Guida metodologica ERATO Accogliere la diversità nei servizi educativi per l’infanzia (0-6 anni) Analizzare, valutare, innovare Coordinato dall’EADAP (Società per lo Sviluppo Armonioso e le Attività Creative dei Bambini) Con il sostegno della Fondazione Bernard Van Leer Le istituzioni partecipanti al progetto ERATO Belgio L’Office de la Naissance et de l’Enfance (ONE) è l’organismo pubblico incaricato in particolare di autorizzare, valutare e accompagnare i servizi educativi per l’infanzia (0-12 anni) nella Comunità francese del Belgio, ma anche di approvare e finanziare l’offerta di formazione continua per le operatrici del settore e di sostenere lo sviluppo della ricerca. Dall’inizio degli anni 2000, l’ONE promuove strumenti e procedure per rispondere ai requisiti di qualità nei servizi per l’infanzia così come sono definiti dai testi di legge. Croazia La Facoltà di Filosofia, fondata nel 2005, è un’importante istituzione dell’Università di Spalato in continuo sviluppo. La Facoltà di Filosofia è composta da 11 dipartimenti di Scienze umane e sociali, in cui insegnano circa 120 professori-ricercatori e si iscrivono circa 440 studenti all’anno. Oltre ai corsi e alle ricerche, la Facoltà di Filosofia organizza anche diverse manifestazioni scientifiche, giornate aperte e seminari rivolti alle operatrici dei servizi per l’infanzia e alle insegnanti delle scuole primarie. Francia L’IEDPE (Istituto Europeo per lo Sviluppo delle Potenzialità di tutti i Bambini), creato nel 1989, è un’associazione senza fini di lucro che riunisce professioniste dell’educazione provenienti da diversi paesi europei. I membri dell’IEDPE, attraverso una struttura di rete, collaborano per realizzare ricerche-azione e formazioni-azione che hanno l’obiettivo di combattere l’insuccesso scolastico, l’analfabetismo e l’emarginazione. Grecia L’EADAP (Società per lo Sviluppo Armonioso e le Attività Creative dei Bambini) è un’organizzazione non governativa che riunisce diverse professioniste dell’infanzia. Fin dalla creazione, nel 1992, la sua finalità è di esplorare, promuovere e diffondere pratiche pedagogiche innovative che favoriscano lo sviluppo delle potenzialità di tutti i bambini da 0 a 8 anni. Per far questo, i suoi membri conducono ricerche-azione e percorsi di formazione nei servizi educativi anche in contesti multiculturali. Italia L’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche è un’importante istituzione italiana di ricerca nel campo delle scienze cognitive ed è da sempre impegnato nella ricerca sociale. Il gruppo di ricerca “Sviluppo umano e società” dell’ISTC svolge da molti anni ricerche-azione sui processi di conoscenza e di socializzazione dei bambini piccoli e sulla valutazione della qualità dei servizi educativi per la prima infanzia. Guida metodologica ERATO Accogliere la diversità nei servizi educativi per l’infanzia (0-6 anni) Analizzare, valutare, innovare Coordinato dall’EADAP (Società per lo Sviluppo Armonioso e le Attività Creative dei Bambini) Con il sostegno della Fondazione Bernard Van Leer Indice Premessa 3 Introduzione Florence Pirard Perché questa guida Valutare: procedure basate sulla documentazione e l’analisi Alcune condizioni da realizzare Qualche chiave di lettura per utilizzare la guida 4 5 6 8 Le relazioni tra le operatrici, le famiglie e i bambini Athina Kammenou e Léna Anagnostopoulos Dalla ricerca-azione alla guida Dall’accoglienza quotidiana alla collaborazione Le riunioni dei genitori: un momento chiave del percorso Conclusioni 9 11 23 23 Come valutare la qualità dell’accoglienza nei servizi per la prima infanzia? (bambini da 3 mesi a 3 anni) Marianne Hardy e Mira Stambak Introduzione Un approccio interattivo in pedagogia e nella formazione Per una valutazione rigorosa della qualità dell’accoglienza: il metodo dell’auto-valutazione regolatrice La co-costruzione di criteri per valutare la qualità dell’accoglienza 24 24 25 29 Come organizzare il contesto educativo affinché tutti i bambini nei servizi per l’infanzia possano costruire conoscenze solide? (bambini tra i 3 e i 7 anni) Hicela Ivon Introduzione Formulazione delle ipotesi di partenza e definizione delle condizioni pedagogiche e metodologiche Lo svolgimento della ricerca-azione Competenze insospettabili nei bambini tra 3 e 7 anni Alcuni elementi di valutazione: l’opinione delle insegnanti delle scuole primarie 31 31 32 34 36 Elaborare un progetto d’azione educativa e analizzare le pratiche con l’ausilio della videoregistrazione: indicazioni metodologiche Florence Pirard, Monique Bréauté, Marie-Hélène Chandon-Coq, Danièle Chauveau e Cécile Gueguen Introduzione Elaborare un progetto d’azione educativa Analizzare e valutare le pratiche educative con supporto video In conclusione: uno sviluppo delle competenze professionali a beneficio di tutti 37 38 43 48 Analizzare la qualità dell’esperienza quotidiana dei bambini nei servizi educativi per l’infanzia: la documentazione scritta Isabella Di Giandomenico, Tullia Musatti e Mariacristina Picchio Introduzione Come documentare e analizzare in maniera partecipata l’esperienza dei bambini? Realizzare procedure di documentazione per analizzare l’esperienza dei bambini Bibliografia La traduzione italiana è stata curata da Isabella Di Giandomenico 49 50 61 62 In memoria di Anne-Marie Thirion Premessa Il progetto ERATO si inscrive nel quadro delle iniziative della Fondazione Bernard Van Leer rivolte a promuovere e sostenere progetti che garantiscano a tutti i bambini tra 0 e 8 anni un ambiente di vita favorevole al loro sviluppo e al loro benessere. Il progetto ERATO si basa sul postulato secondo cui il rispetto della diversità e l’inclusione sociale rappresentano dei punti essenziali per un’accoglienza di qualità che favorisca lo sviluppo delle potenzialità di tutti i bambini e, attraverso questo, combatta l’emarginazione precoce e/o gli insuccessi futuri. Grazie al sostegno della Fondazione Bernard Van Leer, il progetto ha potuto svolgersi nel corso di tre anni (2007-2009) ed è stato coordinato dall’EADAP (Grecia). Cinque équipe di formatori-ricercatori provenienti dal Belgio, dalla Croazia, dalla Francia, dalla Grecia e dall’Italia, impegnati in iniziative di ricerca-azione e di accompagnamento delle pratiche educative, hanno proceduto all’analisi dei materiali raccolti nel corso delle ricerche-azione condotte in contesti educativi e socioculturali diversi. L’esito del lavoro è rappresentato dall’elaborazione di questa guida, concepita come uno strumento di analisi multidimensionale delle pratiche in differenti situazioni educative. La guida propone alcune procedure corredate di strumenti per l’analisi e la valutazione dell’esperienza di vita dei bambini e delle famiglie, così come alcune condizioni da realizzare nelle strutture educative che si occupano della qualità della loro accoglienza. La guida, che mira a promuovere la riflessività delle operatrici dei servizi educativi, si presenta flessibile e adattabile a contesti e gruppi educativi diversi. È, inoltre, tradotta in cinque lingue (inglese, francese, greco, italiano e croato). I partecipanti al progetto ERATO intendono esprimere il loro ringraziamento alla Fondazione Bernard Van Leer per il sostegno senza il quale questo lavoro non avrebbe potuto essere realizzato. Dedicano questa guida alla memoria di Anne-Marie Thirion, professore emerito dell’Università di Liegi, che durante la sua attività professionale ha sempre valorizzato le iniziative di ricerca-azione sull’infanzia. Anne-Marie Thirion ha accompagnato il lavoro del gruppo ERATO contribuendovi con la sua ricca esperienza e i suoi commenti sempre costruttivi. L’augurio del gruppo ERATO è che questa guida possa rappresentare anche per i colleghi di altri paesi un esempio del suo modo di procedere nel lavoro di ricerca: non l’applicazione di teorie o metodi ma la co-costruzione di percorsi contestualizzati e volti a sviluppare “reti di iniziative per l’infanzia locali e integrate”. Ringraziano Michel Vandenbroeck, professore dell’Università di Gent, per le sue riflessioni e i suoi costruttivi commenti all’inizio del progetto, che hanno suscitato il dibattito tra i partecipanti e hanno spronato ciascuno a riflettere sulle implicazioni etiche e politiche nelle quali si inscrivono tutte le iniziative per l’inclusione sociale. Un ringraziamento particolare è rivolto a tutti coloro che hanno partecipato ai comitati di lettura organizzati dall’ONE, così come alle educatrici dell’EADAP, le cui osservazioni e pareri molto pertinenti hanno contribuito alla definizione della presente guida. Infine, gli autori esprimono la loro profonda riconoscenza a tutte le operatrici – educatrici, ausiliarie, insegnanti di scuola dell’infanzia – che, nei rispettivi paesi, sono state coinvolte nelle ricercheazione-formazione e hanno contribuito alla realizzazione di questa guida. Guida metodologica ERATO 3 Introduzione Florence Pirard (ONE, Belgio) Perché questa guida? Questa guida è rivolta a tutte coloro che operano nei servizi per l’infanzia1 – educatrici, dirigenti, coordinatrici, formatrici, responsabili dei servizi ecc. – per sostenerle nei loro percorsi di valutazione della qualità dei servizi educativi e per aiutarle a individuare insieme piste di miglioramento delle condizioni educative che tengano in conto il tema della diversità. Queste pagine propongono alcune indicazioni basate su diverse esperienze europee che possono orientare ogni operatrice2 e ogni équipe nell’elaborazione di percorsi adeguati al proprio contesto. Secondo noi, non esiste una sola via da intraprendere per ottenere una pratica che possa essere considerata sempre e ovunque buona, né esistono metodi standard da applicare, né universali. I percorsi di qualità sono da co-costruire. Valutare per innovare La pratica quotidiana porta le operatrici a interrogarsi, soprattutto in alcune occasioni, come ad esempio: • in occasione di un momento di bilancio di gruppo sul lavoro realizzato; • in occasione di un progetto, di un percorso di formazione, di un cambiamento delle pratiche (per esempio riallestimento di uno spazio, cambiamento nell’organizzazione di un momento di gioco o del pranzo); • in seguito a una situazione affrontata con un bambino, con un gruppo di bambini, con una o più famiglie, con le operatrici; • in occasione di un avvenimento particolare o di un problema da risolvere (per esempio convocazione di una famiglia che non condivide le pratiche attuate con il suo bambino, accoglienza di un bambino diversamente abile). Si tratta, allora, di porsi la questione di fondo relativa alle pratiche educative: sono giuste, auspicabili, valide? In breve: “stiamo facendo bene?” Questo interrogativo acquista tutto il suo senso e la sua utilità nel momento in cui diventa l’occasione per innovare, trasformare, migliorandola, la vita di tutti. Per fare questo, la guida che qui presentiamo ha elaborato alcuni strumenti e messo a punto alcune procedure. Essa apre alcune piste per: • osservare e comprendere quanto succede quotidianamente in un servizio educativo considerando il punto di vista di tutti e di ciascuno; • analizzare insieme gli effetti di ciò che viene realizzato per i bambini, le famiglie e le operatrici; • valutare, aggiustare, migliorare la qualità del servizio in funzione di criteri espliciti e condivisi; 4 Guida metodologica ERATO • assicurare un dibattito reale tra tutte le parti coinvolte: le operatrici, i collaboratori, le famiglie, i responsabili e, soprattutto, i bambini (percorso partecipativo e inclusivo); • elaborare, con la partecipazione di tutti (co-costruire), nuovi saperi per l’azione. Queste procedure invitano ognuno a re-interrogare, a partire dalla propria pratica quotidiana, i propri modelli d’azione sia che siano impliciti sia che siano più specificamente formalizzati nel quadro di una pedagogia di riferimento. Valutare per una qualità effettiva La valutazione della qualità dei servizi educativi, che attualmente rappresenta un tema delle politiche per l’infanzia, si è tradotta in esigenze di qualità sempre più esplicite. Ci interessa notare, in questa sede, che la qualità può essere considerata in due modi molto diversi. Da una parte può essere concepita in riferimento a norme prestabilite ed essere oggetto di una valutazione standardizzata, di solito esterna, che sfocia in misure di regolarizzazione in funzione di criteri predefiniti (qualità normativa). Dall’altra parte, può essere concepita in funzione della pluralità e dell’instabilità delle norme, il cui significato è da ricostruire e co-costruire in base al contesto. Essa si inscrive, allora, in una regolazione delle pratiche in funzione di criteri ridefiniti in situazione (qualità effettiva). La guida poggia su una ricerca della qualità effettiva: promuove la messa in opera di iniziative continuative e contestualizzate; propone alcuni strumenti (diario di bordo e protocolli di osservazione, video) e alcune procedure (con supporto scritto e video) sperimentati in diversi contesti europei (Grecia, Francia, Italia, Belgio, Croazia). Questi strumenti e procedure sono piuttosto diversificati, flessibili e adattabili per far fronte a diversi obiettivi ma anche per contribuire al miglioramento della qualità effettiva dei servizi per l’infanzia. Alcune scelte che ci guidano Gli autori di questa guida condividono una serie di scelte educative che sostengono le procedure e gli strumenti proposti. 1 In tutta la guida, il femminile sarà utilizzato per indicare gli/le operatori/ trici dell’infanzia. 2 Nella versione italiana si è scelto di utilizzare il termine “operatrici” per indicare genericamente le persone che lavorano dentro i servizi per l’infanzia indipendentemente dalla qualifica professionale loro attribuita nei diversi paesi. Per un approccio interattivo all’educazione In riferimento ai lavori dell’IEDPE e del CRESAS, gli autori prediligono un approccio educativo che favorisce contemporaneamente il benessere dei bambini, il loro successo scolastico e la loro inclusione sociale. Secondo loro, l’obiettivo principale delle operatrici è sviluppare le potenzialità di tutti e di ciascun bambino – indipendentemente dalle loro caratteristiche individuali o socioculturali – coinvolgendoli in situazioni educative pensate, analizzate e adattate collettivamente. Pertanto, le eventuali difficoltà incontrate non sono attribuite a caratteristiche individuali e non rischiano di stigmatizzare le persone, né di normalizzare il problema. Piuttosto, viene proposta una procedura di analisi in cui gli operatori cercano di mettere in relazione i comportamenti osservati nei bambini e le condizioni di cura e di apprendimento. Questa analisi permette di identificare e di attivare nuovi interventi a beneficio di tutti e di ciascuno. Questo approccio consente di superare i preconcetti (un certo bambino è considerato aggressivo, una certa famiglia si deresponsabilizza...), e permette anche di acquisire nuovi saperi per l’azione, di sviluppare un’altra prospettiva su di sé e sugli altri. E trasformando le condizioni educative, le operatrici possono scoprire competenze insospettabili nei bambini, nelle famiglie e in loro stesse. Per un coinvolgimento delle famiglie nel lavoro educativo Gli autori della guida ritengono che le famiglie siano attualmente ancora poco coinvolte nella pratica educativa quotidiana. Questo è ancora più vero per le famiglie che hanno condizioni sociali ed economiche difficili, per le famiglie di altre culture o per quelle che hanno un bambino con bisogni specifici. Sempre più numerosi sono i genitori che rivendicano per il loro bambino una qualità migliore dei servizi. Alcuni chiedono di partecipare alla vita del servizio. In alcuni paesi partecipano attivamente alla sua gestione. Da qui l’importanza, per gli operatori, di interrogarsi su questa evoluzione: quali sono i bisogni delle famiglie che accolgono? Come creare e sviluppare una rete di fiducia con esse? Come accogliere, ascoltare, comprendere e accettare i genitori nella loro individualità? Come comunicare con loro su base paritaria? Come integrarli nella vita quotidiana del servizio? L’accoglienza del bambino e della sua famiglia nel servizio è un processo lungo che si realizza poco alla volta e nel quale ognuna della parti coinvolte si confronta con situazioni nuove, particolari, talvolta difficili, che meritano attenzione e riflessione. Per una valorizzazione della diversità La diversità è presente in tutti i contesti educativi, anche se può apparire più evidente in alcuni luoghi. Essa riguarda molteplici questioni (età, genere, cultura, religione, etnia, lingua ecc.) da discutere e trattare senza pregiudizi. I servizi per l’infanzia possono essere luoghi, per le attività che propongono, in cui le persone imparano a conoscersi meglio, a scoprirsi in maniera diversa, uscendo da categorie preconcette. In occasione delle riunioni, dei laboratori, degli incontri informali, le famiglie possono attivarsi attorno a soggetti comuni che permettono a ciascuno di prendere le distanze da un repertorio di pratiche risultante dalla propria esperienza personale e dalla propria formazione, e di aprirsi ad altre pratiche al fine di sviluppare “un repertorio di pratiche condivise”. Per la realizzazione dei contesti di discussione democratici con scambi equilibrati tra i partecipanti Noi pensiamo che una dinamica sociale fondata sulla condivisione e sulla ricerca di equità e di efficacia non possa essere realizzata con procedure tecniche. Essa deve inscrivere l’inclusione e la diversità nella prospettiva etica e politica che considera i servizi per l’infanzia come forum democratici. Inoltre, implica procedure democratiche che favoriscono l’incontro e la discussione tra una pluralità di attori: le diverse operatrici, le famiglie, i bambini, le autorità istituzionali. Su questa base, potranno essere co-costruiti nuovi saperi sui bambini e la loro educazione. Valutare: procedure basate sulla documentazione e sull’analisi Questa guida propone, in ogni contributo, una serie di procedure definite strumenti che si basano, tutte, sulla documentazione3 e l’analisi delle esperienze di vita dei bambini, delle famiglie o, più generalmente, delle condizioni educative. Interrogarsi Se, come già constatato in precedenza, la pratica professionale è fonte continua di interrogativi, non vuol dire necessariamente che questi siano sempre pertinenti: molto spesso le operatrici sono prese nel vivo dell’azione. A volte fanno cose straordinarie senza, tuttavia, considerarle tali. Sempre mosse da una questione che le appassiona, possono essere velocemente distratte dai molteplici fattori di disturbo che possono intervenire nella quotidianità. Spesso anche le pratiche educative con i bambini piccoli possono essere considerate come qualcosa di scontato o una questione di buon senso (“facciamo così da sempre...”). Ma questo modo di pensare evidentemente non favorisce la riflessione che sarà invece efficace soltanto nel momento in cui viene data risposta a una serie di domande. • Come uscire dal vivo dell’azione? • Come dare importanza agli eventi che scandiscono l’attività quotidiana e le danno senso? • Come riconoscere l’esperienza di vita dei bambini nel processo educativo? • Come riconoscere e far riconoscere i saperi impliciti nelle pratiche professionali? • Come riconoscere e far riconoscere le scelte che le operatrici devono fare continuamente? • Come suscitare la voglia e il piacere di interrogare le routine, potenziale fonte di co-costruzione di nuovi saperi? • Come mantenere il filo della riflessione innescata nonostante i molti elementi di interferenza? La risposta a queste domande esige l’attivazione di un lavoro di lungo periodo. È necessario del tempo per diversi motivi. Le educatrici hanno bisogno di tempo per documentare e analizzare gli effetti delle pratiche educative realizzate, aggiustarne il tiro e farlo in diverse situazioni educative (momenti di cura, attività, accoglienza ecc.). Ma il tempo è necessario anche per ricostruire il processo dell’esperienza dei bambini e/o delle famiglie. Infine, ci vuole del tempo per osservare un cambiamento in una dinamica educativa con i bambini, le famiglie e le operatrici. Documentare le pratiche professionali La guida propone un’iniziativa di documentazione pensata, rigorosa, mirata, capace di sviluppare una riflessività professionale. Si tratta, dunque, per le operatrici: • di prendere distanza dall’azione; • di esprimere ciò che le ha colpite in una situazione vissuta; • di prendere del tempo per ricostruirla successivamente a partire da osservazioni; • di conservare traccia di ciò che si svolge con in bambini, con 3 Questo termine è ripreso dalla letteratura pedagogica italiana e indica una pratica professionale riflessiva descritta successivamente. Guida metodologica ERATO 5 le famiglie e tra le operatrici, nella maniera più rappresentativa possibile di ciò che accade tutti i giorni; • di dare un senso nuovo, necessario, alla propria azione educativa. Non si tratta, invece: • di conservare memoria di eventi più o meno eccezionali (feste, visita di un ospite ecc.); • di accumulare e ammassare una quantità di documenti scritti e/o video che rischiano di rimanere inutilizzati, risultando d’ingombro piuttosto che fattori di sviluppo professionale duraturo; • di finalizzare la produzione di documenti destinati a costruire un’immagine ideale del servizio alla quale si desidererebbe corrispondere (attraverso film e servizi fotografici delle rappresentazioni di attività). Bisogna dotarsi di un progetto di osservazione e analisi dello svolgimento della vita quotidiana: • scegliere una situazione (un’attività, una pratica o la globalità di una situazione educativa in un certo periodo); • registrare il suo svolgimento (carta-matita, foto o video); • produrre un documento che permetta di tornare sugli eventi vissuti per analizzarli nel dettaglio e discuterli, secondo modalità di documentazione che possono essere molteplici (video, scrittura ecc.) e talvolta molto semplici. Questa documentazione fa parte integrante dell’attività professionale quotidiana. Contribuisce direttamente allo sviluppo professionale attraverso: • una maggiore presa di coscienza delle proprie azioni e dei loro effetti; • una maggiore capacità di agire; • una maggiore capacità di raccontare e condividere con gli altri le proprie azioni. Nei diversi servizi educativi, queste procedure possono essere più o meno familiari, più o meno praticabili. Si può incorrere in diversi ostacoli di carattere personale, organizzativo o istituzionale, di cui è necessario tener conto nell’organizzazione delle condizioni di lavoro: • alcune operatrici potrebbero non vedere immediatamente l’interesse di queste procedure, ritenendo che la loro attività professionale sia fondata esclusivamente sugli scambi diretti e verbali; • le operatrici possono imparare a documentare attraverso la scrittura o i filmati; • non sempre, nell’organizzazione del lavoro, è previsto del tempo da dedicare alla riflessione sulle pratiche educative, con il rischio che la documentazione sia considerata un’attività supplementare e dipendente dalla buona volontà di ciascuno. La guida individua alcune piste per superare questi ostacoli. Analizzare gli eventi quotidiani sul lungo periodo La documentazione permette di condividere le analisi dell’esperienza vissuta quotidianamente. Le procedure di osservazione, di analisi e di interpretazione evidentemente cambiano secondo la tecnica di registrazione scelta. La documentazione video Per filmare una situazione di vita, un’attività di gioco o di routine, è necessario aver prima scelto la situazione da filmare, la sua durata e la finalità della documentazione. Lo sguardo di colui che filma sicuramente condiziona in qualche modo il prodotto finale attraverso la scelta delle immagini e dell’angolo di osservazione. Ma il filmato prodotto rappresenta un documento abbastanza vicino agli eventi osservati ed è suscettibile di molteplici interpretazioni da parte di coloro che lo analizzeranno. La documentazione scritta Presuppone un lavoro di elaborazione (ri-costruzione) dei fatti e degli eventi accaduti. Al momento della ricostruzione scritta, le operatrici possono riorganizzare le loro osservazioni e il loro vissuto, ri- 6 Guida metodologica ERATO trovandone il significato e dandone una rappresentazione sintetica. La scrittura permette una documentazione dello svolgimento della vita quotidiana e del suo cambiamento. Valutare gli effetti delle condizioni educative sui bambini, sulle famiglie, sulle operatrici Il passaggio dalla documentazione all’analisi e alla valutazione pone la questione dei criteri di riferimento. Criteri pre-stabiliti I criteri generali sono più o meno formalizzati nei diversi contesti di valutazione. Pensiamo, per esempio, alle carte dei servizi, ai documenti di orientamento e ad altri documenti ufficiali elaborati sulla base di valori e di conoscenze condivisi durante un processo democratico e partecipativo. Questi criteri generali spesso possono diventare oggetto di molteplici interpretazioni e stimolano le operatrici a interrogare i significati che vi attribuiscono nei loro contesti specifici. Criteri co-costruiti Le procedure proposte in questa guida forniscono piste per cocostruire criteri di valutazione delle pratiche educative realizzate quotidianamente nei servizi per l’infanzia. Queste presuppongono che le attività di documentazione, di analisi e di valutazione regolatrice realizzate dalle operatrici permettono loro di costruire, insieme e progressivamente, criteri più espliciti e condivisi a priori, contestualizzati nelle loro realtà e culture locali. Le procedure e gli strumenti invitano a: • esplicitare i criteri di ognuno; • arricchire questi criteri attraverso il confronto dei diversi punti di vista in merito alle pratiche educative osservate: - attraverso l’acquisizione di nuovi criteri per l’azione, - attraverso la loro trasformazione o la loro messa in relazione. Alcuni criteri predefiniti possono dunque essere proposti in modo da orientare lo sguardo e l’analisi, indicare delle piste e fornire un quadro globale di lavoro. Tuttavia, questi criteri vanno sempre re-interrogati alla luce delle situazioni incontrate sul campo e che sono state scelte come oggetto dell’osservazione, della narrazione, dell’analisi e, poi, della valutazione. Criteri interdipendenti I criteri prendono in considerazione diversi assi considerati strettamente interrelati: bambini, bambini-operatrici, famiglie, operatrici tra loro. Per esempio, una procedura può essere centrata dapprima sull’analisi, poi sulla valutazione degli effetti delle pratiche educative sui comportamenti dei bambini, inducendo le operatrici a esprimersi con precisione circa quanto hanno osservato nei bambini (sguardo attento, concentrazione, scambi, comunicazioni ecc.) e a metterlo in relazione con i loro modi di agire con i bambini (la loro pedagogia). Ciò le induce a valutare i propri comportamenti e le condizioni educative realizzate. In altre parole, coinvolgere le operatrici nella valutazione di ciò che fanno i bambini le porta ad auto-valutarsi e a valutare il sistema nel quale lavorano. Alcune condizioni da realizzare Le procedure proposte nelle diverse parti di questa guida prevedono la realizzazione di una serie di condizioni (lavoro di gruppo, accompagnamento ecc.) che permettono il loro sviluppo. Queste procedure, che si svolgono in un lungo periodo, prevedono momenti di riflessione sulle pratiche educative, individuali e collettivi, oltre ai momenti di riflessione attivati durante l’azione stessa. Impegnano le operatrici a mettersi in un’ottica progettuale (non solo a fare progetti) o meglio in un’ottica di ricerca (senza diventare ricercatori nel senso stretto del termine), a coinvolgere altri partner interessati al fine di migliorare quanto viene proposto quotidianamente ai bambini e alle famiglie. Il coinvolgimento delle famiglie in questa dinamica partecipativa è evidentemente cruciale. Le famiglie sono interessate a più livelli. Ogni famiglia ha una conoscenza del proprio bambino e ha delle aspettative che portano a porre un’attenzione particolare su quello che succede nei servizi educativi. Si tratta di tenerne conto, offrendo un contesto in cui le famiglie hanno la possibilità di esprimersi, di essere ascoltate e di avere un confronto sul loro bambino e in merito alle condizioni educative che gli sono offerte. Dunque, si tratta di offrire una varietà di modalità, come incontri individuali quotidiani, incontri in piccolo gruppo oppure allargati, un coinvolgimento più diretto nel lavoro con i bambini, occasioni che trasformano l’immagine del servizio educativo in un forum democratico. gruppo attorno a dei progetti di lunga durata, prevedono un’organizzazione del lavoro articolato in diversi momenti di attività, alternando la sperimentazione di nuove pratiche a momenti di riflessione collettiva sull’azione. Questo significa che al di là dei tempi di lavoro con i bambini, l’organizzazione del lavoro deve prevedere con regolarità anche momenti di riunione tra gli attori coinvolti. L’organizzazione di questi diversi momenti articolati tra di loro rappresenta il sistema, il quadro strutturante (e strutturato) necessario per: • mantenere il coinvolgimento di tutti; • ottenere una trasformazione delle pratiche e delle condizioni educative; • sviluppare competenze sia individuali sia collettive. Attivare un lavoro di gruppo Il lavoro di gruppo assume significati diversi secondo i contesti in cui si attua: • alcune operatrici lavorano da sole, isolate, in un posto specifico; • altre lavorano in gruppo, ma senza collaborare necessariamente; • altre ancora preferiscono concertare il lavoro in gruppo e hanno la sensazione di essere arrivate ad assicurare le condizioni necessarie per far ciò; • in alcuni casi, si creano reti locali tra operatrici che costituiscono un quadro di riferimento per la riflessione condivisa e lo sviluppo professionale duraturo. Tutte le procedure proposte nella guida invitano le operatrici a trovare altri partner nel servizio e/o altrove con i quali sia possibile confrontarsi con una certa regolarità sulle pratiche educative quotidiane e sui loro risultati. Perché confrontarsi con altre operatrici? • Questi scambi danno importanza ai dettagli della quotidianità che troppo spesso passano inosservati. • Permettono di attribuire un nuovo significato, maggiormente condiviso, alle pratiche realizzate. • Danno la spinta per osare ad agire in maniera diversa in base agli orientamenti decisi insieme. • Ogni momento di incontro con gli altri, realizzato per fare il punto e per individuare aggiustamenti, attiva percorsi che aiutano a tenere il filo conduttore dei progetti, ad affinare e arricchire l’attenzione di tutti e di ciascuno. • Al di là di una maggiore coerenza nelle pratiche, di un rafforzamento della coesione tra i partecipanti, non vi sono dubbi che questo tipo di procedura favorisca il coinvolgimento di quelle operatrici che inizialmente si mostrano più reticenti, e che contribuisca a sviluppare la motivazione di tutti in maniera duratura. Costruire un sistema per permettere l’analisi Le procedure di questa guida, che sono basate su un lavoro di Appropriarsi di strumenti ad hoc Le procedure proposte in questa guida prevedono tutte la produzione di documentazione carta-matita e di registrazioni audio e video come supporto per l’analisi delle pratiche educative e dei loro risultati. Come già detto in precedenza, queste documentazioni sono diverse ma possono essere usate in maniera complementare. La scelta va fatta in base al contesto e all’oggetto dell’analisi. Il video o la documentazione scritta sono entrambi mezzi che favoriscono una presa di distanza dalle pratiche educative realizzate quotidianamente nel servizio. Permettono di evocare queste pratiche e costituiscono un supporto per la loro analisi e la loro valutazione da parte delle operatrici e di chi collabora con loro. Lavorare con documenti scritti e/o con filmati attiva una buona parte di soggettività. Si tratta di riconoscerlo per poterla tenere sotto controllo. In effetti, la sfida è indubbiamente non tanto di cercare di produrre delle pseudo-verità universali sull’educazione, ma piuttosto di confrontare modi di guardare i bambini, di esaminare le situazioni educative che vengono proposte loro per migliorarle, di rinforzare il lavoro con le famiglie. Questo confronto fra prospettive permette di: Guida metodologica ERATO 7 • rimettere in discussione alcune acquisizioni e/o alcune idee preconcette; • esplicitare i riferimenti impliciti sui quali ognuno si basa per affermare un punto di vista; • lavorare sulle tensioni e sulle contraddizioni tra i punti di vista considerandoli tutti validi a priori; • permettere un altro sguardo su di sé, sull’altro (bambino, adulto), sulle relazioni e sulle condizioni educative che le favoriscono. Dotarsi di un accompagnamento che renda possibile la presa di distanza Le procedure proposte in questa guida saranno molto più efficaci se sostenute da un accompagnamento, che può essere progettato su due livelli differenti e complementari. A un primo livello, l’accompagnamento si traduce nella realizzazione di un sistema che assicura il funzionamento di un lavoro in rete permettendo così le condizioni per un confronto tra punti di vista in merito alle condizioni educative. A un secondo livello, l’accompagnamento si inserisce nella funzione di coordinamento. Infatti, guardare in modo diverso le pratiche quotidiane o gli altri non è semplice. Il confronto tra operatrici o con i genitori favoriscono il decentramento. L’accompagnamento di un coordinatore o di un formatore che non è direttamente coinvolto nella dinamica delle situazioni analizzate e che beneficia di una competenza in materia di educazione, rappresenta un apporto innegabile nell’iniziativa di analisi. Possiamo prevedere alcuni ruoli per il coordinatore: • aiutare a mantenere il filo dei progetti ed evitare la dispersione tra i molteplici compiti e preoccupazioni delle operatrici; • aiutare a costruire un sistema organizzato pianificando le diverse riunioni necessarie alla realizzazione dei progetti, mantenendo coinvolti tutti gli attori in modo realistico; • ri-centrare, in ogni riunione, le discussioni sugli argomenti trattati nei progetti; • spronare ad approfondire l’analisi delle pratiche su questioni sempre più specifiche e puntare a metterle in relazione sistematicamente con i risultati osservati; • favorire così la co-costruzione di criteri condivisi e di saperi professionali; • aiutare a guardare, in maniera diversa, i bambini, le famiglie e gli operatori, sollecitando le educatrici ad analizzare e valutare sequenze, situazioni, osservazioni che non avrebbero notato all’inizio e potenzialmente ricche di insegnamenti; • favorire le relazioni tra le operatrici e gli amministratori per trovare soluzioni adeguate ai problemi di gestione e di organizzazione. Qualche chiave di lettura per utilizzare la guida La guida ERATO propone in tutto cinque contributi che illustrano procedure e strumenti per valutare e migliorare la qualità dei servizi educativi per l’infanzia. Ogni contributo rappresenta un percorso possibile in base agli interrogativi che le operatrici si pongono. Il primo (EADAP, Grecia) studia le possibili trasformazioni nel lavoro con le famiglie dei bambini accolti in servizi in cui la diversità è evidente. Per fare questo, poggia su esperienze e ricerche-azione condotte durante molti anni in contesti multiculturali. Il contributo propone alcuni strumenti che invitano ad analizzare e valutare il lavoro con le famiglie seguendo più assi di intervento: l’accoglienza quotidiana, la comunicazione, il coinvolgimento, la collaborazione individuale e soprattutto collettiva. Per ogni asse, il lettore è invitato a riflettere, a partire da situazioni incontrate abitualmente e da testimonianze che possono fare eco alle sue pratiche educative: “perché” (gli obiettivi), “in funzione di cosa” (i criteri), “come” (procedure professionali, competenze e organizzazione da preferire)? 8 Guida metodologica ERATO Gli strumenti e i supporti previsti sono molteplici: scrittura, registrazioni audio e video. Il secondo contributo (IEDPE, Francia) propone una procedura che permette di valutare le azioni educative a partire dai loro effetti sui comportamenti e le realizzazioni dei bambini. A partire dall’analisi di situazioni filmate, in riferimento ai lavori del CRESAS, le operatrici procedono all’auto-valutazione regolatrice delle loro pratiche: co-costruiscono criteri condivisi di valutazione che permettono loro di adeguare le pratiche in funzione degli obiettivi posti. Vengono proposti numerosi esempi di procedure di analisi che mostrano come la valorizzazione della diversità preveda un approccio che si interessi innanzitutto dei bambini e dello sviluppo delle loro competenze sociali, comunicative e cognitive in condizioni educative che è sempre possibile adeguare e migliorare. Permettere ai bambini di interagire, di confrontare i loro punti di vista nel gioco e in esperienze che li interessino, nel rispetto di sé, degli altri e del materiale, è una vera e propria sfida nell’educazione alla diversità. Il terzo contributo (Università di Spalato), in continuità con i lavori dell’équipe di Parigi, illustra il modo in cui, in una scuola dell’infanzia, bambini di età compresa tra i 3 e i 7 anni costruiscono competenze logico-matematiche in una situazione di gioco simbolico (il mercato) modificata e adattata progressivamente in funzione dell’apprendimento di tutti. Numerosi esempi mostrano le procedure di analisi svolte attraverso micro-analisi di sequenze video. Queste analisi dimostrano che è possibile valutare i progressi dei bambini in base all’approccio educativo messo in opera. L’analisi dei risultati evidenzia non solo che i bambini imparano, compresi coloro considerati inizialmente più deboli, ma che questo accade sviluppando comportamenti solidali. Evidenzia anche la trasformazione dello sguardo degli adulti su ciascuno e su tutti i bambini. A complemento dei contributi precedenti, il quarto (ONE, Belgio, e IEDPE, Francia) presenta alcuni riferimenti metodologici che si traducono in principi d’azione e in strumenti per elaborare progetti d’azione educativi di gruppo, coinvolgendo le famiglie, e per valutarne i risultati con un supporto video. Nella prospettiva dell’inclusione, il lettore è invitato a interrogarsi continuamente sulla portata sociale del lavoro educativo, a interrogarsi su come la diversità si esprime nel suo contesto, anche se questa non appare esplicitamente evidente, anche se non traspare dai contenuti del progetto d’azione scelto inizialmente. Vengono proposti alcuni suggerimenti per coinvolgere tutti gli attori presenti, comprese le famiglie, in una dinamica di rete sempre più allargata. L’ultimo contributo (ISTC-CNR, Italia) è centrato sull’analisi e la valutazione della qualità dell’esperienza quotidiana dei bambini in un servizio educativo. Vi si illustra una procedura che mira ad attivare la riflessione delle operatrici sulla loro pratica educativa (riflessività) e a creare nello stesso tempo uno spazio democratico inter-soggettivo attorno all’educazione della prima infanzia. Viene proposto un quadro organizzativo nel quale le operatrici sistematicamente pongono attenzione all’esperienza quotidiana dei bambini, confrontano i loro punti di vista in merito a questa esperienza basandosi su una documentazione rigorosa, e individuano così piste d’azione per il miglioramento. Il contributo presenta una serie di strumenti, basati sull’uso della scrittura (Diario delle educatrici, Rapporto osservativo e Rapporto di processo) e su momenti osservativi, finalizzati ad orientare lo sguardo su diversi parametri essenziali per comprendere l’esperienza dei bambini e per valutarla. Tutti i contributi propongono un approccio alla qualità dei servizi educativi basato su un principio condiviso: lavorare su una situazione educativa mirata trasforma la qualità del servizio nel suo insieme; viceversa, analizzare e valutare la globalità del funzionamento a partire dalle esperienze dei bambini e delle loro famiglie permette di identificare le situazioni educative da migliorare. La procedura è assolutamente iterativa: il lettore può scegliere liberamente, senza prescrizioni, da quale punto iniziarla. Le relazioni tra le operatrici, le famiglie e i bambini Athina Kammenou e Léna Anagnostopoulos con la collaborazione di Daphné Baron (EADAP, Grecia) Dalla ricerca-azione alla guida Le ricerche-azione condotte dall’EADAP (Società per lo Sviluppo Armonioso e le Attività Creative dei Bambini) si basano sul postulato che il rispetto della diversità e l’inclusione sociale rappresentano punti essenziali per un’accoglienza di tutti i bambini e le loro famiglie nei servizi prescolari. Tali ricerche-azione dimostrano che si può stabilire una stretta relazione tra il coinvolgimento dei genitori e la qualità dell’offerta rivolta ai bambini. Questo contributo della guida fa riferimento ai dati di una ricercaazione in cui è stato messa a punto un percorso per integrare le famiglie nei servizi prescolari e per valutarne l’impatto sulla qualità dell’accoglienza. Questo percorso, che mira a stabilire una relazione triangolare tra il personale, le famiglie e i bambini, è stato sperimentato nel corso di più anni in diversi servizi. Ciò ha permesso di individuare gli elementi che possono essere utili in altri contesti educativi. I risultati della ricerca-azione sono stati rielaborati in modo da permetterne l’uso da parte di operatrici che lavorano nei servizi per bambini di età compresa tra 0 e 6 anni. In base alle domande che si pongono, i gruppi educativi e le persone che li accompagnano (formatrici, coordinatrici, responsabili del servizio, ecc.) avranno la possibilità di esplorare, parzialmente o nella sua totalità, il percorso e gli strumenti presentati in questo contributo, adattandoli alle caratteristiche specifiche del loro contesto. Presentazione della ricerca-azione Il contesto I dati di questo contributo provengono dalla ricerca-azione “Essopos” condotta durante 7 anni (1999-2005) dall’EADAP in tre servizi prescolari di Atene. Si trattava del “Centro Africano di Educazione Interculturale”, servizio privato del tipo nido-scuola dell’infanzia, che accoglieva una cinquantina di bambini tra i 2 mesi e i 6 anni di età, organizzati in sezioni, e di due scuole dell’infanzia comunali di Atene, che accoglievano ciascuna una trentina di bambini dai 3 ai 6 anni. Nonostante le differenze istituzionali, organizzative e materiali (numero di persone che assicurano l’accompagnamento, gruppi di lavoro, materiale pedagogico), questi tre servizi avevano alcuni elementi comuni: • si trovavano in alcuni dei quartieri più svantaggiati della città; • accoglievano bambini di una ventina di nazionalità e lingue diverse, provenienti da condizioni socioeconomiche diverse; • impiegavano personale diversificato quanto a livello di studi, esperienze e profili professionali; • fino all’inizio del progetto “Essopos” non avevano definito una strategia di accoglienza per i genitori, i quali venivano sistematicamente tenuti a distanza. In questi contesti le differenze socioeconomiche, culturali, etniche, individuali, ecc.1 degli attori (adulti e bambini) erano troppo evidenti per essere ignorate o evitate dai partecipanti alla ricerca. Era imperativo non minimizzare le difficoltà, i contrasti, le tensioni, generate dalla varietà degli utenti né di esagerarne l’importanza. Era invece essenziale considerare l’eterogeneità degli attori come un’occasione per fare numerose esperienze reciproche e la diversità come una risorsa di mutuo arricchimento che può contribuire al rinnovamento dei servizi prescolari. Le finalità La ricerca-azione “Essopos” mirava a esplorare alcune procedure e pratiche volte a contribuire alla creazione di uno spazio che: • rispettasse e riconoscesse le molteplici appartenenze, identità e differenze; • creasse ponti che permettessero ad attori di origini sociali e culturali diversificate di incontrarsi, di interagire e di tessere rapporti di partenariato; • desse la possibilità ai bambini e agli adulti di impegnarsi per costruire insieme il loro ambiente di vita. Le azioni Durante lo svolgimento del progetto “Essopos” le azioni sono state rivolte contemporaneamente ai bambini, agli adulti e al quartiere. Tuttavia, in questa guida, è stata integrata solo una parte dei dati: quella che riguarda le relazioni tra gli adulti e tra gli adulti e i bambini. L’obiettivo delle azioni rivolte agli adulti e agli adulti e bambini era quello di stabilire un processo di partenariato tra le operatrici e le famiglie da una parte, e tra le famiglie dall’altra, coinvolgendo il bambino in queste relazioni. Bisogna insistere sul fatto che non si trattava di stabilire rapporti tra adulti, ma una relazione triangolare, nella quale il bambino era in gran parte presente e interlocutore, partner, collaboratore, mediatore. Tenendo conto delle loro possibilità, anche i bambini da 0 a 3 anni erano coinvolti in questa relazione. In effetti, erano loro che avevano maggiormente bisogno di vivere quotidianamente in un clima di intesa e di rapporti calorosi tra i membri della loro famiglia e le operatrici. Questo clima facilitava la transizione famiglia-nido (e viceversa) cosi come l’attaccamento del bambino alle educatrici e al servizio. Il termine “famiglia” è da preferire a quello di “genitori” perché gli interventi avevano luogo in un ambiente sociale nel quale la famiglia allargata era più frequente della famiglia nucleare. Va da 1 Da notare che non si deve ridurre la nozione di diversità alla sola multiculturalità, essendo quest’ultima soltanto una delle componenti della diversità. Guida metodologica ERATO 9 sé che ciò che è valido per la famiglia, lo è ugualmente per la coppia di genitori. Nel lavoro con le famiglie si è fatta la scelta di una co-educazione in partenariato per evitare al bambino una rottura brutale con i suoi riferimenti familiari e offrirgli più coerenza possibile tra l’ambiente educativo e l’ambiente familiare. Nella pratica, ai gruppi educativi che hanno partecipato a “Essopos” è capitato di sostenere eccezionalmente alcune famiglie che chiedevano aiuto (genitori in difficoltà, bambini in pericolo), o quando non c’erano altre soluzioni (genitori clandestini). Infine, tutte le famiglie erano immediatamente informate della ricerca condotta nel servizio e delle sue finalità. Erano invitate a partecipare ed erano rassicurate sul fatto che i tempi e l’entità del loro coinvolgimento sarebbero stati rispettati così come un eventuale rifiuto da parte loro. Inoltre, poiché si trattava di un progetto che si evolveva sia negli obiettivi, negli strumenti, che nelle azioni e che si basava su una relazione di fiducia tra gli adulti, le famiglie erano via via informate, ma anche consultate, sullo svolgimento della ricerca. La durata Il fatto che il progetto “Essopos” abbia avuto una durata eccezionalmente lunga ha permesso di sperimentare numerose pratiche diverse che rinforzavano progressivamente la relazione operatricifamiglie-bambini. In tal modo, è stato possibile studiare le trasformazioni nel tempo e analizzare le loro evoluzioni in relazione alle azioni messe in atto. Il lavoro di gruppo e l’accompagnamento La ricerca-azione è stata condotta in tre servizi diversi. Per questa ragione abbiamo dovuto adattare l’impianto alle caratteristiche di ogni contesto. Tuttavia, una caratteristica comune è stato il lavoro di gruppo accompagnato da alcuni formatori. Durante la durata della ricerca le riunioni si svolgevano nel corso di tutto l’anno con la stessa frequenza: • una volta a settimana si teneva una riunione del servizio, alla quale partecipava l’insieme del personale e le formatrici; • una volta al mese la riunione di sintesi con il gruppo allargato (l’insieme delle educatrici2, delle formatrici e delle responsabili scientifiche della ricerca); • se necessario, si tenevano alcune riunioni straordinarie, o a livello del servizio o al livello del gruppo allargato, secondo la gravità della situazione da affrontare. Il lavoro di gruppo e l’accompagnamento sono auspicabili e necessari quando si tratta di condurre una ricerca-azione o di sperimentare parzialmente o totalmente la guida. Tuttavia, il seguente contributo presenta alcuni punti che possono ispirare anche il lavoro di un gruppo non accompagnato da formatori e di operatrici isolate che non possono beneficiare del sostegno di un gruppo. In questi casi, tenendo conto del contesto nel quale lavorano e delle situazioni alle quali devono far fronte, le operatrici possono operare alcune scelte negli obiettivi o nel percorso realizzando ciò che sembra loro realizzabile. litativi (contenuto dei messaggi scambiati). La registrazione audio e/o video è stata introdotta quando le famiglie si sono sentite in confidenza, inizialmente per registrare scene collettive e/o centrate attorno ad attività specifiche. Concretamente, le registrazioni audio o video erano utilizzate durante le riunioni dei genitori, e in particolare il video, durante le uscite, le feste e le attività tipo i laboratori, i giochi organizzati, ecc, alle quali partecipavano numerosi attori, adulti e bambini. Le registrazioni avevano una doppia funzione. Permettevano all’équipe di disporre di una rosa di informazioni riguardanti i comportamenti, gli argomenti affrontati, il clima generale, che facilitava le analisi e le valutazioni. Inoltre, il video serviva come pretesto per organizzare delle sessioni di proiezione rivolte alle famiglie e ai bambini che, in generale, erano molto apprezzate. Anche queste sessioni avevano un doppio obiettivo: da una parte informare i partecipanti e alimentare il dialogo con loro, dall’altra parte avvicinarli progressivamente al processo di valutazione. Al fine di rispettare le norme deontologiche, i documenti come i diari di bordo settimanali, i rapporti di sintesi, i quaderni e le cassette audio di comunicazione, erano riservati a un uso interno. Gli altri documenti, come le registrazioni audio e video focalizzate su azioni specifiche, erano ascoltate o visionate da tutti coloro che avevano partecipato all’elaborazione e alla realizzazione di queste azioni. Un percorso per tappe I gruppi educativi che hanno intenzione di stabilire una collaborazione con le famiglie e i bambini possono ispirarsi a questo contributo della guida per organizzare il loro lavoro quotidiano. Di seguito, sono presentate le tappe di un percorso sufficientemente flessibile che propone alcune piste da esplorare concedendo alle operatrici un largo margine di libertà per poterlo adattare alle condizioni specifiche del loro servizio. L’osservazione Durante il corso dell’anno l’équipe osserva i comportamenti delle famiglie nei confronti del servizio, delle operatrici, del/i loro bambino/i, degli altri bambini e famiglie. Si tratta di procedere a una osservazione sistematica, al fine di evitare impressioni casuali o occasionali, che possono indurre il personale a interpretazioni affrettate. Gli appunti nei diari di bordo settimanali si devono limitare strettamente alla descrizione dei comportamenti osservabili. Settimana dopo settimana, le educatrici annotano gli eventuali cambiamenti intervenuti nel corso dell’anno. Per ogni cambiamento vengono annotati anche i comportamenti che testimoniano questa evoluzione. Va segnalato che i genitori disponibili a partecipare all’esperienza devono essere informati, fin dal principio, sul fatto che i dati vengono raccolti attraverso le osservazioni. Successivamente, e man mano che si instaura un clima di fiducia, il personale può rispondere alle eventuali domande e spiegare ai genitori che l’osservazione è semplicemente una delle tappe del percorso. Una prima analisi Gli strumenti Per la raccolta dei dati, al fine di procedere alla loro analisi e alla valutazione degli effetti delle pratiche sull’evoluzione della relazione triangolare, le équipe che hanno partecipato alla ricerca hanno dovuto riflettere sul tipo di strumento più adatto ad ogni situazione. La documentazione scritta, e in particolare i diari di bordo settimanali, sono stati il mezzo per annotare sistematicamente i fatti, gli argomenti di discussione, i comportamenti, il clima durante i momenti personalizzati come l’accoglienza quotidiana delle famiglie o gli incontri individuali con i genitori. La comunicazione con le famiglie, per scritto, per telefono o per audiocassetta ha fornito elementi importanti, nella misura in cui ha permesso l’analisi sia di dati quantitativi (numero dei messaggi scambiati) che di dati qua- 10 Guida metodologica ERATO Il contenuto dei diari di bordo viene analizzato durante le riunioni mensili del personale. L’équipe deve evitare il più possibile di etichettare le famiglie e/o di entrare nel campo psicologico. Non si tratta di riflettere sui diversi motivi (personali, socioculturali, ecc.) che possono spiegare i comportamenti osservati, perché questa procedura si collocherebbe su un piano fuori dal ruolo educativo. Piuttosto, la riflessione può essere guidata da doman- 2 In questo contributo il termine educatrici designa le operatrici che lavorano direttamente con i bambini. de del tipo: in che misura le famiglie sono consapevoli del ruolo della struttura educativa oppure delle potenzialità dei bambini? Quali sono le relazioni tra l’organizzazione dell’accoglienza delle famiglie e dei bambini da una parte e le loro reazioni e comportamenti dall’altra parte? Obiettivo Emergono dalla prima analisi e formulano i propositi dell’équipe in vista del miglioramento dei rapporti con le famiglie e i bambini. Vengono definiti o ridefiniti e annotati dalle educatrici durante le riunioni mensili. Si modificano in base alle priorità dell’équipe che dipendono anch’esse dalle situazioni incontrate. I criteri Scaturiscono dalle analisi e dagli obiettivi. Durante le riunioni mensili l’équipe definisce il più precisamente possibile i cambiamenti dei comportamenti osservabili che potrebbero documentare il raggiungimento degli obiettivi. Durante tutto l’anno, e via via che le situazioni evolvono, i membri dell’équipe co-costruiscono nuovi criteri, completano o affinano quelli già elaborati e registrano il tutto nei loro rapporti mensili. La pianificazione e la realizzazione delle azioni Durante le riunioni settimanali le educatrici formulano alcune possibili azioni mirate alla realizzazione degli obiettivi fissati, definiscono la progressione delle azioni nel tempo, la loro successione e il ruolo degli attori coinvolti. Questo lavoro viene annotato nei diari di bordo. In seguito, le educatrici attivano le azioni, osservano gli effetti e li scrivono nei diari di bordo oppure procedono con le registrazioni audio o video, secondo i casi. Le analisi e le valutazioni a intervalli regolari L’analisi dei diari di bordo e delle registrazioni, ma anche di altri documenti come le audio cassette e i quaderni di corrispondenza con le famiglie, permettono di stabilire i legami tra le azioni realizzate e l’evoluzione dei comportamenti delle famiglie dei bambini. Sulla base dei criteri definiti dai suoi membri, l’équipe può anche stimare quanto il sistema realizzato ha permesso il raggiungimento degli obiettivi. Le analisi e le valutazioni sono realizzate dall’équipe allargata durante le riunioni mensili e sono documentate nei verbali di queste riunioni. Gli adattamenti Sulla base delle valutazioni successive, le operatrici possono procedere talvolta a dei riadattamenti, annotati nei rapporti mensili, che riguardano: la ridefinizione degli obiettivi, che può comportare modifiche durante le tappe successive, la modifica delle azioni che non hanno avuto gli effetti desiderati, cosa che richiede nuove analisi e valutazioni. Alcune chiavi di lettura La parte seguente comporta quattro assi di intervento: • l’accoglienza quotidiana • la comunicazione • il coinvolgimento • la collaborazione Ogni asse è composto: • da una breve introduzione che inquadra l’argomento, • dalla presentazione delle situazioni incontrate abitualmente nei servizi educativi, • dagli obiettivi che si possono definire in relazione alle situazione incontrate sul campo, • dai criteri di valutazione: nella colonna di sinistra vi sono alcuni esempi di criteri che possono testimoniare il raggiungimento de- gli obiettivi, nella colonna di destra sono presentati alcuni interrogativi che scaturiscono dai criteri, • un paragrafo sugli interventi che le educatrici possono fare e che è composto da due sottoparagrafi che propongono: - alcuni comportamenti che le operatrici possono adottare a fronte della varietà delle situazioni incontrate, - alcuni spunti di organizzazione del lavoro quotidiano con le famiglie. La colonna di sinistra presenta le situazioni da realizzare per favorire la relazione personale-famiglie-bambini. Nella colonna di destra vi sono le testimonianze degli attori adulti (operatrici e genitori) coinvolti in un’esperienza simile. Dall’accoglienza quotidiana alla collaborazione Ognuna delle quattro sotto-parti che seguono corrisponde a un asse di intervento che viene presentato separatamente, semplicemente per una migliore comprensione del testo. In realtà le quattro parti costituiscono diverse dimensioni di uno stesso percorso che, essendo progressivo, non risulta per questo meno globale. Ovviamente, stabilire relazioni con le famiglie è un processo lungo e in evoluzione che bisogna costruire gradualmente. Da una parte, si hanno poche occasioni di vedere le famiglie coinvolte in progetti d’azione educativa o collaborare con il personale se non si sentono ben accolte nel servizio. È più facile che i genitori esprimano il loro punto di vista se è presente un clima di familiarità. Dall’altra parte, per mantenere e far evolvere nel tempo le relazioni, è necessario considerare gli assi della procedura come un tutt’uno e affrontarli in maniera congiunta: è evidente che bisogna assicurare, durante tutto l’anno, un’accoglienza calorosa alle famiglie e ai bambini, alimentare un dialogo permanente con loro al fine di preservare la loro volontà di partecipare alla vita del servizio così come il loro desiderio di collaborare con gli altri protagonisti. L’accoglienza quotidiana Si tratta di momenti quotidiani, indipendentemente dall’ora del giorno (arrivo o uscita del bambino, altro momento), durante i quali i genitori o altri membri della famiglia si trovano a contatto con uno o più operatori del servizio. Questi momenti sono essenziali per stabilire un clima di fiducia, per conoscersi reciprocamente, per attenuare o vincere le resistenze e dimostrare in maniera tangibile alle famiglie e ai bambini che il servizio è aperto e accoglie tutti e tutte senza alcuna eccezione. È, poi, assolutamente necessario che il personale ponga particolare attenzione all’accoglienza quotidiana nel corso di tutto l’anno, anche quando il contatto con le famiglie è ormai stabilito. Obiettivo Far comprendere a tutte le famiglie che sono, insieme ai loro bambini, i benvenuti nel servizio. I criteri Ogni gruppo stabilisce i criteri che gli permettono di valutare il progetto realizzato per raggiungere l’obiettivo che aveva precedentemente fissato. È evidente che i criteri sono definiti in base alle situazioni specifiche del contesto. Quindi, quelli presentati di seguito possono essere modificati, completati e adattati a contesti diversi. Ogni équipe può, ad esempio, porsi alcune questioni sugli aspetti quantitativi della frequenza e della durata della presenza delle famiglie nel servizio e definire ciò che è possibile per le famiglie e ciò che è sostenibile per le educatrici. Ma può anche riflettere sugli aspetti qualitativi. Ad esempio, si tratta di una semplice presenza in un luogo accogliente oppure un modo, per le famiglie, di manifestare il loro interesse, premessa per un futuro coinvolgimento? Guida metodologica ERATO 11 Situazioni frequenti Le famiglie si avvicinano alla struttura educativa con pensieri, aspettative, bisogni diversi. Quindi, assumono spontaneamente, nei confronti dell’istituzione, comportamenti diversi che le educatrici notano. Qui accanto sono presentate alcune delle situazioni più frequenti che un gruppo educativo può incontrare. Questa lista non è esaustiva, evidentemente, e può essere completata. Le famiglie all’inizio: • si mettono a disposizione del personale, discutono, ascoltano; • si tengono a distanza, evitano i contatti e le discussioni; • si mostrano ostili, minacciano, manifestano aggressività; • esprimono angosce e paure; • invadono gli spazi, sono esigenti, vogliono imporre i loro punti di vista. Esempi di criteri Domande da porsi I comportamenti iniziali si sono evoluti in maniera significativa • • • • • La frequenza e la durata della presenza della famiglia nel servizio • Si modificano durante l’anno? In che modo? • Le famiglie si trattengono sempre più spesso all’interno del servizio? • Rispettano il tempo dedicato all’accoglienza? • Esprimono il loro interesse per le attività dei bambini? Il posto del bambino durante l’accoglienza • Il bambino rimane vicino alla persona che lo accompagna? Mostra difficoltà nella separazione? • Il bambino rimane in un angolo, silenzioso, oppure urla e piange? • Il bambino va verso i suoi compagni o verso i materiali di gioco? • Il bambino è oggetto di un’attenzione particolare da parte degli adulti (genitori ed educatrici), rimane vicino a loro? Quando è più grande, discute, è ascoltato dagli adulti? Gli atteggiamenti di disponibilità si sono consolidati? La distanza è diminuita? L’ostilità si è attenuata o è scomparsa? L’ansia si è attenuata? Gli eccessi si sono ridotti? Le iniziative delle operatrici: comportamenti da adottare La varietà delle famiglie accolte, così come i loro diversi modi di avvicinarsi alla struttura educativa, “costringe” il personale, di conseguenza, ad adottare comportamenti diversi. Qui accanto vi sono alcuni punti che possono facilitare e migliorare il contatto e le relazioni con le famiglie. Durante i momenti dell’accoglienza, il personale trova i mezzi per: • sostenere il comportamento positivo delle famiglie che collaborano; • incoraggiare e stimolare quelle che si tengono a distanza; • rassicurare i genitori ansiosi; • calmare i genitori che manifestano aggressività; • porre dei limiti a coloro che hanno la tendenza a oltrepassarli (invadono, esigono ecc.). Spunti organizzativi SITUAZIONI DA REALIZZARE Al fine di organizzare meglio l’accoglienza quotidiana, è importante per le educatrici: TESTIMONIANZE • Prendere in considerazione la disponibilità e gli obblighi delle famiglie. È necessario, evidentemente, informarsi sui membri della famiglia che possono accompagnare il bambino così come i momenti in cui possono liberarsi dagli impegni familiari, professionali e altro, al fine di privilegiare questi momenti in cui le famiglie sono maggiormente disponibili. “Quando abbiamo cominciato a prendere appunti, abbiamo capito che i genitori avevano più fretta al mattino piuttosto che nel pomeriggio in cui erano, invece, più rilassati. Abbiamo quindi allargato la fascia oraria dell’uscita, che da quel momento si è svolta tra le 16 e le 18. In questo modo, non solo abbiamo evitato la confusione al momento del commiato ma, avendo ritmi più calmi, abbiamo anche potuto offrire un saluto personalizzato ad ogni famiglia. Inoltre, per i genitori che non erano disponibili né al mattino né al pomeriggio, abbiamo organizzato altri momenti della giornata; questi genitori erano molto colpiti da questa iniziativa.” 12 Guida metodologica ERATO • Organizzare la gestione dei momenti dell’accoglienza, suddividere i compiti tra i membri dell’équipe, tenendo conto dei doveri istituzionali e della disponibilità di ogni operatrice. Ragionare sulla scelta del luogo più adatto in cui accogliere le famiglie. “Dopo qualche mese di prove e via via che i genitori si mostravano più sensibili ai nostri sforzi, abbiamo abbandonato la pratica in vigore fino ad allora, cioè l’accoglienza assicurata dalla o dalle educatrici disponibili al momento. In seguito, era l’educatrice responsabile del bambino che accoglieva i suoi genitori.” “È stato cambiato anche il luogo in cui si svolgeva l’accoglienza: dall’ingresso, abbiamo preferito spostare lo svolgimento di questo momento nella sezione in cui il bambino sta abitualmente durante la giornata... igenitori hanno accolto favorevolmente tutti questi cambiamenti... erano più aperti, più amichevoli, più affabili.” • Organizzare il programma quotidiano in modo da assicurare un’accoglienza non solo calorosa ma che possa rappresentare anche la base sulla quale costruire gradualmente rapporti di collaborazione. “Aprendo le porte delle sezioni, i genitori potevano ammirare i prodotti del bambino, aiutarlo a finire un’“opera” o semplicemente giocare con lui e parlare con noi degli avvenimenti del giorno... questo ha cambiato tutto.” “Nella sezione dei piccoli i genitori trascorrono qualche momento con il loro bambino, condividono un gioco con lui, scoprono i materiali, ci pongono delle domande.” • Trovare i mezzi per informare continuamente le famiglie sulle azioni e i progetti pedagogici del servizio, così come sulle occupazioni e le “opere” del loro bambino, ma anche dei suoi amichetti. “Il programma settimanale di ogni sezione, tradotto in più lingue, era affisso sulla porta della stanza delle attività, fatto che portava molti genitori a porre domande sulle azioni programmate.” “Il fatto di scoprire il modo di essere e di fare del bambino, così come le sue realizzazioni, stimolava i genitori a informarsi sui motivi della scelta delle attività, le modalità per realizzarle nel servizio o a casa.” • Cercare i mezzi per facilitare la comunicazione con le famiglie straniere che non comprendono bene o per niente la lingua del paese ospitante. “Le operatrici, secondo i casi, hanno potuto far ricorso alla traduzione o di una terza persona vicina alla famiglia, oppure di una sorella o un fratello maggiore, già scolarizzato e quindi bilingue.” “È anche successo che il bambino stesso facesse da interprete una volta imparata la lingua del paese ospitante. La mimica, gli schemi e i disegni possono facilitare la comunicazione. Infine, in alcuni servizi, le lettere e le comunicazioni ufficiali sono state tradotte nella maggior parte delle lingue da altri genitori della stessa nazionalità e distribuite alle famiglie attraverso i loro bambini.” • Accogliere i genitori alla presenza dei loro bambini. “Abbiamo notato che i bambini erano felici di vedere i genitori nel loro ambiente. I più grandi erano molto orgogliosi di mostrare le loro opere, invece i più piccoli esprimevano il loro piacere con sorrisi e gridolini di gioia.” Guida metodologica ERATO 13 che più spesso prendono l’iniziativa della comunicazione e introducono i temi da condividere. Le educatrici colgono l’occasione anche per far comprendere alle famiglie il quadro e il contenuto della comunicazione. Col tempo, la maggior parte delle famiglie entra nel ruolo e porta nella discussione idee o preoccupazioni. La comunicazione Soprattutto durante l’accoglienza quotidiana, i contatti tra le operatrici, la famiglia e il bambino si concretizzano in scambi reciproci. Si tratta, allora, di mantenere e alimentare i canali di comunicazione durante tutto l’anno, di favorire le interazioni e soprattutto di convincere i genitori che non si tratta di indagare sulla loro famiglia o sul loro bambino, ma di una comunicazione reciproca. Le operatrici spiegano con semplicità e regolarità gli obiettivi e le azioni del servizio, informano sulle potenzialità e le realizzazioni del bambino. Sono in ascolto delle famiglie e dei bambini e fanno in modo che si sentano a loro agio nel porre domande, nell’esprimere bisogni e richieste, nel manifestare obiezioni, nel sostenere i punti di vista, nel fare proposte. Attraverso il dialogo, le operatrici possono farsi un’idea delle culture familiari, sia dei genitori autoctoni sia degli immigrati, individuando in quale modo esse influenzano le loro idee sull’educazione e le loro aspettative nei confronti del servizio. Le operatrici possono così ottenere informazioni anche sulle differenze culturali che riguardano le abitudini alimentari, il rapporto con il corpo, il ruolo dei sessi ecc., così come la lingua (o le lingue) parlata al bambino. Queste informazioni saranno di una grande utilità sia per l’organizzazione della vita quotidiana dei bambini sia per l’elaborazione di progetti di azione educativi. Va da sé che all’inizio dell’anno, con le famiglie nuove arrivate o con quelle che sono più riservate o diffidenti, sono le educatrici Gli obiettivi • Stabilire scambi essenziali e regolari con le famiglie e i bambini. • Favorire la comunicazione tra le famiglie. • Coinvolgere il bambino nella comunicazione, come interlocutore privilegiato. I criteri I criteri per valutare i risultati delle situazioni realizzate per la comunicazione tra personale, famiglie e bambini, sono elaborati dai membri dell’équipe in base agli obiettivi che hanno stabilito. Sono sempre loro che devono definire, per esempio, cosa intendono per regolarità degli scambi, tenendo conto dei vincoli della vita quotidiana delle famiglie, e analizzarla rispetto alla procedura attuata per facilitare la comunicazione. Spetta a ogni équipe anche riflettere sulla dimensione culturale degli argomenti affrontati e/o definire i limiti della dimensione affettiva degli scambi, prendendo in considerazione sia le proprie scelte sia le reazioni delle famiglie. Situazioni frequenti Per quanto riguarda la comunicazione, si possono incontrare due tipologie di casi: gli scambi tra personale e famiglie e quelli tra famiglie. Può darsi che una famiglia adotti lo stesso comportamento in entrambi i casi oppure, al contrario, che differenzi il proprio comportamento in base alle persone a cui si rivolge. Senza entrare nei dettagli, è possibile incontrare le situazioni descritte qui accanto, che l’équipe ha interesse a rilevare per poter, nel corso dell’anno, valutare le eventuali modifiche apportate. Le famiglie: • si impegnano facilmente nel processo di comunicazione e di dialogo; • rifiutano o evitano tutti gli scambi sociali; • si accontentano di scambi formali e/o distanti; • esprimono un bisogno eccessivo di scambi Esempi di criteri Domande da porsi La modifica dei comportamenti • • • • La regolarità degli scambi • Gli scambi hanno degli alti e dei bassi, sono intermittenti, discontinui? • Sono diventati e stanno diventando regolari e continui? Gli argomenti affrontati dai membri della famiglia • Gli argomenti sono limitati, sempre gli stessi, superficiali (es: la moda, il tempo ecc.), personali? • Si limitano a domande relative all’organizzazione del servizio o alla vita quotidiana del bambino (pasti, riposo, imprevisti)? • Riguardano le caratteristiche del bambino (sviluppo, potenzialità, difficoltà)? • Sono relativi all’approccio pedagogico dell’équipe (obiettivi, metodi, valutazione)? • Si interrogano sui rapporti tra i diversi protagonisti? Gli scambi tra famiglie • Gli scambi sono assenti, limitati, conflittuali? • I genitori discutono tra loro? Si scambiano impressioni, idee, preoccupazioni? • Gli scambi avvengono solo tra famiglie dello stesso gruppo linguistico/etnico? • Gli scambi sono generalizzati tra tutte le famiglie? 14 Guida metodologica ERATO La disponibilità alla comunicazione è stata mantenuta? Le resistenze e il rifiuto si sono attenuati? Gli scambi sono diventati più naturali, più calorosi? Gli eccessi sono diminuiti? Il ruolo del bambino in quanto interlocutore a pieno titolo • Il bambino può esprimere liberamente i propri bisogni, desideri, interessi? Può proporre e difendere le proprie idee? • Può manifestare senza timori il suo disagio, il suoi dubbi, il suo rifiuto? • Ha l’impressione, la prova, di essere capito dagli adulti? Può decifrare le loro intenzioni di comprendere le sue espressioni verbali e non? • Le reazioni degli adulti ai più piccoli, che manifestano malessere o benessere, danno loro la percezione di essere compresi? Le iniziative delle operatrici: comportamenti da adottare L’esperienza ha dimostrato che il quadro abituale della comunicazione famiglia-personale, cioè i colloqui individuali e le riunioni con i genitori, ha una portata limitata. Le operatrici si lamentano che “sono sempre gli stessi che vengono o che parlano alle riunioni”. I genitori criticano il modo in cui sono organizzate le riunioni che “lasciano sempre un po’ delusi”. L’esperienza ha mostrato anche che di fronte all’invito delle operatrici a discutere delle attività o del bambino, le famiglie hanno reazioni diverse. Senza essere una regola, anche all’interno della stessa famiglia, in generale le mamme hanno più facilità dei padri ad affrontare la discussione. Di fronte a varie tipologie, il personale cerca di: • Preservare la tendenza a comunicare delle famiglie che sono disponibili ai contatti. • Incoraggiare quelle che rifiutano o che si limitano a scambi strettamente formali. • Contenere gli scambi eccessivi senza scoraggiare i genitori. • Evitare gli argomenti non di carattere pedagogico (per esempio: problemi personali) senza mettere in pericolo la comunicazione e rendendo evidente il quadro e i limiti della discussione. • Attirare i genitori proponendo loro argomenti interessanti e stimolanti (per esempio: le potenzialità e le “opere” del loro bambino). • Facilitare la comunicazione tra le famiglie. • Prevedere la presenza del bambino come interlocutore a pieno titolo. Spunti organizzativi SITUAZIONI DA REALIZZARE Al fine di porre le basi della comunicazione con le famiglie e i bambini e facilitare il dialogo, si consigliano alcuni accorgimenti. TESTIMONIANZE • Essere disponibili e calmi quando si tratta di fissare colloqui programmati o imprevisti (in caso di bisogno) oppure riunioni con i genitori. “Da noi i genitori segnano sul quaderno delle comunicazioni i giorni e le ore durante i quali possono liberarsi dai loro impegni.” “Da quando abbiamo allungato di due ore la fascia oraria dell’uscita dei bambini, abbiamo avuto il tempo di discutere con i genitori singolarmente o in piccoli gruppi.” • Predisporre i mezzi per rendere possibile ed efficace la comunicazione con i genitori e i bambini stranieri. “Nel mio servizio la lingua comune era il greco, ma tutte le altre lingue avevano il diritto di essere parlate. Abbiamo creato con i bambini dei dizionari bilingui illustrati, con le parole più usuali, ci arrangiavamo continuamente per trovare i traduttori e discutere con i genitori. Erano talmente commossi che avrebbero fatto qualsiasi cosa per il servizio.” “Abbiamo imparato qualche parola nella loro lingua... parole di cortesia... formule di saluto... sono così contenti! Per i bambini, conosciamo parole molto utili: il pane, l’acqua, la nanna, il bicchiere... è un gioco... ci scambiamo le nostre parole.” Cartello bilingue greco-albanese Guida metodologica ERATO 15 • Trovare i mezzi per comunicare con le famiglie che, per motivi diversi (lavoro, malattia, handicap, allontanamento ecc.), non possono essere presenti nel servizio, e con le famiglie che non sanno leggere né scrivere la lingua del paese ospitante. “I nostri principali mezzi di comunicazione sono stati: • le comunicazioni telefoniche in giorni e orari fissi; • lo scambio di audiocassette tramite il bambino. Le educatrici registravano le informazioni riguardanti la vita e i progetti del servizio, le attività, i progressi o le difficoltà del bambino, ecc. La famiglia potrebbe rispondere con la stessa modalità, ponendo delle domande. Dando informazioni sul bambino, ecc. Questo strumento maneggevole ed economico, darebbe anche la possibilità di esprimersi nella propria lingua da una parte e dall’altra, cosa che colpisce positivamente soprattutto i genitori di origine straniera.” • Per tutte le famiglie, prevedere un invio regolare di documentazione, tramite il bambino, che non solo informa le famiglie ma diventa la base per la discussione e lo scambio. “A parte le cose consuete (produzioni del bambino, quaderno delle comunicazioni), inviamo, in più, ogni mese o ogni due mesi, alcuni brevi testi molto semplici, illustrati con degli schemi. Vi sono informazioni sullo sviluppo dei bambini, o il progetto pedagogico del servizio, oppure il calendario delle varie manifestazioni. Quando vengono a trovarci, abbiamo di che parlare.” “Per gli stranieri i testi che inviamo sono tradotti nella loro lingua da altri genitori che hanno le stesse origini. Litigano per decidere chi potrà tradurre.” • Avviare le discussioni a partire dai fatti concreti al fine di facilitare la comprensione non solo da parte di coloro che non parlano la lingua del paese, ma anche di coloro che non hanno le idee chiare sul lavoro svolto in un servizio prescolare. “La mamma ha esplorato i giochi dei più piccoli (fino a 8 mesi) poi ha cantato con noi.” “I genitori erano molto sorpresi nello scoprire gli angoli del gioco simbolico nella sezione dei bambini di età compresa tra i 9 e i 24 mesi, e soprattutto quando hanno visto quello che i bambini vi facevano.” “Quando abbiamo aperto le sezioni, i genitori hanno visto i laboratori e i giochi, quando hanno visto i bambini impegnati, e soprattutto quando hanno voluto partecipare anche loro è stato allora che hanno posto domande che hanno fatto commenti molto pertinenti in seguito, discutere con loro è diventato facile e appassionante.” • Mirare a sostenere l’interesse delle famiglie e a orientarle verso le azioni pedagogiche e verso le potenzialità del bambino. Il coinvolgimento Si tratta di un processo da attivare, nel caso in cui il personale abbia intenzione di coinvolgere le famiglie in un certo numero di attività e/o di progetti d’azione educativa e, più in generale, nella vita del servizio. È evidente che si tratta di un processo a lunga scadenza. Presuppone la preparazione del terreno per instaurare e mantenere, durante tutto l’anno, un clima di buone intenzioni, di accoglienza calorosa e di dialogo costante tra gli adulti e tra adulti e bambini. Questo clima 16 Guida metodologica ERATO Avere l’occasione di seguire le connessioni tra le attività e l’evoluzione dei bambini porta le famiglie a passare dai semplici termini di cortesia ad argomenti riguardanti gli obiettivi e le modalità delle azioni o dei progetti, lo sviluppo del bambino. “Libri (di stoffa) a quest’età (sezione dei bambini di età compresa tra i 2 e i 9 mesi) serve davvero questo?” “Non avrei mai pensato che fosse capace di tagliare con le forbici.” “Vederlo giocare con gli altri... non riesco a crederci... a casa litiga continuamente con sua sorella.” permetterà alle famiglie di comprendere e di integrare gli obiettivi e le strategie del servizio, di sentirsi interessati da ciò che vi accade e di aver voglia di parteciparvi. Le famiglie saranno sempre più attive avendo la possibilità di partecipare all’elaborazione, alla realizzazione e alla valutazione dei progetti, e sempre più motivate laddove i loro contributi (elementi culturali, conoscenze) saranno riconosciuti e integrati nella stessa misura di quelli degli altri nelle attività del servizio. Anche le famiglie che non hanno intenzione di integrarsi nel paese, spesso perchè sono di passaggio, possono lasciarsi coin- volgere dall’atmosfera complessiva e vivere l’esperienza del servizio come un luogo rilassante e piacevole. Questo clima si rivela decisamente motivante anche per i bambini che si lasciano coinvolgere più facilmente nelle attività alle quali partecipano i loro genitori. Gli obiettivi Coinvolgere le famiglie in alcune azioni/progetti e nella vita quotidiana del servizio. Favorire le interazioni famiglie-bambini attraverso attività condivise. Arricchire le azioni e i progetti pedagogici, allargare l’orizzonte dei bambini attraverso i contributi delle famiglie. I criteri Al fine di stimare in che misura le iniziative adottate dall’équipe edu- cativa abbiano favorito il coinvolgimento delle famiglie, le interazioni tra bambini e genitori e l’arricchimento delle azioni e dei progetti, le educatrici possono riflettere sui criteri e sulle domande elencate di seguito. Bisogna precisare che ogni équipe deve riflettere sulle modalità di coinvolgimento delle famiglie ponendosi domande come: In quali attività la loro partecipazione è possibile, auspicabile o necessaria? In quali giorni e in quali momenti queste attività si svolgono affinché non interferiscano con il programma quotidiano dei bambini? Quale sarà il livello di coinvolgimento delle famiglie nei progetti di azione educativi? Seguiranno il processo dalla sua elaborazione fino alla sua valutazione? In tal caso, come pianificare il coinvolgimento dei genitori, in modo da preservare il buon funzionamento del servizio? Situazioni frequenti Le situazioni che si rilevano di solito sono relative alle idee di ogni famiglia riguardo al servizio prescolare, ma anche ai bambini piccoli, idee che inducono a comportarsi di conseguenza. Le più frequenti si possono riassumere (vedere qui accanto). Le famiglie: • Sono informate sulle potenzialità e i bisogni dei bambini così come sul loro ruolo nel servizio. • Sminuiscono il servizio considerandolo come: - un “parcheggio” per bambini - un luogo di cure quotidiane e di custodia - un ambiente di svago. • Ignorano le potenzialità e i bisogni del bambino, considerato “troppo piccolo per comprendere, per fare ecc.”, concezioni che portano al non riconoscimento del bambino come persona con proprie potenzialità. Queste considerazioni equivalgono a una negazione del ruolo educativo del servizio prescolare e corrispondono in genere a comportamenti di chiusura e di indifferenza. • Sovrainvestono nel servizio e si aspettano che si trasformi in scuola primaria, fatto che li porta a esternare le loro esigenze e a esercitare pressioni in questo senso. • Esprimono critiche negative su alcuni elementi o sull’intero lavoro svolto nel servizio. Esempi di criteri Domande da porsi Via via che l’anno scorre, si può rilevare una evoluzione sotto diversi aspetti. L’interesse manifestato dalle famiglie • Le famiglie si mostrano sempre distanti e indifferenti alle azioni in corso? • Osservano le attività con sempre maggiore attenzione? • Pongono domande, richiedono di essere maggiormente informate? Il coinvolgimento spontaneo • Prendono spontaneamente iniziative, come aiutare i bambini, portare materiali? • Richiedono di partecipare? • Si mettono a disposizione per aiutare lo svolgimento delle azioni? La partecipazione attiva • Accettano o negoziano le proposte delle operatrici? • Propongono attività che considerano interessanti per i bambini? • Si lasciano coinvolgere nell’elaborazione, nella realizzazione e nella valutazione delle azioni e dei progetti? • Accettano di trasmettere elementi del loro patrimonio culturale? Portano materiale adeguato (cassette, libri, foto, oggetti vari) per sostenere le loro azioni? • Sono coerenti e responsabili nel loro coinvolgimento? • Rispettano il contesto e i limiti del loro coinvolgimento? Guida metodologica ERATO 17 La condivisione delle attività con i bambini • Partecipano alle attività del loro bambino? • Si interessano, si occupano degli altri bambini del gruppo e del servizio? L’espressione dei sentimenti • Esprimono sentimenti positivi come la gioia, la soddisfazione, il piacere per il loro coinvolgimento nelle attività del servizio? Le iniziative delle operatrici: comportamenti da adottare Al fine di favorire il coinvolgimento delle famiglie, le operatrici provano ad adottare comportamenti in linea con quelli dei genitori. • Incoraggiano le iniziative, richiedono o sostengono la partecipazione delle famiglie. • Spiegano, informano, discutono con i genitori in merito alle attività in corso, segnalano i punti interessanti riguardanti l’attività dei bambini. • Controllano che tutte le famiglie prendano consapevolezza e usino il loro diritto di partecipare, indipendentemente dalle loro origini, dalle loro caratteristiche, competenze, conoscenze. • Cedono alle famiglie una parte del loro ruolo riguardo alle idee e alle pratiche, senza per questo rinunciare alle proprie responsabilità. • Precisano i ruoli, le responsabilità dei partecipanti, così come i limiti del loro intervento. Controllano che siano rispettati gli scontri e le mediazioni, così come le regole del servizio. Spunti organizzativi SITUAZIONI DA REALIZZARE Basandosi sulle analisi degli eventi quotidiani, le educatrici possono definire le strategie che favoriscono il coinvolgimento delle famiglie. TESTIMONIANZE • Organizzare i laboratori, i giochi, le feste, le uscite, in modo da sostenere la partecipazione delle famiglie. “... si direbbe che attraversano delle fasi... all’inizio osservano... non osano... siamo lì per spiegare loro quello che facciamo, li invitiamo a “giocare” con il loro bambino e loro lo fanno.” “Siamo molto sorpresi di vederli prendere delle iniziative... che, francamente, non sono male... quando si sentono rassicurati scopriamo che hanno idee molto interessanti.” “Le mamme, e soprattutto le nonne, amano molto raccontare delle storie ai più grandi oppure cantare ai più piccoli canzoni tradizionali delle varie regioni del paese. I genitori stranieri sono, così, incoraggiati a fare altrettanto.” • Porre un’attenzione particolare ai padri. 18 Guida metodologica ERATO “Per cominciare abbiamo chiesto ai padri di aiutarci nei ‘lavori maschili’. Hanno montato l’impianto audio per la festa, hanno costruito l’angolo del garage. Poi hanno voluto mettere le mani in pasta anche nel laboratorio della cucina e hanno realizzato un plastico con i bambini.” • Coinvolgere le famiglie nella elaborazione e valutazione di alcune azioni e progetti. “Il coinvolgimento spontaneo delle famiglie nelle attività quotidiane ci ha spinto a coinvolgerli nella preparazione e nell’animazione di un certo numero di laboratori.” “Dal momento in cui le famiglie si pongono come collaboratori, è normale condividere con loro la valutazione dei progetti ai quali hanno partecipato così, non si tratta più di critiche rivolte alle persone ma di valutazione comune delle azioni.” “Quando le famiglie hanno familiarizzato con il modo di lavorare, l’analisi dei video e la valutazione dei progetti comuni si svolgevano durante le riunioni con i genitori e alla presenza dei bambini. Una mamma ha detto: «Mi piace molto lavorare con le educatrici, imparo delle cose mi piace quando mi chiedono il mio parere quando vedo una mia idea realizzata dai bambini».” • Accettare e valorizzare gli elementi del patrimonio culturale di tautte le famiglie integrandoli nei progetti pedagogici. Mostrare un interesse particolare per la presenza di tutte le lingue rappresentate nel servizio. “Abbiamo elaborato il progetto annuale ‘Il nostro mondo’ per i bambini dai 4 ai 6 anni, attorno al viaggio di un amico immaginario nei paesi di origine dei bambini. Si è potuto realizzare grazie alla partecipazione delle famiglie che hanno portato vari oggetti dal proprio paese e hanno organizzato e animato laboratori di canto, di danza, di realizzazione di cibo e di torte, di giochi tradizionali, ecc.” “I genitori hanno partecipato attivamente all’organizzazione della biblioteca portando alcuni libri per bambini dei loro paesi; hanno animato l’angolo della lettura leggendo questi libri sia ai piccoli sia ai grandi.” “Alcuni dizionari-poster erano appesi al muro... per i piccoli abbiamo anche una buona collezione di CD con canzoni di tutti i paesi. I genitori insegnavano ai bambini i giochi del loro paese e tutti potevano parlare la lingua che preferivano, mantenendo il greco come lingua comune.” • Organizzare/proporre attività che suscitino l’interesse, il piacere e la soddisfazione di tutti. “L’angolo del computer è stato un polo di attrazione per tutti”. “ Quando sono presi nel gioco si divertono come matti... non bisogna dimenticare che hanno tante preoccupazioni e che hanno bisogno di momenti di relax.” “La festa del carnevale ha richiesto un mese per la preparazione dei costumi, delle maschere, delle decorazioni. Abbiamo lavorato tutti, bambini, genitori, nonni, ma è stato per tutti un grande piacere.” “Ci impegniamo affinché tutte le attività portino a ‘prodotti’ concreti: feste, spettacoli, cartelloni, plastici ecc. È gratificante per i bambini, per le famiglie e quindi per noi!” • Favorire attività condivise tra genitori e bambini. “Spieghiamo loro quello che fanno i bambini... ma facendolo loro stessi, scoprono che ciò che fanno i bambini non è poi così facile.” “Il papà di F. non credeva ai propri occhi non faceva che ripetere: «Non avrei mai creduto che lei facesse dei dipinti così carini!».” “Hanno realizzato insieme il cartellone, i genitori ritagliavano, i bambini coloravano e incollavano.” Guida metodologica ERATO 19 La collaborazione Il coinvolgimento delle famiglie presuppone che siano attivati, che si stiano creando, alcuni meccanismi di collaborazione tra le educatrici e i membri delle famiglie. La collaborazione di cui si parla in questa parte del testo riguarda il coinvolgimento in compiti collettivi, che necessitano della collaborazione di più attori o anche di tutti gli adulti e i bambini del servizio. Se la collaborazione tra singoli genitori e operatrici si è rivelata essere relativamente facile, viceversa l’attivazione di un lavoro collettivo, che necessita della cooperazione di protagonisti molto diversi tra loro, è stata molto più laboriosa. In effetti, mettersi d’accordo e concertare tra più persone, per elaborare, pianificare e realizzare un compito comune, richiede da parte dei partecipanti di mettersi in ascolto degli altri, di accettare i loro punti di vista, di negoziare con loro per arrivare a compromessi rispettati da tutti. Si può dire che, attraverso la mediazione delle attività di interesse comune o di quelle dei bambini, si verifica impercettibilmente un passaggio verso la collaborazione tra adulti. Spesso, bisogna creare le condizioni che rendano la collaborazione necessaria o anche indispensabile per la realizzazione di un compito e cercare le prati- che per assicurare la sua continuità. Così, i bambini crescono in un ambiente in cui gli adulti riescono a lavorare e a creare insieme, in cui sanno venire a capo dei loro disaccordi o dei loro conflitti. La collaborazione a tutti i livelli è, inoltre, il mezzo per arrivare a un tipo di struttura educativa che tesse la propria rete di interazioni e relazioni e, attraverso collaborazioni multiple, crea la propria cultura, condivisa da tutti in quanto costruita con i contributi di ciascuno. Gli obiettivi Instaurare rapporti di collaborazione tra adulti e tra adulti e bambini. Offrire ai bambini l’esperienza di vivere in una comunità attiva e solidale. Migliorare il funzionamento del servizio (laddove necessario). I criteri In funzione degli obiettivi che si è posta, l’équipe può definire i criteri di valutazione riguardanti: a. la collaborazione tra famiglie ed educatrici; b. la collaborazione tra le famiglie. Situazioni frequenti Rispetto ai bambini, le educatrici hanno l’abitudine di creare situazioni che favoriscono la socializzazione. Rispetto ai genitori, quando partecipano alla vita del servizio, l’équipe può trovarsi a confrontarsi con diverse mentalità, abitudini, e pratiche culturali molto varie che influenzano le interazioni tra gli attori. Bisogna anche distinguere la collaborazione tra operatrici e famiglie, dalla collaborazione tra le famiglie. È possibile che alcune famiglie adottino lo stesso comportamento nei confronti di chiunque, mentre altre differienzino i loro comportamenti, altre ancora limitino i loro rapporti ai soli compatrioti. Aldilà dell’eterogeneità delle condotte degli adulti, è necessario prendere in considerazione anche la differenza tra le reazioni degli adulti e quelle dei bambini. 1. Le famiglie nei confronti delle operatrici: - collaborano a proprio agio con le operatrici; - si mostrano distanti o indifferenti; - rifiutano la collaborazione; - adottano un comportamento mitigato e/o incoerente; - oltrepassano i limiti e i ruoli. Esempi di criteri Domande da porsi 2. Le famiglie tra di loro: - interagiscono senza problemi con le altre famiglie; - tollerano le altre ma si tengono a distanza; - rifiutano ogni collaborazione; - si aggregano in base alle loro origini comuni; - provocano tensioni, conflitti, rotture. La collaborazione tra famiglie ed educatrici L’elaborazione delle azioni • Definiscono insieme gli obiettivi e le attività? • Condividono i ruoli e i compiti in base alle disponibilità, alle conoscenze, alle competenze di ciascuno? • Accettano e integrano i contributi dei loro collaboratori? La realizzazione e la valutazione delle azioni • Cooperano per svolgere i compiti? • Si aiutano reciprocamente, e si compensano a vicenda nelle diverse competenze? • Sostituiscono il/i collaboratore/i in caso di bisogno? • Procedono a valutazioni comuni? Il rispetto degli accordi presi • Non scavalcano mai gli accordi presi insieme? • In caso di disaccordo, risolvono i problemi con mediazioni e compromessi? Il coinvolgimento dei bambini nella collaborazione • Considerano i bambini come collaboratori a pieno titolo? • Li coinvolgono nelle procedure di elaborazione e valutazione delle azioni? 20 Guida metodologica ERATO Esempi di criteri Domande da porsi La collaborazione tra le famiglie L’elaborazione delle azioni • Interagiscono, si scambiano idee, opinioni, conoscenze? • Rispettano il contributo degli altri e il diritto di tutti e di ciascuno di esprimere e di sostenere le loro idee? • Integrano e/o adottano, parzialmente o completamente, i pareri e le pratiche delle famiglie collaboratrici? La realizzazione e la valutazione delle azioni • Cooperano al momento della realizzazione delle attività? • Si sostengono e si aiutano vicendevolmente? • Sostituiscono le famiglie che non possono mantenere il proprio coinvolgimento? • Si scambiano le opinioni al momento delle valutazioni comuni? • Si aggregano in base ai loro interessi comuni o alla complementarietà delle loro competenze, al di là delle barriere culturali? Il rispetto degli accordi presi • Mantengono i loro impegni reciproci, portano a termine i compiti di cui si sono fatti carico? • In caso di disaccordo, mediano, arrivano a compromessi che poi rispettano? Il coinvolgimento dei bambini nella collaborazione • Oltre al proprio bambino, si occupano o collaborano, secondo i casi, con i bambini del gruppo, della sezione, del servizio? Le iniziative delle operatrici: comportamenti da adottare Nei servizi, la diversità delle famiglie dal punto di vista socio-economico, culturale, etnico, personale ecc. è una realtà. Nel caso in cui lo spirito di gruppo è favorito a livello dei genitori, è necessario considerare che alcune famiglie hanno l’abitudine di vivere in comunità così come altre sono più individualiste. Alcune si lasciano ancora condizionare dai pregiudizi e dagli stereotipi, mentre altre non si fermano davanti a questo tipo di ostacoli. Si impone, allora, alle educatrici di riflettere sulle situazioni che favoriscono le interazioni, di attivare e adeguare il contesto che rende le collaborazioni possibili e durature. • Proporre, attivare azioni che necessitano della partecipazione di più attori. • Definire con grande precisione le condizioni di collaborazione, chiarire gli obiettivi, delimitare le azioni comuni, attribuire i ruoli. • Trattare con assoluta uguaglianza tutte le famiglie, in particolare rispetto alle loro idee, conoscenze, competenze. Incoraggiare i genitori che si mostrano distanti, timidi, diffidenti ecc. • Badare a che si instaurino relazioni equilibrate tra le famiglie. • Vigilare sul rispetto degli accordi presi insieme, favorire le mediazioni e i compromessi. • Assicurare le interazioni e la collaborazione tra i bambini e tra i bambini e gli adulti. Spunti organizzativi SITUAZIONI DA REALIZZARE L’analisi dei fatti osservati permette alle operatrici di individuare le situazioni che superano gli ostacoli e favoriscono le interazioni e la collaborazione. TESTIMONIANZE • Proporre situazioni e “problemi” che stimolino i partecipanti a discutere, a confrontare le opinioni e a cooperare. “D’accordo con i genitori dei piccoli (sezione dai 9 ai 24 mesi), abbiamo deciso di riorganizzare l’ambiente e rinnovare i materiali. Abbiamo lavorato insieme per stabilire i piani, smistare i vecchi giochi, sceglierne di nuovi, riflettere sull’allestimento degli angoli di gioco. Potete immaginare le discussioni ma anche gli sforzi comuni per riuscirci.” Guida metodologica ERATO 21 • Attivare azioni il cui prodotto finale generi soddisfazione, piacere e gioia per tutti i partecipanti. “Le feste di carnevale e di fine anno erano preparate da tutti gli adulti e i bambini, molto in anticipo (un mese e più)... il giorno della nostra festa c’era un entusiasmo generale.” “È stato bello... abbiamo preparato tutto insieme alle educatrici e agli altri genitori. I bambini si sono divertiti... anch’io era da tanto tempo che non ballavo...” (mamma di H.) • Organizzare azioni di interesse comune. “Nel laboratorio di cucina, la mamma di T., insieme ai bambini, preparava una ricetta nigeriana. La mamma di D. (Albania) si è avvicinata... guardava, poneva alcune domande... alla fine aiutava i bambini chiacchierando con le altre mamme delle ricette.” “Alcuni ragazzini della materna, tifosi della squadra di calcio di O. litigavano... talvolta violentemente, con i tifosi di P. (squadra avversaria). Anche i papà erano divisi... ma abbiamo discusso... non potevamo lasciare che i bambini litigassero. I padri hanno organizzato alcune partite... hanno insegnato ai bambini le regole del gioco... hanno arbitrato le partite e soprattutto parlavano tra loro “ • Proporre “opere” la cui realizzazione renda “obbligatoria” la collaborazione tra più attori. Privilegiare azioni/progetti che, per essere realizzati, necessitino di competenze e conoscenze differenziate. “Per organizzare la festa di fine anno scolastico, abbiamo discusso con i genitori e abbiamo formato piccoli gruppi. Ognuno, secondo le proprie competenze, si è fatto carico di compiti specifici. Un gruppo ha decorato il cortile, un altro ha fatto le torte, un altro gruppo ha animato i canti e i balli, i papà hanno installato l’impianto audio e un gruppo si è incaricato di rimettere in ordine dopo la festa.” • Regolare i rapporti tra adulti e bambini. “È vero che molti genitori non hanno l’abitudine di vedere il proprio bambino come collaboratore. Danno ordini ma non fanno le cose insieme Qui, si rendono conto che i bambini possono essere molto seri quando si danno loro delle responsabilità e amano condividere le esperienze con i loro genitori.” “ A casa è molto difficile... non gli posso chiedere niente... dice sempre no. Qui non è la stessa cosa scopro che si possono fare le cose insieme.” (mamma di B.) • Evitare il più possibile le aggregazioni sia tra i bambini che tra gli adulti in base all’origine comune. “Cerchiamo, attraverso le azioni, di farli aggregare attorno a interessi comuni oppure per competenze professionali. Abbiamo avuto tre papà elettricisti che hanno installato le luci per la festa e due cuochi che hanno preparato le insalate.” “Lavorando insieme, scoprono che hanno affinità e gli stessi problemi di adattamento.” “Tra i bambini non si sentono più frasi come: «non voglio giocare con lei perché è sporca» (riferendosi al colore della pelle) oppure: «è cattiva, viene da (nome del paese)» oppure: «non è mio amico, è di (nome del paese), è un ladro», finalmente tutto questo ora è finito.” 22 Guida metodologica ERATO • Privilegiare le manifestazioni che valorizzano la “cultura” propria del servizio. Le riunioni dei genitori: un momento chiave del percorso La testimonianza presentata di seguito è stata scelta perché illustra la globalità e la coerenza del progetto. Rivela, inoltre, il succedersi degli adattamenti dopo le analisi e le successive valutazioni. I primi tempi, abbiamo organizzato le riunioni seguendo le modalità consuete. Abbiamo invitato i genitori per informarli sulle attività pedagogiche attivate nel servizio, sui comportamenti del loro bambino o sugli eventuali problemi. A parte la partecipazione che era media, l’analisi delle registrazioni audio e video ha mostrato che i genitori esitavano ad esprimersi e a confrontare i loro punti di vista. Soltanto qualcuno prendeva la parola per porre domande sul funzionamento del servizio. L’équipe ha ragionato sulla possibilità di forme alternative di riunione. La volta successiva, abbiamo organizzato la riunione attorno a una mostra di opere individuali e collettive dei bambini. Coloro che partecipavano avevano l’occasione di mostrare ai loro genitori le proprie produzioni: le educatrici spiegavano il motivo e la modalità di realizzazione di questi lavori. L’analisi dei video ha mostrato che i genitori che circolavano liberamente erano molto più a loro agio nell’intrattenersi da soli con le educatrici. Si formavano anche alcuni piccoli gruppi davanti alle produzioni collettive: i commenti e le domande innescavano discussioni animate. L’affluenza delle famiglie e la riuscita di queste riunioni ci hanno incoraggiato a continuare in questo senso. Con il tempo, a parte la mostra delle “opere” dei bambini, abbiamo aggiunto alcuni cartelloni e album con foto che illustravano alcune attività come i laboratori, i giochi, le uscite, ecc e anche alcuni brevi filmati sulle attività quotidiane. Questi mezzi hanno ravvivato l’interesse dei genitori che hanno scoperto, in alcuni casi, aspetti poco conosciuti dei loro bambini, della loro creatività, delle potenzialità, che fino ad allora non avevano colto. Questi mezzi hanno anche alimentato gli scambi con le educatrici sia durante le riunioni sia durante la vita di tutti i giorni, orientandoli verso argomenti pedagogici. Hanno, inoltre, spronato le famiglie a partecipare più attivamente. Quando le famiglie si sono a poco a poco coinvolte nella vita quotidiana del servizio, le riunioni erano destinate in gran parte alla elaborazione delle azioni, dei progetti e soprattutto alla loro valutazione. I genitori hanno compreso abbastanza velocemente il modo di procedere e ci hanno preso gusto. Infine, perché le famiglie potessero comprendere attraverso l’azione gli obiettivi e le modalità delle attività, abbiamo organizzato alcune riunioni-laboratorio durante le quali attivavamo dei laboratori paralleli e le invitavamo a lavorare “come i loro bambini”. Queste riunioni erano destinate in particolar modo alle famiglie che capivano poco o male la lingua del paese. Disponevamo di un mezzo per far capire quello che sfuggiva loro durante le discussioni. Ma per tutte le famiglie, queste riunioni-laboratorio hanno rappresentato l’occasione per rendersi conto dell’importanza delle attività dei loro bambini. Inoltre, questo tipo di riunioni aveva come obiettivo supplementare di facilitare l’avvicinamento delle famiglie che, quindi, non si aggregavano più per nazionalità ma si mescolavano secondo i laboratori, discutevano e collaboravano in caso di produzioni collettive. Negli anni seguenti abbiamo organizzato 3-4 riunioni all’anno con i genitori, combinando alcune di queste strategie secondo l’obiettivo che ci ponevamo ogni volta. Per esempio, quando il nostro fine era far comprendere alle famiglie perché avevamo scelto un’atti- “Abbiamo riflettuto molto sulle feste con tante nazionalità e religioni, era praticamente impossibile festeggiarle tutte. Così abbiamo dato importanza a quelle ‘neutre’, come la festa di fine anno, il carnevale, la fine dell’anno scolastico... ci hanno reso contenti tutti... queste feste ci appartengono ed esprimono la nostra gioia di stare insieme.” vità piuttosto che un’altra, o perché lavoravamo in un modo e non in un altro, commentavamo i cartelloni, i video-reportage, oppure organizzavamo le riunioni-laboratorio. Quando il nostro fine era la valutazione, la riunione era centrata su alcuni video filmati appositamente, e sulla loro analisi condivisa. La maggior parte delle riunioni finiva con una discussione con l’insieme dei genitori e altri membri della famiglia, riunioni che, con il tempo, diventavano molto animate e molto interattive. Bisogna precisare che in tutti i tipi di riunione, i bambini erano presenti. All’inizio per motivi pratici, perché i genitori non avevano soluzioni alternative di custodia (soprattutto quando la famiglia veniva al completo). Durante le riunioni, la cura dei più piccoli veniva assicurata da un’educatrice e da alcuni membri delle famiglie che si offrivano volontari. I più grandi partecipavano a pieno titolo alle riunioni e talvolta prendevano molto seriamente il loro ruolo di collaboratori, tanto che non ci siamo mai pentiti di aver previsto la loro partecipazione. Conclusioni Al termine di questo contributo, è opportuno ricordare che le operatrici che vorranno esplorare le piste proposte, avranno la possibilità di condurre l’esperienza nel suo insieme oppure, a scelta, arrivare a un certo punto considerato sufficiente e fermarsi su quello. Per esempio, un’équipe può non sentirsi pronta a coinvolgere le famiglie nei progetti pedagogici, ma può voler organizzare l’accoglienza per stabilire con i genitori un dialogo fruttuoso. Questa parte della guida riassume un percorso elaborato da gruppi che lavoravano in contesti specifici. È possibile che l’équipe o l’operatrice che avrà la guida tra le mani riconosca situazioni simili a quelle che sta vivendo oppure no. In tutti i casi, questo contributo può, parzialmente o nella sua totalità, rappresentare una fonte di ispirazione per gli operatori che vogliano riflettere sulla relazione triangolare (educatrici-famigliebambini). Può anche rappresentare un quadro generale che lascia un grande margine di libertà alle équipe/operatrici di adeguare le modalità di realizzazione al proprio contesto (secondo il quadro organizzativo del servizio, secondo le famiglie e i bambini). La guida può, infine, sostenere tutti coloro che vogliono impegnarsi per definire propri obiettivi relativamente alle situazioni che vivono nella quotidianità e per elaborare propri criteri cui riferire le analisi e le valutazioni delle loro azioni. Guida metodologica ERATO 23 Come valutare la qualità dell’accoglienza nei servizi per la prima infanzia? (bambini da 3 mesi a 3 anni) Marianne Hardy e Mira Stambak con la collaborazione di Monique Breauté, Marie-Hélène Chandon Coq, Danièle Chauveau, Cécile Gueguen, Isou Landin, Dominique Tilquin (IEDPE, Francia) Introduzione Alcuni formatori-ricercatori dell’IEDPE hanno attivato dei percorsi di formazione-azione che hanno l’obiettivo di iniziare gli operatori della prima infanzia a un approccio educativo chiamato pedagogia interattiva elaborato dai ricercatori del CRESAS e dell’IEDPE. Questo approccio è stato concepito per favorire il benessere dei bambini nei servizi, il loro successo scolastico e la loro inclusione sociale. Si propone di sviluppare iniziative di costruzione delle conoscenze e delle competenze comunicative. L’obiettivo principale degli operatori impegnati in questo progetto è di coinvolgere tutti i bambini, indipendentemente dalle loro caratteristiche individuali o socio-culturali, nelle attività proposte dal servizio educativo. Il livello di coinvolgimento dei bambini diventa così un criterio fondamentale per valutare se le condizioni educative attivate sono adeguate alla varietà degli utenti accolti. Le ricerche-azione realizzate dall’équipe parigina all’interno del progetto ERATO mirano a individuare i criteri che permettono di valutare il percorso interattivo in base alle aspettative delle educatrici nei confronti dei bambini poiché, secondo noi, sono i modi di essere e di agire dei bambini che rappresentano i criteri principali per valutare la qualità dell’accoglienza1 nei servizi. Vogliamo bambini brillanti, creativi, desiderosi di comprendere il mondo che li circonda, aperti e tolleranti verso gli altri. Per apprezzare i comportamenti e le realizzazioni dei bambini, ci basiamo sulle conoscenze costruite nel corso di ricerche condotte dal CRESAS e dall’IEDPE sul ruolo delle interazioni sociali nello sviluppo psicologico dei bambini. Queste ricerche si collocano nel quadro dei lavori della psicologia dello sviluppo (nello specifico, Piaget e Wallon), che pongono l’accento su bisogni vitali, quali agire e comunicare, che caratterizzano l’essere umano fin dalla nascita. Anche le nostre analisi hanno come fine principale, verificare che i bambini: • siano attivi, prendano iniziative per soddisfare la loro curiosità nei 24 Guida metodologica ERATO confronti del mondo che li circonda, siano concentrati e tenaci nella risoluzione dei problemi che si pongono; • si aggreghino in coppie o in piccoli gruppi per comunicare tra di loro, dialoghino anche nella fase preverbale e realizzino attività condivise aiutandosi a vicenda e collaborando. Secondo noi, i modi di essere e di fare dei bambini sono strettamente dipendenti dalle condizioni educative presenti nei servizi. Prima di illustrare come procediamo nella valutazione della qualità dell’accoglienza, presentiamo il percorso interattivo elaborato dai ricercatori del CRESAS e dell’IEDPE. Un approccio interattivo in pedagogia e nella formazione Un percorso svolto secondo questo approccio ha tre caratteristiche principali. È collettivo e interattivo: mette la comunicazione e gli scambi sociali al centro delle pratiche educative Le operatrici vengono coinvolte nel percorso in gruppo (preferibilmente tutte le operatrici del servizio), poiché ci basiamo sui lavori del CRESAS che hanno evidenziato il ruolo preponderante giocato dagli scambi, dalle discussioni e dai momenti di confronto nella costruzione delle conoscenze e dei saperi. Questo aspetto centrale del percorso, secondo il quale le operatrici pianificano, 1 Nella traduzione italiana è stato mantenuto il termine qualità dell’accoglienza per designare la qualità dell’offerta educativa complessiva nei servizi dell’infanzia. conducono e valutano le azioni educative, sempre insieme, implica che è necessario stabilire, in ogni fase del processo attivato, una dinamica di comunicazione tra tutti i partecipanti presenti. Ogni volta che i partecipanti si riuniscono, bisogna creare relazioni tali per cui ciascuno possa esprimere senza timori le proprie idee e opinioni, indipendentemente dalla varietà dei punti di vista e delle esperienze. I disaccordi e le divergenze di opinioni, le discussioni e il confronto fanno progredire la riflessione aprendo nuovi modi di pensare l’azione educativa. Sottolineiamo che, procedendo in questo modo, si facilita la collaborazione e si creano le condizioni per il lavoro di gruppo. Rompe con le pratiche routinarie: le azioni educative sono condotte con uno spirito di ricerca e di innovazione Il percorso interattivo rispetta le regole di tutte le procedure scientifiche: si elabora un progetto d’azione che metta alla prova le ipotesi formulate inizialmente riguardanti gli effetti delle condizioni educative attivate sui comportamenti e le realizzazioni dei bambini. Nel nostro caso, queste ipotesi riguardano momenti della pratica quotidiana (accoglienza del mattino, attività di gioco, pranzo, riposo). Per condurre a buon fine il progetto d’azione, ci si dedicherà a: • precisare con cura le condizioni di partenza (allestimento dello spazio, scelta e disposizione del materiale, modo d’agire delle educatrici); • organizzare le sessioni di osservazione con il supporto di filmati; • organizzare riunioni per analizzare insieme, attraverso la visione dei video, gli effetti di quanto si è proposto ai bambini. Integra la valutazione nello svolgimento del progetto d’azione Ogni volta che le operatrici si riuniscono per analizzare i video, auto-valutano le loro pratiche educative in base alle loro aspettative riguardanti i comportamenti e le realizzazioni dei bambini. Se non corrispondono alle aspettative, procederanno con alcuni adeguamenti delle loro pratiche per meglio perseguire gli obiettivi fissati. Se corrispondono alle aspettative, danno indicazioni sulla validità delle ipotesi formulate. Le operatrici si impegnano, così, in un processo continuo di trasformazione delle pratiche educative, esplicitando sempre meglio ciò che ci si aspetta dal bambino. Gli scambi e il confronto permettono progressivamente di individuare sia le pratiche educative che favoriscono, sostengono e incoraggiano le iniziative dei bambini, sia quelle che, al contrario, sembrano bloccare, inibire o scoraggiare le loro iniziative. Proseguendo in questo modo, le operatrici scoprono gradualmente le corrispondenze che esistono tra il loro modo di agire e i comportamenti e le realizzazioni dei bambini. Si impegnano, così, in un processo continuo in cui, essendo coinvolte nella valutazione di ciò che fanno i bambini, sono portate ad auto-valutarsi. Per una valutazione rigorosa della qualità dell’accoglienza: il metodo dell’auto-valutazione regolatrice Per definire i criteri di valutazione, cinque équipe di formatori-ricercatori dell’IEDPE hanno attivato alcune ricerche-azione in collaborazione con le operatrici coinvolte nel percorso interattivo. Tutte le ricerche prevedono l’utilizzo del video come strumento principale per l’osservazione. Queste ricerche-azione presentano due caratteristiche che ci sembrano importanti: 1. le valutazioni sono svolte dalle operatrici stesse in collaborazione con i formatori-ricercatori; così, possono verificare loro stesse la pertinenza delle loro azioni educative; 2. l’utilizzazione del video: poter guardare insieme più volte le stesse sequenze permette di analizzare più finemente i fatti osservati e di precisare meglio le interpretazioni incerte. Ricordiamo che la valutazione dei risultati si fa con l’aiuto del metodo dell’auto-valutazione regolatrice: è durante le riunioni che gli attori procedono insieme all’analisi dei filmati e agli adeguamenti necessari per soddisfare meglio gli obiettivi fissati. Facendo questo, le educatrici si impegnano in un processo di co-costruzione di criteri sempre più affidabili per valutare le azioni educative e, di conseguenza, esplicitano sempre meglio quanto ci si aspetta dai bambini (criteri di qualità). Le registrazioni successive realizzate nel corso di questo processo di trasformazione delle pratiche educative permettono di tenere traccia dell’evoluzione del lavoro realizzato. Ecco alcune esperienze che illustrano come si svolge concretamente il processo di co-costruzione dei criteri di valutazione. Queste esperienze sono diverse in base al contesto in cui si svolgono, ma rispettano tutte i due principi di fondo del nostro approccio: lavorare in maniera condivisa e in un clima di ricerca e di innovazione. Primo esempio: il micronido “G.” Contesto In questa zona del XVIII arrondissement di Parigi, la coordinatrice propone e coordina un’iniziativa di formazione continua. Alcune sessioni di analisi dei film vedono intervenire tutti i dieci servizi della zona che mandano alcuni rappresentanti per parteciparvi. Queste sessioni sono collegate alle giornate pedagogiche che servono per elaborare o adeguare i progetti d’azione tenendo conto delle analisi svolte in sede di formazione. In un primo tempo, soltanto qualche gruppo ha accettato di filmare nel proprio servizio e di portare nella sessione alcune sequenze da analizzare insieme. Successivamente, tutti i servizi hanno proposto al gruppo alcuni filmati riguardanti un tema scelto insieme: l’attività di gioco di far finta. Presentiamo di seguito un esempio di adattamento nel corso dell’attività di gioco di far finta proposto da un servizio, il micronido G., il cui personale, a settembre, era stato rinnovato al 75%. Il micronido G. si compone di due stanze separate da un corridoio. Accoglie in maniera permanente sedici bambini che hanno più di 15 mesi. Inoltre, accoglie a rotazione, alcuni gruppi di tre assistenti domiciliari che vengono ognuna con tre bambini, una volta a settimana, dalle 9 alle 11 del mattino. L’angolo di gioco del far finta: situazione iniziale (malfunzionamenti) Tutti i giorni, a partire dalle 9, è aperto un angolo per il gioco di far finta. All’inizio dell’anno, il nuovo gruppo educativo non ha cambiato niente nell’organizzazione di questo angolo allestito dall’équipe dell’anno precedente. Situato in una stanza in cui c’è un continuo via vai, occupa uno spazio ristretto e dispone di materiale molto limitato (mobile cucina, toeletta, culla). Le educatrici si accorgono molto presto che questo angolo è poco frequentato, che l’attività vi si svolge in maniera disordinata e che spesso vi si creano conflitti. Di fronte a questa situazione, gli adulti hanno la tendenza a intervenire rimproverando i bambini, sebbene si rendano conto che i comportamenti aggressivi, come la confusione, siano da attribuire al fatto che questo spazio è evidentemente inadeguato. Osservazioni sistematiche L’équipe decide di osservare bene l’attività e di prendersi del tempo per riflettere su come organizzare lo spazio. Le educatrici insistono su questo punto: “Bisogna astenersi dal procedere ad aggiustamenti superficiali: è necessario, innanzitutto, capire bene l’oggetto e la causa dei conflitti e non fermarsi alle prime impressioni”. Non essendo ancora pronte a filmare, ma avendo partecipato al gruppo di analisi dei film, hanno acquisito un metodo di osservazione rigoroso: osservano continuamente lo svolgimento dell’attività dei Guida metodologica ERATO 25 bambini, in più situazioni, e conservano queste osservazioni in un quaderno. Analisi delle osservazioni Nella riunione di gruppo, l’analisi delle osservazioni permetterà di capire che cosa nell’organizzazione dello spazio crea confusione e tensione. Ciò che colpisce immediatamente è che i bambini fanno dei tentativi di giocare con il materiale del far finta, ma c’è sempre qualcosa che ostacola i loro progetti. I bambini cercano di mettere la coperta o di cambiare le bambole, ma non potendo disporre adeguatamente il loro materiale né se stessi, litigano per gli spazi, buttano tutto per aria oppure escono dall’angolo gioco per collocarsi altrove, utilizzando i tavoli presenti nella stanza. Disturbati continuamente dagli altri bambini che passano nell’angolo gioco – che non è ben delimitato – i bambini non riescono a portare a termine alcuna attività: il via vai e il baccano incessante sono fonte di tensione e di scontri. Adattamenti Per permettere ai bambini di portare a termine le attività che si prefiggono, ma anche per dar loro la possibilità di variare i giochi, l’équipe decide di fornire loro del materiale diversificato, di introdurre alcuni mobili e di ingrandire considerevolmente l’angolo gioco che, da quel momento, occuperà la metà della stanza. Prime constatazioni successive al riallestimento Con questo nuovo allestimento, l’atmosfera è radicalmente diversa. Essendo molto diminuiti il numero e l’intensità dei conflitti, il gruppo prende consapevolezza del fatto che precedentemente gli adulti avevano “un modo di gestire il conflitto senza tener conto dell’oggetto e della causa del conflitto”. In questo spazio in cui vanno volentieri da soli, i bambini del micronido si mischiano più facilmente con gli altri. Possono venirvi a giocare abbastanza numerosi – fino a sei – e si dimostrano capaci di organizzarsi tra loro: per esempio, quando ne arrivano di nuovi, gli altri cedono il posto. “In questo luogo che è veramente loro” le educatrici vedono “che i bambini stanno costruendo qualcosa”. Per capire quello che i bambini stanno costruendo, sollecitate dalla coordinatrice, le educatrici accettano per la prima volta di filmare la situazione. Film: analisi delle capacità dei bambini Il film viene presentato in occasione di una riunione alla quale partecipano i nidi di tutta la zona con le formatrici. Un episodio di gioco prolungato è stato analizzato dal gruppo e riportato in una relazione scritta in vista di questa giornata di lavoro. Ch. e C. (circa 20 mesi) giocano con le bambole. C. dà da mangiare a Ch. con il cucchiaio, qualcosa che dice essere della marmellata; una volta terminato il pasto, Ch. si sdraia sul divanetto per dormire; C. le dà il suo orsetto, la copre con due coperte, si siede sul divanetto per poggiare la mano sulla testa di Ch., come fanno le educatrici al momento del riposo. Una terza bambina, A., si avvicina a Ch. che si sveglia. C. prepara da mangiare e offre un biberon ad A. che si accoccola (in posizione da neonato). Poi C. offre da bere ad A., poi a Ch., infine se ne va. Ch. dice “mamma!”. Durante tutto l’episodio, C. interviene verbalmente: “Ch. dorme.”, “Vuoi del latte o dell’acqua?”, “Bevi, per favore”. Secondo l’équipe, questo episodio colpisce per quello che si scopre sui bambini: molto concentrati, inventano insieme uno scenario in cui ciascuno ha il suo ruolo, riproducendo i comportamenti dei personaggi che incarnano (operatrice, mamma, neonato); ciò denota grandi capacità di osservazione. Nella discussione che segue, l’analisi dell’attività dei bambini viene ulteriormente approfondita. 26 Guida metodologica ERATO Si assiste a un gioco di ruoli in cui ciascuno cerca di far comprendere agli altri il personaggio che interpreta e, allo stesso tempo, accetta quello recitato dagli altri. Sotto i nostri occhi si costruisce una scena improvvisata con più atti, con un inizio, uno sviluppo, una fine e alcune riprese. Ogni atto è organizzato attorno a un tema (dar da mangiare, aiutare ad addormentarsi ); gli attori mantengono il loro posto, reagiscono alle proposte gli uni degli altri. Si tratta di una situazione di comunicazione particolarmente ricca, poiché i bambini vi esercitano delle capacità di dialogo “verbale e non verbale” per rappresentare e far comprendere le situazioni che inventano insieme. Nuovi criteri di valutazione Permettere ai bambini di “mettersi a proprio agio” sembra essere un criterio importante perché essi possano costruire un’attività duratura. Questo criterio implica una riflessione delle operatrici sull’organizzazione dello spazio al fine di offrire ai bambini “un luogo che appartenga loro”. Questo doppio criterio (collocarsi in un luogo di appartenenza) sembra molto pertinente: l’esperienza tende a mostrare che, affinché i bambini possano svolgere un’attività in maniera duratura, è necessario che abbiano una padronanza dello spazio nel quale si trovano e che vi si muovano in tutta sicurezza senza essere disturbati. Così, se ci sono conflitti o confusione in un ambiente, bisogna porsi la questione dell’allestimento delle condizioni spaziali che possono essere fonte di disturbo. Altro criterio: permettere ai bambini di svolgere un’azione complessa, altrimenti rischiano “di sfarfallare”, di disperdersi. Affinché possano soffermarsi in un’attività, sembra essenziale dare ai bambini oggetti che possono combinarsi tra loro o suscitare una sequenza di azioni coordinate: apparecchiare la tavola, servire, mangiare ecc. Questo materiale può essere rudimentale oppure polivalente: è inutile riprodurre tutti gli oggetti della vita quotidiana, piuttosto è essenziale pensare in termini di funzione (mettere dentro, coprire, spostare). Riflessione sul metodo Alla fine della riunione di analisi del video, le formatrici hanno l’abitudine di porre qualche domanda ai partecipanti, fatto che permette di fare un bilancio dei progressi così come di fissare i problemi rimasti in sospeso. Le domande che sono state poste quel giorno riguardavano l’impatto dell’analisi del video all’interno del servizio: • nei servizi che hanno presentato un video, i rappresentanti del personale che hanno assistito alla riunione guardano il video con tutta l’équipe per condividere le analisi svolte; • le altre équipe partono dalle acquisizioni del gruppo per organizzare o far valutare a loro volta le attività nel loro servizio; • lavorare sui video di altri servizi invoglia i gruppi che non l’hanno ancora fatto a filmare a propria volta. Ecco le risposte che abbiamo ottenuto alla domanda “a cosa serve lavorare sull’analisi dei video?”: • permette di focalizzare insieme cosa adattare; • permette di consolidare l’équipe; • è rassicurante sapere che si può tornare su una situazione per controllarla meglio; • il video costringe a reagire ai malfunzionamenti poiché obbliga a guardare, senza ignorare, quello che disturba; • il video non filtra niente, non ci sono interpretazioni, tuttavia non è trasparente: “bisogna continuamente andare al di là, vedere quello che c’è in più, quello che c’è ancora, in altre parole, porsi domande e cercare di rispondervi, approfondendo la riflessione”. Secondo esempio: nido “E.” Attività scelta: gioco del far finta proposto a un gruppo di bambini di età diverse. Domande iniziali • Si possono proporre giochi simbolici, tipo il gioco del far finta, a bambini molto piccoli? • Questi bambini fanno soltanto manipolazione oppure attivano già competenze simboliche? suo materiale e ha cominciato le sue sperimentazioni. Durante tutta l’attività si è mosso tanto. Ha alternato le due posizioni in piedi e seduto prendendo e poggiando il materiale sul tavolo e per terra. Criteri per la valutazione del percorso L’ambiente si compone di due stanze comunicanti attraverso una porta aperta al momento delle attività. Una stanza è riservata ai piccoli, l’altra ai bambini che hanno più di un anno. Questi esempi hanno permesso di identificare tre criteri: • l’organizzazione dello spazio; • la scelta del materiale; • il comportamento dell’adulto che deve essere attento alle competenze dei bambini e favorire le loro interazioni. La situazione Commenti sul contributo del video L’attività del far finta è allestita in questa seconda stanza. Viene proposta secondo una modalità elaborata in gruppo. Vi sono due tavoli bassi posizionati uno accanto all’altro con attorno delle sedie. Vicino c’è un mobile composto da un lavandino e da alcuni fornelli. Sulla tavola sono disposti piatti, bicchieri, posate e un po’ di frutta e verdura; alcune pentole sono riposte nel mobile con altre stoviglie. L’attività è filmata per circa un’ora. Il video permette di scoprire competenze che le educatrici non vedono durante l’attività. Comprendendo meglio il senso di questa attività, le educatrici ripensano il loro ruolo. Da un’attitudine di osservazione globale e di regolazione dell’attività, gli adulti seguiranno meglio le azioni condivise tra bambini al fine di favorirle. Alcune sequenze vengono riviste più volte per trovare un accordo sulla comprensione delle immagini. Seguendo questi due bambini, l’équipe scopre che i bambini piccoli possono elaborare azioni a lungo termine. Le educatrici scoprono anche che i bambini hanno un’idea nella loro testa e la sviluppano a più riprese nella sequenza. Hanno potuto vedere che c’è una continuità nelle azioni dei bambini durante tutta la sequenza. Hanno, inoltre, potuto osservare come, riproducendo la stessa scena, utilizzano percorsi diversi per arrivare al loro scopo. Queste sequenze hanno permesso alle educatrici di prendere consapevolezza di competenze insospettabili nei bambini così piccoli. Le operatrici sono colpite dalla capacità di questi bambini di meno di un anno di concentrarsi, di perseverare nelle loro azioni e di condividerle. Comprendono che questi bambini sono già capaci del far finta poiché inscenano il gioco del “mangiare” e del “far mangiare” senza cibo. Il video permette alle educatrici di condividere le loro pratiche e di discuterne. Si attivano dibattiti e compromessi sulle decisioni relative agli adattamenti. Il video diventa non soltanto uno strumento di osservazione, ma anche uno strumento che consolida una équipe attorno a un progetto d’azione. L’équipe decide di proseguire il lavoro attorno a questa attività cercando di osservare meglio le azioni dei bambini al fine di adeguare le loro pratiche professionali alla situazione. Contesto Analisi al momento delle riunioni Al termine della riunione, il video viene visto da diversi membri dell’équipe. Senza che ce lo aspettassimo, alcuni bambini molto piccoli (meno di un anno di età) si avvicinano gattonando alla tavola apparecchiata e si inseriscono subito nel gioco simbolico. Immediatamente, due di questi bambini attirano l’attenzione delle educatrici per la loro concentrazione. Questi due bambini di 11 mesi sviluppano un’attività duratura in cui uno fa il gesto del far finta di dar da mangiare all’altro. Questa sequenza viene selezionata e le educatrici decidono di guardare più dettagliatamente cosa fanno questi bambini. L’équipe decide di chiamare la scena “Il vasetto di yogurt”. H. e A. si avvicinano al tavolo gattonando, si tirano su e, in piedi, si appoggiano al tavolo. Hanno davanti a loro piatti, bicchieri, cucchiaini, qualche frutto in plastica; la tavola è apparecchiata come per un pasto. H. (11 mesi) afferra un bicchiere con una mano e un cucchiaio con l’altra. Tuffa il cucchiaio nel bicchiere e poi lo porta alla sua bocca, ripete il gesto più volte. Continua la sua attività di manipolazione ed esplora il resto del materiale. Un po’ più tardi, A. e H. sono sempre fianco a fianco, piuttosto vicini uno all’altro; H. si gira verso A. che lo guarda. Porta il cucchiaio alla bocca di A. che lo lascia fare e abbozza una mimica di contentezza. Terzo esempio: nido “H. M.” Contesto I due bambini sono rimasti concentrati sulle loro attività durante tutta l’ora. H. è rimasto nello stesso posto, mentre A. si è mosso intorno al tavolo alla ricerca di altri utensili. In più momenti, hanno poggiato il materiale sulle sedie davanti a loro, che sono più basse del tavolo, e hanno giocato così. In altri momenti, si sono accomodati per terra per poi rialzarsi per cercare altri materiali sul tavolo. Il nido H.M. partecipa a riunioni di lavoro in rete organizzate dalla coordinatrice della zona, alle quali si sono uniti i ricercatori-formatori dell’IEDPE. Queste riunioni riguardano l’analisi delle pratiche educative a partire dalle registrazioni video. Nel corso delle riunioni di rete, le educatrici hanno chiesto a ricercatori-formatori di accompagnarle nell’analisi dei documenti video. Questi incontri hanno luogo nel corso di giornate pedagogiche e riuniscono tutte le operatrici del nido. Adattamenti Queste osservazioni hanno spronato l’équipe a continuare a proporre questa attività ai bambini piccoli. Abbiamo, allora, riflettuto sulla qualità e sulla disposizione del materiale proposto affinché i bambini non fossero disturbati nelle loro azioni. Per esempio: alcune sedie, poste intorno al tavolo pensando ai più grandi, sono state tolte; così i piccoli si possono avvicinare senza esserne ostacolati. È stato collocato vicino al tavolo un tappeto con alcuni materiali per facilitare il gioco a terra dei piccoli. Un secondo video ci ha mostrato l’importanza di questa nuova organizzazione dello spazio: un bambino di un anno ha preso del materiale sul tavolo e l’ha poggiato a terra; poi si è seduto vicino al La richiesta Le operatrici desiderano migliorare l’organizzazione dei laboratori aperti proposti ai bambini (due mezze giornate a settimana). I bambini scelgono il loro laboratorio e possono cambiarlo nel corso della mattinata. Le educatrici si ponevano alcune domande riguardanti gli interventi degli adulti soprattutto durante le attività nell’angolo del far finta. L’organizzazione dell’angolo del far finta L’angolo del far finta, delimitato da barriere, era a disposizione dei bambini in maniera permanente in una grande stanza che accoglieva, tutti i giorni, i bambini più grandi. Il materiale comprendeva Guida metodologica ERATO 27 un tavolo, un lavatoio, un lettino per la bambola, un armadio, una toeletta e un banco del mercato. I giorni dei laboratori aperti tutti i bambini potevano andarvi, creando un sovraffollamento nell’angolo del far finta che era di dimensioni ristrette, con i bambini della sezione dei grandi che lo frequentavano abitualmente e i più piccoli che invece lo scoprivano. Nella stessa stanza erano allestiti altri due laboratori senza alcun nesso con questo angolo del far finta. L’analisi dei risultati I bambini che uscivano dall’angolo del far finta disturbavano i laboratori e le operatrici erano impegnate più nel mantenimento dell’ordine che nell’osservazione dei giochi dei bambini. Considerando i comportamenti dei bambini, è apparso necessario permettere queste uscite che rimanevano nel quadro delle attività del far finta. Per quanto riguarda gli interventi dell’adulto nell’angolo del far finta, le educatrici trovavano inopportuno dover rimproverare continuamente i bambini che vi giocavano. Questi rimproveri erano indirizzati ai bambini che uscivano dall’angolo o che ne portavano fuori del materiale. Alcune educatrici pensavano che così si aiutassero i bambini a strutturarsi mantenendoli all’interno di uno spazio dedicato a un’attività, altre osservavano che i bambini uscivano per proseguire il loro gioco all’esterno (passeggiare con la bambola, fare acquisti) e che impedirglielo metteva fine al loro gioco. Gli adattamenti Le operatrici hanno capito che lo spazio era un po’ esiguo per il numero di bambini che potevano accedervi il giorno dei laboratori aperti. Abbiamo rivisto insieme lo spazio adibito all’angolo del far finta e si è deciso di ingrandirlo togliendo alcune barriere e di riorganizzarlo diversificando i luoghi (angolo cucina, angolo sonno, angolo mercato). Abbiamo rivisto anche l’organizzazione dello spazio esterno che rappresenta la metà della stanza. Le operatrici hanno sperimentato alcuni spazi complementari (valigetta da medico, valigetta da bricolage). I bambini non hanno mostrato molto interesse per questo materiale, nonostante fosse molto utilizzato in altre circostanze. Hanno sperimentato alcuni laboratori a terra (il garage e le automobili, le costruzioni), ma erano sempre intralciati sia dall’affluenza all’angolo del far finta, che obbligava a regolare le entrate dei bambini, sia dalle difficoltà materiali legate allo spostamento dei mobili e delle barriere. Continuando a osservare, a riflettere e a confrontarsi, le educatrici hanno deciso di facilitare la circolazione dei bambini, di arricchire il materiale in base a ciò che osservavano nei bambini, di dar senso allo spazio esterno. Da una parte, hanno adibito la metà della stanza ad angolo simbolico. Hanno tolto alcune barriere, allestito diversi centri di attività facilmente identificabili (l’angolo del pranzo, l’angolo del sonno, la toeletta, l’angolo del salone, la cucina), tra i quali i bambini potevano circolare più facilmente. Hanno anche arricchito il materiale con due divanetti, un grande tavolo e alcune sedie. Dall’altra parte, l’altra metà della stanza è diventata uno spazio esterno in cui era disposto il banco del mercato con merce varia e borse, sacchetti di carta e cestini. Questo nuovo allestimento è stato filmato e ha permesso di notare cose nuove. I risultati dopo gli adattamenti L’équipe è molto soddisfatta di questo video che risponde positivamente alle loro aspettative: più spazio, migliore disposizione dei mobili e migliore organizzazione dello spazio esterno. Il video mostra l’interesse dei bambini per “l’angolo del mercato”. Qui riempiono i loro cestini, si muovono intorno al banco. Guardiamo più da vicino le loro attività: alcuni bambini fanno la 28 Guida metodologica ERATO spesa riempiendo i cestini di generi alimentari, ma altri, più piccoli, si arrampicano sul banco o giocano con i generi alimentari che gettano nelle varie vaschette. Sembra che la collocazione del banco, lontano dal muro per invitare i bambini a giocare al mercato, li induca o a utilizzarlo sul davanti come un self-service o sul retro come un mobile per arrampicarsi oppure per giocare a palla con i frutti. L’équipe si ripropone di poggiare il banco contro il muro per favorirne l’uso come self-service e di far attenzione a riempire le vaschette vuote. Successivamente abbiamo guardato meglio le attività dei bambini nello spazio esterno e attorno al nuovo centro d’interesse, l’angolo del mercato che avevano allestito. I bambini sono tanti attorno a questo scaffale riempito di generi alimentari (verdura, pezzi di pane, formaggio ecc.). Numerosi bambini riempiono alcuni cestini con gli oggetti alimentari e svuotano rapidamente lo scaffale. M. riempie una borsa con tutto quello che trova sullo scaffale. “Arrivederci”, “Arrivederci J.”, “Vengo con te M., aspettami.” M. “Vieni con me?”. J. “Sì”, ha due cestini e un orso di peluche. M. sembra cercare qualcosa: “Dov’è? Non è nella mia borsa!”, apre la sua borsa e guarda dentro. J. “Forse è là”, indicando lo scaffale. M. prende qualcosa sullo scaffale. J. “E io vado a prendere della verdura”, si allontana e si siede. M. la raggiunge. J., seduta per terra con quattro cestini, sembra scegliere con cura quello che ha preso. Le due bambine proseguono il loro gioco fuori campo, tre bambini rimangono senza far niente dietro lo scaffale vuoto, un adulto commenta: “Hanno preso tutto, non c’è più niente”, e riempie lo scaffale con alcuni oggetti abbandonati per terra. La sequenza tra le due bambine prosegue. Si propongono alcuni oggetti a lungo, si provocano e si riconciliano attorno al riempimento delle loro borse. Queste analisi hanno messo in evidenza che l’atmosfera generale è soddisfacente poiché i bambini si muovono facilmente tra i diversi centri di attività proposti, occupando lo spazio esterno grazie al nuovo allestimento dello scaffale. I nuovi adattamenti L’attività di scegliere con cura, attuata dalle due bambine, porta l’équipe a diversificare i generi alimentari proposti e a presentarli in vaschette diverse. Complessivamente soddisfatte della situazione, fanno un’altra registrazione che tiene conto degli adattamenti previsti per presentarli alle altre operatrici dei servizi della rete di zona. L’allestimento dei laboratori è fatto alla presenza dei bambini che cominciano a giocare. Le barriere che di solito delimitano l’angolo del far finta sono state tolte. Lo scaffale del mercato è addossato alla parete nello spazio “esterno”. Hanno allargato la zona selfservice disponendo alcune scatole contenenti imballaggi alimentari o cosmetici vicino allo scaffale. Le educatrici sono attente al riapprovvigionamento e al riordino dell’angolo “self-service”. Forniscono sacchetti di carta e aggiungono alcuni passeggini e delle carriole che servono da carrelli per la spesa. I nuovi risultati Il materiale e la situazione favoriscono i giochi del far finta e gli scambi tra bambini, è quanto illustrano alcune sequenze di gioco e di collaborazione. Y. (29 mesi) ha una carriola nella quale ha sistemato una bambola. Prende una scatola di cioccolato, la mette in un sacchetto di carta che era nella carriola. Poi riappende il suo sacchetto alla carriola. L. (31 mesi) mette un sacchetto su una spalla e prende un marsupio. A. (31 mesi) afferra un carciofo e lo mette nel suo sacchetto come L., poi lo appende al suo passeggino. A. copre la bambola, va a sedersi sul divanetto, chiama L. che lascia il suo marsupio per prendere la carriola abbandonata da Y. A. prende la scatola di cioccolato dal suo sacchetto e va ad offrirla a A. mettendogliela sotto il mento. A. rifiuta la scatola. L. le dice: “È un regalo per il tuo bambino”, poi afferra la scatola rifiutata e si allontana. Più tardi, A. copre il suo bambino con un grembiule dicendo: “Ha freddo il mio bambino, ha freddo”. L. va a cercare un grembiule sul divanetto e dice: “Il mio bambino ha freddo.”. Copre la bambola con il grembiule e poi chiede a un’operatrice di fasciarla bene. Questa le mostra i lacci del grembiule affinché la bambola sia ben avvolta. Prende un sacchetto e lo mette sulla spalla. Tira fuori la bambola dalla carriola, il grembiule che l’avvolgeva cade, e va a prendere un passeggino. C. (30 mesi) mette a dormire una bambola, la copre, le rimbocca la coperta e le volta la testa da un lato. Poi riprende la bambola, la poggia a terra, ne prende un’altra, afferra una tutina, ci stende il bambolotto sopra, prende il braccio della bambola e lo guida nell’incavo della manica, poi fa lo stesso con l’altro braccio, chiude la tutina, riprende la prima bambola e le mette a dormire entrambe in un letto. Nonostante più di trenta bambini circolino tra i diversi laboratori durante tutta la mattinata, essi costruiscono i loro giochi soli o in gruppo. Portano a termine questi giochi sotto lo sguardo benevolo e gli incoraggiamenti delle operatrici. La maggior parte delle volte i bambini risolvono i conflitti descritti senza bisogno dell’intervento delle operatrici. Conclusione Le registrazioni video offrono alle operatrici la possibilità di guardare più volte i bambini, di condividere tra loro questo sguardo e di confrontare le analisi. Le analisi sempre più raffinate dei comportamenti dei bambini permettono di realizzare alcune trasformazioni che si adattano gradualmente agli interessi e alle competenze dei bambini. Questo percorso collettivo stabilisce il legame tra le situazioni educative e i loro effetti sui bambini, permette di identificare i criteri di qualità co-costruiti contestualizzati e stabilisce il carattere professionale dell’accoglienza dei bambini piccoli. La co-costruzione di criteri per valutare la qualità dell’accoglienza Le esperienze riportate illustrano come, grazie al metodo dell’autovalutazione regolatrice, le operatrici co-costruiscono criteri che permettono di auto-valutare le azioni educative adottate in base ai modi di essere e di agire dei bambini. Scambiando e confrontandosi, le educatrici riescono gradualmente a esplicitare ciò che favorisce il coinvolgimento dei bambini nelle attività proposte e ciò che, al contrario, le inibisce. Criteri che permettono di auto-valutare le pratiche educative Le analisi di un gran numero di esperienze raccolte in situazioni di gioco hanno permesso di rilevare che le operatrici individuano velocemente le condizioni educative che non favoriscono il coinvolgimento di tutti i bambini nelle attività proposte. Cercano allora di identificare le caratteristiche della situazione educativa che inibiscono le realizzazioni dei bambini, fatto che le induce ad apportare alcuni cambiamenti per adeguarli agli obiettivi fissati. Queste caratteristiche, oggetto di trasformazioni, diventano così criteri di valutazione co-costruiti dalle operatrici stesse. I criteri che le nostre analisi hanno evidenziato riguardano principalmente due aspetti dell’approccio educativo: l’organizzazione della situazione proposta e il modo di agire e di intervenire delle educatrici nel momento in cui propongono l’attività. L’organizzazione e l’allestimento della situazione sono messi in discussione nella quasi totalità dei casi. L’allestimento dello spazio pone molti problemi Come conciliare la libera circolazione dei bambini auspicata da tutti con la realizzazione di zone “protette” in cui i bambini possano concentrarsi e realizzare in gruppo attività durature? Ecco alcune questioni discusse: • l’attività sperimentata deve essere proposta tra gli altri laboratori presenti nelle stanze (spazio “porte aperte”)? • deve essere allestita in un luogo più chiuso permettendo il libero accesso ai bambini? • per una certa attività, per esempio il gioco del far finta, le varie componenti (pentoline, cucina, sonno ecc.) devono essere proposte l’una vicina all’altra, nella stessa stanza?. Anche la scelta del materiale e il modo di disporlo pongono alcuni problemi • Per una certa attività, per esempio i giochi di sperimentazione di fisica, è importante scegliere bene le misure dei contenitori e dei contenuti, la quantità degli oggetti identici ecc.? • È necessario proporre il materiale ordinato oppure alla rinfusa? • Come disporre il materiale scelto affinché i bambini possano realizzare attività durature? Il ruolo delle operatrici e la natura dei loro interventi nei confronti dei bambini sono stati aspramente discussi in tutte le esperienze analizzate. Si tratta di un punto delicato poiché le operatrici si rendono conto che il loro modo di agire qualche volta può essere il riflesso di un approccio pedagogico tradizionale, secondo il quale le operatrici impongono e orientano le attività dei bambini oppure intervengono per correggere le realizzazioni che non sono conformi alle loro aspettative. Osservando gli effetti dei loro interventi sui comportamenti e le realizzazioni dei bambini, sono state discusse numerose questioni. • Come fare per lasciare che i bambini prendano iniziative e organizzino loro stessi le attività? • Come fare per non interrompere o bloccare le loro realizzazioni, e i fini che perseguono? • Come gestire i conflitti tra i bambini? I conflitti per il possesso degli oggetti sono comportamenti aggressivi? • Come instaurare un clima di comunicazione tra operatrici e bambini e tra bambini? • Le operatrici devono stare in disparte senza intervenire mai? • E i divieti? • Come evitare di giudicare le azioni dei bambini? Considerando tutti questi interrogativi, è stato raggiunto un accordo nel ritenere che il ruolo delle operatrici si caratterizza nel modo seguente: l’obiettivo delle operatrici è di inserirsi mentalmente nelle realizzazioni dei bambini per tentare di capire le loro intenzioni; diventano osservatrici, non soltanto presenti, ma anche partecipanti attraverso il loro interesse continuato alle attività dei bambini che si stanno svolgendo sotto i loro occhi; non sono in disparte poiché sono coinvolte nell’aspettativa di ciò che i bambini stanno realizzando. I loro interventi hanno perciò la funzione di sostenere e incoraggiare le attività dei bambini per ottenere la partecipazione di tutti. Gli effetti sui modi di essere e di agire dei bambini Alcuni criteri di qualità Applicando il metodo dell’auto-valutazione regolatrice, le operatrici sono portate a esplicitare sempre meglio quanto ci si aspetta dai bambini. Basandosi soprattutto sui lavori del CRESAS, imparano progressivamente a identificare sempre meglio le competenze dei bambini, le loro capacità di risolvere i problemi che si pongono, a interpretare meglio il senso delle azioni che si svolgono davanti ai loro occhi. I lavori del CRESAS hanno dimostrato, in particolare, che quando si propone ai bambini un materiale che corrisponde ai loro interessi, le loro attività si organizzano in sequenze prolungate, in un concatenarsi di azioni orientate verso un fine da conseguire. Guida metodologica ERATO 29 Queste sequenze formano un tutto coerente, un tutto significativo. Realizzando queste combinazioni di azioni, i bambini manifestano conoscenze e competenze in vari ambiti: logico-matematico, fisico, sociale e psico-sociale. In alcune attività realizzate da due o più bambini, questi si impegnano in un processo interattivo di scambi nel corso del quale manifestano, anche nel periodo preverbale, competenze comunicative insospettabili: dialogano mettendo in atto procedure varie e spesso complesse per far comprendere le loro intenzioni, i loro desideri e per chiarire, spiegare e argomentare i loro punti di vista. Le aspettative nei confronti dei bambini diventano allora sempre più esigenti. Le ricerche-azione realizzate nel quadro del progetto ERATO hanno permesso di arricchire ulteriormente le nostre conoscenze rispetto alle competenze comunicative dei bambini nel periodo preverbale. Abbiamo, inoltre, potuto rilevare che quando un bambino desidera realizzare un’attività con un altro bambino, dà prova di ostinazione e di coerenza nelle idee: quando un primo tentativo si arena a causa dell’incomprensione o del rifiuto dell’altro, il bambino ripete i suoi tentativi manifestando le sue capacità nel gestire lui stesso gli ostacoli e i conflitti che insorgono. Ecco un esempio che illustra le strategie che i bambini attivano per raggiungere il fine che perseguono. Questo esempio è particolarmente illuminante in merito alla questione della diversità poiché si tratta di uno scambio tra una bambina sorda (P.) e una bambina udente (F.). P. (23 mesi) e F. (26 mesi). La situazione: quattro bambini giocano in un ambiente allestito per i giochi del far finta che comprende oggetti per la cucina, due culle e due bambole. Una operatrice anima l’attività. Riassunto: P. gioca con una bambola e la culla. F. vuole “giocare alla mamma” con lei servendosi degli oggetti che ha P. Deve fare più tentativi per arrivarvi. P. seduta di fronte all’educatrice si dedica a numerose esplorazioni della culla e della bambola. Poi poggia la bambola per terra ed esplora a lungo la culla. F. fa un primo tentativo per far comprendere le sue intenzioni. Si impossessa della bambola per terra e si avvicina a P., ma lei le toglie la bambola con gesti decisi e la depone nella culla. F. non reagisce e osserva P. Un po’ più tardi, F. chiarisce le sue intenzioni di giocare alla mamma. F. va a cercare un biberon sul tavolo, torna e si accoccola accanto alla bambola nella culla. Poi prende la bambola, si mette in piedi e si appresta a nutrirla, ma... P. le strappa la bambola lanciando un urlo. F. non reagisce. Un altro chiarimento di F. L’operatrice interviene rivolgendosi a F.: “Va a prendere l’altra bambola”. F. obbedisce, va a prendere l’altra bambola, torna, la poggia accanto alla culla e le dà da mangiare a lungo. P. la osserva. Poi F. poggia il biberon sul tavolo. P. reagisce: è d’accordo a giocare alla mamma. P. va a prendere il biberon sul tavolo, torna e si mette a dar da mangiare alla sua bambola. F. la osserva. Poi P. rimette il biberon sul tavolo, torna e culla la sua bambola. F. arriva al suo scopo: ha capito che per giocare alla mamma con la bambola di P., non deve impossessarsene. F. va a prendere un piatto e un cucchiaio sul tavolo, torna, si mette 30 Guida metodologica ERATO accanto a P. e gira il cucchiaio nel piatto. P. la osserva. F. si affaccia sulla culla e dà da mangiare alla bambola nella culla con il cucchiaio. P. non solo non impedisce a F. di nutrire la sua bambola, ma si mette a dondolare la culla mentre F. nutre la bambola: una bella collaborazione! Analizzando questo video, le operatrici hanno rilevato con stupore l’ostinazione di F. nel riuscire a realizzare lo scopo che si è fissata. E soprattutto hanno scoperto le strategie che F. attua per superare gli ostacoli che incontra come, per esempio, testare diverse possibilità E ricominciare alcune azioni tenendo conto degli insuccessi precedenti. Realizzando che i bambini sono capaci di gestire da soli le loro attività, di farsene carico in qualche modo, le operatrici si interrogano sul proprio modo di reagire. Come reagire quando ci sono dei conflitti tra bambini per il possesso di un oggetto o quando un bambino toglie in maniera più o meno decisa un oggetto a un altro bambino, comportamenti che si ritrovano nella maggior parte dei video raccolti? Si tratta di manifestazioni “aggressive” o di procedure per far capire un’intenzione? Tutte queste scoperte cambiano lo sguardo posto sui bambini: non appaiono più come individui completamente dipendenti dagli adulti, ma capaci di gestire da soli gli ostacoli e i conflitti che si creano. Così, si instaurano relazioni di fiducia reciproca tra le educatrici e i bambini. Per concludere, insistiamo sul fatto che, secondo noi, le educatrici impegnate nel percorso interattivo sviluppano notevolmente le loro conoscenze e competenze professionali. Di seguito riportiamo alcune considerazioni delle stesse educatrici che confermano questa affermazione. Esse sottolineano innanzitutto le trasformazioni che si attuano sul piano dei rapporti tra i diversi partecipanti; secondo loro, il lavoro in gruppo permette una migliore conoscenza reciproca, un maggiore investimento nel lavoro (i rischi sono condivisi, la risoluzione delle difficoltà che si incontrano viene elaborata insieme); si cresce insieme considerando lo stato di riflessione di ciascuno; ognuno viene preso in considerazione, indipendentemente dal suo ruolo e dalla sua funzione, così ciascuno è nella posizione di essere riconosciuto e valorizzato nelle sue competenze, nell’apportare un contributo alla costruzione comune. Infine rilevano anche che la loro curiosità intellettuale è costantemente attivata. Secondo loro, il percorso interattivo permette di cocostruire nuove conoscenze, di fare scoperte. Adottando un atteggiamento di ricerca, interrogandosi costantemente sul significato dei fatti osservati, rimettono in discussione le certezze e la portata di certe evidenze. Così, la creatività di cui i bambini fanno prova, le loro capacità di farsene carico, di risolvere da soli i problemi che incontrano, contribuiscono alla scomparsa di pregiudizi basati sulle rappresentazioni che si hanno dei bambini: comprenderli può aiutare a sostenerli meglio. Si sviluppa un piacere professionale, quello che si sente quando si scopre il potere di svegliare i bambini, di dar loro la voglia di comunicare e di comprendere il mondo che li circonda. Hanno partecipato alle ricerche-azioni le seguenti persone. I formatori-ricercatori: G. Amilhaud, M. Bréauté, M-P. Boulle, M-H. Chandon Coq, D. Chauveau, G. Ganne, C. Gueguen, M. Hardy, D. Baroth, I. Landin, C. Juillot, D. Perales, M. Stambak, D. Tilquin, M. Torres. Le operatrici dei seguenti servizi: i nidi Becquerel, Carpeaux, Dumeril, d’Estrées, Ganneron, Hyppolyte Maindron, Marcadet-Duhème, MarcadetRamey, Ricaud, Tolbiac, Trocadéro; le halte-garderie e multi-strutture Broussais, Ganneron, A. Masson. Ringraziamo per il sostegno Martine Jobineau, consigliere tecnico presso il Comune di Parigi. Come organizzare il contesto educativo affinché tutti i bambini nei servizi per l’infanzia possano costruire conoscenze solide? (bambini tra i 3 e i 7 anni) Hicela Ivon (Università di Spalato, Croazia) con la collaborazione di Tatjana Kljenak, Gordana Krasnic, Gordana Mijaljica, Tajana Kuzmanic, Mila Cvrlje, Sanja Curin Introduzione L’équipe croata, composta da una docente dell’Università di Spalato, una coordinatrice e cinque educatrici, collabora strettamente con l’équipe dell’IEDPE di Parigi, conducendo alcune ricerche-azione nelle scuole dell’infanzia in Croazia, che accolgono i bambini di età compresa tra i 3 e i 7 anni. L’obiettivo di tali ricerche non è soltanto garantire ai bambini un servizio di qualità, ma anche realizzare condizioni educative che favoriscano la costruzione di conoscenze e di competenze di base necessarie al successo scolastico di tutti i bambini. La questione dell’apprendimento – in particolare il modo in cui far progredire i bambini nell’acquisizione delle conoscenze – è dunque al centro delle riflessioni dell’équipe croata. Abbiamo preso le distanze dalla modalità tradizionale di insegnamento ai bambini, avendo constatato che non soddisfaceva il nostro obiettivo principale: far evolvere tutti i bambini. In effetti quando, a partire da un materiale didattico e da consegne precise, si propone ai bambini un’attività il cui svolgimento è interamente definito dall’adulto, soltanto un piccolo numero si impegna nel compito proposto; la maggior parte degli altri si annoia e le conoscenze che si intende insegnare loro non vengono acquisite adeguatamente. Partendo da queste constatazioni, l’équipe si è impegnata nel progetto interattivo elaborato dai ricercatori del CRESAS e dell’IEDPE. Nel quadro del progetto ERATO, l’équipe ha realizzato una ricercaazione per individuare risposte alla seguente domanda: come organizzare il contesto educativo affinché tutti i bambini sviluppino competenze e costruiscano conoscenze solide? Sperimentate nel campo logico-matematico, le ipotesi pedagogiche formulate avevano un carattere generale poiché poggiavano sui principi della pedagogia interattiva confermati in vari campi della conoscenza. Si trattava, dunque, di organizzare situazioni educative che rispettassero le due caratteristiche principali del progetto interattivo: • mettere la comunicazione e le interazioni sociali al centro delle pratiche educative; • rompere con le pratiche di routine: le azioni educative sono condotte in uno spirito di ricerca e di innovazione; le educatrici si impegnano nel processo di trasformazione delle pratiche educative in funzione delle loro aspettative riguardanti quanto realizzato dai bambini; la valutazione dei risultati si fa con l’aiuto del metodo dell’auto-valutazione regolatrice, che consiste nell’adeguare le pratiche educative sulla base degli effetti prodotti su quanto viene realizzato dai bambini. Formulazione delle ipotesi di partenza e definizione delle condizioni pedagogiche e metodologiche L’équipe coinvolta nel progetto ERATO ha formulato la seguente ipotesi: la situazione del gioco del mercato potrebbe essere un’attività che favorisce lo sviluppo delle competenze logico-matematiche nei bambini di età compresa tra i tre e i sette anni. Si tratta di un gioco di finzione nel quale i bambini rispettano alcune regole in base al ruolo che rivestono, quello del “cliente” o quello del “commerciante”. Questa attività di compra-vendita induce i bambini a contare e a calcolare. Inoltre, il gioco implica obbligatoriamente un dialogo tra il commerciante e i clienti, quindi gli scambi e la comunicazione rivestono un ruolo importante. L’osservazione del gioco del mercato, con registrazione video, è stata realizzata in tre scuole dell’infanzia di Spalato e in una scuola dell’infanzia a Hvar. In ognuno di questi servizi, abbiamo allestito un angolo dedicato al gioco del mercato. Abbiamo posto un tavolo al centro per separare nettamente i ruoli del venditore e dell’acquiren- Guida metodologica ERATO 31 te: il venditore si collocava dietro il tavolo, avendo gli scaffali pieni di merce dietro di sé; davanti al tavolo, i clienti formavano la fila per fare i loro acquisti. I bambini si inserivano nel gioco in maniera spontanea, a loro piacimento, e vi restavano per tutto il tempo che volevano. Le sessioni di gioco sono state filmate con un grandangolo per poter riprendere sia tutti i bambini che partecipavano sia l’educatrice che animava la scena. L’analisi dei film, come la valutazione dei risultati, sono stati svolti con il metodo dell’auto-valutazione regolatrice. Guardando i film, le educatrici hanno cominciato innanzitutto ad analizzare i comportamenti e le realizzazioni dei bambini. Per cogliere il significato dei fatti osservati, sono state condotte alcune “micro-analisi” che hanno permesso di comprendere meglio le iniziative dei bambini, i problemi che si pongono e il loro modo di risolverli. Queste analisi hanno fornito alcuni elementi per capire il processo di costruzione delle conoscenze e delle competenze. Quanto realizzato dai bambini è stato valutato in funzione delle aspettative delle educatrici, le quali successivamente hanno proposto alcune modifiche per raggiungere gli obiettivi posti. Lo svolgimento della ricerca-azione Presentiamo di seguito le varie modifiche, che abbiamo via via apportato per adeguare il contesto e per soddisfare meglio, ogni volta, le aspettative delle educatrici in merito a quanto realizzato dai bambini. Illustreremo passo passo i risultati ottenuti con alcuni esempi rappresentativi delle molte analisi svolte durante tutta la ricerca-azione. Situazione di partenza La prima situazione allestita era una drogheria: vi si vendevano frutta, verdura, pane. Sul tavolo c’era un registratore di cassa e alcuni foglietti di carta a rappresentare le banconote (le kuna croate). Prime analisi Le analisi dei primi film mostrano che tutti i bambini che hanno partecipato ai giochi, a partire dall’età di 3 anni, conoscevano perfettamente i ruoli del commerciante e del cliente. Quando un bambino prendeva posto dietro al tavolo e cominciava a disporre gli articoli da vendere, gli altri, senza che fossero stati sollecitati, si mettevano a fare la fila davanti al banco. La sostituzione del bambino che rivestiva il ruolo del venditore si attivava spontaneamente: quando il bambino che occupava il posto del commerciante lasciava il gioco, un altro lo rimpiazzava senza discussioni. Analizzando, in questi primi film, i comportamenti dei bambini di 3 anni, si nota che giocavano perfettamente al commerciante e al cliente, ma non contavano né calcolavano, nonostante nominassero alcune cifre che conoscevano. Siamo stati, però, colpiti dalle loro conoscenze sociali in questa situazione: si davano del lei, il commerciante valorizzava la merce (“assaggi com’è buono”), sapevano che il denaro si preleva in banca, che il cliente ha il diritto di essere esigente (“queste cipolle sono guaste”) ecc., come si può vedere nel seguente esempio. M., 3 anni e 5 mesi, commerciante; I., 3 anni e 5 mesi, cliente. M. “Che cosa vuole comprare?”. I. non risponde. M. “Che cosa vuole? Prenda un cestino. Delle cipolle? Delle cipolle bianche?”. Mostra le cipolle: “Quante cipolle?”. I. non risponde, ma mostra con le dita che vuole tre cipolle. M. “Tre cipolle?”. I. “Sono guaste”, mostra la buccia delle cipolle e ride. M. “ Sono buone, sono buone, eccone tre.” I. (rivolgendosi direttamente a M.) “Adesso sei tu la venditrice e poi sono io, d’accordo?”. 32 Guida metodologica ERATO M. “D’accordo. Cos’altro vuole? Delle noci? Quante? Tre?”. M. si sporge verso lo scaffale e prende alcune noci. “Vuole qualche altra cosa? Dell’uva? Quanta?”, prende un po’ d’uva e ne dà un grappolo a I. “Ne vuole ancora?”, prende tutta l’uva dallo scaffale e la mette nel cestino di I. I. “Ma dai!”, osserva M. e ride. M. “Ne rimetto un po’ a posto?” rimette tutta l’uva in una scatola, poi ne dà solo un grappolo a I. I. “Grazie”. Anche i bambini di 4, 5, 6 e 7 anni partecipavano volentieri al gioco del mercato, ma vi restavano per un tempo più breve rispetto ai bambini di 3 anni. Anche loro giocavano a far finta: i clienti imparavano rapidamente gli articoli in vendita; i commercianti richiedevano i soldi ma senza fissare i prezzi degli articoli; talvolta annunciavano una cifra, ma non verificavano il numero delle banconote scambiate. Un episodio ha colpito l’équipe in modo particolare: di loro iniziativa, i bambini più grandi hanno creato una banca accanto al negozio perché non c’erano abbastanza banconote sul bancone. Hanno confezionato alcuni biglietti di carta sui quali hanno scritto le cifre. Uno o due bambini rivestivano il ruolo dell’impiegato della banca che forniva le banconote agli acquirenti che non ne avevano. Il gioco della banca sembrava divertirli di più del gioco del commerciante. Così abbiamo rilevato che, giocando al mercato, anche i bambini più grandi manifestavano conoscenze sociali come l’esistenza delle banche per chiedere del denaro. Primi adattamenti Al momento di dividersi in gruppi per analizzare i film, le educatrici hanno discusso animatamente sul significato dei fatti osservati. Erano preoccupate notando che i bambini non contavano né calcolavano. Alla fine hanno formulato la seguente ipotesi: affinché i bambini si impegnassero in operazioni logico-matematiche, era necessario fissare i prezzi degli articoli per portarli a interessarsi alla quantità degli articoli da vendere o comprare a un certo prezzo. Così hanno deciso di proporre una regola di gioco: ogni articolo costa una kuna. Hanno deciso, inoltre, di non intervenire nel gioco: sarebbero rimaste nel ruolo di osservatrici attente, ruolo che avrebbe permesso loro di comprendere meglio le attività dei bambini. Analisi della seconda situazione Guardando i film, l’équipe ha constatato con soddisfazione alcuni cambiamenti importanti: i bambini si interessavano soprattutto alle operazioni di pagamento; contavano e calcolavano con esattezza il prezzo degli articoli. I più grandi rimanevano più a lungo nel gioco, qualche volta anche fino a tre ore. Ma ciò che ha sorpreso maggiormente l’équipe è che anche i bambini di 3-4 anni si sono messi a contare e calcolare, come dimostrano i due esempi seguenti: A., 3 anni e 3 mesi, commerciante; K., 6 anni, cliente. A. è commerciante in una drogheria (ogni oggetto venduto costa 1 kuna). K. viene a comprare: “Vorrei una mela gialla, una mela rossa e un pezzo di pane”. A. mette i tre articoli sul bancone; poi alza tre dita. K. gli dà soltanto due pezzi da 1 kuna ciascuna. A. aspetta guardando intensamente K. senza parlare, sembra sapere che non è abbastanza. K. dà ancora un’altra kuna. A. mette immediatamente i soldi nella cassa. Il fatto di non aver messo in ordine il denaro rapidamente sembra indicare che A. sapesse che ne mancava una. Trattandosi di numeri esigui, aveva una percezione globale di questa piccola quantità e ne padroneggiava la scomposizione sia per sommare sia per sottrarre. E., 3 anni e 8 mesi, commerciante; N., 4 anni e 6 mesi, cliente. E. “Cosa le occorre?”. N. “Una pannocchia. E anche quattro mele verdi”. E. “E basta?”. N. “Un grappolo di uva e basta!”. E. conta gli articoli che N. ha comprato e tocca ogni articolo due volte come per esserne sicuro: “Uno, uno; due, due; tre, tre; quattro, quattro; cinque, cinque; sei, sei. Sei kuna”. N. dà una banconota da 5 kuna. E. “Queste sono cinque kuna”. N. gli dà ancora 1 kuna. E. “Sei kuna”, contando sulle dita. Si può pensare che E., nel momento del suo “doppio” conteggio abbia fatto corrispondere mentalmente ogni articolo contato a 1 kuna, così poteva annunciare il risultato di questa conta mentale della quantità di kuna necessarie al pagamento: “Sei kuna”. Per contro, lei ha riconosciuto il valore attribuito alla banconota da 5 kuna e sapeva che 6 è 1 più di 5 o, almeno, che 6 viene dopo 5 nella sequenza numerica, conoscenza che ha verificato aiutandosi con la conta delle dita. Secondo adattamento Avendo constatato che i bambini erano portati a calcolare, le educatrici hanno deciso di arricchire il gioco per due ragioni: sia per non lasciare che subentrasse la stanchezza, la mancanza di motivazione, sia soprattutto per dare la possibilità ai bambini di progredire nelle loro acquisizioni di conoscenze e di competenze. Le educatrici hanno introdotto nuovi articoli da vendere fissando prezzi variabili a seconda degli articoli. Hanno proposto della sabbia colorata che rappresentava farina, sale, riso in recipienti che avevano valore di 1, 2 e 3 kuna. La sabbia, come la farina o l’acqua, è un materiale “continuo” ma venduta in recipienti è stata trasformata in elemento “discreto” paragonabile alla frutta e alla verdura che si può vendere a pezzi. Analisi della terza situazione Nei video, questa nuova situazione sembrava costituire una nuova sfida per i bambini, che hanno giocato a volte anche per tre ore. Desiderosi di calcolare con esattezza il prezzo degli articoli, si aiutavano a vicenda e cercavano di determinare il totale con serietà ed espressioni assorte. Ecco due esempi. N., 6 anni, commerciante; M., 6 anni, cliente. M. “Dammi due tazze di sabbia”. N. riempie 2 recipienti da 2 kuna ciascuno. M. “Quant’è?”. N. “Tre kuna”. M. “Ecco quattro kuna.” le dà 4 banconote da 1 kuna. N. “Ho detto tre kuna”. Gli rende 1 kuna. M. prende la kuna e gliela ridà. Poi le mostra che c’è la scritta: una tazza = 2 kuna. “Ho chiesto due tazze, una tazza costa due kuna, la seconda due kuna, fa quattro kuna.” N. “È vero”. Prende le 4 banconote e le ripone nella cassa. In questo esempio, in cui i bambini non erano d’accordo sulla soluzione, si vede come M. ha difeso il suo punto di vista esplicitando il proprio calcolo all’altra bambina che così si è convinta. Nell’esempio seguente, M. ha venduto della farina in alcuni recipienti da 2 e 3 kuna, il pagamento è avvenuto con biglietti da 1 e 2 kuna. M. ha versato in una busta di plastica le dosi che erano nei recipienti. M., 5 anni e 3 mesi, commerciante; L., 4 anni e 8 mesi, cliente. L. “Dammi della farina per diciassette kuna!”. M. “Ah! Diciassette!” comincia a versare nella busta di plastica 2 volte il contenuto di un recipiente da 3 kuna. “Fa sei.” poi versa un terzo recipiente da 3 kuna nella busta e dice: “Nove!”. L. “Hai dimenticato quanta ne ho chiesta?”. M. “Diciassette!” risponde immediatamente a L. Poi versa ancora un recipiente da 3 kuna, poi si ferma un momento e conta sulle sue dita: “Dieci, undici, dodici.” L. “Non ti sarai per caso sbagliato?” cerca di scherzare con M. ma lui continua a contare attentamente. M. riempie ancora un recipiente da 3 kuna e travasa nella busta “Quindici kuna.”, si appresta a riempirne un altro, ma dopo aver riflettuto, prende un recipiente del valore di 2 kuna “Diciassette kuna! Se me ne dà di più, le darò il resto!”. L. le dà, una banconota alla volta, prima 4 biglietti da 1 kuna, poi uno da 2 kuna. M. “Uno, due, tre, quattro.” L. “Vedi, è una banconota da due kuna!” mostra la sua banconota da 2 kuna. “Sei...”, poi con altri biglietti da 1 kuna “Sette, otto...”, poi con una banconota da 2 kuna “Dieci...”, poi “Undici-dodici; trediciquattordici; quindici-sedici...” conta con le banconote da 2 kuna e ne aggiunge ancora un’altra da 2 kuna. “Uh! Devo riprendere una kuna!” (18 - 1 = 17). In questo esempio i due bambini hanno dimostrato che l’uso ripetuto dei numeri in quantità sempre più grandi permette loro di memorizzare il conteggio per 2 o per 3 (“Tre, sei, nove” per M. e “Quattro, sei, poi otto, dieci” per L.), operazioni mentali che sostengono ancora, quando ne sentono il bisogno, ricorrendo al conteggio semplice (“Dieci-undici-dodici” per M., “Undici-dodici, tredici-quattrordici...” per L.). D., 6 anni, commerciante; M., 5 anni e 7 mesi, cliente. D. “Quante tazze di farina vuoi? Ogni tazza costa sette kuna”. M. “Dammi tre tazze”. D. “Fa tre volte sette: ventuno kuna”. M. prende i suoi soldi, dà prima 3 pezzi da 5 kuna e dice: “Quindici kuna, ne servono ancora sei.”, poi dà 2 pezzi da 2 kuna e 2 da 1 kuna. D. “È esatto”. D. e M. hanno dimostrato una grande disinvoltura nel maneggiare numeri dell’ordine della ventina. Hanno memorizzato alcuni elementi della tavola pitagorica (“Tre volte sette: ventuno” per D.), hanno valutato rapidamente le quantità con la moltiplicazione o l’addizione ripetute (“Quindici” per M. ottenuto con 3 banconote da 5), e Guida metodologica ERATO 33 hanno stabilito gli intervalli quantitativi tra numeri successivi (“Ne servono ancora sei” per M.). Anche in questo esempio, si vede che i bambini sono consapevoli di ciò che sanno e di ciò che non sanno. Terzo adattamento Quarto adattamento Visto il grande interesse dei bambini per questo gioco, le insegnanti hanno deciso di introdurre una bilancia e dei pesi affinché i bambini potessero familiarizzare con la misura del peso. L’ipotesi era che questa situazione avrebbe permesso di far progredire il bambino verso calcoli sempre più complessi. Sono state aggiunte una bilancia a due piatti e alcune biglie che rappresentavano i pesi. I bambini avevano a disposizione alcune piccole biglie del valore di 1 kuna, alcune biglie medie per 2 kuna e, infine, delle biglie più grandi per 3 kuna. I bambini pagavano in kuna, con biglietti da 1, 2, 5 e 10 kuna. In seguito all’analisi appena descritta, è stato deciso di allargare ulteriormente la situazione del gioco, proponendo ai bambini di contare e di calcolare utilizzando la misura della lunghezza. Abbiamo allestito un negozio di vendita di tessuti affinché i bambini potessero acquistare della stoffa per confezionare i vestiti delle bambole. Si poteva misurare il tessuto con un righello da 10 cm e il prezzo era di 1 kuna ogni 10 cm. I soldi erano rappresentati con tagli da 1, 2, 5, 10 e 20 kuna. Analisi della quarta situazione I bambini, dai 4 anni in su, si preoccupavano dapprima di mettere la bilancia in equilibrio, disponendo diversi oggetti su un piatto e sull’altro, sollevandoli e spostandoli da un piatto all’altro, verificando a occhio nudo e con la mano se la bilancia era ben equilibrata, avendo così un primo approccio con i pesi, con ciò che è più pesante e ciò che è più leggero. L’introduzione delle biglie raffiguranti i pesi con un prezzo fisso per ogni peso (prima 1, poi 2 e 3 kuna) ha portato i bambini a comprendere che la merce poggiata su un piatto costa quanto indicato dalle biglie poggiate sull’altro piatto della bilancia per tenerla in equilibrio. Ecco due esempi. Nel primo esempio vediamo che R. ha elaborato per venti minuti diversi calcoli e operazioni mentali per risolvere tutti i problemi posti. Fatto sorprendente: ha aggiustato la quantità di merce affinché corrispondesse alla somma di denaro che la sua cliente possedeva! R., 4 anni e 7 mesi, commerciante; L., 5 anni e 7 mesi, cliente. L. “Dammi dieci grandi sassi”. R. mette 10 grandi sassi sulla bilancia e prende alcune biglie che valgono 2 kuna ciascuna. Le poggia sull’altro piatto della bilancia contando a 2 a 2 fino a 26. Si accorge che con la biglia successiva la bilancia oscilla. Allora esita, poi prende una biglia da 1 kuna, verifica l’equilibrio e dice: “Ventisette”. Poi riconta le biglie e ripete: “Ventisette”. L. dà tutti i pezzi da 1 kuna che ha nel suo portamonete. R. conta le banconote “Dieci, non ce ne sono abbastanza”. Riflette, poi toglie un grosso sasso; nell’altro piatto poggia alcune biglie da 2 kuna e conta a 2 a 2; arrivato a 14 dice “No” (si rende conto che ha superato le 10 kuna possedute da L.). Sostituisce qualche grosso sasso con altri piccoli verificando l’equilibrio dopo aver poggiato 10 biglie da 1 kuna. La bilancia pende dal lato dei sassi: allora sostituisce ancora alcuni grossi sassi con altri piccoli ma la bilancia continua a non stare in equilibrio. Sostituisce una biglia da 2 kuna con una da 1 kuna, la bilancia è finalmente in equilibrio: “Nove kuna.” L. “Non ce l’ho”. R. “Sì, ne hai dieci”. Conta le banconote fino a 10, poi le rende 1 kuna e incassa le 9 kuna. L’esempio seguente illustra come i bambini si aiutano reciprocamente quando uno dei due non riesce a risolvere il suo problema. J., 6 anni e 6 mesi, commerciante; D., 6 anni e 5 mesi, cliente. D. entra nella drogheria e si rende conto che J. non riesce a calcolare il prezzo di mezzo chilo di frutta. Allora gli dice: “Chiedi l’aiuto come nel gioco in televisione”. J. “Ah, l’aiuto! Un chilo costa 12 kuna, quanto costa mezzo chilo?”. D. “Sei kuna”. J. “Come?”. D. “È semplice, perché sei più sei fanno dodici. Tu devi incassare mezzo chilo, fa sei!”. J. “D’accordo! Fai tu il commerciante e io sarò il cassiere che ripone i soldi”. 34 Guida metodologica ERATO Analisi della quinta situazione I bambini di 4 e 5 anni sono particolarmente interessati all’acquisto del tessuto. R., 4 anni e 11 mesi, commerciante; D., 5 anni, cliente. D. vuole che R. le misuri la lunghezza di un pezzo di tessuto giallo. R. misura la lunghezza del tessuto con il righello “10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90, 100, 110, 120, 130, 140, 150, 160, 170, 180, 190, 200, 210, 220. Duecentoventi kuna!” D. “Ma io non ho tutti questi soldi.” Gli dà i soldi, una banconota alla volta. R. conta i soldi: “20 + 20 = 40 kuna; 40 + 10 = 50 kuna; 50 + 10 = 60 kuna; 60 + 20 = 80; 80 + 20 = 100; 100 + 20 = 120; 120 + 10 = 130; 130 + 10 = 140; 140 + 20 = 160; 160 + 10 = 170; 170 + 1 = 171; 171 + 1 = 172...”. Continuando così e aggiungendo 1 fino a 200 kuna, poi “200 + 10 = 210; 210 + 10 = 220”. Il metodo di calcolo di R. è particolarmente interessante: lui somma fino a 170 con dei pezzi da 10 e 20 kuna, e conta fino a 200 con pezzi da 1 kuna, poi fino a 220 con pezzi da 10 kuna. Competenze insospettabili nei bambini tra 3 e 7 anni L’analisi dei video ha permesso di rilevare che il gioco del commerciante offre condizioni favorevoli allo sviluppo delle competenze logico-matematiche. Organizzando il gioco in modo che i bambini potessero prendere delle iniziative per risolvere i problemi che si ponevano e arricchendo la situazione proposta, abbiamo potuto osservare alcune competenze spesso insospettabili nei bambini di età compresa tra 3 e 7 anni. Giocando, i bambini manifestavano in maniera evidente sia conoscenze pregresse sia conoscenze in via di acquisizione. Il metodo dell’auto-valutazione regolatrice, che porta le educatrici a trasformare la situazione allestita in base ai risultati ottenuti precedentemente, si è rivelato essere una procedura efficace per far progredire i bambini. Competenze logico-matematiche dei bambini tra 3 e 7 anni Da quando è stato introdotto il prezzo degli articoli, i bambini non consideravano più il gioco proposto come un gioco di finzione in cui facevano finta di giocare al mercato: si impegnavano soprattutto e lungamente nello svolgimento di operazioni di pagamento che necessitavano di calcoli sempre più elaborati. Una delle prime scoperte ha riguardato la constatazione che dall’età di 3 anni alcuni bambini valutano globalmente le quantità fino a tre e ne padroneggiano le scomposizioni in addizione e in sottrazione (per esempio: ricevendo 2 kuna invece di 3, un commerciante si rende conto che ne manca una). Sono state rilevate le stesse modalità di procedere nei bambini più grandi, ma con numeri sempre più alti. A partire dai 5 anni compare la capacità di moltiplicare e dividere. In numerosi esempi si nota che i bambini contavano a due a due, poi a tre a tre e anche a dieci a dieci. Poi, verso i 6 anni, contavano come se avessero ricostruito una gran parte della tavola pitagorica: trovavano immediatamente il prodotto quando cercavano di calcolare la cifra che dovevano incassare vendendo un numero X di oggetti che hanno un prezzo Y. Quando i bambini hanno dovuto affrontare problemi legati alla misura (peso, lunghezza) non solo hanno consolidato le loro competenze per procedere a calcoli sempre più complessi, ma hanno anche mostrato capacità organizzative (per esempio: preparare il materiale svolgendo classificazioni rigorose) e di ragionamento fine. Il caso più sorprendente è stato quello del commerciante che è riuscito a diminuire la quantità della merce per farla corrispondere alla somma di denaro posseduta dalla sua cliente! Per svolgere i loro calcoli, i bambini utilizzano strategie differenti. 1. Contare e calcolare sulle proprie dita partendo da uno. Da notare che in tutti i casi, c’erano degli adeguamenti tra il gesto e la parola. I gesti potevano essere diversi: i bambini alzavano le dita una alla volta (M., 3 anni e 3 mesi) o muovevano le dita per aria (E., 3 anni e 8 mesi) o contavano ripiegando le dita verso il palmo della mano (F., 4 anni e 5 mesi) oppure nascondevano le mani sotto il banco per contare le dita (R., 4 anni e 7 mesi). 2. Contare a partire dal numero più grande. Questa strategia si sviluppa a partire dai 4 anni (per esempio, per arrivare a 9, P. parte da 6 poi aggiunge: 1 + 1 + 1 = 9). Nei bambini più grandi questa strategia si è articolata a volte in una scomposizione del calcolo: L. doveva pagare 17 kuna, ne ha date 10, poi ha preso alcuni pezzi da 2 kuna contando: 11-12, 13-14, 15-16, 17-18 e ha concluso: “mi devi rendere 1 kuna”. 3. Fare operazioni di calcolo a mente senza aiuto né tappe intermedie. Anche i più piccoli di 3 o 4 anni sono capaci di dare la risposta “a mente” con numeri fino a 4/5. A partire dai 5 o 6 anni, molti bambini danno risposte immediate con numeri fino a 20, e qualcuno anche oltre. Competenze sociali: aiutarsi a vicenda ed evitare i conflitti Abbiamo potuto notare in numerosi esempi che quando un bambino si rendeva conto che un altro era in difficoltà perché non sapeva come fare, lo aiutava adoperandosi per spiegargli la soluzione. Per esempio, quando il cliente ha dato 3 kuna per due oggetti che costavano 2 kuna ciascuno, il commerciante gli ha mostrato che c’era scritto che ogni oggetto costava 2 kuna: “Mi hai chiesto due tazze, una tazza costa due kuna e anche la seconda due kuna; due più due fa quattro kuna” e il cliente è stato d’accordo. L’esempio di D. e J. è particolarmente sorprendente. D. vedendo J. in difficoltà nel trovare il prezzo di mezzo chilo, e conoscendo il prezzo di un chilo, gli ha suggerito di fare come nel gioco della televisione: chiedere un aiuto. J. ha accettato il suo consiglio e D. gli ha spiegato come procedere. J. ha ammesso che il suo amico ha trovato la soluzione, ma conoscendo le proprie competenze, gli ha suggerito di prendere il suo ruolo da commerciante. In tutti questi casi di aiuto reciproco, i due protagonisti traggono benefici. È evidente per colui che è in difficoltà, ma quello che “insegna” ha la possibilità di prendere le distanze dal compito da risolvere: in tal modo è obbligato a trovare argomenti convincenti. Si notano anche le loro capacità di trovare soluzioni ai conflitti che si sono creati. 1. In un esempio, due bambine volevano entrambe essere la commerciante; colei che ha dovuto rinunciare ha detto di avere mal di testa e l’altra che ha preso il posto della commerciante le ha chiesto: “Comprerai comunque qualcosa?”. 2. In un secondo esempio, una commerciante si trovava di fronte una cliente che voleva fare la spesa con i suoi due figli (due bambole); la venditrice ha consigliato alla sua cliente: “Perché non compri due passeggini? Così tu puoi spingere un bambino e il papà l’altro? Oppure, perché non hai lasciato uno dei bambini a casa con una baby-sitter?”. Conto scritto da un bambino di 4 anni e 6 mesi Conto scritto da un bambino di 6 anni 3. Nel terzo esempio, una commerciante, notando alcuni fenomeni di nervosismo tra le persone in fila, ha cercato di calmare i clienti: “Siate pazienti, anche il mio cliente ha fretta, deve andare a lavorare all’ospedale”. I bambini usano sistemi di notazione Segnaliamo un altro elemento sorprendente: giocando al mercato, i bambini imparano a leggere e scrivere senza alcun insegnamento da parte delle educatrici. Non sappiamo come vi arrivino, ma è certo che imparano gli uni dagli altri. Riguardo alla scrittura dei numeri, i bambini si dimostrano capaci di scrivere i numeri e anche alcune operazioni intere, i più grandi conoscono perfettamente i segni “+”, “-” e “=”. Ma imparano anche a leggere e a scrivere; i più grandi sono capaci di scrivere dei brevi testi sotto i disegni dei loro album che poi si leggono reciprocamente prima del riposo. Guida metodologica ERATO 35 Riportiamo due esempi: si tratta di appunti di conti da pagare scritti dai bambini dopo gli acquisti. Il primo è stato scritto da un bambino di 4 anni e 6 mesi in cui si nota ancora qualche errore. Invece l’esempio scritto da un bambino di 6 anni è corretto. Competenze solidamente ancorate Abbiamo scoperto con stupore che i bambini usano, in varie situazioni della loro vita quotidiana, le competenze logico-matematiche sviluppate giocando al mercato: realizzando costruzioni, inventando ricette, facendo torte, creando personaggi per il gioco con le marionette ecc. Ecco alcuni esempi. • Gioco dei birilli, bambini di 6 anni. I birilli erano segnati con numeri da 1 a 10. I bambini li facevano cadere con una palla, poi sommavano le cifre dei birilli caduti e colui che conseguiva il punteggio migliore vinceva il gioco. I bambini scrivevano sulla lavagna il proprio sistema di calcolo (M., 5 anni e 2 mesi: 2 + 3 + 4 = 9). Sapevano cosa significano i simboli più (+), meno (-) e uguale (=) senza che nessuno glielo avesse insegnato. Organizzavano anche la lunghezza della pista da gioco basandosi sul numero di passi. • Gioco dei cavallucci, bambini di 5 e 6 anni. Il terrazzo della classe è composto da grandi mattonelle quadrate in cemento che i bambini hanno trasformato nelle caselle del gioco dei cavallucci. Un bambino (nel ruolo del dado) doveva dire di quante caselle un altro giocatore doveva avanzare. Mentre giocavano spostandosi da casella a casella, i bambini contavano e colui che arrivava per primo “a casa” vinceva. I bambini stessi hanno inventato e realizzato il gioco. • Costruzione di un recinto per gli animali in terra, sabbia e ghiaia. I bambini si mettevano d’accordo sulla quantità di materiale di cui avevano bisogno per la costruzione del recinto e scrivevano tutto su un quaderno che portavano con loro quando andavano nell’angolo del mercato a comprare i materiali. • Costruzione di giochi matematici. I bambini stessi proponevano alcuni problemi matematici. Per esempio: chiedevano di continuare a scrivere la sequenza a partire da una certa cifra; ponevano il seguente quesito: 5 + 7 = ?; disegnavano 8 mele rosse e 5 mele verdi e chiedevano quante mele ci fossero in tutto; proponevano alcune addizioni dando i loro risultati: 1 + 2 = 3, 2 + 1 = 3, 2 + 3 = 5, 2 + 4 = 6, bisognava calcolare il risultato totale: 3 + 3 + 5 + 6 = 17. In tutte queste osservazioni, siamo stati sorpresi dalla sicurezza con la quale i bambini hanno usato le loro competenze logico-matematiche: svolgevano le diverse operazioni da soli, senza alcuna esitazione evidente. Non cercavano mai l’aiuto delle educatrici quando incontravano qualche difficoltà. Abbiamo allora cercato di individuare i fattori che hanno potuto contribuire all’acquisizione di queste competenze perfettamente assimilate. Ecco qualcuna delle nostre considerazioni. • Il gioco del mercato sembra avere un ruolo importante. Si tratta di un gioco centrato su una pratica sociale che i bambini prendono sul serio e intorno alla quale mobilitano tutte le loro capacità per svolgerla al meglio. L’entrata e l’uscita dal gioco sono libere, i bambini vi restano finché provano interesse e vi possono partecipare indipendentemente dal loro livello di sviluppo, poiché scelgono i problemi da risolvere in modo che siano calibrati sulle loro capacità e nessuno giudica il loro operato. Questa pratica implica la presenza di due protagonisti che hanno ruoli complementari: è necessario che ognuno si adegui alle richieste dell’altro e i due realizzano una sequenza di operazioni articolate tra loro. L’osservazione dell’attività dell’altro sul problema comune, le differenze tra le soluzioni che ognuno trova, l’eventuale argomentazione del compagno, sono fonte di potenziali progressi. 36 Guida metodologica ERATO • L’approccio educativo (la procedura interattiva) adottato ci sembra determinante. Le educatrici adeguano di volta in volta l’organizzazione della situazione proposta in base alle nuove ipotesi sulle aspettative relative alle realizzazioni dei bambini. Non orientano lo svolgimento del gioco, il loro compito è sostenere e incoraggiare l’attività in corso; hanno fiducia nelle capacità dei bambini di trovare da soli le soluzioni alle difficoltà che incontrano. La conseguenza di tali comportamenti è che i bambini si sentono autonomi e responsabilizzati: sono loro che prendono le iniziative e che orientano il gioco in base alle loro idee e alle loro competenze. Tutte queste riflessioni portano a interrogarci continuamente sulle modalità di insegnare a scrivere e a far di conto nel periodo prescolare. Alcuni elementi di valutazione: l’opinione delle insegnanti delle scuole primarie Le educatrici della scuola dell’infanzia hanno avuto la possibilità di avere informazioni sul successivo percorso scolastico dei bambini che avevano frequentato la loro scuola. I genitori incontrati hanno dichiarato che i loro bambini avevano buoni risultati in tutte le materie scolastiche. Inoltre, abbiamo interrogato alcune insegnanti di questi bambini affinché ci raccontassero qualcosa in più sui loro progressi a scuola. I loro commenti confermano che le conoscenze matematiche acquisite durante il gioco del mercato hanno favorito il successo scolastico dei bambini nella scuola primaria. Ecco alcune testimonianze di queste insegnanti. Una insegnante di seconda classe, parlando della sua alunna H.: Fin dall’inizio della sua scolarizzazione, è sempre stata un’allieva eccellente in matematica e in croato, soprattutto nella scrittura. È anche molto amata nella classe e aiuta gli altri a fare i compiti. Una insegnante di seconda classe, parlando del suo alunno M.: È intellettualmente molto avanti per quanto riguarda il ragionamento logico-matematico. Spesso risolve in maniera del tutto originale i problemi di matematica. Capisce con facilità, in tutti i campi, i rapporti di causa-effetto. Legge fluidamente sia i testi che conosce già sia quelli nuovi; in ciò è al di sopra della media della classe. Una insegnante di terza classe, parlando della sua alunna A.: Questa alunna è eccezionalmente creativa nella scrittura. È particolarmente dotata nella risoluzione dei problemi logico-matematici scritti. Quando bisogna risolvere dei quesiti logico-matematici nei lavori di gruppo è lei che sollecita gli altri a partecipare. Una insegnante di terza classe, parlando della sua alunna U.: Si distingue soprattutto in matematica. Le piace fare gli esercizi con le parole, risolvere problemi vari, indovinelli matematici ecc. Svolge molto bene i ragionamenti logico-matematici. Partecipa con piacere e con successo ai progetti legati alla natura. Si distingue anche in musica, arti plastiche ed espressione corporea. I suoi lavori di arte plastica sono sempre pieni di immaginazione. Una insegnante di terza classe, parlando della sua alunna A.: Scrive e risolve i problemi matematici con le parole sotto forma di storielle il cui argomento riguarda la vita quotidiana. Possiede un ampio vocabolario, una ricca immaginazione, svolge con facilità i temi scritti. È la promotrice e organizzatrice di numerose attività nella classe (è lei che ha creato il giornale “Foglio di classe”). Elaborare un progetto d’azione educativa e analizzare le pratiche con l’ausilio della videoregistrazione: indicazioni metodologiche Florence Pirard con la collaborazione di Pascale Camus, Luc Bourguignon, Dominique Collin, Françoise Lignian (ONE, Belgio) Monique Bréauté, Marie-Hélène Chandon-Coq, Danièle Chauveau, Cécile Gueguen (IEDPE, Francia) Introduzione I contributi precedenti hanno presentato l’utilizzazione della videoregistrazione nell’ambito di progetti d’azione educativa che coinvolgono l’insieme degli attori (operatrici, famiglie, bambini). Il presente contributo propone alcune indicazioni metodologiche (percorso e strumenti) rivolte alle operatrici e ai loro coordinatori che intendano impegnarsi in questo tipo di progetto e trovare, così, risposta a una serie di interrogativi. Come promuovere una tale iniziativa e contemporaneamente coinvolgere tutte le persone interessate? Come costruire un progetto d’azione educativa a favore di tutti, senza alcuna esclusione? Che tipo di organizzazione prevedere? Come mantenere il filo conduttore del progetto? Come filmare? Come analizzare, attraverso le immagini, le pratiche educative e i loro effetti, e realizzare questo in équipe o all’interno di dinamiche di rete? Come utilizzare questa analisi per valutare le pratiche educative, adeguarle e migliorare così la qualità dei servizi? Un percorso possibilmente accompagnato Il percorso e gli strumenti presentati in questo contributo sono indirizzati alle operatrici dei servizi per l’infanzia e in particolare alle persone che le coordinano, le formano e le spronano a interrogare le loro pratiche educative di tutti i giorni, a co-analizzare e a co-valutare i loro effetti. Il video: uno strumento di analisi delle pratiche educative Nel percorso qui presentato, la videoregistrazione è considerata un mezzo per registrare le pratiche educative attuate nell’ambito di un progetto d’azione preciso, al fine di analizzarle, valutarle e adattarle. È importante sottolineare, a questo punto, che il processo di analisi e di valutazione prevale sulla qualità del prodotto video finale. Altri possibili usi della videoregistrazione non saranno affrontati in questa sede: l’osservazione di un bambino in particolare, un film che documenta un aspetto della vita nel servizio destinato ad altri operatori o alle famiglie ecc. Un approccio per progetto, centrato sui bambini Il percorso e gli strumenti sono tutti centrati su situazioni di vita quotidiana dei bambini. Richiedono una riflessione in parallelo sulle condotte professionali e sul coinvolgimento delle famiglie. Bisogna notare che gli obiettivi di diversità e di inclusione sociale prevedono la messa a punto di un percorso che favorisca la discussione tra tutte le parti coinvolte. Un approccio mirato che trasforma l’insieme del progetto educativo Il percorso e gli strumenti proposti inducono i loro utilizzatori a scegliere una o più situazioni e a centrare la loro attenzione su di esse (accoglienza, gioco, pasto, riposo ecc.). Ogni situazione può essere il punto di partenza per definire, realizzare, valutare e adeguare un progetto d’azione che la trasformi. È anche una porta d’accesso per trasformare l’accoglienza dei bambini nella sua globalità. In effetti, essendo inscritti nell’organizzazione del lavoro di un servizio, questo percorso e questi strumenti permettono di elaborare principi di azione e criteri trasferibili in altre situazioni educative nel corso del tempo. I benefici ottenuti a partire da un progetto d’azione sono riattivati e messi in moto nel lavoro svolto nei progetti successivi, contribuendo così alla dinamica globale del progetto educativo. Sottolineiamo che il percorso che si basa su progetti d’azione educativa contribuisce ad attivare una dinamica che è contemporaneamente nuova e anche rispondente alla prescrizione ufficiale di realizzare un progetto che è in atto già in molti paesi1. Dà la possibilità, a partire 1 A titolo indicativo, alcuni testi di legge fanno riferimento al progetto del servizio, obbligatorio in Francia a partire dal decreto dell’agosto 2000, e al progetto di accoglienza obbligatorio nella Comunità francese del Belgio a partire dalla pubblicazione della delibera Codice di Qualità, 1999, revisionato nell’aprile 2004. La nozione di progetto è stata sviluppata anche in altri paesi. Guida metodologica ERATO 37 da una situazione particolare, di trasformare e migliorare alcune pratiche educative a beneficio di tutti, di co-costruire criteri di qualità più espliciti e condivisi. Le osservazioni scritte e filmate raccolte durante i progetti d’intervento non solo sono utili per l’analisi e la valutazione regolatrice delle pratiche, ma costituiscono anche le tracce di una riflessione condotta in gruppo, tracce che potranno, alla fine, arricchire il progetto educativo globale del servizio. A partire da questi documenti, l’analisi delle pratiche e dei loro effetti in situazioni particolari di vita quotidiana permette di co-costruire conoscenze professionali trasferibili in ogni situazione. Questa analisi aiuta a instaurare e sviluppare un lavoro in gruppo concertato e coerente, basato sulla dinamica di un progetto educativo. Qualche suggerimento per entrare nel percorso e utilizzare gli strumenti Il presente contributo è composto da due parti. La prima riguarda l’elaborazione di un progetto di azione educativa che costituisce la prima tappa del processo e condiziona ampiamente il successivo suo buon svolgimento. Questa elaborazione deve riuscire a mettere insieme le questioni politiche (Chi viene accolto nel servizio? Chi non lo è?) con le questioni pedagogiche (Come si accolgono questi bambini, queste famiglie?) inerenti gli obiettivi di inclusione sociale e di diversità. La seconda parte tratta più direttamente l’analisi delle pratiche con l’ausilio della videoregistrazione nel quadro di un progetto d’intervento. Entrambe le parti sono presentate in maniera da offrire al lettore diverse entrate possibili. Si presentano delle indicazioni per realizzare un progetto e analizzarlo in diversi contesti, in particolare: a. alcune considerazioni spesso registrate nei servizi per l’infanzia; b. alcuni interrogativi che stimolano la riflessione delle operatrici a partire dal loro contesto; c. alcuni principi d’azione da considerare nei percorsi sperimentati. Nei riquadri si propongono strumenti e testimonianze che permettono di concretizzare il percorso e suggeriscono altre realizzazioni possibili in funzione del contesto proprio di ogni équipe. Elaborare un progetto d’azione educativa L’analisi, a partire da una videoregistrazione delle pratiche educative e dei loro effetti, presuppone la realizzazione preventiva di un quadro per la riflessione in gruppo, come l’elaborazione di un progetto d’intervento educativo che, a partire da proposte avanzate dall’équipe, imposti, strutturi, orienti il filo dell’azione e della riflessione collettive. Dall’idea del cambiamento alla realizzazione del progetto Alcune considerazioni di partenza L’intero gruppo delle educatrici esprime, spesso in maniera gene- 38 Guida metodologica ERATO rale, idee e volontà di cambiamento nella vita quotidiana, nel clima globale del servizio che vorrebbe migliorare: “c’è troppo rumore, troppa confusione, troppi pianti, troppi conflitti tra i bambini, e i più grandi vagolano”. Le operatrici non sempre percepiscono l’importanza “di educare alla diversità”. Alcune non ne vedono la portata o riportano, talvolta, la diversità a una questione di appartenenza etnica o sociale. Accogliere tutti i bambini nella pluralità significa, altre volte, identificarli a partire dalle loro differenze e questo, secondo alcuni, porta a stigmatizzare o, al contrario, a iperproteggere. Alcune domande da porsi in ciascun contesto: • Tutti i bambini hanno la possibilità di essere accolti adeguatamente? Come migliorare questo aspetto? Quali attori sollecitare? Quali risorse mobilitare? • Tutti i bambini hanno occasione di sviluppare le loro competenze e di creare tra loro relazioni costruttive nei diversi momenti della giornata (accoglienza, gioco, pasto, riposo, igiene personale, commiato ecc.)? • Come si esprime la diversità all’interno del servizio in relazione alla popolazione del quartiere? - Chi è accolto? - Chi non è accolto? - Quali modalità di accoglienza proporre per permettere l’accesso di tutte le famiglie, tenuto conto delle normative che regolano l’accesso ai servizi per l’infanzia? - Che cosa attivare per permettere a ciascuno (bambini, famiglie, educatrici) di scoprirsi reciprocamente, di comprendersi, di condividere quanto succede nella quotidianità del servizio, di esprimersi in merito e di avere la possibilità di partecipare sulla sua evoluzione? Di fronte a queste considerazioni e a queste domande, bisogna fronteggiare una doppia sfida. Si tratta, in effetti, di: • trasformare un’idea di cambiamento in un progetto che mobiliti il cambiamento, • considerare questo progetto come un’occasione per individuare le implicazioni della diversità, e questo in ogni contesto locale. Testimonianze Condurre progetti d’azione di portata pedagogica e sociale... “Nel corso del progetto d’azione, un nido si trasferisce in un altro quartiere e beneficia di locali più spaziosi e più gradevoli. Un’ottima occasione per l’équipe che centra il suo progetto d’azione sulla motricità libera dei bambini. Il cambiamento di collocazione nella città rende, tuttavia, il servizio irraggiungibile per alcune famiglie... Come articolare meglio le implicazioni pedagogiche e sociali?”. Assicurare l’accessibilità del servizio, un percorso proattivo... “In una halte-garderie la responsabile si interroga, con altre operatrici, sugli utenti accolti. Analizza le iscrizioni e prende consapevolezza dell’inaccessibilità del servizio per alcune famiglie. Attribuisce questo stato di fatto alle rette troppo alte. Decide quindi di redigere un rapporto rivolto agli amministratori locali dai quali dipende e propone una riduzione della retta richiesta alle famiglie. Rinforza le collaborazioni con le altre associazioni locali che lavorano con i bambini e le famiglie. Queste iniziative vanno a buon fine e si nota un cambiamento nell’utenza del servizio. Oggi la qualità dell’accoglienza offerta quotidianamente può essere fruita da tutti e le richieste delle famiglie sono cambiate: accoglienza di un bambino mentre la mamma segue corsi di alfabetizzazione; accoglienza di un bambino immigrato, la cui famiglia non parla il francese, come momento di transizione prima di entrare a scuola; richiesta dei genitori di vivere alcune esperienze con il loro bambino nel servizio assieme alle altre famiglie ecc. E altrettante nuove sfide cui rispondere nella quotidianità”. Principi d’azione per elaborare un progetto d’azione educativa • Lavorare in gruppo. Tutte le operatrici del servizio devono essere coinvolte se si vogliono prendere in considerazione i progressi dei bambini e offrire loro un ambiente di vita armonioso. Da qui deriva la necessità di momenti di concertazione programmati e sistematici. • Definire un progetto in maniera precisa. Paradossalmente, i cambiamenti saranno più importanti quanto più all’inizio il progetto d’azione sarà circoscritto. Molto spesso, un problema di carattere generale porta ad azioni sterili. Al contrario, un progetto d’azione specifico (allestire uno spazio per la psicomotricità nel gruppo dei grandi, allestire un angolo simbolico delle bambole, del mercato, creare una bacheca per le famiglie ecc.) favorisce la concentrazione di tutti su un’azione ritenuta prioritaria, il confronto dei punti di vista di ciascuno e la ricerca comune di un altro tipo di funzionamento. Questa riflessione approfondita su un progetto d’azione mirato sulle attività proposte ai bambini permette anche di elaborare insieme diversi criteri di valutazione delle situazioni. Per esempio, come queste favoriscono l’interesse dei bambini, la loro partecipazione e le interazioni tra essi? Quali esperienze hanno potuto svolgere i bambini in queste situazioni? • Inscrivere il progetto nella continuità. È essenziale che il progetto d’azione attivi l’attenzione di tutti in maniera duratura. L’esperienza dimostra infatti che sia i cambiamenti delle pratiche professionali sia l’elaborazione di criteri condivisi necessitano di tempo e di continuità. Analizzare gli effetti delle pratiche educative sui bambini e adeguarle costituisce un impegno a lungo termine. • Elaborare un piano d’azione. La scelta e la realizzazione del piano d’azione si attuano in accordo con tutte le operatrici del servizio e sotto l’impulso del/la suo/a responsabile, che si fa garante del progetto. Il piano d’azione definisce il quadro organizzativo del progetto d’azione. Secondo il contesto, può riguardare uno o più gruppi di bambini. L’azione può riguardare tutti i momenti della giornata: l’accoglienza, le attività di gioco, il pasto, il risveglio dal riposo pomeridiano, il commiato. • Pianificare le attività e i momenti della loro analisi. La pianificazione assicura l’introduzione del progetto d’azione nella vita quotidiana. Garantisce regolarità e continuità alle azioni, essenziale tanto per i bambini quanto per gli adulti. I bambini e gli adulti possono anticipare quanto sta per succedere e quindi possono svolgere un ruolo attivo. Le analisi regolari di queste attività permettono di comprendere meglio le molteplici competenze che vengono attivate dal punto di vista cognitivo, linguistico, sociale e psicomotorio. • Coinvolgere le famiglie nel progetto d’azione fin dall’inizio. La questione della partecipazione delle famiglie nel progetto merita di essere affrontata fin dall’inizio. Gli scambi tra famiglie ed educatrici in merito al progetto d’azione sono l’occasione di scoprire e di sviluppare le competenze di ciascuno e permettono di creare una dinamica sociale basata su rapporti di complementarità (vedi scheda n. 1, Come coinvolgere le famiglie nei progetti d’azione?). Guida metodologica ERATO 39 Scheda n. 1 – Come coinvolgere le famiglie nei progetti d’azione? Lo scopo è di coinvolgere i genitori nei progetti d ’intervento suscitando la loro curiosità e permettendo loro di seguirne lo sviluppo insieme all’équipe • Annunciare e informare i genitori dei progetti d’intervento. • Organizzare regolarmente momenti di scambio con i genitori sui progetti in corso e i loro sviluppi. Questi momenti possono essere organizzati nell’ambito delle riunioni dei genitori oppure in occasioni più informali come gli incontri per un caffé o saluti prolungati con le famiglie al momento del commiato: insomma, tutto ciò che può favorire un coinvolgimento diretto dei genitori nei progetti. • Rendere visibile quello che fanno i bambini attraverso modalità diverse: filmati trasmessi continuamente nella stanza d’ingresso, cartelloni che illustrano le azioni in corso e i loro obiettivi al fine di alimentare gli scambi con le operatrici oppure gli scambi tra genitori... • Integrare i genitori desiderosi di apportare il loro contributo al progetto in base alle loro competenze e ai loro interessi. • Realizzare azioni che trasmettano a sempre più genitori la voglia di collaborare. A questo scopo, rinviamo al contributo delle colleghe greche in questa guida. Sottolineiamo che le azioni realizzate per coinvolgere le famiglie nei progetti d’azione sono collegate alle modalità generali che hanno le operatrici di concepire il loro lavoro con queste famiglie fin dai primi contatti. Testimonianza: la realizzazione di un incontro per un caffé, un mezzo per confrontarsi con le famiglie riguardo ai progetti d ’azione in corso... “Un nido organizza un incontro per un caffé ogni mese nell’atrio del servizio. Una esposizione di fotografie sul progetto d’azione in corso mostra i bambini durante le attività; i video che vengono trasmessi continuamente in questo ambiente danno alle famiglie non solo la possibilità di capire meglio il progetto ma anche di confrontarsi tra loro e con le operatrici. Questi incontri sono possibili poiché, nella pianificazione degli orari dell’équipe, due operatrici si rendono disponibili per i genitori. La direttrice, il medico e la psicologa1 si uniscono in questi momenti in base alla loro disponibilità.” 1 Figure presenti nei nidi parigini. Elaborare un progetto d’azione: la base per co-costruire criteri condivisi La realizzazione di un progetto d’azione richiede un piano di lavoro. Ne deriva l’importanza di un percorso strutturato che: • definisca l’azione avviata (vedi scheda n. 2, Stabilire un piano d’azione); • permetta la realizzazione delle azioni grazie alla loro pianificazione; • necessiti dell’osservazione delle azioni intraprese con l’ausilio di diari di bordo e di videoregistrazioni: - il diario di bordo è lo strumento di base per seguire l’evoluzione del piano d’azione. Viene compilato in occasione di ogni incontro e integra le registrazioni video. È la memoria del percorso (vedi scheda n. 3, Il diario di bordo), - il video è uno strumento che completa e arricchisce le informazioni del diario di bordo fornendo la registrazione dell’azione in corso (vedi scheda n. 5, L’utilizzazione della videoregistrazione); • guidi l’analisi dei comportamenti dei bambini, permettendo di valutare e adeguare l’azione. Questa auto-valutazione regolatrice permette di adeguare le azioni attivate in base ai fatti osservati. Implica inoltre di osservare i comportamenti dei bambini nel corso di queste azioni, di segnalare i fatti salienti e di individuare gli adattamenti da apportare (vedi scheda n. 6, L’utilizzazione delle riprese video nel lavoro di équipe). 40 Guida metodologica ERATO Scheda n. 2 – Stabilire un piano d’azione Titolo dell’azione scelta. L’azione viene designata da un verbo che definisce un obiettivo. Per esempio: “organizzare le attività motorie, organizzare le attività di accoglienza”. Obiettivi perseguiti. Gli obiettivi necessitano di una riflessione dell’équipe al fine di definire le finalità dell’azione scelta. Questi obiettivi, spesso espressi in maniera globale, si precisano via via che vengono svolte le osservazioni. Il/i gruppo/i coinvolto/i. L’azione prevista può riguardare uno o più gruppi oppure l’intero servizio. L’organizzazione dell’azione • Dove? Specificare il luogo in cui si svolgerà l’azione. • Quando? Specificare i giorni, l’orario e la frequenza, se necessario la durata. • Chi? Indicare l’età, il numero e la modalità di scelta dei bambini (scelta libera dei bambini tra laboratori aperti, oppure scelta proposta dagli adulti). • Che cosa? Descrivere in maniera precisa l’allestimento dello spazio e del materiale proposto. • Come? Indicare il numero di adulti e il loro ruolo: osservatore, accompagnatore, moderatore del gruppo. Raccomandazione. È essenziale che la scheda del piano d’azione sia compilata ad ogni incontro poiché permette di seguire l’evoluzione della situazione e il suo adeguamento agli obiettivi perseguiti. Ogni scheda compilata arricchisce il diario di bordo. Principi d’azione per co-costruire criteri condivisi • Identificare, fin dall’inizio, le persone coinvolte nel progetto d’azione (i bambini e gli adulti che li accompagnano nella situazione, ma anche le colleghe, gli stagisti e altre persone che intervengono più occasionalmente). La direzione gioca un ruolo centrale nel progetto d’azione: assicurare la sua definizione in maniera concertata, assicurare la sua fattibilità, favorire gli incontri tra operatori e con le famiglie, assicurare il rispetto del calendario, ecc. • Determinare un progetto d’azione significa fare la scelta di una priorità di lavoro. La scelta sarà più efficace se le educatrici si interrogano all’inizio su una situazione che le interessa e che conoscono, che le rassicura e le attiva. L’analisi di questa situazione permetterà loro di scoprire alcune piste per migliorarla e di rilevare i criteri di qualità suscettibili di essere utilizzati in altre situazioni. • Prendere in carico la valutazione durante tutto il percorso e non solo come tappa finale. Mettersi all’interno del progetto in gruppo, interrogarsi sugli effetti ottenuti, osservarli, sprona a esplicitare i criteri di qualità e i valori educativi che spesso sono impliciti. Alcuni criteri di valutazione potranno essere esplicitati dall’inizio. Tuttavia, è l’analisi delle pratiche e dei loro effetti sui comportamenti dei bambini, basata sul confronto dei punti di vista tra i par- tecipanti, che permette in special modo di elaborare criteri i cui significati sono condivisi e integrati. Questo percorso consente contemporaneamente un arricchimento dei criteri di valutazione (i criteri degli uni completano i criteri degli altri) e l’apertura a nuovi orientamenti educativi (gli uni trasformano gli altri). • Cambiare le condizioni a partire da un progetto d’azione significa comprendere meglio come l’allestimento dello spazio e del materiale, l’organizzazione dei gruppi, i ruoli degli adulti influenzano i comportamenti dei bambini. In effetti, l’elaborazione di un proget- to d’azione sprona l’équipe a fare scelte sui materiali, sull’allestimento dello spazio, sull’organizzazione e la gestione dei gruppi in funzione degli obiettivi e dei criteri di qualità. Di conseguenza, l’analisi degli effetti di queste pratiche sui comportamenti dei bambini permette di verificare la pertinenza delle scelte iniziali e, all’occorrenza, di modificarle. Ne seguono molto spesso adattamenti organizzativi, materiali o di altro tipo che saranno nuovamente oggetto di una valutazione. Di valutazione in valutazione, di adattamento in adattamento, le educatrici possono comprendere sempre meglio come le condizioni dell’accoglienza dei bambini (spazio, materiale, organizzazione, tipo di intervento) influenzano il modo in cui i bambini si comportano nella vita quotidiana. Scheda n. 3 – Il diario di bordo Prima della riunione Compilare una scheda (quaderno o classificatore) tenendo conto delle caratteristiche del piano d’azione: data, ora, bambini e adulti presenti, luogo, allestimento e materiale proposto. Dopo la riunione a. Annotare brevemente gli elementi significativi riguardanti: - l’atmosfera globale del gruppo di bambini (calmi, attivi, concentrati, collaborativi...); - l’allestimento e il materiale (quantità del materiale, disposizione...); - le interazioni tra bambini e con gli adulti. Queste registrazioni saranno effettuate dalla/e persona/e che ha/nno partecipato all’azione (il coordinatore, l’osservatore). b. Annotare rapidamente i punti di soddisfazione rispetto agli obiettivi. c. Riportare i cambiamenti eventuali da affrontare per adeguare la situazione in funzione dei comportamenti dei bambini. Dopo più riunioni Prevedere una riunione per fare il punto sull’attività svolta e gli adattamenti apportati. Questa condivisione con il gruppo permette di arricchire e di proseguire il percorso in atto, ma anche di attivare nuove iniziative. Guida metodologica ERATO 41 Inscrivere il progetto d’intervento nel quadro di un percorso organizzato Un progetto d’azione, anche circoscritto, mobilita nel corso della sua durata una varietà di persone (operatrici del servizio, operatrici di altri servizi che lavorano in rete, genitori, ecc.). Per rendere possibile questa dinamica sociale, è essenziale prevedere un percorso con diverse tipologie di riunioni articolate tra esse. Questo percorso rappresenta di per sé una forma di accompagnamento delle operatrici e offre un contesto per rinforzare la collaborazione con le famiglie. I partecipanti alle riunioni, il tipo di coinvolgimento delle famiglie, così come gli argomenti specifici, sono da definire in base agli obiettivi perseguiti e alle dinamiche locali (vedi scheda n. 4, Diverse tipologie di riunione). trice che lavora quotidianamente con i bambini e le famiglie (rappresentanza stabile o in turnazione) e il/la responsabile del progetto. • Assicurare la trasparenza e la continuità tra le diverse tipologie di riunioni. Le informazioni relative alle diverse riunioni sono accessibili e comunicate a tutti. Le riunioni di gruppo sono l’occasione per preparare insieme quanto viene comunicato dai rappresentanti nelle altre riunioni, oppure, per condividere le informazioni di ritorno e rilanciare la discussione. • Coinvolgere le famiglie nel percorso. Le riunioni dei genitori, per esempio, sono l’occasione per condividere con le famiglie le osservazioni, le analisi, i risultati del progetto d’azione in corso. Principi d’azione • Prevedere nel percorso almeno tre tipologie di riunioni: riunioni organizzative, riunioni di analisi e di valutazione delle situazioni di vita quotidiana, riunioni per la diffusione e la comunicazione del progetto d’azione. L’organizzazione di queste riunioni viene adeguata in base agli argomenti da trattare e alle tappe del processo. • Assicurare una rappresentanza dell’equipe alle riunioni quando non può essere presente tutto il personale coinvolto. Questa rappresentanza ha il compito di trasmettere informazioni utili riguardanti il progetto d’azione di un’equipe ad altre persone e anche, viceversa, di assicurare un ritorno di informazioni sulle discussioni che avvengono durante queste riunioni. Una doppia rappresentanza facilita il coinvolgimento e l’attivazione collettiva: almeno una opera- Scheda n. 4 – Diverse tipologie di riunione a. Le riunioni organizzative Sono particolarmente importanti per la partenza di un progetto, ma sono necessarie anche durante tutto il percorso. Permettono la programmazione delle azioni e delle riunioni con una buona periodicità. Si tratta, tuttavia, di badare a una programmazione realistica e fattibile per tutti gli attori coinvolti onde evitare di creare affanno o scoraggiamento. b. Le riunioni di analisi e di valutazione delle situazioni di vita quotidiana Offrono il contesto necessario per analizzare e valutare insieme i materiali raccolti durante il progetto (osservazioni scritte nei diari di bordo e/o videoregistrazioni). Queste analisi e valutazioni portano sistematicamente a confermare la validità di alcune pratiche e la necessità di riaggiustarne altre in funzione di criteri espliciti e condivisi. Possono portare a prendere decisioni collettive sui cambiamenti da apportare e, di conseguenza, a valutare insieme. c. Le riunioni per la diffusione e la comunicazione dei risultati presso un pubblico più ampio È importante che siano parte integrante del processo, anche se la loro importanza aumenta alla fine del progetto. Spesso sono l’occasione per rilanciare le possibilità di discussione e di confronto. Coerentemente con le caratteristiche del percorso, sono concepite in modo da: - rendere conto in maniera concreta e precisa delle pratiche realizzate; - favorire, a tal proposito, lo scambio dei punti di vista con le altre operatrici, con le famiglie, con i responsabili locali, con i protagonisti della formazione iniziale e in servizio; - dare ad altri la voglia di impegnarsi in nuove esperienze; - attivare la discussione all’interno di dinamiche partecipative e aperte alla diversità e all’inclusione sociale. I documenti scritti e videoregistrati utilizzati per l’analisi delle pratiche possono essere particolarmente utili per favorire questa condivisione allargata della riflessione. 42 Guida metodologica ERATO Analizzare e valutare le pratiche educative con supporto video Un percorso iterativo Gli interrogativi e le piste d’azione individuate all’inizio del progetto danno indicazioni preziose alle educatrici per elaborare il loro piano d’azione. Inoltre realizzano e testano le loro ipotesi d’azione. Di conseguenza, analizzano insieme, a partire dalle videoregistrazioni, gli effetti prodotti sui comportamenti dei bambini. L’analisi delle pratiche con l’ausilio della videoregistrazione permette non soltanto di valutare il progetto iniziale, di farlo evolvere, ma anche di condividere queste valutazioni con tutto il gruppo. In seguito a questa analisi, le operatrici decidono alcuni adeguamenti negoziati che saranno argomento di una nuova analisi collettiva e di una valutazione secondo un processo “a spirale”. La videoregistrazione dà la possibilità, quando è inserita in un piano d’azione preciso, di guardare a più riprese e con più prospettive, con precisione, rigore e attenzione, quanto si svolge nelle situazioni di vita quotidiana. Una sfida consiste nel lasciarsi sorprendere da ciò che le immagini mostrano mettendo da parte i pregiudizi. In effetti, ciò fa prendere maggiormente coscienza del fatto che i bambini non si comportano come gli adulti avevano immaginato. Modificando le condizioni d’accoglienza, le operatrici hanno l’opportunità di scoprire che i bambini possono esprimere competenze inattese. Principi d’azione • Prendersi il tempo di sperimentare un piano d’azione deciso insieme prima di procedere a una prima registrazione. • Utilizzare la videoregistrazione come un mezzo per interrogare i diversi modi di guardare ciò che fanno i bambini. Lavorare con la videoregistrazione fornisce nuovi mezzi alle operatrici che decidono di “inserirsi nel progetto” e di analizzare gli effetti delle pratiche realizzate con i loro collaboratori. Questi mezzi vanno a completare gli altri strumenti come le osservazioni orali e/o scritte realizzate nei servizi e condivise nelle riunioni di gruppo. Il video permette di prendere una certa distanza dalle azioni e di avere uno sguardo più obiettivo sui comportamenti dei bambini. • Utilizzare la videoregistrazione come supporto per l’analisi riflessiva e per il miglioramento delle condizioni d’accoglienza. Filmare le situazioni di vita quotidiana dà l’occasione alle persone direttamente coinvolte nella situazione, e anche ai loro collaboratori: - di rivedere a posteriori quello che è successo, - di interrogarsi sui comportamenti dei bambini al fine di comprendere le loro intenzioni, - di mettere in relazione questi fatti osservati con le situazioni realizzate dalle educatrici, - di individuare nuovi adattamenti e nuovi interrogativi. Scheda n. 5 – L’utilizzazione della videoregistrazione Raccomandazioni • Richiedere ai genitori, attraverso un documento scritto, l’autorizzazione per filmare specificando che le registrazioni sono ad uso esclusivamente professionale. Qualsiasi altro tipo di utilizzo prevede una autorizzazione supplementare. In caso di rifiuto, questa scelta va rispettata. • Ottenere il consenso del personale ad essere filmato. In caso di rifiuto, questa scelta va rispettata. • Far attenzione affinché tutte le operatrici del nido abbiano l’occasione di filmare, in modo che ognuna partecipi alle registrazioni. • Contenere il numero di registrazioni, essendo limitato il tempo necessario affinché tutta l’équipe possa condividere i dati e le analisi del video. • Sperimentare il piano d’azione prima di filmare, in modo da padroneggiare sufficientemente la situazione per condividerla con gli altri. • Avvertire i bambini del fatto che saranno filmati. Indicazioni pratiche per le riprese video • All’inizio della registrazione, fare una panoramica dei vari luoghi in cui i bambini svolgono la loro attività; questo permette di collocare l’azione all’interno del funzionamento globale del servizio. • Filmare l’attività scelta dall’inizio alla fine della sessione, senza interruzioni, fissando la telecamera in modo da avere il campo visivo più ampio possibile. • Filmare con discrezione, evitando di parlare o interagire durante la registrazione. • Alla fine delle riprese, contrassegnare la registrazione con la data e la situazione osservata. • Prendersi del tempo, dopo le riprese, per annotare i fatti salienti nel diario di bordo per assicurare la continuità del percorso (vedi scheda n. 3). Guida metodologica ERATO 43 Filmare: un modo per imparare a guardare in situazione Nel percorso proposto, filmare non può in alcun modo ridursi a un atto tecnico. È, soprattutto, un mezzo per raccogliere osservazioni sulle situazioni educative (elaborate all’interno del piano d’azione), per poi condividerle tutti insieme e tenerne memoria. Principi d’azione • Privilegiare un approccio globale e continuo alla situazione educativa in base al progetto di gruppo. Comprendere una situa- zione educativa nella sua complessità invita ad affrontarla nella globalità e nella continuità del suo processo di svolgimento. Così, per esempio, alcune operatrici interessate alla psicomotricità dei bambini faranno attenzione a filmare lo spazio psicomotorio nel suo insieme senza concentrarsi soltanto su uno o due bambini, senza tagliare le sequenze e senza interrompere le riprese finché i bambini usano questo ambiente. Non dimenticare che la ricchezza dell’analisi è legata alla qualità delle registrazioni. • Spronare tutte le operatrici a filmare a turno, considerando questa operazione come un’occasione privilegiata per guardare quello che fanno i bambini. Per le operatrici, l’interesse di filmare in prima persona, senza ricorrere a una persona esterna, è molteplice. Filmare offre l’occasione di prendere distanza dall’azione. Mantenere la telecamera fissa aiuta a scoprire il filo dell’attività spontanea dei bambini interferendo il meno possibile. Da notare che alcune operatrici segnalano la difficoltà, per i bambini piccoli, soprattutto all’inizio della videoregistrazione, di comprendere che l’operatrice non è disponibile a interagire con loro durante le riprese. Da qui l’importanza di poter ricorrere a una collega di un altro gruppo per filmare. Guardare una situazione a posteriori e visionare un video in équipe Visionare un video rappresenta un modo particolare di guardare le situazioni educative in base alle caratteristiche e agli obiettivi del piano d’azione. Alcune considerazioni • Le operatrici si esprimono spesso, in un primo momento, sull’atmosfera globale percepita nella situazione (clima calmo, animato, disteso). Questo le motiva a proseguire. • L’attenzione si sposta spontaneamente più su alcuni bambini che su altri, a causa di comportamenti ritenuti eccezionali (bambini molto concentrati, bambini che stanno realizzando particolari performances) oppure a causa di comportamenti meno valorizzanti (un isolamento, un comportamento aggressivo ecc.). L’analisi collettiva della registrazione sollecita ad allargare l’attenzione verso l’insieme dei bambini. • Guardare il video una sola volta non è sufficiente per comprendere ciò che accade nella situazione, per cogliere il filo dell’attività dei bambini in tutta la sua complessità. Per arrivare a dare un senso a una situazione e a co-costruire criteri condivisi, è necessario guardare il video più volte con persone il cui sguardo può essere diverso. È importante non filmare di nuovo finché la registrazione precedente non sia stata esaminata collettivamente. Testimonianza: un’équipe filma il laboratorio di motricità Una équipe di un nido predispone un laboratorio di motricità. Il suo obiettivo, attraverso questo laboratorio, è di permettere ai bambini la libera espressione corporea. In un primo tentativo, è stato organizzato un percorso con alcune impronte di piedi sul pavimento che i bambini potevano seguire. La “scoperta” dei diversi materiali disposti lungo il percorso si svolge secondo un unico senso di marcia. Durante la visione del video, le educatrici scoprono che in alcune tappe del percorso i bambini devono aspettare il proprio turno e questo crea degli ingorghi. Analisi Le educatrici analizzano le ragioni che le hanno portate a prevedere un solo percorso: pensavano così di evitare spintonamenti tra bambini, invece non hanno raggiunto il loro obiettivo e hanno ottenuto un effetto non voluto. Adattamenti Le operatrici decidono di lasciare che i bambini utilizzino il percorso senza imporre loro un senso di marcia obbligatorio. Questa situazione richiede una nuova videoregistrazione. Effetti L’analisi di questa nuova registrazione mostra che i bambini sono molto rispettosi gli uni degli altri nei loro spostamenti, che usano tutti i materiali proposti lungo il percorso (scivolo, altalena, pedane tattili) come poli autonomi attorno ai quali si raggruppano. Ma si è visto anche che si esprimono con grande libertà attorno al materiale proposto e si mostrano molto creativi. Gli ingorghi scompaiono quando i bambini hanno la libertà di utilizzare il percorso a modo loro. I bambini possono soddisfare la loro voglia di correre senza disturbare gli altri. Due bambini fanno il percorso correndo sempre più velocemente da un capo all’altro della stanza evitando con cura il materiale esposto. I bambini inventano anche giochi senza alcuna relazione con il tema del laboratorio. La comprensione di tali giochi sarà possibile grazie a un’analisi più raffinata di una sequenza realizzata con l’aiuto dei formatori. Questa sequenza è oggetto di un approfondimento nelle pagine successive. 44 Guida metodologica ERATO Principi d’azione per visionare una videoregistrazione in équipe • Prevedere una prima visione con le persone filmate. È necessario ottenere innanzitutto l’accordo delle persone che saranno filmate (se necessario, la telecamera può evitare di riprendere alcune persone). In effetti, vedersi attraverso le immagini filmate può disturbare alcune persone che hanno la tendenza a notare solo i propri atteggiamenti e comportamenti, verbali e non verbali. Allora, si tratta di orientare il loro sguardo verso i comportamenti dei bambini. • Organizzare una visione collettiva (che diventa un primo approccio globale alla situazione educativa). Il primo obiettivo è dare l’occasione a ciascuno di esprimersi sui fatti e gli avvenimenti che hanno attirato la loro attenzione, ma anche sulle impressioni che la visione del video suscita. Le operatrici devono potersi esprimere via via durante la visione o, meglio, durante il momento di discussione e di condivisione delle osservazioni. La visione del film permette allora l’espressione di diverse reazioni e il confronto di punti di vista talvolta contraddittori su una stessa situazione. Questi saranno, successivamente, la base per un’analisi più approfondita. La discussione può essere guidata da alcune domande. - Ci sono fatti salienti? Quali? - In cosa l’analisi del video conferma oppure disconferma le ipotesi di intervento formulate nel piano d’azione iniziale? - Quali indizi confermano o disconfermano i punti di vista espressi? - Quali adeguamenti potrebbero facilitare il proseguimento dell’azione? - Dopo la discussione, emergono nuove domande? • Organizzare una visione collettiva: un percorso di analisi. La visione collettiva di una situazione educativa filmata può mettere in luce alcune contraddizioni tra i comportamenti dei bambini e gli obiettivi delle operatrici. Per esempio, imponendo il senso di marcia di un percorso motorio o invitando all’uso convenzionale del materiale, le educatrici frenano la spontaneità e la creatività ricercate. Prendere consapevolezza di queste contraddizioni porta le educatrici a valutare il piano d’azione: l’organizzazione della situazione, l’allestimento dello spazio, il materiale proposto e le loro competenze professionali. Ne seguono alcuni adattamenti: per esempio, consentire maggiori iniziative ai bambini, guidare meno le attività al fine di permettere ai bambini di appropriarsi della situazione a modo loro. La presenza di un responsabile (direttore, coordinatore, psicologo, psicomotricista o qualsiasi persona che si faccia carico della conduzione del gruppo) può essere utile in questo percorso per facilitare il confronto tra punti di vista diversi, richiedere chiarimenti in caso di disaccordo, individuare le contraddizioni, ma anche per attirare l’attenzione su aspetti della situazione che non siano stati colti. Scheda n. 6 – L’utilizzazione delle riprese video nel lavoro di équipe Condividere il video La visione collettiva deve essere pianificata poco tempo dopo la registrazione affinché tutte le educatrici la vedano e ne possano discutere (riunioni in piccolo gruppo, riunioni allargate, giornate pedagogiche,...). Fare un breve riassunto del video Questa sinossi permette di tenere la memoria del suo contenuto. Analizzare il video a. Per valutare il piano d’azione, bisogna individuare gli effetti sui bambini della situazione realizzata: - rispetto all’organizzazione dell’azione (spazio, numero dei bambini, materiale...); - rispetto agli obiettivi perseguiti (comportamenti e realizzazioni dei bambini, atmosfera globale, bambini creativi, interessati...). b. Per adattare la situazione: decidere le modifiche da apportare nel piano d’azione per il raggiungimento degli obiettivi posti. Arricchire il materiale, cambiare collocazione, modificare lo spazio, la posizione e il comportamento dell’adulto in base ai comportamenti e alle realizzazioni dei bambini. c. Per scoprire le competenze dei bambini: - individuare le sequenze che attirano l’attenzione o che sorprendono per la loro intensità; momenti in cui un bambino è assorbito nella sua attività oppure momenti di collaborazione, di imitazione, di dialogo come litigi o conflitti; - rivedere le sequenze individuate al fine di comprenderle e confrontare le prime interpretazioni. Queste sequenze possono dar luogo ad analisi più approfondite (“micro-analisi”). Le educatrici affinano la capacità di decodifica per scoprire le intenzioni e i comportamenti dei bambini. La scoperta di queste competenze permette di adeguare i loro interventi nei confronti dei bambini e di arricchirsi professionalmente. Questo percorso viene svolto in maniera iterativa (a spirale): gli adattamenti generano nuove situazioni che saranno a loro volta oggetto di analisi. Guida metodologica ERATO 45 Scoprire le competenze dei bambini sulla base di altre visioni del video: una guida per le pratiche educative Ripetere la visione di una sequenza filmata non è la ripetizione della stessa azione, ma permette di comprendere sempre meglio i comportamenti dei bambini. Questo offre a ciascuno la possibilità di trasformare il proprio sguardo su ciò che fanno i bambini e di individuare, a partire da questo, altri modi di fare. Principi d’azione • Superare le evidenze. Prendere visione, di nuovo e in gruppo, di un video, inizialmente nella sua totalità e poi per sequenze (vedere immagine per immagine di una certa sequenza), impegna a guardare in maniera ancora diversa la situazione. Alcuni aspetti trascurati a una prima visione attirano lo sguardo per la coerenza del loro intreccio. I giudizi espressi al momento della prima visione vengono rimessi in questione; si crea curiosità; sorgono domande che spronano ad assumere un atteggiamento di ricerca per comprendere quello che fanno i bambini. • Attirare l’attenzione di tutti su alcuni momenti forti e analizzarli insieme. Molto spesso, in un video, le operatrici possono individuare momenti forti: momenti in cui sembra succedere qualcosa tra i bambini, ma che non è facile cogliere a un primo sguardo. Questi momenti si caratterizzano per la loro durata e l’intensità della concentrazione dei bambini. L’esperienza mostra che appaiono frequentemente quando i bambini si aggregano spontaneamente per collaborare a una stessa attività... In altri momenti, i comportamenti sorprendono soprattutto quando non corrispondono alle aspettative dell’adulto. In tutti questi casi, bisogna fare attenzione a trovare il filo conduttore fino alla fine della sequenza (e talvolta a monte) del fatto sorprendente. Su questa base, può essere attivata una analisi più raffinata che necessita di una trascrizione precisa per comprendere meglio ciò che avviene nella situazione. • Individuare l’azione per collocarla nel video e analizzarla più finemente. - Quando e come comincia? - Qual è il momento durante il quale i bambini utilizzano il materiale (eventualmente con un ritorno all’attività precedente)? - Quando e come termina? - Ricostruire l’ambientazione. • Prendere visione, un’altra volta e in gruppo, di questi momenti forti cercando di comprendere nei bambini: - quello che li interessa; - il significato delle azioni che realizzano, in qualche modo il “loro progetto d’azione”; - quello che succede tra loro; - le competenze attivate; - le condizioni che rendono possibili queste azioni (materiale, allestimento dello spazio); - le competenze professionali che favoriscono la partecipazione e la collaborazione tra bambini. Testimonianza: la creazione di regole da parte dei bambini nel laboratorio di motricità L’analisi dettagliata di una sequenza nel laboratorio di motricità filmata dalle educatrici, con l’aiuto delle formatrici, ha permesso di comprendere l’importanza di giochi che i bambini hanno sviluppato spontaneamente in occasione di una possibilità fortuita di esprimersi liberamente (obiettivi diversi da quelli previsti dagli adulti inizialmente). Due bambine, G. e R., si mettono fianco a fianco sulle pedane tattili. G. è più grande di R. • Si mettono d’accordo per giocare insieme. G. dice a R.: “Io mi siedo vicino a te”, si alza a metà, R. fa la stessa cosa poi si risiede e anche G. si risiede dicendo: “Io mi siedo vicino a te”. (Osservato al rallentatore, questo doppio movimento identico dà un effetto armonioso che potrebbe significare un accordo a giocare insieme). • Costruiscono una regola di gioco. R. poggia la sua mano sul ginocchio di G. che sembra riflettere e dice: “Il primo che tocca qualcuno, viene vicino a me”, prendendo così in considerazione il gesto di R. per annunciare una regola di gioco comune. • Gli altri bambini si adattano. Vista la posizione in cui si sono sedute, le due bambine “bloccano” il passaggio sulle pedane tattili. Una bambina, P.N., salta sulla prima pedana, vede le due bambine sedute davanti a lei, scende dalla pedana, dondola su un piede e sull’altro come esitando, poi aggira le due bambine per camminare sulle due pedane rimaste libere dietro di loro. • Stabiliscono la regola. Intanto R. e G. ripetono alternativamente l’enunciato della regola, poi R. dice: “Noi abbiamo capito tutto” e G. le risponde: “Tu decidi con me”. • Cercano di condividere la regola. Due bambini si siedono su alcune pedane vicine a G. e R. Una bambina, A., si avvicina al gruppo e dice: “Vado a toccare qualcuno”. G. le dice: “A. vicino a me”. A. osserva: “Non c’è più posto” e un adulto riprende: “Non c’è più posto.” G. insiste: “Bisogna che tu ti sieda. Chi tocca qualcuno va vicino a me. Vieni, dai vieni!”. “No!” dice A. • Una bambina propone una nuova regola. A. lascia il campo e torna con un’impronta di piede in plastica (materiale che indica il senso di marcia nel percorso dei bambini). G. chiede allora a R.: “Ne prendi una per me?”, R. si alza, esce dal campo e torna con un’impronta di piede. G. sembra così accettare la nuova idea proposta da A., ma l’adulto chiede allora di rimettere le impronte di piede al loro posto per non alterare il percorso. “I piedi bisogna lasciarli perché i bambini non possono più fare il percorso. A. vieni a darmeli”. Poi la campana interrompe il gioco. Questa sequenza illustra la creatività dei bambini, le competenze sociali che permettono loro di costruire giochi collettivi, di stabilire regole di gioco al di fuori di tutte le richieste o consegne date dagli adulti. La micro-analisi di questa sequenza, condivisa con le educatrici, le ha spronate a proseguire la loro riflessione sugli aspetti di autonomia dei bambini e il modo in cui favorire le loro iniziative, anche quando al primo sguardo l’importanza della loro attività non è evidente. 46 Guida metodologica ERATO Proseguire l’analisi, quando possibile, attraverso un lavoro in rete La videoregistrazione permette di condividere l’analisi delle pratiche con attori esterni al servizio nel quale le immagini sono state riprese. Ciò, grazie al confronto con altre prospettive, spesso apre la via ad altri modi di fare e di pensare, non soltanto per gli attori del servizio in cui sono state svolte le riprese, ma anche per gli altri. Una situazione data e la sua analisi fanno eco ad altre situazioni vissute dagli uni e dagli altri, che così si arricchiscono reciprocamente. In maniera del tutto naturale, vengono individuate nuove piste d’azione che portano a nuovi progetti d’azione rispetto ai contesti specifici di ogni gruppo. Considerazioni • Tutte le persone che provano questa esperienza lo confermano: ogni volta che si rivede lo stesso video, si fanno nuove scoperte. • Il lavoro in rete sviluppa la fiducia tra operatrici (tra servizi). Gli incontri regolari valorizzano e sostengono le équipe; la loro sistematicità è garante del dinamismo dei gruppi. Principi d’azione • Darsi il tempo per scoprire e comprendere ogni situazione filmata offre nuove piste di riflessione: elementi delle osservazioni fin lì non individuati, nuove piste di analisi e valutazione, identifica- zione degli adattamenti ritenuti auspicabili in funzione di criteri espliciti. • Organizzare momenti di riunione in rete per tutti che permettono di guardare le situazioni analizzate in gruppo con altri collaboratori forse meno coinvolti, ma anche potenzialmente interessati. Così i benefici dell’iniziativa si moltiplicano. • Dare a ciascuno l’occasione di confrontare la propria visione e la propria comprensione della situazione con gli altri. Non si tratta, dunque, di esporre il risultato di una analisi già realizzata altrove. Testimonianza: la condivisione a livello di rete di un progetto d’azione Alcune équipe di servizi per l’infanzia (halte-garderies) di una stessa regione hanno preso l’abitudine di riunirsi regolarmente per confrontare i loro modi di lavorare. Una delle responsabili propone di condividere le immagini che ha filmato nel suo servizio con le operatrici, le responsabili degli altri servizi e le coordinatrici che le accompagnano. Dopo diversi mesi, la sua équipe prova a riorganizzare lo spazio di gioco per favorire gli scambi tra bambini di età differenti. In un primo momento, la responsabile presenta il progetto d’azione dell’équipe: l’allestimento dello spazio e le sue trasformazioni, il materiale scelto, i tipi di intervento che preferisce. Successivamente, colloca brevemente la sequenza ripresa: periodo filmato, adulti e bambini presenti, materiale e allestimento dello spazio proposti. Infine, lascia scoprire la sequenza alle altre partecipanti prima di dar loro la parola e di condividere l’analisi. Breve riassunto della sequenza H. (2 anni) è seduto vicino a C. (10 mesi). Si alza e si allontana. Intanto, C. manipola alcuni oggetti. H. torna, prende un cestino vuoto e si allontana di nuovo. Torna ancora, si siede vicino a C. su un grosso cuscino a forma di ippopotamo, prende un recipiente, vi mette un primo oggetto, poi un secondo oggetto, avvicinandosi a C. (scambio di sguardi). Poi, va via. F., l’operatrice, mette C. in posizione sdraiata: lei muove liberamente l’insieme del suo corpo, si mette su un lato, prende un oggetto... Si avvicinano altri bambini, uno dei due prende un filo, si sdraia, prende un altro oggetto... H. cerca, prende un oggetto sdraiandosi a destra di C., si tira su... un terzo bambino si avvicina. La visione della sequenza permette la condivisione delle osservazioni con persone che non hanno vissuto la situazione (“Il grande dà la scodella... Non prende niente dalle mani del più piccolo: rispetto dei grandi nei confronti dei più piccoli...”; “Il più grande si mette a livello della piccola... La prima volta, quando lui è andato a cercare il pezzo di lego, faceva attenzione; non si è messo contro la piccola...”). Questa visione della videoregistrazione suscita commenti su quanto ognuno ha compreso della situazione. Suscita anche, da parte delle operatrici, la ricerca di una comprensione condivisa: • Una partecipante si esprime: “La piccola ha imitato i grandi; poi l’inverso...”; “Mi interrogo: i due grandi sembrano voler prendere i giochi dell’altra: quando li prendono? Hanno la capacità e il potere di prendere... no, poi, non li prendono...”. • Per un’altra persona, in riferimento a un’esperienza vissuta lo stesso giorno: “Forse bambini allo stesso livello prendono più velocemente...”. • Un’altra si interroga: “A parità di forza, prenderebbero più velocemente?”. • E porta la persona che ha filmato a dire: “Spesso il bambino ha voglia di prendere l’oggetto dell’altro. Questo scatena un conflitto se non c’è abbastanza materiale, è quindi importante prevedere materiale a sufficienza e che permetta l’imitazione tra bambini”. La visione della videoregistrazione riporta ciascuno alla propria realtà (“Questo fa eco al nostro vissuto: un bambino più grande che dà degli oggetti a una piccola nel parco e che ci gioca insieme per diversi minuti...”), al proprio vissuto (“Io avrei avuto paura... Se non ci fosse stato il video, da noi saremmo intervenute... Spesso l’adulto induce uno stress... Da noi si rompe... Manca la fiducia... qui c’è una presenza, delle parole, un filo invisibile ecc.”) e all’importanza di gestirli al meglio in base alla propria storia e al proprio contesto. Guida metodologica ERATO 47 In conclusione: uno sviluppo delle competenze professionali a beneficio di tutti Il percorso di analisi e di valutazione delle pratiche educative proposte in questo contributo permette non solo di comprendere meglio le competenze dei bambini nelle situazioni di vita quotidiana, ma anche di individuare meglio le condizioni che permettono loro di svilupparle e di esprimerle. Questa analisi riflessiva, quando è ripetuta, influisce necessariamente sul modo di intervenire sia nell’allestimento degli ambienti e degli spazi sia nelle situazioni educative quotidiane. • L’analisi affina lo sguardo delle operatrici e le sprona a porre attenzione ai comportamenti e alle realizzazioni dei bambini. • Permette di individuare, di comprendere e di sostenere le modalità comunicative dei bambini piccoli prima dell’acquisizione del linguaggio orale. • Permette di superare le interpretazioni guidate dagli stereotipi basati sulle rappresentazioni che ci si fa del bambino (aggressività, leadership). La comprensione del comportamento dei bambini permette di gestire meglio la loro diversità permettendo di adattare le situazioni educative. È così che i bambini percepiti finora come discreti o iperattivi potranno rivelarsi capaci di iniziative e di impegno prolungato nelle loro attività con gli altri. • Il coinvolgimento delle operatrici nell’analisi permette di non reagire più sistematicamente nel vivo dell’azione, ma di prendere distanza da ciò che si osserva. Scoprono e comprendono, così, che i bambini hanno competenze insospettabili e possono, quindi, sostenerli e accompagnarli meglio. • Le operatrici scoprono il legame tra la predisposizione delle situazioni educative e i loro effetti sui comportamenti dei bambini. 48 Guida metodologica ERATO • Le famiglie possono comprendere meglio il significato delle situazioni educative proposte ai loro bambini e prendervi, se è il caso, parte attiva. • Le operatrici e le famiglie possono collaborare meglio attorno a una preoccupazione comune: il benessere del bambino. • La portata educativa del lavoro realizzato nei servizi appare in maniera evidente agli occhi di tutti. Complessivamente, tale analisi, poiché è ripetuta e collettiva, permette agli adulti di co-costruire criteri più condivisi per valutare e regolare la loro azione. Non agiscono più soltanto per abitudine, in riferimento alle norme apprese durante la loro formazione o altrove. Le esperienze di vita di ciascuno vengono re-interrogate alla luce dell’analisi delle situazioni educative quotidiane sfociando in altri modi di accogliere i bambini piccoli e di considerare le relazioni con le loro famiglie. Analizzare la qualità dell’esperienza quotidiana dei bambini nei servizi educativi per l’infanzia: la documentazione scritta Isabella Di Giandomenico, Tullia Musatti e Mariacristina Picchio con la collaborazione di Susanna Mayer e Patrizia Sposetti (ISTC-CNR, Italia) Introduzione In questo contributo proponiamo un percorso per l’analisi della qualità dell’esperienza dei bambini da 0 a 3 anni nei servizi educativi per l’infanzia, percorso che è stato messo a punto dall’équipe dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, CNR, nell’ambito di diversi progetti finalizzati alla valutazione dei servizi educativi per la prima infanzia1. Le attività di valutazione proposte nell’ambito di questi progetti non facevano ricorso all’intervento di esperti esterni, né utilizzavano scale di valutazione predefinite, né tanto meno si riferivano a modelli predeterminati di funzionamento dei servizi. La valutazione risultava da un processo di analisi e di riflessione attorno al funzionamento effettivo del servizio e alla qualità dell’esperienza offerta ai bambini. Tutto il processo di analisi e riflessioni era condiviso tra i differenti attori coinvolti (i diversi operatori, i genitori, i gestori), utilizzava come parametri di valutazione gli obiettivi educativi generali perseguiti dal servizio ed era finalizzato al continuo miglioramento del contesto educativo. In questo contributo presentiamo solo le procedure proposte alle operatrici (educatrici e coordinatrici dei nidi e di altre tipologie di servizi rivolti a bambini di età compresa tra 0 e 3 anni) per l’analisi e la riflessione attorno alla qualità dell’esperienza offerta ai bambini nel corso della loro vita quotidiana nel servizio. Noi pensiamo che questo percorso possa essere utilizzato anche in altre realtà diverse da quella italiana per promuovere e sostenere la riflessione delle operatrici nei servizi per l’infanzia. Perché analizzare l’esperienza offerta ai bambini nel corso della loro vita quotidiana in un servizio per l’infanzia? L’insieme delle interazioni del bambino con il contesto di vita abituale è alla base del processo di sviluppo delle strutture di conoscenza e delle modalità di socializzazione. È dunque l’esperienza globale che il bambino fa nel corso della sua vita quotidiana all’interno del servizio educativo che è importante analizzare. La qualità di questa esperienza non è data dalla somma dei diversi eventi vissuti o dalle attività e dagli scambi sociali realizzati dai bambini, ma dal significato di questi eventi, attività e scambi all’interno del processo di interazioni dei bambini con il servizio. Si tratta, dunque, di un’esperienza globale, complessa e inscritta in una dinamica di cambiamento continuo, la cui qualità è determinata soprattutto dalle pratiche educative realizzate nel servizio. Comprendere la qualità di questa esperienza offre, quindi, alle operatrici piste preziose per orientare le loro pratiche e innovare i contesti educativi. Questo sguardo d’insieme sull’esperienza dei bambini può anche far considerare in termini nuovi l’educazione di tutti i bambini tenendo conto della loro diversità e dei loro differenti percorsi di interazione con il servizio. Rendere conto dell’esperienza dei bambini Per l’analisi della qualità dell’esperienza di vita quotidiana dei bambini nel servizio, proponiamo alle operatrici di impegnarsi in un processo di documentazione e riflessione, che li possa accompagnare lungo tutto il percorso del loro lavoro educativo e ne diventi una componente abituale ed essenziale. La documentazione permetterà alle operatrici di prendere in esame l’esperienza dei bambini in tutti i suoi aspetti, divenendo così uno strumento di lavoro e un oggetto di riflessione condivisa all’interno dell’équipe. Una documentazione ricca e rigorosa di questa esperienza costituisce la base essenziale per la discussione e la co-costruzione di significati condivisi attorno agli obiettivi educativi. Confrontarsi per migliorare le proprie pratiche In educazione, scambiare e confrontare i punti di vista in merito alle pratiche realizzate è sempre un’operazione essenziale per raggiungere gli obiettivi educativi. 1 Progetto Valutazione della qualità dei Centri per bambini e genitori in Umbria (1999-2002), progetto Valutazione della qualità dei Centri per bambini e genitori a Roma (2004-2005), progetto Valutazione della qualità dei servizi educativi per l’infanzia convenzionati con il Comune di Roma (2005-2009), progetto Analisi della qualità dell’esperienza dei bambini nei nidi del Comune di Pistoia (2006-2009). Guida metodologica ERATO 49 È nello scambio che le operatrici confrontano le loro prospettive sulla qualità dell’esperienza dei bambini e sulla sua congruenza con gli obiettivi educativi perseguiti. Questi obiettivi saranno stati identificati anch’essi nel corso di un processo di confronto tra i diversi attori e all’interno di contesti di partecipazione diversi (per esempio: consigli comunali che definiscono le finalità dei servizi per l’infanzia, gruppi di lavoro attivati nei servizi per definire gli obiettivi educativi da raggiungere con ogni gruppo di bambini...). In un contesto di rispetto reciproco, ogni attore durante lo scambio ha il diritto di far riferimento all’approccio pedagogico che preferisce. L’oggetto dello scambio non sarà dunque il confronto tra diversi approcci educativi, filosofici o etici, ma sarà centrato sull’analisi dell’esperienza offerta ai bambini nel servizio, sugli effetti delle pratiche e delle scelte realizzate intorno a questa esperienza: come possiamo valutarli in riferimento agli obiettivi che ci si era dati? Durante questi momenti di scambio, le operatrici hanno l’opportunità di confrontare le loro identità culturali e i loro punti di vista basati su approcci pedagogici diversi; possono esprimere esplicitamente alcuni pregiudizi in modo da poterli affrontare e superare. Nel corso della discussione, alterità e diversità si manifestano e si materializzano all’interno della dimensione intersoggettiva dell’analisi e della valutazione delle pratiche educative. Principi di azione e strumenti di lavoro Proponiamo la redazione di documenti scritti, tutti basati su momenti di osservazione, documenti che saranno valutati nel corso di una discussione condivisa. Questi documenti vengono redatti e discussi dalle operatrici nel quadro dei loro diversi ruoli professionali e in una dinamica di scambio, confronto e collaborazione. Il percorso si svolge, dunque, secondo le seguenti tappe: • osservare uno spaccato di vita quotidiana; • prendere distanza da ciò che è stato osservato, facendone l’oggetto di una riflessione e descrivendolo per scritto; • valutare la congruenza tra ciò che è stato descritto nei documenti e gli obiettivi perseguiti durante una discussione condivisa nella quale ognuno argomenta il proprio punto di vista; • innovare le pratiche attivando piste di intervento sugli aspetti ritenuti critici per migliorare la qualità dell’esperienza. Sono necessari alcuni principi di azione: • continuità e rigore nella documentazione dell’esperienza dei bambini; • apertura e dialogo durante la sua analisi e la sua valutazione; • lavoro di gruppo per affrontare la discussione sui rapporti tra le strategie realizzate e l’esperienza dei bambini che ne risulta e per progettare pratiche innovative volte al miglioramento. Come documentare e analizzare in maniera partecipata l’esperienza dei bambini? L’osservazione narrativa Il metodo osservativo che noi suggeriamo non consiste soltanto nel prendere alcune annotazioni sugli eventi o sui comportamenti 50 Guida metodologica ERATO dei bambini. Noi proponiamo alle operatrici di registrare per scritto i fenomeni osservati riorganizzando la narrazione su un piano interpretativo. In altre parole, si tratta di ricostruire il significato di eventi successivi e apparentemente privi di nessi tra loro, ma che ritrovano il loro senso e risultano collegati quando guardiamo la sequenza nella sua interezza. Definiamo questa modalità osservativa “osservazione narrativa”. Il termine narrazione non deve indurre in errore: non si tratta in alcun caso di dar vita a un racconto fantastico o di esprimere le emozioni provate al momento dell’osservazione degli eventi. Si tratta piuttosto di descrivere lo svolgimento degli eventi che si sono prodotti in un certo contesto e di ricostruirne i significati e le interrelazioni. Questa procedura impegna la persona che narra a operare una sintesi significativa dei processi osservati, senza inventarne un’interpretazione troppo distante dalla realtà, ma facendone emergere gli elementi principali e le relazioni tra essi. Documentare per scritto, perché? Scrivere permette una ri-elaborazione a posteriori dell’esperienza: attiva la riflessione, sviluppa nuove conoscenze e aiuta a consolidare le competenze professionali. La scrittura è un mezzo privilegiato per narrare una realtà complessa come l’esperienza fatta dai bambini nel corso della vita quotidiana nel servizio educativo. Il passaggio alla scrittura permette di rappresentare le dimensioni di questa esperienza che non corrispondono a un solo fenomeno né alla somma di più fenomeni, ma risultano dall’insieme di tutta la situazione vissuta dai bambini. La documentazione scritta materializza e mette in “parole” una riflessione. Essa costituisce, dunque una traccia, una memoria. Se più attori hanno contribuito a formulare un documento, questo costituisce la memoria di una riflessione condivisa e può essere, a sua volta, oltre che elemento di riferimento comune, anche oggetto di una discussione tra i diversi attori coinvolti nel percorso di analisi della qualità. Il documento scritto permette, inoltre, di conservare una doppia memoria: quella del processo dell’esperienza di tutti e di ciascun bambino, e quella della riflessione che gli operatori hanno condotto quando ne hanno discusso l’analisi. Per innovare le pratiche educative e migliorare le condizioni nelle quali i bambini conducono la loro esperienza, è essenziale analizzare lo svolgimento di questa esperienza e comprenderne le ragioni e i cambiamenti. La scrittura è anche un mezzo privilegiato per descrivere l’evoluzione dell’esperienza dei bambini nel servizio educativo, per ricostruire il percorso secondo il quale si costruisce e si consolida una vita di gruppo tra bambini e adulti e attraverso il quale i bambini costruiscono le loro conoscenze. Valutare l’esperienza quotidiana dei bambini La documentazione è la prima tappa per conoscere, comprendere e valutare la qualità dell’esperienza vissuta dai bambini nei servizi educativi. È a partire dai documenti prodotti che: • può svilupparsi una discussione tra diversi attori coinvolti nel sistema di analisi – educatrici, genitori, coordinatrici – nel quadro di una dinamica partecipativa e nel rispetto dei ruoli reciproci di tutti e di ciascuno; • le operatrici possono cogliere il senso dell’esperienza realizzata e, al tempo stesso, attivare interventi per migliorare le condizioni nelle quali tale esperienza si svolge. Dotarsi di riferimenti comuni L’attività di valutazione non può essere la semplice espressione di giudizi sintetici e rigidi. Essa deve, al contrario, nutrirsi di una riflessione articolata attorno a queste interpretazioni e rendere espliciti i motivi dei giudizi che ciascuno propone. È importante che i giudizi siano espressi e argomentati per poterne fare, in gruppo, l’oggetto di discussione, confronto, negoziazione o co-decisione. In questo sistema, la documentazione non soltanto è la base da cui scaturisce la riflessione, ma è anche il riferimento su cui poggiano gli argomenti. Si tratta di verificare la congruenza tra ciò che è descritto nei documenti e gli obiettivi educativi da perseguire. La valutazione, dunque, non si fa rispetto a un modello di buon funzionamento, ma si innesca a partire da un’interrogazione svolta in maniera partecipata: l’esperienza offerta ai bambini che abbiamo potuto osservare e descrivere va nella direzione degli obiettivi che intendiamo raggiungere, come il rispetto di tutti e di ciascuno, lo sviluppo di scambi sociali significativi tra bambini e adulti ecc.? Proponiamo di seguito alcune indicazioni per la loro utilizzazione. La redazione di questi documenti può essere realizzata da operatrici coinvolte con diversi ruoli all’interno del servizio educativo, ma è essenziale che la redazione e la discussione attivata a partire da questi documenti coinvolgano più persone. Ognuno di questi documenti fa riferimento a un’unità temporale di osservazione diversa ed è redatto secondo una periodicità differente. Noi proponiamo alle operatrici alcune tracce per facilitare la redazione dei documenti. Queste tracce sono organizzate attorno a sei aree tematiche, ciascuna riguardante una dimensione della vita quotidiana dei bambini nel servizio: • le transizioni tra famiglia e servizio; • le dinamiche sociali; • le attività dei bambini; • i momenti di cura; • l’uso dello spazio; • l’uso del tempo. Gli stessi temi sono affrontati in tutti e tre i documenti anche per favorirne un’analisi comparata e integrata. Il Diario delle educatrici Il documento di base è il Diario delle educatrici, nel quale le educatrici descrivono lo svolgimento delle giornate, gli eventi e le attività che si realizzano nel servizio durante una settimana. Il racconto di questi eventi non è organizzato in maniera cronologica, ma secondo i temi suggeriti nella traccia. Non si tratta di un diario intimistico che raccoglie il vissuto personale, impregnato delle emozioni dell’adulto che ha condiviso un segmento di vita quotidiana con un gruppo di bambini. Non si tratta neanche di un diario di classe in cui un educatore registra lo svolgimento delle sue attività e delle strategie educative. Il Diario delle educatrici si propone di documentare la storia del gruppo di bambini e adulti che vivono in una sezione e di raccontare, con continuità, le esperienze svolte per coglierne i cambiamenti. Attivare nuove piste di lavoro L’esplicitazione e l’argomentazione dei giudizi sull’esperienza dei bambini fatti rispetto agli obiettivi educativi da perseguire permettono ai diversi attori di formulare nuovi orientamenti di lavoro. Anche se i giudizi restano discordanti e non si ottiene alcun consenso tra gli attori, il fatto che i giudizi siano argomentati fa sì che la discussione non si cristallizzi, che si possano comprendere gli argomenti degli uni e degli altri e che si possano individuare nuove piste di intervento. L’analisi dell’esperienza dei bambini diventa così un processo condiviso durante il quale ogni attore può esprimere un giudizio proprio, ma facendo riferimento alla documentazione comune e mettendo in luce le ragioni su cui si basano le sue posizioni. In questo clima di riflessività condivisa, le operatrici possono arrivare a identificare i punti forti e le criticità dell’esperienza offerta ai bambini e attivare alcune piste per migliorare la qualità di questa esperienza. Il percorso di documentazione Abbiamo messo a punto tre tipi di documenti: 1. il Diario delle educatrici; 2. il Rapporto osservativo; 3. il Rapporto di processo. Guida metodologica ERATO 51 Il Diario è redatto dalle educatrici direttamente coinvolte nella relazione educativa con i bambini nella sezione del servizio. Questa redazione può essere realizzata direttamente da loro, individualmente o in gruppo, ma sempre in un clima di condivisione. Il Diario si basa sull’esperienza vissuta dalle educatrici in quanto protagoniste della sezione i cui eventi sono descritti poiché fanno parte di questo luogo di vita e vi sono presenti quotidianamente. Il Diario non è, dunque, il racconto di un osservatore esterno alla situazione. Esso mantiene la prospettiva di un attore che ha partecipato attivamente alla situazione descritta. Tuttavia, la redazione del Diario richiede un’elaborazione narrativa dell’esperienza vissuta e implica, quindi, una presa di distanza dalla situazione. Questa presa di distanza è assolutamente necessaria per superare la difficoltà del tener conto, nella narrazione, non soltanto della propria presenza, delle proprie attività e comportamenti, ma anche di quelle delle colleghe o altri adulti che hanno anche loro vissuto le giornate descritte nel Diario. La presa di distanza dalla situazione è favorita dalla richiesta di rielaborare gli eventi in un racconto sintetico organizzato per aree tematiche. Inoltre, è resa possibile grazie all’intervallo temporale tra la redazione del Diario e le giornate considerate. La settimana è un’unità temporale adeguata per considerare gli eventi osservati e per coglierne i significati così come i processi di cambiamento che si sono verificati. Inoltre, la settimana rappresenta un’unità temporalmente ben definita nella vita dei bambini all’interno di un servizio educativo: essa ha i suoi ritmi ed è delimitata entro le due “parentesi” dei fine-settimana vissuti interamente in famiglia. La redazione del Diario alla fine della settimana invita le educatrici a riflettere sia sullo svolgimento dell’esperienza dei bambini durante quella settimana sia sulle attività da intraprendere nei giorni successivi, al fine di ottenere risultati che siano in continuità con quelli già ottenuti. Così, l’attività di documentazione non solo è compatibile con le altre attività delle educatrici, ma diventa un sostegno per il loro lavoro piuttosto che un ulteriore carico. Redigendo il Diario ogni settimana, le educatrici si appropriano progressivamente della traccia a tal punto che non è più necessario consultarla di continuo, essa diventa soltanto un orientamento per osservare l’esperienza dei bambini e organizzare il racconto. In altri termini, un’attività sistematica di documentazione porta a orientare lo sguardo e la riflessione professionale. Poiché il Diario dà una rappresentazione della vita quotidiana nel servizio, può essere utilizzato anche per farla conoscere ai genitori dei bambini. Può dunque rivelarsi uno strumento per rendere visi- bile la vita del bambino nel servizio e per facilitare la relazione tra educatrici e genitori. Di seguito riportiamo alcune indicazioni pratiche e la traccia per la redazione del Diario delle educatrici. Riportiamo anche un esempio di redazione. Traccia per la redazione del Diario delle educatrici • Andamento generale della settimana: presenze nel servizio ed eventuali assenze prolungate (dei bambini e delle educatrici); inserimenti e re-inserimenti; cambiamenti importanti nell’organizzazione abituale delle giornate; eventi particolari. • L’andamento degli ingressi e delle uscite: modalità e ritmi degli ingressi e delle uscite; modalità e ritmi delle separazioni dai familiari e dei ricongiungimenti; comunicazioni significative tra educatrici e genitori. • L’andamento della socialità: il clima sociale complessivo e particolari stati emotivi dei bambini; le modalità prevalenti di aggregazione tra i bambini; scambi significativi tra bambini e con gli adulti; eventuali conflitti e interventi delle educatrici per contenerli. • L’andamento delle attività: le principali attività svolte dai bambini spontaneamente, con o senza il coinvolgimento delle educatrici, o proposte da queste; l’interesse e la partecipazione dei bambini. • L’andamento dei momenti di cura/routine (merenda, cambio, pranzo, sonno): livello di partecipazione, interesse e autonomia, tono emotivo dei bambini, eventuali rituali di gruppo o individuali, cambiamenti significativi nell’organizzazione abituale delle routine. • L’uso dello spazio da parte dei bambini: quali aree sono state maggiormente utilizzate e secondo quali modalità; quali aree sono state utilizzate con difficoltà o in modo non appropriato dai bambini; eventuali cambiamenti nella disposizione dello spazio apportati dalle educatrici. • L’uso del tempo: durata e ritmi dei diversi momenti della giornata; come sono avvenute le transizioni da un momento all’altro e gli eventuali rituali che hanno segnato l’avvio di un momento o scandito il passaggio da un momento all’altro. Scheda n. 1 – Il Diario delle educatrici Indicazioni per la redazione Il Diario delle educatrici è uno strumento utile per documentare l’esperienza quotidiana di un gruppo di bambini e di educatrici nella sezione. Questa documentazione facilita il passaggio e lo scambio delle informazioni tra le educatrici e permette di tenere memoria del processo educativo realizzato e dell’evoluzione dell’esperienza del gruppo di bambini. Nel Diario si descrivono, sotto forma di racconto sintetico, lo svolgimento delle giornate nel servizio in una settimana, i principali avvenimenti che vi si sono prodotti e i comportamenti dei bambini e degli adulti. Il Diario viene redatto una volta alla settimana dalle educatrici di ciascuna sezione. Esso viene compilato sulla base delle osservazioni che le educatrici abitualmente raccolgono durante una settimana e delle eventuali annotazioni prese per tener memoria di eventi ritenuti particolarmente interessanti. Il Diario può essere redatto da una sola educatrice, ma è importante che il suo contenuto sia il risultato di un momento di discussione e di condivisione tra tutte le educatrici della sezione. Nella descrizione di quanto accaduto nella settimana si dovrà tenere conto dei temi indicati nella traccia per la redazione del Diario delle educatrici, considerando anche le evoluzioni nei diversi aspetti dell’esperienza del gruppo dei bambini e delle educatrici da una settimana all’altra. Può essere utile anche dare spazio ad eventuali considerazioni personali da parte delle educatrici, ma si suggerisce di tenerle distinte dal racconto. 52 Guida metodologica ERATO Brano tratto da un Diario delle educatrici Sezione dei Medi (da 12 a 24 mesi) nel nido “E.” Diario delle educatrici (settimana dal 26 al 30 gennaio) Durante tutta la settimana Sofia è stata assente; al contrario Nicoletta e Pietro sono tornati al nido dopo alcuni giorni di malattia e si sono ritrovati senza problemi con gli altri bambini. Nel corso della settimana non ci sono stati nuovi inserimenti. Al mattino gli ingressi si sono svolti molto bene: i bambini sono stati accolti sul grande tappeto dove partecipavano alle attività proposte da Giovanna (educatrice). Anche Francesco, questa settimana, è diventato più tranquillo al momento dell’ingresso e ha pianto soltanto un poco quando sua madre andava via. Il clima sociale è stato sereno e le giornate sono trascorse con fluidità. Il gruppo dei bambini si sta consolidando. Abbiamo notato anche che alcuni bambini hanno interagito ripetutamente tra loro, soprattutto Silvia e Filippo: più volte, durante la settimana, si sono ritrovati insieme nell’angolo della lettura dove si sono scambiati sguardi, carezze, giochi. Al contrario, Nicoletta, soprattutto i primi giorni della settimana (forse perché tornava dalla sua assenza per malattia), ha avuto qualche momento di conflitto con gli altri bambini perché voleva tutti i giochi solo per sé. Durante questa settimana non abbiamo proposto ai bambini attività particolari, ma abbiamo lasciato che i bambini scegliessero autonomamente i loro giochi e le loro attività. In particolare, Clara e Pietro hanno scelto di giocare a lungo con le palline; Filippo e Riccardo hanno sperimentato ripetutamente gli oggetti in legno (soprattutto le scatole con i fori); Andrea, Francesca e Paola si sono divertiti lungamente davanti allo specchio. Le merende si sono svolte come la settimana scorsa, ma abbiamo notato che i bambini più grandi sono riusciti a prendere autonomamente i pezzetti di frutta dal piatto e, qualche volta, li hanno anche offerti ai più piccoli. Anche i momenti del pranzo si sono svolti senza alcun problema. Clara ha cominciato a mangiare tutto il pranzo e Silvia ha finalmente accettato di restare con noi per il pranzo. Lavarsi le mani prima e dopo i pasti è diventato un rituale che piace molto ai bambini e durante il quale abbiamo osservato una sempre maggiore acquisizione dell’autonomia. Tutto il gruppo, anche i più piccoli, continua a esplorare lo spazio della sezione. Tuttavia, abbiamo introdotto qualche cambiamento: abbiamo aggiunto alcuni materiali presi durante la passeggiata nel bosco la settimana scorsa e abbiamo tolto alcuni incastri che, secondo noi, non sono più interessanti per i bambini. Durante la mattinata i bambini utilizzano tutti gli ambienti della sezione e si ritrovano spesso sul tappeto. Nel corso della settimana vi sono stati diversi scambi tra le educatrici e i genitori: abbiamo parlato delle evoluzioni che i loro bambini fanno al nido ma anche a casa. I genitori continuano a mostrarsi molto interessati a conoscere quello che succede al nido. Giovedì mattina abbiamo avuto il primo incontro con i genitori di Martina che comincerà a frequentare la nostra sezione da lunedì prossimo, nel pomeriggio. Il Rapporto osservativo Il Diario delle educatrici, nonostante sia redatto una volta a settimana, offre una descrizione dello svolgimento dell’esperienza dei bambini nella sua continuità. Tuttavia, esso può essere utilmente completato da un altro documento che descrive e analizza in maniera episodica una giornata intera nel servizio educativo per darne una narrazione più approfondita e dettagliata, realizzando una sorta di zoom sull’esperienza vissuta dai bambini. Abbiamo chiamato questo documento Rapporto osservativo. Questo documento è basato sull’osservazione dell’esperienza dei bambini durante una giornata intera nel contesto educativo e sulla sua narrazione per scritto, realizzate da due operatrici che non siano direttamente coinvolti nella situazione osservata. Per redigere il Rapporto osservativo bisogna che le redattrici abbiano la possibilità di restare in posizione di osservatrici all’interno di una sezione del servizio durante una giornata intera, al fine di ottenerne una rappresentazione esaustiva e completa. Si eviterà di scegliere di osservare una giornata in cui avviene qualcosa di particolare (una festa con i genitori, una passeggiata nel quartiere ecc.), così come si eviterà di descrivere una giornata-tipo, secondo l’immagine che ciascuno si è costruito della vita quotidiana in un servizio educativo. Si tratta, piuttosto, di produrre una fotografia di una giornata, trascorsa nel servizio, nella sua specificità (quella giornata lì) e nel suo essere unica pur nello svolgimento normale della vita di un servizio educativo. Allo stesso tempo, non è richiesto nemmeno di esaminare una situazione specifica o di porre l’attenzione su un bambino o uno specifico gruppo di bambini; ma di centrare l’attenzione su tutto il contesto per osservare la globalità della situazione in atto. Durante l’osservazione, le redattrici adotteranno un atteggiamento da osservatore partecipante, senza lasciarsi coinvolgere nelle attività dei bambini e degli altri adulti e risponderanno soltanto alle interazioni che le coinvolgono direttamente. Inoltre, si limiteranno a prendere alcuni appunti per memorizzare gli eventi, annotazioni che saranno utili successivamente, al momento della redazione del documento. Per redigere il Rapporto osservativo è necessario prendersi un tempo subito dopo l’osservazione, durante il quale ciò che è stato osservato viene rielaborato e raccontato sinteticamente, non secondo l’ordine cronologico, ma riorganizzando i contenuti secondo gli stessi temi proposti per la redazione del Diario delle educatrici. Considerando i numerosi dettagli richiesti nella redazione del Rapporto osservativo, si suggerisce di redigerlo nei giorni immediatamente successivi all’osservazione. La redazione del Rapporto osservativo richiede un impegno importante in termini di riflessione, non soltanto per organizzare il racconto degli eventi per temi, ma anche per valutare questi eventi. A differenza del Diario, il Rapporto osservativo consta di due parti distinte da redigere per ciascun tema: una prevede la descrizione degli eventi osservati e l’altra i giudizi su ciò che è stato osservato e descritto. La separazione tra la parte descrittiva e la parte valu- Guida metodologica ERATO 53 tativa attiva nell’osservatore esterno uno sguardo più profondo sul significato dei fenomeni osservati. Il fatto che il Rapporto osservativo preveda la descrizione narrativa degli eventi osservati così come la loro valutazione, rende lo strumento esaustivo e utilizzabile anche in maniera autonoma senza accompagnarlo con gli altri documenti. In effetti, il Rapporto osservativo può rivelarsi un strumento molto utile alla responsabile di un servizio educativo, ad esempio una coordinatrice o una direttrice (che potrà redigerlo in coppia con la responsabile di un altro servizio oppure con una delle educatrici di questo servizio), perché offre un’immagine del servizio presa all’interno di una sezione, registrando tutti i momenti di una giornata, la loro successione ed evoluzione. Redigere il Rapporto osservativo può essere ugualmente utile a un’educatrice del servizio. Lei, che normalmente è coinvolta direttamente nella relazione educativa con i bambini, in occasione della redazione di un Rapporto osservativo, si troverà nella posizione di un osservatore senza implicazione diretta nello svolgimento degli eventi. Sarà quindi obbligata a prendere distanza dalla situazione durante la giornata, per poter riflettere meglio. È molto importante redigere il Rapporto osservativo in coppia. In effetti, è nello scambio che interpretazioni diverse possono confrontarsi utilmente ed è nel quadro di un processo di riflessione condivisa che i giudizi espressi trovano la loro validazione. Per esempio, viene chiesto di rispondere alla domanda: “Secondo voi, l’ingresso nel servizio si è svolto in maniera tranquilla per tutti i bambini e i genitori?”. Ogni operatrice può avere la propria visio- ne di ciò che si intende per “tranquilla”, una persona può ritenere che ciò che ha osservato gli si confà, un’altra invece no. Da qui l’importanza di notare che le valutazioni non possono essere fatte sulla base di un “sì” o di un “no”. Le redattrici devono argomentare sul fatto che considerano che l’ingresso si è svolto in maniera tranquilla poggiando l’argomentazione su quanto osservato e riportato nella descrizione. L’obiettivo è di discutere in gruppo, di argomentare il proprio punto di vista e di esprimere le ragioni che fondano la propria posizione, tutto all’interno di un confronto tra più persone. La redazione del Rapporto osservativo richiede un impegno importante in termini di tempo. È dunque essenziale stabilire una periodicità della sua redazione che sia compatibile con l’attività di analisi e sostenibile rispetto al carico di lavoro degli attori coinvolti. Quando l’attività di analisi prevede la redazione di un Rapporto osservativo così come la redazione dei Diari, proponiamo di redigere il Rapporto ogni quattro mesi. Poiché è possibile ritrovare, nei Diari, la documentazione continua dell’esperienza dei bambini, la rappresentazione “sotto una lente d’ingrandimento” di una giornata ottenuta con il Rapporto osservativo può essere considerata come un approfondimento del significato degli eventi descritti nei Diari. Non è, quindi, necessario redigerlo molto frequentemente. Se, al contrario, si sceglie di adottare il Rapporto osservativo come il solo strumento di documentazione, è necessario redigerlo più frequentemente, sempre facendo attenzione a stabilire una procedura compatibile con gli altri impegni professionali degli attori coinvolti. Scheda n. 2 – Il Rapporto osservativo Indicazioni per la redazione Il Rapporto osservativo è realizzato da una o due operatrici – coordinatrici, responsabili o educatrici – che non partecipano alle attività dei bambini durante la giornata osservata. La realizzazione del Rapporto osservativo prevede due fasi di lavoro: dapprima l’osservazione di ciò che accade in una sezione del servizio durante un’intera giornata e successivamente la redazione di un rapporto scritto. La redazione sarà organizzata attorno a sei aree tematiche. Per ogni tema è necessario redigere il racconto degli avvenimenti osservati e successivamente la loro valutazione secondo una traccia prestabilita. Per la descrizione, per ogni tema sono suggeriti gli elementi da tener presente per riorganizzare il racconto di ciò che si è osservato, per la valutazione sono proposte alcune domande per sollecitare l’espressione di giudizi argomentati attorno a quanto descritto. Prima di cominciare l’osservazione si consiglia di leggere attentamente la traccia. In tal modo sarà più facile tenere a mente gli aspetti su cui centrare l’attenzione durante l’osservazione. Durante l’osservazione: • le redattrici saranno presenti nel contesto per tutta la giornata di apertura del servizio e si disporranno nell’ambiente in modo da non disturbare il normale svolgimento delle attività, nelle quali cercheranno di non essere coinvolte, tenendo un atteggiamento di osservatore partecipante; • di tanto in tanto, ognuna prenderà delle rapide annotazioni che favoriranno l’attenzione e la memorizzazione per il successivo lavoro di compilazione del Rapporto; tali appunti avranno necessariamente un ordine cronologico in quanto verranno annotati man mano che gli eventi si verificano. Alla fine dell’osservazione o durante la giornata successiva: • le redattrici procederanno insieme all’elaborazione delle osservazioni raggruppandole secondo le sei aree tematiche; • è preferibile non far trascorrere molto tempo tra l’osservazione e la redazione del Rapporto osservativo. Nella redazione del Rapporto osservativo: • bisognerà mantenere la descrizione dei fenomeni osservati distinta dalla loro valutazione; nelle parti descrittive, dunque, si eviterà il più possibile l’uso di espressioni valutative; • al momento dell’espressione delle loro valutazioni, le redattrici dovranno aver cura di esplicitare via via le ragioni (argomentazioni) dei loro giudizi e di far riferimento a ciò su cui questi giudizi sono basati; • può accadere che alcuni eventi più articolati destino perplessità circa la scelta dell’area tematica cui fare riferimento, poiché la loro complessità fa riferimento a più aree; in questo caso, si tratterà di scegliere in quale area collocare la descrizione più completa dell’evento, tenendone conto al momento della redazione dell’altra area tematica interessata. 54 Guida metodologica ERATO Traccia per la redazione del Rapporto osservativo Breve descrizione dell’andamento della giornata • Numero e qualifica degli operatori presenti (educatrici, operatori di pulizia, supplenti, tirocinanti). • Numero ed età (più o meno) dei bambini presenti. • Andamento della giornata (ingresso, attività svolte, momenti di cura, uscita). • Eventi particolari. 1. Le transizioni tra servizio e famiglia Descrivere L’ingresso Con quali tempi e ritmi si è svolto l’ingresso, se ciascun bambino e genitore è stato accolto personalmente e come: in quale ambiente, con quali modalità e da chi (educatrici, altri operatori, bambini già presenti). Come si è svolta la separazione tra genitore e bambino: dove, con quali tempi e con quali modalità, quali sono state le reazioni dei bambini e dei genitori, con quali modalità le educatrici hanno accompagnato il momento della separazione. Che cosa hanno fatto i bambini nei momenti successivi all’ingresso: dove si sono diretti, quali attività hanno intrapreso, se si sono isolati o hanno comunicato con le educatrici o con altri bambini. Che cosa facevano i bambini già presenti nel servizio durante l’ingresso degli altri bambini. • Secondo voi, negli scambi comunicativi, le educatrici hanno tenuto conto di eventuali bisogni comunicativi particolari dei genitori provenienti da un’altra cultura? • Complessivamente, potreste dire che le transizioni dei bambini tra l’ambiente familiare e il servizio sono state oggetto di cura e attenzione da parte delle educatrici? 2. Le dinamiche sociali Descrivere Il clima sociale Il clima sociale e la qualità dell’ambiente e gli eventuali cambiamenti nel corso della giornata. Le aggregazioni sociali Il farsi e disfarsi delle aggregazioni tra bambini (piccolo gruppo, grande gruppo) e tra bambini ed educatrici: in quali occasioni si sono create (durante attività direttamente proposte dalle educatrici, attività spontanee di gioco dei bambini, momenti di cura ecc.) e per iniziativa di chi si sono create e si sono concluse (per iniziativa spontanea dei bambini, per iniziativa delle educatrici). Eventuali episodi di isolamento da parte di singoli bambini e loro tono emotivo (isolamento per osservare, per riposarsi, vagolamenti ecc.). Le interazioni tra bambini Valutare (ricordarsi di motivare i giudizi) La disponibilità da parte dei bambini allo scambio sociale e la facilità o la difficoltà a iniziare o a rispondere alle iniziative comunicative degli altri bambini. Le modalità di comunicazione tra bambini (si chiamavano per nome, comunicavano in maniera non verbale, vocalizzavano, si guardavano attentamente, si sorridevano, si ignoravano ecc.) e loro occasioni (durante attività direttamente proposte dalle educatrici, attività spontanee di gioco dei bambini, momenti di cura ecc.), contenuti, lingua utilizzata e modalità delle interazioni tra bambini (conversavano, condividevano attività di esplorazione o di gioco insieme o in parallelo, si consolavano ecc.). Tensioni o conflitti tra bambini: loro frequenza, occasioni, reazioni e stati d’animo dei bambini coinvolti e degli altri presenti, modalità di risoluzione. L’ingresso Le interazioni tra bambini ed educatrici • Secondo voi, il momento dell’ingresso si è svolto in modo fluido e sereno per tutti i bambini e tutti i genitori? Le educatrici hanno potuto accogliere adeguatamente tutti i bambini e i loro genitori? • Secondo voi, la separazione del bambino dal genitore è avvenuta: tranquillamente, troppo rapidamente, con difficoltà da parte del bambino, con difficoltà da parte del genitore? Gli eventuali interventi delle educatrici nel momento della separazione tra bambino e genitore sono risultati adeguati ed efficaci? • Secondo voi, l’integrazione nell’ambiente dei diversi bambini è avvenuta: tranquillamente o ha creato confusione? Gli interventi delle educatrici finalizzati all’integrazione dei bambini nell’ambiente sono risultati adeguati ed efficaci? Le interazioni tra i bambini e le educatrici che si sono verificate nel corso della giornata (di gioco, di scambio affettivo ecc.) e in quali occasioni (durante le attività, i momenti di cura ecc.). Contenuti, modalità, lingua utilizzata e occasioni delle richieste dei bambini alle educatrici (di aiuto, di conforto, di partecipazione, di soddisfazione di bisogni specifici ecc.) e le modalità di risposta delle educatrici. Contenuti, lingua utilizzata, scopi, occasioni, frequenza e stile comunicativo degli interventi delle educatrici nei confronti dei bambini (atteggiamento di ascolto, valutativo, direttivo, comunicazione generalizzata o personalizzata ecc.). L’uscita Con quali tempi e ritmi si è svolto il momento dell’uscita ed eventuali rituali specifici. Dove e con quali modalità è avvenuto il ricongiungimento tra il bambino e il genitore, con quali modalità le educatrici hanno accompagnato il momento del ricongiungimento. Contenuti e modalità delle comunicazioni tra genitori ed educatrici. Come è avvenuto il commiato tra le educatrici (ed eventualmente altri operatori), i bambini e i genitori (saluti generalizzati o personalizzati, a chi rivolti, eventuali difficoltà dei bambini e dei genitori a lasciare il servizio, interventi particolari delle educatrici o altri operatori). L’uscita • Secondo voi, il momento dell’uscita si è svolto complessivamente in modo fluido, sereno e secondo un ritmo adeguato? Le educatrici hanno potuto accomiatarsi in maniera adeguata da ciascun bambino e da ciascun genitore? • Secondo voi, il ricongiungimento è avvenuto in modo sereno per ciascun bambino e genitore? Gli eventuali interventi delle educatrici sono stati adeguati ed efficaci? • Secondo voi, le comunicazioni tra educatrici e genitori sono state efficaci e sono avvenute secondo una modalità soddisfacente per entrambi? Valutare (ricordarsi di motivare i giudizi) • Secondo voi, complessivamente, il clima sociale è stato sereno? La qualità dell’ambiente è stata adeguata allo svolgersi di scambi sociali (presenza/assenza di confusione, rumore ecc.)? • Secondo voi, ciascun bambino ha potuto trascorrere delle ore serene all’interno del servizio? Ha dimostrato di essere a proprio agio in tutti i momenti della giornata? Ha avuto occasione di avere interazioni positive e significative con gli altri bambini? • Secondo voi, i bambini hanno fatto esperienza di aggregazioni sociali in cui erano facilitati nello stabilire interazioni positive e scambi comunicativi con gli altri bambini? Guida metodologica ERATO 55 • Secondo voi, gli eventuali conflitti o altri comportamenti o eventi problematici prodottisi sono stati contenuti e risolti (spontaneamente dai bambini o dall’intervento delle educatrici ecc.) al meglio? • Secondo voi, i bambini provenienti da famiglie straniere hanno incontrato difficoltà negli scambi sociali con gli altri bambini? • Secondo voi, gli interventi delle educatrici hanno favorito scambi sociali positivi tra bambini? • Secondo voi, gli interventi comunicativi delle educatrici sono stati appropriati al livello di comprensione del linguaggio dei bambini (compresi i bambini di famiglie provenienti da un’altra cultura)? • Secondo voi, ciascun bambino ha ricevuto risposte adeguate ed efficaci alle proprie richieste da parte delle educatrici? 3. Le attività svolte dai bambini Descrivere Contenuti e modalità di svolgimento delle attività da parte dei bambini (sia quelle direttamente proposte dalle educatrici sia quelle proposte dall’ambiente) nel corso della giornata, specificando: la loro durata, dove si sono svolte, come hanno coinvolto i bambini (tutti insieme, a piccoli gruppi, individualmente), per iniziativa di chi e come hanno preso avvio, come si sono concluse. Gli interventi delle educatrici durante lo svolgimento delle attività: il ruolo assunto e le modalità di partecipazione alle attività (hanno predisposto il contesto, hanno presieduto lo svolgimento dell’attività in una posizione centrale, in una posizione periferica, hanno accompagnato tutte le fasi di svolgimento ecc.) e i loro stili comunicativi (direttivo, valutativo, di ascolto ecc.). La partecipazione dei bambini: livello di interesse, di attenzione, di autonomia, tono emotivo. Le interazioni tra bambini durante le attività: condividevano o si contendevano giochi e materiali, si prestavano attenzione reciproca ecc. Valutare (ricordarsi di motivare i giudizi) • Secondo voi, le attività svolte sono state adeguate all’età e alle competenze dei bambini? Hanno suscitato interesse e partecipazione in tutti i bambini? Hanno favorito l’autonomia dei bambini e hanno rispettato il ritmo di ciascun bambino? Hanno dato luogo a interazioni positive tra bambini? • Secondo voi, gli spazi dove si sono svolte le attività e i tempi di svolgimento sono risultati adeguati? Le attività svolte sono state adeguatamente preparate? • Secondo voi, gli interventi delle educatrici hanno sostenuto l’esperienza dei bambini nell’attività? 4. I momenti di cura (merenda, cambio, pranzo, sonno) Descrivere per ciascun momento osservato Le modalità di svolgimento specificando: la durata e il ritmo, il luogo dove si è svolto, come ha coinvolto i bambini (tutti insieme, a piccoli gruppi, individualmente, attraverso inviti personalizzati o generalizzati ecc.), come ha preso avvio e si è concluso, eventuali rituali di gruppo o individuali. Il comportamento dei bambini: livello di partecipazione, interesse e autonomia, tono emotivo, comportamento sociale e comunicativo nei confronti delle educatrici e degli altri bambini. Lo stile comunicativo delle educatrici con i bambini (sollecitavano la partecipazione attiva, verbalizzavano le proprie azioni ecc.), le modalità dei loro interventi (direttive, improntate all’efficienza, all’ascolto, al rispetto dei bisogni e dei ritmi del bambino ecc.). Valutare (ricordarsi di motivare i giudizi) • Secondo voi, ciascun bambino si è sentito a proprio agio nello svolgimento dei momenti di cura? Ha potuto parteciparvi attivamente? Ha ricevuto un’attenzione personalizzata? 56 Guida metodologica ERATO • Secondo voi, gli scambi tra i bambini e tra i bambini e le educatrici sono stati sereni? • Secondo voi, i tempi e i ritmi di svolgimento sono risultati adeguati ai ritmi di ciascun bambino? • Secondo voi, gli spazi dove si sono svolti i momenti di cura sono risultati adeguati? • Secondo voi, le modalità di intervento e gli stili comunicativi delle educatrici sono risultati adeguati ai bisogni e ai ritmi di ciascun bambino? Hanno favorito la partecipazione attiva dei bambini? • Secondo voi, le modalità di intervento delle educatrici hanno rispettato le diversità culturali dei bambini? 5. L’uso dello spazio Descrivere Come i bambini si sono mossi nei diversi ambienti e se vi hanno avuto accesso autonomo, quali aree sono state maggiormente utilizzate e secondo quali modalità, quali aree sono state utilizzate con difficoltà o in modo non appropriato dai bambini, quali spazi hanno favorito aggregazioni dei bambini o momenti di intimità. La collocazione delle educatrici nello spazio (si sono dislocate nei diversi centri di interesse, hanno seguito gli spostamenti dei bambini ecc.). Gli interventi delle educatrici sull’uso dello spazio da parte dei bambini e il loro effetto. Valutare (ricordarsi di motivare i giudizi) • Secondo voi, tutti gli spazi e arredi sono risultati accessibili ai bambini? • Secondo voi, i bambini hanno mostrato di avere familiarità con l’ambiente e di saper muoversi autonomamente nello spazio? • Secondo voi, qualche elemento nell’organizzazione dell’ambiente è risultato inadeguato o ha creato difficoltà a qualche bambino? • Secondo voi, ciascun bambino ha avuto la possibilità di fruire dello spazio secondo i propri bisogni (bisogno di isolamento, bisogno di relazione personalizzata con l’educatrice, relazioni privilegiate tra bambini ecc.)? • Secondo voi, la collocazione, il modo di muoversi nello spazio delle educatrici e i loro interventi sono risultati adeguati a favorire interazioni positive, le attività dei bambini e un clima sociale sereno? 6. L’uso del tempo Descrivere Come si sono succeduti i diversi momenti della giornata, quale è stata la durata di ciascun momento e quale il ritmo che ha caratterizzato il suo svolgimento. Come sono avvenute le transizioni da un momento all’altro e gli eventuali rituali che hanno segnato l’avvio di un momento o scandito il passaggio da un momento all’altro. Valutare (ricordarsi di motivare i giudizi) • Secondo voi, durante la giornata vi è stata un’alternanza equilibrata tra i diversi momenti? • Secondo voi, l’organizzazione dei tempi ha consentito ai bambini di prevedere e padroneggiare la successione dei diversi momenti? • Secondo voi, l’organizzazione dei tempi ha rispettato i ritmi e le esigenze individuali di ciascun bambino? Ha permesso lo svolgersi di comunicazioni e interazioni positive tra i bambini e tra i bambini e le educatrici? Ha permesso ai bambini di fare esperienze significative di esplorazione e gioco? • Secondo voi, le educatrici hanno gestito le transizioni tra i diversi momenti della giornata in modo da consentire ai bambini di predisporsi adeguatamente al momento successivo? Brano tratto da un Rapporto osservativo Sezione dei Grandi (da 24 a 36 mesi) nel nido “B.” L’uso dello spazio Descrivere Tutti i bambini si sono mossi in tutti gli ambienti del servizio senza l’ausilio né l’invito delle educatrici; i bambini hanno cercato e preso autonomamente i vari giochi e il materiale che volevano utilizzare, rimettendoli in ordine una volta finito di utilizzarli. Anche gli spazi personali (armadietto per il cappottino e sacche per il cambio) sono stati utilizzati direttamente dai bambini. Durante la giornata oggetto dell’osservazione, lo spazio che è stato privilegiato dai bambini durante il gioco libero è stato l’angolo simbolico, mentre l’angolo che non è stato mai utilizzato è stato quello della lettura. Per quanto riguarda l’uso dello spazio da parte degli adulti, i genitori che si sono trattenuti qualche minuto nel servizio, si sono seduti sia nella stanza dell’entrata sia nella stanza delle attività (senza interferire con i giochi dei bambini). Le educatrici hanno lasciato che i bambini si distribuissero spontaneamente nell’ambiente rimanendo quasi sempre sedute ciascuna in un centro di interesse; quando hanno proposto un’attività ai bambini si sono, invece, spostate al centro della stanza. Valutare Tutti gli spazi sono risultati adeguati e accessibili per tutti i bambini in quanto gli arredi e i materiali sono stati utilizzati da ciascun bambino autonomamente e secondo il proprio desiderio e senza che fosse necessario l’intervento delle educatrici. Questo è stato evidente fin dal momento dell’ingresso in cui i bambini hanno mostrato di riconoscere ciascuno il proprio armadietto, così come anche nel momento del cambio. La presenza di arredi per adulti all’ingresso e nella sezione ha senz’altro favorito una permanenza più confortevole dei genitori nel servizio. La distribuzione delle educatrici nello spazio, dislocate nei vari centri di interesse, ha aiutato i bambini a organizzare la propria attività e a suddividersi in piccoli gruppi. Il Rapporto di processo Il Diario e il Rapporto osservativo apportano informazioni complementari, mettendo in evidenza differenti aspetti dell’esperienza dei bambini e degli adulti nel servizio educativo. Vogliamo sottolineare in particolare due aspetti: • i due documenti, benché risultanti da attività simili di osservazione e di scrittura, esprimono due punti di vista diversi. Questa differenza di sguardo è dovuta al diverso coinvolgimento delle operatrici nella situazione e quindi nella sua descrizione e valutazione; • le due unità temporali considerate nei due documenti, la settimana e la giornata, sono significative di per sé poiché corrispondono a unità ben definite dell’esperienza di vita dei bambini nel ser- vizio educativo. Tuttavia, la narrazione della settimana presentata nel Diario fa emergere più chiaramente lo svolgimento dell’esperienza dei bambini nel tempo, laddove l’analisi di una giornata documentata nel Rapporto osservativo permette di cogliere più facilmente i dettagli che possono aiutare alla comprensione delle dinamiche in atto nel contesto. Il processo dell’esperienza dei bambini acquisisce appieno il suo significato nello svolgimento temporale di una durata ben superiore a quella di una giornata o di una settimana. In questo processo, lo sviluppo delle competenze dei bambini interagisce con l’evoluzione del contesto nelle sue dimensioni cognitive, sociali e relazionali. È dunque necessario cogliere questa interazione negli aspetti contemporaneamente di continuità ma anche di cambiamento. Per fare questo, proponiamo la redazione di un documento supplementare che considera un periodo di tempo più lungo: il Rapporto di processo. Questo documento si basa sull’analisi integrata di tutta la documentazione raccolta nel periodo considerato. La lettura dei Diari, che raccontano l’esperienza dei bambini via via che si svolge nel tempo, permette di collocare nel processo di continuità e di cambiamento di questa esperienza la giornata analizzata nel dettaglio nel Rapporto osservativo. Il Rapporto di processo mira a ricostruire la narrazione dello svolgimento dell’esperienza dei bambini in un periodo di più mesi. La durata del periodo è determinata dal suo corrispondere a un’unità temporale significativa per l’esperienza dei bambini nel servizio educativo, come ad esempio dall’inizio dell’anno educativo fino alle vacanze natalizie. Per redigere il Rapporto di processo le operatrici procedono all’analisi dei documenti redatti in questo periodo: • facendo emergere gli aspetti di cambiamento e Guida metodologica ERATO 57 di continuità dell’esperienza quotidiana descritta nei Diari; • integrando l’interpretazione delle descrizioni proposte nei Diari con la narrazione più dettagliata di una delle giornate offerta dal Rapporto osservativo; • verificando le valutazioni date nel Rapporto osservativo in relazione alle dinamiche del processo che emerge dall’analisi dei Diari. Il Rapporto di processo è il risultato di due procedure successive che marcano la distinzione tra il momento della descrizione e quello della valutazione. 1. La prima procedura consiste nell’analizzare e descrivere per scritto il processo dell’esperienza dei bambini, mettendo in evidenza gli aspetti di continuità o di cambiamento, le loro motivazioni e i loro risultati nel tempo. Questo testo scritto è organizzato per aree tematiche, le stesse proposte per i documenti precedenti. Viene prodotto sulla base di una lettura integrata dei Diari redatti nel periodo considerato e del Rapporto osservativo, inserendo la globalità della descrizione della giornata ripresa nel Rapporto osservativo in tutta la sua complessità nel continuum delle giornate documentate nei Diari. Poiché questa procedura esamina un processo che si svolge durante un periodo molto esteso (diversi mesi) e quindi implica una presa di distanza considerevole per identificare i cambiamenti nel tempo e coglierne le dinamiche, è importante che gli attori coinvolti nella redazione dei due documenti precedenti partecipino alla realizzazione del Rapporto di processo. 2. La seconda procedura porta a valutare, sulla base della descrizione realizzata, il processo dell’esperienza dei bambini in relazione agli obiettivi perseguiti. Questa valutazione è realizzata nel corso di un’apposita riunione delle operatrici del servizio. Questa riunione è organizzata dalla responsabile o dall’équi- pe del servizio secondo le modalità abitualmente adottate in ciascun contesto. Durante questo incontro, coloro che hanno redatto la relazione sull’analisi integrata la presentano agli altri membri del gruppo. A partire da questa presentazione, è richiesto a ciascuno di esprimersi sulla narrazione realizzata e sulla congruenza tra ciò che è appena stato narrato e gli obiettivi educativi perseguiti. Le operatrici di una sezione o di un servizio discutono dei diversi temi affrontati nel Rapporto e argomentano i loro giudizi. In seguito a questi giudizi, elaborano progetti di innovazione delle pratiche per raggiungere meglio gli obiettivi educativi. È essenziale che tutte le operatrici coinvolte partecipino alla riunione di valutazione e che ognuno possa intervenire, discutere, rimettersi in gioco. La discussione deve attivare i loro saperi professionali, le loro conoscenze della vita nel servizio nel periodo considerato e deve mirare all’identificazione di piste di innovazione delle pratiche. Alla fine della riunione una delle partecipanti si incarica di redigere per scritto una sintesi della discussione realizzata nel corso della riunione. Questa sintesi completerà il Rapporto di processo. Scheda n. 3 – Il Rapporto di processo Indicazioni per la redazione Il Rapporto di processo si compone di due parti che devono essere redatte in momenti diversi e sulla base di due procedure distinte. La Parte I consiste nell’analisi integrata del Rapporto osservativo e dei diari delle educatrici redatti in un certo periodo e nella relazione scritta che presenta questa analisi. Per questa analisi è necessario leggere attentamente i diari delle educatrici organizzando quanto in essi riportato secondo le aree tematiche considerate, rilevando gli aspetti di continuità o i cambiamenti nel tempo, le loro motivazioni e risultati e collocando nel processo quanto rilevato nella giornata del Rapporto osservativo (che si colloca circa alla fine del periodo considerato dai diari delle educatrici). Questa analisi viene riportata in una relazione scritta seguendo la traccia per la redazione della parte descrittiva del Rapporto di processo. Questo documento è prodotto dalle stesse operatrici che hanno realizzato i documenti precedenti. La Parte II è centrata sulla valutazione di quanto è stato descritto nella relazione sull’analisi integrata dei diari e del Rapporto osservativo. Questa relazione viene presentata, da chi l’ha redatta, alle altre operatrici nel corso di una riunione per animare una discussione sulla valutazione della congruenza tra ciò che stato descritto e gli obiettivi perseguiti dal servizio. Di seguito, si riporta la traccia per la valutazione partecipata tra operatrici, che propone le principali domande valutative utili ad animare la discussione attorno ai temi considerati. Bisogna tener conto che l’analisi potrebbe far emergere delle differenze tra le scelte fatte dalle educatrici nella loro pratica e le valutazioni realizzate nel Rapporto osservativo. In questi casi è importante presentare tali differenze nella discussione tra operatrici per giungere a una valutazione condivisa. Sulla base di quanto emergerà nel corso della discussione si elaborano e si pianificano gli interventi innovativi per migliorare le pratiche educative. I risultati di questi interventi saranno valutati nelle analisi che saranno condotte nei periodi successivi. Infine, la coordinatrice della discussione, o una delle partecipanti, redigerà un breve resoconto dei principali risultati della riunione di valutazione partecipata. 58 Guida metodologica ERATO Traccia per la redazione della parte descrittiva del Rapporto di processo (Parte I) Indicare la data della redazione del Rapporto osservativo, il numero dei diari esaminati e il periodo cui si riferiscono. L’andamento generale Rilevare gli eventuali cambiamenti nel numero dei bambini, nella continuità della presenza delle educatrici. Rilevare gli eventuali cambiamenti in aspetti generali dell’organizzazione del servizio. Le transizioni tra servizio e famiglia Il modo in cui si è svolto abitualmente il momento dell’ingresso dei bambini nel servizio (modalità e ritmi di ingresso dei bambini, modalità di separazione dall’adulto accompagnatore, modalità dell’accoglienza da parte delle educatrici, scambi comunicativi tra educatrici e genitori); come e perché si è, eventualmente, modificato nel tempo. Il modo in cui si è svolto il momento del commiato dei bambini dal servizio (modalità e ritmi di ingresso dei bambini, modalità di separazione dall’adulto accompagnatore, modalità dell’accoglienza da parte delle educatrici, scambi comunicativi tra educatrici e genitori); come e perché si è, eventualmente, modificato nel tempo. Gli scambi comunicativi tra educatrici e genitori al momento dell’ingresso e dell’uscita; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. Le dinamiche sociali Il clima sociale che si è instaurato complessivamente nel servizio; come e perché si è, eventualmente, modificato nel tempo. Le modalità prevalenti di organizzazione dei gruppi di bambini e gli interventi delle educatrici per favorire le aggregazioni; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. La frequenza e lo stile degli scambi comunicativi e delle interazioni tra i bambini e con le educatrici; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. La frequenza e lo stile degli scambi comunicativi e delle interazioni tra le educatrici e i bambini provenienti da famiglie straniere; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. La frequenza dei conflitti tra bambini, le principali strategie attuate dalle educatrici per contenerli; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. Le attività dei bambini I contenuti, la natura e la qualità delle attività offerte ai bambini dall’organizzazione degli spazi, arredi e materiali e di quelle proposte dalle educatrici: la partecipazione e l’interesse dei bambini, le attività preferite dai bambini, le attività principalmente svolte dai bambini individualmente e quelle tra loro condivise più spesso, gli scambi comunicativi tra bambini e tra adulti e bambini durante le attività; gli eventuali cambiamenti nell’offerta delle attività ai bambini, i loro motivi e risultati. I momenti di cura La partecipazione, l’autonomia e il tono emotivo dei bambini, gli scambi comunicativi tra bambini e adulti durante i momenti di cura; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. Le modalità dell’organizzazione dei momenti di cura; come e perché si sono, eventualmente, modificate nel tempo. L’uso dello spazio Le modalità con cui i bambini hanno prevalentemente utilizzato lo spazio nelle sue diverse articolazioni; come e perché si sono, eventualmente, modificate nel tempo. Gli eventuali cambiamenti nella disposizione dello spazio apportati dalle educatrici, i loro motivi e risultati. L’uso del tempo L’organizzazione delle giornate, la successione, la durata e il ritmo dei diversi momenti (accoglienza, attività, momenti di cura, commiato) e lo svolgimento delle transizioni tra i diversi momenti della giornata; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. Lo svolgimento e le finalità dei rituali proposti; come e perché si sono, eventualmente, modificati nel tempo. Traccia per la valutazione partecipata tra operatrici (Parte II) Le transizioni tra servizio e famiglia Le modalità dell’ingresso e dell’uscita dei bambini (la separazione e il ricongiungimento con il genitore, le comunicazioni tra educatrici e genitori) e i loro eventuali cambiamenti nel corso del tempo, sono stati adeguati a far sì che ciascuno (bambino e genitore) si sentisse ben ambientato? Questioni aperte e piste per il miglioramento. Le dinamiche sociali Il clima sociale nel servizio è stato sempre sereno e gradevole per tutti? Ci sono state difficoltà per ottenere un clima sereno? È stato possibile affrontare adeguatamente tutti gli eventuali momenti di tensione? Possiamo valutare positivamente il modo in cui ciascun bambino è stato nel servizio? Possiamo valutare positivamente le relazioni che si sono stabilite tra i bambini e con le educatrici? Possiamo dire che si è formato un vero e proprio gruppo tra i bambini o delle amicizie? Qualcuno ne è rimasto escluso? Questioni aperte e piste per il miglioramento. Le attività dei bambini Possiamo dire che i bambini hanno svolto attività (sia spontaneamente che dietro proposta delle educatrici) che li hanno coinvolti e interessati con continuità, a lungo e anche in diverse giornate? Intorno alle attività si sono creati spesso momenti di scambio e comunicazione tra i bambini? Gli eventuali cambiamenti nelle attività hanno avuto un effetto positivo sull’interesse, la partecipazione e l’acquisizione dell’autonomia da parte dei bambini? Questioni aperte e piste per il miglioramento. I momenti di cura Durante i momenti di cura è stato sempre possibile favorire l’autonomia dei bambini, rispettarne i ritmi e le esigenze individuali? Questioni aperte e piste per il miglioramento. L’uso dello spazio Possiamo dire che nel tempo tutti i bambini hanno dimostrato di padroneggiare lo spazio dei diversi ambienti del servizio e imparato a conoscere e utilizzare gli arredi e i materiali? L’organizzazione degli ambienti ha sempre facilitato le interazioni tra i bambini e lo svolgimento delle attività di gioco e dei momenti di cura? Questioni aperte e piste per il miglioramento. L’uso del tempo Possiamo dire che i diversi momenti della giornata (accoglienza, attività, momenti di cura ed eventuali rituali) si sono sempre alternati in modo armonico? La successione, durata e ritmo dei diversi momenti è sempre stata adeguata ai bisogni dei bambini? Questioni aperte e piste per il miglioramento. Guida metodologica ERATO 59 Il percorso di documentazione e analisi della qualità dell’esperienza quotidiana dei bambini Diario delle educatrici settimana 1 Diario delle educatrici settimana 2 Diario delle educatrici settimana 3 Diario delle educatrici settimana 4 Diario delle educatrici settimana 5 Diario delle educatrici settimana 6 (16-20/11) Rapporto di processo alla fine del quadrimestre settembre-dicembre 1. Analisi integrata dei Diari e del Rapporto osservativo 2. Riunione di valutazione partecipata con le educatrici e pianificazione delle piste di miglioramento 60 Guida metodologica ERATO Rapporto osservativo giornata 18/11 Realizzare procedure di documentazione per analizzare l’esperienza dei bambini È possibile che le operatrici incontrino diverse difficoltà: può succedere durante l’osservazione, al momento di condividere l’attività di scrittura, oppure nei momenti di riflessione, confronto e discussione. Queste difficoltà possono essere legate alle loro attitudini o ai ruoli che ogni attore è tenuto a rivestire. Durante i momenti di osservazione, per esempio, è inevitabile che l’attenzione sia centrata anche sui comportamenti delle operatrici che partecipano alla situazione osservata. Queste, soprattutto le prime volte, possono provare disagio per il fatto di essere osservate e di sentirsi giudicate; è possibile che mostrino comportamenti e pratiche inconsuete, dettate sia dall’imbarazzo sia dal desiderio di mostrarsi al meglio. L’abitudine a osservare e a essere osservati, la comprensione del fine dell’osservazione e la sua realizzazione in un clima di rispetto reciproco permettono di superare queste difficoltà piuttosto facilmente. Al momento della scrittura, è possibile che le operatrici incontrino difficoltà legate alla rielaborazione delle osservazioni e alla loro riorganizzazione secondo le aree tematiche mentre sembrerebbe più naturale riportare i fatti osservati secondo un ordine cronologico. Anche in questo caso l’esercizio ripetuto, così come l’evidenza dell’efficacia della documentazione prodotta, farà sì che la scrittura diventi un’attività non solo più fluida ma anche più piacevole. Analizzare, valutare, innovare: tre momenti distinti È molto importante che tutti gli attori coinvolti nel sistema di analisi della qualità comprendano e rispettino la distinzione tra il momento della descrizione e quello della valutazione, in tutte le fasi dell’attività di analisi della qualità. Le operatrici meno esperte incontrano spesso qualche difficoltà nel mantenere la distinzione tra le descrizioni e le valutazioni. Si ritrovano talvolta, nella loro documentazione, tracce di espressioni valutative più o meno articolate nelle parti che dovrebbero essere soltanto descrittive. Mantenere questa distinzione è il risultato di una grande attenzione e di un buon esercizio, ma comporta soprattutto che le operatrici abbiano preso coscienza veramente dell’importanza di questa distinzione. Nei documenti proposti (ad eccezione del Diario delle educatrici) viene sempre richiesto, dopo aver fornito una descrizione delle osservazioni, di valutarle argomentando i giudizi espressi e attivando collegamenti con i fatti riportati nelle descrizioni, dunque, mantenendo la coerenza tra i momenti di descrizione e di valutazione. Argomentando il proprio giudizio, si arriva a superare i limiti dell’interpretazione soggettiva. Attenendosi ai fatti descritti, si assicura una base di riferimento concreto al giudizio. Questa maniera di procedere necessita anch’essa di essere svolta dalle operatrici, poiché riguarda un punto essenziale del sistema. Adattare il percorso di analisi al contesto Affinché le procedure di analisi della qualità possano essere realizzate e rivelarsi efficaci, è necessario adattare il percorso al contesto nel quale si effettuerà l’analisi e alle risorse disponibili. In termini più generali, si può dire che tutti i percorsi che si propongono per l’analisi della qualità devono essere adattati, e successivamente proporzionati, al contesto nel quale li si utilizza e alle finalità del percorso intrapreso. Precisare gli obiettivi del percorso di analisi della qualità è la prima tappa necessaria per identificare le piste più adeguate ed efficaci per la sua realizzazione. L’analisi della qualità dell’esperienza dei bambini può aver luogo, per esempio, nel quadro di procedure di accreditamento e convenzionamento dei servizi per l’infanzia da parte della pubblica am- ministrazione. Ma può anche far parte di un percorso di riflessione sulle pratiche educative, oppure essere utilizzata come procedura di monitoraggio di una sperimentazione di nuovi servizi. Bisogna tener conto dell’organizzazione del contesto nel quale si svolge il percorso e definire gli attori che vi partecipano, specificandone i ruoli e i compiti, la calendarizzazione e la successione delle diverse attività. Infine, è necessario identificare i saperi professionali condivisi nel contesto in merito agli obiettivi educativi e far riferimento al progetto educativo del servizio, che questo progetto sia chiaramente esplicitato oppure no. Sottolineiamo anche un altro aspetto: le attività previste nel sistema di analisi della qualità devono essere compatibili con le attività che rientrano nell’impegno abituale di ogni operatrice coinvolta nel sistema. Le procedure proposte non devono rappresentare un aumento del carico di lavoro per coloro che vi partecipano, ma devono rappresentare un modo di rendere sistematica e organizzata la riflessione necessaria per realizzare meglio le attività professionali previste per ciascun ruolo all’interno di un servizio educativo per la prima infanzia. In questa prospettiva, l’attività di documentazione e di valutazione della qualità diventa un supporto utile al lavoro quotidiano di ogni operatrice in termini di capacità di realizzare le pratiche e in termini di capacità riflessiva. Questo comporta, del resto, che si tenga conto delle risorse realmente disponibili affinché il sistema di analisi possa essere realizzato: l’eventuale coinvolgimento della responsabile del servizio educativo, le ore di lavoro a disposizione delle operatrici per le attività di documentazione e per le riunioni, i loro saperi professionali e le loro capacità nella scrittura professionale. Un sistema di analisi partecipata per attivare piste di innovazione Insistiamo sul fatto che tutto il sistema di analisi della qualità dell’esperienza dei bambini in un contesto educativo si inscrive in un processo continuo di confronto tra i diversi attori che partecipano alla vita del servizio educativo. Esso si basa su attività condivise da più attori, realizzate periodicamente e sistematicamente sulla base di procedure specifiche. Il tutto con l’obiettivo di approfondire la riflessione sull’esperienza offerta ai bambini in un servizio educativo per individuare in maniera partecipata piste di innovazione delle pratiche educative. Le immagini a corredo dell’articolo sono state gentilmente concesse dal nido “LagoMago” del Comune di Pistoia. Guida metodologica ERATO 61 Bibliografia ACEEP (1998), Ouvertures: Guide de la pratique professionnelle en structures interculturelles petite enfance ouvertes à la diversité sociale, économique et culturelle, ACEEP, Paris. ACEEP (1999), Alchimie : Recueil de repères pour l’implication des parents et l’ouverture à tous : comment les concilier dans un travail quotidien, par vingt professionnels expérimentés, ACEEP, Paris. Anagnostopoulos L., Christopoulou I., Tavridou P., Baron D., Kisser O. (2002), “To programma Essopos: Mia erevnitiki prossegissi sti diapolitismiki agogi” (Il progetto Essopos: un approccio sperimentale dell’educazione interculturale), in G. 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