GLOBAL ENTREPRENEURSHIP MONITOR ITALIA 2013 Moreno Muffatto Patrizia Garengo Donato Iacobucci Alessandra Micozzi Saadat Saaed in collaborazione con PG. 5 Executive Summary PG. 6 Il Progetto GEM PG. 9 Come GEM misura la nuova imprenditorialità PG. 11 La nuova imprenditorialità nel confronto internazionale PG. 23 La nuova imprenditorialità in Italia (2001-2013) PG. 24 L’ambiente imprenditoriale italiano PG. 33 Considerazioni finali PG. 36 PG. 37 Appendici Il modello GEM La metodologia GEM PG. 39 PG. 40 PG. 41 Il panel degli esperti Gli autori Ringraziamenti RAPPORTO GEM 2013 INDICE 3 Executive Summary Il programma di ricerca internazionale Global Entrepreneurship Monitor (GEM) è la più rilevante ricerca sull’imprenditorialità realizzata a livello mondiale e ripetuta annualmente. Nasce nel 1997 dalla collaborazione tra London Business School (UK) e Babson College (USA) con l’obiettivo di monitorare in modo sistematico e strutturato l’evoluzione della nuova imprenditorialità nei vari Paesi. Lo studio viene realizzato annualmente utilizzando dati raccolti con due diverse metodologie: una survey su un campione rappresentativo di almeno 2.000 adulti, di età compresa tra i 18 e i 64 anni, e in una serie di interviste ad un panel di esperti sui principali fattori capaci di influenzare la crescita del tasso di imprenditorialità (Sistema finanziario e del credito, Politiche governative, Specifici programmi di sostegno all’imprenditorialità, Formazione, Scuola, Università, Ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, Infrastrutture fisiche, Infrastrutture per il mercato, Apertura del mercato interno, Società e cultura). Nel 2013, quasi 200.000 persone appartenenti a 70 Paesi hanno partecipato allo studio GEM, rappresentando di fatto tutti i continenti e le regioni del mondo, tre quarti della popolazione mondiale e circa il 90% del Prodotto Interno Lordo Globale. Il principale indicatore elaborato ed utilizzato da GEM è il tasso di nuova imprenditorialità (Total early stage Entrepreneurial Activity - TEA) che tiene conto del livello dell’attività imprenditoriale considerando l’imprenditorialità nascente e le nuove imprese (fino a tre anni e mezzo dall’inizio dell’attività) all’interno della popolazione adulta (compresa tra i 18 ed i 64 anni). I dati raccolti nel 2013 evidenziano un TEA particolarmente elevato per i Paesi Factor Driven. Si riduce per i Paesi Efficiency Driven e risulta ancora più contenuto nei Paesi Innovation Driven dove gli Stati Uniti confermano una posizione di rispetto con quasi il 13% della popolazione impegnata in attività imprenditoriali early stage. Se consideriamo il TEA delle economie Innovation Driven, l’Italia si colloca all’ultimo posto. Anche la percezione delle opportunità imprenditoriali in Italia è piuttosto bassa, circa la metà della media dei Paesi Innovation Driven. Mentre particolarmente elevata risulta la paura di fallire. Su questa particolare classifica nel 2013 l’Italia è in linea con la Grecia. Un’analisi condotta sui dati raccolti su più anni rivela come in Italia il TEA sia stato sempre molto limitato negli ultimi anni in particolare dopo il 2007. Dopo il minimo toccato nel 2010 e il recupero registrato nel 2012 (4,3%), nel 2013 il valore è tornato a scendere (3,4%). L’analisi svolta presso gli esperti ha messo in evidenza una serie di vincoli ormai abbastanza consolidati che frenano l’attività imprenditoriale, ma anche una serie di proposte e suggerimenti con particolare riferimento per politiche e programmi di governo, sostegni di carattere finanziario e programmi educativi alla nuova imprenditorialità. RAPPORTO GEM 2013 Nella nuova imprenditorialità prevalgono le attività orientate al consumo finale (commercio, ristorazione, etc.), mentre in termini geografici l’attività imprenditoriale è più vivace a Nord-ovest e al Sud. Sempre basso negli ultimi anni il contributo dell’imprenditorialità femminile con un valore 2013 inferiore alla metà rispetto a quello registrato per gli uomini. 5 Il Progetto Gem Il progetto Global Entrepreneurship Monitor (GEM), è riconosciuto come la più autorevole indagine internazionale sull’imprenditorialità condotta a livello globale con cadenza annuale e sviluppata analizzando la propensione imprenditoriale della popolazione adulta e le condizioni che ne favoriscono lo sviluppo. Il progetto ha permesso di misurare i tassi di imprenditorialità in 70 paesi del mondo e rappresenta una delle poche ricerche accademiche capace di fornire dati armonizzati a livello internazionale e sistematicamente confrontabili ogni anno. Nel 2013 quasi 200.000 persone appartenenti a 70 paesi hanno partecipato allo studio, rappresentando di fatto tutti i continenti e le regioni del mondo e diversi livelli di sviluppo economico. I dati raccolti rappresentano e descrivono circa il 75% della popolazione mondiale e l’90% del Prodotto Interno Lordo Globale. Il rapporto GEM 2013 segna il quindicesimo anniversario di un programma di ricerca internazionale, nato nel 1997 dalla collaborazione tra docenti della London Business School (UK) e del Babson College (USA) con l’obiettivo di analizzare in modo sistematico lo sviluppo di nuova imprenditorialità come driver per la crescita dei sistemi economici nazionali. Dalla nascita del progetto sono stati registrati numerosi cambiamenti. La prima relazione comprendeva 10 paesi, tutti membri dell’OCSE tra cui l’Italia. GEM è ora un’entità globale, come originariamente concepita, capace di rappresentare circa tre quarti della popolazione mondiale. La denominazione originaria, “The World Enterprise Index”, è stata successivamente modificata in “Global Entrepreneurship Monitor”, sottolineando la rilevanza della continuità nel tempo dell’analisi e la forte attenzione all’imprenditorialità. Tradizionalmente le ricerche riguardanti la crescita economica e lo sviluppo si focalizzano primariamente sul contributo delle grandi imprese, considerate come principale vettore di crescita e benessere. GEM, invece, riconosce e considera il ruolo fondamentale sia delle nuove imprese sia delle piccole e medie. Nel tentativo di facilitare la comprensione della relazione complessa tra l’attività imprenditoriale e la crescita economica, l’indagine GEM persegue i seguenti obiettivi specifici: • Confrontare i tassi di imprenditorialità rilevati nei 70 Paesi che partecipano al progetto • Determinare in che modo l’attività imprenditoriale influenza la crescita economica in ciascun Paese coinvolto nel progetto • Identificare i fattori che incoraggiano o impediscono l’attività imprenditoriale • Guidare la formulazione di policies efficaci e mirate per stimolare l’imprenditorialità TABELLA DEI PAESI ADERENTI A GEM NEL 2013 Factor- Driven Economies Latin America & Carribean Middle East & North Africa Sub-Saharan Africa Asia Pacific & South Asia Algeria Iran Libya Angola Botswana Ghana Malawi Nigeria Uganda Zambia India Philippines Vietnam Argentina Brazil Barbados Chile Colombia Ecuador Guatemala Jamaica Mexico Panama Peru Suriname Uruguay Europe – Non EU28 Innovation-driven Economies Trinidad and Tobago Israel Namibia South Africa China Indonesia Malaysia Thailand Croatia Estonia Hungary Latvia Lithuania Poland Romania Slovakia Europe – EU28 North America Efficiency-Driven Economies Japan Korea Singapore Taiwan Belgium Czech Republic Finland France Germany Greece Ireland Italy Luxembourg Netherlands Portugal Slovenia Spain Sweden United Kingdom Bosnia and Herzegovina Macedonia Russia Turkey Norway Switzerland Canada Puerto Rico United States RAPPORTO GEM 2013 7 Lo studio è realizzato tendo conto del diverso livello di sviluppo economico dei paesi coinvolti. Come GEM e altri studi hanno dimostrato, i tassi di imprenditorialità differiscono tra le economie con fasi di sviluppo economico simili e le regioni che condividono lo stesso livello di sviluppo possono non avere gli stessi tassi di imprenditorialità. Al fine di massimizzare il valore informativo dei dati raccolti, GEM suddivide i paesi coinvolti nel progetto in tre cluster: le economie factor driven, quelle efficiency driven e le economie innovation-driven. Queste categorie si basano sulla suddivisione proposta dal Global Competitiveness Report del World Economic Forum, che identifica tre stadi nello sviluppo economico di ciascun Paese sulla base del prodotto interno lordo pro-capite e delle esportazioni. La fase dominata dai fattori della produzione (factor driven) è caratterizzata da agricoltura di sussistenza, attività estrattive e dalla presenza di ingenti risorse naturali e forza lavoro non qualificata. Nella fase guidata dalla ricerca dell’efficienza (efficiency driven), l’economia è diventata maggiormente competitiva grazie a processi di industrializzazione, lo sfruttamento di economie di scala e grandi organizzazioni industriali capital intensive. Nella fase denominata innovation driven, cioè guidata dall’innovazione, le imprese sono basate su conoscenza e tecnologia ed il settore dei servizi è sufficientemente sviluppato. Sicuramente l’imprenditorialità e l’innovazione sono fattori dominanti in questa fase, ma necessitano di fondamentali economici sani e di un contesto efficiente. In linea con la tipologia proposta da Porter et al. (2002) vengono analizzate le economie factordriven, efficiency driven e innovation driven e viene riconosciuta l’unicità del contributo di GEM nel descrivere e misurare, nel dettaglio, le condizioni in cui l’imprenditorialità e innovazione possono prosperare 1 2. Annualmente GEM realizza un’analisi accurata e completa del fenomeno imprenditoriale a livello globale, misurando non solo i comportamenti delle persone, ma anche le attività e le caratteristiche delle persone coinvolte nelle diverse fasi dell’attività imprenditoriale utilizzando due metodologie complementari. I team di ricerca nazionali somministrano un questionario denominato Adult Population Survey (APS) ad un campione rappresentativo di almeno 2000 persone. Utile complemento a tale analisi è la National Expert Survey (NES), che coinvolge un numero limitato di esperti con lo scopo di esplorare e definire i principali vincoli e punti di forza di ogni Paese per quanto concerne l’imprenditorialità quale vettore di crescita e sviluppo economico. L’Italia ha aderito al progetto di ricerca GEM fin dal 1999, ed ha partecipato a quasi tutti gli studi svolti negli anni successivi. A partire dal 2012 la ricerca GEM in Italia è condotta dal Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Padova. 1 Porter, M.E., Sachs, J.J., and McArthur, J. (2002). Executive Summary: Competitiveness and Stages of Economic Development. In The Global Competitiveness Report 2001–2002, edited by M.E. Porter, J.J. Sachs, P.K. Cornelius, J.W. McArthur and K. Schwab, 16–25. New York, NY: Oxford University Press. 2 Per una descrizione più approfondita si rimanda al sito http://www.gemconsortium.org/docs/2375/gem-manual-design-data-and-quality-control Come il Global Entrepreneurship Monitor misura la nuova imprenditorialità Il progetto GEM concepisce ed analizza l’imprenditorialità come un processo composto da diverse fasi che comprendono: l’intenzione di creare un nuovo business, la creazione del nuovo business, la gestione effettiva di nuove imprese fino al momento della eventuale chiusura dell’attività. Lo spettro dell’analisi è quindi particolarmente ampio ed include il lavoro autonomo, l’organizzazione di una nuova attività o l’espansione di un’azienda già avviata da parte di singoli individui o di team di persone. Il ciclo dell’attività imprenditoriale proposto da GEM, può essere sintetizzato nelle quattro fasi rappresentate nella figura. Il ciclo inizia con una fase in cui “potenziali imprenditori” riconoscono opportunità e manifestano attitudini e capacità imprenditoriali. I potenziali imprenditori sono quindi soggetti che percepiscono di avere sufficienti capacità per creare un’impresa, riconoscono un’opportunità imprenditoriale da cogliere e sono disposti ad affrontare il rischio naturalmente connesso con l’attività d’impresa. Per i potenziali imprenditori, l’intenzione di creare un nuovo business è accompagnata e sostenuta dall’immagine che la società e i media offrono dell’imprenditore e dallo status sociale che l’imprenditore può raggiungere. IL CICLO DELL’ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE Discontinuation of Business TOTAL EARLY-STAGE ENTREPRENEURIAL ACTIVITY (TEA) Potential Entrepreneur: Opportunities, Knowledge and Skills Conception Owner-Manager of an Established Business (more than 3.5 years old) Owner - Manager of a New Business (up to 3.5 years old) Nascent Entrepreneur: Involved in Setting Up a Business Firm Birth Persistence Early - stage Enterpreneur Profile Industry Sector Impact Business growth Innovation Internationalization La fase successiva è caratterizzata dagli “imprenditori nascenti”, ovvero persone che hanno iniziato, da meno di tre mesi, le attività per dar vita ad nuova impresa. Segue la nascita e successiva gestione della nuova impresa che si protrae per un massimo di 42 mesi ovvero tre anni e mezzo. Numerose evidenze empiriche evidenziano la criticità di tale orizzonte temporale in quanto molte imprese non riescono a raggiungere i 42 mesi di vita. RAPPORTO GEM 2013 Socio-demographics Sex Age 9 Poiché i contesti nazionali e le particolari condizioni che influenzano i fenomeni imprenditoriali sono diversi e complessi, non è possibile dimostrare che una fase porti necessariamente a quella successiva. Per esempio in un sistema economico ci possono essere molti potenziali imprenditori, ma questo non sempre si traduce in un elevato tasso di nuova imprenditorialità. A fronte di tale riconosciuta rilevanza, GEM dedica una particolare attenzione al tasso di nuova imprenditorialità, indicato con l’acronimo TEA (Total Early Stage Entrepreneurial Activity) e definito considerando l’incidenza dell’imprenditorialità nascente e delle nuove imprese (fino a tre anni e mezzo dall’inizio dell’attività) all’interno della popolazione adulta (compresa tra i 18 ed i 64 anni). Il TEA di un paese rappresenta la percentuale di popolazione in età lavorativa coinvolta in nuove imprese, dalla definizione dell’attività che precede la nascita della nuova attività (nascent entreprenurs) fino ai primi 42 mesi di attività (owner-managers di nuove imprese). A tal fine, GEM considera il pagamento di eventuali stipendi per più di tre mesi il “birth event” dell’azienda. L’analisi GEM include anche i business avviati (o attività stabili), presenti sul mercato da più di tre anni e mezzo (denominati “established business”) ed i “business interrotti” in quanto sia gli imprenditori che operano in aziende già avviate, sia gli imprenditori che hanno deciso di chiudere la propria attività rappresentano una risorsa fondamentale per il contesto imprenditoriale in quanto possono offrire supporto finanziario, incoraggiamento e suggerimenti utili per gli altri imprenditori. Mentre gli imprenditori early-stage contribuiscono al dinamismo e all’innovazione dell’economia di un paese, i business consolidati, ed i loro manager o proprietari, offrono spesso un impiego stabile e permettono di sfruttare la conoscenza e il capitale sociale accumulato grazie alle passate esperienze. Proprietari o manager di imprese di consolidate possono contribuire notevolmente allo sviluppo sociale, anche se operano in piccole imprese o sono imprenditori individuali. A questo aggiungiamo che persone che hanno concluso la propria esperienza imprenditoriale, possono tornare ad essere imprenditori (i cosiddetti “imprenditori seriali”) o possono essere assunti da altre imprese dando un’impronta imprenditoriale al business. Dal 2011 GEM ha inoltre introdotto un’importante distinzione tra “ nuova imprenditorialità” e “Imprenditorialità all’interno di un’organizzazione già esistente.” Entrambe sono rilevanti aree di ricerca basate su prospettive e definizioni diverse. Fino al 2011, GEM era focalizzato principalmente su diversi aspetti legati alla “independent entrepreneurship” e in particolare sulle nuove imprese. Dopo un progetto pilota realizzato nel 2008, GEM ha cominciato ad analizzare anche un ulteriore aspetto di imprenditorialità, che nel 2011 è stata denominata “attività imprenditoriale di singoli dipendenti” (vedi Bosma et al, 2012; 2013)3. L’attività imprenditoriale dei dipendenti (entrepreneurial employee activity - EEA) è sempre più considerata una tipologia rilevante di imprenditorialità. Tale tipologia evidenzia numerosi aspetti caratterizzanti il concetto di imprenditorialità, come l’iniziativa e la capacità di sfruttare opportunità e innovazioni. GEM definisce l’attività imprenditoriale dei dipendenti come “lo sviluppo da parte di dipendenti di Bosma, N., Wennekers, S. and Amorós, J.E. (2012). Global Entrepreneurship Monitor 2011 Extended Report. Babson College, Universidad del Desarrollo, Universiti Tun Abdul Razak: Wellesley MA, Santiago Chile, Kuala Lumpur, Malaysia. Bosma, N., Wennekers, S. Guerrero, M., Amorós, J.E., Martiarena, A. and Singer, S. (2013). GEM Special Report On Entrepreneurial Employee Activity. Wellesley MA, Santiago Chile, Kuala Lumpur, Malaysia: Babson College, Universidad del Desarrollo, Universiti Tun Abdul Razak 3 nuove attività per il loro datore di lavoro, come ad esempio lo sviluppo o il lancio di nuovi prodotti o servizi, la definizione di una nuova business unit, un nuovo stabilimento o una filiale” (Bosma et al., 2012)4. Questa definizione è più ampia rispetto alla creazione di una nuova organizzazione, ma esclude iniziative realizzate dai dipendenti finalizzate principalmente ad ottimizzare i processi di lavoro interni. La nuova imprenditorialità nel confronto internazionale Negli ultimi anni l’imprenditorialità è diventato uno dei temi chiave nella ricerca scientifica e sociale. Grazie al numero crescente di studi a livello internazionale, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, l’imprenditorialità è stata riconosciuta come un importante vettore di sviluppo economico attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro, la creazione e diffusione di innovazioni e per la sua capacità di produrre ricchezza e benessere. Anche le politiche pubbliche, di natura sia locale che nazionale, testimoniano un crescente interesse nei confronti di questo fenomeno. L’attività imprenditoriale nelle prime fasi (TEA) L’analisi del TEA (Total Entrepreneurship Activity), ovvero dell’attività imprenditoriale nelle prime fasi (early stage), nei vari Paesi evidenza delle differenze importanti. Se si raggruppano i Paesi nelle tre categorie di Factor Driven, Efficiency Driven e Innovation Driven si osserva come il TEA sia estremamente sviluppato nelle economie Factor Driven con punte date da Nigeria e Zambia con il 40% della popolazione adulta impegnata in attività imprenditoriale early stage. In quei Paesi, infatti, soprattutto l’imprenditorialità di necessità (necessity entrepreneurship) spinge le popolazioni a intraprendere varie attività anche se di natura spesso molto semplice. Bosma, N., Wennekers, S. and Amorós, J.E. (2012). Global Entrepreneurship Monitor 2011 Extended Report. Babson College, Universidad del Desarrollo, Universiti Tun Abdul Razak: Wellesley MA, Santiago Chile, Kuala Lumpur, Malaysia. 4 RAPPORTO GEM 2013 Il gruppo delle economie Efficiency Driven presenta tassi di nuova imprenditorialità che raggiungono con punte significative, come per l’Ecuador (TEA al 36%), e tassi elevati come quelli di Indonesia o Cile con TEA rispettivamente al 25,5% e al 24,3%. 11 VALORI DI TEA PER I PAESI GEM 2013 Country name Factor-driven economies Efficiency-driven economies Innovation-driven economies Algeria India Libya Iran Vietnam Philippines Botswana Angola Uganda Ghana Malawi Nigeria Zambia Suriname Russia Malaysia Macedonia Croatia Poland Slovakia Hungary Romania Bosnia South Africa Guatemala Lithuania Estonia Latvia Jamaica China Uruguay Mexico Argentina Brazil Thailand Panama Peru Colombia Chile Indonesia Ecuador Italy Japan France Belgium Germany Spain Finland Greece Norway Slovenia Korea United Kingdom Czech Republic Taiwan Switzerland Portugal Sweden Puerto Rico Luxembourg Ireland Netherlands Israel Singapore Canada USA Trinidad & Tobago Upper limit Lower limit TEA 2013 % 5,8% 11,0% 12,5% 13,4% 17,0% 20,1% 22,6% 24,1% 26,9% 27,7% 30,1% 41,8% 42,0% 6,1% 6,8% 7,7% 7,7% 9,5% 10,6% 10,8% 11,0% 11,5% 11,7% 11,7% 13,7% 13,9% 14,7% 14,8% 15,2% 15,2% 15,8% 16,2% 17,6% 18,1% 19,2% 22,4% 25,2% 25,2% 25,4% 26,8% 38,2% 4,2% 4,6% 5,6% 5,9% 5,5% 5,5% 6,3% 6,5% 7,3% 7,6% 8,0% 7,7% 8,1% 9,4% 9,6% 9,5% 9,5% 9,7% 9,9% 10,5% 10,4% 11,4% 12,1% 13,5% 13,7% 21,3% 4,0% 8,8% 9,8% 11,2% 13,7% 17,0% 19,1% 20,4% 23,5% 23,9% 26,2% 38,0% 37,8% 4,2% 4,7% 5,5% 5,5% 7,0% 8,0% 8,2% 8,4% 8,8% 9,0% 9,5% 10,9% 11,0% 11,5% 11,7% 12,3% 12,9% 12,4% 13,5% 14,2% 16,6% 16,1% 18,8% 21,5% 22,3% 23,2% 24,2% 33,7% 2,6% 2,9% 3,5% 3,9% 4,4% 4,9% 4,3% 4,5% 5,2% 5,3% 5,7% 6,6% 6,6% 6,9% 6,8% 7,0% 7,0% 6,9% 7,4% 8,0% 8,1% 8,7% 9,3% 10,9% 11,7% 17,6% 4,89% 9,88% 11,15% 12,32% 15,35% 18,52% 20,85% 22,23% 25,21% 25,82% 28,11% 39,86% 39,91% 5,13% 5,75% 6,60% 6,63% 8,27% 9,28% 9,52% 9,68% 10,13% 10,34% 10,59% 12,28% 12,43% 13,11% 13,25% 13,75% 14,02% 14,08% 14,83% 15,93% 17,31% 17,66% 20,64% 23,38% 23,71% 24,33% 25,52% 35,97% 3,43% 3,72% 4,57% 4,92% 4,98% 5,21% 5,29% 5,51% 6,25% 6,45% 6,85% 7,14% 7,33% 8,16% 8,18% 8,25% 8,25% 8,28% 8,69% 9,25% 9,27% 10,04% 10,68% 12,19% 12,73% 19,48% N 18-64 in sample 2497 3000 2246 3633 2000 2499 2204 2049 2513 2100 2094 2604 2099 2074 2029 2000 2000 2000 2000 2007 2000 2021 2004 3133 2138 2000 1741 2000 2246 3634 1620 2798 1867 10000 2362 2004 2075 3400 5760 4500 1818 2052 2000 1567 2001 5995 24600 2005 2000 2000 2002 2000 9012 5009 2007 1588 2003 1820 1610 2005 2002 2441 2039 1998 2648 4266 1787 197226 L’Italia e i Paesi Innovation Driven I Paesi più sviluppati, ovvero le economie dette Innovation Driven, presentato i livelli di nuova imprenditorialità più bassi tra i tre gruppi. Come illustrato in figura, anche in questo caso le differenze sono significative perché si va da tassi di nuova imprenditorialità superiori al 12% (Stati Uniti e Canada) al livello molto basso dell’Italia (3,4% che peggiora la già poco brillante posizione del 2012 (penultimo posto). Significativi in Europa i casi di Olanda (9,3%) e Irlanda (9,2%) passando per i casi di Singapore e Israele entrambi sopra il 10%. COMPARAZIONE DI TEA PER I PAESI COINVOLTI 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 0% Algeria India Libya Iran Vietnam Philippines Botswana Angola Uganda Ghana Malawi Nigeria Zambia Suriname Russia Malaysia Macedonia Croatia Poland Slovakia Hungary Romania Bosnia South Africa Guatemala Lithuania Estonia Latvia Jamaica China Uruguay Mexico Argentina Brazil Thailand Panama Peru Colombia Chile Indonesia Ecuador Italy Japan France Belgium Germany Spain Finland Greece Norway Slovenia Korea United Kingdom Czech Republic Taiwan Switzerland Portugal Sweden Puerto Rico Luxembourg Ireland Netherlands Israel Singapore Canada USA Trinidad & Tobago 5% Factor-driven economies Efficiency-driven economies Innovation-driven economies Tra i Paesi Innovation Driven che hanno partecipato all’indagine GEM 2013 si conferma, quindi, la buona posizione degli Stati Uniti già evidenziata nell’anno precedente. Da notare anche il fatto che i circa tre quarti della nuova imprenditorialità negli Stati Uniti si trovano nella primissima fase, ovvero in quella dell’imprenditorialità nascente. In analoga situazione si trova il Canada. L’imprenditorialità nascente, ovvero la percentuale della popolazione che sta cercando di avviare un’attività imprenditoriale, costituisce un importante indicatore del fermento imprenditoriale ovvero delle imprese che potrebbero nascere in un breve arco di tempo. E’ interessante quindi confrontare questo dato con quello delle nuove attività ricordando che la nuova imprenditorialità totale (TEA) RAPPORTO GEM 2013 Imprenditorialità nascente 13 è la composizione dei due termini (imprenditorialità nascente e nuove attività). E’ normale che l’imprenditorialità nascente sia generalmente superiore alle nuove attività, ma ci sono eccezioni , si vedano in particolare Taiwan, Korea e Norvegia dove le nuove attività superano percentualmente quelle in formazione. In alcuni casi i due termini sono molto vicini, come in Olanda, Finlandia, Gran Bretagna e Portogallo. In Italia l’imprenditorialità nascente (2,4%) ha un valore più che doppio rispetto a quello delle nuove attività (1,1%) valore quest’ultimo che è il più basso tra tutti i Paesi Innovation Driven. Imprenditorialità per opportunità e per necessità E’ importante anche osservare le differenze tra “imprenditorialità per opportunità”(opportunity driven) ed “imprenditorialità per necessità” (necessity driven). Nei Paesi evoluti, o Innovation Driven, l’imprenditorialità per opportunità è sempre superiore a quella per necessità con alcuni casi eclatanti in cui la prima (per opportunità) è un multiplo significativo della seconda (per necessità). Nella tabella di seguito spiccano i casi di Norvegia (15 volte) e Svizzera (circa 9 volte). Ma anche i casi di Singapore e Olanda (circa 8 volte) Canada (più di 4 volte) Stati Uniti e Israele (circa 3 volte). ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE EARLY STAGE PAESI INNOVATION DRIVEN Paesi USA Canada Singapore Israel Netherlands Ireland Luxembourg Portugal Sweden Switzerland Taiwan Czech Republic United Kingdom Korea Slovenia Norway Greece Finland Spain Germany Belgium France Japan Italy Imprenditorialità nascente (%) Nuove attività (%) TEA (%) 9,2 7,8 6,4 5,3 4,7 5,5 6 4,2 5,9 4,5 3,3 4,9 3,6 2,7 3,6 2,9 3,3 2,7 3,1 3,1 3,1 2,7 2,2 2,4 3,7 4,7 4,4 4,8 4,8 3,8 2,8 4,2 2,5 3,7 5 2,7 3,6 4,2 2,9 3,4 2,3 2,7 2,2 2 1,9 1,8 1,5 1,1 12,7 12,2 10,7 10 9,3 9,2 8,7 8,2 8,2 8,2 8,2 7,3 7,1 6,9 6,5 6,3 5,5 5,3 5,2 5 4,9 4,6 3,7 3,4 Attività avviate Cessazione delle (%) attività (%) 7,5 8,4 4,2 5,9 8,7 7,5 2,4 7,7 6 10 8,3 5,3 6,6 9 5,7 6,2 12,6 6,6 8,4 5,1 5,9 4,1 5,7 3,7 3,8 4,4 3,3 4,8 2,1 2,5 2,8 2,8 2,4 2,3 5 3,4 1,9 2,5 2,6 1,6 5 2 1,9 1,5 1,9 1,9 1,5 1,9 Necessity driven (% of TEA) 21,2 15,1 8,4 17,4 8 18 5,6 21,4 9,7 7,5 28,7 22,7 16,1 36,5 24,1 4 23,5 17,9 29,2 18,7 29 15,7 25 18,7 Improvement driven opportunity (% of TEA) 57,4 66,9 68,8 49,2 67,1 43,8 56,6 50,7 58,4 67,2 45,8 60,3 45,2 51,1 53,4 60,8 35,8 66 33,2 55,7 43,9 60,9 59,6 18,4 Restringendo l’analisi ai grandi Paesi europei con cui l’Italia si confronta, ovvero Germania, Francia e Gran Bretagna, i valori del rapporto opportunità-necessità sono: per la Francia circa 4 volte, per la Germania e la Gran Bretagna circa 3 volte. La media europea è di circa 2 volte. Per l’Italia i due valori sono molto simili ed il dato che fa la differenza è l’imprenditorialità per opportunità, di molto inferiore rispetto a quasi tutti gli altri Paesi. IMPRENDITORIALITÀ PER OPPORTUNITÀ E PER NECESSITÀ (GRANDI PAESI EUROPEI) 60,00 50,00 40,00 30,00 20,00 10,00 0,00 IMPROVEMENT-DRIVEN OPPORTUNITY (% OF TEA) MEDIA EU NECESSITY DRIVEN (% OF TEA) ITALIA GRAN BRETAGNA GERMANIA TEA FRANCIA Le attitudini imprenditoriali La nuova imprenditorialità si afferma se le persone hanno percezioni positive rispetto sia a variabili personali, come le proprie capacità, sia a variabili ambientali come le opportunità. Le attitudini imprenditoriali delle persone comprendono: la percezione delle opportunità imprenditoriali nell’area in cui risiedono, la percezione delle proprie capacità a intraprendere, la paura di fallire e l’intenzione a fare impresa in tempi brevi. Le opportunità percepite Focalizzando l’attenzione sui principali Paesi europei la Gran Bretagna è in testa con il 35,5% seguita da Germania (31,3%) e Francia (22,9%). L’Italia è al quarto posto con opportunità percepite che sono circa la metà di quelle in UK (17,3%). RAPPORTO GEM 2013 Osservando ancora una volta i Paesi Innovation Driven, con cui l’Italia si confronta, i valori in gioco possono variare di molto. Ordinando i Paesi sulla base del valore delle opportunità percepite, che può essere considerato il fattore principale che spinge le persone (in questa tipologia di Paesi) a creare una nuova impresa, risultano in testa a questa graduatoria la Svezia (il 64,4% della popolazione percepisce buone opportunità imprenditoriali) e la Norvegia (63,7%). Sulla stessa graduatoria sono ottime anche le posizioni dei Paesi immediatamente a ridosso, Canada (57,4%), Stati Uniti (47,2%) e Israele (46,5%). 15 Capacità imprenditoriali La percezione di avere sufficienti capacità imprenditoriali è uno degli ingredienti fondamentali per la decisione di iniziare un’attività d’impresa. Non deve stupire il fatto che questa percezione dipenda da condizioni storiche e culturali di ciascun Paese. E’ interessante notare come nella maggior parte dei casi i valori percentuali di percezione di opportunità imprenditoriali e la valutazione delle proprie capacità imprenditoriali siano molto vicini tra loro per ciascun Paese. Sono significative eccezioni i paesi Scandinavi (Svezia, Norvegia) dove la percezione di opportunità è di molto superiore alla valutazione delle proprie capacità, rispettivamente 38,8% e 34,2%. In questi Paesi il contesto ambientale è più favorevole rispetto alla capacità dei singoli e quindi in grado di fare da catalizzatore per la creazione d’impresa. Spiccano viceversa i casi di un gruppo di Paesi, nella parte bassa della classifica sulle opportunità percepite, dove l’autovalutazione delle capacità imprenditoriali è superiore alle opportunità offerte dai rispettivi Paesi. Si tratta di Portogallo, Italia, Grecia, Spagna e Slovenia. Il divario tra le percezioni di capacità e di opportunità è particolarmente ampio per Grecia (33 punti), Spagna (32 punti) Portogallo (28 punti) ed è inferiore per l’Italia (12 punti) anche perché l’autovalutazione di capacità imprenditoriale è più bassa (29,1%). In questi Paesi il contesto ambientale è percepito come meno favorevole rispetto alla capacità che le persone ritengono di avere e quindi agisce nel senso di diminuire il potenziale di creazione d’impresa. La paura di fallire La paura di fallire è un fattore molto rilevante che può rallentare notevolmente l’intenzione a creare impresa. La percentuale di popolazione che dichiara di aver paura di fallire varia considerevolmente da Paese a Paese e varia anche nel tempo. Paesi con paura del fallimento relativamente bassa sono la Svizzera (28,2%) gli Stati Uniti (31,1%) ed anche la Slovenia (29,6%). Viceversa su valori relativamente alti si posizionano il Giappone (49,4%) la Grecia (49,3%) e l’Italia (48,6%). Nel confronto con i più grandi Paesi europei l’Italia viene dopo Gran Bretagna (36,4%) Germania (38,6%) e Francia (41,1%). Mentre la media dei Paesi innovation driven si ferma al 38,2%. L’intenzione a intraprendere L’intenzione a intraprendere è misurata dalla percentuale di persone che prevedono di dar vita ad una nuova attività imprenditoriale nei successivi 3 anni. Si tratta di una variabile molto importante e complessa che può dipendere da molti fattori. Quelli già visti in precedenza, cioè opportunità e capacità percepite, paura di fallire, ma anche la presenza di alternative valide di occupazione rispetto alla creazione autonoma di impresa. Può dipendere inoltre dalla percezione del valore attribuito all’attività imprenditoriale dalla società più in generale (imprenditori presenti sui media, carriera imprenditoriale vista come particolarmente desiderabile ec.). I valori dell’intenzione a intraprendere, sempre in percentuale sulla popolazione, sono variabili anche in misura consistente. Si va dal 27,8% di Taiwan al 4,1% del Giappone. Nel confronto con gli altri Paesi europei l’Italia con un 9,8% è meglio posizionata di Germania (6,8%) di Gran Bretagna (7,2%) ma meno della Francia (12,6%). PERCEZIONI ED ATTITUDINI IMPRENDITORIALI NELLE ECONOMIE INNOVATION DRIVEN Paesi Percepiscono buone opportunità imprenditoriali (%) Pensano di avere capacità imprenditoriali (%) Paura di fallire (%) Intenzione di intraprendere (%) 64,4 63,7 57,4 47,2 46,5 45,6 43,8 42 41,5 35,5 33,4 32,7 31,5 31,3 28,3 23,1 22,9 22,2 20,2 17,3 16,1 16 13,5 12,7 7,7 38,8 34,2 48,5 55,7 36,2 43,3 33,3 27,2 44,7 43,8 40,6 42,4 33,8 37,7 43,1 42,6 33,2 24,8 48,7 29,1 51,5 48,4 46 28,1 12,9 36,6 35,3 35,2 31,1 51,8 42,9 36,7 40,7 28,2 36,4 38,2 36,8 46,6 38,6 40,4 35,8 41,1 39,8 40,1 48,6 29,6 36,3 49,3 42,3 49,4 9,5 5,2 13,5 12,2 24 14,1 8,3 27,8 9,8 7,2 12,3 9,1 7,8 6,8 12,6 13,7 12,6 15,1 13,2 9,8 12,4 8,4 8,8 12,1 4,1 Sweden Norway Canada USA Israel Luxembourg Finland Taiwan Switzerland United Kingdom Media Netherlands Belgium Germany Ireland Czech Republic France Singapore Portugal Italy Slovenia Spain Greece Korea Japan PERCEZIONI ED ATTITUDINI IMPRENDITORIALI NEI GRANDI PAESI EUROPEI PERCEZIONI E ATTITUDINI IMPRENDITORIALI NELLE GRANDI ECONOMIE EUROPEE 80 ATTENZIONE DEI MEDIA PER L’IMPREDITORIALITÀ 70 OPPORTUNITÀ PERCEPITE CAPACITÀ PERCEPITE 60 ITALIA 50 40 GRAN BRETAGNA 30 GERMANIA 20 ELEVATO STATUS DEGLI IMPREDITORI DI SUCCESSO 10 FRANCIA PAURA DI FALLIRE ENTREPRENEURSHIP COME UNA BUONA OPPORTUNITÀ DI CARRIERA INTENZIONE DI INTRAPRENDERE RAPPORTO GEM 2013 MEDIA EUROPEA 17 La nuova imprenditorialità e la creazione di posti di lavoro Un dato sicuramente rilevante per la nuova imprenditorialità è la sua capacità di produrre nuovi posti di lavoro. Questo può essere considerato un indicatore della qualità della nuova imprenditorialità là dove imprese che producono più posti di lavoro sono imprese che crescono di più e quindi contribuiscono anche alla crescita del Paese. Il tema della creazione dei posti di lavoro è naturalmente molto sentito in diversi Paesi, soprattutto dopo la crisi e il conseguente abbassamento dei livelli occupazionali. GEM misura l’aspettativa di crescita delle nuove imprese come numero di posti di lavoro creati nella prospettiva di 5 anni. L’aspettativa è divisa in tre categorie: aspettativa di crescita bassa, ovvero creazione fino ad un massimo di 5 posti di lavoro; aspettativa di crescita media con creazione di 6-19 posti di lavoro e aspettativa di crescita alta con 20 o più posti di lavoro creati. Come sintetizzato in tabella, in generale, e anche nei Paesi con valori di TEA elevati, il numero di nuovi imprenditori che si aspettano di impiegare 5 o più persone nei successivi 5 anni è molto basso. Di conseguenza non è sufficiente il numero di nuovi imprenditori come indicatore di crescita economica di un Paese. I Paesi innovation driven, ordinati per aspettativa minima di creazione di posti di lavoro, ovvero fino a 5, mostrano significative differenze. In testa alla graduatoria è l’Olanda con il 6,9% della popolazione, seguono gli Stati Uniti con il 6,6%. Valori superiori al 6% sono anche in Estonia e Svezia, rispettivamente 6,5% e 6,1%. In questa graduatoria l’Italia è all’ultimo posto con il 2,5%. E’ interessante, però, vedere che nella seconda colonna, quella della creazione di posti da 6 a 19, spiccano i casi di alcuni Paesi come quelli baltici, la Lettonia con il 2,7%, la Estonia e la Lituania con il 2,7%. Ma anche Polonia e Romania si distinguono in questo senso. In fondo alla classifica l’Italia mostra un potenziale di creazione di posti di lavoro molto contenuto, 0,2%, sia nella fascia 6-19 che in quella dei 20 posti di lavoro e oltre. Gli stessi valori si trovano solo in Grecia. Il confronto con gli altri grandi Paesi europei va a favore della Gran Bretagna con un 4,2% nella prima fascia di creazione di posti di lavoro ma anche i più significativi 0,9% e 0,8% nelle fasce superiori. A seguire la Germania e poi la Francia. Quest’ultima condivide con l’Italia lo 0,2% nella fascia più alta di creazione di posti di lavoro. ASPETTATIVA SULLA CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO (INNOVATION DRIVEN) - % 0 - 5 posti di lavoro 6 - 19 posti di lavoro 20 o più posti di lavoro Netherlands USA Estonia Sweden Hungary Ireland Portugal Lithuania Latvia Slovakia United Kingdom Luxembourg Finland Poland Spain Czech Republic Romania France Germany Greece Slovenia Italy Paese 6,9 6,6 6,5 6,1 6 5 4,5 4,5 4,5 4,4 4,2 4 3,9 3,9 3,6 3,5 3,4 3 3 2,8 2,8 2,5 0,8 2,2 2,7 0,5 1,2 2,1 1,4 2,7 2,8 1,6 0,9 1,2 0,7 2,4 0,5 1,2 2,7 0,7 0,6 0,2 1,5 0,2 0,5 1,7 0,8 0,7 1,4 1,1 0,8 1,7 2,8 1,2 0,8 0,5 0,4 1,2 0,2 0,9 1,8 0,2 0,5 0,2 0,7 0,2 Media 4,2 1,3 0,9 ASPETTATIVA SULLA CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO (GRANDI PAESI EUROPEI) - % 5,00 3,75 2,50 1,25 0,00 MEDIA EU 5-19 POSTI DI LAVORO ITALIA GRAN BRETAGNA 20 O PIU’ POSTI DI LAVORO GERMANIA FRANCIA RAPPORTO GEM 2013 0-5 POSTI DI LAVORO 19 La distribuzione per settori GEM misura la nuova imprenditorialità indipendentemente dai settori in cui si manifesta. La nuova imprenditorialità può, quindi, ricadere nel settore primario, in quello manifatturiero, nei servizi al consumo e nei servizi alle imprese. Nel 2013 la nuova imprenditorialità in Italia è stata concentrata prevalentemente nel comparto dei servizi al consumo quali commercio, ristorazione, etc. con il 32% in calo rispetto al dato del 2012 (38%). Il settore manifatturiero, con il 30% delle nuove attività, recupera significativamente rispetto al 2012 in cui era al 24%. Seguono i servizi alle imprese al 25% con leggero incremento rispetto al 2012 (24%). Anche nel settore primario si riscontra una certa vitalità con il 13% delle nuove attività rispetto al 8% del 2012. I servizi commerciali e alle imprese si confermano area privilegiata nella creazione di nuove attività imprenditoriali con il 57% del totale, ma in calo rispetto al 62% del totale registrato nel 2012. Apprezzabile invece il recupero del manifatturiero con una quota che si avvicina a circa un terzo del totale. SETTORI DELLA NUOVA IMPRENDITORIALITÀ IN ITALIA PRIMARIO 13% SERVIZI ALLE IMPRESE 25% MANIFATTURIERO 30% ATTIVITA’ COMMERCIALI 32% La distribuzione geografica Interessante anche la distribuzione geografica della nuova attività imprenditoriale. Regioni molto dinamiche da questo punto di vista sono nel Sud, la Sicilia (13,7%), la Campania (13,2%) e la Puglia (9,6%). In buona posizione sono anche l’Emilia (9,6%), il Lazio (8,2%) e la Lombardia (8,2%). Meno brillanti le posizioni di Veneto, Toscana e Piemonte con circa il 4%. Complessivamente il Sud emerge un po’ a sorpresa come una parte molo attiva del Paese da questo punto di vista, mentre aree tradi- zionalmente meglio posizionate in termini di imprenditorialità diffusa come il Nord Est risultano meno vivaci o brillanti. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLA NUOVA ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE - % 15 12 9 6 3 SARDEGNA SICILIA CALABRIA BASILICATA PUGLIA CAMPANIA ABRUZZO MOLISE LAZIO UMBRIA MARCHE TOSCANA EMILIA FRIULI VENEZIA GIULIA VENETO TRENTINO ALTO ADIGE LOMBARDIA LIGURIA PIEMONTE VALLE D'AOSTA 0 La distribuzione per fasce d’età e istruzione Il dato 2013 si scosta anche in modo significativo da quello del 2012 in cui la fascia più dinamica era quella dai 25 ai 34 anni con il 37,08% che registra quindi un calo del 15%. Nella fascia 35-44 si concentrava il 25,84% della nuova imprenditorialità e quindi nel 2013 si è registrato un aumento. Complessivamente il profilo di età dei nuovi imprenditori si è spostato un po’ in avanti testimoniando una vitalità delle fasce più mature che potrebbe essere associata anche ad una imprenditorialità per necessità, visti i dati analizzati in precedenza. In ogni caso la fascia oltre i 55 merita particolare attenzione, perché può rispecchiare una tendenza a “rimettersi in gioco” dopo altre esperienze lavorative. Considerato l’invecchiamento progressivo della popolazione questa fascia deve essere considerata di interesse per la creazione di nuove opportunità di lavoro. Il nuovo imprenditore ha anche un livello di istruzione a livello di scuola superiore per il 56,2% dei casi. Un titolo che si ferma alla scuola media per il 28,8% e di laurea per il 15.1%. RAPPORTO GEM 2013 Circa un terzo delle nuove attività (32,9%) è avviato da persone nella fascia d’età 35-44 anni. A seguire la fascia 45-54 anni con il 23,3%. Solo al terzo posto, con un frequenza del 21,9%, la fascia 25-34, ovvero quella a cui ci si riferisce normalmente come “under 35”. La fascia d’età tra il 55 e i 64 anni registra ancora una notevole vitalità con quasi il 14% delle nuove attività. E la fascia dei più giovani, 18-24, prevedibilmente è l’ultima con solo l’8,2% delle iniziative. 21 ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE PER CLASSI DI ETÀ E PER TITOLO DI STUDIO ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE EARLY STAGE IN ITALIA PER CLASSI DI ETÀ (2013) 32,87 % TRA I 35 E 44 ANNI 40 60 50 40 30 30 20 20 10 10 10 18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 Scuola Media Scuola Superiore Laurea La distribuzione per genere Il tasso total entrepreneurship activity (TEA) è rilevato da GEM anche per genere. Non sorprende che il TEA sia composto da una percentuale maschile del 4,8% e quella femminile dal 2,1%. Mentre tra i proprietari di attività avviate il 5,9% è uomo e solo l’1,1 è donna. In termini, di attitudini mentre il 23,7% degli uomini percepisce buone opportunità, solo l’11,2, delle donne è in questa categoria. Analogamente il 37,7% degli uomini pensa di avere buone capacità imprenditoriali e solo il 22,9% delle donne, e in coerenza con quest’ultimo dato, la paura di fallire è più accentuata nelle donne (62,3%) rispetto agli uomini (53,4%). La nuova imprenditorialità in Italia (2001 – 2013) L’Italia ha partecipato fin dall’inizio alla ricerca GEM, con eccezione del 2011 in cui non è stata fatta la rilevazione, e sono disponibili i dati dal 2001 al 2013. E’ possibile quindi effettuare un’analisi longitudinale, ovvero considerando l’evoluzione della nuova imprenditorialità in Italia negli ultimi 12 anni. L’analisi evidenzia un relativo forte impulso nella percentuale di imprese nascenti negli anni 2001 e 2002 probabilmente frutto anche degli eccessi prodotti dalla cosiddetta “new economy”. Dopo una debole ripresa negli anni 2004 e 2005, che produce un picco intermedio al 5%, nel 2007 si registra invece un deciso arretramento nella propensione a fare impresa con un minimo toccato nel 2010 (2,3%). Nel 2012 si era registrato un leggero recupero del TEA al 4,3%. Nel 2013 si è tornati su valori più bassi (3,4%). Il valore del TEA è rispecchiato anche nella imprenditorialità nascente. Anche in questo caso dopo un recente picco nel 2007 (3,6%) un deciso calo nel 2008 (2,0%) seguito dagli ulteriori cali del 2009 (1,8%) e del 2010 (1,3%). Nel 2013 l’imprenditorialità nascente ha registrato appena il 2,4%. Significativo è anche l’esame dell’imprenditorialità dal punto di vista del genere ovvero il TEA maschile e il TEA femminile. Il 2007 ha visto l’ultimo valore di un certo pregio (6,7%) per il TEA maschile. Dato che si deteriora negli anni successivi per toccare il 6,4% del 2008 ed il 5,6% del 2009. Il dato 2010 rappresenta un vero crollo ( 2,7%) ed è il valore peggiore di tutto il decennio 2001-2010. Il dato 2012 (5,73%) aveva segnato una leggera ripresa, ma nel 2013 si torna a peggiorare con il 4,8%. Il trend per la nuova imprenditorialità femminile nel decennio è inesorabilmente negativo. Si parte da un buon 5,4% nel 2001 ma già nel 2002 si scende al 4,0% e poi al 3,0% nel 2003. Dopo una lieve ripresa nel 2007 (3,3%) cala al 2,8% (2008), al 1,8% (2009) e al 2,0 nel 2010. Dopo il recupero del 2012 (2,91%) si torna ad un modesto 2,1%. Un dato attitudinale che gioca sempre un ruolo importante nella nascita di nuove attività imprenditoriali è la paura di fallire. La percentuale della popolazione con percezione positiva per iniziare un’attività imprenditoriale che indica nella paura di fallire il principale motivo per rinunciare ha un trend crescente in Italia nel decennio 2001-2010 e presenta un dato ancora più allarmante nel 2012. Nel 2001 era solo il 28%. Dopo un primo picco nel 2003 (38%) ne raggiunge un secondo nel 2008 (45%). Il dato del 2012 (58%) è il peggiore del periodo. Nel 2013 l’indicatore si abbassa al 48,6% ma l’Italia è superata su questo indicatore negativo solo dalla Grecia e dal Giappone. RAPPORTO GEM 2013 Per quanto riguarda l’intenzione a fare impresa (nei successivi 3 anni) anche in questo caso il 2007 rappresenta un punto di svolta. Nel 2007 era il 10,3% della popolazione in età lavorativa che esprimeva l’intenzione di mettere in piedi un’attività imprenditoriale. Ma nel 2008 scende al 7,1% per crollare al 4,5% nel 2009 e al 4,0% nel 2010. 23 L’ambiente imprenditoriale italiano Il framework per la valutazione dell’ambiente imprenditoriale in ogni Paese Il modello di riferimento GEM illustra i fattori nazionali che hanno un impatto sullo sviluppo economico, così come quelli in grado di agevolare l’innovazione e l’imprenditorialità. Questi fattori dovrebbero essere tenuti nella massima considerazione dai policy makers. I requisiti di base, vale a dire la stabilità macroeconomica di un paese, le istituzioni, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione primaria, sono le condizioni fondamentali di base necessarie per il buon funzionamento delle attività imprenditoriali. Questi requisiti sono in genere al centro degli sforzi di sviluppo nei paesi factor-driven. Altri fattori sono importanti nelle economie efficiency driven in particolare l’istruzione superiore e la formazione, l’efficienza del mercato del lavoro e dei beni, la sofisticazione dei mercati finanziari, la preparazione tecnologica e la dimensione del mercato. Il modello, infine, prende in considerazione i fattori che hanno lo scopo di stimolare e sostenere l’innovazione e l’attività imprenditoriale. Le caratteristiche che ci si aspetta abbiano un impatto significativo sull’attività imprenditoriale vengono catturate nei nove fattori del Entrepreneurial Framework Conditions (EFCs), che sono descritte più sotto. Sebbene questi fattori siano importanti in ogni fase di sviluppo funzionano certamente meglio nelle economie che soddisfano alcuni requisiti di base e fattori di efficienza. I nove fattori Finanza per l’imprenditorialità La disponibilità di risorse finanziarie per le nuove imprese e per le imprese in crescita. Politiche di governo La misura in cui le politiche del governo incoraggiano le nuove imprese e le imprese in crescita. Programmi di governo per l’imprenditorialità Ogni misura o regolamentazione che favorisca le nuove imprese e le imprese in crescita. Formazione all’imprenditorialità La misura in cui la formazione per la creazione/gestione di nuove imprese è incorporata all’interno del sistema di istruzione e di formazione a tutti i livelli. Trasferimento tecnologico La misura in cui la ricerca tecnologica nazionale è in grado di sviluppare opportunità imprenditoriali, e se i risultati della ricerca sono disponibili anche per nuove imprese di piccole dimensioni e le imprese in crescita. Infrastruttura commerciale La presenza di attività commerciali e di altri servizi e istituzioni che consentono di promuovere la nascita di nuove imprese e di favorire la crescita delle stesse. Apertura del mercato La misura in cui le nuove imprese sono libere di entrare in mercati esistenti. Infrastrutture fisiche Facilità di accesso alle risorse fisiche, di comunicazione, e ai servizi pubblici, a prezzi non discriminatori nei confronti delle nuove imprese ed imprese in crescita. Aspetti culturali e sociali La misura in cui le attuali norme sociali e culturali favoriscono l’emergere di nuove imprese e di imprese in crescita. Gli aspetti culturali e sociali sono particolarmente critici per un paese come l’Italia. Questi elementi sono approfonditi ulteriormente all’interno del questionario NES nelle seguenti sottosezioni: • Percezione delle opportunità di business • Creazione di impresa • Immagine dell’imprenditore nella società • Tutela della proprietà intellettuale • Supporto alle donne imprenditrici • Importanza del tema “crescita economica” • Interesse nei confronti dell’innovazione • Immigrazione ed imprenditorialità • Collaborazione tra imprese • Giovani ed imprenditorialità Al fine di valutare le condizioni nazionali che influenzano l’attività imprenditoriale almeno 36 esperti in ogni paese sono invitati a compilare un questionario chiuso su elementi relativi al proprio ambiente imprenditoriale. L’indagine con gli esperti nazionali (NES), fornisce un quadro sui modi in cui i vari fattori favoriscono, o viceversa limitano, il clima imprenditoriale, l’attività imprenditoriale e quindi lo sviluppo. Il confronto con la media europea evidenzia alcuni gap. Oltre a quello già citato della regolamentazione, si segnalano quelli relativi ai programmi di governo per l’imprenditorialità e alle politiche governative più in generale. A seguire le infrastrutture fisiche e le norme sociali e culturali a favore dell’imprenditorialità. RAPPORTO GEM 2013 L’analisi dei fattori abilitanti l’imprenditorialità evidenzia significative differenze tra l’Italia e i principali Paesi Europei. Abbastanza eclatante è il dato relativo alla regolamentazione dove il parere degli esperti (indagine NES) attribuisce all’Italia il punteggio più basso tra tutti i fattori con una media di 1,5% mentre Germania, Gran Bretagna sono al 2,6% e la Francia al 3%. 25 IMPRENDITORIALITÀ NASCENTE (%) NUOVE ATTIVITÀ (%) ITALIA TEA (%) ATTIVITÀ AVVIATE (%) GRAN BRETAGNA GERMANIA CESSAZIONE DELLE ATTIVITÀ (%) NECESSITY DRIVEN (% TEA) FRANCIA IMPROVEMENT DRIVEN OPPRTUNITY (% TEA) USA CONFRONTO SUI FATTORI ABILITANTI NEI GRANDI PAESI EUROPEI CONFRONTO SUI FATTORI ABILITANTI NEI GRANDI PAESI EUROPEI 5 4,5 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 FINANZA POLITICHE GENERALI PROGRAMMI GOVERNATIVI REGOLAMENTAZIONE ITALIA FORMAZIONE UNIVERSITARIA FORMAZIONE PRIMARIA E SECONDARIA GRAN BRETAGNA INFRASTRUTTURE COMMERCIALI ATTIVITÀ DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO GERMANIA APERTURA DEL MERCATO INTERNO DINAMICA DEL MERCATO INTERNO FRANCIA NORME CULTURALI E SOCIALI INFRASTRUTTURE MEDIA EUROPEA CONFRONTO SUI FATTORI ABILITANTI (ITALIA E MEDIA UE) 5 4,5 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 FINANZA REGOLAMENTAZIONE POLITICHE GENERALI FORMAZIONE PRIMARIA E SECONDARIA PROGRAMMI GOVERNATIVI ATTIVITA’ DI TRASFERIMENTO TECNOLOGICO FORMAZIONE UNIVERSITARIA MEDIA UE DINAMICHE DEL MERCATO INTERNO INFRASTRUTTURE COMMERCIALI INFRASTRUTTURE FISICHE APERTURA DEL MERCATO INTERNO NORME CULTURALI E SOCIALI ITALIA Una valutazione dell’ambiente imprenditoriale italiano Agli esperti è stato chiesto di fornire un quadro della situazione italiana con riferimento ai diversi aspetti che possono influire sull’attività imprenditoriale. Le domande erano orientate ad ottenere un quadro dettagliato con riferimento ad una serie di aspetti rilevanti per l’attività imprenditoriale: la finanza, l’intervento pubblico, la formazione, le infrastrutture, ecc. 4,0 1,2 Per ognuno di questi ambiti si chiedeva un giudizio su 5/6 specifici items. Una valutazione più 3,5 elevata corrisponde ad un accordo sul fatto che l’item considerato è in grado di sostenere adeguata3,0 mente l’attività imprenditoriale. 1,0 2,5 2,0 La situazione italiana si caratterizza per avere dei gap rispetto alla media europea su quasi tutti gli 1,5 0,8 elementi. Fanno eccezione gli aspetti relativi alle opportunità offerte dal mercato interno e all’infrastruttura commerciale e finanziaria. Risultano, invece, penalizzanti rispetto alla situazione europea la situazione delle infrastrutture, i programmi di sostegno all’imprenditorialità, le norme sociali e culturali e la formazione. In sintesi, emerge il quadro di un paese con grandi opportunità per l’attività imprenditoriale ma che incentiva poco i propri cittadini verso tale attività, sia per le carenze nella formazione e nell’approvazione sociale, sia per carenze nelle infrastrutture e nei programmi di sostegno. Come ricordato in precedenza, per ognuno degli aspetti sopra menzionati si chiedeva agli esperti di esprimere giudizi di accordo o disaccordo. Per tale ragione è utile esaminare con maggiore dettaglio le risposte fornite dagli esperti sui diversi elementi. Finanza Solo per 4 esperti non c’è sufficiente equity funding, mentre per più di un terzo spesso questo è vero nel caso dei debt funding. Nel complesso più della metà del campione ritiene che l’accesso ai fondi esterni non sia sufficiente; in particolare nel caso dei private funding e in modo ancora più evidente per il venture capital (VC). Nel caso degli Initial Public Offering (IPO) la metà degli intervistati sostiene che siano completamente assenti. Gli esperti delineano, pertanto, un quadro di insufficienza per quanto concerne la disponibilità dei fondi esterni per le nuove imprese ed ancor più problematico per quanto concerne le forme più innovative di finanziamento. Politica nazionale La quasi la totalità degli intervistati ritiene che le tasse siano un vero peso per le imprese. Tuttavia l’accento principale è posto sulla burocrazia. In generale si ritiene falso il fatto che una nuova impresa riesca a ottenere i permessi in una settimana. Per più del 70% degli intervistati il supporto alle start up non è una priorità per il policy maker. Per tutti gli intervistati gli interventi di policy non sostengono adeguatamente l’imprenditorialità anche perché non sono applicabili in modo prevedibile e coerente; con la conseguenza che fronteggiare la burocrazia, le regole, le licenze è piuttosto difficoltoso per le nuove start-up. Questo giudizio è condiviso dalla quasi totalità degli intervistati. Programmi governativi Poco più del 10% degli intervistati ritiene che le persone che lavorano nelle agenzie governative siano competenti ed efficaci nel supporto all’imprenditoria nascente e questo si traduce nel fatto che chi necessita di aiuto dai programmi di governo non trova mai quello di cui necessita. In conclusione i programmi di governo che hanno l’obiettivo di sostenere le imprese nascenti non sono ritenuti efficaci. RAPPORTO GEM 2013 La quasi totalità degli intervistati ritiene che non ci sia un ampio range di assistenza che possa essere ottenuto attraverso il contatto con una singola istituzione e che non ci sia un adeguato numero di programmi a sostegno delle imprese nascenti. Al contrario, i parchi scientifici e gli incubatoi di impresa sembrano erogare un servizio effettivo. 27 Formazione La quasi totalità degli intervistati ritiene che la formazione nella scuola primaria e secondaria non incoraggi la creatività, l’autonomia e l’iniziativa personale. La scuola inoltre non fornisce adeguati strumenti per l’analisi e la comprensione di un’economia di mercato e non consente di appropriarsi di strumenti per capire l’imprenditorialità. Solo il 10% degli intervistati ritiene che l’Università fornisca adeguati strumenti per attivare una nuova impresa anche in termini di formazione manageriale. In generale il 60 % degli intervistati ritiene che il sistema di formazione non fornisce una adeguata preparazione per attivare una nuova impresa o farla crescere. Trasferimento tecnologico e R&D Solo il 10% degli intervistati ritiene che le nuove tecnologie e la nuova conoscenza vengano trasferite dalle Università e dai centri di ricerca alle imprese nascenti. Di conseguenza le nuove imprese non hanno lo stesso accesso alla ricerca e alla tecnologia che è consentita alle grandi imprese. Il 40% degli intervistati sostiene invece che le imprese nascenti hanno accesso alle tecnologie più recenti mentre per la restante parte non ci sono adeguati sussidi da parte del governo per acquisire le nuove tecnologie da parte delle imprese nascenti. Un certo numero di intervistati (15%) ritiene che la base scientifica e tecnologica rappresenti un supporto alla nascita di una classe di nuove imprese high-tech in settori specifici. Infrastrutture commerciali Circa la metà degli intervistati sostiene che ci siano sufficienti intermediari, fornitori e consulenti a supporto delle imprese nascenti. Molte imprese nascenti, tuttavia, non possono permettersi di sostenere i costi relativi ai servizi offerti da questi operatori economici, anche se è piuttosto semplice individuarli sul mercato, soprattutto se si tratta di avvocati e commercialisti. Lo stesso non può dirsi per il rapporto con le banche: la maggior parte degli intervistati ritiene infatti che non sia semplice per l’impresa nascente accedere ad alcuni servizi bancari come i finanziamenti, le transazioni in valuta estera, etc. Apertura del mercato La maggior parte degli intervistati sostiene che il mercato dei beni di consumo e dei servizi è drammaticamente cambiato negli ultimi anni, così come il mercato B2B. Non è quindi semplice per nuove aziende entrare sul mercato in quanto non possono permettersi di sostenere gli elevati costi di entrata. La concorrenza delle imprese esistenti è, infatti, un ostacolo particolarmente rilevante e la legislazione anti-trust non è così efficace nel prevenire comportamenti anticoncorrenziali. Infrastrutture fisiche Per l’80% degli intervistati le attuali infrastrutture fisiche (strade, comunicazioni, etc) non sono adeguate per le imprese nascenti, anche se l’accesso ad esse non sembra avere un costo rilevante per le nuove imprese e anche i tempi per poterne usufruire non sembrano costituire un problema. Quanto ai servizi di base (acqua, gas, elettricità, fognatura) la metà degli intervistati sostiene che i costi di accesso siano alti per le imprese nascenti anche se in circa un mese è possibile ottenere tutte le forniture. Norme culturali e sociali La quasi totalità degli intervistati sostiene che la cultura del Paese non è abbastanza favorevole al successo individuale raggiunto con i propri sforzi in quanto l’auto-impiego, l’autonomia, l’iniziativa personale non vengono sufficientemente enfatizzate. Non viene quindi promossa e incentivata la propensione al rischio e la responsabilità che l’individuo ha nel governare la propria vita. Il 30% del campione sostiene invece che la cultura nazionale sostiene la creatività e l’innovazione. Dinamica del mercato interno Quasi il 40% degli intervistati sostiene che ci siano ottime opportunità per creare nuove imprese. La stessa percentuale afferma che ci siano più opportunità che individui in grado di sfruttarle, anche se molti ritengono che le stesse buone opportunità non siano aumentate negli ultimi anni. Il problema è che gli individui non riescono in maniera facile a perseguire le opportunità che si presentano, anche perché esistono pochi individui veramente in grado di creare un’impresa di successo. Abilità e conoscenza Il problema della scarsa attivazione imprenditoriale in Italia sembra risiedere anche nel fatto che poca gente ha le capacità per avviare e gestire un’impresa di successo o una piccola impresa, in quanto la maggior parte degli individui non ha esperienza imprenditoriale, non reagisce in maniera veloce alle opportunità di mercato e non ha la capacità di reperire e gestire le risorse necessarie per l’avvio di una nuova iniziativa. Immagine sociale dell’imprenditore La maggior parte degli intervistati ha la percezione che la creazione di una nuova impresa sia un modo appropriato per diventare ricchi quindi per gli stessi rispondenti la maggior parte delle persone considera il diventare imprenditore una buona opportunità di carriera, in quanto gli imprenditori di successo hanno uno status elevato nella società e vengono rispettati. Nei media spesso si assiste al racconto di storie di successo relative agli imprenditori e molte persone pensano che questi ultimi siano persone competenti e piene di risorse. Più della metà degli intervistati sostiene che la legislazione sulla tutela della proprietà intellettuale sia comprensibile e che sia in grado di produrre gli effetti desiderati. La quasi totalità degli esperti sostiene invece che la vendita illegale di software, di file musicali e video, e di altri prodotti protetti da copyright sia aumentata e quindi la maggior parte delle imprese nascenti non può contare sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. La verifica che i diritti degli inventori siano effettivamente rispettati non è ritenuta sufficiente. Supporto all’imprenditorialità femminile Tutte le donne intervistate affermano che non ci siano sufficienti servizi per le donne che vogliono continuare a lavorare pur avendo una famiglia. Si ritiene che la società accetti l’imprenditorialità RAPPORTO GEM 2013 Diritti di proprietà intellettuale 29 femminile anche se è minoritaria la percezione che le donne siano effettivamente incoraggiate ad intraprendere un’attività imprenditoriale. La percezione è che le donne e gli uomini non abbiano le stesse opportunità da cogliere. Anche gli uomini intervistati ritengono che non ci siano servizi sufficienti per la donna che vuole lavorare conciliando gli impegni familiari. Pochi considerano che l’imprenditorialità non sia un’opzione di carriera socialmente non accettabile per una donna. Gli uomini intervistati confermano che l’imprenditorialità femminile non sia incoraggiata e che uomini e donne non abbiano le stesse opportunità’. Il 60% degli intervistati uomini sostiene, invece, che le donne non abbiano le stesse capacità degli uomini nell’avviare un’iniziativa imprenditoriale. Imprese con potenziali di crescita Secondo gli intervistati ci sono poche iniziative a sostegno di imprese con alti potenziali di crescita, in quanto gli stessi policy maker ignorano l’importanza di avere imprese di successo in quest’ambito. Anche le stesse persone che operano all’interno di iniziative a supporto dell’imprenditorialità non sempre hanno le competenze per supportare le imprese. Non sempre le imprese con elevate potenzialità di crescita sono quelle che ottengono i necessari supporti. Interesse nell’innovazione Circa la meta degli intervistati sostiene che le imprese sperimentano nuove tecnologie e nuovi modi di produrre beni e servizi. D’altra parte, ritengono che i consumatori siano sempre pronti a provare nuovi prodotti e servizi; quindi per il 60% degli intervistati l’innovazione ha un elevato valore sia per l’impresa sia per i clienti. Più del 60% degli intervistati ritiene invece che le imprese già costituite non siano molto aperte all’introduzione di nuovi prodotti e nuovi fornitori; al contrario, i consumatori sono maggiormente aperti da questo punto di vista. Benessere Per la maggior parte degli intervistati le condizioni socio-economiche generali non consentono alle persone di vivere in maniera armoniosa la relazione fra vita personale e lavoro, in quanto per gli stessi intervistati non esistono regole chiare sul lavoro. Inoltre nel nostro Paese l’imprenditorialità non sempre appare come la migliore soluzione per coniugare sfera lavorativa e sfera privata. Relazione imprenditorialità ed età Per la maggior parte degli intervistati le situazioni di conflitto generazionale non rappresentano barriere importanti per i giovani nell’avvio di una nuova iniziativa; nonostante questo, pochi giovani sono coinvolti in attività imprenditoriali. In realtà, la maggior parte dei rispondenti non ritiene che i giovani fronteggino situazioni più difficoltose nell’avvio di una nuova impresa rispetto agli adulti; anzi esiste un adeguato sistema di incubatori di imprese a sostegno delle imprese avviate da giovani. Per la quasi totalità degli intervistati non sempre i giovani sono aiutati da parenti o amici nell’avvio delle nuove iniziative e i finanziatori (banche, investitori informali, business angel, ecc.) non finanziano in maniera adeguata le iniziative nascenti, così come il micro credito che sembra non essere efficiente. E’ per questo che i giovani considerano le opportunità lavorative all’estero più attrattive rispetto a quelle del nostro Paese. Fattori che ostacolano l’attività imprenditoriale e politiche di supporto Oltre che fornire il quadro della situazione italiana, agli intervistati è stato chiesto di individuare i principali fattori che ostacolano l’attività imprenditoriale e le azioni di policy maggiormente efficaci per la loro rimozione. Pur trattandosi di domande che prevedevano risposte aperte, le risposte degli intervistati sono notevolmente convergenti. Fra i fattori che ostacolano l’attività imprenditoriale nel nostro paese la gran parte degli intervistati mette al primo posto le politiche governative. In particolare sono indicati i seguenti aspetti: • la burocrazia eccessiva, farraginosità della legislazione, lungaggini giudiziarie • la cultura imprenditoriale • lo scarso supporto delle istituzioni • la tassazione troppo elevata • mancanza di credito PRINCIPALI FATTORI DI VINCOLO E FATTORI FAVOREVOLI ALLA CREAZIONE DI IMPRESA TRASFERIMENTO TECNOLOGICO 5,7% ASPETTI CULTURALI E SOCIALI 10,4% POLITICHE GOVERNATIVE 45,3% SUPPORTO FINANAZIARIO 16% CAPACITÀ IMPRENDITORIALE 46,7% AMBIENTE ECONOMICO E DI BUSINESS 12,4% In congruenza con le indicazioni precedenti, le azioni da intraprendere per incentivare l’attivazione imprenditoriale riguardano gli interventi governativi e la formazione: • semplificazione delle procedure • supporto pubblico agli incubatori di impresa • formazione imprenditoriale • diffusione della cultura imprenditoriale • abbattimento della tassazione RAPPORTO GEM 2013 Alla domanda che chiede di indicare gli elementi che incentivano l’imprenditorialità la maggior parte dei rispondenti indica una serie di aspetti che rimandano alla ‘capacità imprenditoriale’: • la creatività e il talento • l’accesso alle tecnologie a basso costo • la voglia di mettersi in gioco • la qualità della ricerca • l’innovazione 31 SUGGERIMENTI PER FAVORIRE LA CREAZIONE DI IMPRESA POLITICAL, INSTITUTIONAL AND SOCIAL CONTEXT 2% INTERNATINALIZATION 2% ECONOMICAL CLIMATE 2% WORK FORCE FEATURES 2% CORRUPTION 1% CULTURAL AND SOCIAL NORMS 2% COMMERCIAL AND PROFESSIONAL INFRASTRUCTURE 2% ACCESS TO PHYSICAL INFRASTRUCTURE 2,9% CAPACITY FOR ENTREPRENEURSHIP 3,9% POLITICHE GOVERNATIVE 34,3% COSTO E NORMATIVE SUL LAVORO 4,9% APERTURA DEL MERCATO 5,9% PROGRAMMI DI GOVERNO 6,9% ISTRUZIONE E FORMAZIONE 11,8% TRASFERIMENTO TECNOLOGICO 7,8% SUPPORTO FINANZIARIO 8,8% Considerazioni finali Il modello di riferimento del Global Entrepreneurship Monitor mette in luce per ciascun Paese incluso nel progetto di ricerca lo stretto legame tra gli aspetti culturali, istituzionali e socio-economici e la dimensione e le caratteristiche della nuova imprenditorialità. Il fattore più significativo dell’analisi GEM è il confronto internazionale. Ogni Paese può confrontarsi su alcuni importanti indicatori con Paesi simili per storia, dimensioni e caratteristiche culturali. Il confronto internazionale è un tema particolarmente importante in Italia e spesso sottovalutato perché richiede una cultura diffusa della misurazione e del confronto. Per l’Italia i due riferimenti principali sono il gruppo dei Paesi cosiddetti Innovation Driven e quello dell’Europa a 28. Un confronto più puntuale è quello con i Paesi europei con dimensioni simili all’Italia ovvero Francia, Germania e Gran Bretagna. La posizione dell’Italia sui principali indicatori è quasi sempre di retroguardia e tale da destare qualche preoccupazione sia per il presente che soprattutto per il futuro. L’Italia può vantare inoltre di essere uno dei Paesi che ha partecipato fin dall’inizio alla ricerca GEM e come tale ha la possibilità di analizzare l’evoluzione degli indicatori nel tempo. Un’analisi longitudinale dei principali indicatori consente infatti di comprendere se la distanza con altri Paesi si riduce o viceversa si allarga. La struttura della ricerca GEM composta da un’analisi dei fattori abilitanti l’imprenditorialità come la National Expert Survey e da un’analisi di risultato come la Adult Population Survey sostanzialmente rappresenta la relazione tra processi e risultati. Come tale costituisce un altro elemento con significato culturale ovvero quello della misura dell’efficacia di processi e di misure di carattere istituzionale nell’ottenimento dei risultati attesi. La parte della ricerca riguardante i fattori abilitanti mette in evidenza il ruolo fondamentale delle istituzioni di un Paese nel favorire la creazione di ecosistemi avanzati per la nuova imprenditorialità. In questi ecosistemi sono rilevanti tutti gli elementi che costituiscono le “Entrepreneurial Framework Conditions (EFCs)” ovvero, tra gli altri, il supporto finanziario, le regolamentazioni, il trasferimento tecnologico, la formazione all’imprenditorialità, i fattori culturali ed i valori legati all’imprenditorialità. L’imprenditorialità è un fattore che produce mobilità sociale. Ma è anche vero che un ambiente favorevole alla dinamica sociale consente l’emergere di nuovi imprenditori. Alla dinamica sociale contribuiscono fattori come l’affermazione del merito e quindi di competenze, capacità e professionalità. RAPPORTO GEM 2013 I risultati della ricerca GEM sono rilevanti, soprattutto in Italia, come indicatore di quello che si potrebbe definire fermento imprenditoriale di un Paese, cioè la propensione di vari strati di popolazione ad avviare nuove imprese. Se, da una parte, il tessuto imprenditoriale del Paese è vasto e riconosciuto, dall’altra la dinamica di rinnovamento del capitale imprenditoriale è molto più incerta o lenta. A ciò si può aggiungere l’importanza del rinnovamento qualitativo del tessuto imprenditoriale soprattutto se costituito dalla nascita di imprese innovative ed in settori in espansione. 33 Viceversa in un sistema con scarsa mobilità sociale e possibilità di affermazione del merito vengono a mancare gli elementi di motivazione e gusto per le sfide. Un tema chiave è quindi rappresentato dalla cultura d’impresa intesa come insieme di valori associati al ruolo dell’impresa stessa. E’ rilevante pertanto chiedersi qual è il ruolo dell’impresa in un Paese evoluto in termini di creazione di posti di lavoro e di crescita. E qual è il ruolo dell’impresa nel favorire la mobilità o la coesione sociale. Queste domande richiedono che l’impresa sia rimessa al centro di una riflessione culturale al passo con i tempi e con il confronto internazionale di cui la ricerca GEM è un momento importante. Un ulteriore pregio della ricerca GEM sta nell’aver introdotto recentemente un allargamento del significato di imprenditorialità e di aver quindi incluso anche quella che si manifesta all’interno di imprese consolidate da parte del personale, ed in primo luogo dal management. Si tratta in questo caso di una “imprenditorialità interna”, termine non nuovo nella letteratura scientifica ma certamente tornato ad essere di grande interesse e diffusione. Da questo punto di vista è anche il management ed ogni collaboratore ad essere investito di una richiesta di comportamento imprenditoriale, basato su spirito di iniziativa, autonomia, ricerca di soluzioni innovative. Imprenditorialità quindi come comportamento e cultura diffusa che mette in discussione vecchi modelli organizzativi poco dinamici ed efficaci. Un altro tema di sicuro rilievo per lo sviluppo di nuova imprenditorialità e la crescita è quello dell’istruzione e della formazione. L’istruzione è importante in tutti i Paesi, ma lo è in modo particolare e con particolari specificità per le economie basate sull’innovazione. L’Italia, tra i paesi a più elevato livello di sviluppo, ha ancora un modello di specializzazione abbastanza statico caratterizzato da comparti a medio-bassa intensità di capitale umano. In un contesto tecnologico e competitivo più evoluto questo può rappresentare un freno allo sviluppo. C’è infatti un equilibrio tra il modello di specializzazione e la domanda di istruzione. Un modello improntato a scarso utilizzo di capitale umano evoluto produce scarsi incentivi e rendimenti dell’istruzione. Un minor numero di risorse istruite inserite nelle imprese ha come conseguenza un minor sviluppo delle capacità organizzative e quindi più debole miglioramento della produttività dei fattori e in ultima analisi meno crescita. Viceversa un sistema costituito da un maggior numero di imprese che chiedono risorsa umana istruita, e/o imprese con modelli di innovazione basati sulla conoscenza, è più attrezzato per cogliere le attuali sfide competitive. Ma l’istruzione può svolgere un ruolo importante anche nel favorire e stimolare l’imprenditorialità. L’istruzione a tutti i livelli può coltivare attitudini ed aspirazioni imprenditoriali nei più giovani favorendo la propensione ad intraprendere una carriera imprenditoriale. Da questo punto di vista le istituzioni preposte all’istruzione superiore dovrebbero includere nei curricula un maggior numero di programmi specifici orientati all’imprenditorialità. L’imprenditorialità può e deve essere coltivata. E i programmi di formazione all’imprenditorialità possono essere considerati facenti parte del più ampio bacino della formazione del capitale umano. Non è più sufficiente pensare che il capitale imprenditoriale si formi e si rigeneri da solo. E’ sicuramente possibile avere un approccio meno passivo. Il sistema educativo ha un ruolo chiave nel processo di stimolo ai comportamenti imprenditoriali favorendo quelle doti di creatività, riconoscimento di opportunità imprenditoriali che conducono alla generazione di nuovi potenziali imprenditori. RAPPORTO GEM 2013 APPENDICI 35 Il modello di riferimento GEM GEM propone un quadro concettuale che permette di individuare gli elementi chiave del rapporto tra imprenditorialità, crescita economica e il modo in cui tali elementi interagiscono. Come sintetizzato nella figura di seguito riportata, il modello proposto da GEM consente di collegare il contesto istituzionale, socio-economico e culturale di un Paese ai fenomeni imprenditoriali, ponendo l’accento sugli effetti del contesto sullo sviluppo economico di un sistema. IL MODELLO GEM Basic requirements -Institutions -infrastructure - Macroeconomic stability - Helth and primary education Established Firms Employee Entrepreneurial Activity From other available sources SOCIAL CULTURAL POLITICAL CONTEXT From GEM Adult National Expert Surveys (NES) From GEM Adult Population Surveys (APS) Efficiency enhancers -higher education & training - Goods market efficiency - Labor market efficiency - Financial market sophistication - Technological readiness - Market size Innovation and entrepreneurship - Entrepreneur finance - Government policy - Government entrepreneurship programs - Entrepreneurship education - R&D transfer - Internal market openess - Physical infrastructure for entrepreneurship - Commercial, legal infrastructure for entrepreneurship - Cutural and social norms Entrepreneurship Profile Attitudes Received oppurtuinities & capabilities; Fear of failure; Status of entrepreneurship Socio-Economic Development (Jobs, Innovation, Social value) Activity Opportunity/Ncessity-driven, Early-stafe; Inclusiveness; Industry; Exits Aspirations: Growth, Innovation International orientation Social value creation From GEM Adult Population Surveys (APS) Secondo questo modello vi sono due insiemi di condizioni, denominate basic requirements ed efficiency enhancers, che influenzano il tasso di imprenditorialità di una società. Accanto a questi due aspetti, vi sono nove condizioni al contorno – nel modello elencate nell’insieme denominato innovation and entrepreneurship - particolarmente significative quando si parla di imprenditorialità, poiché influenzano la decisione di intraprendere una nuova attività. Basic requirements, efficiency enhancers e leve per l’innovazione e l’imprenditorialità influenzano la propensione a fare impresa in termini di attitudini, attività imprenditoriali vere e proprie, qualità delle iniziative imprenditoriali. Il modello definisce il profilo dell’imprenditorialità facendo riferimento a tre componenti principali: attitudini imprenditoriali, attività imprenditoriale, e aspirazioni imprenditoriali. GEM offre quindi una fotografia completa dell’imprenditorialità, attraverso l’analisi del comportamento di una intera popolazione con riferimento alle attività imprenditoriali e alle caratteristiche delle persone che partecipano a queste attività. Lo studio considera anche le aspirazioni di questi imprenditori per quanto riguarda il loro business, insieme ad altre variabili chiavi riguardanti la gestione e la strategia di im- presa. Tutti questi fattori sono considerati come gli elementi di una “scatola nera” capace di determinare innovazione, crescita economica e creazione di posti di lavoro, senza precisare in dettaglio come influenzano e si rafforzano reciprocamente. Tale ambiguità è intenzionale, e sottolinea come tutti i tre elementi possono influenzare ed essere componenti di un processo lineare che richiede un ulteriore studio teorico ed empirico. Il risultato finale del processo è la crescita economica e l’avanzamento del livello tecnologico delle attività imprenditoriali. La qualità delle iniziative imprenditoriali è misurata in termini di posti di lavoro creati, contributo all’innovazione e contributo sociale. La figura mostra anche come la valutazione delle diverse parti componenti il modello GEM venga realizzata utilizzando diversi strumenti in particolare il National Expert Survey (NES) per valutare le condizioni del contesto imprenditoriale e l’Adult Population Survey (APS) per valutare il profilo imprenditoriale, determinato da attitudini, attività e aspirazioni. Un’altra caratteristica fondamentale dell’approccio GEM è la distinzione tra diverse tipologie imprenditoriali (necessity entrepreneurs e opportunity entrepreneurs) e la valutazione di come queste incidono sulla crescita economia e sulla creazione di nuovi posti di lavoro. Le persone che avviano un’impresa come risposta alla mancanza di altre possibilità per assicurarsi un reddito, vengono chiamati imprenditori per necessità (necessity entrepreneurs). Coloro che avviano un’impresa con l’intenzione di sfruttare un’opportunità imprenditoriale che hanno identificato precedentemente, vengono chiamati imprenditori di/per opportunità (opportunity entrepreneurs). Quest’ultima categoria può includere persone il cui obiettivo è comunque quello di mantenere o migliorare il proprio reddito e/o migliorare il proprio livello di indipendenza. La metodologia GEM Uno degli obiettivi chiave di GEM è quello di offrire dati affidabili riguardanti l’imprenditorialità che potranno essere utilizzati per confrontare diversi sistemi economici nel mondo e nel corso del tempo. Per questa ragione l’indagine è altamente standardizzata e tutti i team nazionali convergono nell’utilizzo dei medesimi strumenti di rilevazione e di analisi. I dati GEM vengono raccolti con cadenza annuale utilizzando due strumenti principali: Adult population survey (APS) In Italia, Doxa, leader nel mercato delle rilevazioni, ha raccolto i dati necessari, sotto la supervisione scientifica ed operativa del team GEM-Italia dell’Università degli Studi di Padova. Durante le prime settimane di settembre 2013 è stato intervistato con modalità CAWI un campione stratificato di 2000 persone di età compresa tra i 18 ed i 64 anni. RAPPORTO GEM 2013 Ciascun team nazionale realizza una survey intervistando un campione rappresentativo di almeno 2000 adulti (di età compresa tra i 18 e i 64 anni). I questionari vengono somministrati solitamente nello stesso periodo dell’anno. Il questionario è sviluppato e raffinato ogni anno dal Consorzio GEM, ed è uguale per ogni Paese. L’indagine APS è solitamente realizzata da un’azienda specializzata appositamente selezionata dal team nazionale. I dati raccolti vengono inviati al team globale GEM per essere controllati ed armonizzati per i calcoli statistici. 37 National experts survey (NES) L’indagine NES fornisce un quadro del contesto e dell’ambiente in cui avviene il processo di creazione di nuove imprese. Vengono analizzate nove condizioni al contorno ritenute capaci di influenzare “Innovazione e imprenditorialità”: • Sistema finanziario e del credito • Politiche governative • Specifici programmi di sostegno all’imprenditorialità • Formazione, scuola, università • Ricerca scientifica e trasferimento tecnologico • Infrastrutture fisiche • Infrastrutture per il mercato • Apertura del mercato interno • Società e cultura Il campione NES comprende un minimo di 36 esperti per ogni Paese con 4 esperti per ciascuno dei fattori sopra elencati. Ad ogni esperto vengono sottoposte numerose domande riguardanti i nove fattori. Almeno il 25% degli intervistati devono essere imprenditori ed almeno il 50% professionisti che operano nel mondo delle imprese. La selezione del campione è un’operazione molto delicata e tiene conto anche della distribuzione geografica, del genere, dell’appartenenza al settore pubblico o privato, del livello professionale di esperienza. Altre fonti di dati Accanto alle due indagini APS e NES, il rapporto GEM può utilizzare anche dati provenienti da fonti ufficiali nazionali ed internazionali come l’ISTAT, la Banca Mondiale, il World Economic Forum, l’OECD. Tali dati ed informazioni vengono solitamente utilizzati per arricchire la descrizione del particolare contesto nazionale o internazionale, contribuendo ad evidenziare il legame tra tasso di imprenditorialità e crescita economica. Anna Maria Artoni imprenditrice Ruggero Anfossi manager, ex direttore generale AIM Vicenza Luca Barbieri giornalista economico, Corriere Innovazione Andrea Berti direttore Start Cube Francesco Bettella imprenditore Gabriella Bettiol Confindustria Veneto SIAV Cristina Bonetti imprenditrice Ercole Bonini IPR expert Francesco Carraro consulente di direzione, Torino Maurizio Castro manager, ex senatore Innocenzo Cipolletta presidente AIFI Katia Da Ros imprenditrice Angelo Ditillo docente Università Bocconi Dario Di Vico giornalista economico, Corriere della Sera Piero Formica Senior Research Fellow, National University of Ireland Franco Frigo europarlamentare Paolo Giaretta presidente Fondazione Menato Mariacristina Gribaudi imprenditrice Luca Iandoli docente universitario, presidente ECSB Amedeo Levorato presidente APS Holding Domenico Menorello vicepresidente Veneto Strade Luigi Merlini consulente senior di direzione, Milano Paolo Monari consulente senior di direzione, Milano Jacopo Morelli imprenditore, presidente nazionale Giovani Imprenditori Loris Nadotti docente universitario, presidente PNI Cube Stefano Paleari rettore Università degli Studi di Bergamo, presidente CRUI Cosimo Palmisano imprenditore Gianni Potti imprenditore, presidente Confindustria Terziario Avanzato e Servizi Tecnologici Francesco Profumo docente universitario, ex Ministro MIUR Mariano Roman manager, Casagrande Group Gianmarco Russo direttore della finanziaria Veneto Sviluppo Giorgio Santini Senatore della Repubblica Roberto Saracco Presidente ICT Labs Trento Roberto Siagri imprenditore Annamaria Testa imprenditrice Tiziano Treu ex Ministro del Lavoro RAPPORTO GEM 2013 Il panel di esperti 2013 39 Gli autori Moreno Muffatto E’ professore ordinario di Gestione Strategica delle Organizzazioni presso l’Università degli Studi di Padova. Coordinatore del gruppo di ricerca Management e Imprenditorialità presso il Dipartimento di ingegneria Industriale. Oltre a vari articoli su riviste internazionali e nazionali ha curato con Paolo Giacon “Entrepreneurial Strategies and Policies for Economic Growth”( 2012) e “Tempo di crescere? Nuova Imprenditorialità e Sviluppo Economico” ( 2010). E’ European Regional Editor dell’International Journal of Entrepreneurship and Innovation Management (IJEIM), Direttore del Master Universitario in Project Management e Gestione dell’Innovazione, Direttore scientifico e curatore del Forum Ricerca Innovazione Imprenditorialità e ideatore del progetto School of Entrepreneurship. Patrizia Garengo Patrizia Garengo è ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale, dell’Università di Padova, Professore aggregato di Economia e Organizzazione Aziendale e Docente di Misurazione delle prestazioni aziendali. Svolge attività di ricerca sulla misurazione delle prestazioni e lo sviluppo organizzativo e gestionale delle piccole e medie imprese presso l’Università di Padova. Collabora come Research Fellow con il Centre for Strategic Manufacturing dell’Università di Strathclyde (Glasgow – UK) e la Manchester Metropolitan University (Manchester- UK). È autrice di due libri e oltre 70 articoli pubblicati su atti di convegni e riviste scientifiche di rilevanza nazionale e internazionale. Donato Iacobucci E’ professore associato di Economia applicata presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche, dove insegna in corsi di economia dell’impresa e economia industriale. Dal 2006 è delegato del Rettore per l’innovazione e il trasferimento tecnologico. E’ direttore del Centro per l’Innovazione e l’Imprenditorialità dell’Università Politecnica delle Marche. I suoi principali interessi di ricerca sono nell’ambito dell’imprenditorialità, dell’innovazione e dei sistemi locali di piccole e medie imprese. Ha sviluppato ricerche sulle caratteristiche e sui processi di crescita dei gruppi di piccole e medie imprese, sulle relazioni fra agglomerazione spaziale e performance d’impresa, sull’imprenditorialità nei settori ad alta tecnologia e sugli spin-off universitari. Alessandra Micozzi E’ assegnista di ricerca di Economia Applicata presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche, dove insegna nel corso di Economia dell’impresa. E’ ricercatrice presso il Centro per l’Innovazione e l’Imprenditorialità dell’Università Politecnica delle Marche. Partecipa in due Marie Curie People: Poreen e Chetch. In Chetch ricopre il ruolo di leader nel WP economico. I suoi principali interessi di ricerca sono l’imprenditorialità knowledge-based, l’ecosistema imprenditoriale e dell’innovazione, l’imprenditorialità accademica, la formazione imprenditoriale e il trasferimento tecnologico. Saadat Saaed E’ dottorando di Ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Padova. E’ da tempo ricercatore attivo nel campo dell’imprenditorialità. Ha una laurea in Management (University of Glasgow, UK), una specializzazione in Statistica (University of Punjab, Pakistan) e in Business Administration (COMSATS, Pakistan). La sua ricerca ha riguardato prevalentemente il ruolo delle Università nello sviluppo dell’Imprenditorialità. Ringraziamenti Il presente rapporto ha beneficiato del contributo di molte persone. Un doveroso ringraziamento per la loro disponibilità va a tutti i membri del panel per la National Expert Survey (NES). Un sentito grazie a Paolo Colombo, Sara Silvestri e Anita Tononi di Doxa per la professionalità nella conduzione della survey sulla popolazione adulta. Yana Litovsky e Alicia Coduras di GEM global hanno fornito un costante supporto metodologico nella fase di rilevazione dei dati. Fondamentale il contributo di tutto il gruppo di ricerca su Management e Imprenditorialità al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Padova. Un particolare ringraziamento a Paolo Giacon per l’importante ruolo svolto nel coordinamento di Enti e Persone coinvolte nella ricerca. Un sentito grazie anche a Debora Vivenzi per il supporto organizzativo, alla Direzione ed allo Staff amministrativo del Dipartimento di Ingegneria Industriale ed in particolare a Sandra Dal Bianco, Giulietta Bertocco e Gloria Maragno. RAPPORTO GEM 2013 Infine un grazie a Luca Barbieri e Francesca Ponzecchi del Corriere Innovazione per il contributo alla realizzazione grafica del Rapporto GEM 2013. 41 con il contributo di: