TACCUINO DI VIAGGIO | Etiopia
DANCALIA SOLO
An explanation for this?
Testo e foto di Walter Perlino
Viaggio nella terra degli Afar, disseminata di vulcani attivi, sorgenti sulfuree
e laghi incrostati di sale, epifanie di gironi infernali, in cui vivono e lavorano
uomini in condizioni terribili e da cui dipartono, in una colonna senza fine,
le carovane del sale.
PREFAZIONE
Is there an explanation for this? C’è
una spiegazione a tutto ciò?
Così esordì aprendo la porta, con incredibile flemma inglese, il nostro vicino di camera all’hotel Yemehera in
Lalibela, riferendosi all’enorme chiasso
che il gruppo faceva, a notte inoltrata, nell’intento di tifare per la celere
e positiva risoluzione del problema:
l’accesso negato alla nostra stanza di
cui si era persa la chiave. Per vincere
la strenua resistenza della serratura il
nutrito staff non trovava soluzione migliore che intervenire scassinando la
stessa a suon di pietrate con tentativi
a dir poco goffi ed a lungo infruttuosi,
alimentando l’enorme casino che non
poteva non disturbare il riposo del nostro flemmatico vicino.
La sua frase nata dall’ennesimo imprevisto sul percorso diventerà il leit motiv, e non poteva essere diversamente,
visto tutto quanto successoci durante
il viaggio.
Una stanza per nove?- proseguì il nostro allibito vicino. No per sette, due
dormono in tenda - rispondiamo noi.
Ah, se è così ok. Buonanotte allora!
ventimila anni fa, ha lasciato alle sue
spalle un deserto di sale di seicento
km quadrati che sprofonda sotto il livello del mare di oltre cento metri.
La Dancalia è anche il luogo dove si
incrociano tre faglie tettoniche, da cui
prende inizio la Rift Valley africana. In
questa terra si erge, in una dorsale di
fuoco ancora parzialmente attiva, una
linea impressionante di vulcani. L’Erta
Ale continua tutt’oggi a produrre magma in ebollizione che fuoriesce nel suo
enorme cratere solidificandosi in lava,
creando fantastici effetti notturni.
Qui si sente vibrare la terra sotto i piedi. Qui l’Africa si sta spaccando in due
alla velocità di due centimetri l’anno.
Ma le onde di lava non sono le sole a
farti capire che il pianeta terra è una
creatura vivente: le manifestazioni
geyseriane sono ovunque. I fenomeni
geologi incantano, le sorgenti sulfuree
di Dallol formano una tavolozza di colori incredibili, creando uno scenario
tanto improbabile quanto unico.
Ma la Dancalia non è solo geologia
pura, ma geografia politica. Questa
terra di frontiera è attraversata dai
contestati confini fra Etiopia ed Eritrea,
pattugliata dai militari che si mescolano agli indigeni Afar di origine cuscitica
e religione musulmana che, al termine
di una migrazione biblica, scelsero di
fermarsi in questa terra di fuoco. Qui
tutti (quelli che possono permetterselo) girano orgogliosi con il loro inse-
parabile kalashnikov a tracolla, status
simbol di persona privilegiata.
Non sappiamo se la loro scelta di stanziarsi qui sia stata inconsapevole o addirittura forzata.
Ma noi, perché abbiamo scelto di visitare un luogo così? Cosa ci ha spinto
sin qui, cosa andiamo cercando?
Alcuni di noi hanno sicuramente contratto quello che viene definito mal
d’Africa, altri attratti dalle bellezze
geologiche, altri da servizi fotografici unici, altri ancora da sana curiosità
mescolata alla voglia di avventura, altri
semplicemente per raccontarlo ad altri
…chissà!!
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AFAR, “LA POPOLAZIONE OSTILE”
In Dancalia, ti accorgi di esserci arrivato
non tanto per le caratteristiche del territorio, sicuramente uniche, ma perché
ti devi rapportare, volente o dolente,
direttamente con loro: gli Afar.
Non abbiamo più incontrato i terribili guerrieri delle cronache coloniali,
agghindati con pendagli di testicoli
essiccati appartenenti ai nemici uccisi,
ma persone che, consapevoli di abitare un territorio abbandonato da Dio e
dagli uomini, ma sotto il loro completo
controllo, impongono il loro volere con
estrema determinazione.
Non cacciano più l’uomo bianco dal
loro territorio, nè lo rapiscono in cambio di un riscatto ma, in modo disar-
mante, si comportano al suo stesso
modo, usando la sua moneta di scambio abituale, ovvero offrendo al turista
servizi- spesso non richiesti- in cambio
di vile denaro. Ti si impone di pagare
per ogni luogo in cui ti si accompagna,
per ogni guida, scorta militare che ti
viene affibbiata (volente o no), per
ogni cosa che fai, per ogni punto in cui
sosti, per ogni rifiuto che forzatamente
produci…
È la legge degli Afar (che abbiano imparato da noi?) che in questo
luogo “inospitale”, si comportano
da”popolazione ostile”, come è usuale leggere nelle prestigiose guide turistiche che osano trattare l’argomento.
Anche le tariffe non sono fisse, ma
suscettibili di improvvisi e svariati aumenti (che abbiano imparato da noi?),
veri balzelli pagati ai capi locali per
prestazioni inutili o spesso neppure
svolte, deridendosi di noi e delle nostre sonore incazzature.
Entrando in Dancalia da sud ad Afrera,
sulle sponde di quello che era il lago
Cinquetti, il comando di polizia locale ci
vuol imporre quattro poliziotti da portare con noi al prezzo di 200 birr (10
euro circa) cadauno per giorno di viaggio più quattro giorni per il loro rientro
oltre le spese: riusciremo, dopo lunghe
trattative, ad ingaggiarne solo due,
previa tangente al capo di polizia.
Così pare fan tutti ma non so se è la
cosa giusta da fare, sicuramente non
Etiopia
DANAKIL, INOSPITALE DEPRESSIONE
La Dancalia, profonda depressione terrestre posta nel nord –est dell’Etiopia
al confine con l’Eritrea è un luogo infernale e magico nel contempo. Questo fondale marino prosciugatosi oltre
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possiamo vantarci di consolidare a nostra volta, operando in questo modo,
un ramificato e diffuso sistema corruttivo. Mi domando anche se sia più
giusto pagare e stare zitti o discutere e
mostrarsi quantomeno contrariati ( non
si può fare molto di più) ed in disaccordo sulle loro modalità di “mungerci”
come vacche da latte.
A conti fatti, una settimana in Dancalia
in soli birr per “ungere” il sistema ci è
costata ottanta euro ciascuno: un’enormità per chi vive con 400 birr (l’equivalente di 20 euro) mensili, una cifra non
così sconsiderata per chi è disposto a
spendere per un viaggio vacanza duemila euro in quindici giorni. Sempre il
solito antagonismo tra il povero che
pretende che paghi per vedere e fotografare ciò che, a parer suo, per diritto
atavico gli appartiene ed il ricco, che
pretende di immergersi nella miseria
senza sfiorarla, senza viverla, senza
pagare lo spettacolo. Siamo sempre lì:
l’enorme divario economico e culturale
fra noi e loro.
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formate da migliaia di dromedari che,
con i loro preziosi carichi, prendono la
strada per l’altopiano etiope.
Il villaggio, un migliaio di abitanti, baracche di lamiera fango e legno, è il
luogo in cui forzatamente devono sostare anche i turisti come noi, viaggiatori privilegiati che arrivano in Toyota
Land Cruiser ma che devono, giocoforza, adattarsi alle stesse condizioni di
tutti gli altri: mangiare la polvere alzata
dal vento serale che inesorabilmente si
alza ad ogni calar del sole, non potersi
lavare – altro che doccia quotidiana-,
dormire all’aperto su letti in legno intrecciato di corda, cercare uno dei rari
posti disponibili in cui potersi accucciare per i propri bisogni corporali, senza
irritare qualcuno subito pronto a scagliarti addosso qualche pietra. La differenza sostanziale è che noi restiamo
due giorni, loro una vita intera.
Ma torniamo a questo formicaio di uomini che si concentrano nella cava del
sale che dista quattro km da Ahmed
Ela. Qui avviene ogni giorno l’estrazione del prezioso carico: raggruppati
in squadre che si suddividono rigorosamente i compiti, troviamo gruppi
che facendo leva su lunghe pertiche
in legno alzano grosse croste di sale
dal terreno ed altri che accucciati sul
terreno, con rozze piccozze intagliano
le lastre in centinaia e centinaia di
mattoni grossi come un’enciclopedia.
Gli intagliatori, artigiani di sculture
sempre uguali, non si scompongono
all’arrivo degli intrusi bianchi che si
aggirano tra loro fotografandoli. Alcuni
si rivolgono a noi in perfetto italiano
chiedendo se in serata, al ritorno a
casa, possiamo lasciar loro qualcosa.
Attorno, i cammellieri aspettano che i
blocchi siano pronti per impilarli uno
sull’altro e caricarli, in un’equilibrio perfetto, sulla gobba del loro dromedario.
Le carovane per nove mesi l’anno, fra
settembre e maggio, non conoscono
pause e migliaia di dromedari continuano incessantemente a trasportare i
mattoni di oro bianco: ne portano sino
a trentarè lastre per un peso complessivo che sfiora il quintale.
Ora il viaggio dura due “soli”giorni,
sino a Berhale dove viene scaricato in
magazzini e comprato dai grossisti che
lo caricano sui camion diretti all’altipiano. Ma ad ogni viaggio ne segue subito un altro, incessantemente. Ancora
una volta una lunga fila di dromedari si
allontana verso l’orizzonte, scandendo i
ritmi di una vita per la sopravvivenza.
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LALIBELA, LA GERUSALEMME D’AFRICA
Isolata per secoli sull’altipiano etiope,
Lalibela è un miracolo africano. Qui
si realizzò il sogno impossibile di realizzare una Gerusalemme d’Africa: la
nuova capitale del cristianesimo africano costruita fu per rispondere alla
conquista della Terra santa da parte
dei musulmani nel 1187. Si scavarono le rocce della montagna sino ad
innalzare, nel ventre della terra, undici
cattedrali, unendole tra loro tramite
gallerie in un labirinto sotterraneo.
L’Etiopia ha adottato sin dalle origini
la religione cristiana ortodossa di rito
copto (dall’arabo qubt cioè egiziana, in
quanto in origine legata al Patriarcato
di Alessandria d’Egitto) che sostanzialmente si differenzia dal per negare la
doppia natura umana e divina di Gesù
Cristo (scissione monofisita del concilio
di Caledonia del 451). Questa sacralità
profonda è stata mantenuta sino ad
oggi e le celebrazioni sono particolarmente numerose e suggestive. Noi
siamo qui per l’Epifania copta o Timkat
che cade ogni anno il 19 gennaio. Il
rito consiste nel portare in processione, fuori dalle chiese le tabot, la copia
dell’Arca dell’Alleanza - ovvero le sacre
tavole della Legge, copia delle pietre
su cui Dio sul monte Sinai incise i dieci
Comandamenti, che la leggenda vuole conservate ad Axum - portata sulla
testa di un sacerdote celata ad ogni
sguardo da velluti e broccati, sul luogo dove avverrà il battesimo, vegliata
tutta la notte e riportata al suo posto il
giorno successivo dopo la cerimonia di
purificazione dell’acqua.
Il Timkat non ricorda infatti l’arrivo dei
Magi a Betlemme, ma il battesimo di
Gesù Cristo nelle acque del Giordano.
Il rito del bagnarsi con l’acqua santificata è una festa pura, quasi una fanciullesca liberazione di gioia in cui, un
po’ come nel nostro carnevale, tutto è
permesso. La città santa è attraversata
da una folla imponente di locali arrivata per l’occasione.
Essi visiteranno le chiese, assisteranno
ai suggestivi riti dai movimenti lenti
e studiati e dai canti salmodiati come
previsto da una liturgia millenaria e si
uniranno alla processione guidata dai
sacerdoti con tonache, copricapo e
ombrelli parasole multicolori In questi
ultimi anni arriva anche un copioso
numero di turisti, spesso direttamente
in aereo; noi ne abbiamo contati quasi
cinquecento che si mescolano, come
noi d’altronde, alla solenne processione
per la via principale del paese. Tutto ciò
rende la celebrazione un po’ più profana, ma sicuramente redditizia, visto
che l’entrata nell’area in cui ci sono le
vasche d’acqua in cui si celebrerà il rito
battesimale è diventata a pagamento.
Solo successivamente verrà permesso
alla folla locale di avvicinarsi, immergersi e lanciarsi l’acqua in un rito collettivo molto sentito. Inoltre la sacralità
del luogo non è più lo stesso poiché le
tavole vengono vegliate in una tenda
posta non più tra le chiese ma, haimè,
Etiopia
LE CAROVANE DEL SALE, ANTICO PELLEGRINAGGIO
Ahmed Ela “Il pozzo di ahmed”è un
girone infernale, bidonville di una città
che non esiste, ai margini della piana
del sale situata nel cuore della depressione della Dancalia. Qui, trovano
riposo, dal tramonto all’alba, i lavoratori che si ammazzano di lavoro sotto
il sole cocente per estrarre le lastre di
sale. Qui, ogni giorno, transitano nel
letto scavato del fiume, le carovane
80 – Avventure nel mondo 1 | 2011
TACCUINO DI VIAGGIO | Etiopia
in prossimità del più prestigioso hotel
di Lalibela… potenza del denaro!!
Alcuni di noi, hanno giustamente optato di visitare per l’occasione il monastero copto posto a due ore di cammino
in cima alla montagna, dove le danze
e le libagioni per i festeggiamenti del
rientro dell’Arca sono avvenuti con la
sola presenza dei locali, oltre a noi
ovviamente, con un trattamento nei
nostri confronti da ospiti anziché da
fastidiosi intrusi Questo ci ha obbligato
a bere e mangiare tutto quanto offertoci con le conseguenti… ripercussioni
intestinali del caso!!
La leggenda vuole che le chiese, straordinarie architetture rupestri, siano
state intagliate da migliaia di uomini
per il volere di re Lalibela, con l’aiuto
degli angeli divini... in ogni caso un
luogo straordinario, costruito pare, in
soli 24 anni.
Visitare questi luoghi, varcarne da soli,
la soglia e nell’oscurità sentire il sussurrare cantilenante delle preghiere di
un fedele o voltarsi e intravedere, illuminato da un raggio di sole, un sacerdote intento a svolgere le sue funzioni
è sempre un’emozione profonda.
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LA MISERIA D’AFRICA: S-CONCLUSIONI
Albero Salza, antropologo torinese, sostiene che al popolo Afar appartiene
un proverbio:
“Senza essere stato chiamato sei venuto, senza esserti saziato sei partito:
hai sbagliato due volte!”
Ne faccio ammenda, così come tutti i
protagonisti del nostro viaggio.
Nessuno di noi, sicuramente, è stato
invitato, ma il quesito è un altro: quanti, di questa terra, si sono saziati?
Quanti di noi, oltre ad incazzarsi a dismisura, hanno riflettuto sulla nostra
toccata e fuga nella miseria in terra
d’Africa?
Che cosa rappresenta quella depressione calda ed inospitale nella prospet-
tiva evolutiva dell’uomo del mondo
moderno (che non significa migliore)
che noi rappresentiamo?
Sicuramente laggiù vigono regole
differenti (dalle nostre), l’ignoranza
(loro? nostra?) crea incomprensioni e
litigi che noi, a prescindere, non giustifichiamo, senza pensare che reciproci
equivoci spesso nascono da quelli che
in etologia -scusate, sono un veterinario- si chiamano segnali rovesci. Faccio
un esempio - Un cane vede un gatto. Il
cane va vicino al gatto, dato che riconosce un quadrupede, un quasi-simile.
In segno di amicizia, il cane agita la
coda. Il gatto vede un intruso a quattro
zampe che gli si avvicina minaccioso. I
gatti agitano la coda quando sono nervosi ed intendono dire: taglia la corda
bello. Allora il gatto agita la coda a sua
volta, furiosamente. Il cane decifra il
segnale a modo suo: siamo amici, vienimi ad annusare il culo. E va. Il gatto
s’incazza: come si permette questo
cialtrone di avvicinarsi scuotendo la
coda in quel modo. Appena il cane è
a tiro e fa per avvicinarsi al sottocoda,
il gatto gli graffia il nasone. Il cane si
incazza a sua volta. Ma come, sono
venuto qua con la bandiera dell’amicizia, tu hai risposto allo stesso modo
ed ora mi graffi, sporco traditore. E il
cane, bava alla bocca, parte all’inseguimento del gatto che constata, vedi
che avevo ragione io? – questi segni
mal interpretati si pongono alla base di
quell’ossimoro che definiamo “ scontro di civiltà”. In fondo, pur avendone
occasione, voglia ed impunità, non ci
hanno depredato, denudati e “messi
nel pentolone”.
Is there an explanation for this? Noi
avremmo fatto altrettanto?
Ricordiamoci sempre che non siamo
etnologi ne antropologi ( anche sulla
imparzialità di vedute di molti di loro
avrei seri dubbi), siamo dei semplici
(anche se responsabili e consapevoli)
turisti che degli Afar, i “feroci guerrieri”
dancali, non abbiamo che conoscenze
teorizzando su questa terra e sul suo
popolo, da spettatori quali siamo stati,
non abbiamo fatto altro che… osservarci lo spettacolo.
Is there an explanation for this?
superficiali – e le guide turistiche non
ci sono di molto aiuto in questo- e su
di essi e sull’Africa possiamo solo fare
congetture, teorizzare.
Il termine theoreo, è una parola composta dai termini thea, spettacolo e
horao, osservo.
In questo viaggio, breve full immersion in una terra di grandiosi spettacoli
naturali e di miseria, pur ”trovando
lungo” non abbiamo mai vissuto in
condizioni fisiche e psicologiche “miserevoli”, perché la miseria non è solo
vivere in una temporanea condizione
di povertà, di assenza delle condizioni
minime di igiene e di decoro umano
ma la piena consapevolezza di non poterne uscire mai. Guardandoci attorno,
Un grazie ed un saluto alle persone
con cui ho condiviso questi momenti
africani: Gloriana, Renata, Laura, Silvano e Nicoletta, Claudio, Guido ed Elena.
Come sempre si è avverata la magia di
Avventure di riuscire ad aggregare persone, le più diverse, che mai si sarebbero incontrate diversamente; di permettere loro di condividere esperienze
e scambiarsi opinioni di viaggio e di
vita. Il gruppo si è composto, come
spesso mi succede, da amici di vecchia data e nuovi incontri; da persone
con cui condividerò sicuramente altre
esperienze, da altri che non so se avrò
facilmente l’opportunità di rivedere.
Con alcuni probabilmente mi terrò in
contatto, li cercherò; altri sinceramente...non so. Loro, sicuramente, faranno
lo stesso con me. Così è la vita.
Is there an explanation for this?
Avventure nel mondo 1 | 2011 – 81
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