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SETTEMBRE 2013
25° anniversario della rinascita al cielo di
PADRE GIOVANNI MALINVERNI
Sabato 30 luglio 1988 muore padre Giovanni Malinverni, il giorno dopo, mentre la sua bara entra nella nostra
Basilica, il parroco don Carlo Ferrari fa suonare a festa le
campane per annunciare la sua salita al cielo.
Domenica 8 settembre 2013, alle ore 10.00, a venticinque anni dalla scomparsa di padre Giovanni Malinverni,
verrà celebrata una Santa Messa alla quale parteciperà
fratel Vincenzo Luise che traccerà il ricordo personale
della loro amicizia.
Sul sagrato della Basilica verrà allestita una mostra di
fotografie, scattate personalmente da padre Giovanni,
che raccontano i vari momenti della sua missione in terra
d’ Africa.
Anche quest’anno fratel Vincenzo verrà a passare un
periodo di tempo a Sant’Angelo, città che gli ha conferito
nel 2007 la cittadinanza onoraria, per ritrovare gli amici di
Africa Chiama che non fanno mancare aiuti sia economici che di medicinali, e cogliere l’occasione di ringraziare
tutti i suoi benefattori.
A Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, fratel Luise
ricovera, cura e assiste malati di Aids, lebbrosi e donne
anziane, abbandonate per usanze e costumi che regolano
la vita dei villaggi.
Il racconto di questa intensa e benemerita attività è ben
tratteggiato in un artìcolo apparso sul numero di luglio
della rivista “Credere”, settimanale edito dalle edizioni
Paoline. Lo offriamo ai nostri lettori certi di suscitare tanta
gratitudine verso un uomo che ci onora della sua amicizia
e che testimonia nei luoghi dove operò padre Malinverni,
l’esempio concreto della solidarietà cristiana.
Fratel Vincenzo Luise “l’angelo dei poveri”
«Da piccolo ero un vero camorrista»,
dice di sé fratel Vincenzo Luise, nato a
Spaccanapoli 79 anni fa. E c’è da crederci:
sempre per la strada con i ragazzini a combinare qualche piccolo guaio, Vincenzo
era la disperazione dei genitori. Poi un
cambiamento radicale di vita e la scelta di
farsi religioso camilliano. Sempre camorrista, ma questa volta “camorrista di Dio”:
missionario in Burkina Faso da circa 40
anni.
Fratel Vincenzo non ha dimenticato le
sue origini. Barba e capelli incolti, vestito
lacero e trasandato su cui spicca una grande croce rossa, una guida spericolata nell’immensa e desolata periferia della capitale Ouagadougou, dove opera. Per fratel
Vincenzo l’ospedale è la strada, le capanne, i poveri. Gli ultimi, insomma. Nel suo
fuoristrada entrano sette-otto scugnizzi
che lo accompagnano per distribuire medicine nelle capanne, curano con lui le piaghe dei lebbrosi, comprano yogurt per una
donna in fase terminale arsa dalla febbre,
portano a una malata grave un sacchetto di
fragole, l’ultimo desiderio prima di morire.
Fratel Vincenzo si prende cura di circa
800 lebbrosi e dei loro familiari, provenienti da Burkina, Mali e Costa d’Avorio,
di 450 donne - abbandonate nei villaggi o
raccolte per la strada, perché accusate di
stregoneria (in realtà solo anziane o un po’
fuori di testa) - e, come se non bastasse, di
una cinquantina di persone con disturbi
mentali; procura loro riso e miglio per
l’unico misero pasto di mezzogiorno, del
sapone, una coperta. E a Natale un pacchetto di caramelle.
Come fa a sostenere tutte queste persone? Se lo chiedi all’interessato risponde
levando gli occhi in alto. «Guagliò, ma tu
ci credi alla Provvidenza? Adesso che hai
visto tutto questo anche tu ti farai Provvidenza, lo racconterai agli amici e lo scriverai».
Un viaggio con lui tra i lebbrosi nei villaggi è un insegnamento che non si può
scordare. Sono abbracci riconoscenti a
questo frate che cura piaghe orrende, in
corpi con volti, mani e piedi martoriati
dalla lebbra. A coloro che hanno perso gli
arti egli procura protesi artificiali e carrozzelle: sorridono sempre. Chi non sorride
sono i malati gravi di Aids. Fratel Vincenzo se ne occupa da anni, dopo aver convinto i superiori a costruire un ospedale
proprio per la cura specifica di questa
malattia. Quasi tutto l’ospedale è stato
costruito con l’aiuto di italiani: otto padiglioni con 64 posti letto, un centro ricerche, una casa per gli operatori sanitari e gli
ospiti, una cappella.
Il centro di accoglienza e di solidarietà è
dedicato alla Madonna di Fatima. C’è una
cappella con un grande Cristo in legno,
frutto del lavoro di un artista locale. «Vedi
- dice fratel Vincenzo - la mano destra è
più grande di quella sinistra. Non è un
errore dell’artista. Gliel’ho suggerito io.
Perché la mano destra è la mano della
Madonna, che accarezza i malati». La
stessa carezza che ho visto fare a
Corinne, 24 anni, ormai solo due
occhi imploranti, distesa su una
stuoia in una poverissima casa
della periferia di Ouagadougou.
A Corinne erano già mancati il
marito e due bambini. Ne avrebbe
lasciato uno orfano di lì a poco.
Sul suo volto Vincenzo ha posato
la mano callosa, mano di Cristo
che perdona, la grande mano
della Madonna che accarezza e
consola.
Fratel Vincenzo ha molti amici in
Italia che lo aiutano. Anche Famiglia
cristiana ha contribuito, attraverso la
rubrica “Il caso della settimana”, alla
LA CELEBRAZIONE DEI BATTESIMI
ANDREA domenica 30 giugno, ha ricevuto il Sacramento del Battesimo,
entrando così a far parte della nostra comunità parrocchiale.
costruzione di uno degli otto padiglioni
dell’ospedale. Il centro Madonna di
Fatima è un ospedale in piena regola: caso
raro in Africa, i pasti vengono serviti dalla
mensa interna e non preparati dai parenti.
La visita ai malati terminali Aids è una
stretta al cuore. Fratel Vincenzo saluta e li
abbraccia uno ad uno con amore di padre e
di madre, li accarezza, li incoraggia. Ma
anche lui, sempre con la battuta pronta e il
sorriso sulle labbra, non regge a tanto
dolore. I Camilliani
hanno fior di medici e di scienziati, come
padre Salvatore Pignatelli e padre
Jacques Simporé,
che
collaborano
con il professor Fernando
Aiuti per le
ricerche sull’Hiv. Proprio in Burkina Faso padre Jacques e
i suoi collaboratori
hanno
sco-
perto un nuovo ceppo di Hiv, tipologia
antigenica diversa da quelli conosciuti.
Padre Jacques è la mente, lo scienziato nel
vero senso della parola, mentre fratel
Vincenzo è il cuore, l’anima di tante iniziative a favore degli ammalati. Sa farsi
voler bene. Aiuta tutti e tutti lo aiutano.
Un giorno siamo andati presso il genio
militare per chiedere la perforazione di un
pozzo con la grande trivella in dotazione
all’esercito. «Ma fratel Vincenzo, non
possiamo farlo ora, dobbiamo farne prima
uno nella casa del Presidente della
Repubblica».
E fratel Vincenzo, con la sua parlata
franco-partenopea convince il graduato
ad anticipare la perforazione del pozzo.
«Il Presidente può aspettare, i miei
ammalati no!».
Fratel Vincenzo è un santo all’antica,
con il cuore che brucia e con le mani
bucate. Per lui c’è solo la Provvidenza.
I suoi confratelli hanno, diciamo così, i
piedi per terra e prima di avviare una
struttura ci pensano due volte.
Lui invece no: dice che “quello
lassù”, se la vuole, dovrà pensare
anche a procurare i mezzi perché funzioni. È la fede dei
visionari, dei pazzi o
dei santi.
Quando squilla
il telefono, dice
s e m p r e :
«Madonna
mia, quanti
poveri,
quante miserie: non
riesco ad arrivare a tutti!». È il suo
modo
di
chiedere
aiuto. E gli
amici gli
vanno incontro. Perché fratel
Vi n c e n z o
vive povero
tra i poveri,
con il suo
solito saio
con la grande
croce rossa.
Severino Marcato
La festa degli Angeli
Settembre termina e ottobre inizia con le Feste liturgiche degli Angeli. Il 29 settembre ricordiamo gli Arcangeli: San Michele, che significa “Chi è come Dio?”, è ricordato per le sue lotte contro il demonio e nella liturgia dei defunti viene presentato come
colui che accompagna le anime in paradiso. San Gabriele, che significa “forza di Dio”
è ricordato come colui che annuncia i grandi avvenimenti della nascita di Giovanni e
quella di Gesù alla Madonna. San Raffaele, che significa “Dio ha curato” è ricordato
come compagno di viaggio del giovane Tobia e salvatore del vecchio padre cieco.
Il 2 ottobre celebriamo la festa dei Santi Angeli Custodi. Nella liturgia preghiamo
il Signore perchè “nel cammino della vita siamo sorretti dal loro aiuto per essere
uniti con loro nella gioia eterna”. Sono feste liturgiche di grande richiamo spirituale, in quanto ci ricordano che gli Angeli “sono spiriti....inviati per servire coloro che
devono ereditare la salvezza” (Ebr 1, 14). Non solo annunciano, ma proteggono e ci
conducono nel Regno dei cieli.
Gli Arcangeli, con il significato del loro nome, ci indicano il ruolo della loro presenza tra gli uomini. Gli Angeli custodi hanno come compito quello di proteggere
l'uomo che è stato loro affidato dalla “pietà celeste”. C'è in questo il gesto amorevole di Dio che, attraverso gli Angeli, vuole che siamo illuminati, custoditi, retti e
governati, al fine di un cammino sicuro verso l'eternità. Ciò è quanto chiediamo nella
preghiera dell'”Angelo di Dio”. Dobbiamo, allora, credere nell'Angelo di Dio, nella
sua forza, nella sua intercomunicazione tra noi e il Signore. Ci aiuta in tutte le nostre
necessità, anche nella protezione negli incidenti di qualsiasi genere. Allora....preghiamolo.
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l`angelo dei poveri