ARDERE PER ACCENDERE Deborah a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini © Silvia Franceschini, 2013 Una storia nel Libro dei Giudici • Il libro dei Giudici è pieno di avventure magnifiche e atroci. Ogni scelta, anche la più individuale, è determinante del disegno universale, e mai ciò è stato più evidente come nei giorni dei Giudici. Personaggi di spicco delle singole tribù, che prendono in mano le redini del popolo alla morte di Giosuè, i Giudici vegliano sull’applicazione della Legge in un’epoca contraddistinta dalle guerre di conquista della terra di Canaan, come pure da periodi di convivenza e interscambio con i popoli che da tempo l’abitano, fra i quali gli ebrei si vengono stanziando a macchia di leopardo • Tra il XII e l’XI sec. a.C, si era al tempo dei Giudici, Israele non si era ancora unificato in uno stato centrale, come avverrà con l’istituzione della monarchia. La potente città-stato Cananea di Hazor stava allora imponendo progressivamente il suo dominio su buona parte della Galilea, occupata da gruppi tribali ebraici, governati da un giudice (il termine ebraico, però, ha anche il significato di governatore) modesto di nome Samgar e da un debole capo dell’esercito, il generale Barak. Fu così che si fece avanti una donna, una profetessa che risiedeva sulle pendici del Monte Tabor, l’altura principale di quel territorio • La storia di Deborah viene narrata in due capitoli, uno in prosa e l’altro in poesia. Lo sfondo è quello di un popolo che, dopo esser stato liberato dall’Egitto, torna a fare esperienza di schiavitù nella terra promessa. E la causa di tale situazione, secondo l’autore del libro, è proprio l’infedeltà La profetessa Deborah Un capo senza macchia • Il libro dei Giudici si occupa del periodo che va dalla morte di Giosuè alla istituzione della monarchia in Israele (1200-1025 a.C.) e presenta fatti staccati e particolarmente importanti relativi a dodici giudici. I giudici erano capi militari e politici che Dio suscitò in quel periodo per risolvere le crisi che il popolo di Israele viveva venendo a contatto con le popolazioni indigene e idolatre al momento del suo insediamento in Palestina • Le storie sono narrate secondo un preciso modello letterario e teologico: - Israele pecca contro Dio - Dio lo consegna nelle mani dei suoi nemici - Gli israeliti piangono - Dio manda un giudice a salvarli e liberarli - La terra ha pace per un periodo più o meno lungo (di solito 40 anni). Lo scopo è quello di insegnare che le crisi e le difficoltà di Israele trovano il loro fondamento nella sua infedeltà a Dio, quando cede alle suggestioni dell’idolatria. Da queste crisi solo Dio, che ha pietà delle sofferenze del popolo, potrà liberarlo (Gdc 2,11-19) Questa lettura teologica degli avvenimenti si rifà al monito di Mosé (Dt 6,10-15). Una storia di infedeltà, di allontanamenti e di ritorni, più o meno duraturi • Una lettura del Libro dei Giudici fa apparire Deborah come uno dei pochi capi dalla reputazione senza macchia. A lei poi succede una serie di giudici che mostrano debolezze inattese e si macchiano di gravi colpe (Gedeone, Jefte, Sansone) • La funzione di Deborah all’inizio della storia potrebbe essere paragonata a quella di un altro giudice e profeta, Samuele, il quale consacra Saul come re e lo manda a combattere le battaglie del Signore (in particolare 1Sam 10-15) 1901, Charles Landelle, La profetessa Deborah Deborah • Complessa è la lettura del nome di Deborah, in cui spiccano le tre lettere DBR, radicali sia del verbo ledabber, parlare, che del sostantivo davar, il quale significa sia parola che cosa, ovvero: “La parola che può sempre diventare cosa” • In ebraico moderno il nome Deborah suona Dvorah: ape, e l’ape opera ronzando. Parlando Deborah opera, e la sua parola attrae, raccoglie, unifica il popolo e lo salva dandogli consistenza e consapevolezza del proprio destino • Deborah parla con parole di madre in Israele, perché in lei si incarna la nazione sulla quale è chiamata a giudicare, e la nazione deve essere madre per i propri figli. • La nostra protagonista potrebbe dirsi un’ape regina, dato l’eminente ruolo di profetessa e giudice. Inoltre ape è in riferimento al suo carattere: dolce e forte nello stesso tempo • La Bibbia la presenta come eshet Lapidot, che può significare moglie di Lapidot, ma anche donna del fuoco, donna impetuosa/animosa, donna della fiaccola, donna fiammeggiante, donna dei lampi, amica idonea al Dio che rivelandosi in mezzo alla tempesta, muoveva monti e faceva tremare la terra. Lapidot/Lappidoth significa infatti fiaccole e proprio queste fiaccole connesse alla sua identità di donna hanno dato origine a un midrash che la vede a capo di una fabbrica di stoppini per lumi, da lei stessa creata per dare lavoro alla sua gente. Deborah una donna anche imprenditrice e perciò all’avanguardia Lynn Quinn, La profetessa Deborah Deborah la profetessa … Eud era morto e gli Israeliti tornarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore (E continuarono i figli d’Israele a fare il male negli occhi del Signore quando Eud morì). Il Signore li mise (consegnò) nelle mani di Iabin re di Canaan, che regnava in Cazor. Il capo del suo esercito era Sisara che abitava a Aroset-Goim. Gli Israeliti (i figli d’Israele) gridarono al Signore, perché Iabin (lui) aveva novecento carri di ferro e già da venti anni opprimeva duramente gli Israeliti (i figli d’Israele). In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa, Debora, moglie di Lappidot (E Deborah, donna profetessa – ’issha nevi’ah -, moglie ’eshet di Lappidot, lei era giudice – shofetah – di Israele in quel tempo). Essa sedeva sotto la palma di Debora, tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim, e gli Israeliti venivano a lei per le vertenze giudiziarie (E lei era sedente sotto la palma di Deborah – tachat-tomer -, tra Rama e Betel, nella montagna di Efraim, e salivano verso lei i figli d’Israele per il giudizio – lammishpat) …(Gdc 4,1-5) Darlene Slavujac, Deborah sotto la palma Un esodo al femminile • La storia di Deborah è un Esodo al femminile, Barak le fa da contrasto, è un personaggio del tutto secondario. Deborah è la vera eroina del racconto, giudicata tale dall’autore che la descrive accumulando appellativi l’uno sull’altro: profetessa, capo, giudice, madre d’Israele • È giudice perché il popolo andava da lei per avere giustizia, e perché con lei Dio sconfigge l’ingiustizia del re cananeo. • È capo perché convoca lei il comandante Barak che da lei riceve le sue istruzioni; accompagna lei le truppe in battaglia e decide quando cominciare il conflitto. • Lei è anche un leader, come Miryam, nella celebrazione del culto. Guida Israele nell’inno di lode da lei composto, capeggia le tribù radunate davanti a Dio per celebrare la vittoria e rinnovare il patto. Fa l’appello delle tribù che avevano combattuto e sottolinea le assenza. • È profetessa perché le sue parole sono oracoli divini (gli ordini che ella dà sono parole del Signore), proclama le promesse divine e conosce i tempi di Dio. È profetessa perché, alla luce della rivelazione di Dio nell’Esodo e nel Sinai, legge, interpreta, discerne gli atti potenti dell’Eterno. Inoltre sa in anticipo l’andamento della battaglia, predice che non sarà il comandante ad uccidere il nemico, ma una donna: Giaele Ferdinand Max Bredt, La profetessa Deborah Una donna che ascolta • L’entrata in scena di Deborah è preceduta da uno sguardo alla situazione di male. La profezia in Israele non si trasmetteva per via genealogica, ma per designazione diretta da parte di Dio (Dt 18,15.18) • Ora, dopo la morte di Mosé, il ruolo di profeta è assunto per la prima volta da una donna. Come già Miryam, Deborah svolge un ruolo di intermediaria tra Dio e il popolo, e svolge anche un ruolo di leadership. È l’unica donna cui viene attribuito il titolo di giudice • La Parola del Signore la rende libera di ascoltare i problemi e i lamenti di quanti si rivolgono a lei per chiedere giustizia, per avere consiglio e indicazioni spirituali. Deborah è vicina alla vita della gente. La sua vocazione profetica non si esprime in oracoli di minaccia, ma in capacità di ascolto e di discernimento spirituale, in una sorprendente prossimità con la vita quotidiana • Ne è segno anche il luogo in cui Deborah esercita il suo ministero. Nessuna sovrastruttura, né casa né palazzo, ma semplicemente l’ospitalità di una palma che con la sua ombra ripara i suoi visitatori dai raggi infuocati del sole. Deborah sedeva tranquilla sotto la sua palma e ascoltava quanti si recavano da lei in questo ambiente naturale, a contatto diretto con la Terra, dono di Dio al suo popolo • Deborah attira per la sua saggezza, è una donna che dirime le questioni e mette pace. Lei ascolta i lamenti, consiglia, incoraggia. L’amabile ombra della palma, sotto la quale siede, rinvia alla divina presenza. Richiama l’ombra della nube che ha guidato Israele nel deserto (Es 13,22; 19,16) Giaele, la profetessa Deborah e Barak Sotto la palma • La palma è un albero carico di simbolismo, richiama la gloria di Dio, non a caso le pareti del Santo dei Santi erano ornate da palme … Ricoprì le pareti del tempio con sculture e incisioni di cherubini, di palme e di boccioli di fiori, all’interno e all’esterno. Ricoprì d’oro il pavimento del tempio, all’interno e all’esterno. Fece costruire la porta della cella con battenti di legno di ulivo; il frontale e gli stipiti formavano un pentagono. I due battenti erano di legno di ulivo. Su di essi fece scolpire cherubini, palme e boccioli di fiori, che ricoprì d’oro, stendendo lamine d’oro sui cherubini e sulle palme. Lo stesso procedimento adottò per la porta della navata, che aveva stipiti di legno di ulivo a forma quadrangolare. I due battenti erano di legno di abete; un battente era costituito da due pezzi girevoli e così l’altro battente. Vi scolpì cherubini, palme e boccioli di fiori, che ricoprì d’oro lungo le linee dell’incisione … (1Re 6,29-35) • Ma con Deborah non siamo in area sacrale, qui la gloria di Dio si rivela nel creato. Ed ecco che in prossimità del santuario di Betel, sotto la palma, Deborah rivela la gloria di Dio. • Nell’antico Israele la palma da dattero è l’immagine originaria della vita. Inoltre la palma è l’albero che per la sua robustezza e la sua bellezza diventa figura del giusto … Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano …(Sal 92,13) Adriene Cruz, Deborah sotto la palma Ordine di battaglia … Essa mandò a chiamare (E inviò e chiamò) Barak, figlio di Abinoam, da Kades di Nèftali, e gli disse: «Il Signore, Dio d’Israele, ti dà quest’ordine (Forse non ordinò il Signore Dio d’Israele): Và e marcia sul monte Tabor e prendi con te diecimila (uomo da) figli di Nèftali e figli di Zàbulon. Io attirerò verso di te, verso il torrente Kison, Sisara, capo dell’esercito di Iabin, con i suoi carri e la sua truppa, e lo metterò nelle tue mani». Barak le rispose: «Se vieni con me, andrò; ma se non vieni con me, non andrò». Rispose: «Bene, verrò (andare andrò) con te fino alla fine; però/ma non sarà tua la gloria sulla via per cui cammini; ma/poiché il Signore metterà (consegnerà) Sisara nelle mani (nella mano) di una donna». E Debora si alzò (sorse) e andò con Barak a Kades. Barak convocò (gridò a) Zàbulon e Nèftali a Kades; diecimila uomini si misero al suo seguito (salirono nelle sue orme) e Debora andò (salì - ‘lh) con lui. Ora Eber, il Kenita, si era separato dai Keniti, discendenti di Obab, suocero di Mosè, e aveva piantato la sua tenda alla Quercia di Saannaim che è presso Kades. Fu riferito a Sisara che Barak, figlio di Abinoam, era salito sul monte Tabor. Allora Sisara radunò (gridò) tutti i suoi carri, novecento carri di ferro, e tutto il popolo che era con lui da ArosetGoim fino al torrente Kison …(Gdc 4,6-13) La profetessa Deborah convoca Barak Una donna generale • La carestia di pace e di giustizia sembra sempre più grave in Israele. Sono tempi cupi in cui Deborah vive, segnati dalla guerra, dalla violenza, l’oppressione dei Cananei dura ormai da vent’anni. Israele prova a dare senso a quei giorni neri. Sembra aver trovato una spiegazione: quando ci allontaniamo da Dio e facciamo del male, egli smette di proteggerci e ci consegna nelle mani dei nemici. È solo pentendoci e tornando a lui che si può sperare in un cambiamento delle sorti, allora Dio suscita un liberatore • Questa volta tocca a Deborah, una donna che incita alla battaglia un esercito sfiduciato e organizza la strategia bellica. Una donna generale, soldato, capace di tirar fuori lo stesso cinismo dei maschi in guerra. È lei che convoca Barak per comunicargli l’oracolo, poco importa se Sisara, il capo dell’esercito nemico, possiede 900 carri di ferro • Barak sembra però titubante, forse è spaventato dalla forza del nemico, forse non è totalmente convinto che l’oracolo ricevuto da Deborah sia davvero la voce di Dio, forse percepisce la presenza divina a condizione che Deborah stia al suo fianco. Di fatto Barak dichiara che andrà in battaglia solo se Deborah sarà disposta ad accompagnarlo, lei accetta la sfida verbalizzando un altro oracolo: Dio darà Sisara nelle mani di una donna 1850, Tissot, La profetessa Deborah convoca Barak, Londra, Tate Gallery Collection Giaele: una pericolosa accoglienza … E Debora disse a Barak: «Alzati (sorgi), perché questo è il giorno in cui il Signore ha messo (diede nella tua mano) Sisara nelle tue mani. Il Signore non esce forse in campo davanti a te? (Il Signore non uscì forse davanti a te?)». Allora Barak scese dal monte Tabor, seguito da diecimila uomini. Il Signore sconfisse (confuse Sisara), davanti a Barak, Sisara con tutti i suoi carri e con tutto il suo esercito passò a fil di spada; Sisara scese dal suo carro e fuggì a piedi. Barak inseguì i carri e l’esercito fino ad Aroset-Goim; tutto l’esercito di Sisara cadde a fil di spada e non ne scampò neppure uno. Intanto Sisara era fuggito a piedi verso la tenda di Giaele, moglie di Eber il Kenita, perché vi era pace fra Iabin, re di Cazor, e la casa di Eber il Kenita. Giaele uscì incontro a (per incontrare) Sisara e gli disse: «Fermati, mio signore, fermati da me: non temere (devia, mio signore, devia verso me, non temere – al tira’)». Egli entrò da lei nella sua tenda (E deviò verso lei, verso la tenda) ed essa lo nascose (coprì) con una coperta. Egli le disse: «Dammi un pò d’acqua da bere perché ho sete». Essa aprì l’otre del latte (chalab), gli diede da bere e poi lo ricoprì. Egli le disse: «Sta all’ingresso della tenda; se viene qualcuno a interrogarti dicendo: C’è qui un uomo?, dirai: Nessuno (non c’è)» …(Gdc 4,14-20) Seconda metà del XVI sec., Lambert Lombard, Giaele uccide Sisara, Museo delle Belle Arti, Liegi Giaele, Barak e l’uomo che cercava … Ma/E Giaele, moglie di Eber, prese un picchetto della tenda, prese (e pose) nella sua mano il martello, venne pian piano (con segretezza) a lui e gli conficcò (piantò) il picchetto nella tempia di lui, fino a farlo penetrare in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito, e morì. Ed ecco Barak inseguiva Sisara; Giaele gli uscì incontro e gli disse: «Vieni e ti mostrerò l’uomo (và e ti farò vedere l’uomo) che cerchi». Egli entrò da lei ed ecco Sisara era steso (caduto) morto con il picchetto nella sua tempia. Così Dio umiliò in quel giorno Iabin, re di Canaan, davanti agli Israeliti (ai figli d’Israele). La mano degli Israeliti (dei figli d’Israele) si fece sempre più pesante su Iabin, re di Canaan, finché ebbero sterminato Iabin re di Canaan …(Gdc 4,21-24) Inizio XVII sec., Jacopo Palma il Giovane, Giaele uccide Sisara, Musée Thomas Henry, Chebourg Il cantico di Deborah … In quel giorno Debora, con (e) Barak, figlio di Abinoam, pronunciò questo canto (cantò dicendo): «Ci furono capi in Israele per assumere il comando (per esserci capi capi /avere i capelli lunghi /sciogliere i capelli lunghi /consacrarsi); ci furono volontari per arruolarsi in massa (per esserci volontari del popolo): Benedite il Signore! Ascoltate, re, porgete gli orecchi (orecchiate), principi; io voglio cantare al Signore, voglio cantare al Signore, voglio cantare inni al Signore (Io al Signore, io canterò, salmeggerò al Signore), Dio d’Israele! Signore, quando uscivi da Seir, quando avanzavi dalla campagna di Edom, la terra tremò, anche i cieli stillarono/ corr. si scossero, anche le nubi stillarono acqua. Si stemperarono (sciolsero) i monti davanti al Signore, Signore (lo stesso Sinai si sciolse) del Sinai, davanti al Signore, Dio d’Israele. Nei giorni di Samgar, figlio di Anat, nei giorni di Giaele, erano deserte le strade e i viandanti deviavano (andavano) su sentieri tortuosi. Era cessata ogni autorità di governo in Israele, era cessata fin quando sorsi io, Debora, fin quando sorsi madre in Israele (’em beisra’el). Si preferivano divinità straniere (si sceglieva dèi nuovi), allora la guerra era alle porte, ma scudo non si vedeva né lancia né (tra) quarantamila in Israele. Il mio cuore si volge (è) ai comandanti d’Israele, volontari tra il popolo; benedite il Signore! Voi, che cavalcate asine bianche/brune, seduti su gualdrappe (tappeti), voi che procedete sulla via, meditate/cantate …(Gdc 5,1-10) Cantico della profetessa Deborah Deborah, l’autrice del canto • La storia è ripresa nel canto poetico di Deborah, che sicuramente ha preceduto il racconto in prosa e lo ha ispirato. La sua composizione risale probabilmente al tempo stesso degli avvenimenti, fu tramandato oralmente e in seguito posto per iscritto. Il mirabile inno marziale è uno dei più arcaici documenti della poesia ebraica • Nel versetto 5,1 Deborah è presentata come l’autrice del canto, insieme a Barak, che con grande probabilità è stato aggiunto successivamente. Nel versetto 7, all’interno della descrizione dello stato di miseria durante l’oppressione, Deborah è presentata come madre in Israele, titolo di rispetto e di merito per una donna che si è impegnata per la giustizia e per la difesa del suo popolo. Deborah sorge quando tutto era stravolto e le condizioni del popolo erano disastrose: non c’era sicurezza per i viandanti; regnava l’anarchia e l’idolatria era diffusa • Segue l’incitamento ai comandanti d’Israele ed l’invito ai volontari tra il popolo a proclamare la vittoria del Signore (9-11). Deborah stessa è invitata a cantare in 5,12 mentre Barak è incitato a catturare i prigionieri. • Seguono i preparativi per la battaglia (13-18), mentre vengono elogiate le tribù partecipanti è schernite quelle che esitano alla battaglia: una battaglia cui ha partecipato perfino il cosmo con le stelle e il torrente Kison (19-22) 1250 ca. Miniatura francese, Episodi di Giaele e Sisara, Man. 638 Bibbia Maciejovski, Pierpont Morgan Library, New York Uno scalpitare di zoccoli • Madre della patria, dunque, è Deborah. È lei a lanciare il suo appello alla lotta per la libertà contro il re di Hazor Jabîn e il suo comandante militare, il generale Sisara. Ed ecco, al grido di battaglia di questa donna, accorrere dai villaggi e dagli accampamenti ebrei una torma di combattenti mal equipaggiati, destinati a fronteggiare la potente armata dei carri da guerra di Hazor • Il loro urlo di guerra è uno solo: «Dèstati, dèstati, Deborah! Dèstati, dèstati, e intona un cantico!» (Gdc 5,12). Ormai siamo allo scontro con i Cananei. Esso avviene proprio lungo la linea del Qishôn. Ma all’improvviso si scatena un violento acquazzone, con tuoni e fulmini. Il fiume s’ingrossa e dilaga nella pianura di Izre‛el ove sono schierati i carri nemici. Il terreno si fa molle e, quando scatta l’ordine di fermare l’avanzata della fanteria leggera degli Ebrei, le ruote dei carri di Hazor girano su se stesse, impantanandosi sempre più e bloccandosi • L’inno di Deborah non descrive la battaglia: le parole sembrano incepparsi per lo stupore, si ode solo lo scalpitare degli zoccoli dei cavalli al galoppo, dopo aver abbandonato i carri, un galoppo destinato però ad affondare nel fango, mentre gli Israeliti si muovono e colpiscono chi rimane sui carri da guerra 1250 ca. Miniatura francese, Barak e Deborah in battaglia, Man. 638 Bibbia Maciejovski, Pierpont Morgan Library, New York Il cantico di Deborah … unitevi al grido degli uomini schierati fra gli abbeveratoi: là essi proclamano le vittorie (celebrino le giustizie) del Signore, le vittorie (le giustizie) del suo governo in Israele, quando scese alle porte il popolo del Signore. Dèstati (‘urî), dèstati, Debora, dèstati, dèstati, intona (parla) un canto! Sorgi, Barak, e cattura i tuoi prigionieri, o figlio di Abinoam! Allora scesero i fuggiaschi per unirsi ai principi; il popolo del Signore scese a sua difesa tra gli eroi/prodi. Quelli della stirpe di Efraim scesero nella pianura (sono in Amalek, corr. nella valle), ti seguì Beniamino fra le tue genti. Dalla stirpe di Machir scesero i comandanti e da Zàbulon chi impugna lo scettro del comando. I miei principi di/in Issacar mossero con Debora (agg. E come Issacar) così Barak si lanciò sui suoi passi nella pianura. Presso i ruscelli di Ruben grandi erano le esitazioni (risoluzioni del cuore). Perché sei rimasto seduto tra gli ovili, ad ascoltare le zampogne dei pastori? Presso i ruscelli di Ruben erano ben grandi le dispute... Gàlaad dimora oltre il Giordano e Dan perché vive straniero sulle navi? Aser si è stabilito lungo la costa del mare e presso le sue insenature (porti) dimora. Zàbulon invece è un popolo che si è esposto alla morte, come Nèftali, sui poggi (alture) della campagna! Vennero i re, combatterono, allora combatterono i re di Canaan, a Taanach presso le acque di Meghiddo, ma non presero bottino d’argento. Dal cielo le stelle combatterono, dalle loro orbite combatterono contro Sisara. Il torrente Kison li travolse; torrente impetuoso fu il torrente Kison... Anima mia, calpesta con forza! …(Gdc 5,11-21) 1970, Ben-Zion. Cantico di Deborah, Collection of Lillian Ben-Zion, NYC Il cantico di Deborah … Allora martellarono gli zoccoli dei cavalli al galoppo, al galoppo dei corsieri/forti. Maledite Meroz - disse l’angelo del Signore - maledite, maledite i suoi abitanti, perché non vennero in aiuto al/del Signore, in aiuto al Signore tra gli eroi/prodi. Sia benedetta fra le donne (tevorak minnashim) Giaele, la moglie di Eber il Kenita, sia benedetta fra le donne della tenda! Acqua egli chiese, latte (chalav) essa diede, in una coppa da principi offrì latte acido/crema (chem’ah). La sua mano essa stese al picchetto e la destra a un martello da fabbri, e colpì (martellò) Sisara, lo percosse (distrusse la sua testa) alla testa, e fracassò, e trapassò la sua tempia. Ai piedi di lei si contorse, cadde, giacque; ai piedi di lei si contorse, cadde, dove si contorse, là cadde finito/distrutto. Dietro la finestra si affaccia e si lamenta (corr. e guarda) la madre di Sisara, dietro la persiana: Perché il suo carro tarda ad arrivare? Perché così a rilento procedono i suoi carri? Le più sagge sue principesse rispondono e anche lei torna a dire a se stessa (le sagge delle sue principesse le risposero, lei anche fece tornare i suoi detti verso di lei) : Certo hanno trovato bottino, stanno facendo le parti (forse non trovavano e dividevano bottino?): una fanciulla (racham, utero), due fanciulle per ogni uomo; un bottino di vesti variopinte per Sisara, un bottino di vesti variopinte a ricamo/ricamate; una veste variopinta a due ricami è il bottino per il mio collo... Così periscano tutti i tuoi nemici, Signore! Ma coloro che ti amano siano come il sole, quando sorge (uscire) con tutto lo splendore/forza». Poi il paese ebbe pace per quarant’anni (E la terra fu tranquilla – shqt - per quarant’anni) …(Gdc 5,22-31) 1865, Gustave Doré, Cantico della profetessa Deborah, coll. priv. Giaele, una donna della tenda • A questo punto il canto si apre in una benedizione di Giaele (24-26) quasi a smussare la maledizione sugli abitanti di Meroz che non sono intervenuti in aiuto del Signore (4,23). Giaele, moglie di Eber il Kenita (5,24a), è una donna della tenda, cioè una beduina (5,24b), e come tale è ospitale (5,25). È benedetta fra le donne, anzi la più benedetta delle donne (5,24 due volte). La sua offerta di latte acido è segno di massima considerazione per l’ospite; ciò è sottolineato anche perché lo offre non in una coppa normale ma in una coppa da principi. • Il testo biblico ha un cambiamento brusco tra il versetti 25-26 quasi a denotare un cambio nella personalità di Giaele che stende la mano al picchetto e la destra ad un martello, non armi convenzionali ma utensili quotidiani per un beduino. Con essi trafigge Sisara che si contorse, cadde e giacque ai suoi piedi (5,27) • L’uccisione di un uomo già fisicamente provato, per giunta ospite, può essere moralmente riprovevole, ma non è questo il centro del racconto e del brano poetico. Giaele realizza la profezia di Deborah: Il Signore metterà Sisara nelle mani di una donna (4,9). È quindi Dio che vince, per mano dell’eroina Giaele una donna pacifica, il nemico di Israele e non Barak con tutto il suo esercito. È Dio che libera il popolo e lo fa non con l’apporto dell’esercito e del suo generale, ma con le mani di una donna trasformata • Nel libro dei Giudici Deborah, profetessa e giudice, e Giaele, l’eroina, sono due donne forti, energiche, coraggiose, intraprendenti, ma anche modelli di fede e di disponibilità totale nelle mani di Dio, strumenti della sua volontà di salvezza e del dono della terra al suo popolo. Dopo questi racconti il narratore annota: Poi il paese ebbe pace per quarant’anni (Gdc 5,31c) 1850, Tissot, Giaele uccide Sisara, Londra, Tate Gallery Collection La madre e la sposa di Sisara • Due donne inquiete: una madre e una sposa (Gdc 5,28-30). Sisara, il figlio, il marito tarda a rientrare, allora esse cercano di rassicurarsi: sicuramente la vittoria è stata totale. Se il guerriero tarda, è perché non sa cosa fare per l’abbondanza del bottino. E immaginano, sorridendo come per ingannare l’angoscia, le vesti lussuose prese durante il saccheggio che egli non mancherà certo di portar loro a casa • Sisara invece non rientrerà affatto. Ucciso, giace nel suo sangue, la testa fracassata da un pesante picchetto di tenda che un’altra donna, Giaele, gli ha piantato in fronte mentre dormiva nascosto sotto un tappeto. Fuggendo dall’accanimento dei suoi inseguitori, era giunto da Giaele ed ella lo aveva accolto, le aveva chiesto dell’acqua, materna, ella gli aveva offerto del latte e si era addormentato fiducioso come quando era bambino • Giaele avrà voluto vendicare tutte quelle donne che la principessa angosciata ricordava, prigioniere di guerra, strappate al loro focolare distrutto, divise tra i soldati come un volgare bottino, stuprate e consegnate come oggetto al loro piacere o come schiave in balia della loro pietà? La storia biblica non lo precisa • Il lettore moderno freme e prova ripugnanza nel vedere delle donne impegnate nella spietata crudeltà. E si stupisce ancor più nel sentire che queste donne sono esaltate nel canto: Deborah per la sua determinazione e Giaele per la sua scaltrezza assassina. Sta di fatto che Dio per mezzo di loro ha liberato i suoi che lo supplicavano da un’oppressione di vent’anni. Potenza di un Dio che usa la debolezza per dar scacco alla forza, alla guerra! Fragilità di Deborah, ma anche forza della fiducia, della parola, della presenza. Debolezza anche di Giaele, contro la quale viene a spezzarsi la forza altezzosa di Sisara che non sospettava che ella avrebbe rivoltato contro di lui la stessa mancanza di pietà da lui dimostrata con i suoi nemici 1850, Tissot, Giaele mostra il corpo di Sisara, Londra, Tate Gallery Collection Deborah, madre in Israele • Che cosa significa chiamare Deborah una madre in Israele visto che non sappiamo se avesse figli? Questo ruolo famigliare spesso definisce e determina tutto il significato della vita di una donna nei tempi biblici • Dalla storia delle madri nella Bibbia emerge un grande paradosso: mentre gli eventi importanti sono vissuti dagli uomini, sono però spesso messi in moto e determinati dalle donne, e ciò appare particolarmente chiaro nelle storie delle matriarche. Deborah è la madre più famosa di questo periodo storico e uno dei pochi esempi di donna forte e indipendente della Bibbia • Lei è chiamata madre perché i suoi talenti includono il consiglio, l’ispirazione e una funzione direttiva. Una madre in Israele è una persona che porta liberazione dall’oppressione, dà protezione, e assicura il benessere e la sicurezza della sua gente • La sola altra volta che nella Bibbia compare il titolo di madre in Israele è con riferimento a una città (2Sam 20,19), dove sembra avere la stessa gamma di significati. Benché Deborah non sia una madre biologica lei rimane comunque madre 1726-28 Giambattista Tiepolo, La profetessa Deborah, Udine, galleria del Palazzo Arcivescovile ex Palazzo Dolfin Deborah nella tradizione ebraica • La tradizione ebraica della haggadà considera Deborah una profetessa • La donna avrebbe esercitato la sua funzione di giudice all’aperto, per evitare di trovarsi da sola in casa con uomini • Lappidot, il marito di Deborah, è identificato talvolta con il capo delle truppe di Barak, talaltra è considerato un uomo insignificante, che lavora per il santuario come fabbricante di candele • Per i rabbini, Deborah è arrogante, poiché si autodefinisce «madre d’Israele», ma i cantici di Deborah e Anna sono considerati incomparabili e insuperati dalle composizioni poetiche degli uomini • I fini del bene percorrono due sentieri: quello della giustizia e quello della misericordia. La guerra è un indubbio male, spesso purtroppo inevitabile, e perciò impone speciale misericordia soprattutto ai vincitori • Lo sa Deborah, che intonando la cantica di ringraziamento al Signore per la vittoria ottenuta, vola col pensiero alla madre di Sisera. Lei, madre in Israele, canta la pietà per quella madre lontana che spia il ritorno del figlio dalla battaglia chiedendosi come mai ritarda a venire il suo carro 1960, Marc Chagall, La profetessa Deborah convoca Barak, Nizza, Musée National Message Biblique Marc Chagall Deborah nella tradizione ebraica • I testi midrashici enfatizzano come al tempo dei Giudici la situazione degli Israeliti fosse molto grave, abbandonata alla sventura e al male a causa della loro infedeltà ai precetti divini. Personificazione simbolica di questa oppressione è Yavin, re di Chazor, e il suo generale Sisara che il midrash descrive come dotato di una potenza immensa, tanto che a soli trent’anni egli aveva conquistato il mondo intero • Dio allora mandò Deborah a Barak a giudicare e salvare il popolo d’Israele. Il midrash vuole sottolineare che lo Spirito Santo può scegliere qualsiasi tipo di persona per investirla di una missione. Il passo è uno dei più chiari di tutta la letteratura midrashica sulla uguale dignità tra le persone • Quanto a Deborah, il testo vuole sottolineare che Dio la sceglie per ricompensarla della sua pietà, come leggiamo nello Yalqut Shim‘oni: Chi è Deborah che fu profetessa in Israele ed esercitò il giudizio sugli ebrei? Insegna il Tanna de-be Eliyyahu: chiamo il cielo e la terra come miei testimoni del fatto che sia un pagano sia un ebreo, sia un uomo sia una donna, uno schiavo o una schiava, su tutti questi, per merito delle proprie opere, si può posare lo Spirito Santo • I maestri hanno insegnato: il marito di Deborah era ignorante. Deborah gli disse: ti preparo dei piccoli lumi perché tu li porti al santuario di Silo (per accendere il candelabro); così tu avrai parte alla sorte degli uomini retti e pii ed erediterai la vita del mondo futuro. Essa cercava di preparare dei grossi lumi, perché essi emanassero una grande luce, e suo marito li portava al santuario. Allora il Santo, benedetto egli sia, che legge nei cuori e vi vede le intenzioni segrete degli uomini, le disse: Debora, come tu hai voluto aumentare la mia luce, così io accrescerò la tua, al cospetto delle dodici tribù 2007, Storia della profetessa Deborah Deborah nella tradizione ebraica • Nei midrashim non manca qualche elemento della diffusa misoginia rabbinica quando ad esempio si afferma che Deborah, nonostante fosse profetessa, aveva ugualmente le fragilità considerate tipiche del sesso debole: la sua autocoscienza profetica era eccessiva, rasentando la superbia, come mostra il fatto che essa invece di recarsi da Barak lo fece venire, e nel suo Cantico parlò di sé in maniera esagerata. Per questo lo spirito profetico la abbandonò durante il tempo in cui compose il suo poema di vittoria, come leggiamo nel Talmud babilonese, trattati Megillah 14b e Pesachim 66b. • Nella battaglia presso il torrente Kishon Dio operò per mezzo di Deborah e Barak prodigi simili o anche maggiori di quelli che accompagnarono il passaggio del Mar Rosso e quello del Giordano in occasione dell’ingresso di Giosuè nella Terra promessa. • Nel prepararsi alla battaglia, Barak dice a Deborah: Se tu verrai con me io andrò (Gdc 4,8). Su questo versetto il midrash intesse una riflessione centrata sulla compartecipazione dei due alla battaglia, sia al canto di vittoria, con queste parole: Disse R. Nehemia: (Disse Barak a Deborah): se tu mi assocerai nel canto, io ti accompagnerò in guerra, ma se tu non mi accompagnerai nel canto, io non verrò in guerra con te. Ed essa gli rispose: Io verrò con te ma non sarà tua la gloria. Disse R. Reuben: Deborah gli soggiunse: Cosa credi, che la gloria del canto sarà esclusivamente tua? (perciò è detto): E cantò Deborah insieme con Barak. • Dopo aver faticato per il bene del suo popolo per un periodo di quarant’anni, Deborah morì. Le sue ultime parole furono un’esortazione al popolo a restare attaccato alla vita, poiché solo le preghiere dei viventi hanno efficacia presso Dio, mentre quelle dei morti non valgono più nulla. Tutto il popolo d’Israele per la morte di Deborah osservò un lutto di settanta giorni ed il paese fu in pace per sette anni Tomba attribuita a Deborah o Barak a Tel Kadesh (Golan) La Sapienza ha i suoi tempi … un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare… (Qo 3,7) ma la pace è sempre il dono più prezioso da chiedere a Dio … Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su di te sia pace!». Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene ... (Salmo 122,6-9)