Un nido per i gemelli
Cure ostetrico–psicologiche
nelle gravidanze gemellari
a cura di
Caterina Fischetti
Sergio Ferrazzani
ARACNE
Copyright © MMVII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–1403–5
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 2007
INDICE
PREFAZIONE: Pietro Bria
pag. 1
INTRODUZIONE: Caterina Fischetti e Sergio Ferrazzani
pag. 3
CAPITOLO 1
ASPETTI ANTROPOLOGICI DELLA GEMELLARITA’ NEL
MITO, NELLA LETTERATURA, NELL’ARTE
CINEMATOGRAFICA:
Simone Cardinali
pag. 5
CAPITOLO 2
EPIDEMIOLOGIA E GESTIONE CLINICA NELLE GRAVIDANZE
GEMELLARI: PROBLEMI OSTETRICI:
Sergio Ferrazzani, Roberta Puccio, Claudia Tomei, Sara De Carolis,
Lucia Masini, Alessandro Caruso
pag. 33
Indice
CAPITOLO 3
ASPETTI PSICOLOGICI E PSICODINAMICI DELLA
GRAVIDANZA E SPECIFICITA’ NELLE GRAVIDANZE
GEMELLARI:
Lazzaro Angelicola Nizza, Micol Careri, Novella Settanni
pag. 139
CAPITOLO 4
SUPPORTO PSICOLOGICO NELLE GRAVIDANZE GEMELLARI:
ESPERIENZE CLINICHE:
pag. 163
a) LUCIA: “un cammino di consapevolezza verso l’accettazione
ed il superamento delle proprie ambivalenze emozionali”.
Marta Scoppetta
pag. 164
b) FRANCESCA: “dalla regressione narcisistica verso
l’elaborazione del processo di separazione-individuazione”.
Katia Cassarino, Chiara Morelli
pag. 190
c) MIRIANA: “elaborare il lutto della morte di uno o più
gemelli”.
Sara Geri, Chiara Morelli, Chiara Scotto di Carlo
pag. 209
d) FABIOLA: “riappropriarsi del calore della propria intimità
emozionale nei concepimenti gemellari di fecondazione
assistita”.
Indice
Vittorio Lonigro, Marta Scoppetta
pag. 305
e) SILVIA: “plurigemellarita’ tra maniacalità ed angosce di
morte”.
Sara Geri, Chiara Morelli
pag. 328
GIORGIA: “plurigemellarità ed affermazione narcisistica di sé
nella coppia genitoriale”.
Annalisa Conte, Marta Scoppetta
pag. 388
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CAPITOLO 1
ASPETTI ANTROPOLOGICI DELLA GEMELLARITA’
NEI MITI, NELLA LETTERATURA E NELL’ARTE
CINEMATOGRAFICA
*Simone Cardinali
I gemelli tra mito, leggenda e letteratura
La nascita di gemelli ha rappresentato un mistero fin dagli albori
della civiltà. Ne possiamo trovare traccia nelle culture arcaiche che
consideravano la nascita simultanea di due fratelli un evento
inconsueto e straordinario. L’accezione positiva o negativa attribuita al
parto gemellare varia da cultura a cultura, ma non è mai passata
inosservata. Nelle culture degli indiani Tsismshian della Colombia o
presso i Bagada dell’Africa centrale, la nascita di due gemelli era
considerata prodigio di fecondità, auspicio di rigogliosità nei raccolti,
tanto da attribuire ai fratelli poteri divini e la capacità di controllare gli
eventi atmosferici. In alcune culture sudanesi, la nascita di un gemello
veniva considerata la normalità, mentre un solo figlio rappresentava
una perdita ed una incompletezza rispetto ad una coppia originale.
Secondo tali culture, infatti, all’origine dell’umanità c’erano solo
coppie gemellari.
Per altri popoli la nascita dei gemelli rappresentava la violazione di
un ordine naturale e degli eventi, come per alcune tribù che salvavano
solo uno dei gemelli, preferendo la sopravvivenza del maschio se di
sesso diverso.
*psicologo e psicoterapeuta specialista in psicologia clinica
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Capitolo 1
In alcune culture il parto gemellare era associato all’adulterio o
all’impurità dei genitori: presso gli Indiani Puget Sound delle coste del
pacifico i genitori di gemelli venivano allontanati dal villaggio. Spesso
credenze magiche e rituali fondano le loro radici sulle esigenze di
gestione delle risorse alimentari e dei beni della famiglia. Curioso a tal
proposito l’uso presso i Kwakiutl di onorare con doni e cibo i figli
gemelli di famiglie benestanti, mentre se i genitori non avevano mezzi
sufficienti erano costretti a sbarazzarsi di nascosto dei bambini e
tornare al lavoro comunitario.
Come i gemelli possano rappresentare un mistero per la nostra
fantasia, credo che sia comune all’esperienza di ciascuno di noi; chi
non ha provato un senso di stupore e smarrimento incontrando due
fratelli identici, o non è rimasto incantato dal forte legame esistente
nella coppia gemellare? I fratelli gemelli non sono semplicemente una
coppia solidale che cresce insieme, ma qualcosa che turba il nostro
stesso senso d’identità e unicità.
Soprattutto nei monozigoti, speculari l’uno all’altro, nati da una
radice comune che inesorabilmente si separa, è presente questo vissuto
che vede il fratello come l’alter ego di una coppia originaria
indissolubile. Come nel mito raccontato da Platone nel Convito, c’è
una fantasia legata ad uno stato originario primordiale, in cui l’uomo è
completo, fuso in una duplice identità. Nel mito, questo essere
originario viveva felice, ma in preda ad un senso d’onnipotenza assalta
il cielo, scatenando l’ira degli dei. Zeus lo divide in due “come si
taglia un uovo con un capello”. Ogni metà sarà costretta alla ricerca di
qualcosa che sente di aver inesorabilmente perduto, di un alter ego, per
ripristinare un amore capace di bastare a se stesso, chiuso e
indissolubile. Il senso di completezza è fantasticato in una simbiosi, in
una coppia che diventa uno, ma che allo stesso tempo implica il
Aspetti antropologici della gemellarità
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rischio della perdita di sé nella fusione. Come Narciso si perde nella
sua immagine riflessa e affoga in un amore dove non esiste l’altro, ma
solo uno specchio illusorio che rimanda il proprio io. Il mito racconta
come non c’è amore, non c’è procreazione né crescita se non c’è
l’incontro con la diversità. Al contrario, l’identità perde i confini senza
il confronto con un mondo fatto di relazioni con ciò che non è fuso,
ma è altro da noi, separato. Questa ambivalenza tra il desiderio di
fusione e l’apertura al mondo ricalca lo sviluppo psichico del
bambino. Nei primi mesi di vita tra madre e figlio c’è un forte legame
simbiotico, un legame idilliaco, dove ogni bisogno trova soddisfazione
nell’altro, un amore totale che tende a fondere la coppia in un unico
indissolubile. La crescita è, per certi versi, una tensione verso il
mondo ed un’apertura all’esterno della coppia iniziale, fino alla
formazione di un’identità distinta e separata.
Come la differenziazione e la separazione siano sinonimi di crescita
e di fecondità emerge come filo conduttore anche nei miti della genesi
appartenenti alle diverse culture.
Nel libro della Genesi l’umanità nasce da un atto di separazione tra
Adamo ed Eva e questa divisione viene rappresentata in molti miti
sulla nascita del cosmo, dove tutto inizia da uno sdoppiamento di
quello che era inizialmente confuso e indifferenziato. Nella Teogonia,
Esiodo racconta che Urano, il cielo, fu separato dalla terra, Gaia, con
la quale era all’origine confuso. Prima di questa divisione regnava una
divinità inafferrabile, maschile e femminile insieme, Metifane, l’uovo
primordiale e, prima di lei, solo il caos e la notte. Neumann, nella
ricerca degli archetipi che accomunano le esperienze religiose di
culture diverse e primordiali, delinea la Grande Madre (o “Signora dei
Gemelli”) come femmineo generatore che tutto contiene in se stessa in
un caos indifferenziato. Spesso è rappresentata come Uroboro, ossia il
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Capitolo 1
serpente chiuso in un cerchio che si morde la coda, dal quale
emergono forze “uguali e contrarie” che incarnano i principi antitetici,
immaginati come “gemelli” contrapposti. Il mito spesso ne rappresenta
la lotta ed il conflitto, fino alla vittoria della parte in evoluzione e la
sottomissione ed il sacrificio dell’aspetto legato al passato e
regressivo, oppure ad un nuovo equilibrio di forze, sinonimo di pace
interiore e serenità.
Il mito dei gemelli.
Nell’approntare questa rassegna letteraria sul tema dei gemelli, mi
preme mettere in risalto come ognuna delle vicende narrate ponga
l’accento su un aspetto diverso dell’essere gemelli, in accordo
probabilmente con il comune sentire del contesto sociale. Sono temi
che richiamano come una cultura vive la relazione con l’altro e il
proprio senso d’identità a partire dal simbolo dei gemelli, che
rappresenta un unione e un sodalizio “fisico”. L’unione iniziale
procede verso l’alleanza in alcuni casi o alla differenziazione e al
riconoscimento della propria identità e del proprio ruolo, in altri. Ogni
passaggio sembra mettere in risalto non solo i valori appartenenti alle
diverse epoche, ma anche lo sviluppo psicologico che la coppia di
gemelli è chiamata a compiere, che da una fase simbiotica e fusionale
devono riconoscere la propria peculiarità come persona, definendosi
rispetto all’altro, uguale, ma diverso. Un passaggio segna un equilibrio
tra momenti di contrapposizione e di alleanza, ma che ha come
approdo finale il delinearsi di un “io” con dei propri confini rispetto
all’altro da sé.
Per alcuni autori, come Zazzo, inoltre, la coppia gemellare
rappresenta il polo estremo di percorso che ogni individuo è chiamato
Aspetti antropologici della gemellarità
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a percorrere nel suo processo di sviluppo, che inizia con una fusione
tra madre e figlio e procede per successivi passi di “individuazione –
separazione”, per usare le parole della Mahler. La crescita come
individuo, delineando la propria identità, comporta una graduale
separazione dalle figure di accudimento primarie, con fasi che
comportano brusche prese di distanza e riavvicinamenti. La relazione,
alla fine, rimane un legame tra due entità distinte e separate nel loro
modo di essere, capaci di tollerare questa separazione come la
vicinanza, mantenendo uno spazio di “transizione” tra loro, che
consente comunicazione e condivisione. Vediamo come questi temi
emergono dalla letteratura.
Nella mitologia greca e latina si narrava di gemelli nelle vicende
legate alla fondazione delle città. I due fratelli erano spesso portavoce
del valore dell’alleanza e della collaborazione, grazie alla quale
l’ordine e l’equilibrio sociale veniva ristabilito. La capacità di unire le
forze e le diverse inclinazioni in un sodalizio capace di far fronte agli
eventi nefasti sembra essere il filo conduttore delle leggende.
Il mito della nascita della città di Tebe, ad esempio, ci presenta due
gemelli, agli antipodi per carattere e indole, ma che troveranno la forza
di riscattare il loro destino nell’unione delle loro arti tanto diverse.
I due fratelli sono Anfione e Zeto, figli di Antiope, sedotta nel
sonno da Zeus. Nel momento in cui la gravidanza fu scoperta, Antiope
fu cacciata di casa e trovò rifugio presso lo zio Lico, che la accolse
quasi come una schiava nella sua dimora, abbandonando i suoi figli su
una montagna. Fortunatamente i due fratelli furono raccolti da un
pastore che li allevò e crebbero l’uno nelle arti guerriere e virili,
mentre l’altro, ricevuta in dono una lira da Ermes, si dedicava, con
abilità leggendaria, alla musica. Il suo canto era così coinvolgente,
narra la leggenda, da muovere le pietre. Spesso i due fratelli si
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Capitolo 1
scontravano sul merito delle loro abilità tanto diverse ed il mite
Anfione, sottomesso al fratello, arrivava a mettere da parte la sua lira.
Divisi nel carattere, li univa il desiderio di riscattare la sorte della
madre, soggiogata da Lico e dalla sua gelosissima moglie Dirce.
Insieme misero in atto la loro vendetta uccidendo Lico e mettendo a
morte la moglie, trascinata da un toro su rocce aguzze. Vendicata la
madre, regnarono su Tebe, ricostruendone le mura con le pietre che
Zeto trasportava sulla schiena, mentre Anfione le muoveva con la sua
musica. L’unione e la capacità di conciliare le diversità sembra essere
la chiave per scardinare il destino avverso, come paradigma gemellare
di un’unione fraterna indissolubile.
Su questa scia è anche il mito dei Dioscuri, simbolo del valore della
“fratellanza” e della lealtà tra gli uomini. Castore e Polluce, figli di
Zeus e di una donna mortale, incarnano le qualità contrapposte
dell’eroe figlio dell’uomo e dell’immortalità riservata agli dei. L’esito
del fato è legato alla capacità di rimanere uniti oltre la diversità della
loro natura; l’amore fraterno li terrà vicini oltre la morte, purché uno
dei due paghi il suo prezzo. La loro madre Leda era sposa di Tindaro,
re di Lacedemone. La notte in cui Zeus si unì a lei sotto forma di
cigno, a lei si unì anche il suo sposo. Ne nacquero due coppie di
gemelli, Polluce ed Elena, figli di Zeus, e Castore e Clitemnestra, figli
di Tindaro. I due fratelli fecero parte della spedizione degli argonauti
capitanati da Giasone, in cerca del vello d’oro. Il mito rimane vivo
fino alla cultura romana e narra la storia di un abile guerriero, Castore
e di un pugile imbattibile, Polluce, alleati nelle battaglie, forti della
lealtà dell’uno verso l’altro. Questo sodalizio venne messo a dura
prova dalla morte di Castore, sopraggiunta mentre combatteva al
fianco del fratello. Zeus donò a Polluce l’Olimpo, ma lui non accettò
l’immortalità offerta dal dio, sapendo il gemello nel regno dei morti.
Aspetti antropologici della gemellarità
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Uniti dall’amore fraterno, Zeus concesse loro di essere l’uno accanto
all’altro in eterno, un giorno tra gli dei ed il seguente negli inferi.
Divennero tale simbolo di lealtà che, si narrava, bastasse alzare gli
occhi al cielo per vederli ancora insieme nella costellazione dei
Gemelli.
In queste narrazioni, i gemelli diventano l’artificio letterario per
mettere in evidenza la forza di un sodalizio, ma l’alleanza implica
anche il suo opposto, ovvero la lotta per il diritto e la supremazia
dell’uno sull’altro.
Nella leggenda di Romolo e Remo, ad esempio, ad un’alleanza
iniziale, necessaria per ristabilire il diritto usurpato alla famiglia, si
contrappone, in un secondo momento, la lotta per il diritto di uno dei
due all’essere “fecondo”, generando la stirpe reggente su Roma.
La storia inizia con la lotta di due fratelli: Amulio aveva spodestato
dal trono di Alba Longa, il fratello Numitore. Per evitare eredi
legittimi al trono, Amulio decise di costringere Rea Silva, figlia del re
decaduto, a diventare una casta vestale. I due fratelli nacquero
dall’unione di Rea Silva e di Marte, che la sedusse nel bosco sacro
dove la donna cercava dell’acqua per un sacrificio. Amulio, di lì a
poco, si rese conto che Rea Silva era incinta e condannò a morte lei,
per non aver rispettato il voto di castità, e i suoi figli.
La leggenda narra che il fiume Aniene salvò la vita alla donna
gettata nelle sue acque, mentre i due gemelli furono adagiati da un
servo pietoso sulle sponde del Tevere. Il fiume, ingrossato dalle
piogge, li depositò presso il suo delta, cullandoli fino all’ombra di un
fico, dove vennero accuditi e allattati da una lupa. Faustulo, pastore
fedele al vecchio re, colpito dal modo prodigioso con cui i piccoli
erano sopravvissuti, li accolse nella sua casa, affidandoli alle cure di
sua moglie. Oramai cresciuti, i due gemelli vennero a sapere la loro
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Capitolo 1
origine e, radunati i compagni, uccisero Amulio. Fu così che Numitore
ritornò re di Alba Longa.
Ottenuto il permesso dal re tornato sul trono, i due fratelli decisero
di erigere una città presso il Tevere, lì dove erano sopravvissuti in
modo tanto prodigioso. Nessuno dei due poteva accampare il diritto di
maggiore anzianità sull’altro, così decisero di affidarsi al volere degli
dei, osservando il volo degli uccelli. Romolo si appostò sul Colle
Palatino, Remo sull'Aventino. Remo avvistò per primo sei avvoltoi,
segno di buon auspicio, ma subito dopo Romolo ne vide dodici. Una
delle versioni del mito sostiene che i due contendenti si misero a
litigare se avesse più diritti chi aveva avvistato per primo gli uccelli o
chi ne avesse visti di più, finché Romolo non uccise il fratello.
La versione più diffusa sostiene che Remo fu ucciso mentre cercava
di oltrepassare il confine della città, tracciato dal fratello. Si narra che
Romolo non tollerò il gesto sacrilego verso gli dei e si scagliò furioso
contro il fratello; nonostante il dolore ed il rimpianto per la morte di
Remo, Romolo regnò per trent’anni su una città fiorente.
Sembra, in questa chiave di lettura, che dall’iniziale sodalizio e
comunione debba emergere una differenziazione dei ruoli, nel mito
legata al diritto di successione, per cui uno dei gemelli emerge, mentre
l’altro è chiamato ad una posizione di sudditanza. Se la
differenziazione tra i due fratelli, nel mito della fondazione di Roma, è
legata agli auspici del destino, la Bibbia fornisce una diversa chiave di
lettura, come narra la controversia tra Esaù e Giacobbe.
La vicenda si fonda sul principio del diritto alla successione,
riservato al gemello che risultasse più “anziano” al momento del parto.
Un diritto alla supremazia è sancito da una differenziazione precoce,
che prescinde l’indole e le doti reali dei figli. Il diritto di nascita pone
un gemello sull’altro, definendo un ruolo anteposto ai figli, in quanto
Aspetti antropologici della gemellarità
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legato al volere dei genitori, delineato ancora prima della nascita. Su
questa via, nella storia narrata, si giocano le alleanze all’interno della
famiglia, con un intreccio d’inganni che vede contrapposti madre e
padre ed i loro rispettivi figli prediletti. Il padre si lega a Esaù ed al
diritto sancito dalla legge, mentre la madre si fa portavoce del volere
di Dio e delle doti di buon regnante del figlio Giacobbe.
L’Antico Testamento ci presenta i due gemelli, figli di Isacco, che
già nel grembo materno erano in lotta per il diritto alla successione. Il
signore profetizzò che loro sarebbero stati a capo di due popoli, l’uno
asservito all’altro, destinando Giacobbe alla guida del popolo
d’Israele, nonostante fosse nato per secondo. Il carattere dei due
fratelli ci viene presentato quasi in contrapposizione: Esaù forte e abile
cacciatore, preferito dal padre per le sue doti virili, mentre Giacobbe si
rivelava più mite e riflessivo, ricevendo i favori dalla madre.
La storia racconta come Giacobbe ottenne il diritto alla successione
dal fratello affamato, barattandolo per un piatto di lenticchie, e di
come riuscì a ricevere dal padre la benedizione sul letto di morte,
camuffandosi da Esaù con l’ausilio delle astuzie materne. Giacobbe fu
costretto a fuggire dalle ire del fratello ed a subire la schiavitù presso
lo zio Labano, per amore di Rachele. Ebbe dodici figli dalle sue due
mogli, che diedero origine alle dodici tribù d’Israele. Infine cercò di
riconciliarsi con il fratello, cercando il suo perdono con doni e
benevolenza, ma alla fine decise nuovamente di allontanarsi dal
gemello per evitare ulteriori scontri. L’ordine e il volere di Dio è
ristabilito dalle astuzie e dagli inganni di Giacobbe, innalzato a
successore per le sue qualità umane, a scapito del fratello più
regressivo, capace di barattare il regno per “fame” di un piatto di
lenticchie.
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Capitolo 1
Un altro aspetto che il mito presenta appoggiandosi al tema della
gemellarità è il senso dell’identità e del riconoscimento, in un gioco di
contrapposizione tra i fratelli.
Il mito di Eracle, Ercole presso i latini, presenta su questa scia
molti spunti. Anche qui il racconto prende le mosse dalla convinzione
arcaica che i gemelli fossero il frutto di una doppia paternità,
convinzione che si protrasse, tra l’altro, fin in epoca medievale. Eracle
nasce dalla bellissima Alcmena, sedotta con l’inganno da Zeus, dopo
aver assunto le sembianze del marito Anfitrione, partito in guerra. Già
dalla genesi dell’eroe, troviamo una confusione tra identità, Zeus che
finge di essere il marito, Mercurio che, per aiutarlo, prende le
sembianze di Sosia, servitore di Anfitrione.
Nell’Anfitrione, Plauto presenta una pagina mirabile della perdita
del senso di Sé, dissolto nell’incontro dell’identico. È il momento in
cui Sosia incontra Mercurio che ha assunto le sue sembianze. Il povero
servitore cerca di resistere ribadendo la propria identità: “Tu non mi
impedirai di essere me stesso”, ma alla fine, piegato dalle botte e dalle
parole di Mercurio, perde il proprio io, fino alla drammatica domanda
che Sosia pone a se stesso: “Chi sono se non sono Sosia”?
I ruoli vengono ristabiliti solo svelato l’inganno ed ognuno riprende
la propria identità, confusa dagli intrighi di Zeus. Dalla passione del
dio, nella notte che durò, per suo ordine, tre giorni, nasce l’eroe. Al
mattino fece ritorno Anfitrione che chiese alla sua sposa un figlio,
dando vita a Ificle, il fratello gemello “più giovane” di una notte.
Ad Eracle, per acquisire l’immortalità, non era sufficiente la
paternità divina. Per avere appieno la propria identità gli era
necessario ottenere un segno del “riconoscimento materno”. Il mito
narra che doveva essere allattato della moglie di Zeus, Era. Il sorso di
latte fu ottenuto con l’astuzia, quanto bastava prima che la regina
Aspetti antropologici della gemellarità
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dell’Olimpo lo tirasse via da sé. Tale episodio scatenò l’odio profondo
di Era, che non smise mai di cercare la sua vendetta, ponendo continui
ostacoli ad Eracle nella sua ascesa alla gloria. La dea tramò contro il
figlio illegittimo di Zeus fin da quando era ancora in fasce, mandando
accanto al giaciglio dei gemelli due serpenti con l’intento di ucciderli.
A salvare i piccoli fu la già sovraumana forza di Eracle, che riuscì a
strangolare i serpenti, mentre il fratello piangeva. In questa scena c’è
la differenziazione tra le identità dei due gemelli, dei loro ruoli e la
definizione della loro paternità, separando così l’uomo dall’eroe. Per
alcuni autori fu lo stesso Anfitrione a mettere i due serpenti accanto
alla culla, al fine di distinguerne l’origine dei bambini, anche se poi
allevò il figlio di Zeus con amorevole cura. I giovani furono educati ed
introdotti alle arti, ma Eracle, inconsapevole della misura della sua
forza, arrivò ad uccidere il suo maestro di musica colpendolo con la
lira.
Eracle sposò Megera, datagli in moglie per gratitudine dal re di
Tebe, dalla quale ebbe otto figli. Era, non ancora saziata nel suo odio,
fece impazzire l’eroe che finì per sterminare la sua progenie. Il resto
del mito narra dell’espiazione, le dodici fatiche, di questo orribile
crimine. Alla morte, avvenuta per l’aver indossato una tunica
avvelenata, Eracle verrà sollevato dalla pira che accoglieva le sue
spoglie e innalzato all’Olimpo, dove si riconcilierà con Era in una
sorta di nuova nascita dalla madre divina da cui aveva succhiato il
latte.
Ificle ha un ruolo marginale nelle imprese del figlio di Zeus. Vide
uccidere due dei suoi figli dall’ira del fratello, salvando solo suo figlio
maggiore Iolao e Megera, moglie di Ercole. Mentre il crudele Euristeo
sottoponeva Eracle alle dodici fatiche, si dimostrava benevolo verso di
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Capitolo 1
lui, che gli rimase fedele prendendo le distanze dal gemello. La storia
lo porta a morire in battaglia al fianco di Eracle vittorioso.
I gemelli nella commedia
Nella letteratura, il tema dei gemelli viene associato alla trilogia
che va dai “Menecmi” di Plauto, a “The Comedy of Errors” di
Shakespeare e “I due gemelli veneziani” di Goldoni.
Il filo conduttore di queste tre opere è lo scambio d’identità tra i
due fratelli identici, separati dalla nascita, alla ricerca del pezzo
“mancante” della coppia originaria. La trama prende le mosse dal
desiderio di riparare ad una prematura separazione e dal tentativo di
ripristinare l’iniziale unione dei fratelli, fino all’aspetto, comico e
paradossale, dell’equivoco tra chi sono io e chi sei tu. Il gioco di
scambi d’identità si risolve solo nel momento in cui i due gemelli
appaiono insieme nella scena. Il tema di fondo sembra essere qui la
ricerca di Sé, che prescinde dai temi più arcaici della definizione
dell’identità per contrapposizione o alleanza, ma si snoda tra il
grottesco senso di confusione tra me e l’altro identico, fino
all’incontro con il fratello gemello, che ristabilisce la distinzione e la
definizione dei ruoli.
Nei Menecmi i due fratelli sono separati a causa di un viaggio a
Taranto del padre insieme al figlio Menecmo, gemello di Sosicle. Il
bambino si perde tra la folla della città e il padre ne muore di dolore. Il
gemello rimasto a casa con la madre viene ribattezzato con il nome del
nonno e del fratello scomparso, Menecmo. Sosicle così perde il suo
nome e la sua identità, nel dolore per la scomparsa del gemello.
Quando parte alla ricerca di Menecmo, la trama s’intreccia tra scambi
d’identità e confusione dei ruoli, che crea un comico trambusto nella
Aspetti antropologici della gemellarità
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famiglia del fratello scomparso a Taranto. Solo quando i due si
rincontrano, le identità sono delineate e riconosciute: “Salve gemello
mio, salve, sono io, Sosicle”, può finalmente dire il fratello,
riappropriandosi del proprio nome.
Nella commedia di Shakespeare troviamo un intreccio molto
simile, a cui si aggiunge alla coppia di gemelli anche quella dei loro
servitori, identici e con lo stesso nome. In quest’opera i fratelli sono
divisi da un naufragio. Due di loro rimarranno con il padre e gli altri
due con la madre, in due città diverse ed in guerra tra loro. Anche i
viaggi di ricerca si duplicano, il primo dei fratelli alla ricerca dei loro
gemelli, e poi quello del padre che, non avendo notizie del figlio, parte
a sua volta. La confusione tra i personaggi tanto somiglianti crea un
trambusto tale da far credere che siano diventati pazzi. La commedia
si risolve davanti al patibolo a cui era stato condannato il padre,
arrestato come nemico. Con l’incontro dei gemelli, gli intrecci si
sciolgono, la famiglia si riunisce e si riconosce, il padre viene graziato
e il lieto fine allenta la tensione. Quello che emerge dalla trama è
l’angoscia per la separazione e l’ansia affannosa nella ricerca
dell’altro, come una “goccia d’acqua che cerca una goccia d’acqua
nell’oceano”, rischiando di perdere in questo sforzo la propria identità.
I ruoli sono persi nello scambio tra i gemelli, fino ad un comico stato
di confusione che investe la scena. Solo quando i personaggi si
riconoscono, nell’incontro con le figure perdute, il parapiglia generale
si dissolve, ritrovandosi l’uno accanto all’altro, distinti, ma insieme.
Goldoni ricalca la trama dei due fratelli gemelli separati dalla
nascita, tanto diversi l’uno dall’altro. Zanetto, personaggio ottuso, ma
puro e semplice si contrappone allo scaltro Tonino, astuto e abile.
Entrambi si ritrovano a Verona, portati dai loro affari di cuore, ignari
della presenza dell’altro. L’intreccio, tra scambi di persona, gelosie e
18
Capitolo 1
amori, si dipana solo con la morte del fratello più inetto. Zanetto
muore nell’inganno di una pozione miracolosa che lo liberi
dall’amore, dal suo desiderio per le donne: in realtà è un veleno che il
suo perfido rivale di cuore gli porgerà fingendosi amico. Con questo
triste epilogo, lo scambio d’identità è rivelato e gli amori riprendono il
loro corso. In questa commedia i due fratelli non compariranno mai
l’uno accanto all’altro, quasi come se una parte fosse sacrificata
affinché l’altra possa emergere. L’arguzia e lo spirito borghese
prendono il posto sola sulla scena, mentre l’aspetto più infantile
scompare.
I gemelli e le trame contemporanee
Nelle opere più vicine ai nostri tempi, il punto di vista con cui
viene letta la storia delle coppie di gemelli cambia, fino a divenire
oscura e drammatica. Rimane al margine l’esigenza di un alleato
legato da un “patto di sangue”, né ci sono l’incontro e il
riconoscimento dell’altro perduto.
Il tema più legato al sentire contemporaneo pone l’accento
sull’impossibilità di “uscire” da un grembo fusionale, in cui
l’individualità è persa in un legame indistinto che tutto avvolge. Un
luogo caldo e sicuro, come un utero, che protegge dall’esterno,
rassicurante, diventa, inesorabilmente, una prigione che impedisce la
crescita ed il confronto con il mondo esterno. È un tema che rispecchia
un desiderio regressivo, un rifugio nella braccia e nelle cure dell’altro,
rinunciando a sé e alla propria identità, ma anche la rabbia che suscita
la sensazione di perdere qualcosa della propria individualità.
Nel romanzo di Michel Tournier, “Meteore”, la sfida tra la ricerca
dell’individuazione di sé e della libertà ed il desiderio illusorio e
Aspetti antropologici della gemellarità
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regressivo di un ritorno alla fusione primordiale dei due gemelli è il
filo conduttore della trama. Il romanzo inizia con la descrizione del
legame tra la madre e i due gemelli, con passi che mettono in risalto
quanto questo legame tenda ad una fusione difficile da dirimere verso
l’individualità.
“Maria Barbara buttò uno scialle sui due gemelli stretti uno all’altro
nell’amaca […] Li ha allattati più a lungo di tutti gli altri suoi figli
[…] Appartiene a quella razza di donne che sono felici ed equilibrate
soltanto se sono incinte o stanno allattando. Ma si direbbe che i
gemelli l’abbiano placata per sempre. Forse esistono madri gemellari
per le quali ogni bambino è un mezzo fallimento finché non nasce in
coppia un fratello-fratello […].
In questi passi ci viene descritto quanto la madre tenda ad un
legame indissolubile e fusionale con i due gemelli: l’immagine dei due
bambini avvolti da uno scialle, stretti l’uno all’altro, evoca un grembo
materno che perdura dopo la nascita. In altri passaggi Tournier narra le
fantasie materne di un ritorno ad un’unità simbiotica che annulla le
differenze e le distanze:
“I gemelli si agitano con qualche gemito e Maria Barbara si china su
i loro, il cuore stretto ancora una volta per la strana metamorfosi che
il risveglio produce sul loro viso. Dormono, e restituiti alla loro più
intima essenza, ricondotti a ciò che in essi ci è di più profondo ed
immutabile – ricondotti al fondo comune – è impossibile distinguerli.
È lo stesso corpo abbracciato al suo doppio […] Ed è così che Maria
Barbara se li sente più vicini. La loro immacolata somiglianza è
l’immagine dei limbi uterini interni da cui sono usciti. Nel sonno
ritrovano l’innocenza originaria in cui si confondono”.
Accanto a questa fantasia, però, non tarda ad emergere la
constatazione che il tempo, la crescita, gli eventi sono una costante
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Capitolo 1
spinta alla differenziazione. Il tempo è portatore di nuovi contatti con
la realtà, che sedimentano nelle persone in esperienze individuali, che
inesorabilmente delineano una personalità unica e separata: “La verità
è che tutto quanto li allontana l’uno dall’altro, li allontana dalla
madre”.
In queste righe, quindi, è espresso il profondo desiderio d’unione e
fusione, dove il mondo non esiste, un’immagine cristallizzata
nell’immobilità del sonno, perché in realtà ogni movimento e ogni
crescita li differenzia e li allontana:
“Il vento passa su di loro e lo stesso fremito li percorre. Si sciolgono.
Il mondo circostante si riappropria dei loro sensi. Si scrollano. E,
reagendo diversamente al richiamo della vita esteriore, i due visi
diventano i visi di due fratelli, quello di Paul sicuro di sé, volitivo,
imperioso, quello di Jean inquieto, disponibile, curioso”.
Lo scorrere del tempo allontana inesorabilmente i due gemelli dalla
loro simbiosi estatica iniziale. I volti iniziano ad essere diversi,
rispecchiano il loro diverso atteggiamento verso la vita, iniziano a
differenziarsi rispetto al momento della nascita, che li vede identici e
indistinguibili, iniziano ad essere due individui.
In questa separazione manca l’apporto del ruolo del paterno, che
rimane escluso dalla relazione della madre con i figli, considerato
dalla moglie soltanto un “seminatore di quel modesto buffetto che
scatena il processo creatore”. Manca un padre che interferisca come
“altro” nel legame a creare una giusta distanza tra i figli e la madre,
come manca, inoltre, un marito in grado di coinvolgere la moglie nel
legame di coppia, consentendole un graduale disinvestimento dei figli.
I due fratelli rimangono bloccati nel loro processo di crescita, tra il
desiderio di un grembo che li vede indifferenziati e fusi in un’estasi
Aspetti antropologici della gemellarità
21
immobile ed idilliaca e la sfida verso il mondo e la realizzazione di sé
come individui. Il modo con cui i due fratelli reagiscono li pone agli
estremi di una linea immaginaria che va dalla fuga dalla relazione, alla
disperata ricerca dell’altro.
Jean inizia così un affannoso viaggio, mentre Paul lo inseguirà
intorno al mondo, come due meteore che balenano nel cielo. Si
rincontreranno solo sotto il muro di Berlino che ancora divide la città.
Paul rimane sepolto sotto una galleria nel tentativo di riunirsi con il
fratello oltre il confine che li tiene “separati”, rimanendo mutilato, nel
tentativo, della parte destra del corpo. Un segno simbolico del distacco
doloroso dal gemello, lacerante e definitivo. Nonostante il tentativo di
Paul, i due fratelli rimangono divisi; come per la città, tra loro c’è un
limite invalicabile: sono due identità. Al finale fa da sfondo un
temporale che esplode dietro i vetri della veranda di Paul, come eco
del suo dolore per la perdita del fratello come di una parte di sé, ma
che lascia il posto alle lacrime e al sole tra le nuvole, come segno di
una nuova speranza che discioglie il freddo della solitudine. Paul si
riappropria dolorosamente della sua individualità unica ed irripetibile,
mentre il tempo e le stagioni ricominciano a scorrere lontano
dall’illusione onnipotente di una fusione eterna e immobile.
Vorrei prendere in considerazione, su questa linea, uno dei film che
meglio mostra l’inquietudine e l’ambivalenza tra il legame simbiotico
e la separazione, prendendo come simbolo il legame tra gemelli,
“Inseparabili”, l’opera del regista David Cronenberg (Canada 1988).
Il film inizia mostrandoci la storia di due brillanti medici
ginecologi, Beverly ed Elliot Mantle, gemelli identici. Dopo una
brillante carriera universitaria i due vivono e collaborano nella loro
clinica che si occupa di sterilità femminile; sono apprezzati ricercatori
22
Capitolo 1
in campo accademico, a partire dalla brillante costruzione di un
divaricatore operatorio.
Il primo capitolo del film presenta una coppia ben affiatata: Elliot è
un affabile oratore, estroverso, capace di farsi ben volere in campo
accademico per il suo muoversi smaliziato tra le relazioni sociali.
Beverly rimane più nell’ombra, con i suoi occhiali inforcati sul naso; è
dedito alla ricerca ed alla clinica, introverso e ritirato. Due ruoli
distinti, ma complementari. La ricerca di Beverly è alla base del loro
successo, consolidato dai sorrisi ammiccanti di Elliot e l’uno non si
realizza se non con l’altro. Inoltre spesso si fanno passare per il
gemello, in un gioco di scambio di identità che ha il suo apice nel
rapporto con le donne. Elliot le conquista con il suo estro, per poi
passarle al fratello, consentendogli dei rapporti che altrimenti non
avrebbe.
Un rapporto che funziona con un suo equilibrio, finché non
interviene l’altro, l’elemento perturbante che scuote il loro legame
simbiotico. L’altro, in questo caso, è una bella attrice, Claire, che si
rivolge alla clinica per problemi di sterilità dovuti ad una
malformazione uterina. Il primo contatto è con Beverly, ma sarà Elliot
a conquistarla per lasciare il posto al fratello. Beverly se ne innamora e
il primo segno di rottura nel legame gemellare sta nel momento in cui
Elliot gli chiede di raccontargli il loro rapporto, ma Beverly si rifiuta,
“voglio tenermi tutto solo per me”; Elliot incredulo gli risponde che
niente è realmente accaduto se non lo racconta al fratello. Hanno
sempre condiviso tutto, donne comprese e questo atteggiamento è
insolito nella coppia di gemelli, ma Beverly difende la sua autonomia.
Claire però comincia a cogliere le “differenze”, delle incongruenze nel
suo rapporto con Beverly e l’iniziale approccio con Elliot. Quando
viene a sapere che sono due gemelli, li vuole incontrare insieme,
Aspetti antropologici della gemellarità
23
vederli l’uno accanto all’altro. Così, durante una burrascosa cena, si
trova davanti i fratelli e li individua nei loro modi, l’uno dolce ed
indifeso, l’altro egoista e distaccato. Li separa con le sue parole e
quando scopre che loro si erano scambiati i ruoli se ne va, lasciando
Beverly affranto. “Un problema risolto” sostiene Elliot, ma non è così,
l’equilibrio è rotto; Beverly si presenta ubriaco e disperato alla
consegna di un premio al fratello, che solitamente si occupava da solo
delle relazioni sociali. Un’intrusione che genera un forte imbarazzo,
che segna la rottura delle precedenti modalità di relazione tra i fratelli.
Claire e Beverly si riavvicinano lentamente e lui sogna di essere in tre
nel letto, lui unito fisicamente al fratello e lei che morde il cordone
ombelicale tra loro. Beverly si sveglia in preda ad una forte angoscia,
nel momento in cui sembra muoversi verso l’individuazione, grazie ad
un legame che è “altro” rispetto alla simbiosi iniziale, un elemento che
distingue e separa. Elliot chiederà a Claire, incontrandola ad insaputa
del fratello: “forse se ti fossimo piaciuti entrambi allo stesso modo,
sono tanto diverso”? E lei: “si lo sei”!
Questa triangolazione sembra portare a nuovi equilibri, finché
Claire parte per lavoro e Beverly rimane solo. Il gemello non tollera la
separazione, immagina un tradimento. Disperato torna da Elliot ed
inizia a fare uso di droghe. I due cercano di tornare al loro legame
intenso e fusionale: “Volevo fuggire da te” dice Beverly ad Elliot:
“Temevo che non mi permettessi di rivederla… mi sono innamorato
della persona sbagliata”. Ma Beverly non riesce a tornare indietro; i
due gemelli ballano tenendo una donna tra di loro, quasi che tutto
potesse tornare come prima, ma improvvisamente fugge via. Il
rapporto con il gemello non funziona più, la persona amata è oramai
lontana e Beverly si rifugia nella dipendenza dalle droghe, un legame
distruttivo con la sostanza e a nulla servono gli sforzi del fratello per
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Capitolo 1
disintossicarlo. L’unione simbiotica è persa per sempre; Beverly nel
letto dice al fratello che si prepara ad uscire per lavoro: “Tu hai la tua
vita, vai per la tua strada”, ma il fantasma e il desiderio di tornare ad
essere uno non li abbandona. Elliot gli racconta del caso di due
gemelli siamesi, in cui l’uno non sopravvive alla morte dell’altro. Nel
frattempo Beverly sprofonda sempre di più nel suo delirio: è convinto
di avere a che fare con donne con deformazioni uterine, mutanti, come
lo era Claire, e appronta strumenti operatori agghiaccianti, fino a
mettere a repentaglio la vita delle pazienti. C’è un attacco al femminile
che ha scisso la coppia di fratelli, che li porta ad essere allontanati
dalla pratica medica, nonostante l’inganno di Elliot che tenta di dare
spiegazioni alla commissione medica al posto del fratello. Ne
condivide la sorte tentando questo ingann, e inizia volontariamente a
fare uso di sostanze anche lui: “Quando saremo sincronizzati sarà più
facile per tutti e due”.
Il senso di realtà irrompe in uno scambio che Elliot ha con la sua
compagna; è ancora una donna che si fa portavoce della separazione,
che gli dice che lui non ha fatto niente, la sua reputazione è intatta, che
può aiutarlo sì, ma deve stargli lontano, perché la vicinanza è troppo
pericolosa:
- … per l’amor di Dio Elliot devi assolutamente scioglierti da lui
- non servirebbe… tutto quello che c’è nel suo sangue passa
direttamente nel mio,
- non parli sul serio?
- è un’osservazione tecnica, medica e obbiettiva…
- no, no, no… non è vero, tu lo fai diventare vero, ma non lo è… se tu
non ti metti questa in bocca non possono finire nel tuo sangue
Non solo per Elliot il legame con il fratello è imprescindibile per il
suo contributo nella ricerca; non solo la loro reputazione li accomuna
Aspetti antropologici della gemellarità
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perché la gente li considera una persona sola, ma c’è anche il fantasma
di un legame che è quasi fisico e tangibile, che rende il loro destino
“inseparabile”.
Malgrado il ritorno di Claire il declino è inevitabile: Beverly si
trasferisce per qualche giorno da lei, sembra stare meglio, ma il
pensiero ritorna al fratello che non chiama, finché non resiste alla
lontananza e torna da lui. Lo trova in clinica, stordito dalle droghe, e
qui si prepara l’ultimo atto, quella che Beverly definisce la
“separazione dei gemelli siamesi”. In balia della droga Beverly
squarcia il petto del fratello accondiscendente e compiaciuto. La
consapevolezza del gesto arriva al risveglio. Beverly si ritrova solo
nella stanza, mentre il fratello giace senza vita. Il superstite si veste
curato, si rasa, esce con la borsa in mano, assomiglia molto al fratello,
fino alla cabina del telefono e chiama Claire. La separazione è
avvenuta? Con la morte del gemello Beverly può riprendersi la sua
vita? Il dolore prende il sopravvento, lascia ricadere il telefono senza
dare risposta alla voce di Claire per tornare a morire stretto al corpo
del fratello.
Anche in The Dreamers (2003, di Bernardo Bertolucci, tratto dal
romanzo “The Holy Innocents” di Gilbert Adair) ritorna il tema della
separazione e dell'individuazione, letto, però, in chiave evolutiva. Qui
non troviamo una simbiosi protratta fino all’età adulta, come nel film
di Cronenberg, ma le difficoltà a separarsi ed aprirsi al mondo sono
collocate nei processi di crescita che portano alla maturazione di sé e
all’età adulta; ci sono tracce che richiamano la difficoltà ad aprirsi
all’esterno e le tendenze regressive di un mondo chiuso in se stesso, il
contrasto con i genitori e la rivolta contro l’autorità costituita. Fa da
sfondo la Parigi delle lotte del ’68, narrata attraverso gli occhi di
Matthew, un ragazzo statunitense in Francia per studiare la lingua.
26
Capitolo 1
L’autore ci presenta dei ragazzi, tanto appassionati di cinema da
trovarsi giornalmente tra le prime fila del Cinémathéque Française.
Sono raccolti davanti allo schermo, in estasi tra le scene di vecchi film
d’autore e ne ricordano i dialoghi, quasi divorandone ogni
fotogramma. Quando il cinema viene chiuso dalle autorità si scatena la
protesta dei giovani frequentatori e sarà l’occasione in cui Matthew
incontrerà i due gemelli, Theo e Isabelle.
I tre si ritrovano uniti fin da subito dalla loro passione per il grande
schermo: una scena di un film, che i tre ripropongono nella realtà
correndo lungo i corridoi del Louvre, diventa una sorta di rito di
iniziazione con cui Matthew diventa “uno di noi”.
Il giovane studente americano viene accolto nella famiglia, in una
grande casa con richiami ai temi della classicità a cui i fratelli avevano
sovrapposto i volti dei loro eroi moderni e rivoluzionari. Lo scontro
tra generazioni emerge forte durante la cena. Theo attacca il padre “…
e adesso guardati, spero solo di non diventare mai come te” e i
genitori, in risposta all’umiliazione, si ritirano e vanno a dormire.
Lasciano degli assegni e partono per un viaggio il giorno dopo. I
ragazzi commentano in cucina: “Se Dio è morto lui non può prendere
il suo posto”; quando chiameranno dal loro viaggio nessuno risponde:
“I genitori dovrebbero essere tutti arrestati, non basta ignorarli”.
Matthew rimane in casa con i gemelli, “gemelli siamesi” gli
confida Theo, uniti attraverso i pensieri: “Sarebbe me se fosse un
uomo”. L’ospite inizia ad essere sempre più coinvolto nel legame
simbiotico tra Theo e Isabelle. Anche il francese, che per lui straniero,
era una sorta di linguaggio privato tra i gemelli, si dissolve. Matthew
diventa, mano a mano, un elemento di fusione tra i due, quasi un
tramite sessuale che permette una simbiosi completa tra i gemelli, un
mezzo che gli consente una fusione fisica senza incorrere nel tabù
Aspetti antropologici della gemellarità
27
dell’incesto. Matthew non è in una reale relazione, malgrado sia
attratto dalla fusione con i due, ma lui è solo uno strumento; in un
passaggio del film dichiara ai fratelli: “Voi siete come due metà della
stessa persona, adesso mi fate sentire come parte di voi, tutti e due”,
ma Theo controbatte: “…ma no! Noi tre non siamo destinati a stare
insieme, io e Isa siamo gemelli siamesi, non stavo scherzando”. Una
scena può essere presa come culmine della simbiosi: sono tutti e tre
nella stessa vasca da bagno, nello stesso utero materno, si
addormentano stretti, finché Theo non toglie il tappo della vasca. C’è
una simbolica nascita che li divide e Matthew dichiara il suo amore a
Isabelle, un amore vero, sostiene, ma gli viene risposto: “Anche noi ti
amiamo, vero Theo”? C’è una frattura, una divisione che apre al
legame d’amore, perché individua e separa quello che tende ad essere
fuso. La reazione dei fratelli, però, è quella di sottoporre l’amore di
Matthew ad una prova, che si rivela l’ennesima perversione che rende
il ragazzo un oggetto strumentale al loro legame e asservito alle loro
fantasie simbiotiche. Matthew si ribella:
Matthew : […] vorrei che poteste uscire fuori da voi stessi e vedervi
Isabelle: perché, perché sei così crudele?
Matthew: perché vi amo!
Isabelle: hai uno strano modo di dimostrarlo
Matthew: no, io vi amo, vi amo sul serio, tutti e due e vi ammiro, e vi
guardo, e vi ascolto, e penso che non crescerete mai, voi non
crescerete così, non potete, no finché continuate a aggrapparvi l’uno
all’altra come fate voi, Isabelle tu sei mai uscita con un ragazzo?
Isabelle […] sono stata fuori con Theo…
Matthew: non con Theo, sei mai uscita con un ragazzo un compagno
di scuola che ti piace…
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Capitolo 1
Matthew mette Isabelle di fronte al fatto che non è mai uscita con
un ragazzo che non fosse il fratello. Escono insieme, soltanto loro due
e da questa nuova coppia nascono le prime scene di tenerezza e
romanticismo del film. Non solo, anche la realtà entra nelle loro vite;
inizia quando si soffermano sullo schermo di una TV esposta in una
vetrina, e poi si voltano per trovarsi davanti le barricate nate con i
tumulti parigini. C’è una frattura nella simbiosi, che lascia spazio
all’amore non perverso, alla realtà esterna alla casa e all’intimità.
Isabelle lascia entrare Matthew nella sua camera da letto, uno spazio
inviolato prima di allora, uno spazio tenero, delicato, con i peluche sul
letto, in forte contrasto con l’immagine del personaggio avuta fin lì.
Una spinta alla crescita che non dura più di qualche fotogramma:
Isabelle crolla nel momento in cui sente il fratello nella sua stanza con
un’altra donna, e la musica che condivideva con lui, a tutto volume
nelle stanze della casa, diventa un richiamo al loro legame. Batte i
pugni sul muro invocando Theo e non si placa nell’abbraccio di
Matthew: “Chi sei tu, cosa ci fai qui”?
La coppia dei gemelli non si separa, anzi Isabelle organizza un
gioco che i due fratelli facevano da piccoli. Dopo essersi persi per
brevi istanti lontani regrediscono, tornano bambini in una tenda
allestita in salone, che sembra un’enorme culla in cui i tre ragazzi si
addormentano. Durante la notte Isabelle, dopo un breve sguardo a
Matthew, si volta verso il fratello: “Dimmi che mi ami dimmi che mi
amerai per sempre”.
Durante il film il mondo rimane fuori, fanno da contrappunto gli
ambienti interni della casa, stravolti dal caos e dal disordine. Non c’è
da mangiare, esauriti i soldi lasciati dai genitori, tanto che a tavola
finiscono gli avanzi rimediati nella spazzatura. Non c’è cibo, ma alcol
e droga in un mondo chiuso tra la confusione delle mura domestiche,
Aspetti antropologici della gemellarità
29
incapace di sopravvivere. Questo è lo scenario che i genitori trovano
durante un’inaspettata visita. Trovano i tre ragazzi nudi, addormentati
nel loro accampato rifugio. Nonostante tutto, non c’è nessuna
reazione, non un spinta di rabbia capace di mettere i ragazzi al
cospetto della realtà. Manca l’intervento autorevole verso modalità
adulte, capace di affrontare i ragazzi e le loro modalità perverse e
disfunzionali: “Facciamo piano” si dicono, mentre staccano un
assegno e se ne vanno. Ancora una volta i genitori si ritirano,
abdicando il loro ruolo, lasciando i ragazzi in balia delle loro
difficoltà. Isabelle è la sola a svegliarsi e a trovare l’assegno. Si veste
spaventata, cerca i genitori in casa, forse cerca il confronto, o la
punizione, ma non li trova, rimane sola con la sua vergogna e si lascia
cadere a terra disperata.
Decide di staccare il tubo del gas, portarlo nella tenda, cercando la
morte per tutti e tre. A salvare i ragazzi è la “strada che entra in casa”;
un mattone, scagliato dai manifestanti parigini, rompe il vetro della
finestra. Il trio si disperde tra la folla che grida “tutti in strada”, pronta
a scagliarsi contro l’autorità. In questa scena Matthew si separa dai
gemelli; ognuno sceglie la sua via: chi userà la violenza come vuole
Theo, chi la forza delle idee, come sostiene l’americano. Il film finisce
con la carica della polizia contro i manifestanti.
Nelle scene finali sembra essere rimarcato un parallelo tra il legame
simbiotico, chiuso nella casa, in una culla di morte, un mondo irreale
fatto di scene di film fantasticate, da un lato e la realtà dall’altro, con
la rivolta tra le generazioni; una realtà che separa e individua, che
incita alla ribellione, ma anche impone delle scelte e delle riflessioni
concrete. Una realtà che entra dalla finestra, proprio nel momento in
cui i genitori dei ragazzi non erano stati in grado di farsene portavoce,
allontanandosi in silenzio.
30
Capitolo 1
In conclusione, sembra che i gemelli siano stati un tema simbolico
con cui le diverse epoche storiche hanno affrontato il tema
dell’identità, legato alla individuazione di Sé come uguale all’altro,
ma, contemporaneamente, diverso e separato. Se quello che ci rende
uguali ci permette di condividere degli aspetti di noi stessi, quello che
ci separa segna la nostra individualità nell’interazione con il mondo, la
libertà e l’autonomia. Siamo chiamati a sentirci uguali, ma diversi, in
un percorso che va dall’identificazione con l’altro all’autonomia. Un
percorso segnato dalla necessità di separarsi, rinunciando al desiderio
regressivo di un’unione simbiotica. Eppure rimane in sottofondo il
fascino verso un rapporto centrato sulla fusione, che è rassicurante,
perché il legame diventa, nell’illusione, la realtà, come nella simbiosi,
naturale e sana, che lega la madre al piccolo appena nato, dove niente
esiste se non loro due, che viene sciolta lentamente man mano che il
mondo interagisce con i partecipanti.
Nella letteratura gli autori hanno posto l’accento su aspetti diversi,
in accordo con i sentimenti delle epoche storiche. Se nell’antichità era
importante accettare il proprio ruolo, nella collaborazione o nella
sottomissione, sembra che in un momento successivo sia emersa la
necessità di trovare la propria identità, ponendosi di fronte all’altro
simile a sé, differenziandosi. I contemporanei sentono oggi la
difficoltà di separarsi e il rischio di chiudersi in un legame isolato e
irreale, dove il mondo rimane fuori, impedendo, in questo modo la
crescita individuale. Nascono degli interrogativi, a partire dalle
considerazioni legate al tema dei gemelli. Viviamo in un mondo
“globale”, dove i mezzi di comunicazione consentono “spazi” di
relazione estremamente ampi. Le immagini della realtà ci sono servite
mentre siamo in poltrona dagli schermi televisivi, eppure sembra che
la realtà rimanga eterea e lontana, quasi ci passasse davanti agli occhi
Aspetti antropologici della gemellarità
31
senza coinvolgerci. A volte ci scopriamo spettatori passivi, privati di
un ruolo che interagisca con i tanti eventi con cui entriamo in contatto.
Una “realtà virtuale”, che rischia di essere una barriera più che
un’opportunità di contatto tra noi e l’altro, il “diverso”, l’elemento che
turba e rompe il nostro piccolo ventre rassicurante. Segni come
l’intolleranza per la diversità, l’indifferenza, l’incapacità di sdegnarsi,
forse sono gli aspetti che gli autori contemporanei colgono, mettendo
in rilievo le angosce di un mondo chiuso in se stesso.
Bibliografia
1.Barbieri F., Fischetti C., Crescere gemelli, Phoenix, Roma, 1997.
2.D’Anna G., Dizionario dei miti, Newton, Roma, 1996.
3.Frazer J. G., Il ramo d’oro, Newton, Roma 1992.
4.Goldoni C., I due gemelli veneziani, Einaudi, Torino 1981.
5.Grimal P. Enciclopedia dei miti, Garzanti 1995.
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7.Neumann, La grande madre, Astrolabio, Roma 1981.
8.Plauto, Anfitrione, Bacchidi, Menecmi, Garzanti, Milano 2004.
9.Plauto, ibidem.
10.Shakespeare W., La commedia degli errori, Garzanti, Milano 2002
11.Strauss L., Storia di luce, Einaudi, Torino 1993.
12.Tournier, Le meteore, Garzanti, Milano 1995.
13.Zazzo R., Il paradosso dei gemelli, La Nuova Italia, Firenze 1987.
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Un nido per i gemelli