Maggio-Agosto 2014
VIBanca è prima in Italia
fra le “Banche Piccole”
anno VII - n° 2 - maggio-agosto 2014
Sommario
Editoriale
Via Provinciale Lucchese 125/B
51100 Pistoia
Tel. 0573 91391
Fax 0573 572331
www.vibanca.it
DIRETTORE RESPONSABILE
Luca Lubrani
Patrizio Rosi
TUTTO SOMMATO,
Intervista a Roberto Cresci
SERVIZI, EFFICIENZA, ORGANIZZAZIONE
Maria Valbonesi
IL PALAZZO DEI PANCIATICHI
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE
Edizioni Polistampa, Firenze
Via Livorno 8/32
50142 Firenze
Tel. 055 737871 (15 linee)
Amici di Pistoia
Daniele Negri
PISTOIA PER NILO NEGRI
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Luca Lubrani
I CARABINIERI:
DUE SECOLI,
MA NON LI DIMOSTRANO
Massimiliano Gori
intervista Roberto Vecchioni
NIENTE È COME APPARE
Finito di stampare in Firenze
presso la tipografia editrice Polistampa
luglio 2014
» 9
» 12
Borsa di Studio Vivarelli
PREMIATI
SOGNI E SPERANZE
» 15
Terra nostra
NEL
MEDIOEVO
» 17
Sport
Enzo Cabella
• PISTOIESE: C COME CALCIO CHE CONTA! » 19
• UMILTÀ, GIOCO E SPETTACOLO
» 22
Libri
Lisetta Bongi
MORTADELLA & INSALATA
» 24
Ricetta
Massimo Falbo
MERINGATA
» 26
Su il sipario
Luca Lubrani
Periodico registrato
presso il Tribunale di Pistoia
al n° 3/2008 in data 15/04/2008
» 4
La nostra storia
Luca Lubrani
CASTELLINA SI TUFFA
Il comitato di redazione si riserva
la decisione di pubblicare o meno
articoli e notizie inviati.
I materiali inviati alla redazione
non saranno restituiti
» 2
Pistoia nostra
Gente nostra
VINFORMA dà spazio a giovani ricercatori e studiosi del nostro territorio che si sono distinti
per la realizzazione di una tesi di laurea di particolare valore. Per eventuali proposte di collaborazioni per giovani laureati o ricercatori si
invita a contattare l’ufficio soci di ViBanca –
[email protected].
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La Banca
COMITATO DI REDAZIONE
Patrizio Rosi
Paolo Ferretti
Roberto Cresci
Mauro Pagliai
Stella Passini
Carlo Lucarini
Foto di copertina:
La sede VIBanca a Pontelungo.
PAG.
ANCORA UN ANNO POSITIVO
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Hobby e tempo libero
Luca De Simone
RACCOLTI E LAVORI
Spazio Soci
DOPO L’ESTATE
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Il Presidente di ICCREA Holding dottor
Giulio Magagni e il Presidente di ICCREA
Banca dottor Francesco Carri premiano
il Presidente avvocato Patrizio Rosi
per ViBanca, classificata prima in Italia
fra le “Banche Piccole” nello sviluppo
dei prodotti e dei servizi
del Gruppo Bancario ICCREA.
Maggio/Agosto 2014
ari Soci e cari Amici,
come preannunciato, anche l’esercizio 2013 si è concluso con un risultato positivo. La flessione dell’utile rispetto al 2012, dovuta soprattutto alla flessione del margine d’interesse e all’incremento dei crediti anomali, è
significativa, ma siamo riusciti a mantenere il segno più
e, con quanto si vede in giro, non è poco!
Inoltre, per l’anno passato, la “nostra” Banca si è
classificata al primo posto in Italia nella categoria
“Banche Piccole” nello sviluppo dei prodotti e servizi del Gruppo Bancario ICCREA. Un risultato prestigioso che sottolinea il forte impegno della
Banca nel promuovere lo sviluppo del territorio, col supporto del Gruppo Bancario ICCREA che propone soluzioni integrate e opportunità innovative per soddisfare le
esigenze della clientela.
Il risultato valorizza il lavoro dei dipendenti e degli amministratori dell’Istituto che,
col loro impegno e la loro professionalità,
hanno saputo individuare soluzioni appropriate per venire incontro alle esigenze dei
Soci e dei Clienti con l’attenzione e la vicinanza alla comunità che da oltre cent’anni
contraddistingue VIBanca e che è e rimane
il nostro obiettivo principale.
Il premio che ho ritirato nel corso della cerimonia organizzata nell’ambito del Congresso Annuale ICCREA, tenutosi a Roma nei giorni 26
e 27 giugno, è il riconoscimento dell’impegno e della serietà che VIBanca
ha dimostrato anche in questi anni difficili per l’economia nazionale
e locale.
VIBanca emerge a livello nazionale grazie a scelte strategiche che
da sempre privilegiano una sana e prudente gestione dell’attività, come testimoniano anche i dati del Bilancio 2013, presentati nel corso
dell’Assemblea dei Soci, che lo ha approvato all’unanimità. I numeri
sono importanti, ma ancor di più lo sono le persone e le attività che
mettiamo in atto a favore della valorizzazione e dello sviluppo del territorio. Se comunque i numeri hanno un significato, possiamo pensare con ottimismo al futuro, visto il miglioramento che da essi affiora
per i primi mesi dell’anno 2014.
In conclusione, desidero condividere il premio che VIBanca ha ricevuto con tutti i Soci e Clienti che in numero sempre maggiore ci riservano il loro consenso.
A tutti un fervido augurio per un secondo semestre dell’anno 2014
sereno e ricco di successi e soddisfazioni.
1
Editoriale
Tutto sommato,
ancora un anno positivo
Patrizio Rosi
a cura di
Enzo Cabella
Servizi, efficienza,
organizzazione
Intervista a Roberto Cresci, direttore generale
di VIBanca
oberto Cresci è il nuovo direttore
generale di VIBanca, Banca di credito cooperativo di San Pietro in
Vincio. Ha cinquantasette anni, è
sposato con la signora Michela Galardini, insegnante all’istituto tecnico Filippo Pacini di Pistoia, dove Cresci si è diplomato ragioniere.
Ha due figli, Giulia, avvocato, e
Andrea, studente universitario di
Economia e commercio. Il neo DG
ha salito tutti i gradini della carriera nella banca di Pontelungo.
Aveva ventitre anni quando fu assunto da quella che allora si chiamava Cassa rurale e artigiana di
S. Pietro in Vincio. Prima come
cassiere, poi a metà degli anni Novanta, dopo aver ricoperto varie
mansioni nei comparti della banca, fu promosso direttore della filiale di sede di Pontelungo. Nominato vicedirettore generale nel
2005, ha mantenuto la carica fino
all’aprile scorso, quando è diventato direttore generale.
Roberto Cresci, direttore generale
di VIBanca.
informa
Maggio/Agosto 2014
È il coronamento di una brillante carriera. Immagino sia felice e orgoglioso.
Molto. Devo ringraziare il
presidente Rosi e tutto il consiglio di amministrazione per la fiducia. Sono nato nella BCC di San
Pietro in Vincio, ho cercato di
dare il meglio di me e ora più che
mai non smetterò un minuto di
pensare e lavorare per questa
banca, che considero la mia seconda casa.
2
Lei trova una banca che, pur in
questi anni di crisi, è in continua crescita.
Ricordo che quando fui assunto la banca aveva un solo sportello,
adesso invece ne ha cinque, quattro
che gravitano su Pistoia e uno a
Quarrata. La banca è cresciuta soprattutto nei volumi. Basti pensare
che l’esercizio 1982 presentava una
raccolta da clientela di 9.500.000 lire (4.898 euro), impieghi per
3.360.000 lire (1735 euro), aveva solo nove dipendenti e 190 soci. Il bilancio al 31 dicembre 2013 presenta una raccolta diretta di oltre 240
milioni di euro, una raccolta indiretta di 56 milioni, impieghi per 200
milioni, un risultato d’esercizio positivo, i dipendenti sono 44 e i soci
1383.
Che cosa ha reso possibile questo
notevole sviluppo?
Vorrei dire la lungimiranza e il
buon governo dei vari consigli di
amministrazione che si sono succeduti negli anni. I presidenti, gli
amministratori e i sindaci hanno
dimostrato un forte spirito di appartenenza e una buona visione
strategica, oltre che un’oculata e
prudente gestione aziendale che negli anni ha portato la banca ad amministrare interessanti quote di
mercato nella provincia. Ma è stato fondamentale anche il clima di
forte collaborazione e condivisione
tra gli amministratori e il personale. Devo dire che nei colleghi c’è
La politica della banca, quindi, è
sempre stata rivolta a un’oculata e
moderna gestione aziendale.
La gestione aziendale è sempre
stata mirata alla centralità del socio-cliente, alla sua appartenenza
alla banca. L’adesione a un forte
gruppo bancario, l’ICCREA Holding,
ha permesso anche al nostro istituto di seguire il processo di modernizzazione che l’industria bancaria
italiana ha avuto negli ultimi decenni. Basti pensare alla nascita del
Fondo di garanzia degli obbligazionisti, un fondo volontario che garantisce oltre quaranta miliardi di
euro di obbligazioni emesse dalle
BCC. Inoltre è in corso un progetto
per la nascita di un Fondo di garanzia istituzionale, che rappresenta la forma più coerente ed efficace per la risoluzione di problemi
interni alle BCC, e di un Fondo di
garanzia dei depositanti.
VIBanca, come tutte le BCC, ha
un’attenzione particolare al territorio.
La riflessione che mi viene di
fare è che dove c’è una BCC il territorio cresce di più e meglio. La finalità delle nostre banche di credito cooperativo è di raccogliere il
risparmio nel territorio di appar-
tenenza e di reinvestirvelo, contribuendo quindi a creare ricchezza
e benessere. Il valore economico
che siamo in grado di generare non
finisce a favore di pochi, ma serve
a consolidare la banca che può
quindi investire in sviluppo e in
economia reale. In questi anni di
crisi, la nostra banca ha continuato a erogare credito, aiutando le
imprese e le famiglie.
Come vede il futuro di VIBanca?
Le linee guida sono già tracciate. Vogliamo proseguire nella
crescita dimensionale ed economica nell’ottica di una sana e prudente gestione aziendale, continuando a privilegiare il rapporto
con clienti e soci, ponendo attenzione alle loro esigenze, ai loro bisogni. Vogliamo sviluppare maggiormente l’offerta di servizi,
anche innovativi, per i nostri soci
e clienti. Programmare iniziative
e costruire opportunità per concepire una cultura d’impresa nelle nostre aziende, avvalendoci della collaborazione con le varie
associazioni di categoria presenti sul territorio. Dobbiamo cambiare il modello organizzativo,
trovare altri stimoli, rivedere gli
obiettivi, adeguarci ai cambiamenti. E non basta.
C’è dell’altro?
Dobbiamo avere lo sguardo rivolto anche a nuove iniziative e opportunità, che bisogna saper co-
gliere prontamente. Alcuni progetti già iniziati dovranno essere
portati a termine. Mi riferisco al
Progetto Giovani Soci, sperando
che possa trovare il suo naturale
percorso con la nascita di un’associazione in grado di gestirne e capirne le esigenze. Saper costruire
adesso una buona base sociale è di
primaria importanza per creare le
fondamenta per la futura governance della banca.
La Banca
sempre stato un forte senso di appartenenza e responsabilità. Posso
affermare che anch’io, nel mio percorso professionale, ho fatto tesoro di questi principi.
Qual è la partita da giocare per
il futuro?
Lo scenario economico, anche
per i prossimi anni, risulta ancora
incerto e ricco d’incognite. Pare
che vi siano segnali di ripresa, ma
sono ancora molto tenui. Il contesto esterno prevede ulteriori cambiamenti, riguardanti Basilea 3, l’unione bancaria e la bassa crescita
economica. La nostra banca, a
fronte di questo scenario, deve necessariamente trovare elementi di
sostegno, quali servizi a maggior
contenuto consulenziale, ricercare efficienza attraverso una razionalizzazione della struttura e cambiare modello organizzativo.
Questo richiede da parte di tutte le
componenti un grande sforzo, un
cambiamento anche per certi
aspetti culturale. Quello che è stato probabilmente non sarà più: nel
nuovo, forti della nostra tradizione, dobbiamo trovare altri stimoli, rivedere gli obiettivi, adeguarci
con velocità ai cambiamenti. I
Il direttore generale Roberto Cresci interviene nel corso dell’assemblea dei
soci di VIBanca per illustrare i lusinghieri dati del bilancio 2013.
Maria Valbonesi
Il palazzo dei Panciatichi
Le vicende storiche e architettoniche
di uno dei più amati monumenti pistoiesi
La bella loggia interna del palazzo
con l’elegante scalone, opera
dell’architetto rinascimentale Ventura
Vitoni, nato a Lamporecchio ma
pistoiese d’adozione, che dotò
esternamente l’edificio di una raffinata
gronda in sostituzione dei merli guelfi.
informa
Maggio/Agosto 2014
er sette secoli il palazzo Panciatichi è passato attraverso un intreccio di vicende storiche, familiari e architettoniche che non ha
paragone nella edilizia privata pistoiese. Eppure ancor oggi, riguardandolo, vien fatto di pensare: è sempre quello.
Quello che nel 1315 Vinciguerra Panciatichi decise di costruire
là dove la stretta via che dal convento di San Domenico portava al
Duomo veniva a incrociarsi con
quella “maestra” tracciata nel XII
secolo sul perimetro della prima
cerchia di mura: un imponente parallelepipedo di pietra, impostato
sugli archi di un portico continuo
e incoronato di massicci merli.
Nel progettarlo, probabilmente, Vinciguerra si era ricordato della bella fortezza Damiata, roccaforte e dimora dei Cancellieri di
parte nera, rasa al suolo nel 1301
dalla rabbia vendicativa dei bianchi. Ma siccome aveva soggiornato a lungo in Francia, non poté fare a meno d’introdurre in questa
solida struttura romanica qualche
più arioso elemento dell’architettura gotica: le slanciate volte a sesto acuto del secondo piano con le
lesene pensili che ne prolungavano lo slancio; e soprattutto le finestre a crociera, di cui nel Medioevo il palazzo Panciatichi offre
l’unico esempio, non solo pistoiese ma toscano e italiano.
4
Infatti i Panciatichi, presenti a
Pistoia fin dal XI secolo, nella seconda metà del XIII, dopo la sconfitta del partito ghibellino cui appartenevano, avevano preferito
emigrare. Uomini d’arme (basta
guardare i nomi: Vinciguerra è figlio di Astancollo e nipote di Infrangilasta) e d’affari, avevano accumulato grandi ricchezze,
soprattutto prestando soldi al re
di Francia e ai papi avignonesi.
Quando poi il partito ghibellino
sembrò riprendere quota in Toscana con Uguccione della Faggiola, Vinciguerra aveva lasciato
la Francia per scendere in campo
al suo fianco e sull’onda del successo di Uguccione era rientrato a
Pistoia con piglio – e possibilità –
di Signore ghibellino, cominciando subito a costruirvi il palazzo.
Ora, proprio un poco evidente
ma significativo particolare del
palazzo rivela l’improvviso capovolgimento politico, se non suo,
di suo figlio Giovanni e della famiglia. Perché dei tre stemmi che
vi si trovano, due, sulla facciata a
nord, sono semplicemente bianchi e neri, mentre l’altro, sull’angolo, espone sopra il terzo superiore nero un tondo bianco con
croce rossa (i colori del Comune
di Firenze). Questo a significare
che dal 1330 circa i Panciatichi
non sono più ghibellini ma guelfi, d’ora in avanti legati da irridu-
Maggio/Agosto 2014
traversa un periodo di devastante
guerra civile tra le fazioni dei Panciatichi e dei Cancellieri, durante
il quale il palazzo, roccaforte e rifugio dei primi, diventa teatro di
scontri furibondi e di episodi atroci (valga per tutti la morte di Conte Bisconti, strappato dal letto dove giaceva ferito, gettato da una
finestra e lasciato agonizzare per
più di tre ore in mezzo alla strada maestra).
A un certo punto i Cancellieri riuscirono a incendiare
il palazzo e a esiliare dalla città gli avversari.
“Vedili al fondo e persi, /
maladicendo parte ghibellina, / restati come
stringhe di dozzina. /
Tanto rigoglio inchina: /
arso è il palazzo e tutto il
circuito / così la lor mercede han ricevuto” esulta il
“cancelliere” Tommaso Baldinotti.
Ma la ruota della fortuna
continuò a girare, riportando a Pistoia Andrea Panciatichi, che
chiamò il più valente architetto locale, Ventura Vitoni, a “rifare” il
palazzo.
Col suo sicuro senso estetico il
Vitoni adattò felicemente alla
struttura originale alcune innovazioni di gusto e stile “moderno”: un ampio scalone e
una luminosa loggia sul
cortile, un’elegante gronda in pietra e legno artisticamente lavorati al
posto dei merli guelfi,
una panca di pietra che
corre lungo la chiusura
del portico.
In questa splendida dimora rinascimentale Gualtieri, il
nipote ed erede di
Andrea, festeggiò
magnificamente
5
le proprie nozze con Francesca
Guicciardini; e magnificamente
vennero ricevuti e ospitati durante
il XVI secolo Giuliano e Lorenzo
de’ Medici, il duca Alessandro e il
granduca Francesco con Bianca
Cappello.
Nel 1580 però il palazzo fu venduto a Lanfredino Cellesi, balì dei
cavalieri di Santo Stefano: e da
questo titolo del nuovo proprietario prese il nome di palazzo del
Balì, conservandolo anche dopo
essere passato, per via ereditaria,
alla famiglia Sozzifanti.
È rimasto punto di riferimento
della vita cittadina fino al 1943,
quando fu un’altra volta gravemente danneggiato in seguito al
bombardamento aereo, ma col restauro degli anni Sessanta ha ritrovato l’inconfondibile imponenza e nettezza volumetrica e “le
nobili linee del palazzo di VinciI
guerra”.
L’angolo di palazzo Panciatichi, detto anche palazzo del Balì, all’incrocio di via Panciatichi e via Cavour.
Pistoia nostra
cibile rivalità ai Cancellieri e da
fedelissima amicizia e alleanza alla guelfa Firenze. Un’alleanza dalla quale speravano che prima o
poi sarebbe derivata loro la signoria di Pistoia: cosa che invece
non avvenne mai, sia per l’accanita opposizione dei Cancellieri,
sia perché a Firenze conveniva più
conservare un certo equilibrio fra
le fazioni che lasciar prendere
definitivamente il sopravvento a una, per quanto fedele amica ed alleata.
Dunque il grande palazzo merlato non diventò mai da privato
pubblico; però di palazzo pubblico fece più
volte le funzioni e la figura. Così nel 1478 Andrea Panciatichi vi
ospitò la famiglia che Lorenzo de’ Medici, il Magnifico signore di Firenze, aveva fatto “sfollare”
per metterla al riparo dalla
peste che in tutta la Toscana risparmiava soltanto Pistoia.
Con rispettosa curiosità e ammirazione i pistoiesi vedevano madonna Clarice passeggiare nel bel
cortile recentemente ampliato e
appoggiare al pozzo il peso della
sua nuova maternità, mentre il piccolo Giovanni – il futuro papa Leone X – si attaccava alle sue vesti ripetendo: “Quando verrà Loencio?”
e al piano superiore Piero, il primogenito, studiava sotto la guida
di Agnolo Poliziano o cavalcava
con lui per le strade e in mezzo agli
orti che erano anche allora una delle bellezze della città.
Vent’anni dopo il panorama è
completamente cambiato. Non solo a Firenze, dove, morto Lorenzo,
il governo dei Medici è ben presto
sostituito da quello di fra Gerolamo Savonarola; ma anche a Pistoia, che fra il 1499 e il 1501 at-
Daniele Negri
Pistoia per Nilo Negri
A vent’anni dalla scomparsa,
il ricordo di un operatore culturale ante litteram
Nilo Negri nel
manifesto dell’evento.
Maggio/Agosto 2014
i è concluso da poco un mese di
maggio ricco d’iniziative dedicate
al ricordo di Nilo Negri, organizzate nel ventennale della sua scomparsa da Comune, Fondazione
Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, Museo Marini e Brigata del
Leoncino su impulso dei figli Daniele e Nicoletta e in particolare di
Maurizio Tuci, che insieme a lui
lottò con animo leggero e tenacissimo per una nuova stagione della cultura pistoiese.
Una specie di azione di mobilitazione permanente che fra il primo dopoguerra e gli anni Ottanta
vide formarsi in città un manipolo di sodali, degli “Amici miei”
scanzonati e serissimi, diversi e
molto legati tra loro, che con Nilo
dividevano un amore assoluto per
la città: Jorio Vivarelli scultore,
Giovani Battista Bassi architetto,
Valerio Gelli scultore e pittore,
Umberto Bovi, medaglista e incisore, Maurizio Tuci – allora il ‘ragazzo’ del gruppo –, musicofilo ed
esperto di spettacolo, e ovviamente Nilo Negri, pubblicista e drammaturgo-poeta oltre che critico
teatrale.
Gente non comunissima, che
portava in dote variegati bagagli
culturali e di vita lavorativa da ambienti assolutamente diversi: l’Istituto d’arte Petrocchi per Bassi, Vivarelli e Bovi, il liceo scientifico
Duca d’Aosta per Gelli, la Banca
6
d’Italia per Tuci, la San Giorgio per
Negri.
In particolare la San Giorgio –
oggi AnsaldoBreda – sarà dal dopoguerra un cruciale snodo di continuità fra le varie esperienze che
Nilo Negri e i suoi amici porteranno avanti per oltre un trentennio.
Qui, nel 1949, lui e l’amico Giulio
Fiorini avranno un’idea, anzi, l’Idea: fondare un premio teatrale e
intitolarlo a Francesco Vallecorsi,
un altro patito per le scene che lavorava con loro in fabbrica e faceva teatro nella Filodrammatica
aziendale tra gli anni Trenta e Quaranta, quando la guerra e i bombardamenti avevano drasticamente cambiato per tutti lo scenario.
Sorpreso come migliaia di altri
soldati italiani dall’armistizio dell’8
settembre del ’43, Negri era stato
rinchiuso coi compagni di caserma in un carro bestiame a Borgo
Panigale, presso Bologna. Qui un
lungo lentissimo treno l’aveva portato nel cuore della Germania dove per quasi due anni (fino al luglio del ’45) era stato un IMI, un
Internato Militare Italiano, pressoché privo dei pur basilari diritti
dei prigionieri di guerra. Un anonimo Kriegsgefangener che non
aderì alla RSI per un’insofferenza
in primis antropologica e culturale alle manifestazioni totalitarie, e
quindi sballottato in diversi campi di concentramento e lavoro for-
Maggio/Agosto 2014
di differenza culturale fra un ante
e un post. Un ponte tra un teatro
in fabbrica, in mezzo alle carrozzerie, e la città murata, quella del
teatro Manzoni e degli altri luoghi
tradizionalmente deputati ‘alla
cultura’, uno scavalcamento delle
mura – medievali e mentali! – per
toccare le Officine, lì dai primi del
Novecento, appena fuori la terza
cerchia, in Ciliegiole, e aprirsi al
mondo reale. Per contaminare con
la magia del teatro quel mondo
reale.
È da allora – siamo a fine anni
Sessanta – che Pistoia vede formarsi un nuovo milieu artistico-figurativo, teatrale e poetico, in cui
Nilo Negri gioca il ruolo elettivo di
catalizzatore. Esistendo e agendo
nel quotidiano rende cioè possibili e reali le iniziative, mutandole da
progetti a volte fantastici in cose
concretissime, creando e abitando
un ambiente che è insieme profondamente e anche diversamente culturale soprattutto perché è somma
di culture tra loro diverse come so-
no diversi i suoi protagonisti. Critico teatrale per “La Nazione” di Pistoia, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, è anche collaboratore
del “Nuovo Corriere” e del “Resto
del Carlino”, delle riviste teatrali “Il
Dramma”, “Hystrio” e, negli anni
Ottanta, di “Bell’Italia” di Giorgio
Mondadori Editore. Lavora in Breda e quindi usa quel ponte – il Vallecorsi – da lui co-creato, per allargarne la platea all’intera città e
diventando, ante litteram, quell’instancabile animatore culturale che
dagli anni Settanta inventa – con
Vivarelli, Bassi, Gelli, Bovi, Tuci e
altri – e traina il Gruppo Amici di Pistoia, che accenderà la scena pistoiese per oltre due decenni con
iniziative anche di eco nazionale.
Diciamo tra gli altri del premio “Il
Cino” che, col raffinato bronzetto
di Cino da Pistoia di Valerio Gelli,
ha reso omaggio a quei pistoiesi, di
nascita e d’adozione, distintisi ai
massimi livelli nel campo dell’arte
e della cultura (fra questi la Manzini, Bolognini, Michelucci, Marino
Nilo Negri tra Agenore Fabbri,
scultore, e Piero Bigongiari, poeta
e letterato, ambedue vincitori del
premio Il Cino.
7
Gente nostra
zato tra Hannover e Braunschweig, in balia di ottusi aguzzini, concentrato a sopravvivere alla studiata razione da morte per
fame dei campi, ai capricci delle
guardie e alle bombe degli Alleati
che poi l’avrebbero liberato. Un
esperimento in vivo di resistenza e
sopravvivenza straordinariamente interiorizzato e rivissuto anni
dopo, da cittadino libero in un’Italia liberata, attraverso una serie di
bellissime poesie che fanno rivivere quegli stati limite di esistenza,
quella scommessa quotidiana con
la morte, quella nostalgia assoluta
per gli affetti e la sua città che solo un poeta riesce a tradurre e far
condividere universalmente.
È la testimonianza della raccolta di poesie Oltre la memoria.
Lager 6132, e non solo. Sono i canti sulla prigionia e sul ritorno che
gli hanno fatto scambiare molti anni più tardi lettere toccanti con Primo Levi che, da ebreo, aveva vissuto e rivissuto intellettualmente
quelle esperienze definitive e quell’imprinting da cui nessun sopravvissuto a quei campi può davvero
liberarsi.
Nilo e Giulio quindi, da reduci, fondano fra le macerie un premio teatrale dedicato a un operaio
della San Giorgio e portano i protagonisti del teatro in fabbrica!
Un’iniziativa totalmente rivoluzionaria per i tempi (il Fabbricone di Prato e Ronconi verranno
molto dopo, e saranno diversi), e
creata dal niente. E costruiscono
uno straordinario ponte lanciato
da questi due pontieri della cultura fra i luoghi del lavoro e il mondo del palcoscenico: prima quello
locale e poi, dal ’57, col Premio che
diviene nazionale, aprendo all’intero Paese e oltre. Premio – oggi
alla cinquantottesima edizione –
che ha marcato, per una Pistoia
che usciva dal conflitto, il punto
La copertina di I.M.I. 156452. Il
coraggio del no, pubblicato nel 2003
dall’Istituto storico della Resistenza e della
Società contemporanea nella provincia di
Pistoia in ricordo di Nilo Negri, scomparso
nel 1994.
Marini, Bigongiari, Guccini) e che
magari avevano come rimosso le
radici pistoiesi e finito per considerare Pistoia più come matrigna
indifferente che come madre…
E diciamo del premio “Pistoia
Teatro”, parallelo al premio Vallecorsi e consistente nell’esecuzione
di una serie di splendidi busti in
bronzo di Jorio Vivarelli, attribuiti negli anni ai più importanti interpreti della scena italiana (Buazzelli, Falck, Eduardo, Gassman,
Carraro e altri) che hanno visto
plasmate nel metallo le loro fattezze umane e ancor più le loro
maschere di scena. Due premi che
hanno ricucito antichi strappi dei
protagonisti con Pistoia, oltre a lasciare uno straordinario epistolario, toccante, sincero, tra ciascuno di loro e Nilo, con lettere anche
pubblicate – come nel caso di Lettere a Pistoia. Epistole a Nilo Negri
– di una Gianna Manzini in procinto di scrivere Ritratto in piedi
Maggio/Agosto 2014
dopo essersi rappacificata con la
figura del padre e la sua città.
Nilo Negri è vissuto comunque
di teatro e per il teatro. Non solo e
non tanto per il ‘suo’ premio Vallecorsi – che comunque vince nelle prime edizioni –, ma creando
anche un proprio teatro autografo,
primo amore e la sua prima valvola di sfogo. Storie molto personali, dalle tinte forti e dai sentimenti aspri portati spesso a
rottura, segnate insieme dalla speranza estrema – malgrado tutto –
nella capacità rigeneratrice dell’amore.
L’esordio è con Sentieri per la
regia di Giovacchino Forzano e
poi, a seguire, Accadde così (1955)
prima classificata al premio Dina
Galli; Marina (1958), la più rappresentata, anche in Svizzera e Jugoslavia, che ha visto in Italia il
debutto di Ugo Pagliai; Il nostro
viaggio (1963), protagonista, al
suo debutto, Claudio Bigagli; Ballata di guerra (1967), premiata al
festival nazionale di Pesaro come
migliore novità d’autore italiano,
Spettacolo tutto da ridere (finalista al premio Pirandello 1979),
rappresentata a Roma nel 1980,
Quell’estate sul fiume (1970), finalista al premio Flaiano, rap-
La copertina della raccolta di Nilo Negri
Oltre la memoria. Lager 6132 (1980):
centoventi poesie illustrate da quattro
acqueforti di Agenore Fabbri e Jorio
Vivarelli, con presentazione di Geno
Pampaloni.
presentata dal Teatro Stabile di
Trieste nel 1984, e Il povero signor
Pilade, rappresentato al teatro
Manzoni di Pistoia in occasione
della prima ricorrenza della scomparsa di un uomo di azione culturale molto in anticipo sui tempi, pistoiese in modo profondo,
con un radicamento e un legame
tanto forti quanto fecondi con la
I
sua città.
Un ricordo del premio Vallecorsi, creato da Nilo Negri con Giulio Fiorini: 12
ottobre 1975, la giuria presieduta dal regista Sandro Bolchi premia lo scrittore
Mario Grasso per la commedia Convegno per un parco (dal sito
www.mariograssoscrittore.it).
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I Carabinieri: due secoli,
ma non li dimostrano
Intervista al colonnello Eugenio Cacciuttolo,
comandante provinciale dell’Arma a Pistoia
l colonnello Eugenio Cacciuttolo
regge il Comando Provinciale dei
Carabinieri di Pistoia. In questa intervista ripercorre i due secoli di vita dell’Arma e ne sottolinea il profondo radicamento nel territorio
nazionale.
La carica, il momento culminante
del celeberrimo carosello dei Carabinieri
a cavallo, eseguita dal IV reggimento
dell’Arma nei pressi del parco
della Mandria (Torino).
Una gazzella dei Carabinieri in servizio
di pattugliamento.
Si tratta di un anniversario importante, in considerazione del grande valore acquisito dall’Arma nei
suoi duecento anni di vita
Effettivamente, dal 13 luglio
1814, quando il re di Sardegna Vittorio Emanuele I di Savoia istituì i
Carabinieri reali, con le Regie Patenti, di strada ne è stata fatta. Sono ormai quotidiani gli episodi in
cui la vita del paese e dei cittadini si
lega strettamente a quella dei Carabinieri. L’Arma ha condiviso sia gli
eventi tragici che quelli gioiosi della storia d’Italia, tanto da essere annoverata tra i simboli stessi del Paese nel mondo e – non per ultimo –
essere unanimemente riconosciuta
con l’appellativo di “benemerita”.
Gli innumerevoli attestati di stima
e apprezzamento giunti ai Carabinieri sia dalle più alte autorità internazionali e nazionali che dai comuni cittadini sono solo una
trasposizione del sentimento che lega l’Arma all’Italia. Certo, a volte, in
situazioni imponderabili, il nostro
operato può essere oggetto di critiche: siamo uomini e siamo
soggetti a sbagliare.
Una composizione vegetale
per il bicentenario dell’Arma:
non poteva essere altrimenti a Pistoia,
capitale del florovivaismo.
Com’è cambiato nel tempo il
ruolo del Carabiniere?
In linea di massima i compiti
non sono cambiati, ovviamente si
sono adeguati ai tempi e alle esigenze di una società moderna, grazie anche alla creazione di unità
specializzate (NAS, NOE, GIS, Nuclei
Elicotteri eccetera). L’Arma è nata
come un corpo di élite, con ampie
competenze in materia di ordine
pubblico, la cui funzione di protezione della stabilità interna era
considerata talmente importante
da venir solo dopo la salvaguardia
della persona del sovrano stesso.
L’obiettivo considerato di primaria importanza era di costituire attraverso l’Arma una prima linea di difesa territoriale e coprire
sistematicamente il territorio nel
contrasto alla criminalità: ed è rimasto praticamente lo stesso fino
La nostra storia
Luca Lubrani
La carriera
Il colonnello Eugenio Cacciuttolo, cinquantaduenne, è a capo del Comando
Provinciale dei Carabinieri di Pistoia dal
settembre 2012. È laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Sicurezza esterna e interna. Ha frequentato la Scuola militare della Nunziatella di Napoli e
l’Accademia militare di Modena, nonché
la Scuola Ufficiali di Roma. Nei suoi trentasei anni di vita militare, oltre ad aver
seguito numerosi corsi di aggiornamento e specializzazione, ha retto vari comandi territoriali dell’Arma nel grado di
capitano, quali le compagnie di Tempio
Pausania in Sardegna e di Pomezia in provincia di Roma, nel grado di tenente colonnello e colonnello i Comandi Provinciali di Pesaro-Urbino e Pistoia. Inoltre
ha retto il comando del Nucleo operativo
e radiomobile a Lodi e assolto incarichi
di Stato Maggiore al Comando generale
dell’Arma e in Comandi di vertice.
ai nostri tempi. A queste funzioni
si affiancavano quelle militari, legate sia ai compiti di polizia militare che a quelli operativi al pari
delle altre Forze Armate impegnate nei conflitti. Oggi come allora il
regolamento organico fissa le seguenti priorità: vegliare sul mantenimento dell’ordine pubblico,
sulla sicurezza e l’incolumità dei
cittadini, sulla tutela della proprietà; curare l’osservanza delle
leggi e dei regolamenti generali e
speciali dello Stato, delle regioni,
Maggio/Agosto 2014
Il colonnello Eugenio Cacciuttolo,
comandante provinciale dei Carabinieri
di Pistoia.
delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle pubbliche autorità; prestare soccorso in
caso d’incidenti pubblici e privati.
Una vigilanza attiva, ininterrotta,
e l’azione repressiva dei fatti delittuosi costituiscono l’essenza della
missione dell’Arma e, analogamente, sono rimasti quasi invariati i compiti e le funzioni di carattere militare.
La Toscana, tra l’altro, vanta
un’apprezzata scuola di sottufficiali.
10
La Scuola allievi marescialli e
brigadieri carabinieri, con le sedi di
Velletri e Firenze, costituisce un
centro d’eccellenza per la formazione dei futuri comandanti di stazione e l’aggiornamento dei sottufficiali dell’Arma. A Firenze, nella
storica sede di piazza della Stazione di Santa Maria Novella, nel sito
dell’ex-monastero della Santissima
Concezione e di una parte del complesso di Santa Maria Novella, ha
sede il 2° Reggimento allievi marescialli. Il corso triennale consente
agli allievi di raggiungere il grado
di maresciallo nonché una laurea
breve quali “Operatori della Sicurezza Sociale” presso la facoltà di
Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Firenze. I moduli d’istruzione, oltre a fornire una base
teorica, prevedendo esami in varie
discipline giuridiche e militari, forniscono anche un approccio pratico tramite esercitazioni sul campo
che variano tra i compiti di polizia
(ad esempio, come si pianifica e si
attua un pattugliamento o un posto
di blocco) e quelli prettamente militari (come l’attività nelle missioni
di pace all’estero eccetera).
Le vostre stazioni sono da sempre punto di riferimento per la gente.
Infatti i Carabinieri della Territoriale, quelli più conosciuti dal cit-
Un momento delle celebrazioni
del secondo centenario dei
Carabinieri a Pistoia.
che rende la figura del Carabiniere
vicina alla società civile, parte integrante di quella comunità o come
ha detto recentemente Sua Santità
Papa Francesco, “della gente”.
A conferma della vostra importanza, quasi tutti i Comuni della
Provincia vi hanno assegnato la cittadinanza onoraria.
Credo che l’iniziativa, che ha accomunato le amministrazioni locali, sia un attestato di stima e apprezzamento per l’opera che i
Carabinieri hanno svolto nell’ambito provinciale. Le stazioni dei Carabinieri, caposaldo dell’Istituzione, sono per questi enti locali punto
di riferimento per il regolare e ordinato svolgimento della vita civile.
Non a caso al cinema, in televisione e nella letteratura le icone che
spesso rappresentano queste realtà
Sicurezza e fiducia
Paolo Baldassarri
Associazione Nazionale Carabinieri di Pistoia
Duecento anni fa, il sovrano di un modesto Stato dell’Europa meridionale, il re Vittorio Emanuele I, riprendeva pieno possesso di tutte le proprie terre, nonché delle tradizioni, della cultura e della politica del regno. Il monarca, ancorato a principi dinastici e assolutistici, era tuttavia
paternamente premuroso verso i sudditi: le popolazioni contadine, socialmente arretrate e in larga parte analfabete, percepivano con insofferente sospetto il vento delle nuove idee, perché identificavano la
libertà nella normalità e lo Stato nel legittimo sovrano. Soltanto pochi
esponenti delle élite culturali sentivano il disagio e l’oppressione di
quel paternalismo. Per noi sarebbero stati patrioti, ma all’epoca erano considerati sovversivi, anche pericolosi. Questi erano il clima e l’ambiente che il 20 maggio 1814 accolsero con festose acclamazioni il
ritorno a Torino di Vittorio Emanuele I re di Sardegna, che riprendeva
possesso dei propri domini continentali (Savoia, Nizza, Piemonte e poco dopo anche la Liguria) dopo l’esilio nell’isola, cui l’aveva costretto
Napoleone per più di tre lustri. Un premio che il Congresso di Vienna
(1815) accordava al sovrano sabaudo per la sua fedeltà alla causa antifrancese: un premio assicurato e… minacciato dalle baionette austriache del feldmaresciallo principe di Schwarzenberg. Manzoniano
“vaso di coccio tra vasi di ferro”, il ricostituito regno sardo-piemontese doveva subito fornire prova di stabilità e affidabilità, pena il protettorato diretto da parte dell’incombente impero asburgico. Tale pressante esigenza comportava la garanzia di due certezze: l’indiscussa
Maggio/Agosto 2014
11
sono il maresciallo comandante della Stazione, il parroco, il sindaco e
il farmacista. Vorrei però aggiungere che ho prestato servizio in varie località italiane e ovunque ho
sempre trovato quell’affetto e quella riconoscenza che difficilmente
vengono riposti in altre Istituzioni.
Ai cittadini sono ben chiare le qualità morali, sociali e umane che
contraddistinguono i Carabinieri:
una parola di conforto a persone in
difficoltà, la tutela di donne e minori nelle violenze domestiche,
tanti altri fatti ormai alla ribalta
della cronaca. Credo che questo
sentimento comune non abbia bisogno di esternazioni eccezionali,
perché è percepito quotidianamente dal Carabiniere: e questa
credo sia la più concreta e sincera
valorizzazione dell’opera svolta negli anni dall’Arma.
I
autorità del re e il controllo stringente dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Obiettivi conseguibili solo con un apparato statale efficiente e una polizia professionale e assolutamente fedele. Vittorio Emanuele pose immediatamente mano a queste incombenze, cercando di conciliare le
regole rigide dell’“antico” con l’esperienza maturata del “nuovo”. Ossia ristabilì organi e leggi precedenti l’occupazione francese, utilizzando tuttavia anche uomini e strutture che in essa avevano dimostrato competenza ed efficacia. Così il 13 luglio 1814 diede vita al
corpo dei Carabinieri Reali, che si volle legato strettamente alla dinastia e alle istituzioni monarchiche, ma con struttura e personale già sperimentati nell’impero napoleonico. Fu una brillante intuizione, tutt’oggi in pieno successo. Tra i massimi protagonisti del Risorgimento,
soprattutto nel fronte interno, dove hanno fatto da tessuto connettivo
nazionale, i Carabinieri sono stati e sono un baluardo a difesa dello Stato, secondo quei concetti di legittimità e di legalità che ne hanno anche mantenuto il privilegio della tutela del suo Capo, al di là e nell’ambito dei mutamenti istituzionali.
Certo quel re “codino” ma saggio e i suoi accortissimi consiglieri non
avevano conoscenza di quanta lungimiranza ci fosse nel modello di sicurezza che avevano progettato, ma hanno lavorato bene, molto bene: e quel modello è stimolo ed esempio oggi per altri stati e motivo
comunque dell’ammirazione internazionale. Ammirazione per l’Arma,
ammirazione per l’Italia. Questa è la ricchezza tramandata dai nostri
due secoli di storia, che ci accingiamo a celebrare con diverse iniziative e per le quali speriamo in un solidale e affettuoso sostegno da parte degli amici dell’Arma che già ci hanno dimostrato più volte la loro
concreta vicinanza.
La nostra storia
tadino, svolgono la loro opera a
stretto contatto con la vita quotidiana della gente , quando sono incaricati del servizio di pattuglia per
il controllo del territorio al fine di
prevenire i reati. Ma ovviamente il
Carabiniere non interviene solo in
caso di reati: lo possiamo vedere vicino a una scuola che aiuta i bambini ad attraversare la strada, o tranquillizzare la persona anziana che
magari vive da sola, o ancora cercare di persuadere il disperato che
tenta il suicidio. Figura ormai familiare è il Carabiniere di quartiere, che è in costante contatto con le
varie realtà del territorio, non solo
per gli specifici compiti previsti dalle norme regolamentari, ma anche
per un consiglio, un voler essere al
fianco delle persone e assicurar loro protezione. Questo è il vero valore sociale che viene apprezzato e
a cura di
Massimiliano Gori
Niente è come appare
Intervista a Roberto Vecchioni, intellettuale, poeta,
musicista per rabbia e per amore
oberto Vecchioni, professore per oltre trent’anni di latino e greco nei licei e affermato cantante, è stato relatore dei “Dialoghi sull’uomo”,
manifestazione organizzata dalla
Fondazione Cassa di Risparmio di
Pistoia e Pescia e dal Comune di Pistoia. Vecchioni alterna l’attività
d’insegnante presso varie università
italiane e straniere a quella di cantante. Ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti ed è autore di
libri, saggi e raccolte di poesie. Ai
“Dialoghi sull’uomo”, dove ha parlato insieme a Marco Aime sul mestiere di condividere musica e parole, ci ha rilasciato questa intervista.
Professor Vecchioni, per il terzo
anno consecutivo è venuto a far musica e cultura nella nostra Pistoia.
Come la trova? Concorda con
la celebre frase del suo amico Guccini che, a proposito di vivere in realtà come
la nostra, menziona “la
grazia o il tedio a morte
del vivere in provincia...?”.
Non posso certo dar
torto al mio amico Francesco… Lui conosce sicuramente meglio la vostra città, se non ricordo
male è stato anche presi-
Roberto Vecchioni in uno
scatto di Paolo De Francesco.
Maggio/Agosto 2014
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dente onorario della squadra di
calcio, anche se non ho mai ben capito il perché… Comunque, pur
avendo trascorso gran parte della
mia vita in una metropoli, amo tantissimo le città italiane medio-piccole, che non definirei provinciali,
piuttosto centri per la difesa della
cultura, del territorio, della storia,
dei rapporti quotidiani, anche normali, anche semplicemente da bar,
quegli stessi rapporti che la grande città come Milano – non certo
la Milano che ho amato io – raffredda sempre più, limita, numera addirittura. A Pistoia torno sempre volentieri, per amicizia e per
l’atmosfera intima che regala. Non
è poi così piccola, con i suoi oltre
novantamila abitanti, e la sua storia importante, dai romani all’epoca dei comuni e al Medioevo, sino al Carducci.
Lei nell’ultimo decennio si è spogliato delle vesti del cantautore per
assumere quelle di vero e proprio
esponente di spicco, a trecentosessanta gradi, del nostro panorama
letterario e culturale. Stupisce e affascina la sua ecletticità, la sua capacità di ascoltare e dialogare “facendo riflettere”. Quali sono i suoi
progetti letterari di prossima realizzazione?
In autunno uscirà il mio nuovo
romanzo, una storia che portavo
nel cuore e nella testa e che è diventata scrittura più velocemente
di quanto potessi immaginare, in
poco più di due mesi, a conferma
che se l’identificazione è totale, se
è l’emozione che dirige la penna,
non hai bisogno di tanto tempo,
devi buttare fuori, eruttare, quasi
liberarti del racconto per offrirlo
agli altri il prima possibile. È successo così anche per l’ultimo disco.
Con l’età sono diventato più lento
in tante cose, e molto, ma non nella realizzazione di dischi e nella
scrittura.
le cose in genere, è molto carnale,
fisico, non sempre duraturo. Col
passare degli anni l’amore cambia
e ti cambia, è un assaporare quotidiano più profondo, è alla base di
tutte le scelte, anche politiche, anche letterarie, e non hai più paura
Il suo ultimo, bellissimo, lavoro
discografico è denso di spunti di riflessione e di messaggi tra i quali, al
contrario del titolo (“Io non appartengo più”), l’amore figura come “la
sola scusa di vivere che hai”. Cos’è
l’amore a settant’anni per Roberto
Vecchioni?
È tutto. Veramente è più completamente di quando avevo
vent’anni. Quando sei giovane molto spesso l’amore si confonde con
l’attrazione, il sesso, l’infatuazione:
il rapporto con l’amata, e anche con
Maggio/Agosto 2014
Un’intensa
espressione
“rubata” a Roberto
Vecchioni
13
di dire no, non hai più la forza di
voler provare tutto, ma hai la forza
di vivere profondamente le tue scelte. Come, appunto, la scelta, credo
anche forte, penso non solo mia, di
rifiutare la maggior parte di quello
che offre questa nostra epoca di apparenza, di traviata democrazia, di
valori con la data di scadenza come i prodotti alimentari. Arriva il
giorno nel quale uno dice basta e si
rifugia nell’eternità classica dell’uomo, quella che non tramonta
mai: se una volta salivi sul ring e poco importava chi era esattamente
l’avversario di turno, oggi dovrei
meditare a lungo, troppo a lungo,
per trovare a chi tirare un pugno,
quindi preferisco il rifugio dei libri,
dei testi classici, greci e latini, dove
peraltro trovi quasi tutte le risposte
ai problemi dell’uomo, anche di
quello così confuso e senza una meta di oggi.
I giovani devono continuare a
sognare? E che cosa?
Amici di Pistoia
La copertina dell’album “Io non
appartengo più” (2013).
Bisogna sognare cose realizzabili. E avere il coraggio di farlo senza la minima vergogna, anche se
gli altri ti giudicano negativamente perché non sei alla moda. Se finiscono i sogni, termina il mondo.
Non c’è futuro senza un recupero dei valori del passato, intesi come cultura, costumi, arte, filosofia.
Non c’è niente che i greci non abbiano già detto: è d’accordo?
Assolutamente sì. Dal punto di
vista umano, sociale, politico.
Fatte le dovute proporzioni temporali, loro hanno saputo arrivare al nucleo dell’umano, hanno
generato la parola, i suoi significati. È come se avessero azionato l’enorme clessidra del tempo:
ecco, quello che rimane trascorretelo pure come volete, nulla
sarà più come prima.
Un ritratto fotografico di Roberto
Vecchioni firmato
Paolo De Francesco.
La seconda parte del suo tour “Io
non appartengo più” è in corso: sold
out ovunque, standing ovation, tanti giovani in platea che “scoprono”
le parole e i messaggi di Roberto Vecchioni. Che effetto le fa?
Un piacere immenso. Come la
voglia, altrettanto immensa, di regalare emozioni. Come dico anche nello spettacolo, alla fine questo mestiere si fa per passione,
non tanto per l’applauso, soprattutto per sentirsi dire “sai, in quel-
La copertina dell’album
“Rotary Club of Malindi”
(2004).
Maggio/Agosto 2014
14
la canzone mi hai raccontato come io non avrei mai saputo fare”.
Certo, quello che ogni volta sorprende è l’età media del pubblico,
più bassa di quanto io stesso potessi immaginare. I giovani hanno
voglia di capire, il tempo non li ha
ancora sopiti e, partendo magari
da un piccolo spunto, ascoltato alla radio o per caso da un genitore, vanno alla ricerca di qualcosa
di diverso dal pensiero musicale
comune, cercano qualcuno che ha
un vissuto e non solo qualcosa da
vendere. Qualche settimana fa, all’università di Pavia, un gruppo di
studenti ha organizzato una tavola rotonda su Bob Dylan e Fabrizio de André. Io partecipavo in
quanto professore del corso di
poesia in musica, quest’anno dedicato alla figura femminile nella
canzone italiana, dalle origini ai
giorni nostri. Sinceramente, non
mi aspettavo molto pubblico alla
tavola rotonda. Invece l’aula magna era piena: di giovani e di attenzione. Bene così.
Un vecchioniano nostro concittadino, pur non scegliendo tra i suoi
pezzi, perché ogni figlio è “’nu piezz’e
core”, sostiene che “Rotary Club of
Malindi” sia IL suo capolavoro. Eppure… è forse il suo CD che ha avuto meno successo. Può quindi dirsi, nella musica come in ogni altro
settore della vita, che l’apparenza inganni o, come lei ama dire, “niente
è come appare”?
Infatti. “Rotary” è un disco che
amo moltissimo e che amerò per
sempre. Rappresenta la rinascita,
la seconda origine, l’acquisizione
di una nuova voglia di vivere, di
scrivere, di cantare. Rappresenta
lo sfogo, la gioia, il ritrovato gusto,
la sincerità, la rabbia e l’amore. Lo
considero un disco terapeutico e
sono contento che abbia fatto bene non solo a me.
I
Borsa di studio
Vivarelli
Premiati sogni e speranze
Si è conclusa con un grande successo la sesta edizione della Borsa di Studio “Jorio Vivarelli” riservata agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado di Pistoia e provincia promossa da
VIBanca in collaborazione con la Fondazione Jorio Vivarelli. Le iscrizioni sono state oltre centosessanta, distribuite in ambito artistico, letterario e teatrale. Gli studenti sono stati chiamati a
sviluppare il tema: “Giovani, rimanete affamati, restate folli, scommettete sulle vostre visioni, siate
sempre sintonizzati sul prossimo sogno”, tratto
da una frase di Steve Jobs, che ben si collega all’opera Giovani che il Maestro Vivarelli realizzò
nel 1967 per la città di Detroit. La commissione
giudicatrice, dopo un’attenta valutazione delle
opere, ha deliberato l’assegnazione di borse di studio riservate agli studenti per 4600 euro, oltre a
contributi agli Istituti Scolastici per un totale di
3500 euro.
Il vincitori della sesta edizione della Borsa di Studio “Jorio
Vivarelli” con alcuni componenti della commissione giudicatrice.
Borsa di studio Vivarelli
Studenti vincitori
1° premio: borsa di studio di euro 1000
E poi ci sono io, che non sono bravo
a matematica
Pietro Gorini
ITC Aldo Capitini
10
2° premio: borsa di studio di euro 600
Federico Piccirillo
Hope
Liceo Policarpo Petrocchi
4
Camilla Biagioni
Il sogno perduto
Liceo Amedeo di Savoia
4
Adriano Cecconi
Icaro
Liceo Niccolò Forteguerri
4
3° premio: borsa di studio di euro 300
Giulia Bruni
Sogno indomito
Liceo Suore Mantellate
3
Sara Malinconi
Sogni, l’arte del divenire
Liceo Amedeo di Savoia
3
Giulio Biagioni
Momenti
Liceo Amedeo di Savoia
3
4° premio: borsa di studio di euro 200
Alessandra Fiaschi
Osa, se vuoi
ITC Aldo Capitini
2
Alberto Perticone
Il giovane
Liceo Niccolò Forteguerri
2
Lucia Bove
Le due facce
Liceo Amedeo di Savoia
2
5° premio: borsa di studio di euro 100
Irene Pagano
Sogno d’avvenire
Liceo Niccolò Forteguerri
1
Antonio Sundas
Dream
Liceo Carlo Lorenzini
1
Chiara Maraia
Il mare mi parlerà di te
Liceo Coluccio Salutati
1
Contributi agli istituti scolastici
euro
ITC Aldo Capitini
1050
Liceo Amedeo di Savoia
1050
Liceo Niccolò Forteguerri
612,50
Liceo Policarpo Petrocchi
350
Liceo Suore Mantellate
262,50
Liceo Carlo Lorenzini
87,50
Liceo Coluccio Salutati
87,50
Commissione giudicatrice
Professor
Avvocato
Fotografo
PAOLO BALDASSARRI,
presidente della commissione
PATRIZIO ROSI, presidente VIBanca
AURELIO AMENDOLA
Maggio/Agosto 2014
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Il vincitore
del primo premio,
Pietro Gorini,
riceve l’attestato
da Claudio Geri,
vicepresidente
di VIBanca.
Professoressa
Professor
Professoressa
Professoressa
Professor
Professoressa
ROSSELLA BALDECCHI
SERGIO BERAGNOLI
VERONICA FERRETTI
SABINA CANDELA
DANIELE NEGRI
CRISTINA RABUZZI
Castellina si tuffa
nel Medioevo
Ogni estate l’antico borgo torna al XII secolo,
quando fu costruita la chiesa
Un’esibizione del gruppo di ballo
storico “l’Aura” di Castellina nel chiostro di
San Domenico. In alto, la processione di
San Rocco.
embra, a vederlo dal basso, un paese addormentato nel verde della collina. A Castellina, frazione di Serravalle Pistoiese a 380 metri sul
livello del mare, risiedono poche decine di fortunati abitanti. Il paese
vanta origini longobarde. Un documento del 23 maggio 1159, citato anche dal Dizionario storico geografico di Emanuele Repetti,
testimonia la costruzione nel piccolo borgo di una chiesa dedicata
ai Santi Filippo e Giacomo, assoggettata alla cattedrale di San Zenone. All’epoca la parrocchia contava
385 abitanti. Nel 1342 vennero definiti i confini del comune.
Il paese non si è dimenticato del
suo lontano passato. Ogni anno, ad
agosto, viene organizzata una ma-
Il borgo di Castellina
(foto di Fabrizio Antonelli).
Maggio/Agosto 2014
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nifestazione storica con cena medievale, ricostruita con rigore filologico, con corteggio di figuranti in
costumi d’epoca, ballo di dame e
popolane, giochi antichi per i bambini e, per finire, una spettacolare
gara di arcieri.
A Castellina, in quei giorni, sembra davvero di essere tornati al XII
secolo, l’epoca alla quale risale l’antica chiesa del paese.
Le feste medievali di Castellina
si distinguono per la correttezza
storica dei riferimenti e per la cura
dei dettagli: dai costumi, all’arredo,
alle musiche. Dietro il grande impegno, che coinvolge l’intera popolazione del piccolo borgo con il suo
attivo Comitato paesano, oggi presieduto da Piero Lunardi, la rico-
Terra nostra
Luca Lubrani
struzione storica ha avuto nel tempo il contributo di molti personaggi: la passione di Roberta Marchesini, insegnante e cultrice di studi
medievali, l’entusiasmo di Laura
Traversari, fondatrice del Comitato paesano che organizza la festa,
la competenza di Marco Moncini
per le musiche e – non poteva mancare – la consulenza dello studioso
Alberto Cipriani.
Notevole è stato anche l’impegno per la ricostruzione di un perfetto banchetto d’epoca, ricreato nei
Gli arcieri di Castellina, nei costumi
medievali, si accingono a una disfida per
le vie di Pescia.
minimi particolari storici secondo
gli usi e i costumi in voga alla fine
del Trecento. Le tavole sono addobbate con sottopiatti di legno,
coppe in ceramica, forchette di faggio (realizzate appositamente da
artigiani della zona) e acqua odorifera con muschio e mortella per
lavarsi le mani tra un piatto e l’altro. Il banchetto vede alternarsi, tra
una portata e l’altra, molte figure
in costume: i valletti, il “trinciante”
che taglia le carni, il “sescalco” che
assaggia i cibi prima che siano serviti al tavolo dei signori, i coppieri,
i credenzieri, i giullari…
Nel cartellone dei festeggiamenti non può mancare neanche
il corteggio storico per le vie del
paese, con oltre centocinquanta
figuranti, fedele ricostruzione di
uno spaccato d’arte, costume,
mestieri e ceti sociali dell’età tardomedievale. Spettacolare la
“Disfida degli arcieri”, una gara
d’abilità per provetti tiratori, che
si affrontano in spettacolari prove,
in una cornice unica nel suo genere. Anche in questo caso gli arcieri
di Castellina, disdegnando le evoluzioni tecnologiche che hanno
portato alla realizzazione di strumenti sempre più sofisticati per
materiali e prestazioni, hanno affinato la loro tecnica nel maneggio
di archi riproducenti il più fedelmente possibile quelli in uso in
epoca medievale: archi monolitici
con frecce in legno a impennatura
naturale, curando con particolare
attenzione anche l’abbigliamento,
storicamente ricostruito attraverso un’attenta documentazione
bibliografica.
I
L’antica
chiesa di
Castellina
(foto di Fabrizio
Antonelli).
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18
Il Crocifisso
che orna il
basamento
della chiesa
(foto di Fabrizio
Antonelli).
Pistoiese: C come
Calcio Che Conta!
Scommessa vinta: il club arancione
torna fra i professionisti
a Pistoiese torna in serie C. Finalmente, si potrebbe dire. Sono passati cinque anni da quando la gloriosa società arancione, allora
presieduta da Massimiliano Braccialini, fu dichiarata fallita per inadempienze amministrative. Sono
stati anni difficili prima di rivederla vincere un campionato e tornare nel calcio che conta. C’è voluto l’arrivo di Orazio Ferrari,
imprenditore ambizioso e volitivo,
per centrare un traguardo così importante. Quattro anni fa, quando
acquistò la Pistoiese, disse che il
suo obiettivo era di riportare la
squadra arancione nei professionisti. Un impegno preciso, forte,
determinato. Anzi, una scommessa. C’è riuscito in quattro anni, dopo due promozioni: dall’Eccellenza alla D con Agostiniani allenatore
e dalla D alla C con Morgia in panchina. Ferrari, dunque, è stato di
parola, ha vinto la scommessa:
possiamo dire che è un uomo vincente. La Pistoiese, nei professionisti, avrebbe potuto esserci già la
scorsa estate, a causa dei ripescaggi, ma sia per l’impegno gra-
Il presidente
arancione Orazio
Ferrari, con la
maglietta della
promozione in serie C,
si gode la gioia dei
tifosi nel giorno del
salto tra i professionisti
con tre turni d’anticipo,
il 13 aprile 2014 (foto
di Carlo Quartieri).
Sport - calcio
Enzo Cabella
voso che comportava sia
per i tempi ristretti per l’allestimento della squadra,
Ferrari decise, a malincuore e dopo aver chiesto (inutilmente) aiuto agli imprenditori della città, di
restare in serie D. Una decisione sofferta, che poi si
è rivelata giusta, poiché la
squadra ha vinto e dominato il campionato, offrendo spettacolo e stabilendo
molti record. Una squadra
degna del suo illustre passato.
Peccato che proprio
l’indomani della promozione le strade di Ferrari e
di Massimo Morgia si siano divise. Vincere e dirsi addio:
sembrava impossibile dopo l’escalation che la squadra ha avuto
con l’arrivo del tecnico romano.
Invece sono nate divergenze sulla gestione tecnico-economica.
Morgia ha detto di rimanere volentieri a Pistoia, in un ambiente
dove si era trovato benissimo (i
tifosi erano con lui), ma alle stesse condizioni che il presidente gli
aveva accordato quando ha accettato di guidare la Pistoiese, un
anno e mezzo fa. Condizioni che
permettevano a Morgia di fare l’allenatore, il direttore sportivo, il
supervisore del settore giovanile,
scegliere i giocatori da acquistare,
decidere quelli da confermare e
dire la sua anche sull’aspetto economico: come dire, avere carta
bianca. Un anno e mezzo fa Ferrari gliela dette, e i fatti gli hanno
dato ragione. Quest’anno invece
si è rifiutato, non ha voluto che
tutte queste mansioni fossero concentrate in una sola persona in un
campionato ben più complesso di
quello della serie D. Così c’è stata
la rottura di una coppia che sembrava inossidabile e durevole.
La promozione della squadra
dalla D alla C affonda le radici negli ultimi quattro mesi del campionato scorso, quando con
Massimo Morgia in panchina arrivò a disputare i playoff. Bisogna quindi conve-
informa
20
Maggio/Agosto 2014
Capitan Gambadori, classe
1981, ha dato il suo insostituibile
contributo di grinta e carattere
alla promozione arancione.
nire che il tecnico ha avuto
una parte di primo piano nel
rilancio della Pistoiese. L’estate scorsa presidente e allenatore decisero, d’amore e
d’accordo, di confermare i
migliori giocatori del precedente torneo, ai quali aggiunsero elementi di assoluta qualità. Il tecnico romano
li ha assemblati, formando
un gruppo coeso, di ottimo
livello tecnico, unito dalla
stessa unità d’intenti e dal
medesimo obiettivo: la promozione. Avvalendosi anche di
uno staff preparato e fedele. Morgia, grazie anche alla società che
lo ha supportato nel lavoro tecnico e organizzativo, si è reso protagonista anche nel portare avanti un progetto legato al settore
giovanile e nell’organizzare presso scuole e club iniziative volte a
rilanciare l’immagine della società
e a riavvicinare i tifosi alla Pistoiese. Sono state iniziative che
Carlo Bigoni,
capocannoniere nella
stagione della
promozione con
23 reti all’attivo.
Maggio/Agosto 2014
Massimo Morgia, il mister artefice dello
storico ritorno della Pistoiese nel calcio
che conta, non ha purtroppo rinnovato il
felice sodalizio col presidentissimo Ferrari
(foto di Carlo Quartieri).
fermato un presidente vincente,
entusiasta, passionale, tenace e anche competente. Ha potuto contare sulla costante collaborazione
del figlio Marco, del DT Bargagna,
del segretario Neri e sui contributi degli sponsor, tra i quali c’è al
primo posto Vannino Vannucci
con la sua azienda, da vent’anni
21
sponsor ufficiale della Pistoiese.
Complimenti vivissimi a tutti per
aver riportato la squadra arancione nel calcio che conta, con la speranza e l’augurio che vi resti per
tanti anni.
Il futuro? Non sembra particolarmente roseo, dal momento
che nessuno ha risposto agli appelli di Ferrari, che dunque è rimasto solo a gestire la società. Ha
preso come direttore sportivo Nelso Ricci, uomo navigatissimo nel
calcio di B e C, come nuovo allenatore Cristiano Lucarelli, ottimo
centravanti da giocatore, che ha
avuto poca fortuna all’esordio da
allenatore, ed è riuscito a instaurare rapporti di collaborazione
con alcune società di serie A, in
primis la Roma. Da uomo tenace
ha detto di non voler fare brutte figure nel prossimo campionato di
C, ma anzi di voler creare le basi
per rilanciare in grande la Pistoiese. La città, i tifosi aspettano
I
con fiducia. Prosit.
Sport - calcio
hanno fatto breccia nel cuore della città e dei tifosi.
Nella conquista della promozione non dobbiamo dimenticare,
naturalmente, il ruolo della squadra. Capolista solitaria per diciotto giornate, ha dato distacchi
enormi a tutte le rivali, anche a
quelle che avevano gli stessi obiettivi di promozione. Prendendo in
esame le trentuno partite che hanno sancito la promozione (quindi
a tre dalla fine del campionato),
questi i dati salienti: 74 punti, 22
vittorie (14 in casa su 15 e 8 fuori), una sola sconfitta, 73 reti segnate (miglior attacco del campionato), Bigoni bomber principe
del girone con 23 goal. Numeri che
esprimono una netta superiorità
nei confronti di tutte le altre squadre. Tutti i giocatori hanno dato
un apporto eccellente al trionfo
arancione, ma una nota speciale
meritano Gambadori (il capitano), Toledo, Bigoni e Minincleri.
Infine i dirigenti. Hanno gestito in
maniera impeccabile la società,
sempre presenti nel saper mettere in pratica le linee programmatiche della gestione proposte dal
presidente. Orazio Ferrari si è con-
Enzo Cabella
Umiltà, gioco e spettacolo
Pistoia Basket: da cenerentola a grande
fra le grandi
a cenerentola a principessa, da matricola a veterana, da squadra destinata a
lottare fino all’ultima giornata per la salvezza a protagonista degna della massima considerazione. Tutto questo è
stata la squadra del Pistoia Basket-Giorgio Tesi Group. L’anno 2013-14 resterà uno dei più
belli, da scrivere a lettere cubitali nell’albo d’oro della società.
Un vero capolavoro compiuto
dai giocatori, dal coach Moretti
e dai dirigenti, un gruppo così
coeso che ha offerto un rendimento elevatissimo, insperato.
I tifosi pistoiesi sono rimasti
abbagliati e affascinati dai risultati che la squadra biancorossa
ha ottenuto soprattutto nella seconda parte della stagione, gli addetti ai lavori di tutta Italia sono rimasti sorpresi e quasi increduli per
tanta bravura.
La squadra, dopo aver vinto il
campionato di LegaDue in modo
travolgente, si è presentata alla ri-
balta della serie A da matricola vestita col saio degli umili, ma con il
coraggio e la determinazione dei
forti. Non solo perché doveva vivere e lottare in un ambiente a lei sconosciuto, non solo perché era chia-
mata ad affrontare rivali fortissime,
ambiziose ed esperte della categoria, lei Davide contro tanti Golia,
ma anche perché il gruppo era ritenuto (sulla carta) tecnicamente
modesto. Era stato infatti allestito
con un budget limitato, acquistando cinque americani quasi tutti sconosciuti e inesperti della pallacanestro italiana. Ai
cinque colored – Wanamaker, Johnson,
Gibson, Washington,
Daniel –, il direttore
sportivo Iozzelli e il
coach Moretti, cui la
società aveva affidato
il compito di formare
la squadra, hanno aggiunto Galanda, un
L’inarrestabile Gibson
in azione.
(foto Luca Castellani).
Maggio/Agosto 2014
22
monumento del basket italiano ormai vicino alla pensione, Meini e
Cortese. In pratica, Moretti ha potuto contare soltanto su otto uomini e per completare il roster di dieci ha chiamato due giovani che
praticamente non hanno mai
giocato.
Con otto uomini effettivi il
coach è andato avanti sorretto
dalla speranza che i cinque
americani facessero progressi… impensabili. La realtà non
l’ha tradito. I cinque americani si sono ambientati prima del
previsto, hanno acquisito in
breve il basket di Moretti e denotato progressi partita dopo
partita, fino a esplodere nella
seconda parte della stagione, quando il Pistoia Basket ha disputato
un finale coi fiocchi: cinque vittorie di fila e conquista dell’ottavo
posto ai play-off.
E qui la formazione biancorossa ha affrontato l’EA7 Milano, la superfavorita per la conquista dello
scudetto tricolore. Sulla carta il gap
tra Pistoia e Milano sembra (è) una
voragine. Pronostico chiuso, quindi. Invece alla prova del campo Moretti e i suoi hanno compiuto un autentico capolavoro. Pistoia ha perso
le prime due partite a Milano dimostrando però di poter reggere il
confronto col fortissimo avversario, poi nel ritorno a Pistoia Galanda e compagni sono andati oltre
ogni aspettativa: hanno vinto entrambe le partite, in un palazzetto
ribollente d’entusiasmo e costretto
Milano a giocare la bella. I tifosi pistoiesi hanno gioito come non mai,
continuando a sognare, e trascinato la squadra in misura ancor più
calorosa e passionale di come hanno sempre fatto. Un vero sesto uomo in campo. Due vittorie impre-
viste, esaltanti sullo squadrone milanese, ottenute da una squadra che
si è dimostrata fortissima, autorevole, ben diversa da quella che si
era presentata alla partenza del
campionato regolare. È stata sconfitta nella bella, eppure mai sconfitta è sembrata più dolce, perché
ha lasciato una bellissima impressione: ha offerto gioco e spettacolo
con grande personalità, perfetta
miscela di talento, spirito di sacrificio e voglia di non mollare mai,
ha fatto provare qualche brivido di
paura a Milano. Un piacere vederla giocare. È stato bello giocare e
sognare e ricevere tanti complimenti, anche da parte degli addetti ai lavori delle altre squadre. Ora
il team Pistoia Basket può dirsi orgoglioso di sé, degno di figurare al
tavolo delle grandi del basket nazionale. Gara cinque tra Pistoia e
Un monumento a Paolo Moretti
Se potessero, i tifosi di basket pistoiesi farebbero un monumento a
Paolo Moretti, il coach del Pistoia
Basket-Giorgio Tesi Group. Ormai,
per i successi ottenuti alla guida
della squadra biancorossa, è diventato un pistoiese d’adozione, un
simbolo stimato e amato del basket
di casa nostra. Se lo meriterebbe.
Nei cinque anni di permanenza a
Pistoia il tecnico aretino ha vinto un
campionato di LegaDue e ha riporI Coach Paolo Moretti,
tato la squadra in serie A, l’ha guitimoniere di una stagione
data alla conquista dei play-off, soresaltante.
prendendo tutti per la qualità del
gioco e la personalità dimostrati
contro ogni avversario. Una matricola sorprendente, umile e allo stesso
tempo sfacciata per il modo in cui ha affrontato le gare, straordinaria per
come ha saputo vincerle, autorevole come una squadra abituata da anni a calcare i palcoscenici più prestigiosi della pallacanestro nazionale.
Onore, quindi, al suo coach che l’ha guidata con maestria.
Paolo Moretti è nato ad Arezzo il 30 giugno 1970, è sposato e ha
due figli, di cui uno ha seguito le orme del padre (e i tecnici dicono che
Maggio/Agosto 2014
23
Milano è stata anche l’ultima partita di Giacomo (Gek) Galanda. L’ala di Udine, alla rispettabile età di
trentanove anni, ha dato l’addio al
basket giocato dopo 680 partite di
serie A, 7,6 punti di media, 3,8 rimbalzi. Nel suo straordinario palmarès figurano tre scudetti (con Varese, Fortitudo Bologna e Mens
Sana Siena), una coppa Italia (Fortitudo), due Supercoppe italiane
(Verona e Siena), due campionati
di LegaDue (Varese e Pistoia). Galanda ha vestito a lungo la maglia
azzurra, con la quale ha conquistato un argento olimpico ad Atene
2004, un oro ad Eurobasket 1999,
un argento al mondiale 1997 e un
bronzo al mondiale 2003 in Spagna. Ha fatto la storia della pallacanestro italiana dagli inizi degli
anni Novanta fino a oggi. A Pistoia
si è anche distinto per iniziative di
solidarietà a favore dei bambini.
Doveroso stringere la mano a un
grande atleta e a un grande uomo.
Chapeau.
I
ha la stoffa del futuro campione). Il coach del Pistoia Basket è stato un
ottimo giocatore, ruolo guardia. Era così bravo che ha vestito la maglia
azzurra della Nazionale Under 22 – con la quale ha conquistato la medaglia d’oro agli Europei di Grecia del 1992 e l’oro ai Giochi del Mediterraneo (1991 e 1993) – e della Nazionale maggiore per quattro anni,
con cui ha conquistato l’argento agli Europei di Spagna nel ’97. Ha giocato nelle squadre di Verona, Bologna (Virtus e Fortitudo), Siena e Roseto, che è stato il suo ultimo quintetto. Colpito da una grave malattia
(una forma di leucemia), è stato costretto a smettere di giocare. Aveva
ventinove anni. “Quando me l’hanno diagnosticata – ricorda Moretti –
è stato un colpo tremendo, ma grazie a Dio e alla mia famiglia, che è
stata fondamentale per superare ogni difficoltà, sono guarito e ho potuto iniziare un’altra attività, quella di allenatore, sempre nel basket, il
mio mondo”. Non gli piace ricordare quei terribili giorni, è uscito da un
incubo, ha guardato (e guarda) al futuro con fiducia e ottimismo.
Ha cominciato la professione di allenatore nella stagione 2001
nelle giovanili della Virtus Siena. Poi è andato a Catanzaro, Ancona, Livorno, Reggio Calabria, Brindisi e infine è approdato a Pistoia nel 2009,
dove ha trovato l’ambiente ideale per mettere in pratica le proprie idee.
Con lui al comando la squadra biancorossa lo scorso anno ha vinto il
campionato di LegaDue e conquistato la serie A. Per questo suo exploit è stato votato come “coach of the year”, il coach dell’anno, il migliore. In serie A la sua squadra si è presentata da timida cenerentola e come in una favola è diventata una bellissima principessa, arrivando
a sfiorare la semifinale per lo scudetto tricolore.
Sport - basket
Johnson svetta in un nugolo
di avversari (Foto Luca Castelani).
Lisetta Bongi
Mortadella & Insalata
Un libro di Alberto Bigagli presentato
presso il Saloncino VIBANCA di Via Orafi
enerdì 4 luglio 2014 è stato presentato, nel Saloncino VIBANCA
presso la Filiale del Centro Storico
di Via Orafi a Pistoia, il volume dal
titolo Mortadella & Insalata. Due
collegi in un racconto lungo quindici anni: 1948-1963, scritto da Alberto Bigagli (Settegiorni Editore).
Il titolare della casa editrice, Nilo Benedetti, ha curato l’introduzione e il coordinamento dell’incontro, al quale erano presenti
l’autore Alberto Bigagli e il professor Andrea Ottanelli, noto storico
pistoiese, che ha presentato il volume ampliandone i contenuti e
fornendo interessanti informazioni sui vari istituti assistenziali del-
La copertina del volume
Mortadella & Insalata di Alberto Bigagli,
con una foto del 1957.
Maggio/Agosto 2014
24
la nostra città, operando collegamenti e confronti avallati da documenti inediti.
Nel volume, dal titolo volutamente sibillino per stimolare l’attenzione e la curiosità del potenziale lettore, le vicende personali
dell’autore, che ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza ospite in due
degli istituti assistenziali presenti
nel primo dopoguerra a Pistoia,
s’intrecciano con i fatti accaduti in
quel periodo e forniscono un interessante spaccato della microstoria locale.
“Le ragioni che mi hanno spinto a scrivere questo libro – afferma
l’autore – sono essenzialmente due:
Villa della Farnia, il collegio pistoiese dove l’autore
del libro ha soggiornato fra il 1948 e il 1952.
in primo luogo perché la mia esistenza è stata segnata dall’immediato abbandono del padre, non
appena venuto a conoscenza che
la donna con la quale aveva condiviso momenti di felicità era rimasta incinta, innescando una situazione familiare estremamente
difficile che negli anni ha costretto sia mia madre che suo fratello a
vivere in condizioni di estrema precarietà lavorativa, tanto da obbligarli ad affidarmi a due collegi. Da
qui la necessità di raccontare il mio
vissuto, che non avevo mai avuto
occasione di esporre e che, giunto
in età matura, era diventata un’imprescindibile necessità. In secondo luogo, col mio scritto, intendevo rendere il giusto omaggio e
riconoscimento a tutte le persone
che con la loro encomiabile iniziativa hanno dato corpo a quelle
istituzioni che tanto hanno significato nella vita di bambini e ragazzi che, altrimenti, avrebbero
vissuto un’esistenza estremamente difficile”.
“I due istituti – prosegue Bigagli – hanno avuto una valenza diversa nella mia formazione. A Villa della Farnia ho vissuto nell’età
infantile, per cui credo che tale
esperienza abbia avuto un’influenza secondaria nella formazione della mia personalità, anche
Maggio/Agosto 2014
perché le suore alle quali eravamo
affidati svolgevano quasi esclusivamente mansioni di sorveglianza
e di intrattenimento ludico. La Casa della Provvidenza Camposampiero, dove ho invece trascorso tutta l’età adolescenziale fino al
raggiungimento della cosiddetta
“maturità”, mi ha trasmesso i valori positivi che mi avrebbero accompagnato nel corso della mia
esistenza e ai quali mi sono sforzato di adeguare i miei comportamenti. È li che ho conosciuto i ragazzi coi quali il forte vincolo di
amicizia che ci legava quando eravamo all’interno di quelle mura è
La Casa della Provvidenza Camposampiero,
il collegio che ha ospitato Bigagli dal 1952 al 1963.
25
Libri
proseguito anche dopo che ne siamo usciti. E poi, da non dimenticare che questa istituzione mi ha
dato l’opportunità di studiare, seguendo il percorso scolastico che
avevo sempre sognato d’intraprendere, fino a ottenere l’ambito
diploma che mi ha consentito di
svolgere il lavoro che mi ha accompagnato fino al raggiungimento dell’età della pensione. Concludendo, mi auguro che questo
mio modesto lavoro, oltre ad aggiungere un piccolo tassello alla
verità storica di Pistoia, renda il
giusto riconoscimento a coloro,
prime fra tutte le sorelle Borgioli,
che hanno dedicato la loro esistenza agli ultimi, riuscendo a far
intravedere ai più sfortunati un futuro che altrimenti sarebbe stato
loro precluso”.
Il volume Mortadella & Insalata di Alberto Bigagli (Settegiorni
Editore), può essere acquistato nelle seguenti librerie di Pistoia: Feltrinelli, Mondadori, Lo Spazio,
Fahrenheit e nelle edicole dell’Ospedale San Jacopo, Pancani Stefano di via Pagliucola e Sopralerighe di via degli Orafi, al prezzo di
I
15 euro.
Meringata
Massimo Falbo
Meringa francese
250 g zucchero
300 g albume
200 g zucchero a velo
300 g zucchero a velo a spatola
Ricetta
La meringa alla francese è un tipico impasto spumoso, preparato
con albume d’uovo montato a neve ben ferma e zucchero al velo,
che viene fatto asciugare in forno
affinché diventi leggero e friabile.
La meringa alla francese può essere aromatizzata con l’aggiunta
di altri ingredienti, come il cacao,
le mandorle, la cannella, ecc.; in
questo caso la sua denominazione varia secondo l’aroma utilizzato (es.: meringa al cacao, alla cannella, alle mandorle...)
La meringa, già conosciuta in
Francia verso la fine del ’700, fu in
realtà inventata da un pasticcere
svizzero originario di Meiringen,
luogo dal quale la meringa sucI
cessivamente prese il nome.
Procedimento per le meringhe
Inserire lo zucchero semolato nell’albume a temperatura
ambiente. Inserire poi lo zucchero a velo quando inizia a
montare, piano piano. Terminare con il restante zucchero
a velo a spatola. Con un sac-à-poche fare dei dischi di meringa alti mezzo centimetro circa. Spolverizzare con zucchero a velo. Cottura a 120 °C per un’ora, poi a 100 °C per
2 ore. Spegnere e lasciare asciugare una notte lasciando lo
sportello del forno un po’ aperto inserendo un mestolo di
legno.
Crema Chantilly
500 g panna
Mezzo baccello di vaniglia (semi)
50 g zucchero
Procedimento per la Chantilly
Lasciare in infusione una notte la panna con i semi di vaniglia. Montare la panna fredda con lo zucchero.
Montaggio
Impermeabilizzare i dischi di meringa con del cioccolato temperato. Sopra ogni disco di meringa accomodare
la crema Chantilly, rifinire la parte superiore con decorazioni di panna montata e scagliette di meringa. Rifinire i lati, previo velo di panna, con granella di meringhe
sbriciolate e passate al setaccio grosso.
Variante inserire pezzi di frutta fra gli strati di meringa e
nella parte superiore.
Maggio/Agosto 2014
26
su il sipario...
Luca Lubrani
PISTOIA BLUES 2014
35a edizione
10-17 luglio
Piazza del Duomo, Pistoia
10 luglio
Negramaro
(anteprima)
concerto in esclusiva per la Toscana
14 luglio
Jack Johnson
Esclusiva italiana
Prima di lui il chitarrista tuareg Bombino
neamente fa da anteprima extralusso
alla stagione del Teatro Verdi: Raphael
Gualazzi e l’Orchestra Regina –Musicisti del Maggio Musicale Fiorentino.
15 luglio
The Lumineers
la band americana delle hit Ho Hey e
Stubborn
27 settembre, ore 21.15
Moulin Rouge
Un musical tratto dal celebre film di Baz
Luhrmann, una bellissima storia d’amore e di passione ambientata nei primi del Novecento a Parigi.
16 luglio
Suzanne Vega
famosa per il suo folk-pop acustico ed
elegante, da poco uscita col suo ultimo
lavoro discografico
17 luglio
Arctic Monkeys
in una delle due uniche loro apparizioni italiane. La rockband inglese dei record (5 dischi con etichetta indipendente al primo
posto delle classifiche inglesi), capitanata
da Alex Turner, è attesa per la prima volta
sul palco di Piazza del Duomo per presentare AM, disco che ha fatto incetta di premi in Inghilterra. Prima di loro un altro nome di rilievo come i The Kills, il duo
composto dall’americana Alison “VV” Mosshart e dall’inglese Jamie “Hotel” Hince.
10 luglio
Mark Lanegan
(Teatro Manzoni)
Esclusiva italiana
11 luglio
Robert Plant
voce storica dei Led Zeppelin.
Sul palco di Piazza del Duomo, dopo otto anni dall’ultima sua partecipazione nel
2006, sarà accompagnato dai Sensational Space Shifters
12 luglio
Lee Scratch Perry + Bandabardò
+ Zion Train
13 luglio
Morcheeba della frontwoman Skye
Edwards, tornata nel gruppo dopo l’esperienza solista
Maggio/Agosto 2014
TEATRO GIUSEPPE VERDI
Montecatini Terme
12 settembre, ore 21.15
Silvan in La grande magia
Sulla scia dei grandi successi televisivi,
a grande richiesta ritorna il superspettacolo magico che ha ottenuto il maggior
numero di consensi da parte del pubblico e della critica. Oggi più entusiasmante e spettacolare che mai.
20 settembre, ore 21.15
Raphael Gualazzi
e l’ensemble del Maggio
Un evento straordinario chiude il Festival Estate Regina 2014 e contempora-
27
4 ottobre, ore 21.00
Tosca
opera completa
11 ottobre, ore 21.00
Angelo Pintus
in 50 Sfumature di… Pintus
“Care donne, a
differenza di
quelle di grigio,
le sfumature di
Pintus vi faranno ridere! Forse… (e se lo
dico io potete
non credermi).
Il lavoro del comico è un lavoro strano, la gente per strada ti ferma e
crede sempre che tu possa farla ridere.
Sempre! Sarebbe come se a un cantante per strada tu chiedessi di cantare o a
un calciatore di palleggiare. Oppure a
Rocco Siffredi di… Insomma, non ha
senso!”
26 ottobre, ore 16.00
Peppa Pig e la caccia al tesoro
Tra scenografie supercolorate, pupazzi
simpaticissimi e un delizioso racconto,
semplice e interattivo, Peppa Pig e la
sua famiglia viaggeranno per monti, boschi e abissi marini, alla scoperta di tanti animali, di tutti i mezzi di trasporto e
soprattutto… a caccia di tesori!
Luca De Simone
Hobby e tempo libero
nche gli ultimi quattro mesi dell’anno sono molto
importanti per la cura e le
coltivazioni dell’orto.
Settembre
I protagonisti indiscussi di ogni
estate sono pomodori, che si continuano a raccogliere anche in questo mese di transizione all’autunno. Chi ha piantato il Costoluto di
Novoli deve staccarli dalla pianta
quando sono belli rossi e maturi. Si
possono raccogliere le ultime barbabietole, in produzione da luglio,
e le zucche (inserire sotto una tavoletta per evitare marciumi), da
cui possono essere estratti anche i
semi per le piante dell’anno successivo. È possibile anche rinnovare il fragoleto con piantine (meglio sempre le rifiorenti: le specie
consigliate sono Alba, Asia e Roxana) coltivate in vasetti o partendo
da stoloni prelevati da piante in
coltivazione. È possibile seminare
all’aperto prezzemolo e ravanelli
in luna crescente: in luna calante,
cavolo, cipolla, finocchio, lattughe,
radicchio, rapa e spinaci. Potete
anche trapiantare bietole, cavoli,
cicoria, finocchi, indivia, lattughe,
radicchio, barbabietole, porro e sedano.
Raccolti e lavori
dopo l’estate
Si raccolgono le carote, le piante
di peperoncino piccante da appendere a testa in giù e gli ultimissimi pomodori, anche quelli
verdi che, sistemati in luogo riparato, possono maturare. La raccolta può proseguire con barbabietole, basilico, cardo, carote,
cavolfiore, cavolo, fagioli, fagiolini, indivia, finocchi, lattughe, porro, radicchio, rapa, sedano, spinaci, zucca. In questo periodo è
possibile trapiantare bietola, cipolla e finocchio e seminare all’aperto ortaggi a breve ciclo, come
lattughe, spinaci e valerianella. Potete anche trapiantare bietola, cipolla e finocchio.
Novembre
È importante lavorare il terreno
nelle parti rimaste libere dell’orto, dopo aver distribuito calciocianamide, cenere e cornunghia.
Ottobre
Particolare attenzione va rivolta ai
finocchi messi a dimora ad agosto: con una zappetta va smosso il
terreno, perché così le radici ben
ossigenate affondano meglio e permettono un ingrossamento ottimale del grumolo commestibile.
Maggio/Agosto 2014
28
C’è ancora qualche verdura da seminare in ambiente protetto: lattughe, cicoria di tutti i tipi, valeriana e rucola. In campo aperto
seminate aglio e cipolla e, solo se
il clima è abbastanza mite, fave,
piselli, spinaci e ceci. È tempo di
raccogliere barbabietole, cardo,
carote, cavolfiore, cavoli, cicoria,
indivia, finocchio, lattughe, melanzane, peperoni, porro, radicchio, ravanello, rucola e spinaci.
Dicembre
Nemmeno l’ultimo mese dell’anno è di completo relax. Infatti è
tempo di vangare prima che arrivino le prime gelate. Quindi armatevi di pazienza e, ovviamente,
di vanga. Si possono ancora seminare, in coltura protetta, lattughe,
ravanelli e radicchio da taglio. Anche nell’ultimo mese dell’anno si
possono raccogliere barbabietole,
cardo, carote, cavolfiore, cavolo,
cicoria, indivia, porro, spinaci, ravanello, valerianella, radicchio,
lattuga e cicoria. Vanno colte le rape, che non hanno problemi a rimanere nel terreno ancora più a
lungo.
I
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2014 n°2 - VIBanca