Bruno Visinoni è nato nel 1947 a Rovetta in
provincia di Bergamo nell'alta Valle Seriana nel 1947,
dove tuttora vive e lavora. Dal 1971 inizia ad esporre
le sue opere in alcuni centri lombardi e poi in diverse
città italiane e straniere. Nel 1983, anno a partire dal
quale la critica nazionale comincia ad interessarsi al
suo lavoro, Mario De Micheli presenta le sue opere
alla Galleria "Il Portico" di Gardone Riviera. Nel 1984
Giovanni Testori scrive sul "Corriere dell Sera" una
sentita recensione della sua mostra alla "Fondazione
Corrente" di Milano. Francesco Ponzio scrive il saggio
introduttivo per la sua mostra personale alla Galleria
"La Cornice" di Lovere nel 1988 e nel 1991, per la
mostra alla Galleria Matasci di Tenero (CH), insieme
ai pittori Bonetti e Verdi. Nel 1990 l'editore Pierluigi
Lubrina di Bergamo pubblica la monografia
"Acqueforti", curata da Attilio Pizzigoni, che
costituirà il catalogo della mostra "Acqueforti" del
1991, allestita nella Sala ex Consiliare del Comune di
Bergamo. Nel 1995 l'Associazione "Amici dell'Atelier
Calcografico" espone le sue acqueforti nel porticato
della "Biblioteca Salita dei Frati" di Lugano,
presentate da Mario de Micheli.
Le sue incisioni, negli anni successivi, vengono
esposte a Feltre, nel 1993, alla Galleria "La Bottega
del Quadro"; nel 1996 dal Comune di San Giovanni
Bianco, nel 1997 dai Comuni di Gorlago e di
Pedavena. Nel 2000, la Galleria Matasci, in occasione
della retrospettiva "Omaggio a Varlin", gli dedica una
personale, curata da Lia De Pra Cavalleri.
Nel giugno del 2005 espone alla Galleria
"Sant'Alessandro" di Bergamo e al Centro Museale del
Comune di Rovetta nella mostra "Dipinti e opere su
carta, 1964-2004".
Inaugurazione
alla presenza del pittore
Feltre
Sala degli Stemmi
Palazzo Municipale
Sabato 5 settembre 2015
ore 18.00
CITTÀ DI FELTRE
Servizio Cultura
Ufficio Attività Culturali
Bruno
Visinoni
interverranno
il prof. Graziano Pampaloni
che presenterà il libro
“La Provincia dei cani” di Gian Citton
Seguiranno letture dell'autore
La S.V. è invitata
Il Sindaco
Paolo Perenzin
Dal 6 al 27 settembre 2015
Qui sopra: Chiodi, 2010, olio su tela, cm 48x63
Sul frontespizio: Davide, 2013, olio su tela, cm.116x90
Orario:
sabato
15.00-19.00
domenica
10.30-12.30/ 15.00-19.00
Feltre
Galleria
Via Claudia Augusta
dal 6 al 27 settembre 2015
Impressioni
Ritratti e “nature morte” sono i due temi
ricorrenti nei dipinti di questa personale feltrina
di Bruno Visinoni.
Davanti alle opere che il pittore oggi ci offre, la
mia reazione (ben lontana da un giudizio critico)
è esclusivamente emotiva. Questi suoi quadri mi
coinvolgono e mi turbano. La scelta dei temi e
dei soggetti, i colori accesi, la plasticità dell’olio
così evidente nell’impasto della setola o della
spatola, annunciano un’aspra rappresentazione
della realtà.
A scorrere gran parte delle figure qui esposte
vien subito da pensare che Visinoni non sia un
ritrattista per committenti. Chi chiede al pittore il
proprio ritratto non si aspetta solo la
somiglianza; anzi, il committente desidera che
dal volto traspaia il carattere, che emergano le
qualità più evidenti della sua personalità.
Insomma si affida al pittore perché faccia
risaltare quei tratti distintivi che testimonino un
suo lascito positivo.
A me pare, invece, che Visinoni ritrattista
compia un percorso opposto. Le persone che
sceglie di dipingere devono essere in qualche
modo un suo alter-ego.
Per avvalorare la mia impressione occorre
innanzitutto soffermarsi sull’autoritratto.
I
capelli ispidi come la barba, il viso tormentato
da rughe, i profondi segni che incidono le guance
dalle narici al mento, il taglio amaro della bocca,
e soprattutto gli occhi penetranti, severi che
guardano oltre la tela alla realtà quotidiana,
quasi in un caparbio atto di sfida: tutto concorre
a scoprire chi è, per Visinoni, l’individuo del suo
tempo e del suo ambiente, colto da
un'angolazione profondamente pessimista.
Bruno Visinoni è nato e vive a Rovetta
(Bergamo) da quasi settant’anni. Il suo mondo è
quello di una provincia appartata, custodita
nell’intimo gelosamente; ed è quasi una specola
da cui osservare con stupore e ansia l’affanno
dell’economia industriale spietata e disumana
che già minaccia una civiltà rude e antica. Ma
all’istintiva ribellione si opppone nel contempo
in lui la consapevolezza che è impari il tentativo
di arginarne il dilagare.
Per questo l’artista trasfonde in una serie di
ritratti il suo stato d’animo. Così in Davide, in
Angela, in Elisa (pur nella rappresentazione
ingenua e commossa della giovinezza) lo
sguardo, in parte, è ancora il suo: se non di
denuncia, certo di sbigottimento. E i volti degli
anziani hanno i suoi stessi lineamenti scavati, le
mani abbandonate in grembo o sulle ginocchia a
mostrare l’usura, il tormento del loro lavoro; e
gli occhi hanno la fissità di chi guarda lo
specchio di un destino incombente – e non solo
privato. Tutto in loro sembra concorrere a
mostrarci il senso di una identità minacciata, di
un’ansia esistenziale
Ritratti, dunque, che hanno l’anima di colui che
li ritrae: lo sguardo e l’atteggiamento di un
Visinoni che, celato in quelle figure, nelle pieghe
di quei volti, vede il fondo cupo dell’incetta e
del profitto che si approssima pericolosamente a
intaccare i valori dell’armonia di una provincia
agreste e artigiana.
Mi pare, insomma, che molte di queste figure
mostrino i segni della stessa inquietudine del
pittore.
Non diverso è il messaggio delle “nature morte”.
E non è tanto l’oggetto (il piatto, il cesto, il vaso,
la zucca secca o la scomposta pila di libri) che
cattura lo sguardo, quanto piuttosto quella
tovaglia che avvolge disordinatamente la
secchezza del tavolo. La tovaglia è quasi
sempre la protagonista della “natura morta”,
anzi è l’antagonista dell’oggetto che poggia su
di essa. È il drappeggio della stoffa che
diventa il motore della scena, che si impone
con la sua violenta vitalità. Il drappo
scomposto
è
l’elemento
dinamico,
aggrovigliato, sconvolto che contrasta con
l’oggetto morto, immobile. Lo avviluppa e lo
trascina in una sorta di ribellione contro la sua
staticità. Le “nature morte”, di per sé quiete,
pietrificate, diventano – nel contesto che le
coinvolge – cariche di una drammaticità
inusuale.
Emblematica di questa tensione è la tela de “I
chiodi”. L’immagine è toccata da una luce
pallida, bianca (cadaverica) che entra di lato e
illumina la superficie dell’ammasso ferroso,
mentre, subito sotto, il resto giace in
un’oscura, indistinta congerie metallica.
Questa ferraglia così dura, spigolosa, tangibile
e fredda fa pensare allo sgretolarsi di una
rovina. Ciò che era cardine, serratura, bullone
d’infisso, che aveva avuto un’utilità, uno
scopo, una sua ragione d’esistere, e che aveva
avuto anche una propria vita sonora: schiocco,
dirugginio, lamento, ora pare quasi un esposto
di ossa dissepolte – un agghiacciante cumulo
di morte. Ma pure, a quell’abbrancarsi di
ferramenta, a quelle serrature slabbrate, a quei
chiodi contorti e divelti, ma ancora aguzzi e
pronti a ferire, Visinoni sa infondere un
estremo guizzo di ribellione.
Gian Citton
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pieghevole Bruno Visinonii 3 ante