L’Amore Progetto della classe I^B Liceo Classico di San Vito di Cadore L’amore è uno dei sentimenti più forti che l’uomo possa provare. E’ una sensazione travolgente, intensa, emozionante, rivolta ad una persona, un animale, un oggetto, un ideale. In realtà l’amore non ha una definizione, non può averla: l’amore è semplicemente quell’ emozione che può “uccidere” un uomo, o renderlo il più felice del mondo. In italiano la parola “amore” racchiude molti significati: • amore familiare • amore per gli amici • amore per se stessi • amore romantico • amore sessuale • amore platonico • amore caritatevole • amore per un ideale • amore politico o sociale • amore e fede La prima civiltà che ha cercato di dare un significato a questo termine è stata quella greca. I greci utilizzarono più parole per definire i vari sensi con cui attualmente si parla di amore. • fili/a (= amicizia), indica l’amore tra amici o l’interesse verso qualcosa • e)/rwj (= amore), definisce l’amore sessuale • a)ga/ph (= affetto), è l’amore incondizionato, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi; è la parola usata nei Vangeli • storgh/ (= amore, affetto) , è l’amore familiare Anche nel greco antico non è comunque possibile tenere i vari sensi ben separati e così, talvolta, troviamo a)ga/ph con lo stesso significato di e)/rwj, e il verbo a)gapa/w (= preferire) con lo stesso significato di file/w (= volere bene). Un aspetto molto interessante dell’amore è la sua divinizzazione e quindi raffigurazione nelle varie culture. Nella mitologia romana vi sono Cupido e Venere, in quella greca Afrodite e Eros. Nelle mitologie norrena, indù e azteca vi sono rispettivamente Freyja, Kama e Xochipilli. Allora: cominciamo!!! … … … … … … … … … … amore amore amore amore amore amore amore amore amore amore familiare per gli amici per sé stessi romantico sessuale platonico caritatevole per un ideale politico o sociale e fede [...] Io vidi già nel cominciar del giorno la parte orïental tutta rosata, e l'altro ciel di bel sereno addorno; 24 e la faccia del sol nascere ombrata, sì che per temperanza di vapori l'occhio la sostenea lunga fïata: 27 così dentro una nuvola di fiori che da le mani angeliche saliva e ricadeva in giù dentro e di fori, 30 sovra candido vel cinta d'uliva donna m'apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva. 33 E lo spirito mio, che già cotanto tempo era stato ch'a la sua presenza non era di stupor, tremando, affranto, 36 sanza de li occhi aver più conoscenza, per occulta virtù che da lei mosse, d'antico amor sentì la gran potenza. 39 L'apparizione di Dante e Beatrice di Waterhouse, è un quadro dai bellissimi colori e dalle mistiche atmosfere suggerite dalle pennellate del pittore. Probabilmente questa scena è ripresa da un canto della Divina Commedia nel quale vi è l'apparizione di Beatrice a Dante. I particolari dei volti non sono nitidi e ben studiati perchè l'osservatore non si deve concentrare sulle loro espressioni o sui loro tratti, ma deve saper guardare oltre, deve saper cogliere i sentimenti provati dai quattro personaggi. In primo piano vediamo Dante, inginocchiato sulle sponde del fiume, che rivolge le sue preghiere alla bella Beatrice. Questa tiene in braccio un mazzo di fiori appena colti e ascolta le lodi del poeta,che è seguito da altri due spiriti. Tosto che ne la vista mi percosse l'alta virtù che già m'avea trafitto prima ch'io fuor di püerizia fosse, 42 volsimi a la sinistra col respitto col quale il fantolin corre a la mamma quando ha paura o quando elli è afflitto, 45 per dicere a Virgilio: 'Men che dramma di sangue m'è rimaso che non tremi: conosco i segni de l'antica fiamma'. 48 Canto XXX del Purgatorio Dante Alighieri Questo bellissimo quadro impressionista di Jean Beraud rappresenta una scena di vita parigina: una donna in primo piano sembra sperare nell'arrivo dell'uomo immobile sullo sfondo. Le due figure scure sono in contrasto con gli edifici e il cielo sullo sfondo, dipinti con tonalità pastello calde. Questi colori suggeriscono un'atmosfera irreale, riportata alla realtà dalle figure in nero. La trepidazione e la speranza che la donna mostra colpiscono l'osservatore che prova le stesse emozioni e si sofferma davanti al quadro per aspettare con lei. "Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe. "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..." Il piccolo principe ritorno' l'indomani. "Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'. Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scopriro' il prezzo della felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti". Da “Il piccolo principe” Antoine de Saint-Exupéry Lo spazio del quadro è occupato da una donna, colma di rabbia per esser stata abbandonata dal suo amante, ma ancora lì, ferma, che aspetta un suo ritorno, un suo ripensamento. Lo sfondo de "L'Attesa" è caratterizzato da motivi geometrici continui che creano un senso di movimento fondamentale per l'opera in quanto senza sarebbe statica. Un altro elemento importante del quadro è l'utilizzo dell'oro che serve a separare la donna dalla realtà e a portarla in una nuova dimensione, quella dell'arte e della poesia. Sarà un cielo chiaro. S’apriranno le strade sul colle di pini e di pietra. Il tumulto delle strade non muterà quell’aria ferma. I fiori spruzzati di colori alle fontane occhieggeranno come donne divertite. Le scale le terrazze le rondini canteranno nel sole. S’aprirà quella strada, le pietre canteranno, il cuore batterà sussultando come l’acqua nelle fontane – sarà questa la voce che salirà le tue scale. Le finestre sapranno l’odore della pietra e dell’aria mattutina. S’aprirà una porta. Il tumulto delle strade sarà il tumulto del cuore nella luce smarrita. Sarai tu – ferma e chiara. Passerò per Piazza di Spagna Cesare Pavese [...] Arcano è tutto, Fuor che il nostro dolor. Negletta prole Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo De' celesti si posa. Oh cure, oh speme De' più verd'anni! Alle sembianze il Padre, Alle amene sembianze eterno regno Diè nelle genti; e per virili imprese, Per dotta lira o canto, Virtù non luce in disadorno ammanto. La leggenda dell'infelice amore della poetessa Saffo per il bellissimo Faone fornisce a David l'idea per questo quadro. La tragedia che metterà fine alle vicende di Saffo e Faone – la poetessa, vedendo il suo sentimento non corrisposto dal giovane, si getterà in mare dall'alto della rupe di Leucade, nel Mare Ionio – non appare nel quadro di David, che interpreta molto liberamente la leggenda, trasformando perfino il pescatore Faone in un cacciatore armato di arco, frecce e lancia. Sembra quasi che il pittore abbia voluto rappresentare un sogno di Saffo, dando così forma alla sua immaginazione eccitata dalla passione. In una ricca stanza, chiusa sul fondo da una tenda turchina e disseminata di oggetti ispirati all'antichità classica, la donna è seduta, con un'espressione trasognata sul volto, su una seggiola dalle gambe a sciabola come quelle raffigurate sulle pitture vascolari greche. Amore intanto, inginocchiato davanti a Saffo, le toglie delicatamente di mano la lira e, mentre un rotolo di poesie le scivola dal grembo, la giovane fa come un gesto per abbandonarsi tra le braccia di Faone, in piedi dietro di lei. Altri particolari del dipinto alludono alla passione amorosa, come i due colombi che tubano sul davanzale della finestra attraverso la quale si scorge un ampio paesaggio sereno. Morremo. Il velo indegno a terra sparto Rifuggirà l'ignudo animo a Dite, E il crudo fallo emenderà del cieco Dispensator de' casi. E tu cui lungo Amore indarno, e lunga fede, e vano D'implacato desio furor mi strinse, Vivi felice, se felice in terra Visse nato mortal. Me non asperse Del soave licor del doglio avaro Giove, poi che perir gl'inganni e il sogno Della mia fanciullezza. Ogni più lieto Giorno di nostra età primo s'invola. Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra Della gelida morte. Ecco di tante Sperate palme e dilettosi errori, Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno Han la tenaria Diva, E l'atra notte, e la silente riva. Da “L’ultimo canto di Saffo” Giacomo Leopardi Anticamente, infatti, la nostra natura non era la stessa di ora, ma differente. Anzitutto, invero, i generi dell’umanità erano tre, e non due – come adesso –, il maschio e la femmina; piuttosto, c’era inoltre un terzo genere, partecipe di entrambi i suddetti, di cui ora rimane il nome, ma esso, come tale, è scomparso. […] In questa pittura vascolare vengono rappresentati due uomini, Zefiro e Giacinto, nell’atto dell’amarsi. E’ una rappresentazione attica del 480 a.C. circa, a figure rosse su sfondo nero. Si trova nel Boston Museum of Fine Arts. E i generi erano tre, e di tale natura, per la seguente ragione: il maschio era in origine progenie del sole, la femmina della terra, e il genere partecipe di entrambi era progenie della luna, poiché anche la luna partecipa del sole e della terra; essi stessi, dunque, erano sferici, e circolare il loro procedere, per la somiglianza con i loro genitori. Da “Il discorso di Aristofane” Simposio Platone Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell'onde del greco mar da cui vergine nacque La tela, eseguita nel 1830, pervenne al Museo del Louvre solo nel 1874, dopo un percorso alquanto travagliato che l’aveva tenuta lontana dal pubblico a causa del suo contenuto rivoluzionario. L’opera raffigura una scena dell’insurrezione che, nel luglio del 1830, pose fine al “Terrore Bianco” instaurato dall’ultimo dei Borboni, Carlo X, e alla Restaurazione. Essa è considerata dalla critica come la prima composizione politica nella storia della pittura moderna. Fu eseguita nello stesso anno in cui avvennero i fatti cui fa riferimento. L’opera non può non essere considerata un vero e proprio quadro storico, in quanto la scena non riporta un fatto preciso, realmente avvenuto, ma si può ritenere semmai un dipinto realistico per la rappresentazione dei personaggi veristicamente ritratti con quelle caratteristiche proprie del ceto sociale di appartenenza. Su queste figure, tese nelle sforzo rivoluzionario, spicca quella della Libertà, che è però resa in modo più allegorico che reale. Da notare che Delacroix ha raffigurato se stesso nella veste del giovane studente con il fucile in mano. L’artista sembra così partecipare, almeno sperimentalmente, ai moti del 1830, testimoniando il suo impegno personale e la sua adesione al dramma della rivoluzione. La libertà che guida il popolo è la personificazione di tutte le rivoluzioni. Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l'inclito verso di colui che l'acque cantò fatali, ed il diverso esilio per cui bello di fama e di sventura baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura. A Zacinto Ugo Foscolo I mangiatori di patate è un dipinto ad olio su tela, realizzato nell'aprile dell'1885 da Vincent Van Gogh e conservato al Museo Van Gogh di Amsterdam. Si tratta del dipinto più importante del periodo olandese di Van Gogh, prima del suo trasferimento a Parigi. Lavorò su questa tela dal 13 aprile fino all'inizio di maggio, periodo in cui il pittore aveva quasi ultimato l'opera eccetto per alcuni cambiamenti apportati più tardi ma sempre nello stesso anno con un piccolo pennello. Singolare è la rappresentazione del volto e delle mani dipinti in modo caricaturale: con questo il pittore vuole esagerare e intensificare la realtà (la caricatura e la deformazione sono, infatti, un'esagerazione della realtà stessa, al fine di renderla più intensa). Il colore, che richiama le tecniche fiamminghe, è monocromatico; ciò fa sì che l'occhio non sia appagato ma percepisca la realtà attraverso l'interiorità di Van Gogh. Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza […] Le burrasche che avevano disperso di qua e di là gli altri Malavoglia, erano passate senza far gran danno sulla casa del nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e padron 'Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire, mostrando il pugno chiuso - un pugno che sembrava fatto di legno di noce - Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro. Diceva pure, - Gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo. E la famigliuola di padron 'Ntoni era realmente diposta come le dita della mano. Prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant'ore; poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso quanto il San Cristoforo che c'era dipinto sotto l'arco della pescheria della città; e così grande e grosso com'era filava diritto alla manovra comandata, e non si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avresse detto «sòffiati il naso» tanto che s'era tolta in moglie la Longa quando gli avevano detto «pìgliatela». Poi veniva la Longa, una piccina che badava a tessere, salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia; infine i nipoti, in ordine di anzianità: 'Ntoni, il maggiore, un bighellone di vent'anni, che si buscava tutt'ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche pedata più giù per rimettere l'equilibrio, quando lo scappellotto era stato troppo forte; Luca, «che aveva più giudizio del grande» ripeteva il nonno; Mena (Filomena) soprannominata «Sant'Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio»; Alessi (Alessio) un moccioso tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancora né carne né pesce. - Alla domenica, quando entravano in chiesa, l'uno dietro l'altro, pareva una processione. Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti e proverbi che aveva sentito dagli antichi, «perché il motto degli antichi mai mentì»: - «Senza pilota barca non cammina» - «Per far da papa bisogna saper far da sagrestano» - oppure - «Fa' il mestiere che sai, che se non arricchisci camperai» - «Contentati di quel che t'ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante» ed altre sentenze giudiziose. Da “I Malavoglia” Giovanni Verga In quest'opera Bernini trasforma, in senso non metaforico ma letterale, lo spazio della cappella in teatro. L'elegante edicola barocca, realizzata con marmi policromi, in cui l’opera è inserita, funge da boccascena del teatro: essa mostra la figura della santa posata su una vaporosa nuvola che la trasporta verso il cielo. Ai due lati del palcoscenico-altare, di "palchetti" sui quali sono raffigurati i vari personaggi della famiglia Cornaro. L'evento privatissimo dell'estasi della santa diviene evento pubblico, al quale gli spettatori paiono assistere con staccato disincanto; li vediamo intenti a scambiarsi i loro commenti. La raffigurazione delle estasi mistiche dei santi e delle loro visioni del divino, rappresenta uno dei temi più cari all'arte barocca: i santi "con gli occhi al cielo" aiutano – seguendo le raccomandazioni dei Gesuiti sulle funzioni pedagogiche dell’arte sacra – a sentire emozionalmente, con il sangue e con la carne, cosa significhi l’afflato mistico che porta alla comunicazione con Cristo e che è prerogativa della devozione più profonda. Egli dimostra qui tutta la sua maestria di scultore, capace di lavorare il marmo come fosse cera, con estrema attenzione ai particolari. La veste ampia e vaporosa della santa, lasciata cadere in modo disordinato sul corpo, è un capolavoro di virtuosismo tecnico, per effetto del quale il marmo perde ogni rigidezza e la scultura sembra voler contendere alla pittura il primato nella rappresentazione del movimento Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l'angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio. Santa Teresa d'Avila, Autobiografia, XXIX, 13 Questa opera è un olio su tela attribuita al Caravaggio. Il soggetto del dipinto è Narciso, ritratto mentre si specchia nell’acqua per ammirare la sua bellezza. Lo sfondo dell’opera non è ben definito, in contrasto con i colori chiari del personaggio mitologico. Per le città dell'Aonia Tirsia, profeta famoso, dava veraci responsi alla gente che glieli chiedeva. Prima la bruna Liriope s'ebbe la prova sicura della veridica voce. L'avvolse il Cefiso nell'onde sue tortuose, l'immerse nell'acqua e le fe' violenza. Quanto mai bella la ninfa produsse l'utero pieno un bambinel che poteva anche allora ben essere amato, cui nome diè di Narciso. Richiesto il profeta Tiresia se quel fanciullo poteva vedere la tarda vecchiezza così rispose: "Se non mirerà mai se stesso!" L'augurio vano sembrò lungamente; ma i fatti, la morte inusitata e l'insolito amore provarono il vero. A mala pena passati i tre lustri pareva a vederlo e giovinetto e fanciullo: lo desiderarono molti giovani e molte fanciulle[...] Ovidio, Metamorfosi, libro III, vv. 339493 La celebre statua crisoelefantina raffigurante Atena Parthenos fu scolpita da Fidia nel 438 a.C., al culmine della sua fama, e collocata nel Partenone. Era alta 12 metri; di essa ci rimangono solo delle copie in scala molto ridotta e qualche raffigurazione su gemma. Si tramanda che la statua fosse di dimensioni talmente colossali che per la sua costruzione occorsero 1000 chili d'oro. Dalle piccole copie in nostro possesso possiamo ammirare la struttura della statua: sul braccio destro della dea, sostenuto da una colonnetta, si trovava la Nike, che simboleggiava le molte vittorie conseguite, mentre il sinistro reggeva una lancia e poggiava sullo scudo ornato sul lato esterno dalle scene di una Amazzonomachia e su quello interno da una Gigantomachia. Tale scudo nascondeva il serpente Erittonio, sacro ad Atena. La dea indossava il peplo, contraddistinto da pieghe profonde, e l'egida, l'armatura che spesso è presente nelle sue raffigurazioni, ornata al centro dalla testa di una Gorgone. Altra caratteristica di questa statua era l'elmo, con tre cimieri e teste di animale. «Parole egregie, Cefalo», dissi. «Ma affermeremo che la giustizia in sé consiste semplicemente nella verità e nel restituire ciò che si è preso in prestito da uno, o queste stesse azioni sono a volte giuste, a volte ingiuste? Un esempio: se uno ricevesse delle armi da un amico che è in senno e poi questi, impazzito, le chiedesse indietro, chiunque direbbe che non bisogna restituirgliele e che non agirebbe giustamente chi gliele restituisse, così come se volesse dire tutta la verità a uno che si trova in tale stato».(10) «Hai ragione», disse. «Allora la definizione di giustizia non è questa, dire il vero e restituire ciò che si è preso in prestito». «E invece sì , Socrate!», intervenne Polemarco. «Almeno se si deve dare credito a Simonide».(11) «Comunque», disse Cefalo, «io lascio a voi la discussione: ora devo occuparmi del sacrificio». «D'altronde», feci io, «Polemarco non è il tuo erede?» «Precisamente!», rispose lui ridendo, intanto che si avviava a compiere il sacrificio. «Dimmi un po'», continuai, «tu che sei l'erede della discussione: qual è la massima di Simonide sulla giustizia che secondo te è ben detta?» Egli rispose: «Che è giusto restituire a ciascuno il dovuto; in questo a mio parere dice bene». Da “La Repubblica” Platone Il dipinto e' firmato e datato al 1507 con l’aggiunta di “IV” che potrebbe riferirsi all’anno del pontificato di Giulio II. L’opera si colloca nel momento di più intensa elaborazione del tema di massimo interesse per Raffaello negli anni fiorentini, quello del movimento dei corpi nello spazio, cui egli si dedicò sotto la forte suggestione dell’opera di Leonardo. Il gruppo è dotato al suo interno di un’articolazione armonica in grado di generare una composizione animata inserita nello spazio, dove i pieni e i vuoti si compenetrano in un fluire continuo e naturale che sembra scaturire non da fenomenologie fisiche, come in Leonardo, ma dall’intensità emotiva che le percorre. "E Dio disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo". Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente". Genesi 1, 26-28 In questa formella, attualmente conservata al museo del Louvre, Della Robbia rappresenta Cristo nell’atto di confortare un poveruomo. I colori utilizzati sono principalmente freddi, eccetto l’aureola e i particolari del manto di Gesù, che sono di un intenso giallo. I volti dei personaggi presentano una forte carica espressiva. « Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso» [...] » Luca 10, 25-37 La Parabola del Buon Samaritano La Sacra Famiglia (Tondo Doni) fu realizzata da Michelangelo, tra il 1503 e il 1504, con la tecnica quattrocentesca della tempera. Questa pittura è formata da un gruppo centrale composto da San Giuseppe che passa Gesù a Maria; dietro troviamo, vicino al muretto, San Giovanni Battista bambino. Sullo sfondo vi sono degli angeli afteri, cioè senza ali. Questi ultimi rappresentano l’umanità dell’epoca pagana prima della Legge Divina, mentre la Madonna e San Giuseppe personificano l’umanità dell’epoca ebraica, e Gesù l’umanità protetta dalla Grazia Divina. San Giovanni infine rappresenta l’elemento di transizione e unione delle tre età. « In quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era governatore della Siria. Tutti andavano a dare il loro nome, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì nella Giudea, alla città di Davide, che si chiamava Betlemme, perché egli era della casa e della famiglia di Davide, per dare il suo nome con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano là, giunse per lei il tempo di partorire e diede alla luce il suo figlio primogenito. Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto all'albergo. » Luca 2, 1-7 Olio su tela, dipinto nel 1814, conservato al Museo del Prado di Madrid. Il 3 maggio 1808, che rappresenta l'esecuzione dei patrioti spagnoli durante l'invasione napoleonica, non è soltanto un quadro commemorativo di un drammatico episodio che aveva insanguinato la Spagna, ma è un documento che riassume le pieghe stesse dell'animo di Goya e gli aneliti febbrili di tutta una età di transizione. Il popolano che si erge con le braccia divaricate a ricevere il colpo, è il simbolo stesso della Rivoluzione. “Che cosa vediamo aneddoticamente in questo quadro? Una esecuzione. Che cosa vediamo da punto di vista ideologico? Al contrario, un'apoteosi. Un grido trionfale della libertà”. Un grido di libertà anche nel dominio dell'arte. Ogni modulo scolastico appare qui infranto: la linea ha rinunziato ad ogni svolgimento regolare, quasi più non esiste; la forma è sinteticamente significata da tocchi, da accenti, più che da stesure volumetriche; il colore ha ceduto quasi del tutto a un rincalzarsi di chiari e di scuri; ogni elemento compositivo è in funzione del movimento, del dramma stesso di vita che l'artista ha voluto esprimere. Il 2 maggio del 1808 il generale Gioacchino Murat dette l’ordine di catturare tutti i popolani e i contadini che si trovavano nelle strade di Madrid per essersi ribellati all’invasione francese. Le fucilazioni ebbero luogo all’alba del giorno dopo, nel Valle del Manzanares, alle falde della montagna del Principe Pio. All'alba, dopo un consiglio di guerra sommario, Arcadio fu fucilato contro il muro del cimitero. Nelle due ultime ore della sua esistenza non riuscì a capire perché era scomparsa la paura che lo aveva tormentato fin dall'infanzia. Impassibile, senza nemmeno preoccuparsi di far mostra del suo recente coraggio, ascoltò gli interminabili capi d'accusa. Pensava ad Ursula,che a quell'ora doveva essere sotto il castagno a prendere il caffè con Josè Arcadio Buendìa. Pensava a sua figlia di otto mesi, che non aveva ancora nome,e a quello che sarebbe nato in agosto. Pensava a Santa Sofia de la Piedad, che la sera prima aveva lasciato mentre salava un cervo per il pranzo del sabato, e gli mancarono i suoi capelli sciolti sulle spalle e le sue ciglia che sembravano artificiali. Pensava alla sua gente senza sentimentalismi, in un severo rendiconto con la vita,cominciando a capire quanto amava in realtà le persone che più aveva odiato. Il presidente del tribunale di guerra iniziò il suo discorso finale, prima che Arcadio si rendesse conto che erano trascorse due ore. "Anche se i capi d'accusa comprovati non fossero sufficienti" diceva il presidente "la temerarietà irresponsabile e criminale con la quale l'accusato ha spinto i suoi subordinati a una morte inutile basterebbe a fargli meritare la pena capitale". Nella scuola semidistrutta dove aveva provato per la prima volta la sicurezza del potere, a pochi metri dalla stanza dove aveva conosciuto l'incertezza dell'amore, Arcadio trovò ridicolo il formalismo della morte. In realtà non gli importava la morte ma la vita, e per questo la sensazione che provò quando pronunciarono la sentenza non fu una sensazione di paura ma di nostalgia.... … Cammin facendo verso il cimitero, sotto la pioggerella insistente, Arcadio osservò che all'orizzonte spuntava un mercoledì radioso. La nostalgia spariva con la nebbia e lasciava il posto a un'immensa curiosità. Solo quando gli ordinarono di mettersi con le spalle al muro, Arcadio vide Rebecca coi capelli bagnati e un vestito a fiori rosa, che apriva finestre e porte in tutta la casa. Fece uno sforzo perché si accorgesse di lui. In effetti, Rebecca guardò per caso verso il muro e restò paralizzata dallo stupore, e riuscì appena a reagire per rivolgere ad Arcadio un cenno di addio con la mano. Arcadio le rispose nello stesso modo. In quell'istante gli puntarono contro le bocche affumicate dei fucili, e udì distintamente le encicliche cantate di Melquiades, e sentì i passi perduti di Santa Sofia de la Piedad, vergine, nell'aula, e provò nel naso la stessa durezza di ghiaccio che aveva notato nelle narici del cadavere di Remedios. Allora, come accumulato in una zampata lacerante, tornò a sentire tutto il terrore che lo aveva tormentato durante la vita. Il capitano diede l'ordine di fuoco. Arcadio ebbe appena il tempo di gonfiare il petto e sollevare il capo, senza capire da dove sgorgava il liquido ardente che gli bruciava le cosce. "Cornuti!" gridò "Viva il partito liberale!“ Da “Cent’anni di Solitudine” Gabriel García Márquez I titoli e gli autori delle opere, in ordine per diapositiva: •Mangiatori di patate, Vincent Van Gogh •Sacra Famiglia, Raffaello Sanzio •Sacra Famiglia (Tondo Doni), Michelangelo Buonarroti •L’attesa, Jean Beraud •Narciso, Caravaggio •L’attesa, Gustav Klimt •Saffo e Faone, Jacques-Louis David •Pittura Vascolare •Dante e Beatrice, John William Waterhouse •Cristo conforta un poveruomo, Della Robbia •Libertà che guida il popolo, Eugene Delacroix •Fucilazione alla montagna del Principe Pio, Francisco José de Goya y Lucientes •Atena Parthenos •Estasi di Santa Teresa, Gian Lorenzo Bernini •Il bacio, Francesco Hayez (prima diapositiva) Hanno partecipato al progetto (in ordine alfabetico): Chiesa Elena De Lorenzo Umberto De Monte Pangon Alessandro Del Favero Alessandra Del Favero Chiara Del Favero Susanna Fachin Francesco Montecchio Giulia Victal Taglioni Gabriel Vuerich Anna Zancanaro Fabio