L’Amore
Progetto della classe I^B
Liceo Classico di San Vito di
Cadore
L’amore è uno dei sentimenti più forti che l’uomo possa provare.
E’ una sensazione travolgente, intensa, emozionante, rivolta ad una
persona, un animale, un oggetto, un ideale.
In realtà l’amore non ha una definizione, non può averla: l’amore è
semplicemente quell’ emozione che può “uccidere” un uomo, o renderlo il
più felice del mondo.
In italiano la parola “amore” racchiude molti significati:
• amore familiare
• amore per gli amici
• amore per se stessi
• amore romantico
• amore sessuale
• amore platonico
• amore caritatevole
• amore per un ideale
• amore politico o sociale
• amore e fede
La prima civiltà che ha cercato di dare un significato a questo termine è
stata quella greca.
I greci utilizzarono più parole per definire i vari sensi con cui attualmente
si parla di amore.
• fili/a (= amicizia), indica l’amore tra amici o l’interesse verso qualcosa
• e)/rwj (= amore), definisce l’amore sessuale
• a)ga/ph (= affetto), è l’amore incondizionato, anche non ricambiato, spesso
con riferimenti religiosi; è la parola usata nei Vangeli
• storgh/ (= amore, affetto) , è l’amore familiare
Anche nel greco antico non è comunque possibile tenere i vari sensi ben
separati e così, talvolta, troviamo a)ga/ph con lo stesso significato di e)/rwj, e
il verbo a)gapa/w (= preferire) con lo stesso significato di file/w (= volere
bene).
Un aspetto molto interessante dell’amore è la sua divinizzazione e quindi
raffigurazione nelle varie culture.
Nella mitologia romana vi sono Cupido e Venere, in quella greca Afrodite
e Eros. Nelle mitologie norrena, indù e azteca vi sono rispettivamente
Freyja, Kama e Xochipilli.
Allora: cominciamo!!!
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
amore
amore
amore
amore
amore
amore
amore
amore
amore
amore
familiare
per gli amici
per sé stessi
romantico
sessuale
platonico
caritatevole
per un ideale
politico o sociale
e fede
[...] Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte orïental tutta rosata,
e l'altro ciel di bel sereno addorno; 24
e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l'occhio la sostenea lunga fïata: 27
così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori, 30
sovra candido vel cinta d'uliva
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva. 33
E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato ch'a la sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto, 36
sanza de li occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d'antico amor sentì la gran potenza. 39
L'apparizione di Dante e Beatrice di Waterhouse, è un quadro dai
bellissimi colori e dalle mistiche atmosfere suggerite dalle
pennellate del pittore.
Probabilmente questa scena è ripresa da un canto della Divina
Commedia nel quale vi è l'apparizione di Beatrice a Dante.
I particolari dei volti non sono nitidi e ben studiati perchè
l'osservatore non si deve concentrare sulle loro espressioni o sui
loro tratti, ma deve saper guardare oltre, deve saper cogliere i
sentimenti provati dai quattro personaggi.
In primo piano vediamo Dante, inginocchiato sulle sponde del
fiume, che rivolge le sue preghiere alla bella Beatrice.
Questa tiene in braccio un mazzo di fiori appena colti e ascolta le
lodi del poeta,che è seguito da altri due spiriti.
Tosto che ne la vista mi percosse
l'alta virtù che già m'avea trafitto
prima ch'io fuor di püerizia fosse, 42
volsimi a la sinistra col respitto
col quale il fantolin corre a la mamma
quando ha paura o quando elli è afflitto, 45
per dicere a Virgilio: 'Men che dramma
di sangue m'è rimaso che non tremi:
conosco i segni de l'antica fiamma'. 48
Canto XXX del Purgatorio
Dante Alighieri
Questo bellissimo quadro impressionista di
Jean Beraud rappresenta una scena di vita
parigina:
una donna in primo piano sembra sperare
nell'arrivo dell'uomo immobile sullo sfondo.
Le due figure scure sono in contrasto con gli
edifici e il cielo sullo sfondo, dipinti con
tonalità
pastello
calde.
Questi
colori
suggeriscono un'atmosfera irreale, riportata
alla realtà dalle figure in nero.
La trepidazione e la speranza che la donna
mostra colpiscono l'osservatore che prova le
stesse emozioni e si sofferma davanti al
quadro per aspettare con lei.
"Che cosa bisogna fare?" domando'
il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti",
rispose la volpe. "In principio tu ti
sederai un po' lontano da me,
cosi', nell'erba. Io ti guardero' con
la coda dell'occhio e tu non dirai
nulla. Le parole sono una fonte di
malintesi. Ma ogni giorno tu potrai
sederti un po' piu' vicino..."
Il piccolo principe ritorno'
l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare
alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i
pomeriggi alle quattro, dalle tre io
comincero' ad essere felice. Col
passare dell'ora aumentera' la mia
felicita'. Quando saranno le
quattro, incomincero' ad agitarmi
e ad inquietarmi; scopriro' il
prezzo della felicita'! Ma se tu vieni
non si sa quando, io non sapro'
mai a che ora prepararmi il
cuore... Ci vogliono i riti".
Da “Il piccolo principe”
Antoine de Saint-Exupéry
Lo spazio del quadro è occupato da una donna,
colma di rabbia per esser stata abbandonata dal
suo amante, ma ancora lì, ferma, che aspetta un
suo ritorno, un suo ripensamento.
Lo sfondo de "L'Attesa" è caratterizzato da
motivi geometrici continui che creano un senso
di movimento fondamentale per l'opera in
quanto senza sarebbe statica.
Un altro elemento importante del quadro è
l'utilizzo dell'oro che serve a separare la donna
dalla realtà e a portarla in una nuova
dimensione, quella dell'arte e della poesia.
Sarà un cielo chiaro.
S’apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell’aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane –
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.
Sarai tu – ferma e chiara.
Passerò per Piazza di Spagna
Cesare Pavese
[...] Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor. Negletta prole
Nascemmo al pianto, e la ragione in
grembo
De' celesti si posa. Oh cure, oh speme
De' più verd'anni! Alle sembianze il
Padre,
Alle amene sembianze eterno regno
Diè nelle genti; e per virili imprese,
Per dotta lira o canto,
Virtù non luce in disadorno ammanto.
La leggenda dell'infelice amore della poetessa Saffo per il bellissimo
Faone fornisce a David l'idea per questo quadro.
La tragedia che metterà fine alle vicende di Saffo e Faone – la
poetessa, vedendo il suo sentimento non corrisposto dal giovane, si
getterà in mare dall'alto della rupe di Leucade, nel Mare Ionio –
non appare nel quadro di David, che interpreta molto liberamente
la leggenda, trasformando perfino il pescatore Faone in un
cacciatore armato di arco, frecce e lancia. Sembra quasi che il
pittore abbia voluto rappresentare un sogno di Saffo, dando così
forma alla sua immaginazione eccitata dalla passione. In una ricca
stanza, chiusa sul fondo da una tenda turchina e disseminata di
oggetti ispirati all'antichità classica, la donna è seduta, con
un'espressione trasognata sul volto, su una seggiola dalle gambe a
sciabola come quelle raffigurate sulle pitture vascolari greche.
Amore intanto, inginocchiato davanti a Saffo, le toglie
delicatamente di mano la lira e, mentre un rotolo di poesie le
scivola dal grembo, la giovane fa come un gesto per abbandonarsi
tra le braccia di Faone, in piedi dietro di lei.
Altri particolari del dipinto alludono alla passione amorosa, come i
due colombi che tubano sul davanzale della finestra attraverso la
quale si scorge un ampio paesaggio sereno.
Morremo. Il velo indegno a terra sparto
Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
E il crudo fallo emenderà del cieco
Dispensator de' casi. E tu cui lungo
Amore indarno, e lunga fede, e vano
D'implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal. Me non asperse
Del soave licor del doglio avaro
Giove, poi che perir gl'inganni e il sogno
Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
Giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e
l'ombra
Della gelida morte. Ecco di tante
Sperate palme e dilettosi errori,
Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
Han la tenaria Diva,
E l'atra notte, e la silente riva.
Da “L’ultimo canto di Saffo”
Giacomo Leopardi
Anticamente, infatti, la nostra
natura non era la stessa di ora, ma
differente. Anzitutto, invero, i
generi dell’umanità erano tre, e
non due – come adesso –, il
maschio e la femmina; piuttosto,
c’era inoltre un terzo genere,
partecipe di entrambi i suddetti, di
cui ora rimane il nome, ma esso,
come tale, è scomparso.
[…]
In questa pittura vascolare vengono
rappresentati due uomini, Zefiro e
Giacinto, nell’atto dell’amarsi.
E’ una rappresentazione attica del 480
a.C. circa, a figure rosse su sfondo nero.
Si trova nel Boston Museum of Fine
Arts.
E i generi erano tre, e di tale
natura, per la seguente ragione: il
maschio era in origine progenie del
sole, la femmina della terra, e il
genere partecipe di entrambi era
progenie della luna, poiché anche la
luna partecipa del sole e della
terra; essi stessi, dunque, erano
sferici, e circolare il loro procedere,
per la somiglianza con i loro
genitori.
Da “Il discorso di Aristofane”
Simposio
Platone
Né più mai toccherò le sacre
sponde
ove il mio corpo fanciulletto
giacque,
Zacinto mia, che te specchi
nell'onde
del greco mar da cui vergine
nacque
La tela, eseguita nel 1830, pervenne al Museo del Louvre solo nel
1874, dopo un percorso alquanto travagliato che l’aveva tenuta
lontana dal pubblico a causa del suo contenuto rivoluzionario.
L’opera raffigura una scena dell’insurrezione che, nel luglio del
1830, pose fine al “Terrore Bianco” instaurato dall’ultimo dei
Borboni, Carlo X, e alla Restaurazione.
Essa è considerata dalla critica come la prima composizione politica
nella storia della pittura moderna.
Fu eseguita nello stesso anno in cui avvennero i fatti cui fa
riferimento.
L’opera non può non essere considerata un vero e proprio quadro
storico, in quanto la scena non riporta un fatto preciso, realmente
avvenuto, ma si può ritenere semmai un dipinto realistico per la
rappresentazione dei personaggi veristicamente ritratti con quelle
caratteristiche proprie del ceto sociale di appartenenza.
Su queste figure, tese nelle sforzo rivoluzionario, spicca quella della
Libertà, che è però resa in modo più allegorico che reale.
Da notare che Delacroix ha raffigurato se stesso nella veste del
giovane studente con il fucile in mano.
L’artista sembra così partecipare, almeno sperimentalmente, ai moti
del 1830, testimoniando il suo impegno personale e la sua adesione
al dramma della rivoluzione.
La libertà che guida il popolo è la personificazione di tutte le
rivoluzioni.
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non
tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esilio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del
figlio,
o materna mia terra; a noi
prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
A Zacinto
Ugo Foscolo
I mangiatori di patate è un dipinto ad olio su tela, realizzato
nell'aprile dell'1885 da Vincent Van Gogh e conservato al
Museo Van Gogh di Amsterdam.
Si tratta del dipinto più importante del periodo olandese di
Van Gogh, prima del suo trasferimento a Parigi. Lavorò su
questa tela dal 13 aprile fino all'inizio di maggio, periodo in
cui il pittore aveva quasi ultimato l'opera eccetto per alcuni
cambiamenti apportati più tardi ma sempre nello stesso anno
con un piccolo pennello.
Singolare è la rappresentazione del volto e delle mani dipinti
in modo caricaturale: con questo il pittore vuole esagerare e
intensificare la realtà (la caricatura e la deformazione sono,
infatti, un'esagerazione della realtà stessa, al fine di renderla
più intensa).
Il colore, che richiama le tecniche fiamminghe, è
monocromatico; ciò fa sì che l'occhio non sia appagato ma
percepisca la realtà attraverso l'interiorità di Van Gogh.
Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i
sassi della strada vecchia di Trezza […] Le burrasche
che avevano disperso di qua e di là gli altri Malavoglia,
erano passate senza far gran danno sulla casa del
nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e
padron 'Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire,
mostrando il pugno chiuso - un pugno che sembrava
fatto di legno di noce - Per menare il remo bisogna
che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro.
Diceva pure, - Gli uomini son fatti come le dita della
mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito
piccolo deve far da dito piccolo.
E la famigliuola di padron 'Ntoni era realmente diposta
come le dita della mano. Prima veniva lui, il dito
grosso, che comandava le feste e le quarant'ore; poi suo
figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso
quanto il San Cristoforo che c'era dipinto sotto l'arco
della pescheria della città; e così grande e grosso
com'era filava diritto alla manovra comandata, e non
si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avresse
detto «sòffiati il naso» tanto che s'era tolta in moglie
la Longa quando gli avevano detto «pìgliatela». Poi
veniva la Longa, una piccina che badava a tessere,
salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia;
infine i nipoti, in ordine di anzianità: 'Ntoni, il
maggiore, un bighellone di vent'anni, che si buscava
tutt'ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche
pedata più giù per rimettere l'equilibrio, quando lo
scappellotto era stato troppo forte; Luca, «che aveva
più giudizio del grande» ripeteva il nonno; Mena
(Filomena) soprannominata «Sant'Agata» perché stava
sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina
di pollaio, e triglia di gennaio»; Alessi (Alessio) un
moccioso tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancora
né carne né pesce. - Alla domenica, quando entravano
in chiesa, l'uno dietro l'altro, pareva una processione.
Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti e proverbi che
aveva sentito dagli antichi, «perché il motto degli
antichi mai mentì»: - «Senza pilota barca non
cammina» - «Per far da papa bisogna saper far da
sagrestano» - oppure - «Fa' il mestiere che sai, che se
non arricchisci camperai» - «Contentati di quel che
t'ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un
birbante» ed altre sentenze giudiziose.
Da “I Malavoglia”
Giovanni Verga
In quest'opera Bernini trasforma, in senso non metaforico ma letterale, lo
spazio della cappella in teatro. L'elegante edicola barocca, realizzata con
marmi policromi, in cui l’opera è inserita, funge da boccascena del teatro:
essa mostra la figura della santa posata su una vaporosa nuvola che la
trasporta verso il cielo. Ai due lati del palcoscenico-altare, di "palchetti" sui
quali sono raffigurati i vari personaggi della famiglia Cornaro. L'evento
privatissimo dell'estasi della santa diviene evento pubblico, al quale gli
spettatori paiono assistere con staccato disincanto; li vediamo intenti a
scambiarsi i loro commenti. La raffigurazione delle estasi mistiche dei santi
e delle loro visioni del divino, rappresenta uno dei temi più cari all'arte
barocca: i santi "con gli occhi al cielo" aiutano – seguendo le
raccomandazioni dei Gesuiti sulle funzioni pedagogiche dell’arte sacra – a
sentire emozionalmente, con il sangue e con la carne, cosa significhi
l’afflato mistico che porta alla comunicazione con Cristo e che è
prerogativa della devozione più profonda. Egli dimostra qui tutta la sua
maestria di scultore, capace di lavorare il marmo come fosse cera, con
estrema attenzione ai particolari. La veste ampia e vaporosa della santa,
lasciata cadere in modo disordinato sul corpo, è un capolavoro di
virtuosismo tecnico, per effetto del quale il marmo perde ogni rigidezza e
la scultura sembra voler contendere alla pittura il primato nella
rappresentazione del movimento
Un giorno mi apparve un
angelo bello oltre ogni
misura. Vidi nella sua
mano una lunga lancia alla
cui estremità sembrava
esserci una punta di fuoco.
Questa parve colpirmi più
volte nel cuore, tanto da
penetrare dentro di me. II
dolore era così reale che
gemetti più volte ad alta
voce, però era tanto dolce
che non potevo desiderare
di esserne liberata. Nessuna
gioia terrena può dare un
simile appagamento.
Quando l'angelo estrasse la
sua lancia, rimasi con un
grande amore per Dio.
Santa Teresa d'Avila,
Autobiografia, XXIX, 13
Questa opera è un olio su tela
attribuita al Caravaggio.
Il soggetto del dipinto è Narciso,
ritratto mentre si specchia nell’acqua
per ammirare la sua bellezza.
Lo sfondo dell’opera non è ben
definito, in contrasto con i colori
chiari del personaggio mitologico.
Per le città dell'Aonia Tirsia, profeta
famoso,
dava veraci responsi alla gente che glieli
chiedeva.
Prima la bruna Liriope s'ebbe la prova
sicura
della veridica voce. L'avvolse il Cefiso
nell'onde
sue tortuose, l'immerse nell'acqua e le fe'
violenza.
Quanto mai bella la ninfa produsse
l'utero pieno
un bambinel che poteva anche allora ben
essere amato,
cui nome diè di Narciso. Richiesto il
profeta Tiresia
se quel fanciullo poteva vedere la tarda
vecchiezza
così rispose: "Se non mirerà mai se
stesso!" L'augurio
vano sembrò lungamente; ma i fatti, la
morte
inusitata e l'insolito amore provarono il
vero.
A mala pena passati i tre lustri pareva a
vederlo
e giovinetto e fanciullo: lo desiderarono
molti
giovani e molte fanciulle[...]
Ovidio, Metamorfosi, libro III, vv. 339493
La celebre statua crisoelefantina raffigurante Atena
Parthenos fu scolpita da Fidia nel 438 a.C., al culmine
della sua fama, e collocata nel Partenone.
Era alta 12 metri; di essa ci rimangono solo delle copie in
scala molto ridotta e qualche raffigurazione su gemma. Si
tramanda che la statua fosse di dimensioni talmente
colossali che per la sua costruzione occorsero 1000 chili
d'oro.
Dalle piccole copie in nostro possesso possiamo ammirare
la struttura della statua: sul braccio destro della dea,
sostenuto da una colonnetta, si trovava la Nike, che
simboleggiava le molte vittorie conseguite, mentre il
sinistro reggeva una lancia e poggiava sullo scudo ornato
sul lato esterno dalle scene di una Amazzonomachia e su
quello interno da una Gigantomachia. Tale scudo
nascondeva il serpente Erittonio, sacro ad Atena. La dea
indossava il peplo, contraddistinto da pieghe profonde, e
l'egida, l'armatura che spesso è presente nelle sue
raffigurazioni, ornata al centro dalla testa di una Gorgone.
Altra caratteristica di questa statua era l'elmo, con tre
cimieri e teste di animale.
«Parole egregie, Cefalo», dissi. «Ma
affermeremo che la giustizia in sé consiste
semplicemente nella verità e nel restituire ciò
che si è preso in prestito da uno, o queste
stesse azioni sono a volte giuste, a volte
ingiuste? Un esempio: se uno ricevesse delle
armi da un amico che è in senno e poi questi,
impazzito, le chiedesse indietro, chiunque
direbbe che non bisogna restituirgliele e che
non agirebbe giustamente chi gliele
restituisse, così come se volesse dire tutta la
verità a uno che si trova in tale stato».(10)
«Hai ragione», disse.
«Allora la definizione di giustizia non è
questa, dire il vero e restituire ciò che si è
preso in prestito».
«E invece sì , Socrate!», intervenne
Polemarco. «Almeno se si deve dare credito a
Simonide».(11) «Comunque», disse Cefalo,
«io lascio a voi la discussione: ora devo
occuparmi del sacrificio».
«D'altronde», feci io, «Polemarco non è il
tuo erede?» «Precisamente!», rispose lui
ridendo, intanto che si avviava a
compiere il sacrificio.
«Dimmi un po'», continuai, «tu che sei
l'erede della discussione: qual è la massima di
Simonide sulla giustizia che secondo te è ben
detta?» Egli rispose: «Che è giusto restituire
a ciascuno il dovuto; in questo a mio parere
dice bene».
Da “La Repubblica”
Platone
Il dipinto e' firmato e datato al 1507 con
l’aggiunta di “IV” che potrebbe riferirsi all’anno
del
pontificato
di
Giulio
II.
L’opera si colloca nel momento di più intensa
elaborazione del tema di massimo interesse per
Raffaello
negli
anni
fiorentini,
quello
del
movimento dei corpi nello spazio, cui egli si dedicò
sotto la forte suggestione dell’opera di Leonardo. Il
gruppo è dotato al suo interno di un’articolazione
armonica in grado di generare una composizione
animata inserita nello spazio, dove i pieni e i vuoti
si compenetrano in un fluire continuo e naturale
che sembra scaturire non da fenomenologie fisiche,
come in Leonardo, ma dall’intensità emotiva che
le percorre.
"E Dio disse: "Facciamo
l’uomo a nostra
immagine, a nostra
somiglianza, e domini
sui pesci del mare e sugli
uccelli del cielo". Dio
creò l’uomo a sua
immagine; a immagine
di Dio li creò; maschio e
femmina li creò.
Dio li benedisse e disse
loro: "Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite
la terra; soggiogatela e
dominate sui pesci del
mare e sugli uccelli del
cielo e su ogni essere
vivente".
Genesi 1, 26-28
In questa formella, attualmente
conservata al museo del Louvre,
Della Robbia rappresenta Cristo
nell’atto
di
confortare
un
poveruomo.
I
colori
utilizzati
sono
principalmente
freddi,
eccetto
l’aureola e i particolari del manto di
Gesù, che sono di un intenso giallo.
I volti dei personaggi presentano
una forte carica espressiva.
« Un uomo scendeva da
Gerusalemme a Gerico e incappò nei
briganti che lo spogliarono, lo
percossero e poi se ne andarono,
lasciandolo mezzo morto. Per caso,
un sacerdote scendeva per quella
medesima strada e quando lo vide
passò oltre dall'altra parte. Anche un
levita, giunto in quel luogo, lo vide e
passò oltre. Invece un Samaritano,
che era in viaggio, passandogli
accanto lo vide e n'ebbe compassione.
Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite,
versandovi olio e vino; poi, caricatolo
sopra il suo giumento, lo portò a una
locanda e si prese cura di lui. Il
giorno seguente, estrasse due denari
e li diede all'albergatore, dicendo:
Abbi cura di lui e ciò che spenderai in
più, te lo rifonderò al mio ritorno.
Chi di questi tre ti sembra sia stato il
prossimo di colui che è incappato nei
briganti?». Quegli rispose: «Chi ha
avuto compassione di lui». Gesù gli
disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso»
[...] »
Luca 10, 25-37
La Parabola del Buon Samaritano
La Sacra Famiglia (Tondo Doni) fu realizzata da
Michelangelo, tra il 1503 e il 1504, con la tecnica
quattrocentesca della tempera.
Questa pittura è formata da un gruppo centrale
composto da San Giuseppe che passa Gesù a Maria;
dietro troviamo, vicino al muretto, San Giovanni
Battista bambino. Sullo sfondo vi sono degli angeli
afteri, cioè senza ali.
Questi ultimi rappresentano l’umanità dell’epoca
pagana prima della Legge Divina, mentre la
Madonna e San Giuseppe personificano l’umanità
dell’epoca ebraica, e Gesù l’umanità protetta dalla
Grazia Divina. San Giovanni infine rappresenta
l’elemento di transizione e unione delle tre età.
« In quei giorni uscì un editto
di Cesare Augusto che
ordinava il censimento di
tutta la terra. Questo primo
censimento fu fatto quando
Quirino era governatore della
Siria. Tutti andavano a dare
il loro nome, ciascuno nella
propria città. Anche Giuseppe
dalla Galilea, dalla città di
Nazaret, salì nella Giudea,
alla città di Davide, che si
chiamava Betlemme, perché
egli era della casa e della
famiglia di Davide, per dare il
suo nome con Maria, sua
sposa, che era incinta. Mentre
si trovavano là, giunse per lei
il tempo di partorire e diede
alla luce il suo figlio
primogenito. Lo avvolse in
fasce e lo depose in una
mangiatoia, perché per loro
non c'era posto all'albergo. »
Luca 2, 1-7
Olio su tela, dipinto nel 1814, conservato al Museo del Prado di
Madrid.
Il 3 maggio 1808, che rappresenta l'esecuzione dei patrioti spagnoli
durante l'invasione napoleonica, non è soltanto un quadro
commemorativo di un drammatico episodio che aveva insanguinato la
Spagna, ma è un documento che riassume le pieghe stesse dell'animo di
Goya e gli aneliti febbrili di tutta una età di transizione. Il popolano che
si erge con le braccia divaricate a ricevere il colpo, è il simbolo stesso
della Rivoluzione. “Che cosa vediamo aneddoticamente in questo
quadro? Una esecuzione. Che cosa vediamo da punto di vista ideologico?
Al contrario, un'apoteosi. Un grido trionfale della libertà”. Un grido di
libertà anche nel dominio dell'arte. Ogni modulo scolastico appare qui
infranto: la linea ha rinunziato ad ogni svolgimento regolare, quasi più
non esiste; la forma è sinteticamente significata da tocchi, da accenti,
più che da stesure volumetriche; il colore ha ceduto quasi del tutto a un
rincalzarsi di chiari e di scuri; ogni elemento compositivo è in funzione
del movimento, del dramma stesso di vita che l'artista ha voluto
esprimere. Il 2 maggio del 1808 il generale Gioacchino Murat dette
l’ordine di catturare tutti i popolani e i contadini che si trovavano nelle
strade di Madrid per essersi ribellati all’invasione francese. Le fucilazioni
ebbero luogo all’alba del giorno dopo, nel Valle del Manzanares, alle
falde della montagna del Principe Pio.
All'alba, dopo un consiglio di guerra sommario, Arcadio fu
fucilato contro il muro del cimitero. Nelle due ultime ore
della sua esistenza non riuscì a capire perché era scomparsa
la paura che lo aveva tormentato fin dall'infanzia.
Impassibile, senza nemmeno preoccuparsi di far mostra del
suo recente coraggio, ascoltò gli interminabili capi d'accusa.
Pensava ad Ursula,che a quell'ora doveva essere sotto il
castagno a prendere il caffè con Josè Arcadio Buendìa.
Pensava a sua figlia di otto mesi, che non aveva ancora
nome,e a quello che sarebbe nato in agosto. Pensava a Santa
Sofia de la Piedad, che la sera prima aveva lasciato mentre
salava un cervo per il pranzo del sabato, e gli mancarono i
suoi capelli sciolti sulle spalle e le sue ciglia che sembravano
artificiali. Pensava alla sua gente senza sentimentalismi, in
un severo rendiconto con la vita,cominciando a capire
quanto amava in realtà le persone che più aveva odiato. Il
presidente del tribunale di guerra iniziò il suo discorso finale,
prima che Arcadio si rendesse conto che erano trascorse due
ore. "Anche se i capi d'accusa comprovati non fossero
sufficienti" diceva il presidente "la temerarietà irresponsabile
e criminale con la quale l'accusato ha spinto i suoi
subordinati a una morte inutile basterebbe a fargli meritare
la pena capitale". Nella scuola semidistrutta dove aveva
provato per la prima volta la sicurezza del potere, a pochi
metri dalla stanza dove aveva conosciuto l'incertezza
dell'amore, Arcadio trovò ridicolo il formalismo della morte.
In realtà non gli importava la morte ma la vita, e per questo
la sensazione che provò quando pronunciarono la sentenza
non fu una sensazione di paura ma di nostalgia....
… Cammin facendo verso il cimitero, sotto la pioggerella
insistente, Arcadio osservò che all'orizzonte spuntava un
mercoledì radioso. La nostalgia spariva con la nebbia e
lasciava il posto a un'immensa curiosità. Solo quando gli
ordinarono di mettersi con le spalle al muro, Arcadio vide
Rebecca coi capelli bagnati e un vestito a fiori rosa, che
apriva finestre e porte in tutta la casa. Fece uno sforzo
perché si accorgesse di lui. In effetti, Rebecca guardò per caso
verso il muro e restò paralizzata dallo stupore, e riuscì
appena a reagire per rivolgere ad Arcadio un cenno di addio
con la mano. Arcadio le rispose nello stesso modo. In
quell'istante gli puntarono contro le bocche affumicate dei
fucili, e udì distintamente le encicliche cantate di Melquiades,
e sentì i passi perduti di Santa Sofia de la Piedad, vergine,
nell'aula, e provò nel naso la stessa durezza di ghiaccio che
aveva notato nelle narici del cadavere di Remedios. Allora,
come accumulato in una zampata lacerante, tornò a sentire
tutto il terrore che lo aveva tormentato durante la vita. Il
capitano diede l'ordine di fuoco. Arcadio ebbe appena il
tempo di gonfiare il petto e sollevare il capo, senza capire da
dove sgorgava il liquido ardente che gli bruciava le cosce.
"Cornuti!" gridò "Viva il partito liberale!“
Da “Cent’anni di Solitudine”
Gabriel García Márquez
I titoli e gli autori delle opere, in ordine per diapositiva:
•Mangiatori di patate, Vincent Van Gogh
•Sacra Famiglia, Raffaello Sanzio
•Sacra Famiglia (Tondo Doni), Michelangelo Buonarroti
•L’attesa, Jean Beraud
•Narciso, Caravaggio
•L’attesa, Gustav Klimt
•Saffo e Faone, Jacques-Louis David
•Pittura Vascolare
•Dante e Beatrice, John William Waterhouse
•Cristo conforta un poveruomo, Della Robbia
•Libertà che guida il popolo, Eugene Delacroix
•Fucilazione alla montagna del Principe Pio, Francisco José de Goya y Lucientes
•Atena Parthenos
•Estasi di Santa Teresa, Gian Lorenzo Bernini
•Il bacio, Francesco Hayez (prima diapositiva)
Hanno partecipato al progetto (in ordine alfabetico):
Chiesa Elena
De Lorenzo Umberto
De Monte Pangon Alessandro
Del Favero Alessandra
Del Favero Chiara
Del Favero Susanna
Fachin Francesco
Montecchio Giulia
Victal Taglioni Gabriel
Vuerich Anna
Zancanaro Fabio
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