Università degli Studi di Camerino
Facoltà di Scienze e Tecnologie
Dipartimento di Scienze della Terra
Corso di Master di II livello in:
“Progettazione degli interventi di bonifica
e ripristino ambientale dei siti inquinati”
INQUINAMENTO DI ACQUE SOTTERRANEE DA
SOLVENTI ORGANICI-ALOGENATI:
ELOBORAZIONE DI UN “MODELLO
CONCETTUALE” E RICOSTRUZIONE DI UN
“DATABASE RELAZIONALE” TRAMITE GIS.
Specializzando:
Tutor Unicam:
Geol. Francesco Maggi
Dott. Marco Materazzi
Tutor Azienda:
Dott. Gianni Corvatta
Anno Accademico
2004-2005
- INDICE Introduzione………………………………………………………………………………pag. 1
Scopo dello stage………………………………………………………………………….pag. 1
Cap. 1
Caratterizzazione….…...………………………………………………….......pag. 5
1.1 Piano della Caratterizzazione....…………..….………………….…..…..pag. 5
1.2 Inquadramenti generali…… ………..………………….………….….....pag. 6
1.2.1 Lineamenti geografici…………………………………………..pag. 6
1.2.2 Inquadramento geologico………………………………………pag. 8
1.2.3 Inquadramento geomorfologico………………………………...pag. 11
1.2.4 Il clima………………………………………………………….pag. 12
1.2.5 Il regime termico………………………………………………..pag. 13
1.2.6 Il regime pluviometrico…………………………………………pag. 14
1.2.7 L’evaporazione………………………………………………….pag. 14
1.2.8 Il regime di radiazione solare…………………………………...pag. 15
1.2.9 Il regime eolico………………………………………………….pag. 15
1.3 Dati storici………………………………………………………………...pag. 15
1.3.1 Censimento pozzi già esistenti…………………………………..pag. 15
1.3.2 Sondaggi geognostici……………………………………………pag. 16
1.3.3 Dati pluviometrici e termometrici……………………………….pag. 16
1.3.4 Risultati delle indagini dei campionamenti effettuati………..….pag. 17
1.4 Formulazione del modello concettuale…………………………………...pag. 19
1.5 Sistema informativo territoriale per il sito………………………………..pag. 20
1.5.1 Descrizione del sistema informatico proposto…………………..pag. 21
1.5.2 Hardware e software…………………………………………….pag. 22
1.5.3 Architettura client/server………………………………………..pag. 22
Cap. 2 Sistemi Informativi Geografici .……………………………..................................pag. 24
2.1
Introduzione e applicazioni GIS……………………..………….……..pag. 24
2.1.1 Introduzione……………………………………………………...pag. 24
2.1.2 Rappresentazione dei dati della mappa ….…………….……….pag. 27
2.1.3 Concetti di database geografici……….….……………..….........pag. 29
2.2 Applicazioni GIS all’area di studio..……….…………..……………...….pag. 31
2.3 Costruzione database…….…………....………………..………………..pag. 32
Cap. 3 Modello concettuale preliminare del Basso Bacino del Fiume Chienti ………….pag. 41
3.1 Introduzione……………………….…………..………………………….pag. 41
3.2 Geologia e geomorfologia (Tav. 1-2).…………………………………….pag. 42
3.3 Caratteristiche del substrato………………………………………………pag. 43
3.4 Idrogeologia e idrologia (Tav. 3)..….……………………………………..pag. 46
3.5 Freatimetria (Tav. 4)………………………………………………………pag. 48
3.6 Permeabilità (Tav. 5)……………………………………………………...pag. 56
3.7 Ricarica ed infiltrazione (Tav. 6)………………..………………………..pag. 58
3.8 Interventi dell’uomo sul fiume……………………………………………..pag. 61
Cap. 4 Inquinamento……………………………………………………………………..pag. 63
4.1 Valutazione dell’inquinamento nel sito…………. ……………….....…....pag. 63
4.2 Caratteristiche e tossicità dei composti organici alogenati………………..pag. 64
4.3 Carte di isoconcentrazione (Tav. 8 ÷ 21)………………………………….pag. 66
Cap. 5 Conclusioni …………………………………………………..................................pag. 71
Bibliografia……………………………………………….……………………….…...pag. 72
Allegati:
Tav. 1:
Carta geologico-geomorfologica
Tav. 2:
Sezioni interpretative
Tav. 3:
Carta idrogeologica
Tav. 4:
Carta delle freatimetrie
Tav. 5:
Carta della permeabilità
Tav. 6:
Carta dell’infiltrazione potenziale
Tav. 7:
Carta della morfologia della Bassa Valle del Chienti
Tav. 8 ÷ 21: Carte delle isoconcentrazioni degli inquinanti
INTRODUZIONE
Questo lavoro è stata realizzato a compimento di uno stage di 450 ore formative effettuato
nella sezione provinciale di Macerata dell’ARPAM., Agenzia Regionale per la Protezione
Ambientale delle Marche.
L’ARPAM, è un organo istituito con la “Legge Regionale n. 60” del 2 Settembre 1997.
Esso fornisce un’attività di supporto tecnico-scientifico e analitico alla regione, agli enti locali, alle
Aziende USL, ai privati, nelle varie problematiche ambientali.
Ha il ruolo di prevenzione, controllo e vigilanza ambientale, con riferimento alle tematiche:
acqua, aria, rifiuti, suolo, bonifiche.
Inoltre l’agenzia è chiamata a dare il parere tecnico ambientale nella Conferenza dei Servizi,
per l’approvazione dei progetti prevista dall’art. 10 del D.M. 471/99.
La bonifica dei siti contaminati è una tematica precedentemente regolamentata con il D.M.
16/05/89 (sui piani di bonifica). Questo decreto non presentava precise modalità operative degli
interventi, né dei criteri per la definizione dello stato di contaminazione di un sito.
Queste direttive sono state concretizzate inizialmente con il Decreto Ronchi (D.lg. 22/97) e
più specificatamente dal D.M. n. 471 del 25 Ottobre 1999: “Regolamento recante criteri, procedure
e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 5 Febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni e
integrazioni”.
SCOPO DELLO STAGE
L’argomento principale di questa relazione, riguarda il controllo effettuato durante lo
svolgimento del Piano di Caratterizzazione, come primo livello di approfondimento, nell’ambito di
un progetto di interventi di bonifica e ripristino ambientale del sito ad interesse internazionale del
“Basso Bacino del Fiume Chienti”, potenzialmente contaminato da solventi organici-alogenati.
Il sito in questione è presente all’interno della vallata del Fiume Chienti che si estende per
una superficie complessiva di 26 Kmq.
Il Piano di Caratterizzazione e la definizione delle misure di Messa in Sicurezza
d’Emergenza sono già stati attuati ed approvati in conferenza dei servizi presso la sede centrale
dell’APAT a Roma. In conferenza dei servizi è stata definita, con D.M. del 26 Febbraio 2003, la
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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perimetrazione del sito d’interesse nazionale del Basso Bacino del Fiume Chienti pubblicato nella
G.U. del 27 Maggio 2003.
Durante la prima fase della Caratterizzazione vengono richiesti dati storici informativi
dell’area di interesse per poter poi essere integrati da dati misurati in sito.
Lo scopo del Piano di Caratterizzazione è di raccogliere in un unico documento varie
informazioni inerenti al sito:
-
descrizione territoriale ed ambientale dell’area in oggetto di studio;
-
documentazione disponibile sulle attività produttive svolte;
-
raccolta dei dati esistenti relativi alla qualità delle matrici ambientali,
elaborate da soggetti pubblici e/o privati;
-
l’elaborazione del piano d’indagine mirata a definire la qualità delle matrici
ambientali e l’indicazione delle opportune tecniche investigative;
-
valutazione dell’esigenza di procedere all’adozione di ulteriori misure di
messa in sicurezza d’emergenza;
-
stima dei costi.
Gli inquinanti di maggiore interesse del tipo organo-alogenati sono:
a)
1,1,1
Tricloroetano
(1,1,1
TCE),
inquinante con
caratteristiche
di
biodegradabilità molto limitata e facile solubilità;
b)
Tricloroetilene o Trielina (TRIE), con caratteristiche di biodegradabilità e
solubilità intermedie e anche poco volatile;
c)
Tetracloroetilene o Percloroetilene (PCE), composto poco solubile e con
caratteristiche di alta volatilità,
d)
Composti organo-alogenati totali (C.O.A. Tot.), che riassumono i composti
precedenti.
Così iniziano i lavori e vengono compiuti sopralluoghi in sito durante le operazioni ed
eseguiti i prelievi dei campioni delle acque. I laboratori attualmente stanno effettuando le analisi dei
campioni su detti.
Due aziende, già prima dell’entrata in vigore del DM 471/99, hanno intrapreso azioni di
messa in sicurezza d’emergenza e bonifica delle aree a loro limitrofe dall’inquinamento da loro
causato.
Molti pozzi ad uso privato sono stati chiusi a causa dell’inquinamento; mentre le centrali di
sollevamento dei comuni di Montecosaro e Civitanova M. sono stati dotati di impianti di
depurazione a carboni attivi.
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Le unità stimate della popolazione totale potenzialmente soggetta a rischio, sono nelle
quantità di:
-
1500
U nei comuni di Morrovalle e Sant’Elpidio a Mare;
-
1550
U nel comune di Porto Sant’Elpidio;
-
4500
U nel comune di Montecosaro;
-
40000 U nel comune di Civitanova Marche, con tendenza al raddoppio
durante il periodo estivo (80000 – 100000 U).
Sono stati censiti 538 pozzi con inizio dal 1992-93 di cui molti monitorati nelle
concentrazioni degli inquinanti secondo il DPR 236/88 relativo alle acque impiegate al consumo
umano. Successivamente sono stati presi in considerazione per un successivo monitoraggio mensile,
dal Settembre 1997 fino ad oggi, 72 pozzi da Morrovalle a Civitanova M.
Nel Piano di Caratterizzazione approvato sono stati previsti inoltre vari parametri tra i quali:
IPA, PCB, idrocarburi, amianto, nitrati, ecc…
Per i campionamenti sono previsti 736 punti di campionamento di cui:
-
229 per le aree di compensazione;
-
342 per le aree agricole;
-
95 per le aree residenziali;
-
16 per le aree dell’asta fluviale (5 transetti + 1 laghetto);
-
54 sondaggi geognostici.
Saranno raccolti in totale 1197 campioni di cui 797 saranno analizzati in laboratorio.
Sulla base delle principali linee del Piano di Caratterizzazione si è arrivati a formulare come
scopo finale dello stage quello di ottenere delle carte che rappresentino lo sviluppo nel tempo
dell’inquinante (carte di isoconcentrazione) ed individuare le fonti principali di inquinamento.
Per arrivare a tale scopo si è dovuto ricostruire il “Modello Concettuale” del sito, come
illustrato nell’allegato n. 4 del DM 471/99, che rappresenta la base per ulteriori applicazioni
progettuali, con la possibilità d’integrazione in seguito a nuove campagne di monitoraggio.
I dati raccolti sono stati implementati in una banca dati GIS ( DATABASE ) tale da poter
formulare domande relative l’area di studio.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
3
CAP 1
CARATTERRIZZAZIONE
1.1 PIANO DELLA CARATTERIZZAZIONE
L’area della bassa valle del fiume Chienti è interessata dalla presenza di numerose aziende
del settore calzaturiero che utilizzano composti organoalogenati per il lavaggio di fondi in
poliuretano. I rifiuti di tali processi, classificati come pericolosi, nel passato sono stati
presumibilmente sversati nel sottosuolo ed infiltratisi direttamente in falda.
La situazione ambientale è critica poiché l’inquinamento ha interessato molti pozzi privati
utilizzati a scopo idropotabile, senza escludere quelli situati nelle centrali di sollevamento di
Montecosaro e Civitanova Marche.
Già dal 1998 gli studi analitici dell’area hanno riscontrato un inquinamento diffuso con
valori che superavano i limiti del DPR 236/88, relativo alla qualità delle acque destinate al consumo
umano, sia per i nitrati che per il 1,1,1-tricloroetano.
In seguito all’evoluzione produttiva, le aziende hanno modificato i cicli produttivi che hanno
determinato una sostituzione del solvente 1,1,1-tricloroetano con un altro solvente denominato
Percloroetilene che ha contribuito ad un nuovo inquinamento della falda con conseguenze peggiori.
In seguito all’emanazione del DM 471/99, in cui si davano le direttive per un eventuale
intervento in caso di un sito inquinato, alcune aziende hanno provveduto ad effettuare controlli
periodici dello stato di inquinamento e a mettere in atto azioni di messa in sicurezza di emergenza.
Nei comuni di Civitanova Marche e Montecosaro le misure di emergenza primarie sono
state di vietare il consumo d’acqua attinta dai pozzi e l’esclusione delle centrali di sollevamento,
infine l’istallazione di impianti di depurazione a carboni attivi per l’abbattimento dei solventi.
Il Piano di Caratterizzazione, messo in atto dall’ARPAM, interessa le aree pubbliche, a terra,
demaniali o di proprietà del soggetto pubblico, ricadenti all’interno del perimetro delineato dal
Ministero. In tale Piano sono prese in considerazione le aree a vocazione agricola e le aree
residenziali, le aree di completamento industriale fatta eccezione per quelle che hanno già eseguito
la bonifica precedentemente alla delineazione del sito di interesse nazionale del Basso Bacino del
Fiume Chienti.
La stima dei costi di produzione per effettuare il Piano di Caratterizzazione è ancora, nella
totalità, incerta poiché la complessità delle matrici ambientale da investigare e la difficoltà di
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
5
individuazione delle fonti di contaminazione può farne variare il prezzo; anche a seconda
dell’abilità di ricostruire il “Modello Concettuale” più vicino possibile alla realtà. Infatti, per poter
affrontare un’indagine preliminare a minor costo, bisogna osservare la possibilità di incentrare il
campionamento in determinate aree a maggior rischio, dove le analisi possono subire variazioni in
corso d’opera.
1.2 INQUADRAMENTI GENERALI
1.2.1 - LINEAMENTI GEOGRAFICI
Il fiume Chienti rappresenta un importante entità ben definita sia sotto l’aspetto topografico,
idrogeologico nonché paesaggistico.
La zona di sorgente è localizzata alle pendici della “Bocchetta della Scurosa” e scorre
dapprima nella valle del Grillo, un torrentello che attraversa il Piano di Colfiorito, circa a quota
1.100 mt. s.l.m.
Nel primo tratto montano, dalla sorgente fino al lago Le Grazie, esso scorre in direzione
WSW-NNE con un gradiente medio di pendenza del 15.00 ‰ circa. Nel tratto intermedio, fra il
lago Le Grazie e la confluenza del Fiastra, esso mantiene all’incirca la direzione descritta in
precedenza, ma con un gradiente medio di pendenza del 7.00 ‰. Nel tratto medio finale, compreso
fra la confluenza del Fiastra e la foce, esso scorre in direzione W-E con un gradiente medio di
pendenza stimato nel 3,50 ‰. La pendenza del corso d’acqua tuttavia non è costante ma va
gradualmente diminuendo verso la foce.
I limiti settentrionale e meridionale del bacino idrografico sono dati rispettivamente
dagli allineamenti collinari di S.Giuseppe, Pollenza, Macerata, Morrovalle, Montecosaro,
Civitanova Alta, e da quelli di Paterno, Urbisaglia, Corridonia, Monte San Giusto e Montegranaro,
che costituiscono gli spartiacque del bacino imbrifero dell’asta principale.
Il bacino idrografico è caratterizzato da un’area molto estesa, di circa di 1.300 Kmq.,
caratterizzato da una forma subquadrangolare legata al decorso degli affluenti principali; in
prossimità della foce esso tende a modificarsi assumendo una forma più allungata.
La sua vallata ha un andamento, più o meno regolare, in direzione antiappenninica, è
generalmente asimmetrica, presenta una lunghezza di 91 km. ed una larghezza media di 5,6 km. con
un massimo di 7 km. alle sezioni di Morrovalle e di Montecosaro. (Molinari ed altri, 1988)
Nei primi 10 km dalla sorgente, il fiume attraversa nel suo primo tratto una stretta valle con
versanti molto acclivi, in direzione SSE, proseguendo con un andamento più o meno regolare, che
incide profondamente nelle formazioni di calcare ed arenaria, formando la classica forma a “V” con
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
6
una larghezza di pochi metri; proseguendo, la valle si allarga fino a qualche centinaio di metri,
condizionata da versanti meno acclivi e da litologie più facilmente erodibili.
Dopo alcuni km., dopo che il bacino riceve le acque del Rio San Luca-Rio, Cesolone-T.
Fiastrella (suoi primi affluenti che scorrono in valli strette, di difficile accesso, ma che condizionano
con il loro apporto terrigeno la valle del Chienti al punto tale da allargare il suo fondo di circa 1
km), i versanti diventano più dolci e non si ha più una forte incisione valliva come nel precedente
tratto.
La forma stessa della valle si apre e diventa più ampia fino ad un chilometro, anche perché i
materiali che la costituiscono risultano più facilmente modellabili; infatti, da qui in poi si riscontra
la presenza di alluvioni terrazzate che risultano, relativamente all’asse del fiume, maggiormente
sviluppate in sinistra, mentre il corso stesso scorre in destra, molto vicino al limite di bacino.
La foce del Chienti si trova a Sud di Civitanova Marche ed i suoi lobi deltizi sono soggetti a
variazioni stagionali. Sono infatti maggiori durante la stagione estiva quando il moto ondoso più
calmo non disperde la sedimentazione che avviene presso la foce. (Molinari ed altri, 1988)
L’area oggetto di studio ha delle caratteristiche tipologiche corrispondenti a quanto citato
negli ultimi due capoversi, difatti essa è una porzione del bacino del fiume Chienti e precisamente
la bassa vallata (tratto terminale) compresa tra la zona a Sud di Macerata ed il mare. Tale ambito
territoriale ricade nei Comuni di Morrovalle (Trodica), Montecosaro (Borgo Stazione), Civitanova
Marche (zona industriale A), Porto Sant’Elpidio (zona Fratte), Sant’Elpidio a Mare (Bivio
Cascinare, Casette d’Ete), Montegranaro (zona Lucani-Piane d’Ete).
Essa ha una superficie di 26 Kmq, e, per la sua conformazione, è orientata con direzione EstOvest, il fiume ne percorre il margine meridionale costeggiando i terrazzi più antichi.
I dati metrici relativi all’area presa in esame sono i seguenti:
lunghezza media: 11 km. circa;
larghezza media: 1 Km. circa;
superficie territoriale: 35 kmq. circa;
altimetrica con valori oscillanti in un range di 0 mt. a 50 mt. s.l.m.;
gradiente topografico medio: 4 per mille circa.
Da recenti stime effettuate a scopi statistici sono stati rilevati 96 attingimenti il cui
utilizzo è stato ripartito nella maniera seguente (Reg. Marche, 2000):
uso agricolo e zootecnico: 85 attingimenti per un prelevamento di una quantità
d’acqua stimata in 2.577.225,61 mc. annui;
uso industriale: 5 attingimenti per un prelevamento di una quantità d’acqua stimata
in 373.248 mc. annui;
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uso idroelettrico: 6 attingimenti per un prelevamento di una quantità d’acqua stimata
in 951.523.112 mc. annui.
Il fianco in destra idrografica si presenta più ripido di quello posto in sinistra, mostra
inizi di calanchizzazione e con scarse tracce di terrazzi, mentre quello in sinistra risulta più dolce e
con terrazzi maggiormente sviluppati.
Il versante meridionale è caratterizzato da elevazione maggiore e da un’alta instabilità
rispetto a quello settentrionale. Tale fatto viene spiegato con una simmetria tettonica da ricercarsi
nelle pieghe normali all’Appennino, aventi cioè direzione SSO-NNE, che interessano specialmente
il Pliocene; questa tipologia di valle viene considerata “conseguente” e “cataclinale conforme”
(Martinis, 1954).
1.2.2 – INQUADRAMENTO GEOLOGICO
L’area in esame, ricadente nel Bacino Marchigiano Esterno, è costituita da terreni di
ambiente marino.
Il termine più antico è costituito da depositi argillosi di ambiente marino neritico riferibili al
Pleistocene Inferiore a cui seguono, verso l’alto, depositi pelitico-arenacei sul versante destro,
arenaceo-pelitici su quello sinistro e sabbioso–conglomeratici (ambiente litorale e di transizione).
Oltre a tali unità, che appartengono al ciclo deposizionale Plio-Pleistocenico, sono presenti i
depositi continentali di età Olocenica, costituiti dalle alluvioni terrazzate in quattro ordini , e di
quelli colluviali che ricoprono diffusamente le unità del substrato, essi risultando affioranti sui
versanti collinari con spessori notevoli, poggiano con contatto erosivo sulle sottostanti formazioni
marine (Conti, 1997).
L’assetto strutturale è di tipo monoclinalico, con strati immergenti verso N-E con deboli
inclinazioni, il quale viene repentinamente “sbloccato” da faglie normali antiappenniniche di
modesta entità. (Fig. 2)
Per quanto concerne la litologia delle varie unità litostratigrafiche cartografate, distinte tra
quelle della copertura e quelle del substrato, si rimanda allo schema litologico della Fig. 1, nella
quale vengono distinte singolarmente. Tale classificazione riportata in legenda, è divisa in due parti:
unità della copertura: costituita dai depositi alluvionali (Pleistocene medio-finale, Olocene);
depositi eluvio-colluviali (Olocene, Pleistocene sup.) che rappresentano il prodotto
dell’alterazione meteorica e del disfacimento delle unità del substrato, generalmente formanti
una coltre di spessore molto variabile che ricopre diffusamente il substrato e che molto spesso
risulta interessata da movimenti di massa;
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
8
unità del substrato: unità pelitico-arenacea ed areanaceo-pelitica (Pleistocene inf.); unità
arenaceo-conglomeratica (Pliocene medio-inferiore) che si rinviene alla sommità dei crinali e
rappresenta il termine di chiusura del ciclo sedimentario marino Plio-Pleistocenico, la cui
maggiore resistenza all'erosione di questi litotipi, da luogo spesso a nette scarpate strutturali, in
risalto sul paesaggio circostante; Unità di tetto (Pleistocene medio-inferiore.).
Fig. 1: Schema litologico dell’area orientale marchigiana, compresa tra il M. Conero ed il F.
Tronto (da Nanni & Vivalda, modificato)
Legenda: 1) alluvioni terrazzate del IV ordine; 2) alluvioni terrazzate antiche; 3) depositi arenaci, arenaceoconglomeratici e ghiaie di chiusura della sequenza pleistocenica; 4) depositi pelitici pleistocenici con intercalate
unità arenaceo-pelitiche e pelitico-arenacee; 5) depositi pelitici del pliocene inferiore e medio p.p. con intercalate
unità arenaceo-pelitiche e pelitico-arenacee; 6) depositi prepliocenici; 7) dorsali carbonatiche meso-cenozoiche.
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Fig. 2: Stralcio della Carta Geologica delle Marche (scala 1:250.000) con riportato il limite del
bacino fluviale del F. Chienti.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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1.2.3 – INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO
La morfologia della bassa valle del Chienti è molto influenzata dalla tettonica, la quale ha
condizionato la simmetria della valle, la forma e direzione del reticolo idrografico, gli assi collinari.
Caratteristica peculiare della vallata è l’asimmetria del fianco destro dell’asta fluviale
rispetto a quello sinistro, precisamente la sinistra idrografica, procedendo verso foce, è molto più
sviluppata, solcata da torrenti e fossati del III e IV ordine rispetto a quella destra, mentre
quest’ultima (pur denotando analoghe altimetrie con quella opposta) è più ristretta ed acclive,
solcato da fossi del II ordine per consentire l’accesso nell’asta fluviale di alcuni affluenti del F.
Chienti, tra i quali l’Ete Morto (Conti, 1997).
Risulta evidente, infatti, come crinali caratterizzati da risalti morfologici corrispondano agli
affioramenti dei litotipi a maggiore componente sabbioso-arenacea (depositi arenaceoconglomeratici); viceversa, le aree collinari a morfologia più "dolce" si rinvengono in
corrispondenza di litologie prevalentemente argillose e facilmente erodibili (depositi pelitici e
pelitico-arenacei).
Da apposito rilievo geomorfologico eseguito in campagna, necessario per elaborare la Carta
geologica-geomorfologica (Tav. 1), sono state distinte e cartografate le forme, i depositi e i processi
morfogenetici legati all'azione della gravità, delle acque correnti superficiali, del moto ondoso e
delle correnti sulla costa, all'attività antropica, nonché all'interazione tra agenti esogeni ed endogeni
(forme tettoniche e strutturali).
Tali processi morfogenetici sono distinti, secondo criteri esclusivamente geomorfologici, in
base al loro grado di attività (fenomeni inattivi ed attivi) (Conti, 1997).
Per i fenomeni gravitativi in genere, il concetto di "inattivo" è legato all'impossibilità di
valutare un'ulteriore evoluzione cinematica della massa, che termina così la sua storia evolutiva; ciò
avviene, ad esempio, quando si ritiene che la massa non possieda più energia potenziale, per
accumulo su fondovalle, su pianoro, ecc….. A tale scopo, non potendo nel tempo definire in
maniera certa l’inattività della massa, tali fenomeni sono stati classificati solamente come “attivi” e
“quiescienti”. I fenomeni franosi "attivi", ed in subordine quelli "quiescenti", sono diffusi
maggiormente nell' area collinare settentrionale, presentandosi, in alcuni casi, anche con estensione
notevole; i fenomeni classificati "quiescenti" potrebbero riattivarsi, come è noto dalla letteratura
scientifica, in occasione di sismi particolarmente forti o di periodi piovosi molto lunghi ed intensi.
Per quanto riguarda l'azione delle acque correnti superficiali, le forme e i depositi sono stati
classificati "inattivi", nelle situazioni in cui, nell'attuale contesto morfoclimatico, l'agente "acqua"
non può più operare. Viceversa, sono molto diffusi, soprattutto lungo le aste fluviali dei principali
corsi d'acqua, i fenomeni attivi (Conti, 1997).
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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Tra le forme tettoniche e strutturali, rivestono particolare importanza, anche per una loro
possibile evoluzione gravitativa, gli orli di scarpata con influenza strutturale, che bordano per la
quasi totalità i crinali sommitali.
Le forme e i manufatti antropici sono rappresentati prevalentemente da orli di scarpata di
scavo e/o di degradazione, laghetti collinari, canali, cave inattive.
Fig. 3: Carta orografica della regione:
1) 0-200 m, 2) 200-500 m, 3) 500-1000 m, 4) 1000-1700 m, 5) 1700-2000 m, 6) super.
ai 2000 in (da MOLINARI et alii., 1971; modificata).
1.2.4 – IL CLIMA
Le caratteristiche climatiche dell’area di studio rientra tra quelle marchigiane, caratterizzate
dall’essere generalmente molto incassate, percorsi da fiumi/torrenti con portate massime coincidenti
con i massimi di pioggia stagionali ed occasionali; essa risulta orientata da E-NE a W-SW, fattore
che determina la quantità di energia solare ed il numero di ore in cui l’irraggiamento solare arriva
sul terreno, altresì tale fattore influisce anche sui venti che percorrono la valle e, di conseguenza,
anche sul regime termico della stessa.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
12
Sul fronte SW la presenza della catena dei Sibillini, nonché le colline settentrionali e
meridionali poste lungo l’asta fluviale, determinano il regime eolico locale che trasforma i venti
generali dominanti in venti locali particolari aventi caratteristiche proprie. Il vento di SW
impropriamente denominato “Montanaccio” dai contadini della zona, rappresenta un vento caldo
che influenza notevolmente il clima, a tal punto che nella città di Macerata durante l’inverno la
temperatura viene rialzata di alcuni gradi ed inoltre la quantità di acqua che in queste occasioni
evapora dai terreni (circa 12 Kg. per mq. in 24 ore) richiede da parte degli agricoltori un reintegro
della riserva idrica a mezzo di irrigazioni. I venti che soffiano da NE a NW sono legati ad
abbassamenti termici invernali e sporadicamente anche nelle stagioni intermedie, nonché quelle
estive. La topologia della valle, dominata da quote assai notevoli ad Ovest e sfociante in una
pianura abbastanza ampia verso la metà del percorso fluviale, influisce sul clima, il quale negli
ultimi 30 anni ha subito importanti modificazioni (Molinari ed altri, 1988).
1.2.5 – IL REGIME TERMICO
Il regime termico nell’area oggetto di studio è molto simile a quello delle valli vicine
caratterizzate dalla stessa morfologia regionale, il suo range di valori della temperatura oscilla dai
35°C in estate ed i -16°C in inverno, naturalmente gli estremi vengono raggiunti in particolari
periodi stagionali; in particolar modo la temperatura poc’anzi indicata relativa alle invernate, è
dovuta alla presenza di aria di origine artica ristagnante nell’asta fluviale ed intrappolata nella
vallata che risulta essere ortogonale alla direzione di provenienza del vento di N-NW.
Tale regime termico della temperatura della vallata mostra una diminuzione delle
temperature in funzione dell’aumento di quota, tale fenomeno trova eccezione su di una fascia
altimetrica compresa tra i 100 mt. ed i 400 mt. di altitudine, nella quale si evidenzia una inversione
termica più o meno accentuata a seconda del periodo stagionale; essa condiziona anche lo stato di
purezza dell’aria nella valle, determinando una concentrazione di materiali inquinanti nei bassi
strati che, dilavati dalle piogge, rendono questi ultimi estremamente acidi.
La presenza di venti cabatici invernali innalza la temperatura provocando un veloce
scioglimento delle nevi ed un subitaneo trasporto di acqua verso mare, non permettendo un adeguato reintegro delle riserve idriche e quindi delle falde idriche e delle vene sotterranee; altresì l’azione
termica in questione determina oltre che lo scioglimento accelerato delle nevi anche la notevole
evaporazione delle acque superficiali più a valle, fattore determinante la formazione di foschie e
nebbie quando le temperature si abbassano (Molinari ed altri, 1988).
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13
1.2.6 – IL REGIME PLUVIOMETRICO
L’andamento pluviometrico in tale area prevedibilmente evidenzia una diminuzione della
quantità d’acqua caduta passando dalla parte montana fino alla fascia costiera, tale fenomeno è
attribuibile ai nuclei di concentrazione legati agli strati di inversione termica, citati nel paragrafo
precedente, e dall’inquinamento atmosferico generale.
Il regime idrico del F. Chienti evidenzia come i suoi caratteri generali siano tipicamente
assimilabili a quelli di un fiume di tipo torrentizio con piene improvvise e magre accentuate e
dipendenti dal regime pluviometrico. Il regime delle piogge è di tipo submediterraneo caratterizzato
da un massimo autunno-invernale e da un minimo estivo assai accentuato, esso assume carattere
mediterraneo lungo la fascia costiera e difatti è caratterizzato da una marcata siccità estiva. La
quantità delle precipitazioni si aggira approssimativamente sui 450 mm. delle zone medio-collinari
del bacino; il tratto del fiume, ricadente nell’area in esame, possiede acque che procedono a velocità
molto lenta, formando ampi meandri e solcando le alluvioni terrazzate ( Molinari ed altri, 1988).
Degli studi di carattere generale effettuati in merito alla piovosità/pluviometria hanno messo
in evidenza come le piogge negli ultimi anni siano in diminuzione, ciò probabilmente dipende dalla
deforestazione incontrollata che ha colpito le fasce abitate destinando a zona coltivata o ad altri usi
il terreno sottratto alla foresta ed al bosco. Difatti l’abbattimento della vegetazione arborea,
costituendo questa ultima l’anello di collegamento tra il terreno e l’atmosfera, ha provocato
l’interruzione delle condizioni per le quali la formazione delle piogge era condotta a termine
favorendo il lento e continuo progredire della desertificazione della quale purtroppo oggi siamo a
conoscenza. Di non minore importanza è l’attuale stato di inquinamento dei mari a causa dell’olio
combustibile, il quale ricopre con una pellicola oleosa la gran parte delle estese superfici marine
impedendo l’evaporazione dell’acqua.
1.2.7 – L’EVAPORAZIONE
Notevole quantità d’acqua, come anzi detto, viene sottratta dagli specchi d’acqua e dalle
porzioni più superficiali dei terreni ed evaporata nell’atmosfera. Da tale fenomeno ne deriva un
bilancio idrologico negativo durante il periodo estivo, inoltre, nella fattispecie essa interessa
soprattutto gli invasi del F. Chienti a monte di Tolentino ai quali l’evaporazione sottrae notevole
quantità d’acqua raccolte. Anche gli equilibri climatici della vallata sono stati oggetto di mutamento
nel corso degli anni a causa dell’evaporazione, tali positive modificazioni hanno consentito
l’introduzione di nuove coltivazioni, alcune delle quali hanno tratto grande profitto dalle variazioni
termiche citate.
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14
1.2.8 – IL REGIME DI RADIAZIONE SOLARE
Da alcune analisi statistiche sulle ore medie di sole presenti sulla valle del Chienti, emerge
che il mese di luglio corrisponde al periodo di maggiore presenza solare, mentre l’energia media
disponibile giornalmente per irraggiamento solare è maggiore nel mese di aprile rispetto agli altri
mesi dell’anno, questo dipende dalla quantità di nubi presenti nel cielo che, oscurando la luce
solare, diminuiscono la quantità di energia disponibile. Tuttavia in linea generale la vallata del
Chienti presenta un buon livello di insolazione e di energia solare disponibile, resta inteso che tali
parametri dipendono dalle variazioni meteorologiche e climatiche .
1.2.9 – IL REGIME EOLICO
Il regime eolico della valle del Chienti è dominato da venti da E-NE che nei mesi invernali
apportano precipitazioni nevose e basse temperature, da venti da NW, e da correnti da SW
comportanti delle elevazioni termiche, comunque anche il regime eolico, come gli altri già descritti
in precedenza, è peraltro molto simile a quello delle altre valli marchigiane.
Il moto del vento non è mai di tipo laminare ma perturbato in quanto il vento percorrendo la
vallata e attraversandola obliquamente trova degli ostacoli collinari, altresì essi provocano anche
l’innalzamento delle velocità relative che normalmente si aggirano sui 10 km./ora ed arrivano sin ai
70-80 km./ora per i venti da SW a NE-E (Molinari ed altri, 1988).
1.3 DATI STORICI
1.3.1 – CENSIMENTO POZZI GIÀ ESISTENTI
Il primo censimento è stato realizzato nel periodo dal 6 al 28 luglio 1992.
La prima campagna freatimetrica e prelievo dei campioni è stata effettuata tra il 16
Settembre e il 6 Ottobre 1992, mentre la seconda dal 26 Novembre al 14 Dicembre 1992.
Dai dati della seconda campagna è stata realizzata una carta delle isofreatimetriche da cui si
è riscontrato che non ci sono state variazioni significative del livello piezometrico nei pozzi
misurati, per questo i valori possono essere considerati attendibili.
Il numero totale dei pozzi censiti è di 538 di cui 450 sono realizzati a rotazione, a
percussione o manualmente e 88 invece infissi o “a canna battuta”.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
15
I pozzi con livelli piezometrici anomali rispetto alla norma , caratterizzati per lo più da
emungimenti discontinui o influenzati dai campi pozzi vicini, sono stati esclusi dal tracciamento
delle isofreatimetriche.
Questa ricostruzione è servita alla individuazione di eventuali “zone di drenaggio”
sotterranee o di “aree di alimentazione o ricarica” laterale alla falda e degli spartiacque sotterranei.
Sulla base di questi ultimi sono state effettuate delle valutazioni sull’andamento del flusso e
dei drenaggi preferenziali e hanno dato indicazioni per migliorare la maglia di studio dei pozzi da
misurare per le campagne successive.
Già nella prima campagna sono state evidenziati dei valori della conducibilità relativamente
bassi delle acque (600-900 µS/cm), e un basso contenuto in nitrati (< 50 mg/l); questi valori
confermerebbero l’ipotesi di una zona di alimentazione della falda acquifera da parte del fiume.
1.3.2 – SONDAGGI GEOGNOSTICI REALIZZATI
I sondaggi sono stati realizzati nel periodo che va dal 17 al 25 Febbraio 1993 e sono stati
spinti a profondità variabile tra i 13,0 mt. e i 18,5 mt. dal p.c. Il substrato è stato raggiunto in tutti i
sondaggi tranne uno a causa del franamento delle pareti del foro.
In tutti i sondaggi è stata riscontrata la presenza della falda e ne è stata misurata la
profondità dal p.c.
Quasi tutti sono stati attrezzati come pozzi di prova o con piezometri per poterne misurare il
livello piezometrico e poter prelevare i campioni nelle campagne successive. I pozzi di prova sono
stati realizzati in PVC di diametro di 200 mm, opportunamente finestrati solo per il tratto al di sotto
del livello di falda. La parte superiore del tubo è stata cementata ed il boccapozzo è stato munito di
coperchio in cemento e sistema di chiusura.
Per ogni perforazione sono stati raccolti campioni dell’acqua di falda per accertarsi della
presenza di Tricloroetano.
1.3.3 – DATI PLUVIOMETRICI E TERMOMETRICI
Per definire le caratteristiche climatologiche sono state prese in considerazione tre stazioni
pluviometriche: Pollenza, Macerata e Fontespina.
I dati sono stati forniti dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata.
Per quanto riguarda le precipitazioni, l’area è caratterizzata da una media annuale variabile
tra i 418 mm (Fontespina) e 837 mm (Macerata), calcolata su 25 anni di osservazioni (1965-1989).
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
16
Dall’analisi delle precipitazioni totali decapali registrate negli anni ‘91-‘92-’93 e di quelle
totali mensili e cumulative per il periodo 1965-1989 si può desumere che:
1. stazione di Pollenza: le precipitazioni sono risultate prossime ai valori medi eccetto i
periodi aprile-maggio e ottobre-novembre in cui si sono avuti i massimi superiori alla
media;
2. stazione di Macerata: negli anni 1991 e 1992 sono state registrate precipitazioni totali
nettamente inferiori alla media, mentre per i periodi sopra elencati si sono avuti, anche
in questo caso, i massimi di precipitazione;
3. stazione di Fontespina: precipitazioni nel complesso superiori o coincidenti con la
media; i massimi simili alle due stazioni precedenti.
Per quanto riguarda il regime termico dell’area in esame, la temperatura minima è raggiunta
sempre nel mese di gennaio con valori compresi tra 0,5° C (Pollenza) e 2,5° C (Macerata); la
minima assolata raggiunta nel periodo considerato è stata di – 14,0° C, registrata a Pollenza.
Per le temperature massime, queste si raggiungono nel periodo estivo, precisamente nel
mese di luglio quando i valori variano tra 26,2° C (Fontespina) e 28,4° C (Pollenza); la massima
assoluta registrata nella stazione di Pollenza è di 38,8° C.
L’escursione termica media è variabile tra 6,74° C e 10,4° C.
1.3.4 –
RISULTATI
DELLE
INDAGINI
DEI
CAMPIONAMENTI
EFFETTUATI
La determinazione dei livelli di 1,1,1 Di-tricloroetano, Tricloroetilene e Percloroetilene è
stata redatta dal servizio Rifiuti/Suolo dell’ARPAM di Macerata e riferita al semestre Marzo 2003 –
Agosto 2003.
Il monitoraggio delle acque sotterranee, iniziato nel mese di Settembre 1997 in seguito a
stipula di convenzione (Delibera prot. N. 1954/EC del 03.07.97) tra l’Amministrazione Provinciale
di Macerata e l’Area Chimica del Servizio Multizonale dell’Azienda USL n. 9 di Macerata, è tuttora
in atto con nuova convenzione tra l’Amministrazione e l’ARPAM.
Il periodo di osservazione Marzo 2003 – Agosto 2003 ha riguardato il monitoraggio dei
pozzi situati all’interno dell’area oggetto di studio situata nel territorio dei comuni di Morrovalle,
Montecosaro e Civitanova Marche.
Lo scopo dell’indagine è quello di accertare la presenza e le quantità dei composti organoalogenati (C.O.A.) totali e dei singoli componenti quali il Tricloroetano (1,1,1 T.C.E.), il
Percloroetilene (P.C.E.) ed il Tricloroetilene (TRIE).
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
17
I pozzi utilizzati per il monitoraggio sono in totale 72, compresi quelli delle centrali di
sollevamento dei comuni di Montecosaro e Civitanova, mentre non sono stati presi in esame quelli
della centrale di sollevamento di Morrovalle in quanto ubicati a monte rispetto alla zona da cui ha
inizio l’inquinamento.
Nel mese di Marzo 1999 sono stati aggiunti altri 5 pozzi ubicati nel comune di Montecosaro,
per meglio integrare le zone limitrofe intorno al pozzo n. 105 in cui si era notato un aumento della
concentrazione di P.C.E.
La campagna di prelievo dei campioni è stata effettuata sempre con cadenza mensile.
Oltre ai valori di concentrazione dei composti organi-alogenati, sono stati misurati altri
parametri chimico-fisici di relativa importanza quali: Durezza, Conducibilità Elettrica Specifica,
Ione Nitrico.
Il T.C.E. ed il P.C.E. sono impiegati nel settore calzaturiero per il lavaggio (sgrassaggio) dei
fondi in Poliuretano. Tali operazioni effettuate inizialmente in vasche a cielo aperto utilizzando il
Tricloroetano, sono state condotte successivamente in apposite macchine “lavasuole” a ciclo chiuso
con l’impiego di Tetracloroetano. Pertanto i rifiuti ottenuti dalle sopraccitate lavorazioni sono i
solventi esausti sopraindicati, con varia percentuale di oli siliconici.
Lo ione nitrico (NO3)– è l’ultimo stadio di ossidazione dell’azoto proteico, ma può essere
oggi molto frequente nelle acque sotterranee, derivando direttamente dalla concimazione chimica
dei terreni. Il limite di concentrazione è fissato a 50 mg/l oltre il quale l’acqua non è più potabile.
La durezza totale, viene determinata direttamente sull’acqua tal quale e viene espressa in
gradi francesi (1° F = 10 mg/l di CaCO3). Oltre il valore di 50° F si sconsiglia l’uso ai fini potabili.
La conducibilità elettrica è direttamente correlata al contenuto salino, ossia agli ioni presenti
dotati di carica elettrica, e quindi di residuo. Brusche variazioni nella conducibilità possono essere
indici di inquinamento.
I risultati relativi al semestre Marzo 2003 – Agosto 2003 confermano un’evidente diffusione
dell’inquinamento in tutta l’area oggetto di studio.
Per i composti organo-alogenati, si evidenzia un superamento della concentrazione massima
ammissibile di 30 µg/l prevista dal D.P.R. 236/88 relativo alle acque destinate al consumo umano
per circa un terzo dei pozzi analizzati.
Tale situazione è cambiata in seguito all’entrata in vigore del D.lg. 32/2001 che prevede un
abbassamento del limite al valore di 10 µg/l, per la somma del T.C.E. e TRIE.
Il tricloroetano, pur non essendo più utilizzato dalle ditte, però continua ad essere presente in
gran parte dell’area oggetto di monitoraggio, con livelli più o meno stabili rispetto al precedente
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
18
semestre. Comunque per un pozzo in particolare (n. 113) il valore della concentrazione rimane
ancora molto elevato e si è avuta una ripresa nel periodo da Maggio fino ad Agosto.
Il tricloroetilene non presenta concentrazioni significative, tranne il caso dei pozzi 231 e 253
dove il valore è andato aumentando tra Settembre 2002 e Febbraio 2003.
In fine il percloroetilene, in fase di dismissione, anche se sostitutivo al tricloroetano nel ciclo
produttivo, è sempre presente in falda in concentrazioni variabili, ma con evidenti alternarsi dei
valori da bassi ad alti, quindi con periodi di aumento e diminuzione dei quantitativi.
Si è potuto osservare un consistente inquinamento da P.C.E. nella zona di Montecosaro
Scalo a partire dal mese di Novembre 1998 che ha influenzato una vasta area a valle di una azienda
che può considerarsi come sorgente primaria.
I valori di P.C.E. più significativi si riscontrano per il pozzo 231, nel mese di Marzo, di 308
µg/l; per il pozzo 253 con 209,4 µg/l per il mese di Aprile ed, infine, il pozzo 183, sempre nel mese
di Marzo, con 113,2 µg/l.
I risultati finali relativi all’intero periodo di monitoraggio ci fanno esprimere alcune
considerazioni di carattere generale sulla situazione dell’inquinamento e cioè:
•
le acque di falda presentano elevati valori di conducibilità elettrica specifica che si
aggirano intorno ai 700 fino ai 1500 µS/cm , durezza media tra 30 e 65 ° F e la
concentrazione di ione nitrico che oscilla tra 40 e 250 mg/l. Quest’ultimo va imputato
all’uso di fertilizzanti in agricoltura.
•
la presenza diffusa di T.C.E., P.C.E. e TRIE nella falda conferma l’esistenza di sorgenti di
inquinamento puntuali, ed a volte areali, sempre presenti all’interno di alcuni perimetri
aziendali.
1.4 FORMULAZIONE DEL MODELLO CONCETTUALE
Il modello concettuale di un sito, come descritto all’Allegato 4 del DM 471/99, è lo
strumento tecnico che serve ad:
Individuare tutte le fonti di contaminazione primarie e secondarie presenti nel sito;
Definire la natura, il grado di estensione dell’inquinamento del suolo, sottosuolo, acque
superficiali, sotterranee, atmosfera del sito e dell’ambiente da questo influenzato;
Individuare i percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione fino ai bersagli;
Individuare tutti i bersagli, le componenti ambientali e la popolazione.
Elemento essenziale del modello concettuale è l’indagine idrogeologica e la definizione del
modello di circolazione idrica.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
19
È per questo che su la base dei dati storici si è cercato di improntare una base di studio su
cui ricostruire un modello concettuale che si avvicinasse il più possibile alla situazione reale ed
attuale del sito di interesse del nostro studio.
Si è così partiti nella ricostruzione di una banca dati da cui attingere per la formulazione di
carte tematiche che illustrino la situazione come era storicamente e come si presenta ad oggi.
1.5 SISTEMA INFORMATIVO TERRITORIALE PER IL SITO
La gestione del complesso processo di bonifica di un sito inquinato, in accordo con quanto è
prescritto nel DM 471/99, prevede di sviluppare diverse fasi di lavoro, quali:
1. Raccolta sistematica di tutte le informazioni inerenti il sito;
2. Analisi investigativa e conoscitiva del sito;
3. Attività ingegneristica per la messa in sicurezza o bonifica del sito;
4. Certificazioni dello stato di qualità del sito.
D’altra parte questa concentra sull’intero arco di lavoro un congruo numero di informazioni
diversificate che richiedono una razionale gestione e organizzazione affinché si abbia una buona
riuscita della caratterizzazione.
Nel Piano di Caratterizzazione è prevista la progettazione e realizzazione di un Sistema
Informativo (S.I.) che abbia lo scopo di gestire le informazioni quindi che integri e correli le
informazioni spaziali (geometriche), le mutue relazioni tra queste (topologia) e gli attributi
caratterizzanti le stesse e metta a disposizione di utenti specifici un mezzo di analisi e di
interrogazione del sito oggetto di studio.
A tale scopo si è cercato di realizzare un S.I. rispettando le caratteristiche peculiari del Basso
Bacino del Fiume Chienti per poter essere operativo ed integrato in futuro con nuovi dati e di cui i
soggetti interessati (Regione, Provincia, Ministero, Enti privati, specialisti nel settore, progettisti) si
potranno avvalere per attività e di scelta operativa e progettistica.
Il Sistema Informativo si pone i seguenti obbiettivi:
Facilitare la raccolta, gestione, elaborazione e restituzione dei dati già esistenti e di
futura acquisizione relativi all’ambiente all’intorno e alle aree influenzate dalle
attività effettuate;
Creare un mezzo di supporto di constatazione delle varie fasi progettuali:
caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza e/o permanente, alternative di
scelta operativa, fino alla bonifica;
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20
Raccogliere, gestire ed elaborare i dati di monitoraggio di tutta l’area interessata
dall’inquinamento;
Sviluppare dei metodi di ricerca (modellizzazione, statistica, back analysis, ecc..)
che vanno ad integrare il database e che valutino l’efficacia dei metodi di
intervento al fine di validare il progetto finale di bonifica.
Gli elementi che vanno a costituire l’insieme delle conoscenze raccolte e implementate nel
S.I. sono:
Descrizione generale del sito e dell’area circostante;
Elementi territoriali (comuni, frazioni, situazione produttiva, ecc..);
Mappatura degli impianti e delle reti tecnologiche presenti;
Individuazione delle sorgenti potenziali di contaminazione (puntuali, areali,
intermittenti e/o continue);
Tipologia delle sostanze inquinanti con relativa concentrazione delle diverse fasi
e nelle diverse matrici ambientali dal suolo al sottosuolo, considerando anche la
qualità chimica e biologica, confrontando i diversi stadi nel tempo dai dati storici
agli attuali;
Raccolta della documentazione dello stato del sito preesistente all’intervento;
Interventi già realizzati di messa in sicurezza di emergenza e/o permanente.
1.5.1 – DESCRIZIONE DEL SISTEMA INFORMATICO PROPOSTO
Le funzioni che il S.I. intende mettere a disposizione dell’utenza sono:
validazione ed archiviazione dei dati esistenti e derivanti dall’attività di
caratterizzazione e monitoraggio:
dati cartografici (topografia, geologia, litologia, geomorfologia, stratigrafia), dati
idrogeologici
(permeabilità,
ricarica),
dati
meteoclimatici
(pluviometrie,
evapotraspirazione, temperatura);
sondaggi, pozzi e piezometri (logs stratigrafici, caratteristiche tecniche, ecc..);
caratteristiche idrogeologiche (freatimetria, flusso di circolazione idrica
sotterranea della falda);
qualità delle acque sotterranee (conducibilità specifica, salinità);
acque superficiali (analisi chimiche complete degli attributi descrittivi);
suolo e sottosuolo (analisi chimiche complete degli attributi descrittivi);
rifiuti (analisi chimiche complete);
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21
identificazione delle matrici contaminate e mappatura della contaminazione
(geometria, quantità e qualità, diffusione, ecc…);
individuazione delle aree omogenee di intervento;
predisposizione di reti di monitoraggio, impianti di controllo e gestione delle stesse;
individuazione di aree e problematiche per cui non sono disponibili sufficienti
informazioni e progettazione di conseguenti indagini integrative;
supporto alla progettazione degli interventi di bonifica e/o messa in sicurezza
permanente;
controllo e valutazione degli effetti degli interventi di bonifica.
1.5.2 – HARDWARE E SOFTWARE
L’hardware più idoneo al sistema, in ottemperanza agli standard utilizzati dai diversi utenti e
di quelli utilizzati presso l’ARPAM.
Il software con le seguenti caratteristiche:
•
Sistema operativo;
•
Data base DBMS;
•
GIS (Sistema Informativo Geografico), di cui si dà un breve accenno nel capitolo
seguente;
•
Sviluppo dell’applicazione per il Client/Server;
•
Modelli.
1.5.3 – ARCHITETTURA CLIENT/SERVER
Per architettura Client/Server si intende la possibilità di legare le tematiche applicative
inerenti quelli che abbiamo definito lo strato interno e concettuale di un sistema di database
relazionale in una particolare macchina detta server, lasciando la parte detta esterna sulla macchina
dove opera 1' utente finale, detta pertanto client; questa architettura prevede di accumulare le risorse
informatiche più costose e delicate in una sola macchina e di distribuire il relativo servizio tramite
una rete locale o geografica, in tal modo anche macchine poco potenti potranno eseguire operazioni
complesse in tempi brevi, d’altro canto ogni intervento migliorativo effettuato sul server sarà
percepito immediatamente da ogni utente della rete.
Questa architettura si contrappone al concetto di condivisione dei file che prevede che ogni
client abbia una copia del database in memoria nel momento di eseguire un' operazione, questo
ultimo approccio - meno sofisticato - prevede in tal modo un intenso traffico di rete e diviene di
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
22
solito inattuabile con il crescere della dimensione dei file del database, il grande vantaggio delle
architetture Client/Server consiste infatti nell' inviare al server solo richieste sotto forma di costrutti
SQL, Il server restituisce a sua volta solo i record necessari, rendendo minimo 1' utilizzo delle
risorse di comunicazione. Riassumendo i principali vantaggi di una architettura Client/Server sono:
-
minore impiego di risorse di rete
-
maggiore velocità operativa
-
maggiore economicità con un opportuno numero di utenti
-
maggiore scalabilità, dato che si agisce direttamente e solo sul server.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
23
CAP 2
SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI
I Sistemi Informativi Geografici rappresentano, per l’oggetto di studio, uno strumento di
lavoro utile alla sua elaborazione secondo le più moderne ed avanzate tecnologie e concezioni;
sfruttando le potenzialità di tali sistemi, ed attraverso l’utilizzo di appropriati software che operano
secondo tali criteri, si può giungere ad affrontare tematiche e problemi di rilevante importanza ed a
realizzare dei modelli concettuali sviluppati su database di dati opportunamente organizzati.
2.1 INTRODUZIONE ED APPLICAZIONI GIS
2.1.1 – INTRODUZIONE
Un Sistema Informatico Geografico (GIS) è un sistema computer-assistito per
l'acquisizione, la memorizzazione, l'analisi e la visualizzazione di dati geografici. Oggi, una varietà
di attrezzi di software è disponibile per assistere questa attività, molti dei quali si chiamano GIS.
Essi possono differire piuttosto significativamente comunque, l'un dall'altro, in parte per il modo di
rappresentare e lavorare dati geografici, ma anche per l'enfasi relativa che mettono in queste varie
operazioni (Cataldo ed altri, 2000).
Fig. 4: struttura funzionale di un GIS
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
24
Il Database Spaziale e degli Attributi
Centrale al sistema è il database - una raccolta di mappe ed informazioni associate in forma
digitale. Siccome il database concerne le caratteristiche di superficie di terra, può essere considerato
composto da due elementi - un database spaziale che descrive la geografia (forma e posizione) della
superficie della terra, ed un database di attributo che descrive le caratteristiche o qualità di questi
luoghi. In alcuni sistemi, i database spaziali e di attributo sono distinti rigidamente l'un dall'altro,
mentre in altri loro sono integrati in una sola entità.
Sistema dell’Esposizione Cartografica
Intorno al database centrale, si ha una serie di componenti di softwares. Il basilare è il
Sistema dell’Esposizione Cartografica, che permette di prendere elementi selezionati dal database e
produrre mappe come output sullo schermo o su stampante o plotter. Sistemi di softwares con la
capacità solo di accedere e visualizzare elementi del database vanno spesso sotto il nome di Atlanti
Elettronici.
Sistema che digitalizza la mappa
Dopo l’esposizione cartografica, l’elemento più essenziale è un sistema che digitalizza la
mappa, con il quale si possono prendere mappe di carte esistenti e convertirle in formato digitale,
sviluppando ulteriormente così il database. Nel metodo più comune di digitalizzazione si
sovrappone la mappa di carta ad una tavoletta grafica che assolva a tali funzionalità, poi si tracciano
le caratteristiche d’interesse con un mouse secondo le procedure richieste dal software che
digitalizza.
Analizzatori possono essere usati anche per digitalizzare dati come fotografie aeree; il
risultato è un'immagine grafica, piuttosto che i contorni di caratteristiche che sono create invece con
una scansione con tavoletta grafica. Il software, che analizza, fornisce agli utenti una varietà di
formati grafici standard da esportare. Questi documenti sono importati poi nel GIS.
Disegno Assistito da Computer (CAD) e Geometria Coordinata (COGO) sono due esempi di
sistemi di softwares che offrono la possibilità di aggiungere informazioni di mappe digitalizzate nel
database, oltre ad offrire la capacità di esposizioni cartografiche.
Sistema della Gestione del database
Altro componente logico in un GIS è un Sistema della Gestione del Database (DBMS).
Tradizionalmente, questo termine si riferisce ad un tipo di software che è usato da input, e che
gestisce ed analizza i dati di attributo. Un GIS incorpora tipicamente così, non solo un DBMS
tradizionale, ma anche una varietà di utilità per gestire le componenti spaziali e di attributo dei dati
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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geografici immagazzinati. Con un DBMS, è possibile introdurre dati di attributo, come
informazioni tabulari e statistiche e di conseguenza estrarre tabulazioni specifiche e sommari di
statistica per offrire rapporti. Le molte analisi di mappa non hanno una vera componente spaziale, e
per questo un DBMS risponde in maniera soddisfacente a tali funzioni. Il prodotto finale (una
mappa) è certamente spaziale, ma l'analisi stessa non ha qualità spaziali qualsiasi. Le frecce duplici
tra il DBMS ed il database di attributo, significano così distintamente questa forma non-spaziale
dell'analisi di dati.
Sistema di Analisi Geografico
Tramite un Sistema di Analisi Geografico, si estendono le capacità di consultazione di un
database tradizionale per includere l'abilità di analizzare dati basati sulla loro ubicazione, forse il
più semplice esempio di questo deve considerare quello che accade quando si esamina un dato con
caratteristiche geografiche diverse. L’abilità di comparare caratteristiche diverse basate sul loro
comune accadimento geografico è il marchio di garanzia di GIS; questa analisi è portata a termine
attraverso un processo chiamato overlay, così chiamato perché è identico alla sovrapposizione di
mappe trasparenti dei due gruppi di entità l'uno sull'altro.
Analogamente al DBMS, il Sistema di Analisi Geografico ha un'interazione in due modi col
database, il processo è distintamente analitico, così - mentre si può accedere ai dati dal database - si
possono ottenere ugualmente i risultati di quell'analisi come una nuova aggiunta al database stesso.
Si può, per esempio, rinominare una mappa nel database originale, anche se questa è stata dedotta
basandosi su dati esistenti ed un set di relazioni specificate, così le capacità analitiche del Sistema di
Analisi Geografico ed il DBMS hanno un ruolo vitale nell'estendere il database attraverso la somma
di conoscenza di relazioni tra caratteristiche.
Sistema dell’ analisi dell'immagine
Oltre a questi elementi essenziali di un GIS - un Sistema di Esposizione Cartografica, un
Sistema che digitalizza una Mappa, un Sistema della Gestione del Database ed un Sistema di
Analisi Geografico - alcuni sistemi di softwares includono anche la possibilità di analizzare
immagini telerilevate ed offrire analisi statistiche e specializzate.
Softwares di analisi di immagine permettono ad uno di prendere l’immagine telerilevata
(come Landsat o immagine di satellite Spot) e convertirla in dati di mappa interpretati secondo le
varie procedure di classificazione.
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26
Sistema di Analisi Statistico
Alcuni geografi hanno sviluppato una serie di routine specializzate per la descrizione
statistica di dati spaziali, in parte a causa del carattere speciale di dati spaziali ma anche perché i
dati spaziali pongono problemi in speciali procedure statistiche.
Sistema di supporto alle decisioni
E’ una delle più importanti funzioni di un GIS, alcuni softwares includono moduli che
incorporano errore nel processo, aiuti nella costruzione di mappe appropriate e di multi-criterio, e
decisioni di scelte di indirizzo quando sono coinvolti obiettivi multipli, opportunamente usati
insieme ad altri componenti del sistema, questi moduli offrono un mezzo potente per assistere nella
decisione.
2.1.2 – RAPPRESENTAZIONE DEI DATI DELLA MAPPA
Un Sistema di Informazioni Geografiche immagazzina due tipi di dati che sono trovati su
una mappa, le definizioni geografiche delle caratteristiche della superficie della terra e gli attributi o
qualità che quelle caratteristiche possiedono. Non tutti i sistemi usano la stessa logica per realizzare
ciò, comunque quasi tutti usano delle tecniche di rappresentazione di mappa fondamentali: vettore e
aster (Cataldo ed altri, 2000).
Vettore
Con rappresentazione vettoriale, i confini o l’andamento delle caratteristiche è definito da
una serie di punti che, quando congiunte con linee diritte, formano la rappresentazione grafica di
quella caratteristica. I punti sono codificati con una coppia di numeri che danno le coordinate X e
Y, in sistemi come latitudine/longitudine o coordinate di Proiezione Traversa di Mercatore. Gli
attributi di caratteristiche sono immagazzinati poi con un programma di software di gestione di
database tradizionale (DBMS). Il collegamento tra questi due file di dati può essere un semplice
numero di identificazione che è dato ad ogni caratteristica nella mappa (Fig. 4).
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27
Fig. 5: modalità di rappresentazione in ambiente GIS
Raster
La seconda forma di maggiore rappresentazione è noto come aster. Con l’utilizzo di tale
modalità, la rappresentazione grafica di caratteristiche e gli attributi che possiedono sono uniti in
file di dati unificati, piuttosto l'area di studio è suddivisa in una maglia di celle di griglia nella quale
si registra la condizione o l’attributo della superficie della terra in quel punto (Fig. 5). Ad ogni cella
è dato un valore numerico che può rappresentare in seguito l’identificazione di una caratteristica, un
codice di attributo qualitativo o un valore di attributo quantitativo; per esempio, una cella potrebbe
avere il valore "6" per indicare che appartiene a Distretto 6 (un identificatore di caratteristica), o che
è coperto da suolo tipo 6 (un attributo qualitativo) o che è 6 metri sopra il livello di mare (un valore
di attributo quantitativo). Anche se i dati fissati in queste celle di griglia non si riferiscono
necessariamente a fenomeni che possono essere visti nell'ambiente, le griglie di dati possono essere
pensate come immagini di alcuni aspetti dell'ambiente, o come strati, ognuno dei quali immagazzina
uno tipo di informazioni sulla regione della mappa. Ciò rappresenta quello può essere reso visibile
attraverso l'uso di un visualizzatore a raster, che potrebbe essere assimilabile anche allo schermo di
un computer composto da una griglia di piccole celle chiamata pixels.
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28
La parola pixel è una contrazione del termine “elemento d’immagine”, esso può essere fatto
variare in colore, forma o tono di grigio. Per fare un'immagine, i valori della cella nella griglia di
dati sono usati per regolare direttamente l'aspetto grafico dei loro pixels corrispondenti, i dati
controllano direttamente così in un sistema di raster, la forma visibile che noi vediamo.
2.1.3 – CONCETTI DI DATABASE GEOGRAFICI
Organizzazione
Nonostante la logica usata per la rappresentazione spaziale (raster o vettore), un database
geografico - che sia completo su una regione determinata - è organizzato in una maniera simile ad
una raccolta di mappe (Fig. 6). Sistemi di vettore possono essere più vicini a questa logica con
quello che è noto come ricoprimento-mappe raccolte e che contengono le definizioni geografiche di
un set di caratteristiche e le loro tavole di attributo associate. Comunque differiscano le mappe
sviluppate nelle due modalità sopra menzionate, ognuna conterrà informazioni su un solo tipo di
caratteristica (particelle di proprietà, poligoni di suolo, ecc..), inoltre possono contenere una serie
intera di attributi che concernono quelle caratteristiche, come un set di informazioni di censimento
per blocchi urbani.
Fig. 6: serie di mappe rappresentanti la struttura organizzativa (del tipo “a layer”) di un GIS
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29
I sistemi di raster usano anche questa mappa logica, ma di solito dividono insiemi di dati in
strati unitari (layer); uno di essi contiene tutti i dati per un solo attributo, in tal modo si avrebbe un
layer di suoli, un layer di strade ed un layer di uso di terra. In alcuni casi, esistono sistemi di raster
in grado di collegare un layer identificatore di caratteristica (un strato che contiene gli identificatori
delle caratteristiche localizzate ad ogni cella di griglia) con tavole di attributo. Più comunemente
layer separati esisteranno per ogni attributo ed esposizioni virtuali e mappe di carta saranno prodotte
da questi, o singolarmente o in combinazione.
Anche se ci sono differenze sottili - per tutte le intenzioni e gli scopi - layer di raster e
coperture di vettore possono essere pensati semplicemente come manifestazioni diverse dello stesso
concetto: l'organizzazione del database in elementari mappe tematiche.
Layer e coperture differiscono comunque in modo importante da mappe di carta tradizionali.
Quando dati di mappa sono codificati in forma digitale (digitalizzati), le differenze di scala sono
rimosse, i dati digitali possono essere esposti o possono essere stampati a qualsiasi scala; gli strati di
dati digitali che sono stati dedotti da mappe di carta di scale diverse, che coprono la stessa area
geografica, possono essere combinati.
In aggiunta molti pacchetti di GIS, offrono le utilità per cambiare la proiezione e il sistema
di riferimento di strati digitali, questo permette che layer multipli, digitalizzati da mappe che hanno
varie proiezioni e sistemi di riferimento, siano convertiti in un sistema comune.
Per l'abilità di gestire differenze di scala, proiezioni e sistema di riferimento, i layer possono
essere uniti con agilità, eliminando un problema che ha impedito tradizionalmente le attività di
pianificazione con mappe di carta. È importante notare che il problema di risoluzione delle
informazioni dei layer di dati rimane, il livello dell'accuratezza e dettaglio dei dati digitali può
essere solamente buono come quello delle mappe originali.
Georeferenziazione
Tutti i file di dati spaziali in un GIS sono georeferenziati.
La georeferenziazione si riferisce all'ubicazione di un layer o copertura nello spazio, come
definito da un sistema di riferimento di coordinate noto, tramite immagini di raster. Una forma
comune di georeferenziamento è indicare il sistema di riferimento (es. latitudine/longitudine), le
unità di riferimento (es. gradi) e le posizioni della coordinata di sinistra, destra, superiore ed
inferiore dell'immagine. Lo stesso è valido per file di dati di vettore, anche se il concetto della
sinistra, destra, superiore ed inferiore ora si riferiscono a quello che è chiamato comunemente “il
rettangolo che limita” la copertura e che definisce i limiti dell'area della mappa. Questa
informazione è particolarmente importante in ambiente GIS integrato, in quanto permette a file in
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
30
vector e raster di essere riferiti l'uno all'altro in un modo affidabile e significativo, ciò è anche vitale
per il riferimento di valori di dati a posizioni attuali sulla terra.
L'analisi in GIS
L'organizzazione del database in layer non è semplicemente per ragioni di chiarezza
organizzativa, piuttosto serve per offrire accesso rapido agli elementi dei dati richiesti per l'analisi
geografica, effettivamente la “raison d'etre” per un GIS deve offrire un mezzo per l'analisi
geografica.
2.2 APPLICAZIONI GIS ALL’AREA DI STUDIO
Per quanto riguarda l’area di studio oggetto della presente tesina, è stata utilizzata la
tecnologia GIS come ausilio per effettuare un’elaborazione dei dati storici e non, comportante la
digitalizzazione (anche tridimensionale) dell’alveo del Fiume Chienti del suolo e sottosuolo con le
circostanti aree di pertinenza ritenute importanti per le finalità preposte, le quali vengono di seguito
sommariamente riepilogate:
creazione di un archivio permanente a predisporre un database da utilizzare per
ricostruire la situazione idrogeologica esistente, per la costruzione di un sistema di
monitoraggio e controllo periodico dei dati stessi;
predisposizione di un database necessario ad eventuali
formulazioni di modelli
matematici per lo studio del flusso e trasporto sotterraneo dell’acquifero;
provvedere all’implementazione del database attraverso l’introduzione e gestione di
nuovi dati ideologici ed, in futuro, di altri di natura territoriale riguardanti tale
porzione di area, che rivestano quindi anche carattere di assoluta generalità di ambiti
ed il cui utilizzo sia il più possibile di dominio pubblico, innanzitutto per quanto
riguarda la tutela del territorio dalla crescente situazione di inquinamento, il rischio
idrogeologico, le ulteriori problematiche ambientali, ecc….
Successivamente si è provveduto alla ricostruzione della carta di base tridimensionale dal
CTR in scala 1:10.000 della cartografia regionale in scala 1:10.000, in modo tale da circoscrivere il
sito del Basso Bacino del F. Chienti ricadente rispettivamente in alcune porzioni di territorio dei
seguenti Comuni: Trodica di Morrovalle, Montecosaro Scalo, Civitanova Marche, Porto Civitanova,
Sant’Elpidio a Mare, Porto Sant’Elpidio. Da questa si è ottenuto un poligono di ritaglio che
contenesse pienamente il Limite della Caratterizzazione, mediante operazioni di “clippaggio”, sulla
quale redigere le “carte di base” desunte dai dati disponibili.
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31
Ad esempio sulla stessa sono state riportate tutte le singole unità litologiche e
geomorfologiche – rilevate in situ – necessarie alla elaborazione mediante software CAD della
relativa Carta geologica-geomorfologica (Tav.1), nonché della Carta della permeabilità (Tav.4),
della Carta della ricarica (Tav. 5) e della Carta dei litotipi fiume (Tav.6).
I dati storici precedentemente descritti – recepiti presso i Comuni interessati, le Sez.
territoriali ARPAM ed ASSAM, geologi professionisti – sono stati implementati nel GIS in modo
da ottenre tre gruppi di schede:
pozzi;
sondaggi;
tabelle di codifica dei codici contenuti nelle prime due poc’anzi menzionate.
2.3 COSTRUZIONE DEL DATABASE
Nelle schede dei pozzi e sondaggi, le quali d’ora in poi in gergo tecnico verranno chiamate
“shape files”, sono stati riportati: gli elementi geografici necessari anche alla georeferenziazione
degli oggetti (coordinate geografiche in Gauss-Boaga); i dati metrici e quelli costruttivi; i dati
informativi (attributi) inerenti l’ubicazione, gli usi, i proprietari, ecc…
Le schede sono state realizzate tramite l’ausilio del software ACCESS ed organizzate, come
poc’anzi menzionato, ognuna delle quali ha dei sottosistemi appositamente creati per ottenere degli
insiemi di dati separati in base alla loro natura (pozzi e sondaggi vecchi/nuovi), funzionalità
(freatimetria, isoconcentrazioni inquinanti, dati tecnici, dati di carattere generale, etc…),
reperimento (dati derivanti da lavori effettuati in passato oppure misurati direttamente in loco); a
tale scopo si riportano di seguito alcuni esempi di shape files che sono stati utilizzati per le finalità
di tale studio (Fig. 7-8-9).
A chiarimento di quanto sopra esposto, viene elencata la struttura-tipo di tali shape files con
riportata una sommaria descrizione del significato dei vari campi immessi:
POZZI
-
ID pozzo: campo “contatore”, ossia un numero intero che il software
automaticamente utilizza per assegnare ad ogni pozzo un identificativo diverso, esso è
assimilabile ai comuni numeri progressivi che spesso si utilizza nelle elencazioni;
-
Nome pozzo: nome assegnato dall’operatore a propria discrezione e piacimento, esso
risulta di grande utilità per avere delle corrispondenze con la cartografia;
-
Entity: tipo di entità (es.: puntuale, lineare, superficie, etc…) che viene assegnato in
base alla geometria dell’oggetto da rappresentare;
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32
-
Layer: è un “piano” o “strato” di lavoro comunemente utilizzato dai moderni
software per suddividere gli oggetti rappresentati in campi completamente autonomi ed
indipendenti fra loro;
-
Elevation: quota del pozzo s.l.m. rispetto al piano di campagna;
-
GBX: coordinata geografica (longitudine) del pozzo misurata tramite apposita
strumentazione (ad es.: GPS, teodolite, ecc…) ;
-
GBY: coordinata geografica (latitudine) del pozzo misurata tramite apposita
strumentazione (ad es.: GPS, GPS+Glonass, interpolazione su carta, teodolite, ecc….);
-
ID Met. ril. coordin.: identificativo del metodo di rilevamento utilizzato per ottenere
le coordinate geografiche (ad es.: GPS, GPS+Glonass, teodolite, interpolazione su carta, ecc..);
-
Scala: scala di rappresentazione della cartografia nella quale sono censiti i pozzi;
-
Prof.: profondità del pozzo dal piano campagna; tale informazione è utile soprattutto
per definire la colonna d’acqua presente nel pozzo detraendo a tale quantità la profondità del
livello piezometrico dell’acqua;
-
Liv. piez. dal p.c.: livello piezometrico dell’acqua misurato dal piano campagna;
-
H. piez. slm: altezza piezometrica in quota assoluta (s.l.m.m.); viene utilizzata sia per
definire l’altezza poc’anzi citata senza tener conto del piano campagna e sia per ricostruire
l’andamento della falda freatica (isofreatiche) ed il volume occupato dalla falda secondo le
abituali regole usate in cartografia;
-
H Boccap.: altezza del boccapozzo al di sopra del p.c.; tale misura corrisponderebbe
alla parte del rivestimento murario del pozzo che rimane a vista – nella maggior parte dei casi –
al di fuori del piano campagna, tale misura va eventualmente detratta alla misura della
profondità d’acqua presa in situ;
-
ID Uso: codice di codifica inerente il tipo di utilizzo che viene fatto con l’acqua
emunta (ad es.:domestico, agricolo, industriale, ecc…);
-
Uso continuo: casella da graffare alternativamente a seconda della modalità
temporale con cui viene operato l’attingimento, cioè se continuo o sporadico nel tempo;
-
Met. esecuz.: codice di codifica riguardante il metodo di realizzazione del pozzo (ad
es.: con sonda a rotazione, a canna battuta, ecc….);
-
Piezometro: casella da graffare alternativamente a seconda se l’oggetto del rilievo
trattasi di un pozzo vero e proprio o di un piezometro, ques’utlimo finalizzato soprattutto al
monitoraggio del livello dinamico della superficie piezometrica;
-
Materiale: codice di codifica inerente il tipo di materiale con cui è realizzato il pozzo
(ad es.: tubi in cemento, PVC, ecc…);
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33
-
Pompa: casella da graffare alternativamente in base alla presenza di eventuale
pompa/e – con relative caratteristiche di potenza – per attingimento di acqua.
SONDAGGI
-
Object id: campo “contatore”, viene inserito automaticamente dal sistema del
database di Access;
-
ID sondaggio: nome primario del sondaggio assegnato dall’operatore, di solito viene
sempre contraddistinto da numeri in modalità sequenziale corrispondenti all’esecuzione in situ;
-
Nome sondaggio: nome secondario del sondaggio assegnato dall’operatore, può
essere utilizzato per definire la proprietà dell’area in cui sono stati effettuati più sondaggi
contraddistinti – a loro volta – con molteplici campi ID sondaggi;
-
Entity: tipo di entità (es.: puntuale, lineare, superficie, etc…) che viene assegnato in
base alla geometria dell’oggetto da rappresentare;
-
Layer: è un “piano” o “strato” di lavoro comunemente utilizzato dai moderni
software per suddividere gli oggetti rappresentati in campi completamente autonomi ed
indipendenti fra loro;
-
GBX: coordinata geografica (longitudine) del sondaggio misurata tramite apposita
strumentazione (ad es.: GPS, teodolite, ecc…) ;
-
GBY: coordinata geografica (latitudine) del sondaggio misurata tramite apposita
strumentazione (ad es.: GPS, GPS+Glonass, interpolazione su carta, teodolite, ecc….);
-
Elevation: quota del sondaggio sul piano di campagna (s.l.m.m.);
-
Shape: caratterizzazione dei numeri presenti nello shape file in base alla lunghezza
dello stesso e derivante in genere alla presenza di più o meno cifre decimali, di solito
nell’apposito campo deve essere specificato se tratta si di uno “short integer” o di un “long
integer”;
-
ID Formazione.: codice di codifica della litologia della formazione posta alle varie
profondità (ad es.: argille siltose di colore grigio-azzurro, limi argillosi debolamente sabbiosi
grigiastri non fratturati plastici, ecc…);
-
Da mt.: profondità alla quale viene notata l’inizio della presenza di una
corrispondente litologia di terreno;
-
A mt.: profondità alla quale viene notata la fine della presenza della litologia di cui al
punto precedente;
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34
-
Spessore: altezza in cui viene riscontrata la permanenza della stessa litologia della
formazione.
TABELLE DI CODIFICA DEI CODICI:
-
ID Formazione: codice di codifica che contradistingue la litologia e la descrizione
della stessa;
-
Tipologia: tipo di formazione a cui corrisponde quella certa litologia (ad es.
substrato, deposito alluvionale, ecc…);
-
Descrizione: descrizione della litologia presa in esame;
-
ID Comune: codice di codifica che contraddistingue il Comune nel quale ricade
l’oggetto del rilevo (ad es.: Civitanova Marche, Montecosaro scalo, ecc…);
-
ID Località: codice di codifica inerente la zona – all’interno del Comune – in cui
ricade l’oggetto del rilievo (ad es.: zona Ind.le “A”, Borgo staz.Montecosaro, ecc…);
-
Tipologia: nome del Comune o dellla Località di riferimento sopracitati;
-
ID Geologo: codice di codifica che contraddistingue il nome del Tecnico
professionista che ha fornito i dati reperiti;
-
Nome Geologo: nome del Tecnico professista dal quale sono stati reperiti i dati
-
ID Ditta: codice di codifica che contraddistingue il nome dell’azienda proprietaria
storici;
del lotto in cui insiste l’oggetto del rilievo;
-
Nome Ditta: nome dell’azienda proprietaria del lotto di cui al punto precedente;
-
ID Proprietario: codice di codifica che contraddistingue il nome del proprietario
dell’immobile su cui insiste l’oggetto del rilievo;
-
Nome Proprietario: nome del proprietario del lotto di cui al punto precedente;
-
ID Uso: codice di codifica dell’uso che viene fatto dell’acqua emunta dal pozzo
preso in considerazione (ad es.:domestico, agricolo, industriale, etc…);
-
ID Met. Esecuzione: codice riguardante il metodo di realizzazione del pozzo (ad es.:
con sonda a rotazione, a canna battuta, etc….);
-
ID Rilevam.Coord.: codice del metodo di rilevamento delle coordinate geografiche
(ad es.: GPS, GPS+Glonass, interpolazione su carta, teodolite, etc….).
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
35
Le tabelle di codifica costituiscono un ausilio a quelle sopra citate e sono state create in
modo tale di evitare la ripetitività degli stessi dati su più shape file.
Difatti grazie alla possibilità di relazionarli in ambiente GIS, ognuna di esse individua le
stesse informazioni anche se interrogata contemporaneamente da shape file diversi ed aperti
contemporaneamente (quindi gli stessi dati non vengono immessi tante volte quanti sono gli shape
files in cui si deve visualizzare tali dati), nel contempo si provvede a “snellire” notevolmente la
struttura degli stessi e di formare degli archivi di codici separati la cui gestione – ed univoca
identificazione – diventa complicata in presenza di un gran numero di dati.
Di seguito si è provveduto alla stesura di uno schema delle relazione da creare fra gli shape
file finalizzato alla tipologia realizzativa degli elaborati grafici, opportunamente creando delle
strutture chiamate “query” che permettono di associare molteplici dati che originariamente erano
separati gli uni dagli altri in più shape file, da tutto ciò si è ottenuta una restituzione grafica di
quanto richiesto su una base cartografica rappresentata dalle carte tecniche regionali tridimensionali
in scala 1.10.000; a tal punto l’ArchGIS ci ha permesso di effettuare le interrogazioni al sistema e le
dovute interpretazioni del caso.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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Fig. 7: es. di struttura di uno shape file dei pozzi
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Fig. 8: es. di struttura di uno shape file dei sondaggi
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Fig. 9: es. di struttura di uno shape file delle tabelle di codifica dei codici
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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Come è possibile riscontrare tali shape file sono costituiti da una notevole serie di dati,
alcuni dei quali assunti nelle campagne pozzi effettuati nel mese di gennaio 2005, mentre gli altri
sono stati reperiti da professionisti privati, dalla sede territoriale ARPAM, dai Comuni interessati,
ecc…
Ciò ha costituito il primo passo per la formulazione del geodatabase predisposto in modo
tale che esso possa essere aggiornato in tempi successivi ed anche modificato per le più svariate
finalità che l’ambiente GIS contempla.
Dopo il perfezionamento degli shape file si è provveduto alla loro importazione in ambiente
GIS mediante l’utilizzo di ArchView e nella fattispecie degli applicativi ArchMAP ed
ArchCATALOG, il primo dei quali rappresenta lo strumento di editing e disegno, mentre l’altro di
gestione dei files.
Tale operazione è stata svolta mediante molteplici procedure che comprendono
l’acquisizione diretta di disegni elaborati da altri software (software di disegno CAD, ecc…), il
disegno gestito in ambiente grafico da ArchMAP, infine l’import di shape file da ArchCATALOG e
successivamente rielaborati in ArchMap.
Da tale operazione è scaturita la georeferenziazione dei pozzi e sondaggi censiti, in modo
tale che, tramite le relative coordinate, siano riferiti al sistema di coordinate Gauss-Boaga del fuso
Est dal Meridiano di Riferimento di Monte Mario e mantengano le posizioni originarie rispondenti a
quelle reali. Essi sono stati successivamente discretizzati, in base a quelli ancora esistenti e a quelli
ancora funzionanti, per formare una maglia regolare di punti in grado di una copertura omogenea di
tutta l’area oggetto di studio.
Da precisare che dalle operazioni di relazione dei vari shape file si trae notevole vantaggio
soprattutto quando si è in ambiente grafico di ArcMAP; difatti lavorando in un file di disegno,
tramite opportuni comandi, è possibile interrogare il sistema visualizzando e/o editando i dati
numerici posti nei vari shape file precedentemente formati con dei file esterni.
Ciò facilita enormemente la selezione-ricerca-modifica interattiva dei dati e per di più anche
il salvataggio di quelli modificati che può essere effettuato in maniera univoca dall’interno di
ArcMAP senza ripetere molteplici volte tale operazione tramite i software applicativi con i quali gli
shape file in precedenza erano stati creati.
A tal punto si è provveduto alla redazione della cartografia prodotta tramite operazioni di
editing e disegno eseguite in ArcMAP; successivamente si è provveduto alla formulazione delle
considerazioni e correlazioni fra le varie tematiche prese in esame in tale lavoro e che di seguito
vengono relazionate nel capitolo successivo.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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CAP 3
MODELLO CONCETTUALE PRELIMINARE DEL BASSO
BACINO DEL FIUME CHIENTI
3.1 INTRODUZIONE
Per ricostruire il modello concettuale (sulle direttive dell’allegato 4 del DM 471/99)
dell’area oggetto di studio, si sono presi in considerazione alcuni aspetti che mettessero in luce tutte
le peculiarità della stessa, oltre a ciò tale fase si rende utile anche per concepire un eventuale
modello matematico di flusso e trasporto sotterraneo, il quale non può essere effettuato senza la
conoscenza scrupolosa dell’area, nella fattispecie del Basso Bacino del Chienti; a tale scopo sono
stati presi in considerazione questi aspetti fondamentali:
geologia: definisce sia le litologie dei terreni affioranti e non- dell’area, sia la ricostruzione del
sottosuolo anche mediante l’ausilio delle sezioni stratigrafiche;
geomorfologia: di grande utilità per conoscere le forme morfogenetiche presenti ed i processi
evolutivi di formazione del rilievo;
idrogeologia e idrologia: ci indica quali sono i fattori, le caratteristiche e i parametri che ci
definiscono la struttura del bacino idrografico;
freatimetria: definisce il livello e l’andamento della superficie piezometrica nonché delle sue
direzioni di flusso;
permeabilità: prende in esame la quantità di acqua che attraversa una sezione unitaria di
terreno nell’unità di tempo;
ricarica: valuta l’apporto o detrazione di acqua dalla falda da parte di fattori esterni, essi
rappresentano le “entrate” e le “uscite” nella redazione del bilancio idrologico
dello stesso;
Da ciò si evince che rivestono notevole importanza non solo le caratteristiche tipologiche del
fiume, ma anche dell’acquifero, della pianura
alluvionale e dell’ambiente circostante, i quali
rappresentano le condizioni al contorno del sistema e sicuramente la loro conoscenza aiuta a
definire le innumerevoli variabili che si presentano nell’espletamento del lavoro di caratterizzazione
e bonifica.
Di seguito vengono descritte le citate tematiche prese in considerazione.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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3.2 GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA (Tav. 1-2)
Sicuramente di notevole aiuto per capire a fondo la geologia e la relativa evoluzione nel
tempo che l’area oggetto di studio ha subìto, ci si è avvalsi, oltre che di dati bibliografici, anche dei
dati reperiti sui sondaggi profondi e superficiali, nonché di un apposito rilievo in campagna
effettuato con molteplici sopralluoghi, necessario alla redazione della “Carta Geologicageomorfologica” (Tav. 1) e delle “Sezioni stratigrafiche interpretative” (Tav. 2), una longitudinale e
tre trasversali, del Basso Bacino del Fiume Chienti .
Da tali elaborati si è interpretata la sequenza litostratigrafia che può essere genericamente
riassunta nel seguente schema:
a) Terreno vegetale
b) Limi sabbiosi ed argillosi
e) Ghiaie e sabbie —>
d) Limi ed argille —>
e) Ghiaie e sabbie —>
f) Argille marnose —>
acquifero libero superiore
acquiclude
acquifero semiconfinato inferiore
substrato
Di seguito vengono descritte le principali caratteristiche litologiche dei litotipi sopraelencati:
a) Terreno vegetale, costituito da argille e limi sabbiosi marroni con frustoli vegetali; lo spessore è
compreso fra 0,5 e 1,0 metri, la permeabilità è generalmente medio-bassa.
b) Limi sabbiosi e argillosi: al disotto del terreno vegetale è sovente presente una coltre di depositi
fini di origine alluvionale. Tale coltre, pressoché continua dall'autostrada verso
ovest, presenta uno spessore compreso fra circa 3,0 e 8,0 metri.
e) Ghiaie e sabbie: caratterizzate da una granulometria da fine a grossolana, con clasti arrotondati e
matrice sabbioso-limosa giallastra, a luoghi abbondante; lo spessore è variabile
fra 4,0 e 8,0 metri circa.
d) Limi e argille: di colore da giallastro a bruno nerastro, consistenti e semi-impermeabili, di
spessore variabile tra circa 3 e 6 metri, corpi isolati e discontinui. Costituiscono
il più importante orizzonte impermeabile che tende a suddividere l'acquifero in
due porzioni, delle quali la più profonda assume locali caratteristiche di
confinamento. E' presente in tutta la piana alluvionale.
e) Ghiaie e sabbie: costituite da clasti arrotondati e subarrotondati, con superficie ossidata; la
granulometria aumenta verso la base, dove, in prossimità del contatto con il
substrato, è generalmente presente un livello di ciottoli poligenici, grossolani,
con sabbia. Lo spessore è variabile generalmente fra 3,0 e 7,0 metri.
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Costituiscono l'acquifero inferiore semiconfinato, con falda semi-artesiana
risalente fino a 5-6 metri dal piano campagna.
f) Argille marnose, di colore grigio azzurro, costituiscono il locale bedrock; trattasi della formazione marina pleistocenica, formata da argille siltoso-mamose, compatte,
con veli di sabbie fini grigie.
Naturalmente è stata focalizzata l’attenzione in particolar modo alla pianura alluvionale ed
in secondo luogo anche ai rilievi limitrofi costituenti le condizioni al contorno dell’area esaminata.
Dall’analisi delle litologie presenti in tale zona, facente parte del Bacino Marchigiano
Esterno (Avanfossa marchigiana), si è constatata la presenza della sequenza Plio-Pleistocenica
costituita da peliti con intercalate, a varia altezza, associazioni arenacee, arenaceo-conglomeratiche,
arenaceo-pelitiche e corpi arenacei e conglomeratici.
Le associazioni arenacee ed arenaceo-pelitiche sono frequenti alla base del Pliocene
inferiore e medio; in tale area difatti sono numerosi i corpi arenacei intercalati alle peliti a sud del
Fiume Chienti.
Dalle sezioni stratigrafiche emerge che la piana alluvionale è costituita ai propri margini
prevalentemente da depositi ghiaioso-sabbiosi, spesso affioranti ed i cui spessori aumentano da
monte verso valle, mentre nelle parti basse da distese superficiali (coperture) di depositi fini limososabbiosi e limoso-argillosi.
Nei margini del materasso alluvionale l’acquifero può considerarsi monostrato in quanto le
lenti di materiali fini ivi presenti non riescono ad impedire il contatto idraulico tra i depositi
ghiaioso-sabbiosi; mentre, nelle porzioni più centrali, esso viene considerato tendente ad un
acquifero multistrato (o monostrato solamente a grande scala), perché tali lenti a composizione
limoso-argillose e limoso-sabbiose raggiungono dimensioni ragguardevoli, con spessori superiori ai
5 mt., compromettendo localmente il contatto idraulico verticale tra le ghiaie e provocando locali
innalzamenti del livello dinamico (in pressione) della falda freatica.
3.3 CARATTERISTICHE DEL SUBSTRATO
Le alluvioni non sempre formano un corpo unico, bensì sono a volte separate tra loro da
affioramenti del substrato argilloso, tale separazione è più evidente tra i depositi dei terrazzi del I e
II ordine, scarsamente rappresentati in sinistra idrografica, mediamente a quote di circa 30-40 mt.
dal talweg. Affioramenti del substrato argilloso, discontinui e di scarsa estensione, si osservano
anche tra i terrazzi del II e III ordine.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
43
Lo spessore dei depositi terrazzati è molto variabile sia in senso longitudinale che trasversale
all’asta fluviale, gli spessori maggiori (circa 35 mt.) si hanno in prossimità della costa nel terrazzo
del IV ordine, mentre i valori minimi (circa 15 mt.) sono connessi con le alluvioni del I ordine,
come si può osservare nella ricostruzione di Fig. 10.
Fig. 10 - Caratteristiche morfologiche della valle del F.Chienti tra la collina di Macerata e
Corridonia. (I numeri romani indicano i terrazzi presenti nella zona).
Dalle sezioni trasversali è possibile notare che il substrato è più sviluppato in sinistra
idrografica dove il rilievo si presenta collinare, mentre sulla parte opposta, esso, immediatamente
fuori dai limiti della pianura alluvionale, s’innalza verso quote superiori in concomitanza del rilievo
sicuramente più aspro ed irto del precedente, determinando la forma a “truogolo” (Fig. 11).
Tale forma del substrato è da collegarsi all’evoluzione tettonica delle valli alluvionali che ha
portato ad un maggior sollevamento del lato in destra idrografica rispetto a quello in sinistra.
Per avere un maggiore riscontro visivo di ciò che potrebbe condizionare l’effettivo
andamento della falda, si è ricostruito, sulla base di fonti storiche, l’andamento dell’impermeabile
tramite isopache (Tav. 3) mediante interpolazione dei dati stratigrafici dei sondaggi reperiti.
Da precisare che tale ricostruzione dell’andamento del “bed rock” è avvenuta nonostante il
modestissimo numero di sondaggi profondi effettuati nell’area oggetto di studio; difatti questi sono
stati reperiti da indagini svolte dalla Dipartimento territoriale dell’ARPAM e da alcuni geologi
professionisti, i quali, però, per indagini volte a scopi edificatori, non compiono sondaggi profondi
fino all’impermeabile, ma le localizzano nei terrazzi alluvionali più superficiali.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
44
Fig. 11: Sezioni trasversali del Chienti in prossimità della foce (modificato da Nanni, 1985)
Le caratteristiche morfologiche a cui si è risaliti attraverso l’ausilio di sondaggi delineano
una incisione formatasi a seguito dell’erosione fluviale nel corso delle ere geologiche,
successivamente riempite dai depositi alluvionali che il fiume stesso ha trasportato in tale periodo
temporale.
Precisamente trattasi di una valle sepolta avente profilo del tipo a ”U”, con fianchi
asimmetrici e con gradiente medio del 5.5-5.6%. L’asse di tale valle coincide abbastanza con
quello fluviale attuale, ad eccezione del fatto che esso non si presenta meandriforme, come quello
superficiale, ma più allineato lungo la direzione mare-monti.
Altimetricamente il substrato, nella zona intermedia tra Montecosaro e la Zona industriale A,
si trova all’incirca a 0 mt. s.l.m., per poi approfondirsi, verso costa, fino ad una profondità di 20-25
mt. sotto il livello del mare. Una forte deviazione verso Sud dell’alveo fluviale si è avuta in seguito
al basculamento degli strati verso N-NE dovuta alla fase compressiva del Pliocene inferiore, in
analogia all’andamento fluviale di tutti i fiumi che sfociano in Adriatico (Avena et alii 1967;
Coltorti & Nanni 1983; Cantal. et alii 2000).
In senso trasversale all’asta fluviale si ha una differenziazione andando da monte verso la
foce. Nel tratto iniziale si ha un’unica incisione. Procedendo verso la foce il substrato diventa
irregolare e vi compaiono incisioni separate da dossi, questi ultimi corrispondono ad antichi alvei
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
45
fluviali. In senso longitudinale all’asta fluviale, dove è stato possibile reperire qualche sezione (Fig.
11), il substrato presenta un andamento molto irregolare (Nanni, 1985).
Le caratteristiche, oltre che connesse con l’erosione fluviale, sono probabilmente legate
anche a fenomeni neotettonici, infatti la successione Plio-Pleistocenica, compresi i depositi
terrazzati alluvionali, è interessata da un’intensa attività tettonica legata a faglie trasversali e
longitudinali all’asta fluviale. Tale attività ha fortemente condizionato la morfologia del substrato e
di conseguenza la geometria dei depositi alluvionali (Coltorti & Nanni, 1983, 1985). Le evidenze
maggiori degli effetti neotettonici sono soprattutto osservabili nei terrazzi del I e II ordine dove si
ritiene che la tettonica sia responsabile del sollevamento del substrato lungo la fascia costiera.
Inoltre esso indica quale sia la direzione effettiva del flusso di base e quale siano le eventuali
variazioni nell’andamento dello stesso flusso. Questo definisce il limite di base di eventuali modelli
concettuali per individuare lo spessore effettivo dell’acquifero.
3.4 IDROGEOLOGIA ED IDROLOGIA (Tav. 3)
I terreni individuati vengono distinti sulla base delle loro caratteristiche di permeabilità
primaria (porosità), differenziando fra i termini del substrato (sabbie e conglomerati, sabbie ed
argille, argille) e quelli della copertura (depositi alluvionali, depositi litoranei e depositi colluviali).
Gli unici dati certi provengono dallo studio d’alvei affini di fiumi concomitanti, che ha fissato
dei valori standard di K per i depositi alluvionali dell’ordine di 10-2 e 10-4 m/s e di “porosità
effettiva” del 10% (valori legati strettamente alla “ritenzione idrica”).
Da recenti studi effettuati, sono stati reperiti anche dei dati di circolazione per porosità e di
conducibilità elettrica, che indicano delle zone dove probabilmente l’infiltrazione è più condizionata
dalla litologia, cui può essere assegnato un valore più alto di K.
Infine sono stati tenuti in considerazione anche i dati relativi alle diverse litologie, in base ai
valori d’infiltrazione, calcolati nell’area di lavoro dall’Ufficio Idrografico di Bologna (1991), per gli
interventi di sistemazione idraulica dell’asta fluviale; questi dati indicano un valore di
“trasmissività” dell’ordine di 10-2 e 10-4 m/sec per le alluvioni del III e IV ordine (Molinari ed
altri, 1988). Molte di queste variabili sono legate anche a fattori antropici, quali l’utilizzo del suolo
ed il tipo di cultura presente.
In riguardo al tracciato che il fiume percorre sulla pianura alluvionale, è innanzitutto molto
evidente che esso compie delle anse molto sviluppate ed arcuate, in tali parti nei periodi di forti
piogge essi rientrano a far parte delle fasce esondabili rappresentanti purtroppo delle emergenze
ambientali. Inoltre, all’estremità sinistra dell’area oggetto di studio, il fiume si sposta sulla destra
idrografica, instaurando le condizioni affinché il fiume possa alimentare la falda. Queste condizioni
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
46
rimangono tali fino in prossimità del fosso Trodica, in special modo per quanto riguarda il versante
destro, mentre su quello sinistro si intravede una linea di drenaggio profondo che permane fino alla
confluenza con il fosso Pontigliano.
Le acque che possono costituire interesse di studio ai fini idrologici, e nella fattispecie quelle
presenti nel bacino del F. Chienti, sono le acque superficiali, le acque meteoriche e quelle di
infiltrazione o di risorgiva da bacini adiacenti. Queste ultime risultano di entità generalmente
trascurabile mentre le altre sono quantificabili attraverso le precipitazioni atmosferiche monitorate
dalle stazioni pluviometriche, anche se i dati ottenuti hanno valore per un’area molto limitata situata
nell’intorno del sito di studio, ma vengono lo stesso presi come rappresentativi anche per le aree
limitrofe.
Generalmente se due piogge hanno la stessa altezza in mm. di acqua caduta al suolo nello
stesso intervallo di tempo di durata, pur cadendo in periodi diversi dell’anno (ad es.: estate/inverno),
determinano apporti diversi al bacino, in funzione del maggiore o minore assorbimento del terreno e
soprattutto dell’evaporazione nell’atmosfera; a tale scopo si dovrebbero ragguagliare, riportandole
ad uno stesso periodo, le piogge cadute in periodi diversi (Molinari ed altri, 1988).
Di seguito vengono riportati dei dati pluviometrici reperiti presso l’ASSAM (Ufficio
distaccato di Treia) con riportate le quantità di precipitazioni riferiti al periodo di aprile degli anni
1993-2005 (già presi in riferimento in tale studio).
Fig. 12: Carta delle precipitazioni con medie mensili
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
47
3.5 FREATIMETRIA (Tav. 4)
Nell’area di studio, da un opportuno censimento storico durante il quale sono stati rilevati
all’incirca 500 pozzi, è stata creata una rete di misura costituita da una maglia opportunamente
discretizzata tale da ricadere all’interno del perimetro delineato dal Piano di Caratterizzazione.
Di qui, con l’ausilio dei dati storici e di quelli aggiornati rilevati direttamente in campagna,
sono state successivamente ricavate le superfici della tavola d’acqua dell’acquifero, precisando che
tale elaborazione è la rappresentazione statica ed aggiornata di un fenomeno essenzialmente
dinamico e variabile nel tempo.
Da essa vengono evidenziati:
-
la freatimetria riferita al mese di maggio dell’anno 1993 (storica) e quella del mese di giugno
dell’anno 2005 (attuale);
-
l’andamento dei principali assi di drenaggio;
-
la presenza di eventuali paleoalvei e spartiacque sotterranei, e delle condizioni di potenziale
idraulico per l’alimentazione fiume-falda;
-
le varie caratteristiche idrauliche delle alluvioni.
Come poco prima menzionato, per il reperimento dei dati storici ci si è basati su studi
precedentemente effettuati nell’area in questione, mentre per quelli aggiornati si è provveduto ad
acquisirli direttamente in situ tramite opportuna campagna pozzi effettuata nel mese di Giugno 2005
(Fig. 13, 14, 15). In tale sede oltre che rilevare la profondità della superficie piezometrica, si è
provveduto anche al reperimento sia delle coordinate geografiche necessarie alla georeferenziazione
dei pozzi, sia dei dati inerenti il tipo di utilizzo nell’arco dell’anno, con all’incirca le relative
quantità emunte, sia la tipologia di meccanismo per il sollevamento dell’acqua, sia il nome del
proprietario, sia la localizzazione fotografica degli stessi (anche in base alla viabilità esistente) al
fine di agevolare il più possibile il ritrovamento della loro ubicazione nelle future campagne pozzi.
Tale fase lavorativa è stata svolta in una settimana lavorativa circa, nella quale sono stati
rilevati ed esaminati circa 170 pozzi, essi sono stati considerati una quantità sufficiente per
sviluppare la freatimetria aggiornata e per le utilità del presente studio.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
49
Fig. 13 : Rilevamento dati con freatimetro su pozzo n. 57 bis
Fig. 14: Rilevamento dati con freatimetro, GPS e cordella metrica su pozzo n. 59
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
50
Fig. 15: Rilevamento dati del 2° pozzo sito nel campo pozzi in loc. Borgo Staz. Montecosaro
Nella zona di foce le idroipse aumentano la loro spaziatura ed assumono delle sinuosità,
dovute dalla possibile presenza di falde superficiali sospese ed interferenze prodotte
dall’immissione dell’Ete Morto.
Una distinzione, nell’andamento della freatimetria tra la storica e l’attuale, si ha in prossimità
della costa, dove le curve freatimetriche, pur essendo sempre condizionate da direzioni di flusso
preferenziale, tendono a disporsi verso la costa stessa.
Variazioni sensibili da una stagione all’altra si hanno soprattutto lungo costa e ciò è dovuto
principalmente ai forti prelievi delle falde durante il periodo estivo. Le oscillazioni maggiori della
superficie freatimetrica si hanno all’inizio della stagione autunnale dove il livello della falda si
abbassa, in alcuni casi, sino a qualche mt. sotto il livello del mare quando si raggiungono i minimi
stagionali; mentre le massime altezze freatimetriche si verificano nella tarda stagione primaverile.
Naturalmente l’oscillazione della falda è strettamente dipendente dal regime pluviometrico
esistente nel bacino, quindi i massimi livelli raggiunti dalla falda corrispondono ai periodi di
massime precipitazioni, viceversa per i minimi freatimetrici; l’intervallo temporale, inteso come
tempo di risposta della falda dall’inizio delle piogge, varia da uno a due mesi.
La differente velocità d’innalzamento della falda di tale subalveo, è legata ai parametri
idrodinamici dei depositi alluvionali ed in particolare alla presenza di una più o meno spessa
copertura di terreno vegetale. I diversi tempi di innalzamento delle falde forniscono quindi
informazioni per una valutazione delle diversa capacità di infiltrazione delle acque meteoriche nei
depositi alluvionali; viceversa i tempi di abbassamento dipendono invece dal diverso grado di
permeabilità dei depositi alluvionali.
L’andamento della freatimetria del subalveo è quindi fortemente condizionata, oltre che dalle
ovvie differenze di permeabilità, anche dalla particolare situazione morfologica delle alluvioni
terrazzate e dalla forma del substrato. In particolare ciò è evidente nei depositi del II e III ordine
dove i terrazzi sono separati da scarpate, in genere ripide ed estese, con dislivelli fino a 20 mt.
Tenendo presenti tali fattori, vengono giustificati, nelle aree occupate dai terrazzi alti, sia
l’elevato gradiente della freatimetria, sia l’andamento del flusso in direzione dell’asta fluviale.
Nei depositi del III e IV ordine la freatimetria è fortemente condizionata anche (oltre che
dalle numerose opere di captazione) dai paleoalvei che guidano il drenaggio sotterraneo e che
localmente mandano in pressione la falda acquifera, in quanto, costringono il flusso dell’acqua su
vie preferenziali a maggiore permeabilità.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
51
Di seguito vengono riportate alcune freatimetrie reperite dalla bibliografia ed utilizzate come
ausilio per meglio definire e verificare alcune anomalie nel tracciato delle isofreatiche, soprattutto
in alcune zone in cui i dati risultano scarsi (Fig. 16).
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
52
Fig. 16: Freatimetrie ricostruite da Nanni (1980-81)
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
53
Per mezzo dei dati freatimetrici rilevati in campagna si è potuta ricostruire la carta
dell’andamento della falda interpolando i valori più consoni e tenendo conto degli eventuali
valori sfalsati rispetto al normale andamento.
In particolare dalla restituzione grafica delle isofreatiche attuali, realizzata con
Geostatistical Analyst, sono emerse alcune anomalie riguardanti principalmente i continui ed
attuali pompaggi ad opera degli opifici e delle aziende agricole.
Questi si evidenziano con dei coni di depressione della superficie piezometrica diretti
verso il basso rappresentanti attingimenti di acqua eccessivi durante il periodo in cui le piogge
scarseggiano.
Mentre i coni di sovrapressione della superficie piezometrica diretti verso l’alto
rappresentano un innalzamento localizzato della falda dovuto alle ricariche di scarichi artigianali
(acque di raffreddamento dei macchinari) effettuati direttamente in pozzo.
Dalla trasposizione della freatimetria aggiornata con quella storica (Tav. 4), è emerso che
le direzioni di flusso della falda sono pressoché paralleli a quella “mare-monti” e che la
superficie piezometrica risulta avere pendenza verso Est con gradiente del 5 per mille circa.
In generale si è osservato che il livello freatimetrico è aumentato rispetto agli anni
precedenti, forse dovuto alle piogge ed alle nevicate abbondanti dell’inverno precedente. Tale
considerazione è stata constatata anche da quanto riferito verbalmente dai proprietari fondiari
che ci hanno fatto osservare che in passato, durante i mesi più caldi, alcuni pozzi tendevano
addirittura a seccarsi.
Durante la campagna di misurazione si è riscontrato che alcuni pozzi sono stati scavati
fino alla profondità di 25-30 mt., soprattutto verso valle, mentre la maggior parte arriva solo ai
12-15 mt. Questo evidenzia la possibilità dell’esistenza di una doppia falda a livello locale, una
libera superficiale ed una semiconfinata profonda.
Per i pozzi artesiani (profondità di 25-30 mt.) il livello della falda è di molto superiore (79 mt. dal p.c.) rispetto a quello relativo (4-6 mt. dal p.c.) di quelli più superficiali (profondità di
12-15 mt.), tale fatto naturalmente deriva dalla differenza di pressione della falda più profonda
che risulta più elevata.
L’andamento piezometrico, sia nella freatimetria storica che in quella aggiornata, ha
messo in risalto due flussi principali, il primo in sinistra, mentre l’altro in destra idrografica, con
queste caratteristiche:
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
55
-
il primo parallelo al fiume Chienti, che tende a favorire parzialmente, e solo localmente,
azioni di ricarica in falda da parte del fiume più a valle ed in minima parte invece della
falda verso fiume più a monte;
-
il secondo invece, nella zona della provincia ascolana, che si discosta dal fiume e risente
del richiamo da parte del rio Ete Morto.
La direzione preferenziale di tali flussi è circa W-E, con leggera orientazione verso il
Fiume Chienti, e da WNW-ESE, con alimentazione da parte di piccoli corsi d'acqua che
scendono dalla dorsale collinare e si infiltrano nei depositi alluvionali di fondovalle.
In generale le isofreatiche hanno un andamento abbastanza regolare considerando che
alcune protuberanze, riscontrate in alcuni tratti, in realtà corrispondono a delle anomalie dovute
alla geologia del sottosuolo (paleoalvei, spartiacque, ecc…), all’emungimento di acqua ad opera
dell’uomo, ed anche alla confluenza di torrenti nell’asta fluviale principale.
Difatti l’Ete Morto, che versa le proprie acque sul F. Chienti nei pressi della zona Nord
del territorio comunale di P.S.Elpidio, provoca anch’esso alcune deviazioni nel tracciato delle
idroipse (fatto che verrà annotato in particolar modo nei paragrafi successivi inerenti
all’inquinamento che provoca tale torrente classificato come una vera e propria emergenza
ambientale).
3.6 PERMEABILITA’ (Tav. 5)
Per quanto riguarda la permeabilità della bassa valle del Chienti, non essendo disponibili
dati certi per le differenti litologie, sono stati cercati dei riferimenti validi per assegnare a queste
ultime dei valori che possono essere concordi con le ipotesi prima fatte per le freatimetrie e per
la stratigrafia.
Inoltre, in base ai modestissimi dati reperiti riguardanti: prove di portata, indagini
geoelettriche, fonti storiche o attuali, si è provveduto ad una stima indiretta, e soprattutto
qualitativa, delle permeabilità dei differenti litotipi.
A tale scopo risulta possibile solamente fare una distinzione delle permeabilità in classi
secondo le caratteristiche litologiche dei terreni come precedentemente descritto.
Nella carta della permeabilità (Tav. 5) sono evidenziate 4 classi, di seguito elencate:
CLASSE 1 - Terreni a permeabilità variabile, generalmente alta
In questa classe ricadono i depositi alluvionali attuali, recenti e terrazzati del Fiume
Chienti ed i depositi litoranei, caratterizzati da ghiaie e sabbie calcaree con frequenti
intercalazioni limoso-sabbiose o limoso-argillose in strati, lenti e livelli.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
56
La permeabilità elevata è intesa in senso longitudinale più che verticale; ad essa può
verosimilmente essere attribuito un valore compreso fra 1O-2 e 1O-4 cm/sec (ghiaie e sabbie
limose). Per i depositi litoranei (ghiaie e sabbie pulite) il valore medio della permeabilità è di
circa 1O-1 cm/sec. I sedimenti della copertura limoso-sabbiosa o limoso-argillosa ed i livelli
argillosi intercalati alle ghiaie e sabbie hanno permeabilità bassa o localmente media (1O-5 e 1O-6
cm/sec) .
CLASSE 2 - Terreni a permeabilità media
Appartengono a questa classe le unità arenaceo-conglomeratica ed arenaceo-pelitica,
caratterizzate da litofacies nelle quali la componente granulare (sabbie e conglomerati) prevale
nettamente su quella argilloso-limosa.
La permeabilità, valutata da prove in sito, è compresa in un campo piuttosto ampio:
elevata nei livelli sabbioso-conglomeratici e bassa nelle intercalazioni argillose; il campo di
variabilità può pertanto comprendere velocità di filtrazione comprese fra 1O-4 e 1O-6 cm/sec.
CLASSE 3 - Terreni a permeabilità variabile, generalmente bassa
In questa classe sono stati inseriti i depositi della coltre colluviale, gli accumuli di
frana antichi e recenti, e dei corsi d'acqua minori; si tratta principalmente di sabbie limose, limi
sabbiosi e limi argillosi con localizzati livelli o lenti ghiaioso-sabbiose.
In questi terreni, composti da sedimenti di diversa origine, privi di struttura ed a
comportamento prevalentemente plastico, la permeabilità è strettamente legata alla
granulometria che li caratterizza da zona a zona (Conti, 1997).
CLASSE 4 - Terreni a permeabilità bassa
Rientrano in questa classe le unità politica e pelitico-arenacea del substrato, caratterizzate
da permeabilità primaria compresa fra 1O-6 e 1O-9 cm/sec. Una certa permeabilità secondaria per
fessurazione può essere localmente presente, soprattutto al tetto del litotipo.
Sono poi presenti in superficie zone di cava o ex-cava, sedi di estrazione di inerti, poste a
destra ed a sinistra delle anse del fiume, nelle quali è più facile che affiorino litologie a
componente prevalentemente ghiaiosa con un valore di K sicuramente più alto.
Basandosi poi su carte e lavori geologico-geomorfologici precedentemente eseguiti
nell’area di studio, si è riscontrato che alcune zone sono influenzate dall’abitato urbano, anche
perché posizionate poco più elevate rispetto ai campi coltivati. Infatti, queste aree possono
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
57
fungere da spartiacque e favorire il ruscellamento verso questi ultimi, situati a circa 1 mt. più
bassi o quasi al livello del letto del fiume.
Molto probabilmente alcune zone sono sede del paleoalveo che, avendo al di sotto uno
spessore maggiore di ghiaie e depositi alluvionali, favoriscono una maggiore infiltrazione e sono
da ritenersi a più alta permeabilità.
Gli unici dati certi provengono dallo studio d’alvei affini di fiumi concomitanti, che ha
fissato dei valori standard di K per i depositi alluvionali dell’ordine di 10-2 e 10-4 m/s e di
“porosità effettiva” del 10% (valori legati strettamente alla “ritenzione idrica”).
Da recenti studi effettuati, sono stati reperiti anche dei dati di circolazione per porosità e
di conducibilità elettrica, che indicano delle zone dove probabilmente l’infiltrazione è più
condizionata dalla litologia, cui può essere assegnato un valore più alto di K.
Infine sono stati tenuti in considerazione anche i dati relativi alle diverse litologie, in base
ai valori d’infiltrazione, calcolati nell’area di lavoro dall’Ufficio Idrografico di Bologna (1991),
per gli interventi di sistemazione idraulica dell’asta fluviale. Questi dati indicano un valore di
“trasmissività” dell’ordine di 10-2 e 10-4 m/sec per le alluvioni del III e IV ordine (Molinari ed
altri, 1988).
Nella “Carta della permeabilità” elaborata sono state evidenziate quattro classi di
permeabilità, ed in accordo con quanto già ampiamente descritto in precedenza, è stata assegnata
una permeabilità “alta-variabile, generalmente alta” ai depositi alluvionali attuali, recenti e
terrazzati. Le unità arenaceo-conglomeratica e arenaceo-pelitica sono state contraddistinte con
una permeabilità media per poi optare con quella più bassa all’unità pelitica e pelitico-areanacea;
queste ultime, costituite da materiali fini, sono presenti nelle zone medio-alte collinari. Infine ai
terreni eluvio-colluviali è stata assegnata una classe di permeabilità medio-bassa.
3.7 RICARICA ED INFILTRAZIONE (Tav. 6)
Per la ricarica si è tenuto in considerazione i terrazzi del IV ordine, costituiti da depositi
alluvionali con un loro valore di porosità efficace citati nel paragrafo precedente.
Dai bilanci idrologici della zona, tramite i dati pluviometrici richiesti all’Assam per la
Stazione di Montecosaro (di recente istituzione) e relativi all’anno 2004 (ultimo anno intero
disponibile), si è stimato un valore dell’evapotraspirazione tramite la formula empirica di
Thornthwaite (1946), la quale è basata sulla relazione esponenziale esistente tra
l’evapotraspirazione potenziale e la temperatura media mensile.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
58
ETP = cT
a
FORMULA DI THORNTHWAITE
ETP = evapotraspirazione mensile (cm) calcolata in un mese di 30 giorni ed insolazione 12 ore su 24
T = temperatura media mensile in ° C
c ; a = parametri relativi al clima del luogo e funzione dell’INDICE TERMICO ANNUALE (I)
1.514
T 
I = ∑ i 
i =1  5 
12
dove:
Dalle
risultanze
 10 
c = 1.6 
 I 
a = 0.016 ⋅ I + 0.5
dei
calcoli
effettuati,
si
è
riscontrato
un
elevato
a
valore
dell’evapotraspirazione in relazione ai mm di pioggia, come si può osservare dal grafico
riprodotto (Fig. 17), ciò sta a significare che la maggior parte dell’acqua piovuta nella zona di
studio è evaporata, di conseguenza quella rimasta per l’infiltrazione è molto ridotta.
Precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale per l'anno 2004
160
150
140
130
120
110
90
precipitazioni
medie mensili
(mm)
80
ETP (mm)
pioggia (mm)
.
100
70
60
50
40
30
20
mesi
10
0
dicembre
novembre
ottobre
settembre
agosto
luglio
giugno
maggio
aprile
marzo
febbraio
gennaio
Fig. 17: Grafico delle precipitazioni e dell’evapotraspirazione potenziale per l’anno 2004
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
59
Bisogna tenere in considerazione anche che le zone urbanizzate, sono superfici in cui si ha
generalmente ruscellamento superficiale verso i canali d’irrigazione costeggianti la strada, l’area
restante invece, è prevalentemente costituita da suolo coltivato rappresentato dai depositi
alluvionali, quindi favorevoli ad una buona infiltrazione, così come le coltri costituite dalle
colluvioni che occupano tutta la zona demaniale del letto del fiume tra le due scarpate vegetate.
Dall’ausilio di studi effettuati in merito alla suddivisione delle litologie secondo la
circolazione per porosità, abbiamo delineato principalmente due zone di ricarica legata a diversi
valori d’infiltrazione secondo la copertura (urbana e coltivata o incolta), di conseguenza è stata
disegnata una carta della distribuzione della ricarica meteorica suddividendo l’area in tre zone a
diverso tasso d’infiltrazione, rispettivamente con valori di bassa, media ed alta filtrazione.
Tale elaborato si è reso necessario per avere un quadro più completo degli ambiti
territoriali nei quali esiste un’antropizzazione che inevitabilmente nel corso degli anni passati ha
portato alla regimazione delle acque con particolare riguardo agli interventi di asfaltatura della
viabilità, alla costruzione delle fognature delle acque bianche (piovane) e nere, ecc.., ed al
convogliamento di tali acque, da parte dell’uomo, in luoghi diversi da quelli che la natura aveva
prescelto. Con molta probabilità tali opere hanno comportato anche una sottrazione dell’apporto
d’ acqua al subalveo del fiume Chienti.
La cartografia in questione è stata realizzata oltre per le finalità sopra esposte, anche per
avere un quadro di massima dell’uso del suolo che ivi viene svolto raggruppando nelle aree
urbanizzate sia gli insediamenti civili sia quelli industriali.
Come è possibile riscontrare la parte preponderante dell’area oggetto della presente è
ancora occupata dai terreni agricoli i quali, essendo sovrastanti ai depositi alluvionali, assicurano
un valido interscambio tra la superficie ed il sottosuolo.
Si può tenere conto anche della presenza di alcuni laghetti artificiali che possono fungere in
minima parte da ricarica, anche se sono vasche d’ex cava alimentate direttamente dalla falda e
quasi secchi durante la stagione arida.
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3.8 INTERVENTI DELL’UOMO SUL FIUME
In tale studio è bene dare breve cenno degli interventi antropici realizzati sul fiume al fine
della regimazione idrica, della difesa degli argini, della necessità di collegamento delle sponde, e di
tutti gli interventi che in un certo qual modo hanno rappresentato le maggiori modificazioni del
territorio con ripercussione sull’alveo fluviale.
Alcune di tali opere insistono nella porzione di territorio oggetto del presente studio, difatti
la maggior parte di esse sono ubicate nell’area posta a monte dell’asta fluviale, ma vengono altresì
citate in quanto esse esercitano delle ripercussioni nel sistema fiume.
Bisogna rilevare la presenza di cinque sbarramenti realizzati per scopi idroelettrici, di
seguito elencati (Molinari ed altri, 1988):
-
diga di Valcimarra (loc. Caldarola);
-
diga di Borgiano;
-
diga di S.Maria;
-
diga Le Grazie.
Altri importanti infrastrutture costruite lungo l’asta fluviale sono i ponti di attraversamento
nel tratto di superstrada Civitanova Marche-Camerino (loc. Sfercia), nel tratto in esame ne sono
presenti 4, delle quali una
in loc. Villa San Filippo di Monte San Giusto, un’altra in loc.
Brancadoro di Sant’Elpidio a Mare, l’attraversamento autostradale e il ponte ferroviario (Fig. 19) in
prossimità di Civitanova M.
Altresì sono presenti, nell’alveo dell’area oggetto di studio, due briglie, delle quali l’una
(soglia di fondo) posta immediatamente a valle del ponte della strada provinciale MontecosaroMontegranaro e l’altra in corrispondenza dell’attraversamento della S.S. 16 in territorio di
Civitanova Marche (Fig. 20).
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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Fig. 19: Ponte ferroviario nei pressi della S.S. 16 (a confine dei territori comunali di
P.S.Elpidio e Civitanova Marche).
Fig. 20: Briglia sul Fiume Chienti sottostante viadotto della S.S. 16 (a confine dei
territori comunali di P.S.Elpidio e Civitanova Marche).
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CAP 4
INQUINAMENTO
4.1 VALUTAZIONE DELL’INQUINAMENTO NEL SITO
Gli sversamenti presenti in tale ambito di studio sono molteplici e principalmente
assimilabili a tre tipologie: civili, agricoli ed industriali; ognuno dei quali è direttamente connesso
ad una soglia di inquinamento più o meno marcato.
Ultimamente si è avuta una grande sensibilizzazione in materia ambientale che di giorno in
giorno provvede ad aumentare la salvaguardia del sistema ambientale, dato che il sempre più
notevole inquinamento, nelle sue varie forme e rapporti, anche nei confronti della risorsa idrica,
deve essere valutato in base alle necessità e modalità di depurazione al fine di un raggiungimento di
una qualità ottimale delle acque.
L’inquinamento agricolo riveste particolare importanza dal momento che in esso risulta
estremamente difficoltoso intervenire, a valle delle sostanze inquinanti (es. nitrati, concimi chimici,
fertilizzanti, ecc….), per l’abbattimento delle stesse, data la notevole dispersione sul territorio e la
impossibilità di convogliare in punti di raccolta gli scarichi derivanti dall’agricoltura.
Le acque reflue domestiche: vengono definite quelle da insediamenti di tipo residenziale e
da servizi derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, in generale
esse non destano particolare motivo di preoccupazione finalizzata all’inquinamento, in quanto
recenti disposizioni vigenti in materia igienico-sanitarie volte soprattutto all’edilizia, hanno
regolamentato gli scarichi di tipo residenziali mediante l’utilizzo di fosse settiche, sistemi di subirrigazione, ecc…
Le acque reflue industriali: sono quelle contraddistinte da qualsiasi tipo di acque reflue
scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni,
diverse da quelle reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento, da ciò si evince che
esse sono riferite ad aree con vocazionalità artigianale/industriale, le quali (soprattutto quelle
esistenti ed in forte espansione nella zona di Staz. Montecosaro e Zona Industriale “A” di
S.M.Apparente) già in passato sono state oggetto di studio e di perizie giudiziarie attestanti il
notevole livello d’inquinamento causato soprattutto dagli opifici dediti alla produzione di fondi per
calzature in poliuretano che riversano nel sottosuolo i residui delle proprie lavorazioni, le acque di
raffreddamento dei macchinari, ecc…
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
63
Tali attività, come già anzi detto, hanno provocato nel recente passato un grave
inquinamento delle falde acquifere della zona, causato da composti organoalogenati quali: 1,1,1tricloroetano, tricloroetilene tetracloroetilene.
In prossimità della foce, nel territorio di Sant’Elpidio a Mare, confluiscono nel Chienti le
acque scadenti dell’Ete Morto, il quale raccoglie i reflui di alcuni comuni dell’Ascolano.
Ai fini di un più comprensibile quadro di tali sostanze organoalogenati interessate (1,1,1,tricloroetano, tricloroetilene), viene di seguito riportata una classificazione delle stesse dal punto di
vista chimico-fisico.
4.2 CARATTERISTICHE E TOSSICITÀ DEI COMPOSTI ORGANICI
ALOGENATI
Le proprietà essenziali di queste sostanze fanno si che esse abbiano un ciclo di vita molto
lungo, una volta immesse nell'ambiente, potendosi generalmente affermare che molti cloro-organici
sono particolarmente stabili. I composti organici-alogenati vengono in genere adsorbiti nel suolo in
misura minima.
Il loro adsorbimento è funzione delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno ed è
proporzionale al suo contenuto di carbone organico. In alcuni terreni e soprattutto in quelli
subsuperficiali l’adsorbimento è pressoché nullo; da ciò ne consegue la facilità d’infiltrazione nelle
falde idriche sotterranee con conseguente inquinamento.
Molti di questi composti hanno una spiccata solubilità nei grassi e sono causa del fenomeno
della bioaccumulazione, cioè la migrazione degli stessi dall’ambiente verso i tessuti degli organismi
viventi. La maggior parte di queste sostanze sono tossiche per gli organismi animali e, sulla base di
prove effettuate sugli animali da laboratorio, hanno dimostrato un potenziale effetto cancerogeno
anche per l'uomo.
Nelle tabelle sottostanti vengono illustrate le schede dei tre composti alogenati oggetto del
presente studio.
1,1,1-Tricloroetano:
Formula bruta
C2H3Cl3
Densità
1,338
Peso molecolare
133,4
Punto di congelamento
-35° C
Punto di ebollizione
75° C
A temperatura ambiente il tricloroetano si presenta come un liquido incolore, di odore
dolciastro, cloroformico, caratteristico di queste sostanze. Non è un liquido infiammabile e si
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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decompone a temperature superiori a 260° C. E’ solubile in quasi tutti i solventi organici e presenta
una certa solubilità anche in acqua; è un prodotto chimicamente stabile e la sua biodegradazione è
pressoché insignificante.
Tetracloroetilene:
Formula bruta
C2Cl4
Densità (15° C)
1,631
Peso molecolare
165,8
Densità di vapore
5,7
Punto di ebollizione
121° C
Tensione di vapore (25° C)
19 mmHg
Punto di solidificazione
-23,55° C
Il tetracloroetilene è un liquido incolore, volatile, dal leggero odore etereo. Non è
infiammabile né tanto meno esplosivo, essendo però un idrocarburo alifatico clorurato, alla pari dei
suoi simili, si decompone alle alte temperature liberando i composti tossici già visti per il
tricloroetilene. Il tetracloroetilene è solubile in acqua solo in piccolissima percentuale, mentre è
solubile nella quasi totalità dei solventi organici.
Tricloroetilene:
Formula bruta
C2HCl3
Densità
1,445
Peso molecolare
131,4
Densità di vapore
4,54
Punto di ebollizione
87° C
Tensione di vapore (25° C)
77 mmHg
Punto di congelamento
-73° C
Solubilità in H2O
0,1 %
Il tricloroetilene (trielina) è un idrocarburo insaturo alogenato che si presenta come
un liquido incolore, volatile, di odore etereo somigliante al cloroformio. Olfattivamente si rileva alla
debole concentrazione di 100 ppm come gradevole, aromatico e leggermente inebriante. A
concentrazioni più elevate, a partire da 1000 ppm in su, il suo timbro diventa sgradevolmente
irritante. Il tricloroetilene di per sé non è né esplosivo né infiammabile, ma posto alla fiamma si
decompone in cloro, acido cloridrico e fosgene, sostanze la cui pericolosità è stata sufficientemente
provata. Il tricloroetilene è poco solubile in acqua ma è miscibile con la quasi totalità dei solventi
organici.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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4.3 CARTE DI ISOCONCENTRAZIONE (Tav. 8 ÷ 21)
Di fondamentale importanza riveste l’inquinamento del bacino, quindi è stato dedicato
ampio spazio alla valutazione e definizione delle concentrazioni degli inquinanti in grado di recare
pregiudizio alla “salute” del Fiume Chienti nonché ad aumentare la vulnerabilità dello stesso sotto
l’aspetto ambientale.
Sicuramente oggi tale area risulta gravemente compromessa dalle attività artigianali ed
industriali ivi sorte nel corso degli anni e nella fattispecie dagli scarichi dei materiali di risulta delle
relative lavorazioni di fondi per calzature in poliuretano.
In minor percentuale sono da annotare anche le sostanze abitualmente utilizzate in
agricoltura (fertilizzanti, concimi, anticrittogamici, ecc..) i quali da remota data (ed a causa del loro
recente notevole incremento d’impiego, dettato da esigenze di mercato, che richiede prodotti
chimicamente “trattati”) hanno contribuito a far ricevere alle falde acquifere sotterranee delle
sostanze nocive che hanno compromesso soprattutto l’utilizzo di tali acque a scopi domestici.
Le misure e le analisi necessarie sono state effettuate sia per l’intero bacino, dove si
possedevano i dati dei pozzi campionati, sia localmente da lavori precedentemente effettuati per
aree più piccole dove si ha una maggiore concentrazione di dati e dove l’inquinamento era dovuto a
singole aziende.
A tale scopo si è proceduto allo studio geostatistico dei dati di concentrazione, tramite
operazione di “Buffer” presente nel GIS, i quali sono stati riorganizzati per ogni singolo componente inquinante (TCE, PCE) per favorire così l’ottenimento di carte di isoconcentrazione stagionali.
Nella rappresentazione grafica degli inquinanti (da Tav. 8 a Tav. 21), essa è stata classificata
in maniera puntuale in base a dei cerchi, rappresentanti idealmente i pozzi presi in analisi, la cui
colorazione indica il grado di inquinamento del sito in quel punto. Tale gradazione parte dal colore
verde (valori di concentrazione minimi e rientranti nei limiti di Legge descritti precedentemente)
fino al colore ciclamino (valori di concentrazione massimi esuberanti rispetto ai limiti di Legge),
inoltre sono stati riportati i plume di concentrazione i quali rendono conto sia dei limiti areali
interessati da ciascuna classe di inquinamento, sia della diffusione e propagazione delle sostanze
tossiche in falda.
Dall’elaborazione di tale fase di studio, è emerso che nell’area in questione è presente un
inquinamento diffuso di minore entità ed un altro più puntuale di notevole rilevanza localizzato
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
66
nella zona di S.Annunziata a Piè di Chienti (Borgo Staz. Montecosaro), dove sono presenti alcuni
opifici artigianali, e nella Zona Industriale “A” di Civitanova Marche.
Il periodo temporale in cui è stata focalizzata l’analisi intercorre tra gli anni 1998 al 2005,
più precisamente sono state scelte alcune date intermedie allo scopo di creare una cronistoria
dell’evoluzione dello stato di inquinamento; esse difatti hanno permesso di dividere i dati storici da
quelli aggiornati con la seguente scansione:
dati storici:
- aprile 1998 (periodo di piena)
settembre 1998 (periodo di magra)
- aprile 2000 (periodo di piena)
settembre 2000 (periodo di magra)
- aprile 2002 (periodo di piena)
settembre 2002 (periodo di magra)
dati aggiornati:
- gennaio 2005 (periodo di piena)
Da una prima analisi emerge che la situazione dell’acquifero risulta abbastanza
compromessa in quanto nel corso degli anni sono state versate in falda ingentissime quantità di
sostanze nocive, le quali hanno seriamente aumentato la vulnerabilità dello stesso. Tale situazione è
risultata essere particolarmente grave negli anni 1998/2000/2002 ed in via di miglioramento negli
ultimi anni, a seguito di alcune disposizioni ambientali di bonifica e procedimenti restrittivi emanati
dalle Pubbliche Amministrazioni. Al fine di dare breve cognizione dell’entità di quanto anzi detto,
si precisa che esistono dei riferimenti normativi vigenti in materia (D.M. 471/99, D.lg. n. 152/89 e
successive integrazioni e modificazioni) che fissano dei precisi valori massimi di concentrazione
ammissibili per le sostanze inquinanti all’interno delle acque sotterranee e superficiali.
Nella fattispecie risultano essere:
0.2 µg./l per il TCE,
1.1 µg./l per il PCE.
Da un’analisi approfondita delle quantità risultate da analisi di laboratorio ed immesse nel
database, si sono riscontrati valori molto elevati come 1.912,80 µg/l per il TCE e pari a 639,40 µg/l
per il PCE.
Le acque in questione presentano una elevata mineralizzazione, infatti il parametro
conducibilità elettrica specifica assume valori mediamente compresi tra 700 e 1.400
µS/l, la
durezza varia in media da 30° a 60° F ed infine la concentrazione dello ione nitrico oscilla
mediamente tra 40 e 200 mg/l (Piano Regionale di tutela delle acque, Reg. Marche, 2000).
Mentre i valori di conducibilità e della durezza sono da attribuire alla circolazione
sotterranea ed alla natura litologica del sottosuolo, il parametro nitrati è imputabile all’uso di
fertilizzanti in agricoltura. La presenza di tricoloroetano, percloroetilene e di tricloroetilene, pur non
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
67
contribuendo alla mineralizzazione delle acque, conferma l’elevata vulnerabilità della falda idrica
nella zona presa in considerazione.
In generale si osserva che la falda idrica in questione è interessata da un inquinamento
diffuso sia da nitrati che da composti organo-alogenati, inoltre la concentrazione dello ione nitrico,
ad eccezione di alcuni pozzi, supera il limite relativo alle acque destinate al consumo umano. La
concentrazione massima ammissibile viene di norma superata da una quantità importante di pozzi
analizzati, in particolare si registra che il tricloroetano, non più utilizzato dalle aziende calzaturiere,
continua ad inquinare tutta la falda in esame, anche se nel tempo si è notato un abbassamento
generale del livello di concentrazione.
Il percloroetilene (impiegato in sostituzione del tricloroetano) è presente in gran parte
dell’area oggetto del monitoraggio e la sua concentrazione raggiunge spesso valori molto elevati,
infine la concentrazione del tricloroetilene, salvo alcuni rari casi, non raggiunge mai concentrazioni
significative.
L’inquinamento in questione continua ad interessare in particolar modo la falda che alimenta
le centrali di sollevamento degli acquedotti di Civitanova M. e Montecosaro, a tal proposito si fa
presente che entrambi i Comuni, oltre ad aver attivato da tempo un sistema di depurazione a carboni
attivi, si avvalgono anche di altri approvvigionamenti.
Relativamente al tricloroetano si sottolinea i tempi lunghi di permanenza nella falda
nonostante non sia più in uso (in quanto sostituito dal percloroetilene) da più di dieci anni circa, tale
permanenza conferma l’ipotesi che l’inquinamento non è da attribuire alle ricadute al suolo in
seguito ad emissioni in atmosfera, ma al lento rilascio in falda direttamente dal sottosuolo
contaminato da sversamento di rifiuti. A tutt’oggi è stata effettuata, nell’area di pertinenza di
qualche azienda, la bonifica del sottosuolo con la tecnica del “soil venting”, dopo di che
l’inquinamento in tali siti è praticamente scomparso in quanto, sia nei pozzi aziendali che in quelli
posti a valle, non si registrano valori di concentrazioni preoccupanti.
Anche per il percloroetilene, già presente in falda alla data di inizio analisi, si ipotizza lo
stesso meccanismo di contaminazione; inoltre la sua diffusione nell’area studiata è da attribuire alle
numerose aziende che lo utilizzano nel ciclo produttivo, tale ipotesi è confermata dall’osservazione
di un grave fenomeno da percloroetilene verificatosi nel Comune di Montecosaro.
Da analisi condotte negli anni passati presso alcune aziende, si è riscontrata la presenza di
alcune concentrazioni di inquinanti eccedenti i limiti normativi, le quali, verso valle, subivano degli
incrementi in tempi diversi. Ciò è dovuto, oltre che alla diversa localizzazione dei pozzi, al
movimento sotterraneo della falda idrica che determina la diffusione dell’inquinante secondo la
direzione di flusso della falda stessa con una velocità stimata in circa 2 m/giorno.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
68
In merito a quanto prima esposto, si ritiene opportuno effettuare un’ulteriore analisi
differenziata dei due composti nel dominio tempo, pertanto si desume quanto segue:
TCE: tale inquinante ha raggiunto valori record nell’anno 1998 nella zona di S.Annunziata a
Piè di Chienti e concentrazioni minori in corrispondenza della Zona Industriale “A” di
Civitanova Marche, nello specifico tale situazione è andata migliorando col passare degli
anni, nel corso dei quali i monitoraggi stagionali hanno evidenziato un sostanziale
miglioramento con conseguente riduzione dell’esteso plume che però rimane ancora
sopra la soglia di tolleranza stabilita dalla legislazione;
PCE: i valori massimi di concentrazione sono stati registrati nell’anno 2000, nel quale si sono
raggiunti valori spropositati d’inquinamento, persistenti nel corso di tale anno solare, in
alcune aziende artigiane della zona di S.Annunziata a Piè di Chienti. Si registra anche la
presenza di un discreto nucleo inquinato nel sito della Zona Industriale “A” di
Civitanova Marche soprattutto nel periodo primaverile che poi scompare nel periodo
autunnale, quindi a carattere prettamente intermittente legato a variazioni freatimetriche.
La direzione di propagazione delle sostanze imputate segue abbastanza le direzioni di flusso
della falda acquifera, determinando i plume riportati nelle varie cartografie appositamente redatte, e
dalle quali è possibile notare che essi risultano avere forma pressoché ellissoidale spanciata a valle
(del tipo “a goccia”) allungata in direzione Est-Ovest e le cui ampiezze si estendono su di una fascia
abbastanza ampia. Il verificarsi delle piogge, che in parte si infiltrano nel sottosuolo, sicuramente
influenza il livello di inquinamento dell’acquifero con effetti di diluizione differenziata a seconda
della solubilità dei vari inquinanti.
In definitiva la falda acquifera risulta particolarmente vulnerabile ed inquinata da nitrati di
origine agricola e da composti organo-alogenati di origine industriale, l’inquinamento continua ad
interessare sia numerosi pozzi privati, utilizzati a scopo idropotabile, che quelli delle centrali di
sollevamento dei Comuni di Montecosaro e Civitanova Marche con valori di concentrazione spesso
superiori ai limiti di Legge. La diffusione dell’inquinamento da organo-alogenati è pressoché
omogenea anche se a valle delle sorgenti di inquinamento (opifici che utilizzano i citati composti
chimici) rispetto alle linee di flusso della falda idrica, in molti casi si nota un aumento della
concentrazione. I valori dei composti organo-alogenati seguono un andamento variabile nel tempo
in relazione anche ai diversi periodi stagionali. Il fenomeno d’inquinamento da composti organoalogenati può essere rimosso con mirati ed idonei interventi di bonifica da effettuarsi nei luoghi di
pertinenza delle aziende che hanno utilizzato e/o che utilizzano nel proprio ciclo produttivo tali
sostanze chimiche.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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Un aspetto importante che tale studio mette in rilievo, è innanzitutto l’individuazione dei siti
oggetto di maggior inquinamento e quindi più soggetti ad essere vulnerabili, in conseguenza di ciò
si può dedurre quali siano i nuclei territoriali più bisognosi d’interventi di risanamento e bonifica
con le dovute priorità del caso.
Master in “Progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”
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CAP 5
CONCLUSIONI
Il lavoro svolto consistite nella realizzazione di un DATABASE in formato GIS inerente
l’idrogeologia e stratigrafia e il grado di inquinamento del Basso Bacino del Fiume Chienti.
Questo ha lo scopo di caratterizzare il sito di studio, tramite l’ausilio di strumenti
informatici, al livello geologico, geomorfologico, idrologico ed ambientale, valutando lo stato
attuale e quello sviluppabile in futuro.
I softwares possono essere aggiornati continuamente, inserendo i parametri finora utilizzati o
di nuovi, affinché si abbia una buona ricostruzione e rielaborazione del “Modello Concettuale”
dell’area di studio.
La zona presa in esame è il Basso Bacino del Fiume Chienti, più precisamente la zona che si
estende da Trodica di Morrovalle fino alla foce sita nel comune di Civitanova Marche.
Si è arrivati alla georeferenziazione dell’area con il GIS, implementando i dati relativi al
censimento dei sondaggi e dei pozzi ivi presenti, estrapolando, per questi ultimi, quelli che non sono
più utilizzabili ed integrando i nuovi realizzati di recente.
Oltre a ciò, è stata focalizzata un’ampia parte di tale studio sull’acquifero di subalveo,
definendone la geometria limitata dalla tavola d’acqua superiormente e alla base dal substrato
impermeabile, e valutandone le variazioni altimetriche del livello freatimetrico.
Di relativa importanza è stata l’analisi dell’inquinamento del sito, dalla quale si è riscontrato
che esso è già presente in quantità rilevanti in falda e già in via di miglioramento grazie
all’applicazione del DM 471/99 in vigore.
Il risultato è un mezzo efficace per gli scopi contemplati nella presente tesina, ma anche
secondo per le più svariate utilizzazioni sociali, economiche, ecc…, e sarà la base su cui valutare il
piano investigativo e le opere d’intervento di messa in sicurezza di emergenza e/o permanenti.
Quindi allo scopo di rappresentare e gestire le informazioni, nell’ambito della realizzazione
del Piano di Caratterizzazione, si è prevista la realizzazione e gestione di un Sistema Informativo
Geografico tale da poter essere consultato da vari utenti (client/server), tra cui esperti nel settore, ed
implementato in futuro per studi di statistica, analisi di rischio o modellizzazione numerica.
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- BIBLIOGRAFIA –
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