesa;
Era la dama del destrier discesa;
Né pôi mostrar valor né far deffesa. Ché quella bestia non facea diffesa.
Sol Ferraguto è quel che fa diffesa.
Contra questi Africani abbia diffesa.
Sì che ciascun da me faccia diffesa,
Né teme che Brunel faccia diffesa.
Qual venne col mio patre in mia diffesa,
Grifon de un Saracino ha la diffesa
Aggio perduta tutta la diffesa
E de Cristianità sola diffesa.
Sin che Dio li mandasse altra diffesa.
Ma Rodamonte fa molta diffesa.
Fanno contra Agrican molta diffesa;
E pigli a suo piacer questa diffesa,
Venga a staccarlo e prenda sua diffesa. Benché dritta ragione e sua diffesa
Che copriva la dama, in sua diffesa
Occidere il nemico in sua diffesa.
E il conte l'avea tolto in sua diffesa.
Che ben stava coperto in sua diffesa;
Tenia quel cavallier in sua diffesa;
Fuggi in mal'ora, o prendi tua diffesa. Tenir la dama coperta e diffesa.
Dudone il franco, e non vi ebbe diffesa,
Benché pur ferno alquanto de diffesa;
Sol la rocca di sopra se è diffesa
Sol per tenir la sua gente diffesa
Sì come è Italia da' Turchi diffesa
Che gli ha tolto ogni aiuto e ogni diffesa.
Di piastre e maglia, a fare ogni diffesa;
Or vi aconciati e prendeti diffesa. Che fie' la bestia, a chi non val diffesa,
E mena il brando a cui non val diffesa;
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can.27.3
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can.14.2
120
Né contra a' Saracin più fan diffesa.
Benché e nemici non faccian diffesa,
E sempre fan battaglia a gran diffesa
Stava Grandonio, e facea gran diffesa;
Che tutta la sua gente tien diffesa,
Poi che non trova al suo cugin diffesa;
Del vecchio re se posero in diffesa,
Non vi giova fuggire e non diffesa:
A testa bassa facendo diffesa;
«Lasso, - diceva - ch'io non ho diffesa
Né altra possanza può mai far diffesa,
Re Carlo e' nostri non pôn far diffesa,
E perché è dama e non può far diffesa,
E voglion sua madama aver diffesa,
Poteano a tal ferire aver diffesa;
Né potendo più quasi aver diffesa,
Benché non fosse a quel colpo altra offesa:
Fa gran danno ed oltraggio ed ogni offesa;
E tutti voi, che aveti la difesa
E campion della Romana Chiesa.
Aver guerra con voi molto me pesa;
Ogni pallotta vinte libbre pesa.
Con bronchi insieme cento libre pesa.
L'armatura che ha in dosso, assai gli pesa,
Disse Marfisa: - Certo assai mi pesa
E d'ogni danno tuo troppo mi pesa,
Sopra d'ogni altra doglia il cor mi pesa
E tanto questo danno più mi pesa,
Volentier saprebbi io, se non ti pesa,
Se de amarme cotanto al cor ti pesa;
Stava una dama per le chiome impesa,
Come tu vedi, per le chiome impesa
Menò sua mazza, che cotanto pesa,
La tien per crudeltate al pino appesa.
Ella si stava ne l'aria sospesa,
E stando così tacita e sospesa,
Meglio è per lei che subito sia resa. Ora una lancia in su la coscia ha presa,
Esso fu armato ed ha sua lancia presa,
E tutta la citate hanno già presa:
Quale è gigante e nome ha Malapresa,
Or ché non aggio Durindana presa
Onde veniva ogni persona presa;
Da un re de Italia fia la terra presa,
Ma ciò non bisognava a nostra presa,
Che per te solo è fatta questa presa,
Che al fin non sia da Amor battuta e presa.
Crudel, che per fuggirme hai morte presa?
Se io non son da quei duo morta ni presa,
De biasmi, e de ogni inganno l'ha ripresa,
Se alcun v'è ancora a cui piaccia l'impresa,
Della mia morte pigliane l'impresa,
Benché io provassi, di amarte l'impresa.
Venir non debbo a sì stupenda impresa? Perché non fu giamai più cruda impresa.
Tu sai, Segnor, se iusta è la mia impresa,
Di quella regione abbia la impresa:
Sì che lascia per Dio! la mala impresa,
Che al fin piangendo abandona la impresa.
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121
E restava perdente de la impresa,
La prima sorte a me dette la impresa
Molte prodezze ferno in quella impresa.
Pur fu acquetato e lasciò quella impresa.
Che della drietoguarda hanno la impresa:
Sì che alla fine abandonò la impresa,
Sino alla morte seguirò la impresa.
Che li piacesse de lasciar la impresa.
Come dovesse terminar la impresa,
Ed atto a trare a fine ogni alta impresa;
Pur vi era ordita alcuna eletta impresa
De ritrovarse alla reale impresa;
Seco il passaggio alla reale impresa.
Ma non se vanta alcun di tale impresa.
Poi contra a tutto il mondo aveti impresa,
Lo riscaldasse alla mortal impresa.
Tutta la bona gente è morta, o presa;
Temendo di trovarla o morta o presa.
Ché vôl la dama ad ogni modo presa,
E so che prestamente serò presa,
E, se tu non me aiuti, io serò presa
Fo comandato che l'avesser presa.
Sì che vi fia diletto averla intesa.
Questo nel mondo o tal vergogna intesa,
Non avendo altri questa cosa intesa,
Tutti han la cosa molto bene intesa,
Fu per Ranaldo pienamente intesa,
Se ben la sua proposta aveti intesa,
Per un can Saracin lui fa contesa,
A far con questo già lunga contesa:
Né vi crediati senza mia contesa
Se peccato se appella alla contesa
Ma Rodamonte gionse alla contesa.
E tre volte tornarno alla contesa:
Durando aspra e crudel quella contesa
Durando aspra e crudel quella contesa,
E comincia dapresso la contesa;
De un colpo solo e senza altra contesa,
Perché mi convien fare altra contesa.
E quivi finirà nostra contesa,
Ma Prasildo facea molta contesa;
Se fu perdente di questa contesa,
Del campo de Agrican, senza contesa,
Che tutti ce legò senza contesa.
Ha ben doglia minor senza contesa,
E far contra de' Tartari contesa,
Un'altra dama avea seco contesa.
Che ciascadun che avea seco contesa,
Dolce segnor, s'io te faccio contesa,
Disse: - Deh! matre, non mi far contesa.
Ché converresti seco aver contesa,
Se ben seco non voglio aver contesa,
Ma troppo è disegual la lor contesa.
- Non facciam di parole più contesa,
Ma, quel che è peggio, una rete ha distesa,
A dirvi questa zuffa alla distesa,
E strazia piastra e maglia alla distesa,
Lui tra' la vampa fuora alla distesa.
Ché tutti andreti in terra alla distesa;
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122
Tutti ne vanno in rotta alla distesa
Spinella si fuggiva alla distesa:
L'altra gentaglia fugge alla distesa.
Che caccia e Cristiani alla distesa,
Tutti li manda morti alla distesa.
Taglia quella col brando alla distesa.
Che vien col brando in mano alla distesa,
Di trenta bronchi; e la rama distesa
E la battaglia tutta era distesa
Sì ratta se ne andava e sì distesa,
Era la strata un gran miglio distesa,
Qua giù riversa e nel prato distesa.
E per farla campare è bene attesa
Avrebbe Orlando una donzella occisa.
E serò in pena e con tormento occisa.
Ch'io so che lui verrebbe alla recisa,
Per vinte e quattro lune, alla recisa,
Or torno al conte Orlando ed a Marfisa,
Quel che impetrar desidri da Marfisa.
Qual era assediato da Marfisa.
Partendoti da lui, vanne a Marfisa,
Ora rispose il principe a Marfisa:
Torno a Brunel, che ancor dietro ha Marfisa.
Ripone il brando e va nanti a Marfisa.
Or sappiati che la dama Marfisa
E cognosciuta avea prima Marfisa,
Che quella dispietata era Marfisa,
Se combattea là dove era Marfisa.
Presto nelle sue man me avrà Marfisa,
Anci una dama, nomata Marfisa,
A questa cosa mirava Marfisa,
Una grossa asta portava Marfisa
Qual era cameriera de Marfisa,
Ranaldo e il Turco e la forte Marfisa.
Tra il pro' Ranaldo e la forte Marfisa.
Sì che a camparci de man di Marfisa,
Che davanti lasciai, quando Marfisa
Che Brandimarte fece a Fiordelisa?
E ben se tenne morta Fiordelisa,
Credendo aver perduta Fiordelisa:
Perché quella era la sua Fiordelisa,
Se a ciò non reparava Fiordelisa.
Sì come sua filiola è Fiordelisa.
Ma torna a ricontar de Fiordelisa.
E torno a Brandimarte e Fiordelisa,
Iroldo con Prasildo e Fiordelisa
Ai compagni se volse Fiordelisa
Arso era tutto insino alla camisa.
La damigella prese una camisa
E l'altra a Regio, che se noma Risa.
Di quel giottone insieme fier' gran risa;
Costei, che del mio mal facea gran risa,
Agrican lor guardava con gran risa,
Voi la maniera sapeti e la guisa,
Ma non ritrovo il modo né la guisa
La cotta d'arme pure a quella guisa,
Ma non la aspetta alcun per nulla guisa;
Se resse a bon governo e bona guisa,
Così meco Locrino ad una guisa,
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123
Né più potea campare ad altra guisa:
Né stavan quei di fuori ad altra guisa,
Non fanno essi riparo, ad altra guisa
Vero è che con più ardore ed altra guisa
Ma presso al fiume è guerra de altra guisa
E perfida e crudel for d'ogni guisa,
E gioso se gettava ad ogni guisa,
Ché morta non l'avrebbe ad ogni guisa;
Al fin, voltando il core ad ogni guisa,
Pigliar pur vôl Brunello ad ogni guisa,
Moritte quel malvaggio a cotal guisa,
Poi che fôr stati un pezo a cotal guisa
A lui ragionarai in cotal guisa,
Pensa tu con qual modo ed a qual guisa!
(Il tutto vi ho contato, ed a qual guisa);
Medicò Brandimarte, e con qual guisa;
Sì che pensati voi or con qual guisa
E ben che sian germani ogni om avisa,
E se io ramento ben questa divisa,
Era l'anima sua tutta divisa:
L'arme de Oringo ed ogni sua divisa;
E star sotto tua insegna e tua divisa,
Da il cor mi fosse per forza divisa,
Per accordar la istoria ch'è divisa:
Come Turpin la istoria a me divisa.
La cameriera alli altri tre divisa
La nobil gesta, in due parte divisa;
A parte a parte il fatto gli divisa,
Benché la etate alquanto li divisa.
La dama, ragionando a lui, divisa
Ché avevamo portata altrui divisa.
Con gli altri che la istoria vi divisa;
Come la istoria sopra vi divisa,
Ché tanto è la pietà da quel divisa,
Or più di lei la istoria non divisa,
Ma più di lor la istoria non divisa,
Che, come fosse dal spirto divisa,
Nel scudo azuro aveva per divisa
Poi de una giuppa a più color divisa
Il ladro la trovò tutta improvisa
Ché già per la cità se sa la cosa,
Ed a lui ricontò tutta la cosa,
Altri pur dice il ver, come è la cosa.
Chi giurarà come andasse la cosa,
Dirovi tutta quanta poi la cosa,
Ma al presente io lascio qui la cosa,
Segnor, come io lasciassi quella cosa
Andò gran tempo a quel modo la cosa,
Per ordine vi voglio or dir la cosa,
Né dentro vi ha dipenta alcuna cosa.
Ma lui non respondeva alcuna cosa,
Che veder non poteva alcuna cosa;
Che io non guadagni vosco alcuna cosa.
Non respondia Ranaldo alcuna cosa,
Chi m'abbia tolta così cara cosa. Ed a cui questa, a cui quella altra cosa.
E più fallace che alcuna altra cosa;
Ed a quel suono ancor qualche altra cosa
E non vede la fata né altra cosa,
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124
Non se amentava Orlando né altra cosa,
Polindo amava sopra ogni altra cosa.
Disse: - Odi, Malagise: ogni altra cosa
A dietro non tornar per altra cosa;
Quando advisata fui di questa cosa.
Che lei cognosce l'erbe ed ogni cosa
«Chi può durare, al fin vince ogni cosa.»
Ché uno amoroso cor vince ogni cosa.
Nulla mi val, ché amor vince ogni cosa.
Dapoi che vinto egli ha ben ogni cosa,
Della affannata corsa e faticosa;
Là dove trovarai mirabil cosa;
Che sentirete poi mirabil cosa,
Né mai se vide più terribil cosa.
Mai non se vide più terribil cosa.
Ben gli parve quel capo orribil cosa,
Una catena dentro vi era ascosa,
Me conducea quel vecchio alla nascosa,
Ecco una schiera che se era nascosa,
Benché li presso a lui si era nascosa.
Per quella tomba sotterra nascosa,
Una Fauna crudel vi sta nascosa:
A ciascuno altro incognita e nascosa.
Perché quasi in un ponto ce è nascosa.
De la fontana che è al bosco nascosa.
Ma sia la morte mia, per Dio, nascosa
Quella battaglia fu molto nascosa
Ma possa che ogni stella fu nascosa,
E quasi venni in tutto rabbiosa:
Erba né incanto o pietra preciosa:
Morta di fame, nuda e pedocchiosa;
Mostrandomi adormita e sonocchiosa.
Benché sua gente è tutta pedochiosa,
Della battaglia cruda e perigliosa?
Questa aventura fu maravigliosa,
Che forse ti parrà meravigliosa;
E fie' questa opra sì meravigliosa,
Che facea prova sì meravigliosa,
Che li intravenne, e ben meravigliosa,
Or li monta la colora orgogliosa.
Sempre minaccia con voce orgogliosa;
Sempre fra denti, con voce orgogliosa.
Cridava il conte in voce sì orgogliosa,
La battaglia comincia più orgogliosa
Così non fu giamai cosa gioiosa,
Questa età giovenil che è sì zoiosa,
Là se adunò la gente copiosa,
Che fuggian da Marfisa furiosa.
Corre di sotto una acqua furiosa,
De la crudel battaglia e furiosa;
Di qua di là voltar sì furiosa,
Che toccasti la faccia graziosa,
Perché Elidonia, quella graziosa,
La damigella, ch'era graziosa,
Impetra adunque questa graziosa
Ché quella dama in vista graziosa
Onde una zuffa sì pericolosa
Vide la cosa sì pericolosa.
E la più orrenda e più pericolosa
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125
Missère Ottino, il conte di Tolosa,
Seco dicendo a sua mente animosa:
Verso il faggio la vista lacrimosa:
Onde la fata vien sì desdignosa
Molto era Fiordelisa vergognosa,
Sì come a la giornata luminosa
Instabile, voltante e roinosa,
Per una strata de bronchi spinosa,
Oridante ha la coscia sanguinosa,
Qual tutta è d'oro a l'arma sanguinosa:
Chi mostrarà la terra sanguinosa,
E via tagliò la testa sanguinosa;
Trovò la terra tutta sanguinosa,
Correva grossa e tutta sanguinosa
Tutta la sua persona è sanguinosa;
Tutta la sua persona è sanguinosa;
«Or ti par che fortuna ruinosa
Tutte le cerca senza alcuna posa:
Lui più non guarda, e senza alcuna posa
A gran giornate, senza alcuna posa.
Ma pigliar voglio adesso alcuna posa,
Né te curar de indugia né de posa,
Orlando de altra parte non se posa,
E quel gigante già non se riposa;
Giorno né notte mai non se riposa,
E quello e questo mai non se riposa,
Dove, compìto il corso, se riposa.
Lo inamorato conte non si posa,
Te dette la vittoria sì pomposa?
Lui se scotteva e già non stava in posa,
E notte e giorno mai non stava in posa.
Non può prendere il conte indugia o posa,
E ciascadun di lor vôl prender posa.
Sì come io fossi la novella sposa;
Ed io queta mi stava come sposa,
Che la sorella del conte, Albarosa,
Come in un giorno la vermiglia rosa
Tutto fiorito di vermiglia rosa,
A cui diletta il ziglio, a cui la rosa,
E mancò la battaglia tenebrosa.
Guardando la battaglia tenebrosa;
Un ponte vi è di pietra tenebrosa,
Facean cruda battaglia e tenebrosa,
E poi per l'aria scura e tenebrosa
In quella zuffa oscura e tenebrosa,
Era la tana oscura e tenebrosa,
E fie' battaglia dura e tenebrosa,
Ciascuna è più dolente e tenebrosa.
Poi li fo tolta ne la selva ombrosa
De gir con esso ad una selva ombrosa,
Non gli coprendo ormai la notte ombrosa,
Dico de Ardena, che è d'arbori ombrosa;
Vermiglia avea la faccia come rosa
Divenne in faccia di color di rosa
Che forse sua persona valorosa
E voi, come persona valorosa,
Al fin, come persona valorosa
Quel cavallier, persona valorosa,
Come fu tra Marfisa valorosa
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126
Chi dice che la botta valorosa
E vista avia la forza valorosa,
Ma poi che seti gente valorosa,
Durata è già la zuffa dolorosa
Ch'io vo' seguir la zuffa dolorosa,
(Così Dio ne la faccia dolorosa!)
Per terra abatte in pena dolorosa,
Morir credette in pena dolorosa;
Fu via portato in pena dolorosa
Il quale è patre a questa dolorosa,
E più non sazo, trista, dolorosa,
«Ahi vita umana, trista e dolorosa,
Ahi sventurata, trista e dolorosa!
E piena è della gente dolorosa,
E il crido della gente dolorosa,
Diciamo della gente dolorosa,
Evi da poi sua morte dolorosa,
Che la mia sorte è tanto dolorosa,
Se io ero in quel ponto dolorosa,
Qual sorte al mondo è la più dolorosa
Disse: - Male aggia la voglia amorosa
Perché il cantar della storia amorosa
Per trabuccarse ne l'acqua amorosa;
Ma con mente scaltrita ed amorosa
Qual, come io dissi, con mente amorosa
Trufaldino avia l'alma timorosa,
Che in questi versi ho tratto di sua prosa,
Che racontasse mai verso né prosa.
Ma se teneti l'alma pa rosa,
Dopo, alla fine, in voce pa rosa,
Oh quanto è vostra sorte aventurosa
La damigella, che è tanto pietosa,
Il fin della battaglia dubitosa,
Che più facea la cosa paventosa;
Ogni fortuna dura e spaventosa,
Non se ode al mondo la più spaventosa;
Il re Agramante lui sotto Tortosa
E serà di piacere e dilettosa;
E seco è il re de Arzila e quel de Fersa.
Re Folvo è il sesto, il qual venne di Fersa:
Gionse alla fronte il forte re di Fersa,
E Folvo era con seco, il re di Fersa,
Benché l'armata sia rotta e somersa.
Che l'avia dentro a quel fiume sumersa.
Chi more, e chi del ponte se sumersa.
Che par che 'l celo e il mondo se sumersa.
Che par che 'l celo e il mondo se sumersa?
Tu nel mar di sventura m'hai sumersa.
Ora ha Marfisa pur sua lancia persa,
Ha il sentimento e la memoria persa;
Avea de un colpo la memoria persa,
Io dico Serpentin, l'anima persa,
Dapoi che avrai la tua Tisbina persa?
Che quasi ha lui da poi la vita persa.
La gente che vi è dentro è tutta persa:
Che nostra gente fia sconfitta e persa.
Come il sol se alcia al mezo giorno, è persa,
Che mena in rotta quella gente persa,
Questa schiera pagana era ben persa;
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127
Che ne andò a terra in più parte dispersa;
E spesso alla galea l'onda atraversa,
Poggetti e valli e gran macchie atraversa,
Ecco da canto gionse una traversa,
Che ha il scudo azuro e de oro una traversa;
Con Sacripante, che il passo attraversa.
E del centauro al fin, bestia diversa,
Gionse Ranaldo la dama diversa
Dura battaglia e crudele e diversa
Dove è battaglia orribile e diversa,
Molto crudele, orribile e diversa;
Entrato era a battaglia sì diversa,
Perché il pagano ha furia sì diversa,
Sopra di l'elmo, a forza sì diversa,
Fan sì crudel battaglia e sì diversa,
De la gente sì strana e sì diversa,
E fo sì gran ferita e sì diversa,
Avean tra lor la zuffa più diversa;
Vien la fortuna ogniora più diversa,
Più de l'altra feroce, e più diversa,
Pioggia e tempesta giù l'aria riversa,
Sopra le croppe tutto si riversa;
E tramortito al campo lo riversa.
Sopra alle groppe adietro lo riversa,
Che tramortito a dietro lo riversa.
Perché non fu mia lingua alor riversa
Che il sangue che de' corpi fuor riversa,
Ora il Danese Urnasso giù riversa:
Più de due miglia andò la nave inversa,
La feccia qua del mondo se roversa,
Se sforza entrar con sua gente perversa;
Ver Rodamonte la sua lancia abassa.
Verso di questo venne, e l'asta abassa;
Alessandro il superbo l'asta abassa,
Va su l'aviso e tien la spada bassa,
Ma Feraguto con la spada bassa
A braccia aperte il saracin se abassa,
Lo usato orgoglio ponto non abassa;
E 'l scudo al braccio nel suo loco abassa.
E il re chinò giù il viso a terra bassa;
Per lungo il fende a l'altra ponta bassa,
E mena del martello a l'asta bassa:
A lui ferisce ne la testa bassa,
Stassi piangendo e tien la testa bassa,
Non fu di quelle botte alcuna cassa,
Tal che col brando il scudo gli fracassa;
Ché senza lui serìa de vita cassa.
De ogni diletto e de allegrezza cassa,
Prende la sbarra e tutta la fraccassa.
Giongela a mezo e tutta la fraccassa.
E nervi e l'osso Fusberta fraccassa;
La piastra del braccial tutta fraccassa.
Ecco Ranaldo ariva, che fraccassa
Qual col destriero a terra se fraccassa.
La lancia a mezo l'asta se fraccassa,
Ciascun direbbe: "Il mondo se fraccassa.'
E la barbuta e l'elmo gli fraccassa.
Giunselo in capo e l'elmo gli fraccassa,
E la coperta a l'elmo li fraccassa,
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Destrieri insieme ed omini fraccassa.
E con ruina a terra lo fraccassa,
E di quello urto a terra lo fraccassa.
Lei gionse lui ne l'elmo e lo fraccassa,
Qual dà nel ponte, e sempre lo fraccassa.
E di novo Alessandro lo fraccassa.
Contro alla terra tutto lo fraccassa.
Gionge a l'arcion e tutto lo fraccassa.
Gionse nel scudo e tutto lo fraccassa,
E 'l copo col torchion tutto fraccassa.
Che ciascun ponga ogni sua noia in cassa,
Che avea rivolto al capo una gran fassa,
Rugier quivi Ricardo a terra lassa
Getta il bastone e 'l scudo in terra lassa,
E sempre seguo chi ventura lassa.
Passa volando e nostra vita lassa,
Alle sue spalle quella porta lassa,
Mai non se apiglia e dietro a sé le lassa,
Stringe a due mane e le redine lassa,
Mena a due mano e le redine lassa,
E con tanto furore andar se lassa,
Adosso de Ranaldo andar se lassa,
Lei se rivolta ed Aquilante lassa.
Ed a sé drieto Rodamonte lassa.
Ad ambe mano un gran colpo gli lassa;
O mename con seco, o quel mi lassa,
E sopra di Morbeco andar si lassa,
Dentro vi salta e al fondo andar si lassa;
Fugge il diletto e quel piacer si lassa.
La dama non ne cura e in terra il lassa,
Percotendolo a terra, e quivi il lassa;
Sotto il suo tronco a l'ombra morto il lassa,
Ma per questo la fiera già nol lassa.
E il conte apresso, che giammai nol lassa.
Ed Atalante, che giamai non lassa.
La doglia sempre dura e mai non lassa.
Ché la figura mai passar non lassa
Sopra a Sigieri un colpo orrendo lassa,
Né piastra integra al forte usbergo lassa:
Che io so che dove giongie, il segno lassa.
Al fin delle parole un colpo lassa
Quell'altro del bastone un colpo lassa,
Ne l'elmo a Pinadoro un colpo lassa,
E Brandimarte in su quel prato lassa.
Via va correndo e Marbalusto lassa;
Ispezza il scudo e per la spalla passa,
Ma ogni diletto è breve e via trapassa,
A cui senza diletto la trapassa;
Ché ogni altro morto sopra li trapassa.
E più Dario non stima ed oltra passa;
Ché l'altre tutte quante questa passa;
L'una armata con l'altra insieme passa.
Drieto a ponente, in ripa al fiume passa,
E per la selva sino al fiume passa.
Ogni armatura con le corne passa.
Né questa zuffa come l'altre passa;
Turbato oltra misura, il ponte passa
E sbergo e maglia e piastra tutte passa
Che a Martasino avanti e a gli altri passa.
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E ruinando via tra gli altri passa.
Il conte di Cremona avanti passa,
In mezo a le due dame avanti passa,
Onde lui caminando avanti passa,
E sempre dissipando avanti passa.
Ma, mentre che turbato avanti passa,
Sopra de Sisifalto avanti passa,
Dopo alle spalle con la lancia il passa;
Dietro alle spalle ben tre palmi il passa,
Come una pasta per traverso il passa,
E per la tomba caminando passa.
E per il ponte via fuggendo passa.
Per mezo il foco via correndo passa.
Sopra di quella Balisardo passa,
Qual con la lancia usbergo e scudo passa,
Ma poi che 'l verno viene e il tempo passa,
Ma il conte a suo mal grado dentro passa,
Il scudo aperse e il brando dentro passa:
Tutte le speza e dentro al petto passa.
E poscia da Bernica e da la Rassa
E ferro e foco nella fronte squassa,
Ché esso per sua pietà me l'ha concessa.
Ché essa non nôce a lui né lui ad essa,
Con gran pietade. Ahi fiera! il ver confessa,
E quella fede, che il mio cor confessa,
E fo servente del gran re de Fiessa,
Come a sua volontade ha bon fin messa;
E teco in un sepolcro serò messa.
Ch'io solva di Prasildo la promessa,
Che li sia attesa l'alta sua promessa;
Di richiedermi in don la tua promessa?
E da te voglio un dono in tua promessa. Così sempre rivolse ogni promessa. E` la battaglia de più colpi spessa,
L'anima non, che fo da Cristo espressa;
Poi me darò la morte per me stessa.
Son venuta a svegliarti per me stessa;
Come al vento si volge per se stessa,
Elegia il loco e il tempo per se stessa.
Che, per farme morir, morta hai te stessa.
Ciascuno è ben gagliardo e dura ha l'ossa.
E ben gli fe' doler le polpe e l'ossa;
Che avea fiaccati i nervi e peste l'ossa.
La carne devorò con tutte l'ossa.
E fuor discese il colpo ne la cossa,
D'un gran riverso gli tira alla cossa.
E feceli gran piaga entro una cossa.
E proprio nella vista l'ha percossa;
Con dardi e sassi, e tanta n'ha percossa,
Fu con tanta ruina la percossa,
De intorno ben se odette la percossa,
E poco fece il ferro alla percossa,
Che avria gettato un muro alla percossa.
Abenché se stordì della percossa,
Che a terra lo fe'andar quella percossa.
Anci, adirato per quella percossa,
Alor che ebbe Ranaldo la percossa,
Ma quel non teme ponto la percossa,
Che li avea data la prima percossa,
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Ché l'avea rotta alla prima percossa,
Ma ben vi dico che de una percossa
Ed a traverso al naso una percossa;
A lei se afronta e dàgli alta percossa.
Non teme taglio, o ponta, né percossa.
Che non gli nôce taglio né percossa;
E cade in terra con grave percossa.
Ma cadde al prato con grave percossa.
E cadde al prato con grave percossa.
Ben atto a sostenire ogni percossa,
E l'uno a l'altro urtò con tal percossa,
Benché sentisse al capo gran percossa.
A benché de più dardi fu percossa,
Ultimamente pone alla riscossa
Ma Rugier gionse anch'esso alla riscossa.
Che stava apparecchiato alla riscossa,
Vien con gran furia ad averla riscossa;
Quante puon farsi ad aver la riscossa;
E non avendo ancor l'alma riscossa,
Perch'era cieco non vidde la fossa,
Che vien da' merli il sangue nella fossa.
Gettar se 'l crede de urto nella fossa,
Le gambe gettƒr seco in quella fossa:
Fo fatto per incanto in quella fossa
Ch'era stato gran pezzo in molta angossa
Roppe sua lancia, e lei già non ha mossa;
E la fiera orgogliosa, ad ira mossa,
Questa bestia feroce ora se è mossa,
Non ha piegata Marfisa, né mossa.
Già Bradamante alquanto era rimossa
E meza la India ha ne l'arme commossa;
Non fo Marfisa per quel colpo mossa,
Tutta è la gente contra de lor mossa.
Di lui più mai non si parlò da possa.
Il cane ardito, quando non ha possa.
Né de arestarla alcun par che abbia possa;
Ma il giovanetto, che ha soperchia possa,
Né posson contrastare a tanta possa;
Ma il giovanetto, che avea tanta possa,
(Balorza ha nome quel c'ha tanta possa);
Giamai non fu pagan di tanta possa.
Ranaldo lo ferì con tanta possa,
Orlando ferì lui con tanta possa,
Fermosse il saracin con tanta possa,
Ne l'ungie e dente avea cotanta possa,
Quei dui baron, che avean cotanta possa,
Feritte il saracin di tutta possa,
Ferisce a Martasin di tutta possa;
E vôl mostrare a un punto la sua possa:
E trasse quella di tutta sua possa,
A due man mena con tutta sua possa.
Che suo ardir non gli valse né sua possa,
Ma sempre al conte cresce ardire e possa,
- Su, presto, a li altri! che partir me possa.
Che a questo colpo contrastar mi possa.»
Io non ho prova che chiarir vi possa,
Superbo, bestiale e di gran possa;
Con le zampe adongiate e di gran possa;
Terribile e crudel e di gran possa;
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131
Cavalliero, o gigante di gran possa,
Stracciollo in pezzi e trassel dentro, possa
E gli occhi accesi de una luce rossa,
Che quasi un palmo avea la bocca grossa.
Ruppe le piastre, usbergo e maglia grossa,
Piastra non lo diffese o maglia grossa,
Or si comincia la battaglia grossa.
Con una lancia a meraviglia grossa
Sì come altri estimar puote alla grossa;
Dice Turpin che ciascuna era grossa,
Erano entrati nella schiera grossa,
Perché de un gran palmo egli era grossa.
Che avea due dita e più la piastra grossa;
Né lo ritenne nerbo o piastra grossa,
Correndo viene Oger con l'asta grossa,
Sei braccia lunga ed a bastanza grossa;
Ciascuna lancia a meraviglia è grossa,
Chinosse e prese una gran pietra e grossa:
Tanto era aspra e callosa e dura e grossa.
Tanto la pelle avea callosa e grossa
Con una lanza smisurata e grossa.
Con quella lancia sì nerbuta e grossa
Con una lancia noderuta e grossa
Ma ben vorebbe aver la pelle grossa
Che avia ogni gamba più d'un trave grossa;
A l'un e l'altro l'animo s'ingrossa.
La gente a le sue spalle ognior se ingrossa.
A poco a poco l'ira più se ingrossa,
A l'altro ormai la lena e il fiato ingrossa;
E non è maglia e piastra tanto grossa,
E la pelle sì dura e tanto grossa,
Quella pelle del drago è tanto grossa,
Che son tre schiere, ciascuna più grossa.
Come colei che a frascheggiare era usa,
Quel fallo onde se stesso l'omo accusa;
Chi non sta al paragon, se stesso accusa:
Alcun di noi servirti non recusa. Io me ne vado; or chi farà mia scusa,
Ciascun se stesso; ed io faccio la scusa,
Che al suo fallire aritrovò la scusa.
Non è quel male, ed è degno di scusa. Se inamorato sei, non far più scusa:
Ma Fiordelisa, tra gli incanti adusa,
E sol per Povertà viense a Medusa.
Di Vita e Morte la porta non se usa,
Zoiosa danza, che di qua non se usa:
A tuor l'altrui, sì come al mondo se usa;
Or foss'io adesso il figliol de Lanfusa,
Però che quella molto era confusa
Né se potea tener la bocca chiusa.
La porta alle sue spalle era già chiusa,
Perché in petto villano amor non usa;
Marfisa di tal arme era adobbata,
Che avea da capo una palla impiombata;
Che li dicesse perché era turbata
Da l'altra parte è Marfisa turbata
Onde la corte fo tutta turbata:
Tra lor fu la battaglia disturbata,
Che già con Brandimarte era attaccata.
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E gente morta vi pende apiccata;
Orlando via cavalca alla spiccata;
Né parve aponto che fosse toccata:
Poi si vedea lei tanto accecata
Ché una radice avea seco recata,
Merlin fu quel che l'ebbe edificata,
La fonte avea qua presso edificata,
Ché vi era ogni vivanda delicata.
Albarosa la dama delicata,
Dove stava la dama delicata;
Più presto ne la dama delicata;
Ma di perder la dama delicata
A chi la gusta l'acqua delicata;
Adorna molto, ricca e delicata,
Che era assai più gentile e delicata:
Ma ciascadun di smalto è fabricata.
Che la figura ad arte fabricata
D'alta ricchezza e pregio fabricata.
Tutta era per incanto fabricata;
Direti che l'aveti smenticata
Ma poi che tutto il giorno ha cavalcata,
Il sangue ha perso, e la lena è mancata,
Spezzato ha il scudo e la spata troncata,
E l'una e l'altra spalla ebbe troncata.
Quando Marfisa vide che troncata
Sol per saper, quella anima affocata,
Poi che la bestia al tutto è suffocata,
Verso una ripa a pietre dirocata,
Alti li rami son quasi un'arcata;
Sotto acqua via ne andò più d'una arcata,
E già presso li sono ad una arcata.
Che varcò Fiordespina de una arcata.
Longi al primo castel forse una arcata
Non vede il sol che ha la terra cercata.
Tutta la terra cerco, ed ho cercata,
Una parte del muro è qui cascata:
Sia stato la cagion di tal cascata.
Da Rugier paladino era guidata.
Fu incontinente la piaga saldata,
Via volentieri ne serebbe andata;
A casa del barone essa ne è andata,
E veramente morte se avrian data
Stima il baron che Dio l'abbia mandata.
Ed a cui la ventura sia mandata
Ché candida dal celo era mandata;
Se non che messagiera io son mandata,
Che mai saetta de arco fu mandata
Né mai saetta de arco fu mandata,
La selva tutto intorno è circondata,
Sopra de un ponte una torre è fondata:
Di là dal ponte è la torre fondata
Quale averia la terra profondata;
Ciascaduna virtù che sia lodata
Né l'opra più de amore anco è lodata,
Che sopra a tutti e brandi vien lodata.
E la battaglia avea tutta guardata,
Ogni frontiera sia chiusa e guardata. Che viene al mondo tanto racordata,
- Beati fior, - dicendo - erba beata,
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O da lui nacque, o fo da lui creata.
Nel mezo a ricco seggio era la fata,
Come molti altri, al Fonte de la Fata;
Se Febosilla, quella bella fata,
Ma torno prima a quella della fata;
Quale era gionto al fiume della fata,
Ove rinchiuse dentro ha quella fata
Questa era Febosilla, quella fata
Dal rio voler ritrasse quella fata,
E però il conte scongiurò la fata
A cui non prende quella bona fata,
Perché pregione è fatto de una fata.
Ma la persona avea tutta piagata
Qual via lo portarebbe alla spiegata
Qual via gli portò in Cipri alla spiegata,
Sempre ha seguito Orlando alla spiegata;
E per menarle meglio alla spiegata
Ogni bandiera, che è ad alto spiegata;
Che la sua Fiordelisa avea legata,
E dove la iumenta avia legata,
Ma là dove la dama era legata;
E la dama che al scoglio era legata,
Con la qual quivi al sasso era legata;
La damisella a quel stava legata.
Ella di stroppe alla quercia è legata,
Menami teco, come io son, legata,
Sì come prima a quel tronco legata.
E lui lì presso la lasciò legata,
Lascia la dama al cipresso legata.
Quanto giamai potesse esser pregata,
Cinquanta millia de bella brigata.
Per Dio, tornate a me, bella brigata,
Dodeci millia di bella brigata
E tutta salvarò quella brigata.
Ora ascoltati de l'altra brigata,
Che se ne vien con l'ardita brigata,
E dentro ha con lei molta brigata.
Ed io con esso, con molta brigata;
Adosso ad Agricane e sua brigata,
E mentre che Agramante e sua brigata
Venne di dame una nova brigata:
Che insieme era venuto di brigata,
Più dame e cavallieri ha ogni brigata,
Or viene a furia giù la gran brigata,
Quivi n'avea il vecchio gran brigata,
Brandimarte e sua dama e più brigata
La veste lunga e d'ôr tutta vergata;
Fin che la terra ho tutta subiugata;
Una dama feroce, arabiata,
Dicea il franco Grifon: - Cagna rabbiata,
Sì come l'ebbe alla bocca baciata,
Io, che con lui insieme fui cacciata,
Ed a sé stretta la tiene abracciata.
Standosi al collo a quel conte abracciata,
Dietro alle spalle, e la testa ha abbracciata.
La sopravesta il conte avea stracciata,
Ma quanta maglia prese, ebbe stracciata,
Tenea sovente la dama aticciata;
Or da traverso mena una lanciata.
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Partitte al fin la zuffa cominciata.
E lascia la battaglia cominciata,
E dirò la battaglia cominciata
Voglio che questa guerra cominciata
E la battaglia, ch'ora è cominciata,
Nova battaglia qui se è cominciata,
E sì crudel battaglia han cominciata,
E qui fo la battaglia incominciata;
Or se è la gran battaglia incominciata.
Una gran guerra aveva incominciata
Che fu tra' duo baroni incominciata;
E di Gradasso porta l'ambasciata.
E fece a Trufaldin quella ambasciata.
A lui riportarò vostra ambasciata.
Ché solo è nera e di bianco fasciata.
Ranaldo la sua schiera avea lasciata
Ché Durindana in terra avea lasciata;
Vostra amistate non fia mai lasciata,
Fuggì nel fondo, poi che fu lasciata;
Con guerra nella rocca assediata:
Come vedi, m'ha quivi assediata,
Ebber Misina intorno assediata.
Per farli un grande onore a quella fiata;
Perché era d'ira pieno a quella fiata,
Quanto è la moglie fiera in quella fiata
Fuggir, sì come fece in quella fiata
Che in sé raccolse Orlando in quella fiata.
Ben se ƒgura Baiardo in quella fiata,
Non fo vista da alcuno in quella fiata,
Che non vi era vantaggio quella fiata.
Né vi fo alcun vantaggio quella fiata.
Pur se piegarno al mar l'ultima fiata,
Basandoli la bocca alcuna fiata,
Come va il mergo e l'oca alcuna fiata.
Che ardisca uscir di quella alcuna fiata.
Squartansi vivi ancora alcuna fiata,
Andava alla ventura alcuna fiata,
Né mai chiesen ripossa alcuna fiata,
Pur se ritrova aperta alcuna fiata,
Che più non ne fu insieme alcuna fiata.
Che non volea il patrone alcuna fiata.
Le membra ancora vive alcuna fiata.
Promettendo e negando alcuna fiata,
Andava il cavalliero alcuna fiata
Non serìa sostenuto alcuna fiata,
E giuro a Dio, se solo una fiata
Il tempo viene a noi solo una fiata,
Non perse il tempo, come a l'altra fiata;
Cadde il gigante in terra un'altra fiata.
Orlando ed Agricane un'altra fiata
Ch'io l'aggio detto e dico un'altra fiata:
Or va, che se tu campi a questa fiata
Quanta invidia vi porto a questa fiata!
Ma più non ne vo' dire in questa fiata,
Angelica non mosse in questa fiata:
Che non puoté schiffarsi in questa fiata,
Ma or ti prego che per questa fiata
Dormia il barone a l'erba tutta fiata.
E mena della spada tutta fiata;
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Che la morte li minaccia tutta fiata;
E dura la battaglia tutta fiata.
Parlava la donzella tutta fiata,
Quel demonio li parla tutta fiata
Ma usava con lei morta tutta fiata.
Pur che tu me prometta tutta fiata,
Con Marfisa alle spalle tutta fiata;
Intorno lo combatte tutta fiata;
Non dico che sian tanti tutta fiata;
Ad essa proferendo tutta fiata
Il conte va correndo tutta fiata,
Ranaldo, combattendo tutta fiata
Lo tenia stretto in braccio tutta fiata;
Verso la rocca vanno tutta fiata,
Gran puza mena il corpo tutta fiata;
Intorno li è Gradasso tutta fiata,
Ed io ben son contento tutta fiata
Battaglia è ancora di fuor tutta fiata,
Ma, suonando da poi la terza fiata,
Benché sia forte la dama pregiata,
Ne vanno adosso alla dama pregiata,
De ogni virtute al mondo apregiata.
Né se ricorda de l'asta pregiata,
Quest'altra esser gran dama e pregiata,
Ma non aveva Fusberta assaggiata,
Che al tronco del gran pin stava apoggiata.
Quella de lo Argalia vidde appoggiata.
Col cor tremante e con vista cangiata,
Le mani e il petto di sangue macchiata.
Avanti avea la mensa apparecchiata
Una galea dapoi fu apparecchiata
Avanti a lui si stava ingenocchiata
Al fin delle parole ingenocchiata
E ciascuna fu presto ingenocchiata,
Dal lato destro, e tutta l'ha tagliata,
Tanto è quivi de' morti la tagliata,
Seicento braccia la ripa tagliata.
Con tal parole a lettre era tagliata:
Ché quella cadde alla terra tagliata.
Scorse nel sasso la porta tagliata,
E ben gli avrebbe la testa tagliata:
Li fo a traverso la panza tagliata;
E nella cossa fa grande tagliata.
Come Baiardo proprio era intagliata.
Là dove vedi la pietra intagliata,
Era di marmo una porta intagliata.
Veder la rocca de intorno tagliata,
Però che essa al mattino era svegliata;
Che porta una donzella scapigliata,
Menando una donzella scapigliata;
Con quella dama in groppa scapigliata;
Stava una dama ignuda e scapigliata,
Che avea dietro una dama iscapigliata.
Ripone il brando e una lancia ha pigliata,
E ciascadun ha sua strata pigliata.
De non lasciar la fede che hai pigliata.
La forte rocca alfin pur fo pigliata;
Onde la dama che entro era spogliata,
La pelle ha verde e gialla e variata
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Di smalto in lama d'oro istoriata;
Poi l'ebbe a suo piacer licenziata.
Che erano apprese de l'acqua gelata;
Il fiume oltra quel campo se dilata
Che egli ebbe in mano la spada affilata,
Ritorna adietro per una vallata,
Senza cagione alcuna è ribellata,
E- la battaglia in sé ramescolata,
Tutta la zuffa è in sé ramescolata;
E uno alto pan di cera impegolata:
Piangendo respondia la sconsolata:
Gettasi al letto quella sconsolata,
Poscia che vidde la disconsolata
Chiedendo morte la disconsolata.
Tutta la corte ne è disconsolata,
In groppa gli montò disconsolata,
Tu concedesti a lui la donna amata,
Ché più che 'l proprio cor l'aveva amata.
Che già lunga stagion m'aveva amata
Nel mezo a sopraposte è ricamata;
Come già dimostrasti averme amata,
Quel cavalliero e la giovene amata.
Da Rodamonte più che il core amata.
Questa rocca Altaripa era chiamata,
Se alcuna cosa hai mai nel mondo amata,
Ove una dama avea gran tempo amata;
Che amava tanto, ed era tanto amata.
Che fu da Brandimarte tanto amata.
A che da voi Fortuna è biastemata,
Adosso l'uno e l'altro inanimata,
Che soprana da lei fu già stimata;
Che prima fu da lei tanto stimata,
La faccia avea ciascun tanto infiammata,
Son sua sorella, Angelica nomata.
Né che tanto crudel l'abbia nomata;
E salta in sella e via cavalca armata;
Cotal divisa avea tutta la armata,
Non fo di questa la più bella armata,
E ch'egli aveva una sua fusta armata
Però che sempre se trovava armata.
Tutta la gente se vedeva armata;
(Alzirdo ha nome, e la sua schiera è armata
Che e Greci con potente e grande armata
Ove trovò gran gente insieme armata.
Ché là giù vedo quella gente armata,
Sfavilla tutto il mondo a gente armata;
Presto se volta e vede gente armata,
E però voglio che con gente armata
Di tal semente nascer gente armata,
Che ben cinque anni sempre stette armata
Così come era del suo sbergo armata,
Questa era la reale e meglio armata,
Ché a ferire una dama disarmata
Quasi smarita alquanto se è firmata.
Perché Origilla, sua dama, infirmata
Marchin la bella Stella ebbe scanata.
Che non vi salirebbe anima nata,
Ma dentro non appare anima nata,
Questa era Doralice de Granata,
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E che pur mo tornava di Granata,
La dama è Doralice di Granata.
Arse e disfece il regno di Granata;
Fingendo che Polindo l'ha menata
Contra a ragione a tal modo menata;
E vede ben che la bocca ha sfrenata;
E già li pare averla guadagnata;
Aver la bella dama guadagnata.
Angelica, di dame accompagnata,
Era da un sol sergente accompagnata.
Era di giorno, e lei accompagnata.
Che spesso me appellava per cognata.
Col scudo in braccio e la maza impugnata;
E non vorrebbe al mondo esser mai nata,
E la battaglia come era ordinata.
Così come era la cosa ordinata;
Per una giostra che aveva ordinata
Ed è la cosa sì disordinata,
E già bon pezzo essendo caminata,
Tra il general consiglio essaminata;
Quella fiumana Drada è nominata,
Dove nascemmo Batria è nominata.
Marfisa la donzella è nominata,
Tal spata Durindana è nominata
Qual la tenea gradita e nominata
E alla tua stirpe al mondo nominata;
Angelica nel mondo nominata;
Quella prodezza tanto nominata,
Come sia quella zuffa aterminata?
Ma non essendo l'ora terminata
Fu statuita al fine e terminata,
Volendo aprir la guerra sterminata.
La più fiera battaglia e sterminata,
Una grossa asta e troppo sterminata
Questa battaglia tanto sterminata
Se non che è dal carbone aluminata,
Oh Dio! che al mondo mai non fossi nata,
Avendo già sua morte destinata,
"Ahi lassa me! - dicea - perché fui nata?
Avea quel re la spada insanguinata,
Avea la barba sempre insanguinata,
E se nascose, l'anima dannata.
E Marbalusto, la anima dannata,
Che ne lo inferno ogni anima dannata
Essa, che più del conte era affannata,
Così rispose con voce affannata:
Che dalla sua stessa arte era ingannata,
Che drittamente è quivi condennata.
Ché il re Marsilio a lui l'avea donata;
Avea già Trufaldin prima donata
La qual fuggiva a briglia abandonata,
E dàn tra' nostri a briglia abandonata;
Venian ferendo a briglia abandonata.
Meschina me! meschina! abandonata!
Onde sua gente, che era abandonata,
Che per altrui sé vede abandonata.
La real sala in tutto è abandonata,
Che fu da lui nel bosco abandonata.
- Tapina me, ch'io sono abandonata! -
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Però che era in quel tempo abandonata
Non ho la ripa troppo abandonata;
Così non fosti mai nel mondo nata,
Doveva al vincitore esser donata.
Egli ha per te sua vita impregionata,
Fo' io piacevolmente impregionata,
Vestita a bianco e d'oro incoronata,
E questo è quanto alla prima sonata.
Per donar fine alla terza suonata,
E d'ôr sì riccamente era adornata,
Che combattuto ha tutta la giornata
Quel fier pagan, che tutta la giornata
E tanta fretta avea quella giornata,
Giongendo in Ongheria quella giornata,
Essendo gionti qua quella giornata,
Dicendo a lor: - Questa è quella giornata
Come io vi racontai quella giornata
Per seguire Agrican quella giornata;
Con Fiordelisa, a mezo la giornata
Sopra de un monte ariva una giornata:
Forte cavalca ciascuna giornata,
Indi partirsi; perché una giornata
Che era davanti bene una giornata,
Longe a Montefalcone una giornata.
Ma non posso indugiare una giornata
Che ogni atimo mi pare una giornata
Che longe è dal Cataio una giornata;
Senza aver de diletto una giornata,
Ne la crudele e misera giornata
Se tornarete a questa altra giornata,
E cadde morto alla sesta giornata.
E disse: - Cavallier, questa giornata
Or sia fornita per questa giornata.
E non aspetta luce né giornata,
Se giamai fusse Angelica tornata.
Ma così aspetti la sua ritornata,
La pietra tutta insieme è ritornata,
Tanto è la gente stretta ed adunata,
Perché era quivi la gente adunata,
E tanta gente avea seco adunata,
Qui l'una e l'altra gente è radunata:
Avea il baron la testa dissipata
Poi che fu Troia tutta dissipata,
Ché già tutta la terra è dissipata,
Vide la gente morta e dissipata,
Come tra gente rotta e dissipata,
Serà di Carlo rotta e dissipata,
Cotanta gente intorno era acampata.
Gli ha questa volta la vita campata.
Tu m'hai la vita al presente campata:
Cotanta gente fia per voi campata,
Con la mano alta tira una ciampata.
Con gli occhi ardenti e con vista avampata.
Di lacci ad ogni palmo ragroppata,
La battaglia era tutta inviluppata:
Da trenta passi, o quasi, diruppata,
E già dal fianco avea tratta la spata
Priva è del scuto e priva de la spata.
L'arme di Ettorre, e mancavi la spata.
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139
Or se conviene agiongervi la spata,
Che al suo Rugier ferisce della spata:
Ma mena pur gran colpi della spata;
Non è riparo alcuno a quella spata;
Lui ne va via col corno e con la spata.
Ben la assagiò Ranaldo con la spata,
Ma lui riscontra al colpo con la spata,
Per sua ventura se voltò la spata;
Ciascun con furia trasse for la spata,
E con incanti fabrica una spata
Tutta l'Arabia per forza de spata.
Ma la sua coda taglia come spata,
Ciascuno corno taglia come spata;
Ponta di lancia ni taglio di spata;
Lascia a due mano un gran colpo di spata.
Che l'avea da quel canto dirupata,
L'una da l'altra alquanto separata.
Dentro alla zambra ricca ed apparata:
Intro una ricca zambra ed apparata,
Ove gran gente in prima era assembrata.
Dal loco aperto la teneano ombrata;
Fu sua persona tutta lacerata:
E l'orribil cagione e scelerata
Il qual diede la coppa temperata,
Gli possa essere in viso improperata;
Che fan color, crudele e disperata?
Sopra Ranaldo, come disperata;
Ché ad ogni modo io son vituperata),
Ma non fu da alcun ponto innaverata;
Ora era carca tanto quella grata,
Sol di verso il castello era una grata,
Onde io ti prego, se hai mia vita grata,
Io non posso mostrarti mente grata,
Né se debbe stimar né aver sì grata,
Ma ancor col tempo te serò ben grata.
Tra sé dicendo: «O Bradamante ingrata,
Né cosa al mondo avea più cara o grata,
Ebbe la lor venuta molto grata,
Or par di foco la bestia adirata,
Ferì con tal superbia la adirata,
Giunse alla zuffa la dama adirata:
Ad ambe man, sì come era adirata,
Ranaldo, che ha la mente anco adirata,
Ogni om per meraviglia l'ha mirata,
Iroldo, poi che assai l'ebbe mirata,
La più terribil mai non fo mirata:
Che il capo, il collo, il petto e la corata
E il ricco arnese e la lancia dorata;
Ma sopra a tutto una lancia dorata,
Tutto è coperto di scaglia dorata,
Fu questa cosa sì ben colorata
A dar ristoro a l'alma adolorata.
Or s'egli aveva l'alma adolorata
E con mente stordita e adolorata
Torna la mente incesa e inamorata.
Quella del giovanetto è inamorata,
Lodar suoleva essendo inamorata,
Né più niente se fu dimorata,
Poi che quella arte degna ed onorata
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140
Vide una istoria in quella lavorata
E la coperta tutta lavorata;
Era la fonte tutta lavorata
Con succi de erbe ed acqua lavorata.
Questa fontana tutta è lavorata
E riccamente d'oro è lavorata.
Ciascuna riccamente lavorata.
In questa terra per te lavorata,
Tutta di smalto intorno lavorata;
Presto dismonta e passa la ferrata,
Prese Baiardo alla sella ferrata,
Come io ve ho detto, per quella ferrata.
Né il grosso usbergo né piastra ferrata
Incontinente la porta ferrata,
Ciascuna piccoletta e ben ferrata.
Venne alla porta, e quella era serrata,
Ma quella piazza intorno era serrata
La vecchia nel palazo era serrata,
Col ponte alciato e la porta serrata;
Sente il Danese la porta serrata:
Come qui gionge, la porta è serrata,
Che in una schiera vien stretta e serrata.
Il più del tempo si vede serrata:
Come fusse alla ciambra ben serrata.
E tutta insieme stretta e ben serrata;
Era la piazza e d'intorno serrata;
Il re la zambra avea dentro serrata:
Non se trovava in quel ponto serrata,
E dove nacque se era sotterrata,
Direti adunque come sotterrata
La bella dama poi fu sotterrata
E caminando gionsero all'entrata,
Perché la Pagania non vi sia entrata,
Tutta de calamita era la entrata,
Sappi che quivi facile è la entrata,
Come veder potesti in su la entrata. E fattosegli incontro in su la entrata,
Come fu gionto nella prima entrata,
Che del crudel castello era l'intrata:
Ma non san come far quivi l'intrata,
Vien prestamente e gionse su l'intrata;
E ne la Circasia fece la intrata.
Da cento passi vicino alla intrata
Non avea posto il piede su la intrata
E gionse a quella tana in su la intrata,
Ha sette cinte e sempre nova intrata
Ma lui dimandarà de la contrata
Non sai la istoria di questa contrata,
Come io ve dissi, per quella incontrata,
A l'altro giovanetto ène incontrata,
Ed ha quest'altra schiera riscontrata
E rimase stordito ne la strata.
Ed ecco scontra a mezo della strata
Ecco Agricane in mezo della strata,
Che vien correndo a lor per quella strata.
Che avean molti gambeli in su la strata:
Il re dato avia loco ad ogni strata,
Perché il modo e la via te fia mostrata
Ove il nano una torre ha dimostrata;
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141
Al modo sopradetto foi mostrata,
Alquanto nel parlar rasicurata,
Con quella lancia, e sempre era durata.
La zuffa per quel modo era durata,
Che al terzo giorno gli avesse durata,
Da fare a lungo assedio gran durata.
Che Fiordelisa sia la sciagurata,
Ché l'armatura se avrebbe augurata.
Essa da lui al fin fu scongiurata,
Vede una torre con lunga murata,
Sopra del fiume ariva la murata,
Che avea tra due castelle alta murata,
Forte è la terra, intorno ben murata;
Or comincia la zuffa smisurata,
Via se ne va la bestia smisurata,
Questa era una cavalla smisurata:
Molto cordoglio e pena smisurata
Nulla serebbe a l'ira smisurata
Dove era un'alta pietra smisurata;
Ma lui, che avea possanza smisurata,
Che ben sapea sua forza smisurata,
Benché veggia sua forza smisurata,
Che avean possanza e forza smisurata,
Ma legerezza e forza smisurata.
Ma troppo è sua grossezza smisurata.
Serà crudele e lunga e smisurata.
Levò gran crido e voce smisurata;
Odirno una alta voce e smisurata.
Dentro a una selva grande e smisurata;
Poi che la usanza cruda, ismisurata,
Di quella cortesia dismisurata.
Pena e fatica troppo smisurata,
Grande ha la voce e troppo smisurata,
De osso e de nerbo, troppo smisurata;
Che uscirà cosa tanto aventurata,
Piangendo bagna quella sventurata.
Quivi era presa quella sventurata,
Alor se avide quella sventurata
Lasciamo il dir di quella sventurata,
- Misera me! tapina! isventurata!
Come piacque a mia sorte isventurata;
E dapoi che ebbe la dama avisata,
E fra se stessa, andando, èssi apensata
A quel gigante, fuor d'ogni pensata,
E, l'acqua tanto chiara e riposata,
Allor di maggio, alla pasqua rosata.
Prima fia ciò che una ora sia passata;
Né sa come la cosa sia passata.
Alla presente etade e alla passata,
Una ora ben compita era passata,
Bona parte di notte era passata,
Fusse senza indugiar di qua passata,
La schiera ha tutta aperta ove è passata,
Come alla torre fo dentro passata,
Qual gli ha Ranaldo sì gran tempo usata,
Posevi dentro quella erba fatata
Bene avea il conte sua spata fatata
E poi, bevendo quell'acqua fatata,
Di voler gire a quella acqua fatata
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142
Che tagliar possa ogni cosa affatata.
Suave guardatura ed affatata,
Vedi mia gente tutta sbaratata
In mezo della gente sbaratata.
Veduta ebbe sua gente sbaratata,
Vede Agrican sua gente sbaratata,
Rivolto a quella vechia dispietata,
E racontai l'istoria dispietata.
- Fo sempre sì crudele e dispietata,
Qua se radoppia, e tanto dispietata
Ed io fui sempre a te tanto spietata;
E, poi che la battaglia è raquietata,
Che tra lor fu la zuffa raquetata;
E così lamentando ebbe voltata
Ma, avendo esso la faccia a lei voltata,
La chioma bionda al capo rivoltata,
Non ha la terra, che è dal mar voltata;
Cadde alla terra la bestia incantata,
Già non avea Merlin questa incantata;
Quando non beva de l'acqua incantata;
Sopra del lago a quella acqua incantata,
Ed ogni piastra ancora ebbe incantata.
Che, se non fosse le piastre incantata,
Era una pietra in quel campo piantata,
Perché, essendo Morgana adormentata
Veggendo che non era adormentata.
Cade Tisbina, e pare adormentata;
La qual rimase tutta spaventata,
La dama andava alquanto spaventata,
Della battaglia ch'io ve ho racontata,
E questa istoria, quale io v'ho contata,
Se quella gente, quale io v'ho contata
Che simigliante mai non fu contata.
La dama, che col conte era smontata,
Marfisa vi lasciai, ch'era affrontata
Perché al suo dio Macon se era avotata
Benché Ranaldo l'abbia confortata.
La lima che la dama avea portata;
Angelica dal vento è via portata,
Fo giù la barca dal fiume portata,
Che questo messagier gli ha riportata,
De crido in crido al fin fu riportata
Qual sempre da' suoi antiqui fu portata.
Lasciò la dama che avea giù portata,
Baiardo non curò di quella urtata.
Porta non vi è, né segno ove sia stata.
Lei tutta la narrò, come era stata,
Contra a Cardone ha la lancia arestata:
Io dico Falerina, ivi è restata,
Lo ferì al fianco con lancia arrestata;
In cento e sei battaglie era lei stata
Il padre de Giasarte avea acquistata
Che altrui non abbia la donna acquistata,
Quella unda maledetta avean gustata;
La gente saracina ha sbarattata,
Veggendo quella gente sbarattata,
E vede la sua gente sbarattata;
Or questa è quella che ho sempre espettata
Ed era in bianca cerva tramutata,
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La serpe, a poco a poco tramutata,
La lieta insegna allor fu tramutata:
E parea dire: "O dolce figliol, guata
Ma batte i denti, e quello e questo guata;
Ma poi che la chiara alba era levata,
La polvere tanto alto era levata,
Già Bradamante se era rilevata,
Ché ben parea del celo esser levata.
Della gente che in Spagna era arivata,
Ché ogni persona che è quivi arivata,
Se veggia in mezo a duo cervi arivata,
Questa donzella che è quivi arrivata,
E come quello che l'avea provata,
Ché mai tal botta non ha lui provata.
Ove la dama prima avea trovata,
Vinta che sia la gente baptizata,
Morta è tutta la gente baptizata.
Tutte fian peste sol de una guanzata.
Non andò a terra per quella mazzata.
Ché la sua nel cadere era spezzata.
Gradasso con la man l'ebbe spezzata;
Una corona in tre parte spezzata;
Che alla donna che chiede, esser sprezzata.
Ché, se molta ventura non l'aita,
Chi va per essa, a caminar s'aita,
Tutti venian cridando: - Aita! aita! Se sua persona non li porge aita.
Alor cantando il rosignol se aita
E de alongarsi presto ben se aita,
Dicendo: «Agli animosi il celo aita.»
Che ciascuno altro volentier lo aita.
Ed avia tratta la spada forbita;
Ché forte mai non mena quel che dubita:
La dama se voltò turbata e subita.
Vi more errando e non trova la uscita.
E sol da questa è la intrata e la uscita,
Pone giù l'oro e ritorna alla uscita;
Avea portata già sino alla uscita;
Perché una dama de una grotta uscita,
Essendo alquanto de la selva uscita,
Non era ancor della citade uscita,
Era la serpe di quel buco uscita,
E, poi che fosse for del corpo uscita,
Per onorar quella festa gradita,
Poi che se vede, misera! tradita.
Con Brigliadoro a redina bandita;
Perché corte reale era bandita,
Ogni altra cosa ha del petto bandita,
Di questa cosa, ché l'avete odita.
Or nova cosa che averite odita!
Perché mai non se intese per odita,
E, secondo che intendo per odita,
Sopra a gli altri Marfisa, quella ardita,
E passò il scudo questa dama ardita,
Se ben l'accetta quella anima ardita;
Ferisce al conte quella anima ardita,
Ma passa dentro quella anima ardita,
E sopra a' Cristian se mostra ardita.
Provar la forza de Marfisa ardita.
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Per dar le paghe a sua brigata ardita;
Ché ogni persona che è d'intrare ardita,
Tu porti al ponte questa gente ardita. Più assai che prima mostrandosi ardita;
Né di tal forza, né cotanto ardita:
Ma ne la terza è lunga istoria ordita
Che de travi accialin tutta era ordita;
La bella istoria che ho gran tempo ordita:
Ma nostra gente quasi era stordita,
Ora Brunello avea la cosa udita,
Noi fuggivamo in rotta ed in sconfita:
La cosa seppe, sì come era gita;
A ritrovar sua grotta se n'è gita,
- Ahimè! - cridava - ahimè! mia vita è gita!
Or vede lui che sua vita ne è gita;
Dove è la gran battaglia se ne è gita;
Ed a l'alto cipresso se ne è gita;
A loro incontra sopra al ponte è gita,
Ella ne è dentro ad Albraca fuggita,
E ricordosse che l'avea fuggita,
Quinci andò al tronco, poi che era fuggita
In tanta tema, se ne era fuggita;
La gente saracina, che è fuggita
Angelica la bella gli è fuggita
Non merta la mia etade esser fuggita,
Prima che nel castel faccia salita.
E sol da un canto vi era la salita,
Con gran furor la dama hanno assalita.
Che è la sua sedia antiqua e stabilita,
Ed era estremamente indebilita,
Ma sopra a tutto Angelica polita
Ma tenne dietro ad essa alla polita.
E via poteva andare alla polita.
Lì dentro adesso è la dama polita,
Ma verso il fiume è la pietra polita,
La depintura è sì ricca e polita,
L'altra di bianco, candida e polita.
Sì vaga nello aspetto e sì polita,
Con una coppa lucida e pulita
Ma il conte Orlando l'altra avea gremita,
Che dietro a Daniforte invelenita
E prender vôl Morgana a la finita,
Or, mostrando cadere alla finita,
Delibra vendicarse alla finita:
Ad altri la concessi alla finita:
Ma non vi fu rimedio alla finita:
Ma pur volea pigliarlo alla finita.
E gionse nel giardino alla finita,
E poi che per incanto alla finita
E la faccia seconda era finita
Ad un sol colpo è sua guerra finita.
Lo vôl seguire a sua vita finita.
Voria che l'alma mia fosse finita;
Oh colpi orrendi! oh battaglia infinita!
Un cavallier di possanza infinita
De un grosso muro e de altezza infinita.
Preso di doglia cruda ed infinita:
Senza capo è la strata ed infinita,
Né la posson stimar, perché è infinita.
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Ed avea forza incredibile e infinita,
E la battaglia orribile e infinita.
Tanta era quivi la gente infinita,
Benché Agricane ha una gente infinita.
La prima è de India una gente infinita:
Era in Parigi una gente infinita.
Questa battaglia fo presto finita,
Veggendo la battaglia esser finita
Parendo a lei la cosa esser finita.
Ché volea sua ventura aver finita;
Ché l'arte tua malvaggia è pur finita:
Sopra un cor' buffalino era guarnita;
Ed è una rocca forte e ben guarnita,
Che per ben quindeci anni era fornita.
Un'altra fiata ad arme insieme unita;
Sotto a duo re sta questa gente unita:
Il mondo tutto, quanto è quivi unita;
E fu la voglia mia sì seco unita,
La forma umana si vedia rapita;
Prasildo un'alta rama ebbe rapita,
Tutta la istoria sua ve era compita,
Per saper questa cosa ben compita
Come io vi dissi, e l'alba era schiarita,
Ché tutta l'altra gente era smarita
E la donzella pallida e smarita
Che era incontrata, io me fossi smarita,
Sì che la voglio al tutto aver smarita,
Per questo Fiordelisa fu smarita,
E l'alba pur allora era apparita,
Il celo, a la bell'alba ora apparita,
Or la porta ove entrarno, era sparita,
Ma non se avide alor de la ferita,
Il vecchio poi, veggendo la ferita,
De amor avendo l'anima ferita,
A medicarse, perché era ferita.
Però che in molte parte era ferita,
Ché gli fece nel braccio aspra ferita.
Occise Astolfo al fin per tal ferita,
Benché non fece a quel colpo ferita;
Quando, dormendo ne l'erba fiorita,
Voltando gli occhi per l'erba fiorita
Dormia lì presso in su l'erba fiorita,
Da l'altra parte la faccia fiorita
E la rugiada per l'aria fiorita
Dentro alla terra, alla dama fiorita;
Nel dolce tempo di mia età fiorita
Vita tenea magnifica e fiorita,
Quando la terra più verde è fiorita,
E questa corte più che mai fiorita,
Gli occhi avea neri e faccia colorita.
Sì vivamente in viso colorita,
Così parlò la dama scolorita,
Poi che la pelle insieme ebbe cusita,
Ma in questo tempo se fu risentita
Cotal ruina mai non fu sentita;
Maggior sconfitta mai non fu sentita.
Che, de la sua figura sbigotita,
Credo che l'alma tutta sbigotita
Che venne prima in fuga e sbigotita.
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Tutta sua gente morta e sbigotita,
Tutta tremava smorta e sbigotita,
Vidde la dama trista e sbigotita,
Pallida in faccia venne e sbigotita,
Che Angelica rimase sbigotita,
Occisa fo la gente sbigotita:
Il conte, che ha la mente sbigotita,
Oh quanto fu sua mente sbigotita!
Mostrandosi ne gli atti sbigotita,
E grandemente se fu sbigotita,
Ma dietro in dece code era partita;
Ma la donzella, che indi era partita,
Ogni stella del celo era partita,
Pensa Ranaldo della sua partita;
Ogni piastra de usbergo ebbe partita,
Il re Gradasso ha sua gente partita
Non fu la zelosia giamai partita
De la guerra spietata è dipartita,
Come la vidde quindi dipartita;
Angelica, dapoi che fu partita
E fosse alcuna volta tramortita,
Che di color di terra era vestita,
L'una di quelle a bruno era vestita,
Tutta de bianco se mostra vestita,
E de' soi panni l'ebbe rivestita.
Chiamò la dama de bianco vestita,
Fugge la gente trista e sbigottita:
E Fiordelisa, quale era seguita
Quindeci giorni sempre era seguita,
Che la presa di Astolfo era seguita;
Con Carlo insieme ogniom l'ebbe seguita
Anci, quando io fuggessi, esser seguita. Perdere un giorno qui della mia vita,
Esso ce ha reso e l'onore e la vita.
Benché ancor lui quel dì lasciò la vita.
Che tanto ha travagliata la sua vita;
Per non tornarvi mai nella sua vita.
Ché se quel giovanetto aveva vita,
Ciascun che passa per la strada invita,
E Sacripante alla battaglia invita.
Gionse a quel fiume, e la sete la invita
A benché quel romito assai la invita
Questa ciascuno alla sua ripa invita,
Così lieta stagione ora me invita
Ciascun che ariva a ber del fiume invita.
Perché quel viso, che ad amare invita,
E sorridendo quei baroni invita
A ber del fiume ciascadun invita.
Lo oltraggio ismisurato ben lo invita
E già la dama al palafren lo invita,
E proferendo a dimandar lo invita
Tra' nivoli talor è la nave alta,
Sopra a ogni male e sopra a ogni difalta
E quelle pietre del suo sangue smalta.
Perché quella aspra ripa era molto alta,
- Chi ponto stecca al segno mal si salta.
Or questo vento ed or quell'altro salta,
Avendo ad ambe man sua spada còlta,
Mena a due mani e ne l'elmo l'ha còlta,
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Avea ciascun di lor tanta ira accolta,
E tanta voglia ha dentro al core accolta,
E proprio a mezo il muso l'ebbe còlta.
E da ogni parte è qui la gente còlta.
E dietro tanta vi ne era aricolta,
Ritrarsi alquanto e suonare a ricolta,
Quando l'armata è d'intorno aricolta,
Mezo somersa insieme era ricolta,
La folta grande è già tutta ricolta
Tutta sua compagnia stava ricolta,
Or la battaglia è ben stretta e ricolta,
Intorno al franco re tutta è ricolta;
Ma sempre mai non li andarà ben còlta:
E Brandimarte sempre mai l'ascolta.
E ponto non l'intende e non l'ascolta,
Ma nulla giova: il conte non l'ascolta.
Nulla gli val, Ranaldo non l'ascolta.
Ed è tanto crudel, che non m'ascolta.
La qual sempre cridava: - Ascolta! ascolta!
Poi che quella crudel più non me ascolta,
La profezia di quel vecchione ascolta.
Odi, fallace, e il mio parlare ascolta:
Franco barone, e il mio parlare ascolta,
Ma così andando un gran romore ascolta.
Ché 'l ladro passa e crida al conte: - Ascolta,
Ma lui non li essaudisce e non li ascolta,
Ciascun, dintorno remirando, ascolta
E il tristo villanel che quello ascolta,
Il conte de niente non lo ascolta,
Nulla risponde, ed anco non lo ascolta;
Ciascun di quei baron che Carlo ascolta,
O ver nel fumo, o nella nebbia folta,
De la sua gente ognior cresce la folta,
Facendo col destriero aprir la folta,
Ed entrò dentro de la selva folta;
Erano entrati alla gran selva folta
Lo abito strano e la gran barba e folta
Tanto nel campo vien la gente folta.
Pur la gente minuta e la gran folta
Intrarno furiosi alla gran folta,
Ché adosso gli passò quella gran folta,
Ecco davanti vidde una gran folta,
Dardi e saette cadeno a gran folta,
Come ne l'alpe, alla selva men folta,
La gente, che era in prima intorno folta,
Gli mena un pugno alla sinestra golta.
E per fingerti a me più grata e sciolta,
Caccia costor tal fiata alla disciolta,
E per un pezzo fugge alla disciolta,
Mentre a quel colpo è la dama disciolta,
Con parlare alto e con voce disciolta
Grosso di pioggia e di neve disciolta:
Tutta a seguir Ballano è lei disciolta.
Lui, ch'è orgoglioso ed ha superbia molta,
Re Sacripante, e vien con furia molta;
Con ira grande e con tempesta molta.
Ma come quel che avea possanza molta,
Ferisce ad ambe man con forza molta;
Dietro vi viene di sua gente molta,
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148
Ma la gente che segue, è troppo molta,
Ma la gente che il segue è troppo molta,
Così quella malvaggia sia sepolta,
Quel gentil cavallier l'alma m'ha tolta,
La grossa lancia su la coscia ha tolta.
Ogni possanza di tagliare ha tolta.
La briglia de Baiardo in mano ha tolta:
Ché vostra libertà vi serìa tolta;
Se non è in tutto di memoria tolta.
Ch'io merto che la vita mi sia tolta,
Poi che di groppa se ha la dama tolta;
A questo libro è già la lena tolta:
Che al giovanetto avria la vita tolta,
Ma sempre a tutti fu la vita tolta.
Tanto che di quel loco l'ebbe tolta,
Che la quiete del dormir gli è tolta,
Tu, sol, che hai mo del cel la notte tolta,
Quella me desti che adesso m'hai tolta,
E se quella bevanda forse hai tolta,
Ma quando ancor saprò che me sei tolta,
Indi sua mazza ha presto in man ritolta,
E poi ch'egli ha la spada in sua man tolta,
Ma Feragù la daga avea in man tolta,
Che fo dal rio palmier dormendo tolta;
E sì gli avea ogni lena il colpo tolta,
Ché nuda è quasi questa gente istolta;
Qual lo suonasse la seconda volta,
Ciò che sapea, diceva a quella volta,
Chi rimase abattuto a quella volta,
Troppo non gionse avanti quella volta,
Tutto l'avria tagliato in quella volta.
Che già non lo aspettò per quella volta,
E la luce de gli occhi in fiamma volta
Or le proferte fatte alcuna volta;
Sì come un tempo oscuro alcuna volta,
Ma non voria morir più de una volta.
Che per cader fo assai più che una volta.
Oditi il mio dolor solo una volta:
Ché in bocca non gli avria dato una volta,
Io torno per il corno a l'altra volta. Per ritornar più stretto l'altra volta.
Che vôl tornare in India un'altra volta.
E torna alla battaglia un'altra volta.
Da poi che sono occisi, un'altra volta,
E benché a ciascun d'essi un'altra volta
Morrò, se morir pôssi, un'altra volta.'
Ma il corno suonareti un'altra volta.
Il terzo ascoltareti un'altra volta.
Se non adesso, il giongo un'altra volta.»
Né se ricorda vederlo altra volta;
Ora torna cridando: - Volta! Volta! Non me trovi senza elmo a questa volta. Ché non ne campò il terzo a questa volta;
Che faceva Morgana in questa volta?
Ma non sospicar già per questa volta,
Ma la schiera pagana in fuga è volta,
Già la schiera reale in fuga è volta,
Ché dietro al re Ballano in tutto è volta.
Così per terra di sopra se volta.
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149
De quei leoni or questo or quel se volta,
Né pone indugia, che a Grifon se volta,
Ora il centauro a quel baron se volta,
Così dicendo, turbato se volta,
Il cocodrilo ad Aquilante volta,
Fugge la torma e mai non se rivolta.
E quel malvaggio spesso se rivolta,
Così dicendo in dietro si rivolta,
E con più furia a Ranaldo rivolta
E sottosopra il mar tutto rivolta.
Presto le groppe quel destrier rivolta.
La bella vista in brutta fu rivolta.
Alla sinistra e alla destra si volta,
Quel troncon lascia ed al baron si volta.
Lui lascia questo, e a quello altro si volta,
Né trova loco, e ben spesso si volta;
Li affanni che sostengo, una sol volta,
Questa è gente pagana, che era involta
Tanto Ranaldo lo menava in volta.
La gente tartaresca fugge in volta.
Giù de un gran monte viene un fiume in volta,
Quel re, che ha molta tela al capo involta.
Ad ogni trenta passi indietro volta,
Com'una foglia ad ogni vento volta.
E meco al basso questa istoria canta
Chi mena zoia, chi suona e chi canta;
Del qual per tutto il mondo oggi si canta.
Ché del novo Rugier quivi si canta,
Quale in quel giorno che il mio dir vi canta.
Questo vecchiardo, che le serpe incanta,
A cui se un ramo de cima se schianta,
Che l'elmo come un vetro a pezzi schianta.
Bello era il primo dal zuffo alla pianta,
E tutto è sangue dal capo alla pianta.
Che son fatato dal capo alla pianta
Or, come gionto fu sotto la pianta,
Legge il libretto, e vede che una pianta
Prima non tagli, e se la verde pianta
Lascia a Parnaso quella verde pianta,
Che trasformate a forza in verde pianta
Nella sua terra mai non nacque pianta,
Ma con la veste a quella nave amanta;
Il giovanetto è re di Garamanta.
Sì che, piacendo al re di Garamanta,
Avanti a gli altri el re di Garamanta,
Era in consiglio il re di Garamanta,
Aveva il conte una forza tamanta,
Saggio, e de gli anni avea più de nonanta,
Eran costor che io dico, da quaranta,
Ridussero anco a sua credenza santa;
Che son credenti in nostra fede santa;
Io pur diffendo la tua Fede santa,
Cotal sconfitta a nostra gente santa,
L'altro de li anni avea più de sessanta.
Né se atrovarno a Monico sessanta;
Perché nel campo, ove è battaglia tanta,
Di bella gente e vittuaglia tanta;
A che era stato e la vergogna tanta,
Colse di piatto, e fo la botta tanta,
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150
Ma questo aveva leggierezza tanta,
Che abatte sopra al campo gente tanta
Cosa maggior, né di gloria cotanta
Se la pietate tua serà cotanta,
El resto di sua gente, ch'è cotanta,
Tanto è il romore e la gente cotanta,
Se la canaglia fosse due cotanta,
La grazia de le dame fu cotanta,
Salirno al legno; e la zoia fo tanta
Una colonna integra tutta quanta
Ma se qui ancora fosse tutta quanta,
Il cavallier, se chiuse tutta quanta.
Se attenne e la citate tutta quanta;
La nave e la sua gente tutta quanta;
Elesse di sua gente tutta quanta;
Se la istoria ascoltati tutta quanta:
La vita vo' lasciarvi tutta quanta,
De' suoi scuderi in tutto da cinquanta
Per sua virtute a trarcene se avanta.
Perché lui solo a combatter se avanta
Qual vien cridando, a gran voce se vanta
Qual più de altre de arme non se vanta:
Uscir de quindi alcun mai non se vanta,
Dicendo: - Un Saracin di me si vanta?
Né già de tutti quanti un sol si vanta
Ma di salirvi alcun mai non si vanta,
Di qualunche altro che al mondo si vanta.
Chi darli incenso e chi argento si vanta,
Destrier del mondo con questo si vanta
Poi che quella arte di saper si vanta;
Qual per suo orgoglio e suo valor si vanta
Dove Ranaldo sol de onor si vanta?
Che se partŒr de Algier cento novanta;
Quella balena andava lenta lenta,
Salta de intorno, né giamai se allenta:
D'un chiuso trotto, che giamai non lenta.
Stridon le corde e il legno se lamenta:
- Albina, - disse a lui - ciò mi ramenta,
Stando in quel loco, ed ivi se adormenta.
Che dato a l'omo subito adormenta
Non vi vo' dir se lui se ne tormenta.
Se egli ascoltasse il dôl che mi tormenta.
L'alto gigante nel core argumenta
De giongerla Ranaldo se argumenta,
De gire avante Orlando se argumenta;
E di contare il fatto se argumenta.
E quello smonta e lega la iumenta;
E l'aria de vermiglio era dipenta,
Nel viso di color de amor dipenta,
Ma del mio padre ho la memoria spenta. Né dove tanta gente fosse spenta;
Per veder se de vita fusse ispenta;
Ma io già, bei segnor, la voce ho spenta,
Prima che Orlando ne fôr tratti trenta:
A lei pur par che manco doglia senta
Sì come morto, e par che nulla senta.
E più crudel partito se apresenta.
E il corsier per la briglia li presenta.
Ranaldo alla battaglia se appresenta
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151
Per ascoltare intorno se appresenta,
Avanti al re zoioso se appresenta;
Il suo figliol avante gli appresenta.
Gemendo al fondo, par che 'l suo mal senta.
Quella bestia crudel par che non senta,
O sì o no che ne fusse contenta.
Ché dopo morte ancor sarei contenta,
Dicea tra sé: «Qualche una mal contenta
Ma, per fare il tuo peggio, io son contenta,
Perché la bestia più lo armato stenta. Di trare il fiato apena non se attenta,
Ma de smontare a terra non se attenta,
Ma il re di dar risposta non se attenta,
Né crediati però che il se spaventa,
Tanto al ferire estremo se spaventa.
Benché abbia il peggio, pur non si spaventa;
Terribile a vedere, ogniun spaventa.
Col scudo in braccio e con la spada cinta;
E tiene al fianco ancor la spata cinta:
Nulla altra spada portarai più cinta,
Che avea tre facce, ciascuna depinta.
In somma ogni sua guerra ivi è depinta
L'aquila bianca a quel scudo dipinta,
Perché io non so se l'ira ancora è estinta,
Vide una istoria nobile e distinta.
E sin che tale impresa non sia vinta,
Che la natura vi serebbe vinta.
Ché sua prodezza non serà mai vinta;
Possa che fu la terra da lui vinta,
Come Turpino al libro ce raconta;
Ma nel presente qua non se raconta,
Or che bisogna che più ve raconta?
Ogni lor colpo ben Turpin raconta.
Che e soi magni baron provede e conta;
La cortesia di quel baron li conta,
Ed era grossa, come Turpin conta,
E sterno insieme, come il libro conta,
E se a tal cosa prese sdegno ed onta,
Dicea Ranaldo a lei: - Tu mi fai onta
Sei tanta forza a lui vien sempre agionta.
Morto era Galafrone a prima gionta.
Ma quel mena del drago a prima gionta,
E mena al re Tardoco in prima gionta,
Che sentirete poi ben la sua gionta;
Che nel collo Aquilante l'ebbe gionta.
Poi che Tisbina ad Iroldo fo gionta,
Iroldo dal suo letto a terra smonta,
Ranaldo al litto di quella dismonta:
La damisella subito dismonta,
Con quel gran brando che ha tronca la ponta;
Ben quattro dita da l'elcio alla ponta.
Già Brandimarte avea tratto una ponta,
E se sua spada se trovava ponta,
E' crudel colpi de taglio e di ponta,
Con gran percosse di taglio e di ponta.
Con aspri colpi di taglio e di ponta;
Questo tocca di taglio, e quel di ponta,
Ogni duca e signore a lui se afronta
Subito un vecchio bianco a lui se afronta.
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Onde se mosse, e verso lui se afronta.
Ma con la spada in mano a lui s'affronta;
Che qualunche baron seco s'affronta,
E verso Orlando con ardir se affronta.
Col brando in mano il gran gigante affronta,
E con la spada e malandrini affronta.
Lei rispondeva con parole pronta,
E come l'arme fossero de carta,
Ma se tu mostri che sia tua per carta,
Ché l'un non vôl che l'altro se diparta
Comandar mi potrai poi che io mi parta
La maglia si vedea per l'aria sparta
Ma prima soffrirei de avere isparta
Armato è tutto, ed in mano ha Fusberta.
Col scudo in braccio e con la sua Fusberta.
Lui prestamente ancor trasse Fusberta.
Rotta la lancia, fuor trasse Fusberta:
Sempre Ranaldo tocca di Fusberta,
Ranaldo mena un colpo di Fusberta.
De cotal colpo tocca con Fusberta,
Non dimandar se 'l frappa con Fusberta.
Ed ebbel gionto in testa con Fusberta,
Ché via la tagliò tutta con Fusberta;
Da basso se ricolse con Fusberta,
E gionse a mezo il scudo con Fusberta:
Mena Ranaldo un colpo con Fusberta,
E come li ha di man tolto Fusberta.
Lui già del fodro avea tratto Fusberta,
Or li conviene adoperar Fusberta,
Né v'è speranza de vittoria certa.
Cadderno a terra, e ciò Turpino acerta;
Ma poi la quarta, come il libro acerta,
Con vinte piastre, quest'è cosa certa.
Senza diffesa: questa è cosa certa,
Fiello il demonio, questa è cosa certa,
Che intravenne, ed è ben cosa certa.
Ma creder non può mai per cosa certa
Turpin lo scrive lui per cosa certa,
E ciascadun fa la sua prova certa;
Morir convienti, tientene ben certa,
E spaventosa, orribile ed incerta,
Vaga fortuna, mobile ed incerta,
Onde io mi stimo il vero, anci son certa
Brandimarte accettò la prima offerta
Perché de mezo il ramo fece offerta.
Del tuo bon core e de la tua proferta:
Poi Doristella, sì come ella merta,
E Balisardo, concio come il merta,
Dio te la renda, ed a chiunque il merta. Su duo piè ritta, con la bocca aperta.
Fuggendo e ansando con la bocca aperta;
E credo che un bel baso a bocca aperta
L'ale ha distese ed ogni branca aperta;
Di quel monstro saper la forma aperta.
Ma de arcion salta alla campagna aperta
Or, come io dissi, alla campagna aperta
Fuggeno i suoi per la campagna aperta.
Ove Agramante ha la sua insegna aperta.
La porta del palagio ora era aperta,
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153
De prima urtata ha quella schiera aperta,
Tutto il serraglio, e quella grata aperta;
Né altro ne resta che, alla porta aperta,
Sin che egli è vivo, sta sua porta aperta:
Dove la istoria manifesta è aperta;
La fronte e la gran barba gli ebbe aperta,
Sì che fece mostrar la carne aperta.
Che ogni ala è dece braccia, essendo aperta.
Che gli ha la faccia insino al collo aperta.
Prasildo la trovò quel giorno aperta,
«Io vo' saper la cosa in tutto aperta, E non rimase sopra la coperta
Ed anco nascondeva la coperta,
Battendo ciò che trova alla coperta.
- Ed ha il leon sbarato alla coperta?
Che de samito negro era coperta.
Di gambe e braccie è la terra coperta,
D'arme ha già il mare e la terra coperta:
Sotto la terra è una strata coperta,
Narrando sua ragion bassa e coperta.
Ma quella parte d'acciarro è coperta
E la sua pelle è di piastre coperta,
Ché noi siam gionti troppo a la scoperta,
Poi che cognobbe quasi alla scoperta
Credendo averlo còlto alla scoperta;
Dov'è il scudo e la lancia discoperta,
Mostrarsi alla battaglia discoperta,
Poi che la cosa al tutto è discoperta.
Ché la tua fraude al tutto è discoperta. Avea il malvaggio questa cosa esperta,
Veder se stesso e sua cità deserta.
Era Cristianità tutta deserta,
Che avea la fiera orribile e deserta,
Per questa selva orribile e deserta,
Re Carlo morto e sua corte deserta.
Era sua vita nel tutto deserta.
Però che in questa guerra fu deserta:
Mai non fu visto cosa più deserta:
Trentaduo re son dentro da Biserta.
Con gran diletto, gionsero a Biserta,
Ne l'altro canto, che è dentro a Biserta,
Era in quel tempo gran terra Biserta,
Da poi venìa la armata de Biserta,
Fugge allo inferno la anima diserta,
Ed io con teco, misera, diserta
Dicea piangendo: - Misera! diserta!
Tutta la gente misera e diserta
Perché la gente misera e diserta
Onde sua vita tien strutta e diserta,
Con tal fraccasso lo spezza e diserta.
Gionge la gente crudele e diserta.
Questa battaglia orribile e diserta,
- Or chi è costui che mia gente diserta, Per la dolcezza ogni anima converta.
E par che 'l celo in acqua se converta,
Ché bisogna che altrove io mi converta:
Re Salamone, quella anima acorta.
Al fin, per far questa novella corta,
Che fa Ranaldo, la persona accorta,
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154
Ove una dama graziosa e accorta
Or più non indugiar, ché forse accorta
Né si è di loro ancor la gente accorta.
E Fiordespina, che è di questo accorta,
Ed io vegliando a te farò la scorta.
Guarnir per tutto il regno a bona scorta,
Qual ve ho mostrato che è la nostra scorta,
Ed ha diffesa niente a la sua scorta:
Uno asinello armato è la sua scorta.
E un cavallier, sì come alla sua scorta,
Né dama o cavalliero alla sua scorta,
E disarmato sotto alla sua scorta
E mette Gaino fuor con la sua scorta:
Con Angelica in mezo di sua scorta,
Non ti varrà costui ch'è la tua scorta,
E denno andar soletti e senza scorta.
E gli altri tutti, senza guida e scorta,
Costei parlava al conte in voce scorta:
Perché a quel tempo con sua gente scorta
E fanno al fiume ed al suo ponte scorta.
Come a guardarla posta per iscorta,
Angelica è sicura di tal scorta,
Ché era venuto a posta per tal scorta.
Ma la nova donzella, che è ben scorta
Da quella gente che avea seco in scorta,
Che non fu mai da uno occhio d'omo scorta
Orlando la assicura e la conforta,
Si che bona speranza ce conforta
O quanto Balugante se conforta,
"Tisbina senza Iroldo se conforta."
Vedendo il destrier fermo, se conforta,
Ma de vincere al fin pur se conforta,
Dicendo: «La tua dama te conforta,
Di questa impresa e molto li conforta.
Lui nulla teme e i compagni conforta:
Il cavallier de ciò ben si conforta,
Or ciascadun de uscir ben si conforta,
Se de mirarla il cor non ti conforta,
Il Danese lo prega e lo conforta
Anci vi è sempre chi de entrar conforta.
Che salta in piedi e già non se sconforta;
Che ciascun dentro molto se sconforta.
E nella mente alquanto se sconforta;
A star presente a lui la disconforta.
Ciascun de gli altri assai si disconforta,
E ciascuna nel viso parea morta.
La qual di doglia in viso parea morta,
Tutta tremava, e in viso parea morta;
E la sua bella faccia parìa morta;
E sempre serò tua, poi che sia morta,
Stava nel mezo una donzella morta,
Quando pur fosse questa fiera morta,
Che te amò viva ed ama ancora morta.»
O per mare in Provenza, o ad Acquamorta,
Lui dal fiume la trasse meza morta,
Che avea più gente dissipata e morta,
La ria canaglia avea sconfitta e morta;
Tutta la gente fia sconfitta e morta. Quella bestia diversa, e cadde morta.
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155
Tutta la gente del paese, e morta;
Ma nel presente sua virtute è morta:
Me parturitte, e lei rimase morta.
Ed in che forma, e chi l'avesse morta.
Che giuraria ciascun che fusse morta.
Fatto se ha un cerchio della gente morta.
Su per le mura ha tanta gente morta
Su vi sta quel che ha tanta gente morta,
Ché in ogni modo a sto ponto sei morta. Angelica trovò che è quasi morta:
Vedesi avanti agli occhi quasi morta.
E quella che se arresta riman morta.
Ed Angelica avere, o presa o morta.
Che con tormento e strazio serò morta. Poi che la Fauna fu nel prato morta,
Che quasi già se avea posta per morta,
Quella donzella che da lui fu morta.
Lui salta in piede e pur torna a la porta,
In croppa se la pone, e via la porta.
Che sotto a sua diffesa apra la porta.
Rotte le sbarre e spezzata la porta,
De cui vi dissi, avea rotta la porta,
Qual di metallo avea tutta la porta.
Prese la dama, e in groppa se la porta.
Ed animoso se driccia alla porta.
E del castello è già gionta alla porta.
Fuor de la tomba il misero alla porta.
Ma, come gionto fu dentro alla porta,
Sentendo già la chiave nella porta.
Di questo incanto, sapea quella porta.
Conviente gir, baron, a quella porta
Poi la condusse dentro a quella porta,
Come la prima, è chiusa quella porta,
Di smalto era adornata quella porta,
Mai ad alcun se chiude quella porta,
(Di notte mai non se apre quella porta);
Sol per diffesa stan di quella porta,
Tornare adrieto, ed aprir quella porta,
Di quella dama occisa su la porta,
Dimora un gran dragone in su la porta,
Lui montò in sella e quella in groppa porta.
Ma in su quel dritto aperta è un'altra porta,
Ricardo fece uscir de un'altra porta.
S'accolse insieme, e chiuse questa porta.
Andar se lascia e in tal modo se porta,
Ed aprirai quella dolente porta,
Da la crudel, che tanto odio mi porta
Di novo il vento adietro lo riporta,
Lancia né mazza o dardo non si porta,
Che più il fanciullo in corpo non si porta,
Come vedrai alcun che odio ti porta? Or, come io dico, Rodamonte il porta,
Prendelo in braccio e verso il lago il porta.
E poco longi vide la gran porta,
Ove di zoie aperta è una gran porta;
Se forse l'odio che a Ranaldo porta
Or vien colui che i scacchi al scudo porta,
Che per insegna il foco a l'elmo porta;
La trista guarda spesso danno porta.
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156
Del seme de Marchin, che 'n corpo porta
Colei che la sua vita in viso porta,
Che sempre voluntate lo trasporta;
Taglia a due mano ed ha la spada torta;
Ciascuno aveva una gran spada torta,
Né de aver fatto il gran colpo li basta,
Ciascun di loro in su la briglia sta,
Che tutto lo tagliò, come una pasta,
Perché ciascun de' tre forte il contrasta.
Se 'l mio germano a questo non contrasta. Da me, per la mia fé, non serà guasta,
La giostra se incomincia, aspra e robesta.
Che a quella bestia, che è tanto robesta,
La figliola de Amon, quella rubesta,
Gionse nel scudo alla dama rubesta;
Se lo giongeva la botta rubesta,
Ché quel gigante con forza rubesta
Dicea Ranaldo con voce rubesta.
Il fin di questa pugna sì rubesta;
Non fu quel giorno botta sì rubesta,
Qualunche volta se gli dice: "Sta!'
Onde al romor la fia de Amon se desta.
Né di brandirlo alcuno avia podesta;
Che avuto ha ardir a sturbar la mia festa? Tu in pochi colpi finira' la festa. Che sol da lei splendea tutta la festa.
E poi crucioso uscì fuor de la festa.
Dapoi che il gioco è partito e la festa,
Or se incomincia de' morti la festa
Come fo gionto giù tra quella festa
Serìa compita ad un tratto la festa.
Per rimenar col brando un'altra festa.
Mostrarotti la faccia manifesta -;
Ed acciò ch'io ti faccia manifesta,
Ch'io so ben che a battaglia manifesta
Benché la istoria assai la manifesta,
Or, perché sia la cosa manifesta,
Io ti farò la prova manifesta
Nel regno nostro è legge manifesta
Lui vede la sua morte manifesta,
Che tal cosa facciati manifesta:
E la sua istoria, che è qui manifesta,
Ed evi a questo ragion manifesta.
Farò con più diletto manifesta
Così la fatason fu manifesta
Che ce ha condotti alla tua real festa,
Poi son poste le rete a cotal festa
Arato tutto, Orlando fie' gran festa,
A cui stava a mirare era gran festa
Saltava ad alto e faceva gran festa:
Poi corse al conte e fecegli gran festa
Carlo li uscitte incontra con gran festa.
Cantando sollacciava con gran festa.
Con molto onor da tutti e con gran festa;
Abbracciandosi insieme con gran festa,
Il giovanetto viene con gran festa
E giù callando lieto e con gran festa,
Dentro a la terra entrarno con gran festa
Tutti alla Liza intrarno con gran festa;
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157
La cruda Stella, menando gran festa,
Or gionse il ladro e menando gran festa
Quando la tromba alla battaglia infesta
E sempre vi mantenga in zoia e in festa!
Poi che tornato è il mondo in zoia e in festa
Vincesse il mondo, né per stare in festa.
Ed abracciato il cavallier con festa
Se le donzelle ne menavon festa.
Ben gli fuggì la voglia di far festa,
Rugier sono io; da Troia è la mia gesta. Se non siamo discesi de una gesta;
D'un altro campione o d'altra gesta,
Qual fu principio della nostra gesta,
Benché sia nato de la falsa gesta,
Di gentil stirpe nato e d'alta gesta,
Forte gridando: - Maledetta gesta,
Molti altri ivi eran poi de la sua gesta;
Ed isfida Agramante e la sua gesta,
Contra di Gano e di tutta sua gesta.
Ed ha la gente antiqua di sua gesta,
Parente era di Namo e di sua gesta:
Re Rodamonte nacque di sua gesta,
Ma quando Carlo e i baron di sua gesta
Agrican, Poliferno e ogni sue gesta:
Ogni re grande e principe di gesta
Questo era re di Borga e di gran gesta:
Senz'altro dimandare alla richiesta.
E, per satisfar tosto a tua richiesta,
Destina di lasciar la prima inchiesta,
Qual mai non fu portato in altra inchiesta,
Che gli avea dato onor de tanta inchiesta.
Prima di voi io venni a questa inchiesta.
E poi la somma espose de sua inchiesta,
E fame e sete e 'l caldo la molesta,
Quanto in quella battaglia aspra e molesta
E con voce angosciosa, alta e molesta,
Ma Brandimarte nulla li molesta,
E getta fumo e fiamma sì molesta,
Ché nostra indugia forse lo molesta. Che nulla quel gran colpo lo molesta.
Ma tutto 'l giorno integro lo molesta,
Che sol di quel gran peso lo molesta,
Con quella cetta spesso lo molesta;
Non mi serà Fortuna più molesta,
Ché donna non può star con omo onesta. E serìa vostra causa disonesta:
Sì spesso del colpire è la tempesta;
Di loro e cridi grandi e la tempesta;
De' colpi sterminati e la tempesta
Or se incomincia il crido e la tempesta.
Però che 'l vento, il trono e la tempesta
Come chiocca le fronde alla tempesta,
Come se fiacca un ziglio alla tempesta,
Né sì spesso la pioggia, o la tempesta,
Tal Rodamonte, odendo la tempesta
Ma così andando odirno la tempesta
Di nostra gente e l'ultima tempesta;
Chi di qua chi di là mena tempesta,
Subito gionse e parve una tempesta.
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158
Tutti li mena al paro una tempesta.
Né manca di cader l'aspra tempesta.
L'elmo s'allaccia con molta tempesta.
Gettalo a terra con molta tempesta.
Al fin turbata e con molta tempesta
Questo ancor cadde con molta tempesta.
Suonƒr le trombe, e con molta tempesta
Danese Ogieri con molta tempesta
E dà tra li altri con molta tempesta,
E disfidandol con molta tempesta
Così dicendo, con molta tempesta,
In fronte a l'elmo, con molta tempesta;
Or lancia l'altro con molta tempesta;
Mena un traverso con molta tempesta
Ma Draginazo con molta tempesta
Non se vidde giamai tanta tempesta:
Né se odette giamai tanta tempesta;
Non fu veduta mai tanta tempesta.
Mirando il colpo di tanta tempesta:
E fu il gran colpo di tanta tempesta,
Con tanta furia e con tanta tempesta,
Che ce assalirno con tanta tempesta,
L'avea ferito con tanta tempesta;
Né se potria contar tanta tempesta:
Tanto Grandonio se turba e tempesta,
Cadean sonando a guisa de tempesta.
Mi dànno annunzio certo di tempesta;
Intorno da ogni canto li tempesta:
Così, dapoi che la infernal tempesta
Come detto è di sopra, a tal tempesta,
Un colpo a Rodamonte a tal tempesta,
Ma trasse il brando e mena tal tempesta
Che sopra al campo mena tal tempesta,
Che 'l nano suona il corno a tal tempesta? Per il gran colpo avuto a tal tempesta;
Fu il colpo di tal furia e tal tempesta
Con sì crudeli assalti e tal tempesta,
Ferir non fu giamai di tal tempesta:
De Brandimarte, che con tal tempesta
E nel viso il ferì con tal tempesta,
Però che seco avea cotal tempesta
Per la grandine spessa che il tempesta,
Ad ambe man lo tocca a gran tempesta.
Giù de la costa sprona a gran tempesta.
E mezo il tira a terra a gran tempesta.
Il cel profonda in acqua a gran tempesta,
E cadendo le pome a gran tempesta,
E gionse ne lo arcione a gran tempesta:
Con trombe e con bandiere, a gran tempesta:
Ma contra lui se mosse a gran tempesta;
Verso di lui se mosse a gran tempesta.
E ferì in fianco il conte a gran tempesta.
Ma dà tra gli altri e mena gran tempesta.
Spronando per quel piano a gran tempesta;
Ferendo ad ambe mano, a gran tempesta
Ché 'l nano suona il corno a gran tempesta,
Via ne 'l porta il destriero a gran tempesta;
Vien di traverso Oberto a gran tempesta,
Orlando è sempre in mezo a gran tempesta,
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159
Spronando a tutta briglia e gran tempesta,
Il vento cresce ogniora e gran tempesta.
Or se ode un gran fraccasso e gran tempesta,
Roinando venìa con gran tempesta:
Da sé lo spicca, e poi con gran tempesta
Ché a terra lo mandò con gran tempesta.
E vannose a ferir con gran tempesta.
Mena il bastone in furia con tempesta;
Qual lo distese a terra con tempesta.
E disteselo a terra con tempesta.
Sopra del ponte salta con tempesta,
E fiaccò tutta l'asta con tempesta.
La cuccia il caccia in pista con tempesta
Roverso al campo il getta con tempesta.
Ma i cavallier con furia e con tempesta
Ma Brandimarte cadde con tempesta,
Che sempre han seco fiamme con tempesta;
Lei sparve, e il ponte, e il fiume con tempesta:
E tre giganti occisi con tempesta,
Mena a traverso il brando con tempesta,
Cadendo nel profondo con tempesta,
Torindo e il duca Astolfo con tempesta.
Lui chiamava il demonio con tempesta,
E spezzò il scudo e l'elmo con tempesta.
Ma entrambe se fiaccarno con tempesta,
De lor, che se ne andarno con tempesta;
Ma gli altri a lui ferirno con tempesta,
E suonava il gran corno con tempesta:
Menò Marfisa un colpo con tempesta,
Poi volta l'altro colpo con tempesta,
E l'un ferisce l'altro con tempesta.
E nel ferir l'un l'altro con tempesta
L'altro gigante è mosso con tempesta,
E nebbia e pioggia e vento con tempesta
Giù della costa, e menando tempesta.
Squassa le crine e menando tempesta
Di ben ferire, e menando tempesta
Da l'altra parte, menando tempesta,
Con corni e cridi menando tempesta;
Ma il pro' Ranaldo menando tempesta
Ma il conte Orlando menando tempesta
Ma la battaglia cresce a più tempesta.
Anci a ogni colpo mena più tempesta;
Or cresce la battaglia, e più tempesta.
E dove è la battaglia e più tempesta,
Né, quando la battaglia è in più tempesta,
Così il fiero Agrican con più tempesta
Venìa spronando con la lancia a resta.
Che vien spronando con la lancia a resta,
Sopra Baiardo, con la lancia a resta:
Gli sprona adosso con la lancia a resta.
Suonƒr le trombe: ogni om sua lancia aresta
Nel corso ciascadun sua lancia aresta:
Viene Angelino,e pone l'asta a resta.
Gionse nel campo e pose l'asta a resta.
Prima de tutti Orlando l'asta aresta,
Avendo posta già quella asta a resta,
Tra le parole una grossa asta aresta,
A tutta briglia, con le lancie a resta,
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160
Poi ritornarno con le lancie a resta
Se urtarno adosso con le lancie a resta.
Con Brandimarte Oridante se aresta:
Mentre che parla, ponto non se aresta,
A mezo il corso l'asta pose a resta.
Perché se fraccassò sino alla resta;
Se fragellarno insin presso alla resta;
Chi se diffende, e chi fugge, e chi resta:
Stu v“i che la battaglia tra nui resta,
E Martasino a lui, che già non resta.
Ma già per questo la pugna non resta,
Ma colpi adoppia sempre, che non resta;
E 'l bianco corno, che giamai non resta,
Cotal l'un l'altro mena e mai non resta.
Sempre cresce il furore e mai non resta.
Giù versa con furore, e mai non resta:
Qual sempre fugge intorno e mai non resta,
Di tempestare Orlando mai non resta
Cadeno al campo, e quel pagan non resta
Per questo suo cridare alcun non resta,
Ora per questo Ranaldo non resta:
Chi può fuggire, in quel campo non resta.
Ed Agramante per questo non resta,
E via correndo di cercar non resta
Piccoli e grandi de cridar non resta:
La fulicetta, che nel mar non resta,
Lo ardito conte de suonar non resta;
Ma già per questo di colpir non resta;
L'un ferir suona a l'altro, e ancor non resta.
La nostra gente avante a lor non resta,
Né di menar per questo il baron resta.
Più de tre quarti en porta a la foresta.
Per tutto intorno è piena la foresta
Dalle radici schianta la foresta.
Perché cridando uscia de la foresta.
E Malagise uscì de la foresta,
Ben che io gli vidi uscir de la foresta.
Qui stette Ferragù ne la foresta
Par che profondi il celo e la foresta.
Che son con quella dama alla foresta,
Di certa lancia rotta alla foresta,
Re Sacripante ariva alla foresta;
E cadde da due bande alla foresta;
Quale il forte leone alla foresta,
E cadde de lo arcione alla foresta.
E le piastre lucente alla foresta
Pur sol battendo i piedi alla foresta,
Son dal mal tempo occisi alla foresta,
E' soi sconfitti e rotti alla foresta.
E cadde Menadarbo alla foresta,
Indi e sagusi intrarno alla foresta:
Così parlando intrarno alla foresta,
Tutti e baron restarno alla foresta.
E longi il sepellirno alla foresta;
Con quel percosse il capo alla foresta.
Fu per cadere anch'esso alla foresta;
E cade trangosciato alla foresta.
Quel cadde tramortito alla foresta;
Che occise Bardulasto alla foresta! -
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161
Rimase Feraguto alla foresta,
Turbato esce il leon della foresta,
Alor tutta tremò quella foresta,
Qual traversava per quella foresta.
Pur li lasciarno, e verso la foresta,
E via fuggendo va per la foresta.
Come rugge il leon per la foresta,
Io te fo certo che in questa foresta
E come dentro ad una gran foresta
Salta su il campo ed al corso s'apresta.
Lui, che ha la vista a meraviglia presta,
Per quattro giorni l'elmo tuo mi presta,
Ma non fo questa cosa così presta,
Sì che spazzati pure e sii ben presta,
Che cosa non fo mai cotanto presta.
E de gionger al tronco ben s'appresta,
Questa battaglia conviene esser presta,
Ma io, che era de lui assai più presta,
De un lato ad altro, e cosa non l'arresta.
Per questo la battaglia non s'arresta;
Dudon mena a due mane, e non s'arresta
Mena a due mano il conte e non s'arresta,
Stretta la lega, e va che non s'arresta.
Il conte dà tra gli altri e non s'arresta.
Via fugge Rabicano, e non s'arresta,
Mena anch'esso a quel tempo, e non s'arresta;
Già per quel colpo il conte non s'arresta,
A lui davante alcun più non s'arresta.
Sei giorni integri, e al settimo s'arresta.
E con alto furor la lancia arresta,
Verso di quello e la sua lancia arresta.
Verso il pagano e la sua lancia arresta,
Sprona il destriero e la sua lancia arresta.
Conte Smiriglio una grossa asta arresta,
Il duca Naimo una grossa asta arresta,
Ad ogni crido se volge ed arresta:
Né sopra a questo il saracin se arresta,
Quella tagliente spada non se arresta,
Or fugge ciascaduno e non se arresta;
E, il serpente menando, non se arresta;
Questo abandona e ponto non se arresta.
Quel vien correndo e ponto non se arresta,
E Mandricardo ponto non se arresta,
Alora Orlando de ferir se arresta.
E spesso spesso de ferir se arresta,
Né l'un per l'altro di ferir se arresta.
Né di ferire alcun di lor se arresta,
Seco Ranaldo, ed un gran fuste arresta;
Presto se volta, e quella al fianco arresta,
Ciascun la lancia verso Orlando arresta.
Né l'un né l'altro quel gran colpo arresta,
El re di Scozia giù mena la sesta;
Ma pista d'un gran colpo avea la testa.
Che tutta a sangue gli piovea la testa,
Grosse son quanto uno omo abbia la testa,
Il bon destrier superbo alcia la testa,
Lo Argalia già morendo alcia la testa,
Via volò l'elmo, e dentro avia la testa:
Mormorando tra sé movia la testa,
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162
Ma pur a quattro gettò via la testa,
Tutta ne l'elmo gli intona la testa.
Dicendo: "Il saggio perderà la testa,
Ranaldo colse lui sopra la testa,
Ché a lui ferì il pagan sopra la testa,
Feritte a lui Dudon sopra la testa,
E la corona d'ôr sopra la testa,
Or gionse il primo ed abassa la testa
Perché giamai non ho volta la testa
Ma quel Grifon che avea rotta la testa,
Così dicendo sopra de la testa
Nel collo il prese, a presso de la testa,
Ed era disarmato de la testa,
Tra gli occhi il colse, a mezo de la testa.
E se non ha perdon, perde la testa.
E colse de Fusberta ne la testa,
E gionse Brandimarte ne la testa,
Poi mena al re lombardo ne la testa:
Gualtieri ebbe uno incontro ne la testa,
Che a più di trenta ne ruppe la testa.
Con fretta avea legata a sé la testa.
Sopra del prato percosse la testa.
Che tutta quanta gli stordì la testa.
Che tutta quanta gli stordì la testa.
Chi avia frappato il viso e chi la testa:
Ma stu potesti tagliarli la testa,
Onde un sergente li partì la testa.
Fiaccando a cui le braccia, a cui la testa.
E ferillo a due man sopra alla testa:
E le gavine che ho sopra alla testa,
Poi sopra alle sue spalle e alla testa
E gionse il colpo orribile alla testa,
Arso l'avria da le piante alla testa,
L'arme han tagliate, fuor che della testa;
Che già l'avea guarito della testa,
Tira a due mani al dritto della testa.
Mena a duo mano al dritto della testa,
Li calla un colpo al dritto della testa.
E proprio il gionse a mezo della testa.
Ché proprio il gionse a mezo della testa;
Mena con furia al mezo della testa.
E lei ferisce al mezo della testa.
Gionse ne l'elmo, al mezo della testa;
E ferito di mazza nella testa,
Da ciascun lato e basso e nella testa.
Proprio alla vista il gionse nella testa,
Se così preso avesse nella testa,
Ferito sconciamente nella testa:
E ferilla aspramente nella testa;
E ferillo aspramente nella testa;
Ferito crudelmente nella testa.
E prese Brandimarte nella testa;
E un merlo gionse Orlando nella testa,
Ne gli occhi è bruno, e biondo nella testa;
E ferì il Poliferno nella testa,
Mena a Ranaldo un colpo nella testa:
E' da l'arcion son sangue insin la testa:
Squassando e crini ed alciando la testa.
Battendo e denti e crollando la testa,
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163
Battendo e denti e crollando la testa
Onde, cridando e crollando la testa,
Così dicendo e crollando la testa
- Non, non, - rispose crollando la testa
E va di passo torcendo la testa;
E sopra il braccio tenendo la testa,
Squassando e crini e torzendo la testa
Alla sua gionta ogni omo alciò la testa.
E Brandimarte li tagliò la testa,
Ma Brandimarte gli tagliò la testa,
E tutta quanta disarmò la testa;
Avanti lo colpisce entro la testa,
Via de un sol colpo gli gettò la testa
Via passò il pugno per mezo la testa
Che su le groppe il fie' piegar la testa.
L'un per le braccie e l'altro per la testa.
Che sopra al prato il fie' batter la testa.
Ma morte han più che prima in su la testa,
E tocca de Tranchera in su la testa,
A gran roina il gionse in su la testa;
E gionse a quel gigante in su la testa.
Sin da le piante è sangue in su la testa.
Gionse a quel grande, e dàgli in su la testa
Gionse a Grifone, e dàgli in su la testa.
Colpi radoppia a colpi in su la testa.
E gionse Mirabaldo in su la testa,
Percosse ad ambe mano in su la testa;
E gionge a Serpentino in su la testa.
E mena a Pinadoro in su la testa;
Fu da Rugier colpito in su la testa;
Qua vede un braccio, e là meza una testa,
Quale avea solo un busto ed una testa,
E li appresenta l'una e l'altra testa
E dietro ha il calvo alla crinuta testa."
Era il suo nome sopra alla sua testa,
Pargli che al dritto venghi di sua testa,
E soi capegli a sé sciolse di testa,
E così lo elmo a sé trasse di testa.
E poi la bretta si trasse di testa,
Sì che schiantar gli fie' gli occhi di testa,
Ne vene in sala; e tante zoie ha in testa,
Lui sta di sopra e cosa non ha in testa.
Che stu combatti avendo nulla in testa,
Egli avea ancor la sua corona in testa,
Prese un destrier che avea le corna in testa.
De arme lucente e con le penne in testa,
Trentaduo re con le corone in testa.
Col bastone a due man il colse in testa,
Un de' cerchielli al conte pose in testa,
Che ha per cimero un Mongibello in testa,
Chi de noi porta megliore elmo in testa.»
E similmente nel cimero in testa;
Tutto il cimier gli avea tagliato in testa
E tornò fora con lo olivo in testa,
Verso Agrican viene a testa per testa.
Drizzando i lor ronzon testa per testa.
A ritrovar l'andò testa per testa;
A tutta briglia urtƒr testa per testa.
Petto per petto urtar, testa per testa.
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164
E scontrarno e destrier testa per testa.
Ruina non fu mai simile a questa.
Che impresa non fu mai simile a questa.
Or quella cagion trova, ed ora questa
Fra sé dicendo: «Oh che ventura è questa!
Dicea lui a Gano: - Ahimè! che cosa è questa? - Ahimè! ahimè! - dicean - che cosa è questa,
Disse: "Or su, ché altra via non c'è che questa
Che quella insegna è fatta come questa;
Aspra battaglia non fu più di questa:
Ugetto di Dardona ancora in questa
Gionge la furia de' pagani in questa:
Mentre che e duo baron stavano in questa,
Chi cerca quella parte e chi per questa
Mirando ognuno or quella cosa or questa,
Ma sua ventura nel cader fu questa,
Stracciata tutta avea la sopravesta,
Proprio è Gradasso, ed ha la sopravesta
Ritratto al scudo e nella sopravesta.
Avea pur tale insegna e sopravesta.
Ne l'arme de Brunello e sopravesta.
De arme il spogliò, ma non di sopravesta,
Danzavan, nude anch'esse e senza vesta.
Così, nascosi entrambi di tal vesta,
Tutta ha dolente la persona e pista,
Orrigille è la dama, quella trista.
Che rallegrata avrebbe ogni alma trista.
E cessarà questa fortuna trista;
Benché per morte ciascuna era trista,
Che, per durare in questa vita trista,
Ma come quella che era saggia e trista,
Di certa incantason dolente e trista,
Disse: - Accetta una escusa, a benché trista,
Sia Durindana poi di chi l'acquista.
Ché, quando non se perde, assai s'acquista.
Morte e vergogna ad un tratto s'acquista. Ma spesso per error biasmo se acquista:
Poi che in tant'ore il baron non acquista.
Che altri che lui quel pregio non acquista.
Ché gratugia a gratugia poco acquista.»
Salendo sempre in su, del celo acquista,
Che ciascadun ben iudica a la vista,
Serà de noi e ingannata alla vista,
Tanto suave e con sì bella vista
Assai più de Ranaldo nella vista,
Alta da l'elmo si levò la vista,
Pur li cognobbe 'l patre in prima vista.
Ben lei cognobbe il conte in prima vista;
Coperse il suo pensier con falsa vista.
Se drittamente ho ben la carta vista,
Onde a Ranaldo uscì presto di vista.
Una più strana mai non ne fu vista
Vien biastemando e sotto ben se acosta,
Il falso saracin monta a la costa
Via per il petto e per la prima costa
Ella ben presto alla ripa s'accosta,
Ma sopra tutti Orlando a lei s'accosta
E Brandimarte verso lui s'accosta,
Con quella in mano allo animal s'accosta,
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Pensa tu, cavalliero, a qual s'accosta
Col brando in mano alla serpe se accosta,
E poi col brando in mano a lui se accosta;
Ma con molto ardimento a lui se accosta
E lui se parte, ed al campo se accosta,
Senza smontar d'arcione a lei te accosta,
Or vien adesso e con meco te accosta. Vieni oltra, vieni, e a tuo piacer te accosta. E la farsata al capo ben gli accosta,
Dicendo: - Poco lo avantar ti costa;
E prestamente scese la gran costa;
Benché la voluntà tenia nascosta;
Presso alla fonte di fronde nascosta;
Così dicendo da Astolfo si scosta,
Marfusto un colpo solamente aposta,
Non restarei di correre a mia posta.
Poi che adocchiato ha sempre quella posta.
E il primo colpo a mezo il collo aposta.
Come venisse per scontrarlo a posta,
E tra la aperta bocca il colpo aposta,
E dietro a meza coscia il colpo aposta.
Quando io stavo occupato ad altra posta;
Come te piace ormai vieni a tua posta,
E, vòlto, disse a lui: - Vieni a tua posta. Dicendo dopo il suon: - Vieni a tua posta,
Nel foco voglio intrare a ogni tua posta;
E fece alla regina la proposta,
E da mia parte fa questa proposta.
Bradamante lo segue, ché è disposta
Io tutta al giovanetto ero disposta,
Che avea l'alma a sospirar disposta,
E poi che la tua mente è pur disposta
Davanti a Carlo attendia risposta.
Che Atalante facesse la risposta,
Io vi promisi contar la risposta,
Ranaldo fece al conte aspra risposta,
Gli fece minacciando aspra risposta,
Il castellano senza altra risposta
Brandimarte non fece altra risposta
Ma quel superbo non fece risposta,
Ebbe subito grata e tal risposta,
Non pone a speronare alcuna sosta,
Di esser sopra lo arcion senz'altra sosta,
La scala apoggia e monta senza sosta.
Ed a lei disse: - Fa che senza sosta
Né più fece Aquilante indugia o sosta,
Più non se dette al fatto indugia o sosta;
Che più non pose a l'ira indugio o sosta,
E non prendendo al lungo corso sosta,
Perché lui stesso a suo modo l'ha fatta;
Fuor ne venìa la bestia contrafatta,
Forma non fo giamai più contrafatta,
La esperienza fo più volte fatta;
Come, cacciando alla selva disfatta,
Or dentro quella selva aspra e disfatta
Rimase Bradamante satisfatta
Qual poi sempre fo insegna di sua schiatta,
Stimando generosa far sua schiatta
Come fu al campo, intorno ha la baratta
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166
Oh come bene intorno se sbaratta,
Onde alla gente che venìa sì ratta,
E di tal forza andava e tanto ratta,
Ché, correndo il cavallo a briglia tratta,
Già Brandimarte avea sua spata tratta,
Sta quella dama di sua mente tratta,
Tutta la istoria sua vi era ritratta
Avea la insegna di novo ritratta,
Subitamente scocca la saetta,
E torna e volta, e sembra una saetta.
Rugiero il segue, e sembra una saetta,
Su corre al poggio, e sembra una saetta;
E lui fuggendo sembra una saetta.
Che apena è più veloce una saetta.
Giù per quella acqua come una saetta
Serìa scappato come una saetta,
Passa ne l'acqua, e pare una saetta,
Uno uccel che volasse, una saetta,
Come dal cel scendesse una saetta,
Voltosse Orilo e parve una saetta,
Perché, quale è di foco una saetta,
Lei sembrava dal celo una saetta,
Sembrava proprio al corso una saetta
Ch'a pena l'avria gionto una saetta.
Sopra a Baiardo, che sembra saetta,
D'arco de Turco non esce saetta
Anci sembravan folgore e saetta,
E via correndo va come saetta,
Perché lor van legier come saetta;
Da l'una parte a l'altra se saetta.
Come cerva ferita di saetta,
E corse forse un tratto di saetta;
Così veloci, né dal cel saetta,
Ma quando pioggia e vento il cel saetta,
Come fùlgor del cielo, o ver saetta,
Ora fùlgore, or trono ed or saetta,
Ove era la battaglia, e un suo trombetta;
Questo era Fugiforca dalla cetta,
Il re di Constantina e quel di Cetta,
E prende ad ambe mani una gran cetta.
Che di quella canaglia maledetta
Deh sta, ti dico, bestia maledetta! Ma tu, gente pagana maledetta,
Ma tanta era la folta maledetta,
Sì grande fu la botta maledetta.
La persona incantata e maledetta,
Di quella gente brutta e maledetta;
L'anima del tuo patre maledetta
Menava via la gente maledetta.
Che move quella gente maledetta;
A furia vien la gente maledetta;
Ché tutti quanti, gente maledetta,
Non fo mai gente tanto maledetta;
Quando Rugier, che stava alla vedetta,
E Brandimarte stava alla vedetta.
E giorno e notte stava alla vedetta.
Stati voi sopra a' merli alla vedetta.
La turba sta d'intorno alla vedetta,
Lui si stava ben scorto alla vedetta;
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Il baron nostro sta su la vedetta:
Là dove del gran ponte ebber vedetta,
Suona la tromba e meco versi detta;
Più tempo perde e mai non fa vendetta:
Sopra di voi serà la mia vendetta,
Se non giura di far la mia vendetta;
Era ad un colpo fatta la vendetta.
Sopra di lor discese la vendetta,
Facea del suo dolore aspra vendetta;
Per far de' Saracini aspra vendetta.
Di far del suo figliolo aspra vendetta,
E sopra a gli altri fa la sua vendetta,
Perché scordata se è la sua vendetta.
Male indugiava a far la sua vendetta;
Più che ancor fosse, a far la sua vendetta.
Voluntaroso a far la sua vendetta.
E- destinato a far la sua vendetta.
Qual Feraguto a far la sua vendetta.
Non fia disfatta almen senza vendetta! E, destinato di farne vendetta,
Onde adirati, per farne vendetta
De il colpo ricevuto fan vendetta,
Per far de tanti oltraggi alfin vendetta:
Per morir presto o far presto vendetta.
Quando con lui potesse far vendetta.
Che gli tagliano tutti a pezzi e a fetta:
Di qua di là gli taglia a pezzi e fetta,
Che non si trova né pezzo né fetta
Ormai non vi è di lor pezzo né fetta.
E chi più può, col brando e Nigri affetta.
Vi tagliarò col brando in pezzi e in fetta,
Che non ha il mondo bestia più perfetta.
E ciascun colpo fuoco e fiama getta.
Ma quello Urnasso e dardi in terra getta,
Prende le braccia e quelle al fiume getta.
E da la ripa nel fiume se getta:
Ranaldo incontinente in mar se getta,
Rugier de un salto in mezo a lor se getta
Questo barbuto, e terrammi suggetta,
Come era armato dentro il lago il getta.
Ciascun privar se sa de cosa abietta:
Senza l'aiuto di quella cuccietta;
A Brandimarte fu dato la eletta:
Ebbe veduta quella rama eletta,
Andogli il core a quella pietra eletta,
In altrui meglio una mia cosa eletta;
Questa è ben tutta quanta gente eletta
Che a quella impresa è tutta gente eletta;
Io vo' trar for la citera più eletta
Così mirando quella se diletta
Né vedrò mai colui che mi diletta?
Poi che il mio canto tanto a voi diletta,
Non trova cosa quivi che 'l diletta;
Tanto il fiato de l'un l'altro diletta.
Di qua di là girando la isoletta;
La damigella venne a lui soletta,
E dietro al cavallier par che se metta,
Non val che parli, o che in mezo se metta,
Par che la mazza a lato se rimetta,
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Che par che nello inferno il cel si metta
Da Tripoli e Bernica e Tolometta
La prima armata vien di Tolometta,
Di lui rimase la sua sella netta.
Benché lontana sia la giovanetta,
Di Angelica, la bella giovanetta,
Così dicea la bella giovanetta,
E più dai preghi della giovanetta,
Ma poi piangendo quella tapinetta
Ma quel demonio niente l'aspetta,
Ma il conte l'ha assaggiato, e non l'aspetta.
Ma giamai Sacripante non l'aspetta,
Già Daniforte ponto non la aspetta,
Cridando: - Volta! volta! Aspetta! aspetta! Né quivi alcuna de le dame aspetta,
Ché il re Agricane a battaglia me aspetta. Tristo è il pagan che nel campo me aspetta! Quivi il re di Canara anco se aspetta,
Che l'una l'altra apena non aspetta.
Che l'una botta l'altra non aspetta.
Che l'una botta l'altra non aspetta;
Chi può fuggir, nel campo non aspetta.
Che io vi so dir che l'altro non aspetta,
Quel fugge e sguincia, e ponto non aspetta,
Ma quel ribaldo ponto non aspetta,
Che, se Parigi aiuto non aspetta,
Sopra di quella il suo Ranaldo aspetta.
Ché bene è paccio chi il secondo aspetta.
- Mentre ch'io parlo, - disse il vecchio - aspetta,
Corse Aquilante a Grifon che lo aspetta,
Fermo il gigante in su duo piè lo aspetta
Avanti al conte: tristo chi lo aspetta!
Ranaldo fermo il grande uccello aspetta,
Però si sta ridendo, e quello aspetta.
Baiardo pur va inanti e non lo aspetta.
Già Mandricardo ponto non lo aspetta,
Grifone il falso ponto non lo aspetta,
E tutta quella gente solo aspetta,
E sol la mossa al terzo suono aspetta.
Ben vi so dir che ogniomo intorno aspetta
Trista sua vita se quel colpo aspetta!
Perché qualunche ha tempo, e tempo aspetta,
Sappialo dir colui che il tempo aspetta:
Ma come fa qualunche il tempo aspetta,
Alor sta lieto, ché 'l bon tempo aspetta.
Ché più che voluntier l'un l'altro aspetta.
E che Argalia se svegli, attento aspetta;
Ché assai sua pena gli era men dispetta,
Menava ad ambe mano, e per la fretta,
Lei con li sproni il suo destriero afretta,
E de ferire a l'uno e a l'altro afretta;
Poi salta dell'arcione in molta fretta,
E mena del bastone in molta fretta;
Rivene il cavalliero, e in molta fretta
Ferendo ad ambe man con molta fretta,
Ma Rugier se voltò con molta fretta,
Che menavi a ferirme tanta fretta,
Quel bon destrier che va con tanta fretta,
E segue Trufaldin con tanta fretta,
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E cominciò a ferir con tanta fretta
E non mostrano ormai cotanta fretta,
E mettia nel ferir cotanta fretta,
Ed abbia molta voluntate e fretta
E tanto nel ferir ciascun s'affretta,
E quanto il corso più veloce affretta,
Vedete qua il messaggio che me affretta,
E mentre che a girarse più se affretta,
E più de colpeggiar ciascuno affretta;
E cominciano il gioco con tal fretta,
De gionger alla pianta avea gran fretta;
«Costui ha di morire una gran fretta,
Ben dirà Carlo ch'io venni in gran fretta
Si mosse di Marsilia con gran fretta,
Verso Marfisa volta con gran fretta,
E foco e ferri e pietre con gran fretta
Onde a pigliarla corse con gran fretta;
Contra di lui se mosse con gran fretta.
Portavan alle nave con gran fretta;
Poi lo caccia cridando con gran fretta.
Così la dama, che avea maggior fretta
O se altra cosa va con maggior fretta.
Se vede in terra bestia o ver carretta,
Che ardisca far con lui battaglia stretta:
A gire avanti, ove è la folta stretta.
Ove è più folta la battaglia e stretta,
Era battaglia sì crudele e stretta,
Con la faccia suave insieme stretta,
E ben mez'ora a sé la tenne stretta,
"Chi passa quivi, arà di morte stretta,
Muggiavan molte fiate per gran stretta,
Perché in eterno mai non se rasetta
Ogni sua schiera di novo rasetta;
Che portava Mordante e la sua setta;
Ora ecco un altro, che ha nome Falsetta,
Sprona il destriero e la sua lancia assetta.
Ver Rodamonte la sua lancia assetta.
Sopra Baiardo a gran fatti se assetta.
E sotto un verde lauro ben se assetta,
Ma, mentre che ciascun di lor se assetta,
Or vieni, Amore, e qua meco te assetta,
Oh quanto sé a battaglia meglio assetta
E nel suo loco quella se rassetta;
L'elmo alacciato e posta la barbuta,
Che batter li fie'il mento alla barbuta:
Qual dileguò in tal modo la barbuta,
Ed ha la faccia orribile e barbuta;
A prender cosa che gli sia caduta;
Che de l'un male in l'altro era caduta;
Quando la vidde alla terra caduta,
Come la fiera a terra fu caduta,
Già molto tempo non l'avea veduta:
Ché poco longe una erba avea veduta,
Smarito è mo che in faccia l'ha veduta.
Concede che dal sole io sia veduta,
Rainaldo, che ancor lui l'ebbe veduta,
Ma nova cosa che egli ebbe veduta,
E la donzella ha sopra a sé veduta,
Che ogni taverna che avesse veduta,
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Che chi l'avesse con gli occhi veduta,
Come fu dentro ed ebbemi veduta,
Ma come il vecchio m'ebbe qui veduta,
E d'altri panni ornata e proveduta
Più strana bestia mai non fu veduta.
Quel tristo spirto, e più non fu veduta;
Credia nel tutto di averla perduta.
Pensando che era l'anima perduta
Pur, per salvar quella anima perduta,
Forza né ardir, se mia dama è perduta?
Ché ogn'altra spene è ben per me perduta! De averlo è la speranza ormai perduta.
Poi che crede la dama aver perduta;
Qual racquista la vita ancor perduta.
Passava un cavalliero in vista arguta:
E tanto a quel parlare Idio l'aiuta,
Per tema avria cridato: "Aiuta! aiuta!'
Se Dio per sua pietate non ce aiuta,
- Morte, - diceva - o tu, morte, me aiuta,
E diceva piangendo: «Or chi me aiuta
Meravigliosse e disse: "Iddio me aiuta!
Ben de altro pasto il suo fuggire aiuta;
E sol piangendo il suo dolore aiuta.
E ciascun de ferirla ben se aiuta:
Di presto vendicarse ben se aiuta:
Ma sol fuggendo ciascadun se aiuta.
Ranaldo sol pregando Idio se aiuta:
Lei speronando de arivar se aiuta,
Se Dio per sua pietate non ve aiuta. Ma sempre a' bisognosi il celo aiuta,
Se forse quella fata non lo aiuta;
Se Dio per sua pietate non lo aiuta,
Ma certo è morto, se altri non lo aiuta.
Maglia, né piastra, né sbergo lo aiuta,
Ma sol de basi me tenea pasciuta,
Né d'altro che di fronde era pasciuta.
E Malagise, che l'ha cognosciuta,
Ben prestamente l'ebbe cognosciuta;
A benché tu non m'abbi cognosciuta,
Che omo non ama e ciascadun riffiuta;
Il parlar dolce di colei rifiuta.
Accioché sappi la cosa compiuta,
Essa con riverenzia li saluta,
In questa forma quei baron saluta:
Cortesemente Orlando lo saluta.
Lei per quel colpo niente se muta,
E poi perché Dio vôl che quel se muta;
Sei volte il giorno di corno se muta;
Or su l'un piede, or su l'altro se muta,
Lui ne la faccia subito se muta,
Tutto nel viso e nel pensier se muta.
E la allegrezza in gran dolor se muta;
Con l'elmo in testa non l'avea temuta,
Ma da dritta ragione amor mi muta,
La fiera faccia di color si muta,
Al Fonte che de amore il petto muta,
E via pelava sua barba canuta,
Macra nel volto, orribile e canuta,
Che fu da' nostri antiqui mantenuta?
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Perché la cuccia al corno sia venuta.
Poi che fu il spirto e l'anima venuta,
Già davanti una vecchia era venuta,
Perché oramai la sera era venuta,
Io già prima de lui ne era venuta
Che per cercarla al bosco era venuta:
Che sopra Brigliadoro era venuta;
La ardita dama aponto era venuta
Mai non serebbe in quel loco venuta,
Col palafreno in mezo fu venuta.
L'ale avea grande e la testa cornuta:
Ché! dico io, adunque fia abattuta
Quando fu gionto alla selva fronzuta,
Giù per la barba gli cadea la bava,
Ché in forma de donzella lo gabbava:
L'Argalia forte in mente si turbava,
Ed alla via più presto se attaccava,
Chi di qua chi di là ciascun toccava;
E de Fusberta a lui spesso toccava.
Disconzamente in terra il trabuccava.
For della sella netto il trabuccava:
(Eccetto il re, o se altri lui ne cava)
E tutta nostra fede predicava,
Né alcun vantaggio vi se iudicava;
Perché ebriaco ogniomo il iudicava.
Ciascun fuor de intelletto il iudicava.
E l'uno e l'altro prodo iudicava,
La folta sempre più multiplicava
A cotale atto se dimenticava
Che ogni altra cosa alor dimenticava;
A poco a poco la lena mancava.
La speranza de uscirne gli mancava,
Ché de la chiave in mal ponto cercava,
Esso tremando alla terra cascava,
Se per lui stesso a terra non cascava.
Chi qua chi là per el campo cascava,
Or, come io dico, la fata pescava,
Visto ebbe un vecchiarel che ivi pescava:
A suon de trombe quivi se trescava
Ciò che vedeva che al conte gradava,
Come la Fauna di questo si addava,
Perché alcun cavallier non se fidava
Che nudo alla battaglia lo sfidava,
Ché ogni percossa gran pena li dava,
Tutta la gente di fuora cridava:
Ad alta voce Marfisa cridava
Or mio marito alla porta cridava,
Saldo, brigata! - a gran voce cridava;
Sempre Ranaldo a gran voce cridava:
Esso fuggendo a gran voce cridava:
Un cavalliero armato, che cridava,
Ma il cavallier di là forte cridava:
- Non andar, cavallier! - forte cridava
- Al ladro! al ladro! - sempre mai cridava,
- Via! Via, canaglia! - dietro li cridava;
- A l'arme! a l'arme! - ciascadun cridava.
- Adosso! adosso! - ciascadun cridava;
Sta, per Dio! queto, - ciascadun cridava,
Fuggia nel bosco. - Ahimè tristo! - cridava
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- A l'arme! a l'arme! - per tutto cridava.
Che poca cura di questa si dava.
Il re Marsilio l'ultima guidava,
Che molta gente sopra vi guidava.
Da Balisardo al ponte lo guidava.
Certo Arcimbaldo alla terra n'andava,
Che se a quel modo fuora se n'andava,
Un altro cavallier, che a caccia andava.
Che Iroldo in quel boschetto a caccia andava,
E sopra ad essa la fiumana andava;
La barca a poco a poco in terra andava.
Ogni omo attende se per terra andava.
Se accorse che sua gente in volta andava,
Poi vi dirò la cosa come andava,
Or Rabicano a gran furia ne andava,
Ma per la tomba ascosa me ne andava,
Or, seguendo la istoria, io me ne andava
Ciascuna schiera in ordine ne andava,
Ché tuttavia Morgana se ne andava,
Quella gente de Spagna se ne andava
A casa de Tisbina se ne andava;
E con roina adosso a lui ne andava;
Or questo cervo pascendo ne andava,
A tutta briglia fuggendo ne andava;
E via per l'aria con esso ne andava;
Anci correndo a quel prato ne andava,
Verso la voce tacito ne andava;
E quanto ne pô gir, tanto ne andava,
Quel grande occello, e verso il conte andava,
Onde ella a poco a poco a morte andava,
Dapoi che il conte intese dove andava
Ciascun voluntaroso in Cipri andava,
Brandimarte ancor lui dietro si andava,
Ché, come prima odì chi la mandava,
E minacciando pugna adimandava.
E la promessa fede adimandava;
E perciò ciascun l'arme adimandava.
Il nome de la matre adimandava:
Che per mercede e grazia dimandava
E quanto più la dama dimandava,
Suonando il corno, pugna dimandava,
De la filiola poi lo adimandava,
Chiama sua gente e l'armi dimandava,
Il conte de novelle il dimandava.
Ciascadun di novelle il dimandava,
Ad uno araldo Astolfo dimandava
E dà risposta a chi lo dimandava,
Al cavalliero aiuto dimandava.
Il ponte ch'io t'ho detto mi mandava,
Né satisfatto a quella che 'l mandava;
Ed al demonio se racomandava,
Ella piangendo a Dio se accomandava,
A questo schiavo me ricomandava,
Ed esser presto se altro comandava.
Il conte la cagion gli domandava.
Per un suo trucimano il domandava,
Il giovanetto per quel bosco andava,
E nel bosco più folto errando andava.
Seguendo il vecchio che fuggendo andava.
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Come lui vide che a passarlo andava,
E per ella sligare al pino andava.
Il conte prestamente al pino andava.
Con molta fretta quel correro andava:
E sopra de lor duo sempre abondava,
Molta ricchezza, de che egli abondava,
E per sua gente ancor, che gli abondava,
Tanto pianto ne li occhi gli abondava;
Tanta la gente adosso gli abondava.
Quattro giganti sempre la guardava.
A sé d'intorno la selva guardava,
Come colui che alle dame guardava,
Che facean sbigotir chi gli guardava;
A tradimento, ché io non mi guardava,
E la battaglia fiera riguardava,
Marfisa avanti agli altri riguardava,
Che per gran meraviglia il riguardava;
Con incredibil cura si guardava
Orlando dalla fonte si guardava,
E l'uno e l'altro in viso si guardava;
Standosi ingenocchione il cel guardava,
Re Balugante, che in viso il guardava,
La damisella Ranaldo guardava,
Tacendo, un pezzo Ranaldo guardava,
A ciò che sente d'intorno, guardava:
Con quel grande occhio d'intorno guardava.
Tutta la gente che intorno guardava
E pure adietro spesso risguardava.
Ma dolce molto il cantare acordava;
Or nel presente non se racordava
Mostrando che di lor si racordava.
Né di lor guerra più si racordava.
Alla donzella, che la ricordava,
Né de esser quivi lei se ricordava:
Né dove fosse alor se ricordava;
E dal fianco la spada denudava,
Ma quella fatason che li creava
Perché ciascun de intorno l'aggraffava.
Il conte con Marfisa s'azuffava,
Onde a sua voglia il vecchio se piegava,
Al fin quel vecchio re pur se piegava;
Che il caduto baron presto legava.
E il vescovo aiutò, che se anegava.
Ranaldo strettamente la pregava
Del baron teme, e sol per lui pregava.
Il dio d'Amore e tutto il cel pregava,
Ma la sua dama piangendo il pregava
Ma con voce pietosa lo pregava
E poi cortesemente lo pregava
Che ora da un canto, or da l'altro pigava,
Come sapea ben far, lo alosingava,
Gli stava avanti e non si dilungava;
E sempre la battaglia prolungava;
L'acqua incantata quivi si vargava
E mille volte la dama baciava;
Ma e piedi al duca e le gambe baciava,
Nel contrapasso l'un l'altro baciava,
E l'elmo prestamente li slaciava,
E tutte fuor de l'uscio le cacciava;
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174
Bevendo a quella, amor da sé cacciava,
E fugge ciascadun che mo cacciava,
Ché ciascun de pigliarla procacciava,
Ed averla per moglie procacciava;
Chi de provarsi a l'arme procacciava,
Or questo, or quel di tre spesso cacciava;
Ed intorno alla fonte solacciava;
E di dargli la morte minacciava
E con aspre parole il minacciava
A quel gigante crudo minacciava:
Che a sostenirlo più non lo impacciava,
E ciascadun più stretto se abracciava,
Di tutta forza al tronco s'abbracciava,
La dama con la mano il breve alciava,
Col scudo in capo, e gli occhi non alciava,
Onde la zuffa qua se cominciava,
Or la battaglia dura incominciava:
L'altro grifone il gigante lasciava.
E già per questo Orlando nol lasciava.
E così strangosciato lo lasciava,
Che già del tutto Angelica odiava.
Lui temea Trufaldin che lo odiava,
Esso temea del vento che soffiava,
Io stavo queto e pur non soffiava,
E tutto il campo intorno biancheggiava
Mentre la dama intorno il maneggiava;
E tutto come un foco lampeggiava,
E il sangue sopra l'arme rosseggiava.
Quando in tal modo Astolfo braveggiava,
E dentro dalla rocca lo aloggiava.
Or giallo, or rosso, e sempre lustrigiava.
E l'una gamba e l'altra se avingiava,
Ranaldo già niente indugiava,
Che il giardin tutto in esso se specchiava.
Come io vi dico, e sempre il soperchiava,
E certamente per mezo il tagliava,
Ambe le branche ad un tratto tagliava.
Ché, come la fanciulla se svegliava,
Tanto andò, che la dama se svegliava,
Qual di bontate vi rasomigliava?
Ma ad angelo del cel rasomigliava.
Or, come io dissi, la spada pigliava;
Poi per le chiome la dama pigliava,
Che la ventura che il conte pigliava
Ma che sia preso si meravigliava,
Onde forte ciascun meravigliava,
Perché l'altro gigante lo anoiava;
E sempre maggior colpi radoppiava;
Quando Ranaldo l'altro radoppiava.
Or quel monstro crudel ben furiava;
E quel, forte mugiando, furiava
Un'altra volta, come desiava,
Ma tanto ne la mente desiava
E Puliano alla bandiera blava
La qual forte stridendo zuffelava;
Maledicendo il cel, tutte pelava;
Così dicendo alla porta callava,
Per una scala di marmo callava
Per l'erba, come biscia, sdrucellava,
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175
Con le penne aruffate zuffellava,
Il drago smisurato zuffellava,
Olivieri e il re Carlo martellava.
Che l'aria per de intorno sibillava,
Era il sol chiaro e a l'ôra sventillava
Fuor de l'elmo la vampa sfavillava;
E di vederlo tutta sfavillava,
Ma dibattendo forte la crollava,
E giù cadendo per l'aria volava.
De non veder la bestia che volava;
Questo che io dico tuttavia parlava,
Così con seco tacita parlava,
Intende che la dama che parlava,
Ma pur Iroldo alfin così parlava:
Mentre che quel paron così parlava,
Come colui che molto ben parlava
E giù tornando, a Ranaldo parlava
Quel gli chiedeva, e sol di ciò parlava.
Che indietro a poco a poco rinculava;
Re Rodamonte, che tanto l'amava,
Un altro giovanetto ancor l'amava;
Che questo è Orlando, ed Angelica amava,
Che a un tempo meco questa falsa amava,
Colei che più che la sua vita amava,
Quel molto più che sua vita me amava,
Or questa dama assai Grifone amava
Se, più che 'l conte lei Grifone amava;
Ma perché forte il suo ronzone amava:
Però che ciascadun tanto se amava,
Che più che la mia vita assai te amava:
Odì re Carlo, che a voce chiamava:
Marchino, il sir de Aronda, se chiamava.
Per nome l'Argalia forte chiamava:
Ma la donzella a gran voce il chiamava:
Come lo vidde, il conte lo chiamava,
Tutti e suoi cavallier presto chiamava,
E il suo caro diletto ognior chiamava.
Avendo in odio quella che egli amava.
Ed egli ad uno ad un tutti gli amava,
Lui fuor di modo più che inanzi amava.
Della donzella, e lei lui poco amava;
Per quella cosa che più al mondo amava,
Onde la fata, che tanto lo amava,
Perché con tutto il cor tanto lo amava
Ode la voce che cotanto amava;
Quale io te dissi che cotanto amava,
E gli altri tutti che cotanto amava,
Ch'el trovi Orlando, che cotanto amava.
E nel suo ragionar l'aria tremava;
Perché la lingua col cor li tremava,
Or tu pôi mo pensar se io biastemava,
E Gambone adirato biastemava
Or di tanta allegrezza lacrimava,
La damigella come lacrimava;
Ma giorni e notti sempre lacrimava,
Con lui teneramente lacrimava,
Però piatosamente lacrimava,
Verso e pregioni. Ciascun lacrimava,
E Marfisa tacendo lacrimava,
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176
Ma la luna e le stelle biasimava,
Ma non già il conte, perché egli estimava
Amore ed ira il petto gli infiammava.
Che alor alora tutto se armava;
Per la gran gente che a furor se armava;
La dama di sua mano il disarmava,
Anci di doglia ognior si consumava,
Stava coperto e la spada menava,
Di lei se fece e sua lancia menava.
E l'uno e l'altro a tal furia menava,
E quel de intorno a gran furia menava,
Con l'ale aperte, e gran furia menava,
Ma piastra e maglia alla terra menava,
Ed un gran colpo de spata menava.
Non dimandati se fretta menava.
Ma più de gli altri gran fretta menava
E lo Argalifa le gambe menava,
Chi contarebbe e colpi che menava?
Ma colpi roinosi se menava:
Lui l'uno e l'altro de' bracci menava
Lui quanto più puotea si dimenava,
Adosso al conte gran colpi menava;
Or l'uno e l'altro gran colpi menava;
Ché quello a questo e questo a quel menava,
Ed alla rocca qua suso il menava.
Il conte ad ambe mano anco menava
Ed un gran colpo a quel tempo menava,
Con tal furore ad Olivier menava.
E seco due grifoni incatenava,
Che quasi gli occhi a lacrime bagnava;
Il viso al cavallier tutto bagnava.
E Feraguto a ciò l'accompagnava;
Se del giardino uscir non gl'insegnava.
E quasi ancor de andar se vergognava,
Ché di se stesso assai si vergognava.
Che lo prendesse, se gli bisognava.
Gionse Grandonio, e ben gli bisognava,
Li dette aiuto; e ben gli bisognava.
Né molta finzion gli bisognava,
Ma questo dubbio non gli bisognava,
Voler morir per lei, se il bisognava;
La notte oscura già s'avicinava,
E poca gente se gli avicinava;
Però la guardia nova se ordinava
Quella catena a modo se ordinava,
Lasciò quell'altra, e già via caminava;
(Partano il saracin se nominava),
Locrino il cavallier si nominava,
Perché color che costui nominava
Che d'ôr tutto il giardino aluminava.
E col carbone avanti alluminava,
La bella gente il poggio alluminava.
E l'una e l'altra orecchia tintinava;
Chi quella batte a caso indivinava.
Ad Agramante il bel corno donava,
Mentre che tra costor se ragionava,
Grifon verso Aquilante ragionava:
Mentre che 'l frate così ragionava
E così lacrimando ragionava:
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177
Così piangendo il vecchio ragionava;
Così con seco istesso ragionava
Il conte seco stesso ragionava,
E dalla dama, che ancor ragionava.
Che, pur fuggendo, indarno il speronava.
A gran furore il suo corno sonava,
Tre cantavano insieme, e una suonava
Perché qualunche il bel corno suonava,
Che incontinente un gran corno suonava;
A suo piacer Baiardo governava.
Una dama quel regno governava,
A rivedere Angelica tornava,
Come lui fugge, e lei dama tornava.
Per la gionta de Orlando, ora tornava,
Trottando forte, alla torre tornava;
E con vergogna sempre ritornava.
Subitamente al fonte ritornava;
Ciascun sopra del ponte ritornava,
E poi con fretta adietro ritornava.
Via va cridando, e mai più non tornava.
Di qua di là gran gente se adunava:
Tutta la gente quivi se adunava,
Re Sacripante sua gente adunava,
Minacciando sua gente radunava.
E d'un de gli occhi alquanto stralunava.
Che gente è questa che quivi accampava.
L'anima, il petto e il spirto li avampava;
Con due catene quella si sbarava.
Quel libro, a chi lo legge, dichiarava
E l'alba in oriente se schiarava:
Turpino affirma che il conte de Brava
Or la baruffa terribile e brava
Venne alle spalle del conte di Brava,
Fuor di se stesso, quel conte di Brava.
Or che direbbe il gran conte di Brava,
Volse mostrare il gran conte di Brava;
Primo di tutti il gran conte di Brava
Or, come io dissi, il bon conte di Brava
Ora fia morto il bon conte di Brava,
Tra lor se cominciò zuffa sì brava,
Con quella dama che una ombra sembrava,
Ché proprio odir la voce gli assembrava
Ma pur indugiar deliberava.
Sì ciascun de veder desiderava,
Sua forza in vano poi se adoperava.
Ché Rodamonte sì se adoperava,
In quei tre lochi ogni om se adoperava;
Se ciascun de essi ben se adoperava,
Via più che li altri e sproni adoperava.
Ed in conclusion tanto operava,
Ed a se stesso se lo improperava,
Il superbo Agrican se disperava
Con più nequizia ognior se disperava;
Ma quel che è peggio ed ancor più m'agrava,
Ranaldo fuor di modo se allegrava
E certo conscienza assai me grava,
- O re Gradasso, se forse te grava
Quel che si fa per ben, Dio non aggrava,
Or vedon Trufaldino, e non li grava
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178
Sì lunga istoria dirti ora mi grava,
Sì che rispose: - Dama, non mi grava
E quel, qual sopra a tutto il cor mi grava,
Ché voglia ho de ascoltar, se non ti grava. Che del mio dispiacer tanto ti grava,
E dicea: - Cavallieri, or non vi grava
Che il non essere amato non disgrava.
Che tutta integra atorno l'agirava;
E l'occellaccio d'intorno agirava,
Che al verde piano intorno lo girava;
Fuor de ogni altro pensier quella mirava.
Quanto potea nascoso, lo amirava;
Mentre che attento alla fata mirava,
Se sopra a l'acqua ponto rimirava,
Alciando il capo nel specchio mirava.
E Bradamante, che questo mirava,
Vidde la gente che là su mirava,
Il franco cavallier ben sospirava,
A quel dolor che a morte la tirava,
Rugier alora adietro se tirava,
Che là Rugier di sopra dimorava.
Dove Ordauro al presente dimorava;
Ora quest'altra già non dimorava,
Che avea campata, seco dimorava.
De ogni virtù che nosco dimorava;
Che esso nel campo al basso dimorava,
Chi de una cosa e chi d'altra onorava,
Per robba, o per virtute se onorava:
Dando soccorso a quella anima prava;
La tua codarda prova, anima prava?
E, come volse la fortuna prava,
Stavvi una meretrice iniqua e prava,
Percosso da fortuna tanto prava?
E così a lei Brandimarte narrava
Senza che altri la tocchi, se serrava.
Ora la porta più non se serrava,
E le genocchie sì forte serrava,
Torna di fora, e le porte serrava.
Or, mentre che la porta si serrava,
Ogni picciol pertugio vi serrava,
Una gran pietra quel buco serrava.
Il conte prestamente lo serrava,
La sepoltura a forza disserrava,
Ed ancora esso per forza atterrava;
Più non pensando, al ponte se ne entrava,
Colse, ma poco dentro ve ne entrava,
Perciò che sempre che alla torre entrava,
E, come Usbego, il mio marito, entrava,
In questa logia il cavalliero intrava.
Proprio alla vista il duca l'incontrava,
Angelica la bella l'incontrava.
Ché proprio nella strata se incontrava
Alor che con Astolfo se scontrava,
Con la testa alta Astolfo riscontrava.
Ma pur con tanta furia lo inscontrava,
Or combatte a ristretto ed or giostrava,
Malanconosa in vista me mostrava.
Né pel di barba, o poco ne mostrava;
Che una selva de abeti se mostrava;
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Abenché il sole ancor non se mostrava;
Un bel palagio ricco se mostrava,
E tutto quanto ignudo se mostrava,
Però che or verde, or negro se mostrava,
Da quella banda che se dimostrava.
Che poco longi un foco dimostrava.
Ma per la notte non lo dimostrava;
Guidardon de l'amor che gli mostrava,
E di tal noglia piena si mostrava,
Né già Ranaldo stracco si mostrava,
Aprendo il muso gran denti mostrava.
Crescere in alcun loco non mostrava.
Qual sopra a' primi Ranaldo mostrava.
A Fiordespina subito mostrava
Di cotal cosa poco se curava.
E di mazzate poco se curava.
Perché esso le ricchezze non curava,
Se quel giardino in tal forma durava,
Se in quella stordigion ponto durava;
La zuffa cominciata ancor durava;
La battaglia là dentro ancor durava,
E la battaglia ancora pur durava.
E prometteva in sua fede, e giurava
Né mai più de impicciarsi gli giurava
Ora non dimandar come io giurava
Piangeva il conte forte, ché pensava
Né prese possa, e sol di lui pensava.
Che, sé scordando, sol di lui pensava.
Ogni partito in l'animo pensava;
La bionda testa in su l'erba posava,
Una ampla e ricca logia se posava;
Né Bradamante ancora se posava;
Il conte sopra a l'erba si posava,
Nel letto incortinato lo posava.
Il forte Uldano sua lancia abassava,
Quel cavalliero alla terra abassava.
Preso due volte, lo orgoglio abassava,
E talor gli occhi alla terra bassava,
Gli occhi dolenti alla terra bassava;
Lasciolla quel leone, e via passava,
Folderico davanti via passava:
A gran furor Ranaldo trapassava,
Così quel giorno e la notte passava;
Per altrui quella porta non se usava,
Queste parole Brandimarte usava
Che la fontana in tal modo affatava,
Per macchie e fossi ascosi se apiatava;
Onde Gambone in tal modo acquetava,
Passƒr, ché alcun la strata non vetava;
Vicino ad essi un barone abitava,
Né de cotal battaglia dubitava,
Lei de essere assalita dubitava,
Né d'altra cosa lui se dubitava,
Ma de entrar dentro il frate dubitava.
Ché star sopra alla nave dubitava;
Così te dico ch'io non dubitava
E certamente ciò ben meritava,
Io qua lo occisi, e ben lo meritava;
Con ogni cavallier che il seguitava;
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E pur Marfisa sempre il seguitava,
E poco apresso Alzirdo il seguitava,
Poliferno ed Uldano il seguitava.
E 'l re pur ragionando seguitava:
E Brandimarte, che lo seguitava,
Ma il conte Orlando non lo seguitava,
Subitamente a giostra la invitava:
E la donzella alla croppa invitava,
Spesso vicino a Ranaldo saltava,
Rugier, che attentamente l'ascoltava,
Il cavallier che a piedi l'ascoltava,
Voltò le spalle e più non l'ascoltava.
Perché il superbo più non l'ascoltava
Orlando sorridendo l'ascoltava
Lui tal parole più non ascoltava
E così andando, ciascuno ascoltava
Quella alle spalle una palma voltava:
Ove era Brandimarte, se voltava.
Come a Dio piacque, il brando se voltava;
Un poco sorridendo se voltava,
Presto Oliviero a questo se voltava,
Marsilio, né Grandonio li voltava,
Ma lui verso del poggio rivoltava,
La giuppa sopra al capo rivoltava,
Ma quando adietro il viso rivoltava,
Né mai le spalle al tutto rivoltava.
Come ella senza sosta si voltava,
E lui, che spesso in dietro si voltava,
Ma spesso a ciascun lato si voltava.
Così dicendo ratto si voltava
L'arco del ponte sopra a lui voltava,
Ma, come Bradamante a lui voltava,
Poi tra la schiera Bagliardo voltava,
E trenta miglia quel cerchio voltava.
Gli occhi abragiati d'intorno voltava.
E già ciascuno il suo destrier voltava,
Ogni uccelletto agli arbori cantava;
Danzava intorno e danzando cantava.
Tutti quanti aspettarli se vantava.
De una donzella che se lamentava.
Con più parole assai se lamentava
Ogniom di quel giotton se lamentava,
Perché Ariante ancor se lamentava
Grifon piangendo ancor se lamentava,
Del falso inganno, e forte lamentava;
Ché quella gente forte lamentava.
La qual piangendo forte lamentava,
Prasildo sì soave lamentava,
Il vecchio patre assai si lamentava,
Perché così piangendo lamentava.
Né il doppio inganno più si ramentava,
A lui davante quello appresentava,
De ciò la dama assai se contentava,
L'altro verso Ranaldo se aventava,
E l'uno e l'altro insieme racontava,
Con più parole poi li racontava
Ed esso a pieno il tutto racontava,
E Feraguto a ponto gli contava
Sì come stava il fatto li contava.
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Poi con gran forza sopra li montava;
Il conte Orlando su l'arcion montava,
Subito a terra anch'esso dismontava;
Come una rana quel fiume notava,
Proferendo se stesso, il confortava,
E ciascadun, pregando, confortava
In un che l'arme e sua lancia portava.
Che per la selva oscura la portava,
E sotto la cintura la portava.
Venne, che al rosso la acquila portava,
In Africa quel vento la portava.
Dal manco braccio la dama portava,
Ché di Costanzo la insegna portava.
Pur de Locrin, che sua insegna portava.
Ora il vecchio la dama ne portava,
Che per insegna le corne portava,
Se al manco lato in bocca se portava:
Maggior baston de gli altri assai portava,
Al destro braccio, come lui portava,
Così legato in spalla sel portava,
Or che li potrà far, che quel portava
Però che Almonte in Africa il portava;
Che intorno al prato fuggendo il portava;
Tuttavia quel selvaggio omo il portava;
Quel Maradasso che il struccio portava.
E con la barca al fondo lo portava,
Né a l'armatura che in dosso portava.
Ed or Ballano, or Chiarione urtava,
Ma pur, quanto la voce li bastava,
Che de un sol cavallier non li bastava,
Colui che in guarda a l'alta rocca stava,
Dove il destriero e la sua dama stava.
Che col destriero a l'altra ripa stava,
Pur tra le sbarre ancor se contrastava;
Che il campion che a l'altra porta stava,
Che a sua presenzia ogni incanto guastava,
Portato in dito, ogni incanto guastava.
Quel vecchio fora nel ponte restava.
Ma Chiarione la lancia arrestava,
Né ancor per questo il brando se arrestava,
Ma seco, così a braccio, come istava,
Che a lato alla baruffa sempre istava,
Stimar puoi, cavallier, come egli stava.
Ma la sua gente che intorno li stava,
E come in tema Angelica si stava
E quel gigante in sua guardia si stava,
E ben sa che in pregione ora si stava.
Né come prima tacita si stava
Malinconiosa e tacita si stava:
Presso la ripa la nave si stava,
Fuor di se stesso in su lo arcion si stava
Ma lui di dietro e ben largo si stava.
La dama, che apoggiata al tronco stava,
Se dal mio lato mai se discostava
Non dimandati come Orlando stava;
Ma Dragontina, che al palagio stava,
Da la guarda del re che intorno stava,
In mezzo Balisardo aponto stava,
Il conte il corno per terra gettava
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Sol le parole che all'acqua gettava
La bella dama nel fiume gettava:
Ne la chiara onda al fiume se gettava.
Longe dal busto il capo li gettava.
Quel maledetto già non l'aspettava,
Con alto ardire Orlando l'aspettava;
Che, se Ranaldo ponto l'aspettava,
E più l'un l'altro già non aspettava.
Così li disse, e più non aspettava,
Già dentro dalla rocca lo aspettava;
Ma per niente lui non lo aspettava;
L'alba serena e il bel giorno aspettava,
E con parlar cortese il salutava;
In diverso animal se tramutava;
E tanto nel voler se tramutava,
E 'l resto a poco a poco tramutava.
Fuor della tasca subito cavava;
Ma la catena a un libro se chiavava,
E sé dal collo in giù tutto lavava,
Poi su le braccia la pietra levava;
E già l'alba serena se levava,
Ecco Antifor de terra se levava
Da mensa pianamente se levava,
Che 'l sole a ponto alora si levava,
Il sole a punto alora si levava,
Che di lei fosse, e dove ella arivava,
Lui forte ansando alle tende arivava;
Ma come aponto in su 'l fiume arivava,
Quando un messaggio in su il fiume arivava.
Tutti eran morti quanti ne arivava;
In poco tempo un barone arivava
Per un messagio che quivi arivava;
Quel gigante crudel quivi arivava:
Un cavalliero armato vi arivava,
L'un dopo l'altro correndo arivava
Ché già quasi Ranaldo lo arivava.
Giù dello inferno, lo ultimo arivava.
A piè de l'alto mur presto arivava,
E sua prodezza poco gli giovava,
Ma contra tanti poco gli giovava:
Ma quel suo dimenar poco giovava,
Ché se un altro elmo in testa se trovava,
Spesso alle spalle ancor se gli trovava;
Quando esso gionse, e quivi mi trovava:
Quando alla rocca non me ritrovava.
Se una mosca con meco ritrovava;
Or quando l'un quell'altro ritrovava,
Se quella bella donna non trovava,
Che forse un altro par non attrovava.
Il conte con più senno si servava;
Per dar nel mur col brando il braccio alzava;
E di bellezza le belle avanzava.
Ma sempre Brandimarte lo avanzava;
Abenché Oberto forte lo avanzava.
Fa che ritorni il male onde se leva. Uno atimo cento anni li rileva,
Così dicendo dal letto si leva,
Or l'uno e l'altro a furia se ne va
Ma se il contrario sua ragione agreva,
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La sera aspetta, e lo aspettar lo agreva,
- Qual cagione hai, - Astolfo gli diciva
Così fuggendo, a la marina usciva
Quello era morto, e 'l sangue fuora usciva,
E con questi altri de la porta usciva.
Ché Rodamonte, che de l'acqua usciva,
A cui del petto fuor quella acqua usciva,
Per quattro porte di quella se usciva,
Una gran gente che del ponte usciva.
Che da l'orecchie e di bocca li usciva.
Che a poco a poco l'anima gli usciva,
Sin che il sol chiaro il giorno non usciva.
Alle sue spalle Teodoro usciva.
E ben da longe de intorno se odiva;
Che di lontan il gran romor se odiva.
Quando la voce del suo conte odiva,
Polindo di parlar già non ardiva,
E l'una in qua e l'altra in là fuggiva;
Tutta la gente torna, che fuggiva.
Dietro il pose alla gente che fuggiva.
Lui gionse il vecchio, che al bosco fuggiva,
Ma nol volse ferir quando fuggiva;
Né mostra de esser quel che mo fuggiva,
La dama tutta via forte piangiva,
Che la sventura sua forte piangiva.
Amaramente quel baron piangiva,
Or, come io dico, sempre intorno giva,
Battendo l'ale basso basso giva,
Il mio marito in camera saliva,
Per questi gradi in cima se saliva
L'un dopo l'altro verso il cel saliva.
Da mille braccie verso il ciel saliva,
Sopra alla nave de un salto saliva,
Un faggio, un pino ed una verde oliva.
Uno alto pino ed una verde oliva.
E seguirovi, sì come io suoliva,
Mirando il viso e sua forma giuliva,
Nel bel pensar de amor qui se adormiva;
E vide Bradamante che dormiva:
Guardano intorno e già niun dormiva.
Tacitamente per l'aria veniva;
Tagliando e dissipando ne veniva.
Marsilio, che sì ratto ne veniva,
Come colui che ciò ben far sapiva.
Ma, come fuor del ponte in terra ariva,
Che io te ragiono; ma il termine ariva
Al bel palagio del giardin se ariva."
Sin che alla scala del petron se ariva,
Quando l'un l'altro ben fermo se ariva,
Che un'altra dama sopra al ponte ariva.
Ma per se stesso chiude chi ve ariva.
La grossa schiera de' nemici ariva:
Perché il serpente già sopra gli ariva
Ecco ventura che sopra gli ariva.
Ecco Ranaldo che sopra gli ariva.
Tanta è la gente che adosso gli ariva.
Trista sua vita se adosso gli ariva!
Ed eccoti un gigante quivi ariva,
Come condotto fu sopra a la riva,
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Levasi il crido e risuona la riva:
E faceano ombra sopra a quella riva
E de amor ragionasse quella riva.
Brandimarte, che stava in quella riva,
Si pose a lacrimare in quella riva,
Perché la torre è posta in su la riva
Ma Brandimarte gionse in su la riva,
Questa cacciando gionse in su la riva
De un colpo a terra il pose in su la riva.
E for di barca uscirno in su la riva.
Tanto che gionse armato in su la riva.
Piangea quel drago morto in su la riva,
Ma dove gionger vôl, mai non ariva;
E se ben presto al tronco non ariva,
Sin che ritrovarai sopra a una riva
In questo ragionar Ranaldo ariva,
E poi se volta e nel scudo lo ariva,
La gente armata sopra al piano ariva.
Che nul zaffiro a quel termino ariva,
Una alta nave dentro al porto ariva.
Che proprio il riguardar foco appariva.
Giacer distesa alla fiorita riva;
Quando fu giunto alla fiorita riva
Chi fia colui che Orlando ben descriva,
Il ponte non bisogna che io descriva,
Quel re comanda alla dama che scriva
Non vo' che mai se dica, o mai se scriva:
Non par che in quel libro altro più se scriva:
Che pensar non si può, non che io lo scriva.
Acciò che tutto il fatto a un ponto scriva,
Pur così quatta per la verde riva
Esso a destriero d'intorno il feriva:
Facendo prove in boschi ed ogni riva,
Quando virtute al bon tempo fioriva
Che ciascun avea frutti e ancor fioriva.
Nel tempo che bellezza più fioriva,
Ché per tal guardo sua virtù fioriva,
Ma di grande ira e rabbia se moriva,
Quasi, guardando, di piacer moriva;
Ecco una porta a levante s'apriva:
Che ponte non callava o porta apriva,
E quella con romore in fretta apriva;
La ripa di quel scoglio è d'erba priva,
Con quella lima la pregione apriva,
Una gran pietra in due parte se apriva;
E l'onda con le mano avanti apriva;
Che avea d'ogni virtù l'anima priva,
Membrando l'alto amor de che era priva.
Ed ogni dama fu de vita priva.
Non vi ha fenestra e d'ogni luce è priva,
Che non sembrasse del suo lume priva,
E de sete e de amor tutto se priva;
Come ella fusse del suo amante priva.
Quella roina della vita il priva.
E de lo animo usato al tutto il priva,
Se quel morir de amor l'alma non priva,
Si resta a casa, ed io di lui son priva.
Quella gran gente la terra copriva
Ciascuna stella nel cel se copriva,
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Pur mo la barba nel viso scopriva.
Ma la ira, che ciascun di senno priva,
Là mi stavo io, de ogni diletto priva,
De onore e de diletto al tutto priva.
Dorme il barone, e nulla se sentiva;
Uno alto muro il campo dipartiva,
La mala gente apresso le seguiva.
E ben ciascun de gli altri lo seguiva;
E lei di mal talento lo seguiva,
E la battaglia più s'accende e aviva.
Tant'ha di foco lui la faccia viva.
Tra ferro e ferro accende fiama viva.
Gettando sempre foco e fiama viva.
Non rimase al castello anima viva.
E di colore assembra a fiamma viva.
Crescendo ad alto quella fiamma viva
A quel petron, che asembra fiamma viva.
Benché gli avesse come fiamma viva;
Sempre gettava foco e fiamma viva,
E un ruscelletto di fontana viva
Né dentro vi lasciƒr persona viva;
Già non la può veder persona viva:
Non vi puotria salir persona viva
E star si vôle insin che serà viva.
- Se questa bestia fosse ancora viva,
Sempre montando per la pietra viva,
Tutta coperta de una pietra viva
Quello era un sasso de una pietra viva,
Nerboso e asciutto, e de una vista viva,
De gettarsi nel fiume a l'acqua viva.
Ed invitato da quell'acqua viva
Spargendo intorno a sé molta acqua viva;
Non vale ad Agrican sua forza viva,
Lasciƒr la dama né morta né viva,
Io non rimasi né morta né viva,
La dama non restò morta né viva,
Come l'avesse avante a gli occhi viva.
Io fui e son tua ancor, mentre son viva,
Né gli vo' caminar per sin ch'io viva;
Ed ha la gente spessa come piova:
Cosa non ho nel cor che sì me mova,
Ché, avengaché Turpino a ciò me mova,
Benché a fatica ciascuna se mova;
Perché tua gente a guerra non se mova. E prima che dal segno alcun se mova,
Qual mai non lascia che Carlo se mova;
E perché meraviglia non te mova,
Né creder che d'adosso occhio te mova,
- Voi non potreti far che indi mi mova! Né trovo che dal petto me rimova
Convien che a sua presenzia se rimova.
Né par che dalla impresa lo rimova
- Saldo! - diceva - e non sia che si mova.
Ponto è Ranaldo: convien che si mova.
Manda a dire ad Alardo che si mova;
Né crediati per questo che si mova,
Stative adunque, e non sia chi si mova;
E per provar di terra non si mova,
Ma fa che questa quindi non si mova
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Onde convien che 'l mondo si commova,
E par che 'l mondo seco se comova;
De alcun vecchio marito beffa nova,
Peccato antiquo e penitenzia nova.
Ben è guarnito ed ha la sella nova,
E l'erbe strane ho còlto a luna nova,
E lasciai proprio che una schiera nova
Ma sol per gire a quella guerra nova.
Se a quei baron parea la cosa nova,
Non era al mondo prima cosa nova;
Perché ciò far non gli era cosa nova,
Come colui che ascolta cosa nova;
Esce improviso, come cosa nova,
Non fu il gran colpo a quel re cosa nova,
Or ascoltati cosa istrana e nova,
Ché a lui par cosa troppo istrana e nova
Per una cosa troppo strana e nova,
Ma crescìa ognora più la gente nova,
Ma a te bisogna far tua gente nova,
Cresce nel campo ognior più gente nova.
Or qua la zuffa grossa se rinova,
Ché quel da morte a vita se rinova
E la condizion qui se rinova;
Ben vi so dir che il gioco se rinova.
Cresce la zuffa e il crido se rinova,
Suonƒr le trombe e il crido se rinova,
Or la battaglia al campo se rinova.
Sempre il sdegno crudel più si rinova:
E disse a lor: - Segnori, io aggio nova
E` forse cosa istrana o tanto nova
Per dimostrar ciascun che fatto ha prova.
E come esperienzia fa la prova:
Forte cridando: - Or se vedrà la prova,
Ora de voi se vederà la prova,
Qual con l'usata perderà la prova.
Insin ch'io torni e vedane la prova.'
Della mia cortesia farne la prova, E se io potessi mostrarne la prova,
E chi nol crede, lui cerchi la prova.
Come fo gionto con seco alla prova,
Ma Rodamonte sta fermo alla prova,
Ma non puote durare a quella prova:
Ma Santaria, che vede quella prova,
Ma il libro insegna vincer quella prova.
Disse a Ranaldo: - Or vederem la prova,
Ché quei di drieto non sapean la prova
Adesso adesso ne farò la prova. Ed altre volte avea fatto la prova.
Come sa dir chi n'ha fatto la prova,
(Come più volte è già fatto la prova)
E sol per questo volea far la prova,
Ché ogniom se affronta e vôl vincer la prova.
Disse Aquilante: - Io vo' veder la prova,
Tutte son false a sostenir la prova:
Poi che visto non ha l'ultima prova
Ma ch'io veda di te l'ultima prova,
Io aggio fatto ormai l'ultima prova
Per far di nostro corso ultima prova:
Ché lui, qual vincer suole ogni altra prova,
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Un'altra volta farem nostra prova.
Or debbe far un re sì fatta prova?
Più volentier si pone a far sua prova.
E meglio è odirlo dir che farne prova,
Che con quattro, dui, tre de andar se prova? Né lo spaventa la dolente prova,
Dove fu fatta la dolente prova,
Come di spada e lancia ad ogni prova
Anci per amendar pone ogni prova.
Chi a destrier corre, e chi l'arme si prova,
Avendo fatto un giovane tal prova.
Non lasciò già per tema cotal prova,
Altrove abatte e fa mirabil prova.
E ben mostrarno il giorno, alla gran prova,
Or par che egli abbi fatto una gran prova,
Per dargli morte pone ogni gran prova.
Chi avria giamai di questo fatto prova?
Tientela certa, e non chieder più prova.
Dietro alle spalle de Agrican se trova.
Lui va cercando quel che non se trova,
Va cercando Rugier, qual non se trova,
Il più fiero omo al mondo non se trova.
Di quella nave che entro al mar se trova,
Che raro in terra un par de lor se trova.
Lui con la lancia il gran gigante trova.
Qual nel presente in India se ritrova,
E se alcun modo o forma se ritrova,
E dove il scampo apena se ritrova,
Poca fermezza in donna se ritrova.
Un altro pare in terra se ritrova! Morto né vivo in terra se ritrova.
Ed alle spalle a quel re se ritrova.
Se radunarno ove il re se ritrova;
Né dentro a l'elmo o altrove se ritrova,
Che alcun simile a te non se ritrova;
Una è leale, e mai non se ritrova.»
Re Sacripante qui non se ritrova,
E poi qual altro al mondo se ritrova,
Ciascuno intorno a Carlo se ritrova,
De la gente che in campo se ritrova;
Tra dame vinto e preso se ritrova.
Ché ciascuna perfetta si ritrova;
Dico Alessandria, ed ancor si ritrova;
Torna nel campo e Baiardo ritrova:
Per saper dove Angelica si trova.
Dov'è una nave, l'altra non si trova.
Ma sino a qui rimedio non si trova
Che dove è un pezzo, l'altro non si trova.
Primeramente Avorio il pagan trova,
Trista la musa che scusa non trova!
Ma prima che vi ariva, un lago trova,
De amor crudele il nostro tempo trova.
A confessar non creder che io me muova.
Venendo de Ongheria con gente nuova,
Né fuor del fodro ancor la spada caza,
Gran gente era ritratta ad una caza,
Turpin di Rana adosso a lui si caza,
Avea la corte intorno ad ogni faza
Gan da Pontier, come lo vide in faza,
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Ma, come apparve Mandricardo in faza,
Grande fu il crido per tutta la piaza,
Nascosamente uscì fuor della piaza.
Posto è il bel scudo in mezo a la gran piaza,
Che avea il scudo di Ettorre alla gran piaza.
Chi canta e danza, e chi ride e sollaza:
Ben vi so dir che Carlo oggi tramaza,
Grandonio al rengo superbo minaza,
Oh quanto ben d'intorno il camin spaza,
Troncando busti e spalle e teste e braza!
Rugier davanti fa sì larga straza
Che apena ardisco a dir la sua grandeza,
Che la pone due miglia di lungheza.
Ché pietà non aveti o gentileza.
Con l'urto atterra e con la spada speza.
L'un più che l'altro di montar se afreza
Dà tra gli Aràbi, ché nulla li preza:
Tra frizze e dardi, e sua vita non preza.
Qual la sua dama più che 'l cor non preza;
Ma ciascuno de voi questo dispreza,
Che undici passi o più salia d'alteza,
Perché lui crede senza altra mancanza
Così promesso avria, senza mancanza,
Certo se crede lui, senza mancanza,
Tu me fuggesti e facesti mancanza,
Che il sangue suo commetta tal mancanza!
Poi che una dama lo conduce a danza,
Ma non già per cacciare, o stare a danza,
E già non par che venga dalla danza;
E venne Fiordelisa in quella danza,
E tra lor duo se cominciò la danza,
E stranamente incominciò la danza,
Aver finita a quel colpo la danza.
Ché or se incomincia da dover la danza.
Van tutti quattro insieme ad una danza:
Ché tutti in terra vanno ad una danza;
L'altre poi tutte menano una danza.
Giovani e vecchi vanno alla sua danza,
Quello è zoioso, e canta e suona e danza.
Che fu pur gionto a simigliante danza.
Tutti alla piazza, e chi suona e chi danza;
Piena di dame: e chi suona, e chi danza.
Con novo antiveder li die' baldanza.
Ma non perciò perdette la baldanza
E ciascadun che avea prima baldanza,
E via passando con molta baldanza,
Pur mi diè amore al fin tanta baldanza,
Sopra l'alfana, con tanta baldanza,
Che mostravano aver tanta baldanza,
Aiutame, mio Dio, dammi baldanza:
Contra di lor spronando a gran baldanza;
Prima gionse Torindo a gran baldanza:
Ciascun riprese core e gran baldanza;
E quei duo cavallier con gran baldanza
Spronava il suo destrier con gran baldanza.
Ferisce ad ogni banda con baldanza.
Che tutti consumarno in suono e in danza,
Manda a pregarlo che senza tardanza
E che debbia tenire in ricordanza
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Se non giurati, a la vostra leanza,
Disse Ranaldo: - A fede di leanza,
Gaino con tutta casa di Maganza!
Era costui di casa di Maganza,
Già passato ha il paese di Maganza,
Scontrò nel scudo al conte di Maganza.
Però che gionse il conte di Maganza,
Grifone, il falso conte di Maganza,
Ma del falso Genamo di Maganza.
Fosse tradito; e Gano di Maganza,
Io li ho lodato Gano di Maganza
Io, che tutti pigliarli avea arroganza,
Di lei la forza estrema e la arroganza,
Come colui che avea molta arroganza,
Unde con voce di molta arroganza,
Sopra gli salta con molta arroganza;
Così parlava con molta arroganza;
Tocca Bagliardo, e con molta arroganza
E quel percote con molta arroganza
Eran condotti con molta arroganza
Crida Grandonio con molta arroganza:
Ora di novo per molta arroganza
Come colui che avea tanta arroganza,
E il re Agricane, che ha tanta arroganza
Questo superbo, che ha tanta arroganza,
E Rodamonte con tanta arroganza
E ragionavi con tanta arroganza:
Poi quel superbo per la sua arroganza
E visto il mare e il cel per sua arroganza,
Ed è la vostra sì grande arroganza,
E preser Spagna con grande arroganza,
Ma pur mostrava ancor grande arroganza,
Quanto hanno e duo baron pien de arroganza
Che seco combattea con arroganza;
Tu me di' villania con arroganza,
Che de una torre armata avea sembianza.
Parea di foco in faccia alla sembianza.
Ch'el sia Dudone a l'arme e alla sembianza.
Son due lumiere agli atti e alla sembianza.
Di gente ardita e forte alla sembianza,
E gli occhi avea di drago alla sembianza.
Essa piangendo, o facendo sembianza,
Quanto io l'ho recevuto come a cianza,
Benché reputo quella gente a cianza,
Il ferir de quel monstro era una cianza.
Mentre che ciascun guarda e parla e cianza,
Che farai poi, crudel, senza lianza?
Ch'io non l'ho vista, ma ha simiglianza
Perché colei che ha quella somiglianza,
Tre son vestiti ad una somiglianza,
Ed è tra queste tanta somiglianza,
E di fraude nemico e dislianza?
Lo effetto ne farà testimonianza.
Il terzo pomo della tasca lanza;
Arsa è la sopravesta, e non ha lanza
Né altro contrasto al colpo de mia lanza;
L'arme ha dorate, e dorata ha la lanza,
Sprona il destriero ed impugna la lanza.
Sopra il destriero, ed abassa la lanza,
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190
Chi getta l'arco e chi getta la lanza,
Perché allo incontro avea rotta la lanza.
Verso Ranaldo bassava la lanza,
Che assai minor fu il scontro de la lanza.
E usbergo e 'l fianco passa con la lanza.
A mezo il petto il colse con la lanza;
Nel scudo ad alto li attaccò la lanza.
E dentro tutta vi cacciò la lanza.
A prima giunta li tagliò la lanza.
Sopra del prato integra era una lanza:
Ed a un suo cavallier tolse una lanza.
E sì fiaccarno l'una e l'altra lanza,
Egli avea già racolta un'altra lanza
Ver Rodamonte abassa la sua lanza,
Di ferro intorno è cinta la sua lanza:
Vien speronando e aresta la sua lanza.
E spezzò sopra al scudo la sua lanza;
Avea prima ciascun rotta sua lanza,
Andar forbiti e ben portar sua lanza.
Il conte aveva integra ancor sua lanza;
Ma lui lo atterra de un colpo de lanza.
Non gli è chi faccia più colpo de lanza? Vidi io passato d'un scontro de lanza.
Che seco non portò scudo né lanza.
E non aveva più scudo né lanza.
Trovò duo che èno armati a scudo e lanza
Lui esser iusto e dritto a la bilanza.
Perché Ranaldo de un contro di lanza
Ché la pena è maggior che la fallanza,
E de ogni altra armonia fan mescolanza.
- Questa prima fu mia che la tua manza,
Che Baiardo il destrier n'ebbe temanza.
Ch'io dica tal parole per temanza,
Ma sta pur salda e non aver temanza:
De una donzella, ed ebbela per manza;
Starà nel mondo nostra nominanza,
Al conte dimandava perdonanza,
Di belle dame ivi era una adunanza;
Che restarà la scarpa ne la panza. Fendendo a chi la testa a chi la panza.
Ma stiasi queto e grattasi la panza.
E tutto lo partì sino alla panza.
E quasi lo partì insino alla panza,
Tre dita non se tenia della panza.
Nel braccio, nella testa e nella panza,
L'altro è fatato, fuor che nella panza;
Callò il brando nel petto e nella panza,
E tutto feso l'ha fin nella panza.
Or la ferisce in capo, or nella panza,
Fece apparir la ponta per la panza,
Al fin gli messe il brando per la panza,
Se di voi stessi aveti rimembranza,
Or gli ha trovati, e non avea speranza;
Ché de giongere in celo avea speranza,
In te sol fido ed ho la mia speranza. "Se voi credesti, dolce mia speranza,
Ché de ogni parte è persa la speranza,
Quando Prasildo intende la speranza
Alegra, già vicina alla speranza,
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Che aver suoleva a l'ultima speranza,
Trovarsi vana l'ultima speranza.
Ed ottenerlo avia molta speranza.
Ed in te sola ha posta sua speranza,
Era suo amore e tutta sua speranza.
Ma Amor, che mai non è senza speranza,
S'io debbo aver di voi giamai speranza,
Lo tuo disciolsi per tuorti speranza
E se mai de lui debbe aver speranza,
(Ché già de vita non aver speranza),
E vinto ha tutto il mare e Spagna e Franza;
Diverrà pasto de' corbi de Franza. Era partito Astolfo già di Franza:
Sprezando seco il costume di Franza.
Con Carlo imperatore e re di Franza,
E quando intese ch'egli è il re di Franza,
Vi contarò di Carlo, re di Franza,
Rotti e Lombardi, e fuggian quei di Franza.
Dove contra ai baron che eran di Franza
Nascosamente nel regno di Franza,
Che sta in Ponente nel regno di Franza,
Così quel paladin, che è il fior di Franza,
E Carlo Mano, imperator di Franza.
Ma non se adopra tal costume in Franza. Che me diveti incoronare in Franza. Alor non debba il re passare in Franza,
Meco vi piaccia di passare in Franza,
Però destina di passare in Franza
Con Agramante per passare in Franza,
Eran guarniti per passare in Franza.
Era assembrato per passare in Franza,
Dicendo: - Questa io vo' portare in Franza,
- Tu te credi tuttora essere in Franza, Mi fa bisogno di condurli in Franza,
E l'animo gentil che avevi in Franza,
Costor fôr quei che la menarno in Franza.
Parte de Italia, e tempestarno in Franza.
Che fu del suo figliolo occiso in Franza;
Quando serà sentito il fatto in Franza?
Di ciascadun che vôl passar in Franza.
Ed al presente vôl passar in Franza,
Non certamente per acquistar Franza,
Che ben de chi sei nato hai dimostranza,
E ben ne fece presto dimostranza,
Ché Folderico non avea possanza,
Che de spiccarsi mai non ha possanza.
Donar diletto a tutta mia possanza?
Contar vi voglio il nome e la possanza
Tien per suo Dio l'ardire e la possanza,
Sentendo d'Agramante la possanza.
Dal conte Orlando, e sua strema possanza;
Aveva Oberto una estrema possanza,
Tanto il selvaggio di estrema possanza
De' cavallieri e l'ultima possanza,
Di summo ardire e di molta possanza.
E se diffende con molta possanza;
Dico Gradasso, che ha tanta possanza,
Con tanto orgoglio e con tanta possanza,
E lo percosse con tanta possanza,
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Menando i colpi con tanta possanza,
Mai non fu al mondo sì fatta possanza.
Sì che stimata sia la sua possanza:
Dico a rispetto de la sua possanza.
Benché anch'io sappia della sua possanza,
Costui, fidando nella sua possanza,
E non aveva fin la sua possanza.
Che non trova riparo a sua possanza.
Che ivi adunata ha tutta sua possanza.
Ma chi cognosce amore e sua possanza,
Espose che Agramante e sua possanza
O nel mostrare in arme sua possanza;
Settanta dui reami in sua possanza
Provata non avea la tua possanza;
Ché morte finirà la tua possanza.
Sì che col petto mostra tua possanza,
E Feraguto, cima di possanza.
E certo di prodezza e di possanza
Che fu al suo tempo un raggio di possanza;
Che non v'è gran vantaggio di possanza.
Equale a me non voglio di possanza.
Mena Archiloro un colpo di possanza.
Ma nello scontro Olivier di possanza
Ad ogni re del mondo, a ogni possanza,
Ponendo a tal ferire ogni possanza,
E provarò se 'l celo ha tal possanza,
Perché quel saracino ha tal possanza,
Un calcio ti darò di tal possanza,
E ferisce al baron con tal possanza,
Il ferro è il mezo a l'om che ha gran possanza. Non è rimedio alla sua gran possanza.
Ed acquistarle con sua gran possanza.
E Rodamonte con sua gran possanza
Fa che il tuo ardire e la tua gran possanza
Ed era de alto ardire e gran possanza,
Dimostra molto ardire e gran possanza,
Come Alessandro, il re di gran possanza,
Orlando lo assalì con gran possanza,
E Ranaldo il ferì con gran possanza,
Perché, se alcun baron ha ben possanza,
E' duo fanciulli vennero in possanza
Qual abbia di voi duo maggior possanza;
Che cambiato non sii per mala usanza,
Ponesse il foco alcun per mala usanza,
Perché era armato pure a quella usanza,
Ed onorato assai, come era usanza.
Uno instrumento fuor de nostra usanza,
Noi poi servamo così fatta usanza,
Pur è servata per antiqua usanza.
Perché la rocca avea cotale usanza,
Dicea la vecchia - la crudele usanza
Chi cambia terra, die' cambiare usanza;
Disse Grifon: - Questa cortese usanza
Ché cotal cosa avea spesso in usanza.
Poi l'altro giorno, come è loro usanza,
De ferire il destriero è per usanza;
Vengano a te, come è la lor usanza,
Sopra a tapeti, come è lor usanza,
E ben si crede senza dubitanza
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E ciò non dico già per dubitanza,
Quel cavallier che fa tal lamentanza
Ranaldo, che non sa che sia dotanza,
Che ogniom iudicherebbe per certanza
Iudica ben e vede per certanza
Questo ti giuro e dico per certanza,
E che la vita mia fosse a bastanza
Né so se avreti ben tempo a bastanza:
Ché nel presente ne è detto a bastanza,
Ché in questo canto abbiam detto a bastanza.
Assai ne ho de uno, e più che di bastanza.»
Sì ch'io ve invito a prender qui la stanza,
Che me conduci dentro a quella stanza
E lo gettamo dentro a quella stanza,
Là dentro de cristallo era una stanza
Tutti quei cavallieri in una stanza,
E torno ove io lasciai ne l'altra stanza
Ma apresso il contarò ne l'altra stanza,
Lui fu menato dentro a questa stanza,
Giù ne lo inferno prese la sua stanza.
A' miei soldati io donarò prestanza,
Siano raccolte insieme a una sustanza;
Tanto di forza quel crudel l'avanza,
Che tutti gli altri di prodezza avanza.
Costui ben certo di prodezza avanza
Ma quella pelle ogni durezza avanza.
Perché esso di beltate il sole avanza.
Che, benché tempo al corso non me avanza,
E poco tempo de viver me avanza.
Dopo la morte sol fama ne avanza,
Ma tanto ne pigliamo, che ne avanza;
Tutto è perduto il tempo che ne avanza,
Perché alla fine ogni martìre avanza
Che l'una l'altra de niente avanza.
Il peregino ognior del ponte avanza,
E di gran forza Brandimarte avanza.
Ora nel tempo che a viver te avanza,
Perché a guarnirsi tempo non gli avanza;
Ma far nova battaglia ancor gli avanza,
Brontino e Pandragon poco li avanza,
Ché tutto il petto sopra agli altri avanza,
Più di tre palmi sopra gli altri avanza
Ché undeci palmi sopra gli altri avanza;
Qual più de un braccio sopra alli altri avanza:
E più li perde assai che non avanza.
Un palmo integro d'esse non avanza.
E lui sei tanta di poter lo avanza.
Ma pur Sigieri il saracino avanza,
De ardire e di desio se stesso avanza,
Ché amore il senno e lo intelletto avanza,
Tutti voi altri poi, gente da zanza,
Ma in questo loco è la battaglia zanza,
Quello African, che ha tutto il mondo a zanza,
Questo in palazo vende ogni sua zanza,
Me avea gabata con menzogna e zanza,
Perdea la possa con la appariscenza.
Per le belle arme e per la appariscenza,
Sì che a mirarli è strana appariscenza.
A prender di costui la cognoscenza.
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Ma poi che ebbe di terra cognoscenza,
Però che non avea sua cognoscenza,
E tanto uscito è fuor di cognoscenza
Qual porto al viso, dà forse credenza
Alle parole sue dette credenza,
Ché ad altri non avria dato credenza,
E se non dài al mio parlar credenza,
Pensando che la eterna Providenza
Disse: - Segnori, or con più providenza
Sappi che la divina Provvidenza
E sempre io volsi che la mia prudenza
Onde per questo con gran diligenza
Or romper mi convien la pacienza,
E son senza intelletto e conscienza.
Molte fôr le carezze e l'accoglienza
E ben ne dimostrarno esperienza
Come ho veduto per esperienza,
Le quale odì con poca pazienza,
E questo sopportò con pazienza,
Poi Dorifebo, che era di Valenza,
Minaccia ancor di Francia a la excellenza,
Era quel vecchio di mala semenza,
Che sei ben nato da quella semenza!
Tutti gli mena al pare a una semenza.
- Di questo ditto non aver temenza;
Il conte di narrarle indi comenza
Par che la zuffa pur mo si comenza,
Che il bon vantaggio è di quel che incomenza;
E benché ciascun stesse in continenza,
Perché Usbego, mirando alla apparenza
Prender con seco alcuna differenza;
Ranaldo non gli pone differenza;
Ché non era tra lor gran differenza;
(Presa o disciolta, io non fo differenza,
De l'animo non sento differenza
Lo debbo sempre avere in riverenza. Ora lo ambasciador con riverenza
Lui non mi porta amore o riverenza,
De la qual più non posso aver soffrenza;
E dàlli avviso in ciascuna occorrenza.
Ché chi coglie de prima, non va senza.»
E se quel coglie, questo non va senza.
Che non sa se egli ha il capo, o se egli è senza.
Che a questo modo ne la mia presenza
Che non stima de Carlo la presenza;
Tu sei barone di tanta presenza,
Pur lo condusse nella sua presenza.
Insin che è gionto nella sua presenza;
Che ciascaduno incanto a sua presenza
Donami grazia nella tua presenza;
E disfarò la torre in tua presenza,
Co'e ferri a' piedi, e non stava mai senza,
Tagliente e acute, e non vedresti un senza;
Né via di ragionar di tale essenza,
Per Macometto facea penitenza,
Ed or ritorno a vera penitenza.
Ed è nostro parere e nostra intenza
Pur stette fermo Iroldo alla sua intenza
Sapea de tutte l'erbe la potenza,
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Ma questa dama ha grande soa potenza.
Troppo è dismisurata sua potenza!
Dov'ha condutta tutta sua potenza
Ma per Macon ti giuro e sua potenza,
E 'l grande ardire e l'alta tua potenza,
Contra alla estrema ed orribil potenza
Dapoi che il re di Sarza fie' partenza,
In prima che de qui facciam partenza. Prasildo ne fie' molta resistenza,
Benché ne fece molta resistenza,
Vero è che non han ferro in sua provenza,
Posar se fece al lito de Provenza,
Ch'è sopra alle confine di Provenza,
Convien guardarsi il mar verso Provenza.
Partitte a guisa de una tela marza;
Poi che caduto è il franco re di Sarza;
Per mezo il scudo lo divide e squarza.
E lui me 'l dona ne la vela a l'orza.
Il gran naviglio con le vele a l'orza;
Eccola qua: ma guàrdati la scorza. Ma a quella bestia non taccò la scorza.
Giù diramando fin sotto la scorza.
Tagliò quel scudo a guisa de una scorza.
La gente di costor è de una scorza
Ed era tutto armato de una scorza;
Era quel scudo tutto de una scorza
Tutto è di fango il corpo e questa scorza:
E come lo arboscel se sfronde e scorza
Di Rodamonte la stupenda forza
Né ve maravigliati di mia forza,
Omo non ave mai cotanta forza,
Così quei duo baron con viva forza
Fatato è il brando, ed esso avea gran forza,
Or pôi pensar, segnor, se egli ha gran forza.
Ma Greco a poco a poco se rinforza;
Alle sue spalle il vento se rinforza
Di guadagnarla in battaglia per forza,
E non me inganno già, ma ben me sforza,
Ora il suo re, sì come avea più forza,
Partì la testa al gigante Balorza;
Lui la virtute accende, e lui la smorza,
Nera, come è il carbon quando se smorza.
Né dubbio è che se piega o che se torza,
Non è chi de essi pieghi o mai se torza,
Ove gli piace, convien che io mi torza. Convien che spesso il conte se ritorza,
Che ad ogni passo convien che si torza.
Ché in un momento convien che si torza:
Ché a quella bestia non passò la buza,
Ora apizata è ben la scaramuza,
Fiaccosse l'asta come una cannuza
Quei duo feroci tori avanti cazza
Ne va fuggendo, e il bon Dudone il cazza.
Ciascun di loro avanti avea gran cazza;
Mostrando nella vista allegra fazza;
Ognun a più poter fa larga piazza;
Per le colonne d'intorno alla piazza
Ma il conte tace e vien dritto alla piazza.
S'io vi ritrovo doman su la piazza,
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Così col brando se fa far lei piazza.
Ed era il quadro di quella gran piazza
Dentro mirando vidde una gran piazza
Perché l'un più che l'altro assai ne amazza.
Come lui vide rotta la sua mazza,
La lancia ha col pennone e spada e mazza,
Qual non avea né spada né mazza,
Poi se fece d'un tronco una gran mazza,
Venìa davanti agli altri Draginazza,
Sempre col tronco li batte e minazza:
Ora lusinga, or prega ed or minazza,
Come il foco la stoppia secca spazza,
Gente asinina, maledetta razza,
Saltagli adosso e per forza l'abbrazza.
Questo di rado a vil gente se abbrazza:
Di quadro avea la corte cento brazza.
Per ciascun lato cinquecento brazza.
Io credetti morir per gran dolcezza,
E spesso lo baciava con dolcezza;
Che fo gigante di molta grandezza,
Egli era più che un bove di grandezza:
Voi odireti la inclita prodezza
Delli antiqui baron l'alta prodezza,
A voi piace de odir l'alta prodezza
Disfece il cavallier per sua prodezza.
E Brandimarte, che è fior di prodezza,
Vedeansi cavallier di tal prodezza:
Passa Archiloro e mostra gran prodezza;
Venne alla porta che guarda Ricchezza,
Ritrovarai sedersi la Ricchezza,
Un'altra Povertà, l'altra Ricchezza:
Questa ventura di tanta ricchezza,
Altri acquisti possanza o ver ricchezza,
Qual dimostrasse in sé tanta vaghezza.
Cosa che avesse in sé cotal vaghezza;
Che eran tanto legiadre a gran vaghezza,
Sei palme avea la bocca di longhezza,
Che serebbe a contar molta lunghezza,
Ma per lunga fatica e debilezza
Né mi par che convenga a gentilezza
E 'l piacer vostro vien da gentilezza,
Il bel lavoro fatto a gentilezza;
Perché lo ardir, la forza e gentilezza
Ed ove il suo valore e gentilezza
Che onorati la corte e gentilezza,
Da cortesia partito e gentilezza;
Ed esso è in volto pien di gentilezza,
Che non cura virtute o gentilezza.
L'infinita possanza e la bellezza
Né gli par tanta più quella bellezza
Tanto ligiadro e di tanta bellezza,
Perché Orlando vedesse sua bellezza;
Più grata è assai ne l'om che ha tal bellezza. E così spesi la mia fanciulezza
Ogni piastra del sbergo e maglia spezza,
Con Durindana le catene spezza,
Ed elmi, scudi, maglie e piastre spezza,
Questo Archiloro con molta fierezza
Non fu veduta mai tanta fierezza:
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La fronte ha de cingiale, in tal fierezza
Tutta la gente occide con fierezza;
Anci colpisce con maggior fierezza.
Piangeva ciascadun di tenerezza.
Piangendo gli altri ancor di tenerezza,
Però che la beltate e l'alterezza
Onde se la spogliò con molta frezza,
Il scudo e l'elmo via gettò con frezza,
Ogniuna di basarse ha maggior frezza.
Pregando ogniom per lui nella allegrezza;
Egli ha sì grande e subita allegrezza,
Quivi si stava con molta allegrezza,
Quando Ranaldo, fra tanta allegrezza,
Fra tanta gioia e tra tanta allegrezza
Ciascun che è saggio, il suo piacere aprezza
Né più Marfisa, né Ranaldo aprezza.
Chi virtute non ha, quella non prezza;
La lieta casa ormai nulla non prezza,
Mirabilmente quello arbor se apprezza,
E fo quel colpo di cotanta asprezza,
Tutta la gente pagana disprezza,
Lei ciò non cura, e ciascadun disprezza.
Ma biastema Macone e Dio disprezza,
Ciascun quella gran gente più disprezza.
Tristano e Isotta dalla bionda trezza,
E pali e graffie e corde fatte in trezza,
Ma la forza del corpo e la destrezza
Or se amenta lo orgoglio e la durezza,
Aveva un piede e mezo di grossezza,
Guarda le torre e spreza quella altezza,
Né si passa altramente quella altezza,
In mezo è un tronco a smisurata altezza,
Re Carlo, che si vidde in tanta altezza,
E benché la sua fama e grande altezza
Che fu nudo in pregione, ora è in altezza:
In questo loco infinita fortezza
Non ebbe alla sua vita tal tristezza,
Poi che ebbe posto giù quella gravezza,
Perché a seguirlo ogni sua forza aguzza;
Trista sua vita se ponto scapuzza!
Lasciando vento e foco con gran puzza;
Che l'aria trema e par che 'l cel rimbombe.
Che par che 'l suono insino al cel rimbombe.
Trema la terra e par che il cel rimbombe,
Che par che 'l mare e il cel tutto rimbombe.
Tutte, le dame, a guisa de colombe,
Corni, tamburi ed altre voce e trombe,
Sonando sifonie, gnacare e trombe,
Gnacare e corni e tamburini e trombe
Con tanti corni e tamburini e trombe,
Suo tanto orgoglio e suo parlar mordace
Or con losinghe or con parole audace
Così parlava quel giovane audace,
Verso il palagio va Grifone audace,
Rispose lo Argalia: - Barone audace,
Saltò nel mezo, il paladino audace,
Ché quello è un segnor forte e troppo audace.
Mirando il saracin cotanto audace;
Onde io di voi comprendo il spirto audace,
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Così parlava il giovanetto audace;
Ma, come odirno il suo segnor audace,
Coprire in viso de pietose face.
Ma con Fusberta tutta la disface;
Questo è l'aspro dolor che mi disface,
Orlando presso al fonte isteso giace,
Ma vo' saper se ad Angelica piace,
Qual sopra a gli altri a Doristella piace.
Facendo quel che a Dragontina piace;
Poi che de odirme vi diletta e piace.
E parla poi con lui, come te piace,
Ove io son stato; e però, se 'l te piace,
Da poi che per altrui morir te piace. Tanto vedere Angelica li piace
Ed io me occiderò, poi che li piace;
Lega il destrier ciascun come li piace,
Conducendoli a ponto ove li piace,
Che altrui fa ragionar come gli piace;
Ama a diletto e segue chi gli piace,
Or che bisogna dir? Tanto gli piace,
Sol de obedire a lui sempre mi piace,
Disse Aquilante: - Sia quel che ti piace. Sì che prendila pur come ti piace,
De trarli di pregione a tutti piace,
Che solver li può ben quando a lui piace;
Disse: - Prendeti qual schiera vi piace,
Fia de mia vita poi quel che a Dio piace,
Nel canto che vien dietro, se a Dio piace;
Secondo che a ciascuno a parlar piace.
Che aver guerra con te m'incresce e spiace. Che adoprar mi convien quel che me spiace
Prenda colui che tanto li dispiace:
Se ciò che piace a te non mi dispiace.
De averti detto oltraggio mi dispiace;
A cui la vita mia tanto dispiace,
Ogni iniustizia e mal fatto dispiace.
Però che una è leal, l'altra fallace;
Crudel Fortuna, perfida e fallace!
Ma lei, ch'è tutta perfida e fallace,
Ma Fugiforca, quel ladro fallace,
E giù gli coce in quel fuoco penace,
Onde battaglia orrenda e pertinace
Con fronte altiera, crudo e pertinace;
Qual sfavillava come de fornace.
Come fosse tra loro antica pace,
Piangendo ingenocchion chiedea la pace.
E coi duo cavallier faccia la pace,
Sia a tuo piacere la guerra e la pace,
Purché al re Trufaldin faccian la pace.
Come tra voi farò presto la pace. Vi contarò, se Dio ce dona pace.
Ciascun più ongiuto, orribile e rapace.
Che fu quel traditor, lupo rapace,
Alla dolce concordia e dolce pace,
Sempre parlai con Ranaldo de pace,
Cheggio mercede a tutte l'altre e pace;
Non te stimar di aver meco mai pace:
Che era un signale a quel tempo di pace,
E` omo antiquo ed amator di pace;
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Ma con costui non vo' tregua ni pace. Che provar volse di passare in pace.
Bella brigata, rimanete in pace.
Dammi la chiave, e lasciarotti in pace. De accordo o di battaglia, o guerra o pace. E son contento aver con teco pace,
Perché è guerrero, e mai non amò pace. Gionti a la logia, non se pôn dar pace,
De' suoi gran colpi non si puon dar pace.
E tutti gli confortano a far pace,
Né credo de aver teco minor pace
- Gentil cugin, tu sai che a Dio verace
Così quindi te tragga Dio verace,
Ma siami testimonio Dio verace
L'altra soletto, per lo Dio verace,
Te perseguitarò, per Dio verace;
E ben ne vedo lo esempio verace:
E la più dilettosa e più verace
Subitamente per tutto si tace.
E l'altro a lui ritocca e già non tace.
Perché ciascun di loro è suo seguace.
Ma poi racontaremo sue prodece
Nella gran guerra che a Albraca se fece.
Odendo questo che la dama dice,
Avea lasciata la ricca radice.
Dal buco proprio ove era la radice.
T'aggia stirpato il cor de la radice.
Quella che del suo core è la radice,
(Ché il cor gli ardea d'amor ne la radice)
Prima non schianti in fin dalla radice. Tutta tremò per sino alla radice.
E il cor col cor più stretto alla radice,
Anci tratte al mio cor della radice;
Smonta la costa e porta una radice:
E come argento è bianca sua radice.
Perché con succi de erbe e de radice
Perché con succo de erbe e de radice
Sì come l'una dama a l'altra dice.
Fa che risponda a ciò che se ne dice,
E de sua dama ciò che se ne dice,
Che ora col patre, sì come se dice,
(Che tutte son peggior che non se dice),
E l'altre cose tutte quante dice,
- Non più parole, - Rodamonte dice
Certo il ver de le femine si dice,
Ma un sasso vivo intorno fa pendice,
Orlando gionse in su quella pendice,
A me soletto in su quella pendice
E pietre svolte de strana pendice,
D'Anglante a Brava per le sue pendice.
Che già portava, come Turpin dice,
Il vento uscitte, come Turpin dice,
E ciò che Orlando a lei secreto dice
E come era chiamata Doralice
Ma come gionse, la dama felice
Il fior vermiglio ha la pianta felice,
Reputando il suo fin dolce e felice,
Avea un giardino nobile e felice;
E smontò in fretta, e ben si tien felice;
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200
Passando alor di qua, quell'infelice,
Per farme più dolente ed infelice,
Chi te ha condotto, misero, infelice,
Poi che fatto ha il pensier, questo infelice
Qual vedi in mezo a quel campo felice,
Della tua corte, che è tanto felice
Ché se puotea chiamar tanto felice
E dove se credeva esser felice,
Parve un falcone entrato a le pernice.
(Ché cotal nome ha quella incantatrice
Né è molto tempo che una incantatrice,
Cangiato avea la falsa incantatrice
Quella Medusa, falsa incantatrice,
Non se vergogna, brutta incantatrice,
Quella regina, brutta incantatrice.
E che questa malvaggia meretrice
Come Origilla, quella traditrice,
Che già gli tolse quella traditrice;
Nel fuoco eterno che il tormenta e coce,
Ora diversa doglia al cor gli coce:
Di sfocar quel disio che il cor gli coce;
Una ira sì rovente il cor li coce,
Là dove è il fuoco eterno che vi coce;
Quel focoso tormento assai più coce
Risuona il celo e del fiume la foce
A mezo il ponte sopra quella foce.
Onde ciascun se aduna in quella foce:
E sopra a l'arco di quella gran foce
Sopra a corsier terribile e veloce.
Gli occhi avea rossi, con batter veloce.
Convien ch'io meni l'arco più veloce
Con lancie e frizze quanto può li nôce.
Ché solo a' tristi e a' desperati nôce,
Che spata o lancia ponto non vi nôce.
Benché Curtana a quelle arme non nôce,
E li Africani e' nostri da la Croce
Fece a sé sopra il segno de la croce,
Ché io so ben fare il segno de la croce.
Fecesi il conte il segno della croce,
Monaci e preti con reliquie e croce
- Io credo nel tuo Dio, che morì in croce.
Ma polveroso ha la faccia feroce:
E comencion battaglia aspra e feroce
Cominciarno battaglia aspra e feroce
Verrà qualcosa orribile e feroce.
Ismisurato, orribile e feroce;
Grande è il romor, orribile e feroce
Se non che Mandricardo, il re feroce,
Si rinovò sì crudo e sì feroce,
De un giovane tanto aspro e sì feroce,
Levossi un pianto e un strido sì feroce,
Sol Rodamonte, il saracin feroce,
Quivi è Grandonio, il saracin feroce,
Sta Balisardo, saracin feroce.
Con la catena il malandrin feroce;
E benché fosse de animo feroce,
Che avria placato ogni animo feroce.
Cosa non fu giamai tanto feroce,
Già più brutto il demonio e più feroce.
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201
Più ritornava ardito e più feroce,
Lo imperator, de gli altri più feroce,
La portava quel re cotanto atroce,
Che altro non li manca che la voce.
Che io temo che al contar manchi la voce.
Ranaldo se rivolse a quella voce,
Sino al cel, credo io, gionse quella voce.
Convienmi alciare al mio canto la voce,
Perché, suonando il corno, a prima voce
Bruno era molto e de orgogliosa voce,
Sospirando diceva in bassa voce:
Cridando la donzella ad alta voce.
Così cridava il vecchio ad alta voce,
Non se lamenta lei, né getta voce;
Parean tremar le mura alla sua voce;
Di trombe, di tamburi e d'altre voce.
Or cresce un novo crido ed alte voce,
Di trombe, di tamburi e de alte voce.
Di cridi, de lamenti e de alte voce.
Con parole suave e con tal voce,
Racomandando a Dio con umil voce
E corni e trombe e tamburi e gran voce
Ma da largo cridando con gran voce
Raportato era già di voce in voce
Quando Ranaldo sente il sangue ch'esce,
Da la torre de Orrilo a furia n'esce.
E campa, e ancor quivi di fuora n'esce.
Ché ogni disegno a lor voglia riesce.
Le bestie al campo, a l'acqua prende il pesce;
Per quella solacciando, come il pesce,
E vede le balene e ogni gran pesce,
Che molto vive e sempre in vita cresce;
L'ira, l'orgoglio e l'animo gli cresce.
Ché star senza uomo a ogni dama rencresce,
Quale è di pace, e qual di guerra duce;
Natura invidiosa ne produce,
Che insino a l'oriente facean luce;
Né sì spessa la neve o pioggia cade,
E sì dolce parole al dir gli cade,
E molto pianto da gli occhi li cade;
Anci del tutto del pensier li cade;
Né la neve sì folta da il cel cade,
Come son spessi e colpi de le spade.
Se odìno spesso e colpi delle spade.
Anci li pone al taglio delle spade.
Già tutte l'han falsate con le spade,
E fia partita al tutto con le spade
Che ad ogni colpo fan foco le spade.
In sin che in man potran tenir le spade,
Che in lo universo, in tutte le contrade,
Era venuta alle nostre contrade,
Via caminarno per diverse strade;
Io l'amai sempre dalla prima etade,
Di quella gente già non ha pietade,
Già son quei cavallier mossi a pietade,
Lei or con sdegni, or con finta pietade,
Per quell'estremo caso de pietade.
Che avria spezzato un sasso di pietade.
Né aver speranza ch'io te usi pietade,
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202
Ché in me non era amor, né anco pietade:
Sopra il mar fece una ricca citade.
E dalla lunga, con sagacitade,
Babilonia se appella la citade.
Origille è il suo nome, e la citade
Gionse in Marsiglia dentro alla citade.
Che avea disfatta sua bella citade,
Astolfo ritornò nella citade;
Fu fatto dentro de quella citade.
Son gionti, ove già fu la gran citade
Della battaglia, e de sua qualitade.
Persa è la pompa e la civilitade;
E quasi partì seco per mitade;
Però (quel ch'io ti narro è veritade)
Sì come io ne son degna in veritade,
Gran meraviglia ne ebbe in veritade.
Tanta fierezza ad altri in veritade.
Mal faccio, e lo cognosco in veritade;
Che altra cosa del mondo in veritade;
Ché, pensando al suo oltraggio, in veritade
Tu cerchi lo mal giorno in veritade,
Piena de inganni e de ogni falsitade,
Sappi che io feci con gran falsitade
Con pedoni e cavalli in quantitade,
Né aprezia tanto più quella beltade,
Però che quella che ha tanta beltade,
Dove la dama veda sua beltade.
E per amor che egli ebbe a sua beltade,
Di vendicar quella aspra crudeltade;
Mai non se vide tanta crudeltade.
E se ferian con tanta crudeltade,
Non v'era pena di tal crudeltade.
Che son pregioni, e fia gran crudeltade.
Servalle per usar più crudeltade.
Sta una gran terra de alta nobiltade,
E seco stesso pensa la viltade
Che facea Orlando, di tanta viltade,
Come abbia un malandrin tanta bontade,
Monta a cavallo ed usa tua bontade,
Perché convien entrar per Povertade.
La lunga parentezza ed amistade,
Né vi si può salir, se nol concede
Che al scontro della lancia già non cede;
Che del suo gran dolore abbia mercede.
Ma ben ti prego per summa mercede
Se adoperarno, per la Dio mercede,
Pietà non vale, o dimandar mercede:
Pregando per pietate e per mercede
- Segnor, - cridava - odeti per mercede!
Che forse avrà Macon di lor mercede,
Ogni sua robba e il suo castel mi dede.
Così fa ciascadun che ha poca fede. Ché se io me uccido e manca la mia fede,
A te prometto sopra la mia Fede,
Offeso non serai su la mia fede. Solo a parole se osserva la fede:
E meno ancor s'accosta ad altra fede:
Ringraziandolo assai con pura fede.
Da l'altra parte, la promessa fede
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203
Mal aggia l'omo che dà tanta fede
Che lo tornarno alla perfetta fede.
Con perfetta leanza e dritta fede
A lor promette sopra alla sua fede
Che tornò Brandimarte alla sua Fede,
Nulla di manco, per servar sua fede,
E ciò mi giurarai su la tua fede:
Perché fermezza in lei non è, né fede. A quel malvaggio mancator di fede,
Figlio se il fece e quel castel gli diede.
Entro alle spalle un gran colpo gli diede,
E con man gionte ingenocchion la chiede
E se altro posso far, comanda e chiede.
Che licenzia a Ranaldo non richiede,
E tutti insieme e ciascadun richiede
Te solamente el tuo regno richiede;
Benché abbia molto, sempre più richiede.'
Che vadano alla impresa che lui chiede.
Così risponde a quel che Orlando chiede:
Che a sé davante Mandricardo chiede,
Ciascuno aiuto al gran bisogno chiede.
E di parlare a lui secreto chiede:
Se tu combatti come il dritto chiede,
Lascia il vantaggio, come il dover chiede,
E gionse Mandricardo, che era a piede;
E poi tornava, sì come era, a piede
Essendo egli a destriero ed essa a piede,
Lui con la spada se diffende a piede,
Che quel se parte, e lui rimane a piede.
Non so se seti usato a gire a piede,
Ma presto smonta ed entra il ponte a piede,
Che alla battaglia te desfido a piede. Ne gionge il conte caminando a piede,
Né lo posson seguir, ché sono a piede.
Ranaldo dismontò subito a piede,
Qual animal passeggia senza piede?
Che undeci braccia avia dal muso al piede.
E nella Circassia già posto ha il piede,
Che ne l'arena, dove pone il piede,
Ma al dispetto de Orlando salta in piede.
A gran fatica il conte il tiene in piede.
Tomò Rugiero e pur rimase in piede;
Il primo tolse quel gigante in piede,
Non par più morta e fu subito in piede.
E dislocosse ancora il destro piede.
Veggendo morto il re nanti al suo piede,
E celo e terra tien sotto il suo piede,
Perché Avarizia apresso lei lì siede;
Tra belle dame il delicato siede,
La terza parte del mondo possiede,
Ed avea scritto al capo: "Ganimede."
Nulla ne rompe il delicato pede;
Non sa come esser possa, e apena crede
Più del dovere assai gli estima e crede.
Deh quanta è paccia quella alma che crede
Poi più de sei e più de otto le crede,
Di averlo morto o preso ben se crede.
Né apena esser campato alcun se crede.
Né de esser vinto per questo se crede.
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204
Per la gran doglia di morir se crede.
Ché di portarsi il baron forse crede;
Che quel sia Ordauro fermamente crede.
Ciò che quel disse, veramente crede.
E come Orlando drittamente crede.
Che il conte a ponto ogni cosa li crede,
Biastemando Macone e chi li crede;
Ché ben resta gabbato chi li crede,
Del suo scampo lo aviso, e non mi crede!
Che spaventar la terra e il cel si crede.
Più fatica li avrà ch'el non si crede.
Oltra di questo, ben certo si crede
Certo il demonio e Dio veder si crede,
Della compassion morir si crede.
Ne venne, ché trovarvela vi crede;
Né, ancor vedendo, in tutto bene il crede.
Turpino il scrive, e poca gente il crede,
Vedendol steso a gli occhi soi non crede.
Ma quello è ben altro om che lui non crede.
Il cavallier nol stima e ciò non crede;
Io so che Rodamonte ciò non crede:
Apena che Orione estima o crede,
Pigliar soletto tutto il mondo crede,
Senza giurare l'uno a l'altro crede.
Apena che Prasildo questo crede,
Ma ciascaduno, ove meglio far crede,
Per altra forma, come il mio cor crede,
E rimarrà la Francia senza erede,
Ed io restavo a tanto bene erede.
Franco mi fece; e, non avendo erede,
Primo figliol e del suo regno erede,
Non avendo né moglie né altro erede,
Né prima Sacripante se ne avede,
Che il segue in vano, e pur non se ne avede,
Angelica esser quivi, e pur la vede.
Il duca Naimo, che ogni cosa vede,
Or, se te piace, alquanto ascolta e vede:
Che la polver de lui sola se vede;
Tanto è salito, che più non se vede.
Cotante code invilupate vede.
Per il gran tronco che al gigante vede;
Toccar quel scudo che davante vede.
Poi che sconfitta quella gente vede.
Ma quando quella dama il ponte vede,
Ma chi all'incontro e suoi nemici vede,
Balordito è il gigante, e non gli vede,
Presso al Cataio in Albraca si vede.
Non che si senta, ma apena si vede.
Né ricchezza maggior al sol si vede;
Al ditto di altri e a quel che non si vede!
Più bel di lui tra tutti non si vede,
Tal tesoro hai, che il simil non si vede.
Signo di pianta ponto non si vede.
Ma nella prova l'effetto si vede:
E, come presso e cavallier si vede,
E se un occello o nebbia nel ciel vede,
Ma come Bradamante in terra il vede,
Re Santaria, che senza brando il vede,
Lei, come gionto sopra il sasso il vede,
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205
Perso Ranaldo ed affocato il vede,
Quando Ranaldo a tal partito il vede,
L'imperator, che in terra il pagan vede,
Ora presto si volta e Grifon vede,
Ma non la trova ed ove sia non vede,
Sempre procaccia, e mai l'ora non vede
Forte lo strenge; e quella ora non vede
E non vôle adorar quel che non vede.
Tanto è turbato, che lume non vede.
Omo questo giardin giamai non vede,
Tramortì Astolfo, e lume e ciel non vede,
De' Cristiani, come ciascun vede,
Né lui, né Brandimarte ormai lo vede,
Ben vi so dir, se Dio non gli provede,
Se Dio de darli aiuto non provede,
Comporta che i Pagan sua gente occide.
E il re circasso vede, che li occide.
Non vôle aprir quel portiero omicide;
Dice Gradasso, e tutta fiata ride:
Dietro li salta e de allegrezza ride.
Non dimandar se de allegrezza ride.
Per allegrezza a un tratto piange e ride.
Oh quanto Carlo forte se ne ride!
Altieramente disdignando ride.
Vede fuggire e soi con alte stride,
Di fuor da quella se odeno gran stride;
Senza che Carlo lo governi o guide,
Come la dama la bandiera vide,
Dove la spalla a ponto se divide,
Sino alla carne ogni arma li divide,
Nel tempo che a quel modo lo divide,
Come salito sopra al pesce il vide,
Quando contra di sé tornare il vide,
Dico Rugiero avanti a sé lo vide,
Rugier rivenne e quel bel colpo vide.
Quando il re franco del colpo se avvide,
E sia palese per tutte le bande:
Spezza la gente per tutte le bande.
Ed io te giuro per tutte le bande
Quando e bon cavallieri a quelle bande
Sin che fu gionto a ponto in quelle bande
E il re cinger la fa da tutte bande:
Tavole quivi son da tutte bande;
E tenea un breve, scritto da due bande,
E il primo trentasei dalle sue bande.
Ilice e quercie e soveri con giande:
Convien che ad essa prima se dimande.
A che se pose per le tue dimande.
Ma poi che la battaglia me domande,
Chi non è corridor, non me domande.'
Di grado in grado al ciel le fronde spande,
Quanto per tutto il mondo or se ne spande,
E l'alterezza tua che sì se spande,
Ognior di voce in voce più se spande.
Ma la gran voce che di là si spande
Ora per tutto il suo nome si spande,
- Segnor, - dicendo - il tuo nome si spande
Torindo il Turco per nome si spande.
Urgano il terzo per nome si spande,
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206
Onde ancora oggi il nome suo si spande,
In duo cavezzi per terra lo spande;
Allor se incominciò la caccia grande.
Ove è la zuffa e la battaglia grande.
Di Babilonia, e Baldaca la grande:
Fo gloriosa Bertagna la grande
Turlone il quarto, e trenta piedi è grande.
Crida ciascuno, e piccolino e grande;
Con tal parole e con lettere grande:
Or chi vedesse Rodamonte il grande
Né vi crediate che Alessandro il grande,
Per arte avean formato un bosco grande,
Rispose Feraguto: - Essendo grande,
Della fatica e del periglio grande
Venir lo fece a quel periglio grande.
(Prima lo vide, perché era il più grande):
Il laccio è teso intorno alle vivande.
Per far conviti de optime vivande
A poco a poco più l'ira s'accende:
Perché de amore amaro il core accende
Sì che uscir non si può chi non ascende
E quasi con la cima al celo ascende,
Fin che alla rocca di Albraca discende,
Ove il gran fiume Balcana discende,
Su da la testa alla ponta discende,
Per mezo a quella un gran fiume discende,
Contra alla gente che il monte discende;
Con tal roina quel colpo discende,
Così dicendo nel campo discende,
Quello uccellaccio subito discende,
Perché questa acqua che qua giù discende
La fronte a mezo il naso tutta fende,
E ben se guarda e da lei se diffende.
Taglio del brando a questo non offende,
Sì la caduta del figliol lo offende.
Ciascun quanto più pô Rugiero offende;
Il forte Ogieri, e la renga difende.
Ma tocca un altro e insino al petto il fende.
Il scudo da la cima al fondo fende,
E chi per lungo e chi per largo fende:
E però già Merlin per fare amende
Dice cose mirabile e stupende,
Rugier per prugna acerba agresto rende,
Solo ed a piede la battaglia prende.
Chinosse il conte e quella in terra prende,
E di mirarlo tal dolcezza prende,
E l'arme e busto taglia, e ciò che prende.
E così detto le sue arme prende,
Che fa lasciar ciò che a questa se prende,
Ed a traverso con le branche il prende.
Quel crudel monstro in bocca presto il prende:
Subitamente il suo viaggio prende;
- Forsi ch'io vi farò sficar le tende,
Ma chi ciò crede, poco se n'intende.
Non so se lo atto a ponto ben s'intende;
Ma di tal cosa poco o nulla intende.
Dapoi che Astolfo la cagione intende
E l'un con l'altro assai di ciò contende.
Poi dietro a Fugiforca se distende;
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207
Che cento miglia o quasi se distende,
E da l'un lato a l'altro se distende,
Ma il cavallier stordito se distende
Verso quel monte ratto se distende.
Alfin su il prato tutto se distende
Perché il Danese per terra il distende.
E la corda alaciata giù distende,
Il re Agramante al suo dir bene attende,
Con l'occhio aperto al suo ferire attende,
Che altro non vede ed altro non attende.
Perciò Brunello a questo non attende,
Già il cavalliero a lui più non attende,
Né a quel ch'è in terra il cavalliero attende,
E fece entrar la prora sotto l'onde;
Del bel boschetto che li amanti asconde,
Il sol di drieto a un monte se nasconde;
Che, come è giorno, indarno se nasconde,
Né sparma colpi alcun, né si nasconde,
E dentro spine acute vi nasconde.
Lei senza l'elmo el viso non nasconde:
La grazia del suo viso non asconde.
E dimandò chi fosse Astolfo e donde;
Non gli lascia amentare il come o il donde.
Che rami e bronchi e ogni cosa confonde.
Per quella tema già non se confonde,
E di gran doglia tutto se confonde;
Dentro nel spirto tutto se confonde;
Con furia tal, che il mar tutto confonde.
Rivolto al capo avea le chiome bionde,
Questo viso fia scorza, e queste bionde
Ora batte davanti, or ne le sponde;
E, pur pensando, al re nulla risponde,
Ed a beltate ogni cosa risponde,
A sua beltate ogni cosa risponde:
Più de Orlando la morte gli risponde.
Non vi è chi contra a' Tartari risponde:
Anci sta queta e nulla vi risponde;
Ma l'uno l'altro a bon gioco risponde.
Che sibillava tra le verde fronde
Lunghi e sotili, ed ha verde le fronde;
Né abatte il vento sì spesso le fronde,
Qual facea Barigaccio per le fronde,
Chiome se tornaranno in foglie e in fronde.
Sembri aver visto il peregrino altronde,
Fuggono i Turchi e quei di Trebisonde.
Queste son grave e lucide e rotonde,
E 'l gran rimbombo assai de intorno se ode.
Mena a due mano e il fren frangendo rode;
- Se ben ti rado, fàcciati bon prode!
Ché lo avuto piacer mai non se perde.
Che ogni servigio di dama si perde
La vista, il senno e l'animo si perde.
Dico del lauro, che foglia non perde
Che di guardarlo uno attimo non perde,
Se dormentò con lui su l'erba verde.
Che, poi che ha di sua età passato il verde,
Prendi diletto, mentre sei su il verde,
Per freddo e caldo, e sempre se rinverde.
Chi non adacqua il suo fioretto verde.
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208
Ove l'acqua e il pantano a ponto chiude;
Embragato era quello alla palude.
Rispose a lui Gradasso: - Per mia fé!
Entro una zambra sopra a la sua fé,
Ma la colpa è d'Amor, che senza legge
E soi subietti a suo modo corregge.»
Diceva il conte: - Che bufonchie, che?
Or non bisogna ch'io dica per che;
- Segnor, - dicendo - io non so già perché
La damisella, e non so dir perché,
Cridando van per arbori e per macchie;
E dà nel mezo a un groppo di cornacchie:
Quale era re de l'Isole Alvaracchie.
Tra l'aspre spine e le sassose scaglie,
Ma poi de tutte tre queste battaglie
Or convengo narrarvi altre travaglie
Che per mal seminar peggio raccoglie.»
Ma colui pianger debbe a doppie doglie
Prima che a torto cotanto ti doglie,
Diceva il vecchio: "Non mi vender foglie,
Che questa è veramente la mia moglie:
Esso promette a lei tuorla per moglie.
Tutti se revestirno a nove spoglie,
Andar con lui, e far tutte sue voglie:
Ché veste ivi trovarno e ricche zoglie.
E per l'aspre foreste e solitarie
Me conducea, tra bestie orrende e varie.
Lasci gli alti pensieri e chiuda l'ale,
Come ne vene! E' par che metta l'ale!
Sopra a un destrier che par che metta l'ale,
Intorno al campo, e par che metta l'ale;
Sempre Baiardo par che metta l'ale.
Par che il re Sacripante metta l'ale,
Giongendovi gli strali e l'arco e l'ale,
Volta e rivolta e, come avesse l'ale,
Indi se volse e, come avesse l'ale,
Destro ne l'arme, come avesse l'ale,
E vien correndo, come avesse l'ale.
Da l'altro lato, come avesse l'ale.
Mossesi ratto, come avesse l'ale,
Altronde non, chi non avesse l'ale.
Per obedirlo avriano aperte l'ale.
Subitamente par che metti l'ale,
Crescerno in su le spalle a tutti l'ale,
Chi diventa orso, e chi grifon con l'ale.
Né se vi può salir, se non con l'ale.
Or li dorme vicina e non gli cale:
Che più di fama o di virtù non cale.
A duo a duo montarno i re le scale,
E se sentiva un fraccassar di scale,
Però che con ingegno né con scale,
Nel porto a Famagosta poser scale,
Qual là si mostra in abito ducale,
Quel torna al cel battendo le grande ale,
Il bono amico e compagnia leale;
Io moro, e voi perdeti un cor leale.'
Di esser nemico ad ogni disleale
E- recevuto in Francia alla reale,
Era il cimero e la insegna reale
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Nato di sangue e di casa reale,
Quale è fra terra la cità reale,
Sir de Orliense, de gesta reale;
- Che mai non fusti di gesta reale!
Una porta patente, alta e reale:
Che sua persona nobile e reale
Per tutto agiongie il giovane reale.
Perché trovato è il giovane reale,
Sopra de Orlando il giovane reale
De Teodoro al pavaglion reale
E s'egli ha core ed animo reale,
Qual contradice al mandato reale,
Ove Lucina in abito reale
Stava Agramante in abito reale.
Quando il re Carlo in abito reale
Giurato avria ciascun che l'avesse ale.
Con molta gente e pompa triomfale,
Che sì vittorioso e triomfale
Coi raggi d'oro in atto triomfale.
Quivi con festa e pompa trionfale,
E voi, che aveti lo animo regale,
Sotto il scudo la piastra del bracciale
Ché il busto ha d'orso e 'l capo de cingiale:
Urta Ranaldo a furia di cingiale,
Chi lupo, chi leone e chi cingiale,
Eravi un gran castello imperiale,
Mosse Aridano un crido bestiale,
O Patre eterno! o Re celestiale!
- Donaci aiuto, o Re celestiale! Dal lato manco il gionse nel guanziale,
Benché dicesse alcun che facea male,
Error prese il maestro, e fece male,
Il fatto nostro andrà peggio che male. Ora pareva a Brandimarte male
Là più si parla, chi bene e chi male,
Molto comodo avia di farli male.
Mai non se vidde il più crudo animale.
Come vide Grifon quello animale,
Ferir del brando a sì digno animale?
Né cor de adante, il quale è uno animale,
Gionse ne l'elmo quel fiero animale,
Che occelli e fiere ed ogni altro animale
Volpe e colombi ed ogni altro animale:
Tutto improviso il diverso animale.
E ben gli sta, ché è degno d'ogni male.
Che non rispose a lor ni ben ni male.
Esso, veggendo il fatto andar sì male,
Ciascun che puote e non diveta il male,
Costui veggendo il gran dalmaggio e il male
Maggior li pare il ben, minore il male,
Da poi che a posta vai cercando il male.
A' circonstanti ciò parea gran male;
A' soi sequaci ciò parbe gran male,
E, se aiuto non dati al mio gran male,
Che, avendo ogniom di noi fatto gran male,
E veramente che io faccio ben male
Che se io non la ritrovo, era men male
Vive più franco ed ha di noi men male.
Né se potrebbe apponervi alcun male.
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210
Me piacque sì che, s'io non dico male,
Sia fatto quel ch'io feci o bene o male;
Più de Albarosa che del proprio male;
Possono indurre ad ogni estremo male.
Vero che al conte non tocca altro male,
Ma non li fece per questo altro male;
A lei, credo io, ne parve molto male.
Benché di Brandimarte gli par male,
Come egli ha a seguir bene e fuggir male,
Più gente urta per terra e fa più male;
E ciascadun di lui dice più male,
Lasciando ove giongeva un tal segnale,
Veggendo tal ruina Narbinale,
Quella battaglia orribile e infernale
Di qua di là da l'alto tribunale
Sopra costoro ad alto tribunale
Ma da l'un capo uno alto tribunale
Qual non restasse a lui dietro a le spale.
- Chi se confida in questa vita frale Con tanta fretta, o da ballestra il strale,
De una persona sopranaturale,
Ciascun signore e baron naturale,
E in ogni penna è un occhio naturale,
Ed ogni gentilomo naturale
Ché è raro a tutte il senno naturale,
Mostravan poco il viso naturale,
Morto era il patre a corso naturale),
Che medico debbi esser naturale,
Per un scaglione alla cima se sale:
Come intraviene a l'om che troppo sale.
(Ben che abbia altro mestier, ché fu corsale,
Tanto cordoglio l'animo gli assale,
E se ciascun de gli altri serà tale,
Più mai ne vidde il mondo un'altra tale.
Che non ebbe quel tempo un'altra tale;
Disse alla dama: - Questo dono è tale
Mercé del mondo che al tuo tempo è tale,
Tutti dian voce a pena capitale:
Ch'io lo disfido a guerra capitale. Rugier, che gionse il re sopra al frontale,
Sol per veder se il demonio è cotale
Lui di natura e de animo è cotale
Non fu ruina al mondo mai cotale;
Altra battaglia non fu mai cotale
Non sorse più giamai furor cotale
De la gran loggia con lavor cotale.
Un'altra zuffa mai non fu cotale.
E lei fa del suo amante un altro tale.
Non ebbe mai la dama uno altro tale,
Il sol mai non ne vide uno altro tale,
De una ferita ben cruda e mortale,
Non fu quel colpo troppo aspro e mortale,
Come pistasse l'acqua nel mortale.
Poi l'altre son più basse e diseguale,
Di etate puerile e in faccia quale
Già se apressava quel giorno nel quale
Qua sua possanza e forza nulla vale,
La manica de maglie nulla vale,
Né a quel ni a questo l'armatura vale:
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211
Più che il tesoro e più che forza vale,
Venga alla zuffa e mostri ciò che vale. E mena 'l terzo; ma nulla li vale:
Forte spronando, ma nulla gli vale;
Se mia dama è perduta, or che mi vale
Tanto me è grata, quanto per voi vale;
Nulla diffesa o preghera vi vale;
A tal percossa piastra non vi vale,
Ché la barbuta, o l'elmo non vi vale.
Per manco nol darebbe come il vale,
Quanto puote più presto, ma non vale,
Ove virtute e prodezza non vale,
Che per guarirlo medico non vale.
Contra a fortuna alcun schermo non vale.
Al conte Orlando il suo spronar non vale.
Come a un zeloso mai scrimir non vale,
Ma tal fuggire ad essi poco vale:
Se ben tutto mi dono, poco vale.
Nulla diffesa al franco Orlando vale,
Della regina a questo ponto vale;
Ciascun tanto più fa quanto più vale.
E spezzò l'elmo dal cerchio al guanzale,
Gionge a traverso quella nel guanzale;
E comenciƒr battaglia aspra e crudele,
Chiama le stelle, il sole e il cel crudele.
Trufaldino è nomato quel crudele.
Lo uccise a torto, il perfido crudele.
Infin li offerse il suo voler crudele
E la battaglia ognior vien più crudele.
Pien de ogni fellonia, pien de ogni fele,
Ciascun de ira se accende e di mal fele,
De tradimenti, inganni e di mal fele:
Quello animal che al mondo è di più fele.
Dirottamente piange, e con mal fiele
Con animo adirato e con mal fiele.
Che per battaglia al tutto è inespugnabile.
Armato a maglia e piastre innumerabile;
La terra è di fortezza sì mirabile,
Né mai se vidde un colpo più mirabile,
E gionse per traverso un contestabile,
Stimando che per quelle il sia invincibile,
Di una virtù grandissima, incredibile,
Ed al contar serìa cosa incredibile
Solo è afrontato, che è cosa incredibile;
La sua possanza par cosa incredibile;
Mena ad Orlando un gran colpo e terribile,
Rodamonte di Sarza, quel terribile,
Né di lui manco è il suo corsier terribile,
Lui d'altra parte ognior vien più terribile,
Ora torniamo a quel pagano orribile,
A disusato modo e troppo orribile
Battaglia sì diversa e tanto orribile,
Ne la sua vita mai fu tanto orribile;
Che via per l'aria ne volò invisibile,
Ma sua virtù facea l'omo invisibile,
A tradimento poi lo occise Achile.
L'uno e l'altro esercizio è giovenile,
Pur mo te dimostravi sì virile
E benché fusse d'animo virile
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212
E questo e quel fa l'animo virile,
Può dar diletto a l'animo virile,
Manifestando fuore il cor virile
Ordauro era di forza più virile,
Così ad ogni atto degno e signorile,
Tra zigli e rose e fioretti d'aprile
Tra fresche rose e fior che mena aprile,
Stava coperta la anima gentile.
Ricco ciascuno e de schiatta gentile;
Gente legiadra, nobile e gentile,
Mai non fusti figliol d'Amon gentile,
Sempre se allegra lo animo gentile,
L'un e l'altro è mestier de omo gentile,
Tu prodo, ardito e cavallier gentile. Ché ben cognosce il cavallier gentile
Di sua man vestì il cavallier gentile;
Né il più bel cavallier, né il più gentile;
Ben perfumata, candida e sotile;
E de uno antiveder tanto sotile,
Pur tutte l'arme guarda per sotile,
Ché io son da poco e son femmina vile,
Rispose il conte ad esso: - Animo vile,
La qual mai non dimora in petto vile.
Né quando prima il barbaro Anniballe,
Allo ardito Grifon forte ne calle,
Rugiero a meza costa per un calle
Trovƒr la dama, che per stretto calle
Di qua, di là, da fronte e da le spalle,
Fugge Turpino, e Rugiero a le spalle,
Con tutta Spagna ed Africa alle spalle
Quanto il destrier se il lascia dalle spalle.
Rugier gli tolse il capo dalle spalle.
Sempre Marfisa aver crede alle spalle.
Ché troppo presto gli fôrno alle spalle;
Che non restasse a lei dietro alle spalle.
Ferisca a i Saracin dietro alle spalle.
Di dietro il tocca, sopra delle spalle,
Ferì quel re di drieto nelle spalle
Scendendo sì gran colpo in su le spalle,
Quel di Altafoglia; Anselmo, gli è di spalle:
Quasi in un tempo col brando l'assalle.
Che del destrier il fie' cadere a valle,
Né falcon mai dal cel discese a valle,
Né il gran re persiano in quella valle
Quanto nascosta può, per quella valle
Ove tra duo colletti era una valle;
Con brandi nudi a fronte in una valle,
Credese ben mandare Astolfo a valle.
E ben si crede di mandarlo a valle.
Che quasi il pose del destriero a valle.
Per la pianura, per monte e per valle,
Qual via fuggendo per monte e per valle
Fuggito essendo per sassi e per valle,
Vidde gran cose e gloriose e belle;
Dolce ne gli atti e graziose e belle.
Quasi di tutta Spagna, e pur le belle;
Senza alcun dubbio è il fior de l'altre belle.
Ambe tanto legiadre, ambe sì belle,
Le cose de ciascun parvon men belle,
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213
Son scritte queste istorie tanto belle
Tra la farsata aponto e le mascelle,
Ciò non ascoltan queste anime felle,
Baroni e cavallieri e damigelle,
Tanti altri cavallieri e damigelle,
A voi, legiadri amanti e damigelle,
Quivi smontarno le due damigelle.
E il mondo lucigar tutto a fiammelle.
E nel colpir fan foco e tal fiammelle,
Il cocodrilo ha tenera la pelle.
Sì che lo rase e non toccò la pelle.
Però che sotto al corpo e ne le aselle
L'altra uno abito biavo, fatto a stelle
Che vostra fama passarà le stelle.
Qual se mostrava un sole infra le stelle;
Seguendo al corso il lume de le stelle,
Ponendo sua virtù sopra alle stelle
Che par che il lampo gionga nelle stelle.
Pur a lui parve di veder le stelle,
Quindi se fu levata una di quelle,
De arme e destrieri e de robbe novelle.
Splende la rosa e tra foglie novelle,
Era stimata il fior de le donzelle
Da l'altro lato incontra alle donzelle
Come ella tacque, e due altre donzelle
Scorgea là dentro faccie di donzelle,
Con Ercule e Sanson, Ettòr e Achille,
Che non Ettòr di Troia e non Achille,
Se ben venisser mille volte mille
Perché furon i colpi più di mille;
Che facean sempre foco e le faville,
- Non fusse alcun de voi, zentaglia ville,
Smaltisce questo occello una acqua molle,
Qual, come tocca gli occhi, il veder tolle.
In cotal forma si lamenta e dole:
E certamente me ne incresce e dole. Oh quanto al conte ne rincresce e dole!
Più teco star non posso, e me ne dole.
Eravi che Polindo assai se dole
Ordauro assai de ciò con lui se dole,
E ben che intenda che colui se dole,
Ma sol quel tempo d'aspettar gli dole,
Quando impromessi quel che ora mi dole?'
Né più soffrendo disse: - Assai mi dole
Or, bella gente, certo assai mi dole
Ché non di lui, ma de gli altri mi dole.
Provato l'ho a mio costo, e ben mi dole,
E sopra ogni sventura ciò mi dole;
Sappialo Iddio di te quanto mi dole.
Sasselo Idio di te quanto mi dole,
Questa pena crudel, che al cor mi dole,
"Sopra a ogni altro dolore al cor mi dole
Or chi saprà mai dir come si dole
E de altro nella mente non si dole,
Ma sopra a l'altre piangendo si dole,
Ché ben iudica e colpi a cui non dole;
Langue ogni membro quando il capo dole;
Abbi mostrato il tuo pensier sì fole,
Ché sempre alla tua vita fusti un fole,
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214
Chi getta rose, chi getta viole,
E tanto invilupò frasche e viole,
L'altre battaglie fôr rose e viole:
Ma, quale in prato le fresche viole
Come dopo la pioggia le viole
Dove eran l'erbe fresche e le viole:
Mostrandoci nel verno le viole,
E, per dir questo in simplice parole,
Da Brandimarte, con dolce parole,
Cercano tutte con dolce parole
Sino alla fine, ed in poche parole
Però che era presente a le parole,
La voce venìa meno a le parole,
Quando Prasildo intende le parole,
Con quei canestri al fin de le parole
Chi mi darà la voce e le parole,
Dammi il canto soave e le parole
Di ciò che pôn gli incanti e le parole,
Tutta in se stessa e perse le parole,
Ascoltati de Dio voi le parole,
Orlando stava attento alle parole,
Ride Ranaldo di quelle parole,
Lei l'uno e l'altro con bone parole
Che per rei fatti dar bone parole.
Questo diceva e molte altre parole:
Spesso con queste e con altre parole
Ma più destinto, e con altre parole;
Scorger non puote sue basse parole.
Sacripante non fie' molte parole,
E speso ho il tempo con tante parole.
Ove con pianti e dolente parole
Ma, mentre che dicea queste parole,
Mentre che lui dicea queste parole
Compìto non avea queste parole,
Salamon disse già queste parole,
E quasi al mezo di queste parole
Forte adirarse per queste parole,
Or Brandimarte per queste parole
Come a lei gionse, con dolci parole.
Queste e molte altre più dolci parole
Io vo' che meco vinci di parole;
Lacrime dava in cambio di parole.
Il conte, sorridendo a tal parole,
Verso del conte usava tal parole:
Ed al suo canto usava tal parole:
Porgendo preghi a lui con tal parole,
Poi confortati lui con tal parole
Facean de' fatti, e non dicean parole.
Lascia pur dir, ché tutte son parole.
Malagise non fa troppo parole,
Ma noi facciamo ormai troppo parole,
Perché, benché non sappia dir parole,
Io non venni già qui per dir parole,
E, come in cotal caso far si sôle,
Mirando ora alla terra ed ora al sole,
E sembravan duo giacci posti al sole,
Che par che il cel risuoni insino al sole,
O soprana Virtù, che e' sotto al sole,
A l'ora sesta da il levar del sole,
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215
Nella bella alba, allo aparir del sole.
- Tutta la gente dove scalda il sole,
Mille anni pare a lui che asconda il sole,
Se non aponto quando leva il sole.
E giura per la luna e il sole,
Ma siami testimonio il celo e il sole
Poi, quando al cel sereno appare il sole,
Che arian possanza a tramutare il sole.
Già se chinava allo occidente il sole;
Certo non passarà quel monte il sole,
Era salito a mezo il celo il sole,
Ché non serà nascoso il giorno il sole,
E le radice quando è oscuro il sole;
Prima che al monte sia nascoso il sole:
Ma come a ponto fu nascoso il sole,
La notte è gita e non è gionto il sole,
Ché mai cosa più fiera sotto il sole
L'altre stelle a Diana, o lei col sole.
Perda costui, che è tra' baroni un sole,
Che veder non sapea se è luna o sole,
Che parea un giaccio posto al caldo sole,
Come il splendido giaccio al vivo sole,
Il giorno che è partito, e il vivo sole,
Che darti morte me dispiace e duole. Ed esser vista in tal modo gli duole.
Ogni percossa insino al cor li duole
Sì come far ciascuna donna suole,
Benché è pallido in faccia, come suole,
Se Durindana taglia come suole. Né più se danza, come far se suole.
E quel dolce parlar che usar se suole
Come tra duo cortesi usar se suole,
Nelli antichi proverbii dir se suole
Ma, come in gran letizia far si suole,
E benché spesso, come far si suole,
La qual, con meglior viso che non suole,
E scridando al destrier, come far suole,
Tal sarebbon con lei, qual esser suole
Niuno è più de uno omo, e sia chi il vuole:
Sia quel che 'l celo e la fortuna vôle.
Dicendo: - Il celo e la fortuna vôle
Benché odirlo biasmar li è dispiacevole;
Non è il leon ferito più spiacevole,
Perché sapea come era solaccevole;
Ranaldo a lui diceva: - Altro ce vôle
Perché era di quel tempo racordevole
Bagliardo fuor del bosco par che vole,
Fermar lo fa ben presto come vôle.
Né sa come Ranaldo non ne vôle,
E` la moglie che un tempo fu amorevole,
Ma mal se può disdir quel che se vôle;
Che fa la rosa, alorché aprir se vôle
Lo animal che è più crudo e spaventevole,
Con questo tuo zanzare; altro ci vôle
Con croce e patrinostri? Altro ci vôle
Sì che la gente che ascoltar mi vôle,
Grifon diceva: - Adunque ora si vôle,
E il mal trovato, sia chi esser si vôle,
Alcun compagno seco non vi vôle;
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216
Che stia contento a quel che 'l mondo vôle. L'un pensier gli disdice, e l'altro vôle,
Ma veder quella prova al tutto vôle;
Qualunche Trufaldin diffender vôle,
Che apena soffre l'occhio di vederle,
Con rubini e smiraldi e grosse perle.
Mille anni a lui pare de indosso averle;
E ben seguito lo tenean le dame,
Deliberato di cercar le dame,
Ben vi so dir che gli fuggì la fame
Ché l'una più che l'altra ha sete e fame.
Non vo' che il suo ronzon mora di fame.
Non se potrà mangiar, se non con fame;'
Che comporta ch'io pèra in tante brame,
Se ben ne avesse avuto maggior brame.
Poi volto a me dicea: "Questo letame
Soffia per ira e per paura geme;
Li guardan drieto, e chi piange e chi geme;
Ov'è Olivieri e Grandonio si geme;
Come ciascun sospira e ciascun geme
E, caminando con le dame insieme,
Fan più lor duo che tutti gli altri insieme;
Li altri otto ancora son tornati insieme,
Stavan sì stretti quei duo amanti insieme,
Re Carlo, Ogieri e li altri tutti insieme
Battean le palme lacrimando insieme,
Già se ode il maledetto che là freme
Ciascun di essere il primo a denti freme.
A quei duo cavallier gran voglia preme
Adosso a quei pagan con furia preme.
Quanto se può, ciascun sopra se preme;
E l'uno e l'altro sì forte se preme,
Tutta la gente adosso di lor preme.
Nulla di sé, ma de la dama teme.
Ma ben vi dico che sopra di me
Ove acquistasti tale insegna e come,
E che due re tenia legati; e come
Balzan, fazuto, e biondo a coda e chiome,
Che rilucente e bionde avia le chiome,
Ma il Tartaro a quel dire alciò le chiome;
Avendo altro segnore ebbe altro nome.
E quale è vostra stirpe e vostro nome. Chiamato Polidoro a dritto nome.
Dicendo che a sua posta ed a suo nome
D'un salto armato andò di là dal fiume.
Fo dal centauro gettata nel fiume.
Questa davanti gli scoperse un fiume
Ma poi che Troia fie' de pianti un fiume,
Natando per paura un grosso fiume;
L'acquila prima avea bianche le piume,
Giù ne la mena, come avesse piume;
A prender corso; e, come avesse piume,
Se non avesse avuto a volar piume.
Di là da lui rendea la pietra il lume,
Quando fu morto Ettorre, il suo gran lume,
Che solo a dir di lor serìa un volume;
Né per quel loco si vedea più lume;
Però che de natare avea costume.
Avia la rocca e il forte barbacane,
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Ha di tre torre fuora un barbacane.
Facendo di costor pezzi da cane:
Ma sia squartata e sia pasto di cane
Cognobbe al scudo ch'egli era Agricane,
Poi manda un messagiero ad Agricane,
Ma sopra tutti Orlando ed Agricane
Lurcone e Radamanto ed Agricane
Tartaro sono e nacqui de Agricane,
Vien Mandricardo, il figlio de Agricane.
Re Mandricardo, che fu de Agricane
Diragli ch'io credetti che Agricane
Ora io vi dissi sì come Agricane
Costui stimava scontrare Agricane,
E restò dentro il forte re Agricane;
Quando quel colpo sente il re Agricane,
Poi che l'ebbe lasciato, il re Agricane
Poi prenderaggio presto il re Agricane,
Ora torniamo al potente Agricane,
Senza contesa il potente Agricane
In altra parte combatte Agricane,
Intorno ad Albracà con Agricane;
Ma fui tradito da il falso Agricane:
Il padre de Olivier, malvaggio cane,
Per farlo far battaglia col mio cane. Morde co' denti, come fa lo cane.
Non mi lasciar portare a questo cane. Posti avea insieme il maledetto cane,
Re Galifrone, il maledetto cane.
E mena in volta le schiere pagane,
E pone in rotta le gente indiane,
Tra barbariche gente o italiane;
Vede sua gente per coste e per piane
Catolice ènno entrambe e cristiane,
Se forse qualche gente cristiane
Sì che fo occiso da gente villane,
Che, avendo rotto e perso e piedi e mane,
Oggi l'occiderò con le mie mane.
Per la grande ira morde ambe le mane,
Un cavallier con loro era alle mane.
Non con Orlando venire alle mane.
Re Sacripante è con seco alle mane,
E` mescolata con loro alle mane.
E detti re son con loro alle mane,
Ed avemmo la terra nelle mane;
Tutti legati li vôl nelle mane
Io voglio averlo vivo nelle mane
S'io non me affretto di menar le mane,
Così dicendo col brando a due mane
Il brando sanguinoso ha con due mane:
E tanto argento ed oro ha in le sue mane,
Volea donarli presi in le sue mane.
Ebbe il caval fatato in le sue mane.
E morto ha il tuo fratel con le sue mane.
Occidi me, io te prego, con tue mane;
Ranaldo di Bilanda per tue mane
La notte esser impeso e la dimane
Che, veggendole 'l patre la dimane
E tu quando ti levi la dimane,
Né mai svegliarno insino alla dimane.
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218
Onde lo prega che quella dimane
Ed ecco ritornare una dimane
Al re s'appresentarno una dimane
Che restan piene di piedi e di mane,
Batte con serpi vive ogni dimane.
Tristo colui che là oltra rimane!
Poi viene assolto e in libertà rimane.
Il re di Fersa, Folvo, anche rimane,
Né Tramontana in pace se rimane:
Di speronarlo mai non se rimane.
Ma da poi ch'essa ancor non se rimane,
Tristo colui che a canto gli rimane!
Disse Marfisa: - Un poco ivi rimane,
Ogni omo il segue, alcun non vi rimane,
Ove ella corre, il segno vi rimane
Fa che il suo nome al mondo anco rimane,
Sia maledetto chi a drieto rimane.
Ora che questi tre mi sono in mane,
Perché aggio inteso che fôr due germane
Che fôr portati per piedi e per mane,
Incatenato per piedi e per mane,
Che nol potrian contar le voce umane.
E sì con prieghi e con parole umane
Ove con festa e con carezze umane
Che nol potrian contar le voci umane;
Suonano a l'arme tutte le campane;
Di trombe, di tamburi e di campane;
Argante, che fo lungo trenta spane,
Prove se fier' dignissime e soprane
Fier'opre, per amore, alte e soprane.
Il vago amor che a sue dame soprane
Ed a provarse a sue gente soprane,
Oditi e gran lamenti e voce strane,
Con foggie disusate, altiere e strane;
Era coperta de figure strane;
Dico e compagni e più persone istrane;
Con le sue insegne e con bandiere istrane
Se de tua morte per le terre istrane
Per forza de arme ed aventure istrane
E le battaglie e le venture istrane,
E vo' che intendi se le cose istrane
Per diversi paesi e gente istrane,
Poi che spezzato ha quelle gente istrane,
Quante ne ha il mare, e tutte le più strane.
E le genti vicine e le lontane
Tolta per forza a l'Isole Lontane:
De Manodante, a l'Isole Lontane,
Fôrno condutti a l'Isole Lontane;
Come io contai, da le Isole Lontane,
E come vien da le Isole Lontane,
Che signoreggia le Isole Lontane;
Mio padre è re delle Isole Lontane,
L'uno al diserto alle terre lontane,
Ha radunato le gente lontane
Disse colui: - Da parte assai lontane
E le sue legge scelerate e vane;
E strigie e fate e fantasime vane
Ciascuna porta ove dentro si vane,
Ma sue prodezze tutte seran vane,
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Fiacca le broche e batte ambe le zane:
Di forme grande e piccole e mezane,
Io vado in qua; Dio ve conduca bene. Adunque ciascadun m'intenda bene,
Or lasciamo star lui, poi che sta bene
Dottrina al prete ed al dottore sta bene:
E poi se alciava (intenditime bene)
E giorno e notte non avia mai bene,
Dicea Gradasso a lui: - Tu dici bene,
Io narrarò la cosa: intendi bene.
Or quel ch'io te vo' dire, intendi bene:
Ora, Naimo mio caro, intendi bene:
Esser gagliardo e diffenderti bene,
Ch'e Cristian non se adoprassen bene;
Rispose il giovanetto: - Io credo bene
Qual m'hai contata; e farem male o bene,
Vôl che 'l naviglio vada, o male o bene,
Tra noi la partiremo, o male o bene,
Veggendo perir meco ogni mio bene;
- Adunque sia legato molto bene, Che valle e monti e le campagne ha piene.
De arme e ronzoni ivi eron tende piene,
Che le cagion diragli intiere e piene
De altro che rose avea le brache piene.
A dare in terra con le vele piene.
Che ambe l'orecchie avea di rose piene.
Già son de morti quelle fosse piene.
Le ripe aveano a lei d'intorno piene.
Con sembianze piatose e d'amor piene;
Che in ogni verso sette miglia tiene.
Poi che nel zuffo ben presa la tiene.
Sempre gli occhi a Grifon la dama tiene,
Ciascuna una pallotta in cima tiene:
Or qua, or là la piaza tutta tiene,
E quella un drago per l'orecchie tiene:
Ché la più parte alor morta se tiene;
Ma Grifone attaccato a lui se tiene,
E se al presente qua forza mi tiene,
Sopra la briglia già non se ritiene,
Movese anch'esso, e già non se ritiene,
Or Rodamonte già non se ritiene,
Ma cavalcando mai non se ritiene
Passa più oltra e qui non se ritiene;
Così dicendo più non se ritiene,
Così dicendo, più non si ritiene:
A lui Ranaldo ben stretto si tiene,
E cavalcando tra le coscie il tiene;
Dello abbattuto la sorte mantiene,
La spada sanguinosa a due man tiene;
E francamente al campo si mantiene;
Né apena vede il brando che in man tiene;
Dove è più dirupato il camin tiene.
Ciascun di lor diverso camin tiene,
Ben sette leghe il campo intorno tiene,
Male intende colui che in tempo tiene,
Che cento leghe di traverso tiene.
Questa facenda a noi non apartiene,
Il gran corsier su la briglia sostiene;
La grossa lancia alla resta sostiene;
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Sin che fortuna o forza lo sostiene;
Perché qualunche al ponte non se attiene,
Ma la sua voce al conte non attiene,
Perché gran fumo, che con fiamma viene,
E sì scoperta questa cosa viene,
Se Malapresa ad oltraggiar ce viene. L'un più che l'altro a gran voglia ne viene
Ché ciascaduno a più furia ne viene;
Sia mia la colpa, se colpa ne viene,
E con gran passo alla terra ne viene,
Che per la coppa al capo se ne viene.
E verso il mare a corso se ne viene;
Il re Grifaldo apresso a lui ne viene,
E` che il giostrante ch'al rengo ne viene,
Ma se lui quivi secreto ne viene,
E per la scala su ratto ne viene.
Che dirupando al fondo giù ne viene;
L'alto Balorza; e tanta gente viene,
Ché mezo è perso il don che tardi viene. Ecco il re d'India, che adosso gli viene.
Tanto è la gente che adosso li viene.
Più de una arcata avanti a gli altri viene.
Esce dal fosso e contro a i nostri viene.
Che veder quella che a campare il viene.
Se non, lassar la vita te conviene. Che star con seco a fronte li conviene.
Rispose l'altra: - Ben se gli conviene,
Ma so ben dir che usar ve gli conviene:
Aver battaglia meco li conviene. Io tanto saccio quanto mi conviene. Or entrar nella selva si conviene,
Camparme al vostro onor ben si conviene,
Cridò il crudel: - Così far si conviene! Tenire aperti gli occhi ti conviene.
Esser gagliardo e saggio ti conviene.
O a mi tuorla al tutto ti conviene. Ma, perché sappi che far ti conviene,
Benché sua insegna a questa non conviene,
Poi che a quel foco contrastar conviene;
Or sia così, dapoi che esser conviene. Ma se per ogni modo esser conviene,
Lo esser cucioso assai ti disconviene;
Di andarne tu, se Baiardo non viene.
Correndo quel superbo al lago viene,
Eccoti Serpentin che al campo viene,
E verso Orlando furioso viene;
E fora del giardin con esso viene,
Sin che a la porta del palazzo viene.
E fisistreri e pistrice e balene
Par che il nabisso via fuggendo il mene;
Menando gran percosse gli dà pene.
Per dare a' Saracin sconfitta e pene.
Potria tornarti in dolorose pene.
Tutti dormendo sentirete pene,
De dir ch'io viva più tra tante pene,
Soffrir non posso ormai cotante pene:
E non trova soccorso alle sue pene;
Che senton per Angelica tal pene,
Sempre languendo e sospirando in pene.
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221
Lasciar la dama o la vita con pene,
Voi seti qui tutti presi con pene,
Che a tradimento fia occiso con pene;
Di sua pacìa non voglio portar pene. Ello esser morto stima minor pene
Ben lo sa Dio che in altri non ho spene,
Mostrando il nudo sotto dalle rene.
E salta al cocodrilo in su le rene,
Che nol potrian tener mille catene;
Non vi valeran mazze, né catene,
Dal fusto uscivan poi cinque catene,
Oh che spezzar de corde e di catene
Come livreri usciti di catene.
E quivi a forza rinchiusa la tene,
Però che Orlando tanto stretto il tene,
Tirando con le corde alte le antene.
Chi da una porta e chi da l'altra vene,
E le casate sue nobile e degne
Con far de zigli e de leoni insegne.
E già le tende bianche eran vicine,
Per sua virtute sia condutta a fine.
Prima che in Francia sian condotti a fine.
Perché ardito principio e mala fine
E sette cavallieri ho tratto a fine:
Trombe, tamburi e voce senza fine,
Barbute e scudi e usberghi e maglie fine
E guarnito era a maglie e piastre fine,
Né altro speravo che desse mai fine
Sin che fu gionto della scala al fine;
Ogni cosa virtute vince al fine:
Pur non gli puote ritenere al fine,
Tutta la cosa dal principio al fine.
Io l'ebbi gionto, ed eravamo al fine
Ciò vi contai de l'altro libro al fine.
Ché testimonio non ne vide el fine;
Sol per veder di questa cosa il fine.
Poi lasciò e tori, e non se vidde il fine
Che ne stupisce e non ne vede il fine.
Tanta è la folta; e non se vede il fine.
A vostro onor di questo libro è il fine.
Che aveti odita, tutto quanto il fine,
Salitte sopra la iumenta in fine,
Già di Provenza sono alle confine,
E non vedeva per quelle confine
Tutte de intorno per quelle confine.
E ben de intorno per quelle confine
Ora alta, or bassa è nelle sue confine,
Poi che fu il campo nelle sue confine
Che sta nel celo, e seran sue confine
Di lei non se vede or se non secagine,
Che un fal commesso ho sol per smenticagine.
Che ebbe di Roma simigliante imagine,
Gli disse: - O cavallier, vo' che tu imagine
Presso Biserta, al capo di Cartagine,
E tutte le donzelle e le regine
Ed ha invitate e dame e le regine
Per questo erano in campo le regine
Pieno è di fiori e rose damaschine.
Quel negromante, e con voce meschine
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222
Al mio dolore e a mie pene meschine.
Con tante insegne grande e piccoline,
Che par che il mondo se apra e 'l cel roine.
Oltra a quel monte, e par che il cel roine:
Ma quelle dame misere e tapine
Tutti han perduto l'anime tapine
Che irno in profondo alle anime tapine.
Tutte noi altre misere, tapine,
Fatto ha più volte assai gente tapine.
Che l'altre gente avea fatte tapine.
Di fuor tutta coperta a verde spine;
Piena de bronchi e de malvaggie spine.
La Doralice; come tra le spine
Poi se ascose lì presso tra le spine.
Per boschi e valle, e per sassi e per spine
Sopra al bel porto; e tra l'onde marine
Il fior de Italia a due belle marine.
E la piastra percossa a polverine
Per rinfrescarse a l'onde pellegrine;
Ed altre istorie belle e pellegrine.
Gran fatti e degne istorie pellegrine
Adio, amanti e dame pellegrine:
Tra cedri, aranci e palme pellegrine,
Che struggea tante gente pellegrine,
Or vo' contarvi, gente pellegrine,
Però faran gran cose e peregrine,
De cavallieri e dame peregrine,
Ma sopra a tutte l'altre peregrine
Vedi qua tante gente peregrine,
Mira quei scudi e l'armi peregrine,
Sopra del suol de pietre marmorine,
Entro un bel letto adorno de cortine.
Ma sopra a tutti, dentro alle cortine,
Fra me dicea: «Convien che io me destine
Splendono stelle chiare e matutine,
Con tal romor che par che 'l cel ruine,
Par che la terra e il mare e il cel ruine;
Par che il mondo arda e tutto il cel ruine.
Come lo inferno e il cel tutto ruine,
Tra queste genti angelice e divine;
Che le Sibille fôr tutte divine,
Dio ringraziando e sue virtù divine,
Sì ratto come avesse a' piè le penne.
Subito un altro nel suo cor divenne;
E 'l gran caval natando a sommo venne,
De cavallieri arditi e gente bone;
Incontinente il cognobbe Gambone
Per questa fiata al tristo de Gambone,
E con gran furia va verso Gambone;
Avea egli un schiavo chiamato Gambone,
Ma l'arme di colui son tanto bone,
Ma di color l'han fatte di carbone.
E gionse drittamente nel carbone,
Ma dritto nella fronte avea il carbone,
Sopra de un ziglio d'oro era il carbone,
Nera la barba avea come un carbone
La pelle nera avea come un carbone,
Tutto ricciuto e ner come un carbone.
E il bon Tebaldo, duca di Borbone,
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223
E giura a Trivigante ed a Macone
Se comandar volete altro a Macone,
De Africa è tutta ed adora Macone.
Se sopra il campo vi fosse Macone
Ciò te giuro a la fede di Macone,
Per agrandir la legge di Macone. La falsità mostrando di Macone.
E d'ôr scolpito ha quel dentro un Macone.
Te volesse aiutare e idio Macone,
Però ti prego per lo dio Macone,
- Io son contento, per lo Dio Macone, Aiuto! aiuto! per lo Dio Macone';
Diceano: - O re del celo, o Dio Macone,
Crida Marfusto: - Se proprio Macone
Lasciato ho Cristo, ed adoro Macone. E vuol disfare il celo e il suo Macone,
E forte biastemando il suo Macone
Robbasti al re Marsilio il suo Macone.
Standosi questo ad adorar Macone
E per lo Iddio del celo, e per Macone,
Diceva Brandimarte: - Per Macone,
Farollo essere un becco, per Macone.
Dicean: - Non ce è vantaggio, per Macone! Ma se io la ritrovo, per Macone
A tutti fa il suo core di dracone;
Tutta tagliata a botta di piccone,
- Dove ne vai, - dicean - dove, briccone?
- Ahi brutto manigoldo! vil briccone!
Da gli occhi in fora non c'è un buon boccone. Sol de una spalla vo' fare un boccone. Credendosi ingiottirlo in un boccone.
Ma il principe se driccia a Rubicone,
- Questo è colui che occise Rubicone,
Era colui chiamato Rubicone,
Che è sir de Pampaluna, e Folicone,
Lui lo Argaliffa abatte e Folicone,
Colui che vien davanti è Folicone,
Che mille mastri a botta de picone
Questo era il conte de Alva, Paricone:
Gridò: - Pigliàti presto quel bricone,
Ma quel malvaggio, perfido, bricone,
Saette e sassi tran da ogni balcone.
Per la citade stavano al balcone.
Lasciò la danza e venne ad un balcone,
Angelica se pose ad un balcone,
Il re con Brandimarte ad un balcone
Per un de' piedi, fuora de un balcone,
Stava assettata sopra de un balcone;
Questo surgendo, diceva Falcone:
Che, come storni a vista de falcone,
Mai non puotria pigliar Montefalcone,
Come fugge il colombo dal falcone
Qual corbo diveniva, e qual falcone.
Gionse nel scudo, a petto del falcone;
Come da l'aria giù scende il falcone,
Ecco il re che ne vien come un falcone,
Che sino a l'aria andava ogni troncone:
Col foco ne le rame e nel troncone,
E ben stretta la lega a quel troncone
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224
Ver là se tira e lascia il gran troncone;
E prese in questo dire un gran troncone,
Corse ad uno olmo e prese un gran troncone,
El busto tramutato in un troncone,
Ruppe sua lancia, che è grosso troncone,
Sua lancia arresta, che è grosso troncone.
Con una lancia d'un grosso troncone
Poi volta indrieto, e guarda il suo troncone,
Ferì il gigante e ruppe il suo troncone;
Orlando gionse un colpo nel forcone,
E robbare al demonio il suo forcone,
E stava a lui davanti il re Lurcone;
Il primo che trovò, fo il re Lurcone,
E il forte Uldano, e il perfido Lurcone;
Re de' Galegi, il quale era pedone,
Destrier non ha, ma sempre va pedone
Ed a la porta ne viene pedone;
Tutti quei paesani e ogni pedone
Ecco nel campo ha visto un gran pedone:
Non lo occidesse, essendo esso pedone.
Ed esso ne convien andar pedone? Barigaccio, il figliol di Taridone:
E quella al re Gradasso via mandone,
Orlando del fanciullo adimandone:
- Io non vo' già lasciar questo grandone, Serpentin contra lui va di rondone
Orlando verso lor va di rondone,
A te ben ne darò bon guidardone:
Possiamo te con degno guidardone,
Di che hai superbia, dimme, bastardone?
La damisella nel viso il guardone,
Che del servigio perde il guiderdone
Che Lui renda a Prasildo guiderdone
Lasciando andare a terra il suo bordone,
Va di gran passo e porta il suo bordone,
E la tasca e il cappello e il suo bordone;
Ma avanti ingenocchiato avea Dudone,
Com' quel che crede che lui sia Dudone.
Sempre alla testa toccava Dudone,
Mostrò il gigante in forma de Dudone
Pure il periglio grande de Dudone
Che è cristiano ed ha nome Dudone.
Se ben ramento, egli ha nome Dudone.
O veramente il giovane Dudone,
Non vi passò Ranaldo, né Dudone,
Prasildo, Iroldo, Ranaldo e Dudone.
Per gire in Franza, ed Astolfo e Dudone;
Né dopo molto vi gionse Dudone,
Alle sue spalle il possente Dudone,
Ranaldo incontinente e poi Dudone
Qual conduce Otachieri e il bon Dudone,
Ed Otachiero, e seco il bon Dudone,
Ove Ranaldo stava con Dudone.
Lasciò Ranaldo Astolfo con Dudone;
Grandonio era afrontato con Dudone;
Adosso a lui sempre è il franco Dudone,
Perché quello era il suo franco Dudone;
Che ogniom direbbe: "Egli è proprio Dudone.'
E seco ne menƒr preso Dudone,
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225
E già di vista avea perso Dudone,
Al primo scontro riversò Dudone.
Non se spaventa per questo Dudone,
Dapoi gli fece consegnar Dudone,
Rainaldo il terzo, e il quarto fu Dudone;
E quale era straziato da leone.
Ciascun di quei baron sembra leone.
Lui ritornava a guisa di leone,
Tornò più fiero, a guisa di leone.
La branca di cui parlo, è di leone.
Sol di medolle e nerbi di leone;
Sopra al cimier, che è un capo di leone.
Qual porta in bianco un capo di leone.
L'un de Castiglia e l'altro di Leone,
E Brandimarte, che ha cor di leone,
Vien furioso, quel cor di leone,
Combatter contra Oberto dal Leone:
Ordinorno che Oberto dal Leone
Venir non puote Oberto dal Leone,
Cadde in due parte Oberto dal Leone.
Questo era il franco Oberto dal Leone.
Era lì dentro Oberto dal Leone,
Dico che questo è Uberto dal Leone,
E come fu poi morto dal leone;
Maggior che quel de l'orso o del leone.
Quando occise nel monte quel leone,
E seco in frotta Oberto da il Leone.
Alle sue spalle è Oberto da il Leone,
E Brandimarte e Oberto da il Leone;
Ecco venire Oberto da il Leone
Quel de Borgogna, che porta il leone
Poi Soridano, che porta il leone.
Poi se mosse qual movese il leone
Questo avea de oro alla cima un leone,
Ma ne la tomba alor stava un leone
Quale avea posto il freno ad un leone:
Brandimarte ancor lui con un leone
Alora alora avea preso un leone,
Vedi la verde da il bianco leone?
In quel tornero assembra un fier leone.
E fie' battaglia in forma de griffone,
Le branche e il collo e il capo de un griffone;
Stommi con seco, e servo da buffone,
Gano me dice che tu sei buffone.
Il qual ardisce a dir ch'io son buffone,
Gano dicea: - Segnor, egli è un buffone,
Può farlo il celo che questo buffone
Torindo fo colpito da Grifone,
La dama sol tenia gli occhi a Grifone,
Così parlava; ed ancora Grifone,
Io lo pregai, ed ancora Grifone,
Ma già per questo non resta Grifone,
Ora a Costanzo parlava Grifone
Queste parole diceva Grifone.
Ed al sinistro veniva Grifone.
Sin che Aquilante non giura e Grifone
Cotale impresa prima ebbe Grifone,
Ché quello è armato d'ungie de grifone:
Più ch'altra mai de Orlando e de Grifone,
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226
E sopra l'elmo gionse de Grifone,
Che ha per cimiero un capo de grifone,
Gionsero in questa Aquilante e Grifone,
Da l'altra parte Aquilante e Grifone
Quel cavalliero avea nome Grifone;
Aquilante non vi era, né Grifone,
Il re Gradasso e il giovane Grifone,
Istupefatto divenne Grifone,
Ecco alle spalle a lui gionse Grifone:
In questo ragionar gionse Grifone
E, bisognando, movesse Grifone,
Le braccie d'orso e branche di grifone,
Porta le insegne seco di Grifone,
Benché perdesse il scudo dal grifone
Ad Aquilante e il suo fratel Grifone
Con Aquilante e il suo fratel Grifone.
Primo Aquilante e il suo fratel Grifone,
Da ciascun lato li stava un grifone,
Ma mentre che lui ciancia, ecco Grifone
Ora Costanzo avea seco Grifone
Che ebbe Ranaldo col franco Grifone.
Come io contai alor quando Grifone
L'uno Aquilante, e l'altro fo Grifone;
Posto fu seco il suo caro Grifone.
Fuor che Aquilante e l'ardito Grifone;
Il franco Oberto e l'ardito Grifone
Il re Adriano e lo ardito Grifone
Segue Antifor e lo ardito Grifone,
A far vendetta del morto Grifone.
Alla donzella fece dar Grifone,
Ché sopra 'l campo afronta Rodolfone;
E il re di Calatrava, Sinagone,
E Baricondo è seco e Sinagone,
Ora Oliviero abatte Sinagone,
Un re vi sta, che non ha paragone
Potean con ciascun stare al paragone.
Questo è gigante e quello era dragone,
Ove una bestia a guisa de dragone,
Uno aspro cor di fiera o di dragone
Cotal quel saracin, cor di dragone,
Quando lui gionse al passo del dragone;
Getta la mazza e prende quel dragone.
Crida il gigante e pur alcia il dragone,
Sopra alla soglia sta sempre il dragone,
E Brontino dispreza e Pandragone;
Radamanto, Agricane e Pandragone.
E Santaria e Brontino e Pandragone,
Pur in quel tempo il gionse Pandragone:
Ora ecco il re de' Goti, Pandragone,
Ecco fuor di quel monte esce un dragone,
La bocca aperse il diverso dragone,
Ma in questo Antropofàgo il Lestrigone
Che non ha di prodezza parangone.
Con Balisardo or torna al parangone,
Qual seco durar possa al parangone.
E che lui volea stare al parangone,
E l'altro fo più volte al parangone.
Stette in duo piedi saldo al parangone.
Promette stare un giorno al parangone,
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can.16.4
can.12.5
can.29.4
can.7.8
can.9.5
227
Potrian con questi star al parangone.
Or veder se conviene il parangone
Ma se veder potessi il parangone
E mostrarovi chiaro il parangone
Or vederasse a ponto il parangone
Ti piaccia poi di me far parangone.
Sopra ogni fata è quel Demogorgone
In cotale atto il chiama un babione.
Abatte Ungiano sopra del sabbione.
Ché tutti quattro insieme nel sabbione
E più gente tagliata in quel sabbione
Avea posti roverso in su il sabbione,
Disteso era quel duca in sul sabbione,
Poi Belengero abatte in sul sabbione,
Fu da Grandonio messo in sul sabbione.
O de gettarlo morto in sul sabbione,
Or tra' di calci al vento sul sabbione,
Alor se incominciò l'aspra tencione
Al suo dispetto lo trasse d'arcione;
Questi tre colpi lo levƒr d'arcione.
Che esce otto palmi e più sopra a l'arcione,
Al primo colpo il getta de l'arcione;
O trarlo in duo cavezzi de l'arcione.
Egli abatte Arcimbaldo de l'arcione,
Ranaldo era smontato de l'arcione,
Che gettò quel ferito de l'arcione;
E fo Grifaldo tratto de l'arcione
Ché a gambe aperte uscì fuor de l'arcione.
Che mezo morto uscì fuor de l'arcione.
Che se mantiene a forza ne l'arcione.
Mezo alla terra e mezo nell'arcione
Via più de un palmo passò ancor l'arcione.
Subitamente salta su l'arcione,
Che a brando, a lancia, a piedi e su l'arcione,
Chi vôl giostrar se trovi su l'arcione.
Re Santaria davante in su l'arcione
Sua lancia cadde al conte in su l'arcione,
Scontramo un damigello in su l'arcione.
Né mai si ferma insino in su l'arcione:
Tutto il fendeva insino in su l'arcione;
E tutto il fese insino in su l'arcione.
Avea tagliato insino in su l'arcione.
Sopra vi era Alessandro in su l'arcione,
Quel re condussi io armato in su l'arcione
Il cavallier smontato era de arcione,
E certamente il tirava de arcione,
E tramortito lo trasse de arcione.
E tramortito lo trasse de arcione,
Al suo dispetto lo trasse de arcione,
Un forte cavallier trasse de arcione,
Ni quel ni questo se mosse de arcione,
Ma al fin lo trasse il saracin de arcione,
Al primo scontro te levo de arcione,
E sbalordito il fe' cader de arcione:
Poi comanda a ciascun che sia in arcione.
Larbin di Portugallo era in arcione,
Già l'altro cavalliero era in arcione,
Però che alor montava in arcione,
Un altro cavallier stava in arcione:
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228
Prima che rimontar possi in arcione,
Presto se armorno e montarno in arcione.
Armato e solo io montarò in arcione;
E Brandimarte è salito in arcione,
Agrican prima rimontò in arcione,
Negar nol pôi; ché s'io stavo in arcione,
Ma tutto lo partì sino a lo arcione;
Che fu per trarla fuora de lo arcione.
E già lo trabuccava de lo arcione,
Quando caderno entrambi de lo arcione
Ciascun che sia abattuto de lo arcione,
Che quasi lo gettò fuor de lo arcione;
Tutto lo spezza e tocca ne lo arcione:
Né più se sosteniva ne lo arcione,
Dal busto in giù rimase ne lo arcione.
D'un salto armato entrò sopra allo arcione.
Tornolli il spirto, e tennese allo arcione.
E sbigotito se attaccò allo arcione:
Tutto il fende il pagan sino allo arcione.
Nascosamente sopra dello arcione
Stan sempre armati sopra dello arcione;
Stava molto atto sopra dello arcione,
Unde esso dismontava dello arcione,
Negro ne l'oro; e cadde dello arcione.
A gambe aperte il trasse dello arcione;
Ben se crede gettarlo dello arcione,
E così cadde anco esso dello arcione.
Brunaldo fu cacciato dello arcione
Per uscir da ogni lato dello arcione;
Già non lo mosse ponto dello arcione,
Ma pur lo gettò morto dello arcione,
Non se mosse per questo dello arcione;
E pose il legno sotto dello arcione;
Grosso era il fiume al mezo dello arcione,
Al suo dispetto, Isolier dello arcione.
Rimette il brando e salta nello arcione.
Se tenne per sua forza nello arcione,
Poco prese la coscia, e nello arcione
Scende la spada e gionse nello arcione:
Portando le budelle su lo arcione.
Prende la briglia e salta in su lo arcione.
Ché fender se 'l credea fin su lo arcione.
Tenete il cavalliero in su lo arcione?
Fermosse l'uno e l'altro in su lo arcione
Diceva il vecchio: "Io, stretto da cagione,
E però del tuo scampo fia cagione
Pur stato non serà per mia cagione.
La zuffa prese lui per mia cagione,
Che tu sia gionto qui per mia cagione.
Che del suo dôl li dica la cagione.
Altro che lui non sapea la cagione.
E chiede di tal cosa la cagione.
Il qual, veggendo tutta la cagione
E poi li adimandava la cagione
A lui dando la colpa e la cagione
Della sua andata dice la cagione.
Potendo farlo, lui ne è la cagione.
E così andando intese la cagione
Venne nel campo, e disse la cagione
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229
Con breve ragionar, quella cagione
Ch'io non doveva per nulla cagione
E de ciò dimandando la cagione
Espose a lui ridendo la cagione
Egli è venuto e non so la cagione,
Ché quel cavallo è stato la cagione
Ma non sapean comprender la cagione,
Or, se volete saper la cagione
Io non saprebbi ben dir la cagione,
Che ebbero e Greci, la prima cagione
Che più della battaglia era cagione.
Che ora vi conto, lui ne era cagione.
Un per paura, o per altra cagione,
Ché di sua presa io son stata cagione,
Se ti ha mandato per questa cagione
E non pensati che senza cagione
Perde ogni cosa; e un paccio ne è cagione.
- Perfida, - a lei dicendo - a che cagione
Mostrando a lui per diverse cagione
Di quella dama, e chi fosse cagione;
Contra a ciascuno, e per ogni cagione
Ch'io stesso del mio mal fossi cagione;
Ma, sendo nel cader, per tal cagione
Rodamonte dicea: - Per qual cagione
- Ribaldi, - a lor dicea - per qual cagione
Perché a dolermi teco aggio cagione.
Di quel romore, e chi ne fu cagione.
Ne fu contento assai per più cagione;
Forte se adira, e pargli che a ragione
E iudica tra loro e fa ragione,
Poi lui conta alla dama la ragione
E seco pensa il modo e la ragione
E, benché egli abbia il dritto e la ragione,
Dico Corbino, e contra alla ragione,
Che ve moveti contra alla ragione. E me contrasti contro alla ragione. Ma qui me sottometto alla ragione,
Tu mi conforti con bella ragione
Né può accostarse con nulla ragione:
Ma io mostrai del scampo la ragione,
- Ma tu fai senza l'osto la ragione, E legòl stretto con bona ragione;
Disse quel vecchio: - Oditi una ragione,
E per condurle, come era ragione,
Che non voleva e non era ragione;
Cacciato del suo regno oltra ragione:
E vedo ch'io fo pur contra ragione:
Frutti e confetti di molta ragione
E dimostrasse con molta ragione
Legò il genocchio con molta ragione;
Prese consiglio, con molta ragione,
Benché di farlo io ho molta ragione. Perché era fatto con tanta ragione,
E senza l'oste fai questa ragione;
E ciò ve dico per questa ragione:
Che è la diffesa di iusta ragione!
Come acquistata per dritta ragione.
Che a me toccava per dritta ragione,
Ben iustamente e per dritta ragione
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230
Dicendo a lei che per dritta ragione
Per quella rocca, che è di sua ragione,
Perché era quel castel di sua ragione,
Ciò non desia, perché è senza ragione.
Ché andarvi ad altra via non c'è ragione.
Turpin, che mai non mente, de ragione
Lei d'ogni cosa li rende ragione,
Pel colpo fatto, sì come è ragione,
O ver che per ardir, come è ragione,
Ma non si trova modo né ragione
Ma non avea né senno né ragione.
E già venendo fa tra sé ragione
A lei mostrando diverse ragione
Or chi direbbe le dolci ragione
Or la gran gente fora di ragione
La rocca è forte fora di ragione,
Onde a bona drittura di ragione
Egli è di me maggiore, e di ragione
E sì fuor d'intelletto e di ragione,
E pur voria saper se di ragione
Che, ancor che ben la merti di ragione,
Per incontrare il colpo di ragione;
Che era una quantità fuor di ragione.
Tratti coloro de cui fei ragione,
Ch'io potrebbi uscir fuor d'ogni ragione;
Tu me e' nemica contra a ogni ragione:
Vôl che la figlia, contra a ogni ragione,
E del suo scampo manca ogni ragione,
Qual per suo orgoglio, contra ogni ragione,
Batte la dama fuor de ogni ragione.
Ché sua fortezza è fuor de ogni ragione.
Però che quella, contro ogni ragione,
Che gioca di Fusberta a tal ragione
Ordinato è il torniero a tal ragione,
L'annello è fabricato a tal ragione
Era quel gioco di cotal ragione,
Ma non te sapria dir per qual ragione
Però nutrito l'ha, con gran ragione,
E fecela curar con gran ragione
Ché da meravigliare è ben ragione,
Che, essendo medicato con ragione,
Unde te dico che, avendo ragione,
Ad aiutarlo non trovo ragione.
Io vo' che tu 'l confessi, e far ragione. E la sua dama Stella, per ragione,
Mostravan che questo era per ragione
La ciera tua mi mostra per ragione
E vo' che sappi il nome per ragione:
Tutta la cosa a ponto e per ragione
O ver che son provate per ragione,
Né trovo per scrittura, o per ragione
Ma mena intorno il brando per ragione,
Al re ben portava odio per ragione,
Intra un sepolcro adorno; per ragione
Che l'intendiati a ponto per ragione,
Li disse Orlando a ponto per ragione.
Trovando a ciò diverse e più ragione,
Governandosi poi con più ragione.
L'opre de' spirti e queste fatagione;
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231
Che taglia incanto ed ogni fatagione.
Che campar non puotria lunga stagione.
Sì che star non vi può lunga stagione,
Ché non potea durar lunga stagione;
Che non se può tenir lunga stagione;
Era di maggio alla bella stagione;
Ora è venuta pur quella stagione
Non era uscita per nulla stagione.
Per altro tempo o per altra stagione
Ma fa la guarda per ogni stagione;
Di sopra a Samadrìa la regione. Un mio parente tiene la regione
Or, come io dissi, in quella regione
Perché il re Alfonso tien la regione,
Odito hai nominar la regione
Tanto di longe, in strana regione;
O che lo essere in strana regione
Lei nacque meco in una regione,
Passò gli Armeni ed altra regione,
Farò portarme in nostra regione.
Il re concesse questa regione
Il primo ha in Cosca la sua regione,
Che in diversi paesi e regione
Il suo viaggio e quelle regione
Poi fo portato in strane regione,
La Santa Terra ed altre regione.
Avea passate molte regione,
Re lo farà di molte regione,
E quei duo turchi avean due regione,
In ogni terra, in ogni regione
Per ogni loco, in ogni regione
Ed ha mandato in ogni regione,
Ed ha mandato in ogni regione,
Ma il mondo tutto in ogni regione.
Dicendo a lui che lo tenga pregione,
Morgana entro ad un lago l'ha pregione.
Però che 'l re Adriano è già pregione;
E non crediati che 'l voglia pregione,
Re Manodante lo voria pregione,
E senza più contesa sia pregione;
Trar Brandimarte fuor de la pregione.
Però che, se mandava alla pregione,
Dove con l'altre stava alla pregione.
Adrieto il menarete alla pregione,
Ed io starò tra tanto alla pregione,
Trarlo con li altri fuor della pregione.
Dove molti altri avea nella pregione;
Tutti son morti, o son nella pregione.
A torto me ponesti in la pregione,
Ben quattro mesi stetti in la pregione,
Callava il conte, verso la pregione
Ove furno alloggiati a una pregione
Là dove Malagise era pregione;
Che gran cavalleria vi era pregione:
Di là da quel cristallo era pregione,
Quel Brandimarte che or era pregione.
Che del mio campo dimora pregione.
Sempre seranne in sua vita pregione,
Sì come io dissi, aveva in sua pregione
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Tu m'hai or liberata de pregione,
Ora Ranaldo se vide pregione,
Or più di lui non dico, che è pregione.
Là dove stava Iroldo, che è pregione,
Intro una ciambra, peggio che pregione.
Or lo lasciava peggio che pregione.
Le chiesie sono aperte e le pregione.
Che stu me occidi o prendime pregione,
Se quel te vince, restarai pregione
Per trare Orlando e li altri di pregione. Ch'egli esca for con essi di pregione,
E Torindo il gran Turco di pregione;
Come colui che è sciolto di pregione,
Anci non pôi disdir, ché sei pregione.
- Sta saldo, cavallier, tu sei pregione. A tuo piacer vien, piglia ogni pregione. Alquanto per disciorre ogni pregione),
Avanti fa condurse ogni pregione,
Gli altri son franchi, e voi seti pregione. E disse ad esso: - Voi seti pregione,
E che seco avean loro un gran pregione,
La gran sconfitta, e che Carlo è in pregione.
Per quattro giorni de entrare in pregione,
M'hai qua passata a ponermi in pregione? E Brandimarte è nel lago in pregione.
Ed io li presi, e posti li ho in pregione.
Prende Ricardo e mettelo in pregione.
Perché a sua posta fu messo in pregione,
Duca Ricardo fo seco pregione.
Ma lui diceva: - Tu sei mio pregione,
Me la promisse, essendo mio pregione. E tra li armati menarlo pregione,
Che non l'avesse quel giorno pregione.
Ben se lo tenne aver morto o pregione.
Perché Ariante ed io, che ero pregione,
Promettendoli Orlando dar pregione.
Il re Gradasso vo' pigliar pregione;
Se un cavallier gli può donar pregione,
Ma Feraguto niega esser pregione.
E convenne a Gradasso esser pregione.
Ben se 'l tenne la fata aver pregione
Così l'averà morto, o ver pregione,
Diagli Oringo morto, o ver pregione.
Abench'al fine Oringo fu pregione,
Ed alloggiati fôrno a una maggione
Con falso inganno e molta tradigione,
Chi non punisce oltraggio e tradigione,
Per quella doglia uscì de stordigione,
Ma il conte alora uscì de stordigione.
Ma così come uscì de stordigione,
Fuor di se stesso e pien di stordigione;
Ché il colpo gli donò tal stordigione,
Quasi mezza ora stette in stordigione.
Che era stato buon pezzo in stordigione,
Nel castello era molta guarnigione;
Nel tempo che fôr messi alla prigione;
E poi fu rimenato alla prigione,
Ma pur Gradasso lo porta prigione.
Tien Dragontina alla dolce prigione.
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Ma lui non volse uscir mai de prigione,
Dove trovarno Astolfo, che è prigione,
Insieme con Spinella, chi è prigione.
Tu sei mo franco, ed ora eri prigione.
Tra l'India e Tartaria questo prigione,
Avea cinto di ferro un corrigione:
Uscirno branche armate e grande ongione.
La mano ha d'omo ed armata de ungione
Proprio assembra di ferro il forte ungione.
Or di coda lo batte, or dello ungione:
Tanto avea duro il dispietato ungione!
Gli pose adosso il dispietato ungione,
Come lo vide, uscì de quel macchione,
E drittamente sei quel fratacchione,
Questa come fu tolta dal vecchione
Al ponte fo condutta dal vecchione,
Ché mandata l'avea quel mal vecchione
Era tra quella gente un bel vecchione,
Questa sembraglia, a lato a quel vecchione;
Scombrano chiamato era quel vecchione,
Ma il re di Garamanta, quel vecchione,
Quando Marfisa vede quel vecchione
E ragionando assai con quel vecchione,
Vi gionse il re di Garbo, quel vecchione,
Dimanda di Prasildo quel vecchione,
- Magnanimo segnor, - disse il vecchione,
Benché cauto sia forte il vecchione,
Perché, dopo che morto fu il vecchione,
E move la sua schiera il bon vecchione,
La terza guida Naimo il bon vecchione,
S'è radotto nel campo ier un vecchione,
Tutti li occide il superbo vecchione.
Ora intervenne che 'l crudo vecchione,
Giongemmo avanti a quel crudo vecchione.
Nel sasso entrava quel falso vecchione,
Non fu smarito il barbuto vecchione,
E cadde Orlando in terra ingenocchione.
E trovƒr Fiordelisa ingenocchione,
Che avante a lui se pose ingenocchione,
Brandimarte si pose ingenocchione,
Sempre parlando stette ingenocchione.
Come idio l'adorarno ingenocchione,
Avante al re Gradasso ingenocchione;
Benché me confortasse quel vechione.
Di sotto a quel pur d'oro era il torchione,
Gradasso si ritorna al pavaglione;
Lasciamo questi insieme al pavaglione,
E gli altri ciascadun al pavaglione.
E poi volea menarlo al pavaglione,
Ma insieme a braccio entrarno al pavaglione.
E lo menarno dentro al pavaglione;
Ambo gli viddi sotto al pavaglione,
Fece adricciare il suo bel pavaglione.
Tra l'altre cose il più bel pavaglione
E disarmato uscì del pavaglione.
Avria coperto, non che il pavaglione,
Ove era posto il ricco pavaglione.
Ma già son gionti al mastro pavaglione,
Argalia sonacchioso se sveglione,
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Vogliam che abbia Bordella e Rosiglione,
Così Guielmo, il sir de Rosiglione,
Ranaldo in campo torna al paviglione.
Per ritornar di fora al paviglione,
Stava il re Agricane al paviglione.
Era con lui Astolfo al paviglione,
Ferragù segue dentro al paviglione.
E via lo manda preso al paviglione;
E gionse di Gradasso al paviglione,
Ma lui non se arma e sta nel paviglione.
Presso a una fonte vidde un paviglione.
Come donzella, e petto di lione,
Il qual serviva al re Marsilione.
Gionse davante al re Marsilione.
Sin che fo avante al re Marsilione,
Per presentarli al re Marsilione.
O sia vasallo al re Marsilione,
Sì come Carlo al re Marsilione
Ora tornamo al re Marsilione,
Quando ciò vidde il re Marsilione,
Dico e Pagani e il re Marsilione,
Che servia in corte il re Marsilione,
In questo tempo il re Marsilione
Che avea afrontato il re Marsilione,
Ma poi la corte di Marsilione,
Re Carlo Mano è con Marsilione:
E questo era Gualtier da Monlione
Poi riscontrò Gualtier da Monlione,
Poi rafrontò Gualtier da Monlione,
Che profondar l'un l'altro ha opinione.
Benché per tutto sia la opinione
Ed è verace quella opinione
Veggendo il vecchio quella opinione,
E ben si crede in ferma opinione,
Che l'avea prima in bona opinione.
Perché il teneva in altra opinione;
Lui ha ben ferma e certa opinione
E ciascun loda la sua opinione.
E ciascun disse la sua opinione;
In fine un giorno la sua opinione
Ad ambe mano, ed ebbe opinione
E tutto se cangiò de opinione
Che alquanto se mutò de opinione,
Ma non se può levar de opinione
- Hai tu di me cotale opinione?
E de Grandonio, che in opinione
Di te nol tengo in manco opinione.
Dicendo: - Figlio, io tengo opinione
Avesse a prender stato opinione,
Che tutto armato, come campione,
Adesso del castello è campione
Ché ciascun mostra d'essere campione
Il re de Sueza, forte campione,
Grande è il Danese e forte campione,
Ora ecco Ungiano, il forte campione,
Quel valoroso, fior d'ogni campione,
E va saltando intorno al campione.
Ella si pensa che quel campione
Dubitò forse che quel campione
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Così prese l'arengo quel campione,
Da capo a piedi se arma il campione.
E veramente crede il campione
Che vinti piedi è lungo il campione,
Poi Fiovo e 'l re Fiorello, il campione,
Tenemo campo ad un sol campione;
Mio patre va cercando un campione,
E stimi esser tenuto un campione
Fortuna de arme a franco campione;
Re della Media, franco campione.
Ma io te aviso, franco campione,
Or diciamo de Orlando campione:
Ma, se sereti prodo campione,
Venir con meco, ed esser mio campione,
Essere in giostra il primo campione;
Ch'io vo' contar de l'altro campione,
Tu fai battaglia con questo campione,
Che per un giorno sia suo campione:
Giurarà prima de esser campione
Timavo è l'uno, e l'altro è il carpione.
Un dicitor che avea nome Arione,
E se rivolta contra a Chiarione,
Per la campagna caccia Chiarione;
Per la paura, e possa Chiarione,
Alor che via ne andava Chiarione,
Aquilante cantava e Chiarione,
Oberto ed Aquilante e Chiarione,
Adriano, Aquilante e Chiarione
Ed Aquilante è seco e Chiarione,
Oberto e il re Adriano e Chiarione;
Cacciare il re Adriano e Chiarione;
Ha il re Adriano adosso e Chiarione.
Poi Antifor e Oberto e Chiarione,
Re Sacripante e il forte Chiarione
E Brandimarte e il forte Chiarione,
Il re Ballano e il forte Chiarione
Il re Adriano e il franco Chiarione:
E il re Adriano e il franco Chiarione,
Quando alla zuffa è gionto Chiarione.
Perché adocchiato avea Tanfirione,
E de Almasilla il re Tanfirione,
Ma poco apresso il re Tanfirione
Re de Almasilla vien Tanfirione:
Questo gigante, ed ha nome Orione.
Ecco venire il gigante Orione,
E benché fosse al fondo de un torione,
Ma, come avesse gionto a un torrione,
Fermosse al campo, come un torrione.
Come caduto fosse un torrione,
Se alora avesse gionto un torrione,
Dove il sol nasce, a mezo un torrione
E se l'altro filiol de Amfitrione,
Pur che io gli avessi avuto occasione;
Grande tra gli altri fu la occisione:
E de' nemici tanta occisione,
E datti il Papa gran provisione,
Pur fece presto a ciò provisione.
Contando che per sua deffensione
E lui faceva sol deffensione.
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Che non teme di brando offensione.
Non avrò morte, e poca passione;
Che nulla cura quella passione.
Che posar non puotea di passione:
Io ti cheggio, per Dio di passione,
Che 'l credette morir di passione;
E sassi mossi avria a compassione,
Ch'e sassi mossi avria a compassione,
Non ha, come suolea, compassione,
Io non ti dico la compassione
Era a vedere una compassione
Questo non ha di me compassione;
Deh prendate di me compassione!
Ma sempre ebbi di te compassione.
E debbo avere assai compassione,
Seco avria pianto di compassione.
Ciascuno avria di lei compassione.
Ebbe di quella tal compassione,
Mai non fu vista tal compassione.
Sempre piangendo a gran compassione.
Ah, Dio del cel, che gran compassione!
Che quasi ne pigliò compassione;
Mostrando a lui che per compassione
Abbi del mio fallir compassione,
Che mai non fo maggior compassione.
Non è nel mondo maggior passione.
Il popol tutto fa processione,
Quasi alla guisa de processione;
Ma, sopra a questo, vuo' promissione,
E nel consiglio fa promissione,
Ma lei fatto have al re promissione
Fuora uscia il sangue a grande effusione.
Mai non se vidde tal confusione.
Quale io ve ho detto, e tal confusione,
E piastre e maglia a gran confusione
Spargendo il lume a gran confusione.
E dietro il pinse a gran confusione,
Lor, sparpagnate a gran confusione,
Tutti fuggendo a gran confusione.
Da Puliano a gran confusione.
Tutte avamparno a gran confusione;
Qual, dissipato a gran confusione,
E del romore e gran confusione
E racontarvi la conclusione,
Dopo lui pose a terra Prusione,
Il re de le Alvaracchie è Prusione,
La armata apresso vien di Prusione.
Che a torto prenderà la questione;
Allor che se finì la questione,
De' tre giganti quella questione
Durò gran pezzo quella questione:
Né col Tartaro vôl la questione,
Ma non cessa però la questione,
Né se potea partir la questione,
Né de questo altro ancor la questione,
Onde per questo fu la questione,
Crescendo ogniora più la questione;
Crescendo sempre più la questione.
Però che nella prima questione
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Ché vennerno con meco a questione,
Convienti fare un'altra questione;
Né vôl che 'l porta senza questione.
Per aiutarlo in ogni questione.
Era un'altra terribil questione,
Or se incomincia una gran questione,
Dicendo: - Io non vo' teco questione,
E se costui vorà pur questione,
Gli dice: - Il fiume della oblivione
E se cambiò la voce e la fazione,
Verdi arboscelli e di bella fazione
Ché se ne stette per relazione.
Del cavalliero e la sua nazione,
Il nome tuo e la tua nazione. E turcomano fo de nazione;
Africa tutta e le sue nazione
E fece il succo la operazione
E quel Bardino per desperazione
Se adiffendiano per disperazione,
Cosa è ben degna de amirazione
Ma, mentre che lui fa la orazione,
Né paternostri on altre orazione,
Dicendo sue devote orazione,
Fanne Sardegna dimostrazione,
Sì fatta prova e dimostrazione,
Facendo molto d'escusazione,
Per alta forza d'incantazione.
Però che un'opra de incantazione,
Ché anco egli era opra de incantazione.
Quel che ella possa de incantazione,
Che ogni opra finta de incantazione
E per gran forza de incantazione
Quando per forza de incantazione
Piena di frode e de incantazione;
Trar tutti gli altri de incantazione.
E sapea tutte le incantazione.
E prese a quel mirar tentazione,
Benché ciò fusse sua salvazione.
Condurre al patre con salvazione.
Or veritate ed anco affezione
Che hai tanto senno e tal discrezione,
Che lo avea tolto in sua protezione;
Poi li donò la sua benedizione,
So che li piace mia condizione.
E di lor tutti la condizione.
Né son tenuto alla condizione,
Carlo gli dice sua condizione,
Ché ben sapea di sua condizione;
Io domandai de tua condizione:
Gente di pregio e di condizione
E fu lasciato a tal condizione,
Ma con tal patti e tal condizione,
E, s'io son fuor di tal condizione,
Se qua me lasci in tal condizione,
Ma fia questo con tal condizione
Ciascun di pregio e gran condizione.
Non dee ritrarse per condizione
Vero è che 'l conte avea suspizione,
Guardando intorno per suspizione.
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Che non se ne può far descrizione.
Né di guardarvi fasse menzione,
Ma sol con pura e bona intenzione
Con lui gli diè segreta intenzione
In fin gli aperse la sua intenzione,
Lodano tutti quella invenzione.
E sol ne l'oche avea devozione.
Lui Dio ringrazia con devozione;
Però, contrita e con devozione,
Andar cercando con devozione
Mirava al celo con devozione.
Che ancor pregava con divozione.
Or se incomincia la destruzione
De Africa tutta la destruzione.
Sua gente persa e la destruzione
Ov'è il periglio e la destruzione,
Or chi sentesse la destruzione
Veggion palese sua destruzione,
Né alcun riparo a tal destruzione,
Non fu mai vista tal destruzione.
Mai non se vidde tal destruzione.
Né se avedean de tal destruzione,
E mai non vidi tal destruzione.
Che fa de' nostri tal destruzione
E fa col brando tal destruzione,
Di quella gente fan destruzione.
Poi giù cadette a gran destruzione,
Mena e Lombardi a gran destruzione.
Chi contaria la gran destruzione?
Ma giù callando a gran destruzione
Che spezzò il scudo a gran destruzione,
Ne andarno in fascio, a gran destruzione.
Callano spesso a gran destruzione;
Avria menata gran destruzione,
Avendo fatta gran destruzione;
Qui son battaglie e gran destruzione:
E` ferro e foco e gran destruzione.
E quel paese è in gran destruzione,
Ché lo divora con destruzione.
E via passando con destruzione
- Non si vôl far là giù destruzione,
Più furia mena e più destruzione;
E poi, per darmi più destruzione,
Menando i brandi con distruzione.
Del re di Sarza in terra è 'l confalone,
Che tutto lo guarnia sino al talone.
Che non temesse di quel can felone:
Segue il duca dicendo: - Can felone,
A questo gionse il figlio de Melone,
E ritornamo al fio di Melone,
Da l'altra parte il fio di Melone
Ma torno adesso al figlio di Melone,
Ora se allegra il figlio di Melone,
Presto rispose il figlio di Melone:
Massimamente il figlio di Melone,
Ciò riguardando il figlio di Melone
Del ponticello il figlio di Melone,
Provato ha l'uno il figlio di Melone,
Stavasi queto il figlio di Melone,
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Se io non abatto il figlio di Melone,
Il duca Naimo e il conte Ganelone.
Or dimanda al tuo conte Ganelone
Poi d'altra parte il figlio de Milone
Disse a se stesso il figliol di Milone
Veniva il re di Septa, Dorilone,
Mancavi il re di Septa, Dorilone,
Apresso a questo venne Dorilone;
E fiersi coda; e poi d'ogni gallone
Ranaldo lo colpì sopra al gallone;
Brandimarte il ferì sopra al gallone,
Cinque ne fese insin sopra al gallone,
Trasse con furia un brando dal gallone.
Sotto la cinta se il pose al gallone;
Ché in ogni modo ho tanti anni al gallone,
Di bona piastra, ed ha il brando al gallone.
Con Balisarda il bon brando al gallone,
Qual là vi corse e gionselo al gallone,
E tutto lo partì sino al gallone;
E non mi giongi col capo al gallone,
Per l'anguinaglia li passò al gallone.
Tutto lo fende insin sotto al gallone.
E tutto il parte insin sotto al gallone.
E le rene forò sotto al gallone,
Credendolo portar sotto al gallone,
Nel braccio manco e sopra del gallone;
Gionse al gigante sopra del gallone,
Nel ventre, nella testa, nel gallone:
Orlando lo colpisce nel gallone,
E mal per lui, però che nel gallone
Forte nel braccio manco e nel gallone,
E gionse Rodamonte nel gallone,
Il primo avea ferito nel gallone,
Or nella pancia il passa or nel gallone,
Di traverso il ferì sopra il gallone.
Tutto lo fende in fin sotto il gallone:
E gionse ad Oridante in su il gallone,
Ché un tristo mai non trova bon gallone.
Gionse a traverso del manco gallone,
Giunse al gigante in lo destro gallone,
A zigli d'ôr da le côme al tallone;
Tanto che gionti son sopra al vallone,
Tornar mi converrebbe a quel vallone,
Per trabuccarlo giuso a quel vallone.
Onde lui restò solo in quel vallone,
Torna correndo in giù, verso il vallone,
Fuggia per aguatarsi in un vallone,
Or correndo venìa per un vallone.
Quando giongemmo a l'ombroso vallone;
Non lo aiutando, ben serìa fellone. Da questa rocca si parte fellone;
E se alcun cavalliero è sì fellone,
Lui d'un gran colpo tocca quel fellone,
Così andò mezo a terra quel fellone,
(Così sembrava in vista quel fellone);
Che vero è ciò che dice quel fellone,
Ma durò poco, perché quel fellone
Roverse le avea poste quel fellone,
Ché tal scontro di lancia ebbe il fellone,
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Cridando: - Volta! volta! can fellone,
Per li piedi il tenia quel can fellone:
Benché più forte sia quel can fellone,
Come dovea trattarlo il can fellone,
Con quel baston di ferro il can fellone;
Ma nel voltarsi il saracin fellone
Nulla risponde; ma tutto fellone
Dicendo: - Ora me è forza esser fellone;
Avea di far vendetta il cor fellone,
E non è in tutto il mondo il più fellone;
E sopra a tutti un gran diavolone,
E come lui, mandato da Carlone,
Ciascuno afferma il ditto de Carlone,
Gradasso domandava a re Carlone
E far la guerra contra al re Carlone
A tutti e cristiani e al re Carlone,
E lei menarno avanti al re Carlone.
Che era legato in braccio al re Carlone,
Turbosse ne la faccia il re Carlone,
Oh! chi vedesse in faccia il re Carlone
Molto se meraviglia il re Carlone,
E molto ne ringrazia il re Carlone.
E similmente ancora il re Carlone
Regal stirpe di Francia, e il re Carlone.
Quando fu gionto e vidde il re Carlone
Anci pur mia, però che il re Carlone
Dirai che il re Marsilio e il re Carlone
Che certamente morto è il re Carlone?
E cacciarai più volte il re Carlone.
Ma, se io vedesse quivi il re Carlone
Di lei si accese, ed anco il re Carlone.
Non era giamai preso il re Carlone:
O quanto era turbato il re Carlone!
Ché l'avea già richiesto il re Carlone,
Da longe ebbe veduto il re Carlone:
Però che adosso ha il franco re Carlone,
Ch'io non cognosca Ranaldo d'Amone? Il franco Orlando e il forte fio d'Amone
Sol per campar la vita al fio d'Amone.
Così prese a fuggir dal fio d'Amone.
La sua ambasciata fece al fio d'Amone
Diceva Brandimarte al fio d'Amone:
Tirando tutti adosso al fio d'Amone.
Sonando il corno sfida il fio d'Amone,
Percosse di gran forza il fio d'Amone
Ma Dio, che campar volse il fio d'Amone,
A quel cridar del conte il fio d'Amone
Né de lui se accorgendo il fio d'Amone,
Dietro gli caccia quel figlio d'Amone.
Pure ascoltando che il figlio d'Amone
- Campati voi, - diceva al duca Amone
Per non dar quel dolore al duca Amone,
E dissipato in campo ha il duca Amone,
Poi che ebbe detto, chiama il duca Amone,
E debbe avere apresso il duca Amone,
E Bradamante, la figlia de Amone.
A Bradamante, che è figlia de Amone,
E lor dimanda del figliol de Amone,
E con lo aiuto del figliuol de Amone
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E ritornamo a Ranaldo de Amone,
E vedeasi il feroce fio de Amone,
Quivi un gran vento dette al fio de Amone
Trovosse, e Feraguto al fio de Amone.
Fie' maggior prova ancora il fio de Amone,
Lui gionse ne la testa il fio de Amone.
Tutto quel giorno aspetta il fio de Amone:
Marfisa riguardava il fio de Amone,
E tanto se sostenne il fio de Amone,
E veggendo venire il fio de Amone,
Per tal parole intese il fio de Amone
Tutti quei cavallieri il fio de Amone;
Fu profondato quivi il fio de Amone,
E feritte nel fianco il fio de Amone.
Un muro avria gettato il fio de Amone,
Allor se mosse il franco fio de Amone,
E d'altra parte il franco fio de Amone
Da l'altra parte il franco fio de Amone
Da l'altra parte il franco fio de Amone
Né il suo cognato, che è figlio de Amone.
Scontrossi a caso nel figlio de Amone,
Dico né Orlando, né il figlio de Amone,
Incontinente lascia Salamone,
L'elmo il campò, che fece Salamone.
E lo elmo che far fece Salamone.
Otone e Desiderio e Salamone;
Ricardo abatte e lo re Salamone.
Re Desiderio e lo re Salamone,
Re Desiderio e lo re Salamone
Sono abattuti, e seco Salamone.
A tirar presto e volgere il temone.
Gli altri che a terra avean volto il timone,
Il duca Namo e lo re Salomone,
Non attendeva Orlando a tal sermone,
Con dolce parolette e bel sermone,
Ché chiaro aveano inteso quel sermone;
Io voglio mo finire il mio sermone,
Tenete bene a mente il mio sermone,
Disse Marfisa: - Intendi il mio sermone:
Pur che esso non ascolti il mio sermone,
Chi odisse il pianto e 'l piatoso sermone,
Finito non avea questo sermone,
Rispose ad esso con questo sermone:
Non puotea dar risposta al suo sermone.
Ebbe voce sì dolce al suo sermone,
Comincia un'altra volta il suo sermone
E così, rispondendo al tuo sermone,
Di questo non si fece più sermone;
Quel de Priamo e quel di Agamenòne;
Alla riscossa sta sotto il penone
Ciascun sotto sua insegna e suo penone,
Sua insegna avea scoperta e suo penone.
E` proprio di Gradasso il suo penone;
Iroldo, come vide il compagnone
Come era stato ciascun compagnone.
E seco Iroldo e l'altro compagnone,
E che tu lasci l'altro compagnone,
Movese Urnasso, l'altro compagnone:
E ciascadun li è stato compagnone
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242
E il re Adriano è il quarto compagnone.
Questo se fida nel suo compagnone,
Che gli era stato un pezo compagnone;
Nel tempo che con lui fu compagnone,
E rene e ventre, insino al petignone;
Come il condusse il perfido Sinone,
Seguendo ogni bandiera, ogni pennone,
Larga da loro; e, stracciato un pennone
Che vôl passare, o voglia il vento, o none.
Ove è il mio manto, di', falso strepone,
E nel mio cor dicea: «Se egli è volpone,
E questo è Malagriffa dal rampone.
Come spezzasse un pezzo di popone.
Fôrno le mense, come il libro pone:
Perché Otachier, figliol de Filippone,
Il giovanetto fio de Filippone
Che l'arme gli tagliò insino al giuppone.
E poi con duo, quando non va carpone;
Or chi t'ha consigliato, vil stirpone,
Ma poi nel resto il tratti da barone,
- Serai tanto crudel, - dicea - barone,
Che lo universo non avea barone
Disse: - Deh vanne a la tua via, barone!
Nascoso e inviluppato al tabarone.
E ingenocchiata diceva: - Barone,
- Se tu mi meni alla Liza, barone,
Ma quella dama li dice: - Barone,
Come fu sciolto, li disse: - Barone,
A Bradamante poi disse: - Barone,
A Sacripante poi disse: - Barone,
Ma il conte, vòlto a lui, disse: - Barone,
E volta a Feragù disse: - Barone,
E disse a lui: - Non andate, barone:
E se non fosse sì forte barone,
Questo fo tolto ad un forte barone,
Amor non ti portai giammai, barone,
Or non v'è Orlando, fior de ogni barone,
Ma a che dir più parole? Ogni barone
Intorno a loro in cerchio è ogni barone,
Adriano e Antifor e ogni barone
Quando vide a Parigi ogni barone,
Ogni tuo paladino, ogni barone
Del grande amor che portava al barone,
Ma fosse caso, o forza del barone,
Raccolse nelle braccia quel barone
Quando a sé vide sopra quel barone,
Per lunga stracca pensa quel barone
Mentre che se lamenta quel barone,
Verso il giardino andava quel barone;
Ma lei, che non stimava quel barone,
Il capo acuto aveva quel barone,
Se andati in Franza senza quel barone
Poi si levava in piede quel barone.
Tanto che dentro chiuse quel barone.
Veggendo il proferir di quel barone,
Questa ricolse in braccio quel barone,
Né trova più rimedio quel barone,
Alor se tenne morto quel barone,
Ed era occiso al tutto quel barone.
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Se presto credi occider quel barone,
Prasildo nominato era il barone.
Giù si gettò, come vide il barone.
Sino alla carne disarmò il barone.
Come alla riva fu gionto il barone,
Quivi il selvaggio ne portò il barone
La dama entra una logia col barone,
Ritorna a la battaglia col barone,
O sia re grande, o sia picciol barone,
Di Clodovaco scese Gianbarone,
Di Bradamante, che stima un barone,
Stiamo rinchiuse, insin che alcun barone
Quivi eran l'armi de ciascun barone
Ed ha ordinato che ciascun barone
Per sposa era promessa ad un barone,
E del consiglio ciascadun barone.
Tu me facesti servo ad un barone,
Che ciascuno era re, duca, o barone:
La dama li dicea: - Franco barone,
Rugier sogionse a lei: - Franco barone,
Nulla ne cura quel franco barone,
Né già se crede quel franco barone
Nulla risponde quel franco barone,
Forte piangendo, quel franco barone.
Nulla dimora fa il franco barone,
- Deh non me abandonar, franco barone,
- Tu sei per certo il più franco barone
Ma tal possanza avea il crudo barone,
Alciò la faccia il misero barone:
L'un va di qua, di là l'altro barone,
Là dove Orlando ed ogni altro barone
E simil dico de ogni altro barone,
Né credo che abbia il mondo altro barone
Così cognobbe lo ardito barone
Poco mancò che 'l stordito barone
Diceva Brandimarte: - Alto barone,
Che se con teco avrai questo barone,
Diceva Astolfo - di questo barone,
Tenir il regno come suo barone;
E stato, e robba, ed ogni suo barone,
Con la sua gente ed ogni suo barone.
Li Sericani ed ogni suo barone:
Il re Marsilio ed ogni suo barone.
Temendo che sia morto il suo barone,
A dire in summa, e' non vi fu barone
Dentro alla terra non è più barone,
Ciascun de' marinari era parone
Da molti marinari e dal parone;
Come io ho detto, incominciò il parone:
Sopra la poppa, e là trovò il parone,
Tutti cridano insieme col parone:
Così dicendo chiamò un suo parone
Passarno i Turchi contra Avatarone,
Costanzo fu filiol di Vatarone,
Morto è Varano, e prima Savarone,
Che con la lancia atterra Savarone;
Quel de la Media ha nome Savarone:
E già Torindo e il franco Savarone
Corsar fo il patre, ed esso era ladrone.
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Fu da me morto, e non da te, ladrone.
Lui fu gionto anco dal forte ladrone,
E seco Fugiforca, quel ladrone:
Quando sopra gli gionse quel ladrone,
Io la vendetti; - diceva il ladrone
Imbracciò il scudo ed isfidò il ladrone;
Fu rapita per forza da un ladrone,
Orlando gli dicea: - Ecco un ladrone,
Che sei per fama publico ladrone,
Come io contai, quel perfido ladrone,
Vil ribaldo, di strata rio ladrone! E se egli è Malapresa, il rio ladrone,
Menando ad ambe mano il rio ladrone;
E il conte, che mi desti per padrone,
Se Dio non ce dà aiuto ed il sperone.
Che avea verso a un giardino un bel verone,
Che là su tra le dame, a quel verone,
Tra belle dame sopra ad un verone
Rimase nella rocca Galafrone,
Davanti a tutti fuggia Galafrone
Vanne turbata verso a Galafrone.
Però ch'inteso avia che Galafrone
Ove regna il mio padre Galafrone;
Questo ha la figlia del re Galafrone,
Che a quella figlia del re Galafrone
De la figliola del re Galafrone
Quale è figliola del re Galafrone,
Per una figlia de il re Galafrone.
Questa è la gente de il re Galafrone,
Poi che qua gionto fu il re Galafrone,
Era in consiglio col re Galafrone,
Ciascadun segue lo re Galafrone.
Venne in consiglio lo re Galafrone
E morto o preso lo re Galafrone,
Ché tutti insieme, e il suo re Galafrone,
Il patre della dama, Galifrone,
Era figliola del re Galifrone,
Vero è ch'iersera il vecchio Galifrone
Balugante era in campo e Falcirone,
La schiera guida al campo Falcirone.
Lasciando mezo morto Falcirone.
Ma, fraccassando sbergo e pancirone,
E rompe il sbergo e taglia il pancirone;
Sotto lo usbergo stava il pancirone,
E le piastre de acciaro e il pancirone,
E cinto bene al dosso un pancirone,
E non li vale scudo o pancirone,
E usbergo e piastra e grosso pancirone
Lasciàn costor, che del forte girone
Con la sua figlia nel forte girone;
Restò la guarda de il forte girone.
Qual lo perdette ad Albraca al girone;
Per ritrovare Angelica al girone,
Or lei si parte e vien sopra al girone;
Tanto che ad Albracà gionse al girone;
Li cavallier fuggŒr tutti al girone:
Ché tutti quanti qua dentro al girone
Ché oggi non giongi tu dentro al girone. E de improviso è già gionto al girone.
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Che ha de Almeria la terra e il bel girone:
Che ad Albraca dimora nel girone.
Così tornorno questi nel girone,
Lui pur spesso ritorna a quel girone,
Però me pose dentro a quel girone,
E che ormai più dentro a quel girone
Che indi se parta e lasci quel girone.
La damisella uscì di quel girone,
Sei cavallieri uscŒr di quel girone,
Che dapoi ch'era intrata in quel girone
E se non la riveggio in quel girone,
Dicendo: - Cavalliero, in quel girone
Con Brandimarte ad Albraca il girone;
Questo fo il primo che lasciò il girone,
Assediata è dentro ad un girone,
Sta nello assedio di questo girone.
Il re Marsilio vi era e Falsirone,
Né sai, preso è tuo patre e Falsirone;
Coi fratel Balugante e Falsirone,
Insieme Serpentino e Falsirone;
Ne l'alto sasso, dentro dal zirone:
Emme rapita da un falso latrone,
Dicendo a' marinari ed al patrone
E disse: "Noi siam morti! Ecco il patrone!'
Per aver perso il suo primo patrone,
Ora spira levante, e il suo patrone
Or fusse qua vicino il tuo patrone,
L'avea fatto salire a quel petrone.
Giuso nel fondo di quel gran petrone
Ecco davanti sede in su un petrone
Ché sopra a l'elmo gionse a Saritrone,
E` del re de Mongalia, Saritrone,
Uldano e Poliferno e Saritrone;
Occise Radamanto e Saritrone
Chiamando Radamanto e Saritrone;
Quattro vengono avanti: Saritrone,
- La pacienza è pasto da poltrone.
T¢rnati adietro, - cridava - poltrone,
Seicento libre pesa quel poltrone,
Ma certo che nel letto era un poltrone,
Mai non fu visto il più falso poltrone;
Tanto sei grande e sei tanto poltrone?
Ov'è, - diceva - ove è questo poltrone,
Che un'altra volta il tratai da castrone,
E te squartarò a guisa de castrone.
Ma prender se lasciò come un castrone:
Ché se 'l credea portar come un castrone:
Ed ecco avanti trova un gran burone:
Era menato in quella cacciasone:
E da poi presa in una cacciasone
De altro non vive che di cacciasone,
Ciascun tornò la sera a sua masone,
E presto il portaraggio in tua masone;
E de adoprar la rete fa rasone;
Poi che morir convengo a ogni rasone.
La dama, che sapea la fatasone,
Lasciando l'oro e quella fatasone.
Ma quello incanto e quella fatasone
Non pôn tagliarle per la fatasone,
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Perché cotale è nostra fatasone,
Ma il brando, che non cura fatasone,
Ben li è mistiero aver sua fatasone.
Che taglia incanto ed ogni fatasone;
Spezzando incanto ed ogni fatasone.
De aver l'arme e il destrier con fatasone,
Bevendo al napo della incantasone;
Che gli meni Ranaldo per presone,
Venne alla mensa, a quelle imbandisone,
Qual commettesse questa fallisone!
Fosse per ira, o per sua fallisone,
Chiunque facesse al gioco fallisone.
Portò seco la giuppa e il camisone,
Qual li avea indotto a quella guarnisone,
Era adunata quella guarnisone
A sua persona ed a sua guarnisone.
Sì che non può vestir sua guarnisone.
Quando esso se adobbò sue guarnisone;
Tagliando arnese ed ogni guarnisone:
Spezzando e scudi ed ogni guarnisone,
Ne l'elmo, el scudo, ed ogni guarnisone,
Sì spezza usbergo ed ogni guarnisone;
Di piastra e maglia e de ogni guarnisone,
Né che lo impacci l'arme o guarnisone:
Apresso Daniberto, il re frisone,
E Daniberto, il franco re frisone,
Né Ercole il grande, né il forte Sansone
Quella che prima già portò Sansone.
Ma lui condusse alla terra persone
Per ritrovar lor duo franche persone,
Ma ciò che abbiamo e le proprie persone
Or si vedranno e cor de le persone,
E destrier morti insieme e le persone
Il qual divora tutte le persone
E sono occise tutte le persone;
Che 'l celo abbia gran forza alle persone;
Né stiman più la vita o le persone.
Ma torno adesso e dico le persone
Tutti li occei, non dico le persone,
Diversi cridi de istrane persone;
Con la donzella, e trenta altre persone,
Dove Tisbina con altre persone
Ché con lui se afrontarno altre persone,
Che fo diletto di molte persone,
Dove alla guarda stan molte persone;
E mio marito con molte persone
E in vero al mondo non ha due persone
Con tutte le sue gente e sue persone
E già molte migliaia di persone,
Questo ha quaranta millia di persone,
E un monte de destrieri e di persone,
Pasce di sangue umano e di persone.
Disse: - Sappiati voi, gentil persone,
Che eran sei miglia e seicento persone:
Ché medici lì aveva, e più persone;
Lui or de ponta, or mena riversone,
Essa risponde a lui d'un riversone
Or mena della spada un riversone;
Da l'altro lato mena un roversone,
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Ferendola a duo man de un roversone
Cadendo foglie e fiori a gran fusone,
Menando tutti e brandi de piatone,
Come a Dio piacque, colse di piatone,
Fece che 'l brando colse di piatone.
Il conte il gionse in capo di piatone,
A lui rispose Astolfo: - Sì, pritone,
Manda tua gente fore a ogni cantone,
Entrono giostratori a ogni cantone,
Astolfo alor, guardando ogni cantone,
Per ogni faccia e per ogni cantone
Facendo lume per ogni cantone;
Guarda d'intorno per ogni cantone,
Andò di quel giardino ad un cantone,
Davanti a gli altri stava un gigantone,
E tutto il fatto appunto gli contone.
Or può ben star sicuro ogni montone,
Che tra noi anco il bove né il montone
Debbe esser sodo come un bon montone:
La insegna di sua casa era un montone
La notte se cavalca ad un montone,
L'un presso all'altro, e Belengiere e Otone;
Dopo lui branca Berlengiere e Otone:
Era là preso Astolfo del re Otone
Davanti a gli altri il figlio del re Otone,
E ben chiamarno il figlio del re Otone,
Uno Anglese, un Lombardo ed un Bertone,
Così parlando gionsero al portone,
Onde rispose: - Paccio da bastone!
Quel non aveva scudo né bastone,
Cinque o sei mesi rotto dal bastone;
Getta Isoliero e mena del bastone,
Percosse Iroldo in testa del bastone;
Sopra la coppa il gionse del bastone.
Batte spesso il gigante del bastone,
Menando forte al basso del bastone:
Mena il centauro spesso del bastone,
Col brando, e gionse a mezo del bastone,
Il saracino adopra quel bastone
Duo palmi e più tagliò di quel bastone.
Di ferro è tutto quanto quel bastone:
Però che l'uno e l'altro avea il bastone.
E imbraccia il scudo ed impugna il bastone.
Da poi ch'in terra gli cadde il bastone.
Così dicendo, gli porge il bastone.
E chi lascia la tarca e chi il bastone,
Poi tornò fuora squassando il bastone,
Tre n'ha poi vecchio, contando il bastone.
Il gigante gridando alciò il bastone,
Questo ha la spada, e quell'altro il bastone:
(Lui del governo ha pigliato il bastone),
Va il braccio dritto a terra col bastone:
E vedesse il gigante col bastone,
Vi venne Maricoldo col bastone;
L'un colla spata e l'altro col bastone,
Corre alla quercia, e piglia il gran bastone.
Un de' giganti alciava un gran bastone,
Tre dardi aveva e un scudo e un gran bastone,
Fo a maraviglia, e prese un gran bastone;
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248
Il qual portava in mano un gran bastone,
E, preso avendo in mano un gran bastone,
Di ferro aveva in pugno un gran bastone,
Levò da l'alto capo un gran bastone.
Acquistar le voglio io con un bastone.
Mille onze d'oro avria caro un bastone
Dalla sinistra ha di ferro un bastone,
Il gran gigante ha di ferro un bastone,
Ciascuno armato e con grosso bastone;
E quel menava ancora il suo bastone,
Pur saltò in piede e prese il suo bastone,
La cotta d'arme, e in mano il suo bastone.
Perché il centauro ha preso il suo bastone,
E seco nel portava per bastone.
Onde se accomandarno a Dolistone
Fie' manifesta in tutto a Dolistone,
E venne al fine in man de Dolistone.
In ogni modo a quel re Dolistone,
Adimandava quel re Dolistone
E facea guerra al patre Dolistone,
Due figlie ebbe mio patre Dolistone.
Voltosse il brando e colse de piattone,
E sol si mena il brando di piattone;
Non gli stima lei tutti un vil bottone.
Non li stimava quanto un vil bottone.
Del tuo non voglio il valor d'un bottone,
Non ne puotrian spezzar quanto un bottone.
Non vi varrebbe il suo aiuto un bottone;
Come fusse una palla di cottone.
E similmente nel colpir de Ottone
Avino e Belengiero e Avorio e Ottone
Seguiva apresso Avorio, Avino e Ottone,
E Avorio e Avino e Belengiero e Ottone.
E mena gli altri, e diceva: "Giottone!
E fra se stesso diceva: «Giottone!
Che fuggito è Ranaldo, quel giottone.
Con sì fatto combiato, vil giottone,
Brunello il piccolin, che è un gran giottone,
Quel tuo figliol, che fu sempre un giottone,
Or ben se avidde il perfido giottone
E gionse nella testa al franco Ottone.
E seco Avorio e il suo fratello Ottone.
L'ale depinte avea come pavone.
Ed ambe l'ale ad occhi di pavone;
Che mai non fo mirato alcun pavone
Seco Anzoliero e il suo parente Ivone:
Altra volta descrissi sua fazone.
De cocodrillo e in mille altre fazone.
Varii di lingue e strani di fazone,
Ed Agramante prese un ragazone,
Brandimarte fa contra alla canzone.
Risuona il celo alla cruda tenzone,
Tornati sono alla cruda tenzone:
Né ferno al dipartir lunga tenzone,
Ma per non tenir più lunga tenzone,
E tra gli antiqui ne è larga tenzone,
Di novo si comincia la tenzone:
Con meco hai tu vinta la tenzone:
Ad ascoltar la zuffa e la tenzone
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249
Ecco Aquilante ariva alla tenzone,
Che ben durò cinque ore alla tenzone,
E quando avesse il peggio alla tenzone,
Tornar per l'altro giorno alla tenzone,
Perché faceano e duo quella tenzone.
Gli altri pagan, che guardan la tenzone,
Come fosse nel prato la tenzone.
Abandonarno sua prima tenzone,
E qui se cominciò l'aspra tenzone.
Sotto di queste senza altra tenzone
Dentro a Parigi fu molta tenzone,
Mentre che durarà questa tenzone;
Così ricominciò nuova tenzone,
La dama se partì senza tenzone,
Con Agricane insieme, a far tenzone
Nato di Parma, e nome ha Rigonzone,
Dico Arcimbaldo insieme e Rigonzone,
Io te farò partir senza ronzone;
Se vi trova arme dentro né ronzone,
Così dicendo se accosta al ronzone,
- Chi è costui, - disse - che ha sì bel ronzone?
Alla coda lo attacca del ronzone;
E del brando s'accorse e del ronzone.
Che non di tôrre Astolfo del ronzone,
Ed urta via nel corso del ronzone.
Non se fidando al tutto del ronzone.
Turpino era montato a quel ronzone,
Come pesce natava quel ronzone
Soletto, a piede, senza quel ronzone
Come alla dama vide quel ronzone.
Buzifal avea nome quel ronzone:
Che qua sia capitato quel ronzone;
Ché via passa de un salto quel ronzone
Così diceva Orlando, ma il ronzone
Batoldo avanti a quello era, il ronzone:
Ma s'io guadagno per forza il ronzone,
Alor me desta e mename il ronzone;
Lei non accolse, ma gionse il ronzone,
Che, se io te abato, te torò il ronzone,
Che Brigliadoro avea perso, il ronzone,
Io ho donato a Gradasso il ronzone,
E bench'egli abbia perduto il ronzone
Con le mano alle rene in sul ronzone,
Ma per la schiera volta il gran ronzone,
Senza arme in dosso, sopra a un gran ronzone.
E venne armato sopra a un gran ronzone;
Che dorme in piede, ed ha sì bon ronzone?
Via passò il brando e gionse 'l bon ronzone.
Che suolea cavalcar quel bon ronzone.
Che gli facesse aver quel bon ronzone;
Che seco ne menava il bon ronzone,
Costui mi prestò l'arme e il bon ronzone:
Venìa sopra a Batoldo, il bon ronzone;
Anci gionse a Batoldo, il bon ronzone,
Sin che seco fu morto il bon ronzone;
Così dicendo il lega in su un ronzone,
Ed ambi gli legarno in su un ronzone,
Né lo torria per fante al mio ronzone,
Là dove Marigotto e 'l suo ronzone
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Quella teniva il freno al suo ronzone.
Il conte rimontò nel suo ronzone,
Spronando a tutta briglia il suo ronzone.
A tutta briglia sprona il suo ronzone,
Ma il re Grandonio afferra il suo ronzone,
Quel gran gigante volta il suo ronzone
Ma Balugante volta il suo ronzone
E prestamente prese il suo ronzone.
Che ciascuno occidesse il suo ronzone,
- Ma guarda che non scampi il suo ronzone
Salta sopra Batoldo, il suo ronzone.
De affatar l'arme o vero il suo ronzone.
Già tien per guadagnato il suo ronzone,
Ma s'io te vinco, io voglio il tuo ronzone.
Forse per aver perso il tuo ronzone.
Perché degli altri avea meglior ronzone,
Che tramortito lo trasse d'arzone;
Fuor non uscisse al tutto de l'arzone.
Né de Costanzo che ha tratto de arzone.
Le chiome li tagliò come a garzone,
Un nostro fraticel, che era garzone;
E seco un altro giovane garzone;
E poi, per cambio di quel bel garzone,
E menando per mano il bel garzone
Quando fu gionto dove era il garzone,
Pur Ziliante se piegò; il garzone
Dece ed otto anni ha di ponto il garzone:
Piangea nel letto come un vil garzone.
Ma disse: - Bei segnor, questo garzone
Rugier tutti gli abatte, el fier garzone,
Serpentin de la Stella, il fier garzone,
Larbin de Portugallo, il fier garzone,
Il conte lo mirava di storzone,
Che ha bianco il pelo e d'oro ambe le corne.
Quale è regina delle cose adorne,
Che in alcun loco mai non si soggiorne,
Così Gradasso al fondo se atuffoe,
Poi per la selva via si deleguoe
Ma il cavallier, che a l'acqua si trovoe,
Qual chiamava e compagni per robbare;
Perché Ranaldo me viene a sturbare.
Che sua battaglia viene a disturbare,
Vedendo sua ventura disturbare,
Ma ben lo fece Orlando più turbare,
Ma senza cerimonie e tante ciacare
Ben se azufarno, e senza trombe e gnacare.
Suonando dietro a lor zuffoli e gnacare.
Vestite a nova gala e strane zacare,
Ora a mio costo vadase a impiccare
Ch'incontinente lo faccia impiccare;
Sopra alla forche il debbano impiccare;
Dicendo a Uldarno o che l'abbia a spiccare,
Né l'un da l'altro si potean spiccare,
Né quel si può da sé ponto spiccare.
Et, oltra a ciò, me sentia piziccare. Che a l'altra banda fece traboccare;
Più Mandricardo nol volse toccare,
"Se un altro Ettòr non sei, non mi toccare:
Pur cognoscendo poi per il toccare
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E giù nel piano la vo' trabuccare;
Cavagli e cavallier fa trabuccare.
E quasi il fece a terra trabuccare;
E gente rotte a terra trabuccare,
E sottosopra il fece trabuccare;
Che se volea nel lago trabuccare,
Ed era Norandin per trabuccare,
Stava for dello arcion per trabuccare.
Fuor de la nave sua fece arrecare,
E una sua veste gli fece arrecare,
Sol colui dà, qual dà le cose care;
Con erbe assai la prese a medicare,
Qual se apertenga a febre medicare.
Tornò Ranaldo a farse medicare;
E tornò indrieto a farse medicare.
Ma, volendoli il capo medicare,
Ma a te, qual tanto sai ben predicare,
Disse Ranaldo a lui: - Non predicare;
Ma a te ramento che aggio a vendicare
Sin che il suo patre possa vendicare;
Se debba de tal onta vendicare;
E ben destina de se vendicare.
Ed avea voglia di se vendicare,
E contra a tutti vôlse vendicare.
Ma se giura lo oltraggio vendicare,
E tutto il mondo lo sa iudicare;
Né alcun vantaggio vi san iudicare,
Fece in Babel la torre edificare,
Per la citate il fece publicare,
Però qua non la voglio replicare.
Incominciò Marfisa a supplicare
Qual già Nembroto fece fabricare,
Lui se vôl senza fine affaticare;
Poi che se vidde indarno affaticare,
Per il mio scampo molto a praticare,
La dama fu mezana al praticare.
Quel de mia mano voglio scorticare,
Quella disciolse ed ebbe a cavalcare,
Re Carlo in fretta prese a cavalcare;
Avrà quel bon destriero a cavalcare,
Che 'l conte Orlando assai de cavalcare,
La meglior bestia non puoi cavalcare.
In caccie, in giochi de arme e in cavalcare;
Mai non se vide il più fier cavalcare.
Ma chi potesse Uberto scavalcare,
Che in grave stento te farà mancare.
Perché egli è usato la fede mancare,
E nel suo cor se afferma a non mancare
Ché a tal come sei tu, non può mancare. - O paladini, o gente da trincare,
Onde non credo poter collocare
Che vendean le sue merce troppo care:
Io de altro che di coppa so giuocare.
Tutta la terra intorno ebbe a cercare,
Stava il pagano ad un fiume a cercare
Diceva: "Io vengo un mio cane a cercare,
La damisella se pone a cercare,
La messagiera se pone a cercare:
Così dicendo se pone a cercare,
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Ma de Rugiero ogni om prese a cercare,
Guardando intorno se mette a cercare:
Né a te bisogna più briga cercare,
Un sol de noi la converrà cercare;
E non se arresta correre e cercare;
Mandati ancor de li altri a ricercare,
Il qual venìa questi altri a ricercare,
Perché essa andava aiuto a ricercare
Quel monte tutto quanto ricercare,
E ne la borsa te voglio cercare,
Per tutto il mondo lo voglio cercare:
E non voler del mal giorno cercare,
Del re Agramante, che ha fatto cercare
Indarno quel giardin se può cercare,
Parea che e monti avessero a cascare,
Che il baston fece per terra cascare.
Legato è in sella, e già non può cascare.
Se qua con meco vi piace pescare,
Ché per un perso, mille io vi vuo' dare.
Ed io diletto a tutti vi vo' dare
Disse: - Il mio per niente non vo' dare,
Il termine de un'ora li ebbe a dare,
Chi di qua, chi di là li viene a dare,
Né bon iudicio si potrebbe dare
Una grossa asta in man se fece dare,
Ma acciò che pensi se me la dei dare
Se una vien còlta, non te ne fidare,
Iscrida al conte ed ebbelo a sfidare,
Ci ha preso con vergogna a disfidare.
Così l'un l'altro s'ebbe a disfidare;
Tutti tre insieme li ebbe a disfidare.
Fece a la morte insieme disfidare
Senza altramente adunque disfidare,
E certo che io te volsi disfidare
- Iustizia! - forte comincia a cridare
Già Barigano non stette a cridare,
Subitamente cominciò a cridare:
Alora Astolfo cominciò a cridare:
E tal rumor faceva e tal cridare,
Perché Baiardo non puotea guidare;
Alla spelonca te saprò guidare.
Che qua ce tiene e non ce lascia andare,
E sopra a Santaria se lascia andare,
E sopra Salamon se lascia andare.
Con esso in braccio giù se lascia andare;
Poi disse: - Queste zanze lascia andare:
Pascendo intorno al prato il lascia andare.
Ad ambe mano un colpo lascia andare,
Sopra a Rugiero un colpo lascia andare,
Dapoi lui volse in Babilonia andare,
Ché non vi avendo, è da lasciarla andare.
Se debba verso Barcellona andare,
Pedoni e cavallier fa a terra andare;
Però, ben che li faccia a terra andare,
Come vede la dama a terra andare,
Al crudo scontro in su la terra andare,
E quel spezzato fa per terra andare;
Se di nascosto me lasciava andare;
In quattro piedi comincia ad andare,
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Verso quel loco se pose ad andare;
Re Rodamonte, il quale ardea de andare
Or fora il conte se ne vuole andare,
Or, perché intenda, a te conviene andare
Sin in Ponente mi conviene andare,
Poi che sian gionti, ti conviene andare
E lui davante vo' lasciare andare;
Ma così piacque a Dio che avesse andare.»
Poi che per l'aria lui non puote andare.
Sembra il gigante in quella parte andare.
Piglia baptismo, e lasciarotte andare. Ché al mio marito fo forza di andare
Dicea: - Baron, per Dio! lasciami andare,
Lasciando a man sinestra gli altri andare,
Subito s'apre, e là conviensi andare;
- Io voglio ad ogni modo avanti andare. E incontinente un messo ebbe a mandare
Ma con tal patto: che me abbi a mandare
Là giù, dove molti altri aggio a mandare. Con foco aiuto aveva a dimandare.
Di grazia gli veniva a dimandare.
Ciò che sapriti a bocca dimandare.
Facendosi il parone a dimandare,
Grifon passando prese a dimandare
Se fa de' voti, non lo adimandare.
Che alcun dimanda o possa dimandare;
E poi lo fece al paron dimandare,
Tutti gridando: - Che vôi comandare? Solo Agramante mi può comandare,
Re Carlo quivi non può comandare.
Seran disposte nel tuo comandare.
Dicean che aiuto si vôl domandare.
A quella fata ti voglio mandare;
Ch'io il voglio adesso allo inferno mandare;
E dove, e quando io lo vorò mandare.
Preso è il destriero e, via volendo andare,
Acciò che il molto tempo, al longo andare,
Un colpo smisurato lasciò andare.
Dove Angelica sia, non voglio andare. Pur rispose alla dama: - Io voglio andare
Altri diceva: - Deh! lasciamlo andare!
Pur parve a tutti di lasciarlo andare,
Dice Ranaldo: - Ciò lasciamo andare:
Disse Ranaldo: - Là vogliamo andare,
Quando Agramante vede ogniomo andare,
Squarzate a pezzi se vedeano andare;
E quei segnor con lui debbiano andare. Or lo minaccia e fallo intorno andare,
E, come vede Orlando indietro andare,
Poi che altramente vede il fatto andare,
E suolea solo in un boschetto andare
Per quella nella rocca se può andare.
Molti saggi conforti gli san dare,
Che a ponto in ponto sta per affondare,
La nave se piegò per affondare.
Che avrian fatto mille altri profondare.
E potrai peggio e gambari mondare,
E Mandricardo comincia a lodare,
Esempio ben di questo ci può dare
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254
Conceda il re del cel senza tardare
Fuggendo intorno, ogni cosa ha a guardare;
Prende il libretto e comincia a guardare,
Stava la donna la pugna a guardare,
La gente che de intorno era a guardare,
Stava da parte la guerra a guardare;
Né Astolfo d'altra parte sta a guardare;
Gionge Ranaldo, e già non sta a guardare:
Per tutto ove egli fugge, o sta a guardare,
Al pro' Ranaldo, che stava a guardare,
E il ponte al cavallier facea guardare,
Tanto che alcun non li ardisce a guardare:
Per l'aspri colpi orribile a guardare,
Il conte Orlando, orribile a guardare.
Che dalla rocca lo puotria guardare;
Vecchio che ha moglie, e credela guardare.'
Che terribil parea solo a guardare,
Li altri re intorno stavano a guardare
Che ad Albraca la rocca hanno a guardare,
E mentre che così stanno a guardare,
Ma Lucifer che lo ha preso a guardare,
Perdendo il tempo a tal cosa guardare,
Il re da poscia la fece guardare
Con gran ricchezza e bella a riguardare.
E campi e la marina a riguardare,
Nella seconda torna a riguardare,
Mentre che il conte stava a riguardare,
Terribile e crudele a riguardare,
Con grosse torre e belle a riguardare.
Cominciò Brandimarte a riguardare,
E stavasi da parte a riguardare
Però stava da largo a riguardare,
Or vanne, ch'io mi fermo a riguardare
Perché, avendosi indietro a riguardare,
Che apena la puoteva riguardare.
Non vi è persona che possi guardare
In molte parte te convien guardare
Che sua fortezza vogliano guardare;
Esser sospesi e de intorno guardare;
Tanto con l'occhio non se può guardare
E dice: - Figlio, io ti vo' racordare
(Non so se mai la odesti racordare),
Non so se mai lo odesti racordare),
Unde a voi tutti so ben racordare
Ma questo ben ti voglio racordare,
Che de altra cosa non può racordare;
Voi vi doveti, segnor, racordare
Voi vi doveti, segnor, racordare
Incontinente se ebbeno accordare
Don Chiaro il paladin vo' ricordare,
Che ancor mi fa pietate a ricordare;
De il fiume che non lascia ricordare;
Cercando de volerli concordare:
Poi che mi volse femina creare,
Mostrògli Sinagon ciò che 'l die' fare,
- A risponderti presto, io nol vo' fare.
Quindeci pezzi de uno uomo vo' fare.
Io sol te indussi la promessa a fare,
Al fin non trova quel che debba fare,
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255
Or non sa il conte ciò che debba fare,
Che me consigli quel ch'io debba fare. Se non compisce quel ch'egli ha da fare.
Però che, benché assai abbia da fare,
A benché con Marfisa fo da fare,
Una gran prova poi, che egli ebbe a fare,
Altri vi fôrno assai di grande afare,
Alcuna fiata avemmo insieme a fare,
In tal mestiero e ben lo sapea fare,
Ciò che con quel garzone avesse a fare.
Né per minaccie che gli avesse a fare
Sé proferendo e ciò che potea fare.
Dal conte Orlando, e ciò che dovea fare,
Ben vi so dir che largo se fa fare.
Acciò che intenda ben quel che hai a fare,
Ora con me non averai a fare,
Per mia persona, e la battaglia fare
Debbiamo insieme la battaglia fare,
Già non voria con lui battaglia fare,
Dicendo: - Converrai mia voglia fare,
A lui dicendo ciò che voglia fare;
O per ragion che non gli abbia altri a fare,
E diceva: «Macon non potria fare
Sì che, volendo una cortesia fare
E leggeriti quel che avriti a fare
Pensati che battaglia avranno a fare
Per omo forte e digno de alto afare,
E per voler più bella mostra fare,
Il brando de cui parlo, fece fare,
Perché Brunello assai me dà che fare;
Re Sacripante sol gli dà che fare,
E certamente assai li dà che fare;
Ben vi so dir che ogniom si dà che fare,
(Ché a ricoprirla troppo avea che fare),
Per me la notte non sapria che fare. Che nel pigliarlo assai serà che fare.
Poscia per tutti vi serà che fare,
A questo ponto vi serà che fare,
Ora nel terzo più serà che fare;
Rinasceranno, e più vi avrà che fare.
E poi con Feraguto ebbe che fare;
A bench'io creda che vi avrai che fare.
Ma, prima che sian gionti, assai che fare
Sì che un bon pezzo assai vi fo che fare,
Ma con le spade ben vi fo che fare,
- Ahimè! - diceva, - qua non ho che fare!
Che per se stesso avea troppo che fare;
Perché domane avrai troppo che fare. Ma certo e' gli lasciò troppo che fare,
Ché certamente aveva altro che fare,
Ma voi aveti forse altro che fare,
Al conte Orlando dette altro che fare.
- E- questo il tutto? Ora èvvi altro che fare?
Chi qua chi là se avean preso che fare.
Per quella serrata, vi è molto che fare,
Se di tal guerra avea ponto che fare,
Per aventure strane ebber che fare,
Ben vi so dir che assai vi fu che fare,
A benché alquanto pur vi fu che fare;
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Ma quivi dentro assai è più che fare:
Ma poi che è vinto, assai li è più che fare;
- Quel che ti piace ormai pôi di me fare;
Che non sapeva apena che se fare.
Via se ne vanno, e non san che se fare.
Che più diffesa non dovesse fare;
Voglio una prova nel presente fare:
Ma fu nel vero un baron de alto affare,
Chiarione ed Oberto de alto affare
E gente ha seco di cotanto affare
Omo del mondo non voglio schiffare;
Diceva Astolfo - e convienla riffare;
Come in quel tempo se usava di fare,
Dicea: - Fanciullo, ora che credi fare?
E dice: - Ahi vil baron! che credi fare?
Se quel ch'io dico, te amenti di fare.
Che quel che ho detto, tu lo vogli fare;
Ma così ignudo non so che mi fare,
Tu prova contra a' mei quel che pôi fare. E fami el peggio ormai che mi pôi fare.
Sol il sprezarmi è 'l mal che mi pôi fare,
Ma fami al peggio ormai che tu pôi fare,
Che da te voglia quel che non puoi fare;
E tu per ogni modo la vôi fare;
Di gran letizia non sa che si fare;
La damisella non sa che si fare,
E la meschina non sa che si fare:
Di gran paura non sa che si fare,
Che ad ambo ha il core e non sa che si fare,
Pur guarda il conte e non sa che si fare.
Fermosse a quello, e non sa che si fare,
E va de intorno e non sa che si fare
Che è come morto e non sa che si fare.
Battese il petto e non sa che si fare,
Stasse nel litto e non sa che si fare,
Lui doloroso non sa che si fare,
Senza il suo aiuto non sa che si fare;
Non sa più che si dir, né che si fare.
Né di vergogna sa quel che si fare.
Né di paura sa quel che si fare;
Il conte più non sa quel che si fare.
Lasciano Orlando e non san che si fare:
Onde si stanno, e non san che si fare,
Né sa quel saracin ciò che si fare,
Non sa Ranaldo già più che si fare,
Dicea ad Astolfo: - Or diessi così fare? Sì come alla iustizia si suol fare,
Quel che piace ad Angelica vôl fare.
Sì come io so che tu saprai ben fare,
Ma quella dama cridava: - Non fare!
E Daniforte cridava: - Non fare!
Ma la dama cridò: - Per Dio, non fare!
Per dargli aiuto, come io debbo fare!
Che io saprò come loro il gioco fare.
Così dicendo, si fa largo fare,
Dicea Gradasso: - Può questo Iddio fare,
Che deggia seco il gran passaggio fare.
Questa malvagità non voglio fare. Ben ch'io non credo mai poterlo fare;
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257
Questa battaglia che debbiamo fare,
Ben lo cognosco e so ciò che può fare.
Per quanto onore a pregion si può fare.
Poscia che altra diffesa non può fare;
Ciascun tanto più fa, quanto può fare.
E quello piace a lui, può di lor fare.
E lui soletto vincere e disfare
Senza battaglia potea satisfare.
Ché l'ultima per tutte può pagare.'
Sino alla croppa lo fece piegare
Né a prieghi o prezo lo pote piegare,
Agli altri schiavi lo fece legare,
Ma quando Astolfo se vidde legare,
Fece la dama a quel corpo legare,
Corse quei duo pregioni a dislegare.
Diceva Astolfo: - Io non ti vo' negare,
- Fammi promessa, e non me la negare,
Con l'arme indosso son per anegare,
Ma non la seppe il mio patre negare,
Né cosa alcuna le puote negare,
Baron cortese, non me lo negare!
Che non potea la cosa più negare,
Or Folderico non se fie' pregare,
Sì che per cortesia ti vo' pregare
Per pietate e mercé l'avea a pregare
Sempre piangendo lo attende a pregare
E dolcemente lo volea pregare
E dolcemente la prese a pregare
Con voce bassa il re prese a pregare
E quella dama lo prese a pregare,
E il guardiano alor prese a pregare,
Colui che for de modo fa pregare;
Dio d'altra cosa non voria pregare.
Risene Orlando, e preselo a pregare
Dudone, Iroldo sì seppon pregare,
Ove tal volta me faccio pregare;
Or de una cosa te voglio pregare,
Che in suo decreto me possa obligare?
Ché forse alquanto potea mitigare,
E presto il corse in campo a divulgare.
Quasi per l'universo divulgare.
Ma pur se puote il tempo prolungare
Dentro a quella acqua me vedo affogare,
Né credo meglio poterlo alogare,
Ove questa acqua si possa vargare,
Né estate o verno mai se può vargare.
Or quella serpe ti convien baciare,
Dice a se stesso: «E' mi convien spaciare.
Dico che 'l cervo non voglio cacciare.
Sì che bisogna de altro procacciare.
E standosi in Biserta a sollacciare,
E a l'uno e l'altro ha sempre a minacciare.
Disse Ranaldo - e gli altri minacciare.
Male a quest'altri pôi ben minacciare,
Lui Fiordelisa corse ad abracciare,
Subitamente il corse ad abracciare.
E cominciolla stretta ad abbracciare.
Venne Ranaldo la vista ad alciare:
Come poteti gli occhi al celo alciare
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Il dardo con gran forza ebbe a lanciare.
Né a cui spiace il finir, die' cominciare:
Seguir conviensi, o non le cominciare,
Si dovea la gran giostra incominciare,
Deliberando pur de raconciare
Sasselo Idio ch'io non puote' lasciare,
E come Malagise ebbe a lasciare;
Poi che ti è forza la vita lasciare,
Però te voglio la vita lasciare,
Prima vi voglio la vita lasciare;
Senza contesa vogli a me lasciare
Né la battaglia mai volse lasciare,
Ché 'l conte non la volse mai lasciare,
Ora de Astolfo vi voglio lasciare,
Or quivi alquanto lo voglio lasciare,
Ché incontinente ti farò bruciare,
A benché lui mi venne assediare,
Mo comincia Ranaldo a soffiare,
- Soffia, vento, - dicea - se sai soffiare,
Che tanto l'hanno preso ad oltraggiare;
Che aver se puote in arte d'armeggiare;
Là con baldanza stanno ad armeggiare
Che sempre vogli altrui villaneggiare;
De una percossa tanto danneggiare,
Il viso gli comincia a lampeggiare;
La notte poi se vede lampeggiare;
Che con l'ale che nota, ha a passeggiare;
Qua Rodamonte li fece aloggiare.
Fece Agramante e re tutti alloggiare
In quella rocca non è che mangiare,
Ranaldo ha poca voglia di mangiare:
E così crudo lo viddi mangiare,
Che alquanto t'ha la morte a indugiare,
Non avea il conte a ponto a indugiare,
Ni stette già per questo a indugiare,
Or via, filiolo, e non te indugiare! Ché ad ogni amante incresce lo indugiare;
Non vi bisogna ponto indugiare,
Ella rispose: - Il vostro sornacchiare
Ranaldo si ebbe in terra a ingenocchiare,
Se andò davanti a Carlo a ingenocchiare,
E poi ad Astolfo se ebbe ingenocchiare,
Chinosse in su la ripa a l'onde chiare.
Che in cerchio ha un fiumicel con onde chiare.
De pietre trasparente e tanto chiare,
E, cominciando la biada a tagliare,
Ed a sette la testa ebbe a tagliare;
E quella pianta se pose a tagliare,
Il ponte alle sue spalle fa tagliare.
Che nulla cosa la potria tagliare.
Benché convenne le chiome tagliare
Voglio col brando de intorno tagliare,
Fan con le spade diverso tagliare,
Ché la sua pelle non se può tagliare;
E sembra d'oro, e non si può tagliare;
Ritornaremo insieme a battagliare. Convien con esso prima battagliare:
Se pur te piace meco battagliare,
Che Ranaldo lo vene a travagliare;
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259
E, fatta presto Angelica svegliare,
Che non se atenta ponto a disvegliare.
E ponto non l'ardiva risvegliare;
Che non si possa senza lui svegliare,
Ed io questo gigante vo' pigliare,
Dice a l'Alfrera che debba pigliare
La gola ad ambe man gli ebbe a pigliare,
Ché ad ogni modo lo volea pigliare;
Poter marito a mia voglia pigliare,
Che ad ambe man non si puotria pigliare.
Dal non dover con me guerra pigliare;
Né se potrebbe per forza pigliare,
Vede il viaggio che debbe pigliare
In questa notte ti feci pigliare,
Ché tutti gli altri ancora vôl pigliare.
Ché quel nemico al tutto vôl pigliare;
Trasse a sé l'elmo e, volendo pigliare
Tutta in tre giorni la voglio pigliare;
Questo esercito poi voglio pigliare,
Non sa la dama il partito pigliare,
Il qual cercava Orlando far pigliare;
Dubitò forse nol poter pigliare,
Ma quel che ancor ci fa maravigliare,
Ogniun di lor più se ha a meravigliare
Troppo stupendo e da meravigliare:
Né vi doveti già meravigliare
Che non doveti già meravigliare
Che cominciò quell'acqua a gorgoliare;
O ver per giostra, o sia per torniare,
Che l'altro colpo avesse a radoppiare;
Comincia il pianto forte a radoppiare,
Or cominciano e colpi a radoppiare;
Parendogli la forza radoppiare;
Mostra Zambardo un colpo radoppiare,
Che mai alcun non volsi ingiuriare,
Qual più nel mondo mostri desiare.
Proferir si sapeva e ringraziare.
- Voglioti sempre assai ringraziare,
Diceva Orlando: - Pôi ringraziare
Che ben te voglio e debbo ringraziare,
Né se puotea mirando saziare.
Né si può lo appetito saziare;
Che al suon del corno il ponte ebbe a calare;
Ed alla rocca lo farò filare. Né poscia in terra più se ebbe a callare;
Apre la porta e il ponte fa callare,
Il ponte a San Dionigi fa callare,
Fece in due parte alla terra callare;
Aprian la porta, e il ponte fan callare;
Ché incontinente giù voglio callare;
Perché vedea del monte giù callare
E poi vidderno al ponte giù callare
E tanto contra a Dio te fa fallare?
Che per niente non volìa fallare:
A questa volta, per Dio! non fallare,
Fusberta se sentiva zuffellare.
Anci un gran monstro se debbe appellare,
Ben discortese te puote appellare
Ché tradimento non si può appellare
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260
Con Durindana il conte martellare,
Che quasi Orlando fie' pericolare.
Ché tutti ci farai pericolare,
Che a te dispiace il mio pericolare;
Il quale è in tutto per pericolare.
Come fosse nel prato a pascolare.
Battendo l'ale par che aggia a volare.
Che non avesse l'ale da volare,
Tirare a terra e per l'aria volare,
Che veda gente per l'aria volare,
E se per l'aria me mostri a volare,
Sente per l'aria non sa che volare:
Se mai ti venne voglia di volare.
Come tal volta un sogna di volare.
Quella comincia intorno a lui volare;
Facendo braccie e teste al cel volare:
A lui par proprio di dover volare.
Che, chi la vede, par che oda parlare.
Quando fu gionto, il re prese a parlare
Qual, fermo un poco, gli prese a parlare:
Ché de allegrezza non puotea parlare.
Prasildo abraccia, e non puotea parlare,
Così legato, e comincia parlare.
Sol se ne sta, né si lascia parlare.
Né quasi può per gran doglia parlare,
Comincia al conte in tal modo a parlare:
Il franco conte a quel dolce parlare
La falsa dama con dolce parlare
Con gran proferte e cortese parlare;
E, poi che te odo cortese parlare,
Mai gli rispose, né volse parlare,
Prima che insieme potesse parlare;
Quando costui odì il conte parlare,
Ma lui non si lasciò giamai parlare,
Che non ardiva a pena di parlare),
Non guarda Martasino a tal parlare,
E Mandricardo, odendo tal parlare,
Perse la pazienza a quel parlare
Ridea Feraguto a quel parlare,
Quando Grifone intese quel parlare,
Quando Oliviero intese quel parlare
Verso Ranaldo, che li vôl parlare.
Non fece già con lui lungo parlare;
Re Carlo Magno con lungo parlare
Ad ogni modo li voglio parlare;
Non fu dato credenza al mio parlare;
E accioché meglio intendi il mio parlare,
Prese la dama, e senza altro parlare
Per allegrezza, e più non può parlare;
Non rispose Ranaldo al suo parlare,
Cominciƒr per Ranaldo a rinculare,
E cominciavan già de rinculare,
Che Durindana facea vinculare,
S'io te occidessi, io serìa irregulare;
E di prodecia sei sì singulare,
Per questa impresa tanto singulare.
Per tuore impresa tanto singulare. Questo la fuga mi fe' simulare,
Ciascuna cosa sapea simulare:
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261
Per tuo dispetto voglio ancora amare. La sua figliola avea molto ad amare,
Contra a mia voglia a me il conviene amare.
Amar non vôle, e pur conviene amare.
(Così se avea quella isola a chiamare),
Che da te debba la vita chiamare;
E dal suo nome la fece chiamare,
Né valse de Agramante il richiamare,
Fece Agramante a consiglio chiamare
Il non essere amato ed altri amare
Tanto ti spiacque ch'io te volsi amare,
A suo dispetto converratti amare;
Ben vedo che a ragion nol debbo amare;
Dal vecchio patre, al regno de oltra mare.
Fu pien de spirti e celo e terra e mare,
Questo è la luna, che debbe scemare;
Al re dicendo: - Or non sai che al scemare
Sì che la terra intorno fa tremare.
D'intorno intorno cominciò a tremare;
E quando se ode la terra tremare,
E ciò veggendo prese a lacrimare,
A i dolci baci, al dolce lacrimare?
(So ben che lo fareti lacrimare),
Sol d'una cosa me può biasimare:
E sua grandezza non puotea stimare;
Con tanta gente avia passato 'l mare.
Era una giovanetta in ripa al mare,
Che drittamente riguardava al mare,
La gran canaglia se adunava al mare,
Ed Agramante, che è di là dal mare;
Per l'aria lo trarò di là dal mare;
Né alcun ritornarà di qua dal mare;
Africa tutta vien di qua dal mare,
Te venga a ritrovar di qua dal mare,
Poi giù callarno quei pagani al mare,
Essendo gionto, come io dico, al mare,
Che è pien de omini armati insino al mare.
Il quale è in Sericana a lato al mare.
D'una spiaggia deserta, a lato al mare:
Se non è sopra al celo o sotto al mare;
Né groppo di tempesta in mezo al mare,
In verso Ardenna, alla ripa del mare,
Argosto, che armiraglio era del mare,
Io non son tuo vassallo e non del mare,
Sopra Baiardo se caccia nel mare
Poi dentro a un vetro se calla nel mare,
Chi fugge a poppa, e chi salta nel mare.
Torniamo a Rodamonte, che nel mare
Un messo li aportò come nel mare
Come era armato, gettarse nel mare:
E detto questo se ne andò nel mare,
E la tua polver gettarò nel mare.
Ché per fortuna l'ha perso nel mare.
Però che un saracin passato ha il mare
Ché, quando a più tempesta mugia il mare,
E so che ogniom di voi passaria il mare
Travarca le montagne e passa il mare,
E l'aria tutta, con la terra e il mare,
Intorno ad ogni parte cinge il mare;
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262
Quanto il sol scalda e quanto cinge il mare,
Quanto il sol vede e quanto cinge il mare.
L'onda risuona e grosso viene il mare;
Che la terra tremava e il celo e il mare.
Da mezodì, dove la batte il mare,
Da ciascun lato in cerco batte il mare;
Tu per sturbarme già passasti il mare,
Onde si volta e fugge verso il mare;
Una logia ha il palagio verso il mare,
Che con gente canuta passò il mare,
Il loco sia nel litto apresso il mare,
Di Brandimarte, che ha passato il mare
Che il re Agramante avrà passato il mare,
Ma quando tutti avrem passato il mare,
Con gli altri Turchi che han passato il mare.
Ché già dovremmo aver passato il mare.
Veder l'onda tranquilla e queto il mare,
Dece sian visti in tutto quanto il mare. Tutto di velle è già coperto il mare,
Dallo Egitto al Morocco tutto il mare,
Ed avendo in fastidio tutto il mare,
Un'isoletta posta a mezo il mare.
L'anima al foco e il corpo per il mare,
Il suo naviglio è sparso per il mare,
In pochi giorni fu gionto in su il mare;
Ché è re di Septa ed ha porto su il mare;
Che non mi mena alla Liza in sul mare. Che sembra un vento di fortuna in mare,
Gionti alla foce, ove il fiume entra in mare
Chi ne la nave, e chi saltava in mare,
Discese, ove il fiume Ebro ha foce in mare;
Ché quel dua millia leghe è longe in mare.
Quando è fortuna quel poneti in mare,
Fo sì strana ventura in terra o in mare,
Ch'è quivi occiso, e gettarenlo in mare.
Ed ambe due le gambe andarno in mare;
Che Ranaldo e Dudone entrarno in mare,
E mezo il mondo ha circuito in mare,
Or sembra il giovanetto un vento in mare:
Che facea un capo piccoletto in mare.
Grande in quel loco è il Nilo, e sembra un mare.
Di quel che tolto ce ha fortuna o mare,
Come intraviene al tempestoso mare,
Quanto non gonfia il tempestoso mare
Lasciamo Rodamonte in questo mare,
L'uno è verso Acquamorta il dritto mare:
Undeci conti seco fece armare,
Secretamente facea gente armare,
Né contra alle ungie sue se pote armare.
Se questo giorno non li faccio armare. Ciascuno al suo talento se può armare
Apresero il barone a disarmare,
Comincia il cavalliero a disarmare.
Quivi Aridano il volse disarmare,
E fece il giovanetto disarmare,
Mai non li lascia quella unda fermare.
Così tre volte se ebbero a fermare,
Tien la vedetta per terra e per mare,
Avranno entrambi e per terra e per mare.
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263
Con bella gente per terra e per mare,
Con una nave si pose per mare.
Chi vi gionse per terra e chi per mare.
Gente da quella se partì per mare
Tal gente insieme, per terra o per mare.
Di novo a Damogir tornò per mare.
Con Angelica il patto ebbe a firmare?
E ciascun mente che il vôle affirmare.
Se facea Balisardo trasformare,
E le vivande se vedean fumare.
Mai tanta gente se ebbe a consumare,
Per quello incanto vidde consumare,
Lì con questi occhi miei viddi io sbranare
Che un suo fidato l'ebbe a velenare,
Mentre che è il giorno, la spada menare,
Le qual già Rodamonte ebbe a menare,
Nella sua gionta un colpo ebbe a menare:
Anci più grandi gli ha sempre a menare.
Colpi diversi ben potea menare:
Poi che donzella non hai a menare,
Or si comincia le man a menare.
Da terra gli elefanti hanno a menare,
Or se comincia l'un l'altro a menare
Doman su il campo ge l'avrò a menare.
Che non lo voglia alla Liza menare.
E prestamente lo fece menare
Adietro l'ebbe Astolfo a remenare.
Poi con la man la prende a dimenare.
Che già non si poteva dimenare;
Rugge il leone e fa gran dimenare;
Ma quando lui se vidde indi menare
Pur ce ha saputi in tal loco menare,
Ben, se ti piace, te posso menare
Che in tanta doglia lo facea penare.
Dico Ranaldo, che mi fa penare.
Cominciò l'ira alquanto a rafrenare,
Ch'io te vo' far il ramo guadagnare.
Poco de un paccio se può guadagnare. Poco de un paccio si può guadagnare.
E dal nepote il fece accompagnare,
Ove Costanzo il volse accompagnare,
Prega che Orlando li voglia insegnare.
Con la man disarmata ebbe a cignare
E de ascoltarmi non te desdignare;
Chi potrà mai quei colpi dessignare?
De' compagni se aveva a vergognare,
Che me credette al prato vergognare.
Non possa in altra forma repugnare,
Il suo baston di ferro ebbe a impugnare,
Né li concedon ponto a vicinare,
Qual cagion fece la usanza ordinare.
Una gran festa se ebbe ad ordinare,
Quando sentirno il passaggio ordinare,
Perché aveva quel re fatto ordinare
Quanto mai si potrebbe imaginare;
Né tra se stesso puote imaginare
Quanto potesse alcuno imaginare.
Quanto m'avria saputo imaginare:
De qui partito torna a caminare;
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Poi per la ripa prese a caminare,
E verso Franza prese a caminare
Nascosamente prese a caminare,
Verso Ponente prese a caminare,
Ma quella notte prese a caminare;
E dritto il solco li fa caminare.
Ché tu serai il primo a caminare
Insieme cominciarno a caminare,
Dove altri non suolea mai caminare,
E converratti a pedi caminare;
E come il peregrin nel caminare
Acciò che men te incresca il caminare
Ora per tutto si può caminare.
Veggendo e brandi intorno fulminare;
E lui Gradasso si fa nominare,
Prima che tutti possa nominare,
Che Turpin non le seppe nominare.
Ché ben così ti debbo nominare,
Ed ode il conte Orlando nominare,
Promettendo a ciascun di terminare
Fuor del palagio il fecer trasinare,
Che par che il mondo debba ruinare,
E, se io dovessi il mondo ruinare,
E quello a terra tutto ruinare.
Che ogni dimanda sapea indivinare.
Quel che disse la fera indivinare;
Ciò che dimanda, suole indivinare;
Non me venistù intorno a indovinare,
Or chi potrà questa opra indovinare?
La gran fatica fia de indovinare
Ranaldo non la puote indovinare,
Dove il dimori puote indovinare,
Quel che esser debbe voglio indovinare;
Ché e colpi non si ponno indovinare;
Avria saputo questo indovinare;
Che quella dama che gli ebbe a cennare,
La dama che al veron gli ebbe a cennare.
Però questo destrier ti vo' donare,
Perciò li volse la rocca donare.
Irlanda tutta li volea donare.
Ma vo' che ogni pregion m'abbi a donare;
E sempre l'acquistato hanno a donare;
Volendo tu, se li potrà donare;
Gli piaccia aiuto al suo patre donare;
Se questo tuo pregion me vôi donare,
Se la sorella tua mi vôi donare,
E disse: - Se il destrier mi vôi donare,
A questi soi baron vi vôl donare;
Promesse a quella non la abandonare,
Convienti quella dama abandonare.
Che a lor convien la dama abandonare.
Ché Orlando mai non vôle abandonare;
A tal bisogni non me abandonare,
Né il re Brunello il volse abandonare;
E destinati non se abandonare
Volse questi compagni abandonare,
Me nel bosco dovevi abandonare,
Che quasi il fece il brando abandonare.
Che non convenga il regno abandonare;
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Suo stato e tutto il regno abandonare.
Incominciarno il campo abandonare,
Né volevan l'un l'altro abandonare.
La vita voglio al tutto abandonare. L'anima pensa, e non l'abbandonare.
Ed allo inferno me voglio donare,
Che gli potesse soccorso donare;
Così la falsa m'ebbe a ragionare,
Cominciò pianamente a ragionare.
Or t'ha condotto meco a ragionare;
E cominciò con seco a ragionare
Diverse cose se hanno a ragionare.
Che non puotea più oltra ragionare.
Poi cominciarno dolce ragionare
Che tu vôi de la fede ragionare;
Quel che promesso avea di ragionare.
E dipartisse al fin del ragionare;
Ma il lor camino e i fatti e il ragionare
Grande era giù tra quelli il ragionare,
Il cavalliero, odendo il ragionare
Mentre che fu tra loro il ragionare
Onde, lasciando mezo il ragionare,
E che io non debba seco ragionare;
Ch'io non posso con teco ragionare
Odendo in cotal modo ragionare;
E disse loro: - Io odo ragionare,
Or, per far breve il nostro ragionare,
Perché ogni dubbioso ragionare
Re Martasino a questo ragionare
Stava la dama in questo ragionare
Poi che cognobbe in questo ragionare
Mentre che stanno in questo ragionare,
Odendo Orlando questo ragionare,
Un nano, e solo attende a speronare;
Lei prende dietro a quello a speronare,
Ma il conte altro non fa che speronare,
Non valse a Bardulasto il speronare,
Chi me volesse del cel coronare
Odendo il corno tanto ben sonare,
Tre volte il corno se convien sonare.
Prende il bel corno e comincia a suonare.
Altro che trombe non se ode suonare,
Sentì dietro alle spalle risuonare
De l'arme rotte, e l'elmi risuonare,
Odirno ad alto un corno risuonare
Qual cognosciuto ha Orlando a quel suonare;
Le chiome intorno se gli odìan suonare,
E come e corni se odivan suonare,
Prima il bel corno vi convien suonare,
Come vi abbiate in quella a governare;
Linguadoca e Guascogna a governare,
Le schiere, e chi le avesse a governare.
Nol lasciavan se stesso governare;
Che al termine de un mese die' tornare;
Non te piacendo, in pregion vo' tornare.
Vero è che indietro alquanto ebbe a tornare
Però che mi conviene ora tornare
Poi ne potrai a tua cità tornare,
Giurò nella sua corte mai tornare,
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Nel suo paese volea ritornare,
E quasi adrieto volea ritornare,
Qual ce ha vetato insieme a ritornare
Ma lui bon tempo stette a ritornare,
Senza altra indugia in Francia ritornare.
Come doveva in Francia ritornare;
Che Brandimarte voglia ritornare;
Prima che indrieto abbiati a ritornare. Quando il pagano il vidde ritornare
Piacciavi, bei segnor, di ritornare
Da morte a vita mi pôi ritornare,
Ora voglio a Ranaldo ritornare,
Fece Gambone adietro ritornare,
E destinava dietro ritornare.
In vinti giorni dentro ritornare,
Spacciànci pur de adrieto ritornare.
E` delibrato adrieto ritornare.
Piacciavi a l'altro canto ritornare,
E se nol vede presto ritornare,
Un'altra volta in India vôl tornare.
Ché al conte Orlando mi convien tornare,
Ché a loco e a tempo ve saprò tornare;
Che tanta gente potesse adunare
In quattro mesi gli fie' radunare,
Il suo consiglio fece radunare:
Che di prodezza in terra non ha pare;
Che al mondo de ricchezza non ha pare,
Con l'erba che a virtute non ha pare.
Che di prodezza al mondo non ha pare.
Qual di prodezza al mondo non ha pare.
Con quel destrier che al mondo non ha pare
Lui, che di core al mondo non ha pare,
E il tuo destriero al mondo non ha pare!
Di quel destrier che al corso non ha pare,
L'acqua, che al corso una roina pare. A Mandricardo tal ventura pare
Proprio Dudone alla sembianza pare;
Proprio un gigante alla sembianza pare,
E già questa ora mille anni a me pare
Poca fatica a quello alto re pare
Che l'ora un giorno, e il giorno un mese pare,
Ecco Grandonio, che un serpente pare:
Lei, come una leonza che di pare
Quasi una dama ne l'ombra li pare.
Ben drittamente acquistata gli pare,
Ché de esser fuora mille anni gli pare,
Come colui che mille anni gli pare
Comprende bene e già veder gli pare
De esser là gionti mille anni li pare;
Che de aver drieto Orlando ancor li pare;
Ché ogn'altra cosa fabula mi pare,
Se io vedo drittamente, ora mi pare
Perché averlo alle spalle ognior mi pare.
Se io dissi veritate ora si pare,
Con calci quella rocca dissipare,
E tutto quanto l'ebbe a dissipare.
Che lo credette al tutto dissipare;
Piglia il partito, adunque, che ti pare,
E poi farai di me quel che ti pare.
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E pigliati a quel capo che ti pare:
Or statte e vanne, e fa come ti pare. Spender la voglio sì come ti pare;
- Prendiam dunque partito, se ti pare, E veramente a' riguardanti pare
Come più dolce a' naviganti pare,
Che de smiraldi e de diamanti pare;
Di esser là giù mille anni a tutti pare,
O venitene insieme, se vi pare,
E tu sia quella che il vada a campare;
Che della morte non potea campare:
Più lungamente non puotea campare.
Che via correndo lo puotea campare,
Che apena Trufaldin dovea campare.
Che senza lui io non puotria campare? Gran meraviglia la farà campare.
Perché altramente non puotrà campare,
Che il tuo compagno ancor puotrà campare.
Col qual potea nascondersi e campare.
Credendo di nascondersi e campare;
Serà de morte l'anime campare
Te con quello altro volesse campare,
Ch'io mai potessi senza te campare?
Morto serai, né me potrai campare.
Ad ogni modo non puotrai campare,
Tu non debbi aver voglia di campare.
E non c'è tempo o modo di campare.
O fa l'altri morire, o mi campare. Ed altramente tu non puoi campare.
Ma forse ancora potresti campare,
Ché già soletta lei non vôl campare.
Con ogni forza de sua man campare;
In ogni modo la voglio campare,
Se non ci ha visto, potremo campare,
Perché altramente io non posso campare.
Vede quel falso che non può campare;
Questo gigante ormai non può campare:
Quel che si fa per suo segnor campare.
In ogni modo via volea scampare;
Nel pino prima si ebbe a divampare,
La gente sua selvatica non pare.
Chi me portò, non ebbe al mondo pare."
Ché, essendo morto, in terra non ho pare,
A ciascaduno un gran dalmaggio pare
Ché ad uno amante una ora uno anno pare.
E domatina, come il giorno pare,
Colui, che di durezza un sasso pare,
Ma fuor de l'intelletto al tutto pare,
Da l'uno a l'altro una muraglia appare,
Avanti a loro una donzella appare,
Una donzella è quel che sopra appare,
Qual ne la vista sì feroce appare,
Ma spesse fiate il demonio me appare,
Dormir soave, e non già morte appare.
Excetto che persona non li appare,
Per bere al fonte che davanti appare;
- El re Gradasso è quel che avanti appare Sopra di quel persona non appare:
Quella che al sol scoperta non appare,
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Nascoso è alla carena e non appare.
Fuggito è via Grifone e non appare,
La nave che ha il nocchier che non appare.
La notte è scura e lume non appare
Rotto è il cimer, ché penne non appare,
Ma dove quella fosse non appare:
Né fonte né palagio non appare;
Più gente viva intorno non appare,
Che altro che morti al campo non appare.
Altro che il monte e il sasso non appare,
Come egli è morto, mai più non appare.
Ivi de intorno alcun più non appare
Già sotto a l'arco Balisardo appare,
Ecco una schiera sopra al poggio appare,
Ma già le gente sopra al poggio appare,
Per l'altra gente che nel poggio appare,
Eccoti lo orco che nel poggio appare,
Rotto avea l'osso, e il suo cervello appare,
Che oltra di quello il bel giardino appare.
Già la Guascogna sotto a loro appare,
Che somersa da l'onde al litto appare;
Né sa di quella punto sviluppare:
Prima credea ciascun non aver pare;
E come biolco se pone ad arare;
E il campo ivi de intorno tutto arare;
Non gli potrebbe a forza separare;
Ranaldo ebbe quel colpo a riparare:
Né lui se può da tanti riparare,
Ben vede lui che non può riparare,
Né mai, sendo fanciul, volsi imparare,
Ché a tal servigio me puoi comparare;
Dudon, che vede non poter parare,
Fece la gente ne l'arme asembrare,
Vedesse quel paese disgombrare;
Sapendo il loco, de ella liberare,
Per voler questa dama liberare;
Piacendo a te, me pôi deliberare:
Ogni periglio, per te liberare:
Se indi potessi Orlando liberare. Se puote al gran furore equiperare?
La sua pacìa dovesse temperare;
A ben ch'io non mi possa adoperare,
Qua non te val Fusberta adoperare,
Io te vedessi bene adoperare,
E tanto seppen bene adoperare,
Né si puote altramente adoperare,
Ma converravi il brando adoperare.
Qual mai non se ha potuto adoperare,
Perciò se ebbe Girardo a disperare,
Ranaldo si voleva disperare
Adunque ve voleti disperare?
Né ti voler per questo disperare.
Non abandona chi in lei vôl sperare:
Ciascun se va con Ranaldo allegrare:
Intorno al capo me il voglio aggirare,
Lui prende il libro e comincia a mirare;
Posesi il conte la logia a mirare,
Onde la dama, che stava a mirare,
Or Brandimarte ciò stava a mirare,
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Mentre che il cavallier stava a mirare
Ma il re Agramante pur stava a mirare,
E quando la fanciulla ebbe a mirare,
Ma come Fiordelisa ebbe a mirare,
E sopra gli altri si facea mirare;
Cotal Marfisa se vedea mirare,
Che tutto intento lo trasse a mirare:
Tanto ch'io possa una zuffa mirare;
Non lo toccava e stavalo a mirare;
Che ciascadun che sta intorno a mirare
Stavi una dama nel mezo a mirare,
Avrai quel fier gigante a remirare,
Stava gran gente intorno a remirare,
Non se potesse a quel fonte mirare.
Né quanto intorno se puote mirare,
Quando ciò prese il conte a rimirare,
E stato un poco quivi a rimirare,
Passi là sopra chi la vôl mirare.
Cosa più bella non se può mirare.
Tutto è di pesce e non si può mirare,
Ivi firmosse alquanto per mirare,
Voi vi potete adietro retirare:
Né alcuna cosa mai volse adorare,
Vostra ventura venga a megliorare;
Né se curi al presente smemorare,
Trasse la spada senza dimorare,
Rendi la spada senza dimorare,
Corse alla giostra senza dimorare;
Come io vi dissi, e, senza dimorare,
Salta a cavallo e senza dimorare
Esso rispose senza dimorare
E trasse il brando senza dimorare,
E il terzo e il quarto senza dimorare:
Per poter seco molto dimorare.
Di poter vosco alquanto dimorare,
- Con teco son contento dimorare
Temendo forse che per dimorare
Quanto più puote, la prese a onorare,
Che venner la sua festa ad onorare;
Unde per questo lo fece onorare,
Che ogni om ti teme e convienti onorare;
Io voria amarti e poterti onorare,
Mai non fu visto il più bel lavorare.
Sì seppe quel maestro lavorare,
Di Carlo Mano mi convien narrare,
Seppe la cosa in tal modo narrare,
E pur ier sira lo feci ferrare.
Malagise ode l'uscio disserrare,
Quello sepolcro a ingegno disserrare.
Li aggia Tisbina de l'animo a trare.
Che se potesse un pezzo d'arme trare;
Che vada la salvezza ad impetrare.
Che puote alcun della sua mente trare!
A una spelonca dentro ce fe' entrare,
Che voglia teco nella rocca entrare:
Fa Salamone alla battaglia entrare,
Che dentro a quella chiesia voglia entrare;
Rugier nel bosco fo il primo ad entrare,
Quando il crudele al ponte il vide entrare,
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270
Con tutto ciò Ranaldo vôle entrare,
Sotto la terra ti farebbi entrare.
Dentro alla rocca non potresti entrare
Per altro loco non potresti entrare.
Non ha più voglia nel naviglio entrare,
Ma non ardisce alcuno ad esso entrare.
Pria che 'l stretto di Spagna abbia intrare.
In quel subitamente ebbe ad intrare,
Voltosse, e vidde a sé più dame intrare,
Or mi conviene al gran pelago intrare,
Ché dentro a quel giardino io voglio intrare.
Non volse ne la folta troppo intrare;
Il sasso, che era aperto a questo intrare,
Prasildo al re Adrian s'ebbe a incontrare;
Come al presente a lui venne a incontrare,
Mala ventura ebbi oggi ad incontrare. Con l'asta a resta lo venne a scontrare;
A mezo 'l corso si ebbeno a scontrare.
De nove cavallier, che hanno a scontrare
Ed una dama venne a riscontrare,
Avesti un giovinetto a riscontrare,
Da quello incanto il conte Orlando trare,
Che gli altri se potranno ammaestrare
Col re Gradasso converrai giostrare.
Delibra altrove sua forza mostrare,
Potesse sua prodezza dimostrare,
Per sua virtute quivi dimostrare,
E ad esso e agli altri aperto dimostrare,
Gionto è quel tempo che può dimostrare
Benché a me zanze volesti mostrare,
Quivi ogni suo valor convien mostrare;
Gran meraviglia vi potrò mostrare
Voglia quel giorno sua virtù mostrare;
Bench'io m'abbia de ciò poco a curare,
Quei della terra non hanno a curare,
Dicea Rugiero - ed altro non curare,
Lui non mostrava de ciò più curare,
Che a sua prodezza non puotea durare,
Già con Baiardo non puotea durare,
Che alcun diletto non lascia durare!
Né vi può piastra né maglia durare;
Che a tale impresa non potria durare;
Ché omo del mondo non potria durare.
Non è vivanda che possa durare,
Contra de tanti non puotrai durare. Potesse il campo contra a lui durare,
Che piastra o maglia non li può durare;
Contra a' duo saracin non può durare,
Che in ogni modo poco può durare.
Contro una dama e non poter durare?»
Ma non la potea ben rafigurare,
Che in vostra mano e' converrà giurare,
E` quel che spesso solevi iurare,
Ma l'una e l'altra prima mesurare.
Che dece volte lo averò a basare,
Disse: - Barone, io ti vo' palesare,
Così dicea Rugiero, e palesare
E nomi e l'arme lor vo' divisare,
Gli sentireti a ponto divisare?
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271
E fra se stesso comincia a pensare;
Non già di sé, che non gli avia a pensare,
Però si pose il barone a pensare
Ne la sua mente se pose a pensare,
Ma il conte a questo non stette a pensare,
Né a periglio o fatica ebbi a pensare,
Star tutto il giorno ne' libri a pensare;
Ranaldo già non stette altro a pensare,
E poi che alquanto fu stato a pensare,
Stando sospeso e tacito a pensare,
Non stette Orlando già molto a pensare,
Or non stette Ranaldo più a pensare,
Quello ardito baron senza pensare
Ranaldo dà tra lor senza pensare,
Tu lo puoi, cavallier, fra te pensare.
Ma, oltra a questo, non debbi pensare
Quando ciò seppi, tu debbi pensare
Poi disse a Orlando: - Tu debbi pensare
Lo ardito Ferragù - non gli pensare.
O per la fretta o per poco pensare
O se volesti alcun modo pensare
Quel cade a terra. A voi lascio pensare
E, via passando senza altro pensare,
E Mandricardo senza altro pensare
Come fu gionto, senza altro pensare
Ché ben gli diè Grifone altro pensare;
Nella mia mente non posso pensare,
Se urtarno adosso, senza più pensare.
Il fresco loco gli invita a posare,
Che giorni e notte nol lascia posare;
Mostrando a quella porta riposare;
Senza altramente adunque riposare,
Tra fiori e rose qua pôi riposare,
Per una notte quivi riposare;
Del canto nostro, e convien riposare;
Destina quivi alquanto riposare;
E smontò dello arcion per riposare,
Ma l'uno e l'altro alor se vôl posare;
E cento macchie ce fe' traversare,
Che suonò il corno, quindi abbia a passare,
Ma tutto quanto pur l'ebbe a passare;
Amai colei; lo amore ebbe a passare:
Subitamente il ponte ebbe a passare.
Un bel naviglio, che volea passare;
Né a' folti rami lo lascia passare;
E gli altri ancor, che seco hanno a passare.
Dove è molta fatica a trapassare,
Ma non mi dette il core a trapassare
Il duca Astolfo fece trapassare,
In ogni modo voglio oltra passare.»
Ad ogni modo io voglio oltra passare,
Perch'io non lasci alcuno oltra passare;
E vole ad ogni modo trapassare.
Perché venendo lo vidde passare,
Perché a destrier non se puote passare,
Questa matina qua viddi passare
Se lo avesti sentito indi passare,
Da poi che hai destinato di passare.
Sol per duo modi in Franza pôi passare:
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272
Là non potreti adunque voi passare,
Però che 'l re Agramante vôl passare
Dunque senza Rugier convien passare,
Disse: - Segnor, io pur voglio passare
Non può il mal fiume allo inferno passare,
Soletta al vento me farò passare,
Con la sua spada se stesso passare;
Sotto a' tuoi piedi in un punto passare;
Ché la rivera non si può passare,
Come io vi ho detto, e non si può passare;
Per forza o ingegno non si può passare:
Io, che in Levante mi potea possare,
Molte parole non sapeva usare,
E varca il fiume, poi che sai natare. Io stia così che io nol possa vetare:
Non potrebbe al partir mio divetare,
Ma che io non te ami, non me pôi vetare. Ché ad Agramante il passo vôl vetare.
Vedome preso e non mi posso aitare;
Dapoi che venne quivi ad abitare;
Da gente negra se vede abitare.
Non vi potresti senza me abitare?
E poco avante io presi a dubitare
Avria promesso senza dubitare.
- Non pianger, non, - dicea - né dubitare,
Lo fece maggiormente dubitare.
De nostra casa debbiam dubitare.
Che io mi spaventi mai, non dubitare. Dicendo a lui: - Baron, non dubitare,
Vivo lo prenderò, non dubitare,
Lascia questo mestier: non dubitare,
Tema e vergogna il fanno dubitare.
Or non doveti, segnor, dubitare
Conviense al cavalliero esercitare.
Dove persone potea capitare,
Pensando ch'io te fo mal capitare,
Di voler la sua figlia maritare,
Che è sì canuto e vôlsi maritare,
Dio faccia che una volta meritare
E s'io volessi te remeritare,
Chi vôle odir l'istoria seguitare,
Conviensi quella voce seguitare,
Ma voglio nel presente seguitare
Ch'io voglio adesso agli altri seguitare,
La mia novella voglio seguitare,
La bella istoria, e voglio seguitare
Ché Brandimarte e lei fece invitare.
Alla sua mensa fece convitare
Non vale a Orlando il suo presto saltare;
Primeramente il campo ebbe assaltare;
Dire onta ad altri, e mai non l'ascoltare,
Che alcun di lor più non stava ascoltare,
Ma se verreti ancora ad ascoltare,
Serà più dilettosa ad ascoltare,
Dal gran piacer che io presi ad ascoltare;
Segnor, che seti stati ad ascoltare,
Poi oderiti stando ad ascoltare.
Che ogni om trasse intorno ad ascoltare.
Stavasi fermo e quieto ad ascoltare;
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273
Ma Feraguto non vôle ascoltare.
Lui per niente la volse ascoltare,
Che al manco in questo me vogli ascoltare.
Seti adunati sol per ascoltare,
Per questo se ebbe la dama a voltare,
Ma verso il cavallier se ebbe a voltare;
Verso de Orlando gli occhi ebbe a voltare,
La pietra che 'l verzier suolea voltare,
Poi ver Grifon se ne vene a voltare.
Non te vergogni le spalle voltare?
Così dicendo s'ebbe a rivoltare,
Iratamente se ebbe a rivoltare,
Subitamente se ebbe a rivoltare,
E prestamente se ebbe a rivoltare;
Ranaldo se ebbe indietro a rivoltare,
Credendolo a tal guisa rivoltare;
Pur li fece Agramante rivoltare;
E già le poppe voglion rivoltare,
Lui la zirafa non può rivoltare,
Come ella seppe al suo dolce cantare,
Perché se dice che ogni bel cantare
Che quella fata bianca ebbe a incantare,
E incanti incanta pur, se sa incantare,
Più nel presente non voglio cantare,
Così ancora io fin qui nel mio cantare
Finito è nel presente il mio cantare.
Dirovi a ponto in questo altro cantare.
Or non più adesso per questo cantare;
La cima per quel modo ebbe a schiantare.
Dicendo: - Ben di me ti pôi vantare,
S'io non me inganno, doveti amentare
Che stava alla fontana a lamentare,
Del suo crudele amore a lamentare.
Ove se batte e stasse a lamentare.
Quella cagion che te fa lamentare. E colei vide, che odìa lamentare,
E al suo Macone starsi a lamentare.
Sopra alla ripa stassi a lamentare:
Chi l'avesse veduta lamentare
Lascia me solo adunque lamentare.
Facendo sì diverso lamentare
Ed altro ancora nel suo lamentare;
Né può quel che sognava ramentare.
Io credea che 'l dovesti ramentare,
Chi gli potrebbe tutti ramentare?
Che fa l'omo per forza adormentare;
Nella fresca ombra s'ebbe adormentare.
Avanti a lui se debba appresentare;
La sera istessa il fece appresentare
Non me potrebbe al tutto contentare,
E fa il parone ardito paventare.
Non se ebbe di tal cosa a spaventare,
Ma ciò non puote quel re spaventare,
E lascite alla morte spaventare?
Qual potesse Gradasso ispaventare;
Io credo per tal modo spaventare,
Dovesse per suo esempio spaventare
E nomi tutti non te vo' contare;
Il nome de ciascun vi vo' contare.
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274
La gran battaglia ch'io vi vo' contare.
Molti altri ancora che io non vo' contare,
Sopra alla lira, perch'io vo' contare
La qual per arte, come ebbe a contare,
De Almonte e de Troian, che hai a contare,
Rugiero adunque, come ebbi a contare,
Ma l'altra, di cui mo vi ebbi a contare,
Che assai di lui avrò poi a contare:
Né con qual modo lo sapria contare.»
L'altro bravare io non puotria contare,
Ora tornamo de Astolfo a contare,
Come alla giostra poi ve avrò a contare.
Ciascuna ha sua fortuna a racontare;
Il nome e le provenze a racontare,
Quando a Biserta io presi a racontare
Però che li voleva racontare,
Non credo che bisogni racontare,
Disse: - D'ognor che senti racontare
Quanto di sopra odesti racontare.
Ché se mai prove odesti racontare
(Non so se mai lo odisti racontare),
Che perder non vo' tempo al racontare;
Or vogliovi de Orlando racontare,
E più di core, odendo racontare
Già molte volte odito ho racontare
Quando Ranaldo odìa ciò racontare,
De Balisardo voglio racontare,
Chi potrebbe il tumulto racontare
Vi vo' ne l'altro canto racontare.
Come io vi voglio a ponto racontare.
Volendo il fatto aponto racontare;
Bisognarebbe a questo racontare,
Non l'avrebbon saputo racontare,
Come di sopra odesti raccontare,
Qual forse questo gli debbe contare,
Sì come io vi ebbi avanti a ricontare.
Che altro tempo bisogna al ricontare.
Or chi saprebbe a ponto ricontare
Ed altro ch'io non curo arricontare;
Che nol cognoschi e nol possi contare,
Ma non se ponno in tal modo contare,
Una novella te voglio contare,
In questo tempo ti voglio contare
Io di me stesso ti voglio contare,
De le tre zuffe, vi voglio contare.
Or de l'altre arme vi voglio contare.
Come a bell'agio vi vorò contare,
Sì come apresso vi vorò contare;
Ben presto il tutto vi vorò contare;
Male novelle vi sazo contare,
E gli altri tutti, senza più contare,
Non so, segnor, se odisti più contare
Prese Baiardo, e su vi ebbe a montare;
E prestamente su vi ebbe a montare,
Non vi crediati che voglia montare;
Ma come venne Baiardo a montare,
Ad ogni modo in cima vôl montare,
A lui se accosta, e, volendo montare,
Il loco a ponto ove abbino a smontare.
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Ché, stu li lasci a terra dismontare,
Pregando che volesse dismontare;
Ché, come in terra vogli dismontare,
Or se tornano insieme ad afrontare,
E il gran gigante viene ad afrontare.
Volta ad Orilo e vallo ad afrontare;
Poi che Sobrin non lo osa ad affrontare,
Mostrò maggior prodezza allo affrontare;
Ché quivi non vale arte di notare,
Io gli ho provati: possote acertare
Che per re Carlo e Francia disertare
Che quasi prese il mondo a disertare:
Questo verzier potesse disertare;
Primo Gradasso voglio disertare,
A voler Carlo Mano disertare;
L'andarno dolcemente a confortare.
Onde cominciò il conte a confortare,
La dolorosa dama confortare;
Comincia 'l cavalliero a confortare:
Comincia il vecchio molto a confortare:
E tanto ben la seppe confortare,
Benché nol chiedi, io ti so confortare
Il tuo passaggio voglio sconfortare,
Con l'arte sua là giù si fe' portare,
Gran vittualia alla rocca portare:
Che a piede è mala cosa da portare.
L'arme cognobbe che suolea portare
Al scudo e a l'arme che suolea portare;
Col scudo de osso che suolea portare
Qual ciascadun di lor suolea portare.
Però che in Cipri convenea portare
A duo grifon nel cel si fa portare
Che via con seco la voglia portare,
Prega il paron che lo voglia portare
Ranaldo, poi che il vidde via portare
Veggendo Ricciardetto via portare.
Ed ha giurato mai non la portare
Le legne e l'acqua converrà portare.
Che via per l'aria te possa portare.
Dentro al Cataio se fece portare.
Il corpo di Grifon fece portare,
Una ambasciata a l'alto re portare,
Tutta la pena converrai portare;
Io non potrebbi mai già comportare,
E credi ch'io te 'l voglia comportare?
Non puote tal risposta comportare;
Or non doveva almanco comportare
Ma sopra a tutti nol può comportare
Che molta pena ti farò portare
Quante arme vôi, ti lasciarò portare;
La quale è d'oro, e suole esso portare.
Ché tal divisa altrui non può portare;
Che queste zanze possa supportare;
Or non se può se stesso supportare,
«Come te lasci a voglia trasportare!
Il qual nol volse con Baiardo urtare,
E il modo non avea da contrastare,
Con quei giganti prese a contrastare,
Ad uno ad un per giostra contrastare:
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276
Che a questa cosa debbi contrastare.
Se io solo a sette voglio contrastare.
Potrebbe a petto a uno omo contrastare,
Pose silenzio a questo contrastare;
Che il suo destrier li piaccia di prestare.
Né gli soffrendo lo animo di stare
E peggio assai mi parve alor di stare
Che 'l bon partito è de lasciargli stare. Ché a tal taglier non puon duo giotti stare,
Onde se pensa lui mo d'acquistare
Ma se lo vôle, esso il venga acquistare;
Sono in Ponente per fama acquistare.
Di perder lodo, o vergogna acquistare;
Questo libro la insegna ad acquistare,
Ché de ragione io l'ebbi ad acquistare,
Né il brando, né il corsier puote acquistare;
E se egli è meco, il cel voglio acquistare.
Ma prima Oringo dovea conquistare,
Quando Albarosa voglia conquistare.
Ché quella dama volìa conquistare,
E per la tua sorella conquistare:
Se destina la dama conquistare;
Per l'amor d'una dama conquistare,
Per forza se il destina conquistare.
Sin che abbi Trufaldino a conquistare;
Qual convenia per forza conquistare.
Che io non gli ardisca il viso de accostare.
E destinato è più non se accostare.
Di farli quel baston caro costare.
Se quella dama che là vedo stare
Dicea al re: - Per Dio, lasciànlo stare,
Onde destina di lasciarlo stare.
Se me vedesse qua nel campo stare
E comincia le schiere a sbarattare,
Quivi de intorno fo il bel sbarattare,
Tu te togliesti tal rogna a grattare.
Veder se pace se puote trattare;
Fanno quei Negri sì gran saettare,
Questo libretto voglilo accettare,
Lei fa Ranaldo alla terra gettare
Dentro d'un fiume tu debbi gettare,
Di questo loco me voglio gettare:
Così con lei poi se ebbe a dilettare.
Ma poco tempo bisogna aspettare,
Stassi Ranaldo Gradasso a aspettare.
Che poco longi il stava ad aspettare:
Ma già Brunel non ebbe ad aspettare,
Ma il re Sobrin non stette ad aspettare:
Disse: - Ancor, paccio, stai ad aspettare?
Ma noi ben siam più pacci ad aspettare
Ma, stando quivi in ocio ad aspettare,
Là dove io stava armato ad aspettare:
Non stette il giovanetto ad aspettare
Or pensati se il debbe aspettare,
Che sopra al campo osasse de aspettare;
Fugge ciascuno e nol vôle aspettare.
E come il vide alla fonte aspettare,
Che quella abraccia, e non puote aspettare;
Fra sé dicendo: «Or che voglio aspettare?
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A Dio siàti; io non voglio aspettare,
Ma troppo gli rencresce lo aspettare,
Or quanto gli rencresce lo aspettare,
Ma quel, che non volea ponto aspettare,
Che perse un gran piacer per aspettare.
E come gli altri il vol gioso buttare;
Che l'un con l'altro se debba aiutare,
Che certamente lo verrà aiutare.
Che vengon la donzella ad aiutare;
Ma Rugier presto venne ad aiutare,
Sol per venire Orlando ad aiutare.
Pur se destina in tutto de aiutare,
Diceva il conte - debbiame aiutare! E come il vecchio la volse aiutare;
Né vede modo a poterse aiutare,
Ed a lei disse: - Io te voglio aiutare,
Che non puoteva se stesso aiutare.
Ma se i compagni tuoi per aiutare
Che il suo viaggio si debba mutare.
Ché ogni granetto se ebbe a tramutare
Poi li fa tutti in bestie tramutare.
Chi fece il mondo, lo potrà mutare,
Quel cor tanto aspro ti convien mutare:
De la nostra bontade disputare;
Non m'avria fatto mai il brando cavare;
Spronando forte la facea levare,
Né piastra o scudo se volse levare;
L'arme ad Astolfo e quel caval levare.
Cotal vide il grifon sopra arivare.
Ma prima ancor che se possa arivare
Sente il Danese la folta arivare:
Come ebbe de improviso ad arivare,
Or Brandimarte quivi ebbe arivare,
E così stando, se vede arivare
Vedeno un giorno gran gente arivare.
Quando Marfisa lo sente arivare,
In Babilonia potrai arivare,
Or vanno insieme, e vengon a rivare
Eccoti quivi un medico arivare.
A questa sera non credo arivare;
Ch'in tal miseria mi vedo arivare,
Che d'altra parte vengono arivare,
Che sopra al campo vengono arivare,
Prima che io possa a quel campo arivare.
Ma, come gli altri il viddero arivare,
Ad un bel fiume vennero arivare,
Sopra de un fiume vennero arivare.
Che mai non vede l'ora de arrivare
Se in altre parte forse hai arrivare.
Ma se vôi il corpo e l'anima salvare,
- Tu m'hai voluto l'anima salvare,
Benché si creda non poter giovare,
E disse: - Certamente io vo' provare,
Quando altro avesse queste arme a provare:
Lui le lusenghe ancor volse provare,
E questa legge converrai provare,
Come al presente converrai provare.
(Colui l'ascolti che si vôl provare):
Che io te ho veduto in tal modo provare
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Che un'altra volta me voglio provare
Io certamente pur voglio provare
Di questa ove ora vado, per provare
Fuor de la terra lo venga a trovare,
Ma, come il conte gli andava a trovare,
E non poteva Angelica trovare;
E va con furia Ranaldo a trovare
E ben serebbe de girlo a trovare,
Ed ha diletto tal cosa trovare;
Venga questa aventura a ritrovare;
Dario di Persia il venne a ritrovare,
Poi Agricane vado a ritrovare,
E poi ne viene Astolfo a ritrovare:
Lei primamente lo sa ritrovare,
Che ce possiamo insieme ritrovare.
Se quivi se lasciasse ritrovare.
Né potendo sua gente ritrovare,
Ma lui giamai non puote ritrovare,
E versi più superbi ritrovare;
Purché Rugier si possi ritrovare;
Segnor, se voi potesti ritrovare
Che oggi dicesti colui ritrovare,
Ché vôl Ranaldo e Orlando ritrovare.
Poi non si puoté un altro ritrovare
Ma quel che cerca non può lui trovare.
Quell'alta rocca vi farò trovare,
Diceva: - S'altri non potrò trovare,
Ora è sparuto, e non si può trovare,
(Volendo, come io dico, riservare
La nostra usanza vi convien servare.
Tacito alquanto, senza colpezare
Benché lì non se possa baptizare,
E 'l conte in summa fece baptizare
Quivi donzelle stavano a danzare,
Stava Agramante in quel tempo a danzare
Sei volte ritornarno a quel danzare,
Qual di bontate ti possa avanzare:
Passa per Nubia, per tempo avanzare,
Altro non se ode che legni spezzare
Era coperto di veste legiadre.
Il re lo dimandò chi fu sua madre.
Condotto è Brandimarte avante al padre,
E sopra quella da mangiare e bere,
Onde alla ripa discese per bere;
Bevuto avendo, posese a giacere.
Ma sopra al letto stavasi a giacere.
Se io non te pongo con seco a giacere
Ma se impetro da te questo apiacere,
S'io pensassi morendo a te piacere,
Per far a mia sorella quel piacere.
Te prego che me vogli compiacere;
Che spesso me sturbò di gran piacere.
Come io gissi a pigliare un gran piacere;
Lui col piede la scocca a suo piacere,
E tornava dal fondo a suo piacere;
Che più son molto, sono a tuo piacere.
Diceva: - Cavalliero, al tuo piacere
Ti lasciarò di me prender piacere,
Non che di lei se speri aver piacere,
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279
Non ti farebbe adesso adispiacere,
Io non volevo alcun tuo dispiacere,
Ma quando quieto lo vide e tacere,
Ranaldo il vede giù del cel cadere;
Gli sono intorno per farlo cadere,
Ma non di manco pur fo per cadere,
Pensò che il cel dovesse giù cadere.
Poi nel suo loco ritorna a sedere.
Il conte entrato gli vede a sedere
Poi che ebbe detto, se pose a sedere
Né posson quel che voglion possedere;
Tutta la gente che l'ebbe a vedere,
Facean quel campo orribile a vedere;
Che, come spesso se potea vedere,
Che sia de gli altri, non potea vedere,
E già con gli occhi non volìa vedere
Indi partirsi ed andƒrli a vedere.
E se altrimenti ti desti a vedere,
Che qualunque era d'intorno a vedere,
Me ritornava sì ratto a vedere,
Che pietà me ne vien pur a vedere:
Perch'io voglio comprendere e vedere
Ma non so trovar modo né vedere
Questo giardino ancor potrai vedere.
E l'altre cose che non pôi vedere,
Egli è un mal gioco quel che vôi vedere!
Venga un di voi, e lasciasi vedere,
Né a torniamento per farsi vedere,
Che non gli giovarà lo antivedere;
Che mandi a tuorlo, ché lo vuol vedere.
Come se puote in Agrican vedere,
Quel che morendo mi convien vedere;
E, quando voglia il bel ramo vedere,
E, mal per qual che sia, farò vedere
Però che fu mandato a provedere
Né sa come a quel caso provedere;
Ora palese ben potrò vedere
Sopra di me ben l'ha fatto vedere,
E questa rete non si può vedere,
Io non sapria cantando far vedere
La bianca dama cominciava a ridere,
E insegnarotti in altro modo a ridere. Se omo del mondo me avesse a conquidere,
Lascia costui, ché non lo puoi conquidere,
Se in mille parte l'avesti a dividere,
Prima che quindi te possi dividere,
E` quella ove Ranaldo volse scendere
Chi offende quel che non si può deffendere.
E ben ne sapea lei la ragion rendere,
Né di Ranaldo lo volse reprendere,
Or, bei segnor, voi doveti comprendere
Non è stimato, datelo ad intendere,
La dama non sta già seco a contendere,
Orlando quivi la trovò contendere
La tua vergogna non si può nascondere:
Codardo e vile, or non ti dèi confondere
Va, trova lui, che ti potrà respondere,
Suonando tamburini e trombe e piffere,
De fina seta, ricamato a ziffere,
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280
De odor suavi e con acque odorifere;
E conducala via, mostrando fuggere,
Gli altri Rugiero attendano a destruggere.
Ridendo Astolfo con piacevol ciere
Di qua di là le lancie e le bandiere
Le insegne polverose e le bandiere,
Il nome de ciascuno e le bandiere
Già son spiegate tutte le bandiere,
Ed ha spiegato al vento le bandiere.
Con tante lancie e con tante bandiere
E tanti pavaglion, tante bandiere,
Che un bosco par di lancie e di bandiere.
Sotto a stendardi e segni di bandiere.
E dopo, dietro alle real bandiere,
Con targhe ed archi e lancie e con bandiere
Con cimeri alti e lancie e con bandiere.
Secondo che usciran le gente fiere
E 'l re de' Turchi e l'altre gente fiere,
Ma Serpentino a mezo il scudo il fiere,
Senza governo, on ordine de schiere,
Re Carlo Mano avea fatte le schiere
Che era afrontata insieme a belle schiere
Videro una gran gente a belle schiere,
Li Ungari, dico, armati a belle schiere,
Mostrando in vista più de mille schiere,
Verso Ostreliche se dricciƒr le schiere.
E quando insieme se incontrƒr le schiere
Vider cotanta gente e tante schiere
Poi che passar convien cotante schiere
E vien davanti a tutte le sue schiere.
Gli altri fan voti con molte preghiere,
E li dimanda con ogni preghiere
Tutta coperta di piastre e lamiere
Che fatto è capitan per lo imperiere,
Saettamenti e mangani e petriere.
Il re Agricane ha Baiardo il destriere
E lui getta per terra e il suo destriere.
Cridando Rodamonte in voce altiere
E dice contra Dio parole altiere
Ma quei baron dricciƒr le mente altiere,
Ché con li altrui non guarda volentiere,
Tre giorni con le notte tutte intiere
Mal va per quei che sono alle frontiere,
Ma il suo ti donerò ben voluntiere;
Or se comincia Tisbina a dolere,
Che non è ciò quel che mi fa dolere;
Ma tutti insieme sono de un volere:
Io pur far posso de voi il mio volere,
Poi che inteso abbiam noi vostro volere.
Mentre che ella braveggia a suo volere,
Ma sta suggetto ad ogni suo volere.
Io ti prometto che a ogni tuo volere
Ella rispose: - Io farò il tuo volere,
Direbbe altrui che fosser da temere
Voi non voliti mia forza temere,
Giù se callava senz'altro temere,
Ch'io farò sua persona rimanere
Ma il re di Garamanta, nella cenere
L'elmo avria rotto e trito come cenere,
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281
O vero un fongo che al fango se genere,
E quando a primavera l'erbe tenere
Come se schiazzan le nociole tenere,
Che una battaglia avrete a mantenere,
Qual voglia ciò con l'arme sostenere,
La desiata cosa ad ottenere,
Se non m'aveti il patto ad ottenere. Che tu me amassi cercai di ottenere,
Dice che quando il sol fia gionto a Venere,
Che questa cosa gli faccia asapere. Ma come Astolfo questo ebbe a sapere
Né lo sapea, né lo potea sapere.
Ma dimmi, se gli è licito a sapere:
Ché non giovarà forza né sapere,
Rispose lui, - da poi che il vôi sapere.
Per sue parole e suo poco sapere;
Ma sino ad ora te faccio sapere
Ch'è 'l re d'Algoco, ed ha molto sapere:
A quella dama fece poi assapere
Nulla la morte li facea al parere
Disse Rugier: - Non è solo un parere,
Così parlando il conte, al mio parere,
Da trenta insieme sono, al mio parere,
E disse lor: - Segnori, il mio parere
Far posso del destriero il mio parere.
Ma nova cosa che ebbe ad apparere,
Tra quella gente armata de apparere;
Più mai al mondo non voglio apparere,
Che a la tua vista pô chiaro apparere;
Ché voltano le legge a lor parere;
Che di star dritto non avea potere,
A far perir colui che ha tal potere!
Che de scampare apena ebbi il potere,
Ma di partirli ancor non ho potere.
Come io farò di corne al mio potere.
Quando la dama che ha tanto potere
Che avia nel mondo cotanto potere,
De fatti e de parole a suo potere,
Proferse a quelle aiuto a suo potere.
E che del brando farà suo potere;
Ma con ogni sua forza e suo potere
Contrasti ciascaduno al suo potere,
Non te ritrovi a mostrar tuo potere,
E ciascun de essi tocca a più potere.
Volta le spalle e fugge a più potere.
Ridendo Rodamonte a più potere
Come ciò scorse Orlando, a più potere
Spronando il buon destriero a più potere.
Che la credette in su la croppa avere;
Ché, dove il crede libertade avere,
E quasi in capo già sel crede avere.
Di questo un ramo mi conviene avere,
E me con seco ancor potrai avere;
Per pianger molto e per molti anni avere.
Ma se uno annel ch'io sazo, pôi avere,
Che pur quel voglion che non ponno avere,
Per una dama al suo talento avere,
Rimedio non si pote a questo avere;
E forse non sono anco per avere,
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282
E già non eran sue parole vere:
Dal muso al piè convien che tutto il livere:
Che lo sapesse a ponto ben descrivere.
Costui, che in ogni forma sapea vivere,
Le fibbie a l'elmo, e fatto tutto in polvere.
Sì sciolto il capo avria, senza dissolvere
E, se de astrologia l'arte son vere,
E 'l vincitor dipoi, come è dovere,
Ben gli ricorda ancor come è dovere
Sì come fa chi zanza oltra al dovere.
Ma sol me ne fuggiti oltra al dovere
Veggendo il colpo orrendo oltra al dovere,
Ma tu m'hai bene in odio oltra al dovere!
Io vo' provar ch'io feci il mio dovere. Ma se il bon cavallier fa el suo dovere
Da lor ti guarda, e farai tuo dovere.
La barba a sangue se gli vedea piovere,
Né cento boi l'avrian potuto movere.
Che dentro vi eran pruni e sterpi e rovere;
Qual par che tutto il mondo abbia a sorbire,
Per divorarli e il suo sangue sorbire.
Per veder ciò che al fine avesse a uscire.
Ma a l'opposita porta, ove hai a uscire,
E non sapendo mai di quella uscire,
Come lo vide il vecchio fuora uscire,
E poco manca che non possa uscire.
Convien chi ve entra, alla opposita uscire.
Eccoti un cervo de la selva uscire,
Volendo aponto della selva uscire,
Che fuor de un bel boschetto ebbe ad uscire,
Ché chiuso è dentro e non potrebbe uscire.
Ed a sua posta puotea entrare e uscire);
Ed entrar dentro, e conquistarlo, e uscire.
Quando vide de un bosco gente uscire,
Che ad ogni modo non se puote uscire
Però che un monstro, che non puote uscire,
Si vedea gente de gli arcioni uscire;
Ove ora entrasti, e non potresti uscire
Disse: - Segnor, io voglio un poco uscire,
E puote Orlando a suo diletto uscire;
E quando furno a ponto per uscire
Voi la sapeti e più non la vo' dire,
Acciò che intendi quel che ti vo' dire,
Or tanto è forte, e il perché ti vo' dire,
Sì che ascoltati quel che vi vo' dire,
De Orlando e Brandimarte vi vo' dire,
Ad uno ad uno e scontri vi vo' dire,
Ed altre cose assai che non vo' dire.
Ad ascoltar la zuffa che io vo' dire,
Or chi fosser costoro io vo' dire,
Basso alla orecchia li comincia a dire:
E tra li cavallier comincia a dire
Poi che io cominciai sua forma a dire,
Come altra fiata io t'ebbi ancora a dire;
Odiata assai, ma non se gli osa a dire;
Perché Marsilio gli mandava a dire
Anzi turbato cominciava a dire:
Questo e molt'altro il re Carlo ebbe a dire.
E credo che la cosa volea dire;
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283
Che il lor vantaggio poco viene a dire.
Molte altre cose assai gli sapea dire,
Con la sua Fiordelisa prese a dire:
Di lui fatta pietosa, prese a dire:
Verso di lui se afronta, e prese a dire:
Come 'l gigante il vide, prese a dire:
- Ben aggia Trivigante! - prese a dire
Ridendo quel baron li prese a dire:
Piangendo un suo scudier li prese a dire:
Il re Agrican ridendo prese a dire:
E Brandimarte al nano prese a dire:
E fuggendo al compagno prese a dire:
Oh se lei nel presente avesse a dire:
E duo baron, ma lei non potea dire,
Qual quella dama di cui vi ebbi a dire,
Ed incontrolli ciò che io vi ebbi a dire;
Sì come poco avante io vi ebbi a dire,
Sì come a l'altro canto io vi ebbi a dire,
Come ne l'altro canto io vi ebbi a dire,
Ché non può a Trufaldin sua voglia dire.
Che quel demonio non la sappia dire;
Ma a qual fine, alcun non sapria dire.
Più bello incontro non se potria dire:
E quella dama che me avesti a dire,
Poi di Ranaldo tornarovi a dire.
Che non poteva una parola dire,
Ch'io nol posso mostrar, né in rima dire.
Allora il conte a lei cominciò a dire:
Incontinenti gli cominciò a dire
Sì gran baruffa me apparecchio a dire,
Di lui poi molte cose avremo a dire;
Ma ciò riserbo in l'altro canto a dire.
Ciò me sentisti ben di sopra dire,
Ranaldo non lasciò più oltra dire,
Né per lo mondo mai se possa dire
O di qual altro più se possa dire,
In ogni cosa è presto ad obedire.
Abench'io voglia te sempre obedire,
Ch'io soglio comandar, non obedire.
Perché io so comandar, non obedire.
Fin che sei vivo debbilo obedire,
Acquetossi ciascun per obedire:
La notte ivi ebbe assai che fare e dire,
E tanto seppon confortare e dire,
Al re Agramante e non sapea che dire,
Ed avea de tal colpi assai che dire,
Or quivi non fu già molto che dire,
Sei destinato, non so più che dire,
E per vergogna non sa che se dire.
Non sa che fare alcun, né che se dire:
Lui, che più non sapea quel che se dire,
Or chi potrà la quinta parte dire
Che mai nel mondo più se odette dire.
Che, come sua partenza oditte dire,
Or l'una or l'altra con suave dire,
Giostrorno con Astolfo, e in breve dire
Caro mio figlio, or che debbo mai dire,
E so che certamente potrai dire,
Ed io contento son de l'obidire:
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284
Ora, Segnori, io non vi saprei dire
E in tante forme ch'io non saprei dire.
Dicea il Tartaro a lui: - Sapra'mi dire
Ad un ad un non voglio i colpi dire.
Ma nello effetto e' non sa che si dire.
Quando la dama intese così dire,
Quando Agramante intese così dire,
Chi sian costoro io vo' saperti dire -;
Onde lascia da parte l'altrui dire,
Piangeva Fiordelisa a cotal dire,
Qual non se commovesse a cotal dire;
Pensando Brandimarte a cotal dire,
Ché, quando è troppo, incresce ogni bel dire:
Lo prega e lo scongiura con bel dire
La littra è suggillata, e con bel dire
Ottenne per danari o per bel dire
Or Fiordelisa, interrompendo il dire,
Che ve fia gran diletto odendol dire.
Disse: - Vedi, Ranaldo, e' si suol dire,
Né per minaccie o per piacevol dire
Ciò sa la dama e ad altri nol vôl dire.
E vôl battaglia con chi lo vôl dire.
Né solo una parola potean dire,
E tanto ogniom di lor seppe ben dire,
Perché io te acerto e sazote ben dire
E certamente io non saprei ben dire
Ma Brandimarte seppe sì ben dire,
Ma non creder però per quel ben dire
Ma il modo e la maniera convien dire.
Pur ne la istoria il ver se convien dire:
Contro a mia voglia me vi convien dire
Or tutto il fatto me vi convien dire:
Allor se cominciarno e cridi a odire,
Impetra che quel vecchio voglia odire.
Ne l'altro avreti, se tornati a odire,
Se l'altro canto tornareti a odire.
Che con gran pena la puoteva odire.
Se vi piace, segnor, state ad odire
Quel che poi fece, tornati ad odire.
Che uccelli e fiere vennero ad odire:
Chi fosser queste, non lo odendo dire;
Da lor la verità potrebbe odire;
E ben da longe se potrebbe odire,
Voce non ode e non potrebbe odire,
Ma Brandimarte, che ha voglia de odire,
Per dar diletto a cui piace de odire.
Io me levai, ché me parve de odire
Qual quindi presso li parve de odire,
E se io sapessi così farme odire
Piacciati un poco mia ragione odire.
Un mio servente ti vuo' fare odire. Come aggia in cotal cosa fare, o dire,
Che al manco gli potessi io fare odire
Ma lui turbato mai nol volse odire.
Non so se Orlando il tutto puote odire,
E, senza più tenirvi in lungo dire,
De alta dolcezza, non saprebbi io dire;
Chi fu il maestro, non saprebbi io dire,
Né di Costanzo, non saprebbi io dire,
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285
Quanto gli increbbe, non potrebbi io dire.
Come era vago non potrebbi io dire,
L'una e poi l'altra zuffa voglio dire,
Or se 'l te piace, il modo pôi odire.
Disse: - Ciò prima ben sapevo io dire,
E ben son certo, se potessi odire,
Stative queti, se voleti odire
Come tornando potereti odire
Ne l'altro canto potereti odire
Ch'io smonto al piano, e ben te sazio dire
- De sue piacevolezze io voglio odire. Che apena se potrebbe il trono odire.
Venne alla zuffa, e senza troppo dire
Che ormai ve increscerebbe il troppo dire,
Cose più belle e vaghe per odire.
E passandosi via senz'altro dire,
Dicendo questo e volendo altro dire,
Seguendo, bei segnori, il nostro dire,
Se tu vien' tra costoro, io te so dire
Come le due davante, vi so dire;
E molti altri baron che non so dire;
Assai fu più che far ch'io non so dire.
Terribil tanto, ch'io nol posso dire.
- Forse per fama avrai sentito dire, De Angelica vi voglio alquanto dire;
Seguiva Galafron con questo dire
La grande occision non se può dire:
Non più di me, ché più non se può dire,
Con tanta furia quanta si può dire;
Ranaldo, non curando del suo dire,
E poi, con modo che io non sazo dire,
Un re gentile, accorto e pien d'ardire,
Ché nelle spalle non dimora ardire.
Che a questi spaventati dava ardire.
Vil cavallier fu questo e senza ardire,
Ma de venire a lui non ebbe ardire;
Forte cridando con voce de ardire:
Nobil di schiatta e famoso de ardire,
Ma tu comincia, se hai ponto de ardire:
E de nove baroni un tale ardire,
Se pur hai voglia di mostrare ardire,
Di entrar dentro alla zambra prese ardire,
Se lei non m'insegnasse o desse ardire,
E che egli aveva fermamente ardire
Come io vi dico, di forza e di ardire;
Ma non avea possanza e non ardire,
E' non avrian possanza e non ardire,
Ma là non vi val forza, e non ardire,
Venne in gran forza e di soperchio ardire,
Or non mi val la forza, né lo ardire
Lui tutto il senno dona, e lui lo ardire.
Perdesse ogni omo quel giorno lo ardire;
Per la qual più baron de summo ardire
Dicendo: - Cavallier, per troppo ardire
Che a misurare il celo han preso ardire
Del re Agricane il smisurato ardire,
Del duca Astolfo un smisurato ardire.
- Tu sei, figliolo, uno omo di alto ardire,
E nella gionta mostra molto ardire;
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Tutti li sfida e mostra molto ardire,
Ma ancor fuggendo mostra molto ardire.
Mosse con gran possanza e molto ardire
Sia chi si vôle, egli è de molto ardire.
Fu bon destriero e pien de molto ardire:
Il primo era un segnor di molto ardire,
Levato è il re Ballan con molto ardire,
E Bardarico, che ebbe tanto ardire?
Non serà cavallier di tanto ardire,
Ché non è cavallier di tanto ardire,
Eran duo cavallier di tanto ardire,
Qual fo tra gente di cotanto ardire,
- Ove son quei che avean cotanto ardire,
Diffendite se pôi, mostra tuo ardire,
Vincer voglio per forza e per ardire,
Ma non per senno, forza, o per ardire,
Io non mi credo mai di poter dire
Leggiadro e bello a più non poter dire.
Non fa le pietre, ma il suo piè stordire.
Or se 'l destina in tutto di stordire:
Né acconsentitte e non volse desdire.
Alla dimanda non seppe disdire,
E quando quella volesse disdire,
Ma pur non seppe a' soi colpi disdire.
Questo che io chiedo, non me lo disdire:
Facea de' fatti suoi molto più dire;
Arpe e leuti se poterno udire.
L'un dopo l'altro per terra fe' gire.
Ma io te acerto ch'io non me vuo' gire,
Ché questa notte pure ne vo' gire;
Né che me dica dove io debba gire;
E Brandimarte, in prima volea gire;
E verso del caval se pone a gire;
E verso quel romor ne prese a gire,
E verso il verde bosco prese a gire.
Con gli altri verso il sasso prese a gire,
Che ad alcun modo non ne potea gire;
Né l'un né l'altro avante puotea gire.
Or sopra al vento scalcie le fa gire,
Quella passarno, e cominciarno a gire
Gradasso con Rugier presero a gire
Seco non volse Orlando allora gire,
Ma già da banda se lasciava gire,
Che in altra parte ne dovesse gire,
Guardasi intorno e non sa dove gire,
Partisse, e tutti gli altri fie' fuggire.
Volta le spalle, e comincia a fuggire.
Tenne quell'altra, che volea fuggire,
E per le schiere se pone a fuggire,
Con tal proposto se pone a fuggire,
Che stava fermo e non sapea fuggire.
- Aiuto! aiuto! - e poi prese a fuggire;
Trasse via il resto e posese a fuggire.
Pallido in faccia se pose a fuggire,
Fuor della porta se pose a fuggire;
Subitamente se pose a fuggire,
E vergognato se prendi a fuggire.
Fu a questo tratto de' primi a fuggire.
Per tutto il mondo non voria fuggire. -
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Tutta turbosse e posesi a fuggire.
Uscì cridando e posesi a fuggire;
Di potere altra volta via fuggire;
E Trufaldin, che fo il primo a fuggire.
Il capitano fo il primo a fuggire,
- Ché oramai questo non puotrà fuggire.
Poi che sua gente sì vede fuggire;
Come suoleva, correre e fuggire;
- Ahi franco cavalier, non me fuggire!
Non valerà diffesa, né fuggire,
Vede Agricane sua gente fuggire,
Forse credesti la morte fuggire:
Angelica destina di fuggire;
Subitamente, e mostra di fuggire;
Ad ogni modo de quindi fuggire;
Per la più parte se derno al fuggire.
Ora son pochi, e ciascun vôl fuggire.
E il bon Turpin, che vede ogni om fuggire,
Tale è Agricane, che convien fuggire,
E destinati son de non fuggire.
Non te vergogni a tal modo fuggire?
Ed a lui disse: - Io non soglio fuggire,
Che l'un sapea cacciar, l'altro fuggire:
Né diffender se può, né può fuggire;
Diffender non si può, né può fuggire,
E gionta è in loco che non può fuggire;
Deh tempra il strabuccato tuo fuggire!
Non so se per voltarli o per fuggire.
Che mai bastasse di poter fuggire,
Perché a quel fondo altrui non suol mai gire.
Con essa ove te piace ne puoi gire,
Fu ogniom securo al ritornare e al gire.
Qua più non ne dirò, lasciatel gire,
Ché un cervo al verde prato vedean gire
Ma con molta ventura convien gire.
Onde anco a voi là giuso convien gire,
Il convenirgli da Prasildo gire:
Per compiacerlo al fine il lasciò gire;
Poi verso il cel tanto alto il lascio gire,
Lascia sopra a Ranaldo un colpo gire
Ed in persona volse al campo gire,
Ma tramortito a terra il farò gire.»
Lasciollo Balisardo alquanto gire,
Quando vide il destrier sì presto gire;
E lasciòl possa a suo diletto gire.
Di là dal mare io vo' soletto gire,
Ma per la pressa avanti non può gire,
Che l'aria non potrebbe tra lor gire;
Ché avea quel vecchio sì spesso a salire
Che non che alcun destrier possa salire,
Lì su senza ale non si può salire.
Ma già non puote al suo destrier salire,
Che nella selva ti venne assalire,
Quanto può una saetta in su salire;
Per farlo sotto il lago sepelire.
Tutti son morti, e non potria fallire;
Anci cognoscon ben, senza fallire,
E destinò nel cor senza fallire
E da tre volte in su, senza fallire,
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Non puote a cortesia giamai fallire.
Il conte nulla pensa a quel fallire,
Le vostre gente han fatto un gran fallire.
Non se copre per questo il mio fallire.
Or ira, or sdegno m'han fatto fallire;
Da lo abaglio de' cani e dal fremire
La mala bestia il brando ebbe a gremire:
Facean la terra e il cel tutto stremire,
Non val coperta, né arme, né scrimire?
Le usate offese e l'arte del scrimire.
Già tutto il bosco si sentia stromire
Tanto par che ciascuno attento mire.
E non crediati poi ch'el stia a dormire;
E perse il cervo e posese a dormire;
Sopra alle fronde se pose a dormire;
E sotto a quello se pose a dormire,
Né il pro' Ranaldo si stette a dormire,
Io d'altra parte non stavo a dormire,
E non poteva la notte dormire,
Non mi lasciò questa notte dormire,
Per la dolcezza convenian dormire.
Io la farò per incanto dormire,
- Su, - disse ella - baron! Non più dormire,
L'un dente contra a l'altro screcienire.
Ciascun de' suoi ben lo volea tenire,
Perché già più non lo potea tenire;
Sol con parole si puotea tenire:
Che me possiati a forza retenire;
E benché il re il volesse retenire,
Che se sapesti tal gente tenire,
Questo destrier potrebbe ritenire
Carlo si forza assai de il ritenire:
Che questa rocca ha preso a mantenire.
Per la sua fede e legge mantenire,
Pur sua promessa volse mantenire;
E sol se avanta il campo mantenire
Contra ad ogni altro il campo mantenire.
Facesse alquanto il campo mantenire,
Più non se puote Astolfo contenire,
Rispose averlo e volerlo tenire;
Quanto se puote in zuffa sostenire;
Non puote il re più oltra sostenire,
Omo non è che possa sostenire
Qual gli potesse entrambi sostenire:
Ma volean tutto il mondo sostenire?
Non potendo l'un l'altro sostenire.
Né quasi in piedi se può sostenire;
Io non me posso ormai più sostenire:
Quel non se puote alor più sostenire,
Angelica per moglie di ottenire:
Oggi è quel giorno, o mai non de' venire. Annunziando quel che die' venire.
Però sì gran brigata fie' venire,
Con te ne l'altro mondo io vo' venire,
Grandine e pioggia comincia a venire,
Né più in ponente mai debba venire. Al suo german che a lei debba venire,
Quale è Orlando di voi, debba venire;
Ed a Torindo alla rocca venire;
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L'una era al lago, l'altra ebbe a venire.
Con Folderico insieme ebbe a venire.
Lui per vergogna ciò crede avenire,
Chi senza maglia si vedea venire,
E che ella seco ne volea venire,
Fraude e Fatica a quella fa venire.
Se 'l re Gradasso non se fa venire.
Torindo questa gente fa venire,
Per domatina alla zuffa venire;
E voglio che ciascun debbia venire,
E lui vôl meco a battaglia venire.
Pur che con meco non voglia venire. Gli altri, temendo quel che può avenire,
Facendo Ordauro sotterra venire,
E facesse Ranaldo qua venire,
Ma quando non ve piaccia de venire
Ora Grifon, che lo vidde venire,
Quando Aquilante lo vidde venire,
Rugier da longi lo vidde venire;
Come e due cavallier vidde venire,
Il re Gradasso lo vede venire,
Quando Ballano la vide venire,
Quando la gente gli vide venire,
Ma quella dama, che 'l vide venire,
Il giovanetto, che il vide venire,
Ed ecco avanti lo vide venire,
Far qua Ranaldo inanti a me venire,
Ma, come quello il vede a sé venire,
Contra Ranaldo non volse venire;
Se sopra lui me dovesse venire. Meco legato converrai venire,
Che lo facesse alor quindi venire.
Al suo compagno volea rivenire;
Fu quella che ti fece qui venire.
Il re fa incontinente qui venire
Disse il gigante, veggendol venire:
De le gran cose che dovean venire,
Pur disse al ladro: - Il te convien venire
Col suo bordone in man vedon venire.
Restassi per destrier di non venire,
Quel giovanetto e quel ladron venire,
Assai fia meglio con meco venire
E perché io voglio con teco venire
Voglio esser morto per vosco venire. Teco in Europa ne voglio venire.
Or vanne tu, ch'io non voglio venire,
E poi che vede il Tartaro venire,
E fece un ribaldello entro venire,
Toccami il core e fammi sovenire
Mala ventura te ha fatto venire,
A quel giardino soletto venire,
Ma se me prometteti far venire
Gran schiere sopra a lor vidder venire,
Quando ella vidde il cavallier venire,
Come lei vide il cavallier venire,
Che penarà tre giorni a giù venire. Non voglio in vostra corte più venire.
Par che 'l cel cada e 'l mondo abbia a finire.
Poi che la cena comincia a finire,
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Sin che quello ebbe sua vita a finire;
Ma sua battaglia destina finire.
Che sua ventura destina finire,
Ché in queste voce estreme aggio a finire
E di poi presto mia vita finire!
Vedere un vecchio la vita finire?
Cominciar non saprebbi io né finire.
Rimase la battaglia a diffinire.
Ed a gran pena la lasciò finire,
A gran fatica lo lasciò finire.
E prestamente se fece guarnire.
Già non bisogna tempo a lei guarnire,
Or che potrà Zambardo ben guarnire?
Che de queste armi ti voglio guarnire,
Onde si cominciava a disguarnire.
Già meglio se comincia a discernire
E cominciò l'un l'altro a discernire,
Ma che sia in mezzo non pô discernire.
Che 'l patre e gli altri fece seco unire.
Qual, come merti, ti farà punire. Là dove l'altra volta ebbe a colpire.
Che una sol volta lo possa colpire.
L'altro ancor getta, e nol puote colpire.
La fiera mossa e l'aspero colpire.
E l'aspro scontro, e il diverso colpire,
Così son essi, ed era il suo colpire:
Che Amor non possa ogni cosa compire!
Anci tornare a dietro, per chiarire
Perché non ponno al giorno comparire,
Di quella cosa che abbia ad apparire;
Ma nova cosa che ebbe ad apparire,
Ma nova cosa che ebbe ad apparire,
Ora comincia Orilo ad apparire,
E cominciava il giorno ad apparire;
Il mar cominciò negro ad apparire,
Dentro a quel lago che vedi apparire,
Eccoti un cavalliero ivi apparire
Una gran gente viddero apparire,
Come Ranaldo viddero apparire,
Gionto è tra nostri, e comincia a ferire;
Su vola spesso, e giù torna a ferire;
Or l'uno or l'altro l'ha sempre a ferire.
Ma con la spada quel corse a ferire.
Colei ne è gita, che ci fa ferire:
E furiosi tornansi a ferire.
Stanno d'intorno Ranaldo a ferire;
- Da me ti guarda! - e vennelo a ferire.
Se cominciarno l'un l'altro a ferire.
E cominciorno l'un l'altro a ferire.
Che in altra parte avea preso a ferire.
Ma non per tanto lascia de ferire;
E apena se ritenne de ferire;
Esso non resta intorno de ferire,
Volendo questa guerra differire.
Or la vôl fare, ora la vôl differire;
Tanto quella convengo differire
Ma nel presente io voglio differire
Né già puote la dama sofferire
A lo ascoltar non puote sofferire.
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291
E la donzella non può sofferire,
Villanamente ardito ha di ferire? Restarno, per vergogna, di ferire,
In altra parte mostra di ferire,
Che ad ambe man non resta di ferire,
Mai non se arestò il conte di ferire;
Così tornarno e baroni al ferire,
Che mai più non sentisti un tal ferire:
De Orlando, proprio al contro del ferire.
Tanto eran presti e scorti nel ferire,
Ed anco io l'ho compreso a quel ferire,
Quando il gigante vide quel ferire,
E il rumore è sì grande ed il ferire
Aspetta il colpo di quel gran ferire;
E colpi dispietati, il gran ferire;
A veder questi duo sì ben ferire;
E non lo volse de brando ferire,
L'aspra battaglia e l'orrendo ferire
E l'uno e l'altro a sì crudo ferire,
L'aspre percosse e il lor crudo ferire.
Qual sappia de noi duo meglio ferire. Sì che nol puote a quel colpo ferire.
Marfisa li comincia a proferire
Qual gli ebbe la donzella a proferire,
Ranaldo e Astolfo s'ebbe a proferire
Qual per compagna se ebbe a proferire,
Io stesso mi verrebbi a proferire,
Come io posso in voce proferire,
E' non sapea parole proferire,
La ringraziarno di tal proferire,
Chi te sforzava de quel proferire
Né posso farti un lungo proferire,
Che le passate, e de un altro ferire,
E colpi orrendi e diverso ferire,
Con quel suoleva altrui spesso ferire.
Fra sé dicendo: «Io nol posso ferire,
In ogni canto, e non si può ferire,
Non avea indugia o sosta il lor ferire,
E colpi ad un ad uno e il lor ferire,
Perché il baron che io ho detto, abbia a perire,
Sin che non veda Angelica perire,
Sin che non vede Angelica perire
Ché vôl vedere Angelica perire.
Per non far seco Angelica perire.
Per non far seco la dama perire;
Deh non lasciar questa anima perire!
Ad ogni modo ci farà perire;
Per le man de omo almen possa perire,
Se la Cristianità debbe perire,
Qual non convenga a quel ponte perire.
E dame e cavallier farai perire,
In questa fonte vi convien perire,
E converravi in tutto al fin perire.
Servendo poi, fa il guidardon perire.
Di far con seco Ranaldo perire:
E vôl quel giorno vincere, o perire.
Dico che siamo a l'ultimo perire,
Però che, se nol fa il monstro perire,
Facendo un cavallier de amor perire,
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292
Parte del ramo qui convienci offrire,
Ma Dio lo sa ch'io non puote' soffrire
Ogni doglia, ogni affanno vo' soffrire,
La pena che ogni Santo ebbe a soffrire:
Di starsi in loco non potea soffrire;
Ma Brandimarte non puote soffrire
Potrai tu forse con gli occhi soffrire
Come tanta vergogna pôi soffrire
Cristian né Saracin potean soffrire,
A benché molti non potean soffrire,
Ma nella mente non posso soffrire
Disse: - Madama, io non posso soffrire
E de allegrezza sé non può soffrire.
Fugge ciascuno e non lo può soffrire.
Ché sempre perle getta nel fiorire,
E tutta in faccia se ebbe a scolorire,
Chi morir può onorato, die' morire;
Che io non vi parli, s'io non vo' morire,
Ed io con seco al campo vo' morire.
Più della mia! Che mo torria a morire,
O tutti insieme in Albraca morire.
Ed alti cridi e pianti da morire.
Per la vergogna se credea morire,
E di paura se credea morire,
La dama di dolor volea morire;
E prima di dolor volea morire,
Che tu sei posto più volte a morire,
Il sir de Montealban te fa morire:
Che poi con meco al fin te fa morire?
Batteli a terra e non gli fa morire,
Quella promessa che mi fa morire;
Né vôl ch'io campa, e non mi fa morire,
Tutta la gente intorno fa morire;
Che par che di dolor voglia morire.
Ma crudelmente convenia morire.
Che per te solo io non voria morire.
Portò la dama per farla morire:
E se pur oggi aveti ambo a morire,
E due persone menano a morire.
Che d'una e da altra parte hanno a morire?
E tutti quanti ce farà morire,
Ma tua superbia ti farà morire. Sin che l'un l'altro non farà morire.
E me lasciati misera morire,
Che in poco de ora converrà morire.
Se tu me lasci a tal guisa morire,
Che, per camparmi, lui possa morire.
E se mentisse, voleva morire,
Poi che egli ha detto che 'l debbe morire.
Ma presto il conte la fece morire
Di tante ponte, che il fece morire;
Allor che il re Agrican fece morire;
In poco d'ora lo fece morire.
Questo avea tanta tema de morire,
Ben se credette alora de morire;
Ed in quel prato è forza de morire.
Quando il barone lo vide morire,
Sin che vinca la prova, o de morire.
Per quel gran colpo a risco de morire;
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De trargli di prigione, o de morire.
Avermi posto a rischio de morire,
Ed era stato al rischio de morire;
Non se curava ponto de morire.
Io son contento al tutto de morire,
Però fan gli altri di fame morire,
O qua rinchiuso di fame morire.
O in questo prato di fame morire. Matina e sera di farne morire,
Se non voleti al presente morire,
Che d'allegrezza si sente morire.
Seco di doglia credette morire;
Della gran doglia credette morire.
Che di spavento credette morire;
E tu per guidardon me fai morire!
Ma se al presente me farai morire,
Credette un'altra volta di morire,
E con arisco grande di morire;
Fu per fortuna a risco di morire,
Lo vide a quel gran rischio di morire,
Gionto era quasi al ponto di morire,
Perch'io mi sento senza lei morire,
E` di veder Ranaldo, e poi morire.
- T¢rnati adietro, se non vôi morire,
Veder quel franco re così morire.
Dicendo: - Ancor ch'io dovessi morire,
Ch'io me disfeci e credetti morire.
S'io ne dovessi ancor quivi morire;
A lui dicendo: - Io voglio anzi morire,
L'elmo scampò Ranaldo dal morire,
Che ben fu presso al ponto del morire.
Ché peggio assai è il strazio che il morire. La damigella prima vôl morire
Ma così stretti se credean morire.
Ché eran spezzati e non potean morire;
Dicea: - Figliolo, il te convien morire:
In ogni modo te convien morire,
E vede ben che li convien morire;
Pur lì di fame li convien morire.
In piccol tempo mi convien morire.
Ché incontinente ti convien morire. Ché in ogni modo ti convien morire. Che l'uno o l'altro qui convien morire.
Tu me vôi far nella pregion morire.
Di vendicarlo, o con seco morire.
Che non facesse Ranaldo morire.
O, questa impresa seguendo, morire.
E destinato de averme o morire,
Che a te bisogna vincere o morire. Anci destina o vincere o morire.
Ché ciascun vôle o vincere o morire.
- Segnor, - dicendo - io voglio anch'io morire
Che, stu ritorni a me, poss'io morire,
Che in sua presenzia lo faccio morire?
Che così armato se lasciò morire. Ma per vergogna non voglio morire.
Poi ch'io non posso, ancor col mio morire,
Che destinato è di farlo morire.
Sappiasi certo di farlo morire.
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Qual gli era sopra per farlo morire.
Che sia il demonio, per farlo morire,
De incerco a Carlo per farlo morire;
Quel che tanto amo vederlo morire.
Quasi condutto a l'ultimo morire.
Tutti li fece in quel giorno morire;
Ma ben diceva: - Io te farò morire,
Per lui dovessi in tormento morire!
Essa ha proposto più presto morire.
E tutti quanti gli ha fatto morire;
Gettarse in mare ed al tutto morire.
Né 'l tempo gionto ancora al suo morire,
Per questo il conte avanti al suo morire,
Né il breve tempo sa del suo morire.
Che di se stessa, né del suo morire,
Poi che a diman s'indugia il tuo morire,
Che se credean l'un l'altro far morire.
La dama dice de voler morire
- Cavallier franco, non voler morire.
Che volentier vorian poter morire.
Né la temenza di dover morire
Più son contento di dover morire,
(E non ne trago il mio dover morire),
Convienti esser pregione, o ver morire.
Facea d'intorno a sé la folta aprire,
Eccoti odirno quella porta aprire,
Dice al Danese che non vôle aprire,
Potresti quella pietra fare aprire,
Né già dimostra di volere aprire;
E che la terra se volesse aprire.
Né senza gran romor se puote aprire.
Dicendo: - Questa converrai aprire,
Mover li vede il collo e 'l becco aprire,
Volse la sepoltura un poco aprire,
Che alla pregion la porta fanno aprire.
Poi de improviso questo libro aprire,
A te bisogna quel sepolcro aprire,
Che in zanze false non se sa coprire,
Forse ch'io credo tacendo coprire
Gli viene incontra e comincia a nitrire.
Ch'era nel prato, cominciò a nitrire;
Essi de frutti se sanno nutrire
E cominciava il celo ad oscurire:
E cominciosse il celo ad oscurire,
Onde a un merlo se affaccia e dice: - Sire,
Sempre sognando stava in quel desire.
E pigliarò con seco il mio desire.»
Ché di posarse avea molto desire.
E cavallier, che avean molto desire
Però che ogni sua voglia e suo desire
E prega lei per ogni suo desire,
Che forse de altra non hai più desire:
E, vòlto a Sacripante, disse: - Sire,
E forte singiottendo disse: - Sire,
E tanta zoia sentì e tal disire,
Ch'io possa contentar questo disire,
Qual cercava Rugiero, il suo disire;
E destinò tra sé quel franco sire
Che è presso alla città di Damosire,
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Altro non se ode che nave strusire
Né alcuno ardiva ponto de cetire;
Ben vi è chi il niega, ed ha questi a mentire,
Anci più dice, perché sa mentire.
Che poi lo gettarò senza mentire. Nova maniera al mondo è di mentire,
Ove ène il tuo signor? Non mi mentire! Lui non era di quelli, a non mentire,
Tutti erano ladroni, a non mentire.
Era tanto alta, e i fatti a non mentire,
Quivi erano ritratti a non mentire;
Che per l'uno e per l'altro, a non mentire,
Come colui ch'è preso, a non mentire.
Gran periglio ha portato, a non mentire;
Ma guarda, stu prometti, non mentire;
Che ne farebbe Angelica pentire;
Se converrà di tal cosa pentire,
Ma ben mi spero fartene pentire.
Che di tua gionta ti farò pentire. Ma te con il segnor farò pentire,
Più de una arcata se puotea sentire
Ma nella fin tal dolce ebbi a sentire,
Né mai nel mondo se puotrà sentire
Da poi Tisbina se ebbe a resentire,
E come prima venne a resentire,
Ma, stando attento, mostra di sentire.
E pauroso se ebbe a risentire;
Però un bel fatto potreti sentire,
Come di sopra potesti sentire.
- Se tu me ami, baron, famel sentire!
E parve alla dimanda consentire.
Che alla voglia del patre consentire.
Quel che abbia a fare, io non posso sentire,
Che la sorella non vôle assentire;
Non se ebbe il cavalliero a sbigotire;
Fe' lui con gli altri insieme sbigotire.
Che te farò sì forte sbigotire,
E chi desidra gli altri sbigotire,
Ch'io non ne sentirei mità martìre.
Brandimarte la trasse di martìre,
Questa gran doglia avanza ogni martìre.
Qual, veggendo costui in tal martìre,
E- morto al campo, e sta con tal martìre
Ma il prete uscì de arcion con tal martìre,
Quale han campata da crudel martìre,
Che la citade pone a gran martìre. Pel colpo recevuto a gran martìre,
E benché ne sentisse gran martìre,
E se pur, vinta dal longo martìre,
Con cruda morte il lungo mio martìre.
Tuorli la pena di tanto martìre. Qual soffrea per amor tanto martìre,
Non sentiresti mo questo martìre.
Se dalla guardia sua non se ha a partire.
O vinca, o perda, poi me abbia a partire,
Con la sua dama si volea partire,
Ché Bradamante gli venne a partire,
Più fiate volse la zuffa partire:
Il qual, veggendo la dama partire,
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Ch'e duo giganti il vetano a partire.
Ma quella notte se ebbero a partire,
- O tu, o io si converrà partire,
Ma, parendo già tempo de partire,
Allor che il conte convenne partire?
Di Babilonia se volse partire,
Che starai nosco e non vorai partire.
Che non vi serìa forza a dipartire.
E però ti consiglio a dipartire,
Né vi era chi potesse dipartire
Ma de volerse quindi dipartire
Il conte li ricorda il dipartire.
Per questo tempo adesso il dipartire;
E di fare Agricane indi partire,
Veggendo tutti gli altri indi partire,
Salvo de non potersi indi partire
Che non ci dava tempo di partire.
Ma lui se è destinato di partire,
Io non mi posso dal cor dipartire
Disse la dama nel lor dipartire:
Fatto èi pregione, e non te poi partire. Come tu vedi, non te pôi partire:
Di farli a doglia ed onta ripartire;
Egli ha giurato mai non si partire
Né più di qui ti potresti partire,
Prima che alcun parlasse del partire,
Eron là presi, e non potean partire.
Ma ben la compagnia voglion partire,
Io domatina mi voglio partire,
Sol di Parigio mi voglio partire,
Che da quel lago lo ferno partire.
E fa pensier, se non se pô partire,
Se tu non torni, io te farò partire
Che se convenne subito partire,
Se non che presto non si può partire;
Che chi le vede, mai non può partire,
E quando non ti vogli pur partire,
Occultamente se ebbe a dispartire,
Che l'avea fatto de là su partire;
Che lo possa a sua fede convertire.
Che sanno il bianco in nero convertire.
E a nova guisa m'ebbi a rivestire.
Tutto è niente a quel ch'io vo' seguire.
Finito è un canto, e l'altro io vo' seguire,
Sempre cridando l'aveva a seguire:
E tutto il fatto, come ebbe a seguire.
Ed altre cose assai volea seguire,
Come io vi conto, e più volea seguire;
E così a piede se il pone a seguire
Senza altro dubbio se il pone a seguire.
Subitamente la prese a seguire,
Il conte Orlando la prese a seguire,
Dietro alla fata se pose a seguire,
Nostro camino se pose a seguire.
Subitamente se 'l pose a seguire.
Onde correndo se 'l pose a seguire.
E poi di novo se il pose a seguire;
Con la ziraffa se messe a seguire,
Acciò che Ordauro gli avesse a seguire.
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E già Ranaldo non puotea seguire,
Dietro Ranaldo se 'l mette a seguire,
Ché, se io voglio la dama mia seguire,
- Per Dio! - dicendo - lasciala seguire,
Lascia, per Dio! ch'io la possa seguire. Perché alcun altro non possa seguire.
Contenta son più tarda a te seguire.
Ranaldo se 'l destina di seguire,
- Camina avanti, ogniom ti vôl seguire. Che in ogni forma Orlando vôl seguire.
Ciò che a Dio piace se convien seguire;
Ma dove io vi lasciai, voglio seguire,
Or questa cosa vi voglio seguire,
Come era fatto vi voglio seguire.
Ma ben del conte vi saprò seguire,
Che senza aiuto io non potrò seguire.
Ma prima se farà tanto seguire,
E chi volesse dietro a lor seguire,
Perché una dama il rimase a servire
Che d'una cosa la voglia servire.
In altro modo non sapria servire,
Come colui che ha voglia de servire,
Dissegli il conte: - Dama, a te servire
Se non volesti un giorno a lui servire.
Se non buttarli in occhio il ben servire.
Pur che lo possa a suo modo servire,
Ma chi è richiesto, e indugia il suo servire,
Lui pur rimase in casa per servire;
Quanto al vostro desio poter servire;
E, questo ditto, se ne venne al re
E l'ambasciata fece ben al re.
Pregar de amici e comandar del re.
Ma durò la battaglia poco d'ore,
Io sono apparecchiata a tutte l'ore,
Andando e ritornando a tutte l'ore
E` in tua possanza, e serà ancor quattr'ore.
Come nanti l'aurora, al primo albore,
Ché senza ardir son tutti e senza core.
E viver senza spirto e senza core,
Se in vista è vivo, vivo è senza core. Lo animo cresce e più se fa de core.
Non fosse al tutto sì crudo de core,
Come colui che vile era di core.
Non avea già de lui men pena al core,
Che fo nel fianco, assai vicina al core.
Che dona ingegno e sotigliezza al core.
E tanta fiamma li soggionse al core,
Onde ne prese gran disdegno al core,
Sì smisurato e sì nocivo al core,
Non può Ranaldo levarse del core.
Che questa doglia me levi del core,
Luce de gli occhi miei, spirto del core,
Né se può il conte Orlando trar del core.
Mostrare espressa la virtù del core,
Lui de altra parte ancor me avea nel core;
Che altra sembianza non avea nel core.
A chi nol sente e a cui non l'ha nel core.
E sì novo piacer gli entra nel core,
Contra al nemico che mi sta nel core!
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Sol la nova donzella gli è nel core;
Sempre li stava notte e dì nel core;
Orlando dentro se turbò nel core,
E prestamente immaginò nel core
Poi per la vista li passò nel core;
Ché, se io vi giongo presto, e' mi dà il core
Rispose Feraguto: - E' mi dà il core,
Tuor la luna dal cel giù mi dà il core,
Ma il conte, che a tal cosa non ha il core,
Se ben cambiasse per sua dama il core;
Io te trarò del petto fora il core,
A cominciarla mi spaventa il core:
Così a lui prese Italia vinta il core,
Provarli ad un ad un ben basta il core;
Ché di tenerlo non ti dava il core;
A tutti quanti sfavillava il core,
E per gran novità tremava il core.
Unde di doglia gli crepava il core.
Che sol di questo se allegrava il core.
Che agiaccia l'intelletto ed arde il core,
Ed èvi la ragion, però che il core
Li desviasse da ragione il core.
Ave perduto lo intelletto e il core.
Ora ad amar non può dricciare il core.
Che a' riguardanti fa tremare il core.
Per la gran doglia che gli gionse il core,
E tanta zelosia gli batte il core,
Come hanno tutt'e Portugesi il core;
Né gli bastando d'affrontarsi il core
De il petto a l'uno e a l'altro trassi il core.
Io non ardisco di donarti il core. Diceva a lui Costanzo: - Or datti il core,
Come perduto avessi proprio il core;
Que' duo, che insieme agionto aveano il core,
Potendo apalesar l'un l'altro il core;
E benché egli abbian sì focoso il core,
Con soi begli occhi gli ha passato il core.
Quel giovanetto m'ha ferito il core,
Come de il petto avesse tratto il core.
Da trar col guardo altrui di petto il core,
Tra' gli secreti insin de mezo il core.
Nostra persona e l'anima col core
Ché tu potrai venir con seco ancore,
Ché a questo fatto io non son gionto ancore,
Ma la sua gente, che ha per lui gran core,
Ma il conte avea più ardire e più gran core,
O se persona non li mette in core
Che porta nel stendardo verde un core.
Ora Tisbina con frigido core,
Così parlava meco nel mio core,
Che nel suo petto ascoso era il mio core.
Era cortese, il suo leggiadro core
E pensar ben doveti in vostro core
Onde la gente, che ha ripreso core,
Per Balisardo avean ripreso core,
Fanno allegrezza con zoioso core;
Lena bisogna ed animoso core. Re Sacripante, lo animoso core;
Mostrar palese il generoso core;
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Cangiosse tutto l'amoroso core.
A quel re morto con piatoso core,
Quale io sostengo a l'affannato core?
Da tornar lieto ogni affannato core.
Ma non ha il mondo così fatto core;
Chiunque in te spera con perfetto core,
Perché essa amava lui più che 'l suo core;
Non parte già la fiamma dal suo core,
Tutto il suo bene e vita del suo core;
Che gli avria dato parte del suo core.
Colei che tanto odiava nel suo core,
Ma lui tra sé pensava nel suo core
Per dar travaglia a Carlo imperadore.
La lancia arresta e sprona il corridore.
In quella parte volta il corridore;
Ciascadun se arma e monta il corridore.
Fuggendo via ne 'l porta il corridore
E, preso che ebbe l'armi e il corridore,
Voltò contra Aquilante il corridore,
Fo preso il cervo da un can corridore;
Siano qua l'arme e il mio bon corridore. Ma chi non ebbe destrier corridore,
Perché aveva il destrier più corridore;
Che tutta tremolava de splendore;
Che era de color d'oro allo splendore.
Una luce ne uscitte, uno splendore,
De bianche torze vi è molto splendore,
Tanta beltate avea, tanto splendore,
Qual rendeva là giù tanto splendore,
Biastemando chi 'l fece e 'l suo splendore.
Ed oscurava il sole il suo splendore,
Tutte le stelle, il celo e il suo splendore;
E non aspetta il giorno o il suo splendore,
E tanto me abagliò col suo splendore,
Troppo gentile e di suave odore,
Vin di bon gusto e di suave odore:
Usciva un fiato di suave odore.
Sopra ogni cosa, quel loco ha uno odore
Rame de aranci intorno a molto odore,
E rendeva quel loco un tanto odore,
Che avesse tanta pena e tale ardore,
Nel qual duo cavallier con tanto ardore
Di polvere era pieno e di sudore:
Sì come occiso fosse di tre ore;
Già contrastato avean più de cinque ore,
Quel possa uscire alla giostra di fore.
Tutte de acciaro, lo trarò di fore;
Credendola gettar del porton fore,
Perché versa più sangue il fianco fore;
Mentre che de se stesso è tutto fore,
Mescolata di ardire e de vigore;
E pone a radicarla ogni vigore,
Che 'l paladin, che avea tanto vigore,
Ché il sol callando perse il suo vigore,
Ma, poi che fu tornata in suo vigore,
Né vi valse sua forza, o suo vigore,
Veder che abbia più lena e più vigore.
Intro un bel prato adorno de fiore,
Perché ogni altro aspettare è rose e fiore.
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Con zigli e rose e con foglie di fiore.
Di rose e de viole e de ogni fiore
E li arboscelli adorna di bel fiore,
E riguardando Angelica, il bel fiore,
Non era giunto in sala ancor quel fiore,
Onde a ogni foglia si spiccava il fiore,
Lui di beltate e di prodezza è il fiore,
Qual di franchezza e di beltate è il fiore,
Che de ogni vigoria mantiene il fiore.
Ed ha con seco de' Cristiani il fiore;
Come tu sei de' cavallieri il fiore. Ché veramente son de gli altri il fiore.
Di tutto il mondo pôi chiamarti il fiore."
Ma de lor tutti è pur Ranaldo il fiore;
Della Cristianitate erano il fiore,
Anci lo adorna come un prato il fiore;
Ché di sua casa n'avea tratto il fiore.
E da ciascuna pianta e ciascun fiore
Come Rugier, che fu nel mondo un fiore,
Se abatteno, e la rosa e il bianco fiore;
Or se incomincia la zuffa maggiore.
E sempre cresce la zuffa maggiore,
Che la saetta de 'l tron non l'ha maggiore.
Che a pena il sole al giorno l'ha maggiore.
Qual forse non fu mai, né fia maggiore.
E la mia doglia poi saria maggiore,
Né vi so iudicar qual sia maggiore,
Mai non fo vista una bestia maggiore.
La più stupenda guerra e la maggiore
Che mai fu fatta al mondo la maggiore.
Più sangue perde ed ha pena maggiore:
Non aggia morte, ma pena maggiore.
Ché non è al mondo vergogna maggiore
Da l'altra parte è la pugna maggiore
Tra le balene vi era una maggiore,
Alto da terra, perché era maggiore,
Ma ben ti prego che in cosa maggiore
Odeti se mai fu cosa maggiore:
Che abbia ventura di questa maggiore.
Non ebbe il conte mai botta maggiore,
Odita non fu mai voce maggiore.
La festa, che ogni dì cresce maggiore;
Ma il petto, il busto e le penne maggiore
Ma la difficultà quanto è maggiore,
Il mare è grosso e vien sempre maggiore.
E che la pena mia fusse maggiore;
Con quanta forza mai puote maggiore,
E aver del mondo la parte maggiore.
Con tutto il collo, o la parte maggiore.
Per questo il campo, la parte maggiore,
Non fu battaglia al mondo mai maggiore,
Non fu ruina al mondo mai maggiore,
Non fu allegrezza al mondo mai maggiore;
E ricontarvi cosa assai maggiore.
Ma pur l'aveva il conte assai maggiore.
E menò il terzo colpo assai maggiore,
Pur, a sua onta, io son di lui maggiore,
Qual mai pigliato non avea il maggiore,
Di Babilonia stimato il maggiore;
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Che fu il primo che nacque, e fu il maggiore; Lib.2, can.1.6
Qual già mi tolse il mio figliol maggiore. - Lib.2, can.13.8
E sempre il crido cresce e vien maggiore. Lib.3, can.7.4
Prima che 'l provi il suo amico maggiore; Lib.1, can.29.4
Ed era entrato in un bosco maggiore. Lib.1, can.20.2
Tanto è il gigante de Orlando maggiore, Lib.1, can.20.1
Il crido è grande, e mai non fo maggiore: Lib.1, can.16.5
Né restò pezzo de un palmo maggiore. Lib.1, can.18.8
Per agrandire e far stato maggiore. Lib.2, can.19.4
E poi, per darmi tormento maggiore, Lib.1, can.22.4
Che un altro non fu mai visto maggiore. Lib.1, can.24.2
E d'una maraviglia ancor maggiore, Lib.2, can.7.6
Grande quanto una torre, ancor maggiore; Lib.2, can.5.4
Che tra duo altri mai non fu maggiore. Lib.2, can.22.8
Che già la terra non avea peggiore, Lib.2, can.7.4
Che in tutto il mondo non è la peggiore. Lib.2, can.24.4
Non trovo gente di questa peggiore; Lib.2, can.22.2
Ed obedir conviensi a chi è peggiore! Lib.2, can.28.8
Di non parer de l'altro mai peggiore. Lib.2, can.23.2
Che sempre mai se apprendeno al peggiore: Lib.1, can.11.6
Contra a Sobrino, il quale avea il peggiore, Lib.2, can.30.2
Il qual de la battaglia avia il peggiore; Lib.2, can.29.5
La schiera de Agramante ebbe il peggiore, Lib.2, can.16.5
La nostra certo arìa avuto il peggiore, Lib.2, can.23.3
Ma ben Ranaldo stima anco peggiore Lib.2, can.21.6
Ché aver non posso un partito peggiore, Lib.1, can.12.6
Meglior de vista e de effetto peggiore; Lib.2, can.15.7
Quel mal che io feci in duo, è ancor peggiore. Lib.1, can.8.8
De più vivande, ciascuna megliore; Lib.2, can.28.4
Che al disperato caso era megliore; Lib.1, can.8.6
Aveva pur costui gente megliore, Lib.2, can.22.6
Per discerner qual sia di voi megliore; Lib.2, can.23.6
Quando egli ha il peggio e quando egli ha il megliore, Lib.1, can.4.5
Né scorger ben se può chi aggia il megliore, Lib.1, can.27.5
Né trova qual partito sia il megliore. Lib.1, can.8.6
Della sua gente sciogliere il megliore, Lib.2, can.22.7
Ora non era partito megliore Lib.1, can.9.3
Ché ciascaduno il prese per megliore. Lib.2, can.19.2
Ché l'un de l'altro crede esser megliore. Lib.1, can.27.8
E credendo ciascuno esser megliore Lib.1, can.2.3
L'un se crede de l'altro esser megliore, Lib.1, can.9.3
Che cavallier non è di te migliore, Lib.3, can.5.7
La qual ti tien di lui superiore; Lib.2, can.31.4
E gli altri ancor son gente de valore: Lib.1, can.11.7
Bradamante, la dama di valore, Lib.3, can.5.7
Di leggiadria, di grazia e di valore Lib.1, can.13.4
De ardire e di possanza e di valore, Lib.2, can.21.7
Di nome, de sapere e di valore, Lib.2, can.25.2
Di cortesia fiorite e di valore; Lib.2, can.31.4
Ché è di cortesia pieno e di valore. Lib.1, can.12.4
E che sei de ardir pieno e di valore: Lib.1, can.7.3
Di cortesia, di senno e di valore, Lib.2, can.27.7
Tra sé ridendo, quel re di valore Lib.1, can.4.3
Cavallier, dame e gente di valore. Lib.1, can.8.6
Onde io vi prego, gente di valore, Lib.2, can.1.1
Vivo lo prende; e, com'om di valore, Lib.2, can.1.7
Ma il re Ballano, ch'è pien di valore, Lib.1, can.14.6
Lascia sua schiera il re pien di valore Lib.1, can.10.1
Così quei duo baron pien di valore Lib.1, can.28.7
302
Disse a lui: - Cavallier pien di valore,
Se ponto avea di possa o di valore,
Se ponto ha di prodezza o di valore;
Per tornare a Ranaldo di valore,
Qual superchi Ranaldo di valore,
Che fu corona e pregio di valore;
Ché a lui non cede ponto di valore,
Da quella fia servato ogni valore,
Oggi mostràti se aveti valore!
Che un altro avesse più di lui valore,
Mostrarno l'un per l'altro un tal valore,
E contarò la forza e il gran valore
Se vuoi sapere il nome e il gran valore
Per questi Galli, che con gran valore
Ranaldo colpì lui con gran valore
E lui ben dimostrava un gran valore,
Perché la fama del suo gran valore
Né valse al re Ballan suo gran valore.
E, per stimarme di poco valore,
Ché di servirti non aggio valore;
E tutta mia prodezza o mio valore
Ché quel Ranaldo è di troppo valore.
Or bisogna mostrar nostro valore;
L'alta prodezza e lo inclito valore
- Che? - dician lor - Baron d'alto valore,
Convien meritamente alto valore,
Che ha nome Uldano, ed ha molto valore.
D'oro e di pietre de molto valore,
Con pietre e perle di molto valore:
Con pompa grande e con molto valore,
Che, essendo vinto da tanto valore,
Fôrno quei figli di tanto valore,
E seminò tra noi tanto valore,
Ma insieme usata con tanto valore.
Per sua prodezza sola e suo valore;
E per la lor prodezza e suo valore,
Senza mostrare in prima il suo valore,
Mostrarno in più battaglie il suo valore,
A dimostrar ne l'arme il suo valore,
Non valse ad Aquilante il suo valore,
Ove mostra Agramante il suo valore.
Se or non mostra Ranaldo il suo valore,
Da gente ignuda è vento il suo valore
Potrà mostrare aperto il suo valore.
Sapendosi per tutto il suo valore;
Or lo Argalia con tutto suo valore
E da poi fatto re per suo valore,
Brandimarte da poi per suo valore
Che manchi giamai robba al tuo valore?
Sapendo tua virtute e il tuo valore,
E so ben che cotanto è il tuo valore
Mostri ad un giorno tutto il tuo valore.
Sì che io te prego per lo tuo valore
Che la tua forza e l'alto tuo valore
Ma dove poi conviene usar valore,
Un regno meritasse per valore:
Se cangiò Brandimarte de colore.
Picchiato in faccia e rosso di colore,
Vaghe e dipente son d'ogni colore.
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can.12.6
can.5.3
can.28.7
can.16.6
can.31.2
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can.22.3
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can.15.7
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can.23.4
can.11.6
can.4.8
303
Che al volto li è fuggito ogni colore,
Ed avea perso in volto ogni colore;
Avendo perso in volto ogni colore.
Apron le foglie, e torna il bel colore:
Tingendo la sua faccia in quel colore
E tutto in viso li cangiò il colore.
Di neve e di carbone avean colore;
Perché mirando il suo vago colore
Tutto alla testa, e di strano colore,
L'ale ha depinte in diverso colore.
Di negro e bianco e di rosso colore;
Pensa se, ciò facendo, avia dolore!
Parte allegrezza e parte era dolore,
Ch'io non credetti aver più mai dolore;
Pensa se a questo fare ebbi dolore!
Ma di profondo spasmo e di dolore
A strugimento, a morte, a ogni dolore,
E sento per la indugia tal dolore
Qual tutti ce tien chiusi in tal dolore.
Ma non lo abatte già tanto il dolore,
Cotanta gente è morta a gran dolore!
Non dimandati se l'ha gran dolore.
E parturì duo figli a gran dolore;
Ed avea di sua presa gran dolore;
E per la passione e gran dolore
E tanto l'avea vento il gran dolore,
E` stato e stanne ancora in gran dolore;
E ben sente il Danese un gran dolore,
Sentì quello uccellaccio un gran dolore;
Ma la voce mancò per gran dolore;
Ma Sacripante cadde con dolore,
Re Sacripante, e in letto, con dolore,
Vien, sàziati, crudel, del mio dolore!
Or fusse questo lo ultimo dolore!
Perché Aquilante avea molto dolore,
E duo baron, ch'avean molto dolore,
Che non lo occida, ed ha tanto dolore.
Che al lungo tempo accresce il suo dolore,
Non del tossico già, ma per dolore,
Te faccia indovinar sol per dolore.
Ma più pena sentiva e più dolore
Fa più lucente la stella d'amore,
Mi piacque sì, ch'io fui presa d'amore,
Pietà gli venne e fu presa d'amore.
Dico che aspetta promessa d'amore,
Chiunche ne gusta, in tutto arde d'amore.
Una donzella con occhi d'amore,
Chi ha diletto di caccia e chi d'amore,
Rime legiadre e bei versi d'amore,
Strane aventure e bei moti d'amore;
Parlar suave e bei gesti d'amore;
Se consumava nel foco d'amore,
Stavano ad agio parlando d'amore,
E perduto il cimier del dio d'amore,
Che ogniom direbbe: "Questo è il dio d'Amore.'
E fu quel giovanetto il dio d'Amore,
Che de se stesso fu preso d'amore.
Vedesi lui che è vinto da l'amore;
Lo fece al tutto per cacciar l'amore.
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can.4.3
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can.18.7
can.27.7
can.27.8
can.15.1
can.17.8
can.1.2
can.20.8
304
Una stagion per l'arme e per l'amore,
Perché qualunche a cui se porta amore
Il re Agramante, che gli porta amore,
Per una dama a cui portava amore.
A Martasino, a cui portava amore.
Perché ogni cavallier che è senza amore,
Però che zelosia, sdegno ed amore,
E biastemando la Fortuna e Amore,
Chi provato non ha che cosa è amore,
E Brandimarte a lui sempre ebbe amore,
Par che de intorno il celo arda de amore.
E, dove prima ardea tutta de amore,
Una donzella cantava de amore,
Segnor, se alcun di voi sente de amore,
Dandosi basi sì caldi de amore,
Parean depenti per la man de Amore,
De arme, o di senno, o di guerra, o de amore:
Né mai Ranaldo ragionò de amore,
E dolcemente contarò de amore:
Che il conte Orlando sia preso de amore,
Che era ferita nel petto de amore
Stan ne la loggia a ragionar de amore;
Che non pigliasse alcun piacer de amore.
Poi che se piace al desliale amore. Però che lui mi porta tale amore,
Che gli portava sì fidele amore;
Fu sempre acceso di gentile amore.
Ragione, animo ardito e insieme amore
Tanto portava a quel barone amore,
- Desio di chiara fama, isdegno e amore
Ad altro più che a me portare amore,
Che tu pôi ben dal cel scendere, Amore,
Che dentro ai cor gentili aveti amore,
Onde te prego, se me porti amore,
Se a dama alcuna mai portasti amore,
Se a dama alcuna mai portasti amore,
Ma Feraguto bacia con amore,
Altrove è suono e danza con amore;
E standosi con zoia e con amore,
Se non che le due dame con amore
Baciandol spesse fiate con amore.
Che donan l'arme gionte con amore.
Ché crudeltà combatte con amore.
Ranaldo e Orlando chiamò, con amore
E baciandoli il viso con amore:
Ma quel che vince ogni omo, io dico Amore,
O combattendo o simulando amore,
Che quel ch'io faccio per soperchio amore
Commesse a torto per soperchio amore.
Se non ch'io stimo che superchio amore
Al core ardente ed al superchio amore.
Perduta è la speranza del mio amore;
Dicendo: - Cavallier, per lo mio amore
Ma sol cheggio da te che per mio amore
Come lasciar de Angelica lo amore. Abandonar de Angelica lo amore;
Ma dove zelosia strenge lo amore,
Quasi ridendo: - Io credo che lo amore,
Perché Tisbina li disse: "Lo amore
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can.8.7
can.21.2
can.12.1
305
Questa era la rivera dello amore.
Or sciolto è Brandimarte dello amore
Del re Agricane, ché per quello amore
Si lamentava del novello amore.
Al fin consiglio ce donò lo amore,
Perché descriver non se può lo amore
Che è tant'amaro e noi chiamiamo Amore.
Ma l'arme li avea posto in mano Amore,
E a duo, che insieme se portano amore,
Però vi lascio in questo vano amore
Essa portava a un cavalliero amore,
Dicendo ai cavallier: - Per nostro amore
Costui voglio francar per vostro amore.
Chiama dura Fortuna, e duro Amore,
E di quella ribalda il falso amore!
Sempre piangendo de piatoso amore;
Per acquistare il desiato amore. E questo fu per scelerato amore
Fuor della mente, e lo infinito amore
Ché a Ricciardetto porta tanto amore,
Con sì grande amistate e tanto amore
Tu m'hai portato già cotanto amore,
Esserli data di cotanto amore,
A far battaglia contra a questo amore,
Che non ramenta più l'antiquo amore.
Ma nulla gli ragiona del suo amore,
Quella donzella accende del suo amore.
Cominciando al principio del suo amore,
E ciascadun lo prega per suo amore
Ponendo nostra vita per suo amore,
Baciandolo più volte, e per suo amore
Grifon rispose a lui, che per suo amore
Dico Iroldo e Prasildo, per suo amore,
Anci odio tutti questi per tuo amore.
Sempre perder la voglio per tuo amore.
E guadagnar lo voglio per tuo amore:
Servai le teste, non già per amore,
Che la vinse in battaglia per amore.
Ma, da altra parte ancora, per amore
Che non stiman la vita per amore,
Fierno battaglia insieme per amore.
E le prodezze fatte per amore
E come Ercole già sol per amore
Che fece il franco Orlando per amore
Qual mostrò un tempo Orlando per amore.
Ed io qua son condotto per amore
Teco venni a combatter per amore,
La sembianza proprio ha d'un om che more,
Non ha speranza più, non ha timore
Ora ho molto sospetto, anzi timore
E fece il giuramento in gran timore.
Promette il tutto senza alcun timore.
Che se vergogna di mostrar timore,
Qual, stretto dalla gente e dal romore,
Dimanda la cagion di quel romore.
Che ancor tronava in capo quel romore
Ora nel campo si leva il romore.
Tanto alto è il crido e sì grande il romore,
E messe molta gente a gran romore:
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can.1.6
306
In ciascaduna nave è gran romore,
Nel campo si levò sì gran romore,
Ché adosso se gli scarca un gran romore;
Ma nel campo se leva un gran romore,
Di verso al fiume se ode un gran romore.
Che adosso ben ti viene un gran romore!
Ed eccoti levare un gran romore,
Odirno per la corte un gran romore.
Di questo è nato in corte un gran romore.
Sentì davanti al bosco un gran romore,
Ecco di verso il celo un gran romore:
Sente far nel giardino un gran romore.
A tronchi ne andò l'asta con romore,
Quando nel mar tempesta con romore
Fugge dal campo rotta con romore.
E molta gente finse, con romore,
La lancia volò in pezzi con romore,
Qua se levò l'altissimo romore;
Or se comincia altissimo romore.
E se odirà nel cel l'alto romore;
Ed or mi par d'odir l'alto romore
Con gran spaventi e con alto romore:
FerŒr l'un l'altro con alto romore,
Trema la terra con molto romore.
E prese il corno; e con molto romore
Che pur intese intra tanto romore.
Che non se odì giamai tanto romore.
Con cridi e trombe, e con tanto romore
Questa che gionge con tanto romore,
Ad ale chiuse, con tanto romore,
Ecco Marfisa gionta a quel rumore.
Che della Spagna sente quel rumore.
Non anderai dove odi quel rumore? De cridi e trombe è sì grande il rumore,
Unde levosse subito il rumore:
Il quale, odendo il crido e gran rumore,
Di gente occisa e de arme il gran rumore,
Quando a sue spalle odirno un gran rumore.
Ché oltra ad un colle odirno un gran rumore,
Così parlando odirno un gran rumore;
Strazia dal petto il scudo, e con rumore
E la terra s'aperse con rumore,
Se urtarno con altissimo rumore.
Or così stando un giorno, alto rumore
Battea la coda con molto rumore,
Crida nel suono, e con molto rumore
Duo tori uscirno con molto rumore,
Scotendo intorno con molto rumore.
La spense adietro con molto rumore.
Non se sentì giamai tanto rumore:
Ch'io non sentitte mai tanto rumore!
Non fu sentito mai tanto rumore
Che in ciel feriva con tanto rumore,
Venian cridando con tanto rumore,
La cagione era di questo rumore
E che tra lor non nasca più rumore,
Ed un gigante chiamato Agranore,
E con la lira a sé facea tenore,
L'un dice sopra, e l'altro di tenore;
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307
Che tutta è de oro, e tale era il tenore:
E del suo dipartir conta il tenore;
Di quella giostra che è fatta, il tenore;
Che tu rapporti a lui tutto il tenore.
Come io vi conterò tutto il tenore.
Non poter mo chiarir tutto il tenore;
Perché io ritorno nel primo tenore
Qual non riguarda cui faccia segnore,
Sian capitati e chi ne sia segnore,
(De la qual terra lui n'era segnore)
Qual de l'Africa prima era segnore.
Maestro alor del mare era segnore,
Lo riceverno a guisa de segnore.
Troppo è palese ogni atto de segnore.
Re de Azumara l'ha fatto e segnore.
Poi che perduto è il suo forte segnore,
Altri m'ha detto poi che sei segnore
Ivone e Serpentino e ogni segnore
Non se è di te la fata, bel segnore;
Essa poi cominciò: - Deh bel segnore!
E là per la iustizia del segnore
Non si trova contrasto a quel segnore.
Da poi che fu tradito quel segnore,
Perché Agricane è de tutti il segnore,
Non dico quel di mo, dico il segnore
Non vi domanda consiglio il segnore,
Di quella gente è venuto il segnore,
Ma il re Agricane e ciascun gran segnore
E qui, davanti a ciascadun segnore,
- Non piaccia a Trivigante, mio segnore,
L'ho ritornato in grazia al mio segnore.
Per voglia di seguire il mio segnore.
La sua gente mi dette il mio segnore,
Disse il medico a lui: "Caro segnore,
Se amati ponto me, vostro segnore,
O valoroso ed inclito segnore,
Dicendo: - Forzaromme, alto segnore,
E de Agricane, il franco e alto segnore;
Ma subito rispose: - Alto segnore,
E ingenocchiato disse: - Alto segnore,
Ma più voglio alegrarvi, alto segnore,
Rispose a lui Scombrano: - Alto segnore,
Or te dice Apollino, alto segnore,
Per quel Demogorgon che è suo segnore,
Tutti cridando avanti al suo segnore,
Io so che occiso è apresso al suo segnore.
Che, veggendo alla zuffa il suo segnore,
Che a tradimento occide il suo segnore,
Che abandonano al campo il suo segnore:
Che non voglia morir col suo segnore;
Ritorna prestamente al tuo segnore,
Dicea l'Alfrera: - Io ti so dir, segnore,
Di questa rocca un tempo fu segnore.
Intrò ciascun barone e gran signore,
Fallo anco al mondo ciascun gran signore;
Che ogni sua ingiuria a lei parea minore.
Né già Rugiero avia voglia minore
Che quel del trapassar serìa minore.
Anci la morte, è ben pena minore,
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E non curando grande né minore,
Che ogni altra doglia nel mondo è minore?
De l'altro è Feraguto assai minore,
E provar qual di voi fosse il minore
Sì che non fo questo assalto minore,
Stimando assai per questo esser minore.
Più li par grata e più degna d'onore.
E racontare il pregio e 'l grand'onore
Che della medicina avea l'onore.
De ogni bel colpo lui solo ha l'onore.
Che de tutt'altre dame era l'onore,
Tuo fia il cavallo, e mio serà l'onore. Aver con teco di guerra l'onore;
Non era ben compito de l'onore,
Più che il diletto assai, più che l'onore,
Ben lo stringeva il debito e l'onore
"Questa è la cortesia! questo è l'onore!
Che a l'altre di beltà tolse l'onore.
Se ora mi campi, io te dono l'onore. Perdo la vita, ed ho perso l'onore;
D'essere il primo ad acquistar l'onore,
Che avrai di questa impresa ancor l'onore,
Tal questa corte luce in tant'onore
Campato ha Astolfo, ed è suo quest'onore,
Ma, senza dir d'altrui, lui si fa onore,
Benché darli il pregion non gli era onore;
Nel ciel gioia te doni e in terra onore,
E se tu porti di tal guerra onore,
Gradasso molto li faceva onore.
Ad ogni forastier faceva onore;
Parlar non posso più; son senza onore.»
Che desidri acquistar fama ed onore,
In Francia acquistarai pregio ed onore,
Dicea Ranaldo: - E' non serebbe onore.
Ciascuno oltra al poter si fece onore.
Né più reale e più degna de onore;
La gloria cerca e pascese de onore.
Poi che l'ha preso, il lascia a grande onore.
Serai posto alle forche a grande onore. Di Monte Imperiale a grande onore,
Parate eran le zambre a grande onore
Ove il re lo ricolse a grande onore,
Che riceve Ranaldo a grande onore,
Nel palagio alogiarno a grande onore.
Ricevutolo in campo a grande onore,
E da cinque altri. Lì con grande onore
A Rodamonte fece un grande onore.
La dama fa ad Astolfo un grande onore,
Essere a me non può se non de onore.
In gran battaglia e triomfale onore.
Di quella giostra il triomfale onore;
Le gran battaglie e il triomfale onore
De aver di quello il triomfale onore.
E fu lor fatto imperiale onore,
Che acquistar debbe al mondo tale onore?
Sì che tu facci al tuo bel nome onore.'
Assai me incresce a non te fare onore.
Anci sempre ti voglio fare onore;
Che sempre al mondo ce può fare onore.
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Che sempre al mondo vi può fare onore:
"Amore, isdegno e il desiare onore
Sì che al re Artuse fa portare onore,
Ogni baron che vôl portare onore,
O di morire, o de acquistare onore. E quasi nudo, per avere onore. Rendime il mio destriero, e sìate onore.
Poi de acquistare a nostra parte onore
O li fugge davanti, o fagli onore.
Il re Marsilio per più fargli onore
Ed a fronte scoperta farmi onore.
Dispendea tutta quanta in farsi onore;
Per fare a ciascadun che passi, onore.
In ogni parte vo' portarti onore.
Tu sola al canto mio facesti onore,
Di questa impresa non avresti onore. Né teco aver potrebbi alcun onore.
- Tu te farai, Rugier, qua poco onore:
Ma più sono a me stessa ed al mio onore.»
Insieme della vita e dello onore,
Che l'arme son de l'omo il primo onore;
Fu ricevuto a grandissimo onore.
Gli andarno contra, e a sumissimo onore
Dovendosi portar l'un l'altro onore,
Pur che si servi insieme il nostro onore.
Ma per sua riverenza e vostro onore
Rispose a lui Brunello: - Al vostro onore
E se cura vi tien del vostro onore,
Vi acquistareti e insieme il vostro onore. Dasse a ciascun il suo debito onore. A Polindo faceva molto onore,
Servon tre dame a lui con molto onore.
E da Costanzo, e fatto molto onore.
Né par che gionga alcuno a tanto onore;
Tra Cristiani, e fia de tanto onore,
Qual con tanto piacere e tanto onore
Di farme degno di cotanto onore. Pur portavano a lui cotanto onore,
Ché ancor portava al corpo morto onore.
Per la temenza che avea del suo onore;
Qual per la Santa Chiesa e per suo onore
Ciò volse il re Agramante per suo onore.
Di avere ogni vergogna per tuo onore;
Molte fiate son stato per onore
Che a mia sorella fai tal disonore. Pensando alla onta grande e il disonore
Che più campare al mondo in disonore;
Né lo confin di regno o disonore,
Che avere in fronte tanto disonore?
Ché questo sasso in meno de quattro ore
Già combattuto avean più de quattro ore,
Di meraviglia pieno e di stupore:
Ciascun lo riguardava con stupore,
Senza niuna scusa e senza errore,
Lo annello io l'averò ben senza errore,
Ed era ancora al mondo un grande errore,
Quanto è quel populaccio, pien de errore,
E già non prese in quel ferire errore:
Che traria quei baron tutti di errore.
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Ma ben guardàti, e non prendesti errore,
La nostra gionta gli pose in errore,
Qual tanto amavi già, benché uno errore
Se contrastar ti credi, hai preso errore,
Macon lasciando ed ogni falso errore.
Dando la colpa del passato errore
E come tratta fu de tanto errore,
Ma ben lo paga il re di tanto errore.
Ma incanto era cagion di tanto errore.
Perché lei, che è cagion di tanto errore,
Di batezarse e uscir di tanto errore. Come potesse uscir di tanto errore.
Veggendo quella dama in tanto errore.
Astolfo era per ira in tanto errore,
E cadde, riguardando, in tanto errore,
Che se ritrova preso in tanto errore
E certo che io commessi questo errore
Più cavallieri antiqui per errore
Come colui che fu senza terrore:
Con voce orrenda e piena di terrore;
Con vista cruda e piena di terrore.
Mugia con voce piena di terrore,
Benché cridi la bestia a gran terrore.
Grandine e pioggia mena e gran terrore,
Batte la coda, mugia con terrore,
Mostra le zanne e rugge con terrore;
Che non avesse di quel suon terrore;
Ma dentro dalla terra altro terrore
Vengo a contarvi, con tanto terrore
Battendo e denti de ira e de furore.
Il vecchio Galafron, pien de furore,
Pien di oltraggio villano e di furore.
Per una vacca accesi di furore,
Ora un altro baron pien di furore,
Che avea condutti entrambi a tal furore.
E tanta fretta mena e tal furore,
Ché Durindana vien con tal furore,
Né mai chiesen riposo a quel furore,
Fan per battaglia insieme quel furore,
E pigliarò la rocca a gran furore,
E l'una e l'altra schiera a gran furore
Tu fai col patre guerra a gran furore
Spronando tutta fiata a gran furore.
Aperta fu la porta a gran furore,
E Dudon la sua mazza a gran furore
Tutta se mosse insieme a gran furore,
Battendo i denti insieme a gran furore.
E' si feriano insieme a gran furore,
Quel mena del bastone a gran furore,
Poi per il campo corre a gran furore
A benché combattesse a gran furore
Tra lor dà Brandimarte a gran furore,
Adosso a Brandimarte a gran furore
Dente con dente batte a gran furore,
Uscì Torindo adunque a gran furore,
Tra que' re saracini a gran furore,
Uscirno di quel bosco a gran furore.
Tagliò poi tutto il bosco a gran furore,
Fusberta, il crudo brando, a gran furore
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Da ogni parte del mondo, a gran furore;
Che strugge quel giardino a gran furore,
Rotti e spezzati vanno a gran furore:
Li altri poi lo aterrarno a gran furore.
Or se arma tutto il campo a gran furore.
E come disperato a gran furore
Che faceano e Lombardi, e 'l gran furore
La quale era montata in gran furore,
Correndo tuttavia con gran furore.
Ad Orlando ferì con gran furore
E, vòlto ai duo baron, con gran furore
Rimena l'altra con più gran furore,
E loro a dieci millia con furore;
E trasse Durindana con furore,
E Polifermo atterra con furore;
Verso e Lombardi è mossa con furore.
Grandine e pioggia cade con furore.
E il terzo e il quarto abatte con furore:
E mentre che 'l combatte con furore,
Quel re sopra Baiardo con furore,
E volta a Radamanto con furore;
Or ben li monta lo estremo furore:
Rimena un colpo di troppo furore.
Fu ruinata con molto furore,
Pigliƒrsi insieme con molto furore,
L'altro gigante con molto furore
Ora son mossi con molto furore;
Uscì fremendo con molto furore.
E rivoltato con molto furore
Non fu veduto mai tanto furore.
Menando colpi di tanto furore
Che insieme a guerra con tanto furore
Con tal roina e con tanto furore
Quando Agolante con tanto furore,
Sopra de l'elmo con tanto furore,
Quel lanciò l'altro con tanto furore,
Perde il suo sangue, e cresce il suo furore.
La fulmina del cel con suo furore
E mostra contra a Orlando il tuo furore.
Che fan guerra per sdegno e per furore.
La notte lo assalisce in più furore.
Agrican combattea con più furore,
Proprio parea di Persia uno almansore,
Il re Alessandro, tuo predecessore,
Fu'io di quella dama possessore,
Qual nel presente fai, di robbatore,
Che è divenuto bon predicatore.
E quale è prete e quale è pescatore;
Chi non pensa allo eterno Creatore;
Ma come piacque a l'alto Creatore,
Non pigliar scusa, falso truffatore,
Che sente alle sue spalle il cacciatore,
Allor che l'ha ferito il cacciatore,
E poi elesse un degno ambasciatore,
De non lasciar più gire il suo amatore,
E tanto più ch'egli era senatore
Che intravenne ad Orlando senatore,
Onde il lasciò per suo governatore.
E nella terra per governatore
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Qual dissi che seguia l'imperatore.
E questo Argante, che era imperatore,
Ché non è al mondo re né imperatore,
E l'altro ha rotto Enrico imperatore.
Gionse ne l'elmo al franco imperatore,
E a' soi rivolto il franco imperatore
Avea sconfitto Rigo imperatore.
Ed a lui disse: - Savio imperatore,
Fôr recevuti da lo imperatore
Or de Marsilio e de lo imperatore
Nella gran corte de lo imperatore;
A questo crido de lo imperatore
Non domandati se lo imperatore
Che non intende alcun lo imperatore.
Sì forte lo chiamò lo imperatore,
Che nulla dica a Carlo imperatore,
Non se ricorda Carlo imperatore.
Per ritornare a Carlo imperatore,
E tornar voglio a Carlo imperatore,
Nel mezo sembra Carlo imperatore
Va per la terra Carlo imperatore:
La fé de Cristo e Carlo imperatore.
Ove abattuto è Carlo imperatore,
E` gionto dal re Carlo imperatore;
Nel tempo del re Carlo imperatore.
Ma come gionse Carlo imperatore,
- Che aggio a fare io, se Carlo imperatore
Ariva quivi Carlo imperatore.
Ma, ciò veggendo Carlo imperatore,
Però che per gradir lo imperatore
E` quel che viene, il magno imperatore,
Ma ben serebbe degno imperatore. Sette re sono, ed uno imperatore,
Sono obligata a l'alto imperatore,
Ciascun fa largo a l'alto imperatore,
Né sotto re, né sotto imperatore
Quale era negromante e incantatore,
Incontinente il falso incantatore
Perché vano il cognosce e zanzatore.
Stringeva e denti e dicea: - Traditore!
Così il re de Algazera traditore
Renegato lo appella e traditore.
Il malvaggio gigante e traditore,
Chiamandolo per nome traditore.
Era quel re malvaggio e traditore,
De uno om crudel, malvaggio e traditore,
Quando il vecchio malvaggio e traditore
Da un suo schiavo malvaggio e traditore.
Qualunque il niega, al tutto è traditore,
A Malagise disse: - Ahi traditore!
Ahimè! Già puote' dirli traditore:
Disse: - Fuggito è pur quel traditore.
Cridando: - Or chi diffende il traditore? Tutti cridarno: - Ora ecco il traditore, Non son Macario, o Gaino il traditore;
Male aggia Balduino il traditore!
- Dàgli, ché gli è legato il traditore. Pigliàti presto presto il traditore,
Io te castigarò, can traditore!»
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313
Dicendo nel suonar: - Can traditore,
Dicono che Ranaldo è un traditore.
Che allo esser mio sia mezo un traditore:
Che hai la diffesa per un traditore?
Occhi di foco e guardo traditore;
La voglia di Beltramo traditore
Anci diceva: - Falso traditore,
Ora ha gran pena il falso traditore,
Venne alle spalle il falso traditore;
Re Trufaldino, il falso traditore.
Come Antipatro, il falso traditore,
Che li avea fatto il falso traditore,
Contra a un ribaldo, falso, traditore,
Ladro, ribaldo, falso, traditore,
Io, vil, codardo, falso, traditore,
Cridando: - Tu sei morto, traditore! Gridando: - Tu sei morto, traditore,
Contra Agramante èi fatto traditore. Qual sia di noi più franco feritore.
A voler esser bon combattitore!
E sino a qui ciascun combattitore
Son forsi il suo vasallo o servitore,
Mentre che io canto, o Iddio redentore,
Non ebbeno i Pagani alcun sentore;
Chi piace esser soldato, e cui pastore,
Da poi che il lupo si è fatto pastore.
Di prender l'arme che fôrno di Ettòre;
Ma Turpin me assicura, che è lo autore,
Se non che quel Merlin, qual fu lo autore,
Par che se avivi il tramortito cuore.
Il dosso sol de l'acqua tenea fuore,
E un cavalliero uscir di quella fuore,
Questi duo versi avea scritti di fuore,
E fu per trabuccar de lo arcion fuore
Fôrno anche tratti della prigion fuore
Per rispetto de Orlando, a trarlo fuore,
Orlando e Ziliante uscirno fuore,
Così de Algeri uscì del porto fuore
M'ha tratto della mente al tutto fuore,
Di far risposta, e non la sa dir fuore;
Che non è vivo, e di doglia non muore.
Dolce bevanda e felice liquore,
Sotto la qual si guarda quel liquore,
Ma per la sua natura quel liquore
Poi de radice e d'erbe avea un liquore,
Perché, bevendo quel freddo liquore,
E prometteli aiuto e gran favore,
Parendo alla sua andata un gran favore
E sempre Rodamonte ha più favore
Che caccia de la carne ogni livore;
Per cacciar fora caprioli e lepre,
Come alla verde selva del ginepre
Tal da Ranaldo convien che si sepre
Fuor della porta quella bestia corre,
Se Dio per sua pietate non soccorre,
Perché tutto l'inferno all'un soccorre,
Entro le due castelle il fiume corre,
Ciascun con lumi accesi intorno corre.
E sotto il ponte roinoso corre,
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314
Voltò ad Orril, ed hallo in terra a porre;
In quella non se suole alcun mai porre
Né se potrebbe a sua persona apporre,
E rifuggito dentro da la torre.
Che quasi pareggiava quella torre.
Fu preso a furia e posto entro una torre,
Ed avea ad ogni lato una alta torre;
Per tetti, per li balchi e per le torre,
Tutto il fraccassa, e rompe usbergo e piastre,
E lui disteso abatte in su le lastre.
Ben che sian gente al navicar maestre;
E tutti han tarche e dardi e gran balestre.
Or pensa, cavallier, come io rimase;
Sì come Argosto, che in dietro rimase,
De la padella io caddi nelle brase.
E sino in su l'arcione il partì quase:
E quelle genti perfide e malvase
E Babilonia, il mio dolce paese,
Cercar deliberarno in che paese
(Ché còlto è, dico, il fior d'ogni paese),
Presso e lontano, e per ogni paese;
E tutto questo ricco e bel paese
De sua condizione e del paese.
Andò in soccorso a questi del paese,
Che tutto alluminava quel paese.
Né lepri o capre trova quel paese,
Perché venne novella in quel paese
Che arrivan forastiere in quel paese,
Che fanno e tre germani in quel paese,
Di quanto dimorammo in quel paese,
Che esso l'avea condutto in quel paese.
Di Barbari è già pien tutto il paese,
Fuor nella terra e per tutto il paese,
Onde ogni terra e ciascadun paese
Che merta lodo in ciascadun paese.
Ch'io veda Orlando, che è di mio paese. Esser tanto lontano al mio paese,
Non ero io cognosciuto al mio paese;
Sin che arivarno a l'ultimo paese
O sia de l'uno o de l'altro paese,
Mulga se appella poi l'altro paese.
Vanne in malora e cerca altro paese! Ch'io sosteneva al diverso paese,
Che faccia tal vergogna al suo paese,
Era tornato in Franza al suo paese,
E come il cavallier del suo paese,
Di là da la India grande è il suo paese:
(Il nome suo non so, né il suo paese):
Abandonò ciascuno il suo paese.
Che il trasse a uno elefante in suo paese,
La possanza di Carlo in suo paese.
Con questo cavallier de tuo paese,
Benché sia morto, pur di lui s'accese,
Astolfo de ira subito s'accese,
Per questo d'ira il conte più s'accese,
Sembravan gli occhi al conte bragie accese;
Sembrava gli occhi suoi faville accese,
De che ebbi l'osse e le medolle accese;
De rivederlo ancor tutta se accese.
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315
Un sì gran foco nel ponte se accese,
Era di legno, e sì forte se accese,
Prasildo di gran doglia sì se accese,
E percosse ne l'elmo, e quel se accese
E sì nel core e nel viso se accese,
De trarla al fine entro al suo cor se accese,
Quante nel tempo che de amor se accese.
Sì che una voglia nel suo cuor se accese
Forse perché io l'amava se raccese,
Quando da prima in su il fiume discese,
Sin che il destriero avanti il re discese,
Di Feraguto, che il monte discese,
E quel ribaldo del ponte discese,
Gentile ischiatte e de un sangue discese;
E Fiordelisa di nave discese
Era rimaso là dove discese.
E di lui l'alta gesta poi discese,
Quel colpo sopra lui già non discese,
Le schiere dalle mure son discese,
Rugier ridendo del poggio discese
Stava soletto ove il vecchio discese,
Come a Dio piacque; ché il colpo discese
Con quella dama nel prato discese;
Uscì di zambra e nel prato discese;
E, come a ponto nel prato discese,
De l'alte mura subito discese
E giù nel campo subito discese;
Onde nel prato subito discese.
Come io vi dico, sopra al mar discese,
Ciascadun de essi del destrier discese
E vide, come al campo giù discese,
Subitamente di Baiardo scese,
Alcun non vedo che faccia diffese,
Che tutto il mondo non ve avria diffese:
Né piastra grossa o maglia la diffese.
Morirà meco, e non vi avrà diffese. Vero è che Astolfo non fece diffese,
Né fu chi se ponesse alle diffese,
Non vi rimase alcuno alle diffese.
Da Rodamonte apena me diffese,
Qual ponto nol coperse né diffese,
Però che lui non fece altre diffese,
Ché non sapeva fare altre diffese,
Far non si può, ni fare altre diffese
Qual, non sapendo fare altre diffese,
Se la ragion per voi mai se diffese,
Ed Olivieri assai ben se diffese,
Tanto è potente, e pur non se diffese!
Che da' Pagani un pezzo se diffese;
Invita ciascaduno a sue diffese;
Di là le sante chiave, e in sue diffese
Chiamando e' cavallieri in sue diffese,
Che non te ritrovasti in sue diffese. Quale era grosso e ponto nol diffese,
Sette armature non serian diffese,
Altri diceva: - E' farà gran diffese
Fa gran ripari ed ordina in diffese
Quei de la terra stavano in diffese,
Ché fatason né piastra lo diffese.
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E le mie spalle il suo petto diffese.
Né fuggirti da me, né far diffese. Da tanti non potresti aver diffese:
Non puote il re Marsilio aver diffese;
Vengono insieme alle mortale offese.
Né temendo ormai più de altre offese,
Che ferno a' Cristian cotante offese,
O prometti esser meco a queste offese,
Per sua prodezza sol se la difese.
E seco è Gano e Oliviero el marchese;
Menò Grandonio un colpo a quel marchese,
Mandò in soccorso Olivieri il marchese,
Re Salamone e Oliviero il marchese,
Dissipa case e campanili e chiese.
De essere il primo che faccia palese
(Sì come io credo che vi sia palese),
Acciò che 'l fatto ben vi sia palese,
Ed Azolin se vedia là palese,
Per lui son consumato alla palese,
Come sua cosa, poi che era palese
A questo dire il ladro era palese,
Qual de mia dama avesti ora palese. Quivi la cosa fu tutta palese
L'uno a l'altro vicino era e palese.
Se il valor di Ranaldo ti è palese,
Disse: - Barone, egli è chiaro e palese
Sopra a un cipresso bene alto e palese,
Onde io destino de aprirte palese
Era condutto alla morte palese.
La forza sua non vedo assai palese,
Nemico a nostra legge di palese,
Ed in presenzia a gli altri lì palese
E dàgli il beveraggio lì palese
Quando vidde il gran colpo sì palese;
Ove volesti, e dicoti palese
Ma questo ti so ben dirti palese,
Con gli occhi suoi veder vôl lui palese,
Or dentro da Parigi è ben palese
Il quarto cavallier ne vien palese.
Con real festa a ciascadun palese,
Ed al presente te dico palese,
Stavasi in corte per paccio palese,
Come voi fate nel campo palese. E non potendo, io lo farò palese;
A ciascun tuo piacer farò palese
Fu l'aspra zuffa subito palese,
Colui rispose: - Io vi so dir palese
Perché tu vedi il tuo dolor palese,
Per far la lor vergogna più palese;
Ed in conclusione il duca anglese
Benché lui sia di Brava, e tu sia Anglese. E nomato era il gioculare Anglese.
Re Pulicano e Ottone, il bono anglese,
Segnor, sappiate ch'Astolfo lo Inglese
Per un bon giorno io non stimo un mal mese.»
Che indi uscirete in termine de un mese.
E lo aspettare a rivederlo un mese
In cotal modo stette un mezo mese,
Da l'altra parte il nobile Danese,
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317
Se io non guardassi al tuo padre Danese,
Ma parlamo ora del forte Danese,
Così fu reportato anche al Danese,
Ché sol de' paladin vi era il Danese,
Cugin carnale è questo de il Danese.
Ove è il franco Oliviero, ove è il Danese,
Come fu gionto, e vidde che il Danese
Primo che ogni altro vi gionse il Danese,
Cognosco Gano e cognosco il Danese,
Con questa furia andò verso il Danese,
Salta del letto subito il Danese,
Pur vi rimase ferito il Danese
E`vi Ricardo e Guido e 'l bon Danese,
E Naimo e il conte Gano e il bon Danese;
E seco a paro a paro il bon Danese,
E salta fuori armato il bon Danese,
Conte Alanardo, quel barcelonese.
Fascia la coscia, vestise l'arnese,
Ma non che se spogliasse alcun l'arnese;
E furvi alcun che se guarnŒr de arnese,
Ove perdei per guerra ogni mio arnese,
Diversi de le veste e de lo arnese;
Sotto al ginocchio, al fondo de lo arnese,
E prestamente se vestì lo arnese.
E passò il brando ed arivò allo arnese:
Ogni pregione e tutto il loro arnese
E così il sbergo e l'elmo e ogni altro arnese
Ma con la fede avea cambiato arnese.
Non dispogliarme mai di questo arnese
E tratto fuor di nave ogni suo arnese,
E fossegli spezzato ogni suo arnese.
Passarno e monti, e giù nel Genoese
Moresca, dico, essendo Genoese:
Perché altrimente non trovi le spese?
Ché faciamo la prova a nostre spese;
Me provaresti, e forse alle tue spese.
Farotte costumato alle tue spese. A sé d'intorno le tenea suspese;
Sopra alle lancie il Negro se suspese,
E ben de gioco a quella posta rese;
Ma al primo assalto subito se rese,
Ma il conte così presto non si rese,
Sì che una guanza con la barba prese,
Ma il conte per le chiome ne la prese.
A Rabicano in croppa quella prese.
Cridando ad ambe man Fusberta prese,
Di tal novella zoia e festa prese;
E le sue gente morte tutte e prese,
Pur che non venga con seco alle prese,
Che con Cardone è già gionto alle prese.
Ma chi fu tardo a distaccar le prese,
La mia germana per le chiome prese,
Onde il vecchiardo subito me prese.
E tanta ne spiccò quanta ne prese;
Ed a terra mandò quanto ne prese,
A terra ne menò quanto ne prese,
Ma seco ne menò quanto ne prese,
Così de acordo il partito se prese.
Già son le bocche delle strate prese,
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318
Dove fôr questi ed altre gente prese.
Al fiume di Lovasi il ponte prese,
Ché Fiordelisa Brandimarte prese,
E insieme ogniom de gli altri le sue prese,
Un bacio solamente da lei prese,
Per aiutar la dama, han le armi prese;
Alora Oringo molto me riprese,
E Rodamonte in tal modo riprese
Il suo baston, ch'è in terra, ancor riprese;
Verso Biserta la strada si prese,
Che delle gente occise e da lui prese
Poi che for l'ebbe tratto, il caval prese;
Sì come in prima, per la coda il prese,
A lui se accosta e per la briglia il prese;
E tanta angoscia nella fine il prese,
Dietro alla sella su le groppe il prese,
Che fece Orlando alor che amore il prese.
Ma, come piacque a Dio, nel scudo il prese,
Il duca Naimo sotto il braccio il prese,
Lei tenne il conte, e per il braccio il prese,
Quello aspro saracino in braccio il prese,
La vaga nimfa per la mano il prese,
E come Dragontina a inganno il prese,
Perché l'amor de Orlando tanto il prese,
E il core accresce alle animose imprese,
Ma non se trova adesso in queste imprese;
La voce e le parole ben comprese,
Astolfo, che a quello atto ben comprese
Ma pur sua vanitate al fin comprese,
Ma quando il conte mirando comprese
E perché a gli atti e allo abito comprese
Che sia Rugiero subito comprese.
Menò del suo baston, che a due man prese;
Così dicendo il conte a due man prese,
Però che il gran martello a due man prese,
Con altre gente che seco eran prese,
Col fante ver la corte il camin prese.
Così fra sé parlando il camin prese
Là dove era venuto, il camin prese,
A quel che io vedo, le poste son prese;
E per marito il bel Prasildo prese. Alto diletto riguardando prese;
Lui bon partito via fuggendo prese.
Come le gente fusser morte, o prese.
E castelle e citade non ho prese;
Paresse uno anno, e' pur l'accordio prese.
E sì forte il stringea dove lo prese,
Radamanto è smontato, e lui lo prese,
Voltò ciascuno e ben del campo prese.
Perché, come tal forma a ponto prese,
E solo Argante il regno tutto prese,
Ma per il pavaglione a cercar prese,
Però piacevolmente a parlar prese,
La bianca verso de essi a parlar prese,
E la vestita a nero a parlar prese,
Ciascun verso il romore a correr prese,
Quando il malvaggio da la rocca intese
Da poi che il conte dalla dama intese
Ma, sì come Olivier per voce intese
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Quando la dama a tal parlare intese
Quando Rugier cotal parlare intese,
La damisella che il parlare intese,
Come il messo del re là su se intese,
E seco ragionando il conte intese
Il conte le parole non intese,
Che le dolci parole non intese,
Più oltra il cavallier mai non intese,
O che lui non odette, o non intese,
La mala bestia il tratto non intese,
Io non so dir se ben Ranaldo intese,
Come quella parola e oltraggio intese
Io non sapria già dir come lo intese;
Onde ben presto il saracin lo intese,
Vi fôr ritratte, e non erano intese,
Avean le dame, e non erono intese
Ma come il real bando a ponto intese,
Quel re malvaso, come questo intese,
La damisella tutto il fatto intese:
L'altra donzella ben quello atto intese,
Orlando lo pigliò senza contese,
E così subiugƒr senza contese
De' cavallier antiqui, e le contese
E quivi eran depente le contese
Contra Agramante stava alle contese.
Ché in altra parte stava alle contese;
Brama ciascun de uscire alle contese.
Ricardo ed Agramante alle contese
Nui se trovamo seco alle contese,
Tornando pur di novo alle contese;
Ma non però spartirno le contese,
E passa il ponte senza altre contese,
E tra noi quattro fur molte contese,
Né la donzella questo gli contese;
Posati alquanto e non fati contese,
E son finite le crudel contese;
Passò senza trovar guerre o contese.
Io debbo e voglio, e non faccio contese,
Quel che tu sia, io non faccio contese,
Dece anni a gran battaglie e più contese:
Che sua corona in ciò mi sia cortese,
Di che fortuna me è stata cortese.
Anci se volse, e con voce cortese
Leggiadro, largo, nobile e cortese,
Molto ne dolse al giovane cortese,
Dudon tra' primi, il giovane cortese,
Disse Rugiero, il giovane cortese:
Però che un cavallier prodo e cortese
Questo di noi ragiona assai cortese;
E lo amiraglio, che era assai cortese,
La salutò con modo assai cortese;
A lui rispose: - Tanto sei cortese,
Di quel bon cavallier, che è sì cortese
Fo un cavallier sì prodo e sì cortese,
Veggendol sì ligiadro e sì cortese.
Non debbo adunque a gente sì cortese
Che fu segnor gagliardo e ben cortese:
Verso Ranaldo: - Deh baron cortese!
Forte ne dolse a quel baron cortese:
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Perché Prasildo, quel baron cortese
Come colui che molto fo cortese;
Ed è ricolta dal vecchio cortese,
Che a dir nell'altro io vi serò cortese.
La atta persona e l'abito cortese,
Chinando il capo con atto cortese:
E dopo alcun parlar tutto cortese,
E proferiva con parlar cortese,
Con bassa voce e ragionar cortese:
Sol per vedere il cavallier cortese.
Né Brandimarte, il cavallier cortese.
A mio dispetto mi fa discortese;
Di quel villan parlare e discortese,
E messe un crido: - Gente discortese,
Se io trovo gentil omo discortese,
- Credi, - diceva - ch'io sia sì scortese,
Perché l'un più che l'altro fu cortese,
Lasciò la zuffa, tanto fu cortese.
Molto fu ricco, ma più fu cortese,
Se non te adusi a parlar più cortese,
Quel gran gigante alla terra distese,
Tanti baroni alla terra distese
Questo stordito per terra distese;
E sopra al litto aperto le distese.
A spron battuti e redine distese,
E lì vicino a l'erba se distese,
Con alti cridi a terra se distese,
E tramortito in terra se distese,
E come morto in terra se distese,
Poi sopra a l'erba verde se distese;
Poi con altre parole se distese,
Ranaldo su le croppe se distese
Sopra del mar la gente se distese.
In vasi lavorati se distese,
Ma lor viaggio poco se distese,
Qual ver Parigi a corso se distese,
Che come morto al prato se distese.
Gettò un gran crido, e morto se distese.
Io nol so dir; ma tutto se distese.
Tre fanciulletti alle rete distese;
Tutto lo spezza, e per terra il distese
E tramortito per terra il distese.
Rugiero al campo de' Cristian distese,
Ma con gran voluntà la man distese,
Ove tavole bianche eran distese,
L'arme a un tapete tutte eran distese,
Intorno de Biserta son distese,
Squarzato in pezi a terra lo distese;
E con fraccasso a terra lo distese.
Sì che sfilato in terra lo distese.
Ne' verdi rami d'intorno distese.
A queste genti che ho intorno distese,
Ed a Ranaldo un gran colpo distese.
Ad ambe mano un gran colpo distese,
Sopra de Ogiero un gran colpo distese
Per il traverso un gran colpo distese,
Ma alla minaccia sol del corno attese.
Mentre che ad altro il mio pensiero attese?
Qual bene è de la gesta maganzese,
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Ove la falsa gesta maganzese,
Sì che, a dir breve, quel colpo l'occise.
Con tal roina il brando su vi mise,
E da l'un lato a l'altro lo divise,
Che ambe le mane a quel colpo divise.
E fôr punite le sue voglie false.
Perché un'aspra fortuna a l'onde salse
E Greci la seguirno, e a lor non valse
E con le corne a mezo il scudo acolse;
Lei poscia a questo loco se racolse
De ogni bontate, in lui tutto se accolse:
Sopra del scudo a Brandimarte colse
Come sapea ben fare, il tempo colse;
Che prima che i nepoti la disciolse;
Però dalla battaglia se disciolse,
La fata con incanto lo disciolse,
Il suo libretto subito disciolse.
E tutti quei prigion subito sciolse,
E quanto ne toccò tanto via tolse,
Questo che al conte la donzella tolse,
E prestamente in man sua mazza tolse.
E, così detto, avante a lui se tolse.
Che natura mostrò ma presto il tolse;
Dove di sua paccìa buon frutto tolse,
E per suo premio le belle arme volse,
Ed andò ciascadun là dove volse.
E come fo nel loco dove volse
Né lui per tema le spalle rivolse,
Il cavalliero ad esso si rivolse
Perché vi stette assai più che non volse.
Il conte sostenir questo non volse
Ma perché Orlando contrastar non volse,
Il cel, che ne ebbe invidia, a sé lo volse;
Questa odirete, come l'altre cose
Colui che vinse tutte l'altre cose:
Scordando tutte le passate cose,
Mentre che qua fôr fatte queste cose,
Narrava il libro tutte queste cose,
Quanto le cose son più faticose,
Perché Turpino istesso la nascose,
Poscia che 'l giorno la luce nascose,
Fiordelisa la dama se nascose
Ché presto nella selva se nascose.
Andò fuggendo ed al fin se nascose.
E soi compagni nel bosco nascose,
Taglia de un faggio le rame frondose
Frixate a perle e pietre preciose.
Quante ivi ha perle e pietre preciose.
Ove eran l'opre sì maravigliose.
E seran ben delle meravigliose,
Sin che quelle opre sì meravigliose
E fôrno al mondo degne e gloriose;
Mandricardo ha le voglie disiose,
Cortese damiselle e graziose,
Tra cavallieri e dame graziose,
Con tante perle e pietre preziose,
Frissate ad oro e pietre preziose,
Scolpito ad oro e pietre preziose.
Ora torniamo alle gente animose,
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322
Quel cavallier in voce lacrimose
Volgendo al cel le luce lacrimose:
Seminò lui le seme venenose;
Forbite eran le piastre e luminose,
Forbite eran le piastre e luminose,
E tutte quante l'arme luminose
Candido tutto a pietre luminose,
La barba e le mascielle ha sanguinose;
Il conte Orlando il corno a bocca pose,
Con le Naiàde a festeggiar se pose.
Nel verde prato a riposar se pose;
E Brandimarte a seguitar se pose,
Che Fiordelisa nel capo gli pose,
Che anti a Ranaldo inginocchion si pose,
Chiuse l'orecchie, ad ascoltar si pose
Le insegne e l'arme pur con essi pose.
Crosta di prato e terra su vi pose,
Tinto di sangue poi tutto se 'l pose.
Vedendo Orlando, a riguardar se il pose;
Disse: - Segnor, le tavole son pose,
E dentro i denti di quel drago pose;
Come Turpino al suo libro ce espose.
Esso da poi con bel parlare espose
E la ventura sua tutta gli espose,
Sì come il libro nel suo canto espose.
La dama ad ogni parte gli respose,
Perché al principio mio io me dispose
Ranaldo incontinente se dispose
Però che Orlando al tutto se dispose
Alor che Orlando al tutto se dispose
Ché trare al fine in tutto se dispose
Il conte a quel parlar nulla rispose,
Ma Carlo imperatore a lui rispose
Orlando alle parole non rispose,
Di cui fosse il palagio; e l'un rispose:
Con tal parole a Ranaldo rispose:
Ma la donzella subito rispose:
La pura verità presto rispose:
Lui perse il cervo per le fronde ombrose,
Tutto soletto per le piaggie ombrose,
Poi molte miglia per le selve ombrose
Sotto un coperto di vermiglie rose:
Gettano ad alto gigli fiori e rose.
Né primavera tanti fiori e rose,
- Questo si chiama il Ponte dalle Rose.
L'elmo se trasse e dislegò le rose;
Fatta per arte de incantate rose.
L'elmo a l'orecchie empì dentro di rose,
Così per l'erbe fresche ed odorose
Via ne va lui per quelle erbe odorose,
Qual fatto ha tante gente dolorose,
Per darmi pene tanto dolorose?
E le fanciulle e le dama amorose
Tra l'anime congionte ed amorose.
Cantando insieme con voce amorose,
Strane aventure e battaglie amorose,
Ché il core ardente e le voglie amorose
L'alte venture e le guerre amorose
Poi lo pregava con voce piatose
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Spirti dolenti ed anime piatose
Ché vi erano atti con voci pietose,
Cantarvi cose nove e dilettose.
De arme e de amore e cose dilettose,
Ma primamente, gente dilettose,
Esser le sue scritture dispettose,
Tanta fatica mai altrui sofferse
Ora più oltra il conte non sofferse,
Per la gran pena che al colpo sofferse.
La pietra sotto lui tutta se aperse.
Che fuora uscì, come il ponte se aperse.
La barbuta e il guancial tutto li aperse,
Ma ciascadun vôl la dama per sé,
Gli vide scritto ove prima lo aperse:
Che Ranaldo le braccia al celo aperse
Re Martasino a quel colpo lo aperse,
Già Bradamante lo animo non perse,
Distese l'ale e la coda coperse:
Lo incanto dello annel sì la coperse,
Alciando il scudo il capo se coperse,
Ciascadun sotto il scudo si coperse,
Però che, come Oberto se scoperse,
Come il serpente in tutto si scoperse,
Menando le botte aspere e diverse,
- Tra le provenze e le lingue diverse,
Queste parole ed altre più diverse
Ché l'un de l'altro alora non se accorse,
O che al partir degli altri non se accorse.
Ma quel ferir contrario lo soccorse,
E quel si stette di cadere in forse,
E de morire alora stette in forse,
O virtute o vergogna che il rimorse,
Mirando a terra, la coppa gli porse,
Volse che seco in compagnia ne andasse,
Parme che Gano ad Astolfo mandasse;
Delibrƒr che la terra se guardasse,
Che quei re ad uno ad un non assaggiasse,
E non stimar che Brandimarte il lasse,
Che la giostra tra lor se terminasse;
Or di lor duo convien che oltra mi passe,
Tutti i baroni alla giostra tirasse,
Diceva a loro Astolfo: - Se io pensasse
Ogni preso barone a lui portasse:
O sì o no che Carlo l'accettasse,
Né dir sapria che scusa ritrovasse,
Le piume della barba a ponto ha messe:
Diceva Orlando al re: - Le mie promesse
Così potria spiccar mie membra istesse,
Ma se quel che or me chiedi io promettesse,
Chi sì, chi no direbbe che le avesse.
Mirando il scudo de Rugiero, e disse:
Ma un lauro il suo camin sempre impedisse,
E tacita parlando fra sé disse:
Se al mio comando alcun disobidisse,
Smontati tutti e tre, come io vi disse,
Quel falso incanto, sì come io vi disse,
Poi chiamando e compagni intorno, disse:
La Saracina a quello atto se affisse,
Quando un de quei baron tutto se affisse
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324
Parea che avanti a lui ciascun fuggisse
E de improviso spesso la assalisse;
Onde la mano al brando il baron misse
Prima vi vo' contar quel che avenisse
Ed a tal modo il falso la ferisse.
E vedo ch'io sono om di carne e d'osse.
E de tutte arme subito adobosse
Ché tagliate gli avrebbe ambe le cosse,
E prima con la lancia la percosse
E sopra al braccio manco la percosse,
Ed a due man ne l'elmo la percosse,
Sopra alla spiagia alla prora percosse.
Che su la groppa la testa percosse;
Ma su le croppe la testa percosse;
Il menar delle spade e le percosse
Ma non restarno integre alle percosse.
Che è tra noi stato, e l'aspere percosse
E l'una schiera a l'altra se percosse
Ché la barbuta al mento se percosse,
Incontrò un Lestrigone e quel percosse.
Quando del drago il gigante il percosse,
Ma con la spada il Cristian percosse.
E sopra il braccio destro lo percosse,
E con fraccasso l'un l'altro percosse.
Or l'Argalia nel salto se riscosse,
Sol fu quel lui che Agramante riscosse
Se questo Orlando è un om di carne e de osse,
Oh quanti morti andarno in quelle fosse,
Che non sapeva in qual mondo se fosse;
E benché alora il sole e il giorno fosse,
Sopra alle staffe presto redricciosse
Che ciascaduno a gran furia se mosse,
Da l'altra parte Marfisa se mosse:
Tutta sua gente dietro a lui se mosse,
E quel malicioso ben se mosse,
La dama lo sofferse e non se mosse,
Cadde alla terra, e più mai non se mosse.
Quella se ruppe, e 'l Pagan non se mosse,
E per quel colpo ponto non se mosse,
L'un contra l'altro de' baron se mosse,
L'un verso l'altro a gran crido se mosse
E contra Astolfo con ardir se mosse,
Aquilante a quel tempo ancor se mosse;
Ed ambe l'anche di sella rimosse;
E con roina verso lei si mosse;
Molto de ciò la dama se commosse,
De ira e de orgoglio tutto se commosse,
E con tanta ruina lo commosse,
Che sin da piccoletto lo cognosse.
Prasildo e Iroldo, che hanno estreme posse,
Farem la ultima prova a nostre posse;
Già non mostra d'aver l'usate posse.
Ché dileguate son tutte sue posse;
Tutti han le lancie smisurate e grosse:
Del fraccasso de' scudi e lancie grosse
Con spessa pioggia e con grandine grosse;
Volarno i tronchi al cel de l'aste grosse
Le lancie de le prime eran più grosse,
Pensati se Ranaldo ora adirosse,
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325
E l'acque dentro diventorno rosse
Contra di lui turbata rivoltosse,
Odendo il corno, l'Argalia levosse,
Perché questa battaglia disturbate,
Quivi venner vivande delicate,
Tutte le parte del legno ha cercate:
Or se lui se turbò, non dimandate,
Quello andò in fumo. Or non me domandate
Or le bandiere tutte son spiegate,
Onde tornando tutte le brigate
Poi furno queste cose divulgate
Tante te ne darò che guai a te,
Come sapiti, essi hanno arme cambiate.
L'arme suonante e bandiere stracciate,
Le fiere occise non furno lasciate,
Però non se avicina molte fiate;
Le lacrime teneva apparecchiate
Ed altre schiatte ancora intrameschiate.
Benché le membre non abbia tagliate;
E sopra a me questa rete tagliate. Piccoli infanti e dame scapigliate
Come io te avrò tutt'arme dispogliate,
E benché l'arme avesse dispogliate,
Par che le gente siano acoppiate;
Non fuor queste parole simulate,
Che meritan da tutti essere amate;
L'altre son degne d'esser tutte amate.»
Che le Isole Felice son chiamate,
Tutte le gente sono in piaza armate,
Ed elmi pien di teste, e braccie armate,
Ignude quasi, non che disarmate;
Ambe le braccie se avean disarmate.
Come ebbe in terra le piante fermate,
E faceva a ciascun mille ghignate.
Che donne spoletane o folignate,
Dietro li sian con orci e con pignate,
Lui li cridava: - Ah gente svergognate!
E con triomfo le noce ordinate
Lo imperatore ha le schiere ordinate
A destra ed a sinistra poi ordinate
Trentadue sedie d'ôr sono ordinate;
E ne le istorie molto nominate.
Tra le percosse orrende e sterminate
Tutti avean le sue lancie insanguinate,
Ed andarai tra l'anime dannate;
Via! Loro adosso a briglie abandonate!
E l'arme e il suo destrier me sian donate,
Alla prima le teste coronate,
Trentadue teste, tutte coronate,
Via cacciarotte a suon di bastonate. Che in ogni verso è lunga tre giornate.
Sopra alla Tana ducento giornate,
Trecento cavallier de sue masnate
Di queste nobil gente qui adunate;
Quando le gente nel molo adunate
Alle sue gente rotte e dissipate,
Che nel secondo assalto a nude spate
Pongono i nostri al taglio de le spate.
Fôr presi, o posti al taglio de le spate.
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326
Avendo prima già tratte le spate:
Già fan rivolta, ed hanno in man le spate,
Tagliatime qua tutta con le spate.
Smontati de li arcioni, e con le spate
Che poco lì faren noi con le spate.
Già son rivolti ed han tratto le spate;
E quasi ne venemmo a trar le spate,
Insin che in man potran tenir le spate.
Né mai se vedean ferme le sue spate,
Una vi è bona, e cento scelerate.'
Botte menando tanto desperate
Ma lui menava botte disperate:
Sendo in eterno poi vituperate.
De qui se parte il conte, e lascia il frate;
Disse Ranaldo: - E' mi ricordo un frate
Forte si meraviglia il vecchio frate,
La vella è piena, e le sarte tirate;
Nel scudo verde ha due corne dorate
De aver le gente cristiane onorate,
Ninfe se gli vedeano lavorate,
Per l'uno e l'altro, e sopra l'ho narrate;
Sbergi e lameri e le piastre ferrate,
Come nel fango non vi sotterrate?
E ricercando tutte le contrate
Che non sian presi per quelle contrate,
Avea cercate diverse contrate
E prima cercarà molte contrate,
Se tu discendi per queste contrate!
Sì che tornar non possa in sue contrate;
Sì che non passarai per sue contrate.
Ché dame e cavallier d'ogni contrate
E gionse proprio dove quattro strate
Con quelle lancie grosse e smisurate,
A benché delle lancie smisurate
De insegne contrafatte e divisate,
E le due damigelle fôr sposate,
E il campo pien di lancie fraccassate?
L'aste fino alla resta han fraccassate,
Già la odiava poche ore passate,
E tutte aponto le cose passate,
Tutte le amenta quante ne ha già usate,
Non gettan sangue per l'arme affatate.
E ben guarnito l'ha de arme affatate
Insino a' sassi ne verrà pietate.
A fare una opra di molta pietate,
Abassò il viso con molta pietate;
Pur cade in terra per molta pietate.
Ed usi verso te tanta pietate,
Gli disse: - Idio del cel per sua pietate
Trovò Arridano senza pietate
E gli altri tutti ancor senza pietate
Se aveti a' vostri cor qualche pietate,
A ciascadun di lor venne pietate,
Parlando in voce colma di pietate.
Alciarno un crido allegro di pietate,
Che avria spezzato un sasso di pietate.
Perché avea preso già de lui pietate:
In tal forma pregavan con pietate,
Non per merito alcun, ma per pietate,
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327
Prega Dio per mercede e per pietate,
Per Dio pregando e sempre per pietate,
Dicendo a quei baron: - Deh! per pietate
Qual de esse meni alle terre abitate.
M'avea lei stessa fuor de la citate,
Fa la battaglia dentro alla citate;
Fôr con lui chiusi dentro alla citate.
Il re dapoi mandò nella citate
Quanta alcuna altra di quella citate.
Quivi fu fatta poi quella citate
Che era a veder la misera citate!
E fece Ninivè, l'alta citate,
Smontarno a Damogir, l'alta citate,
Dico le triste, ché in questa citate
Del paccio aviso e gran simplicitate
Dentro al Cataio, in quella gran citate,
Biserta entrarno, in quella gran citate.
Tanto che io trovi o castello o citate;
Secondo che ciascuno ha qualitate;
Ch'io non cognosca che mia qualitate
E biasmando la sua crudelitate
E a lor rispose con umilitate:
Lasci una parte, e legga la mitate.
Molto nomati in la Cristianitate,
Alla diffesa de Cristianitate.
Alla difesa de Cristianitate,
Che era condotto de Cristianitate,
Dicea lei - fosse senza umanitate?
E quella dama con umanitate
Quel la ricolse con umanitate,
Nocer non posso alla tua vanitate,
Pur vi sta gente di gran dignitate.
Or gli ricorda la sanguinitate,
Ed anco l'ho dapoi ben meritate,
Cognoscimento de la veritate;
Disse Agramante: - Egli è la veritate,
In somma, a dir di lei la veritate,
Quel che serà di voi la veritate:
A benché dir non sappia in veritate
Ed anco mi stimava in veritate
E ben lo meritava in veritate,
Qual già non aspettava in veritate.
Ma più di lei piangeva in veritate;
Sì come avea speranza in veritate.
Più di te me rincresce in veritate,
Perché sempre interviene in veritate
Né so dir la cagione in veritate,
Non che io voglia campare in veritate,
Veggendosi adorare in veritate;
Non vi potrei contare in veritate
Che non se sbigotisse in veritate,
Rispose il franco conte: - In veritate,
E tu mi promettesti in veritate
Lei, che femina è ben in veritate,
Già sono in rotta; io il vedo in veritate. Non è il più forte al mondo in veritate.
E de uno alto ardir pieno in veritate,
Sì come tu sei degno in veritate.
Né se temean l'un l'altro in veritate,
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328
Ranaldo sta smarito in veritate;
Ranaldo l'avria morto in veritate,
Promessa non fie' mai con veritate,
Ch'era d'inganni pieno e falsitate.
Fece risposta con gran falsitate,
Vince ogni cosa la animositate,
Vince ogni cosa la animositate,
- Molto me incresce di tua aversitate,
Per Ziliante trar de aversitate,
Più che altra che abbia al mondo aversitate.
Non se potria contar la quantitate,
Ma a cui dispiace la sua quantitate,
Benché sia innumerabil quantitate.
De' qual sempre tenia gran quantitate,
Come perita vi è gran quantitate;
Con gente della terra in quantitate.
Ma il tutto contaremo in brevitate
Il conte narrò a lei con brevitate
E se ben sorge alcuna novitate,
E di provare un'altra novitate,
Era la dama di estrema beltate,
Dama me desti de tanta beltate:
Non fu veduta mai tanta beltate.
Che avea una figlia di tanta beltate,
Che la alterezza è gionta con beltate.
Se rallegrasse a tanta crudeltate.
Non che aprir gli occhi a tanta crudeltate;
Di me fia fatta tanta crudeltate,
Che non la lasci in tanta crudeltate.
Tutte le tue magagne e crudeltate;
Vi erano occisi con gran crudeltate.
E dati al drago con gran crudeltate.
Per farmi ora morir con crudeltate.
Ferendose tra lor con crudeltate.
Ingenocchiato, con molta umiltate
Sempre chiedea perdon con umiltate,
E vinto vi trovati da viltate,
Parendo a lui che fosse una viltate,
Il conte li dicea che era viltate
Né credo che abbi in te tanta viltate,
Né usata fu più mai tanta viltate,
Tirative davanti ed ascoltate
Dalla mia parte ce lo presentate,
E riscontra le schiere spaventate:
Contar della astinenza la bontate,
Che eran il fior de corte e la bontate,
E mostraremo il pregio e la bontate
Abbia di questo la mera bontate.
Mostratimi per Dio! vostra bontate
Di sommo ardire avea tanta bontate
Ché per lei sola e per la sua bontate
Che a un tratto mostri tutta tua bontate;
Che avean cotanto ardire e tal bontate
Essendo cavallier di tal bontate.
E le parole che ho sopra contate
Vergogna rafrenò la voluntate,
Se sua sciagura fosse o voluntate.
Non era tutta mia la libertate,
Né altro gli manchi che la libertate.
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Macone ha posta nostra libertate;
Ne la capanna di sua povertate
Ce fôr di te le novelle aportate,
Che in dosso le sue insegne avea portate;
Al messagier diceva: - Raportate
Ella rispose: - Io voglio che portate
Contra a' nemici! e sì ve diportate,
Così le schiere sono insieme urtate.
Quattro donzelle se fôrno assettate,
Che a Parigi eran dentro alla cittate?
E la cagion de l'arme tramutate.
Ma non sa come averle dischiavate.
Questi si davan diverse mazate,
Sono tra noi più volte acarezate;
Perché poco estimava sue mazzate,
Rotti hanno i scudi e l'arme dispezzate;
Ecco un leon con le chiome arrizzate,
Dicendo: - Bei baroni, or che chiedete?
Non la gustò Ranaldo, come odete,
- Questa falsa credenza via togliete,
Bench'io non abbia né laccio né rete,
Però che al fonte se ha tratto la sete.
Ch'io son di terra, sì come voi sete.
E pesci assai che visti non avete,
Poi tornarò con rime più forbite,
Ove l'alte prodezze fiano odite
Fece che sue parole furno odite,
Per il quale è tra voi cotanta lite,
Sì come prima a quello eran gremite;
Baron cortesi, ad ascoltar venite,
Là fìen vostre contese diffinite.
Perché egli uccise il dì gente infinite.
Ché ben date li fôr mille ferite;
Le lor virtute in sé tenea raccolte.
Cosa del mondo, ben che attento ascolte;
L'orecchie entrambe a quelle rose folte,
Che ha molte gente al suo fondo sepolte.
Ma il decimo di questi dieci volte
Nacque di questo il possente Barbante,
Sigiero e Dudrinasso l'africante;
Giovani assai della gente africante
Quando vi gionse il superbo Africante,
Quando il percosse il perfido africante,
Fermo in due piedi aspetta lo Africante;
Là dove Rodamonte lo africante
Sempre ferendo va quello africante
Tal nel cader suonò quello africante.
Tanto s'aperse, che questo Africante
L'elmo affatato a quel brando troncante
Ma il dar per merto è cosa di mercante,
Quando gli andasti come mercadante.
Ché non avrai a far con mercadante,
Questo abandona e mena ad Archidante
Di questo Polidoro un Polidante
Occisi fôr Ranchera ed Oridante.
Con Ranchera e Marfusto ed Oridante,
Questo superbo avea nome Oridante,
Lor fierno la proposta a Manodante,
Lei le rivela e dice a Manodante.
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330
Meravigliando dicea Manodante:
Ché appresentar conviense a Manodante. Fatto ha condur pregioni a Manodante. Dicendo come è figlio a Manodante;
Essa è figliola del re Manodante,
Quale è figliola del re Manodante;
Che questa è terra del re Manodante,
Ma sol de un figlio del re Manodante
Sin che in prigion lo pose Manodante;
- Lui proprio è questo, - disse Manodante
Un vecchio re, nomato Manodante,
El fu figliolo a questo Manodante;
Io dico Pinadoro e il re Mordante,
Spezza in due parte il scudo di Mordante,
A lei voltarno, e gionsevi Mordante
Il re di Constantina con Mordante,
Circa ad otto altri ancora, con Mordante.
E quando prese ancora l'elefante
Gionse al cimier, che è un corno de elefante,
Quello era un dente integro di elefante.
Ma sempre lui cavalca uno elefante.
Ad ogni colpo atterra uno elefante.
Uscendo for del bosco, uno elefante:
E per destriero ha sotto uno elefante.
Pacifico guerrero e triomfante,
Nome avea Bramadoro, essendo infante,
Quanto quel fusse un piccoletto infante.
Così dicendo via mandava un fante,
E Marbalusto, il quale era gigante.
Questo era grande e quasi era gigante,
Ecco il re di Macrobia, ch'è gigante,
Avea quel re statura de gigante,
Ma il Saracin, che ha forza de gigante,
Qual fu Ibernese e nacque de gigante,
E Rodamonte, busto de gigante,
Maricoldo il Galego, che è gigante,
Mena Archiloro il Negro, che è gigante;
Lurcone, e Radamanto, che è gigante,
Che ha cor di drago e membra di gigante.
Re di Damasco, schiatta di gigante,
Nella galea. Poi che sei gigante,
Angelica col libro a ogni gigante
Che lor non fusse occisi dal gigante.
Per gire alla battaglia del gigante,
Orlando se avicina a quel gigante,
A far battaglia contra a quel gigante.
Ma lui ferì di spada quel gigante,
Colonne integre lancia quel gigante;
Balisardo se appella quel gigante,
Morto il distese apresso a quel gigante.
Ché già non lo divieta quel gigante.
Che, se dritto giongeva quel gigante,
Ché sempre lo seguiva quel gigante.
Quanti ènno e cavallier che quel gigante
Perché intendiati il tutto, quel gigante
Che già bene adocchiato avia il gigante;
Sì come proprio avea prima il gigante,
Sino al gran ponte; e quivi era il gigante.
Nella caduta che fece il gigante,
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331
E fo Agricane che occise il gigante:
Ma trasse il brando ed isfidò il gigante.
Un di quei dardi che lasciò il gigante;
Sopra a duo piedi sta fermo il gigante,
Porone ha nome, ed è sì gran gigante:
Mena Grandonio, che è sì gran gigante,
Che avea preso in catena un gran gigante.
La cagion di quella era un gran gigante,
Corse dove dormiva un gran gigante,
E stavvi sopra armato un gran gigante.
Era intagliato a guisa d'un gigante.
Quasi a mezo di questa era un gigante,
Nel campo de Agricane era un gigante,
Re Dudrinaso, che è quasi un gigante:
Che fu pagano, e par proprio un gigante,
Che sol dal peso avrian morto un gigante;
Tutto era drago il perfido gigante,
Con Aridano, il perfido gigante,
E Radamanto, quel crudo gigante,
Che nulla cura de l'alto gigante,
Fuor della poppa uscì l'alto gigante,
Grandonio di Volterna, il fier gigante,
Ulieno di Sarza, il fier gigante,
Nembroto il fece fare, il fier gigante.
Balisardo avean morto, il fier gigante,
Ben se augura in suo core esser gigante
Ecco longi cernito ebbe Origante,
Ché fatto ho sacramento a Trivigante
Che la fé di Macone e Trivigante
Qual fu tanto feroce ed arrogante,
Con minaccevol voce ed arrogante:
E tanto era superbo ed arrogante,
Vago di faccia e di core arrogante,
Odendo quel parlar che è sì arrogante,
Alla risposta di quello arrogante
Ad affrontarme con quello arrogante;
Rodamonte fu questo, lo arrogante,
E Ferraguto, che è tanto arrogante:
Non vi fu Cristian tanto arrogante
E di cor fu ciascun tanto arrogante,
Da Polifermo; ed ecco il forte Argante
Sonniberra, Attamandro e il bello Argante:
Perché alle spalle ha il fortissimo Argante.
Uldano, e Saritrone, e il fiero Argante,
A lui se driccia il smisurato Argante
Vien seco, e lo Argalifa e il re Morgante;
Isoliere e Spinella e il re Morgante,
Che prenda Matalista e il re Morgante:
Isolier, Matalista e il re Morgante,
Per terra abbatte Ivone e il re Morgante.
Matalista vien drieto e il re Morgante,
Però che io vo' tornare a Balugante,
Ma alor se mosse incontra Balugante,
Quando il Danese vidde Balugante,
Però che 'l re Marsilio e Balugante,
Quivi era il re Marsilio e Balugante,
E seco è Feraguto e Balugante;
Mena Marsilio e il falso Balugante,
Marsilio avea mandato Balugante,
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332
E la donzella con dolce sembiante
Questa battaglia avea cotal sembiante,
Forte allegrosse di cotal sembiante,
Pallida in viso e trista nel sembiante,
Ben presto la cognobbe nel sembiante,
Cognobbe nella voce e nel sembiante
Leggiadro e nel vestire e nel sembiante.
E un cavallier cortese nel sembiante,
Mostrando di morirse nel sembiante.
Turbato acerbamente nel sembiante
Turbato fieramente nel sembiante
Che ardisca di guardarlo nel sembiante,
Perché, se io non me inganno nel sembiante,
Forse che in vista te inganna il sembiante,
Costui con voce queta e bon sembiante
Per questo gli fu fatto bon sembiante
Ma a quella prima non fo sembiante,
D'oro e di rose avea preso sembiante;
Quando la dama con falso sembiante
Ella con riso e con falso sembiante
Apron la porta e con lieto sembiante
Già Mandricardo non mutò sembiante,
E con voce superba e minacciante
Parlando con voce aspra e minacciante;
E con parlar superbo e minacciante
Superbo in vista, in atto minacciante.
Mena un gran colpo del brando trinciante
Se vedea cristallina e lustrigiante;
Facea il ciel colorito e lustrigiante.
Però che l'uno a l'altro è simigliante,
Tanto di faccia e membre simigliante,
E Marigotto fece il simigliante:
Non ebbe di bellezze il simigliante;
E figli de Olivieri il simigliante
Non già che fosse in corso simigliante
Ma il conte sol dimanda Ziliante
Poi s'abbracciarno ed esso a Ziliante,
Nome avea il giovanetto Ziliante,
Che al corso fraccassava arbori e piante.
Poi con tempesta abatte arbori e piante:
E` di seguir de Angelica le piante;
E la tempesta, che sfronda le piante
E sopra al capo vi tenea le piante,
E non lo mosse ove tenia le piante,
Né mai spiccava da terra le piante;
E verso il cel rivolse ambe le piante;
Frustarai a' tuoi piedi ambe le piante
Voltando verso il celo ambe le piante.
Che il fe' mostrare al cielo ambe le piante.
Mai non ha mosso ove pose le piante,
Per quel furor crollò tutte le piante;
E tutto lo spezzò sino alle piante,
Armato è tutto da capo alle piante,
Ricciuta e negra dal capo alle piante;
Che vinti piedi è dal capo alle piante,
Ché 'l re il battette dal capo alle piante,
Tutto era sangue dal capo alle piante:
Ed era lungo dal capo alle piante
Tutto peloso dal capo alle piante:
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333
Come avesse ale in loco delle piante.
E lui cadendo a su voltò le piante
Che ascolti il prato che ha sotto le piante,
Non se stordisse insin sotto le piante.
Sì che dal capo insin sotto le piante
E, quello acceso sin sotto le piante,
Sì che lo fece al cel voltar le piante.
Sotto a sé frange sterpi e minor piante:
Oringo e poi Locrino ed Ariante
Quel cavallier avea nome Ariante,
Che Locrino era quel, non Ariante.
Quel cavalliero è nomato Ariante,
Fo costui figlio a l'alto re Balante,
Tornava al sasso dove era Atalante,
Ove Rugier si stava ed Atalante.
E ben lo guarda, ed ha nome Atalante.
Che è del tuo regno, ed ha nome Atalante.
Odendo questo il vecchione Atalante,
Ed in quel tempo vi gionse Atalante,
E che lo incantator detto Atalante
Sopra d'un palafren bianco ed amblante;
Sopra d'un palafren bianco ed amblante.
Guarda Ranaldo al palafreno amblante,
Il nano aveva un palafreno amblante:
Ora lasciamo quel conte d'Anglante,
Qual in Bergogna col conte d'Anglante
Ha racquistata il bon conte d'Anglante,
Ed avesse Ranaldo e 'l sir d'Anglante.
Non vôl riposo più quel sir d'Anglante,
Diceva al fio d'Amone il sir d'Anglante:
- Ben ne son certo, - disse il sir d'Anglante
Non fallò il colpo quel segnor d'Anglante,
Quando da lui e dal conte de Anglante
A ricontarvi del conte de Anglante,
Eccoti gionto quel conte de Anglante;
E riscontrosse col conte de Anglante;
Ché, come io dissi, il bon conte de Anglante
Or fa pensiero il bon conte de Anglante
Vedreti armato il fier conte de Anglante. E sei conte di Brava e sir de Anglante.
Né puote farle contra al sir de Anglante;
Chiamando a sé Ranaldo e il sir de Anglante,
Cotal tra' Saracini il sir de Anglante
Dicea Gradasso verso il sir de Anglante:
Mostra aver tema del segnor de Anglante,
Sono alle spalle a quel segnor de Anglante.
Però suonava quel segnor de Anglante.
Come fu visto quel segnor de Anglante;
Per omo vivo quel segnor de Anglante;
Grifone in Spagna ed in Grecia Aquilante
Oberto, Chiarione ed Aquilante
Oberto, Clarione ed Aquilante
Da l'altra parte Orrilo ed Aquilante
Poi che è Grifon partito ed Aquilante,
Seco pregione è il nobile Aquilante
E così stando, vi gionse Aquilante,
Se non che a tempo vi gionse Aquilante,
Da l'altra parte ancor gionse Aquilante,
Ma di traverso ancor gionse Aquilante,
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334
Come partita fu, disse Aquilante
Agrican combattea con Aquilante
Marfisa se scontrò con Aquilante,
Se seco non lasciava anco Aquilante;
Dico Grifone e 'l fratello Aquilante:
Per dare aiuto al germano Aquilante.
Fovi preso un Grifone e uno Aquilante,
Da l'un de' lati, e da l'altro Aquilante;
Perché l'uno è Grifon, l'altro Aquilante,
E sieco uscitte il fratello Acquilante.
L'esempio de suo patre e de Agolante,
E diello in dono al figlio de Agolante;
E fu di questa gente re Agolante,
Quando passò tuo avo, il re Agolante;
Ma e vecchi, che passƒr con Agolante
Che Daniforte attenda a Bradamante
Ecco gionta alla zuffa Bradamante,
Sempre voltava gli occhi a Bradamante.
Ma lascio loro e torno a Bradamante,
E poi mandava un messo a Bradamante
A l'altro, che avea dato a Bradamante),
Ma Rodamonte il crudo e Bradamante
Né più lenta se mosse Bradamante,
Carlo chiamò da parte Bradamante,
Qual gionse al loco dove Bradamante
E torna a ragionar di Bradamante,
Così tra sé pensando, Bradamante
Così parlava verso Bradamante
Lasciamo andare alquanto Bradamante,
Tanto superba di cotale amante,
- Ove ne andati? - diceva Agamante
Ma ritornamo a dir del re Agamante,
Con una porta che assembra a diamante;
Se stato fosse un monte de diamante,
Ove nascon le pietre del diamante;
Io, dico, e Teodoro, il caro amante,
Fece chiamare a sé quell'altro amante.
Ma de esser dal mio lato vostro amante
Presto sen corse il suspettoso amante.
Questo era d'Origille anco esso amante,
Che lungamente li era stato amante.
Pur che gli lascia il giovanetto amante,
Benché fosse mal scorto e sozzo amante.
Ben se stimarno che gli era Agramante,
Là combatteva, e seco era Agramante.
Queste parole diceva Agramante,
Come abattuto se trova Agramante,
Onde a Biserta torna ad Agramante,
Dentro a Biserta gionse ad Agramante,
Perché oltra al mare io passo ad Agramante.
De molti cavallieri e de Agramante
Se bene amento, in corte de Agramante. Di fuor ne l'oste, io dico de Agramante,
Ma sopra al tribunal ove è Agramante,
Ha già passati, ed ha nome Agramante,
Re di Biserta, che ha nome Agramante.
Forte turbosse in faccia il re Agramante,
Ma, alciando gli occhi, vidde il re Agramante,
Come quel ch'è nel monte è il re Agramante,
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335
Ben crede a sue parole il re Agramante,
Che guerra ci vuol fare il re Agramante.
Oh quanto era superbo il re Agramante,
In celo e ne l'inferno il re Agramante
Del monte era disceso il re Agramante,
Come Brunello ha visto il re Agramante,
Perché sappiati il tutto, il re Agramante
Tu la Africa destruggi, o re Agramante,
Rimase, com'io dico, Brandimante
Malvaggio, incantatore e negromante.
Però che 'l suo maestro è negromante,
E lui guardato è da quel negromante,
Questo a sua posta fece un negromante. Sopra di quella il falso negromante
Fiello Albrizach, il falso negromante,
D'un barbasore, il quale è nigromante,
E grande incantatore e nigromante,
Prima ch'io il lasci, che egli è nigromante;
E quel rispose con voce tonante:
E tal doglia di questo ha Sacripante,
Cognobbe che l'uno era Sacripante
Tratando di trar fuora Sacripante
- O Dio Macon, - diceva Sacripante
Marfisa alla battaglia e Sacripante.
O sia de' suoi, o sia de Sacripante.
Tornando ad Agricane e Sacripante.
Isolieri il spagnolo e Sacripante,
Torindo e Trufaldino e Sacripante
Il re Adrian vien dietro e Sacripante.
Il re Adriano è drieto e Sacripante:
Che è tra Marfisa e il forte Sacripante.
Bordacco ha nome; e segue Sacripante,
Quel bon destrier, che fu di Sacripante,
Ma prima assai de gli altri Sacripante,
Tornando ove io il lasciai con Sacripante,
Or vede bene il franco Sacripante
Onde fu forza a l'aspro Sacripante
Come fu spregionato Sacripante,
Sopra a tutti l'ardito Sacripante
Io mandarò lo ardito Sacripante. Né sua franchezza a l'alto Sacripante,
Già tutti quanti, eccetto Sacripante,
Trasse la spada e sprona lo aferante,
Poi che caduto fu de lo afferante,
E d'urto dapoi gionse lo afferante,
Per l'arme venni e per quello afferante,
Lo Argalifa di Spagna e lo Amirante.
Pigliar debbe Isoliere e lo Amirante.
Serpentino era seco e lo Amirante
Grandonio e Serpentino e lo Amirante.
L'Argalifa vien drieto e lo Amirante;
Gradasso nome avea quello amirante,
Ed Isolier da poi con lo Amirante,
E poco apresso truova Folvirante,
Re Malzarise apresso e Folvirante;
Ma con ruina sprona il suo aferrante.
Come Ranaldo è sopra allo afferrante,
L'un mosse verso l'altro lo afferrante,
Ché molte fiate cadde del ferrante.
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336
Una donzella o cavalliero errante,
Se egli è barone, o cavalliero errante,
Re Marbalusto il segue e Farurante;
E Bambirago è seco, e Farurante,
E sol se dette alle battaglie sante,
Con un baston di ferro aspro e pesante
E tien alciato il suo baston pesante;
E de Origille quelle beffe tante,
Di tanto affanno e di fatiche tante
Con tanta pena e con fatiche tante,
Fece prodezze e meraviglie tante,
Come fu dentro, vidde zoie tante
Ed hai tante castelle e ville tante,
Con tal romore e con fiaccole tante,
Or chi direbbe le parole tante,
Ed altri cavallieri e dame tante,
E portarai fatiche e pene tante,
In diverse regioni e terre tante
Ché de le gente che ha adunate tante
Quando re Carlo vidde gente tante,
Ove fur morte de sue gente tante;
E sopra a lui piovean saette tante
E in poco tempo fie' prodezze tante,
E colpi orrendi e le prodezze tante,
Ma de altra stirpe di prodezze tante,
E di persona fan prodezze tante,
Ove adunate ha già ricchezze tante,
Or chi direbbe le carezze tante
Così dicendo, quel barone aitante
Monta alla cima quel baron aitante,
Adosso al colpo il cavalliero aitante,
E 'l bon Gualtiero, il cavalliero aitante,
Questo di Roma si fece abitante
Le gente della zurma, che eran tante,
Tra quelle genti occise, che eran tante,
E tra coteste gente, che son tante,
Acciò che le sue gente, che son tante,
Né le sue gente, che n'avea cotante,
Or non usiamo parole cotante:
Ma per le gente che ha occise cotante.
Che a suo comando avea gente cotante!
Benché ha pigliate già gente cotante,
Per mia sventura tra gente cotante
Non fur vedute mai gente cotante.
Quando vidde callar gente cotante,
E l'altre gente sue, ch'eran cotante,
E per le fraude tue, che son cotante,
A quelle feste che io dico cotante,
Perché in sua vita ne avea fatto tante,
Che a vendetta crudel serìa bastante,
Che a meritarlo io non serìa bastante:
Ma questo canto non serìa bastante
Che ad un per uno io non li sia bastante.
Ma le lor forze non eran bastante,
Non son tue forze a pigliarlo bastante. Ella se parte zoiosa e festante
Poi prese il bel carbone, e 'n quello istante
Che loro ed Origilla in quello istante
E fur presi improvisi in quello istante.
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337
Fuor del castello; ed ecco in quello istante
Ma Rugier l'avea preso in quello istante,
Spartì la fiera zuffa in uno istante;
Questo se cangia e muta in uno istante,
Né così stette volta, e in uno istante
E per conclusione in uno istante
Ma pur fôr quasi morti in uno istante.
Rimase a terra morto in uno istante.
Angelica la dama in questo istante
Percosse il duca; e quasi in quello instante
Al fin delle parole, o in quello instante,
Ed ora mi guadagno in uno instante
L'un Clodovaco, l'altro fu Constante,
Guarda il nemico grande ed aiutante;
Ciascun di me più fiero ed aiutante;
Or crebbe il giovanetto, ed aiutante
Ma tanto è destro, e di gambe aiutante,
Tanto animoso e di membre aiutante
Pareano incese a fiamma tutte quante.
E le sue gente mena tutte quante,
Ché in pezzi vanno a terra tutte quante.
Né tratte ancor se gli ebbe tutte quante,
Confessa le tue amende tutte quante;
Dibattendo le code tutte quante,
E vostre sian le lode tutte quante. E l'altre degne lode tutte quante
Insin che le provincie tutte quante,
Biastemava le stelle tutte quante,
Il corso delle stelle tutte quante,
Fanciulli e vecchi e dame tutte quante
Così dicean le dame tutte quante,
Cridan le gente: - Ad arme! - tutte quante;
E insieme l'altre membre tutte quante;
E spiegan le bandiere tutte quante;
E le virtute e l'opre tutte quante;
Accese eran le torre tutte quante
Che li spezzò le piastre tutte quante,
Spezzando usbergo e piastre tutte quante,
Son quelle gente prese tutte quante,
L'arme che avea spogliate tutte quante
Con loggie istoriate tutte quante:
Vengon le gente armate tutte quante.
E le cose ordinate tutte quante,
Fur le ragione audite tutte quante,
Non fussero apparite tutte quante;
Disfida quelle gente tutte quante,
Fermate eran le gente tutte quante
Ora uscirno le gente tutte quante,
Dispreza l'altre gente tutte quante;
Che occiso ha nostre gente tutte quante,
Morte son le sue gente tutte quante;
Ad uno ad un lor gente tutte quante.
L'arme avean ruginente tutte quante,
L'opre di lor sono ivi tutte quante.
Se l'altre gente fuggon tutte quante;
E notte e giorno il servon tutte quante,
Poi ne la fin, tacendo tutte quante,
E lor gente lasciarno tutte quante,
Le lancie fraccassarno tutte quante.
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L'arme se pose adosso tutte quante.
Tigri e pantere io non sapria dir quante;
Pur fa gran prove, e non potria dir quante.
Soletto fuor de schiera se tra' avante,
Qual serà quel che a lei ne vada avante?
Né a drieto se riversa o piega avante,
Quel che è desso, lo dica e venga avante,
Di poter gire alla battaglia avante,
Costui menava una donzella avante,
Quale era gionto forse una ora avante.
Ma che voglio io guardar più oltra avante?
Con essa in su la coscia passa avante
Ma mostra non curare, e passa avante;
Dàgli la strata: Orlando passa avante.
Così Sicilia se appellava avante,
Lasciando Pinador che aveva avante;
Ed oltra a questo ancor seguiva avante,
Qual dietro mena e qual tocca davante;
Ma a tutte l'altre se vedea davante,
Sì come a lei promesso avea davante,
Che a tutti gli altri ne venìa davante,
Per scudo una gran scorza avia davante,
La damisella a sé chiama davante.
E l'acqua, che sì chiara era davante,
A tutti quanti li altri era davante,
Dice la istoria che a lui era davante
Proprio come questo altro era davante,
Angelica già dentro era davante,
Or gli è lo re di drieto, ora davante,
Nella sua nave alla prora davante
Bassa alle groppe e molto alta davante,
Qual ritrovasti alla porta davante:
Come fu gionto alla porta davante,
Senz'arme indosso agli altri sta davante,
- Tu vedi il monte il quale è qua davante.
Il scudo negro portava davante,
La Africa vinta a lui stava davante
Che al re Marsilio obediva davante,
Quella ferita ch'egli ebbe davante,
Come io contai nel libro che è davante:
Come un uccello a lei fugge davante.
Ora la gente a lui fugge davante,
Tutta la gente a lui fugge davante.
Angelica ben presso gli è davante,
Sì che, barone, tuoteme davante,
E di dietro il toccavano e davante,
Armato bene è di dietro e davante,
Egli ha i nemici di dietro e davante,
E tutto lo tagliò dietro e davante.
Quale era pur come l'altre davante.
E come visto l'ebbe a sé davante
Che, vedendo Ranaldo a sé davante,
E veggendo il germano a sé davante
Disfida Trufaldino a sé davante;
E ne la fronte li gionse davante:
Ma Brandimarte, che 'l gionse davante,
Trasse a sé il scudo e quel pose davante
Ed a Ranaldo se oppose davante.
Subito un foco a lui sorse davante.
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339
Però ben presto se trasse davante,
Ranaldo presto se trasse davante
Maggiore assai de l'altre due davante:
Or non è questo Orlando, che hai davante?
E ritorniamo ove io lasciai davante
Che non se avede quel che abbi davante.
Partito, come io dico, a lei davante,
Una donzella, poco a quei davante,
Chi la tocca di dietro, e chi davante.
L'avesse ascoso a gli occhi suoi davante.
La dama, e gli altri avea morti davante.
Un sol n'avea, come odisti davante,
La fata sempre fugge a lui davante;
Ecco Rugiero abatte a lui davante
Per ritrovarsi presto a lui davante,
Perch'io ve aviso che a noi qui davante
Dietro a quel fiume che è quivi davante,
Perché l'alba serena, al sol davante,
Fuor quella che va sempre al sol davante;
Il re Ballano a tutti vien davante,
A tutti Feraguto vien davante:
Sempre e nemici a lui fuggon davante.
De la qual vi lasciai poco davante,
E pur mo vi narrai poco davante
E torna ove lasciò, poco davante,
Come io vi dissi su poco davante,
Qual, come io dissi su, poco davante,
Ben mezo miglio a Ranaldo davante;
Questo, giognendo ad Astolfo davante,
Lui mille volte la baciò, davante
Che tutto il petto mi squarciò davante. E nella fronte de l'elmo davante
Per la battaglia de il giorno davante,
Come io vi dico, col capo davante;
L'avian provata nel tempo davan
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Explicitario dell`Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo