LA STORIA DI GIULIA… Giulia nasce il 3 marzo 1971 in un piccolo paese isolato. Non ci è stato possibile ricostruire in modo completo la sua storia poiché sono mancate le fonti. Sappiamo che ha vissuto fino all'età di undici anni con la mamma e la zia materna,poiché i genitori erano separati. Dopo la morte della madre, il padre non si fa carico di lei, comincia a vagabondare e a bere fino a perdere la patria potestà. Giulia, che è ancora una bambina, è mandata in collegio dove rimane fino al compimento del diciottesimo anno di età. All’uscita dal collegio è accolta dalla zia materna. Sono anni difficili, Giulia comincia a star male manifestando problemi comportamentali fino ad arrivare a minacciare le persone. Nel 1989 è ricoverata nel reparto di diagnosi e cura, dove si cominciano a raccogliere informazioni sul suo conto. Il CPS la prende in carico e cerca di capire la sua situazione attraverso visite domiciliari e colloqui che avvengono con molte difficoltà per un suo rifiutare qualsiasi aiuto. Giulia si sente perseguitata, spiata e seguita. Suo unico interlocutore diviene la radio; passa gran parte della giornata seduta ad ascoltarla. Dopo il tentativo fatto, con l’aiuto dei servizi, di inserirsi nel mondo del lavoro, inizia una storia di chiusura in cui la vita di Giulia si svolge all’interno di poche stanze, nella penombra, seduta sulle scale di casa. Il mattino la zia esce e lei rimane lì, ascoltando musica per confondere quelle voci insistenti che per tutto il giorno richiamano la sua attenzione e assorbono le sue energie. Trascorrono lunghi anni e nel 2012 anche la zia muore. Giulia rimane sola un’altra volta, nessun ora può più occuparsi di lei. In una calda giornata di luglio arriva in Comunità, vista da lei come un luogo spaventoso dove ci sono tante persone sconosciute che parlano, sorridono e fanno tante domande. Giulia porta con sé pochi vestiti sgualciti, è disorientata con gli occhi di chi continua a chiedersi che cosa ne sarà di lei. Ad ogni domanda alza il dito indice, lo porta davanti alla bocca in segno di silenzio, non si sente la sua voce, non può dar voce al suo malessere. Da qui i nostri timori, la difficoltà a relazionarsi con lei, la necessità di ricordarsi di lei che rimane in camera in silenzio tutto il giorno. La relazione con Giulia cresce poco a poco. È fatta di piccoli gesti e poche parole. Difficile entrare nel suo mondo ; a volte la si sente parlare da sola, a volte la sua voce cambia e il volume si alza creando apprensione nel gruppo di lavoro che, con il passare dei giorni, la vicinanza, l’ascolto attivo e rispettando i suoi silenzi si interroga sul senso della cronicità,sulle difficoltà ad accettare i sintomi di Giulia e decide di provare a far leva sulle abilità. Il lavoro con Giulia è lento, fatto di piccole cose e di piccoli gesti che l’ aiutano ad avere fiducia in noi, ma prima di tutto in sé stessa. Numerosi gli approcci utili a poter condividere con lei il concetto di igiene. Ricordo la sua vergogna e le nostre titubanze per non imporle qualcosa che lei sentiva come intrusivo. E’ stato molto importante il giorno in cui Lucia, un' operatrice, si è seduta vicino a lei e le ha proposto di andare a comprare dei prodotti di bellezza, spiegandole dolcemente che era però necessario lavarsi per poterli utilizzare. Ricordo la felicità sul suo volto al ritorno dal negozio, tutti quei prodotti colorati e profumati erano i suoi. Nei tempi che seguono capita sempre più spesso di sentirla chiamare un’operatrice perché insieme si preparino le cose necessarie a poter fare la doccia e per spiegarle come poter rendere la sua pelle pulita e profumata e i suoi capelli morbidi. Giulia si sente apprezzata e autorizzata a parlare. Comincia a fare richieste, partecipa ad ogni uscita e ad ogni gita con una sete di esperienze quasi inarrestabile. Si cerca di lavorare per spingerla a uscire da sola, ma lei rifiuta categoricamente. Dice: “Ho paura, non voglio andare da sola perché mi seguono, andare insieme è più bello!” Si decide di rispettare i suoi tempi provando a far leva sul suo desiderio di uscire fino al giorno in cui chiede di essere accompagnata dalla parrucchiera. Le viene spiegato che non è possibile perchè tutti gli operatori sono impegnati in altre attività. C’è una possibilità perché vada dalla parrucchiera ,ed è quella di andare da sola. Si ricostruisce con lei il percorso per arrivare al negozio, si ricorda bene la strada, dopo essere stata rassicurata prende i soldi, li infila nel portafoglio e sorridendo esce. A Giulia piace fare shopping. Un giorno andiamo a comprare le scarpe. Vede dei sandali e li vuole provare, non sa che numero di scarpe porta, le si fa provare un 37, ma non riesce a calzarlo, è piccolo. Si cerca un 38, ma non lo si trova, lo si chiede alla commessa ma quel modello è esaurito. Giulia si arrabbia e comincia a urlarmi contro sostenendo che non voglio farle comprare quelle scarpe e che lei vuole portare il modello che ha scelto e non altre. Al rientro mi siedo vicino a lei e le spiego che il suo modo non è stato adeguato. Lei mi guarda, si scusa e sorridendo mi dice: “Io urlo con te perché tu sai difenderti”. Tutto si fa più chiaro. Giulia può finalmente far sentire la sua voce, non ha paura delle conseguenze. Sa che si può riparlare delle cose che accadono. Le voci sono sempre presenti, comincia a frequentare il gruppo “Uditori di voci”e timidamente, porta i suoi vissuti e spiega cosa vuol dire essere costantemente accompagnata dalle voci. Anche altri portano la loro esperienza e Giulia non si sente più sola. Parte per Roma con il gruppo uditori di voci per partecipare al Convegno Internazionale degli Uditori di voci. Un’esperienza unica: le fotografie davanti ai monumenti, il pernottamento in hotel, lo stupore, l’emozione, le lunghe camminate nonostante il mal di piedi. Giulia non ha mai viaggiato fino ad ora. I giorni si susseguono e Giulia è sempre più attenta a ciò che accade intorno a lei. Quella solitudine che l’ha accompagnata per lunghi anni ora non c’è più. Ora ha gli strumenti per affrontare la vita e qualcuno su cui contare. E’ presente in lei la fiducia nell’altro, sa che se vuole può condividere il suo dolore e questo lo attenua e lo rende meno angosciante e anche per gli operatori i suoi sintomi sono emotivamente più gestibili. Può pensare, anche se fa molta paura, di spiegare le ali, lasciare la comunità e vivere nuove esperienze più consapevole dei suoi limiti, ma anche delle sue risorse e della ricchezza di cui può essere fatta la vita. Ho voluto raccontare la storia di Giulia in quanto il lavoro fatto con lei rappresenta ciò su cui abbiamo posto la nostra attenzione in questi anni. Il processo di cambiamento avvenuto in lei è andato di pari passo con il cambiamento dell' équipe curante che ha saputo concentrare le proprie energie su un processo teso al recupero e alla scoperta di risorse utili ad un miglioramento della qualità della vita. Tenere conto delle nostre fatiche,dei nostri limiti e delle nostre paure ci ha messi in una posizione di mutamento e ascolto continuo e permesso di tollerare e comprendere i momenti di stanchezza, di stasi e di crisi. Lavorare sul desiderio e la speranza è fondamentale, ma a volte difficile in quanto significa saper attendere e, al tempo stesso, essere attenti e non stancarsi di ascoltare quei piccoli segni a volte difficili da cogliere. E' proprio questa la forza, a mio avviso, dell'èquipe curante: raccogliere le osservazioni di tutti e prestare attenzione all'altro e a ciò che ognuno porta nel gruppo è fondamentale, ma prevede anche il rispetto e la fiducia nell'altro. Questi requisiti non sono scontati e serve un lungo lavoro. Solo quando il gruppo è disposto a mettersi in gioco e a disposizione in un'ottica di continuo scambio cominciano ad essere presenti. Avere uno spazio in grado di accogliere le nostre difficoltà e paure ha fatto in modo che nei momenti di aggravamento del quadro psico-patologico di Giulia ci fossero le condizioni per tollerarli e per capire cosa sottendeva all'aumento delle voci così da dare una risposta, non solo farmacologica, ma a più ampio spettro. Il lavoro condiviso e lo spazio di riflessione costante ci hanno fornito gli strumenti per dare il tempo a Giulia di affrontare le proprie difficoltà e la sua angoscia con i mezzi a sua disposizione. La formazione continua ci ha inoltre permesso di tenere presenti i limiti e le fatiche che possono subentrare nel lavoro di cura con la cronicità. Nel tempo abbiamo imparato a non dare nulla per scontato, a non pensare che la condizione fosse immutabile, a trovare negli atteggiamenti a volte stereotipati dei significati utili alla persona per adattarsi meglio al contesto, a non pensare secondo le nostre convinzioni, ma tentare di aprirci ad un punto di vista differente. Tutto ciò, a mio avviso ci ha resi più ricchi e attenti non solo al malessere, ma anche ai desideri e bisogni dell'altro, così come l'altro è in grado di proporli e portarli in evidenza. Giulia, come molte altre persone, ci ha fornito costantemente degli spunti di riflessione su cui interrogarci. La stanchezza che alcuni di noi hanno provato lungo il percorso è stata sostenuta dal gruppo, permettendo di non sentirci soli o poco adatti a questo lavoro. Nel tempo le caratteristiche di ognuno sono emerse facendo sì che fossero valorizzate mantenendo la propria identità pur perseguendo obiettivi comuni. Tra gli obiettivi condivisi quello che per noi è divenuto estremamente significativo è favorire il benessere comune attraverso un continuo mutamento, fatto a volte di conflitti e altre di silenzi, senza perdere mai di vista che il lavoro è un continuo scambio tra persone. Oggi Giulia affronta una grande sfida che è il dover lasciare la comunità in quanto è arrivato il tempo che affronti un'ulteriore evoluzione. Non sarà un passaggio facile e in questa fase delicata diviene di fondamentale importanza la continuità terapeutica . Per ciò si sta costruendo intorno a lei una rete di supporto che la possa aiutare nel difficile passaggio da una situazione a lei familiare ad un'altra meno conosciuta. Giulia, che è stata aggiornata e coinvolta passo passo nelle varie fasi progettuali, è riuscita ad esplicitare i propri timori, le voci sono aumentate e la si vede più tesa, ma la differenza rispetto al passato è che oggi Giulia è più consapevole dei propri limiti e li esplicita. Da qui il nostro lavoro con lei per affrontare una nuova fase della sua vita rimescolando le carte, forti di un sapere maggiore, ma anche consapevoli della fragilità che accompagna e accompagnerà Giulia per tutta la vita in un ottica, però, non limitante, ma di ricchezza.