Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ INERTI DI RICICLO: CARATTERISTICHE, CAMPI Dl IMPIEGO Prof. Ing. Antonio D’Andrea Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Introduzione La crescente attenzione alle problematiche ambientali ha reso negli ultimi tempi sempre più difficoltoso il prelievo da cava degli inerti per le costruzioni civili e, nel contempo, sempre più restrittiva la regolamentazione per la gestione delle discariche di rifiuti. Da alcuni anni si sta sperimentando di impiegare, in alternativa ai materiali tradizionali, i detriti di risulta delle demolizioni dei manufatti edilizi, la cui produzione annua in Italia può essere stimata in diverse decine di milioni di tonnellate. L’utilizzo, previo adeguato trattamento, di tali scarti edilizi: nell’ambito delle realizzazioni dell’ingegneria civile, può consentire benefici economici ed ambientali, in dipendenza della minore necessità del loro trasporto a rifiuto, del minore impegno di spazi da destinare alle discariche autorizzate, e del notevole risparmio di materiali tradizionali di cava. Tra gli ostacoli che si oppongono ad una diffusione delle tecniche del riciclclaggio, permane la lentezza delle Amministrazioni a recepire le innovazioni tecniche ed a modificare quei capitolati ormai datati nei quali si preferisce fare riferimento all’impiego esclusivo degli usuali materiali collaudati da una lunga tradizione. Quando si parla di materiali alternativi, generalmente si è portati a pensare ad aggregati con caratteristiche inferiori a quelle offerte dai materiali il cui uso sia ormai consueto e codificato. Spesso si tratta di materiali “fuori prescrizioni di norma”, per i quali il recupero avviene mediante correzioni o stabilizzazioni, affinché si possano comunque raggiungere caratteristiche prestazionali, in genere modeste che ne consentono l’utilizzo, anche se non generalizzato. Nel caso dei materiali di scarto edilizio, invece, se provenienti da idonei impianti di frantumazione, trattamento ed omogeneizzazione, le caratteristiche prestazionali sono per molti aspetti di gran lunga superiori a quelle dei migliori misti naturali ed i campi di impiego quasi tutti quelli dei materiali sciolti da costruzione. La non perfetta rispondenza ad alcune particolari prescrizioni di normativa, studiate e messe a punto per i materiali di cava deve essere valutata con obiettività cercando di giungere a conclusioni non preconcette sulla possibilità di impiego di tali materiali, ed individuando, in particolare per gli usi più nobili, le opportune metodologie di posa in opera, cosicché si possano sfruttare al meglio le grandi possibilità di una ricchezza attualmente in gran parte “gettata alle ortiche”. Molto utile può allora rivelarsi la disponibilità di evidenze sperimentali sulle caratteristiche prestazionali e sulle procedure di preparazione e posa in opera dei misti granulari sciolti e dei conglomerati cementizi o bituminosi confezionati con inerti costituiti esclusivamente o parzialmente dagli scarti delle attività di demolizione o di produzione nel settore dell’edilizia e delle strutture civili in genere. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ I “rifiuti” edilizi Nelle diverse fasi del processo edilizio vengono prodotti “rifiuti” o scarti in grande quantità. La demolizione di pareti o di rivestimenti degli appartamenti nel corso della attività di ristrutturazione è forse l’aspetto che più immediatamente sovviene alla memoria del comune cittadino, in relazione ai cumuli di macerie spesso incivilmente abbandonati abusivamente lungo strade e corsi d’acqua. Grandi quantità di rifiuti vengono però prodotti anche durante la costruzione, la ricostruzione, la demolizione e/o la decostruzione di edifici, murature, grandi strutture civili, palificazioni, fognature, sovrastrutture stradali. Regolari contributi di volumi di scarto provengono dalla fabbricazione o dalla prefabbricazione di elementi e componenti delle costruzioni civili (mattoni, piastrelle, pannelli, componenti strutturali, etc.). È abbastanza evidente, ma è bene sottolinearlo con chiarezza, che sotto la denominazione di inerti di riciclo in edilizia, suggerita dal titolo del convegno odierno, sono da comprendere tutti i materiali di rifiuto o scarto prodotti nei processi di realizzazione, di eliminazione e di trasformazione di opere nel campo dell’edilizia e delle opere civili. Da questi processi possono derivare: − calcestruzzo (precompresso o normale) − cemento e malte varie − conglomerati e misti bituminosi − mattoni, tegole e blocchi − terra − legname − carta, cellulosa e polistirolo − metalli − plastica − gesso − ceramica − vetro − amianto − materiali compositi − vernici − materiali per isolamento termico ed acustico. Requisiti generali: pulizia, costanza di composizione e di assortimento granulometrico Di tutta questa molteplicità di materiali, spesso associati in modo caotico nei cumuli o sui mezzi utilizzati per il trasporto alle discariche, possono essere propriamente definiti “inerti”, idonei al reimpiego nel campo delle costruzioni civili come aggregati sciolti o legati, solamente quelli che non producano effetti negativi né dal punto di vista dell’efficienza delle parti in cui vengono reimpiegati, né dal punto di vista dei possibili rilasci di sostanze inquinanti. Gli inerti di riciclo possono essere così suddivisi in due principali sottoclassi: Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ calcestruzzo − calcestruzzi armati e non − scarti dell’industria dei manufatti in cemento − scarti della prefabbricazione civile macerie − inerti di risulta dalle demolizioni (laterizi, piastrelle, etc.) − scarti dell’industria delle ceramiche e dei laterizi − elementi di c.a. non selezionati per il “calcestruzzo” − frammenti di pavimentazioni stradali − sfridi di materiali lapidei provenienti da scavi. Il primo tipo di aggregato, previa eliminazione delle barre di armatura acciaiosa, può essere considerato di qualità più elevata, perché costituito dalla malta cementizia e dagli inerti di cava originariamente selezionati per la composizione del calcestruzzo. Le macerie invece risultano costituite da elementi eterogenei, cioè di natura molto diversa; in pratica, possono essere considerate come il risultato finale di una demolizione non selettiva. Per essere convenientemente avviato al reimpiego, il materiale deve essere sottoposto ad un “trattamento”, una serie di operazioni che possono essere sinteticamente intese come processi successivi di selezione, frantumazione, deferrizzazione, asportazione di materiali leggeri, omogeneizzazione del prodotto finale. Poiché notevoli sono i rischi di cattiva esecuzione delle diverse fasi di riqualificazione del materiale, si deve far ricorso ad una tecnologia evoluta, possibilmente controllata in modo automatico. E’ pertanto necessario che, per garantire un riutilizzo privo di problemi, l’“inerte” provenga da appositi impianti di frantumazione e trattamento, grazie ai quali è possibile eliminare le sostanze estranee od inquinanti, come i metalli, la plastica, la carta, il legno e tutti gli altri elementi non idonei. Condizioni prioritarie per esprimere valutazioni attendibili sul comportamento in esercizio sono inoltre l’omogeneità statistica e la costanza della composizione e della curva granulometrica. Allo stato dell’arte, gli impianti, in particolare quelli fissi, sono in grado di realizzare una apprezzabile costanza di composizione del prodotto. Ad essa si può tendere mediante l’adozione di speciali procedure di estrazione dai cumuli, che permettono di ottenere una certa qual “miscelazione” di apporti differenziati, ricercandosi in sostanza la massima “eterogeneità” di costituzione mineralogica e petrografica, a garanzia dell’auspicata “costanza” del comportamento prestazionale. E’ possibile però che, a causa di conferimenti consistenti di materiale della stessa provenienza, concentrati in poco tempo, il prodotto finale si presenti molto “omogeneo” dal punto di vista costitutivo (ad esempio tutto tufo o tutto laterizio), scostandosi così da quella che potrebbe essere una media di riferimento. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Fig. l a - Composizione granulometrica degli inerti provenienti da un impianto di riciclaggio (calcestruzzi) Fig 1b - Composizione granulometrica degli inerti provenienti da un impianto di riciclaggio (macerie) L’inconveniente può verificarsi quando la frantumazione viene effettuata, come di norma avviene negli impianti mobili, senza adottare le necessarie precauzioni nel prelievo dai cumuli: rivolte ad ottenere una miscelazione preventiva. La vulnerabilità nel tempo della curva granulometrica, che dipende principalmente dalla tipologia e dalla regolazione dell’impianto di frantumazione, può essere verificata mediante prelievi a scadenze regolari integrate da controlli casuali. A titolo di esempio, nelle Figg. 1a e 1b sono posti a confronto alcuni prelievi effettuati in anni diversi in uno stesso impianto, rispettivamente per il calcestruzzo e le macerie. Requisiti prestazionali in base alla destinazione d’impiego Per valutare se le caratteristiche dei materiali da riciclo, trattati ed identificati come detto nel paragrafo precedente, siano idonee ai loro diversi possibili impieghi, occorre riferirsi specificamente alle necessità prestazionali richieste da ciascuna applicazione, di solito tradotte in prescrizioni e criteri di accettazione da norme di legge o di buona pratica tecnica. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ In Italia si deve far riferimento alle norme nazionali, che costituiscono un corpus ormai consolidato ed alle norme europee, che sono in corso di definizione per i diversi ambiti costruttivi. Per i materiali di riciclo é in primo luogo possibile verificare se essi risultano pienamente rispondenti alle dette normative. In tal caso il loro utilizzo é completamente equiparabile dal punto di vista tecnico, a quello dei corrispondenti materiali naturali. Si noti peraltro che non sussiste alcun valido motivo per scartare a priori un materiale, naturale od artificiale, il quale, benché non totalmente rispondente alle prescrizioni della normativa, sia però in grado di garantire la funzionalità e la durabilità dell’opera cui sia destinato. Al Congresso di Sydney dell’A.I.P.C.R. (Associazione Permanente dei Congressi della Strada) si è fornita la seguente definizione per i materiali marginali o alternativi o non tradizionali: “qualsiasi materiale non completamente conforme alle prescrizioni in vigore in un paese o in una regione per i materiali stradali normali: ma che può essere usato con successo in relazione a particolari condizioni climatiche o grazie ai progressi tecnici, ovvero dopo aver subito idoneo trattamento”. D’altra parte la stessa A.I.P.C.R. ha tenuto a sottolineare che il concetto di marginalità è legato ad una certa epoca o luogo o modalità di impiego. Come 40 o 50 anni or sono, al tempo del macadam con fondazione in pietrame giustapposto un misto granulare poteva essere considerato un materiale non tradizionale, così i materiali attualmente in corso di sperimentazione potranno passare da marginali od alternativi che sono a materiali tradizionali e di uso codificato, ovviamente quando siano state comprese appieno le loro possibilità di impiego e le specifiche necessità di messa in opera. Analoghe considerazioni possono essere applicate al campo delle strutture, dell’edilizia, della prefabbricazione, e via dicendo. L’intelligenza del tecnico si manifesta allora non solo nella puntuale applicazione dei criteri consolidati, ma anche nella capacità di utilizzare tutti i materiali effettivamente disponibili, allo scopo di minimizzare i costi monetari ed energetici delle opere. Anche in questa luce si analizzeranno di seguito alcuni aspetti specifici dell’impiego di materiali di scarto edilizio. Gli impieghi e le verifiche di idoneità Per il materiale opportunamente trattato, si può pensare ad una molteplicità di utilizzi nell’ambito delle costruzioni in terra in genere, delle costruzioni stradali, ferroviarie ed aeroportuali, delle costruzioni civili (magroni e calcestruzzi armati o non), della prefabbricazione (elementi strutturali e di arredo stradale od ambientale) contemplando tutti i gradi di passaggio dagli aggregati non legati, ai misti legati, ai calcestruzzi ed ai conglomerati bituminosi. Per ognuno di questi impieghi occorre garantire che la realizzazione corrisponda a determinati requisiti, sotto i diversi aspetti della funzionalità, della durabilità e della pratica fattibilità. A tal fine il Dipartimento di Idraulica, Trasporti e Strade dell’Università di Roma “La Sapienza” ha eseguito nell’ultimo decennio, sotto l’impulso e la guida del Prof. Ing. Mariano Cupo-Pagano, una lunga serie di studi per la caratterizzazione del materiale ottenuto dagli impianti di trattamento e per la definizione delle possibilità e dei limiti d’impiego e degli eventuali interventi correttivi e migliorativi per estenderne l’ambito di Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ utilizzo, garantendo al contempo ottimali risultati. I materiali esaminati nella presente relazione di ambedue le classi suddette, sono stati prelevati da uno dei più avanzati impianti italiani di trattamento del materiale da demolizione, progettato per il recupero omogeneizzato degli scarti edilizi (Impianto R.O.S.E. di Spilamberto - Modena). Non é stato ovviamente trattato il caso dei semplici riempimenti, in quanto per tale impiego i requisiti sono talmente poco vincolanti da far ritenere che il materiale da riciclo possa essere posto in opera, dopo il trattamento di cui si é già detto senza alcuna particolare preoccupazione, come d’altra parte si fa da millenni. Materiale sciolto per rilevati e sottofondi stradali e ferroviari Nel caso di costituzione di strati del corpo del rilevato e del sottofondo (ultimo strato del rilevato), i materiali granulari vengono normalmente utilizzati come aggregati non legati, senza correzioni o trattamenti particolari. Quale principale requisito prestazionale, occorre garantire che le sollecitazioni prodotte dal passaggio dei mezzi stradali o dei convogli ferroviari non provochino cedimenti di entità tale da compromettere l’integrità e la regolarità della pavimentazione stradale o del binario. Per quei cedimenti che possono essere causati da abbassamenti del terreno di appoggio, si devono assumere i provvedimenti più adeguati al sito dove si realizza la costruzione (drenaggi, bonifiche dei terreni in posto, impiego di geosintetici, etc.). Per i cedimenti più propriamente dipendenti da un addensamento degli strati costituenti il corpo del rilevato e dello strato di sottofondo, si deve provvedere alla scelta di un materiale di idonea qualità ed al suo adeguato costipamento, da spingersi fino al raggiungimento di una sufficiente “indeformabilità”, cosicché il peso proprio ed il passaggio dei carichi mobili previsti nella vita utile non provochino modifiche intollerabili della configurazione geometrica dell’opera realizzata. In questi strati si utilizzano di solito materiali granulari naturali costituiti da elementi lapidei di diversa origine e di varia composizione granulometrica. Avvicinando tra loro gli elementi granulari e favorendo l’ottimale riempimento dei vuoti presenti tra i grani più grandi con quelli più piccoli, si moltiplicano i punti di contatto e si riduce lo spazio a disposizione per eventuali spostamenti, con migliore e più omogenea ripartizione e distribuzione dei carichi. L’incastro dei diversi elementi incrementa anche la resistenza al taglio. Pertanto l’indeformabilità si ottiene mediante un adeguato costipamento dei materiali granulari adoperati. Le qualità portanti così realizzate non devono modificarsi nel tempo; il materiale, cioè, non deve subire modificazioni successive ad opera delle sollecitazioni meccaniche di esercizio o per effetto di fenomeni naturali come la variazione del contenuto d’acqua od il gelo. Poiché non tutti i materiali reperibili in natura hanno caratteristiche idonee per la realizzazione di rilevati, il normatore si é preoccupato di stabilire criteri di accettazione che consentissero di scegliere i materiali sulla base di alcune loro proprietà intrinseche (composizione granulometrica e mineralogica, sensibilità all’acqua ed al gelo), nonché sulla base di prove tendenti a mettere in luce la loro rispondenza ai requisiti prestazionali prima richiamati (C.B.R. prova di carico con piastra, etc.). La classificazione dei materiali granulari da utilizzarsi per il corpo del rilevato e Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ per il sottofondo viene eseguita sulla base della classifica AASHO-CNR, attraverso poche ma importanti distinzioni riguardanti la granulometria, il limite liquido e l’indice di plasticità. Nei capitolati, per consolidata esperienza, si indicano come idonee le terre dei gruppi Al-a, A1-b, A3, A2-4, A2-5, e con qualche cautela rispetto al contenuto di fino ed alle sue caratteristiche, anche A4. La classifica AASHO-CNR é adoperata per terre di qualsiasi provenienza e costituzione mineralogica e pertanto può essere applicata senza limitazioni anche ai materiali di scarto edilizio, che trovano in essa, come si può constatare dai risultati sperimentali, egregia collocazione (gruppi Al ed A3) grazie alle ottime caratteristiche della loro curva granulometrica ed alla assenza di plasticità del fino. Per il sottofondo va compiuta anche una prova C.B.R. di caratterizzazione comportamentale, tendente a verificare le capacità portanti del materiale dopo costipamento. Anche da questo punto di vista i materiali in esame sono largamente equiparabili ed anzi addirittura migliori dei materiali naturali. Queste prove sono di solito ritenute sufficienti: anche in sede internazionale, al fine di esprimere un giudizio di idoneità. Qualche perplessità potrebbe sorgere rispetto alla frantumabilità successiva alla posa in opera, in relazione alla presenza di elementi di resistenza meccanica anche molto modesta (malte poco cementate, grani di materiale leggero e poroso). Per sciogliere qualsiasi dubbio, può essere condotta un’indagine aggiuntiva, non prevista da norme ma molto significativa, per mettere in evidenza la possibile evoluzione delle caratteristiche prestazionali. Tale indagine consiste nella ripetizione del costipamento, secondo la procedura normalizzata, per più volte sullo stesso campione, e nella determinazione della curva granulometrica dopo ogni costipamento. I risultati sperimentali, discussi nel prosieguo in relazione allo strato di fondazione mostrano che le variazioni della curva granulometrica tendono ad una progressiva attenuazione, mentre la portanza CBR risulta crescente, a conferma del raggiungimento di un assortimento granulometrico sempre più idoneo a manifestare qualità portanti. La messa in opera dei materiali granulari va eseguita, come già accennato, cercando di ottenere la massima compattezza. A tal fine si deve controllare che il grado di costipamento (rapporto percentuale tra la massa volumica del secco in opera e la massa volumica del secco massima determinata con la prova AASHO modificata) sia a seconda della posizione dello strato, superiore al minimo prescritto dal capitolato (dal 90 al 95% man mano che ci si avvicina al sottofondo, e fino al 98% per il supercompattato dei rilevati ferroviari). Sotto questo aspetto é molto importante il comportamento rispetto al contenuto d’acqua durante il costipamento, da rilevarsi mediante l’esame della curva di costipamento. Vi sono, infatti, materiali naturali che mostrano in proposito un’elevata criticità, nel senso che devono essere costipati ad una ben determinata umidità, con tolleranza oltremodo modesta e con conseguente rischio di rallentamenti notevoli del cantiere e di possibile mancato raggiungimento dei minimi prescritti. I materiali di scarto edilizio come è peraltro prevedibile in relazione al buon assortimento granulometrico ed all’insensibilità all’acqua della parte fina, hanno un comportamento ottimo da questo punto di vista, purché vengano opportunamente umidificati, meglio se preventivamente, in quanto al momento della fornitura possono essere anche del tutto privi di umidità naturale. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Misto per strato di fondazione 3 Per lo strato di fondazione stradale (o per il sub-ballast non legato), chiamato ad assolvere a funzioni più gravose, in considerazione della posizione più ravvicinata al punto di applicazione dei carichi, devono essere adottati criteri di selezione più restrittivi. Tale strato deve, infatti, fornire appoggio stabile e sufficientemente rigido ed indeformabile agli strati superiori, nonché impedire la risalita capillare dell’acqua e l’inquinamento con materiale fino. Riguardo al sottofondo deve consentire buon drenaggio ed aerazione; nei periodi di gelo: inoltre, assolve alla funzione di strato coibente, se costituito di materiale adatto, o quantomeno allontana l’isoterma zero dal sottofondo o ne riduce il tempo di influenza. La norma CNR-UNI 10006 per i materiali del tipo I (duri e tenaci), prescrive pertanto che vadano rispettate condizioni precise riguardo alla composizione granulometrica (curva rientrante in un fuso stabilito), alla forma dei grani, alla sensibilità all’acqua ed al gelo, ed infine alle caratteristiche di resistenza e di indeformabilità (carico su piastra). È previsto anche l’uso di materiali teneri, per i quali l’aggregato grosso e medio é costituito da elementi che, per effetto del costipamento, si frantumano, assumendo, dopo la posa in opera, un assetto granulometrico diverso da quello iniziale, quali ghiaie e brecce calcaree tenere detriti di arenarie e di tufi, calcinacci, ceneri vulcaniche, tufine, pozzolane etc.. L’impiego dei misti teneri é subordinato all’accertamento della loro idoneità, da condursi mediante opportune prove, in laboratorio ed in sito. In molti casi i materiali di scarto edilizio evidenziano caratteristiche che soddisfano i requisiti richiesti per il tipo l, mentre in altri se ne discostano per alcuni aspetti. Esaminiamoli nel dettaglio. GRANULOMETRIA E CLASSIFICAZIONE SECONDO AASHO-CNR. I risultati delle analisi granulometriche dei campioni “macerie” e “calcestruzzi”, nelle diverse pezzature 0/30, 0/70, 0/140, dimostrano che trattasi di materiali dotati di continuità dimensionale, caratterizzati dal medesimo assortimento granulometrico, come si può facilmente evidenziare spuntando i campioni al crivello da 25 mm (Tab. 1). È interessante notare come i prodotti dell’impianto (pezzature 0/30 e 0/70) si situino all’interno, od in immediata prossimità, dei fusi granulometrici previsti nei capitolati per strati di fondazione stradale, il che consente di poterli utilizzare così come vengono prodotti dall’impianto di trattamento, senza ulteriori correzioni granulometriche (Fig. 2). Tabella 1 - Analisi granulometrica delle diverse produzioni dell’impianto. vaglio (mm) 71 60 40 25 15 10 5 2 1 0.4 0.18 0.075 macerie 0/30 macerie 0/70 100 98.3 92 79.3 67.4 50.4 39.6 33.4 29.7 21.6 16.4 100 94 86.3 75.5 66 51.1 41.3 35 31.2 22.3 17.9 macerie 0/140 93.4 86.7 61.7 46.9 34.4 28.7 20.7 14.7 11.5 10 6.8 4.8 cls 0/30 100 97.9 77.2 59.4 39.8 27 19.4 15.4 9.6 6.3 cls 0/70 98.1 94.2 83.4 65.1 51.2 42.4 30.2 18.4 13.1 10.6 7 4.8 cls 0/140 83.5 77.2 57.1 39.5 29.3 23.5 16 11.8 8.6 6.9 4.4 3.1 Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Fig. 2a: Verifica di appartenenza al fuso per fondazione C.N.R. U.N.I. 10006 tipo A (max 71 mm) Fig. 2b - Verifica di appartenenza al fuso per fondazione C.N.R. U.N.I. 10006 tipo A (max 71 mm). L’aggregato grosso e medio é costituito da elementi litici, mattoni, frammenti di rivestimenti ceramici e simili, in parte rivestiti di malte di diversa composizione e resistenza. A seguito del costipamento parte di questo aggregato può frantumarsi e ridursi in parti di dimensioni minori, ma il fenomeno non può procedere oltre un certo limite e tende ad una naturale stabilizzazione in quanto esiste un nerbo costituito da elementi effettivamente duri e tenaci. Al fine di ottenere una conferma sperimentale di questo comportamento, si é proceduto alla ripetizione del costipamento su uno stesso campione, disfacendo ricostituendo ogni volta la fustella AASHO. La curva granulometrica del materiale, determinata dopo ogni costipamento, ha nettamente evidenziato una tendenza all’attenuazione delle variazioni in particolare per quanto riguarda la frazione fine. La variazione principale si ha durante il primo ciclo. Analoga indagine é stata compiuta, per confronto. su un misto granulare bene assortito e Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ di buone caratteristiche, che ha mostrato un comportamento del tutto analogo, anche in termini quantitativi. Questa osservazione ha rilevante importanza quando si voglia eseguire una classificazione ai sensi della norma 10006. All’interno del tipo II (teneri) sono compresi materiali uniformemente frantumabili per i quali la messa in opera necessita di particolari attenzioni: infatti la quantità di energia fornita durante il costipamento e le modalità della sua somministrazione presentano una notevole criticità ai fini dell’ottenimento di una buona resistenza ed indeformabilità. Un costipamento eccessivo può portare alla “polverizzazione” del materiale con perdita di qualsiasi qualità portante. Questo rischio, per quanto detto precedentemente, non si presenta per i materiali di scarto edilizio, che anzi migliorano i valori di CBR nei costipamenti successivi, raggiungendo una ottimale stabilità. Ridurli perciò al tipo II non é corretto dal punto di vista tecnico ed è troppo vincolante dal punto di vista dell’utilizzazione, in quanto il loro inserimento nei capitolati richiederebbe il rinvio a specifiche e preliminari prove di laboratorio. D’altra parte la semplice verifica dei requisiti del tipo I può risultare poco significativa, soprattutto per quanto attiene alla granulometria ed ai limiti di frantumabilità. Si tenga presente infatti che la definizione di fusi granulometrici di riferimento origina dalla necessità di ottenere una elevata compattezza grazie al riempimento dei vuoti con particelle via via più fine. Se quindi il materiale mostra una tendenza ad una parziale modifica della granulometria dopo costipamento, dalla quale discende proprio una maggiore compattezza, la previsione della norma deve essere considerata “cum grano salis”. FRANTUMABILITA’ Maggiore attenzione va prestata invece alla frantumabilità intrinseca degli elementi lapidei, in relazione non tanto alle problematiche già trattate, quanto piuttosto alla possibile variabilità di costituzione dei materiali di scarto edilizio. La prova del coefficiente di frantumazione, peraltro ormai obsoleta, o la prova Los Angeles possono essere rivolte ad individuare la tenacità della parte più consistente (i nuclei duri) dell’aggregato grosso, dando per scontate le perdite dovute all’asportazione della malta meno resistente. Infatti, è opportuno distinguere il caso in cui nella frazione grossa siano prevalenti gli elementi litici provenienti da rocce dure e tenaci, od anche da materiali da costruzione resistenti, dall’altro caso in cui siano presenti in quantità rilevante frammenti di malte ed elementi tufacei o pomicei più o meno teneri, per i quali possono diventare necessarie le accortezze previste per i materiali del tipo II. Il materiale proveniente da alcune regioni (Emilia, Lombardia) ha mostrato valori di abrasione Los Angeles accettabili, minore di 30 per il “macerie” e intorno a 23 per il “calcestruzzi”. In altri prelievi i valori sono stati più simili per le due tipologie di materiale, con valori compresi tra 27 e 30. In altre regioni i materiali di origine, in specie per il “macerie”, possono essere più friabili, in relazione ai locali usi costruttivi. FORMA. Per gli aggregati lapidei, é noto che la preferenza deve andare a grani di forma poliedrica; la quale risponde a criteri di regolarità e buona resistenza. La norma CNR 95/1984 costituisce un valido punto di riferimento per la determinazione degli indici di Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ forma e di appiattimento. Sotto questo aspetto i “calcestruzzi” presentano, come era da attendersi, caratteristiche molto più regolari e soddisfacenti delle “macerie”. Anche queste ultime, tuttavia, rimangono nei limiti di accettabilità. GELIVITA. Per quanto riguarda la gelività la norma italiana prevede che una terra sia da considerarsi geliva se il passante allo 0.02 mm è maggiore del 6% e se siano presenti più del 7% in peso di elementi dell’aggregato grosso provenienti da rocce gelive. Le norme straniere sono in genere meno restrittive. II requisito della non gelività va preso in considerazione solamente quando siano concomitanti quelle condizioni ambientali (falda superficiale, isoterma zero che raggiunge lo strato interessato) che fanno ritenere possibile il manifestarsi di forme di degrado dovute al gelo, quali la formazione di lenti di ghiaccio e/o la formazione di fino per sfaldamento dei grani sensibili al gelo. E’ molto importante ricordare, a tale proposito, che i materiali di scarto edilizio possono presentare una certa variabilità, sia in termini di composizione sia, benché più limitatamente, in termini di granulometria, in dipendenza soprattutto delle caratteristiche dell’impianto di frantumazione, omogeneizzazione e trattamento. Qualora il materiale dovesse risultare gelivo, si potrà di volta in volta ed in relazione al particolare impiego, valutare la possibilità di utilizzo a seguito dell’adozione di idonei provvedimenti costruttivi, quali membrane o setti impermeabili, eliminazione della percolazione delle acque meteoriche, drenaggi; etc.. PROVE DI CARATTERIZZAZIONE COMPORTAMENTALE. Le prove di costipamento effettuate, con energia AASHO Standard e AASHO Modificata sul passante al crivello da 25 mm di tutte le frazioni fornite dall’impianto: hanno praticamente fornito i medesimi risultati, e sono rappresentati graficamente, per la frazione 0/70 dei “calcestruzzi” e delle “macerie”, nelle Figg. 3a e 3b. L’assoluta mancanza di criticità, nell’andamento delle curve di costipamento, consente di dedurre che non sussistono problemi nella messa in opera di ambedue le tipologie di materiali prodotte dall’impianto. Fig. 3a - Prova di costipamento AASHO - CNR sul calcestruzzo. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Fig. 3b - Prova dí costipamento AASHO - CNR sulle macerie. Inoltre, una volta costipato a dovere il materiale risulta caratterizzato da elevatissima portanza C.B.R., sempre superiore al 100% nelle “macerie”, ed addirittura superiore al 250 nei “calcestruzzi”. Questi valori si mantengono praticamente costanti in tutto il campo di umidità in cui é possibile e conveniente operare per il raggiungimento di un elevato grado di costipamento, ad esempio il 95% richiesto per un sottofondo stradale (Figg. 4a e 4b). Fig. 4a - Prova di portanza C.B.R. sul calcestruzzo. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Fig. 4b - Prova di portanza C.B.R. sulle macerie. Misti cementati e calcestruzzi di bassa resistenza Un primo studio sperimentale rivolto a valutare la possibilità di impiego dei materiale da riciclo nei misti cementati ha permesso di evidenziare che con modeste percentuali di cemento (dai 50 ai 100 kg/m3) possono facilmente ottenersi resistenze a compressione a 7 giorni comprese tra 40 e 70 daN/cm2, con inerti provenienti da calcestruzzi, e tra 35 e 50 daN/cm2, con le macerie. Anche i valori di resistenza a trazione a 7 giorni sono risultati accettabili rispetto ai minimi richiesti dal Capitolato ANAS. Nel corso delle prove relative all’impiego nei magroni e nei calcestruzzi di bassa resistenza, il lavaggio preventivo del materiale al setaccio 0.075 mm ed una particolare cura posta nella temporizzazione dell’aggiunta di acqua hanno però permesso di raggiungere resistenze anche superiori a 250 daN/cm2, con il dosaggio ordinario di 250 kg/m3. Per contro, la lavorabilità é risultata essere un fattore critico, così penalizzante da rendere problematico un impiego nella pratica costruttiva dei calcestruzzi armati. Si è proceduto pertanto all’esame ed alla selezione di additivi capaci di migliorare, per un tempo sufficiente, la lavorabilità, garantendo anche una buona resistenza meccanica finale. Calcestruzzi di media resistenza A tal fine, si é adottato un fuso granulometrico di riferimento delimitato dalle curve di Bolomey e Fuller, con diametro massimo di 25 mm (Fig. 5) Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Fig. 5 - Definizione curva granulometrica per calcestruzzi. La caratterizzazione dell’aggregato è stata inoltre completata con le prove previste dalla norma UNI 8520 per la selezione degli inerti naturali per la confezione dei calcestruzzi (Tab. 2). Per il materiale in esame, caratterizzato da una notevole porosità assume particolare interesse la determinazione dell’assorbimento. Va considerato in proposito che la procedura di prova prevista dalla normativa per la frazione 0-5 mm é, nel caso specifico, parzialmente inadeguata, in quanto non consente di tener conto dell’effetto di ingranamento tra i vari elementi litoidi, piuttosto rilevante nel prodotto “macerie” a causa della presenza di un’elevata percentuale di granuli piatti o allungati. Tale inconveniente è evidenziato dall’anomalo risultato delle prove per uno dei prelievi del materiale “macerie”, che mostra un assorbimento della frazione fine inferiore a quello della grossa. Tab. 2 - Caratterizzazione dell’aggregato secondo fa norma UNI 8520 Caratteristica Calcestruzzo Macerie UNI 8520 (tipo B) massa volumica dei grani (kg m3) 2700 2710 massa volumica dei grani razione 0 5 mmp 2570 2600 massa volumica dei grani - frazione 5.30 mm 2640 2550 massa volumica dei grani - frazione 0/30 mm 2610 2640 > 2200 assorbimento (% size 0 5 mm 9.8 6.5 < 10 assorbimento (%) - size 5.30 mm 6.8 9 < 10 porosita (%) 3.43 2.56 passante a 0,075 mm 9.4 13 <6 Los Angeles 33 33 <40 Equivalente in sabbia (.CNR 27/72) 58 34 70 – 80 limite liquido N. D. N. D. indice di plasticità N P. N. P. solfati alcalini 0.81 0.51 < 0,2 Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ L’elevato assorbimento degli aggregati ha reso necessario definire accuratamente le modalità ed i tempi di miscelazione in modo da limitare il più possibile le sottrazioni progressive d’acqua e di additivo alla miscela, cause di una rapida diminuzione della lavorabilità iniziale. Tale fenomeno viene esaltato, durante la miscelazione, dall’effetto “frantumazione-sfregamento” degli elementi litoidi che provoca un aumento del tenore di fino, determinando un aumento della superficie specifica dell’aggregato, con una conseguente maggiore richiesta d’acqua, ed una diminuzione di efficienza dell’eventuale additivo. I vari additivi utilizzati hanno avuto comportamenti abbastanza diversi, sia riguardo all’effetto fluidificante: sia riguardo al suo mantenimento nel tempo (Fig. 6). Fig, 6 - Effetti sulla lavorabilità di differenti additivi (dati “La Sapienza”). I risultati ottenuti con numerosi tipi di additivi, aggiunti ad inerte integralmente costituito da aggregato riciclato proveniente da calcestruzzi, sono riportati nella Tab. 3 e nella Fig. 7. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Tabella 3 - Resistenze ottenute con aggregato riciclato e differenti additivi mix ID additivo ID (%) Cemento Rapporto a/c Massa volumica kg/m3 c11 c12 c13 c14 c15 c16 c17 c18 c19 c19 bis c19 ter c20 c21 c22 A+F 2,0+0,4 A+F 3,0+0,5 A+F 3.0+0,5 A+F 3.0+0.5 F 0.5 F 0.5 - E 0.8 B 1.2 B 1.2 B 1.2 C 10.0 F 0.5 - - 425 425 425 425 525 525 425 425 425 425 425 425 525 525 0.5 0.42 0.46 0.5 0.5 0.7 0.57 0.57 0.52 0.5 0.5 0.65 0.65 0.5 2086 2219 2188 2174 2205 2205 2150 2148 2123 2131 2140 2187 2018 2056 Resistenza Resistenza a a 7 gg. 28 gg. (N/mm2) (N/mm2) 14 24.5 23.5 22.8 35.3 33.5 19.7 20.6 17.6 22.4 26.2 24.8 20.6 23.1 23.6 36.7 34.2 32.1 42.8 41.6 27.6 29.2 23.7 29.6 36 36.6 26.2 30 Fig. 7 - Resistenze a compressione ottenute con calcestruzzo riciclato e differenti additivi (dati “La Sapienza”). Le resistenze a compressione dei diversi tipi di calcestruzzi riciclati, rapportate a quelle medie determinate sui calcestruzzi tradizionali di pari rapporto acqua/cemento, hanno fornito valori contenuti nell’intervallo 78% - 88%, con un’unica eccezione per il calcestruzzo C20 dove questo rapporto sale al valore 105%, grazie all’elevata attività pozzolanica dell’additivo, che interagisce positivamente con la parte fina del frantumato da riciclo. Va sottolineato, comunque, che i valori di resistenza raggiunti nella sperimentazione potrebbero essere tranquillamente superati, qualora si restringesse il campo di utilizzazione di questi materiali al settore della prefabbricazione. In tale settore, infatti, usualmente i valori di lavorabilità del calcestruzzo tollerabili (grazie ad un processo di forte vibrazione e compattazione dei vari elementi) scendono fino a 4 - 5 cm di slump. I minori valori di lavorabilità richiesti potrebbero consentire di abbassare il rapporto acqua/cemento, con conseguenti benefici sulle resistenze o, in alternativa, a parità di resistenza, di diminuire il quantitativo di additivo con evidenti vantaggi dal punto di vista economico. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ In conclusione le esperienze condotte sui calcestruzzi costituiti con inerti da riciclo permettono di affermare che l’impiego di opportuni agenti fluidificanti consente di superare le difficoltà di miscelazione e di lavorazione causate dalla porosità intrinseca del materiale, ed in particolare della sua parte fine fino ad ottenere resistenze equiparabili a quelle ottenute con inerti tradizionali. Misti bitumati I misti granulari impiegati nelle stabilizzazioni a bitume sono ordinariamente poveri di fino, in modo da non richiedere eccessive ed antieconomiche quantità di legante idrocarburico. Pertanto, nel corso della verifica sperimentale dell’impiego del materiale riciclato in misti bitumati si é ritenuto opportuno effettuare fin dall’inizio, all’impianto, prelievi carenti della frazione fina. Conseguentemente, entrambi i materiali, macerie e calcestruzzo, sono stati prelevati da cumuli caratterizzati da una composizione granulometrica costituita prevalentemente dalla frazione 5/40 mm. In ambedue i materiali, il passante a 0.075 mm risulta presente in quantità superiore al massimo valore indicato dalla norma italiana (1%), ma occorre precisare che tale “fino” non é costituito da limo o argilla, bensì, come denunciato dall’indice di Plasticità (= N. P.), trattasi di filler costituito dalla polvere del frantoio, e come tale, non é assoggettato a limitazioni, secondo quanto esplicitamente indicato dalla stessa norma CNR. Il suo dosaggio opportuno può comunque essere calibrato da una semplice riduzione della frazione di minori dimensioni: così come l’eccedenza della dimensione massima dei grani, per il “macerie”, può risolversi semplicemente con una vagliatura. Lo studio ha previsto l’utilizzo di tre tipi di bitumi, uno normale uno modificato con l’elastomero SBS e l’ultimo modificato con il plastomero EVA. MISTI BITUMATI REALIZZATI ESCLUSIVAMENTE CON MATERIALI RICICLATI Dalle curve granulometriche dei due materiali (“calcestruzzi” e “macerie”) “spuntati” al crivello da 30 mm, sono state determinate le relative percentuali in massa delle frazioni 0/5, 5/15 e 15/30, che sono state stoccate in laboratorio. Ciascun provino Marshall é stato confezionato con quantitativi costanti delle tre frazioni. Con bitume normale non é stato possibile raggiungere i valori minimi di stabilità Marshall, rigidezza e percentuale dei vuoti residui prescritti dai più diffusi capitolati speciali d’appalto per le opere stradali né per i provini confezionati con aggregati “calcestruzzi”, né con aggregati “macerie” Solamente l’impiego di bitumi modificati. peraltro a dosaggi nettamente superiori (5÷6%) a quelli normalmente adottati nei misti bitumati (3÷4%), ha consentito di ottenere stabilità più elevate, senza tuttavia consentire una sufficiente riduzione dei vuoti residui, che sono risultati sempre eccessivi, nonostante la notevole quantità di legante. Per migliorare i risultati ottenuti con le miscele costituite esclusivamente da aggregati di riciclaggio, i materiali prodotti dall’impianto sono stati corretti con aggiunta di sabbia di frantumazione e filler. I risultati dello studio Marshall hanno evidenziato un netto aumento della stabilità ma scarsi miglioramenti per i valori della rigidezza e della percentuale dei vuoti residui. Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ MATERALI TRADIZIONALI INTEGRATI CON MATERIALI RICICLATI L’ulteriore fase della ricerca sperimentale ha consentito comunque di accertare la possibilità di utilizzare i materiali `riciclati”, purché essi siano impiegati non più come aggregato principale di una miscela, ma come frazione integrativa di un aggregato tradizionale. E’ stata progettata, a tal fine, una curva granulometrica “classica”, conforme a quelle tradizionalmente usate per i misti bitumati, tutta costituita di materiale calcareo di cava, che rispettasse i requisiti generalmente richiesti dai Capitolati, in termini di percentuale dei vuoti, massa volumica, stabilità e rigidezza. Successivamente sono state individuate alcune miscele di aggregati, costituite prevalentemente dal materiale calcareo, ma con presenza di materiali di riciclo, rispettivamente in quantità pari al 10%, 30% e 50%, in modo tale che le granulometrie risultanti dall’aggiunta di “calcestruzzi” o di “macerie” fossero il più possibile coincidenti con la granulometria del calcare. Nella Fig. 8 (calcestruzzi) e nella Fig. 9 (macerie) sono riportati i risultati della prova Marshall ottenuti su provini costituiti con le suddette granulometrie, con un unico dosaggio di bitume, pari al 4%. Per il materiale calcareo integrato con il “calcestruzzo”, la stabilità risulta sempre maggiore del valore minimo di 7000 N stabilito dal capitolato speciale dell’ANAS (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade), indipendentemente dalla percentuale di materiale “integrativo”. Inoltre, la variazione della stabilità. al variare della percentuale di materiale di riciclo, rientra nella dispersione tipica dei risultati della prova Marshall; la presenza del materiale riciclato non determina, cioè, variazioni significative nei valori della stabilità. La rigidezza ha valori compresi nell’intervallo 2000÷3000 N mm la percentuale dei vuoti (per dosaggi dei materiali riciclati fino al 30%) risulta inferiore al 10%: le masse volumiche presentano un andamento leggermente decrescente, in funzione della percentuale di materiale integrativo. Per le miscele costituite da materiale calcareo e “macerie” sono stati riscontrati valori di stabilità meno pronunciati, ma comunque sempre maggiori del minimo di 7000 N stabilito dall’ANAS. Per quanto riguarda la rigidezza le masse volumiche e la percentuale di vuoti, sono stati ottenuti valori poco diversi rispetto a quelli delle miscele integrate con il “calcestruzzi”. Analizzando il comportamento delle miscele con bitumi modificati si osserva che il bitume normale (N) conferisce minori caratteristiche prestazionali rispetto a quelle ottenibili con i bitumi modificati (SBS: EVA). Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ Fig. 8 - Risultati ottenuti con miscele di aggregato calcareo di cava ed inerte di riciclo (calcestruzzi). Fig. 9 - Risultati ottenuti con miscele di aggregato calcareo di cava ed inerte di riciclo (macerie). In conclusione si può affermare che poiché i materiali litoidi originati dagli scarti delle demolizioni edilizie qualora utilizzati integralmente come aggregati produrrebbero miscele bituminose caratterizzate da un eccessivo valore di vuoti residui, i suddetti materiali possono essere utilmente impiegati per il confezionamento di misti bitumati, a condizione che il loro contenuto non superi il 30% della massa totale di aggregati. E’ Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ opportuno inoltre utilizzare, come leganti, i bitumi modificati, che sono in grado di potenziare le caratteristiche prestazionali delle miscele bituminose. Una migliore utilizzazione: l’impiego separato delle frazioni granulometriche Dalle risultanze sperimentali finora ottenute, appare che la frazione fine del materiale riciclato comporta qualche problema e tende a renderne più difficile e/o dispendioso l’impiego nelle costruzioni. Con riferimento all’impiego come materiale non legato, il fino, benché insensibile all’acqua, é responsabile in alcuni casi del mancato rispetto delle prescrizioni granulometriche. Si tenga presente, tra l’altro che la “chiusura” dei vuoti intergranulari potrebbe essere garantita, almeno parzialmente, dal fino prodotto sotto costipamento. Anche nel caso di impiego in zone interessate dal gelo, la eccessiva presenza di fino può risultare negativa. Quando si tratti di impiegare il materiale proveniente da scarto edilizio come aggregato per strati stabilizzati, misti cementati o addirittura per calcestruzzi, non solo divengono più vincolanti le prescrizioni relative alla granulometria, ma assumono importanza anche quelle relative alla pulizia del fino (prova dell’equivalente in sabbia), alla presenza di sostanza organiche o inibitrici della presa del cemento nonché di sostanze solfatiche. Anche la lavorabilità delle miscele a legante idraulico é fortemente condizionata dalla presenza eccessiva di parti fini e si sono constatati notevoli benefici derivanti dalla sua eliminazione, in termini di lavorabilità, assorbimento, resistenza e ritiro, così come risulta da recentissime ricerche. Peraltro si é rilevato che nella componente fina si raccolgono in prevalenza le particelle che hanno ancora una residua capacità legante e che sono responsabili dell’incremento di resistenza meccanica che si manifesta nel tempo, tanto da far pensare a fenomeni non marginali di autocementazione. Si può allora avanzare la ulteriore proposta, di cui occorre verificare la pratica realizzabilità, di destinare il fino ad impieghi nel campo delle stabilizzazioni a legante idraulico (terra cemento e simili) con o senza integrazione con ulteriori quantitativi di cemento. In un impianto ben organizzato, un’operazione di separazione del fino dal grosso potrebbe rivelarsi, tra l’altro, non particolarmente onerosa. Conclusioni Gli inerti ottenibili dai rifiuti delle demolizioni nel campo dell’edilizia e delle grandi opere infrastrutturali, insieme agli scarti derivanti dai processi di produzione di elementi, componenti e manufatti prefabbricati costituiscono una materia prima secondaria di enorme valore utilizzabile per realizzare nuove opere nel rispetto dell’ambiente. Per un corretto reimpiego, occorre che vengano rispettati alcuni requisiti fondamentali di pulizia dell’inerte e di costanza nel tempo delle caratteristiche granulometriche e compositive. Tali requisiti possono essere assicurati con sufficiente certezza dagli impianti fissi di frantumazione e trattamento. Occorre inoltre conoscere Il riciclaggio dei rifiuti inerti in edilizia – Atti del convegno nazionale, pp 81 – 103, Palermo 4 Giugno 1999. _______________________________________________________________________________________ approfonditamente e controllare frequentemente le caratteristiche dell’inerte prodotto, al fine di garantire un buon risultato nei diversi possibili campi di impiego. Per gli impieghi più nobili, si potrà far seguire alle fasi normali di frantumazione e trattamento, ulteriori fasi di più spinta selezione o di integrazione con altro materiale inerte o legante. Nel presente intervento si é fornito un panorama delle verifiche e delle determinazioni sperimentali svolte dall’Università “La Sapienza” di Roma su materiali provenienti da impianti di trattamento delle demolizioni edilizie. Tale attività ha spaziato in numerosi campi di impiego, dai misti granulari non legati ai misti cementati e bitumati, fino a raggiungere ottimali risultati anche con calcestruzzi di media resistenza ottenuti con l’impiego di additivi. Nel valutare le caratteristiche dei materiali di riciclaggio: sono stati considerati non solo i criteri di accettazione tradizionali, ma anche i requisiti funzionali richiesti dagli specifici impieghi, poiché quelle che, ad un’analisi superficiale, possono apparire carenze, sono a volte punti di forza di questo materiale alternativo. Sono stati forniti inoltre ampi cenni dei problemi operativi incontrati durante le operazioni di laboratorio e suggerite indicazioni sulle modalità di superamento delle eventuali particolarità d’uso.