Studio e determinazione di Russula putida eseguito dall’amico e stimato
micologo Nino Mannina, grande esperto del Genere Russula.
Procedura seguita per la determinazione di
Russula putida Sarnari
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Premessa
Mi sembra più che corretto, oltre che doveroso, mettere al corrente l’amico Micologo Mario
Russo, sulla procedura che ho seguito, per venire a capo della determinazione all’indirizzo
di una Russula, caratterizzata da non poche difficoltà.
Lo farò esponendo passo dopo passo, l’iter che mi ha condotto alla risoluzione del “caso”,
cosciente che nel Genere Russula, le problematiche insite nello studio di questi funghi
superiori, sono tutt’altro che facilmente superabili (fatte le debite eccezioni).
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L’ipotesi di determinazione
Gentilmente, il Micologo Mario Russo, che ringrazio per la fiducia tributatami, mi invia un
messaggio, chiedendomi il parere circa una Russula, rinvenuta qualche giorno prima a
Milazzo, presso una pineta di impianto artificiale, costituita da una formazione
monospecifica strutturata su di un’essenza eminentemente mediterranea, quale Pinus
pinea.
Mario, oltre ad inviarmi la foto inerente ad un unico sporoforo della specie rinvenuta
(ritratta in maniera perfettamente nitida ed intelligibilissima, sia al riguardo del cappello con
in primo piano il rivestimento cuticolare, che del comparto imenoforale), mi allega anche
una completissima disamina del macrochimismo del soggetto, comprendente il test
ossidasico alla tintura di guaiaco, la reazione al solfato ferroso (FeSO4) e all’idrato di
potassio (KOH).
Inoltre, me ne fornisce una descrizione morfo-cromatica, sintetica ma assolutamente
esaustiva, mettendomi altresì al corrente, che il gambo era scavato da qualche cella
romboidale. Sottolineando inoltre, che la reazione al KOH alla base del gambo era
risultata nulla.
Mi allega anche due foto della microscopia relative alle spore, l’una per illustrare la
topografia dell’ornamentazione (bellissima questa, oltre che assolutamente limpida) e
l’altra per il dimensionamento delle spore stesse, e una foto che riguardava i basidi.
Mario, mi comunicava ancora il dato relativo alla pigmentazione della sporata, ponendola
fra le leucosporee con tonalità 1A del Codice Romagnesi. Mi riferiva pure, che l’odore
emanato dallo sporoforo denotava un chiaro timbro fruttato e, che il sapore all’assaggio,
era piccantino, tuttavia in ritardo, e che il test era stato eseguito su un reperto
comprendente un frammento di gambo con adesa una porzione, seppure ridotta, di
imenoforo, non procedendo quindi alla selezione degli elementi da verificare.
L’ipotesi determinativa proposta da Mario, verteva su Russula farinipes, chiedendomi
cosa ne pensassi a tal proposito.
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Lo studio
Esaminando tutta la documentazione, risposi che così, almeno visivamente, poteva anche
trattasi di R. farinipes. Tuttavia mi lasciavano perplesso due particolari:
- l’habitat di ritrovamento, sotto pini termo-xerofiti (Pinus pinea). Tale specie, tra l’altro
assai ben definita, per quanto desumibile dalla letteratura specialistica, si accompagna a
latifoglie decidue, quali faggio, castagno, tiglio, carpino, cerro oltre che noccioli, misti
naturalmente a qualcuna di tali essenze arboree (Sarnari, Tomo 1°) e ritenuta, “per lo
meno rarissima sotto querce mediterranee”. Posizione quest’ultima, che se non lo esclude
a priori, lascia comunque aperto uno spazio seppur remoto, alla presenza di questa entità
nei contesti silvani a sclerofille sempreverdi. La reiterata ed esclusiva citazione delle
Fagales, se da un lato pare attestare, di fatto, l’inesistente consorzialità della nostra
specie, con le conifere più continentali (Picea e Abies ad esempio), dall’altro non fa che
sancire, allontanandolo in via definitiva, l’eventuale rapporto con i frugali Pinus sp. pl. del
bacino mediterraneo;
- il disegno complesso ed articolato degli elementi ornamentali distribuito sulla superficie
delle spore. Costituito, nel caso in trattazione e ad un esame sommario, da verruche
catenulate o zebrate e, molto più frequentemente, plurizebrate e subreticolate con la
presenza di qualche maglia chiusa. Ciò appariva in contrasto netto con quanto si evince
dalla letteratura per la farinipes stessa, che descrive, senza contemplare possibili
difformità, una ben stabile ornamentazione provvista unicamente di basse verruche
isolate, miste a piccole verruchette puntiformi, assolutamente inconfondibile.
Per esperienza personale ormai, sono portato a considerare, con il dovuto beneficio
d’inventario (naturalmente entro certi limiti, sia chiaro) gli assolutismi dichiarati da certi dati
ecologici, avendo qualche volta riscontrato proprio in ambiente mediterraneo, taxa definiti
nella letteratura corrente, quali esclusivi dell’orizzonte montano.
Quanto all’ornamentazione sporale, esemplari devianti a causa di particolari condizioni
meteorologiche, ancorchè rari, non sono così infrequenti, e probabili forme ecologiche
sono in teoria sempre possibili (scartandone l’esistenza solo per la mancanza di
approfondite conoscenze circa le capacità di adattamento ambientali e delle potenzialità
effettive di legame trofico esprimibili da talune specie).
Tuttavia, il colore della sporata 1A, l’aspetto generale del carposoma, le caratterizzazioni
organolettiche, i parametri macrochimici rendevano verosimile che potesse trattarsi di R.
farinipes.
Mario Russo, aveva nel frattempo provveduto a spedirmi l’exiccatum della presunta
specie, per cui nell’attesa di riceverlo e poter procedere all’esame degli elementi
microstrutturali, cominciai le ricerche alla luce di quanto era in mio possesso.
Considerai allora, con quello che avevo in mano, l’ipotesi Russula fellea, cromomorfologicamente, oganoletticamente e macrochimicamente, sovrapponibile alla specie
indiziata, dotata inoltre di sporata 1A, ma agevolmente separabile da questa per via delle
spore echinulate e reticolato-connesse e dalla microscopia della cuticola, oltre alla sua
reperibilità sotto latifoglie e conifere. Già tali riferimenti avvicinavano, almeno in
apparenza, una determinazione più congrua.
All’arrivo dell’exiccatum, in prima istanza procedetti all’ispezione, piuttosto frettolosa a dire
il vero, planimetrica della cuticola, esaminandone un frammento con il prelievo del
cosiddetto scalpo, facendolo rinvenire in ammoniaca al 40% e poi montando il preparati in
SBA: non riscontrai traccia dei clamorosi dermatocistidi posseduti da R. farinipes,
lunghissimi capitulati e di calibro sostanzioso, ebbi solo l’impressione (rivelatasi, ad un più
attento esame, infondata) di ravvisare un paio dei dermatocistidi settati tipici di R. fellea.
La cuticola appariva, ben gelificata, con uno strato superficiale formato da ife filamentose.
Chiesi allora a Mario, maggiori lumi sul come era stata ottenuta la sporata, il quale mi
informò, che non aveva proceduto a verificarne la cromia, attraverso la saturazione della
stessa, tramite il metodo della compressione fra due vetrini portaoggetto, previo ammasso
della polvere sporale raccolta. Quindi la stima era avvenuta ricorrendo alla sola
valutazione dell’emissione sporica depositata su un supporto.
Per cui, alla luce di tale precisazione, la tonalità attorno al gradino 1A era stata
sicuramente sovrastimata, poichè in tal modo una sporata crema può apparire certamente
più chiara di quanto in realtà non sia. Approssimai allora il vero indice cromatico,
ritenendolo, almeno, attorno alla tonalità 2A-2B, sempre secondo la scala cromatica
proposta da H. Romagnesi.
Lasciando stare al momento l’indagine della cuticola, passai allora ad un esame più
approfondito delle spore, notando ancora, che esse erano prive di plaga soprailare
amiloide, ma dotate soltanto di qualche debolissima granulazione (per altro non sempre
presente) sul contorno della sua superficie. Poi riscontrai la presenza di verruche alte circa
7/8 micron che si affiancavano a echinule tutt’altro che rare, oltrepassanti facilmente il
micron di altezza e arrivando a toccare in diversi casi 1,2 micron, le più basse catenulate,
le altre riunite in creste allungate talvolta a formare uno pseudoreticolo esibente qualche
maglia chiusa da sottili connessivi (questo nella maggioranza delle spore osservate).
Inoltre dentro alla massa sporale esaminata, alcune delle spore stesse risultavano
subsferiche, benchè la maggioranza di esse fosse obovoide.
Passai allora a rivedere la cuticola molto più attentamente, stavolta in taglio radiale,
notando una rete di laticeferi in basso, accompagnanta da qualche ifa oleifera, alle quali si
trovavano miste ife incrostate da placche gialle rifrangenti. Lo strato superficiale era invece
costituito da sottili ife filamentose settate, a setti abbastanza distanziati e articoli terminali
sempre ottusi, in qualche caso pluristrangolati o capitati. I dermatocistidi erano insensibili
alla SV, tuttavia individuabili per il contenuto e per l’apice mucronato, alcuni sottilissimi e
subulati. Altri parevano emergere dagli strati profondi della cute. Il tutto immerso in una
matrice gelificata (come più volte ribadito).
L’ispezione microscopica a carico della sezione effettuata nella lamella fu una sorpresa,
infatti l’imenio era colmo di cistidi, molti dei quali risalivano dalla parte profonda del
mediostrato e originati da laticiferi (cistidi laticiferoidi) e quindi non scaturenti direttamente
dall’imenio. Assolutamente positivi alla SV, e di buon calibro (tra i 6 e i 10 micron). Alcuni
clavati, altri capitulati per strangolamenti a collier di perle (come descritto da Sarnari), altri
provvisti di un bottone apicale di dimensioni generose.
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Criteri seguiti per la determinazione della specie
Raccogliendo tutti questi dati e mettendoli assieme, ho ottenuto che la specie di Russula
era da ascriversi immancabilmente al Sottogenere Ingratula (Modello sistematico
proposto da Sarnari). Caratterizzato da taxa a odore rimarcabile (sia gradevole che
sgradevole) cuticola dai colori ocra o bruno bistro, orlo sovente scanalato tubercolato e
carne del gambo, dapprima scavata da celle romboidali, poi confluenti in vecchiaia,
un’unica cavernosità, e sapori il più delle volte acri oppure sgradevoli.
in
Mi concentrai allora sulla Sezione Ingratae, scartando la Subsezione Farinipedes, per
inconguenze troppo evidenti rispetto alle notizie raccolte (sporata bianco puro,
dermatocistidi monocellulari, capitolati, lunghi e di buon spessore, con spore corredate da
verruche e pustule isolate). Mi soffermai allora sulla Subsezione Foetentinae,
comprendente la serie Foetens e la serie Pectinata. Eliminai del tutto la Sezione
Subvelatae, comprendente Russula insignis, che tra l’altro conosco bene,
riconoscibilissima per il colore più o meno bistro della cuticola e per l’evidentissima
colorazione gialla alla base del gambo, subito rosso fuoco se posta a contatto con il KOH
(prova fatta e risultata negativa).
Nella Serie Foetens, esclusi Russula laurocerasi, Russula illota e Russula
fragrantissima (entità questa che conosco da vicino benissimo) per gli odori particolari e
forti di mandorle amare, di paste alle mandorle, di marzapane ecc., senza contare le
discrasie morfologiche e microscopiche.
Non tenni conto della Serie Pectinata, formata da specie di complessione in genere medio
piccola e dermatocistidi minuscoli e di forma conica. All’interno della quale esistono specie
che conosco per esperienza diretta, eccettuata Russula hortensis. Per cui so, che non
hanno niente a che vedere con l’entità in esame.
Il gioco rimaneva ristretto alla sola Serie Foetens, ed alle seguenti specie (tolte quelle
accennate prima):
Russula foetens Persoon : Fries
Russula putida Sarnari
Russula subfoetens W.G. Smith
Russula inamoena Sarnari
Comincia a confrontare gli elementi in mio possesso con:
Russula foetens, specie ben conosciuta e diffusa, ma suscettibile di una certa variabilità
a partire dal colore della sporata (tuttavia sempre crema), passando per l’ornamentazione
sporale a verruche isolate o, al limite, miste a corte creste; la microscopia della cuticola è
giustapponibile alla nostra, salvo che per la forma degli articoli terminali, acuti in foetens e
arrotondati o pluristrangolati nella nostra. L’odore netto di varechina, oltretutto molto più
sensibile all’incisione o alla frattura, talvolta misto a sentori fruttati, il sapore
immediatamente acre dappertutto, non coincidevano però con i dati fornitimi.
Russula subfoetens, simile alla foetens, ma dall’odore fruttato e con sentori di varechina
al taglio e sapore moderatamente pepato. Questa specie poteva anche rientrare,
nell’ambito del taxon d identificare, ma l’ingiallimento della carne (per altro non
segnalatomi), e soprattutto le spore dall’ornamentazione caratterizzata da verruche isolate
o al massimo zebrate da sottili connessioni, ne escludevano le migliori intenzioni dirette ad
un’accostamento quanto meno sufficientemente plausibile, all’esemplare in studio. Inoltre
il parametro ecologico (per quanto si sappia) non comprende le conifere.
Russula inamoena, pur essendo rintracciabile in areale mediterraneo, tralasciando i
caratteri cromo-somatici, presenta spore mediamente più piccole, con echinule molto alte
(anche fino agli 1,4 micron) crestate-catenulate e quasi del tutto reticolate, con tacca
soprailare mediocremente amiloide. In sostanza si tratta di un’ornamentazione sporale
così “potente” da esulare recisamente da quelle espresse dalla specie in trattazione, tanto
da allontanarla senza ripensamenti, da qualsiasi velleità di sovrapposizione con essa.
Russula putida, rimaneva per ultima. Procediamo confrontando ciò che abbiamo, a
cominciare dall’odore, fruttato secondo l’interpretazione di Mario Russo. La letteratura ci
parla invece di un odore di Russula foetens, associato a note fruttate in secondo piano, a
carne intatta. Dal momento che tali note fruttate al momento della raccolta possano essere
state preponderanti rispetto al timbro principale, un errore di valutazione diviene più che
comprensibile. Il sapore è sgradevole, appena piccante e ravvisabile in ritardo, il che
coincide con quanto già
asserito. La cuticola è
gelificata, somigliante a
quella di R. foetens, ma
con articoli terminali
arrotondati anziché
acuti (differenziazione,
a mio modo di vedere,
poco attendibile per non
dire ininfluente). Ora,
entro nei dettagli che mi
hanno invece indirizzato
alla determinazione
convincente della
specie.
I cistidi imeniali,
caratteristici. Dalle mie
osservazioni
in
microspopia ottica, essi
sono assai numerosi, di
calibro certamente non
modesto (dai 6 ai 10
micron) in molti casi
scaturenti dalla trama
imeniale, quindi
presumibilmente
originati da laticiferi,
dalla foggia clavata o fusiforme e, soprattutto, muniti di grosso capitulo apicale o
pluristrangolato a collier di perle (come recitato da Sanari) e come precisamente rilevato
dall’esame istologico che ho compiuto. Inoltre, indicazione importante, gli sterigmi dei
basidi, appaiono abbastanza lunghi (misurandoli erano mediamente attorno agli 11
micron). In ultimo abbiamo l’ornamentazione sporale, formata nella maggioranza dei casi
da verruche miste ad echinule abbastanze alte, con creste zebrate connesse in uno
pseudoreticolo a qualche maglia chiusa.
Cito ora lo stesso Sarnari che così recita a pag. 428 del 1° tomo sulla sua monografia
delle Russule d’Europa, per la discriminazione della nuova entità da R. foetens: “Decisiva
si rivela comunque l’analisi microscopica, poichè le spore parzialemente reticolate e i peli
cilindracei e ottusi sono la prova più convincente della sua diversità”.
Inoltre l’habitat conforme a quello del ritrovamento compiuto dal Russulologo Ternano (pini
mediterranei, nella fattispecie Pinus pinea), ha finito per convincermi della fondatezza
dell’identificazione.
Si auspicano comunque nuovi ritrovamenti, per ulteriori riscontri e ampliamenti dei dati
cognitivi in merito a questa bellissima quanto intrigante specie.
Restano interessanti, ma ahimè privi di riscontri i peli cistidiformi subulati, sottilissimi; il
notevole odore emanato dall’essiccato, fortissimo e penetrante: di merluzzo salato
(baccalà), la consistenza delle lamelle: lardacea.
In ipotesi, potrebbe trattarsi anche di Ingratula estranea alla flora europea, magari
originaria dell’Africa Magrebina (relativamente vicina alla Sicilia) e ambientatasi
perfettamente alle nostre latitudini, di fatto assai prossima a R. putida o a R. subfoetens.
Valderice, lì 01.01.2013
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Nino Mannina
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Determinazione Russula putida di Antonio Mannina