Dal Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di 1Interesse Biologico
Consiglio
Nazionale
delle
Ricerche
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C30H61
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I 30 anni di attività dell’Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico
2
Ringraziamenti
Per la stesura di questa pubblicazione si
ringraziano i seguenti colleghi:
Oxynoe olivacea
un comune sacoglosso meditarreno
sull’alga Caulerpa prolifera
Prof. Alessandro Ballio
Prof. Colin Crane-Robinson
Prof. Mario De Rosa
Prof. Ernesto Fattorusso
Prof. W.D. Grant
Prof. Virigina Lanzotti
Prof. Gino Lucente
Dr. Antonio Malorni
Prof. Lorenzo Mangoni
Prof. Rodolfo Alessandro Nicolaus
Prof. Raffaele Riccio
Prof. Mosè Rossi
Prof. Aldo Spinella
Prof. Pierandrea Temussi
I colleghi dell’ICMIB
I colleghi dell’amministrazione Rosaria Vaccaro e Barbara Ognibene per il recupero delle informazioni in archivio, il Dr. Guido
Villani per le foto, il Sig. Raffaele Turco per il supporto alla grafica, il Sig. Ciro Di Micco per le vignette che illustrano nella nostra memoria la storia dell’Istituto.
Recapito
Sulfobus solfataricus già Caldariella
Spettrometro NMR 400 MHz
Istituto di Chimica Biomolecolecare
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Via Campi Flegrei Comprensorio ex-Olivetti
Padiglione 70
Tel. 081-8675026
Fax 081-8041770
e-mail: [email protected]
www.icmib.na.cnr.it
Coordinatore della pubblicazione
Dr. Antonio Trincone
In copertina
-Eunicella cavolini (gorgonia gialla) che è fonte naturale dell’ara-A (nell’inserto), l’unico farmaco di origine marina, tuttora utilizzato come anti-leucemico (al centro)
-Soffione della Solfatara di Pozzuoli con l’insert della formula del caldariellaquinone isolato da Sulfolobus solfataricus nel 1977 (sopra)
3
La scienza è il capitano, e la pratica sono i soldati.
Leonardo da Vinci
I 30 anni dell’Istituto per la Chimica di Molecole di In-
Soltanto chi parla di quello che ha sperimentato è fiducioso.
Hermann Hesse
Consiglio Nazionale delle Ricerche
4
Dal
Indice
Laboratorio per la Chimica e
Fisica di Molecole di Interesse
Biologico
5
Prefazione
6
Dediche
Prof. Luigi Minale
Prof. Guido Sodano
all’Istituto di Chimica
Biomolecolare
7
Introduzione
ICMIB in cifre
La fondazione
10
Le Direzioni
La Direzione di R.A. Nicolaus
La Direzione di Luigi Minale
La Direzione di Mario De Rosa
12
I consigli scientifici
15
I reparti, attività fino al 1994
Sostanze naturali
Batteri termofili
Risonanza magnetica nucleare
Spettrometria di massa
La linea di ricerca Cristallografia
70
Uno sguardo dall’esterno
72
Le linee di ricerca attuali
dell’Istituto
L’attività del personale ex-ICMIB
ICMIB nel mondo
92
93
Il coordinamento dell’Istituto nazionale
Istituto di Chimica Biomolecolare
95
I 30 anni di attività
dell’Istituto per la Chimica di
Molecole di Interesse Biologico
La nuova sede
Appendici
Articoli scientifici pubblicati
Tesi di laurea svolte all’Istituto
Elenco del personale attuale
Pensionati e trasferiti
5
Prefazione
Non è facile scrivere la storia perché essa risiede nelle persone; è invece relativamente più facile
rintracciare i documenti relativi alla Storia. Questa pubblicazione si prefigge lo scopo di raggiungere entrambi gli obiettivi per quanto riguarda l’Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse
Biologico nel momento in cui tale nome verrà abbandonato per essere sostituito dal nuovo nome:
Istituto di Chimica Biomolecolare nell’ambito della riforma del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il secondo cambio di nome avviene in concomitanza con l’accorpamento con altri Organi di
ricerca e del trasferimento delle attività dell’Istituto nella nuova sede del Comprensorio exOlivetti di Arco Felice.
E’ molto probabile che vi siano lacune evidenti, non tanto nello scrivere la Storia -presente
nei documenti, raccolta nella descrizione delle attività scientifiche dei reparti, registrata nei verbali dei vari Consigli Scientifici- quanto nel rintracciare la storia che risiede nelle persone. Tale
sforzo è stato compiuto per immagini inserendo le foto dell’epoca e cercando di rintracciare
quanto di registrato rimane nella memoria di quei momenti, sperando di allargare quanto più possibile la partecipazione attiva al racconto.
Questo libro è dedicato alla memoria dei professori Luigi Minale e Guido Sodano il cui lavoro ha improntato di sé le tematiche scientifiche e la vita di tutti i giorni dell’Istituto. Il professore Minale è stato uno degli iniziatori dello studio delle sostanze naturali da organismi marini; il
professore Guido Sodano ha continuato questo tipo di studi dedicandosi nell’ultima parte della
sua carriera -svolta all’Università degli Studi di Salerno- anche a tematiche di sintesi chimica relative alle molecole di interesse biologico individuate. Il professore Guido Sodano ha sempre collaborato con l’Istituto anche quando era attivamente impegnato nelle attività di ricerca e di insegnamento universitarie. Soleva dirmi che “ad Arco Felice c’è sempre il sole”.
Questo libro è dedicato inoltre a Silvia Niola figlioletta indimenticata di Valeria Calandrelli, tecnico afferente al Reparto Batteri Termofili.
Antonio Trincone
6
Dediche
E’ volontà di tutti dedicare questo libro a tre persone: a Luigi Minale, a Guido Sodano e a Giuseppe
Ferracane. I primi due non hanno bisogno di presentazioni; il terzo è meno noto a chi, nei primi periodi di organizzazione del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico,
non era presente.
Riportiamo qui di seguito una brevissima traccia del percorso scientifico del prof. Luigi Minale da
parte di Raffaele Riccio, e del prof. Guido Sodano a firma di Aldo Spinella.
Nella restante parte di questa pubblicazione il loro nome compare più volte a caratterizzare la vita
Il prof. Minale nacque a Tripoli (Libia) nel 1936. Dopo la Laurea in Chimica (indirizzo OrganicoBiologico) all’Università di Napoli, ottenne la Libera Docenza in Chimica delle Sostanze Naturali il 15
giugno del 1968 che fu confermata nel gennaio del 1974. Il prof. Minale fu ricercatore C.N.R. presso la
III sezione del Centro Nazionale di Chimica delle Sostanze Organiche Naturali con sede presso l’Istituto
di Chimica Organica dell’Università di Napoli. Il 1 luglio del 1969 divenne Ricercatore C.N.R. presso il
Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico del C.N.R. di Arco Felice qualifica che conservò fino al 30 giugno del 1972 diventando poi Direttore di Ricerca presso lo stesso laboratorio fino all’ottobre del 1975. Dal settembre del 1973 al 30 giugno del 1981 fu Direttore del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico del C.N.R. di Arco Felice.
Nato a Caserta il 29 Marzo 1942, il prof. Guido Sodano dopo la Laurea in Chimica presso l'Università di Napoli nel 1968 per poco tempo lavorò nell'industria "Cutolo Metallorganica". Nel
1969, dopo un breve periodo in cui fu titolare di un contratto di ricerca presso il Centro Nazionale di Chimica delle Sostanze Organiche Naturali, con sede presso l'Istituto di Chimica Organica
della Facoltà di Scienze dell'Università di Napoli, a seguito di concorso pubblico, diventò ricercatore del CNR in servizio presso l'Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico
con sede in Arco Felice (NA), posizione che tenne fino al 1986. In seguito, risultato vincitore di
concorso nazionale per posti di professore universitario di I fascia, fu chiamato a coprire la cattedra di Chimica delle Sostanze Organiche Naturali dalla Facoltà di Scienze dell'Università della
Basilicata e successivamente la cattedra di Chimica Organica dalla Facoltà di Scienze dell'Università di Salerno. Presso l'Università di Salerno, ha ricoperto importanti cariche istituzionali
quali Consigliere di Amministrazione dell'Università (1993-94), Direttore del Dipartimento di Chimica (1994-95) e
Preside della Facoltà di Scienze (1995-2000). E' stato inoltre Presidente della Sezione Basilicata della Società Chimica
Italiana (1988-89), membro del Consiglio Direttivo della Divisione di Chimica Organica della Società Chimica Italiana
(1997-98), membro del Consiglio Direttivo della Scuola di Sintesi Organica "A. Corbella" della Divisione di Chimica
Organica della Società Chimica Italiana, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico del Parco Scientifico e Tecnologico di Salerno.
L'attività di ricerca del prof. Sodano è tutta nell'ambito della chimica delle sostanze organiche naturali, con particolare
riguardo a quelle di origine marina, ed è testimoniata da 140 pubblicazioni, comprendenti articoli di ricerca originali,
capitoli in libri multiautore e reviews, e di un centinaio di comunicazioni a congressi nazionali ed internazionali, alcu-
7
ne delle quali tenute su invito. E' stato responsabile di Unità Operative del P.F. Oceanografia e Fondi Marini (197781), del P.F. Chimica Fine e Secondaria (1981-85) e, nel triennio 1996 - 1998, di una unità di ricerca nell'ambito del
progetto MAST III dell'Unione Europea. Durante il periodo di attività presso l'Istituto per la Chimica di Molecole di
Interesse Biologico si è occupato dello studio dei meccanismi di difesa chimica di molluschi privi di conchiglia. Ciò
ha portato alla delucidazione della struttura di circa un centinaio di nuove sostanze naturali di origine marina. Il lavoro
sulla biogenesi delle sostanze naturali marine costituisce un altro importante aspetto degli interessi scientifici del prof.
Sodano. Tale studio ha portato al chiarimento della biosintesi di alcune di queste sostanze, con risultati particolarmente significativi per quanto attiene a steroli marini "non convenzionali" (tali ricerche sono state talvolta condotte in collaborazione col Prof. Djerassi della Stanford University). Altri risultati hanno riguardato il chiarimento della struttura,
biosintesi e sintesi di glicolipidi che proteggono l'enzima nitrogenasi in eterocisti di cianobatteri azoto-fissatori e una
proposta del meccanismo di interazione di composti dialdeidici dal gusto piccante con il recettore del gusto. Più recentemente, all'Università di Salerno, l'attività di ricerca del prof. Sodano si è spostata sulla sintesi di sostanze naturali
complesse biologicamente attive, prevalentemente di origine marina, fra queste ricordiamo il sesterterpene antiinfiammatorio manoalide, la tossina tripeptidica janolusimide e numerosi steroidi polifunzionalizzati ed "altamente degradati".
Il prestigio del Prof. Sodano nella Comunità Scientifica è testimoniato dal ruolo svolto in molte attività. Referee di
numerose riviste scientifiche, fra le quali Journal of Organic Chemistry ed European Journal of Organic Chemistry. E'
stato inoltre membro del comitato scientifico od organizzatore di numerosi congressi nazionali ed internazionali; in
questo contesto va ricordato il suo ruolo determinante nella nascita dei convegni nazionali sulle sostanze naturali
(NAT) giunti attualmente alla quinta edizione.
A tutto ciò va aggiunto che i suoi interessi scientifici non si sono limitati solo agli aspetti specialistici ma la sua innata
curiosità lo portava ad interessarsi di vari argomenti scientifici anche quelli riguardanti aspetti storici e metodologici.
A seguito di una grave malattia il prof. Sodano è scomparso nel mese di giugno del 2001.
Quello che ha lasciato dal punto di vista scientifico, come dal punto di vista umano va ben oltre il resoconto scientifico riportato qui sopra e nel resto di questa pubblicazione. La sua figura umana e scientifica è impressa indelebilmente
nella memoria di tutti gli studenti e i colleghi che hanno avuto occasione di incontrarlo e ancor di più in quelli che
hanno avuto modo di lavorare con lui in stretta collaborazione. Tutte le persone che lo hanno conosciuto conserveranno sempre il ricordo della sua costante attenzione e disponibilità, del suo estremo equilibrio e della sua grande umanità.
Aldo Spinella
Giuseppe Ferracane è stato il primo responsabile amministrativo del LCFMIB. Il suo aiuto prezioso
è stato ricordato dal prof. Nicolaus e dal Dr. Guido Cimino.
8
9
Introduzione
Verso la metà degli anni ’60 la chimica italiana vedeva a Napoli una straordinaria concentrazione di cervelli. Le più prestigiose cattedre erano occupate da personalità, tutte molto giovani, che
avrebbero, negli anni successivi, inciso profondamente sullo sviluppo di tutte le discipline chimiche in Italia. Mi rallegra ricordare, in rigoroso ordine alfabetico, Giovanni Astarita per la
Chimica Industriale, Alessandro Ballio per la Chimica Biologica, Paolo Corradini per la Chimica Generale ed Inorganica, Vincenzo Liberti per la Chimica Analitica, Alfonso Maria Liquori
per la Chimica Fisica, Leopoldo Massimilla per la Chimica delle Combustioni, Lorenzo Mangoni per la Chimica Organica ed, infine, Rodolfo Alessandro Nicolaus per la Chimica delle Sostanze Naturali.
Il progetto “Napoli Capitale della Chimica” era stato ideato e favorito dal decano del gruppo, il
Prof. Nicolaus che, agli inizi degli anni ’60 dopo la scomparsa di Francesco Giordani, appena
quarantenne era diventato, a Napoli, l’unica voce autorevole per le discipline chimiche. Questa
vivacità culturale fu premiata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche che, nel programmare una
serie di propri organi, assegnò alla Chimica un ruolo trainante. Nel 1968, cinque nuovi Laboratori del CNR iniziarono ad operare in Campania e, tra questi, ben tre appartenevano all’area
chimica. Probabilmente, queste scelte furono favorite dal premio Nobel per la Chimica assegnato, nel 1963, a Giulio Natta ed, anche, dall’essere allora il CNR presieduto da un chimico, Vincenzo Caglioti.
Così, nel 1968, nacque in Arco Felice il Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico. La sede non fu un problema. Infatti, essendo provvisoria avrebbe dovuto ospitare le attività del CNR per solo due, tre anni. Alcune villette destinate a residenze estive
vennero locate e, con poche modifiche strutturali, trasformate in laboratori di ricerca. I saloni
divennero laboratori, le cucine studi e gli scantinati sedi per le grandi apparecchiature.
Al Prof. Nicolaus fu assegnata la responsabilità di costruire questa nuova realtà scientifica.
Con lungimiranza, tre furono le priorità assolute: 1) professionalità del personale; 2) innovazione nella progettazione scientifica; 3) internazionalizzazione della ricerca.
E’ straordinario ma, a distanza di 32 anni, ancor oggi questa sembra la miglior ricetta per produrre ricerca di frontiera.
1. La selezione del personale favorì il gruppo di ricerca che si era formato attorno al Prof. Nicolaus, quattro dei neo-ricercatori (Cimino, De Stefano, Sodano e Trivellone) avevano svolto il lavoro di tesi presso il Dipartimento diretto
da Nicolaus ma il gruppo fu affidato all’esperienza di Luigi Minale, ricercatore CNR anziano pur avendo solo 32 anni. Inoltre, per favorire un avvio fulminante, Nicolaus chiese il coinvolgimento di alcuni suoi allievi già inseriti nel
mondo accademico. Così Ernesto Fattorusso e Silvana Magno per più di due
anni operarono costantemente presso il nuovo Laboratorio. La selezione del
personale incluse anche alcuni brillanti neo-laureati (De Rosa M., Gambacorta, Tancredi e Malorni) anche se in altre discipline chimiche. Per cercare di
capire meglio quest’epoca “romantica” non si può non ricordare un personaggio centrale per il futuro del Laboratorio: il fedelissimo Giuseppe (zio Pippo)
Ferracane, che curava l’amministrazione del nuovo organo ma anche la selezione del personale tecnico che veniva valutato esclusivamente su basi di serietà, fedeltà ed affidabilità. Così titoli per essere assunti potevano essere la
capacità di fare un eccellente caffè o quella di saper far ridere senza ricorrere a
volgarità. Questo personale così “raccattato” raramente deluderà.
10
2. Le tematiche dovevano essere innovative, di frontiera e strettamente collegate al territorio. Ed essendo il territorio vulcanico e vicino al mare, due progetti venivano proposti, ed imposti, per tentare di conoscere la vita in condizioni estreme (Batteri Termofili) e quella presente nei fondali marini (Sostanze
Naturali da Organismi Marini). Entrambe le tematiche rapidamente conquisteranno grande credibilità internazionale ed influenzeranno le scelte scientifiche
di numerosi nuovi gruppi sia in Italia che all’estero. Dopo 32 anni, l’ICMIB è
ancora su queste linee di ricerca un costante punto di riferimento per la comunità scientifica internazionale. Altra sorprendente intuizione fu la fiducia per le
grandi apparecchiature in un periodo in cui il ricercatore conosceva solo la
chimica della provetta. Nel Laboratorio si vorrà installare subito il primo, in
Italia, spettrometro NMR operante a 100 MHz e, dopo poco, uno spettrometro
di massa a doppio fascio. Inoltre, l’Istituto volle anche competenze in cristallografia che furono assicurate da Raffaella Puliti.
3. I confini delle ricerche nel nuovo istituto non dovevano avere delimitazioni
geografiche. Per meglio monitorare questa internazionalizzazione della ricerca era opportuno inserire nel Consiglio Scientifico personalità di grande autorevolezza internazionale. Edgar Lederer e John Bu’Lock diedero subito prestigio e credibilità internazionale al nuovo laboratorio. Inoltre, la loro azione influenzerà direttamente l’attività scientifica dei due principali gruppi di ricerca
suggerendo temi di ricerca innovativi ed impegnandosi, personalmente o con i
propri collaboratori, per la loro soluzione
Alle “intuizioni” di Nicolaus seguirono le ”azioni” di Minale. Luigi Minale immediatamente
divenne il braccio operativo nel nuovo laboratorio. Il suo rigore porterà il laboratorio a posizioni di assoluto prestigio internazionale che non furono limitate alle tematiche nelle quali era direttamente impegnato. Dal 1973 al 1981, con Minale Direttore dell’ICMIB, e dal 1981 al 1985,
con la Direzione De Rosa, molti ricercatori dell’ICMIB conquistarono prestigiosi riconoscimenti personali. Minale, De Rosa e Sodano raggiunsero ambite posizioni accademiche ed i loro
trasferimenti avrebbero potuto provocare una crisi nell’ICMIB. Infatti, più del 90% dei lavori
pubblicati tra il 1968 ed il 1985 avevano, come autore di riferimento, uno di questi tre ricercatori. Ma, sorprendentemente, inizia dal 1986 una costante crescita scientifica che porterà
l’ICMIB ad essere, negli anni ’90, uno dei più produttivi tra gli organi CNR afferenti al Comitato per le Scienze Chimiche. In realtà, dal 1984 al 1988 numerosi nuovi ricercatori (Gavagnin,
Motta, Trincone, Lama, Spinella, Lanzotti e Di Marzo) vengono assunti, aggiungendosi ai pochi incrementi degli anni precedenti: Riccio (1973), De Rosa S. (1969), Nicolaus (1982). Comunque, ulteriori trasferimenti si avranno verso la fine degli anni ’80 ed agli inizi degli anni ’90
(Lanzotti, Riccio e Spinella), mentre le assunzioni rimarranno bloccate fino al 1999.
Nonostante le precarietà strutturali, il blocco delle assunzioni ed il sempre maggior contenimento dei finanziamenti ordinari, l’ICMIB riuscirà, negli anni ’90, ad esprimere le proprie potenzialità nel modo migliore. E’ doveroso ricordare il prezioso lavoro svolto dal Consiglio Scientifico dell’ICMIB che, in particolare sotto la guida del Prof. Lorenzo Mangoni, è stato sempre
attento nel favorire i cambiamenti evitando imposizioni traumatiche. La conservazione ed il potenziamento della produttività scientifica furono tutelati migliorando l’equilibrio tra
l’esperienza dei ricercatori più anziani e l’entusiasmo di quelli più giovani. Dopo una lunga fase
di preparazione, nel 1993, il Consiglio Scientifico dell’Istituto sollecitava una revisione della
11
rete scientifica interna chiedendo un maggior coinvolgimento di tutte le componenti. Tutti i ricercatori dell’ICMIB venivano direttamente responsabilizzati sulle proprie linee di ricerca mentre quelli più esperti assumevano su se stessi gran parte degli oneri organizzativi. Tutto ciò veniva realizzato continuando ad operare nella sede provvisoria del 1968!
Rapidamente, la nuova organizzazione ha con i fatti respinto le giustificate preoccupazioni di
eccessiva parcellizzazione. La produzione scientifica s’impennava e contemporaneamente numerosi contratti attivi nazionali ed internazionali venivano assegnati a ricercatori dell’ICMIB.
L’Istituto sempre più assumeva un ruolo di riferimento per la comunità scientifica internazionale. Numerosi ricercatori stranieri (almeno 30) hanno voluto perfezionare la loro formazione sotto la guida dei ricercatori dell’ICMIB dando prestigio all’Istituto ma anche evidenziando le carenze storiche per: 1) sede; 2) personale; 3) finanziamenti.
Finalmente! Alla fine degli anni ’90, il trasferimento nella nuova sede sembra realizzato ed, inoltre, viene cancellato il blocco delle assunzioni. Sette nuovi (anche se precari da molti anni)
ricercatori/tecnologi verranno assunti tra il 1999 (Amodeo, Ciavatta, Fontana) ed il 2001 (De
Giulio, Mollo, Strazzullo, Villani). Contemporaneamente, altre assegnazioni permettono di sanare quasi completamente le situazioni di precariato, sottoinquadramento ed avanzamenti di
carriera esistenti in Istituto. Ci sarà spazio anche per il potenziamento, prevedendo l’assunzione
di nuovi ricercatori, amministrativi e tecnici. Nel giugno 2001 il trasferimento nella nuova sede
è realizzato. La precarietà di Arco Felice s’interrompe dopo 32 anni.
La “storia dell’ICMIB” in Arco Felice è stata voluta non per ricordare ma per costruire. Sono
convinto che le “intuizioni” di Nicolaus e le “azioni” di Minale sappiano ancor oggi suggerire
uno stile per condurre ricerche di frontiera.
Guido Cimino
12
I.C.M.I.B in cifre
Personale dell’Istituto al 2001
Dirigenti
4
Primi Ricercatori
7
Ricercatori
9
Tecnici
20
Amministrativi
5
Ospiti (retribuiti e
non)
ca. 20
I lavori pubblicati a tutto il 2001 sono circa 1200 per una media di 35
lavori annui; prodotti, come si racconterà in questo libro, in una sede
che è stata riconosciuta disagiata fin dall’inizio della storia di questo
Istituto. Il personale dell’Istituto per lunghi periodi non è stato mai
numeroso e il grosso del contributo per la produzione scientifica che
ha caratterizzato quegli anni, è dovuto proprio all’entusiasmo che
appare, oltre che nelle dichiarazioni, anche nei visi dei colleghi. Dagli
inizi degli anni ’80 in poi, con l’avvento delle nuove assunzioni si è
ogni anno superata la media dei lavori, in alcuni anni addirittura raddoppiandone il valore. Da questi dati possono facilmente essere individuate due fasce corrispondenti probabilmente a due periodi per
l’Istituto: il periodo “della creazione” delle tematiche di base della
ricerca, dell’acquisto apparecchiature etc. (1968-1984) e il periodo
“della produzione scientifica” (1985 – tutt’oggi). La media dei lavori
del primo periodo è di circa 20/anno, quella del secondo periodo è 53/
anno.
Dal 1969 al 2001
Ospiti stranieri
ca. 120
Ospiti italiani
c.a. 100
Incarichi di insegnamento
ca. 40
Tesi di Laurea
150
Pubblicazioni scientifiche
Comunicazioni a
congresso
63
2000
63
62
1998
60
44
1996
53
1200
1994
ca. 2000
1992
48
41
46
65
45
1990
55
47
1988
43
Dotazioni finanziarie 1969-2001
Finanziamenti ordinari
51
1986
37
1984
1969
28
266.000.000
26
30
1982
21
1974
90.000.000
23
1980
14
1980
203.000.000
18
1978
17
15
1976
1985
465.000.000
24
20
1974
1990
895.000.000
17
23
1972
17
1995
398.950.000
7
1970
14
3
1968
1999
412.000.000
0
10
20
30
40
50
60
70
13
La fondazione
Nell’ambito della Storia del C.N.R. esiste un Istituto Nazionale di Chimica (INC) la cui costituzione risale al 10 luglio del 1936 ad opera di Marconi con direzione affidata a Parravano e la cui dissoluzione risale al 1° marzo del 1945.
E’ importante risalire così indietro negli anni per parlare della fondazione del Laboratorio di Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico? La risposta a questa domanda è certamente affermativa se si pensa che una ricostituzione di un secondo INC fu impostata con decreto del Presidente del C.N.R. il 30 marzo del 1963 ed è in questo secondo INC che si intravedono i germogli di
quello che fu poi il Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico. A guardar bene in realtà questi germogli erano già preesistenti nel Centro Nazionale di Chimica delle Macromolecole istituito nel 1961 e diviso in otto sezioni di cui due a Napoli. La prima diretta da Paolo
Corradini e una seconda da Alfonso M. Liquori. E’ in questo contesto che l’11 febbraio del 1963,
un giorno importante per la chimica nel C.N.R., fu firmato, tra gli altri, il decreto di costituzione di
un “Centro Nazionale di Chimica delle sostanze naturali”. Per questo Centro si istituirono tre sezioni dirette da A. Quilico (Milano), L. Panizzi (Roma) e R. Nicolaus (Napoli).
Tutto il decennio del 1960 in effetti è giudicato di grande importanza per le discipline chimiche
nell’ambito del C.N.R.; è durante questo decennio però che la politica del Comitato Scienze Chimiche, che si sviluppa fra Università e C.N.R. non senza qualche ambiguità, porta alla dissoluzione il
neo-nato INC nel 1968 e allo sviluppo di una rete di ricerca extra universitaria.
Da: Per una Storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche a cura di R. Simili e G. Paoloni Editori Laterza 2001
In questo capitolo sulla fondazione del Laboratorio di Chimica e Fisica di Molecole di Interesse
Biologico abbiamo inteso raccogliere alcune testimonianze.
La prima di esse, la più importante, ci viene dal prof. R. Nicolaus che in prima persona tratteggia il
substrato scientifico sul quale l’idea di un Laboratorio di quel tipo nasce e si sviluppa con intensi
rapporti internazionali anche in situazioni disagevoli di collocazione infrastrutturale. Al fine di caratterizzare meglio il periodo in cui il Laboratorio nasceva, nel quadro della politica italiana di allora, ci siamo avvalsi di un articolo di Franco Vegliani, famoso scrittore e giornalista che nel 1970
visitò l’Area di Ricerca di Arco Felice. Nell’ambito delle testimonianze del Laboratorio invece abbiamo riportato un colloquio con il prof. Fattorusso insieme ad alcune notizie ricavate dai primi
rapporti di attività scientifica del Laboratorio stesso. Dal tutto si ricava l’idea di una realtà nascente
14
15
Se dovessi raccontarla questa storia potrebbe cominciare col classico: “C’erano un inglese, un
austriaco ed un napoletano………..” ma questa non è una barzelletta sulle mosse furbe di un napoletano; cosa è invece siamo andati a chiederlo al napoletano stesso.
Un colloquio con il Prof. Rodolfo
Nicolaus
Professore, quale fu l’origine di un Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico e
perché fu decentrato rispetto alla sede universitaria?
Un laboratorio multidisciplinare internazionale a struttura collegiale, inteso in senso di college, cioè un vero e
proprio campus, per lo studio chimico e fisico delle molecole biologiche non esisteva negli anni ’60 in Italia.
Questo tipo di aree di ricerca erano per la verità rare anche all’estero anche se tutte le scoperte biologiche
erano venute da laboratori che avevano utilizzato tecniche fisiche e chimiche (IR, UV, NMR, MS, raggi X
etc.) per la risoluzione di problemi di tipo biologico. Basti per esempio pensare alla doppia elica di Crick e
Watson.
L’idea prese corpo quando Adriano Buzzati Traverso e Alfonso Liquori suggerirono di istituire un’area di
ricerca biologica avanzata a Napoli. Il 26 Gennnaio del 1967 il CNR decise di istituire una serie di nuovi organi di ricerca; la parte per la Fisica fu affidata al Prof. Eduardo Caianiello e la parte per la Chimica a me.
Nel 1968 fui nominato Direttore del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico
mentre le strutture edilizie non erano ancora terminate. Nel 1969 il Laboratorio era funzionante.
Quante persone facevano parte del suo Laboratorio?
I miei studenti appena laureati all’Università o gli studenti migliori di altri colleghi furono contattati e furono
felici di prendere parte a questa iniziativa che per loro poteva valere come sistemazione anche dal punto di
vista lavorativo oltre che occasione per lo sviluppo dei loro studi. Fra questi anche Luigi Minale che seguiva
tutti gli studenti e i tecnici che lavoravano nel laboratorio. Secondo il decreto istitutivo dopo cinque anni
l’organico doveva essere composto da un totale di 52 persone di cui almeno 20 ricercatori e 20 collaboratori
tra Tecnici e Aiutanti. Il C.N.R. aveva previsto la presenza di un bibliotecario, di un amministrativo e 4 dattilografi.
Il Laboratorio si poteva poi avvalere anche di personale esterno nella misura del 20%.
Come decideste di organizzare il Laboratorio dal punto di vista della ricerca?
Fu creato un ufficio di Direzione di 5 metri quadrati per avere più ampi ed attrezzati laboratori chimici. Furono creati ed attrezzati diversi laboratori chimici. Furono creati i reparti di risonanza magnetica nucleare, spettrometria di massa, analisi e il laboratorio di raggi X quest’ultimo facente capo al Prof. Liquori. Inoltre fu
creata la Biblioteca; furono creati i servizi di ospitalità di ricercatori stranieri e la mensa. Molte persone hanno dormito in una stanza appositamente creata che faceva parte del nostro Laboratorio presente in una delle
due palazzine.
Tra le persone ospitate anche il Prof. Lederer che, ricordo, una mattina ci impressionò per il fatto che
all’arrivo dei primi ricercatori non pareva essere presente nella stanza e non si trovava. Dopo un poco giunse
dalla vicina campagna prospiciente il Monte Nuovo avvolto in una coperta. Ci disse che non era riuscito a
dormire per il rumore dei camion sulla Domiziana, ed aveva cercato ricovero nella vicina campagna che gli
appariva promettere maggiore silenzio.
Lederer insieme con Bu’ Lock furono le due personalità scientifiche che presero parte al primo Consiglio
Scientifico del Laboratorio, chi fece la scelta e su cosa fu basata?
Il Consiglio Scientifico fu in pratica nominato da me. Oltre ai due stranieri vi erano anche italiani come il
Prof. Mammi inizialmente e poco dopo anche il Prof. Jommi. Per quanto il laboratorio dovesse funzionare
come servizio biologico fu scelta anche una propria ricerca. Con Lederer e Bu’ Lock si privilegiò una ricerca
rivolta a molecole di interesse biologico facilmente accessibili e tipiche del territorio napoletano. Il Prof. Lederer era all’epoca il Direttore della chimica delle sostanze naturali a Gif sur Yvette ed era una personalità
16
scientifica molto in vista sia nel suo paese che nel resto del mondo. Anche gli interessi del Prof. Bu’ Lock
erano molto affini ai miei dell’epoca. John si era interessato di melanine, dei metaboliti da funghi e curava di
recente aspetti chimici della microbiologia. I suggeritori delle tematiche di ricerca furono loro. Ricordo che
John e Edgar erano persone molto interessanti anche dal punto di vista umano. Ciò che mi ha sempre sorpreso è che Edgar Lederer non abbia ricevuto il premio Nobel. Nacquero in questo modo la chimica e fisica dei
batteri termofili e degli organismi marini.
Ci furono problemi inattesi della nuova sede di Arco Felice? Se si ne vuole parlare?
Si certo, gli insediamenti dovevano essere provvisori. Tutta la zona era molto decentrata e disagevoli erano i
contatti con l’Università. Guardi, le mostro un articolo pubblicato su di una rivista dell’epoca “Successo”; è il
numero dell’Agosto del 1970. Troverà in esso molte informazioni al riguardo.
DOVE ERAVAMO
dal rapporto del Direttore (R. Nicolaus) del 1969
...il laboratorio occupa due palazzine di una area dove si trovano anche il Laboratorio dei Polimeri diretto dal Prof. Ciferri , il Laboratorio
di Cibernetica, diretto dal Prof. Caianello (in allestimento), il Laboratorio di Embriologia diretto dal Prof. Monroj. Le palazzine sono denominate D ed E. Parte della palazzina E è occupata dal Prof. Ciferri in attesa che gli venga assegnato un proprio laboratorio.
Palazzina D (colonne in verticale); Palazzina E (riga orizzontale).
Al primo piano si trovano:
A)
Ufficio di Direzione
B)
Segreteria
C)
Una biblioteca per 3000 volumi e con
una capacità massima di 5000 volumi. Il locale è anche attrezzato per le
riunioni del Consiglio Scientifico per
seminari con una capacità di 80
persone. Viene normalmente utilizzato anche dal personale di altri laboratori
D)
Piccola aula per seminari capacità 25
persone.
E)
Ufficio per la documentazione, biblioteca, relazioni con l’estero
F)
Ufficio per la documentazione fotografica e per il disegno tecnico
G)
Ufficio per i ricercatori e tecnici del
reparto di risonanza magnetica nucleare
H)
Stanzetta per gli ospiti e i ricercatori
Al piano ammezzato si trovano:
A)
Ingresso con bacheche per gli avvisi,
la pianta del laboratorio, un telefono
B)
Laboratorio di Chimica completamente attrezzato capace di ospitare 5
ricercatori
C)
Ufficio per 3 ricercatori
D)
Ufficio per 2 ricercatori
E)
Laboratorio di Chimica completamente attrezzato capace di ospitare 3
ricercatori
F)
Stanza per l’idrogenazione
G)
Stanza per la spettrofotometria UV
ed IR e bilance di precisone
Al piano ammezzato si trovano (da completare):
A)
Laboratorio per lo studio dei batteri termofili capace di ospitare 3 ricercatori
B)
Ufficio per 2 ricercatori
C)
Locale con pavimento rinforzato per autoclavi
Locale per apparecchi elettronici
Al piano terra si trovano:
A)
Locale per lo spettrometro R.M.N.
completamente condizionato, dotato
di una saletta capace di sostenere 10
tonnellate per metro quadrato. Vi si
trova il primo apparecchio europeo
pr lo studio oltre che del protone
anche di altri nuclei.
B)
Camera frigorifera
C)
Piccola officina
D)
Piccolo deposito di vetreria e prodotti
E)
Box per la cromatografia in fase
vapore
F)
Box per l’analisi automatica del C, H,
N, e O.
G)
Box per il liofilizzatore
H)
Box per l’elettrofiresi ad alto voltaggio
Centrifughe, apparecchio per l’acqua distillata,
apparecchio per la produzione del ghiaccio
17
Nel primo rapporto di attività del Direttore, Prof. R. Nicolaus, del
1969 c’è una descrizione degli edifici in cui erano ospitati i laboratori, la palazzina D e la palazzina E, di fianco riportata. I vani
descritti hanno subito nel tempo adattamenti ad usi diversi più
confacenti alle attività che mano a mano si sono svolte.
“Il Laboratorio nel 1969 si è principalmente occupato dello studio della struttura, della biogenesi e della distribuzione delle feomelanine; dell’isolamento, struttura e attività biologica dei metaboliti delle Porifere per quel che riguarda il reparto di Sostanze
Naturali.
I ricercatori del reparto NMR invece si sono occupati di isomerizzazioni conformazionali in cicli medi, di interazioni fra legami
ammidici e agenti denaturanti, di fase di valenza secondaria in
Da sinistra: Trabucco, Crispino, Esposito, Scognamiglio, Cantilena, S. Sodacomposti modello di polipeptidi, della determinazione dei chemi- no, S. De Rosa, G. Sodano, Gambacorta e Janine Aimì (ospite), nel 1969 nei
cal shifts e dei segni delle costanti di accoppiamento in molecole pressi della pal. D.
contenenti 15N e dello studio conformazionale di omopolipeptidi
in soluzioni organiche.
L’attività del reparto Batteri Termofili dal 29 Settembre del 1969 è stata invece centrata sulla ricerca di batteri termofili da fonti naturali (acque termali, fanghi) e sulla purificazione dei ceppi batterici isolati; sulla ricerca delle condizioni
ottimali di fermentazione dei microorganismi e sull’indagine circa la composizione lipidica della “parete batterica”.
Il rapporto del 1969 si conclude con una serie di relazioni sull’attività di ricerca svolta da diversi ricercatori e professori univeristari nell’ambito di vari progetti presso il Laboratorio di Arco Felice: A. Ballio, G. Marino, V. Buonocore,
G. Prota, G. Scherillo, L. Mangoni, M. Adinolfi, R. Caputo, V. Dovinola, R. Scarpati, C. Santacroce, D. Sica, P. Temussi. Dall’Ottobre del 1968 all’Ottobre del 1969 sono stati tenuti 13 seminari, il primo dei quali dal Prof. E. FattoIl Prof. Nicolaus è nato a Napoli nel 1920. E’ stato
studente di M. Bakunin, di T. Reichstein e di L. Panizzi. Professore di Chimica Organica dal 1952 al
1982 a Napoli, Roma e Lausanne. Ha fondato il Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico nel 1968. Il Prof. Nicolaus è ancora oggi
attivamente all’opera nel campo di studio delle melanine. I risultati ultimi, basati su tecniche chimiche e
fisiche molto moderne e sull’uso del computer, sono
qui di seguito brevemente riassunti da lui stesso.
La melanina, il pigmento nero della pelle e del cervello umano, è presente ovunque, negli ammassi neri
degli spazi interstellari, nel terreno, nelle penne dei
corvi e nei batteri svolgendo un ruolo che si stenta
ancora a comprendere. Tuttavia evidenze teoriche e
sperimentali ci permettono ormai di definire la melanina come un conduttore organico. Lo scheletro fondamentale, costituito da un poliene coniugato, alloggia sia elettroni disaccoppiati che buche cariche positivamente bilanciate da contranioni, in un equilibrio
dinamico tipico dei semiconduttori, è definito con il
termine di radical-polarone. In molte melanine (DHImelanina, adrenalin-melanina, catecol-melanina) è
presente cioè il sistema radical-polaronico del nero di
acetilene. Gli spettri IR ed EPR rivelano la natura di
radicale libero della melanina e permettono di stabilire l’entità degli elettroni disaccoppiati. I controanioni
invece permettono di valutare il numero di cariche
positive.
Calcoli quantomeccanici e studi di modeling moleco-
lare ci hanno permesso di comporre il contrasto tra i
dati analitici sulla composizione percentuale della
sepiomelanina e la sua struttura; contrasto che ha costituito un blocco per l’avanzamento delle ricerche nel
campo.
Nel lavoro fatto noi proponiamo che la struttura della
DHI-melanina sia fondamentalmente costituita da
catene formate da unità ripetitive, 5 gem-diolo-indol-6
-one, legate nelle posizioni 4 e 7. Queste catene possono avere due conformazioni a bassa energia,
un’elica ed una sheet. La posizione 2 del1’indolo può
dar luogo a legami tra i filamenti formando piani e
gabbie. Le gabbie spiegano il comportamento tipico
delle melanine capaci di legare, ioni, acqua, gas.
La struttura proposta per il pigmento cellulare, con il
suo sistema radical polaronico del nero di acetilene,
ben si accorda con le proprietà mostrate dalle melanine di condurre la corrente elettrica in condizioni biomimetiche. I calcoli quantomeccanici effettuati su una
sola spira sono in accordo con l’ipotesi che la melanina sia un semiconduttore con un gap di 1,4 eV molto
simile a quello trovato sperimentalmente. Il valore del
gap tra la banda di valenza e quella di conduzione
corrisponde al colore nero del modello a bande del
semiconduttore.
Lo studio effettuato concorre a spiegare non solo i
comportamenti già noti delle melanine in generale, ma
suggerisce nuovi possibili ruoli svolti dal pigmento
cellulare. Un conduttore elettrico ad elica in un’area
cruciale del cervello potrebbe generare un campo ma-
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Il Prof. Nicolaus ci ha gentilmente messo a disposizione dal suo archivio personale una rivista del
1970 in cui è presente un articolo di Franco Vegliani che non è possibile riportare per intero; proponiamo la rilettura della parte che riguarda i laboratori di Arco Felice: a distanza di più di 30 anni
l’articolo rappresenta la più fedele “foto” dell’epoca che abbiamo avuto tra le mani per la realizzazione di questo libro che ci sorprende per la attualità delle problematiche che vi si agitano.
Un gruppo di assistenti attorno al professor Minale, nel Laboratorio per la Chimica e Fisica delle Molecole di
interesse biologico, reparto chimica delle sostanze naturali nel Centro di Arco Felice (l’immagine e la didascalia sono quelle originali dell’articolo di Franco Vegliani sotto riportato in parte).
Da sinistra: Raffaele Riccio, Luigi Forte, Gennaro Scognamiglio, Salvatore De Rosa, Guido Sodano, Salvatore
Forenza, Mario De Rosa, Luigi Minale, Ernesto Mancusi, Antonio Crispino.
Da SUCCESSO
Milano,
Anno XII Agosto 1970
di Franco Vegliani
un articolo che descrive
nuovi insediamenti scientifici nel meridione d’Italia
nel 1970.
Siamo ad Arco Felice: alle soglie
di Pozzuoli, venendo da Capua
per Castel Volturno. Cerchiamo
il Centro di ricerca del CNR, il
gruppo di laboratori localizzato
appunto ad Arco Felice.
C’è soltanto un contadino, né
giovane né vecchio, che lavora
attorno ai tralci della sua vigna, a
cui chiedere la strada. La chiediamo con qualche imbarazzo.
L’uomo alza la testa, ci guarda
senza troppa curiosità e domanda: «Cercate la cibernetica? Ci
siete. Basta tornare sulla Domiziana, fare qualche centinaio di
metri verso nord. Troverete un
cantiere per i lavori della Tangenziale; a quel punto girate a
destra e sarete arrivati: la cibernetica è là ».
Può sembrare, ed anche essere,
un modo troppo disinvolto e
troppo episodico per introdurre
un discorso che è serio e che non
manca di risvolti drammatici sui
problemi della politica scientifica, o anche semplicemente della
politica scolastica, nelle regioni
meridionali. Eppure non dovrebbe essere del tutto insignificante
considerare gli effetti indotti
nella loro globalità, anche quando si presentano con manifestazioni microscopiche come quella
che abbiamo citato. Voglio dire
che il ”vivere vicino” a qualche
cosa è sempre carico di conseguenze. Anche quando i rapporti
sono minimi, addirittura nulli o
limitati all’acquisto delle verdure
per la mensa, non sarà mai la
stessa cosa per un uomo essere
cresciuto nella sfera d’influenza
di una caserma, di un monastero
o anche di uno stabilimento industriale, invece che in quello di
un nucleo di attività intellettuali,
sia o no un centro di ricerca.
In realtà, i laboratori di cibernetica, di embriologia molecolare,
dei polimeri, di chimica delle
sostanze naturali, che costituiscono il Centro del CNR ad Arco Felice di Pozzuoli, non sono
nel loro giusto luogo. Dovevano
essere inseriti in un’ ”area napoletana della ricerca”, che non è
nata perché le è stato negato lo
spazio di cui aveva bisogno. Che
c’era, che c’è anzi, e possiamo
dire anche dove: nei molti e inutilizzati ettari sui quali avrebbe
dovuto sorgere la Mostra
d’Oltremare, che non pare abbia
un avvenire apprezzabile per le
vicende del Meridione: terreni
amministrati da un Ente Fiera le
cui resistenze né le autorità locali né quelle centrali hanno avuto
la forza di vincere.
L’insediamento ad Arco Felice,
in un gruppo di villette progettate come quartiere residenziale e
neppure tutte ultimate, rappresenta dunque un insediamento di
ripiego e si definisce come provvisorio. « Anche se – dirà Sandro Aurisicchio, direttore di ricerca nel laboratorio appunto di
cibernetica e che, al momento
della nostra visita, sostituiva
Eduardo Caianello, direttore del
laboratorio e promotore del Centro, in viaggio negli Stati Uniti, –
anche se si tratta di un provvisorio che corre molti rischi di diventare definitivo. Di trasformarsi in uno di quegli esempi di
”provvisorio-definitivo” che
piacciono tanto nel nostro Paese
».
Così si entra direttamente e forse
19
anche
brutalmente
nell’argomento. Perché il Centro
di Pozzuoli, per la validità della
sua attrezzatura, per la qualità
del lavoro che vi si svolge, per la
statura scientifica degli uomini
che vi fanno parte, può costituire
un esempio quasi al limite di
quella che potrebbe essere, e non
è, per un complesso di ragioni
non tutte irrimediabili, la destinazione del Mezzogiorno italiano nel campo degli studi e della
ricerca.
Gli uomini del Centro con i quali
ci siamo incontrati, Alberto
Monroj, direttore del laboratorio
di embriologia molecolare; Rodolfo Nicolaus, direttore del laboratorio per la chimica e la fisica di molecole di interesse biologico, e Sandro Aurisicchio che
abbiamo già citato, parlano infatti all’indicativo quando si tratta
del loro lavoro e passano al condizionale quando si tratta di un
suo inserimento in un contesto
più generale. « Napoli potrebbe
diventare uno dei grandi centri
della biologia in Europa – afferma Alberto Monroj. – C’è tutto
perché questo accada. La splendida tradizione scientifica che
risale alla Stazione Zoologica,
fondata da un tedesco ma fondata qui, che opera qui dal 1870,
che opera da un secolo come
polo di attrazione per studiosi di
tutto il mondo; il laboratorio di
genetica e biofisica che si è acquistato rapidamente una grande
reputazione a livello internazionale; il gruppo di biologi
dell’Università, che si distingue
per la vivacità dei suoi interessi e
per la qualità degli studiosi che
lo compongono; l’attività dei
nostri laboratori che agiscono in
sostanza nel campo dell’alta
biologia e che hanno precisato la
loro vocazione europea stabilendo un accordo con l’Università
scozzese di Edimburgo per un
corso triennale di biologia dello
sviluppo, frequentato alternativamente ad Edimburgo e a Pozzuoli e che conferisce una laurea
britannica di ricerca, in attesa
che questa laurea venga istituita
anche in Italia ». Potrebbe dunque, ma non può. Perché? Il confortante elenco degli elementi
positivi fa presto a mostrare le sue
crepe. « Manca la coordinazione
», dice il professor Monroj. Ma
non è solo questo: la Stazione
Zoologica è attualmente in crisi, e
in crisi, dopo le note vicende che
hanno portato Adriano Buzzati
Traverso a lasciare Napoli per
l’Unesco, è anche il laboratorio di
genetica e biofisica; la crisi
dell’Università o almeno la rigidità delle sue strutture e la mancanza di fondi sono fatti costituzionali che non risparmiano certo
l’ateneo napoletano.
Un’impresa pionieristica
Ma Napoli stessa è in crisi. Dal
punto di vista urbanistico, prima
di ogni altra cosa. Perché tra tutte
le città italiane, quella in cui
l’incontro tra il traffico e le strutture urbanistiche che la metropoli
è capace di offrire per il suo scorrimento ha raggiunto un livello
drammatico molto prossimo alla
intollerabilità, è proprio Napoli. «
E alla fine – è la conclusione concorde di tutti e tre i ricercatori, dal
momento che è in crisi il Consiglio nazionale delle ricerche, siamo in crisi anche noi ». Equivale a
dire, a parte la provvisorietà,
l’atmosfera arrangiata
dell’insediamento, che la larghezza istituzionale di fondi con cui il
Centro è nato perché i suoi laboratori fossero attrezzati in modo
perfetto e non mancassero davvero di nulla, vale sempre sulla carta, corrisponde sempre a un diritto, ma in pratica ha perso una
grande parte della sua fluidità. E
insomma il decollo scientifico, nel
luogo del Meridione che appariva,
e appare ancora, come il più idoneo a fare da piattaforma di lancio, da pista, nella realtà non è
avvenuto o non è ancora avvenuto. L’organizzazione più nuova e
più perfetta, quella che possiede
gli strumenti più preziosi, stenta a
collegarsi con le altre, anche con
le più disposte a un lavoro complementare o integrato come
l’Università, persino sul piano più
banale delle comunicazioni stradali, del materiale andare e venire
in automobile o con un mezzo
pubblico. E agisce in un ambiente
che rivela ad ogni passo i segni di
un’impresa pionieristica. Entusiasmante forse per chi guardi alla
ricerca e ai suoi protagonisti da un
punto di vista romantico. Deprimente, invece, per chiunque abbia
la consapevolezza che in questa
materia l’avventura esiste, ma è
altrove. E’ sulle frontiere
dell’ignoto, sulle barriere del mistero che si cerca di penetrare, e
non su quelle di una vita quotidiana avventizia e di una battaglia di
ogni ora anche per la semplice
sopravvivenza. Nel senso di unità
scientifica, intendo.
« Madame Curie e suo marito
hanno scoperto il radium in un
garage. Anche noi siamo nel nostro garage. Io non ho false modestie, io affermo che il nostro lavoro ha un contenuto qualitativo
altrettanto valido. Ma affermo
anche che ci sono le condizioni
perché dal garage si possa uscire,
perché si possa lavorare più a nostro agio. E che se questo non
accade, non è certo per colpa nostra ».
Così dice Rodolfo Nicolaus. Ma è
forse ancora più patetico l’unico
impiegato amministrativo di cui il
Centro dispone, prestato al CNR
da un’altra amministrazione,
quando mi accompagna in giro
per il villaggio della ricerca, sul
brecciame con cui sono pavimentate le strade tra una villetta e
l’altra, e mi porta a vedere
l’intreccio di filo allo scoperto di
un centralino telefonico improvvisato, i tombini ancora scoperchiati, i lavori in muratura finiti e non
finiti, le opere di abbellimento che
hanno ancora tutta
l’aria di un tentativo. « Guardi qui
– dice –, questo filare d’alberi ».
Sono giovani pini italici piantati
lungo la rete di recinzione, che
dovranno dare ombra alle case e
20
cominciare a fornire un gradevole aspetto di giardino allo squallore della spianata che le ruspe
avevano preparato per la costruzione delle villette. « Li abbiamo
fatti piantare noi. Ce li ha forniti
un vivaio qui vicino. Ma a credito. Quando arriveranno i soldi, li
pagheremo ». E aggiunge che la
fiducia della gente, là attorno, è
piena e confortante, che il credito è generoso, che il centro è
”creduto”. « Non sanno esattamente quello che facciamo, ma
vedono che lavoriamo e ci guardano con simpatia ». Il discorso
Franco Vegliani
http://www.editions-verdier.fr/italie/auteurs/vegliani.htm
Né à Trieste en 1915, Franco Vegliani est mort à Milan en 1982. Sa mère était triestine et son père originaire de Fiume
(aujourd’hui Rijeka, en Slovénie). Son nom réel, Sincovich, fut transformé en Vegliani dès le milieu des années trente en
hommage à la petite île de Veglia, où il passa une partie de son enfance avant d’entreprendre des études à Fiume et de les
achever à l’université de Bologne, où il rencontra Giorgio Bassani. Mais ces études de droit ne l’empêchent nullement de se
consacrer à d’intenses lectures : les classiques grecs, Conrad et Italo Svevo.
Journaliste à Milan, il sera envoyé spécial, puis rédacteur, du Tempo, et travaillera pour divers journaux et magazines. Son
drame personnel sera de ne pouvoir imposer son œuvre de son vivant, malgré le jugement très positif émis par Claudio
Magris sur son roman La frontière (La frontiera), publié une première fois en 1964 et réédité en 1988 : « Franco Vegliani
est l’auteur d’un roman riche de mélancolie et de poésie quintessenciée, La Frontière, un des plus beaux livres de la littérature triestine de l’après-guerre, mais il ne fut pas une figure de cette dernière. » En 1972, il avait fait paraître La carta
coperta (Le Papier caché), tandis que demeure inédit son récit historique Catilina et que ses juvéniles Lettere in morte di
Cristiano Bess (Lettres pour la mort de Cristiano Bess) ont été publiées par sa veuve de façon posthume dans une édition
hors-commerce. Enfin, de brèves Storie di animali (Histoires d’animaux) sont parues, totalement inédites, en 1991.
La storia in pillole
26 Gennaio 1967
Art. 1. E’ istituito, ai sensi dell’art. 2 del Regolamento concernente l’istituzione ed il funzionamento degi organi di
ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche, approvato con D.P.C.M. 26 Gennaio 1967, il Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico. Il Laboratorio ha sede in Napoli.
21 Settembre 1973
Provvedimento del Presidente del C.N.R. n. 3664 relativo alla cessazione di incarico di Direttore del Laboratorio
per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico del Prof. Rodolfo A. Nicolaus a far data dal 31 Agosto 1973
ed alla nomina del Prof. Luigi Minale a Direttore del Laboratorio per la Chimica Fisica di Molecole di Interesse
Biologico stesso a far data dal 1 Settembre 1973.
16 Maggio 1974
Provvedimento del Presidente C.N.R. n. 3938. La denominazione del Laboratorio per la Chimica e Fisica di molecole
di Interesse Biologico - Arco Felice è così modificata: LABORATORIO PER LA CHIMICA DI MOLECOLE DI INTERESSE BIOLOGICO.
19 Dicembre 1979
Decreto del Presidente n. 6300: I laboratori di cui all’allegato al presente provvedimento assumono la denominazione di Istituti.
Allegato: Laboratorio per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico - Napoli PASSA A Istituto di Chimica di
Molecole di Interesse Biologico - Napoli
15 Gennaio 1980
Direzione Mario De Rosa: dal 15 Gennaio 1980 al 25 Giugno 1980 (direttore pro-tempore); dal 1 Luglio 1981 al 26
Novembre 1985
26 Novembre 1985
Direzione Guido Cimino. Dal Novembre 1985 al 1 Luglio 1986; dal 1 Luglio 1986 al 30 Giugno 1990 (primo mandato);
dal 1 Luglio 1990 al 30 Giugno 1992 (secondo mandato) dal 1 Luglio 1992 al 30 Giugno 1996 (terzo mandato); dal 1
Agosto 1996 al 31 Luglio 2000 (quarto mandato); dal 1 Agosto 2000 a tutt’oggi.
22 Gennaio 2001
Provvedimento Ordinamentale n. 15773
“...Considerato che il Consiglio direttivo, sulla base dell’attività istruttoria svolta dal Comitato di consulenza scientifica su richiesta dello stesso Consiglio direttivo, ha deliberato, in data 25 maggio 2000 (deliberazione n.165), in
data 21 giugno 2000 (deliberazione n. 192), nonché in data 20 dicembre 2000, la costituzione dell’Istituto di chimica
biomolecolare, risultante dall’accorpamento dei seguenti organi di ricerca: Istituto di chimica di molecole di interesse biologico - Napoli; Istituto per l’applicazione delle tecniche chimiche avanzate ai problemi agrobiologici Sassari; Istituto per lo studio delle sostanze naturali di interesse alimentare e chimico farmaceutico – Valverde
(CT); Centro di studio sui biopolimeri – Padova; Centro di studio per la chimica delle sostanze organiche naturali Roma
- Visto lo schema tipo di decreto presidenziale di costituzione dei nuovi Istituti, approvato con deliberazione del
Consiglio direttivo del 21 giugno 2000 (deliberazione n. 190);
DECRETA
Art. 1
Denominazione e sede
1. E’ costituito l’Istituto di chimica biomolecolare……2. L’istituto ha sede a Napoli…...”
21
Un colloquio con il Prof. Fattorusso
Professor Fattorusso ci racconta qualcosa delle sue prime esperienze al Laboratorio per la Chimica e Fisica
di Molecole di Interesse Biologico?
Nel 1968 per prima volta sentii parlare del MIB, quando Nicolaus mi informò di una iniziativa del CNR per la
creazione a Napoli di un grosso centro di ricerca in cui era prevista una sezione per lo studio avanzato della Chimica delle Sostanze di interesse biologico. Al progetto erano interessati alcuni influenti docenti di discipline chimiche, fisiche e biologiche dell’Ateneo napoletano, che in quegli anni viveva una stagione particolarmente agitata con frequenti contestazioni, occupazioni e scioperi. Un centro di ricerca lontano dalle tensioni del mondo universitario appariva allora una occasione unica per chi nella ricerca credeva ancora. Forse fu per questo motivo che
il progetto andò avanti affrontando in primo luogo il grosso problema della localizzazione della sede. Tra le varie
ipotesi prospettate si realizzò l’insediamento ad Arco Felice utilizzando un complesso di piccoli edifici che erano
stati costruiti come villette di tipo turistico. Ricordo che, quando agli inizi del 1969 Nicolaus condusse Gigi Minale e me a visitare questo piccolo complesso turistico, in cui si stava già insediando il laboratorio di Cibernetica di
Edoardo Caianiello, la sistemazione ci apparve non entusiasmante. Si disse, però, che questo doveva essere considerato un insediamento temporaneo, per poi realizzare, entro breve tempo, la costruzione della sede definitiva in
un’altra zona dell’area flegrea.
A parte la sede definitiva, in quella sede provvisoria le attività iniziarono?
L’attività ad Arco Felice iniziò nella seconda metà del ‘69, dopo che nella prima delle due villette assegnate al
MIB furono sistemati i banchi di lavoro e la strumentazione indispensabile per avviare la ricerca. Il gruppo di lavoro era costituito da un nucleo preesistente, che si spostava dall’Istituto di Chimica Organica dell’Università, formato, oltre che ovviamente da Rodolfo Nicolaus, direttore del MIB, che aveva avuto il merito di proporre e di realizzare la sua costituzione, da Gigi Minale, Silvana Magno, Guido Cimino, Salvatore De Stefano e da me. Gigi,
Guido e Salvatore, ricercatori del centro CNR esistente presso il nostro Istituto, entrarono a far parte dell’organico
del MIB, Silvana ed io eravamo dipendenti dell’Università, distaccati con un incarico di collaborazione gratuito.
Utilizzando i ruoli assegnati al MIB furono assunti alcuni giovani laureati e cioè Guido Sodano, Enrico Trivellone,
Agata Gambacorta e Mario De Rosa.
Contemporaneamente furono coperti in breve tempo i ruoli del personale tecnico ed amministrativo. Tra i tecnici
ricordo Antonio Crispino, Gennaro Scognamiglio, Alfonso Cantilena, Antonio Trabucco ed Enrico Esposito e,
successivamente, Vincenzo Calandrelli; tra gli amministrativi la signora Vaccaro e Turco.
L’attività scientifica partì immediatamente su un tema di ricerca, le feomelanine, su cui si lavorava da tempo nel
laboratori dell’Istituto di Chimica Organica dell’Università, nell’ambito delle ricerche sulle melanine, su cui Nicolaus ed il suo gruppo avevano ottenuto, nel corso di alcuni decenni, risultati di assoluto rilievo internazionale.
Quindi la sede cominciò tuttavia a funzionare. Ma gli argomenti di ricerca si limitarono a quelli che precedentemente sviluppavate all’Università?
Oltre che all’attività di ricerca tutti ci impegnammo, nei limiti delle nostre competenze, ad attivare le strutture di
base del laboratorio, quali la biblioteca (di cui mi interessai), i laboratori di spettroscopia analitica, l’officina ecc.
Mettemmo su anche una miniforesteria costituta da un’unica stanza da offrire ad ospiti del laboratorio.
La ricerca sulle feomelanine rappresentò solo un avvio della attività scientifica del MIB, che, invece, secondo un
opinione praticamente condivisa da tutti, doveva in breve tempo avviare ricerche nuove, che caratterizzassero e
qualificassero il nascente laboratorio. Di tale opinione era soprattutto il Consiglio Scientifico del MIB; questo organismo rappresentò allora, come penso sia avvenuto anche in seguito, un punto di forza del MIB. Il merito
dell’ottimo funzionamento del Consiglio Scientifico, come guida e controllo dell’attività di ricerca del laboratorio,
fu sicuramente di Nicolaus, che, da Direttore, si adoperò affinché ne facessero parte personalità prestigiose. Non
si costituì, cioè, come purtroppo avveniva per altri Laboratori, un organismo composto da amici del Direttore, ma
si realizzò uno strumento autonomo ed autorevole, preziosissimo per il futuro sviluppo del MIB. Del Consiglio
scientifico facevano parte eminenti studiosi come Edgar Lederer, direttore del famoso Istituto CNRS di Gif sur
Yvette e John Bu’Lock dell’Università di Manchester.
22
Questi componenti stranieri del Consiglio Scientifico diedero un grosso contributo all’avvio di attività scientifiche innovative. Lei rammenta questi aspetti?
Se ricordo bene, fu proprio John Bu’Lock a suggerire di intraprendere ricerche legate al territorio: la chimica degli
organismi marini, dove si poteva utilizzare un collegamento con la Stazione Zoologica e la chimica dei Batteri
termofili presenti nella Solfatara di Pozzuoli.
Gigi ed io fummo attratti dall’idea di studiare gli organismi marini, anche se ignoravamo la letteratura esistente
sull’argomento. Decidemmo allora di documentarci; passammo circa due mesi (solo di mattina) nella biblioteca
della Stazione Zoologica a studiare. Alla fine realizzammo che sul metabolismo secondario degli organismi marini
era riportato pochissimo in letteratura.
Questo poteva significare due cose: i) i metaboliti secondari erano poco diffusi tra gli organismi marini; ii) i ricercatori avevano trascurato i metaboliti secondari marini e si erano concentrati solo su quelli terrestri. Nel primo
caso affrontare una ricerca di questo tipo avrebbe avuto poche prospettive di successo, nel secondo caso invece
avrebbe potuto aprire un ottimo filone di ricerche. Decidemmo di provare.
Fu abbastanza coraggioso da parte vostra impegnare la vostra attività scientifica in un filone “al buio” pieno di possibili prospettive ma anche ricco di rischi. Decideste di provare; quali furono le scelte iniziali?
Sorse allora il problema su quale materiale biologico iniziare il lavoro. Ci
parve conveniente partire dallo studio di qualche pigmento marino, in quanto entrambi avevamo una ottima esperienza nel campo della chimica dei
pigmenti naturali (tutti e due eravamo allievi di Nicolaus, un’autorità nel
campo). Dopo attento studio della letteratura la scelta cadde su due pigmenti
a struttura incognita di cui era stata segnalata l’esistenza; entrambi potevano
essere estratti da organismi reperibili nel golfo di Napoli: la calliactina
dell’antozoo Calliactis parasitica ed un pigmento giallo della spugna Aplysina aerophoba. Ricordo che di quest’ultimo composto si parlava in un
capitolo (brevissimo) dedicato alla chimica dei Poriferi in un volume delle
serie “Chemical Zoology”.
Aplysina aerophoba
Da un tecnico della Stazione Zoologica addetto al reperimento di organismi
marini nel Golfo di Napoli riuscimmo ad ottenere una quantità notevole (alcuni chili) di Aplysina aerophoba. Alla
nostra iniziativa si aggregò Guido Sodano (Guido Cimino, che all’epoca faceva il servizio militare, si unirà al
nostro gruppo al rientro) e così partimmo all’isolamento del pigmento giallo, dopo averlo estratto con l’aiuto prezioso di Crispino.
Fu un disastro.
Perché?
Il pigmento scompariva inesorabilmente durante il processo di purificazione su colonne di silice e di allumina.
Guido, però, che era un osservatore attento ed intelligente, notò che da alcune frazioni cromatografiche si formava,
durante il processo di evaporazione del solvente, un precipitato bianco che appariva abbondante e cristallino. Sul
prodotto furono fatti gli spettri IR ed NMR. Noi allora non avevamo molta esperienza in spettroscopia interpretativa: lo studio delle melanine, materiale insolubile e non omogeneo su cui avevamo lavorato negli ultimi anni, non
poteva utilizzare l’analisi spettroscopica. Avevamo però a disposizione un ottimo apparecchio (per allora), l’NMR
Varian HAQ-100, che Nicolaus aveva deciso di acquistare prioritariamente; questa fu un’altra delle scelte felici di
Nicolaus che influì molto positivamente sullo sviluppo del MIB.
Cosa venne fuori?
Con l’aiuto di Enrico Trivellone facemmo i primi spettri NMR; successivamente avemmo lo spettro di massa eseguito sullo spettrometro AEI MS9 che si trovava presso il Centro di Spettrometria di massa dell’Università. Nonostante la nostra inesperienza, capimmo che si trattava di una sostanza nuova contenente bromo, a cui successivamente avremmo dato il nome di aerothionina.
Quasi contemporaneamente isolammo dalla stessa spugna un altro nuovo prodotto, battezzato in seguito aeroplysinina.
Iniziò allora la nostra prima indagine di determinazione strutturale su metaboliti marini. La ricerca sulla aerothionina la portammo a termine in collaborazione con il gruppo di Thomson dell’Università di Aberdeen (Scozia).
23
Si, in questo libro si racconta di numerosi contatti internazionali fin dall’inizio dell’attività scientifica.
Vorrei raccontare qualcosa su questa collaborazione, perché mi permette parlare del Prof. Thomson dell’Università
di Aberdeen, un ottimo ricercatore, un uomo correttissimo ed amabile, che ci aiutò parecchio nella nostra nuova
attività di ricerca. Egli da tempo si interessava delle melanine ed aveva scritto un’ottima monografia
sull’argomento; per tale ragione era da alcuni anni in contatto con Nicolaus ed era venuto come ospite a Napoli
presso l’Istituto di Chimica Organica dell’Università. Quando il MIB decise di invitare una serie eminenti ricercatori stranieri con l’obiettivo di inserire il laboratorio nel circuito dei buoni laboratori internazionali di ricerca sulle Sostanze Naturali, Ron Thomson fu tra i primi
ad essere invitato e venne ad Arco Felice quando la ricerca sull’aerothionina era
partita da qualche mese.
Può apparire incredibile, ma nel nostro incontro ci accorgemmo che, indipendentemente, ad Arco Felice e ad Aberdeen era venuto in mente di lavorare sulla aerothionina. Nel corso di una riunione di lavoro che durò una mattinata confrontammo i risultati ottenuti fino ad allora dai nostri gruppi: noi avevamo accumulato una
serie di dati NMR e MS; altri dati spettrali, integrati da studi degradativi erano
stati ottenuti ad Aberdeen. Al termine della discussione noi, utilizzando anche i
risultati ottenuti dal gruppo di Ron, proponemmo una ipotesi di struttura che,
successivamente, si rivelò esatta. Decidemmo allora di riunire le forze e di comple- Pausa pranzo ai Damiani …anni dopo.
Da sinistra: Trabucco, G. Sodano, Gambacorta,
tare il lavoro in collaborazione. Pubblicammo la nota preliminare sull’aerothionina Esposito
su Chemical Communication del 1970 (il lavoro definitivo fu pubblicato su J. Chem.
Soc. del 1972). Sullo stesso fascicolo di Chemical Communication fu pubblicata una
nota, cui non partecipò Thomson, sull’altro metabolita della spugna, l’aeroplysinina.
L’aeroplysinina e l’aerothionina furono i primi due prodotti marini isolati da noi e di cui determinammo la struttura. Il successo ottenuto ci spinse a proseguire sulla chimica delle spugne,
anche perché avevamo stabilito un contatto con il Prof. Sarà di Genova,
zoologo esperto dei Poriferi di prestigio internazionale; con il suo aiuto ci
avvicinammo alla biologia delle spugne e ci avvalemmo di lui per la identificazione delle specie sotto indagine. Io andai a Genova per contattarlo e
qualche settimana dopo Egli tenne un seminario ad Arco Felice. Ricordo
che Gigi ed io eravamo così sprovveduti in biologia da chiedergli perché
le spugne erano da considerarsi degli animali; egli ci rispose: provate a
lasciare per qualche giorno una spugna all’aria e avvertirete il classico
cattivo odore di un animale che va in putrefazione.
Pietro De Luca e Raffaele Turco di fronte con altri studenti nel 1970
Bene. Il filone era aperto e appariva anche promettente. Ci furono altri
risultati che vuole ricordare?
Ben presto nuovi composti di natura furanoterpenica furono isolati da alcune spugne appartenenti all’ordine delle
Dictyoceratidae del genere Spongia ed Ircinia. Eravamo entusiasti dei risultati ottenuti. Cominciammo a darne comunicazione in Congressi e Seminari. Gigi parlò a Salice Terme nel Maggio del 71 al V Convegno Nazionale di
Chimica Organica della Società Chimica Italiana. Io tenni nell’Ottobre del 71 due Seminari in
Università della Gran Bretagna, uno ad Aberdeen e l’altro a Manchester.
Dai nostri contatti nazionali ed internazionali e
dai consensi ed incoraggiamenti ottenuti derivò
la sensazione che il nostro lavoro fosse apprezzato dalla comunità scientifica dei chimici delle
sostanze naturali. Questo ci gratificò molto e
contribuì a creare un ambiente di lavoro gradevolissimo. I rapporti umani tra noi ricercatori, i
numerosi studenti che lavorano alla tesi ad Arco
Felice, tra i quali vi erano Lello Riccio, Pietro
De Luca, Giordano Martone, Salvatore Forenza
e Franco Cafieri, i tecnici e tutto il personale
Manifesto della Stazione Zoologica di Napoli
24
Le Direzioni dell’Istituto
Le Direzioni che si sono avvicendate, prima al Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di
Interesse Biologico e poi all’Istituto sono dettagliate nella “Storia in pillole” nel capitolo “La Fondazione” dove sono anche ricordati vari momenti salienti della storia dell’Istituto tra cui i decreti
per il cambio di nome e l’istituzione dell’Istituto di Chimica Biomolecolare. Tutti i direttori hanno
da sempre messo in evidenza alcune carenze della sede e altri problemi connessi allo svolgimento
dell’attività di ricerca. Nel colloquio con il Prof. Nicolaus egli ha tenuto ad evidenziare le promesse di ampliamento della pianta organica del Laboratorio non mantenute dal C.N.R. Per quanto riguarda le ultime due direzioni, quella del Prof. Mario De Rosa e quella del Dr. Guido Cimino, appare interessante a questo riguardo proporre la rilettura di quanto scrivevano rispettivamente nel
Rapporto di attività del 1981 ed in quello del 1986 che rappresentano i momenti iniziali delle due
rispettive Direzioni. Di seguito sono riportati alcuni momenti delle direzioni Minale e di De Rosa
Rapporto di attività - Mario De Rosa 1981
PREMESSA
In qualità di Direttore dell’istituto di Chimica M.I.B.,
mi corre l’obbligo, nella presentazione del consuntivo
scientifico per l’anno 1981, di mettere in evidenza gravi
problemi che provocano difficoltà al corretto sviluppo
dell’attività di ricerca, la quale fino ad oggi non è stata
compromessa solo grazie all’impegno del personale
dell’Istituto.
A) Carenze delle strutture dell’Istituto
L’Istituto M.I.B. ha come sede provvisoria, da ormai 13
anni, due palazzine site nell’Area di Ricerca di Arco
Felice. Questi edifici furono concepiti per civili abitazioni ed il loro uso, come laboratori di ricerca, ha comportato non pochi compromessi. Oggi questa situazione
è aggravata da una generalizzata fatiscenza delle strutture, su cui per molteplici ragioni non si sono mai effettuati nel passato interventi di risanamento. Questa grave
situazione ha portato negli ultimi mesi del 1981
all’intervento delle autorità competenti….[che riscontrando gravi irregolarità]...hanno elevato contravvenzioni alle direzioni imponendo (120 giorni) con rapidità
una serie di interventi atti a garantire la sicurezza sul
posto di lavoro.
B) Assunzioni
Nonostante la nuova pianta organica dell’Istituto preveda l’acquisizione di 18 unità lavorative, ad oggi solo
uno dei concorsi è stato bandito. Va sottolineato che
questa situazione è tanto più grave, se si considera che
praticamente dalla sua costituzione l’organico
dell’Istituto non ha subito significative integrazioni.
Questo ha causato un aumento dell’età media del personale inaccettabile in una struttura di ricerca in evoluzione…..
[per la gestione amministrativa]...per 13 anni essa è
stata affidata a solo due archivisti dattilografi…
C) Grandi apparecchiature
All’istituto M.I.B. negli scorsi anni sono state assegnate
due grandi apparecchiature: uno spettrometro di massa
ed un apparecchio NMR da 500 MHz. Queste nuove e
Rapporto di attività - Guido Cimino 1986
Nel presentare la relazione sull’attività ordinaria svolta
all’I.C.M.I.B. nel 1986 volutamente tralascio qualsiasi
commento sull’attività scientifica lasciando all’analisi
dei dati oggettivi ogni valutazione.
...ma perdurando le condizioni di disagio, si corre il
pericolo di danneggiare irreversibilmente quanto di positivo è stato finora realizzato. Pertanto è indispensabile
che, in tempi brevi, alle più che leggittime attese siano
date risposte adeguate.
Dopo questa necessaria premessa, ritengo opportuno
fare alcune considerazioni in merito:
1)
2)
all’attività all’interno dell’I.C.M.I.B.
alla sua collocazione all’interno dell’Area di
Ricerca di Napoli
Attività all’interno dell’I.C.M.I.B.
Il 1986 ha visto profondi cambiamenti, il Prof. Mario
De Rosa che dal 1981 ha guidato con competenza e
sicurezza l’Istituto, a causa di subentrati impegni universitari, ha lasciato nei primi mesi dell’anno la direzione dell’Istituto. Contemporaneamente anche il Prof.
Guido Sodano, da sempre una delle personalità scientifiche di maggior rilievo dell’Istituto, ha preso servizio
quale professore straordinario presso la Facoltà di
Scienze dell’Università di Potenza. ….
Posizione dell’I.C.M.I.B. l’interno dell’Area di Ricerca
di Napoli
Dal 1978 l’ex Merrel è ritenuta l’unica sede che, in
tempi brevi, avrebbe potuto offrire un’adeguata soluzione logistica all’I.C.M.I.B. A questa soluzione tutto il
personale ha finora lavorato con rigoroso impegno, rispondendo a tutte le richieste e suggerendo più volte
razionali occupazioni degli spazi…..ciononostante fino
ad ora poco è stato realizzato e i tempi per l’attuazione
del trasferimento rimangono fissati in due-tre anni.
Spero fermamente che almeno a me non debba toccare,
come già successo per i Direttori che mi hanno precedu-
25
Per quel che riguarda il periodo della Direzione del prof. Nicolaus gran parte delle cose sono state
dette da lui stesso nel colloquio che abbiamo avuto mentre altre, a conferma di quanto egli diceva,
sono rintracciabili nella testimonianza del Prof. Fattorusso nell’articolo di Franco Vegliani e in gran
parte dei ricordi delle persone che ancora vivono in Istituto.
Il prof. Nicolaus è stato il Direttore del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse
Biologico dalla sua creazione, il 26 Gennaio del 1967, fino al Settembre del 1973; quello che rappresenta, se si guarda al grafico delle pubblicazioni scientifiche per anno, l’inizio del periodo della
“creazione”.
Superato lo stupore iniziale di dover fare ricerca chimica in villette di tipo turistico poi la si è fatta
davvero: si è dato spazio alla creazione di efficienti laboratori chimici con attrezzature
d’avanguardia che hanno permesso ai giovani di allora di acquisire familiarità con le tecniche più
moderne dell’indagine strutturale usandole in modo efficiente per le loro ricerche.
Come testimoniato dai rapporti di attività e dai ricordi di tutti, il periodo della direzione del prof.
Nicolaus è stato inoltre caratterizzato da intensi rapporti internazionali. Questi sono significativamente espressi nella scelta dei due componenti stranieri del Consiglio Scientifico ma sono stati anche primariamente costituiti dalla quotidianeità dei numerosi seminari tenuti in Istituto e dalle collaborazioni scientifiche internazionali che grazie ad essi vi si instauravano e che portavano, a mano a
mano, i ricercatori ad essere proiettati sulla scena internazionale data anche l’innovatività del contributo scientifico che tali studiosi stavano apportando.
E’ difficile dire se la volontà di “creazione” sia stata solo provocata da un escaping dall’Università,
che stava attraversando gli anni della contestazione studentesca, o se ciò fosse dovuto ad un disegno
politico più ampio contenuto dapprima nella riforma del C.N.R. fortemente voluta dal presidente
Giovanni Polvani (1960-1965) e continuato poi sotto la presidenza di Vincenzo Caglioti (19651972).
“Di fatto, nel 1968, sotto la presidenza di Vincenzo Caglioti vennero istituiti un rilevante numero di
nuovi organi di ricerca. Questa politica di espansione del CNR rappresentò un fattore positivo per
lo sviluppo di una rete di ricerca extra-universitaria in Italia. Tuttavia la mancanza di una seria
programmazione e l’assenza di interventi infrastrutturali adeguati non ne permisero il consolidamento.”
(da M.R. Valensise “I settanta anni del Consiglio Nazionale delle Ricerche 1923-1993, CNR, Roma e da E. Martuscelli La ricerca sui polimeri in
Italia IRTEMP-CNR ).
All’epoca la prima percezione di questa mancanza fu di Nicolaus come egli stesso evidenzia oggi
nelle conclusioni del colloquio che abbiamo avuto con lui.
Il 12 Febbraio del 1973 nella riunione del C. S. il prof. Minale, rispondendo al prof. Crescenzi -il
quale aveva chiesto informazioni circa la direzione del laboratorio- riassume la situazione “…. ricordando che il prof. Nicolaus ha inoltrato al presidente del C.N.R. (e per conoscenza al prof.
Monroy, presidente del Comitato di Coordinamento dell’Area di Ricerca di Arco Felice), una lettera in cui dichiara la propria indisponibilità ad una eventuale riconferma nella direzione del laboratorio.” Nello stesso anno, il 18 aprile, nella riunione del successivo C.S. il prof. Lederer propose di
scrivere al C.N.R. per quanto riguarda la nomina del nuovo direttore e del rinnovo del Consiglio
Scientifico stesso “...il C.S. di questo laboratorio,...preso atto della lettera...del prof. Nicolaus del
17 aprile del 1973 indirizzata al presidente del C.S., nella quale ribadisce la sua indisponibilità a
mantenere l’incarico della direzione del laboratorio, confermando così le dimissioni espresse nella
26
La Direzione del prof. Luigi Minale durò fino al luglio del 1981 quando egli fu sostituito dal prof.
Mario De Rosa, sebbene in precedenza lo stesso Mario De Rosa avesse svolto la funzione di direttore pro-tempore a causa degli impegni universitari e degli incarichi di insegnamento a Mogadiscio
del prof. Minale.
Uno dei momenti significativi del passaggio della Direzione Minale-De Rosa si rintraccia agevolmente nel verbale del consiglio scientifico del 3 luglio del 1980. In esso si legge:
“...Alcune indicazioni sulle persone che possono espletare il compito di dirigere l’Istituto sono già
venute nella scorsa seduta del C.S. [il prof. Minale]..aggiunge che nel periodo della sua assenza il
dr. Mario De Rosa ha ben espletato il compito di sostituirlo e che questo è stato fatto con la collaborazione di tutto il personale. La sua indisponibilità è irrevocabile a partire dalla scadenza del
suo mandato (agosto 1981); non sarebbe tuttavia alieno da interrompere prima qualora se ne ravvisasse la necessità. Nell’esprimere la sua disponibilità ad un futuro rapporto di collaborazione
con l’Istituto e nel dichiararsi d’accordo con il principio della rotazione discusso nella precedente
seduta del C.S. invita il C.S. stesso a dare un’indicazione sulla persona che dovrebbe cominciare
la rotazione.”
Dopo una “approfondita discussione nella quale prendono la parola il prof. Bu’Lock, il dr. Trivellone, il prof. Mangoni, il prof. Mammi e il prof. Jommi” il C.S. individua nelle persone di Mario
De Rosa e di Guido Sodano due ricercatori dell’Istituto che “attualmente offrono tutte le garanzie
per assolvere ai compiti di Direttore, in accordo anche con le segnalazioni dell’attuale Direttore e
tenendo conto che il personale è a conoscenza di tali candidature ed ha mostrato il suo gradimento.”. Dopo aver ricordato brevemente i profili curricolari dei due ricercatori e dopo aver registrato
la loro disponibilità ed averli segnalati entrambi all’attenzione del Comitato Scienze Chimiche, il
verbale si conclude in questo modo: “segnala peraltro che il Dr. De Rosa ha già tenuto protempore la direzione dell’Istituto dal 15 gennaio del 1980 fino al 25 giugno del 1980 con pieno
merito e soddisfazione secondo quanto riconosciuto dal personale, dal C.S. e dallo stesso attuale
La Direzione Mario De Rosa
La crescita scientifica dell’Istituto negli
anni 80 e la scelta consapevole di volere un direttore a “tempo pieno” portano
ad esprimere, dal personale in staff
all’Istituto, il successore a Luigi Minale, chiamato a coprire un ruolo di professore ordinario prima presso
l’Università di Catania e successivamente di Napoli. Il testimone tocca ad
un giovane ricercatore, Mario De Rosa,
responsabile del reparto “Batteri termofili”, una unità di ricerca dovuta alla
lungimiranza del compianto prof. J. D.
Bu’ Lock, autorevole membro del Consiglio Scientifico. Entrato appena laureato in chimica nell’Istituto da poco
fondato, Mario De Rosa e la giovane
ricercatrice Agata Gambacorta si dedicano con spirito pionieristico ed entusiasmo allo studio delle forme di vita
presenti negli ambienti ad alta temperatura, una tematica, nata come una curiosità scientifica legata alla natura vulcanica dei luoghi. Ma in pochi anni questa ricerca si sviluppa, diventando uno
dei punti di forza dell’Istituto, e si rivela ricca di risultati di grande rilevanza
scientifica, che trovano nella medaglia
Ciamician concessa a Mario De Rosa
dalla Chimica Organica italiana il giusto riconoscimento.
Già da responsabile del Reparto Batteri
Termofili si evidenziano le doti di organizzatore ed il dinamismo di Mario De
Rosa, infatti all’attività del piccolo
gruppo di ricerca da lui diretto si deve
la scoperta del primo organismo appartenente alla terza linea evolutiva della
vita sul nostro pianeta, l’archeobatterio
Caldariella acidofila, un nome che
riecheggia la sua paternità napoletana.
Successivamente la scoperta in questi
microrganismi di nuove tipologie di
lipidi isoprenoidici e di un modello
organizzativo di membrana cellulare
sostanzialmente differente da quello
presente in tutti gli organismi viventi
fino ad allora noti porta l’attività del
gruppo e dell’Istituto all’attenzione
internazionale. Una politica aperta di
collaborazione estesa a livello nazionale ed internazionale rende l’Istituto un
importante punto di nucleazione che
porta l’avvincente tematica degli organismi estremofili all’attenzione di prestigiosi laboratori nazionali ed internazionali interessati allo studio dei mec-
canismi molecolari alla base della vita a
temperature superiori al punto di ebollizione dell’acqua. Un seme importante
se si considera che oggi più di un centinaio di gruppi di ricerca in Europa si
interessano a questa tematica.
Quelli della direzione di Mario De Rosa
sono anni difficili per l’inconciliabilità
del processo di crescita dell’Istituto con
i limiti delle strutture di Arco Felice
nate con logiche abitative. Si incomincia un lungo e difficile processo di
ricerca di nuovi spazi più adatti alle
esigenze di laboratori di ricerca ed inizia la tormentata acquisizione da parte
del CNR della struttura della ex-Merrel
in Napoli. La crescita dell’Istituto e la
stringente necessità di collocare in spazi adatti le attrezzature specialistiche
della Risonanza Magnetica e della Massa spingono Mario De Rosa ad attivare
accordi di collaborazione con
l’Università Federico II, che mette a
disposizione spazi e strutture presso le
strutture del Policlinico di via Pansini.
La grande vitalità dell’Istituto emerge a
pieno durante il difficile e lungo periodo del bradisismo, costellato da numerosi momenti di reale pericolo per uo-
27
Il 23 gennaio 1986 ci fu un consiglio scientifico abbastanza importante per le decisioni che si dovevano prendere. In esso il prof. Mario De Rosa comunicò che aveva presentato le sue dimissioni da
collaboratore tecnico-professionale del CNR a seguito della chiamata a ricoprire un posto di professore associato alla I Facoltà di Medicina dell’Università di Napoli e che aveva “in tal senso informato il Presidente del Comitato per le Scienze Chimiche al fine di avviare la procedura per la sua
sostituzione.”
Il consiglio scientifico in quella riunione dopo aver preso atto di alcuni verbali assembleari del personale dell’Istituto e ribadendo che allo stato “esiste nell’Istituto più di un ricercatore in grado di
ricoprire validamente l’incarico di direzione, pur con diverso grado di maturazione…” stabilì quattro criteri sui quali valutare le candidature. Tra l’altro si disse che “tenuto conto del momento particolare della vita dell’Istituto, il C.S ritiene opportuno formulare al Comitato una indicazione nominativa unica al fine di giungere ad una rapida decisione.” Fra i quattro criteri c’era uno che riteneva
“auspicabile [un] avvicendamento di competenze nelle tematiche di ricerca proprie dell’Istituto.
Pertanto, tenendo presente anche il [suddetto] criterio dei quattro sovraesposti nel valutare i possibili candidati, il C.S. ritiene di poter suggerire il nome del dr. Guido Cimino quale direttore
dell’Istituto per il prossimo mandato.”
La direzione del dr. Guido Cimino si è strutturata su più mandati: dal 1 Luglio 1986 al 30 Giugno
1990 (primo mandato); dal 1 Luglio 1990 al 30 Giugno 1992 (secondo mandato); dal 1 Luglio 1992
al 30 Giugno 1996 (terzo mandato); dal 1 Agosto 1996 al 31 Luglio 2000 (quarto mandato); dal 1
Agosto 2000 a tutt’oggi.
Nel consiglio scientifico del 17 novembre del 1989 in occasione della discussione del punto
all’ordine del giorno intitolato “Proposte da inserire in un eventuale piano di ristrutturazione degli
Organi del CNR” il direttore presentò una relazione nella quale erano contenute alcune considerazioni su circa venti anni di storia dell’Istituto. In particolare, dopo aver tracciato un quadro delle
tematiche operative all’interno dell’Istituto e del personale ad esse afferente egli concludeva “Il merito di aver costruito questa struttura, unica in Italia, dove l’ottima integrazione delle diverse competenze ha consentito a tutte le tematiche di esprimersi su livelli di eccellenza, va riconosciuto prevalentemente all’opera di quanti mi hanno preceduto nel dirigere l’ICMIB ed alla politica di sviluppo suggerita da tutti i membri dei diversi Consigli Scientifici. Ovviamente tutto ciò sarebbe stato
vano senza la presenza nell’ICMIB di uno straordinario gruppo di ricercatori perfettamente coadiuvato dal personale tecnico ed amministrativo. La validità dell’attività scientifica prodotta
nell’ICMIB è testimoniata anche dal successo riportato da diversi ricercatori in concorsi universitari: 1975 (prof. Minale), 1985 (prof.ri De Rosa e Sodano), 1986 (prof R. Riccio), 1987 (dr. VirigiPubblicazioni ICMIB su riviste internazionali (a) e nazionali (b) nel periodo 19701988
Linee
1970-1979
1980-1984
1985-1987
1988 (ultimo anno)
a
b
a
b
a
b
a
b
SN
83
1
46
-
47
1
9
1
BT
39
7
36
-
34
-
11
-
NMR
37
1
15
1
17
-
8
-
MS
8
8
1
4
2
1
10
1
RX
7
-
6
-
4
-
3
-
28
29
I consigli scientifici
Membri del Consiglio Scientifico
dell’Istituto per la Chimica di Molecole
di Interesse Biologico
(dal 1969 al 2001)
Prof. A. Ballio
1993-1997
Prof. J.D. Bu’ Lock
1969-1992
Prof. G. Carrea
1997-2001
Prof. V. Crescenzi
1969-1973
Prof. J. Degani
1993-1997
Prof. G. Jommi
1973-1992
Prof. E. Lederer
1969-1982
Prof. M. Mammi
1969-1992
Prof. L. Mangoni
1976-2001
Prof. L. Panizzi
1969-1970
Prof. E. Peggion
1997-2001
Prof. P. Potier
1993-1997
Prof. J. Ros
1997-2001
Prof. Vitagliano
1970-1973
Dr. G. Cimino
1986-2001
Sig. A. Crispino
1997-2001
Prof. M. De Rosa
1973-1986
Dr. S. De Rosa
1973-1992
Dr. S. De Stefano
1969-1973
Sig. E. Esposito
1997-2001
Dr. A. Gambacorta
1982-1993
Dr. M. Gavagnin
1993-2001
Dr. A. Malorni
1982-1993
Prof. L. Minale
1969-1981
Dr. A. Motta
1997-2001
Prof. R.A. Nicolaus
1969-1976
Dr. B. Nicolaus
1993-1997
Dr. R. Puliti
1993-1997
Prof. G. Sodano
1969-1970; 1977-1986
Dr. T. Tancredi
1986-1997
Dr. E. Trivellone
1970-1986
In base alla normativa vigente prima della recente riforma, agli Organi
del CNR era preposto un Consiglio Scientifico composto oltre che da
membri interni anche da esperti sia italiani che stranieri, cui erano demandate importanti funzioni quali quelle di fissare le linee generali di
attività dell’Organo e di esprimere annualmente un parere sull’attività
svolta.
Al di là dell’aspetto formale, i Consigli Scientifici che si sono succeduti nel Laboratorio per la Chimica e la Fisica di Molecole di Interesse
Biologico prima e nell’Istituto di Chimica di Molecole di Interesse
Biologico poi hanno sempre operato in un clima di totale consonanza
con i Direttori protempore e con il personale scientifico, tecnico e amministrativo. Tale sinergia ha certamente contribuito al conseguimento
dei risultati che hanno collocato il Laboratorio (e poi l’Istituto) in una
posizione di tutto rilievo in campo sia nazionale che internazionale.
All’atto della sua fondazione (nel 1969) la presidenza del Consiglio
Scientifico del Laboratorio venne affidata al prof. Edgar Lederer,
all’epoca direttore dell’ Istituto di Chimica delle Sostanze naturali del
CNRS di Gif sur Yvette, presidenza tenuta fino al 1982. Scienziato di
fama mondiale, Edgar Lederer ha portato contributi rilevanti in numerosi campi della chimica organica, tra i quali non possono essere taciuti
la introduzione e lo sviluppo dei metodi cromatografici nello studio
delle sostanze naturali. Chi scrive, entrato a far parte del Consiglio
Scientifico a partire dal 1976, lo ricorda presiedere il Consiglio con
grande autorevolezza passando con estrema disinvoltura dal francese
all’inglese non senza qualche escursione in italiano.
Nel 1983 a succedere al prof. Lederer venne chiamato il prof. John
Bu’Lock, eminente studioso del Dipartimento di Chimica
dell’Università di Manchester, noto soprattutto per i suoi studi sui metaboliti di microrganismi, il quale faceva parte del Consiglio già dal
1969. Non è peraltro priva di significato la circostanza che, all’inizio
della sua carriera, Bu’Lock si era anche dedicato allo studio della biosintesi delle melanine, sostanze che proprio a Napoli sono state e sono
oggetto di indagini approfondite. John Bu’Lock rimase alla presidenza
del Consiglio Scientifico fino al 1992, anno in cui lasciò anche il Consiglio.
Nel 1993 la presidenza fu assunta, non senza qualche giustificato timore nell’essere chiamato a portare avanti l’opera dei due illustri predecessori, da chi scrive, che la ha poi conservata fino alla confluenza
dell’Organo nel nuovo Istituto di Chimica Biomolecolare. Fortunatamente, anche in questo periodo il Consiglio ha potuto avvalersi della
preziosa collaborazione di due prestigiose personalità straniere: il francese Pierre Potier, direttore dell’Istituto di Gif sur Yvette al cui vertice
era già stato Lederer (dal 1993 al 1997) e lo spagnolo Joandomenec
Ros eminente studioso di Ecologia marina (dal 1997 al 2001).
Dei vari Consigli Scientifici che si sono succeduti hanno naturalmente
fatto anche parte, oltre ai membri interni, molti valenti colleghi italiani.
Tra tutti, voglio citare soltanto il compianto prof. Giancarlo Jommi
dell’Università di Milano ed il prof. Mario Mammi dell’Università di
Padova, i quali mi sono stati più a lungo accanto nel Consiglio Scientifico. Del primo mi piace ricordare la profonda umanità ed il raro equilibrio con il quale contribuiva a risolvere i problemi all’esame del
Consiglio; del secondo la eccezionale conoscenza di tutte le normative
CNR e la cura con cui annotava in un apposito quaderno personale il
resoconto di tutte le adunanze.
30
Le personalità scientifiche straniere
Il Consiglio Scientifico dell’Istituto ha da sempre goduto della presenza di diverse personalità
scientifiche straniere che hanno brillantemente indirizzato i giovani ricercatori presenti all’inizio
su tematiche che si sono poi rivelate di enorme profitto scientifico. Si ricordano qui i primi, il
Prof. Edgar Lederer e il Prof. John Desmond Bu’ Lock. Entrambi seppero cogliere d’istinto gli
aspetti territoriali che lasciavano intravedere la possibilità di proficue indagini scientifiche; accanto alla brillantezza professionale non bisogna dimenticare la loro passione per gli interessi più
variegati e l’impegno politico. All’inizio della sua appartenenza al consiglio scientifico
dell’Istituto il Prof. Lederer era schierato contro la guerra del Vietnam.
Più recentemente hanno fatto parte del Consiglio scientifico il Prof. Pierre Potier, che come il
Prof. Lederer è stato direttore dell’Istituto di Chimica delle sostanze naturali del CNRS a Gif sur
Yvette, e il Prof. Joandomenec Ros del Dipartimento di Ecologia dell’Università di Barcellona.
Di seguito sono riportati due ricordi per il Prof. John Desmond Bu’ Lock, citando un articolo su
Biotechnology Techniques da lui diretto, e per il Prof. Lederer citando un sito Internet dove sono
riportati cenni della sua biografia. Sono inoltre riportati un planning di Bu’ Lock del 1969 e due
John Desmond Bu’ Lock 1928
- 1996
...“Almost everyone who met
John was immediately struck by
his sheer intellectual brilliance.
He dazzled us with his breadth
of knowledge, and not just biotechnology and chemistry which
were his professional loves, but also in matters antiquarian, in medieval archaeology as well as being a
devotee of Japanese gardens all of which received
his immeasurable enthusiasm…”
“….Although John’s work and interests on fungal
metabolites continued until his retirement, he could
not resist challenges: in 1970 scientists at the CNR
Institute in Pozzuoli, Italy, asked John to help them
unravel the complexities of the lipids being recovered from bacteria isolated from volcanic fumeroles.
These were the thermophilic, acidophilic archaebacteria. John visited Italy many times to carry out the
collaborative proramme - set up long before European Union grants were available. From this work came the first structures of the isopranoid ether lipids
though other researcher elsewhere were also
working hard to claim priority in his newly emerging areas….”
Biotechnology Techniques Volume 10 No. 6 (June
Edgar Lederer 1908 - 1988
Né à Vienne en 1908, Edgar Lederer
a connu bien des vicissitudes avant
de devenir directeur à l'Institut de
chimie des substances naturelles à
Gif. Son origine juive l'obligea à
quitter l'Autriche, en 1930, pour l'Allemagne qu'il dut fuir à son tour en
1933 à l'arrivée d'Hitler. Sans vrai contrat en France, il
part pour l'URSS et devient directeur de l'Institut des
Vitamines à Léningrad. Les purges staliniennes le font
revenir en France en 1937. Intégré au CNRS il en est
exclu par les lois anti-juives de 1941. Réintégré en 1944
il travaille à partir de 1947 à l'Institut de biologie physico
-chimique à Paris. En 1958 il succède au Pr Fromageot, à
la Sorbonne. C'est à cette époque que le projet de l'ICSN
se développe, Edgar Lederer en sera l'un des deux directeurs jusqu'à sa retraite en 1978. Précurseur dans de
nombreux domaines, il avait noué des contacts avec l'industrie dès 1939. Ses contrats lui valent de sévères critiques... avant d'être officialisés en 1950 et repris par
l'ANVAR en 1966. Son nom reste attaché à la chromatographie qu'il a largement contribué à introduire et développer. Il savait détecter "d'instinct" les sujets de recherche prometteurs et son champ d'action était très ouvert .
En 1986 il faisait remarquer que ses dernières publications étaient parues dans "Infection and Immunity" et
"Pharmacology". Ceux qui l'ont connu à Gif se souviennent de son engagement contre la guerre du Vietnam.
31
Il 17 giugno del 1969 in preparazione della seduta del Consiglio Scientifico di luglio il prof. Bu’
Lock scriveva a tutti i membri del consiglio scientifico e al direttore dell’Istituto la lettera riportata
nel riquadro a fianco corredata da una analisi riportata per intero qui di seguito. Proporre la rilettura
di questo documento ci pare abbastanza interessante. Esso testimonia l’impegno che le personalità
scientifiche straniere del Consiglio Scientifico profusero nel17th June, 1969.
lo sviluppo del Laboratorio e ripropone alcune linee organizTo the Director and to all members of the zative standard che dovrebbero essere tenute presenti, non
Scientific Council
senza qualche aggiornamento dovuto ai tempi, nello sviluppo
del nuovo Istituto di Chimica Biomolecolare.
The following comments upon planning our future activities are being circulated to you at my request. They summarise
my own opinions on several topics and represent only my own personal thoughts. I
have asked for them to be circulated in advance of our July meeting so that they can
be considered without the disadvantages
which would follow if I were to express
them personally at the meeting, with all the
linguistic problems this would entail. I respect highly your judgement upon my opinions and submit them with great respect.
Planning the Arco Felice Institute
1. The Institute cannot be justified if it provides merely an alternative
locale for existing programmes of research. It must itself add to the range
of existing programmes by developing innovation in research lines. It
should also promote both new and existing research interests by the introduction of new techniques and facilities. In all these aspects the question of personnel is of central importance.
2. Given that the Institute should exíst, why should it be in the Naples
area? It must exploit fully any relevant advantages which can be gained
from its location. The first of these is that the attractive situation should
assist certain aspects of recruitment which are discussed below. The second is that research lines should so far as possible exploit favourable
Yours sincerely,
local circumstances. One such circumstance is the nearby availability,
partly but not exclusively through the Stazione Zoologica, of expert
knowledge and research material in the area of marine biology. Non-zoological aspects of marine life, and in particular
algology and the virtually unknown area of marine mycology, are also important in this respect. Another regional advantage is the availabílity of a unique flora of thermophílic, halophilic, and acidophi'lic bacteria in the thermal area of
Pozzuoli. Such considerations help to define research areas for which the situation of the Institute provides unique attractions.
3. The question of the general character of research to be studied wíthin the broad terms “Chemistry and Physics” requires attention, particularly in relation to laboratory equipment. My view is that two areas can usefully be defined, in
terms of two kinds of “molecules of biological interest", namely “Small Molecules" and “Large imolecules".
Under the heading “Small Molecules", the existing
interest in animal pigments should be pursued, but new problems, preferably in a marine animal context, should be developed to take the place of the phaeomelanin problem which
now has a limited future. Work on phytochrome problems should be developed in connection specifically with phytochrome effects in algae, which offer specific experimental advantages. Work in chemical microbiology should develop
out of programs on marine mycology and on the bacterial fauna of the thermal areas.
The field of “Large Molecules" offers special scope for new developments, partícularly in relation to dynamic aspects
of the conformational studies of biologically active macromolecules. The application of physical methods to the investigation of chemical mechanisms and small-scale structures in bio-macromolecules, should be a major part of the Institute’s particular program.
4. Major items of equipment for the Institute should follow above considerations. The N.M.R. group will provide a
general service facility but it should also develop a research interest within the above framework and preferably within
the “Large Molecules" area.If in this area the group develops sufficient research potential to justify the installation of a
220 MCS machine, at a minimum cost of $ 200,000, Scientific Council should be prepared to plan for such an installation in about five years time.
The “Large Molecules" area should also develop the use of ORD/CD methods and acquire the necessary instrumentation in the immediate future.
The question of high-quality instrumentation is related to some aspects of recruitment: first, permanent personnel will
need to acquire high-quality technical competence; second, temporary personnel of high quality will be attracted to a
specially well equipped Institute. A completely new technique has obvious advantages on both counts. Such a technique, which promises to be of very great potential in chemical study of biological materials, is that of Induced (Auger)
32
Electron Emíssion spectrometry. My information on this technique leads me to the proposition that the requisite instrumentation [e. g. Varian V- IEE- 15, $ 70,000; AEI - ES - 100, price not known] should be purchased as soon as possible
and that suitable personnel should be assigned for training.
5.On the general question of personnel the following points merit consideration.
a) The maximum use should be made of the Institute’s powers to second staff to suitable centres, in Italy and abroad,
for the specific purpose
of training in new experimental techniques.
b) New permanent staff should be recruited by the normal process of press advertisement, placing notices in newspapers in Italy and in intemational scientific joumals such as " Nature" , " Science" , " Eur. J. Biochem.“ , etc., followed
by the submission of a written curriculum vitae and by interview by the Director of the Laboratory and representatives
of the Scientific Council.
c) The maximum use should be made of the Institute’s powers to recruit temporary staff from elsewhere, both in Italy
and outside. The aim of such appointments should be to secure something more than the mere presence of a visiting
research worker, and to recruit temporary staff of the highest possible calibre who would have the task of establishing
new research lines in the Institute. A suitable mechanism for securing this would be to recruit someone for, say, a total
of 12 months distributed as convenient over a period of three years, during which time the visitor would establish a new
research line, to be carried out with Institute staff, in the hope that at the end of three years, research in this area would
have become an integral part of the Institute’s work and could be continued independently by the permanent staff who
had been involved. I have no doubt that such appointments could be made sufficiently attractive to scientists of real
distinctíon; this would overcome many of the difficulties in staffing the Institute, by providing very skilled direction for
new research lines and new techniques.
A scheme of this kind, for "visiting directors" , would still leave scope for “visiting fellowships" of the normal kind,
which can have a valuable ínfluence in less direct ways.
6. With regard to the balance between the Council’s two duties, of supervising the development of the Arco Felice Institute and of giving financial support to research programmes elsewhere I believe that in the immediate future, the
needs of the Arco Felice laboratory, as outlined above, should be our first concern, so far as this does not jeopardise
valuable research elsewhere. The criteria for research support in other laboratories should in general be similar to those
outlined above for Arco Felice itself, with particular emphasis upon innovation, training, the acquisition of new techniques, and the maximum spread of benefits, within the appropriate areas of scientific interest.
To enable the Council to make a proper judgement on applications for the support of research in other laboratories,
such applications should be made in a standard manner and should provide the Council with clear statements along the
Il 26 Novembre del 1981 ci fu una cerimonia per la consegna di una targa ricordo al prof. Lederer
che lasciava il C.S. stesso: gli fu consegnata la targa e durante la cerimonia alcuni ricercatori
dell’Istituto tennero delle comunicazioni circa la loro attività scientifica.
Qui sotto è ricordato il Programma di quella manifestazione.
Programma
Ore 10.15
Consegna targa ricordo al Prof. Lederer
Ore 10.30
Chimica e comportamento di difesa di alcuni nudibranchi mediterranei G. Cimino, S. De
Rosa, S. De Stefano e G. Sodano
Ore 11.00
Recenti risultati su saponine e steroidi poliossidrilati da stelle di mare L. Minale, C. Pizza,
R. Riccio, e F. Zollo
Ore 11.30
Caffè
Ore 12.00
Lipidi degl arcaebatteri, una nuova storia evolutiva in termini molecolari M. De Rosa, A.
Gambacorta, B. Nicolaus e J.D Bu’ Lock
Ore 12.30
Nuovi processi nel settore biotecnologico basati sull’impiego di arcaebatteri M. De Rosa, A.
Gambacorta, B. Nicolaus, V. Buonocore e E. Drioli
33
Pierre Potier
Bom 22nd August 1934, Bois-Colombes (near Paris)
Pharmacist (Paris, 1957)
Ph.D. (physical and chemical sciences) (Paris,
1960)
Laureate: Faculty of Pharmacy, Paris (1954,
1955, 1957)
Laureate: National Academy of Medicine
(1960,1990)
Laureate: French Chemical Society (Le Bel and
Raymond-Berr awards) Laureate: Royal Society
of Chemistry, London, 1990
Hanus Medal, Pragues 1990, etc.
Member of the french Academy of Sciences, of the
National Academy of Pharmacy, of the "Comit
Acadmique des Applications de la Science"
Director of the "Institut de Chimie des Substances
Naturelles" of the National Center for Scientific Re-
Member of the European Organization for Research
and Treatment of Cancer (E. 0. R. T. C.) Member of
the board of editors of various international scientific
journals etc.
Joandomenèc Ros
Born 1946 in Barcelona (Spain), married, three children. Biology Studies in the University of Barcelona
(UB), where he graduated (1968) and did his Ph.D.
thesis (on Ecology of Opisthobranch Molluscs, 1973).
Assistant professar (1970-81) in the UB and professor
in the Universities of Murcia (UMU,1981-86), La Laguna (1983) and UB (from 1986 onwards), where he
teaches undergraduate and postgraduate courses on
General Ecology, Marine Ecology, Opisthobranch
Biology and Environment Science. Former head of
the Department of Ecology (UMU, 1981-1986), which
he boosted, and of the UB (1986-93), where he succeeded Prof. Ramon Margalef, his Ph.D. thesis director.
Main research fields: (1) ecology of Opisthobranchs
(25 scientific papers); (2) ecology and bionomy of
littoral bottoms and their benthic communities (34
Chromodoris elegans, Mar Rosso
search at Gif-sur-Yvette
Professor of Chemistry at the National Museum of
Natural History in Paris
Visiting-Professor at the University of Strathclyde
(Glasgow, U.K.) (1984-1990)
President of one of the sections of the National
Committee for Scentific Research (1988-1991)
Member of the Scientific Board of the National Center for Scientific Research
Founder (with Y. BAN) of the French Japanese Society for fine and medicinal chemistry
Founder (with E.J. COREY) of the FrenchAmerican Chemical
Society
Consulting member of the UN'F-SCO
La copertina di uno dei libri del Prof. Ros
papers and 3 books); (3) ecology of marine benthic
groups (22 papers). Other papers, 3 books and a score
of technical reports on environmental impact studies
and conservation. He has directed and/or participated
in many research programs on these topics, and has
formed several specialist and research teams on marine
benthos ecology in several Spanish universities, with
34
which he currently collaborates. He has a long relationship of collaboration with the Istituto per la
Chimica delle Molecole di Interesse Biologico
(ltaly), and with other European and American research centres. Author or coauthor of more than one
hundred technical and scientific papers. Editor or
author of several books, among them: Pràcticas de
Ecologa (1979), Els sistemes naturals de les illes
Medes (1984), Topics in Marine Biology 1989),
Homage to Ramon Margalef, or Why there is such
pleasure in studying nature (1992), La nostra ecologia de cada dia (1995) Topics in Marine Benthos
Ecology (1995), La extinciòn ce especies animales y
vegetales (1995), Ecology of Marine Molluscs
(1997) and Trossos do natura inacabats (1997).
He has attended several national and international
scientific meetings, some of which he has organized,
to which communications and/or invited lectures
were presented. He is or has been editor or director
of three scientific journals and is member of the Editorial Committee of several others. Fellow of several scientific societies and of the Institut d'Estudis
Catalans and other academies, and member of some
consultative bodies of the European, Spanish Portu-
Da sinistra: Giacomo Carrea, Joandomenec Ross ed Enrico Esposito alla
riunione del Consiglio Scientifico del Luglio 2001 nella nuova sede. Tra i
presenti, dalla sinistra: Rosaria Vaccaro, Enrico Trivellone, Salvatore De
Rosa, Agata Gambacorta (nascosta) e Antonio Trincone.
Il pranzo dopo il Consiglio Scientifico del Luglio 2001. A partire dal basso a sinistra: Aniello Lopez, Antonio Crispino, Giacomo Carrea,
Guido Cimino, Lorenzo Mangoni, Agata Gambacorta, Andrea Motta, Margherita Gavagnin (nascosta), Enrico Trivellone, Joandomenec Ross
e Guido Villani.
35
I reparti
Attività scientifica dalla fondazione al 1994
Sia il Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico inizialmente, sia
l’Istituto successivamente, si sono dati da sempre un’organizzazione per Reparti.
La parola reparto compare già nel primo rapporto del prof. Nicolaus del 1969.
Si formarono differenziati nel tempo il Reparto Sostanze Naturali, il Reparto di Risonanza Magnetica Nucleare, il Reparto Batteri Termofili, il Reparto Spettrometria di Massa e la Linea di Ricerca
Cristallografia.
Luigi Minale fu il primo caporeparto del Reparto Sostanze Naturali in seguito sostituito da Guido
Cimino, da Salvatore De Stefano e poi da Salvatore De Rosa.
Il reparto di Risonanza Magnetica Nucleare fu affidato all’inizio al Prof. Temussi e successivamente a Enrico Trivellone, ed in seguito a Teodorico Tancredi.
Il reparto Batteri Termofili è stato prima diretto da Mario De Rosa e poi da Agata Gambacorta.
Il reparto di Spettrometria di Massa è stato seguito sempre da Antonio Malorni.
La Linea di ricerca Cristallografia è stata da sempre affidata a Raffaella Puliti.
In un consiglio scientifico del 1993 si discusse circa la riorganizzazione dell’Istituto e il coordinamento scientifico delle varie linee fu affidato ai singoli ricercatori.
I reparti non venivano cancellati ma mantenuti nell’organizzazione dell’Istituto nella speranza di
conservarne la funzione coesiva, per quanto riguarda la funzionalità generale, il coordinamento
economico, la responsabilità delle apparecchiature etc.
Nelle pagine che seguono è dettagliata l’attività dei vari reparti dall’inizio al 1994.
Ai capireparto attuali è stato affidato il compito, non facile, di ricordare e riportare quello che il
loro reparto ha dato alla vita dell’Istituto in termini non soltanto scientifici ma anche di organizzazione delle risorse umane e di storia personale. A Salvatore De Rosa (Sostanze Naturali), Agata
Gambacorta (Batteri Termofili), Antonio Malorni (Spettrometria di Massa), Raffaella Puliti (Linea
di Ricerca Cristallografia) e a Teodorico Tancredi (Risonanza Magnetica Nucleare), va un grosso
ringraziamento.
Il coordinamento scientifico delle varie attività dopo il 1994 è stato affidato ai singoli ricercatori
cui è stato chiesto di contribuire con un inquadramento, nella storia dell’Istituto, della loro attività;
tali contributi sono riportati in seguito nel capitolo “Le linee di ricerca attuali dell’Istituto”.
36
Reparto Sostanze Naturali
da bromocomposti di origine tirosinica, a vari tipi di
Salvatore De Rosa
terpeni, tra cui gli insoliti C-21 furanoterpeni, a steroli
inusuali, come gli A-nor e 19-nor, a metaboliti di origi-
Il Reparto di Sostanze Naturali, fin dalla nascita
ne mista, mevalonica benzenoide, non dimenticando un
dell’Istituto, tranne un brevissimo periodo iniziale teso
gran numero di altri metaboliti che non trovano
al completamento degli studi sulle feomelanine, già
un’unica etichettatura.
argomento di ricerca del Centro CNR progenitore del
La prima spugna ad essere studiata, fu la Aplysina ae-
Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Inte-
rophoba, da cui fu isolato un bromo composto, denomi-
resse Biologico, ha operato nel campo dei metaboliti da
nato aeroplisinina-1, di cui è ben chiara la sua origine
organismi marini. Su suggerimento del lungimirante
tirosinica. L’aeroplisinina-1 data l’elevata attività cito-
Prof. E. Lederer, presidente del Consiglio Scientifico,
statica, contro diverse linee cellulari, fa parte di un ri-
nel Laboratorio si diede inizio lo studio dei metaboliti
stretto numero di molecole naturali tuttora sottoposto a
secondari da organismi marini, quest’idea sembrò un
studio come potenziale farmaco anticancro. Dalle spu-
azzardo, perché all’epoca della fondazione del Labora-
gne del genere Ircinia, successivamente, furono isolati
torio (fine degli anni ’60), in letteratura si potevano
quattro sesterterpeni aciclici con il raro gruppo furani-
contare solo pochissimi lavori su tale argomento, ma
co, mentre dal genere Cacopongia fu isolato un impor-
visto i risultati ottenuti in pochissimo tempo, tale scelta
tante gruppo di sesterterpeni tetraciclici, con uno sche-
fu vincente.
letro carbonioso nuovo, denominato scalaranico. Il
Nel Reparto, all’inizio, operavano i dr.i Guido Cimino,
H
Salvatore De Stefano e Guido Sodano, ed i sigg. Antonio Crispino e Gennaro Scognamiglio, coordinati dal
O
Prof. Luigi Minale, nonché numerosi studenti, del corso
di laurea in Chimica dell’Università di Napoli, per svol-
HO
O
O
gere la loro tesi sperimentale. A questi si aggiunse poco
dopo il dr Raffaele Riccio, già frequentatore del laboratorio in qualità di studente.
O
Cacospongionolide B
Nel corso di pochi anni ci si rese
composto più rappresentativo di questo gruppo è lo
conto che gli organismi marini
scalaradiale, tuttora oggetto di studi, per le sue proprie-
erano una fonte inesauribile di
tà biologiche. Esso è un ottimo inibitore della fosfolipa-
nuove molecole con caratteristiche
si A2, ed ha delle potenziali applicazioni in campo far-
strutturali mai riscontrate in natu-
maceutico. L’importanza del ritrovamento di tutti que-
aeroplisinina-1 ra, infatti, furono isolati e caratte-
sti sesterterpeni, a parte le loro caratteristiche strutturali
Br
Br
HO
CN
rizzati numerosi composti. Il pri-
e biologiche del tutto insolite, risiede nel fatto che pri-
mo periodo fu, quindi, dedicato allo studio sistematico
ma di questi ritrovamenti (1972) in letteratura erano
dei metaboliti secondari da poriferi del golfo di Napoli,
riportati solo 13 sesterterpeni naturali. Ulteriori studi,
analizzando circa trenta specie, appartenenti a quattro
sempre su spugne della famiglia Spongiidae, portarono
ordini: Dictioceratida, Poecilosclearida, Halicondrida
all’isolamento dei cacospongionolidi, un nuovo gruppo
ed Axinellida, che permise l’isolamento di circa 100
di sesterterpeni, con potente attività antibiotica ed anti-
nuovi prodotti di varia complessità strutturale andando
infiammatoria, con l’inibizione specifica della fosfoli-
37
pasi A2. Il più studiato, il cacospongionolide B, quando
con
l’inibizione
è somministrato ai ratti, esplica un’azione anti-
degli enzimi ciclo-ossigenasi e
HO
lipo-ossigenasi,
ed una moderata
O
O
attività
O
ircinina
O
crobica. Per queOH
O
O
antimi-
Cl
O
ste ultime proprietà, si sta moPomata a base di avarolo
strando un ottimo
composto contro alcune dermatite, con un potenziale
infiammatoria superiore ai comuni farmaci anti-
uso topico. Attualmente, in Germania, è in vendita una
infiammatori non steroidei, e non mostra i ben noti ef-
pomata a base d’avarolo, usata contro dermatiti aspeci-
fetti collaterali (rossore e/o perforazione della mucosa
fiche.
gastrica) dei farmaci in commercio.
dell’avarolo (1974) ad oggi, nel Chemical Abstract si
Il genere Spongia si rivelò una ricca fonte di furano-
possono contare non meno
terpeni con 21 atomi di carbonio. La contemporanea
di 80 lavori sulle sue attivi-
HO
da
sottolineare
presenza, in alcune spugne
tà
del genere Spongia, di fu-
sull’isolamento di composti
OH rano-sesterterpeni e degli
insoliti C-21 furano-terpeni
H
E’
biologiche
che
dall’isolamento
o
strettamente correlati.
Altri gruppi di ricerca, spar-
fece supporre che questi
si in varie parti del mondo,
ultimi fossero derivati dai
quasi contemporaneamente,
primi per la perdita di
iniziarono lo studio chimico
quattro atomi di carbonio. Ipotesi ulteriormente avvalo-
degli organismi marini, ed
rata dall’isolamento dalla spugna Ircinia oros delle note
in breve tempo ci fu un fiorire di pubblicazioni scienti-
ircinine e di un norsesterterpene con la funzione cheto-
fiche con la descrizione di nuovi composti isolati da
cloro-idrina, chiaramente derivante dalla decarbossila-
organismi marini, per lo più da invertebrati. Nel 1974,
zione, dopo alogenazione ed idrolisi dell’acido tetroni-
alcuni ricercatori coinvolti nel campo delle sostanze
co.
naturali di origine marina, chiesero alla IUPAC di orga-
avarolo
nizzare un congresso separato dal classico congresso
sui prodotti naturali, perché non avrebbero avuto spazio
Una citazione particolare la merita l’avarolo, un sesqui-
sufficiente per presentare le nuove ricerche nel campo
terpene-idrochinone, con una biogenesi mista terpene/
degli organismi marini. Visto l’elevato numero di pub-
benzenoidica, isolato dalla spugna Dysidea avara, che
blicazioni e considerato la continua espansione nel set-
mostra una larga varietà d’attività farmacologiche, tra
tore della ricerca dei prodotti naturali da organismi ma-
cui una moderata attività contro il virus HIV-I, agente
rini, il consiglio direttivo della IUPAC accettò la richie-
patogeno dell'AIDS, una notevole attività anti-
sta e nel 1975 sponsorizzò il primo “International Sym-
leucemica (in vitro ed in vivo), ed antiinfiammatoria,
posium on Marine Natural Products” (MaNaPro)
38
(Aberdeen, Scozia). Gli ottimi risultati ottenuti, dal
riferi del golfo di Napoli, si sentì la necessità di una
gruppo di ricerca del Laboratorio, non tardarono a pro-
diversificazione dei soggetti da indagare, in parte dovu-
curare riconoscimenti da parte della comunità scientifi-
to alla rarefazione della materia prima, sia per qualità
ca
affidarono
sia per quantità, ed in parte dovuto alla convinzione che
l’organizzazione del secondo MaNaPro (Sorrento, 1978
il mare era, ed è tuttora, uno scrigno in cui si poteva, e
foto) e successivamente anche del settimo (Capri
si può, prendere a piene mani potendo ottenere risultati,
1992). Tuttora questo convegno si svolge, ad intervalli
sicuramente, soddisfacenti ed interessanti. Questa fase
quasi regolari, nelle Nazioni in cui operano gruppi di
coincide, anche, con il trasferimento del dr. Salvatore
internazionale,
che,
infatti,
gli
De Rosa dal reparto “Batteri Termo-
OH
fili”.
O
O
Ac2O
OH
ponendo, in un primo momento, at-
OAc tenzione sulle quattro gorgonie
Py
O
Questa nuova fiducia fu premiata
(Eunicella cavolini; E. stricta; Lep-
O
ricerca sull’argomento. Ai ricercatori del Reparto, inol-
togorgia sarmentosa; Paramuricea chamaleon) del
tre, furono commissionate una serie di monografie,
golfo di Napoli, che procurarono una notevole mole di
inserite in diversi volumi pubblicati su argomenti speci-
lavoro e di risultati. Furono isolati e caratterizzati alcu-
fici su prodotti marini.
ni steroli con delle inconsuete funzionalizzazioni ed
alcune basi puriniche e pirimidiniche con riconosciute
NH2
N
N
HOCH2
O
H HO
H
HO
H
H
ara-A
N
Con la nomina del Prof.
N Minale a direttore del
attività antivirali. Tra gli steroli è da segnalare il deriva-
Laboratorio, nel 1976, fu
diosfenolica localizzata nell’anello D, che in condizioni
designato caporeparto il
molto blande perde facilmente la catena laterale dando
dr. Cimino.
origine a composti del tipo androgeni, mentre tra le basi
Dopo il primo decennio di
puriniche è da sottolineare l’isolamento dalla gorgonia
ricerca sistematica su po-
E. cavolini della ben nota ara-A,(arabinofuranosil-
to del colesterolo nella figura sopra, con la funzione
adenina), già in uso
come farmaco antileucemico,
e
del
s u o
3 ' -
acetilderivato.
L’ara-A è, tuttora,
l’unico
composto
d’origine
marina
utilizzato
come
farmaco, non perché sia il più attivo
Da sinistra: Salvatore De Rosa, Enrico Trivellone, Slobodan Macura e Aldo Spinella
ed interessante tra
tutti i composti iso-
39
lati da organismi marini, ma per il suo facile ottenimento per via sintetica. Contemporaneamente, il Prof. Minale, in stretta collaborazione con il dr. Riccio, attivava
una nuova linea di ricerca rivolta alla determinazione
strutturale di saponine da oloturie e stelle di mare sia
del Mediterraneo sia da altri mari. Con la chiamata, del
Prof. Minale alla cattedra di Chimica Organica, prima
all’Università di Catania (1980) e poi con il suo trasfe-
primo in Italia, fu introdotta,
con il valido aiuto dell’esperto
dr.
Slobodan
Macura
(Università di Belgrado), la
CN
tecnica per l’acquisizione di
spettri 2D-NMR, che diede un
nuovo impulso nella determina-
axisonitrile-1
zione strutturale dei composti isolati.
rimento alla Facoltà di Farmacia dell’Università
“Federico II” di Napoli (1982), questa linea di ricerca
seguì il suo ideatore e si rivelò un argomento molto
prolifero, consentendo la pubblicazione di numerosi
lavori.
Per
continuare
le
sue
ricerche
su
quest’argomento,
il
dr. Riccio quale com-
O
ponente
O
dell’unità
operativa, coordinata
dal
longifolina
Prof.
Minale,
nell’ambito del Progetto Finalizzato (P.F.) “Oceanografia e fondi marini”,
chiese ed ottenne il distacco presso la Facoltà di Farmacia, con successivo trasferimento come professore associato (1988).
La diversificazione più importante, che contribuì ad
una modifica della visione della ricerca nel campo delle
sostanze naturali e a darle un significato più profondo
intuitivo e leggibile, fu lo studio comportamentale dei
molluschi senza conchiglia, in pratica senza difese visibili, del tipo opistobranco-nudibranco. La spinta allo
studio fu l’osservazione che questi animali, lenti, indifesi, non sono minacciati, in pratica, da predatori e,
come corollario non indifferente, non vi erano indicazioni sicure (tranne una generica indicazione che fossero carnivori) di quali fossero le loro prede. Ovviamente,
l’analisi chimica ha offerto contributi determinanti
all’accertamento di relazioni preda-predatore sulla base
della presenza di “marker” chimici. Questa nuova proposizione, trovò migliore realizzazione per la collabora-
Successivamente, l’attenzione si estese a vermi, briozoi, ascidiacee, molluschi ed alghe senza un reale mutamento di filosofia, se non quel-
CHO
CHO
lo di scoprire nuovi composti
che arricchissero le conoscenze
della chimica organica delle
sostanze naturali. Quello che
Poligodiale
mi preme sottolineare, è che
tutto
ciò
comportò
l’acquisizione, sicuramente più qualificata, delle tecniche cromatografiche per l’isolamento dei prodotti e, ciò
che ancor più conta, l’apprendimento dell’uso delle
tecniche spettroscopiche più all’avanguardia ed utili per
il chiarimento strutturale. Nel corso del 1983, infatti,
con l’acquisto dello spettrometro NMR a 500 MHz, il
zione di valenti biologi marini (giusto per ricordare
qualcuno, il Prof. J. Ros dell’Università di Barcellona),
portò ad interessanti conclusioni come per esempio,
mediante uno studio anatomico-chimico, la localizzazione delle sostanze di difesa in zone definite del mantello dei molluschi.
In breve questi animali, oltre a difese meccaniche o
mimetiche, ne utilizzano anche di chimiche tratte dalla
loro dieta o sintetizzate de novo. Numerosi feromoni
d’allarme o allomoni di difesa furono caratterizzati,
come ad esempio il poligodiale che, per uno straordinario disegno della natura, può essere considerato come
un antifeedant, ottimo su organismi viventi molto diversi, come pesci, insetti ed uomo. Questo esempio ci
mostra come la natura, pur nella sua diversità, è molto
40
più omogenea ed unitaria di quanto l’uomo possa im-
composti sul mangime commerciale ed osservare
maginare. Gli studi, dei molluschi nudibranchi, sono
l’effetto sui pesci. Utilizzando il ben noto poligodiale,
risultati più ricchi di un significato intrinseco ed hanno
composto molto piccante, si osservò che i pesci abboc-
permesso dei trasferimenti d’informazioni sulle mole-
cavano il mangime trattato ma immediatamente lo ri-
cole isolate precedentemente dalle spugne. E’ doveroso
gettavano. Successivamente, fu dimostrato il meccani-
segnalare, come esempi di relazione preda-predatore:
smo d’azione biologica del poligodiale e di altre 1,4dialdeidi terpenoidiche. In genere composti 1,4-
i) il nudibranco Peltodoris atramaculata e la spugna
dialdeidici, con una ben definita stereochimica, reagi-
Petrosia ficiformis, fu dimostrato, usando una vasca a
scono facilmente con i gruppi amminici liberi delle
Y
tipo
lisine, presenti nel recettore del gusto, dando luogo ad
d’esperimento, che consisteva nel porre alcuni esempla-
un anello pirrolico. Sottoponendo altri metaboliti estrat-
ri di P. atramaculata in un ramo della vasca e la spu-
ti da nudibranchi (prevalentemente dal mantello) a sag-
gna, alternativamente, in uno dei rimanenti rami facen-
gi di attività antifeedant si poté stabilire, per molti di
do scorrere un leggero flusso di acqua dai due rami
essi, il loro ruolo difensivo nei nudibranchi, che sicura-
verso i nudibranchi. In questo modo gli animali poteva-
mente devono avere un ruolo di protezione anche per le
no scegliere una delle due vie, tutti i nudibranchi si
spugne.
appositamente
costruita
per
questo
dirigevano sempre verso la P. ficiformis. Cambiando la
spugna, con altra specie, i nudibranchi si dirigevano in
Esperienze di biosintesi sul nudibranco Dendrodoris
modo random nei due rami della vasca. Così fu possibi-
limbata, portarono a risultati
le stabilire che la spugna P. ficiformis è l’unica preda
di particolare interesse. Fu
del nudibranco P. atramaculata. La conferma si ebbe
evidenziata, infatti, per la
dalla stretta correlazione dei metaboliti isolati dal nudi-
prima volta in un mollusco, la HN
branco e quelli della spugna (miscela di composti aceti-
capacità di metabolizzare, de
lenici ad alto peso molecolare e del petrosterolo, un
novo, la propria difesa chimi-
insolito sterolo presente nella spugna);
ca, tra cui il poligodiale.
OH
N
N
HN
OH
Calliactina
ii) la Phyllidia pulitzeri che fu raccolta mentre mangia-
Il 1977 segnò una profonda svolta nell’assegnazione
va la spugna Axinella cannabina, e da cui fu isolato la
dei fondi ai laboratori ed istituti del CNR. Prima di
miscela di sesquiterpeni isonitrili ed isotiocianati, tra
questa data, l’erogazione di tutti i fondi erano assegnati,
cui il più abbondante axisonitrile-1, noti metaboliti del-
agli organi del CNR, tramite i Comitati di Consulenza.
la spugna;
Con l’approvazione da parte del CIPE, (1977) del primo P.F. “Oceanografia e fondi marini”, fu introdotta la
iii) l’isolamento dai nudibranchi Glossodoris valencien-
novità che, il progetto era pluriennale, vedeva il coin-
nesi e G. gracilis della longifolina metabolita della spu-
volgimento delle industrie e per accedere ai fondi biso-
gna Pleraplysilla spinifera. Gli studi sui molluschi nu-
gnava presentare un progetto di ricerca articolato, con
dibranchi hanno, inoltre, il merito di aver promosso la
successiva valutazione da parte di un Comitato Scienti-
messa a punto di alcuni test di attività, come quello per
fico. A questo progetto ne seguirono altri, sia Finalizza-
evidenziare l’attività antifeedant. Questo esperimento
ti (in genere quinquennali) sia Strategici (P.S., di più
consiste nel fare assorbire, a varie concentrazioni, i
breve durata). Il reparto S.N. ha sempre presentato pro-
41
grammi di ricerca nell’ambito dei vari progetti con no-
in considerazione lo studio di tale prodotto, ma per
tevole successo, ed in alcuni casi furono, anche, finan-
molti anni non si riuscì a capire la struttura, sia per la
ziate due Unità Operative.
non perfetta purezza del pigmento sia per la poco solubilità nei solventi organici. Finalmente, nel 1986, grazie
La partecipazione delle industrie ai P.F., in particolare
ad un nuovo metodo di purificazione, ed all'utilizzo di
della Farmitalia-Carlo Erba e della Farmoplant
grosse apparecchiature, come NMR a 500 MHz, fu
(Montedison), fece sviluppare gli aspetti più applicativi
possibile proporre la sua probabile struttura.
della ricerca sui metaboliti secondari da organismi marini, con una valutazione farmacologica e/o insetticida
Dopo un lungo periodo, in cui non ci furono nuove
sulle sostanze isolate.
assunzioni, il 1983 segnò una svolta, infatti al Reparto
E' difficile non ricordare l’interesse per gli studi con-
furono assegnati alcuni assistenti (Angelo Capezio,
dotti su alcuni pigmenti da organismi marini, perché il
Carmine Iodice, Desiderata Ricciardi e Clementina
vistoso colore di alcuni animali marini, ha da sempre
Faruolo), per trasferimento da altre sedi o per la parte-
attirato l'attenzione di molti ricercatori. La spugna A-
cipazione ai corsi di formazione professionale previsti
plysina aerophoba è, infatti, colorata in giallo-arancio,
dalla legge 285/77 (alcuni di loro, dopo la formazione
ma che a contatto con l'aria diventa immediatamente
furono assunti dal CNR e sono tuttora in servizio
scura. L'isolamento del pigmento giallo, che rapida-
nell’Istituto, solo Iodice è rimasto nel Reparto), ed un
mente diventa nero, fu effettuato nel lontano 1882 da
nuovo ricercatore, il dr. Aldo Spinella, che diede un
Krukenberg, in seguito, altri ricercatori si interessarono
notevole contributo allo studio degli allomoni di difesa
al problema, senza ottenere apprezzabili risultati, per
e feromoni di allarme nei molluschi (nel 1991, si trasfe-
l’elevata instabilità del pigmento. La struttura fu stabili-
rì all’Università di Salerno come professore associato).
ta, come 3,5,8-triidrossi-4-chinolone, e denominato
In seguito, al Reparto furono assegnati altri giovani
uranidina. L’uranidina è molto instabile in ambiente
ricercatori (dr. Margherita Gavagnin, 1985; dr. Vincen-
basico ed alla presenza di ossigeno, mentre è stabile se
zo Di Marzo, 1988) ed assistenti (dr. Alfonso De Giu-
conservato in soluzioni neutre o leggermente acide,
lio, 1986; dr. Giuseppe Strazzullo, 1986; entrambi in-
questa osservazione ci permise di ottenere dei dati di
quadrati nel ruolo ricercatore nel 2000). Questo non
NMR e quindi stabilire la sua struttura. Le spugne Axi-
comportò un incremento di personale, perché nello
nella verrucosa e Acanthella aurantiaca, sono,
stesso tempo alcuni validi ricercatori, vincitori di con-
anch’esse, fortemente colorate in giallo-arancio. Da
corso a cattedra, si trasferivano in varie Università,
queste, due spugne, fu isolato lo stesso pigmento, con
come i dr. Riccio e Spinella già ricordati ed il dr. Soda-
uno scheletro carbonioso del tutto insolito. Fu possibile
no (Prof. Ordinario all’Università di Potenza, 1986).
stabilire la struttura grazie ai dati spettroscopici e
dall’analisi ai raggi X.
L’anno 1986 vide nell’Istituto (nel frattempo il Laboratorio aveva assunto la denominazione di Istituto) pro-
Un altro pigmento, denominato calliactina, estratto nel
fondi cambiamenti, oltre alle citate assunzioni e parten-
1940 dal prof. Lederer, dall'anemone Calliactis parasi-
ze, anche il prof. Mario De Rosa, già direttore
tica, per molti anni appassionò molti studiosi, senza
dell’Istituto, si trasferì, con l’incarico di Prof. Ordina-
riuscire a stabilirne la struttura. Considerato i rapporti
rio, alla Facoltà di Medicina dell’Università di Napoli,
tra i ricercatori del Reparto ed il Prof. Lederer, fu preso
il dr. Cimino fu nominato direttore, mentre la guida del
42
Reparto era affidata al dr. De Stefano. Ci fu una riorga-
con la soluzione del composto, in ambiente sterile, a
nizzazione del personale in servizio, per una migliore
temperatura controllata ed al buio. Successivamente, fu
razionalizzazione
esistenti
introdotto il test antifeedant sui pesci, già precedente-
nell’Istituto, ed un impegno da parte del nuovo direttore
mente accennato. Nel 1986, considerata la disponibilità
a trovare le condizioni per permettere ai neolaureati la
e l’impegno assunto dal direttore a fare frequentare
possibilità di frequentare laboratori stranieri per acqui-
laboratori stranieri ai neo laureati, il dr. De Giulio sog-
sire esperienze su tematiche per lo sviluppo di nuovi
giornò per alcuni mesi negli Stati Uniti, presso il Labo-
programmi.
ratorio diretto dal prof. Mc Laughlin, per acquisire le
Queste furono le
conoscenze nella messa a punto di esperimenti biologi-
premesse
per
ci diretti ad evidenziare attività antitumorale (dischi di
l’individuazione
patate infestate dall’Agrobacterium tumefasciens) e
di varie temati-
citotossica (Artemia salina). Questi due saggi di attività
che di ricerca,
erano e sono riconosciuti dal National Cancer Institute
nell’ambito
del
(NCI, USA) come test preliminari, ed infatti, i composti
Reparto, che con
inviati al NCI, con questi dati, superano direttamente la
il loro sviluppo
prima fase nello screening per la valutazione citotossica
portarono, successivamente, alla definizione delle at-
ed antitumorale. Questa esperienza fu ulteriormente
tuali linee di ricerche. Il germe delle linee di ricerche
incrementata, nell’ambito dell’unità operativa “Studio
lanciato dal Reparto fu recepito dagli altri ricercatori
guidato da saggi di attività biologica” del P.S.
dell’Istituto ed infatti il 1992 fu l’anno di nascita delle
“Chimica dei processi biologici”, sviluppando saggi
linee di ricerca.
anti-microbici e di ittiotossicità. Lo sviluppo di questa
L’esperienza - acquisita nella partecipazione ai P.F., in
serie di saggi di attività biologica fu la premessa per
cui era previsto l’invio dei prodotti isolati alle industrie
l’individuazione, successivamente, di una delle temati-
per essere sottoposti a saggi di attività biologica, il cui
che di ricerca (isolamento dei metaboliti secondari gui-
responso arrivava con notevole ritardo e riprendere il
dato da saggi di attività biologica) sviluppate nel Re-
lavoro comportava enormi disagi, - radicò l’idea di
parto.
N
O
delle
potenzialità
H
H
Saraina 1
N
introdurre nel Reparto una serie di semplici esperimenti
biologici per avere dei dati immediati anche se prelimi-
Come accennavo prima, nel lontano 1987 furono indi-
nari, in modo da sottoporre le molecole a screening
viduate tre tematiche, che nel corso degli anni furono
mirati in laboratori di ricerca specialistici sia pubblici
ulteriormente sviluppate o modificate:
sia privati. Come si fa a dimenticare il dr. De Stefano,
aiutato dalla Sig.ra Pasqualina Salzano, mentre misuravano le radici ed i germogli dei semi di orzo (Hordeum
vulgaris), per valutare l’attività fitoregolatrice di alcuni
composti isolati? Questo fu, infatti, il primo approccio
nell’introdurre saggi di attività biologica. Il test di fitoattività consiste nel paragonare il diverso sviluppo radi-
1. Studio della struttura e stereochimica di nuove
sostanze naturali di origine marina;
2. Studio su basi chimiche dell’ecologia dei molluschi opistobranchi;
3. Isolamento dei metaboliti secondari guidato da
saggi di attività biologica.
cale e/o dei germogli dei semi di orzo trattati e non,
dopo tre settimane dalla loro a dimora a contatto diretto
Il 1987 fu, anche, l’anno che vide la definizione struttu-
43
rale delle saraine, una nuova classe di alcaloidi isolati
vati di acidi grassi polinsaturi, quali gli eicosanoidi, e di
dalla spugna Reniera sarai. Per lungo tempo, questi
altre molecole lipidiche, nella segnalazione inter- ed
composti avevano resistito ad ogni attacco teso alla loro
intra-cellulari di invertebrati ed agli studi sulla biosinte-
delucidazione strutturale. Solo grazie all’introduzione
si dell’anandamide (N-arachidonil-etanolammina), che
della cromatografia preparativa liquida ad alta pressio-
è un ligando fisiologico del recettore dei cannabinoidi
ne ed all’utilizzo di tecniche 2D-NMR con spettrometro
nel cervello dei mammiferi.
operante a 500 MHz, fu possibile proporre la struttura
L’accordo firmato, nel 1988, tra il CNR ed il Ministero
di queste insolite molecole, che fu confermata
per lo Sviluppo del Mezzogiorno (MISM), che preve-
dall’indagine ai raggi X, su cristalli ottenuti dal diacetil
deva la formazione professionale, di giovani laureati,
-derivato di una di esse.
per l’inserimento nel mondo della ricerca sia pubblica
sia
privata,
fece
sperare
in
un
ampliamento
dell’organico, fortemente deficitario a tutti i livelli professionali.
All’Istituto, nel 1989, furono assegnati 15 borsisti, di
cui 4 (L. Ciavatta, G. Di Vincenzo, A. Fontana, R.R.
Vardaro) al Reparto S.N., che furono inseriti nelle varie
tematiche. Come previsto dall’accordo, si diede, anche,
inizio allo studio di colture cellulari di piante largamente diffuse nel Meridione, a tale scopo si scelse il LycoLa Tethys fimbria è un mollusco relativamente grande
persicon esculentum (pomodoro), che è una delle prin-
che per sfuggire ai predatori ricorre ad una strategia
cipali fonte economiche della Campania. Le aspettative
simile a quella delle lucertole, infatti quando molestato
dell’accordo CNR-MISM furono completamente delu-
cede per automia delle appendici, dette cerata, che,
se, perché alla fine del corso di formazione nessuno fu
continuando a contrarsi, distraggono il predatore e con-
assunto dal CNR, ma solo alcuni poterono usufruire,
sentono la salvezza dell’animale. L’isolamento di pro-
con forte ritardo, di borse di studio, specificamente
staglandine-1,15-lattoni dalla T. fimbria fece pensare ad
bandite allo scopo. Dei 15 borsisti iniziali solo tre (P.
un loro coinvolgimento nel processo di automia eserci-
Amodeo, L. Ciavatta e A. Fontana), dopo vari rinvii
tato da questo mollusco. Studi successivi dimostrarono
(nel 1998), sono stati assunti ed inquadrati come ricer-
che la T. fimbria è in grado di biosintetizzare ed accu-
catori nell’organico dell’Istituto.
mulare questi lattoni. Questo ritrovamento rappresenta
il primo esempio, mai riportato in natura, di un proces-
Nel 1992, ci fu un avvicendamento tra il dr. De Stefano
so metabolico mediante il quale le prostaglandine sono
ed il dr. De Rosa, nel coordinamento del Reparto, e
immagazzinate per poi essere rilasciate al momento
come accennato precedentemente, questo fu l’anno in
opportuno ed esercitare la loro azione biologica. Questi
cui si delinearono tre linee di ricerca:
studi furono alla base della linea di ricerca “Lipidi come segnali chimici inter- ed intra-cellulari in invertebrati”, che nel corso degli anni si è sviluppata rivolgendosi, essenzialmente, allo studio dell’intervento di deri-
1. Studio su basi chimiche dell’ecologia dei molluschi opistobranchi;
2. Metaboliti biologicamente attivi e loro modifica
44
strutturale per migliorare l’indice terapeutico. –
Chimica e biochimica di colture cellulari;
3. Lipidi come segnali chimici inter- ed intracellulari in invertebrati;
4. Studi chimici degli antozoi
che ancora oggi, ulteriormente integrate, sono la base
delle ricerche che si effettuano nel Reparto.
Il Reparto, come del resto tutto l’Istituto, è stato sempre
sensibile alle collaborazioni sia con ricercatori italiani
sia stranieri, ed alla visita di personalità scientifiche di
riconosciuto valore, tra i quali, solo per fare qualche
nome, R.H. Thomson (Università di Aberdeen), C. Djerassi (Stanford University), K. Nakanishi (Columbia
University, N.Y.), P. Scheuer (Università delle Hawaii), e tanti altri che sarebbe utile menzionare, ma
renderebbe arida questa presentazione. In un primo
momento, le visite di personalità di alto valore scientifico gravavano sul bilancio dell’Istituto, che con il passare del tempo divennero sempre più onerose, ma nel
1984, con gli accordi bilaterali tra CNR ed enti di ricerca di vari Paesi, si aprirono nuove possibilità di scambio a costo zero per l’Istituto. Dopo il primo accordo tra
CNR e la Yugoslavia, a cui ricercatori del reparto furono coinvolti, ne seguirono molti altri, tra cui uno dei
più proficui fu quello tra CNR e CSIC (Spagna). Attualmente, ogni volta che si presenta l’opportunità, ricercatori del Reparto presentano domanda per essere
inseriti in questi accordi bilaterali.
Infine, è doveroso segnalare la presenza attiva di ricercatori del Reparto in vari progetti finanziati dalla Comunità Europea, un ulteriore segno dell’alto valore
scientifico raggiunto da tutti i ricercatori, chiaramente
non va dimenticato l’apporto del personale tecnico che
senza il loro valido aiuto, non si sarebbe raggiunto il
livello scientifico attuale.
45
Attività scientifica della Linea di Ricerca
ripiegate. Inoltre, l’approccio cristallografico e termodinamico (microcalorimetrico) su derivati di oligopeptidi
Cristallografica
ha mostrato una stringente correlazione tra informazio-
Raffaella Puliti
ni strutturali nello stato cristallino e dati termofisici
relativi a passaggi di stato. Gli studi cristallografici su
La Linea di Ricerca Cristallografica è presente dal 1971
ciclodestrine sono serviti a chiarire i fenomeni di inclu-
nei programmi scientifici dell’Istituto C.M.I.B. Essa
sione, in primo luogo le interazioni non covalenti tra
rientra nella tematica generale di isolamento, caratteriz-
CD e molecole ospiti, e il ruolo svolto dall’acqua sulla
zazione e studio delle relazioni struttura-attività di com-
stabilità di questi complessi di notevole importanza in
posti di interesse biologico che da sempre ha costituito
molti campi, primo fra tutti quello farmacologico. Infi-
uno dei principali interessi scientifici di questo Istituto.
ne, analisi cristallografiche e spettrofotometriche su
L’attività si è svolta prevalentemente nel campo della
coloranti cationici del gruppo acridinico tendenti
strutturistica chimica ed è finalizzata alla caratterizza-
all’autoaggregazione sia allo stato solido sia in soluzio-
zione della struttura molecolare di sostanze naturali,
ne, hanno lo scopo di fornire dati sui differenti schemi
isolate in preferenza da organismi marini, e allo studio
di autoassociazione di queste sostanze. Tali autoasso-
chimico-fisico di molecole o complessi intesi come
ciazioni rappresentano utili modelli anche per lo studio
modelli per macromolecole biologiche. Nel corso delle
dei processi di intercalazione di queste molecole planari
ricerche, i metodi tradizionali e avanzati della strutturi-
in materiale genetico.
stica diffrattometrica sono stati di volta in volta affian-
In particolare, tra le molte problematiche affrontate nel
cati da altre metodologie chimico-fisiche, in particolare
corso degli anni e riguardanti le sostanze naturali, pos-
spettrofotometriche, microcalorimetriche e da calcoli di
sono essere ricordati i seguenti contributi dati
dinamica e meccanica molecolare. Il confronto dei ri-
dall’indagine cristallografica alla caratterizzazione chi-
sultati ottenuti si è dimostrato utile per chiarire e corre-
mica e biologica di nuove molecole.
lare il comportamento sia allo stato solido che in solu-
Studi cristallografici su saraine: questi alcaloidi polici-
zione di sostanze di interesse in campo biologico. In
clici con caratteristiche strutturali senza precedenti tra i
particolare:
metaboliti
la cono-
spongianici
scenza delle caratteristiche strutturali e di stereochimi-
sono formati
ca, ottenute mediante studio diffrattometrico su cristallo
da una strut-
singolo, ha facilitato la correlazione tra aspetti struttu-
tura centrale
rali e attività biologica di sostanze spesso di possibile
a
utilizzo in campo farmacologico, come anche la formu-
protonata,
lazione di corrette ipotesi sulla biogenesi delle moleco-
da cui parto-
Nell’ambito delle
MOLECOLE NATURALI,
le.
Nel campo delle
no
MOLECOLE MODELLO,
la caratte-
studi cristallografici, conformazionali e termodinamici
due differenti cate-
OH
ne
O
O
H
ha fornito dati sia sulle preferenze conformazionali di
specifiche sequenze di residui di amminoacidi, sia sulla
stabilità in catene polipeptidiche di particolari strutture
a l -
OAc
rizzazione strutturale di derivati peptidici mediante
gabbia,
OAc
Struttura molecolare
della raspacionina.
L’immagine sopra
rappresenta il modello X-ray che indica la
la stereochimica
relativa dei centri
chirali.
46
chiliche cicliche (sature e insature) di varia lunghezza.
ziale interesse in campo farmaceutico.
La complessità e peculiarità di queste affascinanti mo-
Infine, un ampio programma di studi cristallografici è
lecole ha reso particolarmente valido l’approccio cri-
stato condotto su una serie di metaboliti spongianici del
stallografico per la loro completa definizione struttura-
tipo avarolo/avarone, molecole caratterizzate da sche-
le.
letri sesquiterpenoidici con sostituzione idrochinonica
(chinonica) e che possiedono una vasta gamma di attidato
vità biologiche utilizzabili in campo biomedico, data la
dall’indagine cristallografica per la univoca definizione
bassa tossicità delle sostanze. Questi studi sono stati
della struttura delle raspacionine: metaboliti spongia-
affiancati da calcoli di meccanica molecolare fornendo
nici a scheletro triterpenoidico strutturalmente derivati
dati, in perfetto accordo tra loro, che hanno chiarito le
dello squalene isolati da Raspaciona aculeata che pone
preferenze conformazionali di questa classe di moleco-
ancora intriganti problematiche connesse alla classifica-
le, favorendo una migliore correlazione tra aspetti strut-
zione tassonomica. La studio diffrattometrico su cristal-
turali e bioattività. L’accessibilità conformazionale è
lo singolo di alcune di queste sostanze ha validamente
infatti direttamente collegabile alle potenzialità biololo-
contribuito a definirne le caratteristiche strutturali e di
giche di queste molecole in quanto, una maggiore fles-
stereochimica.
sibilità conformazionale significa anche maggiore capa-
Un
sostanziale
contributo
è
stato
anche
cità di adattamento per stabilire specifiche interazioni
stabilizzanti con i recettori.
Le collaborazioni più significative, nel corso degli anni,
si sono avute con ricercatori dei seguenti Enti di Ricerca ed Università:
Università “Federico II“ di Napoli
Il ritrovamento di composti alogenati tra metaboliti da
Università “La Sapienza” di Roma
spugne e molluschi è sempre più frequente e sempre
University of Sheffield
più stimolanti sono le problematiche connesse alla bio-
Università di Torino
genesi di tali sostanze che spesso partecipano, con ruoli
Università di Salerno
specifici, ai meccanismi chimici di difesa della specie.
Università di Bari
Lo studio cristallografico condotto su vari bromoderi-
Centro Studi Biocristallografia-CNR, Napoli
vati (steroli, imidazoli, terpenoidi, bromoalleni) ha per-
Istituto Ricerca Sviluppo Metodologie Cristallografiche
messo di stabilirne univocamente la stereochimica as-
-CNR, Bari
soluta, mediate l’utilizzo del contributo anomalo alla
Centro Termodinamica Chimica Alte Temperature-
diffrazione dell’atomo pesante presente in queste mole-
CNR , Roma
cole.
Krebs Institute Biomolecular Research, UK.
Analisi cristallografiche su diverse dialdeidi insature a
scheletro terpenoidico tipo poligodiale hanno fornito
dati dettagliati sulla stereochimica, in particolare dei
gruppi aldeidici. Tale stereochimica risulta direttamente
collegata all’attività biologica di queste molecole coinvolte in specifiche strategie di difesa e quindi di poten-
47
Dai “Batteri Termofili” agli “Estremofili”
tività tutti gli avvenimenti, che sono stati stemperati
dal colore rosa della nostalgia e grigio dei ricordi. Il
a ...?
Agata Gambacorta
programma di ricerca di cui dovevamo interessarci
Era il 29 Settembre 1969 e mentre Lucio Battisti riprendeva nel suo primo album la celebre canzone dell’
Equipe 84:
Seduto in quel caffè io non pensavo a te.
Guardavo il mondo che girava intorno a me
Poi d’ improvviso lei sorrise
E ancora prima di capire
Mi trovai sottobraccio a lei….
veniva ufficialmente istituito il Reparto Batteri Ter-
Sulfolobus solfataricus già Caldariella acidophila
mofili del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Mo-
riguardava genericamente i batteri termofili, cioè quel-
lecole di Interesse Biologico (LCFMIB), chiamato
li che richiedono temperature di crescite superiori ai
brevemente “la chimica”, dai colleghi degli altri Isti-
50°C. Tale tema di ricerca era di grande innovazione
tuti con sede in Arco Felice. Al neonato Reparto veni-
negli anni 60-70 soprattutto in Italia ove solo due
vano assegnati due neo “aspiranti ricercatori”: Mario
gruppi si interessavano a tale ricerca. Il primo era a
De Rosa ed Agata Gambacorta assunti il 1
Padova facente capo al Prof. Scoffone con due giovani
Maggio1969 e 16 Giugno 1969, rispettivamente.
ricercatori, Fontana e Veronesi, che si interessavano
La canzone di Mogol e Battisti si presta bene ad esse-
di proteine stabili e termoresistenti ed un altro guidato
re parafrasata al caso del neonato Reparto Batteri Ter-
dal Prof. Tecce a Roma.
mofili. Infatti la scrivente conobbe il proprio futuro
Perché i Termofili al LCFMIB? I neonati laboratori
compagno di lavoro proprio in una riunione informale
erano insediati nella terra del fuoco, i Campi Flegrei,
dei neo-ricercatori del LCFMIB presso il Complesso
ricchi di sorgenti calde terrestri e marine, e quindi il
Turistico Damiani per discutere sul presente e sul fu-
territorio dava lo spunto per una ricerca attuale e di
turo del Laboratorio. Infatti seduta in quel caffè io non
interesse applicativo. All’epoca non si conosceva an-
avrei mai potuto prevedere i risvolti scientifici, umani
cora l’esistenza degli archeobatteri e ancora non era
e quant’altro ha caratterizzato poi la vita del Reparto.
stata utilizzata la Taq-polimerasi per la PCR.
Erano gli anni della post-contestazione sessantottina
L’intuizione brillante del Prof J.D. Bu’Lock, propo-
che tutti noi ricercatori avevamo conosciuto con mino-
nente di tale ricerca, sull’ ampio respiro che la ricerca
re o maggiore partecipazione ed il mondo girava velo-
avrebbe potuto avere nel tempo, è stata ampiamente
cemente. Poi all’improvviso dopo pochi giorni mi
confermata dai risultati conseguiti in termini di buona
trovai sottobraccio a lui, Mario De Rosa, per percor-
ricerca, di collaborazioni nazionali ed internazionali e
rere l’ avventura del neonato reparto per oltre quindici
di diffusione di una tematica sicuramente innovativa.
anni, fino al 1986, anno della sua chiamata a cattedra
presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ Università degli Studi di Napoli.
E’ difficile ricordare con lucidità, chiarezza ed obiet-
48
Gli inizi: come dei pionieri
I primi studi potevano essere considerati pionieristici
sia per i mezzi a disposizione sia per l’ inesperienza dei
due giovani ricercatori. Nonostante ciò riuscimmo in
breve tempo a coagulare molti interessi intorno ai termofili, tali che la tematica si diffuse rapidamente in
Italia. Numerose furono le collaborazioni sia nell’ ambiente scientifico napoletano che in varie parti di Italia.
In genere ai primi congressi cui partecipavamo riscontravamo sempre un grande interesse e curiosità per questi esseri viventi che sfidavano tutte le regole biologiche fino ad allora conosciute.
I due giovani ricercatori all’inizio furono non poco
spaesati e ciò non deve sorprendere se si tiene presente che Mario De Rosa aveva svolto la tesi sperimentale in un laboratorio di tipo biochimico-enzimologico
occupandosi delle interazioni tra aspartato- e glutammato- amino trasferasi, mentre io venivo da un laboratorio di microbiologia clinica in cui i batteri erano tutti
patogeni e la tesi riguardò l’ azione dell’ acido nalidixico sulla flora intestinale dei ratti. Certamente la preparazione alle spalle di ambedue era abbastanza lontana dall’ argomento proposto.
Batteri termofili: chi erano costoro? Eravamo aspiranti ricercatori con contratto a termine e pertanto dovevamo impegnarci con molta grinta per diventare ricercatori aggiunti e per percorrere la strada lunghissima
per diventare Direttore di ricerca, ultimo livello della
vecchia normativa contrattuale CNR. Iniziammo con
lo studiare e prendere contatti con gli altri due gruppi
che all’ epoca in Italia si occupavano di termofili. Purtroppo tali contatti ci furono utili solo per collezionare
la letteratura, poiché le proteine “padovane” erano già
un prodotto avanzato della ricerca sui termofili ed il
gruppo di Roma faceva essenzialmente tassonomia.
LCFMIB era un laboratorio giovane formato essenzialmente da giovani con poca esperienza e sebbene
fosse dotato di alcune apparecchiature di avanguardia
come lo spettrometro NMR, certamente non aveva un
microscopio e meno che mai un incubatore e un’ autoclave. In realtà quest’ ultima a cosa ci serviva se dovevamo fare i “termofilari”? “Termofilari o “batteristi”,
erano i nomi con cui confidenzialmente ci chiamavano
sia i colleghi dell’Istituto che molti collaboratori. Per
sterilizzare usavamo il vecchio metodo della bollitura
fino all’ arrivo di una mastodontica autoclave. Quante
difficoltà dovevamo affrontare dibattendoci tra la volontà di non arrenderci ed i sorrisetti ironici dei colleghi che poco credevano a quello che facevamo. Guardavamo in un microscopio giocattolo prestatoci dal
collega De Stefano, crescevamo degli “animaletti”
come qualcuno li chiamava nei bidoni della Delchimica con una resistenza ad immersione che si staccava
alla temperatura raggiunta grazie ai due interruttori
umani: Mario che gridava stacca ed Agata che correva
a staccare la spina. Le nostre frustrazioni erano grandi
a fronte del lavoro svolto e
dei
risultati
scarsissimi,
mentre i colleghi già pubblicavano. Le pubblicazioni, tormento di ogni generazione di ricercatori, oggi
tale tormento è dato oltre
che dal numero anche dai
”fattori di impatto”. Passa
tutto il 1969 e nel 1970 fui
Alicyclobacillus acidocaldarius
spedita in Inghilterra dal Professore Rose che si occupava di microbiologia dei termofili, sempre nel 1970
Mario venne nominato Caporeparto e venne assegnato
al reparto un tecnico ausiliare: Enrico Esposito la cui
esperienza lavorativa, fino ad allora, era stata essenzialmente idraulica ed elettrica. Comunque questa
originaria esperienza lavorativa di Enrico anche
a
distanza di 30 anni è sempre stata preziosa per tutte le
manutenzioni, le installazioni ed uso delle apparecchiature dalle più semplici alle più sofisticate e moderne che sono oggi in dotazione del Reparto.
Ma ritorniamo alla nostra storia. Nel 1970, andando in
49
giro a campionare, dopo gli insuccessi della solfatara
ove prelevavamo campioni dalle pozze calde lanciando un pentolino legato ad una canna da pesca, scoprimmo il nostro paradiso terrestre “Pisciarelli”.
Le fonti naturali e, finalmente, la prima pubblicazione!
A parte la bellezza del posto che sembra uscito dalla
descrizione dell’ inferno dantesco con fumi che soprattutto nei giorni umidi si alzano altissimi e queste
piccole pozze che bollono e tutto intorno aghi di zolfo
ed un “dolce delicato profumo di idrogeno solforato”,
Pisciarelli è stato la base della nostra vita scientifica.
Per prima cosa rilevammo le caratteristiche chimicofisiche: temperatura tra gli 80 e i 98 °C, pH tra 0.5 e
2.5. Infatti ritornammo al Laboratorio con i pantaloni
e le calze bucati, ma felici e certi, chissà perché, di
avere trovato il nostro filone di ricerca dentro quelle
pozze infernali. Ed è stato vero. Così, mentre venivano allestiti i nuovi laboratori nella palazzina E al piano
ammezzato, isolammo il nostro primo microrganismo
con temperatura ottimale 65°C a pH 3.5-4.0 che classificammo Bacillus acidocaldarius (ora Alicyclobacillus acidocaldarius) e dal quale prese vita la storia
sintesi degli acidi cicloesilici.
Si è anche valutato il livello di specificità del
sistema enzimatico responsabile
dell’attivazione del precursore cicloesanoico
e del suo trasporto ai sistemi di sintesi in cui
ha luogo l’elongazione per unità C2 della
catena alifatica degli acidi grassi. Questo
studio ha permesso di accertare che il sito
attivo della transacilasi è criticamente controllato dalla geometria del precursore e che,
degli elementi di riconoscimento tra enzima e
substrato, il più importante è costituito dalla
distanza che intercorre tra la testa polare e
apolare del precursore. Dando per via fermentativa precursori esogeni non naturali con
cicli da C4 a C7 si ottiene la biosintesi di una
nuova serie di acidi ciclici di tipo sintetico.
La presenza di questi acidi grassi ωcicloesilici sembra essere correlata al controllo della fluidità della membrana.
L’inserimento di un ciclo in posizione terminale sugli acidi grassi, condizionando i gradi
di libertà delle catene carboniose, mantiene,
al crescere della temperatura, lo strato lipidico della membrana cellulare su valori sempre
ottimali di fluidità.
L’ analisi della componente lipidica delle
specie di Alicyclobacillus ha portato all’ isolamento e caratterizzazione di metaboliti di
tipo isoprenoidico che sono anch’ essi marker
chemiotassonomici del genere in oggetto.
Oltre ai normali componenti di batteri come il
menachinone e gli α-cis-prenoli, si trovano
anche composti inusuali come i prenoli tutti
trans.
scientifica del lipidi di
Con Pisciarelli e con i lipidi del Bacillus acidocalda-
membrana.
il
rius arrivò anche la prima sospirata pubblicazione su
nostro primo interesse
Chem. Comm., 619, (1971) “Bacterial triterpenes”, il
sulle molecole di inte-
cui reprint mi venne consegnato da Mario all’ uscita
resse biologico sui ter-
della Chiesa dopo il mio matrimonio. Infatti a parte la
mofili fu rivolto allo studio della componente lipidica.
ricerca, la nostra vita privata andava avanti. Sempre
Hopene-b
Infatti
nel 1971 veniva assegnato al reparto un altro tecnico,
I lipidi di membrana di questo batterio contengono acidi grassi saturi, lineari e ramificati
e due nuovi acidi identificati come ωcicloesilundecanoico e
acido ω cicloesiltridecanoico. Di questi acidi è stata
studiata l’origine biogenetica con esperienze
di incorporazione di precursori marcati. Si è
messo così in evidenza che la porzione cicloesilica è originata da acido scichimico che,
attraverso una nuova via biogenetica, dà origine ad un precursore C7 di tipo cicloesancarbossilico che funziona da precursore per la
Salvatore Sodano e nasceva il primo figlio di Mario
De Rosa.
Il secondo amore non si scorda mai
Ma la nostra vera fortuna scientifica fu l’isolamento,
sempre dal nostro Eden, del secondo microrganismo
classificato in un primo momento come Caldariella
acidophila e poi, con la scoperta degli archeobatteri,
riclassificato Sulfolobus solfataricus. L’ isolamento di
50
che vorrei qui ricordare. Intorno alla metà degli anni
’70 arriva anche il primo fermentatore in vetro da 90
litri, un prototipo della Ditta Terzano.
I primi studi eseguiti sul Sulfolobus furono sui lipidi di
membrana ai quali apportarono i loro contributi Salvatore De Rosa, ricercatore del Reparto dal 1974 al 1978
e Barbara Nicolaus, borsista dal 1978, che è poi stabilmente rimasta nel Reparto fino ai nostri giorni. I risultati ottenuti sulla struttura dei lipidi di membrana del
Sulfolobus hanno aperto un nuovo capitolo della chimica, biochimica e chimica-fisica dei lipidi. Con il
passare degli anni la nostra esperienza sui lipidi eterei
questo nuovo microrganismo coincise con la nascita
fu sempre più ricca in funzione del sempre più nume-
del mio unico figlio. Correva il fortunato anno 1972.
roso ritrovamento di archeobatteri. Tale esperienza ha
permesso di stabilire numerosissime collaborazioni
L’ archeobatterio Sulfolobus solfataricus
(Caldariella acidophila) è stato isolato da piccole
pozze calde, 90°C pH 1.0, del crinale SE della
solfatara di Pozzuoli ed è stato sicuramente uno
dei primi archeobatteri termoacidofili scoperti e
studiati con molto approfondimento. Esso pur
crescendo in condizioni estreme, 87°C pH 3.5, è
tra tanti archeobatteri uno dei più versatili per
l’ottenimento di biomasse e per la manipolazione
stessa del microrganismo. Il Sulfolobus è stato
studiato sia per la fisiologia di crescita che per la
comprensione di metabolismi che di molecole di
interesse applicativo, come gli enzimi. Da ultimo,
ma certamente non meno importanti sono stati gli
studi sulla struttura, biogenesi e fisiologia dei
lipidi di membrana e loro assemblaggio in seno
alla membrana.
Dall’isolamento del Sulfolobus ci fu un fiorire di collaborazioni in tutta Italia su argomenti di più svariato
approfondimento che hanno dato un contributo notevole
per
la
comprensione
della
termofilia
e
dell’evoluzione e fisiologia degli archeobatteri. Si
apre un decennio ricchissimo di riconoscimenti con
inviti a tenere letture in Congressi Nazionali ed Internazionali in consessi scientifici di differente estrazione culturale, dalla chimica, alla microbiologia, alla
biochimica. Numerose furono le novità scientifiche e
le collaborazioni, alcune delle quali ancora in essere.
Molti collaboratori sono poi diventati dei cari amici
soprattutto con i tassonomisti che si avvalgono dell’
analisi dei lipidi per orientare le prove fisiologiche per
la caratterizzazione dei nuovi isolati.
Gli archeobatteri sono microorganismi appartenenti al Dominio Archaea che è il terzo
dominio degli essere viventi. Esso comprende
tutti procarioti estremofili che vanno
dall’estrema termofilia all’estrema alofilia,
alcalofilia, stretta anaerobiosi. Essi sono raggruppati in due regni: Euryarchaeota e Crenarcheota.
I lipidi sono basati su alcooli isoprenoidici, in
genere saturi, di differente lunghezza che
formano legami eterei con la glicerina con
configurazione sn-2,3 e non si trovano acidi
grassi. Il componente ubiquitario è
l’archeolo, 2,3-di-O-fitanil-sn-glicerolo, che
ha catene isoprenoidiche a 20 atomi di carbonio e abbastanza diffuso è anche il suo dimero, difitanilgliceroltetraetere, chiamato caldarcheolo. Varianti di questi tipi base sono
state riscontrate. Archeoli insaturi, catene con
25 atomi di carbonio combinate con un’altra
catena C25 o C20, 3-idrossifitanil derivati,
ciclopentani nelle catene C40
(3R,7R,11R,15S,18S,22R,26R,30R3 , 7 , 1 1 , 1 5 , 1 8 , 2 2 , 2 6 , 3 0 octametildotriacontani) di vario numero e
posizione, sono gli altri “core lipids” riscontrati negli archeobatteri. Un altro tipo strutturale, calditolcaldarcheolo, è formato da una
glicerina con due catene C40 e un poliolo con
un ciclopentanotetraolo. L’ unicità delle strutture lipidiche degli archeobatteri si riflette
51
Modello di membrana in Sulfolobus solfataricus, un termofilo
estremo
anche a livello della loro architettura in seno
alla membrana citoplasmatica e delle loro
proprietà chimico-fisiche che si sono rivelate
interessanti per applicazioni biotecnologiche
come la preparazione di liposomi per impieghi farmacologici e cosmetici.
I lipidi polari degli archeobatteri sono basati
sugli archeoli, caldarcheoli e calditolcardarcheoli legati a teste polari che vanno dagli
zuccheri, a gruppi fosfati e ad inositoli. Nonostante la loro struttura sia difficile da determinare, tuttavia, essi sono molto utili anche
ai fini tassonomici, in quanto la loro struttura
è spesso genere-specifica. I lipidi polari basati sull’archeolo e le sue varianti sono simili
alle corrispondenti strutture da batteri ed eucarioti, invece quelli basati sui macrocicli
sono caratteristici dei lipidi degli archeobatteri. Gli aminolipidi mancano nel fenotipo degli alofili e degli ipertermofili, ma si ritrovano nel fenotipo dei metanogeni. I lipidi polari
degli alofili sono fenotipo-specifico e sono
caratterizzati da glicolipidi solforati e da fosfolipidi relazionati al fosfoglicerolo e al fosfoglicerolfosfato, è presente anche un fosfosolfoglicerolo. Caratteristica è la seconda
glicerina di questi lipidi che ha configurazione sn-1,2. I lipidi polari basati sui macrocicli,
possono presentare una sola testa polare legata ai macrocicli o due teste polari, ma di differente natura, legate ai due lati opposti dei
macrocicli; infatti, una caratteristica dei lipidi
degli archeobatteri è la loro asimmetria. In
molti casi guardando tutte le strutture dei
lipidi polari di uno stesso microorganismo
sembra che i lipidi basati sui tetraeteri siano i
dimeri di due lipidi polari basati sugli archeoli. Questa osservazione porta all’ ipotesi biogenetica che i lipidi polari si biosintetizzino a
partire da precursori insaturi che dopo funzionalizzazione, vanno soggetti a dimerizzazione
ed eliminazione delle insaturazioni. In molti
casi questa ipotesi è stata confermata da esperimenti con opportuni precursori marcati e
non.
Numerosi studi sono stati eseguiti per verificare il rapporto tra la struttura dei lipidi e le
condizioni di crescita.
G l i a r c h e o b a t t e r i v e r o s i m i l me n t e
rappresentano il relitto arcaico delle più
primitive forme di vita comparse sul nostro
pianeta. Sono in accordo con una tale ipotesi
una interessante serie di studi geochimici che,
traendo spunto dai dati chimicospettroscopici ottenuti sui lipidi di Sulfolobus,
hanno portato ad identificare in sedimenti
terrestri e marini e in depositi petroliferi di
antichissima datazione, idrocarburi
isoprenoidici C40 anche variamente
ciclizzati. Alla luce di queste evidenze i lipidi
degli archeobatteri rappresentano uno dei più
antichi esempi di biogenesi isoprenica. Studi
di incorporazione di acetato e mevalonato
opportunamente marcati confermano
l’origine isoprenica delle catene C40 dei
lipidi di Sulfolobus. Studi recenti, che hanno
tenuto conto della diffusa presenza della “non
mevalonato pathway” non hanno smentito
che i lipidi degli archeobatteri seguono la via
mevalonica. La complessità della struttura dei
lipidi degli archeobatteri non ha ancora
permesso di chiarire tutta la via biogenetica
che porta alla formazione del lipide finito.
La struttura e le dimensioni dei macrocicli tetraeterei, l’assenza di un piano di rottura
preferenziale dei microorganismi con lipidi
tetraeterei, l’estrema rigidità degli aggregati
dei lipidi termofili archeobatterici, esperimenti di marcatura con agenti non penetranti
sulle cellule intatte e le proprietà delle membrane nere ottenute con i lipidi tatraeterei
supportono l’ipotesi che i macrocicli tetraeterei sono strutturati nelle membrana biologica
come doppio strato covalentemente legato. Si
passa a tale modello da una membrana formata da C20C20 che forma un “classico” doppio
strato, ma con interazioni certamente più forti
che non quello basato su lipidi lineari o comunque poco ramificati, alla membrana con
effetto “cerniera lampo” di alcuni aloalcalofili in cui ambedue o una delle catene è C25,
52
causando una penetrazione profonda nello
strato opposto a quella dei metanogeni ed
alcuni termofili in cui si alternano in proporzioni variabili catene C20 e catene C40, nei
quali si alternano pertanto doppi strati a doppi
strati covalentemente legati. Il modello di
membrana dei termofili estremi con legami
covalenti nel centro della membrana assieme
ai ciclopentani controlla l’omoviscosità della
membrana alle alte temperature di crescita.
Una volta definita la struttura dei lipidi del Sulfolobus
si iniziarono in collaborazione con Sandra Gliozzi,
dell’ Università di Genova studi chimico-fisici.
Lo studio della disposizione dei lipidi all’
interfaccia aria-acqua è stata molto studiata
anche in vista delle applicazioni biotecnologiche dei lipidi. Tali studi hanno dimostrato che
mentre gli archeoli hanno un comportamento
simile ai lipidi esterei, differente è quello dei
lipidi basati sui tetraeteri. Infatti a priori si
può ipotizzare che questi possono assumere
sia una forma ad U che una forma distesa. I
lipidi basati sul caldarcheolo assumano una
forma ad U, mentre quelli basati sul calditolcardarcheolo cambiano configurazione in
funzione della pressione che viene applicata.
Studi di microscopia elettronica hanno dimostrato che è possibile passare dalla forma
metastabile distesa a quella stabile passando
da alte pressioni a pressioni più basse. Le
isoterme pressione-aria mostrano una regione
di “plateau” che indicano la presenza di un
primo ordine di transizione.
Il “core lipids” calditolcaldarcheolo, può dare
luogo a membrane artificiali secondo le tecniche classiche se si opera però a temperature
superiori ai 40°C. Studi del comportamento
di queste membrane in un intervallo di temperatura da 6 a 80°C dimostrano che essi formano un monostrato in cui le molecole sono
distese nell’ intero spessore della membrana
stessa. Non tutte le frazioni lipidiche dei lipidi tetraeterei formano monostrati come ad
esempio il caldarcheolo. Membrane asimmetriche si sono ottenute con una nuova tecnica
ed usando il calditocaldarcheolo come frazione lipidica. Studi di conduttanza e capacitanza hanno dimostrato che le membrane artificiali a monostrato ottenute dai lipidi archeobatterici si comportano da buoni isolanti e
che le molecole ionofore inducono piccoli
incrementi nelle conduttanza di queste mem-
brane rispetto a quelle delle corrispondenti
membrane artificiali ottenute con il lipidi
monopolari.
Vi è oggi una grande richiesta di liposomi
con caratteristiche meccaniche, termiche e di
stabilità, in generale, per le più svariate applicazioni, come trasporto di farmaci e preparazione di membrane per processi di separazione. I lipidi bipolari da archeobatteri offrono
interessanti proprietà, dovute allo loro organizzazione in monostrato, alta resistenza chimica (completamente saturi e basati su legami eterei). Questi lipidi sono pertanto resistenti alle ossidazioni, alle esterasi e pertanto
sono stabili in larghi intervalli di pH e di temperatura. Inoltre contaminanti batterici e virali possono essere agevolmente eliminati per
autoclavaggio, che non è possibile con i liposomi preparati con lipidi esterei.
Dopo la classificazione del Sulfolobus iniziammo alcune collaborazioni sull’enzimolgia di tale microrganismo. Il primo lavoro di enzimologia sul Sulfolobus
fu in collaborazione con Marcello Cacace sulla RNApolimerasi-DNA dipendente. Con tale lavoro partecipammo, nel 1975, al primo congresso mondiale sui
termofili a Zurigo, al quale parteciparono da tutto il
mondo circa sessanta ricercatori. Con l’amico Buonocore, con il quale avevamo già una collaborazione
sull’ α-amilasi da Bacillus acidocaldarius, iniziammo
poi a lavorare sul metabolismo del glucosio in Sulfolobus e gli enzimi ad esso relazionati.
Questo microorganismo è capace di crescere
su terreni minimi a base di carboidrati semplici e complessi a base di glucosio. I nostri
studi hanno dimostrato che il microorganismo metabolizza il glucosio attraverso due
vie biogenetiche. La prima comporta una
fosforilazione ossidativa ATP-dipendente,
che porta a glucosio-6-fosfato, rapidamente
isomerizzato a fruttosio-6-fosfato. Nella seconda il glucosio, ad opera di una deidrogenasi NAD-dipendente è ossidato a gluconato;
questo successivamente subisce una disidratazione a 2-cheto-3-deossi-gluconato, da cui
per azione di un’ aldolasi si ottengono piruvato e gliceraldeide. La conversione del glucosio a piruvato rappresenta un nuovo tipo di
via biogenetica, che si differenzia dal ciclo di
Entner-Doudoroff per l’ assenza di processi
di fosforilazione a livello di metaboliti intermedi.
53
Sempre a metà degli anni ’70 nacque una lunga e proficua collaborazione nonché una lunga amicizia con
Piero Cammarano dell’ Università La Sapienza di
Roma sullo studio del complesso ribosomale e la sintesi proteica.
In una serie di lavori si individuano gli elementi responsabili della termostabilità del
complesso ribosomale dell’archeobatterio
Sulfolobus solfataricus, analizzando comparativamente le proprietà del sistema ribosomale di Bacillus (Alicyclobacillus) acidocaldarius e di Escherichia coli, due batteri di cui
il primo termofilo ed il secondo mesofilo. In
alcuni studi si è anche esaminato il fegato di
ratto, al fine di evidenziare gli elementi di
similitudine esistente tra la linea evolutiva
degli archeobatteri e quella degli eucarioti.
Gli studi sono stati eseguiti analizzando 1)
stabilità termica, 2) composizione in basi dei
tratti a singola elica, 3) lunghezza dei tratti a
doppia elica che fondono indipendentemente,
4) contenuto dei tratti elicizzati del rRNA. I
“melting” degli rRNA di Sulfolobus solfataricus sono superiori a quelli dei due batteri di
confronto così come i tratti elicizzati sono
più ricchi in coppie CG, la lunghezza dei
tratti elicizzati che fondono indipendentemente risulta maggiore in paragone ai due
modelli batterici. L’insieme di tali fattori
rende il sitema ribosomale dell’ archeobatterio più stabile dei modelli di paragone. In
ogni caso per spiegare l’elevata temperatura
di “melting” dei ribosomi del Sulfolobus bisogna tenere conto che un ruolo non secondario, deve essere svolto dalle proteine ribosomali e dalla natura delle interazioni proteinerRNA. Studi eseguiti in tal senso hanno dimostrato che tali interazioni sono molto più
forti nel modello archeobatterico che non in
quelli batterici di paragone. Sono stati eseguiti studi tesi a valutare la massa delle subunità ribosomali di Sulfolobus. I risultati ottenuti hanno dimostrato che la subunità 30S di
Sulfolobus ha una massa maggiore dei modelli di confronto mentre la subunità 50S
dell’archeobatterio, pur avendo una massa
maggiore dei modelli di paragone è tuttavia
più simile ad essi. Tale aumento è imputabile
al contenuto proteico, che è risultato essere in
numero maggiore con una massa complessiva di circa due volte superiori ai modelli batterici con una quantità di cariche positive
nettamente inferiore ai modelli di confronto.
Pyrodictium occultum i cui lipidi di membrana sono stati studiati in
collaborazione con il Prof. K.O. Stetter
Le caratteristiche della subunità 30S ricordano quelle della subunità 40S degli eucarioti.
Questa osservazione suggerisce una più stretta relazione degli archeobatteri con gli eucarioti. Tale ipotesi, confermata anche da altri
studi genetici ed enzimatici non ha ancora
oggi una valida conferma e fiumi di letteratura sono stati scritti in proposito. Molti lavori
mostrano come a livello molecolare la cellula
eucariota possa essere considerata una chimera filogenetica in cui si ritrovano caratteristiche batteriche ed archeobatteriche. Il sistema di sintesi proteica dei cloroplasti e dei
mitocondri è di tipo batterico, alcune proteine
ribosomali e il fattore EF-2 hanno similitudini strutturali con quelle di origine archeobatteriche. Il fattore di elongazione in Sulfolobus
è funzionalmente analogo al fattore EF-Tu
batterico ma non mostra la stessa sensibilità
agli antibiotici di quello batterico e non mostra determinanti antigenici comuni con EFTu (fattore di elongazione batterico). La pulvomicina e la kirromicina bloccano specificamente l’ attività di EF-Tu ma non quello da
eucarioti (EF-1). Il fattore da Sulfolobus è
insensibile ai due antibiotici. Tale comportamento non è dovuto alla temperatura poiché
in Thermus thermus, un batterio più termofilo
del Sulfolobus non si riscontra, mentre la
stessa risposta agli antibiotici si evidenzia in
un modello alofilo archeobatterico. Resta
comunque da capire la relazione filogenetica
con il fattore EF-1 eucariotico.
Sempre nella metà degli anni ’70 nasceva una collaborazione che sicuramente ha influito poi sul destino
accademico di Mario De Rosa e alla nascita di un lun-
54
dalla presenza di una forza ionica citoplasmatica eccezionalmente elevata. La simultanea
presenza di queste due poliammine negli archeobatteri alofili e termofili potrebbe suggerire l’ esistenza di specifici ruoli di questi policationi nella stabilizzazione delle strutture
cellulari esposte a stress ambientali come temperatura e forza ionica. Questa particolare condizione microambientale è non secondaria
rispetto al ruolo chiave giocato delle poliammine in “vivo”, legato al crearsi di interazioni
elettrostatiche più o meno specifiche con importanti classi di componenti cellulari. I risultati mostrano una generalizzata presenza della
caldina e della termina nel pool delle poliammine degli archeobatteri alofili. La simultanea
presenza di queste due poliammine negli archeobatteri alofili e termofili potrebbe suggerire l’ esistenza di specifici ruoli di questi policationi nella stabilizzazione delle strutture
cellulari esposte a stress ambientali come temperatura e forza ionica. Collegati alla via delle
poliammide sono gli studi di purificazione e
caratterizzazione degli enzimi propilammino
transferasi, S-adenosilsintetasi, Sadenosildecarbossilasi e metiltioadenosina
fosforilasi nell'archeobatterio termofilo Sulfolobus solfataricus.
go sodalizio scientifico ed umano, che dura con immutato affetto ancora oggi. Sto parlando del gruppo
del Professore Zappia con il quale abbiamo studiato la
caratterizzazione e la biosintesi delle poliammine nel
Sulfolobus e gli enzimi ad essa relazionati. Tra i collaboratori, non posso fare a meno di ricordare le Prof.
Cartenì-Farina, Giovanna Cacciapuoti e Marina Porcelli, con le quali ho avuto una stretta collaborazione
durata molti anni e con le quali si è stabilito un rapporto di affetto e stima reciproca.
E’ stata esaminata la composizione in poliammine del Sulfolobus solfataricus (Caldariella
acidophila). Si è visto che accanto alla spermidina, si trovano due nuove poliammine, denominate caldina (sim-nor-spermidina) e termina
(sim-nor-spermina). L’ identità strutturale dei
due nuovi policationi è stata ottenuta mediante
tecniche di spettroscopia NMR e MS. La biosintesi è stata studiata somministrando opportuni precursori marcati alle culture di Sulfolobus solfataricus. I risultati ottenuti hanno suggerito che 1,3 diammino propano, proveniente
dalla degradazione della spermidina, addiziona
il gruppo propilamminico della S-adenosil(5’)3-metilpropilammina, dando luogo a caldina e
metiltioadenosina. La triammina reagisce con
una seconda molecola di composto di solfonio
formando sim-nor-spermina e metiltioadenosina. Al fine di accertare il valore chemiotassonomico delle due nuove poliammine nella linea evolutiva degli archeobatteri si è condotta
un’ indagine sistematica sulla composizione in
poliammine di un altro gruppo di archeobatteri, quello degli estremi alofili, caratterizzati
Vi sono state anche collaborazioni occasionali limitate
ad un solo argomento come con il Prof. Marino e con
il
Prof. Bocchini, ambedue della Federico II
(aspartato ammino trasferasi e fattori di elongazione
da Sulfolobus solfataricus), Prof. Scandurra, dell’ Università La Sapienza, sulla glutammico deidrogenasi.
Gli anni 80: persone nuove e collaborazioni nuove
Gli anni ’70 finivano con un bel riconoscimento ai
nostri sforzi: il conferimento della Medaglia Ciamician a Mario De Rosa per le ricerche sui lipidi degli
archeobatteri.
Il 1980 è l’inizio di un nuovo decennio che vede Mario de Rosa prima Direttore pro-tempore dell’Istituto
per la Chimica di molecole di interesse biologico
(ICMIB) e poi Direttore fino al 9 Gennaio 1986. Subentro, pertanto, come responsabile del Reparto.
Alcuni dipendenti con le borsiste MISM in un momento sportivo. In piedi da
sinistra: Lopez, Di Maso, Lama, Manca; seduti da sinistra: Marsiglia, Improta,
Palmieri e Esposito.
Gli anni ’80 portano al consolidamento dell’attività
scientifica dei primi dieci anni. Tale consolidamento è
avvenuto grazie al discreto numero di nuovi assunti
55
assegnati al Reparto stesso. Barbara Nicolaus entra
parto. Cominciamo ad occuparci di alofili e non solo
definitivamente in ruolo, arrivano Virginia Lanzotti,
di termofili. La collaborazione con il Prof. Grant per-
ricercatore, Valeria Calandrelli ed Eduardo Pagnotta,
mette a persone del Reparto di recarsi come ospiti
prima come personale in formazione e poi come tecni-
presso i laboratori dell’Università di Leicester. Altre
co di ruolo, Ida Romano, come personale tecnico,
preziose collaborazioni nascono con il gruppo del
Antonio Trincone, prima come tecnico e poi come
Prof. Zillig e del Prof. Stetter con i quali si ha uno
ricercatore, Licia Lama, prima come borsista e poi
scambio molto importante di ceppi, di visite e di in-
come ricercatore. Nascono nuove collaborazioni
formazioni con importanti contributi sia sulla tematica
all’interno dell’ Istituto con Guido Sodano, con Istituti
dei lipidi degli estremofili che sulla tassonomia degli
vicini, con il Prof.
archeobatteri.
Rossi dell’IBPE,
La nuova linfa immessa dai giovani assunti ci spinge
con il Dipartimen-
verso tematiche nuove e si comincia a lavorare in
to di Chimica di
un’area più biotecnologia che vede l’utilizzo di cellule
Ingegneria con il
intere, più raramente di enzimi, per l’ ottenimento di
Prof. Drioli e si
reattori enzimatici per reazioni di biocatalisi. A titolo
consolidano
di esempio riporterò alcuni studi su un’attività amiloti-
le
collaborazioni
ca da Sulfolobus.
intraprese nel decennio precedente.
Con il Prof. Drioli
della Federico II
Enrico Esposito in Antartide
ci siamo interessati della
preparazione di bioreattori utilizzando sia la β
-galattosidasi purificata da Sulfolobus sia
cellule intere o parziali purificati. Si sono
preparate membrane piane e capillari con la
tecnica dell’ inversione di fase, di cellulosa e
polisolfone. La preparazione di tali membrane per l’ allestimento di reattori enzimatici, è
stata resa possibile dalle caratteristiche di
stabilità delle cellule di Sulfolobus e del suo
patrimonio enzimatico. Infatti il metodo utilizzato è denaturante per tutti gli enzimi da
fonti convenzionali.
Lasciano il Reparto Mario De Rosa, in quanto chiamato a ricoprire una cattedra universitaria, Virginia Lanzotti, vincitrice di un posto di ricercatore all’ Università del Molise e Salvatore Sodano. Si stabilisce una
stretta
collaborazione
con
dell’Università di Leicester,
il
Prof.
Grant
per due volte visiting
professor presso il nostro Istituto. Tale collaborazione
porta alla nascita di un nuovo filone di ricerca nel Re-
Un’ attività amilolitica capace di produrre
trealosio è stata parzialmente purificata e
caratterizzata per la prima volta da Sulfolobus
solfataricus. Tale attività è funzionante in un
ampio intervallo di pH con un pH ottimale
spostato verso valori acidi. A differenza da
altre attività isolate da S. solfataricus questa
attività non è molto termofila, avendo una
temperatura ottimale di 70°C, ben 17°C inferiore alla temperatura ottimale di crescita.
Viceversa la termostabilità è molto elevata.
Molto interessante sono i prodotti di idrolisi
di tale attività in funzione dei substrati saggiati. Usando glicogeno si ottiene solo glucosio alla fine della reazione, mentre usando
amido, amilopectina e amilosio si ottengono
con rapporti variabili, glucosio e lo zucchero
non riducente, trealosio identificato mediante
spettroscopia NMR. Usando oligosaccaridi
da due unità fino a sette unità glucosidiche si
vede che maltosio non è substrato, maltotriosio origina glucosio e maltosio e dagli altri si
ottiene glucosio, maltosio e trealosio. Incubazioni a tempi brevi da questi substrati dà come prodotto maggiore il trealosio, a partire
da substrati a 5 unità saccaridiche. Dai risultati ottenuti si possono fare due ipotesi per la
formazione del trealosio: il disaccaride è biosintetizzato solo quando nel mezzo si raggiungono livelli elevati di glucosio; il trealosio si forma per un meccanismo concertato di
56
enzimi intramolecolare. Per distinguere tra
queste due ipotesi si sono eseguiti esperimenti con precursori marcati e analizzati i prodotti mediante spettroscopia NMR. I risultati
hanno confermato una formazione intramolecolare del trealosio. Il disaccaride non riducente riveste un grande interesse biotecnologico, pertanto si è studiata la capacità di produzione del trealosio usando cellule intere
immobilizzate in sodio alginato.
strutturali della/e proteina/e sulfolobale/i con
le corrispondenti da mesofili. Immunoblots
con gli anticorpi anti-enzimi eucariotici indicano una specifica cross-reattivita' con una
componente di massa 50kDa, corrispondente
a meno della meta' delle dimensioni dell'enzima poli-ADPribosilante nucleare (116kDa).
La proteina di 50kDa e’ stata purificata all’
omogeneita’ e ne sono state determinate le
principali caratteristiche cinetiche e biochi-
La collaborazione con il gruppo del Prof. Rossi, sulla
caratterizzazione di una serie di enzimi e loro applicazioni da Sulfolobus: DNApolimerasi, enzima malico,
β-galattosidasi, alcool deidrogenasi diventa in questi
anni molto attiva. Alcune di queste attività enzimatiche purificate vengono utilizzate per reazioni di biotrasformazioni. Contemporaneamente si stabilisce un’
intensa collaborazione con le Prof. Farina e Faraone
Mennella della Federico II su un tema molto innovativo, mai affrontato nei termofili e negli archeobatteri:
studio sul sistema di ADP-ribosilazione. Tale collabo-
Cyanospira rippkae e il triolo α-glucoside isolato dagli eterocisti
miche.
razione continua con profitto e con grande affiatamento ancora oggi.
Si e' voluto indagare sull'eventuale presenza
di un sistema ADPribosilante in Sulfolobus
solfataricus e sulle proprieta' che caratterizzano tale reazione, tenendo presente che questo microrganismo vive in condizioni estreme
di temperatura (87°C) e di pH (3.5).
E' stata messa in evidenza una definita attivita' ADPribosilante, i cui livelli sembrano
essere in relazione con le fasi di crescita dell'
archeobatterio, raggiungendo i valori piu’
elevati nella tarda fase logaritmica. Il sistema
e' attivo ad una temperatura di 80°C e non
sembra sensibile a variazioni di pH comprese
tra 5.0 e 8.0; non si osservano variazioni notevoli di attivita' dopo prolungata esposizione
(24 ore) alle elevate temperature (60- 80 °C) .
Risultati preliminari sull'identificazione dei
prodotti della reazione enzimatica depongono
per la presenza, in S. solfataricus, di un sistema di poli-ADPribosilazione
Studi immunochimici condotti utilizzando
anticorpi policlonali diretti contro gli enzimi
eucariotici, sia mono(ADPR)transferasi che
poli(ADPR)polimerasi, hanno messo in evidenza che la preparazione enzimatica da S.
solfataricus e' in grado di reagire con entrambi gli anticorpi, suggerendo analogie
Alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 per
due anni il Reparto ospita quattro borsiste dell’ accordo MISM-CNR. Alla fine degli anni ’80 gli interessi
scientifici del Reparto Batteri Termofili sono rivolti
non solo ai termofili, ma agli estremofili in generale,
soprattutto alofili ed alcalofili. Grazie a tale esperienza il gruppo di
ricerca del Reparto partecipa al Progetto Nazionale
Ricerche in Antartide che ha permesso al Sig. Esposito di recarsi per due volte in Antartide. Tale partecipazione alla campagna antartica è stata di grande profitto. A parte l’esperienza personale di Enrico che ha
potuto visitare un Continente così lontano, le campagne da lui effettuate sono state molto proficue perché
ci hanno permesso di isolare nuovi termofili ed alofili
dai suoli vulcanici e salini della terra del freddo.
L’avventura antartica dura ancora nel nuovo millennio
e ci auguriamo di potere partecipare al PNRA anche
nel prossimo biennio in fase di approvazione. Quasi a
volere stabilire un filo conduttore con Arco Felice,
57
58
Uno sguardo dall’esterno
Diversi dipendenti dell’Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico nel
corso della loro carriera hanno rivolto il loro
sguardo all’esterno: dal Prof. Luigi Minale
proseguendo con diversi altri. L’ultimo esempio riguarda il Dr. Antonio Malorni; in
questa sezione viene descritta brevemente
l’attività del personale ex-ICMIB che sta
continuando la carriera scientifica non più al
servizio dell’Istituto. Molti, se non tutti,
hanno sempre continuato a collaborare con
Mario De Rosa - dimissioni 1986
Il Prof. Mario De Rosa è autore di oltre 231 lavori su riviste
scientifiche internazionali e di 18 brevetti
Laureato con lode in Chimica nell’Università di Napoli nel novembre
1968
1969 Ricercatore CNR
1970 Responsabile del reparto Batteri Termofili dell’Istituto per la
Chimica di Molecole di Interesse Biologico ( ICMB ) del CNR
1973 Membro del Consiglio Scientifico del ICMB
1975 Ricercatore capo del CNR
1978 Incaricato supplente di Chimica e Propedeutica Biochimica
all’Università di Napoli, I° Facoltà di Medicina
1978-85 Professore incaricato di Chimica e Propedeutica Biochimica
all’Università di Napoli, I° Facoltà di Medicina
1981 Vincitore della Medaglia Ciamcian della Società Chimica Italiana
1981-86 Direttore dell’ICMB del CNR di Napoli
1981-91 Membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto per lo Studio
delle Sostanze Naturali di Interesse Alimentare e Chimico Farmaceutico del CNR di Catania
1983-91 Membro del Collegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in
Scienze Biochimiche gestito da un consorzio tra le Università di
Napoli e Bari
1985 Professore associato di Chimica e Propedeutica Biochimica
all’Università di Napoli, I° Facoltà di Medicina
1986 Dall’11 luglio professore straordinario di Chimica e Propedeutica
Biochimica all’Università di Napoli, I° Facoltà di Medicina
1989 Dal 30 maggio opta sulla cattedra di Chimica Medica
all’Università di Napoli, I° Facoltà di Medicina
1989 Membro del Consiglio Scientifico di Finbiotec.
1990 Dall’11 luglio professore ordinario di Chimica e Propedutica
Biochimica all’Università di Napoli, I° Facoltà di Medicina
1992 Membro del Consiglio Scientifico di Technobiochip
1994-1998 Responsabile nazionale del gruppo Biotecnologie Biochimiche della Società Biochimica Italiana
1996 Membro del C.D.A. della Seconda Università di Napoli
1998 Coordinatore del Dottorato di Ricerca in “ Tecnologie Biomediche Applicate alle Scienze Odontostomatologiche”
1999 Delegato del Rettore per il Polo Medico della Seconda Università
di Napoli.
Virginia Lanzotti - dimissioni 1985
La Prof. Virginia Lanzotti è titolare di Chimica Organica Presso
il corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari
dell’Università del Molise Campobasso
1982 Laurea in Chimica (110 e lode)
1982 Borsa di studio presso il Dipartimento di Chimica delle Sostanze
naturali Università di Napoli diretti dal Prof. Fattorusso
1985 Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Arco
Felice (Napoli)
1985 Vincitrice di una Borsa di studio del CNR presso l’Università di
Bonn, Germania, nei laboratori diretti dal Prof. Eberhard Breitmaier.
1988 Ricercatore di Chimica Organica alla Facoltà di Agraria, Università del Molise
1989 Vincitrice di una borsa di studio EMBO (European Molecular
Biology Organization) all’Università di Leiden (Olanda) nei laboratori
diretti dal Prof. Cornelis Altona
1992 Presa di servizio come Professore Associato di Chimica Organica presso la Facoltà di Agraria, Università del Molise
1993 Commisario di concorso per un posto di ricercatore all’Istituto
Zooprofilattico di Teramo
1994 Contratto come “Visiting Scientist” all’Università di Leiden
(Olanda) nei laboratori diretti dal Prof. Cornelis Altona.
Antonio Malorni - dimissioni 2001
Il Dr. Antonio Malorni è Direttore dell’Istituto di Scienze
dell’Alimentazione del CNR (Avellino)
1968 Laurea in Chimica indirizzo Organico-Biologico
1969 Addestramento post-laurea in spettrometria di massa sotto la
guida del Prof. John M. Wilson Department of Chemistry University of
Manchester
1972 Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Arco
Felice (Napoli)
1981 Direttore responsabile del SESMA prima e del CISESMA successivamente, nochè membro del relativo comitato tecnico-scientifico
1985 Primo ricercatore CNR
1991 Dirigente di ricerca CNR
2000 Trasferimento all’Istituto di Scienza dell’alimentazione del CNR
2001 Direttore dell’Istituto di scienza dell’alimentazione del Consiglio
Nazionale delle Ricerche
Nel periodo Maggio 1988-Maggio 1994 è stato membro del Comitato
Nazionale di Consulenza per le Scienze Chimiche del CNR.
Nel periodo Giugno 1988-Maggio 1994 è stato membro del Comitato
Nazionale di Consulenza per le Biotecnologie e Biologia Molecolare del
CNR e di questo comitato è stato membro del Consiglio Direttivo.
Con decreto del Presidente del CNR dal 4 Luglio 1992 svolge la funzione di esperto nel consiglio scientifico dell'Istituto per la Chimica e la
Tecnologia dei Materiali Polimerici di Catania.
Dal Maggio 1997 e fino al 2001 è il rappresentante del CNR nel Consiglio di Amministrazione della Seconda Università degli Studi di Napoli.
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Raffaele Riccio - dimissioni 1992
Il Prof. Raffaele Riccio è Ordinario di Chimica Organica e Preside della Facoltà di Farmacia dell’Università di
Salerno
Laurea in Chimica (indirizzo Organico-biologico) conseguita presso l'Università di Napoli il 21.07.1972 con voti 110/110 e
Lode.
01.04.1973 - 19.11.1987 Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse
Biologico, Arco Felice NA.
15.10.1976 - 15.11.1977 Junior researcher, Department of Chemistry University of Hawaii at Manoa, Honolulu, Hawaii
(USA).
01.11.1987 - 31.10.1994 Professore Associato di Chimica Organica, Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli
Federico II.
Dall’01.11.1994 Professore Ordinario di Chimica Organica, Facoltà di Farmacia dell'Università degli Studi di Salerno
maggio 1998 – novembre 2000 Direttore del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università degli Studi di Salerno
dal 01.11.2000 Preside della Facoltà di Farmacia dell'Università degli Studi di Salerno
Aldo Spinella - dimissioni 1992
Il Prof. Aldo Spinella è Professore Associato di Chimica Organica Università di Salerno
1977 Laurea con lode in Chimica
Ha fatto parte del Settore Sviluppo Chimico della Divisione Fermentazioni della Ciba-Geigy SpA
1983 Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Arco Felice (Napoli)
1988-89 Ha svolto attività di ricerca presso il Monell Chemical Senses di Filadelfia e presso la Scripps Institution of
Oceanography di S. Diego (California)
1992 Professore Associato di Chimica Organica Università di Salerno
Aldo Spinella in una vignetta
dell’Istituto.
Alfonso Cantilena che saluta Mario De Rosa. Tra gli altri dalla sinistra: Rosaria
Vaccaro, Aniello Lopez, Antonio Malorni e in ultimo Ciro Di Micco.
Raffaele Riccio, seduto con Raffaele Turco
e uno studente in piedi, nel 1970.
Aldo Spinella, Ida Romano e Antonio Trincone i neo-assunti del 1983.
60
L’ICMIB nel mondo
L’attività dell’Istituto, sin dalla sua fondazione, è stata sempre caratterizzata da intensi rapporti
scientifici internazionali. Si è già detto quanto questo aspetto fu presente durante gli anni della direzione del prof. Nicolaus. Da questo punto di vista non mancano all’appello le altre direzioni e
numerosi ricercatori con contatti scientifici internazionali di alto livello.
E’ certamente privo di speranza ogni tentativo di collezionare con completezza il numero di seminari tenuti da ospiti italiani e stranieri in Istituto o quello di elencare i rapporti internazionali nel
corso di questi anni. Pertanto per caratterizzare questo aspetto abbiamo voluto raccogliere rappresentativamente alcuni contributi dei visiting professor più ricordati ed importanti. Quello che segue
è una raccolta delle loro memorie del periodo che hanno trascorso qui con noi sotto l’aspetto sia
scientifico che umano.
Il prof. William Duncan Grant della University of Leicester è stato ospite dell’Istituto in due occasioni; egli ha avuto una intensa collaborazione scientifica con il reparto “Batteri termofili” che data
REFLECTIONS ON ARCO FELICE – BILL GRANT
My association with the CNR goes right back to the late 1970s. At that time we were working on a group of microbes
originally isolated from the very salty and also very alkaline (pH 12!) Lake Magadi in Kenya. These odd bright red
bugs were rather different from other red bugs known to inhabit neutral salty environments. In the course of trying to
characterise these bugs, we had developed a quick screening procedure for the core lipids of these and other organisms
based on lipid mobility on thin layer chromatographic plates. This showed very clearly that the bugs were members
of the archaea (then known as archaebacteria), the major evolutionary group then recently described by Carl Woese.
However, the chromatographic mobility of the lipids seemed to be slightly different from those of their relatives from
the neutral salt lakes. Around that time John Bu’Lock, who was then one of the governing council of the CNR came
to give a seminar at Leicester, and on hearing about our lipids, immediately said we should talk to the experts, namely
Mario de Rosa and Agata Gambacorta at Arco Felice and that he could arrange for someone in the lab to go to CNR
for a short visit.
Hamish Ross, who was my graduate student in 1980, took some precious material to CNR for analysis, and it became
clear that our bugs had not only the novel C20C20 archaeal lipid with two carbon hydrocarbon chains linked to glycerol,
they had also asymmetric lipids with one twenty carbon hydrocarbon and a new twenty five carbon hydrocarbon. I
recall that Mario was somewhat disappointed, because he was hoping that our bugs were present-day sources of an
odd sixteen carbon hydrocarbon with presumed ancient microbial origins that had just been found in the ancient Messel oil shales!
Hamish’s sojourn in Naples was dramatically curtailed by the major earthquake in 1980 and he had to come home
early. So started the collaboration that was to extend well into the 1990s – shortly afterwards, the collaboration
showed that there were also C25C25 core lipids in our bugs, and the emphasis then switched to structural determinations
of the complex lipids, notably the glycolipids. This work prospered wonderfully well, and indeed was essential in defining the taxonomy of this whole group of red bugs right up until the end of the 1980s, when gene sequence comparisons became more common.
Even today, a quick chromatographic analysis of complex and core lipids of these bugs is extremely useful in establishing what particular type they might be.
I had two short sabbaticals in Arco Felice, the first in 1987 with my family for part of the time, and a second in 1988
where I was awarded a CNR Senior Research Fellowship for Distinguished Foreign Workers (very grand). Both visits
were great fun – by then Mario De Rosa had moved to the University and Agata Gambacorta was the group leader.
The lab component included Agata, Barbara Nicolaus, Virgina Lanzotti, Enrico Esposito, Valeria Calandrelli, Licia
Lama, Edoardo Pagnotta, Tonino Trincone and some students; the atmosphere was extremely convivial, with frequent
stops for espresso (either brewed in the lab – this was before the days of the health and safety zealots! - or across the
road at Damiani Country Club).
I much enjoyed the interaction with the group, despite not speaking Italian. Everyone was incredibly friendly, with
some great social occasions, back at Italian colleagues houses. My accommodation in Naples was a small, somewhat
down-market hotel near the football stadium (Agata warned me to be very careful of Napoli football supporters at
home games!) and every morning I got picked up, usually by Valeria, occasionally by Aniello Lopez the Institute general factotum who impressed me as a man who could arrange most things, including very nice trips to see the fantastic
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Il prof. Colin Crane-Robinson è stato uno dei primi visiting professor a frequentare l’Istituto proprio agli inizi della storia del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse Biologico sotto la direzione del prof. Nicolaus; fu ospite del reparto di Risonanza Magnetica Nucleare che
all’epoca era affidato al prof. Pierandrea Temussi. Ospitiamo con piacere il contributo del prof.
THE PORTSMOUTH CONNECTION
It all started in 1970 on a beach not too far from Cagliari in Sardinia. We
were all there for some scientific purpose (conferencing I suppose) but the
beach and the sea are what remain in the mind (oh, and the stories of Sardinian bandits who roam the mountains). Between plunging in and out of the
waves, it transpired that Messrs. Temussi and Paolillo had scientific interests that overlapped with those of Messrs. Crane-Robinson and Bradbury.
It centred on studying the helix-coil transition of synthetic polypeptides by
means of NMR and we were all interested in both the problem and the te- Il Prof. Colyn Crane-Robinson (Il secondo da destra, con la
chnique for studying it. It should be recalled that in those days almost no- toga, all’inaugurazione dello spettrometro NMR a 600 MHz
body used NMR to study macromolecules since it was assumed that line- all’Università di Portsmouth, primavera 2001)
widths would be far too high to permit any interesting measurements to be
made. Although initially the axis was Portsmouth Biophysics/Istituto Chimica, it was not long before it was broadened to include the lab. in Arco Felice (L.C.F.M.I.B., C.N.R. – editorial space restrictions do not allow me to spell this
name out in full). This broadened the team to include Enrico (Trivellone) and Teodorico Tancredi, whom I christened
Teodorakis in recognition of his love of songs and his left-wing leanings.
Before long, L.C.F.M.I.B. acquired a 100 MHz NMR spectrometer (yes, that very high frequency was the ultimate
technology in those days), providing the opportunity for extended working visits from Portsmouth to Arco Felice. Of
course, the practical arrangements were excellent, the peripheral touristic attractions numerous and should the experiments falter, the Cumean Sibyl could always be consulted for advise on how to proceed. I recall the Stanza Ospiti, a
room set aside to accommodate visitors and to us it seemed the heights of good organisation that on-site accommodation should be provided. One practical consequence of this was that I was the first person to discover the The Flood:
not the earlier one that induced immediate high quality boat-building but the one that covered the NMR in water to a
height of nearly a meter. During the night there had been one of those cataclysmic storms of a ferocity that might induce one to seek refuge in the underworld (entrance immediately at hand, costing less than the Tangenziale). On waking in the Stanza Ospiti, I decided to descend to the basement where I was storing my supply of Williams (yes, pears)
in the cold-room. If I had had the usual rubber boots,
they would have been useless, the water being so deep.
One must recall that the NMR had an electromagnet of
enormous dimensions and to have it half immersed in
water was truly a disaster. It certainly took some while
not only for the flood waters to subside but for repairs
to be carried out.
As the breadth of our collaborations grew, so did the
lengths of our visits to L.C.F.M.I.B. and here Damiani’s
played a vital role. I always thought ‘bungalow’ was a
quintessentially English word but it seems it’s a respectable Italian word as well – and that’s where we lived
when I arrived with all the family. It was all very conDa sinistra: Salvatore Sodano e Teodorico Tancredi, nel 1973.
venient and the combination of the two S’s (science
and sightseeing) proved very enjoyable and profitable.
Oh yes, and we did some really quite good science. We did not try to use NMR to explain the liquefaction of blood
(an important local question, it turned out), the aim was to demonstrate how conformational changes in polypeptide
chains could be followed using NMR, in both aqueous and non-aqueous solvents. We had alpha-helices that were
right-handed one moment and with a small change of solvent could be flipped to being left-handed, DL copolymers
that performed various conformational dances, all of which could be monitored in the NMR spectrum. I won’t bore
you with a blow-by-blow account of all the dozen or so papers we published over about 7 years in journals from
JACS, Biopolymers, Macromolecules to the European Journal of Biochemistry (the last concerning histones) but one
set of observations was important and prescient enough that it required re-discovery at a much later date. In 1972 we
62
published a note in Chem. Comm. of The Chemical Society (Paolillo, Tancredi, Temussi, Trivellone, Bradbury and
Crane-Robinson) that covered no more than a page and a half but pointed out that the 13C chemical shift differences
between the helical and random coil conformations of a polypeptide chain is very substantial and reliably quantifiable.
We pointed out that 13C spectroscopy is substantially better than proton spectroscopy for following conformational
changes. This of course was done with natural abundance 13C: it was not the current situation in which almost 100%
labelling can be achieved. Nowadays, when the determination of the secondary and tertiary structure of proteins by
NMR has become an almost routine matter with high level labelling, (the structural proteomics era is with us now) the
best way of defining where helices are located is to monitor the chemical shift of the α-carbon atom. When this is
done, the reference is to a paper published by Wishart, Sykes and Richards in 1992 but those truly ‘in the know’ appreciate the true origins of this understanding.
We all worked very hard to get lots of good spectra out of the 100 MHz instrument and as you all know, if it all gets
too intense there is immediate relief at hand in the shape of a strong coffee across the road in Damiani’s bar (is it still
there, I wonder)? This vital ritual never ceased to be a source of surprise: the coffee was most excellent and its stimulatory qualities undoubted but I always wanted to savour its taste and so took a moderate length of time to drink it
(moderately short I would have called it, I could have taken much longer). Not so the men and women of
L.C.F.M.I.B. who put it straight down in a single gulp, like the medicine they clearly regarded it. And if the heat in
the NMR basement became at all oppressive, there was always that superb Neapolitan delicacy Granite di Limone to
restore ones humanity and tranquillity.
The moral of this tale is plain and simple: if people of like interests and enthusiasms get together to carry out a task
and there is good rapport at the personal and social level, as well as at the scientific, things go well, there is success
and everyone is pleased that they have done a good job. That was the case for all of us, I feel sure.
Colin Crane-Robinson
63
64
Le linee di ricerca attuali dell’Istituto
Il 3 di Giugno del 1994 nella seduta del Consiglio Scientifico uno dei punti all’ordine del giorno
era la riorganizzazione ICMIB; per quanto riguarda questo punto il verbale riporta:
….Passando al punto 4 all’o.d.g. il Direttore illustra la riorganizzazione dell’ICMIB (allegati a1-a3) che vede, nel
permanere della struttura di reparto come momento organizzativo, l’individuazione al suo interno di linee di ricerca
specifiche (allegato a3) con responsabili determinati per ciascuna di esse. Nel dibattito che ne consegue si concorda
che questo tipo di organizzazione per linee di ricerca presenta aspetti favorevoli di dinamicità, con possibili aumentati stimoli a favorire interazione tra tematiche diverse, appartenenti a più reparti o realtà scientifiche; in questo
quadro si auspica che possano aumentare le interazioni tra competenze chimiche e biochimiche. Viene in ogni caso
raccomandata attenzione ad evitare il pericolo di frammentazione….
allegato a3
SOSTANZE NATURALI (De Rosa Salvatore)
RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
(Trivellone Enrico)
1. Studio su basi chimiche dell’ecologia degli
invertebrati marini. Cimino G., Gavagni, M.,
Castelluccio, F., Scognamiglio G., Villani G.
9. Determinazione della struttura di molecole
di interesse biologico mediante la NMR. Trivellone E., Cimino G., Gavagnin M., Trincone
A.
2. Metaboliti biologicamente attivi e loro modifica strutturale per migliorare l’indice terapeutico. Chimica e biochimica di colture cellulari di vegetali. De Rosa S., De Giulio, A.,
Iodice C., Crispino A.
10. Determinazione della struttura di proteine
in soluzione e calcoli conformazionali. Motta
A.
11. Studio delle relazioni struttura attività di
3. Studi chimici degli antozoi. De Stefano S.
Crispino A., De Giulio A., De Rosa S., Scognamiglio G.
CRISTALLOGRAFIA (Puliti Raffaella)
BATTERI TERMOFILI (Gambacorta Agata)
12. Analisi mediante raggi X di metaboliti e
studi chimico-fisici su molecole modello Puliti
5. Metaboliti da estremofili ed alghe. Studi
chimici e chimico-fisici dei lipidi di membrana. Gambacorta A., Lama L., Nicolaus B.,
Trincone A., Calandrelli V., Esposito E., Pagnotta E., Romano I.
6. Studi di attività enzimatiche di potenziale
interesse applicativo. Lama L., Nicolaus B.,
Gambacorta A., Calandrelli V., Esposito E.,
Pagnotta E., Romano I.
7. Microbiologia degli estremofili e dei cianobatteri. Studi sui loro metaboliti. Nicolaus B.,
Gambacorta A., Lama L., Calandrelli V., Espo-
SPETTROMETRIA DI MASSA (Malorni
Antonio)
13. Spettrometria di massa di molecole di interesse biologico a medio peso molecolare. Ma-
Nelle pagine che seguono è dettagliata l’attività di ricerca non solo dei titolari delle linee di ricerca dell’allegato a3 del 1993 ma anche quella di altri ricercatori assunti dopo tale data.
Tale quadro rappresenta l’attualità scientifica dell’ICMIB e sarà di certo parte dell’attività del
futuro Istituto di Chimica Biomolecolare.
65
Linee di ricerca
Predizione e determinazione strutturale di molecole di interesse biologico
con tecniche di modellazione molecolare e sviluppo dei relativi metodi di
calcolo
Studi chimici su microorganismi marini
Pietro Amodeo
Letizia Ciavatta
Studio di metaboliti secondari biologicamente attivi e loro modifiche
strutturali
Alfonso De Giulio
Metaboliti biologicamente attivi e loro modifica strutturale per migliorare
l'indice terapeutico. -Chimica e biochimica di colture cellulari
Salvatore De Rosa
Struttura, biosintesi, ruolo biologico e attivita’ farmacologica di mediatori
lipidici inter- ed intra-cellulari
Vincenzo Di Marzo, Tiziana
Bisogno
Chimica Bio-Organica di Prodotti Naturali Marini (CHIBIO)
Isolamento, caratterizzazione e biosintesi di metaboliti a basso peso molecolare
Angelo Fontana
Agata Gambacorta
Studi chimici dell’ecologia degli invertebrati marini
Margherita Gavagnin
Studi su attività enzimatiche di interesse applicativo
Licia Lama
Esplorazione di nuove risorse naturali marine
Ernesto Mollo
Determinazione della struttura di proteine in soluzione e calcoli conformazionali
Andrea Motta
Microbiologia degli estremofili e dei cianobatteri e studi sui loro metaboliti
Ricordi: Il mio incontro con il Laborabotorio per la Chimica e Fisica di
Molecole di Interesse Biologico
Barbara Nicolaus
Raffaella Puliti
Isolamento, caratterizzazione e impiego di sostanze naturali per applicazioni biotecnologiche
Giuseppe Strazzullo
Studio delle relazioni struttura-attività di peptidi biologicamente attivi e
proteine mediante spettroscopia NMR e calcoli energetici
Teodorico Tancredi
Studi chimici e biochimici sulla biocatalisi
Antonio Trincone
Determinazione strutturale di molecole di interesse biologico mediante
risonanza magnetica nucleare
Enrico Trivellone
66
Linea di ricerca n.
Pietro Amodeo
Predizione e determinazione strutturale di molecole di interesse biologico con tecniche di modellazione molecolare
e sviluppo dei relativi metodi di calcolo
Storicamente, la linea si origina dall’attività svolta
presso l’ICMIB dal Dr. Amodeo in qualità di borsista
MISM, e poi proseguita sotto forma di collaborazione a vario titolo con i ricercatori del reparto NMR.
Questa attività è stata orientata allo sviluppo e
all’ottimizzazione di procedure per determinare la
struttura in soluzione di peptidi e altre macromolecole biologiche, mediante uso integrato di dati NMR e
tecniche di calcolo, con applicazioni principalmente
incentrate sui peptidi oppioidi e sull’ormone calcitonina.
Lo sviluppo dei metodi e delle apparecchiature per il
calcolo di strutture e proprietà molecolari ha reso
disponibile uno strumento potente e flessibile, integrabile con la maggior parte delle tecniche sperimentali, che consente la determinazione di strutture a
livello atomico e l’individuazione di relazioni struttura-attività. Il suo uso è stato esteso dal livello
“interpolativo” dei dati sperimentali, utilizzato nella
determinazione strutturale, a quello “estrapolativo”,
per la predizione strutturale e la modellazione per
omologia.
La presente linea di ricerca si prefigge sia uno sviluppo metodologico, volto a migliorare gli aspetti quantitativi del calcolo e ad estenderne il campo di applicabilità, sia l’applicazione delle tecniche disponibili
alla determinazione e predizione strutturale di varie
classi di biomolecole, a partire da semplici composti
organici, fino a macromolecole biologiche e loro
complessi (aggregati multimerici, complessi enzimasubstrato, complessi proteina-acido nucleico o polisaccaride).
Pur collocandosi in modo integrato nell’ambito del
reparto NMR, la linea di ricerca può sinergicamente
interagire con la maggior parte delle linee di
ricerca
presenti
nell’istituto, migliorando la comprensione dei
sistemi studiati, e permettendo l’estrazione di
un numero maggiore di
Figura 1
informazioni da ciascuno di essi.
I principali risultati finora conseguiti sono rappresentati dallo sviluppo di metodi e protocolli per lo studio
di biomolecole volti a massimizzare l’estrazione delle
informazioni contenute nei dati sperimentali, e dalla
predizione e determinazione strutturale di molecole e
loro complessi di dimensioni e proprietà variabili in
un ampio intervallo.
Ad esempio, è stata possibile la simultanea determi-
nazione della stereochimica di un centro chirale e
della struttura 3D del Flabellatene A, una molecola
ad attività antiproliferativa estratta da una spugna
antartica (Fig 1).
Passando a sistemi di complessità maggiore, lo sviluppo di
protocolli di calcolo e/o integrazione dei dati sperimentali ha
consentito la caratterizzazione
strutturale di peptidi in soluzione per i quali equilibri conformazionali e/o limitazioni nei
dati disponibili rendevano inefFigura 2
ficaci i protocolli standard. A
titolo di esempio si ricordano gli studi sull’ormone
peptidico calcitonina, di cui è stata caratterizzata la
forma presente nel salmone, quella umana, e sono in
corso di raffinamento alcuni analoghi sintetici disegnati per migliorare le proprietà farmacologiche e il
peptide ad attività analgesica orfanina FQ2 (Fig. 2).
Nello studio di proteine e aggregati proteici e peptidici, i protocolli sviluppati hanno consentito
l’ottenimento di strutture di complessi utilizzando un
insieme ridotto di dati sperimentali, come nel caso
del trimero formato in metanolo dal peptide corrispondente alla regione citosolica della proteina
“Invariant chain”, in cui sovrapposizioni nello spettro
e l’uso di peptidi non marcati, insieme alla forma
relativamente poco compatta del trimero, rendevano
disponibili un numero limitato di effetti NOE intermolecolari.
Particolare attenzione, derivante dalle
elevate potenzialità
nel campo della
proteomica, è attualmente dedicata
ai metodi per ottenere modelli di
complessi proteinapeptide con limitato
supporto sperimentale e uso di inforFigura 3
mazioni strutturali indirette e non canoniche. Questo filone ha già portato a due
applicazioni in cui sono state univocamente identificate le regioni di interazione tra la proteina calmodulina e due peptidi, la mellitina, estratta dal veleno
delle api, e il peptide corrispondente alla regione autoinibitoria del modulo chinasico della proteina muscolare titina.
Per quest’ultimo sistema, il lavoro effettuato si è e-
67
Linea di ricerca n.
Letizia Ciavatta
Studi chimici su microorganismi marini
P
ur afferendo alla linea di ricerca “Studi chimici
dell’ecologia degli invertebrati marini” come
ricercatrice soltanto da tre anni, il lavoro da me svolto all’ICMIB è cominciato nel 1991 come borsista.
Appena giunta ad Arco Felice mi sono interessata di
composti derivati dall’autoossidazione del colesterolo
alimentare, composti ritenuti i veri responsabili della
formazione delle placche aterosclerotiche e di conseguenza di quelle malattie cardiovascolari che sono tra
le cause di mortalità più comuni nel mondo occidentale.
Il lavoro, svolto in collaborazione col dott. A. Fontana, mirava soprattutto alla messa a punto di una metodica di estrazione, separazione e riconoscimento di
questi ossidi di colesterolo che fosse quanto più semplice e che soprattutto evitasse la formazione di artefatti durante il work-up.
L’innovazione proposta fu quella di dosare ed identificare questi ossidi, peraltro presenti in quantità molto piccole, mediante la Risonanza Magnetica Nucleare (NMR). Durante questo lavoro si sono utilizzati sia
campioni alimentari come biscotti o polvere d’uovo
disidratata, sia miscele di colesterolo e altri grassi
preparate in laboratorio. Inoltre vennero valutati alcuni fattori fisici come l’esposizione alla luce o a fonti
di calore che portavano ad un incremento della quantità di questi ossidi. I risultati, che furono molto buoni, misero in evidenza che la formazione di questi
ossidi aumentava con l’esposizione alla luce e a fonti
di calore e che il mantenimento a livelli bassi di questi composti dipendeva in parte da queste fattori, ma
era regolato anche dal tempo di invecchiamento della
polvere o dei biscotti.
Successivamente il lavoro, anche se come borsista, si
è intrecciato con la linea di ricerca sopracitata, ed ha
avuto come obiettivo lo studio di quegli organismi
marini che essendo privi di difesa meccanica come la
conchiglia avevano sviluppato uno o più meccanismi
di difesa attraverso l’uso di sostanze chimiche. Queste ultime o vengono biosintetizzate “de novo” o vengono immagazzinate e/o modificate dagli organismi
che rappresentano la fonte dietarica dei molluschi.
Così da alcuni Notaspidea furono rinvenute, solo sul
mantello, sostanze probabilmente usate per difesa, al
contrario di quanto supposto per questa famiglia di
molluschi opistobranchi dove la difesa era da imputare quasi esclusivamente alla secrezione acida presente su tutto il mantello.
Ovviamente il lavoro si è articolato anche su altri tipi
di molluschi (nudibranchi e anaspidea) e su spugne,
alghe, madreporari provenienti da ogni parte del
mondo: infatti da sempre una caratteristica del nostro
gruppo di ricerca, è la collaborazione con biologi e
chimici di altri paesi, che, attraverso i progetti bilaterali, mettono a disposizione il materiale biologico, le
loro conoscenze e le loro esperienze per una più approfondita comprensione dei meccanismi che regolano l’ecologia di questi organismi marini. Lo studio di
questi invertebrati ha portato all’isolamento di sostanze con scheletri noti ma mai rinvenuti nel mondo
marino o di composti nuovi che sono stati completamente caratterizzati dal punto di vista chimico: questi
ultimi composti rappresentano anche probabili molecole capostipite per attività farmacologiche e quindi
HO
O
O
H
H OH
con forti potenzialità applicative.
Spesso tuttavia il rinvenimento di alcuni metaboliti,
con determinate caratteristiche strutturali (come il
cladocorano sotto riportato), ha fatto ipotizzare la
presenza sulla superficie o nel tessuto stesso
dell’organismo di altri organismi non identificabili ad
occhio nudo: infatti per le molecole ritrovate in un
organismo marino tipiche di altri phila, è ipotizzabile
la presenza di altri organismi che vivono associati o
in simbiosi.
Da qualche anno infatti l’interesse della comunità
scientifica internazionale nei riguardi degli invertebrati marini si è rivolto soprattutto ai microrganismi
che possono vivere associati con essi, in particolare a
funghi e batteri. I funghi e i batteri di origine terrestre
hanno fornito un gamma molto ampia di metaboliti
con potenti attività farmacologiche: inoltre il loro
adattamento alle condizioni climatiche più avverse è
ben conosciuto, quindi il loro ritrovamento nel mare
non è sorprendente. Una letteratura piuttosto ampia si
è sviluppata in questi ultimi anni dimostrando che,
come i loro congeneri terrestri, essi sono in grado di
produrre metaboliti dotati di forti potenzialità farmacologiche.
68
Linea di ricerca n.
Alfonso De Giulio
Studio di metaboliti secondari biologicamente attivi e loro modifiche strutturali
I
l lavoro di ricerca che ho sviluppato come collaboratore dell’Istituto ICMIB sin dal 1986 può
essere sintetizzato in “Studio di metaboliti secondari
biologicamente attivi e loro modifica strutturale per
migliorarne l'indice terapeutico e di aspetti chimici e
biochimici di colture cellulari”.
Allo scopo di poter sviluppare adeguatamente il tema
relativo alle attività biologiche sono stato ospite presso la Purdue University in Indiana (U.S), del gruppo
diretto dal Prof. J.L. MaLaughlin ed ho appreso le
tecniche rivolte all'isolamento di nuovi metaboliti
guidato da saggi che consentono di individuare sia
attività citotossiche (Artemia salina) che antitumorali
(con dischi di patate infettati da Agrobacterium tumefaciens).
Successivamente, un soggiorno di studio trascorso
presso il Dipartimento di Chimica Organica dell'Università di Pavia, mi ha consentito anche di appropriarmi delle tecniche rivolte alla valutazione le attività antibatteriche ed antifungine dei prodotti naturali.
Dagli studi condotti sugli estratti di alcune spugne,
l’uso delle tecniche di isolamento guidato da saggi di
attività ha permesso di ritrovare tutta una serie di
nuove molecole con interessanti attività biologiche,
come ad esempio il composto 12-deacetossiscalarina
(un sesterterpene scalaranico senza sostituenti al C12) dalla spugna Cacospongia mollior che mostra
una notevole attività citotossica. L'isolamento di nuovi metaboliti guidato da saggi di attività ottenne risultati ragguardevoli dalle spugne Petrosia ficiformis e
Dysidea avara. Inoltre dalle spugne Spongia officinalis, ed Ircinia oros, dai tuberi di Asphodelus ramosus , da bulbi di Pancratium maritimum furono isolati
una serie di composti con attività veramente interessanti.
Gli studi delle interessanti attività del metabolita avarolo (in particolare inibizione specifica della cicloossigenasi e della lipo-ossigenasi), isolato circa trenta
anni or sono dalla spugna Dysidea avara, hanno stimolato la ricerca del miglioramento del suo indice
terapeutico attraverso la sintesi di derivati. A tale
scopo sono stati sintetizzati una serie di amminoderivati ed è stata studiata la loro attività sia seguendo dei protocolli in uso nei nostri laboratori, sia attraverso gli effetti prodotti sull’attività degli enzimi
microsomiali preposti al metabolismo di sostanze
xenofobe.
Dalla spugna Fasciospongia cavernosa, raccolta
nell'Alto Adriatico (inizialmente classificata come
Cacospongia mollior ) è stato isolato, il composto
cacospongionolide un sesterterpene, che mostrava
interessanti attività citotossiche ed antitumorali. La
spugna. che da una approfondita classificazione risultò essere la, ha permesso di isolare insieme al cacospongionolide, alcuni nuovi metaboliti strettamente
correlati tra di loro. In particolare il più abbondante è
il cacospongionolide B, che mostra interessanti attività citotossiche, antimicrobiche, con concentrazione
inibente paragonabile a quella della gentamicina e
moderatamente ittiotossico. L'attività antiinfiammatoria del cacospongionolide B, infine, è stata coperta
da brevetto (Spain Pat. 96 00884).
Un altro aspetto importante del lavoro svolto
all’ICMIB è stato lo studio dei metaboliti prodotti da
cellule di Lycopersycon esculentum in coltura, durante il quale sono stati isolati, oltre al lupeolo, un
triterpene che è risultato essere cicloartenolo ed una
serie di glicosidi, l'isopentenilgetiobioside, l'androsina e tre glicosidi dell'alcol benzilico. Ancora più recentemente sono stati isolati l'isofucosterolo ed il
nuovo glucosilderivato dell'isofucosterolo e tutta una
serie di acilglucosidi dell'isofucosterolo, composti
che isolati precedentemente sia da animali che vegetali erano stati descritti per avere attività di protezione contro gli effetti mutageni della mitomicina C.
L’analisi da noi fatta non ha confermato tale attività
per i nostri composti.
Infine un ultimo ma non meno importante sviluppo
della ricerca condotta nell’Istituto prende il suo naturale avvio dal fatto che negli ultimi trenta anni la
chimica delle sostanze naturali, con l'isolamento e la
caratterizzazione di numerosi metaboliti con interessanti proprietà biologiche, ha portato ad un notevole
sviluppo nella ricerca di base ed in particolare
nell’isolamento da organismi marini. D'altro canto,
però, non si è registrato un pari trasferimento al mondo produttivo degli enormi risultati ottenuti. In questo ambito i poriferi e le alghe sono certamente le più
ricche fonti di metaboliti con interessanti attività biologiche e molti di questi potrebbero essere utilizzati
nei più svariati settori industriali (alimentare, farmacologico, cosmetologico) ma la difficoltà di reperimento, in particolare per alcune specie più rare, nonché la complessità delle molecole, con la relativa
difficoltà di sintesi, sono i maggiori ostacoli al loro
impiego su vasta scala. La crescita controllata in am-
69
Linea di ricerca n.
Salvatore De Rosa
Metaboliti biologicamente attivi e loro modifica strutturale per migliorare l'indice terapeutico. -Chimica e
biochimica di colture cellulari
L
a linea di ricerca “Metaboliti biologicamente
attivi e loro modifica strutturale per migliorare
l'indice terapeutico. -Chimica e biochimica di colture
cellulari” è la naturale evoluzione degli studi che io
intrapresi, prima con la partecipazione ai vari Progetti
Finalizzati (P.F.) e Strategici (P.S.), che avevano,
sempre, come tema l’isolamento di composti biologicamente attivi da organismi marini. Nei primi due
P.F., “Oceanografia e fondi marini” e “Chimica fine
e secondaria”, l’attività biologica (farmacologica ed
insetticida) era sviluppata dalla Farmitalia-Carlo Erba
e Farmoplant (Montedison). Successivamente, nel
1986, come responsabile dell’unità operativa "Studio
guidato da saggi d’attività biologica, di sostanze naturali marine", del P.S. “Chimica dei processi biologici”, e subito dopo (1989-1994) dell’unità operativa
"Sostanze naturali biologicamente attive da organismi marini" del P.F. "Chimica Fine II", veniva introdotti e messi a punto due saggi, ed era modificato il
saggio di ittiotossicità, avendo così a disposizione i
seguenti saggi:
a) attività antifeedant;
b) attività fitoregolatrice, diverso sviluppo delle
radici e/o dei germogli d’orzo (Hordeum vulgaris);
c) attività citotossica, con Artemia salina;
d) attività antitumorale, con dischi di patate infestati da Agrobacterium
tumefaciens;
e) attività tossiO
ca, su pesci
O (Gambusia affiO
HO
nis), con calcolo
della dose letale
Cacospongionolide B
al 50% (LD50). I
risultati, ottenuti,
sono in perfetto accordo con la tossicità su ratti.
Avendo a disposizione queste potenzialità, per molti
anni ho utilizzato, prevalentemente, tali saggi
nell’isolamento dei metaboliti con attività biologica.
Chiaramente, questo era solo il primo approccio
nell’evidenziare le attività biologiche dei prodotti
isolati, infatti, in stretta collaborazione con il Prof.
Miguel Paya dell’Università di Valencia, abbiamo
potuto evidenziare l’attività anti-infiammatoria di
numerosi composti d’origine marina. E' difficile non
ricordare l’attività mostrata dall’avarolo, con
l’inibizione specifica della ciclo-ossigenasi e della
lipo-ossigenasi. Per queste ed altre caratteristiche,
l’avarolo è utilizzato, in Germania sotto forma di
crema, nella cura di dermatite. Grosse soddisfazioni
sono derivate dallo studio dell’attività antiinfiammatoria del cacospongionolide B, che portò al
deposito di un brevetto, sull’utilizzo di questo composto come potente e selettivo inibitore della fosfolipasi A2. Per approfondire gli studi sull’attività di questo composto, avevo bisogno di una sua maggiore
quantità, quindi incominciai ad estrarre la spugna,
produttrice, raccolta in varie parti del Mediterraneo, e
con sorpresa, isolai tutta una serie di composti strettamente correlati al cacospongionolide, tutti con notevole attività, sia anti-infiammatoria sia antibiotica.
Particolare attenzione è stata dedicata alla modifica
strutturale dell’avarolo ed alla valutazione della loro
attività biologica. A questa parte della mia attività
scientifica sono particolarmente affezionato, perché
l’isolamento e la determinazione strutturale
dell’avarolo sono stati oggetto della mia tesi di laurea. Questi studi fanno parte del mio lavoro attuale, e
considerato i risultati finora ottenuti spero, nei prossimi anni, di produrre qualche derivato di particolare
interesse applicativo.
E’ ben noto che i poriferi sono considerati, non singoli animali, ma come un microcosmo. Con i poriferi
vivono, infatti, numerosi altre specie, sia macro organismi (vermi, ecc.), sia microrganismi (batteri, funghi
e micro alghe). Recenti studi hanno mostrato che
alcuni metaboliti isolati da spugne, in effetti, sono
prodotti da microrganismi a loro associati. Lo studio
dei microrganismi associati agli invertebrati marini è,
quindi, di estremo interesse, perché è possibile produrre in quantità illimitata quei metaboliti di interesse
industriale, isolati da spugne e che non trovano applicazione per la difficoltà del loro reperimento. Facendo queste osservazioni, recentemente, ho iniziato lo
studio dei metaboliti da microrganismi, associati o
simbionti con organismi marini, in particolare con
spugne. Da alcuni batteri, associati a spugne marine,
abbiamo isolato e caratterizzato alcuni interessanti
peptidi. La loro struttura fa pensare che essi possono
esplicare interessanti attività biologiche, che tuttora
stiamo studiando. Negli ultimi trenta anni, dalle spugne sono stati isolati numerosi prodotti con potenziale uso industriale, purtroppo, nessuno di essi ha trovato applicazione per la difficoltà ad ottenere quantità sufficienti dei composti desiderati dalla fonte naturale, sia per l’impatto ecologico, per una massiccia
raccolta della spugna produttrice, sia perché la spugna è rara e la sua crescita è lenta. Recentemente, si è
ipotizzato che mettendo in coltura le cellule di spugna, si potrebbe ottenere, in condizioni controllate,
una biomassa sufficiente all’isolamento dei prodotti
d’interesse industriale. Partendo da queste premesse e
70
Linea di ricerca n.
Vincezo Di Marzo, Tiziana Bisogno
Struttura, biosintesi, ruolo biologico e attivita’ farmacologica di mediatori lipidici inter- ed
intra-cellulari
L
a membrana citoplasmatica contiene molte delle
molecole necessarie alla comunicazione e al
riconoscimento cellulare. Alcune di esse derivano dai
fosfolipidi. L’importanza non solo strutturale di questa classe di molecole è stata pienamente riconosciuta
a partire dagli anni ‘70 con la scoperta di una pletora
di derivati dell’acido arachidonico, gli eicosanoidi
(prostaglandine, leucotrieni, ecc.). Successivamente
sono stati individuati altri segnali lipidici derivati dal
metabolismo dei fosfolipidi, ad es. i diacilgliceroli, il
fattore di attivazione delle piastrine, le ceramidi,
l’acido lisofosfatidico, gli endocannabinoidi e le ammidi bioattive di acidi grassi a lunga catena. Questa
linea di ricerca si è originata dalla necessità di intraprendere studi sui mediatori lipidici sfruttando
l’esperienza in biochimica e farmacologia molecolare
del dott. V. Di Marzo. Prima del 1994, il dott. Di
Marzo aveva già coordinato studi su acidi idrossieicosatetraenoici, prostaglandine lattoni, e diacilgliceroli in organismi invertebrati acquatici.
L’importanza di tali modelli per lo studio del metabolismo e della funzione biologica di mediatori lipidici
è sottolineata in una rassegna pubblicata nel 1994
(Articolo 21, 1994). Nel 1993 il dott. Di Marzo, con
l’Unità 109 dell’INSERM di Parigi intraprendeva
uno studio sulla biosintesi dell’allora appena scoperta
anandamide (arachidonoiletanolammide, Fig. 1), un
agonista endogeno dei recettori dei cannabinoidi. Lo
studio si concluse con la scoperta delle vie metaboliche e di disattivazione dell’anandamide in neuroni di
ratto (Articolo 14, 1994), e segnò l’inizio di un periodo di grande produttività per questa linea di ricerca,
anche grazie all’arrivo all’ICMIB della dott.ssa Tiziana Bisogno, e ad un prestigioso finanziamento da
parte del Human Frontiers in Science Program. Nel
1995 nasceva l’Endocannabinoid Research Group
(ERG), un gruppo di ricerca trasversale che, oltre al
gruppo del dott. Di Marzo (coordinatore), include
anche il dr. L. De Petrocellis, dell’Istituto di Cibernetica del CNR e occasionalmente anche il dott. P. Orlando, dell’IBPE.-CNR, ed il Prof. M. Bifulco, del
CEOS-CNR.
La marijuana, il ben noto preparato medicinale e psicotropo ottenuto dalla Cannabis sativa, deve le sue
tipiche proprietà sul sistema nervoso centrale (SNC)
ad un costituente lipidico, il (-)- ∆ 9 tetraidrocannabinolo (THC), nonché alla presenza
nel cervello dei mammiferi di un recettore selettivo
per il THC, il recettore dei cannabinoidi CB1. La
scoperta del CB1 ha suggerito l’esistenza di una o più
molecole in grado di stimolare l’attività di tale recettore (una sorta di marijuana endogena). Due di tali
molecole, denominate endocannabinoidi (Articolo
18, 1998), sono state scoperte: l’anandamide (dalla
parola Sanscrita “ananda” per “stato di grazia”), e il
2-arachidonilglicerolo (2-AG). Il lavoro svolto
dall’ERG negli anni 1995-2001 ha consentito non
solo di individuare le vie metaboliche responsabili
della formazione ed inattivazione degli endocannabinoidi, ma anche di comprenderne in parte la regolazione in alcune situazioni fisiologiche e patologiche.
Inoltre, l’ERG ha contribuito alla progettazione e
“screening” dell’attività farmacologica di inibitori
selettivi della disattivazione (ricattura cellulare seguita da idrolisi enzimatica) degli endocannabinoidi
(Articolo 20,1999). Nel complesso, i risultati scientifici più importanti conseguiti dall’ERG possono essere così riassunti:
Scoperta dell’attività antiproliferativa degli endocannabinoidi
su cellule tumorali della mammella e della prostata umana e su
tumori tiroidei (Articolo 15, 1998; Bifulco et al., FASEB J., in
stampa);
Scoperta della partecipazione degli endocannabinoidi
all’inibizione del movimento in un modello animale del morbo
di Parkinson (Articolo 7, 2000);
Scoperta del ruolo protettivo degli endocannabinoidi contro la
spasticità in un modello animale di sclerosi multipla (Baker et
al.; FASEB J., 15, 300-302, 2001);
Scoperta del ruolo del sistema endocannabinoide nella regolazione dell’appetito e dell’assunzione di cibo in condizioni
fisiologiche e patologiche (Di Marzo et al. Nature, 410, 822825, 2001);
Scoperta dell’influenza della dieta sui livelli di anandamide nel
cervello (Berger et al., Proc. Natl. Acad. Sci.USA, 98, 64026406, 2001);
Ritrovamento degli endocannabinoidi nel latte ed individuazione del loro possibile ruolo nello sviluppo del neonato (Articolo
25, 1998).
Recentemente, l’ERG ha intrapreso una serie di studi
chimico-farmacologici
O
suggeriti dalla somiO
OH
OH
R
NH
R
N
glianza strutturale tra
H
OCH
l’anandamide e la
Arvanil
Anandamide
capsaicina, il princiO
H C OH
pio piccante del pepeR=
R
O CH
ronicino rosso. Tali
H C OH
studi hanno portato a
2-arachidonilglicerolo (2-AG)
scoprire
che
l’anandamide è un ligando fisiologico del recettore
della capsaicina (recettore dei vanilloidi VR1)
(Articolo 26, 1999), e alla sintesi di agonisti “ibridi”
dei recettori CB1 e VR1 (Di Marzo et al., Biochem.
Biophys. Res. Commun., 281, 444-451, 2001), come
ad esempio l’arvanil (Fig. 1), che presentano promettenti attività farmacologiche (protette da un brevetto
internazionale) quali potenti agenti anti-tumorali, anti
-spastici e analgesici.
Infine, l’ERG si è dedicato allo studio di altre ammi3
2
2
71
Linea di ricerca n.
Angelo Fontana
Chimica Bio-Organica di Prodotti Naturali Marini (CHIBIO)
G
Gavagnin e Guido Cimino alla pianificazione e sviluppo della ricerca di CHIBIO.
Biosintesi di Metaboliti Secondari Il programma di
ricerca si sviluppa intorno alla questione di come i
metaboliti secondari sono prodotti in organismi marini. Il tema sottende anche la funzione che specie microbiche, ad esempio simbionti, possono avere
nell’elaborazione di molecole complesse isolate da
organismi bentonici come spugne, molluschi o tunicati. Per ragioni storiche, i principali target biologici
di queste ricerche sono costituite dagli opistobranchi
marini, che, a partire dagli studi pionieristici del Prof.
Scheuer, hanno dimostrato la capacità di elaborare de
novo le molecole difensive. Tuttavia, in collaborazione con il Dott. Guido Villani che si occupa del reperimento degli organismi e della loro stabulazione, la
ricerca comprende la biogenesi di metaboliti secondari in spugne, tunicati e, soprattutto, in microalghe e
batteri marini. Un tema principale della ricerca è
costituita, inoltre, dagli studi della via NonMevalonica o via del metileritritolo fosfato (MEP).
Questa via metabolica, per il fatto di essere completamente assente nelle cellule eucariotiche, si presta,
potenzialmente, ad essere target per lo sviluppo di
nuovi agenti antibiotici. Pertanto, oltre ad uno studio
metabolico della formazione di composti terpenoidici
in organismi marini, parte della ricerca mira ad individuare composti naturali di origine marina, che attraverso l’inibizione della biosintesi non-mevalonica,
possano funzionare come potenziali antibatterici,
antiprotozoarici e fitofarmaci.
Semi-sintesi organica. Il principale scopo di questa
parte della ricerca è quella di preparare, per via principalmente chimica, molecole marcate con isotopi
stabili o radioattivi per gli studi di biosintesi.
L’attività riguarda sia la modificazione strutturale di
substrati naturali sia la preparazione ex novo del precursore metabolico, attraverso un approccio sintetico
che consenta la semplicità delle manipolazioni chimiche ed l’utilizzo di materiali facilmente accessibili.
Nell’ambito di questo programma vi è anche la sintesi di inibitori ed intermedi della via non-mevalonica.
Un esempio è la preparazione di metileritritolo marcato per la determinazione degli intermedi non ancora noti della via non-mevalonica.
Isolamento, caratterizzazione strutturaIncorporazione di [1-13C] glucosio negli isoprenoidi del batterio marino Streptomyces sp.
le e meccanismo di azione di metaboliti
via non-mevalonato (J. Org. Chem., 2001, 66 (18), 6202)
secondari marini. La principale finalità
*CHO
della ricerca è stabilire una correlazio*CH
3
H OH
O
ne su basi molecolari tra metabolita
*
HO H
CO2H
HO H
OPP
H OH
secondario e attività biologica, intesa
H OH
O
li studi di “Chimica Bio-Organica di Prodotti
Naturali Marini (CHIBIO)” sono focalizzati
nell’area della chimica di prodotti naturali biologicamente attivi, con un’enfasi sul metabolismo secondario lipidico. L’attività è strettamente connessa alla
chimica e biochimica di prodotti naturali di origine
marina con proprietà biologiche che riguardano sia
aspetti naturali che applicativi. Gli interessi della
ricerca spaziano dall’origine biosintetica di queste
molecole, al ruolo eco-fisiologico, alle proprietà farmacologiche. Il lavoro coinvolge integrazione di
studi strutturali e stereochimici, esperimenti biosintetici in vivo e su lisati cellulari, trasformazione in condizioni biomimetiche e semi-sintesi organica. La filosofia generale di CHIBIO è quella di fornire un programma scientifico di frontiera tra Chimica dei Prodotti Naturali, Biochimica ed Eco-Fisiologia perlo
studio dei meccanismi molecolari attraverso i quali i
metaboliti secondari, principalmente lipidici, vengono formati, svolgono il loro ruolo naturale o esprimono le loro proprietà biologiche.
Un’importante parte della ricerca è ovviamente la
chimica strutturale che fa perno su tecniche spettroscopiche avanzate (Risonanza Magnetica Nucleare e
Spettrometria di Massa), assistite, dove necessario,
da metodologie chimiche e biochimiche. L’attività
del gruppo, inoltre, poggia su una serie di collaborazioni esterne tra cui quelle che coinvolgono gli studi
eco-fisiologici su microalghe e dinoflagellati
(Stazione Zoologica “A. Dohrn”), origine biosintetica
di metaboliti secondari in molluschi e batteri marini
(Department of Oceanography and Chemistry della
University of British Columbia), antigeni non tradizionali ed attività immunoregolatrici di prodotti naturali marini (Facoltà di Medicina dell’Università di
Studi di Napoli “Federico II”).
Sebbene CHIBIO sia nato solo da poco tempo, la
filosofia di ricerca si avvantaggia dell’esperienza di
altre tematiche esistenti in Istituto. In particolare, il
legame è molto forte con gli studi coordinati dalla
Dott.ssa Gavagnin sull’ Ecologia Chimica di Opistobranchi Marini. La piu’ chiara dimostrazione
dell’osmosi tra i due programmi scientifici è proprio
costituita dall’attiva partecipazione di Margherita
H
OH
CH2OH
*
CH2OP
72
Linea di ricerca n.
Agata Gambacorta
Isolamento, caratterizzazione e biosintesi di metaboliti a basso peso molecolare
T
ale linea di ricerca si rifà agli studi condotti nel
reparto Batteri Termofili sin dalla sua istituzione. Infatti tale ricerca si è proposta di studiare la
componente lipidica da nuovi isolati sia appartenenti
agli estremofili che ai cianobatteri. Lo studio dei lipidi di membrana dei microrganismi è uno strumento
di notevole ausilio per la classificazione di nuovi
isolati e per l’ottenimento di molecole con caratteristiche utili per la preparazione di liposomi con proprietà nuove per possibili applicazioni biotecnologiche.
Lo studio accurato della struttura dei lipidi degli archeobatteri ha anche evidenziato delle regole biogenetiche che sono state poi suffragate da esperimenti
con isotopi a da studi di alcune attività enzimatiche
Presso il Reparto batteri Termofili esiste una ricca
collezione di “standards” di lipidi complessi e di
“core lipids” (ottenuti dopo metanolisi dei lipidi polari) che sono di aiuto per un primo “screening” della
composizione lipidica presente in una miscela di microrganismi non ancora purificati. L’ analisi del
“pattern” lipidico permette di orientare i successivi
studi di purificazione e di fisiologia dei microrganismi in funzione del Dominio di appartenenza. Lo
studio dettagliato dei lipidi di membrana di un microrganismo purificato permette di indirizzare la tassonomia fino al genere di appartenenza. Numerosissimi sono stati i microrganismi studiati appartenenti sia
al Dominio Archaea che Bacteria. Molti sono stati
isolati nel Reparto Batteri Termofili molti sono stati
inviati da gruppi di ricerca di tutto il mondo per la
nota esperienza nel campo del gruppo di ricerca del
Reparto Batteri Termofili. Nell’ ambito del Progetto
OH
O
O
HO
4
OH
OH
6
5
1
O
2
OH
OH
OH
HO
3
calditol
1
Europeo MAST sono stati esaminati i lipidi polari e i
“core lipids” di oltre cento ceppi di termofili marini.
Molti studi sono stati eseguiti per capire alcuni dei
meccanismi che sono alla base della funzionalità della membrana sottoposta a “stress” ambientali. Tali
studi sono stati condotti mediante l’ ottenimento di
membrane artificiali ottenute con i lipidi eterei da
Sulfolobus solfataricus, che grazie alla loro natura
bipolare hanno permesso di mettere a punto una nuova tecnica per ottenere tali membrane artificiali. Si è
visto che le membrane ottenute dal glicerolcalditolte-
traetere sono tra le più sottili fino ad ora ottenute che
hanno permesso di chiarire quali tipi di trasporto possono essere operanti. Interessanti sono anche gli studi
sulle proprietà dei liposomi ottenuti con i lipidi del
Sulfolobus, come le proprietà di fusione e la stabilità
a differenti parametri chimico-fisici. Sono state studiati anche i possibili modi di organizzazione dei
lipidi sia nella nativa membrana citoplasmatica che
nella loro organizzazione in vitro all’ interfaccia ariaacqua.
Di molti microrganismi, archeobatteri e batteri, sia
termofili che alofili o aloalcalofili si sono studiati gli
effetti di uno o più stress ambientali sulla modulazione dei lipidi di membrana. I risultati hanno dimostrato che i microrganismi, da noi presi in considerazione, cambiano la loro componente lipidica rapidamente in funzione delle ingiurie esterne per mantenere in
ogni condizione la fluidità e quindi la funzionalità
della membrana citoplasmatica.
Nell’ ambito degli studi sulla comprensione dei meccanismi di risposta dei microorgansimi ad uno o più
stress ambientali si sono iniziate, in tempi più recenti,
ricerche tese a caratterizzare molecole di basso peso
molecolare: gli osmoliti. Tale sostanze, isolate per la
prima volta, in organismi alofili e definite come molecole capaci di compensare il turgore cellulare delle
cellule sottoposte a pressione osmotica, oggi hanno
invece un ruolo molto più ampio di protettori. Innanzi tutto non esistono solo negli alotolleranti, ma sono
biosintetizzati in quasi tutti i microorganismi quando
sono sottoposti a “stress” ambientali e si è visto che
essi hanno un ruolo più generale di “stress protettori”
dell’ integrità cellulare non solo alla salinità, ma alla
temperature sia alte che di congelamento. Infatti essi
hanno una grande importanza in campo biotecnologico come stabilizzatori di biomolecole, enzimi, DNA,
membrane, dell’ intera cellula microbica, come antagonisti del sale, etc. Esse sono sostanze a basso peso
molecolare molto solubili in acqua e possono essere
zuccheri, polioli, ammino acidi e derivati di essi. Possono essere assunti dal terreno di cultura o biosintetizzati de novo. Gli studi sono stati condotti su un
microrganismo modello molto versatile da noi isolato
da sabbie dure del Lago di Venere, lago costiero dell’
isola di Pantelleria ed estesi a un gran numero di microrganismi della nostra banca batterica. I cianobatteri, i più antichi organismi fotosintetici, sono classificati in cinque sottogruppi e rappresentano un grosso
gruppo eterogeneo di procarioti. Essi hanno la capacità di fare la fotosintesi che li accomuna alle alghe e
alle piante superiori. Essi sono molto importanti dal
punto di vista ecologico, in quanto contribuiscono
all’ equilibrio dell’ atmosfera terrestre fornendo ossi-
73
Linea di ricerca n.
Margherita Gavagnin
Studi chimici dell’ecologia degli invertebrati marini
A
lla linea di ricerca “Studi chimici dell’ecologia
degli invertebrati marini”, di cui sono responsabile dal 1995, partecipano altri quattro ricercatori del
Reparto Sostanze Naturali, M. L. Ciavatta, G. Cimino, A. Fontana ed E. Mollo. Originatasi dalla tematica storica dell’ICMIB “Chimica delle Sostanze Naturali Marine” con cui il Reparto iniziò la sua attività
trenta anni fa, questa linea si è differenziata sempre
di più dalla ricerca classica di nuove sostanze naturali
nel corso degli anni '80, ponendosi come obiettivo la
caratterizzazione delle molecole specificamente coinvolte nei meccanismi di comunicazione inter- ed intra
-specifici (difesa chimica, relazioni trofiche, ecc.) di
invertebrati bentonici. Noi abbiamo ritenuto che
l’identificazione dei composti coinvolti in tali meccanismi e la comprensione della loro naturale funzione
in vivo e del loro meccanismo di azione può essere
considerato il punto di partenza per studi ulteriori che
abbiano come fine la ricerca di nuove molecole con
potenzialità applicative. In particolare, gli studi da
noi condotti sono stati prevalentemente focalizzati
sugli opistobranchi, molluschi privi di conchiglia, in
grado di difendersi dai predatori mediante strategie
difensive alternative che includono l’uso di composti
chimici tossici o repellenti. Queste ricerche non soltanto hanno portato all'iOAc CHO
solamento e alla definiAcO
zione strutturale di una
serie di nuovi composti,
OAc
OAc
spesso con strutture comhalimedatetracetate
plesse e promettenti attività biologiche, mai rinO H
venuti in nessuna altra
fonte naturale, ma hanno
anche contribuito al chiaMeO
O
rimento di alcuni fondatridachiahydropyrone
mentali meccanismi di
comunicazione chimica
CHO
operanti in questi molluschi e hanno fornito inCHO
formazioni preziose nello
studio della loro evoluoxytoxin -2
zione.
Molti esempi potrebbero essere ovviamente riportati
qui, ma la necessità di contenere questo report in
termini accettabili impone una scelta. Vorrei ricordare due argomenti a cui sono affettivamente legata: a)
gli studi sugli aspetti chimici dell'ecologia evolutiva
di molluschi appartenenti all'ordine Sacoglossa e b)
le ricerche condotte sui diacilgliceroli terpenoidici.
a) Lo studio chimico dei metaboliti secondari di saco-
glossi elysioidei e oxynoidei, comprendenti sia specie
con conchiglia che specie senza conchiglia e raccolti
in due distinte aree geografiche, Mediterraneo e Caraibi, ha mostrato la presenza in questi organismi di
differenti gruppi di molecole, sesquiterpeni o diterpeni di origine dietarica, accumulati tal quale (ad es.
halimedatetracetate) o modificati (ad es. oxytoxin-2)
oppure polipropionati biosintetizzati de novo (ad es.
tridachiahydropyrone). L’affermazione nei sacoglossi
di differenti strategie per ottenere i propri metaboliti
di difesa (bioaccumulazione, biotrasformazione, biosintesi) rende questo gruppo di opistobranchi estremamente interessante dal punto di vista ecologico. I
nostri studi hanno dimostrato che il trend evolutivo
che si osserva in questo gruppo dalle specie con un
residuo di conchiglia a quelle senza conchiglia sembra essere straordinariamente in accordo con quello
che può ipotizzare su basi chimiche dalle specie che
accumulano metaboliti bioattivi dalla dieta a quelle
che biosintetizzano de novo tali molecole.
b) I diacilgliceroli terpenoidici, composti bioattivi
estremamente interessanti, possono essere considerati
il marker chimico di un gruppo di nudibranchi doridi
appartenenti ai generi Anisodoris, Archidoris, Austrodoris, Doris e Sclerodoris. Dal punto di vista strutturale, queste molecole sono dei gliceridi, in cui il glicerolo è esterificato in posizione 1’ da un acido terpenoidico e in posizione 2’ o 3’ da un’unità di acido
acetico. Le ricerche da noi condotte su diverse specie
di nudibranchi doridi proveOAc
nienti da differenti aree geoO
OH grafiche
hanno portato
O
all’isolamento dal mantello
di questi molluschi di numerosi nuovi gliceril esteri, in
verrucosin-B
cui la struttura dell’acido
terpenoidico legato al glicerolo presenta uno scheletro che può essere sia lineare che ciclico più o meno
riarrangiato (ad es. verrucosin-B). I nostri studi hanno anche portato alla determinazione della stereochimica assoluta del carbonio carbinolico 2’ della glicerina che è risultata essere S per tutti gli 1,3diacilgliceroli esaminati, tranne per quelli rinvenuti
in nudibranchi dell’Antartide che presentano la configurazione opposta.
Ulteriori studi da noi sviluppati e rivolti alla valutazione delle attività biologiche hanno mostrato che
questi composti sono potenti attivatori della proteina
chinasi C in vitro e inducono significativi effetti morfogenetici sulla rigenerazione in vivo dei tentacoli
dell’idrozoo Hydra vulgaris. Le interessanti proprietà
74
Linea di ricerca n.
Licia Lama
Studi su attività enzimatiche di interesse applicativo
L
a mia storia al CNR inizia nel 1980. Un avviso
di tesi sperimentale all’Università attirò la mia
attenzione: “Enzimi da microrganismi termofili come
possibili biocatalizzatori e tecniche di immobilizzazione di intere cellule microbiche” da svolgersi presso il Reparto “Batteri Termofili”. Rimasi subito affascinata dall’argomento. E fu così che prima come
studentessa poi come borsista e infine come ricercatore mi sono trovata coinvolta a partecipare
all’attività del reparto interessandomi sempre più
specificamente di tematiche di tipo biotecnologico. In
particolare l’interesse si è focalizzato sull'isolamento
e caratterizzazione ed immobilizzazione di una serie
di attività enzimatiche di alcuni microrganismi estremofili.
L'eccezionale stabilità degli enzimi di questi microorganismi con le loro notevoli potenzialità biotecnologiche, come resistere a temperature elevate ma anche
ad agenti denaturanti, ha creato un interesse scientifico, negli ultimi anni, di grande attualità. I processi
biotecnologici, che utilizzano biocatalizzatori, siano
essi enzimi o intere cellule o parti di esse, sono infatti favoriti rispetto a quelli chimici tradizionalmente
usati nelle industrie. Tali processi permettono di preparare prodotti per l’industria nei più disparati settori
applicativi in maniera alternativa alle metodologie
proprie della chimica convenzionale.
Una delle caratteristiche più interessanti di questi
“estremozimi” è stata quella di poter utilizzare nuove
tecniche di immobilizzazione o di enzimi purificati o
di intere cellule con materiali polimerici naturali o
sintetici, che per le condizioni largamente denaturanti
non erano state sviluppate in precedenza con enzimi
o cellule non termofile. In particolare voglio ricordare l’immobilizzazione con albume d’uovo e gluteraldeide dell’intera cellula di Sulfolobus solfataricus
che
h a
Cellule di Sulfolobus solfataricus immobilizzate in schiume poliuretaniche
permesso di ottenere un biocatalizzatore in forma
granulare in grado di operare in reattori a colonna o
in fase dispersa. Un’ altra tecnica di immobilizzazione è stata quella in schiume poliuretaniche. Il microrganismo viene sospeso nella soluzione organica
del prepolimero e per aggiunta di acqua si ottiene
una vasta gamma di schiume elastiche, e grazie alle
enormi superfici di contatto enzima substrato le reazioni enzimatiche decorrono in maniera efficiente
La linea di ricerca “Studi di attività enzimatiche di
potenziale interesse applicativo” si interessa anche
dell’isolamento e caratterizzazione di una serie di
attività enzimatiche di archeobatteri ed eubatteri termofili. che degradano polisaccaridi.
Uno degli scopi principali delle industrie è l'utilizzo
di materiali disponibili in grandi quantità, tra questi
certamente i residui dell'agricoltura sono quelli più
importanti in quanto rappresentano una fonte energetica rinnovabile e di basso costo (amido, cellulosa
emicellulosa). In quest'ottica è stato interessante lo
studio di attività enzimatiche che degradano tali polimeri quali amilasi, pullulunasi, xilanasi, cellulasi, e
le cui applicazioni sono molteplici. Di particolare
interesse scientifico e biotecnologico è stata
l’identificazione, nell’archeobatterio Sulfolobus solfataricus, di un nuovo sistema enzimatico in grado di
idrolizzare l’amido. Infatti, per la prima volta, è stato
messo in evidenza un sistema enzimatico che forma,
come prodotti principali di idrolisi, glucosio e trealosio dall’amido e solo glucosio dal glicogeno. Il
sistema enzimatico è costituito da due enzimi, uno
catalizza l’idrolisi dell’amido da cui si ottiene glucosio e uno catalizza la sintesi di trealosio con un meccanismo intramolecolare.
Da menzionare anche lo studio effettuato su un nuovo microorganismo termofilo, Bacillus thermoantarcticus, proveniente dal Monte Melbourne in Antartide. Questo microorganismo è in grado di utilizzare
xilano come unica fonte di carbonio e produce
un’attività xilanolitica extracellulare che é costituita
da una xilanasi, che attacca i legami all'interno della
catena del polimero formando xilo-oligosaccaridi e
da una β-xilosidasi che rilascia residui di xilosio
dall'estremità finale dei xilo-oligosaccaridi. Queste
due attività sono state ampiamente caratterizzate,
come anche una D-xilosio isomerasi citoplasmatica.
Questo enzima è in grado di convertire sia xilosio che
glucosio e non vi sono significative differenze di
comportamento dei due substrati rispetto ai vari parametri chimico- fisici. Avere a disposizione un sistema
enzimatico che degrada lo xilano a xilosio e una xilosio isomerasi che isomerizza lo xilosio formatosi a
xilulosio è molto interessante in quanto lo xilulosio è
il substrato di partenza che molti lieviti utilizzano per
75
Linea di ricerca n.
Ernesto Mollo
Esplorazione di nuove risorse naturali marine
L
a continua esigenza di nuove fonti marine di
prodotti naturali ha spinto alcuni ricercatori
dell’ICMIB ad estendere le loro attività di studio
oltre i confini del Mediterraneo. Campagne di prelievo di materiale biologico sono state condotte lungo i
litorali costieri di diverse aree geografiche del mondo. In generale, per i prelievi sono state preferite le
aree tropicali ad elevate diversità di specie e biochimica.
I programmi di raccolta sono stati attuati attivando
diverse iniziative:
- biologi ed ecologi marini sono stati coinvolti nei
progetti di ricerca con la costruzione di una vasta
rete multidisciplinare di collaborazioni scientifiche;
- nell’ambito di accordi di cooperazione scientifica internazionali tra il CNR ed enti stranieri di
ricerca, i biologi dell’ICMIB hanno condotto
spedizioni di ricerca in Spagna, Messico, Brasile,
Egitto ed India;
- in collaborazione con il prof. Jesus Ortea della
Università di Oviedo, il personale dell’ICMIB ha
preso parte ad ulteriori campagne in Messico,
Venezuela, Costa Rica e Cuba;
la partecipazione al Programma Nazionale di
Ricerche in Antartide ha offerto ai ricercatori
dell’ICMIB la straordinaria opportunità di studiare il metabolismo di specie che vivono in condizioni ambientali estreme.
Per ridurre al minimo gli effetti dannosi dei campionamenti sull’ambiente marino:
- i chimici dell’ICMIB si sono impegnati ad operare su modeste quantità di materiale;
durante il lavoro
in mare i biologi marini
hanno selezionato gli
organismi da raccogliere individuando fenomeni sinecologici che
risultano spesso regolati da mediatori chimici;
- l’attenzione dei raccoglitori è stata concentrata
su quei raggruppamenti sistematici di invertebrati bentonici, come spugne, cnidari, tunicati e
molluschi opistobranchi (nella foto Hexabranchus sanguineus dal Mar Rosso), che sono consi-
ICMIB
Accordi di ricerca
CNR – CONSELHO NACIONAL DE DESENVOLVIMENTO CIENTÍFICO E TECNOLÓGICO
(Brasile)
CNR – ACADEMY OF SCIENTIFIC RESEARCH AND TECHNOLOGY (Egitto)
CNR – CONSEJO SUPERIOR DE INVESTIGACIONES CIENTÍFICAS (Spagna)
CNR – CONSEJO NACIONAL DE CIENCIA Y TECNOLOGIA (Messico)
CNR – COUNCIL OF SCIENTIFIC AND INDUSTRIAL RESEARCH (India)
ICMIB – UNIVERSIDAD DE OVIEDO (Spagna)
PROGRAMMA NAZIONALE DI RICERCHE IN ANTARTIDE
Campagne di prelievi
BRASILE 1993
EGITTO 1994, 1995, 1996, 1998, 1999
SPAGNA 1987, 1988, 1989, 1990, 1991,
1992, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997, 1998,
1999, 2000
MESSICO 1996, 1997
INDIA 1998, 1999, 2000
VENEZUELA 1993
MESSICO 1994, 1995
COSTA RICA 1996
CUBA 1996
ANTARTIDE 1990-1991, 1993-1994, 19981999, 1999-2000
76
Linea di ricerca n.
Andrea Motta
Determinazione della struttura di proteine in soluzione e calcoli conformazionali
D
urante la preparazione della tesi di laurea mi
piaceva molto l’idea che l’NMR fosse una
delle poche tecniche, se non l’unica, che consente di
studiare il comportamento delle proteine in soluzione. L’idea, certamente non originale, era comunque
non perseguibile a Napoli perché uno spettrometro
operante a 270 MHz (quello usato per la tesi) non
consentiva di apprezzare le potenzialità della tecnica.
Nel 1982 mi era stato offerto un posto di
“postdoctoral research associate” per studiare la struttura dei domini del plasminogeno umano nel laboratorio del Prof. M. Llinás alla Carnegie-Mellon
University (Pittsburgh, Pennsylvania, USA) dove
esisteva l’unico spettrometro al mondo operante a
600 MHz. Ancora proteine, ma stavolta lo spettrometro era adeguato. All’ICMIB, nel cui reparto NMR
avevo cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1985,
esisteva un 500 MHz, certamente appropriato per lo
studio delle proteine; ma quando nel 1987 diventai
responsabile scientifico di un progetto per lo studio
delle proteine mi accorsi che mancavano le … proteine e che all’ICMIB non c’era nessuno che potesse
aiutarmi. Per allenarmi mi concentrai sulla calcitonina (CT), un ormone polipeptidico di 32 amminoacidi
che inibisce l’attività degli osteoclasti e favorisce
l’assorbimento di Ca2+ da parte delle ossa. Per questo
motivo è diffusamente utilizzata come farmaco per la
un’occasione che non persi. Infatti, nel maggio 1992
ottenni, insieme a ricercatori di prestigiosi centri di
ricerca europei, un importante riconoscimento internazionale per un progetto in cui era coinvolta la
CaM. La prestigiosa “Human Frontier Science
Program Organization” di Strasburgo ci finanziò il
progetto “Control of muscle filament assembly by
titin and nebulin: a multidisciplinary approach”. La
titina appartiene alla famiglia
delle proteine modulari specifiche
d e i Figura 2. Struttura del complesso TK-CaM
muscoli striati dei vertebrati e
degli invertebrati. Nella parte C-terminale essa presenta una regione chinasica ad elevata omologia con
la chinasi della catena leggera della miosina. Questa
omologia suggerisce che la sequenza amminoacidica
che segue la chinasi della titina (TK) possa essere il
substrato autoinibitore dell’enzima nonché il sito di
interazione con la CaM. Dimostrammo che questo
era vero e proponemmo una struttura del complesso
TK-CaM (Figura 2).
Figura 1. Rappresentazione
stereo delle strutture della CT
ottenute mediante calcoli di
“distance geometry” e dinamica molecolare da dati NMR.
cura e la prevenzione
dell’osteoporosi. Imparai così
ad utilizzare tutte le nuove tecniche NMR bidimensionali e mi resi conto dell’importanza del “calcolo”
per ottenere strutture da dati NMR. La struttura terziaria della CT in soluzione è riportata in Figura 1.
Nonostante la CT non sia rigorosamente una proteina, il progetto CT mi ha appassionato. Attualmente
stiamo lavorando a calcitonine umane modificate
nella regione C-terminale, che presentano un’elevata
attività biologica e un’antigenicità molto bassa, al
contrario di quelle usate che per lunghi trattamenti
diventano inefficaci. Stiamo anche valutando la possibilità di clonare il recettore della CT per studiarne
direttamente l’interazione.
Contemporaneamente mi imbattei nella calmodulina
(CaM), una proteina citoplasmatica di 148 amminoacidi che lega ed attiva molti enzimi in risposta ad un
aumento della concentrazione cellulare di Ca2+. Fu
E’ attualmente in corso uno studio del complesso
CaM-Al3+ che si ritiene essere coinvolto nei meccanismi molecolari di molte neuropatologie come ad esempio l’Alzheimer. Questa volta però siamo in grado di fare tutto in casa, dalla produzione della proteina agli spettri NMR eteronucleari multidimensionali
al calcolo della struttura. Nel febbraio 1996 ottenni,
in collaborazione con eminenti immunologi e biologi
cellulari europei, un finanziamento dall’Unione Europea (settembre 1996-marzo 2002) per il progetto
“Intracellular mechanisms of antigen processing and
presentation by the MHC class I and class II molecules”, occupandomi della struttura della proteina Invariant chain (Ii). Le molecole MHC di classe II sono
coinvolte nella presentazione di peptidi derivati da
antigeni esogeni alle cellule “T helper”. Le molecole
di classe II si associano nel reticolo endoplasmatico
con la Ii e sono poi trasportate nel compartimento
endocitico. Qui la Ii è sottoposta a proteolisi e dissociata dalle molecole di classe II. La Ii è formata da
77
Linea di ricerca n.
Barbara Nicolaus
Microbiologia degli estremofili e dei cianobatteri e studi sui loro metaboliti
L
a vita si origina dalla vita. Uno dei punti fermi
del pensiero biologico sintetizzò, quale accattivante metafora, il mio percorso professionale
nell’Istituto ICMIB. Nel 1968 nasceva l’Istituto. Un
po’ a casa mia, raccontano ora, ricercatori, tecnici e
libri di storia. Arrivai all’Istituto vincendo una borsa
di studio, macinando chilometri in laboratorio e collezionando miriadi di provette. Era il 1978 ma di quel
filone di ricerca sapevo tutto o quasi! La sfida, allora
quasi impossibile, sulle origini della vita, la ricerca,
cioè, affidata ai batteri termofili, aveva inconsapevolmente segnato la mia vita. Quella sfida che vide, nel
68, con il Prof. Rodolfo Nicolaus, mio padre, e altri
illustri scienziati, creare l’Istituto del CNR e lo stesso
polo di ricerca a Napoli, sarà la mia sfida. Prologo,
permettetemelo strettamente personale, di un filone
di ricerca che grazie, al contributo di tanti oggi, è
ancora all’avanguardia in campo scientifico. Ma a
cosa si richiama questo filone targato Napoli?
La linea di ricerca “Microbiologia degli estremofili e
dei cianobatteri e studi sui loro metaboliti” riguarda
l’isolamento e la caratterizzazione di nuovi microrganismi estremofili e delle loro biomolecole. L’idea era
quella di ampliare le nostre conoscenze nel mondo
dell’estremofilia con la scoperta di nuovi microrganismi e la formazione di una banca di batteri estremofili da noi caratterizzati. L’ipotesi è che questi organismi rappresentino i relitti arcaici delle forme di vita
che per prime hanno popolato la terra quando, miliardi di anni fa, l’atmosfera del pianeta era povera di
ossigeno ed i suoi mari ribollivano originando, per
l’imponenza dei processi di evaporazione, vasti ambienti ad elevata salinità. Insomma, le origini.
La materia prima, per il nostro studio, proveniva
innanzitutto dal patrimonio ambientale della Campania ricco di zone termali. In quegli anni gli ambienti
geotermali, e in generale gli ambienti estremi, non
erano stati esaurientemente studiati e non si conosceva la biodiversità delle zone che presentavano parametri chimico-fisici di tipo estremo. Gli studi, negli
anni, si sono ampliati con la caratterizzazione di nuovi isolati campionati in varie parti d’Italia, del Mediterraneo, e del Continente Antartico.
I batteri termofili presentano una temperatura media
ottimale di crescita superiore a 60°C. L’esistenza di
vita a temperature così elevate ha posto importanti
interrogativi sui meccanismi molecolari. Com’è possibile, ad esempio, una loro crescita a temperature
anche superiori al punto di ebollizione dell’acqua? La
strategia di stabilizzazione del patrimonio molecolare
allo stress termico è multifattoriale e con logiche
differenti investe tutte le componenti cellulari come
DNA, RNA, proteine, ribosomi, membrane cellulari,
polisaccaridi.
I risultati di questi studi hanno permesso di identificare e di caratterizzare le biomolecole di numerosi
nuovi microrganismi, termofili, alofili, e cianobatteri,
Di particolare interesse è stato l'isolamento e l'identificazione di estremofili del Continente Antartico, in
quanto i microorganismi provengono da un continente incontaminato e segregato dal resto del mondo.
Grosse soddisfazioni, in particolare, sono risultate
dalla caratterizzazione di un isolato termofilo proveniente dal cratere del Monte Melbourne in Antartide.
Infatti si e' potuto stabilire l'esatta collocazione tassonomica di questo nuovo isolato, da noi denominato
“Bacillus thermoantarcticus” che rappresenta un
nuovo ramo del gruppo 5 del genere Bacilli del dominio Bacteria. E tanti altri ancora. Basti ricordare il
nuovo archeobatterio alofilo appartenente al genere
Haloarcula isolato in Tunisia; il nuovo organismo
aloalcalofilo denominato Halomonas pantelleriense
proveniente da Pantelleria; e più recentemente dal
Monte Rittmann, per la prima volta visitato
dall’uomo durante la spedizione italiana in Antartide,
l’Alyciclobacillus rittmannii. E sul Monte Rittmann
c’era un napoletano Enrico Esposito dell’ICMIB.
In questi ultimi anni una attenzione sempre maggiore
è stata riposta nell' uso dei microrganismi per la produzione di biopolimeri. Le ricerche più recenti in
campo biomolecolare dimostrano il ruolo di tali molecole come portatrici di informazione al pari degli
acidi nucleici e delle proteine.
Ci è sembrato quindi interessante, dopo aver costituito nel reparto una grande “banca” di batteri, studiare i
polisaccaridi di origine naturale.
Lo scopo di questa ricerca è stato ed è quello di isolare e migliorare la produzione di polisaccaridi microbici, studiare la loro struttura primaria e le loro proprietà chimico-fisiche e biomolecolari per eventuali
applicazioni industriali. In questo ambito il lavoro è
stato indirizzato verso lo screening preliminare di
microrganismi estremofili come il S. solfataricus, l’
Haloferax mediterranei, il B. thermoantarcticus ed
alcuni cianobatteri come l’A. cylindrica. Successivamente sono stati effettuati studi atti a migliorare le
rese di produzione di questi biopolimeri, analizzando
le loro caratteristiche chimico fisiche ed infine, per
alcuni si è potuto passare alla definizione strutturale
completa o parziale della macromolecola.
Queste ricerche del tutto innovative rispetto alla nostra precedente esperienza incentrata tutta sul metabolismo del Sulfolobus solfataricus sono state rese
possibili grazie all’entusiasmo di tutti i colleghi del
reparto, dei giovani studenti e dei borsisti che hanno
78
Linea di ricerca n.
Raffaella Puliti
R ICORDI : I l m io in con tro con il Labo rato r io pe r la Chim ica e F is ic a d i Mo le co le d i In t eresse Bio log ico
nel lontano 1970, ragioni connesse alla
Q uando
mia vita privata mi spinsero a ricercare una collocazione scientifica nella zona di Napoli (dove peraltro si era svolto il mio primo quinquennio di attività post-laurea), valutai la possibilità di un mio trasferimento, dalla III sezione del Centro Nazionale di
Chimica delle Macromolecole di Roma al Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di Interesse
Biologico, diretto dal prof. R.A. Nicolaus. Si trattava
di un Laboratorio di recente istituzione (1968) e quindi in via di sviluppo. Fortemente voluto dal suo primo direttore prof. Nicolaus che alcuni anni prima
assieme ad un gruppo di validissimi e motivati studiosi dell’area napoletana, tra cui i proff. Ballio, Califano e Liquori (poi trasferitisi in altre sedi), si erano
intelligentemente mossi, con grande impegno personale, presso l’allora presidente del CNR prof. Vincenzo Caglioti, gettando le basi per la costituzione di
una ‘Istituzione interdisciplinare’ che facesse scuola
nel campo delle ricerche su sostanze naturali, peptidi
e altre molecole di interesse biologico e su microrganismi.
Il “Laboratorio” era formato nel ‘70 da pochi giovani
ricercatori, per lo più provenienti dall’area organica,
impegnati su tematiche per quell’epoca del tutto innovative centrate sulla caratterizzazione chimica e
biologica, con tecniche di avanguardia, di nuove sostanze naturali isolate da organismi marini e di batteri
termofili provenienti dalla zona napoletana della Solfatara. Appoggiata dai proff. Ripamonti e Mazzarella,
coi quali avevo in precedenza collaborato e che allora
operavano nell’area strutturistica dell’Istituto Chimico dell’Università di Napoli e che ben vedevano
l’inserimento delle tecniche diffrattometriche tra le
competenze di questa nuova unità di ricerca CNR,
avviai i primi contatti.
Devo onestamente dire che la prima impressione mi
lasciò alquanto perplessa a causa della realtà logistica
della collocazione e struttura del “Laboratorio”. Le
mie precedenti esperienze di lavoro avevano infatti
trovato fino ad allora collocazione (pur essendo io da
sempre strutturata come CNR) nei complessi di due
prestigiose Università, di Napoli e Roma, in locali
antichi ma ricchi di storia e all’epoca abbastanza funzionali, vivacizzati da un notevole flusso di studenti e
da stimolanti scambi culturali con personalità scientifiche internazionali di chiara fama. La sede del Laboratorio ad Arco-Felice era in una zona turistica, molto
decentrata rispetto alle altre sedi di ricerca e universitarie, in palazzine che non avevano certo una struttu-
ra adatta a laboratori di ricerche chimiche: tutto ciò
non era precisamente invitante. Comunque, le stimolanti chiacchierate con la coinvolgente personalità del
prof. Nicolaus, le spinte degli strutturisti dell’area
Chimico-fisica e soprattutto l’entusiasmo e lo spirito
pionieristico di un motivato manipolo di giovani ricercatori, tra i quali voglio ricordare in particolare
Luigi Minale, seriamente proiettati su ricerche
d’avanguardia e con tecniche non tradizionali, unitamente alla presenza di tecnici e amministrativi impegnati a rendere funzionali le strutture del Laboratorio,
mi fecero decidere, dopo una breve riflessione, a
chiedere al CNR il mio trasferimento da Roma al
Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di
Interesse Biologico di Arco Felice-Napoli.
Da allora (15 giugno 1970) sono passati più di 30
anni: una vita!
In tutti questi anni la storia del Laboratorio si è evoluta. Nuove forze si sono aggiunte così come nuove
linee di ricerca si sono sviluppate seguendo la naturale evoluzione degli interessi scientifici d’attualità e le
competenze di nuove giovani forze. Varie Direzioni e
Consigli Scientifici si sono succeduti, lasciando ciascuno la propria impronta e dando un sostanziale
contributo di idee e consigli verso lo sviluppo attuale.
Molti ricercatori si sono trasferiti presso altri Organismi di ricerca o Università dando vita a nuovi gruppi
di ricerca autonomi. Due, Luigi Minale e Guido Sodano, che hanno profondamente segnato la storia di
questo Istituto, ci hanno purtroppo prematuramente
lasciato. Recentemente, in contemporanea con l’iter
di trasformazione nell’Istituto di Chimica Biomolecolare e al concretizzarsi, dopo molti anni, del trasferimento nella nuova più idonea sede, vi è stata una
crescita esponenziale del numero di dipendenti che
sicuramente favorirà lo sviluppo di ulteriori tematiche interdisciplinari e collaborazioni, sia interne che
esterne (nazionali e internazionali) proiettando
l’Istituto verso ricerche sempre più d'avanguardia.
Come ho detto la mia partecipazione alla vita scientifica di questo Istituto supera il trentennio e corrisponde a gran parte della mia attività scientifica. Non sta a
me valutare il contributo che ha dato la Linea di ricerca cristallografica, di cui sono responsabile, allo
studio di nuove sostanze naturali. Indubbiamente le
continue interazioni con le altre Linee di ricerca mi
hanno notevolmente arricchito, consentendomi di
entrare nei campi di competenza degli altri ricercatori
e abituandomi a colloquiare con linguaggi diversi su
tematiche comuni. Penso per altro di avere sicuramente contribuito a rafforzare le interazioni tra il
79
Linea di ricerca n.
Giuseppe Strazzullo
Isolamento, caratterizzazione e impiego di sostanze naturali per applicazioni
biotecnologiche
H
o iniziato la mia attività di ricerca nei campi
applicativi della Chimica delle Sostanze Naturali nel 1984 e mi sono occupato, fin dall’inizio, di
isolamento e caratterizzazione dei metaboliti secondari da estratti ottenuti da organismi marini, un tema
generale di ricerca che caratterizza l’attività scientifica dell’Istituto ICMIB. Le prime ricerche svolte con
la supervisione del Dr. Cimino e del Prof. Sodano
sugli allomoni di difesa da molluschi opistobranchi
hanno condotto all’isolamento dal mantello del mollusco del genere Bursatella della molecola chiamata
bursatellina e alla definizione della sua corretta struttura attraverso la sintesi ottenuta a partire dal cloramfenicolo D-base.
Gli altri studi sui metaboliti secondari delle spugne
del genere Dysidea hanno consentito, in seguito, di
isolare e caratterizzare dei nuovi terpenoidi contenenti lo scheletro scalaradianico insieme all’avarolo (un
sesquiterpenoide idrochinone con scheletro drimanico riarrangiato); il chinone ad esso correlato ed alcuni
suoi derivati. Le indagini sulle potenziali attività antivirali dell’avarolo confortate dai dati riportati in letteratura circa la sua efficacia contro il virus HIV-I hanno indirizzato successivamente il lavoro di ricerca
alla sintesi e alla modificazione strutturale di metaboliti biologicamente attivi, potenziali inibitori della
transcriptasi inversa dei retrovirus. Sono stati, per
questo, sintetizzati e saggiati dei derivati della molecola allo scopo di ampliarne la gamma delle sue attività biologiche. In seguito sono state anche studiate
altre sostanze di origine naturale dotate di attività anti
-blastica ed antivirale come le Kelletinine (molecole
isolate dal gasteropode marino B. corneum). Questo
ultimo lavoro è stato condotto in collaborazione con
l' Istituto di Embriologia ed Enzimologia del CNR di
Napoli attraverso l'impiego come "target" della DNA
polimerasi a e della trascrittasi inversa. Le successive
ricerche svolte principalmente nell’ambito del progetto scientifico “Studio guidato da saggi d’attività
biologica, di sostanze naturali marine” hanno consentito la messa a punto di tecniche di frazionamento di
estratti anche di origine vegetale guidato da saggi di
attività citotossica (Artemia salina) ed antitumorale
(con dischi di patata infestati da Agrobacterium tumefaciens).
Infine ho collaborato alla determinazione della struttura e calcoli conformazionali di peptidi e molecole
bioorganiche in soluzione attraverso l'impiego di dati
NMR multidimensionale omo ed eteronucleare presso la sezione di Risonanza Magnetica Nucleare di
questo Istituto. Attualmente sono impegnato nella
progettazione e sviluppo degli aspetti biotecnologici
connessi alla realizzazione ed all’utilizzo di films
biodegradabili ottenuti utilizzando ficocolloidi, in
particolare alginati, estratti da alghe brune. Questo
progetto di ricerca ha per obbiettivo l’ottenimento di
polisaccaridi complessi da fonti biologiche abbondanti e rinnovabili, isolati attraverso tecniche di estrazione e lavorazione idonee ecocompatibili e di minore impatto ambientale. L’impiego dei ficocolloidi
come alternativa all’uso di polimeri di sintesi nella
realizzazione di materiali plastici trae origine da esperimenti effettuati inizialmente utilizzando films
contenenti amido termoplastico per prove in campo
che hanno consentito di ottenere dei buoni risultati in
termini di efficacia pacciamante (resistenza meccanica ed effetto serra) e tempi di biodegradazione.
E’ ben noto che i prodotti d’origine algale sono già
utilizzati come fertilizzanti, integratori o correttori
delle caratteristiche chimiche del terreno. Il loro uso
favorisce l’aumento del periodo di fruttificazione
delle piante, una migliore crescita degli ortaggi con
maggiore pezzatura e minor contenuto d'acqua oltre
all’aumento della capacità di difesa di piante e semi
verso l’aggressione di specie patogene. Gli effetti
sono attribuiti alla presenza, nelle alghe, di auxine,
giberelline e citochinine; all'induzione, da parte dei
polisaccaridi d’origine algale, dell'espressione di enzimi deputati all’autodifesa ed ai metaboliti secondari
quali terpeni, composti solforati e bromurati con spiccate attività antiOH
batteriche. La liOH nea di ricerca ha
come obbiettivo la
NC
NHCHO
O
realizzazione di
films biodegradaBursatellina
bili ottenuti per
termoplasticizzazione o per spray-drying da materiale
algale e polisaccaridi di origine algale che abbiano
gran parte dei componenti auxotrofi e fertilizzanti
delle alghe in forma disponibile e che essi, oltre a
svolgere la loro funzione specifica, si trasformino per
naturale degradazione in fertilizzanti.
Tra i ficocolloidi, estratti prevalentemente da alghe
Rodofite e Cromofite, quelli che risultano più interessanti merceologicamente perché capaci di gelificare
sono l'agar, le carragenine e l'acido alginico (una
miscela complessa di acido polimannuronico MM,
poliguluronico GG e polimeri misti MG). In particolare, la capacità addensante e le proprietà gelificanti
80
Linea di ricerca n.
Teodorico Tancredi
Studio delle relazioni struttura-attività di peptidi biologicamente attivi e proteine mediante spettroscopia
NMR e calcoli energetici
E
ra il 1966 e, studente del quarto anno del corso
di laurea in chimica, indirizzo inorganico chimico fisico (così allora si chiamava), era tempo di scegliere il laboratorio dove svolgere la tesi di laurea.
La Cattedra di Chimica Generale dell’Istituto Chimico aveva deciso di costituire un gruppo di Risonanza
Magnetica Nucleare ed era stato ordinato uno spettrometro Varian-A60-A. Al dr. Enrico Menna, che insieme al neolaureato Livio Paolillo costituiva il gruppo
di ricerca, era stato dato l’incarico di elaborare un
programma di ricerca di NMR. Era un campo completamente nuovo, che offriva pochi o nessun elemento (niente tradizione, nessun risultato) di valutazione ad uno studente che volesse orientarsi su dove
fosse più opportuno chiedere un progetto di tesi. Fu
proprio l’elemento di novità, la possibilità di fare uno
studio assolutamente originale, almeno per uno studente dell’Università di Napoli, che mi spinse a chiedere di entrare a far parte come studente “interno” del
gruppo di NMR.
Fui accettato. Mi ritrovai quasi subito, per mancanza
di apparecchiature e di programmi NMR, a “farmi le
ossa” nel laboratorio di un giovane ricercatore del
CNR (il mio primo contatto con questo ente), il dr.
Rosario Palumbo, a sintetizzare e purificare fosfine
variamente sostituite, di cui si volevano studiare le
capacità clatranti. Esse risultarono assolutamente
trascurabili, ma in compenso riuscivo ad ottenere dei
bei fuochi fatui, dato che molto spesso si incendiavano all'interno dei refrigeranti durante le fasi di purificazione.
Nel frattempo lo spettrometro era stato installato, il
Dr. Menna si era dimesso e l’inizio del mio apprendistato all’interno del gruppo NMR coincise con il ritorno dagli Stati Uniti del Prof. Pierandrea Temussi,
di cui ignoravo allora l’esistenza, e che scoprii essere
andato all’estero appunto per lavorare con l’NMR. Fu
lui ad “ereditarmi” e ad assegnarmi un progetto di
tesi in cui l’NMR veniva impiegata per risolvere un
problema di isomeria conformazionale. La metodica
impiegata venne poi estesa allo studio dell’influenza
dei sali sulle transizioni conformazionali di poli-aamminoacidi, studiati in qualità di modelli di proteine.
L’attuale linea di ricerca del dr. Tancredi nell’ambito dell’ICMIBCNR può considerarsi la naturale evoluzione di questi primi studi
condotti presso l’Istituto Chimico dell’Università di Napoli. Si è
naturalmente approfittato dello sviluppo delle tecniche e delle
strumentazioni NMR, che permettono oggi di effettuare in tempi
ragionevoli studi che era impossibile immaginare agli inizi degli
anni 1970, cercando di delucidare le relazioni intercorrenti tra
struttura ed attività di molecole di interesse biologico. I principali
sistemi presi in considerazione comprendono peptidi e proteine
attivi in vari meccanismi biologici quali la percezione del sapore,
l’attività oppioide, la percezione del dolore e la citoprotezione.
Tra gli studi più recenti, vorrei citare nel campo dei
peptidi oppioidi quello riguardante la βENDORFINA. Questo peptide è
il più lungo peptide oppioide
naturale
conosciuto
(YGGFMTSEKS10ZQTPLVTLFKN20AIIKNAYKK
G30E). La conoscenza della sua conformazione bioattiva può essere molto importante per la mappatura
indiretta del sito attivo dei recettori oppioidi.
Il peptide è stato studiato in acqua, dimetilsolfossido,
ed in miscele acquose di metanolo, glicole etilenico,
dimetilsolfossido, trifluoroetanolo o esafluoroacetone. Le conclusioni di questo studio rivelano che la bendorfina umana ha una tendenza molto bassa ad
assumere strutture ordinate in acqua, mentre in soluzioni acquose di alcoli ed in particolare di esafluoroacetone il peptide assume una conformazione elicoidale che si estende per la maggior parte del suo
"address domain", da P13 a Y27; in tutti i sistemi solvente usati il dodecapeptide N-terminale rimane disordinato. La struttura trovata suggerisce un possibile
meccanismo di interazione con i recettori oppioidi:
un attacco a due punti, con la parte elicoidale dell'
"address domain" che va ad interagire con una delle
eliche transmembraniche del recettore, mentre il
"message domain" N-terminale interagisce con il
sottosito recettoriale comune a tutti i recettori oppioidi.
Nell’ambito dello studio delle sostanze che impartiscono il sapore dolce, lo studio più recente riguarda
la determinazione della struttura in soluzione della
MNEI,
u n a
monellina a
singol
a
catena,
arricchita
i
n
1 5
N ,
ottenuta
attraverso
metodi di
ingegneria
proteica.
L a
81
Linea di ricerca n.
Antonio Trincone
Studi chimici e biochimici sulla biocatalisi
L
a linea di ricerca “Studi chimici e biochimici
sulla biocatalisi non è stata una linea di ricerca
di innovazione nell’ambito dell’Istituto. Essa infatti
si rifà agli studi, condotti nel reparto Batteri termofili
fin quasi dalla sua istituzione, sulle attività catalitiche
presenti negli organismi estremofili. Quegli studi,
almeno inizialmente, ponevano l’accento
sull’identificazione delle attività catalitiche, sulla
caratterizzazione da un punto di vista enzimologico e
sulle possibilità espressive nell’ambito del microorganismo producente. Questa linea di ricerca invece
ha sempre tentato di porre maggiore attenzione alla
catalisi, alla stereochimica che la governa e alla possibilità di utilizzare le attività catalitiche nel campo
della sintesi organica. In realtà idee preliminari, al
passo con i tempi di allora, erano già presenti
nell’ambito del reparto dove questa linea ha preso
inizio: ricordo con piacere infatti le chiacchierate con
il Prof. Sodano circa una vecchia collaborazione (tra i
reparti Sostanze naturali e Batteri termofili) riguardante la possibilità di trasformazione di anelli steroidici con attività catalitiche presenti nel microorganismo che fu di interesse peculiare in laboratorio in
quegli anni: il Sulfolobus solfataricus. Sull’onda di
queste discussioni -e di altri lavori in collaborazione
con il vicino Istituto di Biochimica delle Proteine ed
Enzimologia- riguardanti l’individuazione di una
alcool deidrogenasi nell’archeobatterio, nel 1986
iniziò un’indagine per individuare la stereochimica
della riduzione del gruppo chetonico ad opera di
quella attività. Questo aspetto fu investigato molto
approfonditamente sia dal punto di vista della configurazione del gruppo carbinolico prodotto sia da
quello dell’idruro del NADH che veniva utilizzato
per effettuare la reazione di riduzione.
Ma l’interesse principe di questa linea di ricerca è
stato lo studio di un’altra attività presente in Sulfolobus solfataricus. Una β-galattosidasi ritrovata
nell’omogenato di cui si fa menzione già nei primi
rapporti scientifici dell’Istituto. Tale attività, accanto
alla caratterizzazione enzimologica era stata utilizzata sotto l’aspetto esclusivamente idrolitico e portò, tra
l’altro, alla pubblicazione di un brevetto per la produzione di latte delattosato. Una più ampia caratterizzazione biochimica fu poi portata avanti in stretta collaborazione con l’Istituto di Biochimica mentre nel
nostro reparto poco dopo fu messa in risalto la capacità di sintesi del legame glicosidico ad opera
dell’enzima. Grosse soddisfazioni sono risultate dallo
studio di questo aspetto della glicosil idrolasi. In
principio la specificità di substrato per individuare
acceptor semplici e/o complessi dove l’unità zucche-
rina veniva trasferita, poi la stereochimica della formazione di questo legame per quel che riguarda la
regioselettività di funzionalizzazione di più gruppi
ossidrilici presenti sullo stesso acceptor ed infine, più
recentemente, la messa a punto di sistemi per la sintesi enzimatica di oligosaccaridi sia con l’enzima
HO
HO
HO
OH
O
H
O
OH
H3 C
Isomero naturale
dell’aleppotriolos
ide sintetizzato
enzimaticamente.
OH
CH3
nativo che con lo stesso enzima geneticamente modificato. Intanto sotto questo specifico aspetto anche
altri enzimi presenti nello stesso archeobatterio sono
stati studiati: è materia recente la caratterizzazione
della prima α-xilosidasi archeobatterica ed il suo
utilizzo nella sintesi e nella idrolisi di derivati dello
xiloglucano, un polisaccaride con attività biologica.
Particolarmente affascinante è stato lo studio della
regioselettività di formazione del legame glicosidico
per la glicosil idrolasi presente nel Sulfolobus. I risultati di questo studio permisero di ideare una via sintetica semplice per un glucoside naturale trovato in
Adonis aleppica la cui stereochimica, per le esigue
quantità isolate, non era stata determinata. Furono
così sintetizzati i quattro diastereoisomeri possibili
dell’aleppotrioloside utilizzando una via di sintesi
che prevedeva l’uso di una lipasi commerciale e, infine, della glicosidasi del Sulfolobus solfataricus.
Quest’ultima mostrò la capacità, in presenza di tre
gruppi ossidrilici, di attaccare il glucosio al gruppo
ossidrilico primario in modo del tutto esclusivo con
una purezza anomerica del 100%. Numerosi altri
Derivato cromogenico di
uno dei trisaccaridi sintetizzati enzimaticamente.
β-Glc-[1,6]
β-Glc-[1,3]-β-Glc-O-oNP
glicosidi naturali sono stati sintetizzati in questo modo sia semplicemente adottando la capacità di sintesi
della sola glicosidasi, sia in tandem con altre attività
enzimatiche commerciali o da funghi per la sintesi
degli agliconi. Ma il prodotto di sintesi dell’enzima
da noi studiato è sempre substrato per l’enzima stesso
e ciò comporta l’obbligo di adottare opportune tecniche per favorire la sintesi anziché l’idrolisi (eccessi di
acceptor, uso di cosolventi etc.). Un’ingegnosa opportunità per ovviare a questo inconveniente presente
in tutte le glicosidasi è invece stata data recentemente
dalle modifiche del sito attivo dell’enzima mediante
ingegneria genetica. Questi studi hanno permesso di
82
Linea di ricerca n.
Enrico Trivellone
Determinazione strutturale di molecole di interesse biologico mediante risonanza magnetica nucleare
variazioni conformazionali di catene polipeptidiche.
Dalla fine degli anni settanta, agli inizi degli anni
Ripercorrendo con la memoria (e qualche appunto)
gli anni trascorsi, mi sembra più opportuno parlare di
attività complessiva che non solo di linea di ricerca.
Ciò scaturisce dalla naturale interconnessione fra le
funzioni di responsabile del Servizio di NMR e di
Ricercatore. Dopo un breve periodo di
"addestramento alla ricerca" con una borsa del CNR
presso l'Istituto di Chimica Generale dell'Università
di Napoli Federico II, dal '67 al '69 ho appreso i primi
rudimenti della tecnica NMR effettuando le misure
dei campioni dei ricercatori dell'Istituto di Chimica
Organica diretto dal Prof. Rodolfo Alessandro Nicolaus ed ho conosciuto e stretto collaborazioni, con i
dr. Livio Paolillo e Pierandrea Temussi, già esperti di
questa tecnica. Questa attività si è consolidata con la
fondazione dell'Istituto per la Chimica e la Fisica di
Molecole di Interesse Biologico del CNR (ICFMIB)
comprendente un Reparto di NMR di cui diventavo il
responsabile nel 1970. In tutti questi anni la mia attività si è divisa equamente fra la gestione di un Servizio di NMR e lo sviluppo di una linea di ricerca. L'attività di ricerca, essendo strettamente legata alla tecnica (NMR), ha sentito necessariamente l'influenza
delle collaborazioni che si sono succedute o sovrapposte negli anni, presentando a volte aspetti molto
diversi fra loro. Si possono individuare, le seguenti
tematiche:
H3C
R2
C
CH 2R1
CH
NH CH CO NH CH
5
H2C
OC
H
HO
R5
4
CO
HN CH
3
2 CH
X
N
OC CH NH CO
H2C
CO
NH
6
HC CH
R4
CH 2
1
CO
CH 3
C 2H5
7
CH
NH CO
8
CH NH
COR 3
R6
Fig. 2 Struttura generale delle Amatossine
novanta, la linea di ricerca è stata prevalente caratterizzata dalla collaborazione con il Dr. L. Paolillo
sullo studio della relazione attività struttura di polipeptidi. In particolare voglio ricordare gli studi strutturali sulle Amatossine e sulla Bombesina e loro analoghi. Le Amatossine costituiscono i componenti più
tossici prodotti dal fungo Amanita phalloides. Sono
inibitori dell'RNA polimerasi B, interrompendo la
sintesi proteica specialmente nel fegato e nella milza.
Esse sono octapeptidi biciclici con un unusuale ponte
fra i residui Triptofano e Cisteina (Fig2)
Anche gli studi della Bombesina (BBS) e dei suoi
analoghi sono stati dettati dalle loro molteplici attività biologiche.
Durante questo ventennio, pur se in maniera saltuaria, si è sempre realizzata una collaborazione con i
colleghi del Reparto di Sostanze Naturali. Questa
linea di ricerca, é ancora oggi attiva ed è basata
(i) Studi conformazionali su composti modello, (ii) Studi conformazionali su macromolecole naturali, (iii) Relazione attività struttura di peptidi, (iv) Struttura di metaboliti da organismi marini.
Il primo approccio all'applicazione
della NMR a problemi conformazionali, è stato effettuato, in collaH
borazione con il Prof. Giorgio
Montaudo (Università di Catania),
Fig. 1
con lo studio di composti del tipo
Ar-X-Ar, dove X= O, S, SO2 mediante la NMR protonica su numerosi composti della serie variamente
sostituiti sugli anelli aromatici. Le conformazioni
preferite, del tipo illustrato in Fig.1, sono responsabili dello schermo diamagnetico delle correnti di anello
che il protone in orto sente, in modo diverso, secondo
la conformazione adottata.
Quasi contemporaneamente si è avviata una collaborazione, durata sette anni, dei Ricercatori del Reparto
NMR (il sottoscritto ed il dr. Teodorico Tancredi)
con i dr. L.Paolillo e P.A.Temussi e con il dr. Colin
Crane Robinson ed il prof. Morton Bradbury
dell’Istituto di Biofisica di Portsmouth. Tali studi
hanno prodotto numerose pubblicazioni su riviste
internazionali, che hanno messo in evidenza la capacità della tecnica NMR ed in particolare del 13C, di
fornire informazioni qualitative e quantitative sulle
H
X
9
..
N
O
−
δ
16'
15'
+
18'
17'
N
6
14'
2'
13'
12
1'
15
13
14
N
4'
5'
16
6'
Saraina 1
H 2 Oδ
5
11
N
H
3
4
10
H
7
8
3'
7'
12'
8'
OH OH
10'
9'
11'
Saraina - A
sull'applicazione delle più avanzate tecniche di NMR
mono e bidimensionali per risolvere la struttura dei
metaboliti da organismi marini. Di particolare interesse sono stati gli studi per determinare la struttura
delle Saraine, metaboliti della spugna Reniera sarai.
Le Saraine, si erano rivelate particolarmente interessanti per le loro proprietà chimiche e biologiche, ma
le difficoltà di ottenere prodotti puri e la scarsa riproducibilità e interpretabilità degli spettri di NMR (100
MHz), ci avevano indotto ad abbandonarne lo studio.
L'affinamento delle tecniche cromatografiche e le
83
Il coordinamento dell’Istituto Nazionale
Istituto di Chimica Biomolecolare
Il mese di Giugno del 1995 e il mese di Febbraio del 1997 sono due date
significative per la nascita dell’Istituto di Chimica Biomolecolare di cui oggi facciamo parte.
A Giugno del 1995, nella sede centrale del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma fu organizzata una Giornata di Coordinamento per la presentazione dell’Istituto Nazionale della Chimica dei Sistemi Biologici. Il successo della manifestazione non riuscì a rimuovere completamente il timore,
presente in molti partecipanti di stare lavorando a qualcosa che difficilmente si sarebbe realizzata. Dopo quella data però molte cose cambiarono e gli Istituti Nazionali di
Coordinamento divennero una realtà indiscussa cui era associato un ruolo trainante nell’ambito
della riforma dell’ente.
Il 9-10 Gennaio del 1997 a Roma, nell’ambito del Convegno “La ricerca chimica verso il 2000:
attività ed iniziative del Comitato Scienze Chimiche”, fu riservata un’attenzione significativa
all’attività e alle prospettive dei costituendi Istituti Nazionali. Subito dopo, il 24-25 Febbraio dello
stesso anno, fu organizzato un Convegno dell’Istituto Nazionale di Coordinamento della Chimica
dei Sistemi Biologici in cui furono presentate le iniziative del Consiglio Direttivo dell’INC-CSB
miranti a valorizzare la visibilità dell’Istituto, a costruire solidi rapporti col mondo produttivo, a
realizzare un efficiente coordinamento scientifico. Le giornate furono organizzate con una formula innovativa da una commissione costituita dal Dr. Paolo Bovicelli, dal Dr. Antonio Trincone e
presieduta dal Dr. Mauro Marchetti con la volontà di favorire il dialogo tra tutte le componenti
operanti negli organi afferenti all’INC-CSB. Negli atti di quelle due giornate fu dato spazio ad
ogni Direttore per un’ampia relazione delle attività dell’organo e ogni ricercatore poté relazionare
oralmente in una breve comunicazione tesa ad illustrare la sua attività. Tutti gli interventi ebbero
spazio negli atti di quel convegno. Molti dei rapporti che nacquero in quella occasione si sono rinsaldati nel tempo ed hanno certamente costituito la base per la realizzazione dell’Istituto di Chimica Biomolecolare.
E’ con vivo piacere che ospitiamo in questa pubblicazione l’intervento del prof. Romano Cipollini
sull’esperienza degli Istituti Nazionali di Coordinamento.
Nelle pagine seguenti è riportato un intevento del prof. Gino Lucente direttore del Centro di
Studio per la Chimica del Farmaco uno degli Organi CNR confluiti nell’Istituto di Chimica Biomolecolare che aiuta a tracciare il percorso di coordinamento che i vari Organi hanno seguito, insieme all’Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico, fino alla costituzione
84
E’, in questi giorni, attivo nel paese un vivace dibattito sul passato, e sul presente e sulla futura vocazione del CNR.
Avendo per più di dieci anni presieduto il Comitato Nazionale delle Scienze Chimiche del CNR, ritengo opportuno
ricordare alcune iniziative che hanno favorito, a partire dalla fine degli anni ’60, l’alta competitività degli organi del
CNR in settori d’avanguardia delle discipline chimiche. In particolare, in quegli anni, il Prof. Vincenzo Caglioti creò
una rete scientifica basata su intuizioni forti e, spesso, avveniristiche. Nel settore chimico, vennero costituiti laboratori ed istituti impegnati su tematiche che, dopo oltre 20 anni, sono ancora d’attualità. Polimeri, tecnopolimeri e compositi, certificazione e qualità, ingegneria genetica, sostanze naturali biologicamente attive, ecologia e protezione ambientale, microelettronica sono alcune delle tematiche introdotte nei costituenti laboratori alla fine degli anni ’60 e
che, per la chimica, saranno parole chiave fino agli inizi degli anni ’90 ed, in alcuni settori, lo sono tuttora.
Il Comitato Scienze Chimiche, in quest'ultimo periodo, ritenne doveroso rianalizzare criticamente quanto realizzato
nell’area di sua competenza. Il bilancio, anche se oltremodo positivo, imponeva alcuni cambiamenti. Infatti i circa 60
Istituti e Centri afferenti al Comitato per le Scienze Chimiche erano, nella gran maggioranza, altamente competitivi
nei propri settori di ricerca, ma era opportuno creare migliori condizioni per favorire una crescente competitività internazionale su tematiche fondate sulle conoscenze di base ma orientate anche verso lo sviluppo degli interessi del
mondo socio-economico.
Così, all’inizio degli anni ’90, nacquero, in modo informale, gli Istituti Nazionali di Coordinamento. Agli organi afferenti al Comitato per le Scienze Chimiche venne richiesto di coordinarsi in modo spontaneo per creare una massa
critica su grandi tematiche d’interesse internazionale e con positive eventuali ricadute per le attività industriali. Dopo
una lunga fase di preparazione, che vide attivamente coinvolti direttori e personale di tutti gli organi CNR dell’area
chimica, quattro Istituti Nazionali di Coordinamento (INC) vennero, su proposta del Comitato di competenza, costituiti dagli Organi Direttivi del CNR nel giugno 1996:
INC per la Chimica dei Sistemi Biologici (Presidente: Guido Cimino);
INC per le Metodologie e le Tecnologie Chimiche Innovative (Presidente: Rinaldo Psaro);
INC per la Chimica e Tecnologia dei Sistemi Macromolecolari Sintetici e Naturali (Presidente: Ezio Martuscelli);
INC per i Materiali Innovativi e le Tecnologie Relative (Presidente: Sesto Viticoli).
Attraverso quest’operazione le attività di 58 organi del Comitato Chimica venivano concentrate in solo 4 macrostrutture.
Il primo di questi istituti (INC-CSB) coordinava 5 Istituti e 10 Centri e la presidenza fu assegnata al Direttore
dell’organo, per dimensioni, più rappresentativo, l’Istituto per la Chimica di Interesse Biologico (ICMIB). Il Consiglio Direttivo dell’INC-CSB dettò una politica centrata sulla realizzazione di tre obiettivi: 1) valorizzare la visibilità
dell’INC, 2) costruire solidi rapporti col mondo produttivo; 3) realizzare un efficiente coordinamento scientifico. Per
alcuni di questi obiettivi (1 e 3) gli esiti furono oggettivamente positivi. Visibilità e coordinamento scientifico furono
favoriti da alcune iniziative congressuali, tutte realizzate in Roma presso la sede centrale del CNR. Alla fine di Giugno del 1995, fu organizzata una Giornata di Coordinamento per la presentazione dell’INC-CSB; nel Gennaio 1997, il
Comitato per le Scienze Chimiche ritenne opportuno, nell’ambito del Convegno “La ricerca chimica verso il 2000:
attività ed iniziative del Comitato per le Scienze Chimiche”, ritagliare uno spazio consistente per sostenere le iniziative promosse dai Direttivi dei 4 Istituti Nazionali; nel Febbraio 1997 l’INC-CSB organizzò due giornate per dibattere
su “Attività. Coordinamento e Prospettive dell’INC-CSB”. Queste iniziative favorirono la formazione di una
“consapevolezza del gruppo”. E’ per me motivo di soddisfazione l’aver potuto constatare, in numerosi appuntamenti,
quanto sia stato caratterizzante, per molti ricercatori, l’orgoglio d’appartenere all’Istituto Nazionale per la Chimica
dei Sistemi Biologici. Contemporaneamente, non posso trascurare di ricordare che poco si è realizzato nei rapporti
col mondo produttivo, nonostante la ricerca costante da parte del Direttivo dell’INC-CSB di dialogare col mondo industriale ed, in particolare, con la Federchimica e la Federfarma; le numerose tavole rotonde, giornate di lavoro, riunioni informali hanno creato interessanti prospettive ma pochi reali avanzamenti. Probabilmente, in alcuni settori della chimica la ricerca corre troppo velocemente e, per il mondo produttivo, non è immediato comprendere come utilizzarla.
Al termine del triennio di coordinamento (1996-1999), la ristrutturazione voluta dagli organi direttivi del CNR trovava gli organi afferenti all’INC-CSB pronti per una aggregazione istituzionale. Così ben 11 dei 12 organi, che avevano
afferito all’INC-CSB con la totalità del proprio personale e delle proprie strutture, proponevano di riaggregarsi in due
Istituti:
l’Istituto di Chimica Biomolecolare (ICB) con sede in Napoli e quattro sezioni a Catania, Roma, Sassari e Padova;
85
Quando nel 1995, dietro invito del Comitato per le Scienze Chimiche, fu proposta la costituzione
dell’Istituto Nazionale per la Chimica dei Sistemi Biologici, presieduto dal dr. Guido Cimino direttore dell’Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico (ICMIB), i ricercatori operanti presso il Centro di Studio per la Chimica del Farmaco di Roma (CCF/RM) parteciparono con
grande interesse e fiducia all’iniziativa. Appariva già da allora chiara la possibilità di ricadute positive, specialmente nei confronti dei piccoli organi, che non potevano possedere, proprio per le
loro ridotte dimensioni strutturali, le capacità di gestire programmi di ricerca di vasto respiro né di
operare una adeguata attività di raccordo con altri enti pubblici e privati.
E’ iniziato, con questa prima fase, un periodo di ininterrotta ed onerosa attività dell’INC-CSB
volto a curare tutti gli aspetti organizzativi ed in particolare a coordinare i programmi di ricerca ed
a promuovere il dialogo tra le varie componenti. I ricercatori del CCF/RM hanno partecipato attivamente a questa fase di coordinamento dell’attività scientifica ed in occasione delle Giornate di
Consuntivo Scientifico annuale “Attività, Coordinamento e Prospettive” dell’INC-CSB del Febbraio 1997 hanno presentato contributi che si collocano nell’area delle basi chimiche dei processi
biologici che è una tematica caratterizzante la aggregazione in atto; possono essere ricordate a
questo proposito le ricerche riguardanti le modificazione strutturali di prodotti naturali di natura
peptidica, ciclopeptidica e carboidratica, finalizzate allo sviluppo di nuovi agenti terapeutici ed
alla comprensione dei meccanismi d’azione biologica coinvolti.
Il dialogo ed il costruttivo confronto tra le varie componenti è poi proseguito sino alla definizione di un organo più ristretto e più omogeneo rispetto all’INC-CSB, alla predisposizione congiunta del piano trennale 2001-2003 ed infine alla costituzione della nuova struttura che costituisce l’Istituto di Chimica Biomolecolare (ICB) avente sede a Napoli. Di questo Istituto il CCF/RM
costituisce appunto, insieme all’altro Centro di Roma (Centro di Studio per la Chimica delle Sostanze Organiche Naturali CSCSON/RM), la sezione romana.
In questi circa sei anni di attività che hanno consentito di accordare le linee di ricerca con le
tematiche che caratterizzano l’ICB, il CCF ha operato sempre con la convinzione che la propria
lunga esperienza e le specifiche competenze nel settore della chimica del farmaco potessero utilmente inserirsi ed integrarsi con le componenti culturali e scientifiche presenti negli organi costituenti la nuova aggregazione. E’ opportuno ricordare che tra le tematiche di ricerca tradizionalmente sviluppate all’interno del CCF/RM si collocano quelle nel settore della progettazione, sintesi e studio delle proprietà strutturali e conformazionali dei peptidi. Questa tematica costituisce,
anche in ambito internazionale, uno dei settori di indagine più perseguiti e promettenti; in esso
sono infatti insite enormi potenzialità sia per l’acquisizione di informazioni sul meccanismo
d’azione di sistemi biologici chiave, quali i sistemi recettoriali ed enzimatici, sia per lo sviluppo di
farmaci che siano meno estranei, dal punto di vista struttuale, agli organismi viventi e presentino
quindi una minore aggressività rispetto a molti prodotti attualmente in uso. Anche in altri settori di
ricerca avanzata, riguardanti prodotti naturali non peptidici, attivi sul sistema nervoso centrale,
sono state evidenziate concrete possibilità di vantaggiose collaborazioni che mettono a frutto capacità e competenze che si sono rivelate altamente complementari. Proprio nello specifico settore
dei prodotti attivi sul SNC, uno dei gruppi di ricerca del CCF/RM ha in corso di attuazione un
progetto di ricerca con un gruppo dell’ICMB che costituirà la sezione di Napoli del nuovo ICB.
E’ quindi con la fiducia che nasce dalla consapevolezza dell’impegno e delle provate capacità
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La nuova sede
Nei primi mesi del 2001 è stato finalmente effettuato il trasloco delle attività sperimentali
dell’Istituto alla nuova sede ubicata nel Fabbricato 1970 dell’ex Comprensorio Olivetti in Pozzuoli. Il trasloco, coordinato nella fase logistica dal Sig. Antonio Trabucco, si è concluso nel più breve tempo possibile (nel mese di giugno) rendendo immediato il ripristino delle attività.
Il problema della sede è sempre stato sentito all’interno
dell’Istituto sia dai Direttori che si sono avvicendati alla
sua guida che da tutto il personale. Già nei primi rapporti
scientifici del Prof. Rodolfo Nicolaus si leggono osservazioni circa la funzionalità delle fogne; ai tempi della
direzione del Prof. Mario De Rosa si arrivò vicino al
Relazione 2000
Attività di Ricerca Relazione del Direttore Guido Cimino
Finalmente! Dopo 32 anni di assoluta precarietà logistica,
all’Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico è
stata consegnata la nuova sede. La solennità del momento
richiede rigorosi bilanci…..
Una vignetta di Ciro Di Micco dedicata al problema della sede e, a destra, l’entrata della palazzina
D dell’Istituto nella vecchia sede di Arco Felice.
completamento dell’operazione di trasferimento
dell’Istituto alla sede dell’ex Merrel. Finalmente nel
2001, dopo trentadue anni di attività nell’originaria sede
“provvisoria”, si è realizzato quello che per molti è rimasto un sogno: una sede più idonea sia negli spazi che
dal punto di vista delle attività sperimentali e di ricerca.
“Finalmente” è stata la parola usata per aprire il commento del direttore Guido Cimino ne rapporto di attività
scientifica per l’anno 2000. Affianco è raffigurato quello che per trentadue anni è stato l’ingresso della palazzina D della vecchia sede in Arco Felice, la
stessa immagine usata per la copertina del rapporto del 2000. La descrizione della vecchia sede è
stata riportata nel capitolo sulla fondazione, dal rapporto del 1969.
La sede dell’Istituto in Arco Felice è stata per molti anni composta dalle palazzine D ed E. Negli
anni più recenti, il reparto NMR, precedentemente spostato in locali dell’Università, presso il II
Policlinico, è ritornato nella sede di Arco Felice, in concomitanza con l’acquisto dello spettrometro Bruker AMX 500 MHz, ed è stato ubicato nella nuova palazzina M.
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Qui di fianco è presentata la piantina del livello degli studi nella nuova sede del Comprensorio ex-Olivetti. Tredici vani studi si individuano nella fila in basso, mentre altri cinque
sono ubicati in alto a destra nella piantina. Il
corpo centrale racchiuso tra gli studi comprende la Biblioteca dell’Istituto, gli archivi e gli
spazi biblioteca in comune con altri Istituti.
In alto sulla sinistra sono individuabili due
piccole aule, un disimpegno antistante ad esse
e confinante con l’accesso agli ascensori.
Il piano laboratori, è quello qui sotto fotografato: si intravede lo spazio su cui danno le
uscite di sicurezza dei laboratori.
Piantina Livello degli studi della nuova sede del comprensorio ex-Olivetti
Piantina Livello Laboratori della nuova sede del comprensorio ex-Olivetti
La piantina del piano laboratori invece è riportata qui
di fianco. In essa si individuano nella fila in basso a
partire da destra i laboratori assegnati al reparto Batteri Termofili (primi 3 spazi) e al reparto Sostanze
Naturali (ultimi 5 spazi a partire da sinistra); lo spazio confinante è uno spazio comune. Molti spazi centrali sono servizi condivisi. Al reparto Sostanze Naturali sono assegnati in più taluni spazi-laboratorio nelNella piantina degli spazi
NMR qui di fianco riportata
è invece visibile sulla estrema sinistra il vano (nella
foto) dove sono ospitati gli
spettrometri, gli studi dei
ricercatori e tecnici NMR
nella parte inferiore ed alcune stanze per apparecchiature
infomatiche di fronte ad essi.
Piantina spazi NMR della nuova
sede del comprensorio ex-Olivetti
Spazi dedicati agli spettrometri NMR nella nuova sede del
comprensorio ex-Olivetti
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Articoli scientifici
ELENCO Anno 1968
1. E. Fattorusso, G. Cimino.
Ulteriori ricerche sulla sepiomelanina.
Rend. Acc. Sci. Fis. Mat. Napoli, 35, 617, 1968.
2. E. Fattorusso, L. Minale, S. De Stefano, G. Cimino e R. A. Nicolaus.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. NotaV. Sulla struttura della
gallofeomelanina-1
Gazz. Chim. It., 98, 1443, 1968.
3. P.A. Temussi and T. Tancredi.
The Mechanism of Isomerization of Methyl Nitrite.
J. Phys. Chem. 72, 3581, 1968.
ELENCO Anno 1969
1. E. Fattorusso, L. Minale, G. Cimino, S. De Stefano e R. A. Nicolaus.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. Nota VI. Sulla struttura della
gallofeomelanina-1.
Gazz. Chim. It., 99, 29, 1969.
tricosiderine.
Gazz. Chim. It., 99, 1193, 1969.
12. L. Mangoni e V. Dovinola.
The stereochemestry of Woodward cis-hydroxylation of same steroidal olefins.
Tetrahedron Letters, 5235, 1969.
13. R. Caputo, V. Dovinola e L. Mangoni.
Diterpeni dalla Araucaria Cunninghami.
La Chimica e l’Industria, 51, 1382, 1969.
14. R. Scarpati, M. L. Graziano e R. A. Nicolaus.
Reazioni dei cheteni.Nota XIV. Prove della Formazione intermedia di
∆² -1,2,3-triazoline nella reazione fra cheteni dialchilacetali ed azidi.
Gazz. Chim. It., 99, 1969.
ELENCO Anno 1970
1. G. Nota, G. Marino, V. Buonocore e A. Ballio.
Liquid-solid chromatografy with open glass capillary columns: separation of 1-imethylaminophthalene-5-sulphonyl amino acids.
J. Chromatogr., 46, 103, 1970.
2. L. Minale, E. Fattorusso, G. Cimino, S. De Stefano e R. A. Nicolaus.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. Nota VIII. Sulla struttura
della gallofeomelanina-1.
Gazz. Chim. It., 99, 431, 1969.
2. L. Minale, E. Fattorusso, S. De Stefano, S. Magno, G. Cimino e R.
A. Nicolaus.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. Nota XII. Modelli sintetici in
relazione alla struttura delle feomelanine.
Gazz. Chim. It., 100, 870, 1970.
3. E. Fattorusso, L. Minale, S. De Stefano, G. Cimino e R. A. Nicolaus.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. Nota IX. Feomelanine biosintetiche.
Gazz. Chim. It., 99, 969, 1969.
3. L. Minale, E. Fattorusso, S. De Stefano e R. A. Nicolaus.
Struttura e Biogenesi delle feomelanine. Nota XI. Ulteriori ricerche
sulla Biogenesi delle feomelanine.
Gazz. Chim. It., 100, 461, 1970.
4. P. Ganis, A. Musco e P. A. Temussi.
Bond Shift in Cyclooctatetraene and in Tetramethylcyclooctatetraene.
J. Phys. Chem.,73, 3201, 1969.
5. P. Temussi, T. Tancredi e F. Quadrifoglio.
Conformational Rigidity of the Amide Bond. A VariableTemperature Nuclear Magnetic Resonance Study of the System Ag+
-N, N-Dimethylacetamide.
J. Phys. Chem.,73, 4227, 1969.
6. J. A. Ferretti, L. Paolillo.
Nuclear Magnetic Resonance Investigation of the Helix to Random
Coil Transfomation in Poly-α-amino acidis. I. Poly-L-alanine.
Biopolymers, 7, 155, 1969.
7. G. Marino, M. De Rosa, V. Buonocore e V. Scardi.
Characterization by isoelectric Focusing of pig hearth aspartate aminotransferase.
FEBS Lett., 5, 347, 1969.
4. E. Fattorusso, L. Minale e G. Sodano.
Feomelanine e eumelanine da nuove fonti naturali.
Gazz. Chim. It., 100, 452, 1970.
5. E. Fattorusso, L. Minale, S. De Stefano e R. A. Nicolaus.
Struttura e Biogenesi delle feomelanine. Nota XIII. Sulla struttura
della gallofeomelanina-1.
Gazz. Chim. It., 100, 880, 1970.
6. E. Fattorusso, L. Minale e G. Sodano.
Aeroplysin-I, a New Bromo-compound from Aplysina aerophoba.
J.C.S. Chem. Comm., 751, 1970.
7. E. Fattorusso, L. Minale, G. Sodano, K.Moody e R.H.Thomson.
Aerothionin, a Tetrabromo-compound from Aplysina aerophoba and
Verongia thiona.
J.C.S. Chem. Comm., 752, 1970.
ELENCO Anno 1971
8. A. Ballio.
Meccanismo d’azione di antibiotici di interesse terapeutico.
La Chimica e l’industria, 51, 826, 1969.
1. E. Fattorusso, G. Cimino.
Sul processo di polimerizzazione dei 5,6-diossindoli.
Rend. Acc. Sci. Fis. Mat. Napoli, 38, 173, 1971.
9. R. A. Nicolaus, G. Prota, C. Santacroce, G. Scherillo e D. Sica.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. Nota VII. Sulla struttura
delle tricosiderine.
Gazz. Chim. It., 99, 323, 1969.
2. G. Cimino, S. De Stefano, L. Minale e E. Fattorusso.
Furospongin-1; a new C-21 furanoterpene from the sponges Spongia
officinalis and Hippospongia communis.
Tetrahedron, 27, 4673, 1971.
10. G. Misuraca, R. A. Nicolaus, G. Prota e G. Ghiara.
A Cytochemical study of phaeomelanin formation in feather papillae
of New Hampshire chick embryos.
Experientia, 25, 920, 1969.
3. E. Fattorusso, S. Forenza, L. Minale e G. Sodano.
Isolation of 3,4-dihydroxyquinolin-2-carboxylic acid fom the Sponge
Aplysina Aeophoba.
Gazz. Chim. It., 101, 104, 1971.
11. G. Prota, G. Scherillo, O. Petrillo e R. A. Nicolaus.
Struttura e biogenesi delle feomelanine. Nota X. Sulla struttura delle
4. E. Fattorusso, L. Minale, K. Moody, G. Sodano e R. H. Thomson.
89
Homo-aerothionin, a second tetrabromo compound from Aplysina
aerophoba and Verongia thiona.
Gazz. Chim. It., 101, 61, 1971.
ELENCO Anno 1972
5. E. Fattorusso, L. Minale, G. Sodano e E. Trivellone.
Isolation and structure of nitenin and dihydronitenin, new furanoterpenes from Spongia nitens.
Tetrahedron, 27, 3909, 1971.
1. G. Cimino, S. De Stefano, L. Minale e E. Fattorusso.
Minor C-21 furanoterpenes from the sponges Spongia officinalis and
Hippospongia communis.
Tetrahedron, 28, 267, 1972.
6. S. Forenza, L. Minale e R. Riccio e E. Fattorusso.
New Bromo-pyrrole Derivatives from the Sponge Agelas oroides.
Chem. Comm., 1129, 1971.
2. G. Cimino, S. De Stefano, L. Minale e E. Fattorusso.
Ircinin-1 and -2, linear sesterterpenes from the marine sponge Ircinia
oros.
Tetrahedron, 28, 333, 1972.
7. E. M. Bradbury, P. Cary, C. Crane-Robinson, L. Paolillo, T. Tancredi and P. A. Temussi.
Experimental Evidence fo the Assignment of α-CH peaks in the
NMR Spectra of Polypeptides.
J. Am. Chem. Soc., 93, 5916, 1971.
8. G. Montaudo, P. Finocchiaro, E. Trivellone, F. Bottino and P.
Maravigna.
Conformational Preferences of ortho-substituted Diphenyl-Ethers and
Diphenyl-Thioethers.
Tetrahedron, 27, 2125, 1971.
9. M. De Rosa, A. Gambacorta, L. Minale and J.D. Bu’Lock.
Bacterial Triterpenes.
J. Chem. Soc. D Chem. Comm., 619, 1971.
10. M. De Rosa, A. Gambacorta, L. Minale and J.D.Bu’Lock.
Cyclohexane fatty Acidis from a Thermophilic Bacterium.
J. Chem. Soc. D (Chem. Comm.), 1334, 1971.
11. G. Prota, S. Suarato e R. A. Nicolaus.
The isolation and Structure of Trichosiderin B.
Experientia, 27, 1381, 1971.
12. G. Prota, G. Nota e A. Previero.
Resolution of pivalyl aminoacid methylester by g.l.c. and its application to the analytical determination of N-terminal residue in peptide
chains.
Recent Development in the Chemical Study of Protein Structure.
Inserm, 45, 1971.
13. M. De Rosa, A. Gambacorta and J.D. Bu'Lock.
An isolate of Bacillus acidocaldarius an acidophilic thermophile with
unusual lipids.
Giornale di microbiologia, 19, 145, 1971.
14. R. Scarpati e M.L. Graziano.
Further Investigations on the Reaction Between Phenylketene Dimethylacetal and Ethyl Azidoformate.
Tetrahedron Lett., 4771, 1971.
15. R. Scarpati e M.L. Graziano.
Synthesis and Some Properties of 1-phenyl-2,2-dimethoxy-2(Nalkoxycarbonylamino)-diazoethanes.
Tetrahedron Lett., 2085, 1971.
16. M.L. Graziano e R. Scarpati.
Sintesi di N- carbalcossi-2-alcossiimmidoesteri e N-carbalcossi-2alcossiammidi.
Gazz. Chim. It., 101, 316, 1971.
17. L.Paolillo, P.A.Temussi, E.Trivellone, E.M.Bradbury and
C.Crane Robinson.
Nuclear Magnetic Resonance and Optical Spectroscopic
Studies
of Block Copolymers of Polypeptides. I. Block Copoly (Benzyl-LGlutamate)n:(Benzyl-L-Aspartate)m.
Biopolimers, 10, 2555, 1971.
3. G. Cimino, S. De Stefano e L. Minale.
Polyprenyl derivatives from the sponge Ircinia spinosula: 2polyprenylbenzoquinones,2-polyprenylbenzoquinois, prenylated
furans and C-31 difuranoterpene.
Tetrahedron, 28, 1315, 1972.
4. G. Cimino, S. De Stefano, L. Minale e E. Trivellone.
New sesquiterpenes from the marine sponge Pleraplysilla spinifera.
Tetrahedron, 28, 4761, 1972.
5. G. Cimino, S. De Stefano e L. Minale.
Further linear furanoterpenes from marine sponges.
Tetrahedron, 28, 5893, 1972.
6. G. Cimino, S. De Stefano e L. Minale.
Prenylated Quinones in Marine Sponges: Ircinia sp.
Experientia, 28, 1401, 1972.
7. E. Fattorusso, L. Minale, e G. Sodano.
Aeroplysinin-1 an Antibacterial Bromo-compound from the Sponge
Verongia aerophoba.
J. C. S. Perkin I, 16, 1972.
8. K. Moody, R.H.Thomson, E. Fattorusso, L. Minale e G. Sodano.
Aerothionin and Homoaerothionin: Two Tetrabomo Spiracyclohexadienylisoxazoles from Verongia Sponges.
J. C. S. Perkin I, 18, 1972.
9. F. Cafieri, E. Fattorusso, C. Santacroce e L. Minale.
Fasciculatin, a Novel Sesterterpene from the Sponge Ircinia fasciculata.
Tetrahedron, 28, 1579, 1972.
10. L. Minale, e G. Sodano e W.R. Chan e A.M. Chen.
Aeroplysinin-2, a Dibromolactone from Marine Sponges Aplysina
(=Verongia) aeophoba and Ianthella sp.
J.C.S. Chem. Comm., 674, 1972.
11. P. De Luca, M. De Rosa, L. Minale e G. Sodano.
Marine Sterols with A New Pattern of Side-Chain Alkylation from
the Sponge Aplysina (=Verongia) aeophoba.
J. C. S. Perkin I, 2132, 1972.
12. L. Paolillo, T. Tancredi, P.A. Temussi, E. Trivellone, E. M. Bradbury and C.C. Robinson.
The Hexil-Coil Transition of Poly-(γ-Benzyl-L-Glutamate) using ¹³C
Resonance Spectroscopy.
J. C. S. Chem. Comm., 335, 1972.
13. L. Paolillo, P.A. Temussi, E. Trivellone.
Donor-Acceptor forces in Polypeptide Model Compound. A PMR
Study.
Gazz. Chim. It., 102, 300, 1972.
14. G. Montaudo, F. Bottino, E. Trivellone.
Conjugative and Steric Factors affecting the Conformational Prefer-
90
ence of Some Aromatic Sulphides.
J. Org. Chem., 37, 504, 1972.
15. M. De Rosa, A. Gambacorta, L. Minale and J.D. Bu’Lock.
The formation of ω-Ciclohexyl fatty acidis from shikimate in an
acidophilic thermophilic Bacillus. A new Biosynthetic Patway.
Biochem. J., 128, 751, 1972.
5. P. De Luca, M. De Rosa, L. Minale, R. Puliti and G. Sodano and F.
Giordano and L. Mazzarella.
Synthesis of 24,28-Didehydroaplysterol and X-Ray Crystal Structure
of Aplysterol. Unusual Marine Sterols.
J. C. S. Chem. Comm., 825, 1973.
16. L. Mazzarella, R. Puliti.
Crystal structure and absolute configuation of Aeroplysinin-1.
Gazz. Chim. It., 102, 391, 1972.
6. M. De Rosa, L. Minale and G. Sodano.
Metabolism in Porifera-I. Some studies on the Biosynthesis of Fatty
Acidis, Sterols and Bromo-Compound by the Sponge Verongia
aerophoba.
Comp. Biochem. Physiol., 45B, 883, 1973.
17. L. Paolillo, P.A. Temussi, E.M. Bradbury and C.Crane Robinson.
NMR and Optical Spectroscopic Studies of Copolymers of Polypeptides.II. Random. Copoly-(Benzil-L-Glutamate; Benzyl-L-Aspartate)
and (Benzyl-D-Glutamate; Benzyl-L-Aspartate).
Biopolymers, 11, 2043, 1972.
7. M. De Rosa, L. Minale and G. Sodano.
Metabolism in Porifera-II. Distribution of Sterols.
Comp. Biochem. Physiol., 46B, 823, 1973.
18. G. Prota, M. D’Agostino e G. Misuraca.
The Structure of hallachrome: 7-hydoxy-8-methoxy-6-methyl-1,2anthraquinone.
J.C.S. Perkin I, 1614, 1972.
19. L.Cariello e G. Prota.
Occurrence of 3-hydroxy-L-kynurenine in gorgonians.
Comp. Biochem. Physiol., 41B, 195, 1972.
20. G. Prota, E. Ponsiglione.
A reinvestigation of the reaction of p-benzoquinone with cysteine
ethylester: Revision of a structural assignement.
Tetrahedron Lett., 1327, 1972.
21. G. Prota, E. Ponsiglione.
Un riesame della reazione della ninidrina con la cisteina.
La Chimica e l’Industria, 54, 1025, 1972.
22. G. Prota.
Structure and Biogenesis of Phaeomelanins.
Pigmentation; its genesis and biological control, ed. Yernon Riley,
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54. M. Gavagnin, A. Fontana.
Diterpenes from marine opisthobranch molluscs.
Curr. Org. Chem., 5, 1201, 2000.
55. M. Gavagnin, A. Fontana, M.L. Ciavatta and G. Cimino.
Chemical studies on Antarctic nudibranch molluscs.
It. J. of Zool., Sup.1, 101, 2000.
56. M. Gavagnin, E. Mollo, D. Montanaro, J. Ortea and G. Cimino.
Chemical studies of Carribean sacoglossans: dietary relationships
with green algae and ecological implications.
J. of Chem. Ecol., 26, 1563, 2000.
57. V. Kulcitki, N. Ungur, P.F. Vlad, M. Gavagnin, F. Castelluccio
and G. Cimino.
Superacidic cyclization of all-trans-ω-acetoxyfarnesol benzyl ether.
Synt.-Stuttgart, 3, 407, 2000.
58. M. Moracci, B. Ponzano, A. Trincone, A. Fusco, S. De Rosa, M.
van der Oost, J. Sensen, C.W. Cherlebois R. L., M. Rossi.
Identification and molecular characterization of the first alphaxylosidase from an archaeon.
J. of Biol. Chem., 29, 22082, 2000.
59. M.T. Santini, R. Romano, G. Rainaldi, P. Filippini, E. Bravo, L.
Porcu, A. Motta, A. Calcabrini, S. Meschini, P.L. Indovina and G.
Arancia.
The Relationship Between 1H-NMR Mobile Intensity and Cholesterol in two Human Tumor Multidrug Resistent Cell Lines (MCF-7
and LoVo).
Biochim. et Biophis. Acta, 1531, 111, 2000.
60. A. Trincone, G. Perugino, M. Rossi, M. Moracci.
A Novel thermophilic glycosynthase which effects branching glycosylation.
Bioorg. and Med. Chem. Lett., 10, 365, 2000.
61. F. Canganella, A. Gambacorta, C. Kato, K. Horikoshi.
Effects of hydrostatic pressure and temperature on physiological
traits of Thermococcus guayamasensis and Thermococcus aggregans
growing on starch.
Microb. Res., 154, 297, 2000.
62. A. Trincone, M. Moracci, M. Rossi.
Glicosintasi: nuovi enzimi per la sintesi degli oligosaccaridi.
Biotec, 1, 53, 2000.
63. G. Cimino, M.L. Ciavatta, A. Fontana and M. Gavagnin
Metabolites of marine opistobranchs: chemistry and biological activity.
In: Bioactive Natural Products: Isolation, Structure Elucidation and
Biology Properties, C. Tringali, Ed. Taylor and Francis, London.,
578, 2000.
134
Tesi di Laurea
Numerose tesi di laurea sono state svolte nei laboratori sotto la guida dei ricercatori nei vari reparti. L’elenco che segue può essere parziale.
Anche la lettura dei titoli, come è naturale, è un percorso scientifico di trenta anni di attività
dell’Istituto.
Isolamento e struttura dell’aeroplysinina-1, un nuovo bromocomposto isolato dalla spugna Aplysina aerophoba
F. Cafieri Giugno 1970
Feomelanine ed eumelanine da nuove fonti naturali
O. Porcelli Giugno 1970
Modelli sintetici in relazione alla struttura delle feomelanine
G. Martone Giugno 1970
Biogenesi delle feomelanine
S. Forenza Giugno 1970
Struttura della nitenina e della diidronitenina, due nuovi furanoterpeni isolati dalla Spongia nitens
L. Forte Ottobre 1970
Sulla strutura e sul meccanismo di azione del fitocromo
M. Misitano a.a. 69-70
Caratterizzazione di un bacillo termo –acidofilo e analisi dei componenti lipidici: isolamento, struttura e biosintesi
degli acidi grassi omega—cicloesilici
D. Capurso a.a. 70-71
Isolamento di alcuni derivati prenilici della spugna Ircinia spinosula e determinazione della loro struttura
E. Bianco Dicembre 1971
Sui furanoterpeni presenti in più piccola quantità nelle spugne Spongia officinalis e Hippospongia communis
E. Mancusi Dicembre 1971
Nuovi sesquiterpeni dalla spugna Pleraplysilla spinifera
A. Giliberti a.a. 71-72
Isolamento di due nuovi sesterterpeni lineari dalla spugna Ircinia oros e determinazione della loro struttura
P. Abrescia Marzo 1972
Isolamento del 2-tetraprenil-1,4-benzochinone, dal corrispondente idrochinone e dell’acido 3-tetraprenil-4ossibenzoioco dalla spugna Ircinia muscarum
M. Lignitto Marzo 1972
Steroli con una insolita catena laterale isolati dalla spugna Aplysina (=Verongia) aerophoba
P. De Luca Luglio 1972
Struttura della aeroplysinina-2, un dibromolattone isolato dalla spugna Aplysina (=Verongia) aerophoba
A. Lama Luglio 1972
Nuovi bromocomposti isolati dalla spugna Agelas oroides
R. Riccio Luglio 1972
Sesquiterpeni isonitrilici dalla spugna Acanthella acuta
W. Taccone Dicembre 1972
135
Produzione, isolamento e caratterizzazione di amilasi da Bacillus acidocaldarius
C. Caporale a.a. 72-73
Isoagatolattone, un diterpene naturale con uno scheletro nuovo
D. De Rosa Marzo 1973
...è stata definita la struttura dell’avarolo da Dysidea
avara con un cospicuo lavoro chimico e spettroscopico; attualmente è in corso di investigazione attiva
la stereochimica...Rapporto di attività 1974
Avarolo
HO
Distribuzione di steroli a scheletro aplystanico in alcune spugne marine
A. Montefusco Marzo 1973
OH
Nuovi sesquiterpeni dalla spugna Pleraplysilla spinifera
A. Giliberti Giugno 1973
Isolamento e struttura dell’avarolo, insolito sesquiterpenoide della spugna
Dysidea avara
S. De Rosa Luglio 1974
Nuovi furanosesquiterpeni da spugne marine
A. Guerriero Luglio 1974
Specificità nella biosintesi degli acidi grassi da Bacillus acidocaldarius
G. Grasso 1974
3-Alchil e 3-Alchenil-pirrol-2-aldeidi dalla spugna marina Oscarella labularis
M. Pomposelli 1975
Alcuni aspetti del metabolismo degli steroli nelle spugne. Biosintesi dei 19-nor-steroli e 3-β-idrossimetil-A-norsteroli nella Axinella polypoides e Axinella verrucosa
G. Amato 1975
Isolamento e caratterizzazione di un microorganismo estremamente termoacidofilo. Fisiologia e morfologia.
C. Principie 1975
Analisi dei componenti lipidici del Bacillus acidocalcarius biogeneticamente relazionati all’acido mevalonico: isolamento e biosintesi degli isoprenoidi
E. Sepe a.a. 74-75
Un’inducibile α-amilasi da Bacillus acidocaldarius
A. Abruzzese Saccardi 1975
Biosintesi del calysterol nella spugna Calyx nicaensis
O. Scalona Dicembre 1976
12-Episcalarina e 12-epideoxoscalarina, due nuovi sesterterpeni dalla spugna Spongia nitens
L. Sansone Dicembre 1976
Sulla struttura di due sesterterpenoidi ossiidrochinonici isomerici isolati dalla spugna Microciona toxystila
A. De Rosa Dicembre 1976
Isolamento di due nuovi diterpeni della ghiandola digestiva del mollusco Apylsia depilans e determinazione della
loro struttura
B. Danise Giugno 1977
Studi su alcuni sesterterpeni lineari da spugne
G. Alfano Luglio 1977
136
Sul meccanismo di restringimento dell’anello A del colesterolo durante la
biosintesi di 3-β-idrossimetil-A-nor-sterani nella spugna Axinella verrucosa
L. Bibolino Luglio 1977
Strutture delle spiniferine-1 e -2, furanosesquiterpeni della spugna Pleraplysilla spinifera
R. Giorgio Dicembre 1977
Isolamento e sintesi di un nuovo steroide da Eunicella cavolini
B. Desiderio Dicembre 1977
Identificazione e biosintesi di nuove poliammine in un batterio estremo termofilo
A. Alfano Giugno 1977
Diglicerol tetraetere da Caldariella acidophila, un batterio estremo termofilo
A. M. Formicola Luglio 1977
Studio mediante la spettroscopia di risonanza 13C di istoni di timo di vitello
C. Fournier Febbraio 1977
Arricchimento selettivo in 13C delle metionine dell’istone H2B di timo di vitello e suo uso in studi conformazionali
G. Di Pascale Dicembre 1977
Sul meccanismo di conversione biologico del colesterolo nel 19-nor-colestanolo nella spugna Axinella polypoides
D. Persico Luglio 1978
12-Epi-scalaradiale, 12,18-diepi-scalaradiale e scalarolo butenolide, tre nuovi sesterterpeni dalla spugna Spongia
nitens
A. Di Luccia Ottobre 1978
Influenza dell’habitat sul metabolismo secondario della Petrosia ficiformis
P. Laezza a. a. 78-79
Studio su basi chimiche delle interazioni tra il nudibranco Peltodoris atromaculata e la spugna Peltodoris ficiformis :
isolamento e caratterizzazione d’insoliti carbinoli lineari ad alto peso molecolare
D. Castiello Dicembre 1979
Su alcuni intermedi della trasformazione del colesterolo in 3-β-idrossi-A-nor-colestano nella spugna Axinella verrucosa
A. De Stefano Dicembre 1979
Isolamento e caratterizzazione di alcuni metaboliti polari degli invertebrati marine Gorgonie del golfo di Napoli
R. Mauriello Dicembre 1979
Studi sul trasporto della citidinfosfocolina doppiamente marcata
G. Cocchiara a.a. 79-80
La beta-galattosidasi da Caldariella acidophila come biocatalizzatore in sistemi a flusso continuo
O. Sgambati a.a. 79-80
Influenza dell’habitat sul metabolismo secondario della Petrosia ficiformis
D. Laezza Aprile 1980
Isolamento, parziale caratterizzazione strutturale, proprietà farmacologiche e proprietà analitiche di alcuni composti
isolati dalla spugna Reniera sarai
C. Calabrese 1981
Isolamento e purificazione di uteroglobina. Interazione con progestinici
A. Bazzocchi 1981
137
Fitoregolatori ed altri composti di origine marina
G. Lanza Luglio 1981
Steroli poliossigenati dalla gorgonia Leptogorgia sarmentosa
R. Benvegnù Luglio 1982
Nuovi metaboliti dalla spugna Petrosia ficiformis
A. De Giulio Ottobre 1982
Modificazioni microbiologiche di steroidi operate con cellule di Caldariella acidophila, un archeobatterio termofilo
F. Capasso a.a. 80-81
Differenti sistemi di immobilizzazione di cellule di Caldariella acidophila, un microorganismo estremo termofilo.
Studi sulla β-galattosidasi marker del patrimonio enzimatico cellulare
L. Lama 1982
Chimica e comportamento di difesa di molluschi nudibranchi
R. Morrone Giugno 1983
Biosintesi proteica negli archeobatteri. Studi di inibizione con differenti antibiotici
L. Del Piano 1983
Simulazione di ambienti recettoriali in soluzione: studio di RMN di complessi di amminoacidi peptidi con etere corona
C.A. Beretta a.a. 82-83
Biogenesi lipidica negli archeobatteri
A. Trincone a.a. 83-84
Struttura e funzione dei flagelli negli eubatteri
C. Tammaro a.a. 83-84
Aspetti patogenetici dell’infezione da micoplasma pneumoniae
A. Borelli a.a. 84-85
Aldeidi terpenoidiche di sapore piccante: studi biomimetici sul meccanismo di azione biologica e sulla relazione attività-struttura
S. De Falco Gennaio 1985
Le saraine: una nuova classe di alcaloidi dalla spugna Reniera sarai. Isolamento e primi studi strutturali
G. Raimo Febbraio 1985
Alterazioni nella permeabilità della membrana esterna dei batteri gram-negativi
G. Castoria a.a. 84-85
La membrana batterica: importanza nella sopravvivenza della cellula
C. Riviezzo a.a. 85-86
Nuova classe di chinoni neglil archeobatteri termofili appartenenti al genere Sulfolobus
M.R. Vaccaro 1986
I lipidi degli archeobatteri: marker tassonomico di questa nuova linea evolutiva
A. Fierro 1986
Studi sulla struttura primaria della protammina Chaetoporus variopedatus
R. Arcone 1986
138
Potenzialità della spettrometria di massa in chimica clinica
M. Carrino
Proprietà ittiotossiche di alcuni metaboliti di difesa di molluschi opistobranchi
M.V. Andalò a.a. 87-88
Bromoditerpeni dell’alga rossa Sphaerococcus coronopifolius del Nord Adriatico e loro attività farmacologica
P. Scarpelli 1987
Struttura e attività biologiche di metaboliti da un prosobranco (Buccinulum corneum)
F. Carretta 1988
Valutazione dell’attività citotossica ed antitumorale su derivati naturali e sintetici dell’avarolo
R. Cozzolino a.a. 87-88
Revisione della struttura della bursatellina, metabolita azotato da opistobranchi Bursatella sp
M.R. Caldarelli 1988
Riduzione asimmetrica di chetoni con un’alcool deidrogenasi da Sulfolobus solfataricus
D. Mirella a.a. 88-89
Meccanismi di difesa dei molluschi Opistobranchi del Mediterraneo: caratterizzazione chimica dei
feromoni d’allarme da Bullomorfi
A. Passeggio a.a. 88-89
Moluscos gasteropodos del sudeste espanol. Faunistica, ecologia y estudio de la simbiosis con algas
(Dottorato in Biologia Universidad de Murcia)
A.M. Atucha 1989
Definizione strutturale dei lipidi di membrana delle Therotogales
M.C. Manca 1990
Lipidi da Archeobatteri
M. Puglia 1990
Mediatori chimici di molluschi opistobranchi
G. Villani 1990
Sintesi enzimatica di alchil glucosidi
R. Improta 1991
Il Dr. Sandro De
Falco in una vignetta
subito dopo la laurea
Interazione molecolare tra cancerogeni e macromolecole cellulari
V. Carbone 1991
La spettrometria di massa in biotecnologia
M. D’Orsi 1991
Caratterizzazioe strutturale di varianti genetiche dell’emoglobina umana mediante MS
M. Pisaturo 1991
Caratterizzazione strutturale mediante MS di due varianti genetiche dell’emoglobina umana: HbM Hyde Park e Hb
San José
G.S. Nahid 1991
Caratterizzazione strutturale di alcune interleuchine-1-β umane ricombinanti mediante MS
G.S. Afsaneh 1991
Estudio sistematico y ecologico de los Poriferos del sureste iberico (Dottorato in Biologia Universidad de Murica)
139
A.M. Martinez Ingles 1991
Origine, distribuzione e funzione biologica di prostaglandin-1,15 lattoni nel mollusco marino Tethys fimbria
C. Minardi a.a. 90-91
Studi su basi chimiche delle strategie di difesa del mollusco anaspideo Aplysia fasciata
C. Gianfrani a.a. 91-92
Gli ascoglossi: uno straordinario modello per studiare, su basi bio-chimiche, l’evoluzione dei molluschi opistobranchi
E. Mollo a.a. 91-92
Contributi biochimici alla tassonomia ed all’ecologia dei Chromodorididae. Opistobranchia: Mollusca
M.T. Grieco a.a. 91-92
Utilizzo del Sulfolobus solfataricus, un archeobatterio termoacidofilo nelle reazioni di glicosidazione
F. Macchiarolo a.a.92-93
Studio chimico delle spugne ceractinomorpha da coste catalane
L. Albarella 1993
Sustancias naturales de moluscos opistobranquios: estudio de su estructura, origen y funcion en ecosistemas bentonicòs (Dottorato in Scienze Biologiche Universidad de Barcelona)
C.A. Escartin 1993
Applicazioni nel campo della bioelettronica dei lipidi di Sulfolobus solfataricus ceppo DSM 1617 purificati e modificati chimicamente
A. Riccio a.a. 93-94
Relaciones inter e intraespecificas en Molusco del orden Cephalaspidea: una aproximacion biologica y quimica
(Dottorato in Biologia Universidad de Sevilla)
L.A. Alvarez Olive 1994
Chemical studies on some organophosphorus insecticides (Degree of Master of Science in Chemistry Cairo
University)
H.A-G. Hassan 1995
Studi chimici sulle petroformine, inusuali poliacetileni ad alto peso molecolare dalla spugna Petrosia ficiformis
C. Salierno a.a. 94-95
Biosintesi dell’anandamide in cellule di mammifero
N. Sepe a.a. 94-95
Studio su basi bio-chimiche della ecologia di molluschi ascoglossi caraibici
D. Montanaro a.a. 94-95
Ciclopeptidos y ciclodepsipeptidos bioactivos. Aislamiento, elucidation y sintesis (Dottorato Universidad de Santiago)
R. F. Rodriguez 1995
Isolamento, caratterizzazione strutturale e attività biologiche delle verrucosine, nuovi diacilgliceroli diterpenoidici
dal nudibranco Doris verrucosa
G. De Luca a.a. 95-96
Sintesi enzimatica di glicosidi naturali con enzimi termofili
M. Ottonello a.a. 95-96
140
Valutazione dell’effetto antiossidante dei flavonoidi contenuti nei vini rossi utilizzando come modello sperimentale
cellule intestinali in coltura
M. Russo a.a. 96-97
El orden Anaspidea (Mollusca: Opistobranchia) en el Atlantico y Mediterraneo proximo. Revision taxonomica y
estudio de los metabolitos secundarios en algunas especies (Dottorato di Ricerca in Biologia Universidad de Oviedo)
E.M. Martinez Cueto-Felgueroso 1995
Nuovi metaboliti secondari biologicamente attivi da invertebrati bentonici: isolamento e caratterizzazione strutturale
(Dottorato di ricerca in “Sostanze naturali farmacologicamente attive X Ciclo 1994-1997)
Yuewei Guo Ottobre 1997
New Schiff bases of 5-nitrobenzo [b] thiophene-2-carboxyaldehyde of expected biological activity (Master Degree of
Science in Chemistry Cairo University)
M.A..A. Radwan 1997
Moluscos opistobranquios de Argentina: revision taxonomica y relacion de ecologia quimica en algunas especies
patagonicas (Dottorato in Biologia Universidad de Oveido)
C. Minian Pèrez 1997
Isolamento e caratterizzazione di un microorganismo estremofilo da sabbie dell’isola di Pantelleria, capace di biosintetizzare poliidrossi alcanoati
C. Vicinanza 1997
Protezione chimica in nudibranchi Chromodorididae e Dorididae
A. De Napoli a.a. 97-98
Metaboliti da microorganismi aloalcalofili
D. Trabasso 1999
L’ecologia chimica come versatile mezzo per l’individuazione di molecole bioattive: studio di molluschi marini di
opistobranchi
P.M. Cavaliere 1999
Studi chimici su invertebrati bentonici
R.M. Fontana 1999
Produzione di polisaccaridi da nuovi termofili marini
V.M. Schiano Moriello 1999
Caratterizzazione strutturale della proteina invariant chain associata al complesso maggiore di istocompatibilità di
classe II
M. De Julio a.a. 98-99
Metaboliti secondari di origine marina: chimica ed attività biologica
G. D’Ippolito a.a. 99-00
Biosintesi di metaboliti secondari da organismi marini
R. Messina a.a. 99-00
Estudio quimico de los organismos marinos Cacospongia scalaris, Spongia agaricina, y Plexaurella grisea: estructura
y citotoxicidad de nuoevos terpenos y esteroides (Dottorato in scienze chimiche Universidad de Cadiz)
A. Rueda Campos 2000
L’anandamide e il recettore dei vanilloidi VR1: riconoscimento molecolare e regolazione
I. Brandi a.a. 00-01
141
Il personale attuale dell’Istituto
Questo è un percorso storico delle assunzioni all’Istituto; le date riportate sono quelle ufficiali
della presa di servizio di ognuno dei dipendenti. Per alcuni di essi la presenza in Istituto risale a
momenti precedenti: tesi di laurea, borse di studio, leggi speciali per l’occupazione (285, etc.).
Non sono riportati i dipendenti che non svolgono più servizio presso l’Istituto oggi. E’ interessante notare come per circa un decennio (1973-1983) ci sia stato il buio riguardo l’ingresso di nuovo
1969
2001
CRISPINOAntonio
coll. tecnico
1.2.1969
BUONOMOAntonio
Op.amm.vo
1.10.1994
ESPOSITOEnrico
col,. tecnico
1.2.1969
DEPRISCORocco
Primo Ric.
1.6.1996 (1.11.62)
SCOGNAMIGLIOGennaro
coll. tecnico
1.2.1969
MOLLOErnesto
Ricercatore
16.2.1998
AMODEOPietro
Ricercatore
4.1.1999
TRABUCCOAntonio
Op. tecnico
1.2.1969
CIAVATTALetizia
Ricercatore
18.1.1999
TURCORaffaele
Coll. tecnico
1.2.1969
FONTANAAngelo
Ricercatore
18.1.1999
VILLANI Guido
Tecnologo
16.2.1999
MATTODaniela
Op. tecnico
1.2.2001
OGNIBENEBarbara
Coll. Amm.vo
16.7.2001
CIMINOGuido
Dirirg. ricerca
1.5.1969
DEROSASalvatore
Primo ricercatore
1.5.1969
DI PINTOCorrado
coll,. tecnico
1.5.1969
TRIVELLONEEnrico
Dirig. tecnologo
1.5.1969
GAMBACORTA Agata
Dirirg. ricerca
16.6.1969
VACCAROM. Rosaria
Coll. Amm.vo
1.11.1969
DI MICCOCiro
Op. Amm.vo
1.2.1970
MILONEAfredo
PULITI Raffaella
Ricercatore
1990
CALANDRELLI Valeria
Coll. tecnico
1.9.1990
IODICECarmine
Coll. tecnico
1.9.1990
RICCIARDI Desiderata
Coll. tecnico
1.9.1990
ZAMBARDINOSalvatore
Coll. tecnico
1.9.1990
ZAMBARDINOUmberto
Coll. tecnico
1.9.1990
15.12.1971
Primo ricercatore
15.6.1970 (1.7.1962 )
TANCREDI Teodorico
Dirirg. ricerca
16.1.1973
SALZANOPasqualina
Op. tecnico
1.8.1973
LOPEZAniello
Op. tecnico
16.11.1973
NICOLAUSBarbara
Primo Ricercatore
16.6.1982
ROMANOIda
Coll. tecnico
29.4.1983
TRINCONEAntonio
Ricercatore
29.4.1983
SALZANOLoredana
Coll.amm.vo
1.4.1984
1984
MAIELLOAntonio
Op. tecnico
1.12.1987
DI MARZOVincenzo
Primo ricercatore
1.4.1988
CASTELLUCCIOFrancesco
Coll. tecnico
1.9.1988
PAGNOTTAEduardo
Coll. tecnico
1.12.1988
LAMALicia
Ricercatore
30.12.1988
GAVAGNIN Margherita
Primo ricercatore
1.1.1985
MOTTAAndrea
Primo ricercatore
1.1.1985
DEGIULIO Alfonso
Ricercatore
1.4.1986
MIRRAVincenzo
Op. tecnico
1.4.1986
STRAZZULLOGiuseppe
Ricercatore
1.4.1986
ZAMPAMaurizio
Coll. tecnico
1.4.1986
142
Pensionati e trasferiti
Nel capitolo “L’attività del personale ex-ICMIB” sono riportati brevemente i curriculum storicoscientifici del personale ex-ICMIB ancora in attività: Mario De Rosa, Virginia Lanzotti, Antonio
Malorni, Raffaele Riccio e Aldo Spinella.
Qui si vogliono invece ricordare tre persone: Vincenzo Calandrelli, Alfonso Cantilena ed infine Salvatore De Stefano.
Vincenzo Calandrelli è stato assunto presso l’Istituto il 1.10.1969 e ha lasciato con
la pensione il 1.7.1989 registrandosi come primo pensionato dell’I.C.M.I.B. Ha curato con altri l’officina e per lungo tempo ha fatto parte dello staff
dell’amministrazione.
Alfonso Cantilena è una delle persone presente con gli altri già nel 1969.
Vincenzo CalanE’ stato assunto il 15.9.1969. E’ stato il primo responsabile dell’officina che in quegli drelli e Raffaele
anni, ma anche successivamente, ha contribuito in modo massiccio alla costruzione
Turco
quasi nel senso letterale del termine, dei laboratori. Vi sono testimonianze nei primi
verbali dalle quali risultano gli interventi eseguiti: vasche, lavori idraulici particolari, adattamenti
delle strutture per renderle idonee a svolgere attività di ricerca, etc. Cantilena ha ottenuto il trasferimento all’IMOF di Portici il 1.3.1984, Dal 1998 Alfonso è in pensione.
Salvatore De Stefano nel suo studio e di
lato con B. Nicolaus
alla vita del laboratorio. Amava la
vita del laboratorio, e la “pratica del
banco” non è mai mancata fino a
poco tempo prima della pensione
quando personalmente lo ricordo
impegnato con me in una ricerca su
alcuni metaboliti da funghi il cui lavoro è ancora in corso di pubblicazione.
Maggiori dettagli sulla statura scientifica sono rintracciabili nella storia
del reparto Sostanze Naturali.
Gli scherzi sulla statura di Salvatore
De Stefano sono invece leggendari
Salvatore De Stefano è stato uno dei
primi dipendenti dell’Istituto, assunto
il 1.1.1969; insieme a Guido Cimino,
Luigi Minale e Guido Sodano ha iniziato il lavoro sulle sostanze naturali
da organismi marini. Ha fatto parte
del Consiglio Scientifico dell’Istituto
per lungo tempo e ha pubblicato numerosissimi lavori; anche un rapido
sguardo agli elenchi dei lavori pubblicati dall’Istituto nel corso degli anni
rende testimonianza del contributo
fondamentale di Salvatore De Stefano
143
I servizi
Alcune attività comuni nell’ambito dell’Istituto sono organizzate in servizi, qui di seguito sono
riportati i servizi presenti oggi nell’ambito dell’Istituto. E’ da menzionare, dal punto di vista
storico il Servizio Officina di cui il primo responsabile è stato il Sig. Alfonso Cantilena trasferitosi nel 1984 e oggi in pensione.Tale servizio, come quelli di oggi, è stato di grande aiuto
all’inizio delle attività scientifiche del Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di interesse biologico. Una serie di lavori importanti sono stati eseguiti e registrati nel rapporti di attività del Direttore R. A. Nicolaus nel 1970. Essi vanno dall’installazione di impianti elettrici per
i vari laboratori alla messa in opera di varie apparecchiature, autoclavi, fermentatori, stufe, etc.
Una serie di servizi tecnico scientifici sono stati realizzati dal personale dell’istituto nell’ambito
dell’Area di ricerca di Napoli tra essi ricordiamo: Il centro internazionale di Spettrometria di
Servizio di Risonanza Magnetica Nucleare - Responsabile Andrea Motta
Parole chiave: NMR, spettroscopia, tecniche multidimensionali, determinazione strutturale
Applicazione della spettroscopia di risonanza magnetica nucleare alla determinazione strutturale di sostanze naturali,
peptidi e proteine, e al metabolismo cellulare e a polimerici sintetici. Introduzione di nuove tecniche multidimensionali.
Servizio di Analisi Strumentale - Responsabile Gennaro Scognamiglio
Parole chiave: HPLC, gascromatografia, infrarosso
Il Servizio di Analisi Strumentale ha avuto come obiettivo: 1)la risoluzione di miscele complesse di metaboliti provenienti da invertebrati marini mediante l'ausilio di metodi cromatografici su colonna solido- liquido e liquido-liquido
(HPLC) e gas-cromatografici, 2)la determinazione dei gruppi funzionali presenti in tali metaboliti mediante spettroscopia infrarossa ed ultravioletta ed infine 3) la determinazione della stereochimica per mezzo del potere ottico rotatorio e del dicroismo circolare.
Servizio di Fermentazione - Responsabile Esposito Enrico
Parole chiave: archeobatteri, estremofili, cianobatteri
Gli obiettivi del servizio sono stati l'arricchimento e l' isolamento di estremofili da campioni di suolo ed acque provenienti da svariate parti del mondo: dall' Antartide a zone di differenti province della Regione Campania. Parallelamente si sono migliorate le rese di ceppi in precedenza già isolati e caratterizzati.
Servizi Generali - Responsabile Antonio Trabucco
Parole chiave: servizi generali, utenze generiche, problematiche comuni all’Istituto
Gli obiettivi del servizio rientrano nella cura dei servizi generali, delle comuni utenze e nella risoluzione delle problematiche comuni all’Istiuto dal punto di vista tecnico. Questo servizio ha curato il trasloco delle attività di laboratorio
dalla sede di Arco Felice in Via Toiano, 6 al Comprensorio ex-Olivetti facendosi carico di tutti i problemi derivanti
da questa attività.
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Curiosità
Esposito Enrico
Ah! Lo sciopero. Probabilmente erano gli inizi degli
anni 80, non un ricordo che risale alla notte dei
tempi; il sindacato e noi tutti decidemmo di attuare
una forma di protesta per così dire originale: una
Veglia della Ricerca, come fu chiamata. Passammo
qualche notte in laboratorio e, tra il lavoro che
effettivamente la maggior parte di noi svolgeva,
veniva anche fame non dormendo. La biblioteca fu
Scognamiglio Gennaro
Peli di capra. Nel 1969
-70 una delle tematiche
di ricerca del Laboratorio era lo studio delle
feomelanine; ricordo
con curiosità il reperimento delle fonti naturali da cui ottenere i
prodotti da studiare.
Una di queste fonti
erano i peli di capra
che ci procuravamo
La Veglia della Ricerca. Un momento di
discussione per l’organizzazione.
Crispino Antonio
“’O sole mio”. Eravamo tutti molto giovani in
laboratorio nel 69-70 e ricordo di quell’epoca
una volta in cui lavorando al banco canticchiavo come sono solito fare mentre esplico attività
manuali. Mi lasciai evidentemente trasportare
dall’entusiasmo della canzone attirando anche
altri colleghi. All’inizio non mi accorsi di nulla
ma alle mie spalle c’era il Prof. Nicolaus; appena lo vidi zittii immediatamente. Ma ricordo
con piacere la bonarietà con la quale mi esortò a
continuare a cantare: “Faccia, faccia pure sig.
Crispino” mi disse “mi piace sentirvi cantare
mentre si lavora” cosa che allievò immediatamente la paura di stare per prendermi una sonora, è il caso di dirlo, ramanzina.
Di Pinto Corrado
Trasformazioni. Necessità di lavoro, entusiasmo, apprendimento, crescita culturale propria, continua ed aggiornata, e di tutto il team
dell’Istituto, grazie a strumentazione inizialmente all’avanguardia in Europa (NMR per il
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C) hanno creato un percorso ascendente
verso traguardi riconosciuti a livello internazionale, nonostante le condizioni bioecodisastrose in cui si è operato. I rapporti interpersonali a tutti i livelli, qualunque siano stati i
canali e le funzioni di ognuno, hanno permesso una coesione di interessi e di vedute fin
quando il ricambio verificatosi in tempi molto
Lina Salzano
Ma ci sono stati anche altri scioperi, mica solo
la Veglia della ricerca!! Ricordo di un corteo
che prese inizio proprio dall’ingresso
dell’Area di Ricerca di Arco Felice e proseguì
per le strade adiacenti. Parteciparono molti
lavoratori dell’area, io me li ricordo tutti lì.
Turco Raffaele
Una nottata con “La bambolona”. Ancor prima
della famosa Veglia della Ricerca proprio nei
primissimi anni vi furono altre veglie probabilmente meno urgenti ma forse non meno necessarie, chi lo può dire? A Gennaio 1970 Pozzuoli
e Arco Felice furono investite del fenomeno del
bradisismo famoso nei Campi Flegrei. Il Rione
Terra, popolato dai pescatori di Pozzuoli, fu
evacuato in fretta e c’era pericolo di occupazioni abusive da parte di famiglie senza alloggi.
Ecco, forse era un impeto di protezione il nostro, ma qualche notte ricordo di averla trascorsa
anche io in laboratorio, magari dopo essere stato
con altri tecnici a cinema la sera; si, si quella
Trabucco Antonio
Il telegramma della “felicità”. 1° Febbraio
1969 arriva un telegramma ufficiale di assunzione di una serie di tecnici tra cui il mio nome. Il momento è solenne e in qualche modo
va festeggiato; avevo una vespa e nonostante il
freddo salto su, arrotolo la sciarpa intorno al
collo e parto a velocità sostenuta. Questa felicità dura pochi chilometri però: a poca distanza
dal laboratorio fui tamponato da un autoveicolo con fratture nella zona del bacino; così il
mio inizio del periodo lavorativo ufficiale
corrisponde ad un periodo ospedaliero. La
“felicità” ritornò ad essere felicità quando
capii, riuscedomi a rimettere in piedi, che avrei
continuato a camminare sulle mie gambe;
tornai a lavoro dopo qualche tempo e quello
Tombolata di Natale, Inizio anni
‘80, Biblioteca I.C.M.I.B. Da
sinistra Vincenzo Calandrelli,
Rosaria Vaccaro, Luisa De
Piano, Annalisa Basso, Gennaro
Raimo, Ricciardi Desiderata e
Sandro De Falco.
Vaccaro Maria Rosaria
Tombolata di Natale. Spesso in Istituto nella giornata della
vigilia di Natale ci si riuniva in biblioteca, abitudine che
ancora esiste, per mangiare il panettone e scambiare gli auguri con i colleghi. All’inizio degli anni 80 si organizzava anche
la tombolata con premi per i vincitori. Nella foto
Festa d’addio per il trasferimento di Alfonso Cantilena.
Da sinistra: Aniello Lopez,
Giuseppe Strazzullo, Antonio
Malorni, Mario De Rosa, Ciro Di
Micco, Guido Sodano che legge
una dedica, Alfonso Cantilena,
Angelo Capezio, Salvatore
Sodano, Giuseppe Pernicola e
Barbara Nicolaus.
In primo piano dietro lo striscione si distinguono, fra gli altri: Raffaele Turco e Lina Salzano.
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Dal Laboratorio per la Chimica e Fisica di Molecole di In